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di butterbeer95
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Chapter 1. ***
Capitolo 2: *** Chapter 2. ***
Capitolo 3: *** Chapter 3. ***
Capitolo 4: *** Chapter 4. ***
Capitolo 5: *** Chapter 5. ***
Capitolo 6: *** Chapter 6. ***
Capitolo 7: *** Chapter 7. ***
Capitolo 8: *** Chapter 8. ***
Capitolo 9: *** Chapter 9. ***
Capitolo 10: *** Chapter 10. ***
Capitolo 11: *** Chapter 11. ***
Capitolo 12: *** Chapter 12. ***
Capitolo 13: *** Chapter 13. ***
Capitolo 14: *** Chapter 14. ***
Capitolo 15: *** Chapter 15. ***
Capitolo 16: *** Chapter 16. ***
Capitolo 17: *** Chapter 17. ***
Capitolo 18: *** Chapter 18. ***
Capitolo 19: *** Chapter 19. ***
Capitolo 20: *** Chapter 20. ***
Capitolo 21: *** Chapter 21. ***
Capitolo 22: *** 22. Endings. ***



Capitolo 1
*** Chapter 1. ***


Premessa: questa storia si svolge circa nel 2006. So bene che London Hudson è nato nel 2002, ma fate conto che sia nato nel 90. Grazie, e buona lettura :3



Cecily camminava arrabbiata, si allontanava da quella casa che la soffocava sempre di più. Sua madre sembrava non aver mai avuto sedici anni, e suo padre..Beh, suo padre era quello che era. Non c’era mai stato molto per lei; non lo biasimava: semplicemente non avevano mai avuto un vero rapporto, e ora dovevano costruirne uno praticamente da zero. E di certo comportarsi da padre ossessivo non aiutava.
Lui era Axl Rose, una specie di leggenda. E la ragazza doveva farci i conti. Doveva dividerlo con il mondo intero.
Avevano appena litigato, perché lei si era messa qualcosa di più ‘spinto’ e gli aveva detto di London. Sì, London. Suo figlio. Quando lo era venuto a sapere, il padre le aveva semplicemente proibito di vederlo. Come se fossero affari suoi, come se la stupida faida tra lui e Slash dovesse aver a che fare con loro due.
Era arrivata a scuola, ormai, in quell’enorme scuola dove si sentiva solo fuori posto. Ogni giorno, almeno cinque ragazzi le chiedevano un autografo del padre. Lei non era Cecily Rose. Lei era la figlia di Axl Rose, che, ah, sì, certo, si chiamava Cecily. Non voleva far altro che andarsene, magari in qualche stato americano sconosciuto. Magari con London. Magari da sola. Non aveva ancora deciso.
“Ciao Cecily!” Eccola, l’unica persona che le faceva sempre ritrovare il sorriso. Il suo migliore amico, Max. Due anni prima, c’era stato una piccola relazione fra di loro, una cosa da nulla. Poi, entrambi avevano capito che i sentimenti che provavano non andavano oltre l’amicizia. Suo padre l’aveva spinta a riprovarci: adorava quel ragazzo.
“Max.”
“Che hai?”
“Mio padre. Cazzo, non lo sopporto proprio!”
“Che ha fatto?”
“Intanto mi ha obbligato a cambiarmi, e poi, no questa la devi sentire! MI HA PROIBITO DI VEDERE LONDON! Ma come sta? Ma chi si crede di essere?!”
“Chi ti ha proibito di vedermi?” chiese una voce alle sue spalle.
“Un idiota.” Rispose Cecily, prima di andare ad abbracciarlo. Alto, magro, boccoli, un viso sveglio, e una sigaretta perennemente in bocca.
“Scusa ma non avevi smesso?” chiese Max. Lui e London avevano un ottimo rapporto, per fortuna. Cecily non aveva nessuna intenzione di perdere uno dei due per colpa dell’altro.
“Oh, sì, ma Owen, lo sai. Il lupo perde il pelo ma non il vizio.”
“E comunque non mi fumare in faccia, London. Lo sai che mi da fastidio.” Lo rimproverò la ragazza.
“Mmmh, vorrei un secondo parlare del maglioncino che stai indossando..E così quello è davvero un gelato che fa ciao con la mano. Interessante.”
“Ah, lascia perdere. È..”
“Tuo padre.” Dissero all’unisono i due ragazzi.
“Quell’uomo è fin troppo prevedibile ormai!”
“Ah, p.s., ha scoperto di noi, caro.”
Un’espressione di panico si dipinse sul volto del ragazzo. Sembrava semplicemente sperduto.
“London?” chiese Max.
Nessuna risposta. Probabilmente ora il ragazzo si trovava in qualche universo parallelo, nel quale stava combattendo a spada tratta per la mano di Cecily contro un Axl Rose infuriato con lui e con suo padre.
“Mi stai prendendo per il culo? Quello mi viene a cercare a casa, Cecily! Mi uccide! Non doveva mai saperlo!”
“Ma scusa tuo padre lo sa, prima o poi doveva saperlo anche il mio.”
“Sì, ma mio padre guarda anche Spongebob e Bob l’Aggiustatutto, direi che è un caso molto diverso dal tuo.”
Cecily e Max scoppiarono a ridere di gusto. Non riuscivano proprio a immaginarsi una rockstar come Slash impegnato a guardare cartoni del genere.
“Cazzo ridete? E poi, come dice sempre lui, sono cartoni istruttivi e sottovalutati.”
I due ragazzi annuirono perplessi.
“Dai, andiamo a lezione. Si sta facendo tardi.”
Solo in quel momento il trio notò il cortile semi-vuoto della Fairfax High School. Dovevano sbrigarsi.

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Capitolo 2
*** Chapter 2. ***


“No, London, te l’ho detto. Quest’ultima settimana abbiamo saltato già due lezioni”
“Dai, non fare la pallosa! Sai anche tu che non te ne importa un accidenti di letteratura americana!”
“Se la metti così..”
London le prese la mano, e insieme corsero fuori. Qualche tempo prima i due avevano trovato un vecchio laboratorio di chimica abbandonato, e avevano deciso di farlo loro. Inoltre, su quei muri avevano trovato alcune scritte significative, quali ‘fuck this shit! I’m gonna be a fuckin’ musician! Slash’, che convinsero i due a far diventare quel magazzino il loro nascondiglio.
Erano giusto intenti a far incontrare le loro lingue, quando la porta del magazzino si spalancò. Il preside.
I due non ebbero nemmeno il tempo di rispondere, di scusarsi, di dire qualsiasi cosa.
“Nel mio ufficio. Convocheremo i vostri genitori. Verranno presi provvedimenti seri, statene certi.”
Cecily e London vennero condotti nell’ufficio del preside, in attesa dei loro genitori. Speravano che non venissero.
Poi, eccoli. Uno da una parte, l’altro dall’altra.
“Oh, bene, siete arrivati. Entrate pure, tutti e quattro.”
Perché sua madre non era qui? Si sedettero davanti alla scrivania, in attesa.
“Okay, perché ci ha convocati?” chiese Slash, interrompendo quel silenzio imbarazzato.
“I vostri figli hanno saltato una lezione.”
Axl tirò un sospiro di sollievo.
“Ah, solo quello? Mi aspettavo di peggio..”
“E sono stati sorpresi a..commettere atti impuri.”
“Con atti impuri intende?” domandò il rosso.
“Signor Rose, a farla breve, stavamo per farci una scopata in un magazzino dietro la scuola.”
“LONDON!” lo sgridò Slash.
Axl Rose si voltò lentamente. Perfetto, ora lo ammazza. È la volta buona, pensò Cecily.
Fissò il ragazzo per alcuni interminabili secondi. Poi, tornò a rivolgersi al preside.
“È evidente che questo..ragazzo..l’ha molestata. Ha sentito come parla?”
“Papà.”
“Quindi la prego di non punire Cecily per una cosa di cui lei è in realtà una vittima.”
“Papà, non sono una vittima. Lo volevo tanto quanto London.”
A quel punto l’uomo si alzò improvvisamente, prese la porta e uscì, sbattendola dietro di sé. Una sua tipica uscita drammatica, a cui due persone in quella stanza erano abituate.
Fu Slash a parlare nuovamente.
“Beh, mi sembra ovvio che questi due ragazzi meritino una punizione, ora, se mi vuole scusare..”
Anche il riccio si alzò, e lasciò lo studio in silenzio com’era arrivato.
Trovò Axl appena fuori dalla scuola.
“Un’altra uscita drammatica, Rose?”
“Che cazzo vuoi, Slash?”
“Smettila di comportarti da padre geloso, la metti solo in imbarazzo. Non è più una bambina!”
“Credi che non lo sappia? E tuo figlio ovviamente a metterle subito le mani addosso. D’altronde, con un padre come te..”
“Cosa vorresti insinuare?”
“Niente, niente. Dico solo che mi sembra che London abbia avuto un po’ tutto dalla vita, e ora abbia iniziato a esplorare il corpo umano.
“Ha sedici anni, Axl. Tu cosa facevi alla sua età? Noi cosa facevamo? Cose peggiori, te lo dico io..”
“Erano tempi diversi.”
“Non è una giustificazione! E poi le ragazze sono sempre le stesse. E, non mi uccidere, ma Cecily è una gran bella ragazza.”
Axl sorrise. Non poteva essere altrimenti, con un padre come lui.
“Ricordi quando è nata? Eravamo tutti là, all’ospedale, intorno a Clary, e Duff piangeva come una femmina..da pazzi.”
“Sì. Me lo ricordo.”
Non poteva permettere a Slash di parlargli di quelle cose. Ci aveva messo anni a lasciare fuori dalla sua vita tutti quei ricordi. E ora lui li stava riportando a galla, ricordandogli tutte le nottate passate insieme a bere, a fumare, a stare con quelle groupies. L’arrivo di Clary e Beth, l’inizio delle loro storie d’amore, la vacanza in Grecia, e tutto il resto.
Era felice con i nuovi Guns, reputava che tutti i membri avessero uno spirito molto ‘rock n’ roll’, ma, rivedendo quel chitarrista, non poteva fare a meno di desiderare di suonare con lui, un’ultima volta.
“Beh, ci vediamo Axl.” Gli disse, camminando in direzione dell’uscita con suo figlio.
Il riccio si allontanò da lui, e venne sostituito da Cecily, pronta a fargli, a quanto pareva, una lavata di testa.
“Papà, sei stato ridicolo!”
“Sei troppo piccola per fare sesso!”
“Tu a che età l’hai fatto?”
“Ma..ma cosa c’entro io? E poi smettila di rispondere!”
“Se avessi fatto sesso con Max ti avrebbe dato fastidio?”
“Non l’avresti mai fatto con lui.”
“Non rigirarti la domanda! A te ha dato fastidio che fosse London.”
“È tale e quale al padre, Cecily. Inaffidabile, egocentrico e..ti spezzerà il cuore.”
Cecily si allontanò velocemente dal padre,  prese la porta e andò verso la macchina. Era stufa della gente che paragonava London a Slash, stufa di tutta la gente che li giudicava come coppia, arrivando persino a dire che fossero una trovata commerciale per riportare in vetta i vecchi Guns. Da pazzi.
Poco dopo, anche lui la raggiunse in macchina.
“Non puoi sapere che mi spezzerà il cuore! Piantala di dirmi cosa devo fare! Non ci sei mai stato per me, e ora mi vieni a rompere i coglioni? Basta, papà, basta!”
La ragazza non aveva intenzione di essere così cattiva. Ovviamente pensava tutto ciò che aveva rinfacciato al padre, ma sapeva anche che non era colpa sua. Riusciva a scorgere lo sguardo ferito di William Axl Rose mentre la fissava con i suoi occhi verdi.
“Scusa..Non..Non volevo dirtelo.”
“Fa lo stesso. Hai ragione.”
Guidarono in silenzio fino a casa. Sua madre era sorpresa di vederli.
“Che ci fate qui?” chiese lei.
Axl le raccontò tutta la storia, e lei ne rimase inorridita. Non poteva credere che la sua bambina avesse fatto una cosa del genere.
Bambina. La sua bambina. Non era più una bambina!
Corse al piano di sopra, nella sua stanza. Accese la radio. Stavano trasmettendo una canzone dei Black Eyed Peas, Pump It.
La ragazza non la ascoltò, perché si addormentò non appena toccò il cuscino, fra le lacrime.
Aveva tutto, ma la sua vita faceva schifo. 


Spazio autrice:
ed eccoci qui, al secondo capitolo, sembra impossibile **
Scusate, lo so, sono impossibile, ma non sono riuscita a far restare Slash e Axl lontani per molto :'D
Spero che il capitolo vi sia piaciuto, lascio a voi i commenti. <3

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Capitolo 3
*** Chapter 3. ***


Le lezioni erano finite da una decina di minuti, e Cecily, Max, London e i suoi compagni di band erano seduti sul muretto della scuola.Ormai avevano composto quattro loro canzoni, e preparato molte cover. Erano pronti per uno spettacolo.
“Non so ragazzi, mi sembra rischioso.”
“Brad, per te tutto è rischioso. Ti prometto che la tua batteria non si rovinerà.”
“Non è della batteria che mi preoccupo, è di questa strana idea dell’andare fuori città..”
La band, i Rock n’ Roll Avengers, aveva deciso di fare il primo spettacolo a Santa Monica. A London non era sembrava ‘sta gran cosa, ma.evidentemente, al resto dei membri sì.
“Cecily, tu che ne pensi?” Ogni volta che era confuso, o disorientato, o indeciso, chiedeva a lei. La ragazza aveva un’opinione su tutto, e sapeva sempre ciò che voleva. Soprattutto, sapeva come ottenerlo. London ne era l’esempio: si erano conosciuti al ballo della scuola dell’anno prima. Lui stava ancora con quella Jane, ma Cecily aveva puntato gli occhi su di lui, e, a furia di avances, il ragazzo aveva ceduto.
“Io dico che sarebbe una gran figata, ma dove li troviamo i soldi? A mio padre mica posso chiederli.”
“Neanche io al mio.” Rispose il riccio, tetro.
“Che palle. Mi avevate quasi fatto venir voglia di partire!” esclamò Matt, il bassista.
“Sentite, ragazzi, perché non vi trovate un lavoro? Non ci vorrà molto tempo per tirare su i soldi necessari. E poi qualcosa ai genitori si può sempre chiedere, non so, una borsa nuova, o un nuovo amplificatore.” Propose Max. Non aveva tutti i torti.
“Non conterei sugli amplificatori, visto che papà ne ordina sempre di nuovi. Però potrei chiedere i soldi a mamma, lei vuole sempre che paghi tutto alle mie ragazze, quindi..”
“Parla al singolare, stronzo.”
“Uuuuuh, la ragazza è geloooosa! Per favore. Poi cosa ci fa lei qui? Non è parte del gruppo.” Disse Shane, con tono acido e sprezzante.
Per poco non scoppiò una rissa. Shane non aveva mai sopportato Cecily, per qualche assurdo motivo. Probabilmente il motivo neanche c’era.
“Sai, Shane, tu mi hai rotto un bel po’ i coglioni. Dimmi cosa cazzo ti ho fatto e facciamola finita!”
“Sei una fottuta piattola!”
Cecily si alzò di scatto e gli tirò uno schiaffo, poi uscì dalla stanza, per tornarsene a casa.
“Davvero complimenti, Jackson. Hai fatto il deficiente come al solito.”
“Stai dalla sua parte? Sarai mica frocio?”
“Oh, credimi, non lo sono. Dille qualcos’altro e ti caccio dalla band.”
“Ma che paura!”
Anche il cantante uscì sbattendo la porta. Era un tipo imprevedibile, Shane. Sempre alla ricerca di grane da piantare, come quel giorno. La sua fortuna era quella di saperci fare con il microfono in mano.
London prese lo skate, pensando di andare da Cecily, ma poi..beh, semplicemente cambiò idea. Lui poteva essere in casa.
Così si diresse subito alla sua dimora. Entrando, venne salutato amorevolmente dalla madre, che gli diede un bacio sulla guancia.
“London? È puzza di fumo quella che sento?”
“No, mamma. Ho smesso, ricordi?” Bugia. Grandissima bugia. Non aveva resistito al fascino delle Marlboro rosse.
“Piantala di prendermi per il culo, e smettila di fumare. O finirai nei guai.”
“Okay, mamma, okay. Dov’è papà?”
“Dove vuoi che sia? Dai serpenti. Ah, quell’uomo. Prima o poi dovrà iniziare ad aiutare con le pulizie.”
Ebbene sì. Casa loro aveva una stanza dedicata ai serpenti. Per forza, visto che parecchi erano esemplari di boa costrictor, potenzialmente letali. Il preferito di suo padre era Sam, ma era subito seguito da Daisy e da Achille.
“Ciao papà.”
“Ciao London. Hai appena portato dentro il tuo buon odore di fumo. Cazzo, devi smetterla.”
“Senti da che pulpito.”
“Sì, ma io sono tuo padre e ho certi diritti..e anche doveri. Scusa, mi puoi passare il topo morto? Devo sfamare Cimice, mi sembra deperita.”
“Pà, sei patetico.”
“No, sono premuroso!”
“Comunque..vorrei parlarti di una cosa.”
“Dimmi.” Ora il padre si era voltato verso di lui.
“Si tratta di Cecily.”
“Suo padre ti ha minacciato? Lascialo fare, è innocuo.”
“Non..non è questo!”
“CAZZO! London, è incinta, vero? Merda, aspetta di dirlo a tua madre..Certo che sei proprio coglione a non usare preservativi eh! Che casino. E Axl..Chissà come la prenderà!”
“Papà, ma che hai capito?!”
Era sempre a pensar male, quell’uomo. Era rimasto un adolescente, proprio come lui. O forse peggio.
“Non è incinta?”
“NO!”
“Ah, che i Thin Lizzy siano lodati. Allora dimmi.”
“Si tratta di Shane, te lo ricordi?”
“Certo, il cantante svitato. Che ha fatto?”
“Continua a rompere le palle a me e a Cecily. Non so come comportarmi. Non posso mica buttarlo fuori dalla band..”
“Ai miei tempi si poteva eccome. Comunque, cosa le ha detto? L’ha insultata?”
“La prende per il culo. Dice che non c’entra niente e blablabla.”
“Secondo me gli piace.”
“Cecily?”
“Certo.”
“A me non sembra proprio. La metà del tempo la ignora, l’altra metà la insulta!”
“Sìsì, fidati del tuo vecchio. Quello ha preso una sbandata. Problema risolto. E ora, dedichiamoci ad affari decisamente più pericolosi: và a chiamare tuo fratello, dobbiamo andare a sequestrare la carta di credito a vostra madre, e ho bisogno di tutta la collaborazione possibile.”

 
 
Spazio autrice:
LOOOOL Slash è veramente uno stupido, forse dovrei farlo maturare un po' :'D Per chi non lo sapesse: Slash ha davvero un serpente chiamato Sam, mentre gli altri sono di mia invenzione. Shane ricorda un po' Axl, eh? u.u Alla prossima (:

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Capitolo 4
*** Chapter 4. ***


“Ciao Cecily.”
“Shane? Che ci fai qui?”
Si trovavano appena fuori casa della ragazza, e London sarebbe potuto arrivare da un momento all’altro. Di sicuro non avrebbe gradito la presenza del cantante.
“Volevo..ecco..volevo scusarmi per ieri. Sono stato uno stronzo, e lo sono stato senza motivo. Spero accetterai le mie scuse.”
“Certo che le accetto.” Rispose la ragazza, ancora confusa. Shane Jackson non era un tipo da scuse; teneva troppo al suo orgoglio per pronunciare quelle parole. Assurdamente, le ricordava suo padre. A sentire sua madre, era l’uomo più orgoglioso e testardo sulla faccia della Terra.
“Posso darti un passaggio?”
Nessuna risposta.
“Ti prometto che non ti farò schiantare contro un muro!” le disse, dandole una pacca sulla spalla. Contatto fisico? Mai successo tra di loro. Che in una notte quel ragazzo fosse davvero cambiato?
“Hem..Non lo so. Il fatto è che forse mi viene a prendere London e..Sì, insomma, sai com’è lui. Non gli sarà passata l’incazzatura.”
“Daaaaai! Ti accompagno io per una volta! Devo sdebitarmi!”
“E va bene.” Salì sull’auto del ragazzo, ancora pensierosa. Doveva ammettere, però, che l’hummer di Shane era decisamente più comodo dei sedili dell’autobus.
“La tratti davvero bene la tua auto!”
“Beh, ci devo portare le ragazze. Non che ce ne porti tante, eh. Poi io sono monogamo, sai. Quando mi metto con una, ci sto e non la tradisco. Ma giusto perché tu lo sappia.”
“Shane, non ti devi mica giustificare. E poi lo so che di ragazze ce ne porti, e anche tante. Però non sono mica affari miei, io sto con London.”
“Già.” Era una notte di invidia, quella? No, impossibile. Era di Shane che si stava parlando, mica di un qualsiasi ragazzo che cerca di pavoneggiarsi.
“Siamo già arrivati. Wow.”
E London era là. Davanti all’auto. Ad aspettarli. Incazzato.
Cecily scese lentamente, per poi accennare un sorriso timido.
“Hey, London! Ciao.” Fece per dargli un bacio sulle labbra, ma il riccio si ritrasse. Cattivo segno, pessimo segno. Solo una volta aveva rifiutato di baciarla in pubblico..ma era perché lei aveva un herpes.
“Cos’è, non mi baci più?” domandò.
“Che cazzo ci facevi in macchina con lui?”
“Beh, tu non arrivavi, e pensavo non venissi..”
“Sono arrivato alla solita ora, Cecily. Ci vediamo.” Prese il suo zaino, il suo skate, ed entrò. A quanto pareva, la ragazza aveva combinato un bel casino.
Ma, in fondo, lei non aveva fatto nulla di male.
London non si fece vedere per tutta la mattina, e nemmeno durante la pausa pranzo. Cecily chiese notizie di lui a Max, ma neppure il suo migliore amico sapeva dove fosse. O forse lo sapeva e aveva evitato di dirglielo.
 
“Jackson.”
“Ciao, Hudson. Tutto bene? Sarai mica ancora arrabbiato per la storia di stamattina? L’ho solo accompagnata a scuola!”
“Beh, dipende. Tu come ti sentiresti se il tuo compagno di band accompagnasse la tua ragazza a scuola, cosa che spetta di diritto a..me?”
“Le ho solo fatto un favore! Lasciami in pace!”
“Lei ti piace, non è così? Sono sicuro che è così. Lasciala stare, Shane. È mia. Sai quanto ci tengo a lei, e sai anche che farei di tutto per tenerla. E se questo comportasse perdere il cantante della mia band..lo farei.”
Shane sbuffò, poi scosse la testa, ridendo.
“Sei un cazzo di paranoico! Ovvio che mi piace, a chi non piace una così? Capelli rossi, lunghi, belle tette, bel culo. Ha tutto al posto giusto. Credi che ci sia davvero qualcuno nella band a non aver mai fantasticato su come sarebbe stato farsela?”
“Max.”
“Pfff, Owen è totalmente perso di Cecily, sei cieco a non accorgertene. E ora, se hai finito di farmi la predica, vado a fumare.”
London era spiazzato. Quindi la sua band aveva segretamente sognato di farsi la sua ragazza? E a Max non era passata la cotta? Perché nessuno lo aveva avvertito?
Perché ti saresti incazzato a morte con loro, gli suggerì la sua coscienza. Non aveva tutti i torti.
Così fece l’unica cosa che gli veniva in mente in quel momento: ingoiare il suo orgoglio maschile, e andare a strisciare ai piedi della sua ragazza.
La trovò nell’atrio, da sola, ad ascoltare musica dal suo mp3.
“Cecily?”
“London.”
“Scusami?”
“È una domanda?”
“Non vorrei che mi prendessi a calci in culo.”
“Non direi, è troppo bello il tuo, non voglio rovinartelo.”
“Oh, grazie. Non ci siamo mollati, vero?”
“Hey, sei tu quello che ha fatto una scenata. Io non ti voglio mollare, Hudson.”
London la prese tra le braccia, le mise entrambe le mani dietro al collo, e sfiorò le sue labbra. Dopodiché si ritrasse.
“Tutto qui? Fai ‘sta scenata da duro per poi baciarmi a stampo?”
“Volevo creare suspense.”
“Ma vaffanculo, te e la suspense!” detto ciò, ci pensò la ragazza a far salire di livello il loro bacio, che, dopo poco, si trasformò in una lotta amorosa.
Una ventina di minuti dopo, i due erano a casa di Cecily, sdraiati sul suo letto, l’una tra le braccia dell’altro.
“Sai, dovrei farti ingelosire più spesso.”
“Un cazzo. Shane mi ha raccontato certe cose che..”
“Tipo?”
Ma Cecily non le venne mai a sapere, perché proprio in quel momento, Axl Rose entrò all’improvviso nella stanza, interrompendo la loro sessione.
“SCENDI DA QUEL FOTTUO LETTO, MANIACO!”


Spazio autrice:
Innanzitutto vorrei ringraziare tutte le persone che si sono prese la briga di recensire i capitoli, o anche solo di leggere questa follia che sta uscendo dalla mia testa, siete grandi!
Successivamente..GIURO che nei prossimi capitoli Axl riuscirà a darsi una calmata ed affrontare la cosa da genitore maturo u.u
Spero che il capitolo vi sia piaciuto, sinceramente a me fa un po' schifo. Alla prossima!

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Capitolo 5
*** Chapter 5. ***


Cecily osservava la scena impassibile. Suo padre era pazzo, era l’unica spiegazione possibile. Di sicuro aveva subito qualche trauma, che ora lo obbligava a reagire in modi così esagerati.
“S-signor Rose.”
“Ciao, Tokyo. Volevo dire London.”
“Ah, ha fatto la battuta!” esclamò il ragazzo, sforzandosi di ridere a quella pessima affermazione.
“Fuori da casa mia, ora. E porta i miei saluti a tuo padre.”
London fece per uscire, ma Cecily lo fermò.
“Aspetta, resta qui. Papà, questa non è solo casa tua!”
“Ah no? London Hudson, fuori. E in quanto a te, dobbiamo fare un bel discorsetto.”
Il ragazzo non se lo fece ripetere due volte, e schizzò via da quella casa, senza nemmeno raccogliere la sua felpa. Cecily si voltò dall’altra parte: non aveva nessuna intenzione di interagire con il padre.
“Cecily?”
Dio, ma si aspettava davvero una risposta?
“Cecily. Sei arrabbiata con me?”
“Beh, vedi tu, papà. Hai appena sbattuto fuori di casa il mio ragazzo. Come se stessimo facendo qualcosa di male!”
“Tesoro, ero al piano di sotto che suonavo il piano, e riuscivo a sentire dei..dei cazzo di gemiti o quello che erano. Non penso fosse Dijon, sai?”
La ragazza si sentì avvampare. Forse qualcosa di male lo avevano fatto.
“Beh..beh non c’era bisogno di fare una scenata. Poverino.”
“Po..Poverino? Okay, Cecily, ora parliamo. Non approvo questa relazione, non la approvo assolutamente. Non perché quello è il figlio di Slash, o perché è brutto o per chissà quali altri motivi. Non mi va a genio perché tu per me sei ancora la mia bambina, quella che mi ha guardato con quegli occhioni in sala parto e mi ha fatto davvero capire cosa sia l’amore. Però non ci sono mai stato per te, e non sai quanto questo mi faccia male. E vederti con lui, che ha quanti anni? Sedici? Che ti conosce meglio di me, sa quale gelato prendi, e quale tipo di pasta non ti piace. Io tutte queste cose non le so, e non dovrebbe essere così.”
Cecily era impressionata. Sembrava che suo padre non avesse nemmeno respirato durante quel discorso.
“Quindi..Te lo chiedo per favore, ricominciamo. So benissimo che sarà difficile, però mi piacerebbe che facessimo questo sforzo, insieme.”
“E London?”
“Quel ragazzo non mi andrà mai giù, però proverò a farmelo piacere, d’accordo?”
“Papà, sai cosa ci vorrebbe?”
“Non dirmelo, lo so! Quel vestito di Chanel che hai visto l’altro giorno!”
“…Tralasciamo. E poi lo sai che non indosso Chanel. Ci vorrebbe una bella cena.”
“Con London? D’accordo, tanto, una persona in più, una in meno.”
“No, intendevo una cenetta con tutta la famiglia Rose e tutta la famiglia Hudson.”
“Oh.” Sembrava spiazzato: di sicuro questo non se l’aspettava.
Ma la ragazza non poteva più sopportare quella situazione. Voleva che le due famiglie scendessero a patti, voleva farlo per mantenere saldo il suo rapporto con London, e, ma questo solo una piccola parte di lei, per far tornare la pace tra quei due testoni di Slash e di suo padre.
“Ti prego, pà. Cosa vuoi che sia?”
Axl ci pensò su un momento. Se sua figlia la voleva davvero, allora doveva farla.
“E va bene. Decidete voi il giorno, la facciamo qui a casa?”
“Non so, può darsi che London voglia farla a casa sua. Glielo chiedo.”
“D’accordo. Poi dimmi.”
Il padre lasciò la stanza e, dopo qualche minuto, Cecily iniziò a sentire delle note provenire dal piano di sotto. Suo padre stava suonando il suo pianoforte. Faceva sempre così quando aveva bisogno di calmarsi, o di stare semplicemente da solo con se stesso.
La ragazza riusciva ad immaginare quanto la notizia della cena lo avesse turbato. Era felice, però, che non si fosse opposto. Di sicuro non l’aveva presa con molto entusiasmo, ma aveva accettato, ed era questo l’importante.
Ora Cecily Rose aveva un altro pensiero che la attanagliava.
Se London e la band fossero davvero partiti per quel ‘tour’, lei li avrebbe seguiti. E questo non avrebbe fatto piacere a suo padre. Lo avrebbe deluso, lo avrebbe fatto imbestialire. Le dispiaceva, certo, ma desiderava ardentemente lasciare quella città per un po’ di tempo, di staccare la spina.
Proprio mentre stava elaborando qualche scusa che di sicuro le sarebbe servita in futuro, il suo cellulare squillò. Era London.
“Pronto?” rispose la ragazza.
“Ciao, piccola. Come va? A tuo padre è passata l’incazzatura?”
“Oh, sì. Ti volevo parlare di una cosa..”
Il ragazzo non fiatò. Probabilmente pensava fosse una qualche minaccia proveniente dal padre di Cecily.
“Ho convinto mio padre a fare una cena con entrambe le nostre famiglie! Non è fantastico?!”
“Come l’hai convinto? L’hai pagato? Ricattato?”
“Ti pare che possa pagare mio padre? No, gli ho solo fatto un discorso strappalacrime..E, no, London, lo so cosa stai pensando. Non me ne sono approfittata, voglio davvero che papà la smetta di comportarsi così. Voglio ufficializzare la nostra relazione.”
“Okay. Ne parlo a mio padre a mia madre. Ci sentiamo stasera. Ti amo.”
Cecily sorrise. Di rado lui le diceva che l’amava.
“Ti amo anche io.”
 
“Una cena a casa di Cecily? Mi sembra fantastico!” esclamò la madre, colta dal solito entusiasmo.
“Slash! Slash, hai sentito?”
“Mamma, datti una calmata.”
“Tuo fratello sta per ufficializzare la sua prima relazione! Non è fantastico, Cash?”
“Perla, che è tutto ‘sto casino?” borbottò Slash, entrando in cucina.
“Oh, amore. London e Cecily hanno deciso di rendere ufficiale la loro relazione!”
“Wow, beh, è un passo importante.”
“Sì, hum, a proposito di questo..Cecily vorrebbe..fare una cena. Con entrambe le famiglie. A casa sua. A casa di Axl. Rose. Axl Rose.”
Il padre rimase in silenzio. London era sicuro che non sarebbe stato d’accordo. Erano dieci anni che lui ed Axl non si parlavano. Probabilmente non avrebbe più voluto vederlo per il resto della sua vita.
“Papà? Se..se non vuoi fa niente. Non siamo obbligati. Cecily pensava che sarebbe, non so, stato utile.”
“Certo che voglio. La stupida faida tra me e Axl non deve influenzare voi due, no? Okay, allora a casa loro? A me va bene anche qui. Perla?”
“Oh, dove volete! Sono così contenta!” disse lei, andando ad abbracciare il marito.
Dunque la cena si sarebbe fatta. Dopo anni e anni, Axl Rose e Slash si sarebbero ritrovati seduti allo stesso tavolo.
London prevedeva guai.  



Notes from Paradise City:
Eccoci giunti alle note del quinto capitolo! Innanzitutto vorrei ringraziare come sempre chi recensisce e legge e ldkhlòdhbdb vi amo <3 Ah, Dijon è seriamente il gatto di Axl u.u

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Capitolo 6
*** Chapter 6. ***


“Dio, Cecily, non so cosa devi metterti, ma mettiti qualcosa!”
“Papà, lo capisci che è un evento importante?”
“Tesoro, è una cena. Secondo me dovresti metterti quel maglione con l’orsetto che beve il thè che ti ho regalato a Natale. Non te l’ho mai visto addosso.”
“Axl, mamma mia, non posso credere che tu pensi che una ragazza di sedici anni si metterebbe un maglione del genere.”
“Ma che ha di male? Piuttosto, Clare, tu sei troppo figa stasera. Non vorrei che Slash ti saltasse addosso.”
La donna sorrise, per poi dare al marito un non-poi-così-casto bacio sulle labbra, che venne interrotto da Cecily.
“Ma non potete contenervi? Mi bloccate la crescita!” esclamò la ragazza.
Uscirono di casa qualche minuto dopo, diretti a casa Hudson. Avevano deciso di fare lì la cena, perché Slash voleva assolutamente che Clare vedesse la sua stanza dei serpenti. Alla guida c’era Cecily, in quanto era l’unica a sapere dove si trovasse. Ma, avendo appena preso la patente, era costretta a sopportare gli incessanti avvertimenti e consigli di sua madre.
Anche suo padre aveva provato a darle qualche dritta, inutile.
“Papà, non mi fido di te. Credi che su You Tube non ci sia quel video in cui guidi quella specie go-kart e ti ribalti?”
“Cosa? Esiste? Sarò lo zimbello di tutti..”
“Naaah, non più del solito, comunque.”
Suo padre la guardò perplesso. Dopo poco arrivarono a casa Hudson.
“Eccoci. Allora, qualche avvertimento: mamma, la loro cucina è gigantesca, il tuo mondo, ma non dare troppo di matto. Papà..cerca di non essere te stesso.”
“Che vorrebbe dire?”
Ma Cecily aveva già suonato, e la porta era già stata aperta da Perla, seguita da un ragazzino molto simile a Slash, solo meno riccio.
“Oh, siete arrivati! Benvenuti nella nostra umile dimora..Okay, dimenticate che l’abbia detto. Entrate pure.”
“Ciao, Perla.”
“Cecily. Sei bellissima.”
“Grazie.” Le disse, sorridendole.
“Ciao, Clary. Da quanto è che non ci vediamo?”
“Da..hum..dieci anni? Ringrazia qualcuno.” Detto questo, sua madre si avvicinò e baciò su entrambe le guance Perla.
Poi venne il turno di Axl. Anche la sua entrata venne accolta gioiosamente dalla donna. Il suo entusiasmo sembrava essere infinito.
“Venite, London e Slash sono di là. Cash, per l’amor del cielo, smettila di nasconderti. Hai quattordici anni! Scusatelo, è la sua cotta per Cecily.”
“Non ho una cotta per Cecily!”
“Ma no, certo che no.”
Si avviarono verso la sala da pranzo, dove Slash e London stavano tranquillamente guardando una partita di football. Appena la vide, il volto del ragazzo si illuminò.
“Oh, siete arrivati.” Esclamò, avvicinandosi per darle un rapido e tenero bacio sulle labbra.
“Alla fine ce l’abbiamo fatta. Ciao Slash.” Rispose lei.
“Ciao, Cecily. Alla fine tuo padre è venuto?”
“Certo. Non poteva perdersela, questa.”
“Immagino.” Rispose il chitarrista, lanciandole uno dei suoi sorrisi.
Cecily non era ancora riuscita a decifrare totalmente quell’uomo. Era una brava persona, certo, però qualche volta era..strano.
Comunque quella non era l’ora di pensare a Slash.
“Hey, Rose.”
“Buonasera, Hudson. Casa vostra è davvero..tamarra. Più della mia, cazzo!”
Cecily non osò immaginare l’espressione di Perla. Suo padre era molto onesto e sincero, e anche troppo. Quella era una di quelle volte in cui la ragazza sperava solo di essersi sognata le affermazioni del padre. Insomma, certe cose non si dicevano in faccia!
“Axl! Scusatelo, sul serio. È così, si sa.”
Suo padre ora sembrava confuso. Odiava quando qualcuno lo rimproverava per aver detto la verità.
“Figurati. Andiamo a mangiare, dai!”
“Oh, stavate guardando il football? Chi gioca stasera?”
“Los Angeles Avengers contro Orlando Predators!” rispose London.
“Forza Avengers!”
“Forza Predators!” gridarono all’unisono Slash e Axl. Tipico. Se uno era la pioggia, l’altro era il sole. Se uno amava il silenzio, l’altro adora parlare. Erano impressionanti.
“Cazzo, Slash, gli Avengers sono una squadra di merda! Come fai a tifarli?”
“Squadra di merda?! Ma che cazzo ne può sapere uno che tifa gente di Orlando?”
“Io di football me ne intendo! Se vuoi ti do ripetizioni!”
Si guardavano in cagnesco, ormai.
“Beh, la serata è iniziata bene, direi.” Sussurrò London nell’orecchio di Cecily. La ragazza scosse la testa, rassegnata.
“Bambini, la cena è pronta. Magari quando sarete promossi in prima elementare potrete venire a sedervi.” Disse Clare, anche lei esasperata da quella stupida lite.
“Non finisce qui, Hudson.”
“Già, un po’ come la lite con Vince Neil, eh?”
“Giuro che lo uccido quello, un giorno o l’altro!”
“Sì, papà, potresti soffocarlo con i tuoi rotolini di ciccia.” *
Il padre le lanciò un’occhiata assassina, dopodiché si sedettero, finalmente, al tavolo.
“Allora, Slash, stai lavorando ancora con i Velvet Revolver?”
“Oh, sì. Sono fantastici. Mi diverto molto con loro. Non mi succedeva da..beh, da un po’.”
“Da quando hai lasciato i Guns, immagino.” Esordì Axl.
Vi fu un momento di silenzio. Nessuno aveva voglia di tirare in ballo l’argomento, ma ormai il rosso l’aveva fatto.
“Dai, Rose, non parliamo di questo..è la serata dei ragazzi, in fondo.”
“No, certo, non parliamone. Continuiamo a ignorare l’argomento. Tanto tutti i tabloid rendono me lo stronzo di turno. Voi invece siete i poveri piccoli musicisti che hanno giustamente lasciato la band. Fanculo.”
“Eri ossessionato, cazzo! Che ti aspettavi?”
“Cercavo di tenere in piedi una cazzo di band che stava cadendo a pezzi, coglione! Ed ero l’unico a crederci!”
“Beh, ora comunque non importa, no? Hai i tuoi fottuti nuovi membri, giusto? Divertitevi!”
“Sì, certo che mi diverto! Almeno loro non sono dei fottuti eroinomani o alcolizzati!”
“Vaffanculo, Axl!”
A quel punto, il cantante si era alzato, e si stava dirigendo verso l’ingresso.
“Clare, Cecily, ce ne andiamo.” Sbottò, rosso in viso.
“Cosa?!” domandò Clare. Neppure lei riusciva a sopportare suo marito quando si comportava in modo così infantile.
“Papà, stai di nuovo facendo il pazzo!”
“Bene, fate come volete. Io vado.”
Cecily guardò sua madre, in attesa. Se fosse rimasta, anche lei sarebbe rimasta. Ma la ragazza sapeva che Clare Brownstone-Rose non avrebbe lasciato andare suo padre in quelle condizioni.
“Ho capito. Ce ne andiamo. Ciao London. Ciao Perla, Slash, Cash.”
Gli Hudson accennarono dei saluti con la mano, dopodiché le due lasciarono quella casa.
Quella sera poteva essere una buona occasione per riappacificare quei due, per far conoscere le famiglie, per ufficializzare il rapporto tra lei e London. E invece no.
Suo padre aveva rovinato tutto. Di nuovo.  




* Lo so, sono un pezzo di merda. HAHAHAHAHAHA
Notes from the second wagon of the Night Train (?)
SO ANCHE CHE SONO MALIGNA, PERFIDA E CATTIVA, ma pensateci..era ovvio che le cose non si sarebbero potute risolvere così presto, no? *no*
Mi sento in colpissima per aver scritto questo capitolo, ma perdonatemi. Fa anche abbastanza schifo. Vabbè. Vi amo tutte. Giuro.

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Capitolo 7
*** Chapter 7. ***


Cecily corse in camera sua sbattendo la porta.
“Tesoro, possiamo parlarne?”
“No, papà, vaffanculo! Hai rovinato tutto! Sei solo un egoista!”
Si aspettava che arrivasse sua madre a dirle di non usare quelle parole, soprattutto contro suo padre, ma niente. Evidentemente anche lei disapprovava il comportamento del marito. Meglio così.
“Okay, scusami, va bene?”
La ragazza non rispose. Cosa doveva rispondere? Prima era venuto a farle tutto quel discorso su quanto volesse riallacciare il rapporto che aveva con lei, su quanto volesse accettarla. E poi si era comportato così. Lo odiava.
Aprì l’armadio di scatto, tirò fuori i primi vestiti che trovò a portata di mano, e li buttò come capitava nello zaino di scuola. Dopodichè mandò un breve messaggio a London.
“Io vado. Tu che fai? Avverti anche gli altri.”
“Ma dove vai?!”
“Via. Non so dove cazzo andare, ma di sicuro qui  non ci resto!”
“Vuoi venire a casa mia?Mamma non è arrabbiata, papà è un po’..”
“London, non voglio venire a casa tua. Voglio andare via da questa città di merda.”
“Okay, ti veniamo a prendere stanotte, verso le due. Bacio.”
“Grazie, L, ti amo.”
Adorava quel ragazzo. Dopo quella serata assurda, aveva ancora voglia di vederla, di parlarle, di scappare con lei. Avrebbe dovuto erigere un monumento in suo onore, come minimo.
Verso mezzanotte, i rumori in casa si affievolirono. I suoi erano probabilmente andati a dormire. Perfetto. Ora poteva preparare tutto il resto della roba. Scese in cucina cercando di fare il minimo rumore, e prese un po’ di cibo, e soldi dalla cassetta delle emergenze.
Le due non tardarono ad arrivare, e scendere dalla finestra di camera sua si dimostrò essere più difficile del previsto. Nei film facevano passare quell’azione come la cosa più elementare del mondo, ma non lo era affatto. Per fortuna di sotto c’era London a prenderla, altrimenti avrebbe sicuramente dato una facciata a terra.
“Ragazzi! Siete venuti tutti!”
“Ovvio! Mica potevamo perderci la tua fuga da adolescente ribelle!” esclamò Shane. Tipico.
“Max? Sei venuto anche tu?!”
“Cecily, ti pare che ti lascerei sola con questi squilibrati?”
“No. Certo che no. Andiamo? Stiamo facendo troppo casino.”
E così Cecily, London, Max, Shane, Brad e Matt salirono sull’hummer del cantante, e partirono.
“Ah, dov’è che vogliamo andare?”
Tutti si voltarono verso la ragazza. Era lei ad aver ‘organizzato’ la fuga, e ora doveva essere lei a decidere cosa farne.
“Nevada!”
London scosse la testa, e la sua reazione venne imitata subito dopo dal resto del gruppo.
“Che c’è?”
“Non si era parlato di cambiare Stato!
“Lo sapevo. Siete solo dei fifoni. Fatemi scendere, torniamo tutti a letto da mammina e paparino.”
“Come sarebbe a dire, fifoni?” Esclamò Brad, visibilmente offeso.
“Non avete neppure il coraggio di varcare i confini della California. Che razza di musicisti siete?”
Shane la guardò dritta negli occhi, dopodiché diede gas.
“Vuoi andare in Nevada? Perfetto. Las Vegas, arriviamo!”
*
Axl Rose si svegliò improvvisamente. Doveva far pace con sua figlia. Doveva scusarsi per essersi comportato da perfetto idiota. Un’altra volta.
Fece attenzione a fare il minimo rumore possibile. Non voleva svegliare Clare, che stava, a quanto pareva, facendo sogni beati. Si era sempre divertito a guardarla dormire, sin da quella prima notte a New York. Pensando a quella serata, un brivido gli percorse la schiena.
Ma non doveva lasciar spazio ai ricordi. Ora doveva pensare a sua figlia.
Aprì lentamente la porta. Il letto era vuoto. Probabilmente era andata in bagno. Si sedette sul materasso, in attesa. Prima o poi sarebbe uscita, si sarebbe arrabbiata nel vederlo lì, ma lui le avrebbe parlato col cuore in mano, e avrebbero fatto pace.
Durante l’attesa, si preparò un piccolo discorso mentale da farle. Anche se sapeva che le parole gli sarebbero venute sul momento, voleva essere un minimo preparato.
 
L’attesa lo stava distruggendo. Cosa diavolo stava facendo in bagno?! Quando essa divenne totalmente insopportabile, andò a bussare alla porta. Nessuna risposta.
Magari era svenuta.
Magari si era sentita male.
Magari si era addormentata.
Aprì la porta del bagno. Vuoto. Se non era in bagno, e non era in camera, e al piano di sotto tutto taceva..dove cazzo era andata?
Corse da Clare, la svegliò, e le spiegò la situazione.
“Dai, Axl, calmati. Dove vuoi che sia andata? Se non è qui a casa, sarà da London. La conosci.”
“Bene. Allora muoviamoci e chiamiamo quel coglione di Slash.Voglio sapere dove è mia figlia.”
Ancora mezza addormentata, Clarissa digitò il numero di Perla, che rispose al terzo squillo.
“P-pronto? Clare? Che succede?”
“Ciao, Perla. Scusa se chiamo a quest’ora. Mi potresti passare Cecily? È lì da voi, no?”
“Da noi? Perché mai dovrebbe essere da noi..Slash, Cecily è qui da noi?”
“Huh? Cecily? No. Aspetta, vado a chiamare London.”
I tre rimasero in attesa per poco tempo. E la risposta di Slash fu quella che nessuno di loro si aspettava, o voleva, sentire.
“London non c’è.”
“Come, London non c’è? Sarà in cucina! Hai guardato?!”
“Perla, amore, ho guardato. Non c’è, è sparito!”
“Senti, Perla, chiamo i genitori di Max. Ti telefono appena so qualcosa.”
Clare mise giù il telefono, in preda al panico.
“Allora? È da loro?”
“Forse è meglio se ti siedi..”
“Ma..ma perché?”
“Cecily non è da loro. Da loro non c’è neanche London.”
“Oh, merda.”


Author's Space:
MUAHAHAHAH sono partiti u.u Scusate se ci ho messo un po' ad aggiornare, spero che il capitolo vi sia piaciuto :3
Grazie mille a chi legge e recensisce, vi voglio taaaaaaaaanto bene <3

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Capitolo 8
*** Chapter 8. ***


“Brad, accosta cazzo, non si vede niente!” sussurrò Matthew, nell’oscurità. Cecily, London, Shane e Max stavano tranquillamente dormendo nell’hummer, mentre loro stavano attenti al viaggio.
“Stà calmo, Matt. Non fare il frocio isterico!”
“Smettila di darmi del frocio. Non lo sono.”
“Ma guarda che non c’è nulla di male nell’esserlo, eh.”
“Solo perché non mi sono ancora scopato una ragazza, non significa che lo sia! Piantala! Mi hai rotto i coglioni!”
Matt sbuffò rumorosamente. Era stanco di quel ragazzo. Lo prendeva continuamente in giro per una cosa che non era nemmeno vera.
“Accosta.”
“No.”
“ACCOSTA!”
“E va bene, va bene, ma tu stai zitto! Non vorrai svegliare tutti!”
Brad accostò in una piccola area di servizio, e scese per sgranchirsi le gambe. Guidare era faticosissimo, per fortuna che tra qualche ora avrebbe dato il cambio a Shane.
Anche Matt scese dalla macchina, e si accese subito una sigaretta. Sembrava il santarellino del gruppo, ma fumava e beveva più di tutti loro messi assieme.
“Sei incazzato con me?”
“Vedi tu, Brad.”
“Eddai, scusami. Va bene?”
“No, non va bene. Mi rompi sempre le palle, e poi ti aspetti che una scusa risolva le cose. Mi devi dire perché lo fai, perché ti ostini a sostenere che io sia frocio!”
“Perché..”
Il ragazzo si bloccò. Si passò una mano tra i folti capelli bruni, e si accese anche lui una sigaretta.
“Allora?! Cosa c’è? Indosso scarpe da frocio? Suono come un frocio? Mi atteggio come un frocio? Qual è il motivo?”
Brad era senza parole.
Diglielo.
Non dirglielo!
Diglielo. È tuo amico.
Non dirglielo. Shane lo verrà a sapere.
Era combattuto. Si fidava di Matt, si fidava ciecamente. Erano gli altri componenti che non lo convincevano al cento per cento. Se avesse detto la verità, chissà quali occhiate avrebbe dovuto sopportare. D’altro canto, dicendola si sarebbe tolto un peso a dir poco enorme.
“Dimmelo!”
Fanculo.
“Perché vorrei che lo fossi!”
“C-come? E cosa..cosa vorrebbe dire?!”
“Che se tu fossi gay, io verrei lì e ti bacerei fino allo sfinimento. Ecco cosa vuol dire.”
Matthew lo guardava. Anzi, lo fissava. E Brad sentiva il suo sguardo penetrargli l’anima, era una sensazione tremenda.
“Quindi tu sei..”
“Non dirlo!!”
“Okay. Ma..ma perché non ce l’hai detto? Non..non ti avremmo preso in giro, ecco. Siamo tuoi amici. Io sono tuo amico.”
“È questo il problema! Tu sei un mio amico..E non dovrei sentirmi così nei tuoi confronti. Non dovrei volerti strappare i vestiti di dosso ogni volta che entri in una stanza. Non sono normale.”
“Quindi ti piaccio?”
Ora era Brad a fissare Matt. Per fortuna era ancora notte fonda, e il suo amico non poteva vedere bene la sua faccia arrossita.
“Mi sembra di essere stato abbastanza chiaro. Ora immagino che andrai a dirlo a Shane, a London, a Max, a Cecily. Sono stato un tale stronzo con te, me lo merito.”
“Non lo farei mai, Brad.”
A quel punto, Brad si sentì stringere. Era Matt. Quelle erano le sue braccia. Quello era il suo profumo. Quell’abbraccio era esattamente come se l’era immaginato: forte, rassicurante, dolce. Avrebbe voluto restare così per sempre.
Senza che se ne accorgesse, delle lacrime iniziarono a bagnargli il viso; cercò di fermarle, ma non poteva nulla contro di loro. Si era tenuto dentro quel peso per talmente tanto tempo.
“Sssh, Brad, non fare così. Non piangere.”
“È-è che..Mi sento un coglione, Matt.”
 
Nemmeno Matt sapeva più cosa dire. Quella dichiarazione era stata totalmente inaspettata, soprattutto perché Brad era sempre stato circondato da bellissime ragazze, di cui sembrava gradire la compagnia.
Così fece ciò che, almeno in quel momento, gli sembrava più giusto. Qualcosa che avrebbe avuto molte conseguenze.
Lo baciò.
Sentì il suo amico tendere tutti i muscoli possibili, dopodiché rilassarsi e posare delicatamente una mano sulla sua spalla. Avrebbe dovuto ritrarsi, lasciarlo continuare..?
Non era una sensazione spiacevole. Che anche lui fosse..gay?
Dopo qualche minuto, i due si separarono.
Brad era raggiante. Oh, no. Si sarebbe sicuramente fatto un’impressione sbagliata. Meglio, se l’era già fatta.
Il batterista si allontanò da lui, dopo avergli dato un altro innocuo –per modo di dire- bacio sulle labbra.
“Brad..?”
“Ssssh, non parlare, ho capito. Ci vediamo, Matthew.”
Cosa aveva capito? Non c’era niente da capire. Lo aveva baciato perché gli faceva pena vederlo così, non perché i suoi sentimenti fossero ricambiati.
Aveva combinato un casino di proporzioni universali, e doveva sistemarlo da solo, senza farne parola con nessuno. Un bel problema. 


Spazio autrice:
OHOHOHOH, un capitolo pieno di rivelaziooooni. Lol, non so come mi sia venuta questa idea un po' assurda dell'omosessualità, ma mi piace :'D
Non so davvero come ringraziare le persone che recensiscono sempre, ogni capitolo. Siete meravigliose, grazie dkvljdkb *-*

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Capitolo 9
*** Chapter 9. ***


Las Vegas era semplicemente..orribile.
“Ragazzi, ma che cazzo è questa roba? Sicuri che siamo a Las Vegas e non a Las Sfigas?” esclamò London, sconvolto alla vista di quella città desolata.
“Hudson, datti una calmata. Sono le dieci di mattina, cosa vi aspettavate di trovare? Qui le notti finiscono all’alba. Certe volte mi domando cosa ci faccio ancora con voi, siete troppo ritardati.” Rispose Shane, prima di accendersi una sigaretta.
“Cazzo, guardate che roba. Dodici chiamate perse! Sono i miei, porca troia. Porca troia!”
“Cecily, non vedo nessun problema. Chiamali ora.”
“Brad, spero che tu stia scherzando. Se li chiamo quelli mi serrano in casa a vita. Ormai siamo qui, dobbiamo goderci questa città, soprattutto stasera. Ti sei fatto mica qualche canna? Sembri un po’ sulle nuvole..”
“Canne? Assolutamente no. Sono semplicemente felice.”
“Scommetto che c’entra quella ragazza, Lucy? Ti ha mandato qualche messaggio erotico? Daaai, facci leggere!”
“Shane, ma che dici? Sono solo felice. Lasciatemi in pace.”
Shane indietreggiò, sorridendo strafottente. Solo in quel momento, Cecily si accorse di una cosa.
Il cantante gli ricordava esattamente suo padre. Che cosa assurda. Non avevano nulla in comune, non si assomigliavano neanche. Avevano però la stessa aura di superiorià, di strafottenza, quella mentalità da io-sono-più-figo-di-te-fattene-una-ragione.
“Cecily? Ma ci sei?” domandò Max.
“Oh, sì. Stavo solo pensando ad una cosa.”
“Cosa??” chiesero tutti, in coro. Era quasi fastidioso il fatto che, nel loro giro, non si potessero avere segreti. Tutti sapevano tutto di tutti.
“Pensavo a quanto Shane assomigli caratterialmente a mio padre!”
I ragazzi sembrarono riflettere su quell’osservazione per un po’, dopodiché iniziarono a fare cenni d’assenso appena accennati.
“Dio, è vero! Sono entrambi due teste di cazzo!”
Tutti scoppiarono in una fragorosa risata, tutti a parte Shane, ovviamente.
“Dai, amico, non prendertela!”
Dopo qualche secondo, anche il ragazzo accennò un sorriso, dopodiché inizio a vantarsi di quanto fosse meraviglioso assomigliare ad Axl Rose: carisma, bellezza, talento..avevano ragione.
“Ragazzi, stanotte, ecco, mi è venuto un dubbio. A parte Brad che ne ha diciassette, qui abbiamo tutti sedici anni. Come diavolo faremo ad entrare in un qualsiasi locale qui?”
“Max, Max, non posso credere che tu pensi che io sia davvero così sprovveduto. Guardate qua.” Rispose Matthew, mostrando dei documenti evidentemente falsi.
“Cazzo, Matt, sei un fottuto genio!” esclamò Brad, facendo abbassare lo sguardo del ragazzo.
London aveva notato lo strano comportamento di quei due, ma non si era poi fatto tante domande. Magari avevano avuto una discussione o qualche cagata simile; ora gli importava solo di quei documenti, che sembravano tremendamente veri.
“Sono perfetti!” disse Cecily.
“Eh, lo so, modestamente.” Rispose Matthew, facendo un inchino, meritandosi un calcio in culo.
“Ora non ci resta altro che trovare un albergo decente, e poi potremo darci alla pazza gioia! Siamo a Las Vegas!”
 
La giornata passò in fretta. Trovarono un piccolo motel ai margini della città, che prenotarono per le due notti successive. Nessuno di loro era sicuro di quanto si sarebbero fermati in quella città.
Il locale che avrebbero perlustrato per primo si chiamava Tao. Era uno dei posti più esclusivi del Nevada, e di sicuro i ragazzi non se lo sarebbero lasciato sfuggire.
“Ho sentito dire che per entrare bisogna pagare un sacco di soldi, e in più c’è sempre da aspettare un casino..Non possiamo andare semplicemente all’Hard Rock?”
“Max, siamo a Las Vegas. L’Hard Rock ce l’abbiamo anche a Los Angeles!” intervenne Cecily.
“Sì, ma..”
“Se vuoi restare qui, puoi farlo.”
“No. Non resto qui!”
“E allora andiamo!”
Quello che aveva sentito dire Max era vero. Erano appena le undici, e si era già formata una coda lunghissima. Di quel passo sarebbero entrati alle due.
Poco dopo, però, un’altra entrata venne aperta, così i ragazzi si ritrovarono in cima, pronti ad entrare.
“Ragazzi, questo locale è per i maggiorenni. Sloggiate.” Tuonò un buttafuori alto e robusto, non appena li vide avvicinarsi.
“Guarda che lo siamo.” Rispose Cecily, tirando fuori tutto il suo coraggio, e mostrandogli i documenti falsi.
L’uomo li scrutò per un po’, esaminando ogni singolo particolare, da ogni singola angolazione.
“Sembra tutto a posto.”
“Non lo sembra, lo è.” Disse Brad.
“Bene, in questo caso..Benvenuti al Tao, ragazzi.”
 
Slash camminava avanti e indietro per la stanza, ignorando le inutili richieste di Perla. Axl Rose era appoggiato al muro, impietrito.
All’improvviso, il campanello suonò. Tutti si precipitarono alla porta, per trovarsi davanti, purtroppo, Duff McKagan, Steven Adler, e Izzy Stradlin.
“VOI?! Che ci fate qui?” domandò Axl.
“Bill, vedi tu, la mia figlioccia è sparita col figlio di un riccio a caso.”
“Ah, fanculo. Se va bene è lui che l’ha rapita!”
“Taci, Rose, evita di dire cazzate!”
“La smettete di litigare?! Siete ridicoli, dateci un taglio!”
Slash sapeva che Clare aveva ragione. Doveva ignorare le uscite idiote di Rose, almeno per quella sera. Poi avrebbero litigato per bene, una volta per tutte.
Stava appunto per andarsi a sedere con gli altri, e scoprire come avevano fatto Steven, Izzy, e Duff a incontrarsi e a sapere dell’accaduto, quando qualcuno bussò forte alla porta.
“Vado io, state lì.” Esordì il chitarrista.
Quando aprì la porta, rimase senza parole. Quanti anni erano passati? Sedici? Eppure avrebbe riconosciuto quei capelli, quello sguardo, quell’espressione imbarazzata ovunque.
Elizabeth. 


TANTI AUGURI A TEEE, TANTI AUGURI A TEEE, TANTI AUGURI APPETITE FOR DESTRUCTION, TANTI AUGURI A TEEEE :D
Oggi mi sembrava il giorno giusto per aggiornare, sapete com'è. Capitolo inutile e di passaggio :)

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Capitolo 10
*** Chapter 10. ***


“Slash?”
“Beth? Cosa..cosa fai qui?”
“Clare mi ha detto dei vostri figli. Sono venuta per darle sostegno morale.”
“Certo..Hum..Capisco. Entra pure.”
Nel frattempo, il resto del gruppo si era avvicinato, ed era rimasto senza parole alla vista della donna. Axl era semplicemente scoppiato a ridere, dichiarando la situazione troppo ridicola e anacronistica per essere commentata diversamente.
“In effetti è una situazione un po’ imbarazzante.” Mormorò Duff a Izzy, che scrollò le spalle, come era sempre stato solito fare quando non sapeva cosa dire.
“Ciao, Perla.” Disse Elizabeth, lanciando un’occhiata indecifrabile alla signora Hudson.
“Elizabeth.” Rispose semplicemente lei, aggrappandosi a Slash, la sua ancora di salvezza.
“Beh, manca solo Adler, e poi saremmo tutti di nuovo qui..Buffo, in effetti. Ma quello lasciatelo dov’è, per carità.” Esordì Axl, sedendosi al piano a improvvisare qualcosa.
Proprio in quel momento, il campanello suonò, e uno Steven Adler più trafelato che mai si precipitò a casa Hudson.
“È impossibile, cazzo! Cosa sei, uno di quelli che nomini e appaiono?!” esclamò il rosso, incredulo e, sì, incazzato.
C’erano tutti, proprio come sedici anni prima. Axl, Slash, Izzy, Duff, Steven, Clare, Beth. E ora c’era anche Perla. La causa della loro riunione non era delle migliori, però era successa.
“Che c’è, McKagan? Ora ti scenderà la lacrimuccia ripensando ai vecchi tempi?” chiese Slash, ridendo.
“Beh, e se anche fosse? Non ditemi che non vi mancano tutte le cazzate che facevamo ogni sera. Vi ricordate il nostro appartamento? E il garage? E la prima volta alla Geffen? E tutti i nostri concerti da ubriachi, e strafatti..Eravamo i più fighi.”
“Io sono il più figo.”
“Certo, Rose, certo.” Mormorò Izzy, beccandosi un’occhiataccia da parte del rosso.
“Per me lo sei, Will. Lo eri e lo sarai sempre.” Disse dolcemente Clary, facendo arrossire leggermente il cantante, e facendo ridere sguaiatamente il resto della compagnia.
“Grazie, amore. Voi siete solo degli sfigati.”
 
Perla non si era mai sentita tanto a disagio. Quei sette avevano tutti almeno un ricordo in comune, e lei non centrava niente. Era entrata nella vita di Slash per caso, era rimasta incinta, e ora si ritrovavano a vivere insieme. Era sempre stata sicura del sentimento che li univa, ma l’arrivo di Beth aveva stravolto tutte le sue certezze.
Tutti avevano un’alchimia spaventosa, anche se Slash e Axl si ‘odiavano’, anche se non suonavano insieme da tempo. E lei? Lei poteva solo essere felice per Saul.
“V-vado a prendere da bere, okay?”
Tutti annuirono.
Camminò rapidamente verso la cucina. Voleva prendere le distanze da quel gruppo, che l’aveva semplicemente fatta soffrire.
Arrivò in cucina, prese da bere, e si appoggiò al bancone.
Slash la amava? La considerava abbastanza per lui? Oppure non aveva mai dimenticato Beth? Troppe domande le si attanagliavano in testa, e non aveva risposte per nessuna di quelle.
Lei e Slash ne avevano passate tante insieme: la disintossicazione, il mettere su famiglia, la ricerca di una casa, la nascita dei loro bambini. Ma si poteva dire lo stesso di lui e di Elizabeth.
Senza che lei lo volesse, il suo viso si bagnò di lacrime, sciogliendole il trucco, togliendole il fondotinta, lasciandola sola e nuda contro il mondo.
“Perla? Ah, sei qui. Non tornavi più di là, pensavo fossi stata rapita dagli alieni o mangiata da Sam!” disse una voce alle sue spalle, mentre un braccio la cingeva da dietro.
La donna si sforzò di ridere, e Slash capì che non era sincera.
“Che c’è?”
“Niente.”
“Stai male?”
“No.”
“E allora che cazzo hai? Mi stai facendo preoccupare.”
“Lei ti piace, non è così?”
Slash sembrava sinceramente sorpreso, ma, in fondo, era sempre stato bravo a mentire.
“Ma chi?”
“ELIZABETH, porca troia! Lei ti piace, sì. Ho visto come la guardi, e accidenti se ho visto come ti guarda lei. Sembra che voglia saltarti addosso da un momento all’altro. Non che non l’abbia mai fatto in precedenza..”
“Non posso credere che stiamo veramente affrontando questo argomento. È qui per i ragazzi, solo per loro.”
“Certo, era qui per i ragazzi. Poi ti ha visto e i suoi ormoni sono ripartiti. Chissà da quanto non si fa una scopata..”
“Perla.”
La donna grugnì, bevendo un sorso di Martini.
“Perla, non so da quanto non si faccia una scopata, e magari hai ragione, i suoi ormoni sono ripartiti alla mia vista, ma sai che ti dico? Non ho nessunissima intenzione di andarci a letto, o anche solo di sfiorarla. Ho qui a mia disposizione la donna che amo e che mi posso fare tutte le volte che voglio, con la quale ho due ragazzi, un serpente, e un cane. Beth è stato il mio primo amore, ma se poi mi sono innamorato di te, vuol dire che lei non significava poi così tanto.”
Era il discorso più lungo che avesse mai sentito proferire dal chitarrista.
“Wow, quando vuoi sai essere convincente, ma non basta.”
“Che altro devo dire? Lo sai che ti amo, e ti stra-amo, e ti regalerò quella Porsche che vuoi tanto..”
“Non è quello, coglione.”
Slash la guardava con aria interrogativa, in attesa di una spiegazione.
“Dobbiamo ritrovare London. E poi..” lo attirò a sé e gli diede un non-molto-casto bacio sulle labbra.
“..mi dovrai dimostrare ciò che hai detto.”
“Credimi, non vedo l’ora.” Rispose il riccio contro la bocca di sua moglie. Della sua bellissima moglie, per la precisione.
“Hey, state cercando di avere un bambino là in cucina?” gridò Duff, scatenando le risate di tutti.
I due si diressero nell’altra stanza mano nella mano, pronti a ritrovare loro figlio, pronti a vivere quella nuova avventura, insieme. 


Okay, quante si aspettavano il ritorno di fiamma di Slash e Beth? Spero nessuna BWAHAHAHAHAH e.e
Niente, ho dedicato tutto il capitolo a loro perché mi mancava la vecchia generazione dvjdslkbjb <3
Grazie mille a tutte quelle che leggono, recensiscono, hanno questa follia tra le seguite/preferite..Siete meravigliose.

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Capitolo 11
*** Chapter 11. ***


Il Tao era il locale più caotico in cui Cecily avesse mai messo piede. Non che fosse un’amante di discoteche e schifezze simili; con un padre come il suo, al massimo andava a concerti.
I suoi compagni erano immersi nell’atmosfera dance, a parte Brad e Matt, che erano spariti da un po’ di tempo. Chissà dove erano finiti, poi.
Non le sembrava il caso di distogliere l’attenzione di London e Shane dal loro drink, perciò si allontanò dalla pista da ballo, diretta verso la terrazza del locale, illuminata da quelle che le sembravano migliaia di piccole stelle. Che probabilmente erano semplici luci al neon.
“Hey.” Disse una voce sconosciuta alle sue spalle, vicina al suo orecchio, in modo da sovrastare la musica assordante.
La ragazza si voltò, per notare un ragazzo alto e biondo, con i capelli mossi, la camicia sbottonata, e i jeans attillati. Era bello. Una bellezza diversa da quella di London. Più matura, più adulta.
Gli sorrise timidamente.
“È un po’ che ti osservo vagare senza meta, stai cercando qualcosa? O magari..qualcuno?
“No, grazie. Anzi, forse è meglio che torni dal mio ragazzo.”
“Guarda che mica ti voglio portare a letto, eh. Non c’è bisogno che ti chiudi a riccio. Sono Ethan Abrams, comunque.”
“Cecily Rose, piacere.”
Il ragazzo fece un cenno d’assenso. Non l’aveva riconosciuta, grazie a Dio.
“Vieni, ti porto fuori.”
La terrazza era completamente diversa dal Tao. Era un luogo tranquillo, ognuno si faceva gli affari propri e teneva le mani a posto.
Dopo pochi minuti, Ethan ricominciò a parlare.
“Tu non li hai diciotto anni.”
“Che ne sai?”
“Puah, non ti sei nemmeno presa la briga di negare. Avanti, ammettilo!”
“Vabbè ma comunque ci sono quasi..E poi che c’entra, neanche tu sembri averli.” Quella era una bugia. Sembrava averne almeno venti, di anni.
“Io di anni ne ho ventuno, e poi mio padre è proprietario di questo posto. Potrei entrare anche a sedici anni, che è l’età che ti darei.”
Cazzo, aveva azzeccato.
Qualche secondo dopo, Ethan tirò fuori qualcosa dalla tasca posteriore dei pantaloni. Cecily non poté fare a meno di notare le sue bellissime mani, così lisce, e perfette. Quelle di London erano marchiate dal non-uso di plettri per la chitarra, e dai suoi lavoretti estivi per guadagnarsi qualche soldo.
“Che hai lì?”
“Ma come, non lo vedi? Sono pasticche.”
Per poco non le uscirono gli occhi dalle orbite. Quel ragazzo che sembrava così dolce e perbene era..un drogato? Non l’aveva nemmeno sfiorata quella possibilità. Doveva andarsene il prima possibile.
“Oddio, oddio. Beh, ciao. È stato..interessante.”
“Aspetta, non andare. Provane una.”
“No grazie.”
Se c’era una cosa che suo padre era stato capace di insegnarle durante il poco tempo passato insieme, era stata quella di non accettare ‘caramelle’ dagli sconosciuti. “Specie se queste caramelle sono di colori e forme improbabili e ti fottono il cervello”, aveva detto. Beh, il signor Rose sapeva arrivare dritto al punto, niente da dire.
“Eddaiii, cosa ti può mai fare una pasticca? Non fare la codarda.”
“Mi fotte il cervello. E preferirei non diventare come te, brutto coglione viziato.”
Fece per andarsene, e non si sentì nemmeno trattenere. Ma poi vide ciò che non si sarebbe mai, assolutamente mai, aspettata di vedere. Il suo incubo peggiore.
London.
Una ragazza che non era lei.
Avvinghiati.
Magari era la luce scarsa, magari quello non era London. Era un ragazzo che aveva gli stessi boccoli, gli stessi abiti, e teneva quella troia tra le braccia proprio come faceva con lei.
Ethan, invece, era ancora dietro di lei, ad aspettarla. Con le pasticche.
Il ragazzo la vide, e le sorrise, e in quel momento lui era l’unico che c’era per lei, e gli corse incontro e lo baciò, senza preavviso e senza premeditazione. Lo baciò per dimenticare, lo baciò per far sparire il dolore, lo baciò per sentirsi apprezzata, lo baciò per non pensare che fosse stata tradita.
“Dammi una di quelle cose.”
“Non so se sia proprio il caso, Cecily. Mi sembri un po’..suscettibile.”
“Dammi. Una. Fottuta. Pasticca.”
Ethan scrollò le spalle, e le passò una pastiglia, non più grande di un’aspirina.
“Metti in bocca, ci bevi qualcosa sopra, e il gioco è fatto.”
‘Il gioco è fatto.’ La faceva sembrare così facile, così indolore, così senza conseguenze. La faceva quasi ridere.
Ripensò un attimo a London e alla ragazza senza volto. Non voleva pensare a che faccia potesse avere, perché probabilmente era più bella della sua, e questo le faceva male e pugnalava il suo orgoglio.
E poi ingoiò la pasticca.
Fu una delle esperienze più strane e inquietanti della sua vita. Il locale intorno a lei, quel piccolo mondo ovattato, iniziò a girare, le figure si sdoppiarono, i colori erano esageratamente sgargianti.
Iniziò a ridere senza motivo. Le persone erano ridicole. Perché uscivano vestite in quei modi assurdi e orrendi? Non si vergognavano? Rideva, rideva, e rideva ancora. Stava piangendo dal ridere.
Era una pessima persona. Aveva assunto della droga! Lei! Rise.
E ora vedeva tutto il mondo in modo strano! Rise.
E quell’effetto..le stava piacendo, le stava piacendo eccome! E non rise più.



Il capitolo è corto e merdoso, però..vi da un assaggino della svolta che prenderà questa storia. Adios!

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Capitolo 12
*** Chapter 12. ***


“Cecily, dov’eri? Ti ho cercato per tutta la sera!” esclamò London, abbracciandola. Aveva ancora addosso il profumo di quella sgualdrina.
“Oh, certo, come no. Fammi un favore, London, fai un favore all’umanità, vattene a fanculo.”
“Come? Perché?”
“Perché?” ora era furiosa. Se c’era una cosa che proprio non riusciva a sopportare, erano le persone che non ammettevano i propri errori.
“Hey, girati un attimo.”
Non si sarebbe girata.
“Guardami!”
Non l’avrebbe guardato. Lo odiava troppo. Suo padre aveva avuto ragione a non volerglielo far vedere. Non ci si poteva fidare dei tipi come lui; se ne era accorta semplicemente troppo tardi. E poi..l’effetto di quella pasticca che aveva preso, qualsiasi cosa fosse stata, non era ancora svanito.
“Hai bevuto?”
“No.”
“Hai preso qualcosa?”
“E se anche fosse? A te non deve importare niente di me. Mai più. È finita, perché tu sei uno stronzo e non posso stare con uno stronzo!”
“Cosa hai preso? Ti prego, amore, dimmelo. Dimmi cos’hai preso!”
Nel frattempo, anche gli altri erano arrivati. Matt aveva la camicia sbottonata. Strano. Non era da lui far notare quelle cose. Non era da lui nemmeno andare con ragazze a caso.
“Che succede, ragazzi? Non ditemi che avete litigato un’altra volta...Non so se riesco a sopportare il viaggio di ritorno in queste condizioni.”
“Non c’è problema.” Rispose Cecily, decisa.
“Sì che c’è.”
“Non torno con voi, tranquilli. Vi risparmierò questo peso, visto che mi sento tutto tranne che ben accetta.”
I ragazzi sbuffarono. Shane fece per avvicinarsi, ma Cecily si ritrasse. Non aveva proprio voglia dei discorsi strappalacrime del cantante.
“Come sarebbe non torni? E noi cosa diciamo a tuo padre?!” domandò Max, in preda ad una crisi di panico.
“Max, amico mio..Non ho detto che non torno. Ho detto che non torno con voi. Ho conosciuto un ragazzo qui. È ricco, bello, simpatico, me lo faccio dare da lui. Il passaggio, si intende. Per ora. Poi magari mi faccio dare anche qualcos’altro.”
London corse verso di lei e le mise una mano davanti alla bocca.
“Chi è questo? Il coglione che ti ha drogato?”
La ragazza si divincolò con facilità e camminò velocemente verso l’uscita del club. Era stata una serata da dimenticare.
London la vide allontanarsi, senza sapere cosa fare. Anche se l’avesse seguita, lei non lo avrebbe ascoltato. Aveva detto che non sarebbe tornata con loro, e non l’avrebbe fatto. In quel momento voleva solo trovare quel figlio di puttana che le aveva evidentemente passato una pasticca, e ucciderlo.
Intanto Cecily aveva trovato Ethan.
“Hey, ragazzina, sei già di ritorno? Non ti aspettavo così presto, ma va bene così.”
“Devi farmi un favore enorme.”
“Sarebbe..?”
“Devi accompagnarmi a casa. A Los Angeles.”
“Oh, solo quello? Certo. Partiamo anche subito se vuoi, ma non lo farò gratuitamente.”
Un brivido percorse la schiena di Cecily. Chissà cosa le avrebbe chiesto.
“D-dimmi.”
“Devi prendere questa.” Mormorò nell’orecchio della ragazza, mostrandole un’altra di quelle pasticche.
“Oh.”
Subito fu decisa a rifiutare l’offerta, per quanto quella potesse essere un’offerta. Ma poi, di nuovo il ricordo di London e di quella ragazza prese il sopravvento.
In fondo, era solo un’altra pasticca. Non le avrebbe fatto niente, nessuna dipendenza era prevista. Non è che sarebbe diventata una fottuta drogata o altre cose del genere.
Voleva solo tornare a stare bene, perché in quel momento si sentiva mancare la terra sotto i piedi.
Sarebbe comunque rimasta lei, la stessa Cecily di poche settimane fa.
O almeno, questo era ciò di cui stava disperatamente cercando di convincersi.  



BUUUUH questo capitolo è corto come come gli attuali capelli di Duff McKagan. E fa anche un po' schifo. Mi rifarò, giuro ç________________ç (non che questa storia sia cagata molto, in questi ultimi tempi lol)
un bacino.

p.s. avete sentito di Slash? Tre tappe in Italia! Io vado al concerto di Bologna, voi? #muchlove

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Capitolo 13
*** Chapter 13. ***


Non appena Axl Rose sentì il rumore di un motore sul viottolo di casa, schizzò fuori come un gatto a caccia di topi. Era la macchina di quell’amico di sua figlia, Shane. Grazie a Dio. Non l’avrebbe mai ammesso apertamente, un colpo troppo duro per il suo orgoglio, però la ragazza gli era mancata da morire.
Il primo a scendere fu quel cazzone di Hudson, seguito dagli altri della band. Slash e Perla si precipitarono dal ragazzo, pronti a fargli una lunga ramanzina.
Clary si avvicinò al rosso, intrecciando le dita alle sue, in attesa che la ragazza scendesse. Probabilmente avrebbe fatto uno dei suoi ritorni teatrali.
La macchina, però, sembrava davvero vuota.
“Cecily, tesoro, esci. Mica ti prendiamo a bastonate.” Esordì la madre.
“Per ora.”
“Axl!” esclamò sempre Clare, dando una gomitata al rosso.
L’uomo scoppiò a ridere. Le gomitate di sua moglie gli avevano sempre fatto male, ma ormai c’era talmente abituato che sapeva di non poterne fare a meno.
“Axl, posso..posso parlarti?”
“Max? Hum, certo. Dopo che Cecily si sarà degnata di scendere.”
“È di questo che dobbiamo parlare. Lei non è..Oh, merda. Lei non è tornata con noi.”
Axl lo fissò per pochi, infiniti, secondi. Poi si voltò verso Clary. Poi di nuovo verso Max. Sembrava aver perso qualsiasi facoltà che implicasse l’uso della parola.
“Che significa?!” domandò Clary, interrompendo quel silenzio glaciale.
Max guardò London, in cerca di aiuto. Non aveva il coraggio di spiegare loro quella storia assurda. Non voleva vedere le loro espressioni ferite, deluse, e immensamente preoccupate.
Per fortuna, il chitarrista capì, e intervenne.
“È successo un casino, un casino abbastanza grosso ma..preferirei parlarne in privato.”
I tre si diressero nella ‘stanza della musica’ di Axl, dotata di due pianoforti e un bel po’ di dischi d’oro e di platino attaccati alle pareti. Suo padre non aveva mai voluto appenderli.
“Allora? Perché non è con voi?” domandò Clare, mostrandosi calma, anche se probabilmente dentro di lei era tutto in subbuglio. Beh, almeno uno dei due genitori doveva giocare quel ruolo. Axl era nervoso e incazzato, e non si faceva troppi problemi nel mostrarlo.
“Non so da dove cominciare..”
“Di solito si inizia dall’inizio. Dal perché ve ne siete andati.” Rispose il signor Rose, tirando fuori il lato più acido di sé. Non che con London dovesse sforzarsi molto, comunque.
“Mi ha mandato un messaggio, ed era disperata, ha detto che voleva andarsene. Noi eravamo scettici, ma alla fine ci ha convinto..Nessuno sa convincere meglio di lei, sapete? E poi siamo arrivati, e abbiamo trovato questo locale bellissimo, e siamo entrati perché avevamo documenti falsi, ma poi l’ho persa di vista e l’ho tradita e..E poi ce ne stavamo andando ma lei ha detto che non sarebbe tornata con noi, perché aveva trovato questo passaggio da un certo Ethan..”
“Quindi è colpa tua! Lo sapevo! Sei un ragazzino immaturo! E ora, per colpa tua, solo tua, è chissà dove a fare chissà cosa!”
“C’è di più..”
Clarissa era sprofondata in una poltrona nell’angolo della stanza. Non aveva parlato per tutta la durata di quella conversazione, e non sembrava intenzionata a farlo.
“Quando l’ho ritrovata, prima che ce ne andassimo..Lei non sembrava del tutto normale. Non era ubriaca, sembrava avesse preso qualcosa. L’ha anche ammesso lei. Ho paura di quello che potrebbe succedere..”
“Merda, no. Non ci posso credere. La mia bambina, la mia bambina!” sussurrò il rosso, con un’espressione vuota.
Ne sapeva abbastanza di droga da sapere come si iniziava. Una pillola o due, niente di che. Poi il numero saliva e saliva, fino ad arrivare ad una fottuta dipendenza. Non l’avrebbe permesso: la sua bimba non sarebbe diventata una drogata. Ne aveva abbastanza di quella gente insulsa.
Fu Clare a prendere le redini della situazione.
“Chiamiamo la polizia, i vigili del fuoco, mettiamo in moto le ambulanze, facciamo qualcosa! Will, non stare lì impalato per la miseria!”
“Non ce n’è bisogno, credo. È qui.”
I due si precipitarono fuori, seguiti da un London affranto e dispiaciuto. Posteggiata nel viale, c’era una macchina con i vetri posteriori oscurati, che assomigliava terribilmente alle macchina dei pusher russi di qualche film di spionaggio da quattro soldi.
Il primo a scendere fu quello che Axl dedusse essere Ethan. Aveva una faccia bastarda, più bastarda di quella di Hudson Junior. Si trattenne a stento dall’andarlo a prendere, sbatterlo contro il cemento e dargli tanti pugni fino a farlo..
“William. Andiamo.”
Osservato dai suoi vecchi compagni di band e dai ragazzi, aprì la portiera per trovarsi davanti la sua Cecily. Non sembrava minimamente dispiaciuta o sconvolta. Come faceva ad essere così testa di cazzo? Ignorò la vocina nella sua testa che gli ripeteva ‘ha preso da te, ha preso da te’.
Lui non avrebbe mai fatto una cosa simile ai suoi genitori.
No, sei solo scappato di casa per sempre quando eri praticamente un adolescente.
Ma la sua era una situazione diversa. Cecily aveva tutto dalla vita. Scappare era stato sbagliato, era stata sciocca e infantile.
“Avanti, esci di qui. Muoviti.”
La ragazza fece come le era stato ordinato, e si diresse senza guardare in faccia a nessuno in casa. Ma se credeva di scamparsela così, si sbagliava di grosso.
“Tu chi cazzo sei? Come ti sei permesso a darle quelle cose? EH? Brutto coglione, vattene da casa mia! Anzi no, prima dimmi come ti chiami, così ti denuncio! Deficiente!” gridò Clarissa.
Ethan salì in macchina e ripartì, veloce come era arrivato.
“Axl..Forse è meglio se affronto io da sola questo argomento con Cecily. Sei ancora troppo incazzato.”
Il rosso annuì, e le fece cenno di andare. Subito, gli si avvicinarono Duff, Slash, Steven e Izzy, mentre Perla e Beth –che erano giunte ad un falso compromesso di falsa amicizia per l’occasione- si diressero in cucina a preparare qualcosa.
“Will?”
“Che c’è Izzy? Che ci fate ancora qui? Immagino che ora lo direte alla stampa..solo a me poteva capitare una cosa simile. Solo a me, cazzo.”
Duff gli mise una mano sulla spalla, cercando di rassicurarlo.
“Axl, non è una causa perso. Ha preso qualche pasticca, è una cosa grave, ma vedrai che ne uscirete. Tu e Clare ne sapete abbastanza di quelle schifezze da mettere sù una clinica.”
Gli unici a non aver parlato erano Slash e Steven. Entrambi sapevano fin troppo bene che non era facile uscirne. Izzy ce l’aveva fatta perché aveva avuto un’incredibile forza di volontà, ma quella fortuna non era riservata a tutti.
“Will..Io..Voglio solo che tu sappia che so come ci si sente ad essere nei panni di Cecily, e posso capire come ti senti tu. Quindi, e credo di parlare a nome di tutti i presenti, ti starò vicino. Cerchiamo di dimenticare quello che è successo in questi dieci anni, ci stai?”
Tutti restarono in attesa della risposta del rosso. Non erano sicuri che avrebbe detto sì.
Poi, alzò la testa e fissò Slash per qualche secondo, come era stato solito fare da giovane. Successivamente il suo sguardo si posò su Steven, Duff e Izzy.
“Grazie Slash, e grazie a voi, ragazzi. Ci sto.” 



Da uno a dieci questo capitolo fa schifo trentordicimila. Però oh, non sono riuscita a farli stare separati per molto. Li amo troppo tutti insieme per farli odiare. E poi è una fanfiction, e il bello è che posso farla andare come pare a me e.e 

Uh, mi prendo un po' di spazio per ringraziare di cuore queste persone:

I Am A Yellow Walrus,
Smurf__,
MyMichelle,
MarTHina_Echelon,
Lemma,
Giadix_McKagan,
eleSOFINE, 
Ormhaxan,
Peace love and a big ASS,
smarties89,
AXL_girl,
happy_hippy
, per aver recensito positivamente i capitoli. Siete grandi! 

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Capitolo 14
*** Chapter 14. ***


Brad osservava quella scena impassibile e imbarazzato. Era complice. Accanto a lui c’era Matt, con un espressione corrucciata –che non gli impediva di restare il più bello di tutti-.
“Brad? Mi stai fissando di nuovo.”
“Oh, scusa. Hum..ti va di fare due passi? Tanto qui non c’è più niente da vedere, a parte Axl che fa il culo a Cecily.”
Matt scrollò le spalle.
Così iniziarono a passeggiare per il vicinato, dicendosi battute stupide e fumando. Sembrava che tra di loro non fosse cambiato nulla, ma entrambi sapevano che non era così che stavano le cose. Cercavano di ignorare l’argomento, forse per vergogna, forse perché nessuno dei due aveva voglia di affrontarlo.
“Brad, non sono gay.”
“Okay.”
“Come, okay?”
“Mai pensato di essere bisessuale?”
Matt sbuffò, alzando gli occhi al cielo e imprecando nella mente. Sapeva che non avrebbe dovuto baciarlo quella volta, ma gli era sembrato così..così appropriato. E questo era ciò che lo spaventava di più.
“Quando ti ho baciato..non ero in me. Mi facevi pena, sembravi bisognoso d’affetto, e così..”
“E non ti è piaciuto?”
“Che c’entra? È sbagliato, tra di noi non c’è nulla oltre l’amicizia.”
Brad scosse la testa, sembrava divertito. Da cosa poi, lo sapeva solo lui.
“E che mi dici di stanotte? Neanche al locale ti è piaciuto?”
“Ero ubriaco!”
“Non più di ora; e ora mi sembri perfettamente lucido, sai? Ti dirò una cosa, Matthew. Puoi nasconderlo quanto vuoi, ti capisco, sai? Ora lo neghi, ci sono passato anche io, cosa credi? Dici a te stesso che non sei un cazzo di frocio, che non c’è niente di sbagliato in te e che mi hai baciato perché non eri in te. Ma quello che c’è stato fra noi è reale. E ti è piaciuto. Fammi un fischio quando sarai pronto ad affrontarlo.”
Matt fissava dritto il marciapiede. Stava negando a se stesso? No. Non era così. A lui piacevano le ragazze. Era un normale studente del liceo che ogni tanto guardava video porno e che fantasticava sulle ragazze. Non era gay. Non era bisessuale. Era totalmente, completamente, cento per cento etero.
“Mi spiace, amico, ma non è così. Come posso dimostrartelo?” gli chiese. Avrebbe fatto qualsiasi cosa per provare a Brad e sì, anche a se stesso, che lo era.
“Non so ancora, quando verrà il momento te lo dirò.”
Per il momento gli andava bene quella situazione di stallo. I suoi compagni di band non sospettavano nulla –come facevano ad essere così ciechi?-, i suoi genitori ancor meno –per loro lui si sarebbe presto fidanzato con la vicina di casa-. C’era solo lui, Brad. L’unico portatore e conoscitore di quel terribile segreto.
“Matt, non lo dirò agli altri, e neanche ai tuoi, se è questo che ti preoccupa.”
“Perché ti comporti così con me? Non dovresti odiarmi, aver voglia di picchiarmi o robe simili?”
“Di solito non si ha voglia di picchiare il ragazzo che si ama, sai?”
Quella dichiarazione –perché era una dichiarazione- colpì Matthew talmente in profondità, che dovette pensarci più volte su prima di decidere che non si trattava di un sogno.
Brad lo amava. Non era una cotta. Era un ostacolo enorme. Rifiutarlo avrebbe ferito i suoi sentimenti, ma accettarlo avrebbe significato fare un passo più lungo della sua gamba.
“S-scusa, non doveva uscire così. Io me lo tenevo dentro da così tanto tempo..Ma ora che lo sai, per favore considera ciò che ti ho detto, e riflettici. Se davvero capisci di non provare nulla, di non aver provato nulla, allora torneremo amici e sarà tutto come prima.”
Come poteva tornare tutto come prima? Gli aveva appena detto che lo amava. Tra di loro le cose non sarebbero mai più state le stesse.
In quel momento aveva semplicemente bisogno di parlarne con qualcuno, qualcuno che possibilmente riuscisse a snodare l’intreccio di emozioni venutosi a creare nella sua testa, senza giudicarlo.
Normalmente avrebbe chiesto consiglio a London, ma quella volta le cose erano diverse.
Toccava a lui, solo, capire cosa provava, mettere in ordine i suoi sentimenti, le idee, e tutto ciò che gli frullava nella testa. Non voleva far soffrire Brad, ma se fosse stato inevitabile -come temeva-, non si sarebbe certo fatto tanti problemi.
Per il momento, sarebbe tornato a casa, e si sarebbe fatto una partita a Call of Duty. Magari uccidere qualche soldato virtuale gli avrebbe schiarito le idee.



Ed ecco a grande (ma neanche tanto) richiesta il capitolo su Brad e Matt :D Non sono ancora sicura di cosa fare con loro, ma spero mi venga un'illuminazione quanto prima.
Grazie per aver letto. Bacioni!

 
 
 

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Capitolo 15
*** Chapter 15. ***


I mesi passavano, e la situazione non migliorava. Anzi, ogni giorno era sempre peggio. London e Cecily si erano lasciati; avevano entrambi capito che, forse, non erano fatti l’uno per l’altra. Perlomeno da quanto accaduto a Las Vegas.
Cecily sprofondava verso un tunnel, da cui non riusciva a vedere via d’uscita. Era stata messa in punizione a vita, ma ciò non le aveva impedito di raggiungere Ethan. O meglio, di farsi raggiungere da lui. Tra loro era nata una tenera amicizia che occasionalmente sfociava in qualcosa di più, ma entrambi non volevano montarsi la testa. Sapevano che non sarebbero andati da nessuna parte. Inoltre, per quanto le scocciasse ammetterlo, amava ancora quella testa di cazzo di London.
Da poco aveva iniziato a prendere pasticche più pesanti, qualcosa che le facesse dimenticare la situazione schifosa che stava vivendo. I suoi non sembravano accorgersene, o forse facevano solo finta. Non avevano ancora capito che la tattica del fai-finta-di-non-vederlo-che-magari-il-problema-scompare non funzionava?
 
Slash osservava gli avvenimenti intorno a lui con fare impassibile. Sapeva di non poter fare nulla per far sentire meglio London.
Duff si era praticamente trasferito da loro, portando con sé moglie e bambine. La motivazione ufficiale era che doveva produrre un po’ di musica nuova con lui, ma entrambi sapevano che si era spostato a Los Angeles solo per stare vicino ad Axl. Così come stava facendo lui. Nonostante i media li facessero passare per coloro che avrebbero tanto voluto saltare l’uno alla gola dell’altro, non era affatto così. Lui teneva a William. Ne avevano passate così tante, insieme. Dimenticare era pressoché impossibile.
Per questo decise, senza nemmeno parlarne a Perla, di recarsi a Malibu in visita ai Rose.
Fu Clare ad aprirgli la porta.
“Oh, Slash, che sorpresa. Non ti aspettavo. C’è Perla? Dimmi di no, perché Beth si è trasferita qui a tempo indeterminato, e a quanto pare le due non si piacciono un granchè..”
“No, no, sono solo.” A stento trattenne una risata. Aveva quarantun anni, e le donne ancora combattevano per la sua mano. Beh, doveva esserne lusingato.
“Immagino tu sia venuto per lui.”
“Sì, come sta?”
La donna trasse un sospiro, prima di fissare gli occhi a terra.
“Diciamo che il suo umore non è dei migliori..A malapena parla con me.”
Cazzo. Se non parlava con l’amore della sua vita, come poteva farlo con un uomo che probabilmente odiava? Ma non importava. Lui avrebbe provato lo stesso.
“Sai dirmi dov’è? Ne so abbastanza del suo carattere, penso di potermela cavare abbastanza bene.”
Un lieve sorriso si dipinse sulle labbra di Clary, ma si spense subito. Doveva starci proprio male per la storia di Cecily.
“è dove è di solito, dal suo pianoforte, al piano di sotto. Buona fortuna.”
“Grazie, Clare. E, giusto perché tu lo sappia, da noi la porta è sempre aperta.”
Si chinò e le diede un bacio sulla guancia. Voleva farle sapere che lui c’era, c’era sempre stato.
“Sei un brav’uomo, Slash. E spero tanto che le cose tra te ed Axl si risolvano.”
Il riccio annuì e si diresse al piano di sotto. Intuì la strada da seguire dal suono del pianoforte che sentiva. Axl era chinò sullo strumento, come era solito fare in studio, quando era concentrato su qualcosa e non ti avrebbe mai dato ascolto, per nulla al mondo.
“Will?”
Nessuna risposta. Tipico.
Si avvicinò lentamente. Non voleva disturbarlo, ma non voleva neanche rimanere lì come un coglione.
“Rose. Sono io, Slash, a casa tua, ti ho appena disturbato, perché non mi gridi di tutto?”
“Sei il più coglione dei coglioni e io ti odio, va bene?”
“Ah, lascia stare.”
“Che vuoi?” chiese bruscamente il rosso, voltandosi verso di lui. Aveva delle profonde occhiaie intorno agli occhi, i capelli messi parecchio male, e sembrava non farsi la doccia da..da un po’. Non lo biasimava.
“Sono venuto a vedere come stavi.”
“Smettila.”
“Di fare che?”
“Smettila di far finta che ti importi qualcosa di me. Ti ho trattato abbastanza di merda in questi anni, e ora vieni qui a cercarmi e fare il buon samaritano? Perché?”
“Axl, non siamo nemici. Forse lo eravamo, dopo lo scioglimento. Ma sono passati dieci fottuti anni, siamo adulti, maturi. Io a te ci tengo, e voglio farti sapere che..che per te ci sarò.” Non era mai stato bravo con le parole, ma ultimamente sembrava che dovesse fare parecchi discorsi. Accidenti a lui.
“Vuoi sapere una cosa, Saul?”
Eccolo, ora partiva con gli insulti. Li avrebbe sopportati. L’aveva fatto tutta la vita, e lo stava facendo tuttora con quella gente su Internet che lo chiamava ‘incapace’, ‘pezzo di merda’, o roba peggiore. Non gliene fregava un cazzo.
“Ho paura. Ho una paura fottuta. Non voglio..non voglio vivere un altro inferno. Mi siete bastati tu, Adler, McKagan, Izzy. Ne ho abbastanza della droga.”
“Cecily non finirà come noi, non vivrà una vita miserabile come la nostra.”
“Ah no? E come lo sai? Hai il droga-radar?”
“No. Ma noi eravamo soli, o meglio, credevamo di esserlo. Io lo credevo. Non vedevo via d’uscita, ero stupido. Cecily non lo è. Ha te, Clare, London, Max..Sa cosa deve fare.”
“No. Non lo sa. È una bambina, Slash! E tu puoi venirmi a dire quanto vuoi che non lo è più ma lo è! Ha sedici anni, ed ha sempre avuto tutto dalla vita. Che ne può sapere? Non conosce i suoi limiti.”
Non poteva dargli torto.
“Ne uscirà, Will, te lo giuro.”
“Come lo sai?”
“Lo so. Lo so e basta.”
“Bene, visto che lo sai, porta fuori il tuo culo da casa mia. Ne ho abbastanza di chiacchiere sdolcinate. Hai ragione, però. Ne usciremo. Domani la porto in riabilitazione. Crede di riuscire a fregarmi, ma non è così. Nessuno ce la fa. Giusto?”
“Beh, quella volta, nell’89..”
“Giusto?” ripeté il cantante, con un tono più deciso e intimidatorio.
“Giusto, Rose. Assolutamente sì.”
Con un sorrisone stampato in faccia, tornò a casa di corsa. Forse c’era riuscito, forse era riuscito a far uscire Axl dal guscio in cui si era rinchiuso. Aveva sempre saputo di essere mitico, ma quella ne era la conferma.


Spazio autrice:
Hola belle! Ccccome butta? Contente che tra poco inizi la scuola/università/qualsiasi cosa inizia a settembre? Io un po' sì, ad esser sincera. Lol. Grazie per aver letto questo capitolo, e grazie in anticipo per le recensioni (se ne lascerete almeno una e.e). 
Baci.

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Capitolo 16
*** Chapter 16. ***


“Non posso credere che tu e mamma mi state veramente facendo questo. Sul serio. Non sono una drogata, papà! Lo sai! Sono la tua Cecily.”
“La mia Cecily? La mia Cecily non si sarebbe mai definita così. E inoltre, la fase della negazione è la prima. Non vuoi accettare quello che sei, è normale. Ma so come finiscono queste cose, amore. E non voglio vederti..insomma hai capito.”
“No, non ho capito. Come non vuoi vedermi? Morta? Magari non sarei così di peso se lo fossi, non credi? Ti lascerei un po’ in pace.”
Il rosso si voltò di scatto e le diede un sonoro schiaffo sulla guancia.
“Non dire mai più una cosa del genere, e ringrazia che tua madre non sia qui, altrimenti ti ci avrebbe spedito lei sotto terra, a calci in culo. Spero che questo ricovero ti faccia bene, Cecily. Non so cosa ti sia successo, ma non sei più tu. Rifletti su questa cose, e magari matura anche un po’.”
L’istituto –suo padre le aveva proibito di chiamarla clinica, faceva troppo malati mentali- era una villa gigantesca, che si affacciava su un giardino fiorito altrettanto grande. Un giardino disseminato di ex-drogati in riabilitazione. Wow. Le finestre erano grandi, quasi delle vetrate. E c’era bianco, ovunque. Sembrava che fosse appena nevicato. O che qualche spacciatore magnanimo lo avesse cosparso di cocaina.
Cecily rise silenziosamente della sua stessa battuta.
“Bene, papino, puoi andare. Ci vediamo.”
“Non me ne vado finché non avrò parlato col dottore, o con chiunque sia impegnato a seguirti. Forza, entra.”
L’interno era, se possibile, ancora più candido dell’esterno. Sul soffitto era appeso un lampadario luccicante, quasi fossero in una castello principesco.
“Salve, sono William Rose. Ho chiamato ieri per mia figlia, Cecily. Vorrei..”
“Certo. Lo sappiamo. Venite, vi abbiamo preparato una stanza.”
I due seguirono quell’infermiera/segretaria/qualsiasi cosa fosse lungo la scalinata. Davanti a loro si stese una fila di camere, tutte con la porta rigorosamente chiusa. Era a metà tra un manicomio e un oasi pacifica. Forse era proprio quello l’effetto che volevano ottenere, lì dentro.
“Ecco, stanza 368, Cecily Alison Rose. È già tutto pronto, puoi mettere i tuoi vestiti nell’armadio e farti una doccia. Ora devo parlare un secondo con tuo padre.”
La ragazza scrollò le spalle ed entrò, portando con sé i suoi due trolley.
“Allora, il lavoro grosso lo faremo con sua figlia, ma prima avrei bisogno di alcune informazioni da lei.”
“Certo, dica.”
“Ha mai sofferto di alcun tipo di disturbo? Alimentare, magari? È molto magra.”
“No, assolutamente.”
“Ha mai dato segni di depressione?”
“Non che io sappia, no.”
Si sentì gelare il sangue nelle vene per pochi secondi. C’era stato talmente poco, come poteva sapere tutte quelle cose?
“Bene. Da quanto va avanti questa storia? Come l’avete capito?”
“Da..Da qualche mese. Deve sapere che tempo fa è fuggita a Las Vegas, sa, quelle fughe adolescenziali..è partito tutto di là. E poi, beh, ha iniziato a parlarci meno, non si presentava ai pasti, sgattaiolava sempre fuori, saltava la scuola. C’era qualcosa sotto, finché non abbiamo trovato delle pasticche in camera sua.”
“L’ultima cosa: com’è il rapporto tra lei e sua figlia?”
Merda.
“Non..non tanto buono. Non ci sono stato molto per lei, in questi anni. Mia moglie l’ha cresciuta.”
“D’accordo. Grazie, Rose, più avanti le faremo sapere quanto ci vorrà per farla uscire; ma lei e sua moglie dovete portare pazienza. Sarà lunga la strada verso la disintossicazione completa. Fortunatamente l’avete portata qui relativamente presto, ma comunque..”
“Sì, sì, capisco. Grazie di tutto.”
 
La casa non le era mai sembrata così vuota. Axl sarebbe arrivato di lì a poco, ma Clare sapeva che si sarebbe comunque sentita sola. Non era riuscita ad accompagnare Cecily alla clinica, le faceva troppo male. Ora, però, iniziava a pentirsene. Non era stata con sua figlia in un momento così fondamentale della sua vita, ciò la rendeva una cattiva madre?
“Amore, sono a casa.”
Axl, grazie a Dio.
“Hey. Come è andata?” Cercava di rimanere calma, di non far tremare la sua voce, ma era difficile. Cosa aveva sbagliato? Cosa avevano sbagliato? Perché la sua bimba aveva sentito il bisogno di prendere quelle schifezze?
“Allora, Clare? Ci sei?”
“Eh? Hai detto qualcosa?”
“Ti ho chiesto se ti serviva niente. Non so, cibo, o..Insomma, qualcosa.”
La donna annullò la piccola distanza che li separava in pochi passi, e strinse il marito fino a soffocare. Lo voleva più vicino che mai. Lui, solo lui, era quello di cui lei aveva bisogno.
Il suo Will.
“Te. Ho bisogno di te.”
“Lo supereremo, Clare. Te lo prometto.”
E, quella volta, la donna decise di credergli.

 


Okay, scusate i continui drammi, scusate. Però, awh, come sono dolci Axl e Clary. :3

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Capitolo 17
*** Chapter 17. ***


Poche volte prima di allora London Hudson si era sentito tanto inutile e, soprattutto, tanto stupido. Da mesi il rimorso di quanto accaduto a Las Vegas lo perseguitava. Se non avesse fatto ciò, se non avesse detto quello..Ma ormai era troppo tardi.
La sua Cecily ora era in qualche clinica che assisteva i drogati, come se lei fosse uno di loro. Nemmeno la musica riusciva a calmarlo, e questo era grave.
Ogni giorno telefonava a casa Rose, per sapere le novità. Se rispondeva Clare andava tutto bene. Ma capitava che dall’altra parte del filo ci fosse Axl, e allora le cose precipitavano. Il signor Rose passava metà della telefonata ad insultarlo e a farlo sentire in colpa, e l’altra metà a parlare di quanto le generazioni fossero cambiate dai suoi tempi. Certo.
“Pà?”
“Dimmi, London.” Suo padre stava attualmente lucidando la sua bimba –la sua chitarra-. Quel processo durava dalle due alle tre ore. Si era sempre rifiutato di farlo fare a qualcun altro. Faceva il musicista nella vita, non poteva delegare ad altra gente le sue responsabilità.
“L’altro giorno sei andato a casa di Cecily, vero?”
Lui annuì.
“E..come stavano? Sanno qualcosa di Cecily?”
“Non stanno affatto bene, London. Stanno come sarebbero i genitori di una ragazza sedicenne in una clinica, in una riabilitazione. Sono a terra. Ho detto ad Axl che noi ci saremmo stati per lui, ma non credo che ci chiederà mai qualcosa..Troppo orgoglioso.”
“Voglio andare a far visita a Cecily.”
“Non puoi, e lo sai.”
“Ma perché? Axl e Clare ci vanno sempre, Max ci va, gli altri ci vanno. Non è giusto, cazzo!”
“Hey, modera i termini.”
“No, non li modero papà! Sono mesi che me ne sto qui come un fottuto coglione, con altri che non mi dicono niente, Axl che mi insulta e te –che in teoria dovresti essere dalla mia fottutissima parte- che mi dici che non posso! Vaffanculo!”
Slash lo fece finire. Era arrabbiato, era comprensibilmente arrabbiato. Poi chi era lui per dire agli altri di imprecare di meno?
“Mi dispiace dirtelo così, ma, London, la colpa è..Beh, è praticamente tua. Lo so, non ci hai pensato in quel momento, ma la cazzata è fatta. Pensi davvero che ti lasceranno avvicinare a lei?”
Involontariamente, London si fece sfuggire una lacrima. Non voleva piangere, non voleva sembrare debole –anche se, dentro di sé, stava cadendo a pezzi-.  Il padre se ne accorse, e lo abbracciò.
Proprio come faceva quando London aveva quattro anni, quando veniva svegliato dagli incubi, quando qualcuno a scuola lo prendeva in giro. Erano tornati ad essere il padre ed il figlio di un tempo.
“Non ti devi preoccupare, piccolo. Ne sono uscito io, ce la può fare chiunque.”
Non erano le parole più rassicuranti del mondo, ma il ragazzo sapeva che suo padre non era bravo con i discorsi, e sapeva anche che, per costruire quello ci aveva messo tutto il suo impegno.
“Ti voglio bene, papà.”
“Ora basta fare le checche, piuttosto, vai a dare da mangiare a Sam. Muoviti!”
 
London non voleva comportarsi così. Sapeva che avrebbe deluso tutti. Suo padre, sua madre, il suo fratellino, i suoi amici, Cecily. Ma ormai era tutto ciò che riusciva a fare, no? Sbagliare. E allora avrebbe commesso un altro errore.
Tanto a nessuno importava di ciò che faceva.
Ognuno si preoccupava solo di tenerlo alla larga dalla sua ragazza.
Ma non ce l’avrebbero fatta.
Loro si amavano, e due innamorati non si potevano dividere.
Perciò prese il telefono, digitò quel numero, quel numero che tanto odiava, e attese.
Squillò, una, due volte. Poi la sua voce. Sembrava di fretta.
“Sono io. Mi devi fare un favore.”


WEEEEEEEE:
Sì, potete dirlo, so combinare solo casini. Chi avrà chiamto London? Si accettano scommesse (non credo ce ne saranno, non molti stanno cagando la mia ff, cattivoni!)
No, dai, grazie a chi legge, recensisce e quant'altro. Bacioni.

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Capitolo 18
*** Chapter 18. ***


“Dimmi un solo motivo per cui dovrei aiutarti a fare questa cosa.” Disse Ethan, con un tono, da quello che poteva intuire London, abbastanza spazientito.
“Me lo devi.”
“Quindi dovrei aiutare il ragazzo della ragazza che mi piace perché glielo devo? Scordatelo. Sarai anche figlio di un musicista ricco e famoso, ma no.”
“Cosa vuoi in cambio?”
“Hey, chi ti dice che voglia qualcosa in cambio?”
“Quelli come te non fanno mai niente per niente. Quindi, che vuoi?”
“Voglio che tu la lasci a me, una volta vista e salutata.”
London ci pensò su per un momento. Poteva fare una cosa simile? Una cosa così umiliante, solo per vedere Cecily un’unica volta? Sì. Per lei ne valeva la pena. Poi, avrebbe rinunciato.
“D’accordo.”
Ethan sembrava sorpreso. Probabilmente non pensava che avrebbe ceduto così facilmente.
“Hum, va bene. Allora, non puoi accedere alla clinica, nemmeno come visitatore. Nemmeno io posso, i suoi ce l’hanno proibito. Però io e lei siamo soliti incontrarci ad un altro indirizzo, vicino all’istituto. Lo vuoi?”
“Sicuro.”
Il riccio trascrisse il civico su un pezzetto di carta malandato che si era ritrovato in tasca, che segnava probabilmente l’inizio di una nuova canzone. Poco male.
“Grazie, Ethan. Sinceramente all’inizio non pensavo avresti accettato, e invece! Grazie.”
“Oh, sì, ringraziami dopo.”
London, confuso, emise un suono simile a un grugnito, senza ben capire cosa volesse dire con ciò. Il ragazzo dall’altro capo del telefono riagganciò senza salutare.
Era fatta.
Quella stessa notte si sarebbe recato all’indirizzo che si era trascritto, e l’avrebbe rivista. Le era mancata così tanto, non riusciva nemmeno a quantificare come si sentisse.
La sera arrivò prima del previsto, e l’agitazione e il nervosismo di London non fecero altro che aumentare. Si recò senza alcun problema al luogo previsto per il loro incontro, verso le dieci e mezzo. Era quella l’ora che Ethan le aveva sicuramente riferito.
Non c’era nessuno. Beh, era prevedibile. In fondo Cecily non era mai stata una ragazza puntuale.
Dieci e quaranta.
Quarantacinque.
Undici.
Undici e cinque.
Anche con tutta l’autoconvinzione che poteva tirare fuori, quel ritardo era clamoroso. Persino per la figlia di Axl Rose –no, forse lui aveva fatto di peggio-, ma comunque. Non era da lei, e qualcosa non quadrava. Forse era stato tutto troppo semplice.
 
“Allora, qual è la grande sorpresa che avevi in mente per me?” gli chiese Cecily, eccitata e incuriosita.
“Oh, hum, in realtà..Penso rimarrai un po’ delusa.”
Cecily lo guardò sorpresa, in attesa di una spiegazione. Le aveva detto di aspettarlo dalla finestra, perché aveva una sorpresa per lei, e ora le veniva a dire che non era una bella cosa?
“Si tratta di quello sfigato di Hudson..”
“Oh.”
“Sì, ho visto che ti mancava..Così l’ho chiamato. Gli ho detto che, se mi avesse regalato una delle sue chitarre, avrei potuto farvi incontrare. Sai, uno come me non fa mai niente per niente. Lui ha detto che ci avrebbe pensato, ma a quanto pare..Ha deciso che la sua chitarra era più importante di te. Mi dispiace, piccola. Mi dispiace tanto.”
“M-magari arriverà..Non posso crederci..Non può farmi questo..Non lui..”
Lo sguardo della rossa era vacuo, perso nei pensieri. Non sembrava nemmeno lei, senza quel suo guizzo negli occhi.
“Vieni qui, fatti abbracciare.”
Cecily si avvicinò a Ethan, la sua unica ancora al mondo esterno, la persona che, in quel periodo, le stava più vicina. Più di quel bastardo di London. Non riusciva ancora a credere che avesse fatto una cosa del genere, a lei. Come se il tradimento non fosse stato abbastanza.
Presto la rabbia si sostituì alla tristezza, una rabbia cieca e profonda.
Si sarebbe vendicata.
London Hudson gliel’avrebbe pagata cara, molto cara. 


Ma quanto sono cattiva?! Boh, a volte mi stupisco anche io. Ma dai, aiuta..Per la suspense, sapete? *no*
Grazie a chi legge e recensisce, come sempre! <3
p.s. come sta andando la scuola o università o lavoro o qualsiasi altra cosa facciate? Spero bene v.v

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Capitolo 19
*** Chapter 19. ***


Poche volte Axl Rose si era sentito così felice. Così felice da non aver nemmeno bisogno di una birra o di una sigaretta. Si potevano contare sulla mano: l’uscita di Appetite, la prima volta in cui era stato riconosciuto per strada, la prima volta con Clarissa, e la nascita di Cecily.
Anche quel giorno rientrava nella lista.
Avrebbe finalmente riabbracciato la sua bambina –che bambina non era-, l’avrebbe portata a casa dopo tanto tempo.
“Buongiorno. Siamo William e Clarissa Rose, ci avete chiamato per nostra figlia, Cecily. In teoria e anche in pratica oggi dovrebbe uscire da qui.”
Clare gli tirò una leggera gomitata nello stomaco. Lo odiava quando faceva così.
“Mh, sì, attendete un attimo, vado a parlare con i medici.”
Clare aveva l’orribile presentimento che non le avrebbero fatto portare via Cecily. Che si fossero in qualche modo affezionati a lei. Perché sua figlia era come una calamita, una bellissima calamita; aveva decisamente preso dal padre.
Ma dopo qualche minuto, eccola arrivare. Più bella che mai. Stava persino sorridendo. I due si avvicinarono rapidamente a lei, aspettandosi di sentirla salutare in modo freddo e distaccato. Invece, si precipitò da loro, li abbracciò entrambi, e baciò le loro guance.
“Mamma, papà, mi siete mancati tanto.”
“Oh, tesoro, ci sei mancata tanto anche tu! La casa non era la stessa senza di te..Decisamente troppo ordinata e silenziosa.” Disse la madre, facendosi sfuggire una lacrima di felicità e di commozione.
Axl era semplicemente troppo colpito per poter proferire anche una sola parola. Mai, negli ultimi cinque –o forse anche di più- anni, sua figlia era stata così dolce nei suoi confronti.
“Ti voglio bene, Cecily. E sono stato un pessimo padre. Me ne sono reso conto soltanto quando te ne sei andata via da noi, via da me. Prometto di lasciarti andare da Hudson ogni volta che vuoi, e potrai farci quello che fanno i fidanzati della vostra età. D’accordo?”
“No, papà. Io e London non stiamo più insieme. Ora sto con Ethan, ed è merito suo se sono felice.”
“Ethan? Quell’Ethan?”
Quasi quasi preferiva London. Quasi.
“è cambiato, per me. London non ha fatto lo stesso. Quindi..Sì. Ora usciamo di qui e non parliamone più.”
Axl scrollò le spalle, non potendo fare altro. Avrebbe fatto i conti con quel nuovo ragazzo a tempo debito, ora doveva e voleva godersi quel momento.
Arrivarono a casa in pochissimo tempo, questo in parte dovuto alla guida spericolata di Clare. Non era mai stata un asso nella guida, e le andava bene così. Lei la vedeva come una cosa positiva: avrebbe tenuto i pedoni sempre all’erta.
“Oh, c’è una piccola sorpresa che ti aspetta dentro.”
“Cos’è? Cos’è?”
“Una cosa che hai sempre voluto e che non ti abbiamo mai comprato.”
E quando Cecily vide quella creatura minuscola e scodinzolante, non poté fare a meno di gongolare come una bambina. Probabilmente, se avesse avuto una coda, avrebbe scodinzolato pure lei.
“Tuo padre gli ha già dato un nome..”
“Ah sì? Qual è? Sono così contentaaaa! Qualsiasi nome sarà di sicuro quello giusto per lui!”
“Si chiama Maciste, non è fantastico?”
Cecily si girò lentamente verso suo padre, un’espressione esasperata dipinta sul suo volto.
“Maciste. Mi state prendendo in giro.”
“Magari, Cecily, magari. Ma a tuo padre piaceva, e in questo periodo era così giù di morale..”
La ragazza scosse la testa, un po’ indignata un po’ divertita. Era a casa, a casa sua. Niente più psichiatri e dottori vari per i corridoi, niente più sedute mattutine, niente più droga.
Aveva ricominciato a vivere una vita sana. Raramente pensava a London, e ancora più raramente provava nostalgia dei tempi in cui stavano insieme. Con Ethan la vita era facile e divertente, e non doveva dividerlo con nessun compagno di band.
Quello che le restava da fare era godersi quei momenti di assoluta contentezza, perché, come aveva sperimentato sulla sua pelle, potevano svanire da un momento all’altro.
 
Max era incerto sul da farsi. Negli ultimi mesi London era diventato il suo miglior amico: avevano parlato di tutto e di tutti, delle loro passioni, dei loro sogni, delle loro paure. Proprio per questo si sentiva tremendamente in colpa ora che la sua Cecily era tornata a casa.
“London? Sono io, Max. Ti devo dire una cosa, e non so se ti piacerà.”
“Dimmi..” Sembrava preoccupato.
“Cecily è tornata a casa.”
“Non mi importa.”
Bugia. Era una bugia grande come una casa.
“Non ti importa neanche il fatto che stia con Ethan?”
“Perché dovrebbe importarmi? Non stiamo più  insieme Max, e, per quanto ti voglia bene, questo tuo tono di compassione mi irrita.”
“Okay, scusa, ma mi sembrava giusto avvertirti.”
“Lo so, ora devo andare, ciao.”
Appena mise giù la cornetta, London Hudson si alzò, ci pensò su un attimo, dopodiché inizio a saltellare per la stanza cantando filastrocche per bambini ritardati. Cecily era a casa sua! Vicino a lui! Gli bastava prendere una macchina a caso e andarla a prendere, per scappare insieme a lei.
No.
Doveva mantenere la calma. Probabilmente non sarebbe stato così semplice. Aveva bisogno, in fretta, di un piano d’azione.
Cecily Rose era roba sua, e sarebbe andato a riprendersela. 


LOSONONMISONOFATTAPIUSENTIRESONOUNACATTIVASCRITTRICEMAVIVOGLIOBENELOSTESSO.
Allora, per prima cosa: mancano 13 giorni al concerto di Slash! Amore mio <3
Pooooi, l'ultima riga dovrebbe suonarvi familiare. E' stata l'ultima frase di un capitolo di Mrs.Brownstone, questo non perché manco di inventiva, ma perché mi sembrava adatta anche qui. 
Vedremo cosa farà London, ora! Baci!

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Capitolo 20
*** Chapter 20. ***


Prima di trovare la forza necessaria per suonare un misero campanello, London Hudson dovette pensarci, ripensarci, salire in macchina, sentire un po’ di Metallica, scendere, allacciarsi le Converse, avvicinarsi alla casa, darsi una sberla.
Poi, finalmente, si decise. Il suono gli sembrò più fastidioso che mai.
Ad aprire la porta fu proprio Cecily, come aveva sperato fin dall’inizio. Era così attraente. Sul suo volto era dipinta la sua solita espressione, i suoi occhi erano tornati ad avere quel guizzo che gli era così mancato. E sorrideva. London era sicuro al novantanove percento che quel sorriso avrebbe potuto chiudere il buco dell’ozono, o porre fine alle guerre.
“Hudson, chi non muore si rivede, eh?”
“Ciao Cecily. Ti trovo in splendida forma. Sei uscita dalla clinica, così mi ha detto Max..”
“Sì, Max ha il vizio di non farsi mai gli affari suoi.”
Odiava quel tono di voce che la ragazza assumeva quando parlava a gente che non le piaceva. Ironia mista a disprezzo. E ora lo stava usando con lui, proprio con lui.
“Gli ho chiesto io di te.”
“Ah, sì? Non mi sembra che ti importasse molto in quel cazzo di locale, o in quella fottuta clinica di riabilitazione. No. Tu eri qui, nella tua bella villa, a spassartela e a suonare. Tanto c’ero io in mezzo a quell’inferno. Le occhiate dei miei genitori e di tutti gli altri..Non sai cosa ho passato.”
“Mi dispiace. Non-non riesco neanche a immaginarlo..”
“Perché dovresti, in fondo?”
“Perché ti amo.”
Forse aveva detto la cosa sbagliata. Ma non l’aveva neanche pianificata. Non doveva dirlo in quel preciso momento, era una cosa stupida. Eppure, non aveva potuto farne a meno. Sembravano così giuste quelle due parole, dette a lei..
“Chi è che ama la mia ragazza?”
“Hahaha, nessuno Ethan. A parte te, ovviamente.”
Cecily si girò verso il ragazzo e gli stampò un non troppo casto bacio sulle labbra, prima di voltarsi verso London, visibilmente disgustato.
“Tu, Ethan, sei uno stronzo.”
“Hey, come ti permetti?”
“Già, London, come ti permetti? Smettila di trattarlo così, non ne hai nessun diritto. Hai perso il treno.” Dichiarò la ragazza.
“Dio, scommetto che sei stato tu!!”
“A fare cosa?” domandò Ethan.
“Quella sera..Io ti avevo chiesto..E lei..Oddio, ti ammazzo. Questa è la volta buona!”
“Mi volete spiegare?”
Ethan aveva perso la sua aura di superiorità, per lasciar spazio ad un velo di preoccupazione. Ormai London era sicuro che fosse stato lui ad incasinare definitivamente la sua relazione con Cecily.
“Ti spiego io, volentieri. Tempo fa non ce la facevo più senza di te. Eri in quella cazzo di clinica, e io non sapevo che cazzo fare, e allora ho chiamato questo stronzo qui, sperando che potesse darmi una mano..E lui ovviamente ha detto di sì e ovviamente mi ha preso per il culo. Pensavo mi avessi dato buca, ma evidentemente non hai mai saputo di dovermi incontrare.”
Cecily guardò prima London, poi Ethan, poi di nuovo London. Sembrava il copione di un pessimo film per ragazzine.
“è vero, Ethan?”
“Posso spiegare, ti giuro.”
“Puoi spiegare? Ma ti sembra una risposta?! Non mi interessano le tue spiegazioni. Sei un bugiardo, un maledetto bastardo, e devi uscire da questa casa e dalla mia vita. Ora.”
Ethan guardò London in cagnesco, e si allontanò alla svelta da casa Rose. Il riccio sorrideva soddisfatto, ma tornò subito serio alla vista della sua..Ragazza?
“Levati quel sorriso dalla faccia, cretino. Se credi che tra noi le cose si siano sistemate, ti sbagli di grosso.”
“Ma io credevo..”
“Lo so cosa credevi, ma per ora..Ci devo pensare.”
Cecily chiuse la porta proprio in faccia a London, che appariva più confuso che mai. Un po’ le dispiaceva lasciarlo lì da solo, ma con tutto quello che era venuta a sapere, voleva solo stare da sola.
“Papà! Papà, dove cazzo sei?” urlò la ragazza.
“Te l’ho già detto, Cecily, non si dicono le parole del gatto. Chi è che te le ha insegnate? Dove le hai sentite?”
“Da, hem, te?”
“Oh, giusto. Comunque, volevi dirmi qualcosa? Stavo insegnando a Maciste a fare la pipì sul tappetino, perciò fai in fretta.” Rispose il rosso.
“Ho lasciato Ethan.”
Un’espressione sinceramente contenta si dipinse automaticamente sul volto di Axl.
“Ma forse mi rimetto con Hudson.”
La contentezza di un minuto prima svanì nel nulla più assoluto. Sempre quel cavolo di Hudson. Ne aveva abbastanza di quel cognome, di quella famiglia. Oddio, magari la sua bambina e quel teppista –aveva preso dal padre- si sarebbero sposati. Magari lei gli avrebbe chiesto di cantare al matrimonio, e lui avrebbe dovuto dire di sì perché lei era la sua bambina. Magari Slash avrebbe suonato perché il destino era uno stronzo. Magari ad Axl sarebbe pure piaciuto, e avrebbe dovuto ingoiare il suo orgoglio e chiedere a Slash di fare una reunion. Magari gli sarebbe toccato suonare di nuovo con Adler.
“Vabbè, pà, io vado a dormire. Ciaaao.”
“Eh? Cosa?”
“Ma che hai?”
“No, niente..Huh, senti, tesoruccio, promettimi una cosa..”
“Cosa?”
“Non sposarti mai.”




VENTESIMO CAPIIIITOLO. FESTEGGIAAAMO. Lo so che sono una pessima scrittrice, scusatemi. <3

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Capitolo 21
*** Chapter 21. ***


La vita di single era più bella di quanto Cecily si fosse aspettata. Aveva tempo da dedicare a lei stessa e alle sue amiche di sempre, che aveva trascurato fin troppo.
Quel giorno, però, la ragazza aveva altri piani. Aveva semplicemente voglia di vedere Max, di stare un po’ sola con lui come non faceva da tanto tempo. Sebbene non approvasse il fatto che il suo migliore amico riferisse a London ogni suo movimento, non poteva proibirgli di vederlo, quindi se lo faceva andar bene.
“Sono rimasto sorpreso quando mi hai chiamato! Cioè, non pensavo che..Credevo che mi odiassi, ecco.”
“Perché?”
“Beh, per il fatto che sia anche amico di London, che gli dica i fatti tuoi, eccetera..Ma dovresti vederlo. Gli manchi così tanto, Cecily. Non voglio obbligarti a rimetterti con lui o anche solo a parlargli, ma sappi solo che lui ti ama un sacco, e farebbe tutto per te ora come ora.”
“Lo so, Max, me ne sono accorta. E sotto sotto anche io provo qualcosa per lui. Da un lato vorrei correre a casa sua e dirgli di ricominciare da capo, insieme. Ma dall’altro non mi sento ancora pronta per una relazione..”
“Ma almeno potresti chiarire le cose. Digli quello che stai dicendo a me, apri il tuo cuore con lui.”
“Che cazzo, Max, sembri uscito da un film schifoso per ragazzine frustrate!”
“Sei proprio una cogliona. Per una volta cerco di fare la persona seria, e tu rovini tutto.”
Cecily si piegò in avanti e baciò leggermente la guancia del suo amico, facendolo arrossire terribilmente. Max aveva sempre odiato quelle effusioni, lo facevano sentire un “koala ritardato”.
“Devo andare a fare una cosa.”
 
Lo trovò giusto fuori da casa sua, chino sulla sua chitarra, come sempre. E vicino a lui c’era una ragazza. Non stavano facendo nulla in particolare, effettivamente, ma Cecily non poté fare a meno di provare una fitta atroce di gelosia. Si era sentita così solo quando lui era il playboy della scuola, quando non stavano ancora insieme.
“Cecily.” Il ragazzo aveva alzato lo sguardo, l’aveva vista, e aveva posato delicatamente lo strumento, attento a non romperlo.
“Hey.”
“Noi..Questa è Serena, ma è una mia amica, eh! Non facevamo nulla! Diglielo Serena! Ti giuro!”
La bionda vicino a lui annuì convinta, ma Cecily scoppiò a ridere.
“London, lo so che non stavate facendo nulla, non ti preoccupare. In realtà sono venuta per parlarti, magari..Ecco, in privato.”
“Oh, certo, vi lascio soli. Ci vediamo, London!” Serena li lasciò soli dopo poco, facendo sentire Cecily un po’ in colpa.
“Mi dispiace, magari voleva anche lei stare con te..”
“Tu sei più importante, di lei e di qualsiasi altra persona.”
Quella dichiarazione per poco non la fece sciogliere. Non era mai stata una persona tenera, ma per London poteva fare anche un’eccezione.
“Non voglio rinunciare a noi, London. Non ho mai voluto. E, magari non ti va, ma io vorrei ricominciare daccapo. Con te. Questi mesi separati mi sono sembrati semplici e felici, ma vederti prima da solo con Serena mi ha ucciso. E sai cosa vuol dire?”
Cecily fece una pausa, in attesa di una risposta da parte del ragazzo.
“No. Non lo so.”
“Vuol dire che mi hai trasformato in una di quelle ragazze pappamolli che farebbero di tutto per il loro fidanzato. Ma la sai un’altra cosa? Non vorrei altro.” 



Spazio autrice:
Dai, dovete farmi un applauso, non vi ho fatto aspettare tanto! (........)
Oggi mi sentivo in vena di finire il capitolo vista la pioggia che caaaaaaade e caaaaaaaade D:
E' corto, e magari vi fa schifo, però lo trovo dolcissimo e sono soddisfatta così.

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Capitolo 22
*** 22. Endings. ***


“Papà? Papà?! Mamma, dov’è?”
“Dove vuoi che sia? È di sotto a suonare. Prima o poi quell’uomo dovrà iniziare a dare una mano qui i  casa, non riesco a fare tutto io da sola, accidenti!”
Cecily Alison Rose era più felice che mai. Finalmente, dopo tanto tempo, aveva ritrovato la sua felicità, il suo paradiso personale. Non le restava altro che..Beh, dirlo a suo padre. E non sarebbe stato semplice, lo sapeva.
Per quanto il signor Rose volesse vederla felice, voleva ancora di più vederla felice senza London. Ma la ragazza era sicura di una cosa: ormai non si sarebbe opposto alla loro relazione. Aveva sofferto troppo a causa sua, e probabilmente non avrebbe avuto il coraggio di rifiutare il povero, piccolo Hudson.
“Papiiiino, sono a casa!”
Il padre si voltò a guardarla, lanciandole un sorriso caldo a trentadue denti.
“Ciao amore, come è andata a scuola? Non preoccuparti se ti è andato male il compito di matematica, nemmeno io e tua madre eravamo questi gran geniacci..”
“In realtà volevo parlarti di un’altra cosa.”
Cecily notò che il volto del padre ora appariva leggermente più preoccupato.
“Aspetta, come ha reagito tua madre? Lo sa?”
Tipico di suo padre: prima faceva domande sulla reazione di sua moglie, poi decideva come comportarsi in merito alla situazione.
“Certo che lo sa, lo sai che prima vado da lei per questioni..sentimentali.”
Ora la preoccupazione sul volto di Axl era decisamente innegabile, fino esagerata.
“Sarà meglio che vada a sedermi sul divano. Clare, portami dello zucchero per piacere! E anche un bicchiere di acqua fredda! Ho come l’impressione che non mi piacerà quello che mi dirai.”
“Ma smettila di fare lo stupido. Ho parlato con Max, ed entrambi abbiamo capito che..”
“Che siete fatti l’uno per l’altra! Dannazione Cecily, io l’ho sempre saputo! Qui ci vuole dello champagne.”
“Papà, resta seduto, non ho finito. A dire il vero non ho neanche iniziato.”
Ora il padre la fissava dritto negli occhi, così simili ai suoi, eppure così diversi.
“Ho parlato con Max, ed entrambi abbiamo capito che io e London siamo..Siamo semplicemente fatti per stare insieme. Lo so che è da pazzi detto così, ma è vero. Abbiamo provato a lasciarci, a stare fuori l’uno dalla vita dell’altra..E guarda a che punti siamo arrivati. Lui in crisi di nervi e io in riabilitazione. Quindi, sì, volevo dirti che, per quanto disapprovi la nostra relazione, noi vogliamo farcela, stavolta. Insieme.”
Silenzio.
Cattivo segno. Pessimo.
“Lo sapevo che non ti saresti mai messa con Max.”
Cecily sorrise, nel modo più solidale possibile. Davvero suo padre sperava in una relazione tra lei e il suo migliore amico?
“Mi spiace. Mi spiace se ti sto deludendo, tradendo, o..”
“Ma cosa dici? Cecily, ti stai solo mettendo con un ragazzo, non mi stai dicendo che non ti piacciono i Queen. Quindi..Diciamo che hai la mia approvazione.”
“COSA? Sul serio?” La ragazza desiderava solo uscire da quella casa e andare da London, per dirgli la buona notizia.
“E, sì, puoi andare a dirglielo.”
Cecily corse fuori un po’ ridendo, un po’ canticchiando.
Axl sentiva di aver fatto la scelta giusta. Avrebbe potuto dirle di no, che non sarebbe più uscita di casa, che non avrebbe potuto frequentare quel ragazzo, ma non l’aveva fatto. Forse un po’ gli era servito patire tutte le pene dell’inferno degli ultimi mesi. Forse era maturato. Ma era maturato abbastanza anche da..?
“Will.”
“Hey, Clary.”
“Cecily mi ha detto quello che le hai detto tu. Ti amo, Will.”
“Sì, sì, lo so. Anche io ti amo. Invecchiare ti ha fatto proprio diventare una persona melensa, sai? Ricordo ancora quella prima sera, ehh. Che bei tempi, quelli in cui mi tenevi testa.”
“Io ti tengo testa.”
“Ma figurati!”
Sembrava di essere tornati agli inizi della loro relazione, quando erano due ragazzi alla ricerca dell’amore. Almeno, Axl lo era, ma non lo sapeva. Non sembravano due genitori adulti e maturi, ma due ragazzini alle prese con i bisticci adolescenziali. Erano ridicoli, e allo stesso tempo teneri.
“Insomma, sei un bravo padre, volevo dirti questo.”
“Non sarei niente senza di te, Clare, davvero. Per quanto bello, famoso, ricco, e perfetto io sia, sei tu la mia ancora di salvezza, quella che mi tiene coi piedi per terra. E sei stata tu a rendermi ciò che sono oggi, perciò grazie.”
La donna si sporse per dargli un rapido ma dolce bacio sulle labbra.
“E sei stato tu a rendermi ciò che sono oggi.”
“Senti, passando ad argomenti decisamente più assurdi..Hai il numero di casa Hudson?”
“Certo, perché?”
“Oh, niente, ma oggi mi sembra proprio la giornata giusta per sistemare ogni affare con quella famiglia..”



E il resto lo lascio immaginare a voi. Ho sempre odiato i finali aperti, odio dover decidere da sola il finale, inserirlo qui mi sembrava semplicemente la cosa più giusta da fare. Ognuno (anche se credo siate solo femminuccie) di voi ha la libertà di decidere le azioni di Axl. 
Io il mio finale ce l'ho in testa, un bellissimo e utopistico finale. 
Grazie, grazie, grazie, grazie, e ancora grazie per tutte le recensioni, i commenti, per averla inserito tra le seguite, tra le preferite, tra le ricordate, o aver addirittura inserito me fra gli autori preferiti. Siete dolcissime. 
Un bacione grande come la villa di Axl Rose a Malibu. 

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