Irresistible

di TheOnlyWay
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Changes ***
Capitolo 2: *** Kindness ***
Capitolo 3: *** Just come of age ***
Capitolo 4: *** Up All Night ***
Capitolo 5: *** Irresistible ***
Capitolo 6: *** Epilogue ***



Capitolo 1
*** Changes ***





1. Changes

 
 
 
Celine non era una persona disordinata. Non lo era mai stata, nemmeno da piccola, quando tutto ciò che importava erano le sue Barbie e i vestitini dai delicati colori pastello.
Lei era una di quelle poche bambine – forse l’unica – che utilizzava per davvero i cassetti e l’armadio della casa di Barbie, anziché buttare tutto alla rinfusa in uno scatolone.
Appendeva tutti i capi con cura, per evitare che si rovinassero e poi nascondeva la casa nel fondo del suo armadio. Non voleva che sua cugina Tiffany la trovasse, perché quella bambina, più piccola di qualche anno ma terribilmente perfida, avrebbe fatto qualunque cosa per appropriarsene.
Era fatta così, Tiffany: voleva tutto ciò che rendeva felice gli altri. Chissà, magari sperava che averlo avrebbe reso più felice anche lei, ma proprio non capiva che non serviva a nient’altro se non a raccogliere l’astio di chi la circondava.
Crescendo, le cose non erano cambiate poi molto.
Celine era ancora ordinata ma, al posto dei vestiti delle Barbie, ad essere tenuti sotto chiave erano i suoi, di vestiti. Non voleva correre il rischio che Tiffany, la quale sembrava piuttosto interessata ad ottenere la sua approvazione, potesse metterci sopra le sue grinfie da strega.
«Ma dove l’avrò messo?»
Il telefono squillava a vuoto da una decina di secondi, e lei non lo trovava. Possibile che fosse diventata disordinata tutto d’un tratto?
Ripensò a cosa aveva fatto la sera prima: era rientrata a casa tardi, dopo la sfilata. A proposito, se mai avesse trovato il telefono, doveva ricordarsi di chiamare Alan e licenziarsi. Accantonò per un momento il pensiero delle sue dimissioni e si concentrò sul resto della serata.
Allora, era rientrata, si era spogliata e aveva appoggiato la borsa sulla scrivania. Era certa di aver preso il telefono, perché Harry l’aveva chiamata per “fare due chiacchiere”.
Harry.
Quel ragazzo non la convinceva per niente. Era troppo sicuro di sé, per i gusti di Celine. Più di una volta si era chiesta se durante i concerti servissero due fari: uno per lui e uno per il suo ego.
Era così presuntuoso, per avere appena diciotto anni.
Diciotto anni. Decisamente troppo piccolo, per lei. A ventiquattro anni, non poteva certo invaghirsi di un ragazzino. Anche se aveva quella voce roca e profonda che di certo non sembrava appena maggiorenne. Per di più, Celine aveva scoperto che parlare con lui la tranquillizzava parecchio.
Si, perché ormai era fin troppo abituata ad essere sballottata da una parte all’altra, per prove di abiti, trucco dell’ultimo minuto, un boccolo fuori posto. Ad ogni problema si accompagnava un tono di voce stridulo, frettoloso ed estremamente fastidioso.
Harry, invece, dava l’impressione che avrebbe parlato con la stessa calma anche se fosse finito il mondo: lui non si sarebbe interrotto fino a che non avesse terminato la frase.
Il punto non era la lentezza di Harry. Il punto era che lei non trovava il telefono e che poteva anche darsi che la chiamata fosse importante.
Sotto il cuscino!
Alla fine, troppo stanca, aveva salutato Harry con un mugugno e un “’Notte” al quale lui aveva risposto con un “Sogni d’oro, dolcezza” e aveva infilato il telefono sotto il cuscino, per niente intenzionata ad uscire dal letto.
«Parlo con Joanne Stevenson?»
Celine rimase basita per qualche istante, domandandosi chi diavolo fosse dall’altro capo del telefono.
«Pronto? Mi sente? Parlo con Joanne Stevenson? Chiamo per l’appartamento…»
«Oh, certo! Mi scusi, signora Darling.»
«L’ho disturbata?»
Catherine Darling era un’anziana vedova di ottantanove anni, che aveva deciso di lasciare la casa in cui aveva sempre abitato, per ritirarsi nella pace di una casa di riposo fuori città.
L’aria di Londra l’aveva stancata, aveva detto, quando aveva parlato con Celine la prima volta. Dopo un colloquio durato un’ora e mezza, la signora Darling aveva detto che avrebbe dato sue notizie molto presto.
«Affatto. Mi dica tutto, signora Darling.»
«Le affitterò la casa, signorina Stevenson. Le chiedo solo di non cambiare troppe cose. Sa, il mio caro marito ed io l’abbiamo arredata con amore e…»
«Non si preoccupi. Adoro la casa così com’è. Non cambierò niente, glielo prometto.» mormorò Celine, un po’ triste. Le faceva una tenerezza incredibile, quella signora. Era sola, e voleva solo che i ricordi della sua casa rimanessero intatti. E lei avrebbe fatto in modo di non sconvolgerla troppo.
«La chiamo anche per un altro motivo, signorina.» continuò l’anziana vedova. «Ho parlato con mio nipote, ha detto che avrebbe bisogno di una mano, al panificio. È disposto ad assumerla a tempo pieno, non appena avrà deciso cosa fare.»
Celine sorrise. Perfetto: due dei suoi problemi principali avevano appena trovato una soluzione.
Ringraziò la signora Darling e si accordò con lei per vedersi il pomeriggio successivo.
Dopodiché si buttò sul letto, affondò la faccia nel cuscino e represse un urlo di pura felicità.
Finalmente se ne sarebbero andate da lì, lei e Lottie. Quasi non ci sperava più.
Sarebbero state libere dal giogo opprimente di sua madre, dalle invidie di Tiffany e dalle cattiverie dello zio Max.
Si era presentata come Joanne Stevenson proprio per evitare che qualcuno potesse ricollegare il suo nome alla famosa modella “Celine Gaillard” o alla figlia della psicopatica signora Gaillard, che tutti conosceva e tutto sapeva.
E comunque, dubitava che in quella zona un po’ remota di Londra, qualcuno potesse riconoscerla per davvero. Sarebbe stato lo stesso per Lottie. Bastava che si presentasse come Lottie Stevenson, e nessuno avrebbe fatto domande su due giovani sorelle che si trasferivano nell’appartamento della vecchia vedova.
Cercò velocemente il numero di Alan e fece partire la telefonata. Lui rispose al secondo squillo e Celine se lo immaginò, mentre camminava lungo il suo ufficio, con l’auricolare bluetooth che ormai sembrava incorporato al suo orecchio e un bicchierone di Starbucks, che qualche sventurata stagista gli aveva portato.
«Celine, tesoro, a cosa devo quest’onore?» cinguettò, con la sua voce un po’ acuta. Celine storse il naso. Come aveva potuto sopportarlo tanto a lungo?
«Mi licenzio.»
«Non scherzare, tesoro.»
«Sono seria. Mi licenzio.» poi, senza dargli possibilità di replica, attaccò. Sapeva che l’avrebbe chiamata altre cento volte, per supplicarla di cambiare idea, ma lei non aveva alcuna intenzione di ascoltare le sue lagne. Impostò la deviazione chiamate, poi cercò il numero di Harry.
Lui ci impiegò un po’ più di tempo per rispondere, e quando lo fece, la sua voce sembrò risuonare dall’oltretomba. Celine ridacchiò.
«Verresti con me domani?» domandò direttamente, senza girarci troppo intorno. Una cosa che accomunava le sorelle Gaillard, era l’essere senza peli sulla lingua.
«Ma hai visto che ore sono?» protestò Harry, con veemenza.
«Si, e quindi? Tanto prima o poi dovevi svegliarti. Allora, vieni o no?»
«Sai che questa frase potrebbe essere fraintesa?» ribatté Harry, malizioso. Celine sbuffò.
«Risparmia queste battute pessime per le tue fan arrapate, grazie. Io non arrossisco di certo.»
«Oh, che palle che sei.»
«Disse colui che chiama la gente alle due di notte.»
«Ripeto: sei una palla.»
«Harry, dobbiamo andare avanti ancora per molto?» bofonchiò Celine, molto vicina a perdere la pazienza. Harry rise.
«Ti dispiace?»
«Avrei da fare. Allora? Vieni o no?» ripeté, per la terza volta.
«Certo. Ma dove?»
«È una sorpresa. Torna pure a dormire, buonanotte.»
«Ciao, dolcezza.» Harry riattaccò e Celine rimase a guardare il telefono con aria pensierosa. Perché mai aveva sentito il bisogno di avere Harry accanto? Perché non chiedere a Lottie? Era nell’altra stanza e non ci sarebbe voluto niente, a raccontarle il suo piano nei dettagli.
No, rifletté, ancora non poteva dirle niente, fino a che non fosse stata completamente certa della cosa.
Ma perché Harry?
Oh, be’, poco importava. Ormai l’aveva chiamato. Per lo meno si sarebbe divertita, visto che lui di certo non pensava che l’avrebbe trascinato da un’anziana signora per contrattare sull’affitto.  
 
 
 
***
 

 
Ci siamo.
Ho appena finito di pubblicare “Diario di una Psicopatica” (cliccate sul titolo per andare alla storia) e sono praticamente in lutto.
Perciò, siccome ho la preoccupante tendenza ad innamorarmi pazzamente dei personaggi “secondari” della storia, ecco che vi ripropongo una mini long – o spin off – in cui i protagonisti, questa volta, sono Harry e Celine.
È dal primo capitolo del Diario che penso che sarebbero perfetti insieme e visto che l’autrice sono io, ecco qui anche la loro versione dei fatti.
Niente, non sarà tanto lunga (altrimenti sarebbe long e non mini. Come sono simpatica, vero?) e gli aggiornamenti saranno sempre di giovedì e saranno regolari, perché la storia è già scritta. (Quasi tutta, ma ora di settimana prossima dovrei averla finita.)
Poi, quando avrò finito di pubblicare questa e l’altra long che ho in corso, Wedding? No, thank you. (anche qui stessa cosa, cliccate sul titolo per andare alla storia)  comincerò a postare la nuova long, che ho quasi finito di scrivere e che si intitola Pretending.
Ah, ecco, quasi mi dimenticavo.
Devo fare un ringraziamento speciale a Jas (leggete le sue storie, se non l’avete mai fatto. È davvero bravissima. Anche qui, cliccate sul nome per finire alla sua pagina.) per il banner, che personalmente adoro alla follia.
Spero davvero tanto che la storia vi piaccia e vi invito a farmi sapere che ne pensate!
Vi adoro,
Fede.  
 
Ultimissima cosa, vi lascio i miei contatti di Facebook, Twitter e Ask.

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Capitolo 2
*** Kindness ***




2. Kindness

 
 
 
 
Il mattino seguente, Celine inviò un messaggio ad Harry, informandolo che sarebbe passata a prenderlo intorno alle quattro.
Harry le rispose quasi immediatamente.
Passo io. Non ho intenzione di farti guidare. E comunque il mio Range Rover è molto più figo del tuo trabiccolo.
Stupido cantante da quattro soldi.
Celine si impose di non rispondere e andò a prepararsi. Doveva fare del suo meglio per dare un’ottima impressione alla signora Darling. Perciò scelse uno dei completi più sobri del suo guardaroba – un tailleur color crema e una camicia bianca – e un paio di decolleté rosse (okay, quelle non erano molto sobrie, ma erano le sue preferite) e si chiuse in bagno.
Quando mancavano dieci minuti alle quattro, Harry le mandò un altro messaggio, per informarla di essere già lì sotto casa.
Celine afferrò il cappotto nero e la borsa e senza salutare nessuno uscì. Harry e il suo “fantastico Range Rover” erano a pochi metri di distanza. Li percorse in fretta, senza risentire minimamente del tacco alto tredici centimetri e salì in macchina.
Harry le sorrise.
«Dove la porto, signorina?» domandò, ammiccante. Celine sbuffò.
«Cos’aveva la mia macchina, che non andava?» rispose di rimando. Harry alzò gli occhi al cielo.
«Voi Gaillard siete una polemica continua. Non vi và mai bene niente.» si lagnò, mettendo in moto il motore.
Celine annuì e ridacchiò.
«Pretendiamo il meglio, se è quello che intendi.»
Non era affatto vero, altrimenti non si sarebbe mai nemmeno sognata di vivere in una zona praticamente sconosciuta di Londra in una minuscola ed anonima villetta. Ma era curiosa di sentire la risposta di Harry.
«Ce l’hai davanti.»
E in quanto a presunzione, c’era da dire che il signorino non scherzava per niente. Fin troppo abituata a trattare con gente dall’autostima mastodontica, Celine non si scompose affatto.
Si chiuse in un silenzio pacifico e per niente imbarazzato: erano lontani i tempi in cui i ragazzi la mettevano in soggezione. Ora era lei ad essere irraggiungibile, non il contrario.
«Guarda che scherzavo.» aggiunse Harry, poco dopo. «Be’, non proprio, ma ammetterai anche tu che non sono così male.» proseguì, lanciando un occhiata allo specchietto retrovisore.
«Sai qual è la cosa che mi piace di più di te, Harry?» rispose Celine, pacata.
«Cosa, la mia bellezza?»
«No, la modestia.»
Harry scoppiò a ridere, trascinando con sé anche Celine. Si guardarono negli occhi per un istante, prima che Harry tornasse a prestare la sua più completa attenzione alla guida.
«Allora, mi spieghi cos’hai in mente? Hai detto che era una sorpresa.»
«Tra poco lo vedrai.» annunciò Celine con aria misteriosa. Disse a Harry di svoltare a sinistra, poi gli intimò di fermarsi proprio di fronte ad una piccola villetta.
«Hai affittato una casa solo per noi due?» domandò Harry, incredulo. Insomma, lui mica si aspettava che Celine fosse così intraprendente. Restò decisamente di sasso.
Ma ci rimase ancora peggio, quando Celine attaccò a ridere di gusto, tanto che dovette aspettare dieci minuti buoni prima di essere in grado di pronunciare una frase di senso compiuto.
«Che tonto. Ma per chi mi hai preso?»
Non sapeva se sentirsi oltraggiata, offesa o se continuare a ridere di fronte all’espressione quasi delusa di Harry.
«E allora che ci facciamo qui?» domandò.
«Comincia a parcheggiare il tuo Range Rover, poi ti spiego.»
Mentre si avviavano verso la casa, Celine riassunse brevemente i suoi progetti: aveva bisogno di cambiare aria, lavoro e frequentazioni e, soprattutto, aveva bisogno di un po’ di pace. Non l’avrebbe mai trovata, se avesse continuato con la sua solita routine. Raccontò anche di Lottie, che ultimamente sembrava un po’ troppo giù di morale.
«Anche Zayn è preoccupato per Lottie. Lo siamo tutti, in effetti.» confermò Harry, quando Celine fece per rispondere, la interruppe con un cenno della mano. «Ci siamo affezionati a tua sorella, lo sai? È una specie di caso clinico, ma è adorabile.»
«Caso clinico?»
«Be’, si. Non vorrai mica dire che sta bene di cervello!»
Celine ci rifletté con attenzione per qualche secondo: no, decisamente Harry aveva ragione. Sua sorella Lottie non era propriamente quel che si dice una persona equilibrata, tantomeno era in grado di ponderare ogni decisione con lucidità. Era istintiva, isterica e mezza esaurita. Ma, ehi!, chi non lo era?
«Come darti torto?» mugugnò. Nel frattempo, avevano raggiunto l’ingresso dell’abitazione. Celine si pettinò un po’ i capelli con le dita, comunicò ad Harry che il nome che aveva fornito era Joanne Stevenson e suonò il campanello.
Un minuto dopo, la signora Darling aprì la porta e osservò con attenzione sia Celine, che Harry.
«Buon pomeriggio, signora Darling.»
«Anche a lei, Joanne.»
«La prego, mi dia del tu.» le disse Celine, con un sorriso sereno. Harry, al suo fianco, si schiarì la voce, tanto per ricordarle di essere ancora presente.
«Oh, giusto. Signora Darling, lui è Harry.» lo introdusse, con un cenno della mano. La signora annuì e sorrise brevemente.
«E’ il tuo fidanzato?»
«Si. Stiamo insieme da poco e siamo innamoratissimi. Non è vero, tesoro?» Celine afferrò la mano di Harry, che inarcò un sopracciglio, scettico. Si, certo.
«Certo che si, dolcezza.» si affrettò a confermare, quando Celine gli rifilò una gomitata sui fianchi, nel momento in cui la signora Darling annunciava che il suo caro Julian sarebbe arrivato presto.
«Vado a preparare il tè, voi accomodatevi pure.»
Quando fu certo che la signora fosse a debita distanza e che non potesse sentire una sola parola, Harry si voltò verso Celine e sorrise.
«Tesoro?» domandò, sarcastico. Celine sbuffò.
«Senti, non rompere. Credo che la signora si sia convinta che sarei la candidata ideale per stare al fianco del suo caro Julian. E siccome lui non mi piace, questa è stata l’unica cosa che mi è venuta in mente. Ma ti giuro che quando ti ho chiamato non ci avevo pensato per niente.» spiegò, sottovoce.
Ogni tanto gettava un’occhiata alla cucina, tanto per essere certa che la signora Darling non fosse all’ascolto. Anche se, in effetti, a ottantanove anni, il suo udito probabilmente era un po’ compromesso, ma era meglio non correre il rischio.
Qualche istante dopo, un rumore di passi annunciò l’arrivo dell’ultimo ospite. Il caro Julian si presentò in salotto con un sorriso un po’ incerto e una camminata un po’ claudicante.
La prima cosa che pensò Celine, era che probabilmente doveva avere una gamba più lunga dell’altra, o altrimenti non avrebbe zoppicato in quel modo.
Harry si limitò a rimanere in completo silenzio, ma aumentò la presa sulla mano di Celine. Lei era certa che l’unico motivo che lo tratteneva dallo scoppiare a ridere fosse la signora Darling, appena ricomparsa con il vassoio.
Riusciva a malapena a tenerlo in equilibrio e Julian non sembrò nemmeno accorgersene, visto che andò a sedersi sulla poltrona davanti a Celine.
Harry alzò gli occhi al cielo e borbottò un “coglione” che probabilmente sentì soltanto la sua finta fidanzata.
Si alzò e raggiunse la signora Darling, che camminava ancora più lentamente del solito per evitare di ribaltare tutto il contenuto del vassoio a terra.
«Lasci che l’aiuti, signora. Vada pure a sedersi.»
L’anziana donna sembrò riflettere qualche istante, poi sorrise, perché Harry era stato così gentile e lei proprio non era abituata a ricevere attenzioni di quel genere. Il suo Julian, a volte, era un po’ distratto. Ma Harry era uno che prestava attenzione ai dettagli, e aveva inquadrato alla perfezione il nipote della donna.
Perciò posò il vassoio sul tavolino, tornò a sedersi accanto a Celine e le posò la mano sulla coscia con un fare un po’ possessivo.
Celine arrossì lievemente. Okay, era lei a mettere gli uomini in soggezione, e okay, non arrossiva da un pezzo. Ma la mano di Harry era grande e il suo tocco era delicato e deciso al tempo stesso.
E poi, doveva ammettere che il suo comportamento nei confronti della signora Darling, l’aveva lasciata piacevolmente sorpresa. Non aveva mai conosciuto un ragazzo capace di tanta gentilezza.
E per lei, abituata ad essere trattata come una bionda insensibile e dal cuore di ghiaccio, la gentilezza era una qualità degna di ammirazione.
 
 
 
***
 
 
 
Buonasera fanciulle! Come state? ^^
Ecco qua il secondo capitolo, super puntuale! Mi amate? Io mi amerei.
Okay, basta, la smetto.
Ehm, non ho molto da dire questa volta, perciò mi limiterò a ringraziarvi di cuore per aver recensito il primo capitolo e per aver inserito la storia tra le seguite, preferite e ricordate.
Grazie mille, veramente.
Come al solito, vi invito a farmi sapere che pensate, per me sarebbe molto importante!
Vi adoro <3

Per chi volesse, su Twitter sono @FtheOnlyWay :)
 

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Capitolo 3
*** Just come of age ***




3. Just come of age

 
 
 
 
Celine raccolse i capelli in una coda alta e sbuffò. Maledizione a lei e a quando aveva deciso di non dire niente a Lottie, a proposito del trasferimento.
Voleva rendere la casa abitabile, perciò aveva passato un’intera settimana a viaggiare avanti e indietro, trasportando alcuni dei suoi oggetti più cari e buona parte del guardaroba.
Fortunatamente, nessuno aveva sospettato niente. Lottie perché troppo impegnata a far finta di essere la migliore amica del cuore di Zayn, sua madre e Tiffany perché troppo prese da qualche cospirazione di cui lei non voleva sapere assolutamente niente.
Spinse uno scatolone nella camera da letto che sarebbe diventata la sua stanza e osservò con aria sconsolata l’armadio troppo piccolo per contenere un solo quarto del suo fornito guardaroba.
E comunque, non è che poteva andare in panificio con i tacchi a spillo e l’abito lungo di Versace. Già Julian non le toglieva gli occhi di dosso, figurarsi cosa sarebbe successo se si fosse vestita in maniera decente.
Per di più, non aveva fatto altro che lanciare continue frecciatine su Harry e sulla loro differenza d’età.
Celine gli aveva fatto capire che non erano affari che lo riguardavano e per il momento lui sembrava aver afferrato il messaggio, anche se il giorno prima si era presentato a casa con la scusa di dover controllare la caldaia. Celine non sapeva più cosa fare per fargli capire che l’interesse non era minimamente ricambiato.
Perciò, quando il campanello cominciò a suonare, si scoprì piuttosto atterrita all’idea che fosse di nuovo lui. Tuttavia, se ci teneva a mantenere il posto, era il caso di fingersi un po’ più cortese e invitare Julian a prendere un caffè. Poi, se avesse insistito, l’avrebbe mandato al diavolo.
Si trascinò giù per le scale, benedicendo il signore per essersi vestita in quella maniera ridicola. Non era neanche minimamente guardabile, con quella deforme tuta rosa e con la maglietta bianca che era appartenuta, in un tempo remoto, ad uno dei suoi ex fidanzati.
«Ti prego, Signore, fai che non sia Julian. Prometto che butterò via questo schifo, se non è lui.»
Non che sperasse davvero di essere tanto fortunata, in più dubitava fortemente che Dio avesse tutto quel tempo da perdere per ascoltare le sue cazzate da ventiquattrenne disperata.
Incrociò le dita un’ultima volta, si stampò in faccia il suo sorriso più convincente (per fortuna che aveva anni di pratica, o Julian si sarebbe accorto che moriva dalla voglia di mandarlo al diavolo) e aprì la porta.
«Ciao, dolcezza.»
Ecco, quello non era decisamente Julian, ma un’affascinante appena maggiorenne Harry Styles, vestito in maniera molto casual.
Celine lo squadrò dalla testa ai piedi, impassibile. Harry ridacchiò.
«Quando hai finito la radiografia, che ne dici di farmi entrare? Devo parlarti di una cosa.»
«Solo se ti togli quel cappello. Con tutti i soldi che hai, perché non te ne compri uno un po’ più carino?»
«Disse la super modella vestita con una tuta sformata.»
Celine arrossì lievemente, poi sbuffò.
«Forse preferivo Julian.» borbottò poi, facendosi da parte per far passare Harry. Lui le sorrise e alzò gli occhi al cielo.
«Ma come, dolcezza, mi tradisci con il caro Julian?»
«Ancora no. Sto decidendo chi dei due è il meno molesto, dopodiché sceglierò. Caffè?» propose Celine, dirigendosi verso la cucina.
«Si, grazie. E comunque, io sono molto più bello.»
«Mi sembra di avertelo detto anche ieri, ma la modestia non è proprio il tuo punto forte.»
Harry sorrise di nuovo e si accomodò al tavolo. Celino lo osservò di sott’occhio, momentaneamente incantata a fissare quelle due fossette che lo rendevano assolutamente adorabile.
Appena maggiorenne. Appena maggiorenne. Appena maggiorenne.
Continuò a ripeterselo all’infinito, mentre preparava il caffè.
«Posso chiederti una cosa?» domandò Harry, improvvisamente. Celine annuì. Intanto, aprì la credenza per cercare due tazzine e i piattini coordinati.
Li dispose sul tavolo e andò a controllare se il caffè aveva cominciato ad uscire.
«Cos’è successo, davvero?»
«Con mia madre, intendi?»
Harry annuì.
«Si. Sono curioso.»
«Si tratta solo di questo? Sete d’informazioni? Poi cosa farai, andrai a riferire tutto ai giornalisti?»
Celine si pentì immediatamente di aver avuto quello scatto. Erano giorni che Alan la tampinava di telefonate e non ce la faceva più. Il giorno prima, al panificio, una ragazza l’aveva riconosciuta e aveva cominciato a fare domande e lei era rientrata a casa con il terrore che da un momento all’altro i giornalisti avrebbero scoperto la sua residenza e avrebbero fatto saltare i suoi progetti. Non aveva ancora detto niente a nessuno e se sua madre avesse scoperto la cosa, avrebbe spedito Lottie a Parigi senza il minimo ripensamento.
Harry rimase in silenzio, ma dalla sua espressione non era difficile intuire che si fosse offeso. E Celine si diede nuovamente della stupida, perché se c’era qualcuno che poteva capirla, quel qualcuno era Harry. Era molto più famoso di lei, in fondo, e andarla a trovare non doveva essere così semplice.
«Scusami, non volevo. È che sto impazzendo, in questi giorni. Ho paura che mamma scopra tutto, che Alan la informi e che Lottie ci vada di mezzo. Mi dispiace, non avrei dovuto prendermela con te.» mormorò, imbarazzata.
Nel frattempo, verso i caffè.
«Tranquilla, dolcezza. Ti capisco. Ho avuto un’idea geniale, ma mi chiedevo se fosse possibile metterla in pratica.»
«Di che si tratta?» Celine cominciò a sorseggiare il suo caffè, curiosa di sentire cosa Harry avesse in mente.
«Domani ci sarà la “grande serata”» Harry mimò due virgolette con le dita, sarcastico. Celine ridacchiò e annuì. Se l’era quasi dimenticato: tra un pensiero e l’altro, sua cugina Tiffany rientrava all’ultimo posto nella sua lista di interessi.
«Si, mi ricordo.»
«In realtà, le cose di cui voglio parlarti sono due.» mugugnò Harry, senza sollevare lo sguardo. Senza un motivo preciso, Celine arrossì. Anzi, un motivo c’era, in realtà, ma non poteva davvero pensare che Harry volesse chiederle di uscire.
Era troppo piccolo, per lei.
Ed era appena maggiorenne, maledizione. Lei aveva ventiquattro anni, ormai, non aveva più voglia di storielle senza senso. Prima o poi, le sarebbe piaciuto avere una famiglia, un fidanzato da baciare quando rientrava a casa da lavoro e, perché no, una bambina da coccolare.
«Una cosa alla volta.» consigliò, guardando altrove.
Cielo, si stava comportando come una dodicenne.
«D’accordo. Ho pensato molto a te e Lottie, in questi giorni. L’unica cosa che ho capito è che vostra madre vi tiene in qualche modo sotto controllo. Giusto?»
«Si.»
Era sempre stato così, da che Celine avesse memoria. Dopo il divorzio con il padre, sembrava che sua madre non avrebbe accettato mai più un simile fallimento. Così aveva concentrato tutte le sue energie sulle figlie, cercando di plasmare entrambe al suo volere e ottenere, in questo modo, il successo che il matrimonio le aveva negato. A suo dire, non voleva poi tanto: una carriera brillante e il matrimonio con una persona benestante.
Se per la carriera si era concentrata su Celine, che dai sedici anni si era fatta strada nel mondo della moda, per quanto riguardava il matrimonio, la signora Gaillard si era buttata completamente sulla figlia minore. Quando poi si era accorta che il temperamento di Lottie era un po’ troppo avventato e ribelle, i controlli si erano intensificati e le sue attenzioni – se così potevano definirsi – erano diventate troppo morbose e opprimenti.
L’unico sistema che sembrava funzionare, era quello della compensazione: Celine faceva tutto ciò che Lottie non era disposta a fare. Uscire con brillanti avvocati, con futuri chirurghi, con finanzieri e con un sacco di altra gente stupida e superficiale a cui lei non interessava se non come trofeo da esibire.
E Lottie poteva godersi in piccola parte la sua vita e la sua storia con Zayn. Certo, se non si muovevano a capire che non si trattava solo di amicizia, prima o poi li avrebbe ammazzati entrambi, ma per il momento le cose sembravano perfettamente sotto controllo.
Spiegò tutto quanto ad Harry, che alla fine annuì con aria seria e quasi tragica.
«Io non ti tratterei come un trofeo. Non potrei mai farlo.» sostenne infine, sollevando lo sguardo. Celine arrossì di nuovo e voltò il suo altrove.
«Dico davvero, dolcezza.»
«Li leggo anche io i giornali, Harry.»
«I giornali raccontano solo una parte della verità. È vero, sono uscito con parecchie ragazze, nell’ultimo periodo. Ma non è quello che fanno tutti i diciannovenni del mondo?»
«In realtà il problema è proprio questo, Harry. Tu hai diciannove anni, e io ventiquattro.»
«La differenza d’età non è un problema, per me.»
Celine rise.
«Certo che no. Ma lo è per me.»
«Dammi una possibilità. Usciamo, solo una volta.»
Celine ci rifletté per qualche secondo, poi scosse la testa.
«Tra un paio di giorni parti per il tour, ed io ho un sacco di cose da organizzare. Mi dispiace, Harry. Ma non credo proprio che sia possibile. Non voglio altri casini, ecco.»
«Tu pensaci. Io ora devo andare. Ci vediamo domani sera, dolcezza.»
Harry lasciò la tazzina sul tavolo, si sporse in avanti e stampò un bacio sulle labbra di Celine.
Poi, prima che lei potesse anche solo rendersi conto della cosa, se ne andò.
Rimasta sola, Celine scoppiò a ridere.
«Mi sono presa una cotta per un diciannovenne. Ma dove ho la testa?»
 
 
 
***
 
 
 
Siete fortunate, lo sapete? Si, perché io mi ero assolutamente dimenticata che oggi fosse giovedì e probabilmente avrei saltato l’aggiornamento.
MA, siccome mi è caduto l’occhio sul calendario, mi sono accorta in tempo.
Certo, non che voi non dormiate la notte perché aspettate il mio aggiornamento, ma mi sembrava carino pubblicare in tempo, visto che il capitolo è pronto.
Comunque, posso darvi informazioni più dettagliate, adesso.
Ho finito di scrivere la storia. (Manca solo l’epilogo, che scriverò oggi) E sono lieta – o spiacente, devo ancora decidere – di informarvi che sarà lunga esattamente sei capitoli. (Epilogo compreso.)
Perciò manca poco.
E niente, ho finito. In realtà, ho intenzione di continuare ad intasare il fandom, perciò non vi libererete di me molto facilmente. Figo, vero? Scherzo, ma è che sono a casa a fare niente, e ho un sacco di tempo per scrivere.
Detto questo, ringrazio di cuore tutte le fanciulle che hanno commentato lo scorso capitolo e che hanno inserito la storia tra le bla-bla-bla. E anche chi mi contatta su Twitter, Ask, Facebook e basta, non credo ci siano altri posti. A parte Skype, dove le povere vittime si subiscono una marea di blablamenti.
E basta.
Mi dileguo!
Spero che il capitolo vi sia piaciuto e siete invitate a lasciare la vostra opinione, sapete che a me fa sempre mooolto piacere ^^
Vi adoro. <3
Fede.
 
 

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Capitolo 4
*** Up All Night ***





4. Up All Night

 
 
 
Quella serata sarebbe stata un completo disastro. Lo sapeva Celine, lo sapeva Lottie e probabilmente lo sapevano anche i One Direction.
L’unica che sembrava ignorare l’imminente disastro era Tiffany, che canticchiava con aria estasiata Up all night: non beccava una nota neanche per sbaglio e Celine aveva un incredibile voglia di strozzarla con le sue stesse mani. Di certo, a nessuno sarebbe dispiaciuto liberarsi della sua fastidiosa presenza.
«Charlotte, vieni qui. Hai bisogno di un po’ di trucco per coprire quelle occhiaie.» borbottò.
Lottie sollevò lo sguardo dal libro e inarcò un sopracciglio.
Celine la guardò con aria di supplica. Odiava dover trattare sua sorella in quel modo, ma finché Tiffany fosse rimasta nella stanza, essere così fredda era l’unico modo che aveva per non far fallire il piano. Tiffany, proprio come aveva previsto, non si lasciò sfuggire l’occasione di precisare che un po’ di correttore non sarebbe certo bastato a far diventare Lottie carina quanto lei.
«Testa di cazzo.» mugugnò Celine, mentre Lottie si sedeva davanti a lei con aria estremamente seccata.
«Testa di cazzo.» sussurrò anche lei, infatti. Celine le sorrise e le fece un occhiolino divertito, dopodiché cominciò a truccarla con aria esperta.
Ormai, aveva perso il conto di quante volte si era truccata – o era stata truccata da qualcun altro – alla perfezione. A quanto pareva, le modelle da copertina non potevano permettersi di andare in giro con le occhiaie in bella vista.
Ora che ci pensava bene, Harry l’aveva già vista struccata ed era sopravvissuto, perciò era probabile che fosse più intelligente del previsto. Se era riuscito a baciarla (non che potesse considerarsi bacio quella sottospecie di sfioramento) nonostante l’avesse vista struccata e con quella tuta schifosa, doveva essere davvero coraggioso o, in alternativa, sinceramente interessato a lei.
Non ne era un granché stupita, comunque. Era perfettamente consapevole di piacere agli uomini, perciò le attenzioni di Harry non erano una novità.
Quello che la sorprendeva, in realtà, era che Harry non sembrasse interessato esclusivamente alle sue gambe lunghe.
Quando gli parlava, Celine aveva sempre l’impressione che Harry la stesse a sentire per davvero. Ed era una cosa così strana, per lei, che non riusciva a non pensarci.
Anzi, era parecchio plausibile che si fosse presa una cotta per lui. Era l’unico uomo – appena maggiorenne – che si preoccupava anche per sua sorella e che non scappava di fronte all’evidente follia della famiglia Gaillard.
Santo cielo, era addirittura disposto a sopportare Tiffany per un’intera serata! Era una cosa che aveva dell’incredibile e Celine la apprezzava sinceramente.
E poi Harry era gentile, era affettuoso, era bello in maniera quasi imbarazzante ed era quel tipo di ragazzo che faceva perdere la testa.
Certo, era un po’ presuntuoso e Celine sospettava che fosse anche un po’ narcisista, ma di certo non era stupido, né insensibile.
Non c’era un solo motivo per cui non avrebbe dovuto piacerle.
Forse, quando sarebbe rientrato dal tour, gli avrebbe concesso un appuntamento come Dio comandava, magari in cui lei non fosse vestita come una Barbie in pensione.
Per il momento, però, doveva preoccuparsi di sopravvivere a quella serata che già si prospettava disastrosa.
Ma chi gliel’aveva fatto fare, a Lottie, di impegolarsi in una storia con Zayn? Sua sorella avrebbe dovuto sapere che si stava cacciando in un guaio piuttosto grosso, ma Celine la capiva: aveva parlato con Zayn un paio di volte e aveva avuto subito una buona impressione. Era evidente quanto tenesse a Lottie e, soprattutto, sembrava profondamente dispiaciuto di averle creato tanto disagio.
Celine era dell’idea che quando si incontrava un ragazzo del genere, be’, l’ultima cosa da fare era lasciarselo scappare.
Perciò truccò Lottie con ancora più cura del solito, anche se era certa che a Zayn non sarebbe importato neppure se si fosse tinta i capelli di grigio.
«Non voglio venire.» borbottò Lottie, nell’esatto istante in cui Tiffany annunciò che andava dalla zia a farle vedere quanto era strepitosa con quel vestito.
«Coraggio, tesoro. Ricordati perché lo fai.» cercò di rincuorarla Celine. Tentativo un po’ inutile, visto che Lottie storse il naso e non rispose.
Ecco, quello era decisamente strano. Celine si aspettava, come minimo, che Lottie l’avesse mandata al diavolo per quell’implicita insinuazione, invece niente. Se non si sbagliava, le erano anche diventati gli occhi lucidi. Molto strano: avrebbe dovuto indagare più a fondo.
«Piccola, è tutto okay?»
«Certo. Tutto sotto controllo.»
Decisamente strano. Lottie non era una che teneva le cose sotto controllo. Era praticamente impossibile, perché le macchinazioni e i complotti erano distanti anni luce dalla sua natura. Era una che amava dire le cose in faccia, e probabilmente ci prendeva anche gusto, quando notava che gli altri non si aspettavano certe uscite.
Perciò vederla così pacata e così tranquilla, era strano.
«Domani mattina devo darti una buona notizia, piccola. Cerchiamo di sopravvivere a questa serata, poi vedrai che le cose si sistemeranno.»
Un bacio sulla fronte, una carezza sulla guancia e Tiffany rientrò in camera, palesemente soddisfatta.
«Possiamo andare? È inutile insistere con Lottie. Tanto è brutta ugualmente.» cinguettò di ottimo umore.
Celine strinse i pugni, afferrò il cappotto e la borsa e uscì.
 
Vedere Harry non avrebbe dovuto farle quell’effetto, pensò Celine. Era da tempo immemore che non si sentiva tanto agitata di fronte ad un ragazzo e non era normale.
Si concesse qualche secondo per ammirare Harry, che faceva davvero un’ottima figura nel suo completo elegante. Per lo meno, per quella sera aveva lasciato da parte il cappello di lana.
Lottie, infastidita e con un broncio niente male, sbuffò.
«Che serata del cazzo. Ma vaffanculo.»
Però, non appena si accorse di Zayn, il suo broncio si attenuò e venne sostituito solo da un po’ di tristezza. Ancora una volta, Celine non riuscì a capire cosa le stesse prendendo.
Osservò Harry che salutava Tiffany con l’aria di un attore navigato e sentì qualcosa contorcersi a livello dello stomaco. Non poteva essere gelosa, assolutamente no. Non era da lei. E comunque, Harry non avrebbe mai fatto sul serio con Tiffany.
Tuttavia, onde evitare qualsiasi malinteso, si affrettò a raggiungerli.
«Ciao, Harry.» salutò, forse fin troppo entusiasta rispetto al suo solito tono pacato. Harry ricambiò, sorpreso.
«Ciao, dolcezza. Sei bellissima.» si complimentò, tranquillo. Celine ringraziò, poi alzò gli occhi al cielo, perché era certa di essere arrossita e proprio non riusciva a crederlo.
Lei! Che arrossiva come una dodicenne di fronte ad un complimento. Non era certo la prima volta che le dicevano che era bellissima, ma la voce di Harry e il suo sguardo sincero, non lasciavano alcun dubbio sul fatto che lo pensasse veramente.
Tiffany sembrò non apprezzare affatto quella mancanza di attenzioni, così si appese al braccio di Harry e lo supplicò di ballare con lei per un po’, fino al momento in cui Zayn non avesse finito di parlare con Charlotte.
Harry annuì e rivolse un’occhiata rassegnata a Celine, che fece spallucce e decise che sarebbe andata al bancone ad ordinare un alcolico non troppo pesante. Doveva guidare e farsi beccare ubriaca non rientrava nei programmi.
Poco dopo, quando la noia era arrivata ormai a punti indicibili, qualcuno picchiettò sulla sua spalla.
Si voltò, pronta a rispondere che era già accompagnata e che non aveva bisogni di essere intrattenuta, ma la sua acidità svanì di colpo, quando si rese conto che si trattava di Harry.
«Non pensavo che ti avrei rivisto.» commentò, divertita.
Harry sbuffò. «Sai, dolcezza, comincio a capire perché tu e Lottie siate così fuori di testa. Tiffany è completamente pazza.»
«Visto? Che ti avevo detto, io?»
Harry ridacchiò, poi annuì per darle ragione e ordinò un altro drink. Rimasero in silenzio per alcuni minuti, entrambi apparentemente assorti dal drink e trascinati dalla musica.
«Vuoi uscire con me?»
Celine, che non si aspettava certo che potesse essere così diretto, quasi si strozzò. Harry le diede qualche leggera pacca sulla schiena, poi sorrise.
«Lo so, faccio questo effetto alle ragazze. Sono assolutamente irresistibile.»
«’Fanculo.»
«Lo prenderò come un: “Si, uscirò con te.”» continuò Harry, tranquillo. Celine arrossì, presa contropiede. Possibile che non sapesse come comportarsi? Maledizione, Harry la spiazzava tanto da levarle le parole di bocca. Non andava assolutamente bene, no.
«Harry…»
«Lo so, lo so. Devo partire per il tour e blablabla. Ma quando tornerò, usciremo insieme. Okay?»
«Insisterai finché non ti dirò di si?»
«Si.»
«Va bene. Ne riparleremo tra qualche mese, allora.» concesse Celine, stremata. Parlare con Harry – e resistergli – era davvero stancante.
Soprattutto perché, in fondo, non voleva farlo.
 
 
***
 
 
 
Here I am!
Ciao, fanciulle. Per prima cosa, Buon Natale a tutte voi! (Anche se in ritardo u.u)
Come proseguono le feste? Che vi ha portato Babbo Natale? Evito di parlarvi del mio Natale perché è stato un completo DI-SAS-TRO.
Comunque, sono piuttosto di fretta perché tra poco arrivano i miei e devo cucinare il pranzo, perciò niente.
Spero che il capitolo vi sia piaciuto e mi, raccomando, fatemi sapere ;)
Ah, un’altra cosa. Ho finito di scrivere Irresistible e mancano ancora un capitolo + epilogo! (L’avevo detto, io, che era mini)
Un bacione a tutte quante e ancora Buon Natale <3
 
Ps. Su Twitter, per chi volesse seguirmi, sono @FTheOnlyWay

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Capitolo 5
*** Irresistible ***





5. Irresistibile

 
 
Aveva fallito.
Come sorella maggiore, era un totale e completo disastro. Non aveva capito niente di niente.
Troppo presa dal suo stupido trasferimento e dal suo altrettanto stupido lavoro, non si era resa conto che Lottie stava progettando una fuga.
Ed ora era troppo tardi, perché sua sorella era già partita per Parigi e non rispondeva neanche alle pressoché infinite telefonate che le aveva fatto.
Voleva chiederle scusa, farsi perdonare per essere stata così insensibile, ma Lottie non gliene dava modo. Non voleva parlarle o forse, molto più semplicemente, era distrutta.
Aveva rinunciato a Zayn – e Celine non osava neanche immaginare quanto le fosse costato farlo – ed era andata a stare dai nonni, che non vedeva da chissà quanto tempo e con i quali non aveva un gran rapporto (solo perché la signora Gaillard non sopportava i parenti dell’ex-marito) solo per sfuggire al controllo ossessivo della madre.
Quando erano arrivate a quel punto?
Se solo Celine ripensava a tutto quello che sua mamma aveva detto a Zayn quella mattina, le veniva voglia di piangere.
Si sentiva così in colpa, per non essersi accorta di niente. Perché non aveva detto a Lottie della casa? Se l’avesse fatto, magari non sarebbe partita e lei non si sarebbe ritrovata con una stanza vuota.
Si sedette sul divano e accese la televisione, tanto per attenuare un po’ la sensazione di essere completamente sola. Fece un po’ di zapping, distratta, ma il pensiero di Lottie continuava a tornarle alla mente, senza darle tregua.
Chissà come si sentiva triste, senza Zayn. Quei due erano fatti per stare insieme, non c’era alcun dubbio. Celine non aveva mai visto qualcuno così perfetto insieme come loro. Zayn era calmo, razionale e sensibile, almeno quanto Lottie era impulsiva, esaurita e sfacciata.
E per colpa di sua madre e di quella stupida di Tiffany, ora erano lontani chissà quanti chilometri.
«Che situazione del cavolo.» borbottò, spegnendo la televisione. Lanciò il telecomando in un angolo del divano, e afferrò il libro che stava leggendo il pomeriggio prima.
Ma non c’era verso: per quanto si sforzasse, i sensi di colpa erano lì e non la lasciavano in pace.
Il libro, in realtà, non la distrasse come aveva sperato, perciò lo chiuse dopo aver letto solo qualche pagina e si sdraiò a pancia in giù, con i piedi a penzoloni e la faccia affondata in un cuscino.
Forse una bella dormita sarebbe stato l’ideale. Almeno nei sogni, Lottie non l’avrebbe tormentata con quel suo sguardo smarrito. Non che in genere sua sorella fosse un agnellino, ma la frequentazione con Zayn l’aveva ammorbidita parecchio.
Aveva appena chiuso gli occhi, quando qualcuno si attaccò con insistenza al campanello.
Borbottando una sequela poco femminile di insulti, andò ad aprire la porta. Ogni volta che suonavano il citofono, si sentiva prendere dal panico. Il motivo? Semplice: le uniche persone che, al momento, erano a conoscenza del suo nuovo domicilio erano due. Harry e Julian.
E lei non si sentiva pronta a vedere nessuno dei due. Julian perché troppo opprimente, viscido e mortalmente fastidioso ed Harry perché… be’, in realtà aveva voglia di stare con lui, ma non voleva farsi troppe illusioni.
Alla fine dei conti, lui non poteva essere il ragazzo giusto per lei. C’erano un miliardo di motivi e Celine li aveva appuntati tutti quanti su un foglio bianco.
Foglio che giaceva in camera sua, nascosto sotto il materasso. Se qualcuno l’avesse mai trovato, lei sarebbe morta per la vergogna. In ogni caso, conosceva i pochi, ma semplici punti, a menadito.
“Punto numero 1: è appena maggiorenne.
Punto numero 2: porta quei terribili cappellini di lana.
Punto numero 3: è appena maggiorenne.
Punto numero 4: mi fa sentire strana.
Punto numero 5: è appena maggiorenne.
Punto numero 6: essere un cantante, lo porta lontano da casa per periodi, a volte, lunghissimi.
Punto numero 7: vedi punto numero 1, 3 e 5.”
Perciò, quando aprì la porta e si trovò davanti Harry, non seppe davvero come reagire.
Lui sembrava preoccupato e a Celine la preoccupazione nei suoi confronti faceva davvero un pessimo effetto. Era sempre stato così: lei era quella forte, quella insensibile e quella che non piangeva se non per seri motivi. Ultimamente, però, la sua “indifferenza” era un po’ fuori controllo. Colpa di quel ragazzo, che era riuscito a farle abbassare una buona parte delle sue difese. Certo, la strada sarebbe stata lunga, ma probabilmente ce l’avrebbe fatta, a farla tornare una ragazzina in preda ad una stupida cotta.
Si morse il labbro per non scoppiare a piangere e fece cenno ad Harry di entrare.
«Vieni, accomodati.» mormorò.
Harry sorrise, poi sventolò un sacchetto di plastica bianca e le circondò le spalle con un braccio.
«Mia sorella Gemma dice sempre che i dolci sono un ottimo antidepressivo. Perciò ho portato gelato, biscotti e cioccolato.» elencò, soddisfatto.
Celine lo guardò ad occhi sgranati, stupita da tanta spontaneità e dal fatto che un ragazzo avesse avuto un gesto tanto dolce nei suoi confronti. Non ci era abituata, perciò la sorpresa e la tristezza ebbero lo straordinario potere di farla scoppiare in lacrime. Non che ne fosse rimasta tanto sorpresa, comunque. Nelle ultime ore non aveva fatto nient’altro, se non gironzolare per casa nell’attesa dello scoppio.
«Scusa, ora mi passa.» singhiozzò, coprendosi la bocca con una mano.
Harry scosse la testa, appoggiò il sacchetto sul tavolo e la strinse in un abbraccio. Celine gli buttò le braccia al collo, in cerca di conforto.
Harry era il suo unico appiglio, in quel momento. In fin dei conti, era solo questione di tempo, prima che cominciasse a piangere come una fontana. Aveva resistito solo perché si era costretta, ma non poteva sempre essere la donna di ghiaccio. Non quando sua sorella era lontana, triste e sola e lei non aveva fatto niente per aiutarla.
Con delicatezza, Harry la trascinò fino al divano, si sedette e la fece accomodare al suo fianco. Celine continuò a singhiozzare, farfugliando che era solo colpa sua e che non sapeva cosa fare per sentirsi meglio.
Harry la lasciò piangere, fino a che non gli sembrò che il peggio fosse passato. Solo allora si alzò, andò in cucina, prese un paio di fazzoletti e due cucchiaini e tornò in salotto.
Celine non si era mossa di un solo centimetro e lo osservava con gli occhi rossi e un po’ spenti.
«Tieni.»
Harry le porse un fazzoletto e andò a recuperare il sacchetto.
«Gelato alla nocciola o alla fragola?» domandò, allungandole un cucchiaino. Celine sorrise debolmente.
«Alla nocciola.» mugugnò.
In effetti, dopo qualche cucchiaiata, il suo umore cominciò a risollevarsi. Forse non era merito del gelato, ma di Harry, che per tutto quel tempo non aveva fatto altro che blaterare di cose insensate. Le aveva persino raccontato una barzelletta, che Celine non aveva capito. Ma aveva riso comunque, perché Harry si era impegnato e sembrava trovarla davvero divertente. In un altro momento, gli avrebbe fatto notare che era assolutamente senza senso, ma non in quel caso, non quando era palese che ogni cosa stupida che diceva, aveva il solo scopo di farla sentire meglio.
«Sto scoppiando.» sostenne, appoggiando il cucchiaino e la vaschetta del gelato per terra.
«No, dolcezza, ci sono ancora i biscotti. Sono quelli con le gocce di cioccolato, perciò devi assolutamente mangiarli.»
«Perché lo fai?» domandò Celine, improvvisamente. Harry inclinò la testa da un lato, confuso. Certe volte, Celine era spiazzante. Aveva di quelle uscite improvvise che lo lasciavano senza parole. Un attimo prima era piena per il troppo gelato, quello dopo tornava seria e gli chiedeva una cosa che, a ben pensarci, avrebbe cambiato il loro rapporto in maniera definitiva.
Poteva far finta di niente, poteva non risponderle affatto o poteva dirle una bugia. Oppure, poteva dirle la verità. Qualunque cosa avesse fatto, comunque, avrebbe rivoluzionato le cose.
Così prese un respiro profondo e cominciò a parlare.
«Mi piaci da impazzire, Celine. E non perché sei indiscutibilmente bellissima, o perché fai la modella. Mi piaci perché nonostante tu abbia una sorella matta come una capra, una cugina ossessionata e una madre ossessiva, sei la ragazza più dolce che abbia mai incontrato. Sei intelligente, sei simpatica e sei irresistibile. Si, è questo il punto. Io ti trovo irresistibile. Non riesco a stare lontano da te.» concluse Harry, pacato. Aveva le guance un po’ rosse e Celine non poté fare a meno di trovarlo adorabile. Era stata la dichiarazione più bella che le avessero mai fatto. Tutti i mazzi di fiori che aveva ricevuto in passato, i bei gioielli, i biglietti per una crociera o un viaggio oltreoceano, non valevano nemmeno un centesimo della dolcezza di Harry.
Perciò sorrise, emozionata, si sporse in avanti e lo baciò.
Harry gettò il sacchetto a terra, le afferrò il viso con entrambe le mani e approfondì il bacio. L’aveva desiderata così tanto, che non riusciva a trattenersi.
Celine, persa in una marea di sentimenti che si era obbligata ad arginare, lasciò che Harry la spingesse lievemente sul divano e che la sovrastasse con il suo corpo.
Non c’era niente da fare: Harry aveva abbattuto ogni sua difesa.
A questo punto, di certo c’era solo una cosa: si stava innamorando di un diciottenne affascinante e  decisamente irresistibile.
 
 
 
***
 
 
Hi, girls ^^
Come state? Innanzitutto, felice anno nuovo a tutte quante. Speriamo che questo 2013 vada un po’ meglio, perché il 2012 ha fatto decisamente cagare. (Almeno a me.)
Non ho niente da dire, se non che questo capitolo è un po’ più cortino del solito, però è molto intenso, perciò dovreste perdonarmi u.u
Ed è anche il penultimo! Giovedì prossimo ci sarà l’epilogo, dopodiché Irresistible è finita.
Mi manca solo Wedding? No, thank you. E poi comincerò a pubblicare la storia nuova, che si intitola Pretending e che mi piace assai. Nel frattempo, sto lavorando ad altre due long, perciò non rimarrete a bocca asciutta >.<
Niente, spero che il capitolo vi sia piaciuto e vi invito a recensire, come al solito! Mi piace sapere che ne pensate, veramente.
Colgo anche l’occasione per ringraziare le ragazze che hanno recensito lo scorso capitolo, inserito la storia tra le seguite, ricordate e preferite e anche a chi mi ha contattata su twitter, facebook e ask.
Vi adoro!
Fede.  

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Capitolo 6
*** Epilogue ***





Epilogue

 
 
 
Se avesse mai potuto scegliere qualcosa da far sparire dalla faccia della terra, Celine avrebbe senz’altro optato per il campanello.
Era un oggetto così fastidioso e così inutile, che probabilmente la sua dipartita avrebbe reso felici milioni di fanciulle che, come lei, erano costrette a sopportare altrettanti individui come Julian.
Non ne poteva davvero più, di trovarselo in mezzo ai piedi, giorno e notte. Ancora un po’ e le sarebbe toccato presentargli una diffida. Certo, l’avrebbe licenziata e sarebbe stato un casino, ma per lo meno si sarebbe tolta di torno la sua presenza fastidiosa.
Gli aveva ripetuto circa un miliardo di volte che era fidanzata con Harry e che, pertanto, non era interessata affatto ad approfondire la loro conoscenza, se non il tento necessario che ci si aspettava in un rapporto datore di lavoro/affittuario e dipendente/sfigata che paga l’affitto.
Julian continuava a ripeterle, imperterrito, che Harry non andava affatto bene per lei, visto che erano sei mesi che non si faceva vedere e che, comunque, la differenza d’età tra di loro era assolutamente incolmabile.
Celine aveva rinunciato a spiegargli che il motivo per cui Harry non era lì accanto a lei era il tour mondiale che stava seguendo con i One Direction: dopotutto, quando uno è stupido, è stupido.
E Julian era molto stupido, perciò parlare con lui era fiato sprecato.
Sospirò: erano passati già sei mesi, dall’ultima volta in cui aveva visto Harry, ed era inutile dire che le mancava da morire e che, ormai, pensare di stare senza di lui era diventato quasi insostenibile.
Si sentivano spesso tramite telefono, quasi tutti i giorni, ma Celine avrebbe dato qualsiasi cosa per poterlo baciare o abbracciare, o anche solo mangiare un po’ di biscotti con lui.
In ogni caso, Harry la sera prima le aveva garantito che sarebbero tornati presto e che avrebbero avuto un lungo periodo di pausa. Celine aveva sorriso e gli aveva detto che, forse, gli avrebbe concesso un appuntamento.
Anche se a quel punto, in effetti, avevano superato da un po’ la fase del primo appuntamento. Ma una promessa era una promessa, e lei era una di quelle persone che mantenevano sempre la parola data.
Il suo umore migliorò nettamente, quando il telefono cominciò a squillare e sul display comparve il nome di sua sorella Lottie.
Si affrettò a rispondere, perché non la sentiva da un paio di giorni e le era mancata terribilmente.
«Piccola! Come stai?» domandò, senza neanche dare a Lottie il tempo di salutarla.
«Benissimo. Ho appena mandato mamma al diavolo, credo di non essermi mai sentita meglio!» cinguettò Lottie, entusiasta.
Celine rise e alzò gli occhi al cielo.
«E Zayn?»
«È qui con me. Ti saluta.»
«Ed Harry…?» domandò, un po’ più circospetta.
«Non lo so, è uscito, credo. Raggio di sole, sai dov’è Harry?» ci fu qualche istante di silenzio, in cui Celine attese con trepidazione, dopodiché Lottie mugugnò un “mmm” e ridacchiò.
«Zayn dice che non lo sa, ma ho come l’impressione che stia sparando una cazzata di dimensioni epiche. Vero, pasticcino?» Zayn sibilò qualcosa che Celine non riuscì a comprendere, dopodiché ci fu una breve colluttazione – o almeno, era quello che sembrava – e cadde la linea.
Un po’ perplessa ma non troppo sorpresa, si ripromise di chiamare Lottie più tardi, per cercare di capire, ancora una volta, cosa ci fosse di tanto sbagliato nel suo cervello.
«Povero Zayn.» sussurrò, prima di scuotere la testa con aria divertita e dirigersi verso l’ingresso.
Nemmeno a dirlo, il campanello aveva cominciato a suonare.
Ormai, a dire la verità, cominciava quasi ad abituarsi a quel suono fastidioso. Anzi, era più che fastidioso: era semplicemente odioso, ma dopo un po’, si era rassegnata al fatto che Julian non le avrebbe dato scampo.
Sembrava quasi che non fosse in grado di afferrare il concetto di giorno libero. Non era così difficile, dopotutto. Due semplici parole, di altrettanto semplice significato.
Ma evidentemente non c’era da sperarci troppo. La deficienza di Julian doveva essere incurabile.
«Minchia, che odio.» borbottò, già nervosa al pensiero che avrebbe passato la prossima mezz’ora a spiegare a quell’individuo stupido che Harry era in tour e non in giro a raccogliere margherite.
Non si prese neanche il disturbo di guardarsi allo specchio, perché tanto non ne valeva la pena: Julian era attratto da qualsiasi essere vagamente respirante e, di sicuro, le avrebbe dato il tormento anche se avesse avuto i baffi, un cespuglio al posto dei capelli e un fantastico monociglio.
Un sospiro per raccogliere la poca pazienza che aveva a disposizione, dopodiché aprì la porta.
«Hai visto un fantasma?»
Harry sorrise, poi, senza attendere nemmeno un secondo, afferrò Celine per i fianchi, la attirò a sé e la baciò a lungo, come se volesse recuperare tutti i momenti in cui non le era stato accanto.
Celine, ancora troppo sorpresa per reagire in maniera decente, si limitò a ricambiare il bacio con trasporto e a circondare il collo di Harry con le braccia.
Quando si separarono, entrambi ansanti e con il fiato corto, si sorrisero.
«Ammettilo…» mormorò Harry, mentre si incamminava lungo il corridoio, diretto alla cucina. Ormai, si muoveva in quella casa come se gli appartenesse, pensò Celine, senza sapere bene come sentirsi. Imbarazzata? Stizzita? Al momento non le veniva in mente nient’altro che la felicità.
Perciò lo seguì, anche se in teoria lui avrebbe dovuto seguire lei, e lo osservò mentre afferrava la caffettiera dal pensile e cominciava a riempirla con l’acqua.
«Pensavi fossi quello scemo.»
«Chi è quello scemo?» domandò Celine, confusa. Poi, guardando per bene Harry e la sua espressione infastidita, comprese.
«Julian? Oh, no. Non viene mai a quest’ora. In genere arriva verso le cinque, le sei.» spiegò, con l’aria risaputa di chi, ormai, ha imparato alla perfezione le abitudini di un’altra persona.
Harry rimase stoicamente in silenzio, apparentemente concentrato sulla caffettiera, che aveva appena messo sul fuoco.
Celine si perse per un istante ad osservare la linea sinuosa della sua schiena, le spalle ampie e gli avambracci muscolosi scoperti.
Si alzò e lo abbracciò, perché aveva bisogno di un po’ di contatto con lui, dopo quei sei mesi in cui il tour li aveva tenuti lontani. Harry sospirò, le accarezzò la guancia con dolcezza e si inchinò in avanti per baciarla.
«Quel tonto non ti troverà a casa, oggi pomeriggio.» sussurrò, poco dopo.
«Perché?»
«Sono passati sei mesi, direi che è giunta l’ora che tu mi conceda quel famoso appuntamento.»
Un altro bacio – il primo di una lunga serie – dopodiché Celine sorrise.
Harry era appena maggiorenne, aveva un sacco di tatuaggi decisamente antiestetici, era un cantante famoso e stare insieme a lui probabilmente non sarebbe stato facile.
Ma era irresistibile e tanto bastava.
 
 
 
***
 

 
 
Okay, eccoci qua. Anche questo è finito.
Spero non vi abbia deluso, perché è un po’ corto, ma davvero avevo in mente di scrivere qualcosa di semplice, dolce e per niente eclatante.
Se vi aspettavate proposte di matrimonio o cose del genere, beh, mi dispiace di avervi deluse >.<
In realtà non sono un granché soddisfatta, però, boh, rileggendo, il capitolo non mi dispiace.
Voi che ne pensate? Fatemi sapere, per piacere ^^
Niente, ho finito.
Vi ringrazio infinitamente per avermi seguito anche in questa piccolissima avventura e… spero di sentirvi ancora!
Perciò, vi ringrazio di cuore per aver seguito, recensito e inserito questa storia tra le blablabla. Per avermi contattata su Twitter, Facebook e Ask e anche solo per aver sopportato questi pseudo scleri che sono le “note d’autrice”.
Ultima cosa, vi informo che la prossima storia che pubblicherò si intitola “Pretending” e dovrei pubblicarla verso la fine del mese, quando avrò terminato “Wedding? No, thank you.” (se volete leggerla, cliccate sul link).
Ci sentiamo presto!
Ah, se per caso voleste essere informate sul quando pubblicherò la storia nuova, lasciatemi il vostro nick di Twitter , oppure in una recensione. Non so, comunque avete capito, dai.
Grazie mille, siete fantastiche <3
 
 
 

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