Il Principe e L'Amante

di Chanelin90
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L'inganno ***
Capitolo 2: *** Il Patibolo ***
Capitolo 3: *** Le Stanze del Principe ***
Capitolo 4: *** Le Celebrazioni ***
Capitolo 5: *** La Penitenza ***
Capitolo 6: *** La Confessione ***
Capitolo 7: *** Velate Confidenze ***
Capitolo 8: *** Il Sentiero Dietro La Collina ***
Capitolo 9: *** Il Terzo Cassetto ***
Capitolo 10: *** Il Peccatore al Confessionale ***
Capitolo 11: *** All'Origine della Colpa ***
Capitolo 12: *** Il Diario della Strega ***
Capitolo 13: *** L' Erede Legittimo ***
Capitolo 14: *** Imprevisti ***
Capitolo 15: *** Il Potere di Chi Opprime ***
Capitolo 16: *** Dalla Padella alla Brace ***
Capitolo 17: *** Chi Non Muore,Purtroppo, Si Rivede ***
Capitolo 18: *** La Resa dei Conti ***
Capitolo 19: *** Il Giorno del Giudizio ***
Capitolo 20: *** L'Alba di un Nuovo Giorno ***



Capitolo 1
*** L'inganno ***


IL PRINCIPE  E  L’ AMANTE
-Capitolo-1


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                                                      L’INGANNO  
 


 Romano rientrò in casa.
 Il fratellino gli saltò tra le braccia.
- ROMANOOOOO!! Sigh.. sono così contento che tu sia tornato! Ho TANTA fame!- gridò.
Romano sospirò e gli porse un cestino.
- Ho preso quello che ho potuto! -
Feliciano tirò fuori dal cestino una pagnotta, del burro e un barattolo di marmellata.
Il denaro per acquistarli proveniva dal ricavo della vendita di una parte del raccolto di pomodori.

Purtroppo, quest’anno, le piogge non furono abbondanti come speravano i Vargas, quindi, il prodotto dei loro campi, fu piuttosto misero.Romano non sapeva proprio come soddisfare il fabbisogno proteico, necessario al fratellino, per farlo crescere in buona salute: sano e forte.

Erano finiti i tempi felici durante i quali, sulla tavola, si trovava sempre del lardo, accompagnato dal latte di capra, addolcito dal miele.
Da quando i loro genitori erano morti a causa di una tempesta che affondò la loro barca carica di merci da vendere e scambiare , il mulino era andato in rovina perché Romano non aveva trovato nè i soldi, né aveva le conoscenze pratiche per ripararlo.
Feliciano era molto giovane allora, perciò, Romano, non gli disse mai la verità.
Nonostante questo, temeva che il fratellino lo avesse intuito, anche se non ne parlavano mai.
Oramai Romano aveva 18 anni, mentre Feliciano 13.
Erano passati anni e il fratello maggiore fece del suo meglio per portare avanti la baracca, ma non permise mai al fratello minore di toccare una vanga o un aratro, nonostante questo insistesse per aiutarlo.
Non voleva vedere le sue lunghe e bianche dita sporcarsi di terra e piaghe. Come invece erano le sue.

Feliciano fece per mordere il pane ma Romano gli scoccò un’occhiata irritata, togliendogli il pane dalle mani.
- Prima ci sediamo a tavola. Preghiamo e POI potrai mangiare!- ammonì.
Il fratellino sbuffò un po’ tra sè, ma si sedette sulla seggiola senza protestare, insieme al fratello.
- Preghiamo! Grazie Signore per il cibo che ci hai donato, ti rendiamo grazia per questo…-
La preghiera proseguì per alcuni minuti, dopodiché Romano ne sancì la fine.
- …Amen!-
- Amen!- emulò Feliciano.
- Ora puoi mangiare!- dichiarò Romano rivolto al fratellino.
Quest’ultimo si scagliò sul cibo sicchè si sentiva solo il rumore delle sue mascelle.
-  MANGIA PIANO! Ricordati che dobbiamo farcelo bastare per almeno una settimana- biasimò.
Feliciano annuì e, con rammarico, cominciò a masticare più lentamente la fetta di pane.

Quando terminarono il magro pasto, i due fratelli andarono a dormire.
I letti, tutt’altro che confortevoli, erano stati imbottiti di paglia secca per renderli più caldi e comodi.
Romano aveva venduto le pregiate lenzuola orientali che gli avevano comprato i genitori, durante i loro commerci, per acquistare gli strumenti per coltivare i campi e smuovere la terra.
- Buonanotte fratellone!-
- Notte Feliciano! Prega sempre che i nostri genitori possano tornare presto!-
- Lo faccio sempre!- replicò sereno l’altro.
- Bravo!- approvò il maggiore, sistemandosi sulla paglia.
Romano voleva che, almeno il giovane potesse aggrapparsi a una speranza che lui non aveva più.

Era talmente stanco che si abbandonò velocemente al sonno.
Nella notte venne svegliato da alcuni squittii poco raccomandabili.
 Un grosso ratto si era aggrappato al legno e minacciava di mordere Feliciano sulla caviglia.
Prontamente, il fratello più grande gli mollò un calcio dritto sui denti, buttandolo a terra rantolante.
“ Queste maledette bestiacce! Alcuni miei amici sono morti a causa dei bubboni pustolenti provocati da questi dannati demoni della notte!”
Si alzò dal letto. Prese la scopa e lo ammazzò con un repentino colpo alla testa.
Buttato fuori l’animale, si rimise sul letto per riprendere sonno ma avvertì il fratellino agitarsi mentre dormiva.
Si avvicinò con l’orecchio e lo sentì lamentarsi:
- Veee! Non è che quello è un cosciotto di pecora?! Ho tanta fameeeee! Veeee! Del formaggio! Non lo mangio da tempooo!-
Cominciò a mordere l’aria come se potesse assaporare il sapore di quelle cibarie che non appartenevano a quella casa e che , certamente, non sarebbero comparse presto.
Era chiaro che era affamato.
Romano sospirò rammaricato e sconsolato riprese a dormire.

Il giorno dopo, Romano uscì per innaffiare il raccolto.
Feliciano lo accompagnò titubante alla porta.
- Non fare tardi, fratellone!-
- Faccio un salto al mercato e torno prima di sera! Te lo prometto! Tu fa il bravo! - e gli scoccò un bacio sulla fronte.
Prese il suo cestino e s’incamminò nei suoi possedimenti, poco distanti da casa sua.
Arrivato, prese a scavare, per permettere all’acqua piovana e quella del ruscello d’inumidire bene i terreni e le sue piante di pomodoro.
Un lavoraccio! Ma sempre meglio che morire di fame!
In quel momento sentì dei passi veloci venire verso di lui.
Si accucciò circospetto e vide una persona correre lesta attraverso i suoi campi, calpestando le piante di pomodori che finivano sulla sua strada.
- EHI!- urlò irritato- QUESTA E’ LA MIA PROPRIETA’!-
Ma l’individuo non sembrò nemmeno farci caso, anzi…rischiò pericolosamente di travolgerlo.
- MA CHE CAZZO!- gemette il ragazzo urtato da quell’uomo.
In un impeto di rabbia, vedendo i suoi pomodori irrimediabilmente danneggiati, lanciò il suo forcone in direzione di quell’uomo che, malauguratamente, cadde per terra sbattendo violentemente la testa.

- ODDIO!- esclamò Romano, spaventato.
Corse verso quell’uomo che non dava segni di vita.
- MERDA! SI ALZI! SI ALZI, SIGNORE!- urlò il ragazzo, temendo che l’incidente potesse costituire un problema per sé e la sua piccola famiglia.
A quel punto, sentì altri passi scapicollarsi sempre alle sue spalle.
“CAZZO! LE GUARDIE REALI NO!” realizzò il ragazzo tra sé.
Prese seriamente in considerazione l’ipotesi di fuggire ma, presto, venne circondato da uomini in armatura con le alabarde puntate verso di lui.

-  Sei stato tu ad abbattere quest’uomo?- domandò autoritario una guardia che, a giudicare dall’uniforme, doveva essere il capitano di quella spedizione.
- Mi..mi dispiace! Posso spiegare, davvero! Io ho provato a dirgli di fermarsi..a..a.. quest’uomo! DAVVERO! Ma lui non mi stava a sentire e io…- Romano cominciò a gesticolare, cercando di giustificare il suo gesto.
- Quelli erano i miei pomodori..sono..sono l’unica fonte di sostentamento per me ..e..la mia..famiglia! Insomma..io speravo solo d’impedirgli di distruggere tutto..ma volevo solo bloccarlo..non..- deglutì- ..non..ucciderlo!-  implorò il ragazzo.
Il capitano delle guardie fece un passo avanti.
- Tranquillo, non l’hai ucciso!-
-  Ma… L’ho colpito!- mugolò il giovane, sudando freddo.
- Hai fatto benissimo a fermarlo! Costui è un ladro! Ha rubato della corrispondenza importante dalla reggia reale e tentava di farla franca!- dichiarò indicando il colpevole riverso.
Romano rimase a bocca aperta e sbigottito domandò: - Non mi arresterete?-
- Chiaramente no!- ridacchiò il capitano, togliendosi l’elmetto e rivelando una scura chioma ricciuta e dei profondi occhi verdi.
- Il mio nome è Antonio Fernandez Carriedo! Qual è il tuo nome villano?-
Il giovane, ancora incredulo, si mise a balbettare –Mi..mi chiamo..mi chiamo Romano! Romano Vargas!-
- Ebbene ragazzo..- sorrise Antonio - ..per la tua chiamiamola, umm.., audacia ti regalo questa moneta d’oro!-
E gli porse una moneta d’oro massiccio tra le mani.
Romano se la rigirò tra le mani esterefatto da tanta fortuna.
- Ripara ai danni di questo farabutto e, con quello che avanza,  fa ciò che vuoi!- mormorò dolcemente il capitano, scompigliandogli i capelli con la mano guantata.
Preso il brigante, i soldati abbandonarono i campi.

- DIO MIO, CHE FORTUNA! Finalmente la sorte comincia a girare favorevolmente! Era ora!- disse Romano felice, facendo brillare la moneta alla luce del sole.
- Cosa posso fare con questa moneta?- se la rigirò tra le mani.
Doveva occuparsi della sua famiglia.
- CI SONO! Comprerò delle galline ovaiole! Così, non solo potrò sfamare Feliciano, ma potrò anche vendere le uova per ricavarci qualcosa!-
Romano ridacchiò fra sé, soddisfatto.
- Potremo andare avanti anche per anni così! Chissà che, più avanti, non riesca a comprarmi anche una vacca da latte e un mulo per i campi di pomodoro..-

Romano si diresse saltellando al mercato, tenendo nascosta in tasca la moneta d’oro.
Eh si! Che, da quelle parti, giravano numerosi scippatori che avrebbero messo le mani volentieri sul quel prezioso bottino.
Pregustando entusiasta il suo acquisto, Romano passò davanti al vinaio più famoso di tutto il reame.
Si fermò un attimo.
Da quanto tempo non deliziava il suo palato con quel liquido rosso che riscaldava il corpo e allietava anche le notti più tristi?
Lui aveva una moneta d’oro.
Poteva comprare almeno una trentina di bottiglie di buon vino,  il migliore, ma non l’avrebbe fatto perché quel denaro era un dono dal cielo per sfamare la sua famiglia.
Avrebbe preso SOLO una bottiglia. Giusto per festeggiare la buona ventura.

Entrò nel negozio tutto baldanzoso.
Il venditore, un uomo dalla lunga esperienza, sulla cinquantina, che pareva avere fiuto per il profitto, lo guardò diffidente.
Giovani contadini orfani, sporchi e senza il becco d’un quattrino, solitamente, non entravano nel suo locale.
- VATTENE VIA! NON VOGLIO MENDICANTI NEL MIO NEGOZIO!- urlò con voce roca, diretto al ragazzo.
Romano non si scompose e, con falsa superbia, trattenendosi dal rispondere volgarmente, interrogò indispettito: - Per il buon Dio! E’ questo il modo di trattare un cliente, buon uomo?-
- Un cliente?- domandò l’altro, per niente convinto.
Romano sorrise sfacciato e tirò fuori la moneta d’oro zecchino.
- Certamente, lo sono!-
Il mercante prese in mano la moneta diffidente e la mise tra i denti.
- PERBACCO! E’ ORO! ORO VERO!- esclamò stupito.
- Giustappunto!- sorrise compiaciuto Romano.
- In questo caso cambia tutto! Cosa desidera il signore?- chiese riverente il viticoltore, inchinandosi.
Il ragazzo fece finta di girare, con aria esperta, tra le bottiglie di vino e ne scelse una che gli piaceva, con la scritta dorata, di una decina di anni addietro.
- Questa qui!- ordinò sicuro.
- Ottima scelta, mio signore!- sorrise il mercante.
Effettuarono lo scambio.
Il mercante, attraverso una bilancina, restituì l’oro che avanzava e prese in cambio la moneta.
Romano prese il collo della bottiglia e uscì allegro dalla porta.
Quando il ragazzo abbandonò il negozio, il venditore abbandonò il suo sorriso cordiale e chiamò il garzone.
Un bambino pallido, dagli occhi azzurro cielo,  che non poteva avere più di 10 anni.
Si sa, i mercanti, spesso, sono persone molto avide.

Romano aveva tanta voglia di aprire la bottiglia e assaporare quel buon vino, ma si decise per farlo solo dopo aver completato gli acquisti ed essere tornato a casa.
Feliciano, certamente, lo attendeva impaziente.
Chissà che sorpresa gli avrebbe fatto!
Poco dopo, si scontrò con  un bambino più giovane di lui.
- EHI! MOCCIOSO! STAI PIÙ ATTENTO!- rimproverò stizzito Romano.
Per tutta risposta, il moccioso si mise a piangere disperatamente, attirando la gente curiosa e, allo stesso tempo, contrariata.
Anche le guardie arrivarono.

- Cosa succede?- domandarono severe.
- Questo ragazzo ha rubato l’oro del mio padrone!!- piagnucolò il bambino.
- COSAAAAAA??- ululò incredulo Romano.
- E’ così?- interrogò un soldato guardando il ragazzo più grande.
- NON E’ VERO! E’ UNA MENZOGNA! QUEST’ORO MI APPARTIENE!- affermò sicuro e infastidito Romano.
La folla si radunò attorno per seguire la diatriba.
- L’ha rubato al mio padrone, così come il vino, quando questi serviva i clienti!- replicò il bambino in lacrime.
- RAZZA DI MOCCIOSO BUGIARDO!- aggredì Romano, incapace di trattenersi dal prenderlo per il colletto, fissandolo dritto negli occhi, provocando l’avversione disgustata della gente radunata.
A quel punto il vignaiolo si presentò nel cerchio della disputa.

- Grazie al cielo è arrivato, signore! Spieghi alle guardie che io non ho affatto rubato e che il vino l’ho acquistato col mio denaro!- incoraggiò Romano rivolto un po’ al mercante e un po’ alle guardie.
- Questo ragazzo..non l’ho mai visto!- dichiarò netto il venditore.
Romano impallì.
- COME NON MI HAI MAI VISTO?? HO ACQUISTATO IL VINO QUALCHE MINUTO FA!- supplicò esasperato  il ragazzo.
- Mai- confermò risoluto il vignaiolo.
I soldati fissarono con sospetto Romano che, in quel momento, realizzò il piano del mercante.
- BRUTTO BASTARDO!- e fece per scagliarsi contro il viticoltore, deciso a spaccargli la faccia, ma venne prontamente immobilizzato dalle guardie che lo presero dalle braccia.
- LASCIATEMI ANDARE! LASCIATEMI! QUESTO E’ UN TRANELLO BELLO E BUONO! VOGLIONO INCASTRAMI!- si sgolò il ragazzo, agitandosi nella potente presa dei soldati.
- Osate, forse, mettere in dubbio la mia onestà? La mia reputazione di persona perbene? – domandò con voce incredula il mercante, rivolto ai soldati.
Gli uomini, in armatura, scrutarono diffidenti il giovane che scalpitava.
- Forse il vino che ho consegnato personalmente alla reggia del re non è stato di vostro gradimento? Mi accerterò, la prossima volta, che pervenga un vino più pregiato che, certamente, incontrerà il vostro gusto e quello delle vostre famiglie!-  promise umilmente il vignaiolo.
- VECCHIO STRONZO! VAI A FARTI FOTTERE! SEI SOLO UN LURIDO..- sbraitò Romano, oramai scatenato.
- TACI LADRO INSOLENTE!- comandò perentorio un soldato,  interrompendolo, colpendolo, con l’estremità del bastone della sua arma, dritto in petto, lasciando il ragazzo boccheggiante.
Poi lo prese per i capelli e lo portò all’altezza dei suoi occhi, sogghignando:
- Sarai fortunato se ti lasceranno marcire in qualche cella buia !-
- Ma..ma ..non sono io il ladro! Chiedete di Antonio..Antonio Fernanchio Carruola!- implorò il Vargas, supplichevole, ma venne ignorato.
- Ecco il suo oro! Stia tranquillo, buon uomo! Questo furfante non l’importunerà più!- assicurò un soldato,  restituendogli la bottiglia di vino e l’oro che apparteneva a Feliciano.
- La vostra magistrale dedizione al dovere merita di essere ricompensata più spesso! Passate da me quando sarete stanchi e assetati!- s’inchinò il venditore, mettendosi in tasca l’oro di Romano.
- Certamente lo faremo con piacere!- avvalorò l’altra guardia.

Romano venne portato via.
Mentre veniva trascinato, rivolse un’occhiata furente e di disprezzo all’indirizzo del mercante.
- Accertatevi di buttare via la chiave! Certi briganti sono irrecuperabili ed è il caso di non ritrovarseli in giro!- affermò il venditore malevolo, leccandosi le labbra.


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 Questa è la mia terza fan fiction dopo “ Come luce e Buio” e  “Ciò che accade intorno a noi”.
Mi è venuta l’ispirazione all’improvviso.
Questa volta i protagonisti sono diversi e non viene sottolineato il loro ruolo di Nazioni quanto il loro “essere” fisico, sebbene in un contesto differente dal solito.
Tra qualche giorno posterò il seguito, rivelando il destino del povero Romano.
Per ora manterrò il target di lettura su arancione.
Se sentirò necessario approfondire, lo aumenterò.
A presto! :)
J

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Capitolo 2
*** Il Patibolo ***


IL PRINCIPE  E  L’ AMANTE
-Capitolo-2


                                                                                                  IL PATIBOLO

Romano venne sbattuto, senza troppo garbo, in uno di quei carri di legno che trasportavano prigionieri di guerra, assassini,  criminali, fuorilegge, streghe, mendicanti e zingare che leggevano i tarocchi.
- SONO INNOCENTE! ASCOLTATEMI! AVETE PRESO L’UOMO SBAGLIATO!- sbraitò disperato, aggrappandosi alle sbarre.
Fu tutto inutile.
I cavalli vennero sferzati e il carro fatto muovere.
Numerosi e vani furono i tentativi di spiegazione perchè le sentinelle, semplicemente, non lo consideravano.
Affranto si lasciò cadere sulla parete del vagone, portandosi le ginocchia al petto.

“ Che faccio adesso?” meditò sconsolato.

Una vecchia si approcciò a lui.
Il suo corpo e il suo volto erano nascosti da un lungo drappeggio ingrigito e ammuffito.
Romano la guardò con diffidenza.

- Povero ragazzo- gracidò rauca  - così giovane e già destinato alla morte! Quale sciagura!- disse levando le braccia coperte al cielo.Romano aggrottò la fronte.
Le campagne e i villaggi erano pieni zeppi di ciarlatani e folli fattucchiere che, oramai, aveva imparato a non dar loro più peso del dovuto e anche a  difendersi, se fosse stato necessario.
- Non c’è orrore più grande, per una vecchia come me, che vedere un adolescente penzolare per il collo!-
- Dove siamo diretti?- domandò brusco il ragazzo.
La vecchia sputò del muco verde.
- Nelle regie prigioni, se siamo fortunati! - sentenziò asciutta  - Altrimenti.. se non lo siamo..-
Romano si accigliò –.. se non lo siamo?- la incoraggiò.
- ..In pubblica piazza!- concluse lei con un ghigno.
Il cuore del ragazzo sussultò e rabbrividì.
- Non posso! Io devo tornare da mio fratello! Ha bisogno di me! Ho bisogno di parlare con qualcuno!- supplicò Romano, rialzandosi e calciando con forza lo spesso legno del carro.
- Dubito il tuo destino possa essere tanto diverso dal mio!- sancì la vecchia, ridacchiando sadicamente.
- Di cosa sei stata accusata, vecchia?- inquisì il giovane, cercando di leggerle gli occhi.
La vecchia gli prese la mano.
La sua era avvolta dal drappo, ma Romano percepì comunque le lunghe dita scheletriche e le unghie arcuate.
- Vuoi proprio saperlo?- e scoprì il volto, rivelando le piaghe del volto e gli ascessi della pelle.
Romano inorridì alla vista.
Quella era una prostituta, probabilmente vittima di quello che veniva definito il mal francese: la sifilide.
Presagio di sventura.
Con disgusto e ribrezzo, cacciò via la mano .
- PUTTANA FIGLIA DI CANI ROGNOSI! CHE IL TUO CORPO POSSA MARCIRE ALL’INFERNO  DIVORATO DAI LOMBRICI E DAGLI SCARAFAGGI!- chiosò schifato.
- Non farà una fine tanto differente dalla tua!- valutò, ridacchiando diabolica, quest’ultima.

Romano avrebbe dovuto confessarsi dal parroco della piazza per aver toccato quell’essere immondo, ma nutriva seri dubbi sul fatto che gli avrebbero permesso di mettere piede in una chiesa o anche solo in una cappella, ora.
Si ripulì la mano sui vestiti.
La vecchia l’osservò divertita.
- Cos’hai da guardare, profana figlia del demonio?- domandò irritato Romano, tenendosi a distanza.
- Il tuo frenetico strusciare!-  confidò la vecchia.
- Cerco di togliermi il tuo lordume di dosso!- proferì sdegnato l’altro.
- Oh, caro! Credo di aver frequentato salotti ben più lussuosi ed elevati di quanti ne abbia mai potuti immaginare tu!- lo stuzzicò la donna.
Poi avvicinò il suo naso adunco.
- ..E ho scoperto tante cose bizzarre che avvengono nei palazzi!- sogghignò.
Romano si distanziò prontamente.
- STAMMI LONTANO!-
- Come quando venni ingaggiata per allietare le caldi notti del principe ma, vedi, lui era…era..strano. A lui piaceva..-
A quel punto, Romano calciò quella ributtante donna, mandandola traballante sulle assi del carro.
- NON ME NE FREGA UN CAZZO! SONO INNOCENTE! VOGLIO TORNARE DALLA MIA FAMIGLIA !- si esasperò incollerito.
La vecchia si riavvolse nel lenzuolo e sghignazzò maligna: – Non la rivedrai mai più! Farai la fine di un qualunque misero criminale da strapazzo, quale sei! Appeso col cappio al collo!-
Romano prese a colpirla più forte, fin quando non venne fermato, affannato, da un soldato che lo prese per un braccio.
- Razza di furfantello!- la guardia lo tirò violentemente fuori dal carro e lo schiaffeggiò senza ritegno – T’insegno io ad attaccar brighe!-

Improvvisamente si udì una voce provenire dal sentiero :
- Cos’è questo baccano?-
Il soldato e Romano s’imbatterono nel principe Francis che era uscito per la consueta battuta di caccia che, a giudicare dal nutrito numero di carcasse, pareva essere fruttuosa.
Francis studiò la scena.
- Perché state picchiando questo ragazzo, monsieur?- domandò con la voce cristallina perfettamente intonata, dal marcato accento francese.
Il soldato scostò Romano, levandolo dalla vista del principe.
- Si tratta di semplici criminali, mio Signore! Li portiamo in città per farli giustiziare pubblicamente!- si scusò la guardia.
Afferrò il ragazzo per infilarlo nuovamente nel carro, ma il principe fece cenno con la mano di avvicinarlo.
- Stia attento! Potrebbe morderla!- avvertì il guardiano.
 
La guardia afferrò il mento di Romano, affinchè Francis potesse esaminarlo.
- E’ terribilmente sudicio e rozzo...- constatò altezzoso il francese, guardandolo con pena.
Romano lo sfidò con sguardo rabbioso e di disprezzo.
- …e indisciplinato!- assodò.
-Vuole che segreghiamo questo ladro nelle prigioni ?- domandò la guardia, afferrandolo fermamente per il collo.
- Io.Non.Sono.Un.Ladro!- protestò Romano, cercando inutilmente di divincolarsi.
Francis scrutò, ancora più interessato, il giovane e, sul suo viso, comparve un sorriso malizioso.
- Però non è male! Una volta ripulito potrebbe diventare , addirittura, attraente!-
Romano sgranò gli occhi.
Francis allungò la mano verso di lui.
- NON TI AZZARDARE A TOCCARMI, LURIDO PORCO MANIACO!- urlò Romano, fuori di sé.
- Una bellezza selvaggia!- ridacchiò ambiguo il francese, compiaciuto.

Il soldato colpì il giovane sul capo.
- NON TI AZZARDARE A RIVOLGERTI IN QUEL MODO A SUA ALTEZZA!- latrò.
- Ahah! Tranquillo paladino! E’ così patetico e affascinante che lo trovo..mm.. divertente!-  replicò Francis, fissando gli occhi inviperiti di Romano che s'infrangevano nei suoi sorridenti iridi celesti.
- Se sua altezza desidera, lo frusteremo e lo marchieremo col fuoco!- propose ossequiosa la sentinella.
- Mi piacerebbe poterlo trovare nelle mie stanze al ritorno dalla caccia. Pulito, possibilmente!- comandò il francese, strizzando l’occhio al ragazzo rimasto completamente allibito.
Anche il soldato era attonito.
- Vostra Grazie! Se posso permettermi…si tratta di un INFIMO CRIMINALE! Potrebbe essere pericoloso!- obiettò sconcertato.
Francis ridacchiò preso dall’ilarità.
- Cosa potrà mai fare questo monello? Rubare qualche forchetta d’argento dalle cucine?-
La guardia si azzittì sbigottita.
- Nelle mie stanze tra qualche ora!- ripetè convinto il principe.
- E cosa ne facciamo degli altri?- domandò perplesso l’altra sentinella.
Francis rivolse uno sguardo distaccato agli occupanti pigiati nel carro.
- Degli altri non so che farmene! Giustiziateli pure !- decretò con indifferenza.

Fu così che Romano proseguì il suo viaggio.
Prima d’imboccare la strada per la cittadella, dove era stato montato un grosso palco appositamente per il divertimento sadico delle genti, venne affidato a un altro reggimento che lo trattò con maggior riguardo.
Per quanto si potesse definire “riguardo” un ben poco confortevole viaggio a cavallo, legato come un salame da robuste funi e con degli stracci arrotolati per impedirgli di parlare.
Gli liberarono la bocca solo per permettergli di bere, di tanto, in tanto.

Arrivarono la sera alla reggia reale.
Romano se ne accorse perché tutto traspariva cura, magnificenza e perfezione.
Il giardino era immenso.  Decisamente , più grande dei suoi campi di pomodori.
Le bestie che lo abitavano sembravano non essere di questo mondo.
Uccelli e pesci dagli accesi colori occupavano statue e fontane, opere di famosi artisti.
Un pennuto colorato , era pronto a giurare il giovane, gli aveva rivolto la parola.
Non ebbe nemmeno il tempo di stupirsi di tutte quelle meraviglie che venne liberato, anche se non dubitava che, la fuga, sarebbe stata impossibile ugualmente, considerato il numero della guardie ai portoni.
Venne consegnato a delle leggiadre ancelle che lo accompagnarono nei bagni regi che, certo, avevano poco da invidare allo splendore dei giardini.
Quello non era un posto per  incolti villani e, per questo, il ragazzo non era a suo agio.

Le fanciulle lo spogliarono, nonostante le significative proteste di Romano, e tentarono a immergerlo in una vasca di acqua calda.
- POSSO LAVARMI DA SOLO, GRAZIE!- si dimenò imbarazzato.
Ma queste non parvero prestargli ascolto e lo strofinarono con forza, tramite delle spugne marine, per scrostargli il fango e lo sporco appiccicatosi sulla pelle.
Nonostante i tentativi di conversazione del ragazzo, le pulzelle sembravano troppo occupate a pulirlo per rispondere alle sue domande e, dato che non aveva modo d’opporsi, le lasciò fare.
Provò a fare mente locale e a ripercorrere gli eventi della giornata.
Era stato catturato a causa di un tranello.
 Invece di essere condannato a morte si trovava nel palazzo reale.
 Il principe, che non sapeva cosa volesse, desiderava la sua compagnia nelle sue stanze.
 E suo fratello era, ancora, a casa ad aspettarlo.
- CHE SITUAZIONE DI MERDA!- commentò sconsolato, portandosi una mano insaponata sulla fronte.

Venne lasciato, lindo e profumato, sopra un letto matrimoniale bordeau, impreziosito da cordicelle dorate e disegni di velluto.
Gli avevano dato da indossare una specie di corta tunica di seta bianca, ricamata da decorazioni verdi e perlacee, che risaltava sulla sua pelle abbronzata.
Non si aspettava gli restituissero i suoi indumenti rustici da contadino.
Provò a forzare le porte e le finestre, ma i lucchetti e i chiavistelli erano troppo massicci per riuscirci senza gli adeguati attrezzi.
Si stese sul letto ad attendere rassegnato l’arrivo del Principe che, a giudicare dai ciò che lo circondava, doveva essere un soggetto alquanto pretenzioso e viziato.
Proprio il genere di personaggi con cui Romano non sarebbe mai d’accordo.


Sentì la serratura che veniva rimossa e Francis, ancora bagnato, avvolto da un accappatoio bianco e azzurro, entrò suadente, portandosi alle labbra un calice di vino rosso.
Romano fissò le movenze di quell’individuo, esterefatto.
Muovendosi con grazia, si sedette accanto a lui e liberò l’umida lunga chioma bionda dal telo.

- Bonsoir!- sussurrò intrigante.
- Salve! Perché sono qui?-  chiese Romano insospettito.
- Mi hanno detto che hai rubato del vino..- e prese un altro calice, colmandolo di un vino di chissà qual pregio - ..serviti pure. Sei un mio caro ospite!- e gli porse il bicchiere.
Romano s’indispettì.
- Prima di tutto, vostra Grazia, io NON sono un ladro! Si è trattato di un fraintendimento, o meglio, di una trappola al fine di derubarmi dei miei beni!- spiegò.
Francis gongolò e si avvicinò ancora di più.
- Addirittura? Dei tuoi beni?- e lo sfiorò dolcemente sulla guancia con un indice bianco come la luce lunare – E cosa può possedere un contadino di così importante da renderlo vittima di una così insidiosa macchinazione?-
- Al..Alcuni grammi d’oro!-
- E come te li sei procurati?- sogghignò divertito il Principe.
- Me li sono guadagnati come ricompensa di una buona azione!- replicò Romano stizzito, allontanando le dita di Francis dal suo viso.
Il francese si alzò e, bevendo un altro po’ dal calice, s’inumidì le labbra.
- Bè..credo tu non possa dimostrarlo, dato che non vi sono testimoni pronti a soccorrerti!-
Romano abbassò lo sguardo e digrignò i denti.
Era vero! Nessuno avrebbe mai rischiato la pelle , per un povero villano, sfidando un potente esponente della casta dei mercanti.
Si morse le labbra dal nervoso.
Francis sorrise compiaciuto.

- Il furto è un grave reato, punito con leggi altrettanto severe! Però, forse, potrei farti scampare il patibolo e risparmiarti dalla gogna pubblica! -
Improvvisamente, il suo sorriso diventò insinuante e, avvicinandosi, ondeggiando,  poggiò le lunghe mani sulle coscie brune del ragazzo.
- Co..Co..Cosa..sa..- balbettò turbato Romano, mentre il francese muoveva le mani sinuose per tutta la lunghezza delle sue gambe – ..Cosa vuoi?-
- Cosa voglio?- domandò Francis sensuale.
Romano sussultò quando il Principe gli posò una mano sul suo sesso.
- No, aspetta! Credo..credo ci sia un equivoco..io..non..- esitò.
Prima che potesse completare la frase, Francis lo baciò direttamente con la lingua.
A quel punto Romano, riprendendosi dall’improvviso stupore, lo respinse con forza.
- CHE CAZZO STAI FACENDO?- gridò scandalizzato.
Francis si leccò le labbra, come per testare il sapore esotico di Romano.
Poi lo fissò con occhi languidi e, allo stesso tempo, maliziosi.
Romano intese fin troppo bene.
- Piuttosto la morte!- comunicò disgustato.
- Su questo puoi starne certo!- ridacchiò carezzevole l’altro, tentando un nuovo approccio.
- CHI CAZZO TI CREDI DI ESSERE, FIGLIO DI PUTTANA?!!- sbottò Romano.

**********************************
Fine del secondo capitolo.
Perdonate, la brutalità del linguaggio di Romano: perviene dal suo retroterra culturale, vittima anche dei tempi che furono, quindi non stupitevi troppo.
Epoca piena di pregiudizi quella..ma, come vi sarete ben accorti, neanche di fronte al principe, Romano, è disposto ad abbassare la testa. Forse..


 

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Capitolo 3
*** Le Stanze del Principe ***


IL PRINCIPE  E  L’ AMANTE
-Capitolo-3


                                                                                            LE STANZE DEL PRINCIPE

 

-  Ti sto offrendo la possibilità di avere salva la vita e tu la rifiuti? Lo trovo, quantomeno, inusuale, se non ironico! Non sono, forse, un bel ragazzo anch’io, sebbene con più anni alle spalle?- sospirò il francese stordito.
- Per l’amor di Dio! Sono un uomo!! Lo sei anche tu!!- ostentò Romano, dimenticando qualunque cortese formalità.
Francis alzò un sopracciglio incuriosito.
- Sai..io sono fidanzato con una ragazza di nobile casata. Lei è piena di virtù. Sa leggere la Bibbia, scrivere belle poesia d’amore, suonare l’arpa, ricamare all’uncinetto e imitare il canto degli usignoli!-
- I miei più sinceri auguri e figli maschi! Dio li benedica!- commentò stizzito l’altro.
- Ma io non sono attratto da lei, né da alcuna altra donna!- sancì sicuro il francese, di fronte uno sbigottito Romano.
- Per questo, lontano dagli occhi indiscreti di pettegole cameriere e col bene placido dei guardiani di palazzo, cerco vie alternative per trastullarmi nei momenti di sconforto e di noia!- confessò fissandolo intensamente.
Romano lo fissò perplesso.
- Tu non devi essere in salute per pensare che io possa assecondare i tuoi giochetti perversi e peccaminosi!-  ringhiò fra i denti- Non voglio finire all’Inferno a causa tua!-
Il principe si adombrò.
- Ti provoco così tanta ripugnanza?-
- Sinceramente, ti dico che sono nauseato dal tuo animo corrotto!- confessò acido l’altro.

Francis rimase impalato, poi arretrò leggermente e si fece scuro in volto.
- Molto bene! Vorrà dire che mi accontenterò del tuo fratellino!- sentenziò gelido.
Romano si agitò.
“ Come diavolo faceva a sapere di Feliciano?!”
- Ha 13 anni…non è vero?- disse volgendosi interrogativo a Romano che , silenzioso, sudava freddo.
- Ti sta aspettando a casa?- lo incalzò ancora, sorridendo smaliziato.
- SE TI AZZARDI A SFIORARLO, IO TI AMMAZZO!- esplose arrabbiato Romano.
Francis avvicinò le sue labbra rosee a quelle del ragazzo e sussurrò:
- Abbiamo un segreto, allora?- disse poggiando le dita affusolate sulle parti intime del giovane.
- Io non..non..ho..ah..non..-  farfugliò Romano.
- Fai finta che, tutto questo, sia sogno!- e cominciò a strofinarlo.
-Lurido figlio di puttana!- sussurrò adirato Romano- Che Dio possa fulminarti all’istante!Ah..!-
- Uno splendido sogno!- specificò l’altro, abbandonandosi alle labbra del giovane abbronzato.

Romano fissava con occhi vacui e impassibili le pareti della stanza, incapace di concepire quello che aveva appena consumato col suo vicino di letto.
Quest’ultimo gli posò una mano  sulla spalla.
- Come ti chiami?- bisbigliò gentilmente al suo orecchio.
- R..Romano..!- rispose lui titubante.
- Troppo volgare! Tipico dei cafoni dei borghi! – lo cassò Francis tracotante – Che ne dici di Lovino?-
- Lovino?- domandò lui sorpreso, senza alcuna voglia di polemizzare sull’adeguatezza del suo nome di battesimo.
- E’ assai più fine e musicale! Lo trovo molto dolce! Certo più adeguato a un amante!- confermò l’altro, illuminandosi.
- Scordatelo! Io non sarò mai una delle tue bambole ! Hai bene inteso? MAI!- s’inasprì risentito il ragazzo.
Il principe mise il broncio come un marmocchio: - Giammai ho detto questo!-
- Inoltre..- continuò Romano - ..devo tornare a casa! Feliciano sarà in pensiero!-
- Di questo non devi preoccuparti, giacchè, tuo fratello, si trova qui a palazzo!- affermò il francese, versandosi del vino nel calice.
- Come? Cosa?- si agitò sbalordito l’ex-contadino.
Poi si fece s’incupì - A che gioco sta giocando, Principe Francis?-
- Te l’ho detto…che abbiamo un accordo, no?- disse allargando un sorriso.
- NON COINVOLGERE MIO FRATELLO IN QUESTO STORIA!- s’inalberò Romano.
- Ohhh! Al contrario!- disse accarezzando gli scuri capelli castani dell’amante, arriciandoglieli delicatamente con le dita – Voglio dargli una seconda chance per vivere felice! Innalzare la sua esistenza  affinchè diventi, un giorno, un uomo colto e rispettato , degno di ogni madamigella di palazzo!-  allungò il braccio per stringere Romano a sé – Un bravo fratello dovrebbe certamente gioirne!-
Il fratello maggiore abbassò il capo pensieroso.
In alternativa, cosa poteva offrire lui a Feliciano?!:
Da sempre, sopravvivevano con un pezzo di terra, lottando tra il freddo e gli stenti.
Lui sarebbe sceso nell’empietà più sfrenata, ma Feliciano avrebbe trovato la salvezza e la gioia di vivere. Questo era buono e giusto.
Meglio che masticare fango tutta la vita!


Fu così che la vita dei fratelli Vargas cambiò radicalmente nell’arco di qualche mese.
Romano venne impiegato nelle scuderie reali, mentre Feliciano prese lezioni da maestri privati per apprendere il latino e diventare uno scribacchino adatto a riferire i comunicati e le volontà reali.
Romano, però, odiava quella sfrontata esaltazione di magnificenza a lui così inconsueta e insensata.
Tutto appariva così falso e ipocrita da dargli il voltastomaco.
Tuttavia Feliciano poteva crescere sereno e studiare l’alfabeto , che la cultura era importante, cosa che riempiva di orgoglio il fratello maggiore e gli permetteva di affrontare il principe quando questi chiedeva a Romano di soddisfare le sue fantasiose richieste carnali.
Fu durante uno di quei giorni che accadde l’imprevisto.

Romano stava sellando un grosso cavallo nero mentre Feliciano, accanto a lui, ripeteva ad alta voce le lettere dell’alfabeto.
- Sei diventato davvero bravo, Feli!- commentò affettuoso Romano.
Il fratellino, fiero del complimento del maggiore, riprese a leggere con più vigore.
- LOVVVVIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIINOOOOOOOOOO!- chiamò una voce, in perfetto accento francese.
- Perdonami un istante!- invocò indispettito Romano diretto al fratellino,  lasciandolo  da solo.
Girò l’angolo e trovò il principe che lo attendeva, spostando il peso da una gamba all’altra.
- Puoi evitare di chiamarmi in quel modo davanti mio fratello?- s’irritò il ragazzo.
Francis, per tutta risposta, lo abbracciò, prendendolo dalle spalle e gli sussurrò all’orecchio:
- Ti desidero! Ora!-
Romano poteva percepire il calore che emanava il suo corpo pigiato contro il suo.
- FELICIANO! TORNO TRA POCO! TU COMPORTATI BENE E CONTINUA A STUDIARE!-
Francis portò il suo amante dietro un arbusto e, strattonatolo al suolo, cominciò a baciarlo ossessivamente.
- Non dovremmo..mm..cercare un..posto più..mmm..appartato?- constatò Romano, dato che il sole era ancora alto nel cielo.
Il principe ridacchiò e prese a slacciarli i lacci dei pantaloni.
- Sei un…mm..dannato…depravato..ah!- bofonchiò rassegnato Romano.
- Merci, mon amour!-

Francis si rivestì con i suoi abiti impreziositi e abbandonò Romano, ancora ansimante, per terra.
Il ragazzo esaminò i lividi evidenti presenti su tutto il corpo.
Una vita miserevole, senza dubbio!
Faticosamente si mise a sedere.
Quel ninfomane non l’aveva nemmeno aspettato a causa dei suoi REGALI IMPEGNI : come apporre i sigilli alle merci; discutere dei problemi dei vassalli davanti una calda tazza di tè, circondato da nobili aristocratici mentre gli arazzi, che ritraevano il suo profilo, adornavano quei salotti buoni e surreali; decifrare scritte latine di cui Romano non conosceva il significato, né, tantomeno, ne percepiva l’importanza.
Ma cosa ne sapeva Francis di cosa significasse spaccarsi la schiena sotto il sole cocente?
E’ per questo che lui era un principe e Romano un semplice e ruvido bifolco di campagna.
Ma anche un bifolco poteva tenere alla sua dignità, anche se agli snob, con la puzza sotto il naso, la cosa poteva apparire grottesca e fantasiosa.

Sbuffando si alzò faticosamente e incrociò lo sguardo perplesso di gentili occhi verdi.
-Ohibò! Il nostro eroe inconsapevole!- poi notò le sue nudità.
Romano voleva sotterrarsi dalla vergogna.
Era nudo e logoro di fronte il capitano delle guardie che gli aveva consegnato la moneta d’oro, a suo tempo.
Antonio si soffermò riflessivo sul fisico consumato, abbronzato e scolpito del giovane.
L’altro  arrossì violentemente e provò a nascondere la sua intimità dietro l’arbusto.
Antonio ridacchiò imbarazzato: - Cos’è una moda di voi paesani giacere ignudi nelle proprietà altrui?-
- Io..mi sono addormentato..!- farfugliò.
- Immagino..- mormorò il capitano.
- E comunque io lavoro qui!- proclamò Romano, cercando di evitare quel discorso.
- Ah si? Non coltivavi pomodori?- s’interessò Antonio.
- Sono lo stalliere del principe ! Mi occupo dei cavalli!-  dichiarò Romano, mentre cercava goffamente di afferrare i vestiti, distesi abbandonati sul prato.
- Capisco..- constatò pacato l’altro, impassibile.
- Lei, invece? Cosa ci fa qui?-  interrogò il ragazzo allacciandosi i pantaloni.
Antonio distolse lo sguardo e i suoi tratti si addolorarono.
- Devo comunicare un messaggio!-
Romano scrutò il volto contrito, dalla preoccupazione, del capitano.
- Cattive notizie?- domandò flebilmente.
- Tristi e infauste!- assicurò Antonio, tornando a guardarlo negli occhi scuri-  Il re è morto!- annunciò.

La sera, nella sala grande, si radunarono fior fiori di nobili, cavalieri di alto grado, religiosi e le più prestigiose casate del paese per rendere omaggi e condoglianze al re e al suo principe.
Romano venne impiegato come cameriere per l’occasione.
Anche Feliciano venne sfruttato per servire il vino agli ospiti.
Lentamente, gli invitati sfilarono davanti al corpo e a Francis.
La maggioranza di loro portava in dono tesori, libri o pitture di artisti rinomati.
Sembrava facessero a gara a chi fosse riuscito a conquistarsi i favori del futuro re, in modo tale da ricavarne qualche vantaggio. Un nuovo possedimento , prestigioso titolo, un invito a cena e via dicendo.
“ Ipocriti!” meditò Romano, nauseato da tanta artificiosità.

Durante la serata, vennero fatte squillare le trombe.
Aristocratici, dame, preti e buffoni s’immobilizzarono per portare la loro attenzione allo speciale ospite che si apprestava a varcare la soglia del portone.
Coperta da veli celesti e argentati, una fanciulla fece il suo ingresso nella sala grande, attorniata da cortigiane che le tenevano le vesti per non farle strusciare sul pavimento lucido.
“ Una ragazza splendida!” considerò Romano, non potendo negare che quella creatura avesse un fascino quasi angelico.
- Ahhh! Ecco la mia adorata sposa! Sei la benvenuta in questa corte!-

“ La fidanzata di Francis!” s’indignò con scalpore Romano.
Tornò a fissarla. Era assurdo!
La fanciulla, che era poco più di una bambina, Romano suppose non dovesse avere più di 16 anni, era stata promessa in sposa a quel becero depravato?
Chissà cosa sopportava e avrebbe sopportato quella poveretta..
Non poteva fare a meno di provare un senso di sincera pena per la promessa sposa e un sentimento di ribrezzo per le usanze e i costumi di quel paese, che volevano la donna come una merce per unire le famiglie più potenti e per partorire la progenie, tramandandone la stirpe e il sangue.
Era una consuetudine ben radicata anche nella società e, quindi, nelle campagne , ma Romano, nonostante la sua indubbia ignoranza e poca erudizione, non apprezzava amori nati sulla base di convenienze, senza solidi valori morali e affettivi alle spalle. Era pur sempre un fervido credente !
Come raccontava sempre a Feliciano: l’amore rendeva la vita degna di essere vissuta.
Anche tra la pioggia e la siccità. In ricchezza e povertà.
A forza di ripeterlo, aveva finito per crederci fermamente anche lui.

Francis sorrise disinvolto alla pulzella che ricambiò con un falso e incerto sorriso.
Francis non si fece scrupoli della sua esitazione e afferrò la delicata mano dell’adolescente per mostrarla , quasi fosse un trofeo, ostentandone la grazia degli zigomi e la candida pelle.
Romano spostò continuamente la testa dalla fanciulla al Principe.
“ Anche i ricchi piangono! “ appurò fatalista.

****************************************************
Fine Terzo Capitolo.
Alla fine, seppure controvoglia, Romano si decide a sancire l’accordo con Francis per impedire al fratellino di bruciarsi la possibilità di avere un’esistenza “felice”.
Tuttavia, la strana piega che prenderanno gli eventi, vedranno il maggiore coinvolto in situazioni sempre più “particolari” e pericolose.
Come ne uscirà?
Alla prossima.


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Capitolo 4
*** Le Celebrazioni ***


IL PRINCIPE  E  L’ AMANTE
-Capitolo- 4

                                           
                                               LE CELEBRAZIONI 



Francis accompagnò la fanciulla in mezzo alla sala.
- Spero di meritare la cortesia di un suo ballo!-
Così dicendo,  si aprirono le danze.
Romano e Feliciano si misero in disparte a osservare gli studiati passi delle danze tradizionali di corte.
In genere, in certi ambienti, si approfittava di riunirsi in ogni occasione possibile.
La messa, le feste, i banchetti, le cerimonie, il circo …erano tutti pretesti per: conoscere gente importante, spettegolare, richiedere favori o, perché no, maritarsi.
Anche un funerale reale rappresentava un’opportunità notevole e, certamente, non irrilevante per bramosi e zitelle.
Il lutto, si sa, lo avrebbero imposto al popolo e palesato all’esterno con indumenti neri e suoni di campane d’ottone.

Romano rimase sprezzante, con le braccia conserte  e con la viva intenzione di tenersi alla larga: fuori dalla baldoria e dall’euforia delle danze, avrebbe evitato di mescolarsi in un ambiente a lui poco consono e ostile.
 Dal canto suo, si era già stancato di tutto quel perbenismo camuffato.
Feliciano, invece, mirava estasiato la scena, incapace di trattenere i suoi piedi dal battere a tempo di musica.

A un certo punto, le coppie cominciarono a invertirsi e a scambiarsi il partner.
Presto, tutti gli ospiti diedero sfoggio della loro abilità danzante, tanto che l’ampio salone venne occupato da vestiti fruscianti e colorati.
La calca e la confusione non fecero che irritare sempre di più Romano, il quale si convinse ad abbandonare il salone.
Fece per prendere il fratellino, ma questo era scomparso dal suo fianco.
Preoccupatosi per la sua mancanza, Romano tentò di farsi spazio tra la folla schiacciata ai bordi, per cercare d’individuarlo, ma qualcuno lo fermò dal polso.
Era Francis.

Gli si avvicinò all’orecchio bisbigliando soavemente:
- La festa non è finita, mon amour!-
Romano strattonò il braccio bruscamente, provocando il sarcasmo del francese.
- Cos’è? Oggi ho mostrato poche attenzioni nei tuoi confronti? Posso rimediare..- sussurrò ambiguo.
- L’ultima cosa che voglio sono proprio le TUE attenzioni!- replicò gelido Romano.
Il principe proruppe in una grassa risata e gli accarezzò amorevolmente il mento.
- Sei scontroso e selvaggio come un cinghiale ferito, ma, come ben sai, ai cacciatori più esperti piacciono le sfide più ardue !- e con malizia gli infilò un bigliettino nei pantaloni, nascondendolo bene tra le pieghe della stoffa, provocando nel ragazzo un imbarazzato disagio.
Poi, disinvolto, gli sorrise e lo lasciò solo in mezzo la gente stretta nelle danze.
Indugiò un po’ prima di notare Feliciano che era ricomparso disorientato tra le gambe degli invitati.
Con una mossa fulminea lo acciuffò per un braccio:
- Andiamo a casa!-


Romano colmò le ciotole fino all’orlo di legumi insaporiti con cipolla, basilico e capperi.
Terminati i ringraziamenti religiosi, i Vargas si accinsero a mangiare.
Mentre il maggiore aveva già portato alla bocca tre cucchiaiate, Feliciano rimase impassibile a girare lentamente la posata nei fagioli e nelle lenticchie, con occhi assorti.
Romano, accortosi del fratellino, insolitamente taciturno, gli rivolse la sua attenzione.
- Si raffredderà se non la mangi subito, Feli!- sussurrò pacato.
Ma il minore non rispose, preso dalle sue tribolazioni.
- Tutto bene, Feliciano? Non hai fame?- domandò preoccupato.
Il fratellino si riscosse:
- Eh? Ah! Si, si…mmm..Fratellone..?-
- Che c’è?- interrogò l’altro, impensierito.
- Cosa pensi..della sposa..di Francis?- chiese titubante il minore.
Il maggiore rispose freddamente:
- Quella poveretta dovrà sopportare le pene dell’Inferno, te lo dico io!- concluse , sorseggiando la poltiglia del suo piatto.
Feliciano perseverò:
- Non pensi che sia..carina?-
Romano strinse gli occhi ma ammise che, indubbiamente, fosse una delle più belle ragazze che avesse mai visto nel reame e nei suoi dintorni.
Feliciano esaminò meditabondo la sua ciotola di legumi, sotto lo sguardo sospettoso del fratello maggiore.
- OH NO, FELI! NO!-

Si fece prontamente serio e autoritario.
- Levatela dalla testa, Feli! Quella ragazza sedicenne altolocata NON È ALLA TUA PORTATA! Probabilmente, non ti rivolgerebbe nemmeno la parola! -
Feliciano battè le palpebre perplesso, ma subito prese a esporre le sue ragioni, emozionato e trepidante:
- Ci siamo imbattuti l’un, l’altra, alla festa mentre si ballava! Lei è stata gentile con me! Ci siamo scambiati qualche parola! Ha detto che avrebbe avuto piacere a rivedermi e io…!-
- Forse non ti è chiaro? SCORDATELA! Non è adatta a noi! La ragazza è la promessa sposa del principe! - decretò il maggiore.
- Ma tu..tu dici sempre che l’amore…- tentò nervoso l’altro.
- L’amore, Feliciano, non vince sulle convenienze sociali!- disse lanciandogli un’occhiata torva.
- Ma..-  s’imbronciò il minore.
- E’ sconveniente e lo sai!-  sancì Romano, tutt’altro che conciliante.
Non voleva sembrare un bruto senza cuore, ma doveva evitare che il fratellino soffrisse o, peggio, si cacciasse in qualche pericolo a causa di una cotta platonica e adolescenziale per una causa persa in partenza.
Feliciano si alzò tremante e cacciò indietro una lacrima.
- Non ho fame! Vado a dormire!- e depresso s’incamminò verso la sua stanza.

Rimasto solo, Romano contemplò la ciotola, ancora piena, di Feliciano.
- Ma guarda un po’! Con tutti i problemi che ci sono, si doveva aggiungere pure questo!-
Svuotò il piatto nel pentolone.
Il fratello, meditò, l’avrebbe mangiato il giorno dopo o quando gli sarebbe venuta fame.
“Ma poi, con tutte le belle ragazze del villaggio, proprio della promessa sposa del principe doveva invaghirsi?”.
Ripose le posate nella mensola.
“ Bah! Gli passerà! Se studierà e si comporterà bene potrebbe attirarsi le grazie della figlia del macellaio del villaggio o della pupilla dei De Cariddi, i commercianti di seta!”
Piegò bene la tovaglia, dopo averla liberata dalle briciole.
“.. A quel punto potrà condurre una vita dignitosa senza più fantasie o utopie per la testa!”
Romano, a quel punto si sedette sopra una sedia, portandosi un braccio sulla testa per appoggiarci la fronte.
Sorrise dolcemente.
“ Eh si, che i bambini vivono di sogni e d’immaginazione ed è un bene che sia così!”
Tirò fuori, dalla sua biancheria intima, il bigliettino che Francis gli aveva consegnato.
“ Perché la realtà è molto più dura e crudele!”
Lo aprì.
“ E i sogni finiscono crudemente per infrangersi!”

Nonostante Romano non fosse particolarmente istruito, riuscì a decifrare il contenuto del  bigliettino che conteneva delle informazioni minime, ma, per Romano, fin troppo chiare ed esplicative.
                                    
                                            NELLE STANZE SEGRETE DELL’ALA NORD-OVEST
                          FESTA IN MASCHERA  ALLE 10.

                         
                                                                                               FRANCIS BONNEFOY



Era un invito di Francis affinchè si presentasse ad una delle sue feste in maschera.
Sapeva dove si effettuavano perché Francis gli aveva permesso di assistervi qualche volta.
All’apparenza erano luoghi d’incontro esclusivi e selezionati, in realtà frequentati da papponi e prostitute pronte a vendersi per pochi danari.
Aveva sperato di non dovere mai prendere parte a queste, vere e proprie, orgie, ma alcuni mesi gli erano bastati per capire quanto l’animo del principe potesse scendere in basso e macchiarsi di vizi.
Prima o poi avrebbe coinvolto anche lui e, su questo, non si era mai fatto illusioni.
Le sue serate goliardiche , spesso, presentavano risvolti blasfemi e i particolari davano sempre i brividi, ma quello che succedeva rimaneva all’interno di quelle quattro mura.
Se fosse trapelato all’esterno, probabilmente, lo stesso Papa, in persona, si sarebbe scomodato per scomunicare l’intera discendenza reale e i suoi adepti.
Ma chi partecipava era gente fidata o impossibilitata a parlare. Come lui.

Entrò nella saletta, vestito come si confaceva all’evento.
Francis gli aveva fornito un guardaroba di tutto rispetto, ma, Romano scelse l’abito e la maschera più discreta che riuscì a trovare: semplice e color vino.
Sperò, in questo modo, di suscitare poco interesse da parte degli ospiti intenti nelle loro “ attività”, non sempre col senno o con la fede ad accompagnarli.
Presto venne investito dai profumi e dalle luci del giubilio.
Il vino, chiaramente, si sprecava e i trucchi e le maschere, ricamate con pietre preziose e lucenti, risaltavano come fiori sul ghiaccio.
Gli invitati, spesso in stato di ebbrezza, ridevano ed effettuava giochi erotici con chi gli capitasse a tiro.
Già, Romano, provò il forte impulso di andarsene, ma ciò che veramente gli raggelò il sangue seguì poco dopo.
Non credeva Francis potesse arrivare a scendere più in basso. Invece poteva.

Dei fanciulli, abbigliati con vestiti color perla e luna, servivano liquori e vino.
Alcuni di questi giacevano inermi sui divanetti, altri erano lambiti da mani ben poco innocenti.
Erano giovani. Molto giovani. TROPPO giovani.
La loro voce era ancora angelica.
Romano ripensò a suo fratello, strinse i pugni, le unghie si conficcarono nella sua carne, mentre  il sangue gli ribolliva nelle vene.


Da dietro una tenda, arrivò Francis.
Portava pesanti abiti di velluto e piume variopinte e il suo volto s’illuminò di gioia alla vista del suo amante, a suo dire, preferito.
- AHHHH! Lovino!Sei arrivato, mon amour!-
- Mi fai schifo!- ringhiò secco, fra i denti, Romano.
Francis si stupì e strabuzzò gli occhi confuso.
- Perché così tanto veleno deturpa la tua voce, mon cher?-
Romano incrociò le braccia e fece cenno con la testa ai fanciulli.
Francis seguì lo sguardo e poi scoprì un sorriso malizioso verso di lui.
- Sei geloso?-
- Stai avvelenando il loro corpo e il loro spirito per la tua, la vostra, libidine e vostro diletto!- commentò acido e furente il ragazzo.
- Ahah! Ti assicuro che non faccio loro del male!- garantì il principe, posandogli una mano sulla spalla.
- Spero che una voragine infernale possa ingoiarti per intero, Francis!- sibillò Romano furioso e tutt’altro che convinto dalle sue infide parole.
- Ah, Lovino! Sei l’unico così genuino in un mondo così mendace!- adulò il francese, quasi commosso, stringendolo enfatico tra le braccia.
- Ti assicuro che mi sto trattenendo!- replicò l’altro, senza degnarlo di uno sguardo.
- Basta parlare!- sentenziò allegro il principe, liberandolo dalla stretta, ma prendendolo dalla mano.
Trascinò Romano in mezzo alla sala e posò le sue sinuose mani sulle anche di questo.
- Godiamoci la festa!- dichiarò intrigante, con un pizzico di lussuria nella voce.

************************************************
Fine Capitolo 4.
Romano suo malgrado deve assecondare il volere del principe che, certamente, non si fa alcuno scrupolo ad approfittarne.
Nel prossimo capitolo, tuttavia, Romano reagirà in maniera del tutto imprevista e ciò potrebbe costargli caro.

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Capitolo 5
*** La Penitenza ***


IL PRINCIPE  E  L’ AMANTE
-Capitolo- 5

                                                                        LA PENITENZA


Francis baciò avidamente il ragazzo fino a fargli mancare il respiro.
Romano, ovviamente, non potè respingerlo e assecondò le labbra del francese, nonostante lo disprezzasse con tutto se stesso.
Cercava solo di estraniarsi da quell’atto, così come faceva quando il principe era in intimità con lui e facevano sesso.
L’unica cosa che si riprometteva sempre era: di non dare soddisfazione al principe.
Non avrebbe MAI versato una sola lacrima o emesso un singolo singhiozzo a causa sua. Mai!

Presto la coppia diventò oggetto d’interesse degli invitati, stupiti dalla considerazione che il principe rivolgeva a un ospite così anonimo, introverso e scolorito.
Staccatosi dalla bocca del compagno, Francis lo fissò voglioso e afferrò un lembo della veste di Romano, il quale sussultò.
“ Non vorrà abusare di me davanti a questi porci ?”
Francis sorrise smaliziato.
- Francis ..non vorrai..- sussurrò Romano sconvolto.
Repentino, il francese abbassò bruscamente le spalline del vestito, snudando il seducente petto del ragazzo, provocando la colpita ammirazione della folla mascherata e l’allarme sconcertato del ragazzo.
Il fisico di Romano, giovane, bello, abbronzato, temprato dal lavoro e dalla fatica, era qualcosa d’insolito nelle corti e nei bordelli di palazzo e, certamente,  risultava appetibile, costituendo valido motivo di seduzione non indifferente.
Angosciato guardò Francis, quasi supplichevole, mentre questo smanettava attorno alla corda che gli reggeva i pantaloni.
- Francis, non disonorarmi oltre!-
- Di quale onore parli?- chiese con un tono dolce, che nascondeva tutta la sua libidine, e slacciò la corda che cadde ai suoi piedi.
Adesso la folla fremeva, mentre il principe si apprestava a spogliare completamente il giovane.
Romano, tempestivamente, bloccò fermamente la mano del francese.
- Francis..non lo faccio qui, davanti a tutti!- affermò serio.
- Chi è che dà gli ordini?- domandò l’altro, alzando un sopracciglio, ma , constatando la risolutezza dell’altro, addolcì lo sguardo, quasi provando pena per lui.
- Non sei forse il mio amante, Lovi?- s’imbronciò.
- Malauguratamente, lo sono..tuttavia, conservo una dignità! E’ diverso! Davanti queste carogne non ho intenzione di esibire, né, tantomeno,umiliare il mio corpo!- sancì sprezzante.
- Non sei ancora abbastanza disinibito!- constatò desolato il francese, portandosi le dita alla bocca.
- Grazie a Dio!- ringraziò sospirando Romano, volgendo gli occhi al cielo.
- Ma io so come risolvere l’impasse!- e battè le mani, richiamando uno di quei fanciulli.
Questi versò del vino in una coppa trasparente, incastonata di smeraldi, e si apprestò a seguirli.

Francis ghermì il petto di Romano, stringendolo a sé.
Costretto a seguirlo, venne trasportato in una saletta violacea, dalle luci soffuse, che profumava d’incenso fruttato.
Lo aiutò a stendersi su un triclinario, una specie di divano come quelli che usavano gli antichi romani per mangiare distesi, dal legno massiccio, intarsiato di vari animali predatori.
Il principe si distese accanto a lui, tenendogli con la mano sinistra la spalla, con la destra, invece, accarezzava dolcemente la mascella del ragazzo.
Il bambino, dagli occhi grandi e spenti, entrò nella saletta.
Romano socchiuse gli occhi per cercare di mettere meglio a fuoco.
- Cosa vuoi farmi bere?- domandò dubbioso.
- Solo del vino, mon amour!- sussurrò amorevolmente il francese, prendendo la coppa dalle mani del bambino.
Nonostante la diffidenza, Romano non riuscì a impedire al principe di riversare il liquido nella sua gola.
Il sapore era dolce, come quello del vino, ma il retrogusto aveva qualcosa di amaro. Strano. Inconsueto. Imprevisto.
Sentì il corpo bruciare.
- Cosa mi hai fatto bere, Francis?- insistette Romano.
- Te l’ho detto, mon petit chiot! Del vino..- cantilenò l’altro, mentre seguitava a liberarlo degli indumenti rimasti.
Il corpo di Romano cominciò ad abbandonarlo. Si sentiva leggero, lontano e confuso.
- Un vino che ti farà sentire molto bene!- rimarcò ambiguo.
Presto la vista prese a offuscarsi.
Sentì nuove voci aggiungersi alla saletta, prima silenziosa, ma non era in grado di appurarlo  per certo, a causa dei vorticosi giramenti di testa.
Sapeva che Francis era riuscito a spogliarlo totalmente, perché l’aria, nonostante non fosse particolarmente fredda, anzi, gli faceva venire i brividi lungo tutto il corpo.
Percepì anche l’umidità della saliva sul petto e l’indugiare di arti tra le sue gambe, ma quello che più lo disorientava era l’estraneità di quelle mani.
Era abituato a essere toccato da Francis, ma quelle numerose mani..non le riconosceva e non sapeva di chi fossero.
Questa consapevolezza lo portò ad agitarsi spaventato, ma la voce di Francis arrivò rassicurante: - Stai tranquillo! Presto sarà tutto finito!-
Non che fosse in grado di respingere quelle inopportune attenzioni.
Ai brividi successero i  sudori e Romano si ritrovò ad ansimare, ingoiando voracemente l’aria, mentre veniva impunemente esplorat e disonorato.
Non appena venne, perse i sensi e si abbandonò completamente sul triclinario.

Quando si svegliò erano passate almeno due ore.
Si sentiva ancora stordito e il corpo gli pareva paralizzato e intorpidito.
Riuscì a malapena a volgere la testa verso la presenza di calore che si diffondeva sul suo collo.
Era una mano che lo stava accarezzando: vecchia, butterata e macchiata dall’età.
Romano rabbrividì e raccolse tutte le forze che aveva per alzarsi di scatto e focalizzare chi si trovava davanti a sé.
Tolse la maschera che nascondeva un uomo tra la sessantina e la settantina d'anni che lo guardava voluttuoso e che tentò di baciarlo senza remore.
Romano provò un senso di raccapriccio al solo sentire il suo alito pestilenziale che rivelava gengive ritirate dall’eccessivo tartaro.Si adirò.

Aveva stretto un patto con Francis per necessità, ma nessun’altro aveva il diritto di toccarlo o approfittare di lui. Nessuno. Non l’avrebbe permesso.
Prese la coppa e la schiantò sul capo del vecchio sbigottito, ferendolo alla testa, provocandone il sanguinamento.
- FIGLIO DI PUTTANA! PROVA A TOCCARMI E IO T' ACCOPPO ALL’ISTANTE!!!- urlò Romano, al colmo della rabbia.
Afferrò l’anziano per il colletto e lo scosse violentemente.
- RAZZA DI PORCO BAVOSO.. COME OSI TOCCARMI, EH?-
All’uomo cadde il mantello che gli copriva le spalle e il collo, svelando il crocifisso d’argento che portava legato al collo.
Romano si fermò, fissando smarrito e incredulo quell’oggetto.
“ Come può, un essere così meschino, vantarsi della parola del Signore?!”

Il principe, accortosi del trambusto, rientrò nella stanzetta e, guardandosi intorno, comprese bene l’accaduto.
- Che bambino capriccioso!- commentò.
Romano alluse all’oggetto del vecchio e Francis, sarcastico, introdusse il personaggio:
- Ti presento il Cardinale Miroy De Chanteu!- sorrise.
La rivelazione colpì il ragazzo come un masso.
“ Ma come? Un uomo di Chiesa…un Cardinale!! ”
Per un attimo rimase impietrito, ma, subito dopo si risolse.
Strappò il crocifisso dal collo del Cardinale e con disprezzo decretò:
- Lei non è degno di questo dono!-

Il Cardinale, che fino a quel momento era rimasto passivo alle gesta di Romano, si rimise in piedi, sistemandosi il mantello e il cappuccio.
Gli altri invitati, che pure non entrarono nella saletta violacea, rimasero sull’uscio della porta a origliare.
- E’ questo il modo di trattare gli ospiti? Dico bene..io sono un Cardinale, sa? – protestò rivolto al principe.
- Lo perdoni! E’ un villico! Non l’ho ancora addestrato bene!- rispose Francis con falsa costernazione.
- Sarà opportuno che lo faccia! Dovrebbe portare educazione e rispetto! Io sono un Cardinale, sa?-
- ME NE SBATTO LE PALLE DI CHIUNQUE SIA! MARCIO FINO AL MIDOLLO! NON E’ DEGNO DI QUEL TITOLO!- esplose Romano, frustrato dall' essere trattato come una merce di scambio.
- Frena la lingua, moccioso!- sibillò Francis, approcciandosi al suo orecchio, minaccioso.
- Come..COME SI PERMETTE QUESTO ! Io sono un CARDINALE, sa? Pretendo le sue scuse!- asserì l’anziano uomo di Chiesa, esterefatto!
Romano non abbassò lo sguardo, né, tantomeno, smise di guardarlo torvo.
Non aveva la benché minima voglia di scusarsi. Al contrario.
Francis si approcciò nuovamente a lui, fremente e intimidatorio.
- Vuoi forse farti mozzare la testa all’istante?- interrogò in un sussurro – Scusati subito!-
- VAI A FARTI FOTTERE!- sputò Romano con spregio.
Gli ospiti presero a ciarlare sconvolti tra loro, sottovoce.
Oramai la vicenda aveva catturato l’attenzione di tutti.
Chissà per quanto sarebbe girata la voce tra i corridoi di palazzo.

Il Cardinale diventò rosso come un pomodoro, dal furore, ma poi si sgonfiò e pacatamente si rivolse a Francis.
- Mi aspetto che prenda i dovuti provvedimenti!- provocò spocchioso.
Francis si accigliò a fronte del ragazzo che vanificava i suoi sforzi di rimediare alla sua testa calda e insisteva nel "gettarsi nella fossa dei leoni".
Romano sbuffò e si beccò in faccia uno sganassone dal vecchio accompagnato dall' epiteto:
- Impertinente!-
Il ragazzo si massaggiò confuso la guancia ma rispose calciando il ginocchio del Cardinale, buttandolo a terra.
- AH!UH! ..Questo..QUESTO E’ TROPPO! IO SONO UN CARDINALE, SA?- sbraitò rauco il vecchio, richiamando le due sentinelle poste a guardia degli svaghi del principe.
Si sa che, i superbi vertici delle istituzioni religiose esercitavano il loro potere come se fosse loro attribuito da un’entità superiore, ma le guardie, prima di portare via Romano, chiesero la conferma al principe, il quale fissò, sprezzante e con gli occhi di ghiaccio, il ragazzo.
Romano ricambiò frustrato.
- Te lo sei meritato!- sibillò disgustato, senza prendere le sue difese.
Romano non rispose, ma digrignò i denti rabbioso, continuando a guardare in cagnesco l’anziano Cardinale.
- Portatelo via!- ordinò infastidito il Cardinale, come fossero alle sue dipendenze.
Francis nemmeno considerò Romano che veniva portato, di peso, lontano da quella sala.
Forte era il potere papale e conveniva avere il suo appoggio in caso di conflitti armati.
Senza contare la sua reputazione : che sarebbe rimasta inesorabilmente intaccata da qualunque segno di debolezza, a maggior ragione se sprecata per un contadino.
I ribelli e i traditori facevano tutti la stessa fine. Purtroppo.

Le manette erano particolarmente strette, ma Romano non protestò, tanto era nervoso.
Aveva preservato la sua dignità davanti gli altri e se stesso, tuttavia non conosceva quale sarebbe stato il suo destino attuale.
La sentinella lo portò nelle prigioni che si trovavano nei sotterranei del cortile esterno del palazzo.
Scesero delle scale di pietra, trovandosi in corridoi stretti e umidi.
- Ci rincontriamo eh? Piccolo criminale !-
Romano alzò gli occhi e si trovò faccia, a faccia, con la guardia che l’aveva schiaffeggiato fuori dal carro dei condannati, poco prima dell’incontro con Francis.
Alzò gli occhi al cielo con aria insofferente.
- Marmocchio Insolente!- e gli strinse così forte i polsi da impedirgli di percepire il sangue pulsargli nelle vene - Qui non c’è nessuno a garantirti un beato soggiorno o, tantomeno, la tua incolumità , anzi… mi accerterò, personalmente, che sia quanto di meno piacevole possibile!- così facendo gli torse un braccio portandoglielo dietro la schiena.
Poi lo spronò ad avviarsi in una cella, dove venne scaraventato in malo modo, ancora ammanettato.
- Spero tu possa godere della compagnia!- sogghignò la guardia mentre chiudeva la cella, lasciandolo al buio.
- Torno tra qualche ora a farti visita! In quanto tuo custode, mi hanno affidato il ben preciso compito di OCCUPARMI di te e puoi star certo che ADEMPIRO’ DILIGENTEMENTE ai miei doveri. Se sai cosa intendo?- e indicò le ombre dei ferri che giacevano nei corridoi.
Una prospettiva tutt’altro che allettante per Romano, il quale punzecchiò:
- Tsk..uscirò presto da questo tugurio!-
- AH! Davvero? E come credi di fare? Se speri che il principe Francis venga in tuo soccorso..bè..hai preso un granchio, marmocchio! Ho sentito cos’hai fatto!- replicò velenoso l’altro.
Romano non rispose, ma avvicinò il volto alle sbarre, quasi a sfidare il guardiano.
Quest’ultimo ricambiò sprezzante:
- Credi di essere speciale per sua Maestà, non è vero, eh? Tu, ragazzino, sei solo il nuovo e semplice P-A-S-S-A-T-E-M-P-O del principe. Quando si sarà stufato di te, se Dio vuole: molto presto, allora ti getterà via come ha fatto con gli altri suoi giocattolini!-
Romano ringhiò, fissando il custode, ma senza degnarlo di una parola.
- A quel punto…- continuò la guardia, tirando fuori un pesante corda– niente ti salverà dalla forca!- e simulò un’impiccagione .
Così, scoppiò a ridere, e si allontanò per il corridoio.

Romano rimase seduto nella polvere, appoggiato al massiccio muro di pietra.
Il buio era pesto, schiarito solo leggermente dalla fioca luce lunare che penetrava dalle sbarre della piccola finestra situata in un unico punto.
L’umidità penetrava fin dentro le sue ossa e numerose goccioline scivolavano sul terreno fangoso.
I ratti, a cui brillavano gli occhi, si tenevano a distanza dai vivi, ma non aspettavano altro che un loro mancamento per saltargli addosso.
Romano aveva appreso a temere i morsi dei roditori a causa delle morte di numerosi compagni della sua generazione e conoscenti.
Più passava il tempo,  più nessuno si faceva vivo, più si pentiva del suo comportamento.
Non certo di aver risposto a tono a quell’uomo di Chiesa, corrotto nell’animo, quanto di aver agito da irresponsabile, se non da stupido, considerando che doveva proteggere Feliciano.
“ Maledizione! E se non dovessi trovare il modo di uscire da qui? Marcirò qui dentro in eterno?”
Il ragazzo si angustiò, non sapendo che fare.
E quando non sapeva o poteva fare nulla, conosceva una sola speranza a cui appellarsi: la fede.
Nonostante le manette, afferrò il crocifisso che aveva sottratto al Cardinale.
Passò le dita su quell’argento, così freddo e scintillante,s’ inginocchiò e recitò le preghiere che conosceva.
- Signore, se mi ascolti, dammi la forza di affrontare tutto questo!- si raccolse in un'altra lode - E di proteggere mio fratello!-

- Sei…sei..sei il prete?- domandò una debole e arrochita voce.
Romano sobbalzò.
- Chi ..chi ha parlato?- inquisì allarmato, guardandosi intorno, ma non vedeva bene a causa dell'oscurità.
- Ahhhh, vedo la croce che porti al collo! Sei venuto..a prendere..la mia ultima confessione!-
Romano sfruttò il crocifisso e la luce lunare per illuminare fiocamente la zona da cui proveniva il suono di quella voce e si accorse della presenza di un corpo umano, o,  perlomeno, supponeva lo fosse, penzolante dal soffitto.

**************************
Fine del Capitolo 5.

Chi è quell’uomo?
Romano riuscirà a salvarsi?

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Capitolo 6
*** La Confessione ***


 IL PRINCIPE  E  L’ AMANTE
 -Capitolo- 6

                                                                                       LA CONFESSIONE



Romano si avvicinò prudentemente alla persona che pendeva dal soffitto.
Aveva già abbastanza problemi e non voleva davvero incorrerne in altri.
Era legata tramite grosse catene fissate ai polsi e la sua pelle era martoriata e infettata a causa delle torture subite.
Doveva trovarsi lì da mesi e quella lunga prigionia l'aveva portato a blaterare in maniera insensata e confusa.
Il ragazzo distolse lo sguardo nel constatare i profondi squarci tra le costole.
- Hai visto cosa.. mi han.. fatto? COF.. Dove si trovava l’Onnipotente ..mentre mi annegavano, bruciavano e laceravano le mie ..carni? Perché ..non ha ..udito ..le mie suppliche? COF..COF.. Me lo dica lei!-
Romano comprese il patimento di quella persona, chiaramente provata, irrimediabilmente, nel corpo e nello spirito, ma non poteva arrogarsi il potere d’interpretare il disegno celeste che apparteneva certo a persone moralmente più elevate di lui.
- Io.. non sono un prete! Mi dispiace..!-  affermò desolato.
- Ma tu.. conosci i canti della Bibbia,… i riti e… le preghiere.. cristiane..ti ho udito pr..pr..prima celebrarle..! PP..pp..porti.. la crocee ..al collo! COF..- implorò l’altro titubante.
- Ciò non mi consente di ricoprire un ruolo che non mi spetta e a cui non posso minimamente aspirare!- constatò dispiaciuto Romano.
- La prego..La prego..! Ho atteso..COF COF.. a lungo qualcuno.. che ascoltasse ..e.. COF COF.. mi desse la redenzione! Ho molto peccato! Non posso…posso.. morire..re.. serenamente.. senza confessione..COF COF!-
Non sarebbe rimasto a lungo in vita, questo, Romano, lo vedeva bene.
Già poteva considerarsi un miracolo che lo spirito avesse retto fino a quel momento,  ma lui non poteva avocare a sé funzioni religiose.
Non aveva preso né i voti, né aveva studiato le Sacre Scritture, se non oralmente in Chiesa. Non era in grado d’interpretarle e confessare quel carcerato...: sarebbe stato un gesto profano da parte sua.
D’altronde, dubitava che le guardie avrebbero concesso a quel moribondo la grazia di ottenere la redenzione dai suoi peccati e non tutti frequentavano le messe arrivando a conoscere le preghiere per rivolgersi a Dio, come, invece, Romano sapeva fare.
Cosa avrebbe fatto un buon cristiano in quella situazione ? Poteva negare l’ultimo desiderio a un uomo morente?
Lui non era in grado d' espiare le colpe altrui, ma poteva invitare il Signore ad accoglierne le suppliche, dato che conosceva la liturgia.
- E va bene!- dichiarò con un sospiro – Pregherò per te!-


Nonostante il dolore, la confusione e l’affanno che provava, il carcerato ce la mise tutta per raccontare a Romano le gioie e i vizi della sua esistenza.
Romano ascoltò pazientemente.
Intanto il suo nuove era Flavien Guton.
Prima di finire imprigionato in quella cella, aveva passato la sua infanzia ad aiutare la famiglia a raccogliere l’uva nei campi.
Quando uno dei suoi fratelli venne travolto e ucciso da un bovino, l'uomo concepì l’ideale di abbandonare quella vita miserrima e di cercar fortuna in terre lontane.
Si separò dalla sua famiglia alcuni mesi dopo, sebbene questi non comprendessero il motivo per cui un quindicenne s'imbarcasse per seguire un sogno sciagurato.
Aveva viaggiato a lungo come mozzo, poi promosso marinaio, libero come un gabbiano, toccando i centri portuali più importanti, in particolare,  le Repubbliche Marinare, per esportare le cibarie e le mode francesi.
Frequentando i porti, aveva peccato a lungo con donne provocanti e scatenato anche qualche rissa.
Non si era mai sposato, però aveva numerosi figli sparsi in tutta Europa, di cui nemmeno conosceva il nome. Col senno di poi, lo rattristava non aver provato la gioia di una stabile famiglia.
Un giorno venne convocato dal re in persona affinchè gli procurasse dei rari minerali e delle pietre preziose che potessero adornare il suo trono.
Quando si presentò al re con gli zaffiri napoletani, quest’ultimo, impressionato dall’abilità commerciale del marinaio, gli concesse di curare i suoi affari.
In particolare, manteneva i contatti anche con la Basilica di Greville che si occupava di riscuotere i tributi della cittadinanza e di consegnarne una parte al re come tassa demaniale.
Un giorno venne inviato nell’istituto affinchè i sarcerdoti gli consegnassero il denaro e segnasse le richieste e le necessità dei residenti.
- Entrai.. nel primo studio che trovai.. per  procurarmi dell’inchiostro..e..segnare le ordinazioni..ni..e i conti ..ma..notai dei documenti sulla scrivania..e, COF COF, noi..uomini di mondo siam curiosi per natura, sa?-
-  Continua..-
- Lessi superficialmente il documento..ma mi colpì molto.. il contenuto! Ho capito.. COF COF..che..dovevo .. darne notizia al re..COF..COF-
Il prigioniero sputò una palla di muco e sangue dalla bocca che, per poco, non centrò Romano sulla testa , suo malgrado, incuriosito.
- E poi? Cosa vi era scritto?- incalzò appassionato.
- Che il re.. prima di presentare al regno l’attuale Principe..COF COF.. aveva avuto un altro figlio..COF COF.. da una relazione adulterina! -

Romano ci mise in attimo per smaltire quella notizia e comprenderne l'importanza.
“ Quindi, se Francis non è il primogenito, potrebbe non essere l’erede legittimo! Sempre supponendo che questi documenti, di cui ciancia, siano veritieri! Sarebbe clamoroso!”
- E dopo che è successo?- incoraggiò il ragazzo.
- COF ..Sono..corso via..coi documenti..per consegnarli al re, probabilmente, all’oscuro..ma..- Flavien sputò nuovamente.
- Ma?-
- ..Ma sono inciampato in un…campo di pomodori..COF COF..e mi hanno catturato..COF COF..-
Un dubbio s’innestò nella mente di Romano che impallì.
-.. accusandomi..di aver..COF COF.. tentato di rubare..COF ..le tasse del popolo..ma, non era vero! Io volevo..COF..solo avvisare il re!- affermò sconsolato il prigioniero.
Oh, come lo capiva!
Gli avevano tappato la bocca per non rivelare la presenza di un ulteriore erede al trono, era evidente, e lui era stato, inconsapevolmente, complice di quel infame crimine.
Flavien era talmente scombussolato, non solo da scambiarlo per un prete, ma, oltretutto , da non riconoscere nemmeno il ragazzo, causa della sua cattura e dei suoi mali.
Se l’ipotetico figliastro del re fosse stato l’erede legittimo..: niente ostacolava al fatto che potesse essere un discendente più dotto e giudizioso per il popolo francese, migliore dell’attuale erede al trono che era un maniaco pervertito di prima categoria.
Ma ora il re era morto e quindi non c’era più nessuno che avrebbe potuto imporre la sostituzione di Francis, ancor meno quando questi fosse stato incoronato.
A meno che, non vi fosse stato modo di dimostrare l’autenticità di questi fantomatici documenti che palesavano: non solo che Francis avesse un fratello ma anche che, quest’ultimo, era il primogenito, quindi il legittimo erede al trono.
Nella sua esposizione il carcerato espose le pene e le torture che aveva subito con lo scopo di rivelare i suoi “complici”, ossia a chi aveva comunicato quelle informazioni, e di svelarne il contenuto.
- Non ne parlai..mai..con nessuno! Ma adesso l’ho detto..COF COF..l’ho detto a te! Il Signore mi perdonerà?-
Romano abbassò la testa, mortificato dell’accaduto: - Il Signore ti perdonerà senza ombra di dubbio!-
- Ah! Questo COF..mi consola! Ti ringrazio infinitamente! Ora potrò morire.. COF COF.. sereno !- e le sue membra si rilassarono.

- Come? Cosa? Flavien? FLAVIEN?? Ma come?? Non è possibile!! -
Non aveva nemmeno appurato il nome del presunto fratellastro del principe Francis. Senza..non avrebbe saputo come rintracciarlo, anche volendo.
Romano tentò di capire se vi era ancora una minima speranza di salvare quell’uomo.
Cercò di attirare l’attenzione delle guardie che, pigramente, lasciarono le loro postazioni per controllare il prigioniero.
Esaminarono superficialmente e noncuranti il corpo penzolante di Flavien.
Conclusero che il prigioniero era effettivamente morto di polmonite e, per questo, lo slegarono e il cadavere cadde pesantemente a terra.
Lo raccolsero senza mostrare alcun rispetto per le sue carni già provate dai supplizi inflitti e lo portarono via, per gettarlo in una fossa comune.
Romano rabbrividì di fronte l’impassibilità  e il distacco di quelle sentinelle , poi una grossa mano si posò sulla sua spalla.

- Ti è piaciuto lo spettacolo?-  domandò sprezzante la voce della, oramai, notoria guardia.
- Levami le mani di dosso, bestione !- minacciò il ragazzo, furente per il poco rispetto mostrato nei confronti di Flavien che lui, era convinto, fosse stato un brav'uomo.
La guardia ridacchiò divertita.
- Faresti bene a preoccuparti per te stesso dato che, adesso, è arrivato il tuo turno!-
Cacciò fuori dei ferri roventi.
- Voglio vedere se dopo non belerai come un agnellino!- continuò leccandosi sadicamente le labbra.- Ma dopo la figuraccia che mi hai fatto fare col Principe, posso garantirti, che le tue implorazioni dovranno durare a lungo!- e avvicinò un ferro caldo al fianco di Romano che deglutì spaventato, avendo bene in mente le sevizie subite dal suo amico.
- Va al diavolo!- ringhiò orgoglioso, prima che la guardia lo bloccasse per il collo, per affondare il ferro nelle carni.
Romano chiuse gli occhi, pronto a sopportare quell'atroce dolore.

Poco prima di marchiarlo, il braccio del guardiano venne fermato, accompagnato da una voce grave e minatoria : - Non hai niente di meglio da fare che riversare le tue frustrazioni su un ragazzo?-
- E’ un criminale!- sottolineò la guardia inviperita.
- Non lo metto in dubbio! Ma se vuoi sfogarti: evita di farlo sui carcerati in mia presenza , in maniera così rozza e barbara, peraltro,!-  rimarcò la voce intimidatoria – Ora..vai a perlustrare l’area est!- tagliò corto.
- Sissignore! Subitissimo, Signore!- e la guardia si allontanò senza aver avuto la soddisfazione delle implorazioni di pietà da parte di Romano.

Romano aprì gli occhi incredulo, stringendo incosciamente il crocifisso, come se quest’intervento tempestivo fosse stato opera di Dio.
Antonio lo salutò calorosamente: - Ciao Romano?  Come mai adesso ti trovo qui?-
- Eh? Ah? Io..stavo..mmm..- Romano sentì che, di Antonio poteva fidarsi, ma, in cuor suo, non voleva che sapesse a cosa era stato costretto a piegarsi.
Volse il capo dall’altra parte.
Voleva troncare quel discorso e il Capitano parve intenderlo,  perché lo aiutò ad alzarsi, senza cercare di approfondire ulteriormente.
- Devi credere in me, Romano! Se non mi dai appigli per tirarti fuori, ti avviso, non potrò esserci sempre per impedire che abusino di te!- confessò franco.
Il ragazzo lo guardò circospetto coi suoi grandi occhi scuri, sprofondando in quelli suoi, verde smeraldo.
- Perché vuoi aiutarmi?- domandò guardingo.

La loro discussione venne interrotta dal Principe che entrò superbo nelle prigioni.
- Capitano!- lo richiamò superbo – Questo è affar mio! Puoi anche lasciare che sia io a occuparmene!- e invitò Antonio ad andarsene. Quest’ultimo obbedì prontamente, lanciando a Romano un'occhiata esitante.


Rimasti soli, Francis sorrise allegramente a Romano, il quale, ricambiò con un basso ringhio.
- Sono contento che non ti abbiano deturpato irrimediabilmente!- constatò accarezzandogli anelante il viso.
Romano lo scostò seccato.
- Ti ringrazio per avermi spedito in questa topaia!- commentò gelido.
Francis tentò nuovamente di approcciarlo.
- Dovevo rimediare ai danni che mi hai procurato con il tuo modo, così incivile e screanzato, di porti nei confronti di personalità così ben volute nelle mie corti!-
- AH! Sarei io l’incivile???  Ma con quale ritegno parla uno che approfitta dell’innocenza di bambini inconsapevoli, per l’amor del cielo?!- enfatizzò Romano, allontanandolo brutalmente.
Il francese si adombrò infastidito, ma poi ghignò sadico.
- In ogni caso, mi hai fatto fare una figuraccia, mon petit copeau!-
- Lieto di averlo fatto!- proclamò l’altro, per niente dispiaciuto.
Francis sospirò.
- Hai macchiato il mio nome e l’ospitalità dei Bonnefoy e, per questo, sarai punito!- annunciò tirando fuori un frustino in cuoio.
- Che…che vuoi farci ..con quello?- chiese in un sussurro Romano indietreggiando, vacillando.
- Accarezzarti, mon amour!- schernì infantilmente il francese.
- Puoi tenerle per te, le tue dimostrazioni di affetto!- biasimò il ragazzo, tenendo nervosamente gli occhi puntati sul frustino.
Francis fece schioccare lo strumento e sorrise sadicamente.
- Sai, Lovino..Su una cosa aveva ragione il Cardinale De Chanteu : Non ti ho educato abbastanza ed è il caso di cominciare a farlo!-



Feliciano disinfettò un’altra ferita attraverso l’uso di erbe mediche.
- QUEL..QUEL..BASTARDO! POSSANO I CANCELLI INFERNALI ACCOGLIERLO RAPACI  IL PRIMA POSSIBILE! AHHHH! SATANA IN PERSONA DEVE GHERMIRLO! ARGH! -
Il fratellino guardò preoccupato il maggiore.
- Io non capisco tutto questo accanimento solo per aver rovesciato del vino sul vestito del sacrestano..?! - commentò mentre esaminava un’altra lacerazione.
Romano aveva mentito al fratellino per preservarne l’ innocenza  e, anzi,  pur di non impensierirlo, avrebbe evitato volentieri l’argomento..; se non fosse che svenne a pochi metri dalla dimora ove alloggiavano, nel mentre rincasava dolorante.
A quel punto non potè più negare o nascondere i profondi segni delle percussioni sulla schiena, ma si premunì di non scendere nei particolari, inventandosi una giustificazione quasi verosimile e plausibile.
- AHHHHHHHHHHH! DANNAZIONE! FELI!!-
- Perdonami, fratellone! Sono talmente profonde che, se non le curiamo subito, rischiano di lasciarti brutte cicatrici!-
- ME LA PAGHERA’ QUEL MONTATO, SPOCCHIOSO DEL CAZZO CHE..AHHHH!-

Feliciano rimase sveglio tutta la notte per medicare il fratello, mentre, quest’ultimo, bramava di vendicarsi di quell’ingiusta umiliazione, in un modo o nell’altro..: a cominciare dallo scoprire se Francis avesse veramente un fratellastro e chi questi fosse.

*************************************************************
Fine Capitolo 6.
Perdonate la lunghezza della confessione del prigioniero.
Volendo incastrare il principe cominciano le indagini, ma non è detto che tutto fili liscio come sperato da Romano, oltretutto Feliciano..

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Capitolo 7
*** Velate Confidenze ***


IL PRINCIPE  E  L’ AMANTE
 -Capitolo- 7


                                                    VELATE CONFIDENZE



Stava correndo verso casa. Suo padre lo teneva per  mano, ma non riusciva a trattenere il suo entusiasmo.
Aprì la porta e trovò un volto gentile ad accoglierlo.
- MAMMA! I POMODORI SONO MATURI! I POMODORI SONO MATURI!!!!-
Lei sorrise e posò il neonato, che teneva in braccio, nella culla.
- Si, Romano! Sono maturi! Vuoi assaggiarne il succo?- chiese dolcemente, porgendo il bicchiere.
Il bambino si esaltò: - SIIIII! Adoro i pomodori! LI ADORO!- e bevve avidamente il succo sotto lo sguardo compiaciuto del padre e della madre
.

- AHHHHHHH!! Lovino! Sei..sei straordinario! F-a-n-t-a-s-t-i-c-o!-
Romano sputò il liquido e si ripulì la bocca, rialzandosi da sotto la scrivania.
Francis lo abbracciò ardentemente: - Non lasciarmi mai!- anelò sulla sua spalla.
- Si, si Francis! Come vuoi tu..Ora puoi anche staccarti!- commentò scocciato, scostandosi.

Il principe s’imbronciò, deluso per la poca complicità dimostrata da Romano. Poi sorrise.
Prese l’asciugamano per coprirsi e si distese sul divano, riempendo il calice di champagne pregiato.
Romano tornò dal bagno , dopo essersi accuratamente sciacquato, e vide che lo fissava malizioso.
Il ragazzo aveva riflettuto tutta la notte: doveva saperne di più e quello era il momento più propenso.
Si avvicinò sensuale a Francis, il quale non lo perdeva di vista, apprezzandone l’ardire e il fascino, e appoggiò il corpo abbronzato sul francese.
- Francis..- sussurrò con falso desiderio.
Il principe ricambiò con un largo sorriso libidinoso.
- ..Pensavo…insomma..è una cosa stupida..ma..- balbettò Romano.
- Dimmi, mon petit!- lo incoraggiò l’altro, accarezzandogli la schiena e afferrandogli il mento.
- Tu non hai mai desiderato avere un fratello?- interrogò vagamente.
Il francese rimase sorpreso della domanda posta in quel frangente.
- Un fratello dici?- riflettè – Non saprei, Lovi!- ammise.
- Ma ti piacerebbe?- ribadì Romano, con insistenza.
- Dovrebbe?- questionò l’altro, alzando il cipiglio, infastidito da quelle domande fuori luogo, in un momento così romantico, peraltro.
- Mah! Dipende!- valutò Romano, attorcigliando i biondi capelli dell’altro, con fare indifferente.
 - Mmmm..-  considerò Francis -Immagino che, un fratellino adorabile come Feliciano, mi garberebbe pure!-
Gli occhi di Romano luccicarono, ma mascherò la voce interessata – E se, invece, fosse maggiore?-

Il principe trasalì e il suo cuore prese a battere più velocemente.
Scrollò di dosso l’amante che, però, aveva percepito, con soddisfazione, il suo nervosismo.
- Che domande stupide fai oggi, Lovi?- s’irritò.
- Perdonami, Francis! Semplice curiosità!- si scusò mendace Romano, con un sorrisetto ambiguo.
- Sei più loquace del solito..!-accusò l’altro contrariato.
- Credevo la cosa ti facesse piacere, dato che ti lamenti tanto della mia indifferenza nei tuoi confronti..- constatò il ragazzo.
- Vorrei che parlassimo di noi due! Non di argomenti così.. ridicoli e senza senso!-
- Come mai la cosa t’infastidisce tanto?- sollecitò ancora l’amante.
- IO NON SONO INFASTIDITO!- s’inalberò Francis
“ Colpito nel segno!” constatò compiaciuto Romano.
- Ehi, caaaalmati! Non c’è motivo di agitarsi tanto! In fondo il problema non si pone, dato che sei figlio unico! Dico bene?-
- Dici bene! Adesso, per cortesia, lasciami lavorare che ho delle faccende importanti da sbrigare!- replicò Francis, urtato e irritato.
- Oh? Ma come? Non ci stavamo TANTO divertendo?- ridacchiò divertito l’altro.
- Ora sono stanco!- sancì nervoso il principe.
- Addirittura?- si stupì Romano pungente, giocherellando con la collana d’oro e rubini che il principe indossava – Per così poco?-
- Non sono dell’umore giusto!- tagliò corto Francis, accennando alla porta.
- Peccato! Allora fammi sapere quando lo sarai!- sghignazzò macchiavellico Romano.

“ A giudicare dalla reazione..direi che l’idea di avere un fratello maggiore non lo garberebbe affatto!” pensò Romano, mentre girava l’angolo “ E, se l’istinto non m’inganna, sta nascondendo qualcosa!”
Non si accorse della persona che stava per travolgere:  “Sarà un immenso PIACERE farlo..UFF ARGH!”.
Ruzzolò a terra, insieme a Patrick, il Nano Buffone di Corte.
I due non si sopportavano.
Patrick, agli occhi di Romano, possedeva un sarcasmo tutto suo: volgare, rozzo e immorale.
Inoltre possedeva un fastidioso Tic vocale che indisponeva il ragazzo.
A suo avviso: giusto Francis lo poteva apprezzare!
 D’altronde era giustificato dal fatto che possedevano delle abitudini molto simili, sebbene rivolte a ceti diversi.
A quel nano malefico non dispiaceva affatto allungare le mani sotto le gonnelle delle ballerine e delle cameriere di palazzo e invidiava molto Romano, a causa del suo indubbio e inconsapevole fascino sulle donne e sul principe. Cosa che lui non possedeva minimamente.
Purtuttavia, Francis si fidava di quel giullare; forse perché lo divertiva e assecondava sempre i suoi scherzi bizzarri e le sue richieste, e quindi Romano dovette trattenersi più di una volta dal prenderlo a pugni.
Non facevano altro che punzecchiarsi a vicenda.
- EHI! STA PIÙ ATTENTO, CONTADINO! Hic Hic!-  protestò il nano.
- OH! Scuuuuusamiiii!- gli diede un calcio dritto sul fondoschiena – La prossima volta ti schiaccio, pulce!-
Insomma, i due si odiavano proprio.
Patrick si massaggiò il sedere, sbuffò, e si diresse verso lo studio dove si trovava Francis.
- Ecco, è meglio che sparisci!- schernì Romano, ma prima di andarsene sentì il principe lamentarsi col nano.
Un pensiero lo folgorò. Si avvicinò di soppiatto e origliò alla porta.

In maniera decisamente puerile, Francis stava inginocchiato a terra a lagnarsi:- Ahhhhh! Quel ragazzo..uff..fa troppe domande!-
- Sua Eccellentissima Altezza! Le manca forse di rispetto? HIC- domandò riverente il nano.
- Non lo so..- singhiozzò il francese  - ..ma mi ha innervosito! Che crudele!-
- Assolutissimamente! Hic! L’avevo detto che quel villano era una disgrazia!- e si approcciò al principe, cominciando a fargli un piacevole massaggio sulle spalle.
Francis si mise a contemplare il soffitto.
- Ahhh! Tanto avvenente, quanto impossibile! Ahhh! Lovino quante me ne fai passare?- si disperò il francese.
Patrick si avvicinò insinuante al suo orecchio: - Forse è diventato un pericolo! Potrebbe averlo stregato, mio Signore! Hic!-
- Lui? Figurarsi! Non sa nemmeno distinguere la letteratura greca da quella latina! D’altronde.., cosa intendi dire?- chiese sbigottito il principe.
- Bè..insomma..- espose il buffone, mentre affondava le mani sul corpo del principe, per massaggiarlo -… vede..lei è così permissivo..e, invece, l’ atteggiamento di quel villano, nei suoi confronti, è così..mm..irriverente:  potrebbe costituire un’onta indelebile della sua persona! Come otterrà il rispetto dei francesi, quando sarà re, se non riesce nemmeno a domare un contadino? HIC HIC- sussurrò.
- Ma Lovino è..- riflettè il francese - ..terribilmente affascinante!- e si morse le labbra eccitato, fantasticando.
- Lei è troppo indulgente, lo dico sempre! HIC -

- In ogni caso..sospetta delle mie parole, Patrick!-
- Ohhhh..- il nano avvicinò il naso adunco agli zigomi del principe - ..riguardo..QUELLA faccenda? HIC-
- Non so davvero che fare!- ammise Francis, prendendosi la testa tra le mani e singhiozzando in maniera infantile.
Il buffone si leccò le labbra come un lupo affamato.
- Forse..conosce cose che non lo riguardano! HIC- buttò lì in maniera vaga.
Francis trasalì e, terrorizzato, fissò il nano.
- TU pensi che LUI SAPPIA?- urlò scandalizzato.
- Forse..HIC..- convenne l’altro.
Francis affondò le curate unghie nella poltrona.
- Questa circostanza non deve venire alla luce! Se..se ..si sapesse..-
- Dovrebbe assicurarsi che questo non accada! HIC- ipotizzò Patrick sibillino, mentre gli versava del vino in un calice dorato.
-  Dovrei esiliarlo?- considerò angosciato il francese.
- Questo non gli impedirà di parlare! HIC- e gli porse il calice.
 - E cosa dovrei fare?- si angustiò il principe, afferrando il bicchiere.
- Temo, mio signore, che dovrebbe proprio cancellarlo dalla circolazione.. se vuole la mia modesta opinione! HIC- suggerì inchinandosi umilmente.
 - COSA? Mon petit chion?? IMPOSSIBILE! Adoro il suo corpo scultoreo e mi diverte sottomettere quel suo rustico orgoglio! Non voglio! - piagnucolò Francis, fissando addolorato il nano, il quale, a suo volta, non poteva fare a meno di trovare patetico quel suo attaccamento a un villico di paese.
-  Ne troverà uno migliore, mio Principe! Qui ne va in gioco la sua ascesa a guida del paese! HIC-
Francis cominciò a mordicchiarsi tutte le unghie nervosamente, combattendo una guerra interiore tra la sua ambizione e la sua passione.
 Patrick ne approfittò per infliggere un altro colpo : – O, forse, dovrei chiamarla: futuro re? HIC-
- Maledizione! Uff.. Hai ragione, Patrick! Lovino deve sparire! A malincuore!-
Francis poggiò la fronte sui gomiti con fare depresso, giocherellando passivamente col bordo del calice di vino.
- Che spreco! CHE SPRECO! Mi stuzzicava alquanto e mi stimolava come non mai! Mais c’est la vie!- sospirò.
Patrick si aprì in un ghigno malefico: - Anche suo fratello! Potrebbe sospettare qualcosa o essere informato dal maggiore! Hic-
- Si, senza dubbio! Anche lui!- confermò Francis.

“ NANO DI MERDA! SEI UNO STRONZO!”
Romano aveva sentito abbastanza. Tremante dalla rabbia si avviò fulmineo verso casa.

Romano corse come non mai.
Prese, letteralmente, a pugni la porta.
- FELICIANO! FELI! APRI! MUOVITI! DOBBIAMO ANDARE VIA! E SUBITO!-
Feliciano, ancora in pigiama, aprì titubante la porta.
- Fratellone..- contemplò preoccupato il maggiore  - .. non ti aspettavo..così presto!-
Romano spostò velocemente il ragazzino ed entrò d’impeto nella dimora.
- Dobbiamo affrontare un lungo viaggio! Prendi tutto quello che è strettamente necessario! MUOVITI!- e cominciò rapidamente a rovistare e a raccogliere degli utensili taglienti e acuminati che trovava in casa.
- Ma..- esitò il minore.
- LE DOMANDE A DOPO!- lo interruppe Romano.
Feliciano rimase impalato, a fissarlo chiaramente a disagio.
- PRESTO! Prendi del cibo facilmente trasportabile! Io vado a cercare dei vestiti pesanti! – incitò mentre si scaraventava verso la loro camera.
- NO! – gridò Feliciano, parandosi davanti alla porta.
- Feli! Ma che..?- Romano lo fissò sbigottito.
- Fratellone!Ti prego: NON entrare!- guaì il minore, senza guardarlo.
- FELI! Forse non hai capito bene in che situazione ci troviamo! NON-C’E’-PIÙ-UN-SECONDO-DI-TEMPO! SPOSTATI!- s’agitò l’altro.
- Non posso, Romano!- tagliò corto Feliciano.

Romano scrutò scandalizzato il fratellino e una vena prese a pulsare nervosamente sulla tempia.
- SPOSTATI! ORA!- ordinò autoritario.
- No!-
- TI HO DETTO DI TOGLIERTI DI MEZZO!-
Romano entrò e non voleva credere ai suoi occhi. Sperò in un incubo o in un’allucinazione.
La promessa sposa di Francis si trovava tremante nel loro letto e cercava di nascondere le sue grazie, nascondendole pudicamente sotto il lenzuolo. Era rossa dalla vergogna.

- E’ uno scherzo, vero? Tu..Tu..non l’hai fatto veramente, Feli! TU NON PUOI AVERMI FATTO UNA COSA DEL GENERE! TU NON L’HAI FATTO!-
- Mi dispiace, fratellone!- sussurrò Feliciano, irrigidito e sinceramente dispiaciuto.
- Nononononono! TU..TU ..TU NON TI RENDI CONTO DI COSA CAZZO HAI FATTO! SIAMO FRITTI, FELI! SIAMO FRITTI!-
Romano prese a camminare irrequieto per tutta la stanza.
“ Questo è un incubo! Un terribile incubo! Uno scherzo! Un’allucinazione!”
- Nonononononono..- continuò a bofonchiare.
- Fratellone..mi dispiace veramente! Te l’avrei detto! Giuro!- asserì Feliciano mortificato.
- Da quanto tempo, Feli? Da quanto?- sudò freddo il maggiore.
- E da quando ci siamo visti che..-
- Ci sei andato a letto?- domandò Romano, ben sapendo, in cuor suo, che si stava aggrappando a  una speranza molto tenue.
Feliciano guardò il pavimento, manifestamente imbarazzato.
- Siamo nei casini! Siamo veramente in grossi casini, adesso!-

Romano caricò due cavalli, uno bianco e uno marrone, che sembravano i più robusti per affrontare un lungo viaggio.
Cercò di equilibrare il peso da entrambi i fianchi delle bestie, evitando di appesantirne il collo.
- Fratellone..- tentò esitante Feliciano, mentre gli passava delle candele.
- Feliciano! Non ti azzardare a rivolgermi la parola ! Dopo il guaio che hai combinato… Ringrazia solo che siamo terribilmente di fretta e che non ho tempo di rimproverarti dovere! Ma non pensare di cavartela così! Mi hai seriamente deluso!-
Dovevano scappare, il prima possibile o, per loro, sarebbe stata la fine.
Questa volta non avrebbero beneficiato dell’indulgenza reale.

- Fratellone, dove andiamo?- interrogò Feliciano, mentre Romano lo aiutava a montare sul cavallo.
- Il più possibile, lontano da qui!- affermò l’altro, serrando le cinghie della sella sul petto dell’animale.
- E Ludivine? – questionò con fervore.
- CHI???- sussultò Romano, impaziente.
- La promessa sposa del Principe Francis!- specificò il fratellino
- AH! Lei la lasciamo qui!- affermò secco l’altro.
- COSA? Non possiamo, fratellone!- si sconcertò Feliciano.
- Senti..metti da parte i tuoi amori platonici da tredicenne! Abbiamo già troppe rogne in questo momento! La ragazza ci sarebbe solo d’impaccio!- informò gelido.

La ragazza si avvicinò impaurita, ma sempre con molta grazia.
- La prego, buon’uomo! Mi faccia venire con voi! Non voglio diventare la moglie del principe!- implorò quella creatura dai profondi occhi chiari e dai lunghi capelli biondi.
Se non altro, Feliciano , aveva buon gusto.
- Non possiamo, leggiadra fanciulla! Siamo ricercati! Presto avremo il loro alito pestilente sui nostri colli! Non posso badare anche lei!- affermò Romano determinato.
- La prego..- supplicò nuovamente la ragazza, afferrando i lembi dei pantaloni di Romano.
- Mi rammarico, dolce damigella!- sentenziò il ragazzo, pronto a spronare il cavallo con le briglie.

Feliciano smontò risoluto da cavallo.
Romano non aveva mai visto suo fratello comportarsi in maniera così ardita e decisa.
Dal canto suo, Feliciano era consapevole che non sarebbe sfuggito, comunque, alla ramanzina del fratello maggiore.
- Romano! Se lei non può venire, allora non vengo anch’io!- proclamò, stringendo la mano alla fanciulla.
- Feliciano! M-O-N-T-A  S-U-L  C-A-V-A-L-L-O! Non farmi incazzare!- minacciò il maggiore dei Vargas.
- No!-
- Ti do due secondi! Dopodiché ti lego alla sella contro la tua volontà!-  specificò Romano, sbandierando il suo pugno serrato a sancire la determinazione delle sue azioni future.
- Ho detto di NO!- sostenne audace Feliciano.
- FELICIANO SMETTILA DI COMPORTARTI COME UNO STUPIDO EGOISTA, CAZZO!- urlò Romano esasperato.
- TU HAI SEMPRE DETTO CHE BISOGNA PROTEGGERRE LE PERSONE CARE A CUI TENIAMO!!!- ribattè Feliciano, fremendo di collera e di sofferenza, affrontando coraggiosamente il fratello maggiore.

Romano ansimò furioso, ma cercò di calmarsi. Non potevano permettersi discussioni in quel frangente.
- Feli, la conosci da pochi giorni..- s’accassciò.
- L’ amo!-  confessò convinto il fratellino.
“Ecco..” si biasimò Romano “ ..cosa succede a favoleggiare sui valori e virtù degli esseri umani:  un moccioso tredicenne, che gioca a fare l’eroe, sbandierando il suo amore per una sedicenne altolocata!”
Romano si morse il labbro superiore: “D’altronde, se l’amasse sul serio, l’amore è pur sempre un dono divino!”.
- Ci tieni così tanto?-  sospirò disilluso.
Feliciano assentì con la testa, tenendo fermo lo sguardo sul fratello.
“ Cazzo!” pensò il maggiore dei Vargas.

- E va bene! VA BENE! Ma Muovetevi, per l’amor di Dio!- si arrese.
- Grazie, fratellone-
- Grazie buon’uomo!-
Romano sapeva che stava commettendo una sciocchezza clamorosa a permettere a quella nobile, illustre e virtuosa fanciulla di venire con loro..., ma non poteva permettersi di dibattere. Il tempo stringeva come non mai.
Si accertò che tutti fossero in sella: - Ok, partiamo!-

- Non credo proprio!-
Era Antonio.
Spuntato da fuori un cespuglio di bacche, probabilmente, nascostosi, precedentemente, dietro il fienile , gli aveva puntato la lama della spada sul collo.
- Antonio…-
- Mi rincresce veramente, Romano!- e, così dicendo, richiamò le guardie.

****************************************************
Fine Capitolo 7.
Devo dire che è molto movimentato questo capitolo.
Ah, “Ludivine”,  l’ho scelto, dedicandolo a un'altra famosa coppia di Hetalia.
Penso non ci sia bisogno di specificare a riguardo.

Alla prossima, per il seguito della storia.



 

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Capitolo 8
*** Il Sentiero Dietro La Collina ***


IL PRINCIPE  E  L’ AMANTE
 -Capitolo- 8

                                                            IL SENTIERO DIETRO LA COLLINA



Prontamente le guardie si mossero e circondarono i fuggitivi.
Romano supplicò con gli occhi il capitano delle guardie, tuttavia quest’ultimo non sembrava disposto ad accogliere la sua implorazione.
- Non puoi farmi questo Antonio! Ci uccideranno!- pregò Romano.
- Perdonami, Romano! Sto solo eseguendo gli ordini!- proclamò Antonio, distogliendo lo sguardo dalle sue iridi intense.

Le sentinelle rimasero in attesa degli ordini e, senza indugiare oltre, il capitano si rivolse a queste.
- Prendete il bambino!-
- COSA ?- si sbalordì Romano.
Le guardie presero Feliciano per le braccia e lo trascinarono via.
Il bambino si mise a piangere e urlare spaventato.
-FELICIANOOO! COME VI PERMETTETE, RAZZA DI CAROGNE??!! MOLLATELO!!-
Romano smontò da cavallo per correre appresso al fratellino, pronto ad affrontare le guardie, ma venne bloccato d’ Antonio che, con un braccio, lo prese dalla vita.
- LASCIAMI ANDARE BASTARDO! LASCIAMI SUBITO!!!- per quanto si agitasse, la presa di Antonio era ben salda.
Vedere il fratellino incatenato e gettato dentro un carretto sbarrato come una bestia, lo fece infuriare ancora di più.
Cominciò a menare l’aria e a mordere il braccio del capitano, nella speranza di liberarsi. Ma non ci riuscì.
Disperato, non riuscì a trattenere lacrime rabbiose e s’indirizzò ad Antonio.
- Come puoi acconsentire che venga giustiziato un bambino innocente?-
Il capitano non rispose e, serrando gli occhi, fece finta d’ignorarlo.
- ANTONIO!- gridò Romano, ma questo non battè ciglio.
Rassegnato e arrabbiato, Romano tentò nuovamente di liberarsi della sua presa:- SAPEVO CHE NON DOVEVO FIDARMI DI TE, BASTARDO! SEI PROPRIO COME TUTTI QUEI PEZZI DI MERDA ! TI ODIO, MALEDETTO!-
Il capitano, a quel punto lo fissò con disprezzo:- E tu allora?-
- Eh?- si accigliò il ragazzo, scrutandolo strabiliato.
- Pretendi di ricevere fiducia.., ma sei il primo a non darla agli altri! E’ da quando ci siamo incontrati che non fai altro che nasconderti o, peggio, mentirmi!- soggiunse Antonio duramente.
Romano si stupì molto di quella affermazione, ma, le grida di Feliciano lo indussero a non dargli troppo peso.
- Se..se non ti ho detto la verità..è perché NON potevo!- esitò.
- Perfetto! E io, come ben sai, non posso disobbedire agli ordini! Come vedi: siamo sulla stessa barca!- dichiarò l’altro e gli diede le spalle.
Romano gemette. Cosa poteva fare?
Feliciano era stato incatenato e intrappolato, Ludivine piangeva sul prato, mentre due guardie la sorvegliavano, e lui era bloccato a causa di Antonio.
Si appellò nuovamente a quest’ultimo.
- Antonio..io..-
- E’ finita, Romano! Domani sarete impaccati per aver tentato di rapire la promessa sposa del principe!- sancì inamovibile il capitano delle guardie.
Il ragazzo non voleva crederci. Non voleva che finisse in quel modo.
Dio lo sapeva: tutto questo era profondamente ingiusto.
A quel punto poteva aggrapparsi solamente all’ultima delle speranze, oltre la sua fede : la verità.

“ A costo di disonorarmi..” meditò crudemente fra sé “ ..non posso permettere che Feliciano venga ucciso!”
- Antonio..- cominciò – ..ti prego: risparmia almeno mio fratello! Ti dirò tutta la verità!- scongiurò scoraggiato.
Il capitano lo guardò di sottecchi: - TUTTA la verità?- sottolineò diffidente.
Romano abbassò il capo rassegnato: - Ogni cosa! Ma, per favore, che mio fratello possa non ascoltare quello che sto per dirti!-
Antoniò asserì lentamente con un cenno della testa e Romano prese a confidarsi col capitano delle guardie,
lontano da occhi indiscreti e bocche pettegole.
- Devi sapere..che io non sono il semplice stalliere del principe! Io…sono il suo amante!.-

Romano, nonostante la vergogna, raccontò tutta la storia.
Da quando era stato catturato a causa del tranello del vinaiolo, all’incontro col principe, alle loro notti di passione, ai festini che aveva frequentato, al prigioniero che aveva confessato.. tutto.
Avrebbe fatto volentieri a meno dei particolari, ma, Antonio, sembrava interessato anche a quelli.
Quest’ultimo ascoltò silenzioso, senza che alcuna smorfia deturpasse in alcun modo il suo viso, solitamente così gentile, ma, in quel frangente, indurito dal suo ruolo di capitano.
I suoi occhi rivelarono un senso di meraviglia estemporaneo esclusivamente quando gli rivelò la presenza di un altro potenziale erede al trono; ma per il resto rimase muto, ponderando attentamente le parole del ragazzo e interrogandolo su determinati aspetti poco chiari, di tanto, in tanto.
Romano non riusciva a interpretare  i suoi pensieri e temeva di non riuscire a convincerlo.
Ma, in cuor suo, sperava di riuscirci. Anche perchè non aveva altra scelta per salvare perlomeno la vita di Feliciano.
Quando terminò il racconto, emise un lungo respiro.
- E questo è quanto!-
- E’ questa la verità! La PURA verità!- incalzò Antonio, impassibile.
- Si!-confermò il ragazzo.
- Perché non me l’hai detto subito?-
- Perché non trovavo il coraggio di svelare una situazione tanto riprovevole, degradante e disonorevole. Ho venduto l’anima al diavolo! Ho difficoltà ad affrontare il mio stesso riflesso ogni volta che abbevero i cavalli al fiume! Scusami se non mi sono confidato prima!-
Antonio meditò per alcuni minuti, senza proferire parola. Romano lo guardò angustiato e inquieto, ma, allo stesso tempo, trepidante.
- Ti voglio credere, Romano!- concluse infine il capitano delle guardie e sul suo viso si distese un impercettibile sorriso.

Romano non ebbe nemmeno il tempo provare sollievo per la fiducia del capitano che una sentinella si avvicinò alle loro spalle.
Antonio prese Romano per il colletto e lo gettò bruscamente tra le braccia di questa: - SERPENTE BUGIARDO! IMPRIGIONATELI! DOMANI I DUE VILLANI L’IMPICCHIAMO ALL’ALBA !-
- COME??? ANTONIO!!- gridò incredulo Romano, placcato dalla sentinella che, presto, ottenne man forte da altre due. Tra queste, Romano riconobbe quella che volle marchiarlo nella prigione.
- Chi ti ha dato tutta questa confidenza?- replicò il capitano stizzito.
- TI HO DETTO LA VERITA’!- implorò esasperato l’altro.
- Tsk.. un insieme di menzogne! Chi mai potrebbe credere a certe fandonie contadine ? Domani, sarà divertente vederti soffocare lentamente stritolato dalla corda!- e così se ne andò, lasciando che i tre fuggitivi venissero incatenati e imprigionati nel carretto.

Romano rimase impietrito.
Non poteva credere che Antonio non gli credesse.
Ludivine ,accanto a lui, piangeva disperata sulla spalla di Feliciano, il quale, a sua volta, tremava.
Le pesanti catene rendevano impacciato, se non impossibile, il movimento dei fuggitivi.
- Ho paura!- gemette la ragazza.
- Fratellone, dove ci porteranno?- chiese spaventato Feliciano, stringendosi al fratello.
Romano non si mosse. Era terribilmente pallido.
- Fratellone..ci..uccideranno?- sussurrò il bambino, quasi singhiozzando.
Romano volse i suoi occhi vuoti in quelli del fratellino.
Non era riuscito a proteggerlo. Aveva fallito.
Quella sarebbe stata la loro ultima alba e non sapeva come dirglielo.
Avrebbe voluto mentire, tuttavia non desiderava che le ultime sue parole fossero delle bugie.
In un alito di voce rispose:- Si..- e tacque fissando impassibile le stelle che brillavano in cielo.

Le due sentinelle, messe di guardia al carretto sbarrato, caddero pesantemente sul prato.
Romano sobbalzò e tentò, goffamente, a sporgersi per capire cosa stesse accadendo fuori.
Poi una figura incappucciata comparve sul tettuccio, attraverso le sbarre.
Fece scattare i lucchetti e liberò dalle catene i prigionieri, tirandoli fuori Feliciano e Ludivine.
- Chi sei, nostro salvatore?- sussurrò Romano, trovandoselo davanti.
La sagoma abbassò il cappuccio, rivelando i consueti occhi verdi e gentili.
Romano lo fissò a bocca aperta, non riuscendo a credere ai suoi occhi.
- Perdonami Romano! Non saresti stato abbastanza realistico se te l’avessi detto!- dichiarò compiaciuto lui, stando ben attento a non parlare a voce troppo alta.
Romano non aprì bocca, ancora sconvolto.
Quando si riprese gli dedicò un solo e semplice augurio:- Vai a fanculo!- e, presi i cavalli, scapparono tutti e quattro.

Percorsero galoppando un lungo tratto attraverso i boschi.
Quando si sentirono più sicuri, si arrischiarono a conversare tra loro.
I due adolescenti, nel frattempo, si erano appisolati sui loro cavalli, ma, fortunatamente, Romano e Antonio tenevano ferree le briglie, cosicché non scappassero chissà dove.
- E così...il principe potrebbe nascondere l’erede legittimo al trono, eh?- sogghignò Antonio.
- Bastardo.. Mi hai fatto prendere un colpo!- sibillò il maggiore dei Vargas.
- Perdonami, Roma! Era necessario!- ridacchiò l’altro.
- Devo ammettere che sei stato bravo a ingannarmi! C’ero cascato!- ammise Romano.
-  Ti avevo detto che ti credevo, no? – sorrise dolcemente il capitano.
- Lo so! Lo so! E’ solo che eri così..convincente!- sospirò Romano, avvertendo ancora l’adrenalina per tutto il corpo – Sai..quello che ti ho raccontato..su ciò che è successo …potrebbe apparire assurdo ma..-
- L’ho letto nei tuoi occhi che eri sincero!- spifferò il capitano, pacatamente.
- Ah si? Sappi allora che molta gente è in grado di mentire anche con quelli- si risentì Romano.
- Tu eri onesto! Vedi, Roma:  abbiamo più cose in comune di quello che pensi! – mormorò Antonio, con occhi vagheggianti.
- Perché?-
-  Perché anch’io ho dovuto subire le stesse cose!-

- Cosa?- s’informò sconcertato Romano, un filo di voce.
Era stupito che quella gentile e leale persona, sebbene fosse un soldato, potesse aver condiviso con lui lo stesso dolore e un destino tanto meschino.
- Come pensi che sia diventato capitano delle guardie?- provocò Antonio, volgendosi al ragazzo.
- Ma perché?- Romano non riusciva proprio a capacitarsene.
- Vendetta! – affermò l’altro, alzando le spalle indifferente.
- Sei andato a letto con Francis?- sussurrò ancora Romano.
- Non proprio..non ho avuto questo privilegio?- ridacchiò, con amarezza, Antonio.
Il volto di Romano perse una tonalità di colore. Non sapeva il perché..ma era sinceramente preoccupato e dispiaciuto nei confronti del suo Salvatore che, in quel momento, cercava di nascondere, dietro un falso sorriso, le sue sofferenze interiori.
- Che ti hanno fatto?- mormorò apprensivo.
Antonio sorrise nervosamente. Il ragazzo si chiese quali ombre perseguitassero la mente del capitano, in quel momento.
 - Un giorno, te lo racconterò, Roma! Promesso!- affermò Antonio, sorridendo al giovane Romano, il quale decise di non indagare oltre.
Scavare nel passato altrui, poteva essere un’operazione molto più dolorosa di un coltello che trafiggeva il petto.

- Se proseguiamo per questo sentiero, a passo sostenuto, raggiungeremo la Basilica di Greville nell’arco di una giornata!- proclamò Antonio, puntando il dito all’indirizzo di una collina.
Romano seguì il dito e notò un sentiero, attraversato da un gran numero di commercianti e pellegrini che, con molta probabilità, si dirigevano nell’edificio per pregare, nonostante l’ora.
- Sei sicuro che troveremo lì i documenti che cerchiamo?-domandò, con la voce impastata dall’ansia, il ragazzo.
- Non ho letto il contenuto ma li ho restituiti personalmente ! Ricordo che il Cardinale li ripose accuratamente nel terzo cassetto dello studio. Se vogliamo trovarli,dobbiamo cercarli lì!- annunciò convinto.
- Se sono ancora lì..- aggiunse preoccupato Romano.
Poi, improvvisamente, Antonio s’incupì.
Cercò le parole giuste per non turbare ulteriormente il ragazzo, già provato dalla sequenza degli avvenimenti.
- Un’ altra cosa, Romano,.. il Cardinale a cui mi riferisco..- accennò conciliante, mettendogli una mano sulla spalla.
Romano sentì il cuore accelerare il battito e cominciò a sudare freddo.
- Miroy De Chanteu.. – deglutì.
Antonio sospirò, consapevole di quanto potessero bruciare certe ributtanti sensazioni.
- Non sei costretto a farlo tu, ci penso io!- officiò Antonio, stringendogli la spalla per confortarlo.
- Antonio..io.. non ho problemi!- commentò Romano, sbarrando gli occhi, ma avendo ben in mente la repulsione che aveva provato quando quel vecchio l’aveva sfiorato.
- Non sforzarti di comportarti da duro! Non sono tuo fratello, sai? Non devi essere forte con me!- ridacchiò comprensivo l’altro.
Romano non disse nulla. Rimase a fissare l’orizzonte, riflessivo.
Passarono due minuti buoni.
- Grazie, davvero!- ringraziò infine.

Un rumore di zoccoli alle spalle, interruppe la loro conversazione.
Entrambi si girarono ansiosi.
- Romano..dobbiamo accelerare!- commentò preoccupato.
- Ci stanno inseguendo?- s’agitò il ragazzo.
- Speravo avessero rinunciato ma, a quanto pare, mi sbagliavo! – constatò, digrignando nervosamente i denti.

Svegliati i due pargoli che dormivano sui cavalli, spronarono le bestie affinchè accelerassero il galoppo.
Fuggirono per ore da quel rumore di calpestio, ma gli inseguitori parevano intenzionati a non demordere.
Presto, videro la Basilica anche a occhi nudo.
Antonio si volse nervosamente indietro, con la testa : - Così non va! Ci raggiungeranno!-
Romano non poté far altro che incalzare maggiormente il cavallo, il quale, però, era oramai affaticato dalla lunga marcia.
Galopparono per altri minuti, finché Antonio non tirò le briglie al suo cavallo.
- ANTONIO! Che cazzo stai facendo?- si allarmò Romano, fermando anche il suo animale.
- Ascoltami, Roma! Di questo passo ci cattureranno! Dovete proseguire a piedi e nascondervi tra la folla errante! Il santuario è vicino! Non potete sbagliare!- sostenne irrequieto il capitano, guardando dietro di sé.
- E ..tu?- si frappose frenetico Romano.
- Io li rallentò un po’!-
- Antonio..non farlo!-
- Lo sai che devo! Conto su di voi! Potete farcerla! Abbiate fiducia!- così dicendo, Antonio invitò il cavallo a galoppare verso coloro chi li braccavano.
Romano raggelò, sentendo il vuoto di apprensione crescere, inesorabile, dentro di sé.


*********************************************
Fine Capitolo 8.
Romano e Antonio condividono un difficile e turbolento passato, tuttavia, Il destino del capitano delle guardie potrebbe essere segnato.
Basteranno l’ingegno e il coraggio di Romano per ritrovarlo ancora vivo?

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Capitolo 9
*** Il Terzo Cassetto ***


IL PRINCIPE  E  L’ AMANTE
 -Capitolo- 9

                                                                                          IL TERZO CASSETTO


La figura d’Antonio scomparve nella boscaglia.
- Fa attenzione!- mormorò Romano e si rivolse a Feliciano e Ludivine – Ragazzi, veloci!-
Galopparono per un’altra mezz’ora finchè Romano non fece arrestare i cavalli.
- Scendete! Da qui in poi proseguiamo a piedi!-
Feliciano, da vero gentiluomo, aiutò la ragazza a scendere e insieme liberarono le bestie in una prateria e si misero in marcia.

La Basilica di Greville era un edificio decisamente imponente.
Una specie di roccaforte in pietra che si stagliava sul punto più alto del colle, cosìcché  tutti i visitatori e i pellegrini potessero individuarla facilmente e provare timore a fronte della sua magnificenza.
Ai piedi della collina, fiorivano commerci e scambi, per questo, quella locazione, era luogo ricco e privilegiato dai mercanti e dal volgo.
Romano sapeva che avrebbe potuto sfruttare quella confusione a suo vantaggio.
Dovevano intrufolarsi nello studio del Cardinale, in un modo o nell’altro.
Notò un gruppo di pellegrini che pregavano mentre puntavano al Monastero.

- Dobbiamo mescolarci tra i pellegrini per entrare in città senza rischiare di farci identificare, ci serve un travestimento!- asserì Romano.
Intervenne Ludivine:- E dove lo troviamo? Non vede, signore, che controllano anche i carri?-
La ragazza diceva il vero.
Alle porte del centro erano sistemati dei controllori che scrutinavano le persone e il carico di merci dei commercianti.
In realtà, i tre viaggiatori non avrebbero, probabilmente, trovato molta difficoltà a entrare nel borgo, quanto rischiavano di non poter più uscire una volta che la notizia della loro fuga, con la loro descrizione, con anche la promessa sposa del principe, si fosse diffusa.
Certamente, sarebbe stato più opportuno evitare di farsi riconoscere e comunque non destare sospetti, passando inosservati.

Feliciano tirò la manica di Romano.
- Che c’è, Feli?-
- Forse, potremmo tentare con quelli..- e indicò una goffa coppia di anziani, moglie e marito, che tiravano le briglie di quattro muli che, a loro volta, trascinavano un carretto di panni sporchi.
All’interno erano riposte le budella e le interiora di animali che sarebbero state maneggiate e conciate affinchè diventassero dei rivestimenti impermeabili per le barche o delle utili saccocce.
I panni che, probabilmente, appartenevano ai cadaveri di qualche sconosciuto, non reclamati dalla propria famiglia, sarebbero stati disfati, lavorati per farne stracci per pulire le stalle.
Eh si che, quelli, non li avrebbero controllati.
Romano fissò quel carretto. C’era un’effettiva possibilità di trarne un nascondiglio sicuro per entrare indisturbati.
- Yuk! – si disgustò Ludivine impressionata.
- Temo non ci sia altra scelta, Ludi!- si costernò Feliciano.
Romano, invece, utilizzò un tono più duro, per niente sorpreso che una donzelletta di corte potesse essere schizzinosa a riguardo : - Se vuoi evitare d’insozzarti, puoi attenderci qui!-
La ragazza deglutì e guardò Feliciano.
- Posso?- chiese, angosciata.
- Certo, amore! Torneremo presto!-
Romano nascose uno sbuffo divertito dietro la mano. Era troppo ridicolo vedere il suo fratellino così devoto e invaghito nei confronti di quella damigella.
Certi paroloni l’immaginava uscire solo dalla bocca degli adulti, non certo dai bambini.

I fratelli Vargas si approcciarono velocemente al carretto e, al primo momento di distrazione della coppia, si gettarono nel cumulo di panni sporchi.
Come previsto, i controllori non si soffermarono molto a esaminare il contenuto del carico.
- BLEAAHHHH! Che roba è?- domando un contabile.
- Stracci e interiora di capra, signori!- rispose prontamente la donna, accanto al marito.
- Disgustoso! Fateli entrare!- ordinò il controllore, facendogli passare superficialmente il pedaggio, stomacato dall’odore.
D’altronde, ci voleva fegato per setacciare quel lordume nauseabondo.
Feliciano sussurrò, disperato, all’orecchio del maggiore : - Sto per vomitare!-
-Cerca di resistere ancora un po’!- incoraggiò Romano, che, a sua volta, si tappava il naso con entrambe le mani.

Il carretto venne trasportato nei pressi di un canale.
- Fratellone? Ci siamo fermati?- s’impensierì il minore.
- Così pare..ma che cazzo succeddd…- la partita venne scaricata dentro il fiume, che terminava in un piccolo laghetto, per essere manipolata.
Romano e Feliciano si ritrovarono fradici e coperti di stracci sporchi, sanguinanti e aderenti.
Per evitare di soffocare si arrischiarono a uscire dall’acqua.
La coppia, vedendo i fratelli avvolti in quel modo, li scambiarono per un oscuro presagio venuto dall’ Aldilà.
- Oh, Madonna Mia!!! La Signora della Morte è venuta a reclamare la nostra anima! OH DIO PERDONACI!!- urlò la donna, gettandosi a terra.
- Che l’Onnipotente ci perdoni!!- si accodò l’uomo.
- Feli..- chiamò sottovoce Romano, ricevendo l’attenzione del fratellino, disorientato dalla scena degli anziani coniugi che invocavano il Signore e imploravano il cielo con le mani giunte –.. Andiamo via!-
Così Romano e Feliciano scapparono lesti dal fiume, lasciando la coppietta ancora terrorizzata a piangere e supplicare.

Si nascosero dietro dei barili, si tolsero i cenci maleodoranti che ora appestavano di fetore la loro pelle e si misero a riflettere sul da farsi.
- Quella è la Basilica! Antonio ha detto che i documenti si trovano dentro il terzo cassetto della scrivania dello studio del Cardinale..-
- Fratellone?- il minore interruppe le sue tribolazioni.
- Che c’è?- si esasperò l’altro.
- Puzzi!-
- Feli, sto cercando di concentrarmi per entrare nell’edificio!- si snervò Romano.
Feliciano abbassò la testa mortificato e sfiancato.
- Scusa..è solo che..così ridotto..Ludivine non vorrà più rivolgermi la parola!- constatò amareggiato.
- Ti pare il momento di pensare alla tua sofisticata e suscettibile fidanzatina ?- s’irritò Romano.
- E’ solo che..- Feliciano s’imbarazzò.
- Piantala di fare il mocciso!- lo sgridò il fratello. In quei frangenti, i comportamenti infantili non erano tollerabili e davano molto sui nervi al maggiore dei Vargas.
 Il minore sospirò : - Certo..avessi dei vestiti freschi e ricamati come quelli di quei bambini, forse avrebbe delizia a farsi accompagnare in giro da me!- e si accovacciò desolato.
Romano alzò lo sguardo e vide una dozzina di ragazzini che ridevano felici e giocavano a rincorrere un pallone in cuoio sul prato adiacente la Basilica.
I loro abiti erano identici : bianco abbagliante, dal colletto e maniche dorate.
- Chierichetti!- esclamò Romano incantato.

Romano ponderò attentamente la situazione.
La verità era che Feliciano avrebbe potuto confondersi con molta facilità all’interno di quel gruppetto, in quanto l’età di quei bambini andava dai 7 ai 12 anni. Romano, sicuramente, l’avrebbero buttato fuori dal santuario a pedate nel didietro.
Nonostante questo, il maggiore si sforzò di elaborare un altro piano, conscio del fatto che non voleva mettere in pericolo la vita di suo fratello.
Fu Feliciano a esporsi: - Fratello, lo sai che io potrei provare a infilarmi tra di loro?-
- Non è necessario, Feli! Un altro sistema lo troviamo!- contestò l’altro, meditabondo.
Feliciano, tuttavia, non pareva affatto convinto dal maggiore e la consapevolezza lo portò a impegnarsi ancora di più: - Romano..io so leggere! Troverei quei documenti prima di te! Inoltre..tu correresti notevoli rischi dato che il Cardinale ti conosce!-
- Co..come..come fai saperlo?- si stupì Romano.
- Ho ascoltato la tua conversazione col capitano sul cavallo!- arrossì Feliciano.
- Non stavi dormendo?- bofonchiò l’altro.
- Non dormivo veramente!-
Romano trattenne il fiato. Quella piccola peste era a conoscenza, fortunatamente non di tutto.
 A meno che non avesse intuito, ma dubitava la sua immaginazione potesse concepire le oscenità che era stato costretto a subire, anche se, dopo averlo trovato a letto con Ludivine, aveva cominciato a riservare numerosi dubbi sulla presunta innocenza e purezza del fratellino.
Feliciano interruppe i suoi pensieri :- Posso farcela, Romano!- proclamò risoluto, poggiando una mano sulla sua spalla.
Quando Feliciano s’impuntava in maniera così caparbia, era difficile distoglierlo dai suoi propositi.
Come se avessero, poi, molta scelta a riguardo.
Romano ripensò ad Antonio che si era sacrificato affinchè portassero a termine il loro obiettivo.
- Va bene, Feli! Mi fido di te!-
Così i Vargas elaborarono un piano.

Quando la monaca richiamò i giovani, questi la seguirono obbedienti all’interno della Basilica, passando da una porticina laterale.
Feliciano si mosse a sua volta, sotto lo sguardo apprensivo di Romano e, cercando di non farsi vedere, entrò in una specie di sgabuzzino ove i bambini potevano cambiarsi d'abito.
Attese pazientemente che questi si spogliassero e indossassero il grembiule cerimoniale per la messa. Questo era lilla e bianco con delle croci sulle spalle e una sul collo.
Quando la dozzina si accodò per entrare nel coro della chiesa, per cantare, Feliciano scambiò i suoi  abiti a sua volta, con uno dei bianchi dei chierichetti , prendendo quello che calzava meglio.
- Rubare è peccato!- aveva detto Romano – Ma Dio ci perdonerà se poi restituiremo la refurtiva!-
Feliciano non entrò nel coro della Chiesa, ma si mise a gironzolare per cercare di capire dove potesse trovarsi lo studio agognato.
La Basilica era ampia e alta, avrebbe impiegato molto tempo prima di riuscire a individuare la stanza giusta.

Improvvisamente, una porta si spalancò e da un loculo di preghiera uscì un prete, vestito umilmente e con il cranio rasato quasi completamente. Vide il giovane.
Feliciano s’impanicò. Non sapeva se scappare o affrontarlo a viso aperto quella persona, quindi, semplicemente si bloccò, paralizzato.
- Ehi piccolo! Tu non dovresti essere a cantare le strofe in questo momento?- s’insospettì il prete.
Feliciano rimase immobile, tentennando.
A quel punto, l’altro lo prese per un braccio e lo scosse leggermente.
- Ehi!-
- Io..io..mm.. devo..vedere..il Cardinale De Chanteu..mi ha..invitato..nel suo studio!- balbettò Feliciano, provando a inventarsi qualcosa.
A differenza di Romano, non era capace a combattere a mani nude, quindi, l’idea era di non farsi cogliere con le mani nel piatto. Come invece era avvenuto.
In quel caso, avrebbe dovuto dichiararsi un allievo della scuola canonica canora.
Il prete lo studiò per alcuni secondi, dopodiché accadde qualcosa di bizzarro.
 Le sue rughe si distesero e sul volto comparve un sorrisetto compiaciuto. I suoi occhi si fecero ancora più famelici e indagatori.
- Ahhhhhhh! Il Cardinale vuole vederti! Capiscooo!- e prese il bambino per la mano.


Il prete accompagnò Feliciano nello studio del Cardinale, che si trovava al secondo piano di quel grande composto religioso.
La camera era ariosa e luminosa, praticamente tutto il complesso di mobili era in legno pregiato e una vasta libreria circondava una scrivania  cerata, lucente e massiccia.
Il ragazzo si accorse subito dei cassetti sotto il ripiano e individuò quello desiderato. Il terzo.

- Tu aspetta qui! – incoraggiò il prete, mentre richiudeva la porta alle sue spalle- Il Cardinale non si farà certo attendere!- considerò.
TLACK TLACK
Chiuse con le chiavi le porte.
Feliciano, inizialmente, si allarmò nel constatare di essere stato chiuso dentro. Provò ad aprire la porta, ma non ci riuscì.
 Si costrinse a calmarsi e valutò le sue priorità.
Prima avrebbe recuperato i documenti, successivamente avrebbe cercato un sistema per uscire da lì.
Si accovacciò sotto il tavolo e si azzardò ad aprire il terzo cassetto. Era chiuso.
Ok. Questo l’avevano messo in conto.
Romano aveva ipotizzato: - Nel caso fosse chiuso, utilizza il cartocino!-
Era possibile forzare e aprire le serrature, semplicemente sfruttando l’adattabilità della carta, se si trattava di serrature piccole e poco elaborate, come in questo caso.
In quel luogo, il cartoncino certo non mancava. Così ricordò i passaggi che gli aveva insegnato il fratello.
Strappò le copertine di alcuni libri che gli garbavano meno, nonostante lui rispettasse molto ogni opera letteraria, e, in poco tempo, riuscì a costruire una parvenza di chiave che riuscisse a ingannare la serratura e aprire il cassetto.
Rovistò freneticamente tra i fogli sparsi.
Quel materiale presentava di tutto: contabilità, mappe, preghiere, sermoni, lettere etc.. ma niente che riconducesse a ciò che stavano cercando.
- Non ci sono..- farfugliò angosciato.
Ri- esaminò nuovamente il contenuto del cassetto.
- Non è possibile!-
Cartaccia inutile.
- Non ci sono! Non ci sono! Non ci sono!- si disperò.

La serratura della porta della stanza scattò più volte.
Feliciano, con un calcio, chiuse febbrilmente il cassetto.
Fece il suo ingresso un uomo anziano, sulla settantina, che indossava pompose e appariscenti pellicce e pesanti gioielli di giada . “Il Cardinale” indovinò il giovane.
L’uomo esplorò la stanza e quando il suo sguardo cadde su Feliciano, il suo viso rivelò dei lunghi denti marci aggrediti dal tartaro.

***************************************
 Fine Capitolo 9.
“ Chi non muore, si rivede!”
Solo che, stavolta, tocca a Feliciano. Come ne uscirà?
Oltretutto, la documentazione che cercavano sembra essersi volatilizzata o, peggio, mai esistita.


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Capitolo 10
*** Il Peccatore al Confessionale ***


IL PRINCIPE  E  L’ AMANTE
 -Capitolo- 10

                               

                                                                              IL PECCATORE AL CONFESSIONALE



“Troppi rischi!” si struggeva Romano.
 “ Sono un deficiente! Non avrei dovuto lasciarlo andare!”. Girò l’angolo pensieroso.
 “ No! Sa badare a se stesso! E' quasi un adulto, oramai!" .Allungò la curva.
 "Suvvia ha rimorchiato anche una damigella di corte raffinata!! Vuoi che non sappia portare a termine una missione così semplice? ”. Girò nuovamente l'angolo.
“NON E’ VERO!!! E’ ancora un bamboccio!!! Sono un cretinoooo!!”

L'uomo entrò lentamente nella stanza, senza staccare li occhi dal bambino.
Le sue lunghe mani, con le unghie affilate, non abbandonavano i bordi dei rivestimenti delle pareti in legno.
- Ci conosciamo?- domandò il Cardinale ambiguo, ma con tono ammorbido.
- N..n..no Signore! Son..sono nuovo! Faccio parte della scuola di canto!” balbettò intimidito Feliciano, palesando il suo abito a conferma delle sue parole.
Il  Cardinale lo scrutò un attimo e poi scoprì nuovamente i denti affilati:  - Ahhh ecco! Immaginavo fossi un novizio!- e accarezzo, con le lunghe dita, il tavolo di legno – Sai..io, i miei allievi, li conosco tutti..personalmente?! Sono un Cardinale, sai? -
Si avvicinò pericolosamente, ma Feliciano rimase fermo, in soggezione.
- Sei grandicello! Quanti anni hai?-
- Tre..tredici..si..signore..e!-
-  Ohhhh! Interessante!- e gli posò paternamente la mano sui capelli – Scommetto che hai una voce adorabile!- così supponendo prese il ragazzino per i gomiti e lo depositò dolcemente sulle sue ginocchia - Perché non mi canti qualcosa?- gli chiese amorevolmente, mentre gli accarezzava la schiena.
Feliciano farfugliò qualcosa imbarazzato.
- Suvvia, non hai motivo di essere timido! Questa è la casa del Signore! Puoi aprirti tranquillamente a me! Sono un Cardinale, sai?-
Il bambino rimase in silenzio, non sapendo nè cosa fare, nè cosa dire.
- Considerami come un pastore!-
E scese sulle cosce del ragazzo che rabbrividì.
- Vuoi forse confessarti?- domandò lascivo.
Feliciano trasalì al tocco malizioso del vecchio.

“ Sono un emerito stronzo!” continuava a disperarsi Romano, mentre percorreva avanti e indietro il prato dove si erano separati col suo unico familiare.
“ Se gli dovesse succedere qualcosa..non me lo perdonerei! NON ME LO PERDONEREI!” si rimproverò testardamente.
Poi vide il fratellino schizzare scioccato fuori dall’edificio.
- Feli!-
Il bambino si scaraventò sul maggiore tremando in maniera innaturale.
Romano, vedendolo così traumatizzato, si preoccupò non poco.
-  Feli! Che è successo? Che ti prende?-
Il bambino continuò a tremare sul petto del fratello.
A quel punto, il magiore lo afferrò dalla spalla e gli diede un forte scossone.
- MI VUOI DIRE CHE CAZZO E’ SUCCESSO? Hai trovato quei documenti o no?-
Feliciano alzò la testa e lo mirò coi suoi occhi lucidi.
- No..non..non li ho trovati!-
Il maggiore s’incupì: “ Se Flavien ha detto una cazzata: siamo F-O-T-T-U-T-I!”
Accarezzò dolcemente la testa del ragazzino per tentare di calmarlo,dato che lo vedeva ancora spaventato .
- Suvvia adesso! Non è mica colpa tua se non c’erano! Forse li ha nascosti da un’altra parte!- cercò di consolarlo conciliante.
In tutto questo, non poteva fare a meno di pensare alla sorte di Antonio: se era riuscito a scappare, se l’avevano catturato, imprigionato oppure ucciso.
Se si fosse trovato in qualche guaio, la colpa era esclusivamente sua e doveva rimediare facendo del suo meglio. Per quel che poteva.
Continuò assorto: - Dobbiamo entrare un’altra volta!-
- NO! Io non ci metto più piede lì dentro! Mai più!- gridò Feliciano, riscuotendosi brutalmente.
- Ma ..- Romano lo fissò sconcertato – Feliciano?-
Quest’ultimo non disse niente, evitando accuratamente gli occhi indagatori del fratello.
Un dubbio s’instaurò nella mente del maggiore: - Hai visto qualcosa, Feli?-
Ancora una volta, Feliciano si rifiutò di rispondere.
Romano incalzò: - Hai incontrato qualcuno?-
Il bambino rabbrividì e prese a strofinarsi nervosamente le mani; un atteggiamento che certo non poteva sfuggire a chi aveva passato con lui ampio arco della sua esistenza.
- Chi era costui?- interrogò Romano, scoprendosi, a sua volta, abbastanza irrequieto.
- Il Cardinale…- sussurrò Feliciano, prima di sedersi sulle ginocchia, fremente, nascondendo il volto tra le mani.
Nemmeno il tempo di concludere quella parola che Romano, già, non vedeva che rosso.

L’idea che quell’uomo avesse potuto fare QUALUNQUE cosa a suo fratello, gli fece ribollire il sangue come non mai, offuscando qualunque sua antecedente capacità di giudizio.
Senza dire una parola, si avviò a passi lunghi verso l’entrata della Basilica.
Quando lo videro arrivare, le suore e i frati lo scambiarono per un viandante o un pastore, ma quando questi afferrò il collo di un religioso, ordinandogli ferocemente d’indicargli ove si trovasse il Cardinale, intesero bene che non si trattava di un turista di passaggio.
De Chanteau stava seduto comodamente sulla sua poltrona, davanti la scrivania, quando sentì Romano piombargli addosso come un falco e scaraventarlo a terra.
- Prova a chiamare aiuto e io ti strappo quella tua sudicia lingua, verme!-
Il Cardinale si alzò sui gomiti e, alla vista del ragazzo, non potè far a meno di sorprendersi: -Tu?-
Romano gli ruppe il naso con un pugno: - Proprio io! Faccia da culo!-

Il Cardinale si tenne, con le rugose mani, la cartilagine che perdeva sangue.
Romano, dal canto suo, non provava alcuna pietà per quell’essere così infimo e meschino.
- Che cazzo hai fatto a mio fratello, eh?- lo minacciò spietato.
Constatando che il vecchio non rispondeva, gli schiacciò un braccio con un piede: - RISPONDI, FIGLIO DI PUTTANA!!-
- AHHHH! Quello…era tuo ..fratello?- biascicò il Cardinale – Non gli ho  fatto niente! GIURO!- implorò stremato, ma la sua faccia rifletteva, come uno specchio, l’anima del corrotto.
- BUGIARDO!- accusò Romano, dandogli un calcio dritto sulla mascella.
Il Cardinale ruzzolò a terra, gemendo di dolore.
Il ragazzo s’inginocchiò accanto all’uomo, che si rotolava sul pavimento, e lo afferrò nuovamente per portarlo ad altezza dei suoi occhi che lo fissavano furenti e colmi di disprezzo.
- Ascoltami bene, stronzo! Ti faccio una sola domanda ed esigo una sola e immediata risposta : Dove.sono.quei.documenti?- scandì rabbioso.
- Di che…stai parlando?- bofonchiò, faticosamente, il vecchio.
Romano gli diede un pugno in faccia, facendogli saltare due denti, di cui uno d’oro.
- QUELLI CHE VI SONO STATI DERUBATI ALCUNI MESI FA! DOVE SONO???-  s’infurì il ragazzo, lasciando trasparire la sua collera.
De Chateau sputò del sangue dalla bocca e poi guardò Romano col volto tumefatto: - AHHH Quelli!! Li ho bruciati!-

Romano sentì il mondo cascargli addosso come un macigno.
I documenti che cercavano. Quelli che avrebbero provato l’esistenza di un altro erede. Quelli che avrebbero restituito alla Francia un re più onorabile di Francis. Quelli che avrebbero permesso ai Vargas di ritornare a una vita tranquilla nel loro villaggio. Quelli che avrebbero potuto scagionare Antonio, se era ancora vivo.
Bruciati! Ridotti in cenere!
Romano traballò, mollando la presa sull’anziano: - Pezzo di merda! SEI BUGIARDO OLTRE CHE DEPRAVATO!-
De Chateau ridacchiò, sputando, di tanto, in tanto, grumi di sangue : - Eheh! Non c’è nulla di perverso nel cercare di raggiungere il Paradiso,  sfidando il nostro spirito che è, ancora, incollato al nostro corpo materiale sulla terra! - sfidò provocatorio.
Romano, che pure schifava quell’uomo dal profondo, provava troppo rispetto per la sua carica ecclesiastica per non ascoltare e soppesare le sue parole.
-Mi fai ribrezzo! !- valutò infine- Mi dai il voltastomaco!- ribadì ancora.
- Tu sei come me!- decretò il Cardinale sorridendo coi suoi denti marci.

Romano lo colpì così violentemente, con una ginocchiata sullo stomaco, da mandarlo a battere la testa.
- NON AZZARDARTI A PARAGONARMI A UNA BESTIA DEVIATA QUALE SEI TU!-
De Chateau, tenendosi la pancia, affrontò nuovamente il ragazzo:- Lo sai perché hai acconsentito a diventare l’amante del principe? Perché, in fondo, ti piace, Lovino..Ti piace da morire sottometterti, come un animale, concedendoti ai desideri e alle voluttà carnali degli uomini ! – lo schernì.
- TACI! Prima che ti faccio ingoiare le tue budella ammuffite !- ringhiò Romano.
- AHHHHH! Sono tutti casti e onorevoli quando ci parli…! Ma no, Lovino! Siam tutti peccatori in fondo, perché puri e incontaminati sono solo i santi!-
- STAI ZITTO, BLASFEMO!-
- Persino il buon vecchio re amava trastullarsi con le femmine e le gitane del borgo!- si avvicinò con tono ammaliante.
- PIANTALA!-
- Ma poi dico io: Che futuro sovrano può concepirsi da un amore carnale e sregolato, fuori dalla sacra unione matrimoniale, con una strega? Il frutto del demonio non può che essere nefasto e deleterio per l’intero regno!-
- EHI! NON AZZARDARTI AD AVVICINARTI, DANNATO!-
- Ti piacerebbe, eh Lovino? Peccare col figlio della perdizione?-pronunciò suadente, guardandolo con occhi intrusivi e perfidi-.. o preferiresti il Demonio in persona?-  

Romano non ebbe nemmeno il tempo di replicare che il Cardinale con un coltello, che teneva ben occultato nella manica, gli saltò al collo, cercando di sgozzarlo.
 Il ragazzo riuscì a scansarsi all’ultimo momento, ma l’arma affondò nelle carni del suo fianco sinistro.
Emise un lungo gemito di dolore, tastando la ferita e contemplandone il sangue che fuoriusciva vistosamente.
De Chanteau tentò un altro assalto, tentando nuovamente di tagliarli la gola, ma Romano, più giovane, atletico e, oramai, preparato, riuscì a schivare il colpo e, a sua volta, si fiondò sul collo del Cardinale.
I due lottarono a terra, a lungo, finchè il vecchio lasciò andare il coltello, oramai inerme, sul pavimento.
Romano l’aveva strangolato fino a ucciderlo.
Il ragazzo si alzò. Si soffermò sul sangue che macchiava le sue mani, poi contemplò il cadavere del Cardinale, steso a terra, dal volto scolorito e sconvolto per la mancanza d’aria:
- La fine adatta a un cane!- commentò secco.
Aveva portato a termine la vendetta per Feliciano e la sua personale.

Le urla avevano richiamato le suore e i frati dell’Istituto. Il vociare si faceva sempre più intenso.
Romano afferrò il dente d’oro che aveva fatto saltare a De Chanteau e se lo mise in tasca. Poteva sempre essergli utile.
Poi, tenendosi la mano sul fianco, tentando di bloccare inutilmente l’emorragia, si avviò verso la porta.
Si affacciò. Le voci era troppo vicine.
“ MERDA!”
Vacillò fino alla finestra e si sporse.
“ E’ alto..molto alto! Però ci sono abbastanza appigli! Se faccio attenzione alla ferita, potrei riuscire a muovermi sul cornicione in pietra, scendere dalla parte del giardino, così non dovrei farmi notare”
Rapidamente, portò a termine il suo piano. Rischiò due volte di precipitare, ma ebbe la lucidità di bilanciarsi adeguatamente col bacino e con le braccia.
Quando riuscì a scendere, al tocco dell’erba del giardino del cappella retrostante la Basilica, contemporaneamente si sentì un urlo atterrito della suora che aveva rinvenuto, con orrore, il corpo morto del Cardinale Miroy De Chanteau.

Feliciano aveva sfruttato un barile, ricolmo di datteri, come nascondiglio. Quando vide Romano, gli corse incontro.
- Fratellone? Fratellone? Che succede? Tutta la città è in allerta! Ho visto che… AHHHHHH! Ma..ma sei ferito??- il bambino rimase inorridito a fissare la chiazza rossa che si espandeva inesorabile sul vestito del maggiore.
- Fratellone, dobbiamo fermare il flusso!- si preoccupò Feliciano.
- Non ora, Feli! Troviamo un rifugio più sicuro, prima!- raccomandò Romano, nonostante la lacerazione gli provocasse goccioline di sudore lungo tutto il corpo.
Trovarono il luogo adatto in una catapecchia appartata ove un contadino allevava le galline.
- Qui non ci vedrà nessuno! Siamo al sicuro! Almeno per questa notte..- il minore cercò di mostrarsi confortante, a fronte dell’impallidire delle guancie del fratello.
Romano lasciò andare la testa indietro e provò finalmente a rilassarsi. Compito non facile.
Feliciano si alzò ansioso.
 - Vado a prenderti dell’acqua potabile!- affermò determinato, ma il l'altro lo bloccò immediatamente.
- Non muoverti!- ordinò.
Feliciano lo guardò dispiaciuto, notando che il suo tono accusava la sofferenza a causa dell'affondo del coltello.
- Ma tu hai bisogno di bere!- reagì esasperato.
Romano ammirò il suo sangue impastarsi con la terra del pollaio.
I documenti era stati bruciati. Avevano faticato tanto per non concludere niente .Tuttavia, non potevano desistere. Non ancora.
- Resta qui, Feli! Riposiamoci un po’! Domani sarà una giornata intensa!- affermò, affaticato.
- Perché?- chiese il bambino, accovacciandosi accanto al maggiore, stringendogli un braccio.
- Dobbiamo cercare una strega!- proclamò Romano, mentre i suoi occhi scintillanti venivano coperti dalle palpebre esauste.


*********************
Fine Capitolo 10
Romano non ha un’alta considerazione delle streghe, eppure il suo scopo è trovare la madre che ha partorito l’eventuale erede legittimo; anche se questa fosse in grado di controllare le arti oscure.
Riuscirà nel suo intento?



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Capitolo 11
*** All'Origine della Colpa ***


IL PRINCIPE  E  L’ AMANTE
 -Capitolo- 11

                                
                                                                                           ALL'ORIGINE DELLA COLPA

 

- PER LA BARBA DI  MIO ZIO FETONTE!!  LADRI DI POLLI!!-
Romano e Feliciano si svegliarono di soprassalto,con le galline che svolazzavano intorno al loro giaciglio, trovandosi di fronte un uomo ricciuto e dai capelli bianchi. Presumibilmente il proprietario di quella baracca dove avevano trovato rifugio.
- PER LA BARBA DI MIO ZIO..PER LA BARBA DI MIO ZIO..!!- Così imprecando, puntò il forcone all’indirizzo dei Vargas.
Feliciano scoppiò a piangere disperato :- La prego, Signore!! Non ci faccia del male!!-
Romano, dal canto suo, rimase impassibile a fissare accigliato quell’individuo.
 - Cosa siete venuti a fare nella mia tenuta ? Volevate rubare le mie galline, eh?- minacciò il contadino, avvicinando le punte arrugginite del forcone.
Feliciano si mise a balbettare agitato: - Nononono, Siisi..siignore..e..e noi non siamo la..ladri..noi..stavamo..o..-
- Cerchiamo una strega!- tagliò corto Romano, interrompendo bruscamente il minore.

- COSA ODONO LE MIE ORECCHIE??? AH! Cercate sventura per essere così incoscienti o stupidi da volerne incontrarne una! Oppure…- i suoi occhi s’incupirono maligni e provocò i Vargas con l’attrezzo -.. siete delle spie demoniache e volete avvelenare le nostre acque col supporto di quelle megere, eh???-
Feliciano si strinse al maggiore spaventato, ma, quest’ultimo, risoluto,  non si lasciò impressionare dal proprietario armato.
Chi, meglio di lui, sapeva trattare con dei contadini rozzi e incolti ? Erano i più semplici della scala sociale: aggredivano se guidati dalla rabbia o dalla paura e, in questo caso, si trattava della seconda.
- Tsk..Credimi amico, fosse per me, le rispedirei a pedate nelle tenebre da cui provengono!- asserì comprensivo il ragazzo.
Le streghe erano considerate delle anime nere, mandate da Belzebù in persona, per far marcire i raccolti, ammalare le vacche, rendere sterile la terra, impedire il naturale ciclo delle pioggia e via dicendo.
Certamente non erano apprezzate dal popolo, tuttavia, allo stesso tempo, venivano temute ed evitate il più possibile.
Romano non faceva eccezione. Il suo disprezzo nei confronti delle fattucchiere era tangibile e palese.
-..Tuttavia..- continuò audace -.. devo sapere dove posso trovarne una, qui, nei dintorni!-
Pensava che le streghe fossero, in qualche maniera, collegate tra loro da un legame che solo la magia nera poteva spiegare.
Sapeva che, quella che cercava lui, si trovava nei dintorni di quel borgo. In caso contrario, l’avrebbe rintracciata tramite quel vincolo che le univa.
L’uomo ricciuto non parve affatto convinto. Chi mai avrebbe avuto l’ardire o la follia d’incontrare quei demoni?
- Perché?- domandò scettico.
Feliciano si frappose ansioso : - Perché vede..il Principe potrebbe non..-
- Il Principe potrebbe essere vittima di un sortilegio di questi esseri tentatori!- lo interruppe il maggiore.
- Ah si? Il Principe è stato maledetto?- inorridì il signore, tremando.
- Mmmm..non necessariamente! Però, ultimamente, soffre molto a causa di dolorose fitte alla schiena! Dobbiamo interrogare una strega per carpirle il segreto e spezzare il malocchio!- argomentò deciso Romano.
I contadini non brillavano certo per arguzia. Erano ingenui sebbene diffidenti per principio.
- E hanno mandato due ragazzi a svolgere questo arduo compito?? – si scandalizzò il contadino.
Romano assunse una posa sconvolta, portandosi una mano sulla fronte, e, con tono saccente, replicò:- OVVIO! Non dobbiamo destare sospetti! Se vedesse un intero reggimento reale bussare alla porta della sua dimora..come pensi reagirebbe? -
L’uomo si accarezzò pensieroso la barba, anch’essa ricciuta: - Mah..ecco..-
- Ho affrontato molte sfide prima di giungere in questa città! Dio solo sa che mostruosità hanno ottenebrato, tormentando, la mia mente o cercato di scalfire la mia lealtà e il mio orgoglio!-
- Davvero??- si stupì il contadino, abbassando, infine, il forcone appuntito.
Il maggiore dei Vargas indicò la ferità che gli aveva procurato la colluttazione col Cardinale.
- Come vedete, buon uomo, gli spettri della notte cercano d’impedirmi di portare a termine il mio dovere! Ma io sono devoto al mio principe e quindi non esiterò a rischiare la MIA vita pur di vederlo guarito e nuovamente in forze per governare con saggezza!- asserì convintamente Romano.
Il signore ricciuto fissò attentamente la ferita .Chissà quanti sacrifici stavano fronteggiando quei ragazzi per onorare il Principe di Francia!
- Vi chiedo perdono per la mia insolenza! Permettetemi di medicarle l'offesa e offrirvi un pasto caldo!- s’inchinò umilmente.
A Feliciano brillarono gli occhi.
Romano, dal canto suo, assunse un atteggiamento da sufficienza e, avvilito, soggiunse: - Mi rendo conto che, approfittare della sua benevolenza sia indegno per un uomo,al servizio ella Corona, rispettabile ma temo che, nella mia deprecabile condizione, non possa essere ligio alla mia missione e affrontare in forze la strega, perciò..accetto, sebbene a malincuore!-
- Suvvia, suvvia, non siate troppo severo con voi stesso! Lasciate che vi aiuti!-
Prima di entrare nella casetta del contadino, Feliciano si approcciò di soppiatto all’orecchio del maggiore: - Da quando hai imparato a recitare così bene?-
Le lunghe frequentazioni negli appartamenti reali avevano affinato Romano, rendendolo un po’ più cinico e astuto di quanto non lo fosse mai stato prima.
- Mmm..direi la necessità di salvaguardare la nostra pelle! Ma tu non prendermi da esempio! Le bugie non dirle mai, che è peccato!- si raccomandò premuroso.

I Vargas erano nuovamente per strada.
Il contadino barbuto aveva fornito loro ben due velli di pecora intrecciati affinchè potessero nascondersi dagli sguardi indesiderati e maligni dei "diavoletti del tramonto".
Non parlarono più del Cardinale De Chanteau. Nessuno dei due desiderava intrapredere una discussione a riguardo e,comunque, non era il momento adatto.
Feliciano seguiva preoccupato il maggiore, il quale aveva i nervi a fior di pelle, in quanto, se possibile, la situazione si era complicata ben più del previsto.
- Che io sappia: non si vedono streghe in queste campagne da anni, oramai!-
Così aveva detto quell’uomo ed era comprensibile che, Romano, fosse alquanto irritabile.

- Chissà come sta Ludivine..- commentò demoralizzato Feliciano.
- Santi Numi! Non ricominciare con questa storia!-
- Ma non ci vediamo da giorni!- replicò il bambino angosciato.
- Due giorni, Feli! Due fottutissimi giorni!- evidenziò l’altro stizzito.
- Speriamo abbia trovato un riparo dal freddo di questa notte! Stamattina avevo le mani congelate!-
- E QUINDI??? Credevi che fosse un viaggio di nozze questo? Lo capisci cosa cazzo c’è in ballo in tutta questa faccenda?? Antonio si è sacrificato per la nostra causa e forse è..morto! MORTO, CAPISCI? E tu ti preoccupi che la tua fidanzatina si sia presa il raffreddore???-
Feliciano abbassò il capo mortificato con gli occhi ricolmi di lacrime.
Il maggiore continuò a rimproverarlo aspramente:- Pensi che mi faccia piacere girovagare come una trottola, chissà dove, in cerca di non so bene chi, al fine di ottenere chissà cosa?-
Feliciano intimorito provò a prendere parola, ma venne interrotto dallo sfogo del maggiore.
- Non so nemmeno perché lo sto facendo, Feli! Perciò, per piacere, NON ROMPERE I COGLIONI PURE TU!- terminò furente e ansimate, lasciando il minore a piangere alle sue spalle.
Non che fosse questo il suo obiettivo, per carità, ma si era stufato di quella avventura.
Se non fosse stato per Antonio, probabilmente, avrebbe volentieri lasciato quella gatta da pelare a qualcun altro più motivato per tornare al suo villaggio natale a coltivare pomodori come aveva sempre fatto.
Non importava più nulla che fosse una vita misera e meschina: a lui andava bene così! Senza intrighi e gingilli di Corte. Duro lavoro e pochi pensieri. 


Alzò la testa: - Ci siamo!- decretò asciutto.
L’unica persona a cui potevano rivolgersi, a quel punto, era colei che vedeva le partorienti dare alla luce i propri neonati: la levatrice.
Il contadino aveva giurato che tutti si rivolgevano a Madame Godeliève Lison: una vecchia decrepita, ma, nel suo campo, quella dalla conoscenza più vasta ed esperta.
- Mi aspettavo di meglio!- considerò Romano, contemplando la piccola catapecchia legnosa della tizia.
- Vabbè..entriamo su!-

Improvvisamente sentì due file di denti penetrargli le carni della gamba.
- AHHHH! PORCA PUTTANA!!-
Un cane piccolo e vecchio, dal pelo bianco, chiazzato di marrone, gli aveva azzannato il polpaccio.
- FELICIANO! FELICIANO! TOGLIMI QUESTA DANNATISSIMA BESTIACCIA DI TORNO!-
Una cosa che aveva sempre strabiliato Romano era l’affinità che Feliciano riusciva a creare con gli animali.
Quest’ultimo sosteneva che ogni creatura aveva in sè la capacità di percepire quando qualcuno avesse buone o cattive intenzioni, ma, Romano, avrebbe scommesso un intero raccolto sul fatto che, a volte, gli animali potessero intendere quando Feliciano parlava loro.
- Qui piccolino! Qui! Quel cattivone di mio fratello ti ha spaventato??- ridacchiò il bambino, porgendo dolcemente la mano al cagnolino.
La bestiolina, senza mollare la presa, drizzò le lunghe orecchie all’indirizzo di Feliciano, il quale sorrise conciliante.
- Sta tranquillo! Nessuno ti farà del male!-
Il cane mollò la gamba di Romano, il quale si buttò a terra per massaggiarsela, commentando stizzito: - AH! Noi dovremmo fare del male a lui, adesso??-
La creaturina si avvicinò a Feliciano, annusando l’aria incuriosito.
Il minore dei Vargas allungò la mano per accarezzarlo.
- FELI! STA LONTANO DA LUI! VUOI CHE TI MORDA? POTREBBE AVERE QUALCHE MALATTIA! -
Feliciano ignorò il maggiore e abbracciò il cagnolino, accarezzandolo teneramente dietro le orecchie penzolanti: - Sei al sicuro, adesso!- sorrise.
La bestiolina lo leccò e scodinzolò felice.
-Bastardo di nome e di fatto!- stimò  indispettito il maggiore dei Vargas.

- Briac! Briac! Chi è là fuori?- una vocetta rauca e debole uscì dalla casetta in legno.
I Vargas si lanciarono uno sguardo 'intesa ed entrarono dalla porta principale.
- Permesso..- Romano si guardò intorno.
L’ambiente era piccolo, povero e presentava l’essenziale alla sopravvivenza e al mestiere.
Confrontandolo con il lusso sfrenato cui si era abituato, vivendo con Francis, quello poteva essere lo sgabuzzino delle scope, a voler essere generosi.
Eppure il ragazzo si trovava paradossalmente più a suo agio in quella catapecchia accogliente piuttosto che nelle pompose e raffinate sale reali.

- Chi è?- guaì una donna che stava di spalle, mescolando un minestrone di legumi in cucina.
Romano, conscio della celerità con cui le notizie si diffondevano tra le vie cittadine, decise che non era il caso d’identificarsi, in modo da premunirsi da eventuali ulteriori problemi.
- Buongiorno Signora! Perdoni l’intrusione! Mi chiamo Thibau Tyen e questo è mio fratello Gervais! Stiamo cercando Madame Godeliève Lison! Per caso potrebbe indicarci dove trovarla?-Proclamò Romano introducendo sé e il fratello.
La signora, continuando a girare la brodaglia, rispose stancamente:- Cosa volete?-
- E’ lei Madame Lison?- azzardò Romano.
- Qui abito solo io e il mio cane, Monsieur Tyen!-
- Ah..Bene! Madame..avremmo bisogno di un’informazione e lei è l’unica persona che, forse, potrebbe aiutarci!-
La donna l’ignorò senza ritegno.

- Possiamo..mm.. accomodarci?- domandò titubante Romano.
La signora, facendo cenno con la testa, assentì: - Fate pure!-
I Vargas presero posto a sedere su delle scomode sedie di cedro.
La donna, finalmente, decise di scostarsi dalla cucina e trasportò dai manici il pentolone bollente al centro del tavolo.
- Volete favorire?- domandò pacatamente, porgendogli una ciotola di terracotta.
Solo in quel momento, Romano si accorse dei suoi occhi senza luce. Non era insolito che le persone molto anziane perdessero la vista, ma faceva sempre impressione constatare come, nonostante la solitudine, riuscissero a svolgere tenacemente le loro faccende domestiche come se nulla fosse.
- No, grazie..noi vorremmo solo..-
- SI! LA PREGO! Sto morendo di fame!!-  s’infervorò Feliciano, anelando un pasto dopo giorni di digiuno.
- FEL..cioè GERVAIS! NON ESSERE IMPUDENTENTE!-
La signora ridacchiò, anche se dalla sua bocca uscì una specie di racchiare simile ai corvi.
- Suvvia Monsieur Thibau Tyen! Un po’ di lenticchie e fagioli aiuteranno certamente suo fratello a crescere sano e forte!- e allungò la ciotola al bambino che la svuotò vorace.
Romano lo guardò con sdegnato e gli diede una leggera gomitata: - Ringrazia almeno!-
- GRAFFIE MILLE SIGNOFA!-
" E pensare che ha mangiato qualche ora fa! Che ingordo!" commentò fra sè, alzando gli occhi al cielo.

- Dunque… a cosa devo questa visita?- domandò Madame Lison, cercando la sedia.
- Posso aiutarla?- si prodigò Romano, alzandosi per  aiutarla a sedersi.
- No, no, caro! Faccio da sola!- rispose lei dolcemente.
- …Come l' aggrada! Allora..il motivo della nostra visita..quindi..noi stiamo cercando una donna! Per l’esattezza una strega!-
La levatrice alzò un sopracciglio curiosa: - Una strega hai detto?-
- Precisamente!-
- E perché mai la venite a cercare qui?-
- Questa strega, probabilmente, ha dato alla luce un bambino e lei potrebbe sapere di chi si tratta dato che elargisce la sua opera da più di mezzo secolo in queste terre!-
Madame Lison si limitò a raschiare col cucchiaio di legno il fondo della ciotola, pensierosa. Erano rimasti pochi ceci, ma Romano non si permise di farglielo notare. Non sarebbe stato cortese.
- Perché v’interessa saperlo?-  interrogò infine.
- Vede Madame..- cominciò il maggiore -.. sto effettuando degli studi presso il Monastero di Timblér e devo recuperare tutto il materiale utile per documentare i posteri sulla presenza di spiriti maligni in queste pianure!-
- Capisco..- riflettè la vecchia, portandosi la mano sul mento-.. Adesso, però, mi dica la verità!-
- La verità? E’ questa la verità!- si scandalizzò Romano.
Feliciano, sulla sedia, si scompose, agitato.
- Lei sta mentendo, Monsieur Tyen!- sancì Madame Lison, penetrando il ragazzo come se i suoi occhi ciechi potessero vedere.
Romano s’innervosì: - Affatto! Sono alla dipendenze della diocesi che..-
- Se non desidera spiegarmi il vero motivo della sua visita, io non potrò esserle di alcun aiuto, ragazzo!- interloquì la donna, pacatamente, ma dal tono fermo.
- Signora!- tentò nuovamente Romano con tono impermealito e deciso –.. Sono alquanto sconcertato dalle sue allusioni e non credo questo sia…-
- Monsieur Tyen, la prego, sia sincero con me!-  concluse Madame Lison.

Romano rimase a fissarla. Come poteva quella donna, vecchia e cieca, percepire che stava mentendo in maniera così evidente. Era, forse, anch’essa una fattucchiera? Qual’era il segreto di tanta perspicacia?
Forse, sotto quell’apparenza d’anziana donna bisognosa,  nascondeva una personalità sensibile e un’arguzia da non sottovalutare.
- Come l’ha capito, Madame?- sospirò, arresosi, Romano.
- Dove gli occhi non vedono..arriva il cuore, monsieur!- sorrise Madame Lison.
- Devo salvare un mio amico..!- confessò Romano, infine.
- Ora va meglio! E come ti chiami?- bisbigliò la donna compiaciuta e accondiscendente.
- Romano! Romano Vargas, signora!-

- TORNATE A TROVARMI QUANDO DESIDERATE!- salutò  Madame Lison dall’uscio della porta.
Erano stati più onesti del previsto e, forse, non avevano ottenuto niente di speciale, dato che, a quanto pareva, il signore barbuto aveva detto il vero riferendosi alle streghe.Non ce n’erano più in quella zona.
La strega a cui miravano era morta. Morta e sepolta da un pezzo.Probabilmente di lei non restava che cenere.
“ Menomale!” si consolò fra sé Romano.
Incontrare una strega era l’ultimo dei suoi desideri.
Eh si che, la morte, poteva porre fine alla vita terrena ma la magia nera poteva imprigionare persino l’anima precludendone l’ascesa spirituale.
“ Meglio che se ne stia sotto terra e non torni in superficie mai più!”
Nonostante questo, i Vargas erano diretti proprio alla sua dimora.
Madame Lison, a scapito dei lunghi anni trascorsi, aveva una mente molto fine e ricordava alla perfezione di aver aiutato una donna, poi rivelatasi una strega, a partorire un maschietto alcuni anni or sono.
La madre l'avevano portata sul rogo una decina d’anni dopo. Che disdetta! Chissà quante calamità aveva architettato e quanti malocchi aveva eseguito nel frattempo!

Arrivarono in un’ubicazione piuttosto appartata. Una specie di casetta in pietra, andata in rovina, si ergeva solitaria tra le siepi e i cipressi.
Molti muri erano crollati e la porta era scardinata.
Tutto intorno si sentiva il gracidare delle rane dello stagno paludoso e il gufare delle civette.
- Feliciano, mi raccomando, NON-TOCCARE-NULLA! Potrebbe colpirti qualche maledizione! Sii sempre prudente ed evita accuratamente gli amuleti e ogni sostanza strana! Cerchiamo qualche indizio che possa esserci utile e usciamo rapidamente da qui!-
I Vargas entrarono con circospezione nell’abitazione della strega.
Ovunque crescevano rigogliose piante e erbe. Abbandonate nei loro vasi, avevano finito per sfondare il coccio che opprimeva le loro radici e si erano sviluppate grazie alla pesante umidità che aleggiava in quella casa.
Romano cominciò a sudare freddo: - Facciamo in fretta, Feli! Facciamo in fretta!-

Mentre Romano esplorava le stanze della casa, Feliciano, invece, s’interessò dei libri che notò in uno scaffale. La sua passione gli impedì di tenersi lontano da quei volumi e cominciò a leggerne i titoli dottorale: - Funghi velonosi…Sieri di Serpenti…Erbe curative.. Fiori per l’insonnia..- poi, improvvisamente, si accorse di un piccolo volume in cuoio scuro, senza titolo, che giaceva isolato sul pavimento.
 Si accovacciò e lo prese in mano.
Lo aprì, provocando la caduta di numerose pagine ammuffite e mangiate dagli insetti.
- MMm..-
Romano si girò di scatto e inorridì: - FELI! CHE CAZZO STAI FACENDO?? MOLLALO SUBITO!!- così dicendo, si fiondò sul tomo, gettandolo a terra con disprezzo.
- ROMANO! Ma che fai?- si scompose il minore.
- CHE TI HO DETTO PRIMA? NON-TOCCARE-NIENTE!- sibillò Romano arrabbiato.
- Forse ho trovato un indizio!- soppesò il bambino, chinandosi nuovamente, per riprendere il libricino.
- Cos’è?- s’incuriosì il maggiore, allungando il collo, ben consapevole di non essere in grado di comprendere quelle lettere.
- E’ un diario! Il diario della strega!- si entusiamò il bambino.

Romano meditò a lungo. Era rischioso, ma non avevano molte scelte a disposizione.
- Va bene..leggilo! Ma a bassa voce, anzi…bisbiglia! Non vorrei che porti iella!-
Feliciano aprì il volume a metà.
Il testo era rovinato dall’usura del materiale e dal passare del tempo. Oltretutto il linguaggio usato non era conforme all’ordinario. Tuttavia Feliciano riuscì a interpretare quelle vecchie scritture.
Sospirò:- 23 ottobre 1732 .. oggi è successa una cosa strana..-

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Fine Capitolo 11.
Scusate tanto per l’attesa Q.Q
Il diario della strega contiene informazioni preziose per i protagonisti..Chi sarà il legittimo erede al trono?

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Capitolo 12
*** Il Diario della Strega ***



IL PRINCIPE E L’ AMANTE
-Capitolo- 12

                                                                     IL DIARIO DELLA STREGA



SILENZIO..
UMIDITA’..,
ODORE DI FOGNA..

Quando Antonio aprì i suoi occhi non impiegò troppo tempo per comprendere dove si trovasse.
“ Le prigioni regie!” realizzò.
Una fitta di dolore trapassò il suo cranio da parte a parte. Si sarebbe massaggiato volentieri le tempie se le sue mani non fossero state ammanettate alle fredde pareti rocciose. E non era solo.
- Ti sei svegliato finalmente!- ridacchiò un omone che incombeva, seduto sopra uno sgabello al suo fianco – Beh, non so quanto la cosa ti convenga, in ogni caso!-
Un’altra fitta gli annebbiò il giudizio. Cercò di fare mente locale sulla situazione. Cos’era successo o meglio: cosa ricordava fosse successo?

Aveva combattuto coraggiosamente, questo si, con un numero considerevole di guardie ma, per sua fortuna, decisamente scarse.
Girando vorticosamente la spada ne aveva abbattute almeno 3. Una quarta aveva provato a chiamare aiuti ma presto venne trafitta dal lucente acciaio di Antonio.
Altre due lo puntarono con le proprie mazze, ma lui era stato in gamba a destreggiarsi con le gambe, abbattendole, sfruttando il peso delle loro armi
.Non per niente si era guadagnato il titolo di capitano.
Poi sentì il calpestio di altri zoccoli. In lontananza, il comparto militare reale si dirigeva verso di lui.
Per esperienza sapeva che il reggimento d’onore era molto più preparato ed esperto di quei pesci piccoli. Sarebbe stato troppo rischioso affrontarli alla pari, figurarsi in inferiorità numerica. E lì, c’era solo lui.

 

“Poco male!” aveva pensato. Sarebbe fuggito nella foresta. Oramai i suoi amici dovevano essere abbastanza lontani e lui si sarebbe nascosto nella boscaglia, fin quando le acque non si fossero calmate, per andare a cercarli.
Spronò il cavallo verso i fitti alberi. E forse sarebbe anche riuscito nell’intento, ma, come capita, gli inconvenienti fanno parte sempre del gioco del destino.
Partì un colpo di balestra da una guardia ferita che aveva strisciato a terra.
 La freccia mancò nettamente Antonio, ma si conficcò nel posteriore della sua cavalcatura, la quale s’imbizzarrì, provocando la caduta del suo cavaliere. Inutili i tentativi di richiamare la bestia. Era scappata senza di lui.
Venne raggiunto e attorniato dal comparto reale – Antonio Fernandez Carriedo! Lei è sollevato dal suo incarico per aver aiutato i criminali a rapire la principessa Ludivine! Adesso ci segua senza fare storie e non avremo motivo di farle del male!-
Tra combattere e arrendersi, Antonio non aveva dubbi.
Si era scaraventò su di loro, tentando di aprirsi un varco tra le pesanti armature. Due caddero pesantemente al suolo.
Poi i ricordi diventarono sfuocati: qualcosa lo colpì forte alla nuca. Il cielo si scurì. Sentiva mancargli il fiato. Non aveva più aria. Stava soffocando.
- Non ammazzarlo però! Dobbiamo catturarlo vivo per interrogarlo!-
 Le voci smisero di rintronargli nella testa quando tutto divenne  vuoto.

E ora era lì.
L’uomo davanti a sé sogghignò gongolante: - Dunque capitano, ops…volevo dire: Ex- Capitano..ci rincontriamo in contingenti un tantino diversi adesso, mm?-
Antonio lo guardò minaccioso. Aveva il fuoco vivo negli occhi.
- Non fissarmi così!- si alterò l’uomo, colpendolo con un pugno sulla faccia – A conti fatti, mi piacciono assai i ruoli invertiti!-
Era la medesima sentinella che era stata ripresa da Antonio, prima che questa torturasse Romano. Antonio lo conosceva: era un suo sottoposto di alto grado. L’avevano arruolato dai feudatari vicini in quanto conosceva bene l’uso delle armi da guerra e, soprattutto, le pistole e i fucili in pietra focaia. Il re si era trattenuto dal distribuirle ai nobili, persino ai suoi uomini più fidati, se non in tempo di guerra con altri Stati, perché temeva moltissimo i complotti e i tradimenti che nelle corti erano all’ordine del giorno.

Il soldato prese dei ferri metallici dal tavolo in ombra.
- Temo, ex-Capitano, che adesso dovrà cantare!-
Antonio non disse una parola, continuando a scrutare accigliato l’oscurità.
- Ahah! Ma fosse per me, se non confessasse, sarebbe molto più divertente! Mi piace sentire i prigionieri supplicare pietà..-
- Taci!-
- Co..cosa? Io non sono PIU’ alle tue dipendenze! NON PUOI DARMI ORDINI!- e lo colpì nuovamente, irritato, con la bava alla bocca.
Antonio subì la botta, ma non batté ciglio.
Rialzò la testa e lo sfidò, mantenendo un contegno serioso e dignitoso.
Questo mandò su tutte le furie il guardiano che impugnò la pistola che, proprio perché era esperto, era anche in grado di costruire e tenere all’insaputa dei superiori, e gli e la puntò sulla fronte.
- TI FACCIO SALTARE LA TESTA, STRONZO!-
- Puoi fingerti arrogante e temerario con la pistola in mano,  ma io li conosco i tipi come te: sotto, sotto sei solo un vigliacco!-
Il soldato stava per premere il grilletto. Sentì la mano tremare su quei congegni. Che piacere sarebbe stato mandare all’altro mondo il suo ex-Capitano, tuttavia, proprio perché era vile e sadico, riuscì a trattenersi.
Risistemò l’arma nel fodero e afferrò delle enormi pinze di metallo.
- Non mi sei mai piaciuto! Troppo tenero e spavaldo, a mio giudizio! Tuttavia.. ero disposto a riservarti un trattamento di favore, in virtù dei vecchi tempi di nottate insonni, ma, tutto sommato, mi è passata la voglia!-
Avvicinò il naso adunco a quello del prigioniero: - Creperai come il cane che sei, ma prima ti farò passare per le pene dell’Inferno e ti assicuro che finirai per implorare la forca che, comunque, non tarderà ad arrivare!- ammiccò diabolico.
Con le pinze attanagliò le unghie di Antonio, il quale chiuse gli occhi, pronto ad affrontare quel suo fato con orgoglio.
“ Romano..”  sorrise  “.. spero proprio tu sia riuscito a trovare il legittimo sovrano di queste terre!”
- Che ne dici di una manicure?- lo schernì perfidamente l’altro.
Le buie e umide gallerie delle prigioni si riempirono dell’eco delle strazianti urla di Antonio.

*23ottobre 1732
 Oggi è successa una cosa strana..!
Sono andata al fiume a raccogliere un po’ di Fumaria per gli eczemi della Signora Mannon.., quando ho visto una zingara dalla pelle scura giacere debole sulle sponde delle acque. La ragazza sembrava affaticata dalla febbre così ho deciso di portarla a casa. Ora sta riposando, le ho preparato un infuso di Achillea e sta già meglio, ma durante il tragitto, mi ha detto che, grazie al mio buon cuore, avrei, senz’altro, conquistato un uomo ricco e di alta classe. La sua convinzione mi ha fatto, ovviamente, piacere, ma, a un certo punto, ha strabuzzato gli occhi, come posseduta,  dichiarando che il mio destino era avvolto dalle fiamme. Lo ammetto: mi ha fatto impressione! Sono abituata ai deliri della gente ma la sua predizione febbrile aveva un qualcosa d’inquietante. Tuttavia non l’abbandonerò al suo destino. La curerò come meglio posso!

 *24 ottobre 1732
La nomade sta già molto meglio! L’ Achillea ha fatto effetto e..

- Feliciano, di questo passo non finiamo più! Vedi se, andando avanti, troviamo qualcosa di utile alla nostra causa!- sbuffò il maggiore.
Il bambino sfogliò con delicatezza le pagine del diario, stando ben attento a non strapparle a causa della loro fragilità.
- Oh!- esclamò infine.
- Oh, cosa?- s’incuriosì Romano.
- Forse questo potrebbe interessarti! Parla del re!- gioì Feliciano.
- Leggi, va!-

*16 marzo 1734
L’ho rivisto! Non si è dimenticato allora! E’ venuto direttamente lui! Da solo!!! Non posso fare a meno d’imbarazzarmi ! Il re, in persona, è entrato nella mia locanda! Mai avrei immaginato d’incontrarlo nuovamente! Non lo so..forse, quel suo fare gentile e quelle dolci parole... non si tratta di semplice adulazione! Mah! Forse sono solo io che mi sto illudendo! Un re che si mette a corteggiare una donna di bottega come me! Che stupida che sono! Tuttavia, non vorrei sognare troppo, cosa di cui la mia povera nonna spesso mi ammoniva, ma sono quasi certa che abbia cercato il mio contatto fisico tutto il tempo. Vabbè! Non ho tempo per fantasticare su sciocche storie d’amore. I Signori Floris saranno qui nel giro di qualche ora e devo sbrigarmi a preparare l’estratto di verbena.

*17 marzo 1734
Non potevo crederci! E’ tornato! E’ tornato veramente! E mi ha regalato un anello intarsiato di diamanti! Dice che appartiene alla famiglia reale da generazioni e che vuole donarlo a me perché rappresento un tesoro più bello e importante  per lui! Che ardito! Quando me l’ha detto, volevo sciogliermi come neve al sole, volevo..

- CHE PALLE OH!-
- ROMANO! Ma scusa!- s’imbronciò Feliciano.
- E quante smancerie futili!-
- A me piace invece! Il re doveva essere un uomo molto romantico e galante! Chissà ..magari potrei prendere spunto per..-
- SCORDATELO! Questi fronzoli falli lontano dalle miei orecchie, per piacere!- asserì Romano, visibilmente scocciato.
Feliciano sorrise  accondiscendente: - Quando t’innamorerai anche tu: non la penserai allo stesso modo!- e ridacchiò giocondo.
- Ti decidi ad andare avanti, una buona volta?!- e gli prese il libricino dalle mani, facendogli saltare una ventina di pagine.
- FRATELLONE! FAI PIANO! E’MOLTO FRAGILE!- inorridì il minore, riprendendolo dalla mani del fratello.
- Che dice qui?- interrogò autoritario il maggiore.
Feliciano si mise a leggere quella pagina deteriorata e macchiata da una sostanza bianca.

*28 giugno 1734
Sto ancora male da ieri sera. Ho preso un po’ di zenzero nella speranza che mi passi , almeno, questo senso di nausea. Credo che salterò il pranzo, magari, stasera, mi cucinerò qualche patata o dei porri. Però non ho molto fame, veramente! Spero di riuscire ad aprire il laboratorio questo pomeriggio. Dovrei procurarmi della Belladonna, del succo di Galinsoga e, almeno, qualche ramoscello di Lavanda, tuttavia credo che non uscirò oggi. Se ce la faccio, lo farò domani. Mi sento senza forze!.

- Avanti, Feli!-
Il minore saltò altre pagine.


*6 ottobre 1734
Sono riuscita ad estrarre il veleno del serpente. Ce la siamo vista davvero brutta! Il pastore zoppica ancora, ma quel morso poteva essere letale quindi, tutto sommato, gli è andata bene! Mi sono raccomandata con lui di fare più attenzione alle sterpaglie quando pascola il suo gregge. Ora, che sono finalmente sola, penso che mi riposerò un po’! Il bambino non la smette di calciare! Già so che sarà un pargolo vivace!

Romano e Feliciano si lanciarono uno sguardo d’intesa e proseguirono.
Il bambino tralasciò numerosi fogli.

*3 dicembre 1734
E’ da un po’ che non scrivo. Sto lavorando come una pazza per portarmi avanti sul lavoro. Un aristocratico si era intossicato con dei funghi alla festa di Giselle De Curìglion e per questo ho dovuto ..

- Salta!- ordinò Romano.

*19 febbraio 1735
Madame Lison è venuta a casa mia per visitarmi. Mi ha tastato il pancione sapientemente. Mi ha rassicurato che è tutto a posto e che il bambino sta bene. Meno male! A volte mi faccio prendere dall’ansia, inutilmente! La levatrice ha detto che partorirò tra due mesi. Tuttavia, a essere sincera, Madame Godeliève mi ha anche irritato un po’! Mi ha domandato chi fosse il padre del nascituro..ma insomma: si faccia un po’ gli affari suoi! Possibile che non sia possibile mantenere le proprie faccende per sé in queste campagne?! Ognuno dovrebbe portare avanti i propri doveri senza indagare su quelli degli altri! Bah! Vado a farmi una tisana di camomilla e rosa canina, che ne ho proprio bisogno.

- Come darle torto!- commentò Romano sarcastico.

*20 febbraio 1735
Ho riflettuto a lungo su quello che è accaduto ieri. Madame Lison ha ragione: è sconveniente che non si sappia chi sia il padre del neonato ! Non voglio certo apparire come l’oggetto dei pettegolezzi di mercato, né, tantomeno, che questo frugoletto lo diventi. AH! Se solo il re si fosse degnato di rispondere a una sola delle mie lettere..Possibile che non ne abbia letta nemmeno una? Forse non sono proprio arrivate..Devo decidermi, una buona volta, a presentarmi di persona alla sua corte. Sicuramente mi riceverà e chiariremo l’equivoco! Oramai, credo che attenderò di dare alla luce il piccolo prima di chiederne udienza! Ma dopo andrò sicuro! Per il bene di nostro figlio!

- Va bene, passiamo oltre!-

*5 aprile 1735
Manca poco, me lo sento! Ho chiuso l’erboristeria e il laboratorio! Da un giorno all’altro potrei diventare madre! Madame Lison mi ha assicurato che giungerà non appena avrò le doglie del travaglio... Ho paura! Ho davvero paura! Conosco molte erbe e linfe essenziali che potrebbero alleviarmi il dolore, ma adesso che provo sulla mia pelle cosa significa, sapendo che c’è di mezzo anche la vita di mio figlio, ho paura di non farcela! Ho paura.. Ho paura..

- Da qui in poi..- contemplò Feliciano -.. non ha scritto per un bel pezzo!-
Romano scrutò quei segni, amareggiato dal suo analfabetismo.
Feliciano, invece, rimase, per un attimo, come ipnotizzato. Bloccato su quella pagina, senza dire una parola.
- Feli?- Romano si accorse che era tormentato da qualcosa.
- Romano..pensi che la nostra mamma sia ancora viva?- domandò infine il bambino, con aria abbattuta.
Il maggiore venne preso alla sprovvista, ma si ricompose subito: - Certamente lo è, Feli!- dichiarò sicuroì, mascherandosi dietro uno sguardo altero e deciso.
- Ne sei sicuro?- mormorò Feliciano, girando la testa per guardarlo con occhi avviliti.
- Assolutamente! Non ho alcun dubbio a riguardo!- giurò il maggiore.
Feliciano si morse il labbro tremante: - Allora..perchè non è ancora tornata?-
Romano non sapeva che dire. Voleva proteggerlo ed evitare di ferirlo il più possibile. Era questo il suo dovere come fratello maggiore.
- Non è ancora tornata..ma, certamente, presto lo farà! Dobbiamo avere fede, Feli! Dobbiamo avere fede che torneranno presto entrambi!-
Feliciano annuì sconsolato con il capo e riprese la lettura.
“ Mi dispiace, Feli!” si angosciò Romano dentro di sé, sentendo quella parte della sua anima, ancora giovane e immatura, tremare anch’essa dallo sconforto.

* 19 aprile 1735
E’ nato, per l’amor di Dio! Due giorni fa è avvenuto il prodigio! Sta bene ed è in salute! Sia ringraziato il cielo! Il mio cuore sta scoppiando di gioia! Vorrei poterlo gridare al mondo intero,  come se il miracolo della vita si fosse presentato, in via esclusiva, solo a me! Che Dio lo protegga sempre! Ho deciso anche il suo nome ma voglio che il re sia d’accordo! Vorrei che ci fosse suo padre qui con me! Ho tanto bisogno di lui in questo momento! Che Dio lo benedica e lo assista sempre!

Romano sentì una gocciolina scendergli lungo la tempia: - Feli.., voglio sapere di chi si tratta?- esortò.
- mm?- bofonchiò l’altro.
- Dimmi chi è? Qual è il suo nome? – invocò il maggiore sentendo la tensione crescere dentro di lui.

***********************************
Fine Capitolo 12.
In passato, spesso, venivano accusate donne di grande cultura e libertà di mente di essere delle streghe.
L’erboristeriste, in particolare,magari, facevano del bene, aiutando i malati e soccorrendo con rimedi naturali i pazienti. Questa loro conoscenza degli infusi e delle erbe era una passione che poteva essere retribuita con diffidenza e con sospetto da parte della popolazione più incolta, condizionabile o legata alle tradizioni ecclesiastiche.
Questo capitolo l’ho dedicato a loro.
Speravo di terminare la lettura del diario in questo capitolo ma, a quanto pare, la condizione di Antonio meritava un momento di riflessione.
Nel prossimo capitolo verrà, infine, svelata l’identità del neonato.

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Capitolo 13
*** L' Erede Legittimo ***


IL PRINCIPE E L’ AMANTE
-Capitolo 13-

        
                                                                        L'EREDE LEGITTIMO



*30 aprile 1735
Non riesco a piangere! Ho finito tutte le lacrime che avevo.  Mi è rimasta solo tanta rabbia e una profonda delusione nel cuore. Ma la colpa è solo mia che mi sono illusa come una povera sciocca!
Sono andata alla residenza del re, infine, per presentargli il neonato! Ero convinta che mi avrebbe accolta una persona dolce e felice, che mi amava e che avrebbe gioito con me!
 Invece..si è comportato freddamente, come un estraneo. Ma il vero smacco è stato quando ha guardato con disappunto il bambino, sostenendo che, un re, non poteva presentare al regno un BASTARDO come erede e che quindi era il caso che io SCOMPARISSI, insieme a lui. Nemmeno il travaglio è stato così doloroso! Mi sono sentita come una bambola, usata e gettata. Io e NOSTRO figlio! Sono scoppiata in lacrime! Come poteva abbandonare anche il frutto della nostra unione? Avesse mostrato un segno di cedimento o si fosse minimamente dispiaciuto..macchè! Al che, mi sono, invece, arrabbiata come una belva! Ho inveito contro di lui e contro tutti gli uomini, vermi e codardi e lui, placidamente, ha chiamato i cavalieri per farmi sbattere fuori dalla porta! Prima di essere scaraventata all’esterno della sala, gli ho mostrato l’anello dicendogli che l’avrei usato come monito riguardo al mio giudizio sugli aristocratici, nel caso mi fossi nuovamente innamorata. ..Non voglio rivederlo MAI più! Lui e tutta quella razza meschina che lo circonda! Nel loro cuore non c’è posto per l’amore, ma solo per il potere, i soldi e la lussuria. Voglio che mio figlio non diventi mai, e dico M-A-I, come quelle creature senza cuore. Già..perchè lui non ha bisogno di un titolo o di vivere nel lusso più sfrenato delle corti per essere dignitoso e virtuoso! La vera nobiltà risiede nell’animo delle persone! Per questo ho deciso di chiamarlo: Auguste, che significa, appunto, nobile.  Auguste Oignon. Per me, sarà sempre degno del trono più alto di Francia.

- Non l’ha riconosciuto! - sentenziò pacatamente Feliciano, dopo un pò.
Romano trattenne il fiato. Feliciano sospirò: - Auguste…-
Alla fine, anche il maggiore parlò: - Dove cazzo lo troviamo Auguste, adesso?-
Feliciano si morse l’unghia del pollice, girando la copertina, per leggerne l’autrice.
- La strega si chiamava Angélie Oignon…le ha dato il suo cognome…-
- Mai sentito!- commentò stizzito Romano, incrociando le braccia.
- Comunque, fratellone..ho l’impressione..insomma..che Angélie..anche se era una strega..cioè..fosse una brava persona!- mormorò Feliciano.
Romano sbuffò, abbassò il capo, come per riflettere e poi sussurrò: - Lo penso, anch’io! Non sembra cattiva! Andiamo avanti!-
Feliciano  girò nuovamente il diario e aprì la bocca per riprendere la lettura. Romano lo interruppe: - Non abbiamo abbastanza tempo per leggere tutte le pagine. Cerchiamo di carpire l’essenziale per i nostri scopi. Chi è? Com’è? Che mestiere faceva o fa? Dove potrebbe essere, in questo momento?-

I Vargas appresero numerose informazioni sul conto del bambino.
Auguste era di corporatura robusta con gli occhi verdi. Solitamente passava molto tempo a giocare da solo, in considerazione del fatto che sulla madre piovevano pregiudizi e sospetti a causa della sua attività.
La cosa non lo impensieriva tanto: era più veloce dei suoi coetanei e quando, questi lo inseguivano per picchiarlo, era in grado di arrampicarsi velocemente sugli alberi e nascondersi, se erano tanti, o prenderli di mira con la fionda che portava con se. Purtroppo, una volta, era caduto dal suo rifugio e i compari, arrabbiati a causa delle ghiande che aveva scagliato loro contro, lo punirono ferocemente con una canna di bambù, lasciandogli tre evidenti segni sul collo. La sua vivacità gli era risultata quasi fatale in ben due occasioni. Una volta era caduto nel fiume mentre cercava di rubare le uova da un nido di tortore. La seconda volta era rimasto incastrato in un pozzo che voleva esplorare e riuscirono a tirarlo fuori prima che soffocasse o il fango successivo alle piogge lo seppellissero definitivamente.
Era molto protettivo nei confronti della madre, perciò fu particolarmente motivato ad apprendere l’arte della guerra e combattere con spade di legno. Adorava riprodurre, con le pietre, le conchiglie e con i tronchi, i modellini di alabarde o delle armature  che vedeva dai fabbri.
Di erboristeria poco se ne intendeva. Così come del suo passato: Angélie gli aveva detto che suo padre, un vasaio, si era ammalato di peste e che quindi era morto quando era piccolo. Non era una cosa insolita, di quei tempi. Non sapeva di avere origini reali, quindi.

Romano fece trasalire il fratellino quando questi stava leggendo un passo del *2 maggio 1746.
Stavo rompendo la noce moscata per aggiungerla alla menta, mentre Auguste, come al solito, stava seduto alla finestra a intagliare il legno e a contemplare il volo degli uccelli. A un certo punto ha esclamato, quasi per caso: - Mamma! Da grande vorrei comandare una truppa tutta mia!- Io mi sono messa a ridere. I bambini hanno sempre molta fantasia ed è bene che sia così. Gli chiesi se volesse diventare uno scudiero oppure un cavaliere e lui ha ribadito di volere guidare un suo esercito e di voler diventare il capitano delle guardie. Non ho resistito e mi sono nuovamente messa a ridere. Ho provato a replicare che questi ruoli venivano affidati solo ai nobili feudatari e agli aristocratici particolarmente ricchi o fidati. Ma si sa..i bambini sono testardi e, come ho detto prima, è un bene che sia così. Si mostrerà più tenace nel portare avanti i suoi sogni e..

- Fermo!- ordinò Romano.
- Uh?-
- Rileggi!-
- Stavo rompendo la noce mos..-
- NON QUELLO! Cosa voleva fare il moccioso?-
-…da grande vorrei comandare una truppa tutta mia!-
Romano impallì : - Ok, ok..ma ha detto CAPITANO delle guardie, no?-
Feliciano rimase interdetto:  – Si, lo ha detto ma.. Romano..non starai pensando… che Antonio possa..?-
Romano alzò il pungo in aria il pugno festoso: - E’ proprio quello che sto pensando!-
Il minore lo fissò sbigottito: - Ma..-
Romano fremeva accalorato, cercando di ricostruire un puzzle mentale , incrociando tutti gli indizi, le prove e le informazioni che aveva ricevuto in tutto questo tempo:- FELICIANO, PENSACI! Fisicamente è simile alla descrizione; proviene da un villaggio vicino al regno, come questo; voleva diventare Capitano delle guardie e..vuoi vedere che, ironia della sorte, abbiamo impedito a Flavien di denunciare il fatto che lui fosse il VERO erede al trono?!-
- Chi è Flavien??...Però Roma! Forse stai correndo troppo! Perché avrebbe dovuto farlo??- si agitò il minore.
- Non lo so!..  mmm, lui ha detto che cercava vendetta! E' presumibile che abbia cambiato nome per nascondere la sua identità!-
- MA SCUSA FRATELLONE! DI CHI DOVREBBE VENDICARSI???-
Romano si fermò, interdetto, ancora con il pugno esultante: - Non lo so!- ammise, ammosciandosi un pò – Scopriamolo!-

I Vargas continuarono a leggere e riuscirono a ipotizzare fin troppo bene il perché,  Antonio,  potesse cercare vendetta. La risposta si trovava nelle ultime pagine del diario.
Il bambino aveva attaccato briga con il figlio di un aristocratico molto importante…, troppo importante.
Avevano fatto a pugni a causa di una bambina, ma Auguste, ne era uscito vittorioso nettamente.
L’altro bambino era fuggito piangendo tra le braccia dei suoi leccapiedi, mentre Auguste aveva infierito, sbandierado in aria i suoi calzoni come trofeo di guerra.
- L’ho rimproverato aspramente!- aveva scritto la madre – Questo non è un comportamento da giovane educato! Speriamo solo che questo stupido gioco non porti altri guai!-
Invece li aveva portati. Li aveva portati eccome.

*29 novembre 1748
Oggi dei soldati hanno fatto irruzione a casa mia, sostenendo che cercavano i miei “ intrugli” o, addirittura, i resti delle ossa dei bambini con cui aveva fatto non so quale sortilegio. Hanno adocchiato la mia tisana di malva e biancospino, l’hanno presa e sono usciti rapidamente. Tutto questo senza farsi scrupoli di buttare per terra tutto quello che sfioravano. Dovrò preparare un’altra pomata di calendula per Madame Chendalle. Gli unguenti e gli olii emollienti sono tutti perduti, sparsi sul pavimento. Che spreco! Ho confortato un po’ Auguste che, dopo, mi ha aiutato a recuperare l’argilla e rimetterla in umido, almeno non dovrò farne un’altra scorta sulle scogliere. Trovo stancante questo continuo tentativo di tacciarmi come fattucchiera. E’ fastidioso. Tuttavia non era mai accaduto che le guardie entrassero in casa mia, distruggendo tutto. Al massimo, mi guardavano male o sussurravano, di nascosto, cattiverie in miei presenza. Mah! Speriamo non si ripeta più una situazione del genere.

*30 novembre 1749
Stamattina una folla di persone si è radunata davanti casa mia. Mi accusano di essere un’eretica.  Ho chiuso Auguste in camera sua, dicendogli di starsene buono finchè non tornavo. Mi ha fatto una pena, povero figlio mio! Era così preoccupato e spaventato! Credo che, presto,  toccherà trasferirci al Nord. Magari lì vivremo più sereni! Comunque sono uscita! Dopo essere stata ricoperta di sputi, insulti e ortaggi marci, persino dalle persone che ho assistito e curato, sono riuscita a parlare con il sovraintendente della truppa. Abbiamo chiacchierato a lungo. Credo di averlo convinto. Se tutto va bene, la calca fluirà in poche ore. A volte le persone mi deludono per la loro stoltezza e irriconoscenza. Avrò sbagliato mestiere...ma a me piacciono tanto le piante! 

*1 dicembre 1749
Auguste mi è rimasto vicino. Non è riuscito a dormire per tutta la notte e nemmeno io. La gente se n’è andata e la cosa non può che farmi piacere. L’avevo detto io, al sovraintendente, che non ero una strega. Andrà tutto bene, non c’è motivo di preoccuparsi. L’ho detto ad Auguste che questi fraintendimenti fanno parte della vita e che bisogna avere pazienza. Domani vorrei riaprire il laboratorio. Ho ancora delle spezie e le foglie delle piante da tè che quei bruti mi hanno fracassato a terra. Magari questo pomeriggio rimetto a posto la libreria.

*2 dicembre 1749
Sono venuti a prendermi! Mi hanno condannata a rogo senza darmi, nemmeno, la possibilità di difendermi! Sono disperata! Non so che..Eccoli! Stanno bussando violentemente alla porta! Presto la sfonderanno! Ho dato ad Auguste tutto il necessario per salvarsi e l’ho nascosto. Deve stare buono, tanto buono, altrimenti lo troveranno e..Che Dio mi perdoni e li perdoni!

Il diario della strega terminava con quella data.
Feliciano e Romano rimasero ammutoliti per un bel po’, a disagio.
- Porta il diario con te, Feli! Quando risolveremo questa faccenda, torneremo e le dedicheremo una degna tomba dentro la città!- soggiunse infine il maggiore.
Feliciano rispose sommessamente, mortificato dal destino di quella povera donna: - Si, fratellone!-
 Roma gli posò una mano sulla spalla, rendendosi conto di essersi anch’egli lasciato ingannare dai pregiudizi e dalle paure del popolino :- La giustizia appartiene al regno dei cieli! -convenne- Sono certo che avrà ricevuto una calorosa accoglienza ai cancelli del Paradiso!-

I fratelli uscirono rapidamente dalla casa. Ancora sconvolti dalle dichiarazioni della strega ma fiduciosi del fatto che Antonio DOVESSE essere ancora vivo.
Prima di cercarlo, però, dovevano uscire da quel borgo e non sarebbe stato facile, considerato che, oramai, l’allerta doveva essersi allargata per tutta la città.
Avrebbero tentato l’astuzia che avevano utilizzato per entrare. Avrebbe funzionato ancora.
Adocchiarono un carro dal contenuto macabro.
- Romano..quelli sono..cadaveri..-balbettò  impressionato il minore.
- Morti di stenti! Non ci sono pericoli!- confermò l'altro, impassibile.
Feliciano, accanto al maggiore, cominciò a tremare raccapricciato.
- Questo terrà i soldati lontano da noi!- confermò risoluto il maggiore.

Preso il braccio di Feliciano lo scaraventò tra le salme, nascondendosi a sua volta.
Feliciano si tappò il naso e la bocca: “ Dio fa che finisca presto! ” pregò fra sé.
Il carretto venne spinto lungo la via per uscire.
Stavano per passare il controllo ma, questa volta, la sentinella fu più pignola.
- Fammi dare un’occhiata!- esclamò avvicinandosi e pigiando con l’alabarda sui morti.
“ CAZZO!” Romano si sistemò meglio sotto un vecchio assiderato.
-  ALBERIC! LASCIA PERDERE QUEI DEFUNTI!- gridò un altro, chiamato Luc.
La sentinella, però, non era ancora convinta e spostò alcune donne dalla parte di Feliciano.
Il suo compagno si annoiò: - MUOVITI! NON TROVERAI NESSUN OGGETTO DI VALORE O DONNA DA SCOPARE LA’ DENTRO!-
Alberic si stava per allontanare, con sollievo di Romano, quando notò il piccolo braccio di Feliciano che si mosse appena.
Con vigore, Alberic prese il bambino inorridito e lo tirò fuori, tenendolo sospeso per aria: - Donne no! Ma marmocchi ficcanaso si!-
 
- FELICIANOOOOO!!- Romano uscì d’impeto dal nascondiglio e piantò un calcio nello stomaco della sentinella che lasciò andare il bambino.
- MA CHE CAZZO STA SUCCEDENDO?- si allarmò l’altra guardia.
Feliciano, tremando, si nascoste dietro il maggiore.
- Ma voi..voi siete quei bambocci che stanno cercando!!- si rese conto Alberic.
- PROVA A TOCCARCI E TI SPACCO IL CULO, CANE DELL’ESERCITO!-  minacciò Romano, fissandolo rabbioso.
- Ah, Davvero?- una terza guardia comparve alle spalle del maggiore e gli bloccò entrambe le braccia, prendendolo dal petto.
- FIGLIO DI PUTTANA! BASTARDO!! BASTARDO! LASCIAMI ANDARE!!-
- Bel lavoro, Nestor!- si compiacquero i colleghi.
Feliciano cercò di dare dei pugni al soldato, affinchè mollasse il fratello. Nestor gli diede un calcio sul fianco, provocandone la caduta a terra.
- FELI!! NOOO! DEVI SCAPPARE! SCAPPA! - urlò il maggiore.
Nestor poggiò la scarpa sulla testa del bambino e commentò arrogante: - Ehi, ehi! Qualcuno fermi la pulce! Non vorrei che possa fare il solletico a qualcuno!!-
- FOTTITI STRONZO! SOLO CON I BAMBINI FATE I GRADASSI! MERDE!-
- Tranquillo che dopo pensiamo anche a te!- sogghignò Luc.
- MUORI! – replicò audace Romano.
Feliciano, invece, scoppiò a piangere spaventato e senza speranza.

Un’ ombra velocissima scattò tra le gambe dei soldati, mordendo Nestor proprio nelle parti basse.
- AHHHHHHH!!!-
Chiaramente il soldato lasciò andare Romano per cercare di staccare le forti mascelle che la bestia aveva serrato sui suoi gioielli.
- TOGLIETEMI QUESTO COSO DALLE PALLE!!!-
- BRIAC!-  esultò Feliciano.
Il cane della levatrice si attaccò e non riuscirono a staccarlo nemmeno tirandolo.
Romano prese di peso il fratellino e scappò velocemente.

- ROMANO! ROMANO CHE FAIII??- si disperò Feliciano, vedendo che Briac veniva ripetutamente battuto e percosso con le armi.
- SCAPPO, FELICIANO! MI SALVO DALLA FORCA!- ribadì l’altro, continuando a dirigersi ineluttabilmente verso la foresta.
- NON PUOI! UCCIDERANNO BRIAC! -
Romano non distolse l’attenzione dal punto verso cui stava correndo, lontano dal posto di blocco.
- Mi dispiace Feli! Meglio lui che noi!- sancì amareggiato il maggiore, mentre l’eco dell’ultimo guaito della bestiola riecheggiò all’orecchio di Feliciano come un tagliente coltello.

***********************************************
Fine Capitolo 13.
I Vargas sperano di trovare Antonio e dimostrarne il sangue reale, tuttavia, gli avvenimenti accaduti, potrebbero gettare un’ ombra nel rapporto tra i due fratelli.

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Capitolo 14
*** Imprevisti ***


IL PRINCIPE E L’ AMANTE
-Capitolo 14-

        

                                                                              IMPREVISTI


- Bene! Uff! L’abbiamo scampata!- Romano si concesse un momento per riprendere fiato.
 Non erano riusciti a riprenderli ma, probabilmente, avrebbero setacciato la zona per un bel pezzo prima di arrendersi e quindi il ragazzo convenne nel recuperare Ludivine e affrettare il passo.

- Andiamo a cercare la tua gentildonna?- disse volgendosi a Feliciano, sentendosi più sollevato del solito.
Feliciano strinse i pugni, furente.
- Uh? Che hai, Feli?-
Il bambino continuava a dargli le spalle, ma gli rispose con tono basso e accusatorio che rivelava celata una leggera condanna nella sua voce: - Hai lasciato che uccidessero Briac..come hai potuto farlo?-
Romano lo fissò perplesso: - Feli, ci siamo salvati! Siamo riusciti a scappare!- gli fece notare.
Feliciano si girò infuriato: - SI CERTO! MA HAI LASCIATO CHE AMMAZZASSERO BRIAC!-
Romano era sempre più sbigottito dalla reazione del fratello più piccolo. Un cane era pur sempre un animale. Non aveva senso accalorarsi in quel modo.
- Dovevano lasciarci catturare come degli stupidi? Apri un po’ un cervello! O lui o noi!- constatò seccamente ma, comunque,  dispiaciuto per il rimorso del fratello.
- E se avessimo abbandonato Antonio, tu te ne saresti lavato le mani ugualmente?-
A quelle parole, Romano s’irritò decisamente:- FELI NON PUOI PARAGONARE UN CANE CON UNA PERSONA! Non dire scemenze!-
- NON C’ENTRA UN CAZZO! ERA NOSTRO AMICO! CI HA SALVATO LA VITA!- replicò furibondo il giovane..
- CHI CAZZO TI HA INSEGNATO A ESSERE COSì SCURRILE ??- si scandalizzò l’altro.
- ME L’HAI INSEGNATO TU! GENIO!-
- BE’ non esserlo!- minacciò stizzito il maggiore.
Feliciano schioccò la lingua scocciato: - E perché dovrei, fammi capire ? Perché me lo ordini tu?-
- Perché non sta bene! Mamma e papà non sarebbero contenti!- tagliò corto l’altro.
- Ma smettila, Romano! Non hai nemmeno le palle di dirmi che i nostri genitori sono morti!- se ne uscì imprevedibilmente Feliciano.
Romano rimase allibito da tale dichiarazione. Ma se aveva passato metà della sua esistenza a inventarsi scusa sull’assenza dei suoi..come poteva Feliciano esserne venuto a conoscenza?
 Si ritrovò con la bocca impastata: - Co..cos..tu..tu..lo..sa..-
- Ma credi che sia un deficiente, Romano? Non sono più un bambino!- si alterò il minore.
- Bè..mmm..-
Adesso Feliciano era veramente uscito fuori di sé: - Studia che ti fa bene…Prega che ti fa bene…Mangia che ti fa bene…SMETTILA DI TRATTARMI IN QUESTO MODO! NON LO SOPPORTO! -
- Lo dico per te, Feli! Io voglio solo proteggerti!
- PROTEGGERMI UN CORNO! CHI CAZZO TE L’HA CHIESTO?? E sai cosa ti dico, Romano? Sei un pessimo fratello! Proprio uno stronzo! Vaffanculo!-
Aveva oltrepassato abbondantemente il limite.
Romano gli mollò un fragoroso schiaffo sulla guancia, ammutolendo il bambino, lasciandogli i segni di tutte e cinque le dita sulla pelle e lasciandolo col labbro che tremava.
- Ascoltami bene, marmocchio!- minacciò, prendendolo per il colletto e fissandolo dritto negli occhi - Fino a prova contraria NON SAI UN CAZZO di quello che ho fatto e sto facendo per mantenere il tuo bel culetto al caldo! Sono io quello che, da quando siamo rimasti soli, si spacca la schiena e sputa sangue sui campi da mattina a sera per portare la pagnotta a casa mentre tu stai a casa a rigirarti i pollici, a fantasticare sul volo degli uccelli o a scoparti la promessa sposa del principe, chiaro?-
Feliciano non rispose.
- Sei molto bravo a erigerti a giudice moralista quando non hai mai fatto un cazzo nella vita! Facile così!  Hai idea delle vesciche che mi sono procurato ogni giorno per sfamarci entrambi?! Potevo sbattermene altamente le palle dei tuoi continui piagnistei e invece non l’ho fatto e, a giudicare dalla tua riconoscenza, devo aver commesso un clamoroso errore! ..-
Feliciano non riusciva a nascondere le lacrime che gli rigavano il viso. Era arrabbiato e, allo stesso tempo, mortificato. Nonostante questo non distolse, coraggiosamente, lo sguardo dal maggiore.
“..e quindi ti consiglio di mostrare un MINIMO di rispetto e gratitudine per chi si fa il mazzo per te! Non AZZARDARTI MAI PIÙ a rivolgerti con me con quel tono e mantieni le distanze, mocciosetto ingrato! Perché se siamo in questi casini è anche a causa tua! -

- Scusate..-  chiamò flebilmente una vocina dietro di loro.
I fratelli Vargas si girarono di scatto. Era Ludivine che li studiava attentamente, intimorita.
Erano giorni che si era nascosta in quei boschi nell’attesa che i due ritornassero e quando sentì le loro voci che discutevano non gli parve vero trovarseli davanti.
- Avete litigato?- domandò rammaricata.
Romano girò sui tacchi, indifferente, facendo cenno di seguirlo: - Non ha importanza!- dichiarò asciutto.

Ludivine non volle indagare oltre, ma si accorse dell’aria tesa che li circondava da quando si erano messi in cammino per ritornare al punto in cui si erano separati d’Antonio.
Feliciano e Romano non si rivolgevano nemmeno la parola e, come se non bastasse, non parlavano neanche con lei. Un freddo gelido aveva coinvolto il loro piccolo gruppo.
Alla fine, riuscì a trovare un po’ di coraggio e si avvicinò al maggiore dei due: - Umm…Romano.?.-
Quest’ultimo non rispose ma le concesse uno sguardo di attenzione.
- Mi dispiace se avete litigato per causa mia! Non era mia intenzione!- sussurrò costernata.
- Tsk..non è colpa tua se mio fratello è un bimbominchia*!-
Feliciano, dal canto suo, non sentiva le parole che i due si stavano scambiando, ma questo non gli impedì di  mantenere il suo atteggiamento di facciata, ancora, distaccato e imbronciato.

Ludivine si fece coraggio e s’intrattenne col maggiore:- Però…vorrei informarti di una notizia che ho appreso mentre attendevo che voi tornaste-
- Di che si tratta?-
- Ecco..temo abbiano catturato Antonio…- si crucciò, senza guardare il volto di Romano, il quale trasalì:- COSA? -
- Ho sentito che ne parlavano due soldati che stavano scortando dei commercianti e dicevano che..-
- E CHE CAZZO ASPETTAVI A DIRMELO ?!- Irriquieto, si morse le labbra febbrilmente.
 Feliciano pure percepì l’agitazione dei suoi compagni davanti a sé.
- MERDA!- si angosciò il maggiore.
- Cosa è successo?- domandò in generale il minore incuriosito, sebbene volgendosi a Ludivine.
- Succede che VOI, adesso, filate dritti a casa! Hai presente casa natale, Feli? Da qui dovresti essere in grado di raggiungerla!- affermò Romano, frettolosamente.

Feliciano  rimase con le pupille sbarrate a scrutare i movimenti nervosi del maggiore: - E  tu?-
- Io vado a palazzo!- sentenziò l’altro conciso.
- A FARE COSA?-
- A cercare di recuperare quel coglione d’ Antonio o quel che ne rimane!-
Feliciano era ancora bollente a causa del diverbio precedente, ma era anche consapevole dei rischi che avrebbe corso suo fratello a tornare a palazzo.
- Ma vai da solo?- interrogò, mantenendo un tono freddo e sdegnato.
- SI!-
Così, Romano fece per incamminarsi in direzione della reggia, ma Feliciano ebbe un balzo al cuore e lo afferrò per la manica.
- Romano..lascia che veniamo pure noi!- disse mascherando la sua ansia dietro una espressione determinata.
Il fratello non lo degnò di uno sguardo e tirò via la manica glaciale:- Non ho bisogno del vostro aiuto! Sarò più tranquillo sapendovi a casa!-
Feliciano sentì una voragine aprirsi nel suo muro di falso disprezzo e indifferenza: - Ma..-
Romano si mise a correre: - Se non torno entro tre giorni, consideratemi morto! A quel punto abbandonate il villaggio e dirigetevi verso le Alpi!-
Feliciano non voleva lasciare che le cose rimanessero così tra loro. Le cose che gli avevo detto prima, non le pensava veramente.
 Tutta la tensione, la paura e l’angoscia che teneva dentro proruppe e agguantò il maggiore per la vita: - FRATELLO, TI PREGO! NON ANDARE! NON VOGLIO CHE TI SUCCEDA QUALCOSA! LASCIAMI VENIRE CON TE!-
Romano, tuttavia, era determinato: - Spiacente, Feliciano! Mi rallentereste solamente e non abbiamo tempo!-
- MA POTRESTI MORIRE!- implorò l’altro.
- Amen!-
- MA COME?? IO NON VOGLIO CHE TU MUOIA!-
- Sia fatta la volontà del Signore!- accennò filosofico il maggiore.
 Feliciano non riuscì a trattenere la sua disperazione a fronte della dissennatezza del fratello: - Al diavolo!-
- NON OSARE BESTEMMIARE DAVANTI A ME!- s’infuriò Romano.
-Romano..non lasciarmi solo!- supplicò il bambino, all’apice del dolore per tutta quella sequenza d’infausti avvenimenti e per paura di rimanere solo.
Romano si addolcì un poco, ma, nonostante questo, allontanò il minore – Hai detto di essere diventato un adulto, oramai! E’ il momento di dimostrarlo!-  e scomparve tra gli alberi, lasciando Feliciano a tormentarsi, mentre Ludivine cercava di rincuorarlo.

I lunghi passi falciavano l’erba come un aratro e l’affanno imperlava la fronte di Romano, il quale, ostinatamente, si stava consumando da ore. Correre era molto più faticoso che cavalcare. Oltretutto non aveva la certezza sul fatto che Antonio potesse ancora essere salvato. E se fosse morto? Non voleva nemmeno pensarci. La verità è che se non lo trovava vivo tutto quello che aveva affrontato sarebbe stato completamente inutile.
Avrebbe cercato vendetta? La sua parte razionale gli intimava di ritornare a casa sua a coltivare pomodori, ma, il suo istinto, che era molto più vicino al suo cuore, sapeva che, probabilmente, avrebbe staccato la testa al mandante della morte d’Antonio. Fosse stato il re in persona. Tanto Francis non meritava di ricoprire quel ruolo dato che, ciò che gli veniva meglio, era curare le sue stanze ricreative e di piacere.
Si fermò sopra una collina a osservare il sole che tramontava. Un altro giorno era andato. Un altro.
“ Potrebbe essere già troppo tardi!” si crucciò.
Da quel punto riuscì a scorgere numerosi campi coltivati e fattorie.
“ Dove ci sono le mangiatoie, ci sono anche i cavalli..” citò fra sé.
Se rubare era peccato, lo era anche abbandonare un amico. Ripensò a suo fratello. Ne aveva di cose da farsi perdonare. Sapeva che avrebbe passato mezza giornata al confessionale dopo quell’avventura.

Feliciano e Ludivine scorsero i campi di pomodori.
La lontananza dei proprietari aveva permesso che crescessero numerose erbe parassite, soffocando quei rossi frutti che li avevano sostenuti per tanti anni.
Altre piante erano morte per mancanza di acqua, dato che nessuno si era preoccupato di liberare i canali fangosi da un lato e dall’altro.
Altre ancora era bruciate perché non vi era stato individuo che avesse provveduto a bagnare le foglie all’alba di ogni giorno.
- Che disastro!-  constatò addolorato il minore.

Fece entrare Ludivine nella loro casa.
La ragazza si guardò intorno disorientata. Non era certo abituata a tanta miseria, ma si sforzò di non darlo a vedere.
Feliciano andò in cucina per offrirle qualcosa, ma, non potè far altro che constatare quanto fosse vano il suo tentativo. Non c’era nulla da mangiare in quella casa così dimessa. Trovò del sugo chiuso in un barattolo di vetro. Non era certo un granchè da offrirle.
Nonostante tutto, non si scoraggiò e l’accompagnò nella sua camera, ove soleva dormire con Romano.
Ludivine squadrò sconcertata i loro letti.
Non voleva mettere Feliciano ulteriormente in soggezione, ma per lei era improponibile quella sistemazione. Decisamente poco allettante.
- Voi dormite…su quei letti di paglia?- interrogò, sperando di ricevere una fragorosa risata di risposta.
Ovviamente si era illusa. Dormivano veramente su quei letti, adeguati solamente alle capre nelle stalle.
Improvvisamente, il bambino le afferrò le mani.
Ludivine si aspettava qualcosa di particolarmente romantico e invece:-Ludivine, ascolta: io devo raggiungere mio fratello!-
- Ma lui ha detto..-
- Non m’importa cosa ha detto! So di averlo deluso molto e non riesco a darmi pace per questo! Io gli voglio bene! E anche se gli sarò di peso, voglio essere accanto a lui! -
Ludivine non ebbe difficoltà a comprendere il rammarico dovuto alla sensibilità del suo amato.
-  Va bene, Feliciano! Lo capisco!-
- Tornerò presto amore mio! Se non dovessi farcela..prendi tutto quello che vuoi e lascia questo posto prima che ti trovino e ti costringano a sposare quel maniaco!
- Oh Feli! Grazie! Te ne sono grata!-
Si baciarono appassionatamente  e Feliciano abbandonò la sua casa natale.

Romano aveva vissuto abbastanza nella corte del principe. A sufficienza per aver memorizzato un percorso utile attraverso cui muoversi con discrezione.
I  giardini presentavano degli arbusti di ogni forma, particolarmente folti, ideali per nascondersi.
E seppure vi erano numerosi personaggi che li frequentavano, non ebbe difficoltà a corrompere il giardiniere principale, con il dente d’oro sottratto al Cardinale, per accedere al lato esterno vietato ai comuni mortali.
Aveva constatato come le celle ordinarie nelle prigioni presentassero, generalmente, una finestrella rivolta verso l’esterno. Questo per evitare che i corridoio saturassero di fetore malsano di sangue ed escrementi.
All’interno, ogni stanza occupata dal prigioniero, era ben sorvegliata da una sentinella che si occupava di un’intera fila. Ma all’esterno, non c’era nessuno a controllare. Era impossibile che i prigionieri riuscissero a forzare le sbarre di metallo, d’altronde.
 Da qualche parte, poteva essere imprigionato Antonio, quindi valeva la pena fare un tentativo.
Con molta accortezza, Romano si approcciò ad ogni finestrella per riuscire a trovare l’ex-Capitano.
Infine, dopo aver controllato la tredicesima cella, riuscì a scovarlo, affranto al muro.
Era seduto, con i polsi legati a un cerchio metallico, e la testa inerme sulle gambe. Sembrava particolarmente stanco e provato, ma l’ombra impediva a Romano un giudizio più preciso.

- Antonio?- chiamò, con un filo di voce.
Antonio sbattè le palpebre, seccate, inutilizzabili nell’oscurità.
- Antonio?- ripetè Romano.
L’ex-Capitano girò la testa in direzione di quella che, credeva, fosse un’allucinazione.
- Antonio! Sono io!- esclamò Romano, sempre a bassa voce.
- Romano!- Antonio recuperò un po’ del suo solito buon umore e provò a trascinarsi alla finestra, finchè le corde non impedirono ulteriori movimenti.
- Cosa ci fai qui, Roma?? Ero sicuro saresti tornato con un ospite di sangue blu!- ridacchiò nervoso.
- Ti sbagli! Lui è già qui con me!- sorrise ambiguo l’altro, mentre si distendeva sull’erba per avvicinarsi al volto del prigioniero.
- Ah davvero? E dov’è??- si rallegrò Antonio.
- Davanti a me, ovviamente!-

Antoniò sobbalzò, stupito: - Che? Dove?- e così dicendo si guardò intorno, nervosamente.
Solo allora, Romano ebbe modo di accorgersi delle mani sanguinanti del suo alleato.
- AHHHH! Antonio! Le tue..mani..! Cazzo!-
La luce del sole, penetrando dalle finestre, aveva evidenziato le torture che Antonio aveva subito.
 Le mani tremavano ancora ed era evidente che dovevano dolere molto, considerato che evitava accuratamente di muoverle eccessivamente o di toccare qualunque cosa. Compreso il suo corpo.
- Ah! Non è niente..continua pure!- tentò di sminuire Antonio.
Romano sentì la rabbia montare, ma cercò di frenarla: - Che ti hanno fatto?-
- Mi hanno strappato le unghie..ma è successo qualche giorno fa…ora ho imparato a conviverci col dolore-
Le mani dell’uomo necessitavano di cure urgenti, a maggior ragione se erano più giorni che si trovavano in quello stato pietoso. I rischi d’infezione erano parecchio elevati in un posto del genere.
- Anzi che non mi hanno strappato i denti! Quelli non ricrescono! Speriamo non cambino idea! eh eh!-
Romano si morse le labbra, reprimendo la sua collera, tra i mille pensieri che permeavano la sua mente.
 “Idiota! Come fai a ridere anche in questa situazione?!”
- Stronzi! La pagheranno cara!-
“ Mi dispiace Antonio! E’ colpa mia!”


- Ti tirerò fuori da qui! E allora saranno guai grossi! Voglio vedere la loro testa rotolare sul patibolo e vederli strisciare ai tuoi piedi implorandoti pietà!- dichiarò Romano.
- Ahah non credo lo faranno!-  apprezzò l’altro.
- Oh, lo faranno eccome!-
Antonio si sporse maggiormente,verso la finestrella: - Che stai insinuando, Romano?-
-  Ascolta! So che può sembrare assurdo ma sto per rivelarti una cosa che potrebbe sconvolgerti!-
L’uomo fissò il ragazzo interessato.
- Tu, Antonio, o meglio Auguste, sei il legittimo erede al trono, spodestato da Francis!- decretò.
- Eh? Ma cosa vai farneticando, Roma!- questionò Antonio, pensando stesse scherzando.
- Si, Antonio! Tua madre, Angélie Oignon, gestiva un’erboristeria nel borgo ai piedi della Basilica di Greville! -  sancì sicuro l’altro.
- Cosa?-
- Lo so che sembra una cosa impossibile! Ma tuo padre non è morto a causa della peste, ma era il re in persona!-  determinò Romano, sempre più convinto e appassionato.
- Il re..mio padre…?- Antonio, dal canto suo, era sicuro che l’amico fosse impazzito.
- Si, ricordi? Ti ha nascosto prima che venisse accusata di essere una strega e mandata al rogo. Auguste Oignon, sei tu l’erede al trono!- concluse Romano, indomito.
- Romano..-
- Adesso ti tirerò fuori di qui e insieme reclameremo i tuoi diritti…in qualche modo..- e così dicendo, allungò la mano, afferrandogli il braccio, quasi a confortarlo, stando ben attento a non urtare le sue mani.
- Romano..- sospirò il prigioniero, chiaramente a disagio.
- Si pentiranno amaramente di averti ridotto in quello stato, vedrai! Non vedo l’ora di vedere la faccia di Francis! Dovrà mangiarsi quel nano di merda dalla rabbia! Potremo, finalmente, vendicarci entrambi-  festeggiò l’altro, già pregustandosi la scena.
- Romano..ti stai sbagliando!-  proclamò Antonio, alquanto sconfortato.
Il ragazzo lo fissò sorpreso: - Che? No, no, sono arci-sicuro!- assicurò.
- Non sono io Auguste Oignon!- confermò l’altro, abbandonando il suo consueto ottimismo.
- Che cazzo stai dicendo, Antonio?! Certo che sei tu!- incalzò Romano, testardamente.
- NON SONO IO, ROMANO! I miei genitori erano dei semplici pescatori che mi hanno venduto, quando ero piccolo, a dei  militari  per pochi spiccioli!- confessò l’altro, abbassando la testa, mortificato.
Romano ammutolì, cercando d’incamerare quelle nuove informazioni e metabolizzarle nel cervello.
- Ma..Angélie Oignon…- bofonchiò Romano, frastornato, lasciando il braccio dell’amico.
- Non so chi sia ti ho detto!- assodò sconsolato l’altro.

Una voce li fece trasalire entrambi: - Come fai a conoscere il nome  di mia madre?-
Romano si girò e vide che, sopra di lui, si ergeva quello che era stato promosso nuovo Capitano delle guardie.
 Quello che aveva quasi marchiato Romano col fuoco. Quello che aveva tormentato Antonio durante la sua breve permanenza nelle carceri. LUI. L’oppressore.
 Tremava irrequieto, sopra la sua testa, puntandogli la pistola sulla nuca.
- Dimmi come fai a conoscere il nome di mia madre o ti ammazzo all’istante!-
“ NON PUO' ESSERE LUI!!” impallidì il giovane.

*************************************************
Fine Capitolo 14.
* Lo so…bimbominchia non è esattamente un termine adeguato per l’epoca, ma calzava troppo per non includerlo XD
Romano si sbagliava. Non era Antonio il legittimo erede al trono e quindi come reagire a quell’imprevisto?

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Capitolo 15
*** Il Potere di Chi Opprime ***


IL PRINCIPE E L’ AMANTE
-Capitolo 15-

                                                                                                      IL POTERE DI CHI OPPRIME



Feliciano riuscì a strappare un passaggio verso il palazzo.
Il problema sarebbe stato ricongiungersi al fratello maggiore che, con molta probabilità, stava cercando Antonio nelle segrete.
Osservò la reggia da lontano. L’imponenza di quell’edificio e la sua maestosità erano sempre un bello spettacolo, ma accedervi non era semplice per un bambino .
“ E adesso? Che faccio?”

Fu il trotto di alcuni cavalli che lo spinse a nascondersi velocemente dentro un cespuglio di more. Non era stagione di frutti, ma le spine erano, purtroppo, sempre presenti.
Uomini incappucciati, almeno sette, si avvicinarono, guardandosi intorno con attenzione.
- Allora?- disse uno  - Sono stanco di aspettare! L’avete portato?-
- Si, mio principe!-
“ Francis?” si chiese Feliciano, interessandosi improvvisamente al discorso, sporgendo il naso fuori dai rovi.
- Fammi vedere!-
Un uomo alto e vestito di nero, anch’egli col cappuccio, tirò fuori dal suo sacchetto da viaggio un foglio.
Francis lo prese in mano. Lo lesse.
- Merd! Quel vecchiaccio! Fino alla fine deve farmi penare!-
Feliciano non aveva più dubbi sul fatto che si trattasse proprio del Principe, in quanto assunse una delle sue solite pose drammatiche: - Quanto ancora dovrò sopportare questo tormento? Un po’ di pietà,  per Dio! - agognò demoralizzato.
Un’ombra comparve accanto a Francis.
- Prima Lovino e poi SIGH questo!-
- Tra qualche giorno, mio signore, non avrà più niente da temere! Filerà tutto liscio! HIC!-
“E quello è Patrick” ragionò fra sé il bambino. D’altronde, anche sotto il mantello, si vedeva che la sua statura era insolitamente bassa.
- COME FAI A DIRLO???- sclerò l’altro, scuotendo violentemente il nano.
- Suvvia, eccellenza, lei è sicuramente il più dotato e adatto a questo oneroso compito! Nessuno potrebbe competere! Non è accaduto fino adesso! HIC!- cercò d’incoraggiarlo Patrick.
- Che io sia il PIÙ DOTATO non c’è dubbio ma..COMUNQUE QUESTO genere d’inconvenienti avvengono SEMPRE alla fine! Maledetto! Pure da morto! Pure da morto hai dovuto!- si lamentò il principe, levando le urla al cielo.
Uno degli incappucciati prese parola: - Dobbiamo indagare, sua Altezza? -
Il principe sobbalzò a quell’avviso: - Non voglio neanche pensarci! Voi, conservate..anzi NO: distruggete questa lettera! Non voglio più vederla!-
Così dicendo, diede, in malo modo, il documento agli incappucciati, i quali rimasero in attesa di ordini. Ma Francis si sistemò il mantello nervosamente e si recò verso casa, incurante, seguito dal suo fedele nano.

- Domani lo bruceremo!  – disse un incappucciato, indicando il foglio ai compagni e lo ripose nella saccoccia – Troviamo una locanda dove dormire e abbeverare i cavalli!-
“ Veee? Va bene!” decise Feliciano “ Adesso devo sapere il contenuto di quel pezzo di carta!” e, di soppiatto, si mise a seguirli.

Romano rimase a bocca aperta, ma la minaccia reale dell’uomo lo spinse a parlare.
Non era sicuro che fosse veramente Auguste, ma il suo intuito, solitamente, non l’aveva deluso.
 Raccontò del suo ritrovamento nella dimora della donna. Il diario era la fonte della sua conoscenza.
La guardia rimase ad ascoltarlo molto impressionato da ciò che aveva scoperto il giovane e, lì  per lì, la consapevolezza di essere figlio del re, razionalmente, la rifiutò.
Tuttavia, l’evidenza, lo scosse più forte.
Il moccioso sapeva troppe cose : - Che il diavolo sia dannato! Sono davvero il figlio del re!- mormorò incredulo.
- Così pare..- commentò Romano fra i denti, non sapendo se gioirne o se darsela a gambe levate.
Antonio rimase perplesso a fissare, tra le sbarre, la conversazione tra i due.
- Accidenti! Che Dio possa fulminarmi ! Quella buona donna di mia madre avrebbe dovuto dirmelo! Che donna sciocca!-
Romano e Antonio rimasero in silenzio a scrutare Auguste, il quale si mordeva le mani per qualche oscuro motivo. Poi si rivolse a loro: - Ebbene..come faccio a reclamare il mio diritto?-
Ci fu uno scambio di sguardi tra Antonio e Romano: - Non lo so!- ammise quest’ultimo.

Improvvisamente, il capitano lo prese per il collo e lo sbattè al muro: - STAI MENTENDO! DIMMELO  FIGLIO DI PUTTANA!-
- Ti ho detto..cof..cof.. che non lo so! Cof cof!- tossì il giovane.
- EHI! LASCIALO!- si agitò Antonio, facendo tintinnare il metallo dell’anello.
I piccoli occhietti verdi di Auguste penetrarono in quelli grandi e profondi di Romano: - Potresti anche dire il vero, contadino! Ma, adesso, voglio che tu mi aiuti!-
Romano non abbassò lo sguardo e rimase in silenzio a fissare l’uomo.
- Se lo farai, ti posso assicurare, che vi risparmierò la vita e, anzi..vi permetterò di scegliervene una di vostra gradimento! – lo tentò Auguste.
Romano digrignò i denti: - Prima libera Antonio!-
Auguste rimase immobile.
- Poi ti aiuterò!- completò Romano.
Il Capitano si mise la mano sul mento, come se stesse soppesando le parole del giovane, poi esordì:- Affare fatto!- e si compiacque.

- Voi due non fate scherzi!- minacciò Auguste, con la pistola, mentre liberava i polsi d’Antonio.
- AHHHHH- esultò lui, massaggiandosi i polsi con il dorso della mano, evitando di muovere le dita.
- Ti salvi sempre tu.. ?– sghignazzò Auguste, rivolto al prigioniero.
- Non hai niente per medicarlo?- lo interruppe Romano, fallendo nel tentativo di non risultare preoccupato per l’ex- capitano.
- Dovrei avere delle bende!- ammise quest’ultimo. Esaminando sadicamente il suo ex- carcerato – Sono un po’ demodè...ma meglio di niente!- e diede a Romano dei lerci drappi che il giovane fasciò intorno le dita dell’amico.
- AHI!-
- Scusa Antonio! E’ per il tuo bene!-

Ora, i tre, non ebbero difficoltà ad abbandonare le prigioni, alla ricerca di un luogo più appartato. Dato che Auguste era stato promosso a capitano, dopo la “ caduta” di Antonio,  non vi era nessuno che avesse l’obbligo o l’ardire di chiedere spiegazioni o, addirittura, opporsi ai comandi .
Il capitano stava cercando una nuova locazione per i due prigionieri. Questa era la spiegazione ufficiale e questa doveva  apparire come la verità agli occhi degli altri. D’altronde, Auguste non era mai stato particolarmente famoso per la sua compassione o per il suo altruismo. Anzi…perciò, era logico che nessuno volesse attaccare briga con lui.

Erano intenzionati a uscire fuori dal cortile per discutere il più isolati possibile.
Auguste ancora non si fidava e, certo, non voleva che i suoi graditi clienti potessero piantarlo in asso proprio ora, spifferando tutto a chi di dovere.
Doveva tenerli sott’occhio in modo di controllare ogni loro gesto inconsueto.

Abbandonati i giardini una vecchia mendicante zoppa si approcciò a loro.
Era normale che  fuori gli ambienti di Chiesa e i luoghi di sfarzo ci fosse sempre qualcuno alla ricerca di qualcosa da scroccare.
 - Fate la carità, buon uomo! Dio vi benedica!- disse volgendosi a Romano e Antonio.
Romano storse il naso: non lo vedeva che erano prigionieri?
 Antonio, invece, le rispose garbatamente:- Madame..non siamo in condizione di adempiere, in maniera ligia, ai nostri doveri morali, ci perdoni.-
- La prego, qualche spiccio, per carità!- implorò ancora.
- Desolato! Non abbiamo proprio niente da offrirle!- suggellò nuovamente Antonio.
La storpia non sembrò demordere e si mise a insistere: - Voi, siate gentile, si? Con una povera vecchia..- e afferrò la mano d’Antonio, provocandogli una scossa di dolore che si propagò dalla mano per tutto il corpo. Emise un singhiozzo, colto alla sprovvista da quella presa.
Romano, percepito il patimento dell’amico, agguantò la pezzente e la sbatté a terra: - Ti.Ha.Detto.Che.Non.Abbiamo.Niente!- scandì adirato.
Lasciò la mendicante tra la polvere e le diede le spalle per controllare lo stato dell’amico.
- Tutto bene?- domandò preoccupato, vedendo che si teneva ferma la mano che tremava, come presa da un raptus convulsivo.
Antonio lo tranquillizzò: - Oh, sta tranquillo è solo..- poi s’irrigidì sbarrando gli occhi – ROMANO! DIETRO DI TE! GIRATI!-
BANG

Ci fu uno sparo. La stracciona cadde a terra con un tonfo secco. Morta.
 In mano, teneva ancora i pezzo di vetro con cui avrebbe trafitto il cuore del giovane.
- EHI MOCCIOSO!- urlò Auguste, irritato - VEDI CHE NON HO INTENZIONE DI FARTI DA BALIA! STA ATTENTO! -
Romano fissò la grande macchia di sangue che si allargava sotto la vecchia.
“ Le armi da fuoco..” constatò “..sono una cosa terribile!”

Si fece notte quando raggiunsero una postazione che, Auguste, ritenne sufficientemente appartata. Mentre quest’ultimo si mise ad accendere il fuoco, Romano si approcciò ad Antonio: - Come va?-
Antonio avrebbe dovuto essere ben felice di aver abbandonato quei luoghi di tortura, invece se ne stava mogio, mogio, ben più riflessivo e silenzioso del solito.
Romano immaginava fosse a causa delle ferite.
- Va meglio!- ammise.
Romano non aveva mai eccelso nel tirare su il morale alla gente, al contrario, si riteneva abbastanza pessimista, ma, i sensi di colpa, lo portarono a intraprendere anche quell’impresa a lui poco consona, se non assai ardua:- Vedrai che prestp ti sentirai meglio! Una volta che porteremo a termine la missione, potremo medicarti a dovere e potrai fare quello che ti pare! Nessuno te lo impedirà!-
Antonio non rispose e si limitò ad alzare le spalle sospirando.
- E’ così no, Auguste?- incoraggiò Romano, ancora perplesso a causa dell’ atteggiamento poco collaborativo dell’amico.
- Certamente!- confermò la voce del Capitano, intento a soffiare per alzare le fiamme.
 Romano sorrise ad Antonio, un lusso per pochi fortunati: -Potremo intraprendere qualunque carriera! Potremo diventare ricchi senza sudore! Potremo, addirittura, comprarci la redenzione! Potremo…-
Antonio non pareva troppo rincuorato.
- ..Potremo fare opere di bene! Potremo…Antonio?- Romano era, decisamente, deluso dal poco entusiasmo dell’alleato. Eppure, lui, ce l’aveva messa tutta ed erano liberi per giunta.
Alla fine, l’uomo ricambiò il sorriso, restituendo a Romano un po’ di sollievo.
- Avremo tutto ciò che desideriamo!- asserì con convinzione.
Auguste, si girò, ridacchiando anch’egli: - Naturale! Vuoi tornare a essere Capitano? In fondo, se divento re, avrò poco interesse a mantenere il ruolo! E tu..- disse volgendosi a Romano - ..che ne diresti di tornare a fare il “mestiere” di prima, eh? Ho ascoltato, sai?  Le tue urla e i tuoi orgasmi potrebbero intrigarmi parecchio!- e si mise a sghignazzare malefico.
Antonio e Romano si zittirono all’istante.
- Suvvia, scherzavo! Scherzavo!- schernì Auguste.
Ma i due si lanciarono un’occhiata tutt’altro che rilassata.

I tre si riunirono intorno al fuoco.
- Idee?- interrogò Auguste.
- No!- analizzò Romano.
- Non mi viene in mente niente!- si accodò Antonio.
- Bè, perbacco, è il caso che cominciate a far funzionare il cervello perché non abbiamo molto tempo e io, di certo, non intendo rinunciare al trono!-
Romano si mise le mani sulle tempie, cercando di concentrarsi.
- Allora?-
- Nulla di utile!- confermò.
- Dannazione!-

Il trio si mise a consumare un pasto veloce.Una lepre che avevano catturato grazie alla potenza dell’arma da fuoco del capitano. Tutto diventava più semplice così.
Fu Romano a spezzare il silenzio prendendo parola: - Fammi capire bene, Auguste..: perché diamine sei diventato un soldato?-
L’uomo sbranò un cosciotto, portandosi appresso anche una scheggia d' osso: -  Per cosa credi possa averlo fatto? Ma per il potere, ovviamente!-
Romano si accigliò: - Credevo l’avessi fatto per vendicare tua madre, magari…-
- Tsk! Quella donna è sempre stata troppo buona! Avesse dato retta a me, forse, a quest’ora, starebbe ancora a preparare poltiglie, invece di danzare tra le fiamme dell’Inferno! Che destino disgraziato!- constatò lui, fissando infastidito le lingue di fuoco del loro falò.
Romano rimase imbambolato, con la sua zampa di lepre tra le mani: - Era una brava donna! Non meritava quella fine! Non capisco come la Chiesa possa aver dato l’autorizzazione! Non che io voglia osare contestare il volere di Dio, sia ben chiaro! E' solo che.. -
- Col potere ottieni quello che desideri, contadino! Senza potere non ottieni nulla! Nulla! La vita è fatta di gente schiacciata e gente che schiaccia! Senza la tua bella dose di calci in culo questa regola non l’apprendi e, per questo, finirai per farti ammazzare presto!- osservò Auguste, maligno.
Romano s’irritò: - Sappi che io ne ho presi fin troppi di calci in culo in vita mia e, francamente, mio sono rotto il cazzo!-
Auguste finì di sbranare la sua carne e gettò l’osso dietro di sé:-  Bene!- esclamò-  Se vuoi, finalmente, vivere una vita degna di questo nome è il caso che ti spremi le meningi perché il giorno dell’incoronazione è sempre più vicino!-

A quel punto, si alzò e agilmente prese una corda con cui legò le mani di Romano e, successivamente, l'altra estremità, alle dita di Antonio. Poi, a sua volta, si fissò la corda intorno la vita.
- Che diavolo stai f..?- s’infuriò Romano, seguendo le operazione del Capitano che, indifferente alle proteste del giovane, si accertava che i nodi fossero ben saldi.
- Ora..- soggiunse crudele - ..non potrete scappare e, anche nell’ipotesi remota che riusciste a liberare le vostre mani dalla corda, il mio caro ex- superiore patirà le pene dell’inferno, tali da svegliarmi e farvela pagare cara!-
Prese il giovane e lo posizionò vicino a una grossa quercia.
- Pensavo fossimo alleati..- si crucciò Romano, mentre le sue mani venivano agganciate al ramo di un albero.
Auguste sorrise maligno: - Ciò non toglie che non mi fido completamente di voi! Quindi, ora, vado a dormire e vi consiglio di fare altrettanto, giacchè, domani, non accetterò altre scuse o ritardi!-
Così dicendo si accoccolò dietro un grosso masso, ronfando beatamente, lasciando un Romano ringhiante legato con le mani a un ramo e Antonio che cercava di trovare la posizione adatta per non soffrire ulteriormente.

Passarono due ore.
Auguste se la dormiva della grossa…, a differenza dei due prigionieri.
Romano aveva tentato di chiudere gli occhi per prendere sonno, ma era decisamente scomoda quella postazione.
Antonio, a sua volta, non sembrava evidentemente assonnato, perché erano un paio d’ore che continuava a rigirarsi senza pace.
- Ehi..Antonio! Sei sveglio?- sussurrò Romano, rivolto alla schiena dell’amico.
Quest’ultimo non rispose, ma non trattenne un lungo sospiro.
- Antonio!- mormorò più deciso, Romano, cercando, in qualche modo, di coinvolgerlo e tirarlo fuori da quell’apatia che lo aveva paralizzato da quando l’avevano liberato.  
- Che c’è?-
- Si può sapere che diavolo ti prende? E’ da quando abbiamo lasciato le segrete che ti comporti come uno stoccafisso, cazzo!-
Antonio si limitò a scrollare le spalle.
- Mi vuoi dire qual è il tuo problema, invece di fare il beota alienato?-
Lentamente, Antonio si mise a sedere e, finalmente, girò la testa verso Romano che lo guardava incuriosito.
- Voglio essere sincero con te, Roma! Non mi piace! E’ peggio di Francis!- sentenziò, infine, il partner di sventura.

******************************
Fine Capitolo 15.
L’alternativa ad Auguste è la morte. La morte o la vita dei propri sogni.
 Se Antonio potrebbe essere tipo da sacrificarsi per il bene della patria.., è certo che, Romano, non sarebbe pronto a immolarsi.., men che meno per i suoi aguzzini.
 Cosa accadrebbe allora?


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Capitolo 16
*** Dalla Padella alla Brace ***


IL PRINCIPE E L’ AMANTE
-Capitolo 16-

                                                             DALLA PADELLA ALLA BRACE

 


Romano rimase interdetto: - Bè..non è il massimo, lo ammetto..ma perlomeno non ci mozzerà la testa a vista!-
- Hai capito cosa intendo dire, Roma! Quella persona è crudele, rancorosa, sadica e malvagia! Sarebbe un disastro se diventasse re!- argomentò Antonio, stringendo i denti dalla frustrazione.
- Eppure adesso siamo al sicuro!- replicò l’altro - ..e io non  dovrò più leccare i piedi di nessuno!-
- Ah davvero? – lo schernì Antonio – Immagino sia una persona di parola..-

I due si fissarono in cagnesco.
- Siamo finiti dalla padella alla brace, Romano.. Non posso permettere che, alla Francia, accada una tale sciagura! Dobbiamo avvisare subito Francis!-
- IO NON CI TORNO A FARE LA TROIA DI PALAZZO! – sbottò Romano.
Non poteva credere che, Antonio, pretendesse una cosa del genere proprio a lui. Era illogico, assurdo, inaudito. Assolutamente da escludere.
Auguste sbuffò nel sonno.
- Romano! Abbassa la voce, per Dio!- implorò l’ex- Capitano, preoccupato dai movimenti del loro carceriere.
Era opprimente sapere che Antonio non riuscisse a comprenderlo.
- NON ME NE FREGA UN CAZZO, HAI CAPITO? Forse, a te, piaceva dare ordini a destra e a manca, da bravo e  stimato cagnolino di sua altezza, ma io sono stato trascinato, CONTRO la mia volontà, tra i gironi dell’Inferno più corrotto e deviato! A strisciare per quello stronzo solo per avere un piatto caldo! Hai idea di cosa significhi?- Romano, in quel momento, avrebbe sfasciato tutto quello che lo circondava , se le corde e il suo orgoglio non l’avessero frenato. Non voleva la pietà di nessuno…, men che meno di Antonio.
- Romano…lo so cosa provi!- cercò di rimediare quest’ultimo.
- NO! E’ evidente che non lo sai, altrimenti non me la proporresti nemmeno una cosa tanto umiliante!-
Il silenzio cadde sulla loro conversazione.
Le fiamme facevano scricchiolare il legno che si carbonizzava e anneriva le zone circostanti.
Antonio prese fiato e a bassa voce si giustificò:- Io devo salvare il mio Paese!-
La sua voce non ammetteva titubanze.
Romano sentì che la cosa gli faceva male.
- Spero che tu possa capirlo..-
- AHHH Certo! Quindi te ne batti i coglioni che impiccheranno me e mio fratello.- asserì arrabbiato e deluso.
- Forse riuscirò a ottenere un salvacondotto..- sottolineò l’amico con voce pacata ma, allo stesso tempo, decisa.
- Vai a farti fottere, Antonio! Possibilmente: al posto mio!- e la discussione si tranciò.
Il falò si consumò completamente. La notte si scurì. La luna divenne più evidente.

A Romano appariva tutto sfuocato. Niente aveva più senso. Strinse con veemenza le lenzuola mentre il cuore palpitava quasi a voler sfondare il petto. Sentiva il dolore che lo penetrava sin dentro le ossa e il suo organismo pareva infuocato.
- Basta! ANF ANF Cazzo..! Basta!-
- Resisti ancora un po’, Lovi!-
- DIO! AH..ARGH.. Non..non..-
Romano sentì il corpo inarcarsi rigidamente: - Bastar..do! Fa male! Fottutamente male!-
- Rilassati!Finirà presto! Te lo prometto, mon petit!-
La sua visuale venne occupata da un oggetto a lui sconosciuto. A cosa serviva?
Una forte scossa l’attraversò e lui cacciò un urlo.


-AHHHHHH!- Romano si svegliò con la fronte imperniata dal sudore, le pupille che scattavano a destra e sinistra ossessivamente e il cuore che batteva a mille.
Si mise la mano sul petto, cercando di riprendere fiato e di tranquillizzarsi. Il respiro si stabilizzò.
Era accaduto altre volte. Voleva mantenere la calma, ma le sue gambe rivelavano il suo tormento.
“ Di nuovo!”
Le sensazioni di quelle notti continuavano a perseguitarlo e, quando credeva di aver finalmente superato il trauma, ecco che, insistentemente, tornavano a farsi presenti nella sua mente.
Poggiò la fronte sui polsi legati, ansimando come un animale: - Fottutissimi incubi! Lasciatemi in pace! Lasciatemi in pace!-  mormorò angustiato.
Perché non riusciva a liberarsi da quel supplizio? Perché continuava a “ricordare”?
- Andate via! Andate via!- si ripetè a voce bassa, chiudendo gli occhi, quasi a esorcizzarli.
Un brivido percorse il suo midollo mentre ripensava al ricordo del madido che trapassava le sue carni dandogli stimoli contrastanti di dolore e di piacere.
- Stronzi…Luridi figli di scrofe! Me la pagheranno! Gli strapperò le loro squallide lingue e le infilerò su per il loro culo rotto!- vomitò tremando.
Provava ribrezzo per loro! A sua volta, si faceva schifo!
Non riuscì a trattenere dei sommessi singhiozzi.

- Ohi, Roma! Sei sveglio?-
La voce salvifica d’Antonio comparve come un fulmine a ciel sereno. Ma Romano non aveva alcuna intenzione di scambiare punti di vista con lui, adesso. Tanto non capiva. Non avrebbe capito.
- Che hai? -
- Sigh..  Lasciami perdere! – non riuscì a trattenere un singulto.
- Stai piangendo?-
- NO!- e si asciugò le lacrime sulle braccia nude.
- Se vuoi parlare..sappi che ti ascolto!- tentò Antonio, percependo che c’era qualcosa che non andava.
- Chi diamine vuole parlare con un fottutissimo cane da guardia?! Torna a scodinzolare dal padrone, bastardo!- reagì bruscamente l’altro.
Antonio era addolorato dal tentativo di chiudersi, nuovamente, a riccio del partner di viaggio. Credeva di essere riuscito ad abbattere quel muro che lo circondava e, invece, a quanto pareva, aveva vanificato, in una sola botta, tutti gli sforzi compiuti in passato.
- Romano..-
- VAFFANCULO!-
Antonio posò il mento sulle ginocchia, mugolando di tanto, in tanto, a causa del prurito alle mani. Aveva tradito la fiducia di Romano..ma come poteva agire diversamente?

L’alba stava irradiando la valle di luce, oramai. I due prigionieri non avevano ripreso sonno.
- Voglio dirti..che sono mortificato, Romano! Non era mia intenzione…-
- Pensi che stia piangendo a causa tua? Ma chi cazzo ti credi di essere?-
- Ah! Stai piangendo?-
-NO, HO DETTO!-
Auguste si svegliò, si rigirò nell’erba e ridacchiò divertito: - Ehi! Ehi! Che succede qui?-
Romano nascose la sua faccia tra le braccia, ma Auguste, alzatosi, gli prese il mento e lo costrinse a guardarlo. Una singola lacrima affrontò il breve tratto dall’iride alla guancia.
Auguste la pulì col pollice: - Ma guarda un po’…: non sei tanto galante e gentiluomo come appari se fai piangere il moccioso in questo modo!- disse volgendosi ad Antonio, macchiavellico.
- Io..non..- farfugliò quest’ultimo, dispiaciuto.
- Non è niente! Lascia perdere!- tagliò corto il giovane, levando violentemente il mento dalla portata dell’omone.
-  Suvvia, suvvia! Sono curioso, assai!-
Romano sentì il peso dello sguardo di Antonio su di lui. Se avesse parlato, probabilmente, nessuno l’avrebbe costretto a tornare in quel luogo riprovevole e diabolico…Ma, se avesse detto la verità, Auguste avrebbe sparato ad Antonio all’istante.
L’odiava per non aver tenuto conto di ciò che provava lui, non l’avrebbe MAI perdonato per questo, tuttavia..
- Niente! Non ci siamo detti assolutamente niente!-

Il Capitano decise di portare i prigionieri, al sicuro, in una Taverna fuori mano: “ La  Petite Déjeuner”. Si chiamava così perché oltre a servirvi la selvaggina con pane e vino, vi erano degli alloggi essenziali, con letti e gabinetto, dove gli stranieri paganti potevano sostare per riprendere il loro viaggio il giorno seguente. Non era un caso che fosse frequentata da pellegrini di ogni genere.
Lì, avrebbe potuto interrogarli ancora, con la garanzia di essere protetti da quattro mura.

Prenotò una stanza. Era rimasta una camera con due soli letti.
Auguste s’indirizzò a Romano: - Bene, bene.. Mi sa tanto che dovremo dormire insieme..!-
Roma si gonfiò dalla collera e divenne tutto rosso in faccia: - Fottiti! Dormirò nella vasca!-
L’affermazione provocò grasse risate all’ aguzzino:- Vasca? Quale vasca? Credi ancora di vivere nei tuoi reali appartamenti, servito di tutto punto ?-
Romano s’inacidì ancora di più: - Anche un cesso sarà più confortevole della tua presenza!-
- Te la tiri un po’ troppo per essere un semplice contadino..potrebbe anche piacerti, dopotutto..ci sei abituato no?- sottolineò ambiguo l’interlocutore.
- Perché non ti prendi Antonio? I cani dormono in branco, no?-  accennò il giovane all’altro, senza indietreggiare.
Romano aveva cercato d’ignorare il suo alleato il più possibile e non gl’importava un’unghia che quest’ultimo potesse sentire la sua opinione, riguardo la sua persona, in seguito alla nottata.
Auguste sogghignò malizioso e posò accondiscendente una mano sulla spalla di Romano: - E’ un po’ grandicello, inoltre: puzza in maniera insopportabile!-
- Siete fatti l'uno per l'altro, insomma! - constatò Il ragazzo assumendo un atteggiamento di sfida, stringendo i denti e i pugni, ma Auguste non battè ciglio.
Si avvicinò fino a sussurrargli nell’orecchio:- Mentre tu, devo dire, hai un buon’odore!-
Il ragazzo deglutì.

- DORMIRO’ IO CON LUI!- Antonio si mise di mezzo con fare piuttosto eroico.
- Toh! E’ arrivato il principe Azzurro a salvare la sua damigella!- sancì l’erede al trono, con tono superbo e di ovvietà.
- Sempreché , a Romano, non dispiaccia!- soggiunse l’ex- Capitano, cercando l’espressione dell’amico.
- Fa come vuoi!- sputò secco Romano.

Il gruppo si diresse verso la sala grande.
 - Se speri che ti ringrazi hai preso un granchio! Sei al suo stesso livello, se non peggio!- sottolineò, poi, astioso , a lui, in disparte. Antonio non reagì.

Si sedettero su delle sedie e vennero serviti con dell’alcool dei vigneti vicini. Tutto compreso nel prezzo di soggiorno.
Stavano bevendo del vino quando entrò Gilbert: uno dei menestrelli più famosi della locanda, a rallegrare la serata.
Il suo giochi e le sue strofe erano famosi in tutto il regno: intrattenevano i visitatori che, nella loro bontà, elargivano anche generosi denari sonanti.
Salì sul tavolo e si mise a canticchiare allegramente:
- Viaggiatori Ben trovati,
Spero che , dal viaggio, vi siate rilassati.
Udite, Udite, Bella Gente:
La  mia lingua, si sa, non mente!
Tutto il Paese ne sta parlando,
anche chi, nei campi, sta coltivando,
 Dopodomani, un nuovo re ci sarà,
 e tutta la Francia inchinarsi dovrà!-


Auguste sputò il vino che aveva trangugiato.
Antonio trasalì, ma, in cuor suo, non era completamente scontento dalla novella, quindi nascose il mezzo- sorriso dietro un palmo dolente.
Romano restò di sasso e riuscì a commentare con un semplice:- Oh cazzo!-
Rimasero ad ascoltare i sonetti di Gilbert. La Francia avrebbe presto avuto un nuovo re. E non era Auguste.

Salite velocemente le scale, entrati nella loro camera, Auguste gettò i suoi “amici” sopra il letto logoro.
- Va bene! Basta giochetti! Parlate! Non fatemi faticare e incazzare inutilmente!-
- Auguste! Ti ribadisco che non sappiamo nulla!- replicò Antonio, esasperato.
- Ascoltatemi bene: Non-c’è-più-tempo!-
I due non sapeva proprio che dire o che fare.

- Ripeto: Come faccio a reclamare il mio diritto?- questionò lui, irritato.
- Leggi le mie labbra, cretino: NON. LO .SO!- provocò Romano, a sua volta abbastanza scocciato  - Dobbiamo inventarci qualcosa!- affermò, successivamente.
Auguste si mise a girare pensieroso per la stanza. Di tanto, in tanto, lanciava un’occhiata ai due che non prometteva nulla di buono. Quest' ultimi rimasero in rigorosa attesa di conoscere il piano del loro guardiano.
- Molto bene!! Domani prendiamo baracca e burattini e lasciamo il Paese!-

I due prigionieri rimasero a bocca aperta.  Era questo il piano?
- Non volevi diventare re?- interrogò sospettoso Antonio.
- Certo! Ma.., svegliati, l’incoronazione avverrà tra poche ore e noi non abbiamo uno straccio di prova che mi consenta di oppormi a Francis! Perciò, date le circostanze, prima  ce ne andiamo, meglio è! Se mi trovassero con due fuggitivi, impiccherebbero pure me!-
Detto questo, si alzò, li legò al loro letto e si recò alla porta. Prese la chiave.
- Vado dal gestore a procurarmi delle provviste per il viaggio! Torno presto, ma, per sicurezza, vi chiudo qui dentro! Non vorrei che scappaste senza nemmeno salutare, quindi: vedete di comportarvi bene o quando torno vi faccio un foro dritto in testa!-
E uscì sbattendo la porta. Il lucchetto scattò.


Così si ritrovarono entrambi stesi sul letto, l’uno accanto all’altro, a guardare il soffitto, senza pronunciare una sola parola.
Erano davvero vicini, tanto che non potevano muoversi senza sfiorarsi.
Intorno a loro pareva tutto tranquillo.

Antonio ruppe il silenzio a causa di un colpo di tosse, provocato dalle lenzuola logore : - Cof..cof..Oh, Scusa! Colpa della polvere!-
Romano lo ignorò, fissando testardamente il soffitto.
- Non vuoi parlarmi più?-
Romano non si scompose.
- Scusami davvero Roma! Lo so che, probabilmente, ora mi odi..ma credimi se ti dico che, l’ultima cosa che avrei voluto, sarebbe stata quella di ferirti! Dico sul serio!-
Una vena prese a pulsare, nervosamente, sulla fronte del giovane: - Antonio, te lo ripeto, fai quello che cazzo ti pare! Non m’interessa!-
Antonio si alzò di scatto,sparpagliando il loro lembo di lenzuolo che doveva fungere, presumibilmente, da coperta, sporgendosi sopra il compagno, faccia a faccia: - Se potessi fare in un altro modo…se ci fosse un’alternativa.. io..-
- Ti ho detto che non m’interessa!- e Romano tirò bruscamente le lenzuola, facendolo capitolare giù dal letto, , finchè la corda non prese a tirare.
Le mani colpirono il pavimento e Antonio dovette soffocare un gemito di dolore che, però, venne percepito da Romano, il quale, a malincuore, ammise di sentirsi un pò in colpa. Ma solo per un momento.

Antonio si rimise sulle ginocchia e poggiò i gomiti sul materasso.
Romano si era girato verso il muro, dandogli le spalle.
- Mi odi davvero così tanto?-
- Che importanza ha? Tanto domani sarà tutto finito!-
Antonio si risistemò sul letto: - Per me..- mormorò -.. è importante!-

I minuti passarono silenziosi, ma l’ex- Capitano non si era ancora arreso.
Decise di tentare l'ultima carta, anche se avrebbe volentieri evitato di riportare in superficie quei ricordi che teneva ottusamente dentro di sè.
Il suo passato rappresentava un fardello che non avrebbe mai voluto condividere con qualcuno, ma, se proprio doveva, questo qualcuno doveva essere Romano: - C’era un bambino ispanico che viveva a Figueres, vicino la riva del mare. Con i suoi genitori e i suoi sette fratelli, ogni mattina, sperava di pescare più pesci possibile, per arrivare a sfamarsi tutti…-
- Risparmiami la favoletta, Antonio!- ringhiò l’altro, che cercava di prendere sonno.
- No! Ti prego, ascolta..: un giorno la barca si ruppe sugli scogli e l’abbondanza di pesce, presto, venne a mancare. Il catrame e la resina non furono sufficienti per riparare la barca. L’unico modo per ricavare il denaro necessario per comprarne una nuova era “ vendere” chi, in famiglia, fruttava di meno: il bambino più piccolo. Io, per l’esattezza.-
Romano, suo malgrado, stava ascoltando attentamente quella storia, consapevole dei punti in comune che presentava con la sua. Quindi, la sua famiglia si era sbarazzata di lui..Romano non poteva dire altrettanto: i suoi erano morti in una tempesta, però l'avevano amato. 
- Quando un reparto di cavalleria francese passò attraverso i confini spagnoli, io costai loro 25 monete d’oro. I miei fratelli non versarono nemmeno una lacrima e i miei genitori erano troppo intenti a contare il gruzzolo per occuparsi di loro figlio che veniva trascinato via da energumeni senza pietà. Avevo otto anni allora. Figlio d’ispanici. Non contavo nulla!-
Romano si girò per guardarlo in viso, ma, questa volta, era Antonio che fissava insistentemente il soffitto, quasi richiamasse alla mente ricordi sepolti da secoli.
- Per cinque lunghi anni, quelle bestie sfogarono le loro frustrazioni su di me: picchiandomi, violentandomi, facendomi patire il freddo e la fame..-
- Mi dispiace..davvero lo dico..- sospirò l’altro, percependo l'angoscia dell'alleato.
-.. Tuttavia, per non morire, ho acquisito esperienza e mi sono ingegnato. Ho imparato a combattere e a difendermi. A rubare il pane, se avevo fame, a mordere se venivo minacciato.Ho ucciso, non lo nego! Tanto. Più di quanto immagini. Per dovere o per vendetta. Ma mai per piacere, perché io non volevo diventare come loro ! Io volevo dimostrare di valere molto di più di 25 monete d’oro! E ho avuto la mia occasione. E' inconsueto che il re partecipi a una battaglia, ma,in quel frangente, non so perchè, c'era anche lui.  In guerra venni notato. Così, al mio ritorno in quella che era e considero la mia nuova Patria, venni proclamato Capitano dal re in persona, successivamente alla morte del mio superiore per una ferita infetta. Puoi immaginarti lo stupore dei miei “ colleghi” quando si trovarono un umile pescatore spagnolo alla guida dell’esercito!-
Romano non aveva difficoltà a immaginarselo. Un vero spettacolo.
-..Tornai dalla mia famiglia a Figueres. Mi accolsero i miei anziani genitori e i cinque miei fratelli. Gli altri due: Uno era morto annegato, un altro a causa della polmonite. Furono gentili e disponibili, ma, per me, erano solo degli estranei. Diedi loro 25 monete d’oro e, d’allora, non li ho mai più rivisti. Ora la Francia è la mia casa!-

Romano sospirò.  
- Questo per dirti, Roma,  che non possiamo sempre scappare dal nostro passato. Dobbiamo affrontarlo per portare a compimento il nostro destino.- dichiarò Antonio, tornando a guardarlo dolcemente.
- Solo Dio conosce il fato dei mortali! - replicò l’altro, stringendo i lembi del lenzuolo con le mani.
- Vero..ma, se poni attenzione, ti accorgerai dei segnali che ti manda affinchè tu lo possa compiere: Io devo difendere il paese che mi ha accolto e valorizzato.So che devo impedire, a uno come Auguste, di reclamare il trono e spingere il mio Paese nell’oscurità. Tu, invece, cosa vuoi?-

Romano soppesò quella domanda. Non era facile comprendere se stessi.
Rispose poco dopo: - Io..non so cosa voglio di preciso…,ma so cosa non voglio! Non voglio che uccidano me o Feliciano! -
- E io non lo permetterò!- giurò Antonio -.. perciò, scusami, Roma, se ti ho mancato di rispetto!-
Così, posò una mano, sebbene ancora bendata e dolorante, sulla spalla del suo partner.
Romano sentì il cuore sciogliersi:- Scusami tu. Dannazione! Lo so cosa hai rischiato per salvarci!-

I due si fissarono per un po’: -Bè.. quindi…cosa proponi di fare?- domandò Romano, incapace di proseguire a sostenere lo sguardo senza vergognarsi.
Antonio, invece, lo informò risoluto: - Domani torneremo a palazzo e avviseremo Francis-
Romano venne il groppo alla gola.
- Andremo insieme! Domani! Dunque, stanotte, dormi con me?-
Romano arrossì vistosamente.
- Cosa? Non dirlo con quel tono! Cos’è questa confidenza, bastardo? -
- Sembri un pomodoro!- ridacchiò lo spagnolo.
- Razza d’idiota!- abbaiò l’altro.
- Prometto che non ti salto addosso…-
Romano lo fissò irritato e diffidente. Ciò nonostante si accucciò nel suo lato del letto, vicino al suo amico.
Antonio violò la mediana immaginaria del letto e gli bisbigliò all’orecchio. - ..Forse!- e si concesse uno sbuffo divertito che, apparentemente, non sembrò infastidire Romano più di tanto.

**************************************************
Fine Capitolo 16.
Scusate la lunghezza del capitolo e il tempo che c’ho impiegato. Purtroppo gira l’influenza T_T!
Comunque, alla fine, i due fuggitivi decidono di tornare ad avvisare Francis, per evitare che il regno possa cadere in mani ancora peggiori.
Tuttavia, il giorno dopo..

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Capitolo 17
*** Chi Non Muore,Purtroppo, Si Rivede ***


IL PRINCIPE E L’ AMANTE
-Capitolo 17-


        

                                                        CHI NON MUORE, PURTROPPO, SI RIVEDE
 


Antonio accarezzò i capelli di Romano, in maniera affettuosa.
Quest’ultimo lo scostò velocemente con la mano: - Falla finita, bastardo!-
Antonio si mise a ridere : - Ahah! Scusa Roma! E’ che mi piace quando arrossisci!-
Romano lo imbruttì e si portò le coperte fin sopra il naso: - Lasciami in pace!- mormorò astiosamente.
Antonio, per tutta risposta, lo prese per la cintola : - Posso, almeno, tenerti al caldo?-
- ASSOLUTAMENTE NO!- brontolò Romano, mollandogli una gomitata in faccia.
Antonio lanciò un gemito, afferrandosi il mento dolente.
- AH, scusa Antonio..- si scusò Romano, girandosi per assicurarsi che lo spagnolo non si fosse fatto male veramente.
Antonio ridacchiò, lanciandogli un’occhiata saccente come a dire: “ Davvero ti preoccupi per me? ”
Romano s’inacidì : - Anzi no! Ti sta bene! Vaffanculo!-
Antonio avvicinò le labbra alle sue : - Sei sempre così scontroso…non avrai paura di me?-
Romano si mostrò superbo : - Io? Paura di un perdente come te? Ma figurati!-
Antonio, a quel punto, gli baciò la fronte: - Mi fa piacere!- sussurrò.
Romano era passato da rosso pomodoro a rosso sugo.
Non sapeva che dire e rimase a bocca aperta, emettendo un suono sconosciuto al limite dell’umano.
Antonio lo fissò per un po’, divertito dal tentativo del ragazzo di ricomporsi dall’imbarazzo per spiccicare una frase sensata, poi scoppiò in una fragorosa risata.
Allora, Romano, rinsavì : - Se pensi che questo significhi qualcosa…non hai capito proprio un cazzo! Mi hai preso alla sprovvista! Tutto qui!- si giustificò.
- No, no, tranquillo, Roma!- lo assecondò il compagno.
Romano ringhiava per nascondere all’amico, e a se stesso, il cuore che avevo preso a battere disperatamente nel suo petto.

I due si addormentarono, infine, ma, il giorno dopo, chissà perché, l’alba li trovò abbracciati nel letto.
Romano fu il primo a svegliarsi e si accorse del braccio che lo avvolgeva sulle spalle.
Si girò di scatto, deciso a sbraitare contro Antonio, invece incontrò una voce ad attenderlo sopra di lui: - Oh! Ti tolgo un attimo gli occhi di dosso e tu già te la fai con un altro uomo! Come sei libertino, Lovino, mon cher!-
Francis. In carne e ossa.

Romano sobbalzò, cominciando a sudare febbrilmente, inconsapevolmente.
- Fra..Francis..ma che?-
- Ah! Sono contento che ti ricordi dei tuoi vecchi amori!- sogghignò compiaciuto il principe.
- Amori? MA CHE CAZZO STAI DICENDO?? QUALE AMORE, LURIDO PORCO?-
Antonio si svegliò a causa del clamore. La situazione non gli apparve affatto positiva.
Fu allora che Francis si volse a lui: - Toh! Il mio ex- Capitano! Come ti permetti di sedurre la mia proprietà?!-

Auguste entrò, seguito da una decina di guardie.
- Che le avevo detto, sua Maestà? Ecco i fuggitivi!- esclamò, agitando il braccio verso di loro.
- Tu…! - ringhiò Antonio.
- LURIDA CAROGNA! VILE SERPENTE TRADITORE!- urlò rabbioso Romano.
Eh si che, Auguste, non aveva alcuna intenzione di farsi impiccare, né di abbandonare quell’ambito ruolo, appena conquistato, per andare, poi, a errare chissà dove.
Quindi aveva, semplicemente, deciso di trarre la situazione a suo vantaggio: recatosi a palazzo, aveva spifferato di aver catturato l’amante di Francis e l’ex- Capitano traditore, così da ottenere benefici per merito della sua “ nobile ” impresa.
- Buon lavoro, Capitano!- si congratulò il francese.
Romano era verde di bile, tanto che, se l’avesse morso, l’avrebbe potuto avvelenare..tuttavia era ancora bloccato al letto insieme ad Antonio.

Il Principe si rivolse ai soldati: - Cacciatemi dalla vista questo ignobile infedele!- ordinò, riferendosi ad Antonio.
Romano abbaiò ancora nei confronti di Auguste: - PUTRIDA CARCASSA! SEI SOLO UN PEZZO DI MERDA!! PENSARE CHE POTEVI DIVENTARE PURE RE..MI DAI IL VOLTASTOMACO!-
Francis si girò sospettoso verso Auguste.
Quest’ultimo mise le mani avanti : - Sta delirando, vostra Altezza! Lo fa per salvarsi la pelle!-
- CERTO.. COME NO?! SPERO D’INCONTRARTI ALL’INFERNO, CODARDO!- sputò mordace il giovane.
Colpito nel vivo, Auguste reagì :- MARMOCCHIO! Attento a come parli, che t’infilzo!-
Francis si frappose piuttosto infastidito: - Ehi…le minacce, qui, le faccio solo io!-
Il Capitano, allora, abbassò la lama che portava al fianco, ma Romano non era, certo, tipo da evitare di attaccare briga in condizioni estreme.
Continuò a provocarlo:- SEI SOLO UN CANE! LECCA IL CULO AL TUO PADRONE, STRONZO! LA TUA LINGUA AVRA’ IL SAPORE DI MERDA!-
- NON TI AZZARDARE PICCOLO DELINQUENTE!- s’infuriò Auguste e, accecato dall’ira, lo prese per il collo, facendolo quasi soffocare: – SEI SOLO FECCIA! NEMMENO DOVRESTI ARDIRE AD ALZARE LA TESTA DALLA TERRA CHE SCAVI!-
Romano, ovviamente, replicò ancora più duramente: - POTRESTI ESSERMI UTILE: LE TUE OSSA DOVREBBERO DIVENTARE CONCIME PER FINOCCHI! ANCHE SE, NON DUBITO, SARESTI IN GRADO DI FAR MARCIRE ANCHE QUELLI!-
Il Capitano ficcò un pollice nella bocca del ragazzo e puntò il filo della spada.
- Vediamo quanto sarai loquace dopo che ti avrò mozzato quella lingua impudente!-
E abbassò la lama.

Si sentì uno schiocco di mani, un tonfo secco e una testa rotolare lungo il pavimento.
Romano spostò sconcertato la sua attenzione dal capo mozzato di Auguste al volto scocciato di Francis.
- Tsk..Odio la gente che m’interrompe!- sottolineò lui , permaloso, calando le dita.
Romano riprese a fissare gli occhi strabuzzati dell’uomo e la pozza di sangue che aveva creato: il legittimo erede al trono era morto.
Con lui, anche la sua ultima possibilità di salvezza. Se “salvezza” si poteva definire.

Antonio venne sciolto dai lacci e trasportato fuori dalla porta.
- EHI! DOVE LO STATE PORTANDO??-
Ma le sue rimostranze vennero trascurate come foglie autunnali.
- Mio Signore: siamo qua fuori, se ha bisogno!-
- Non servirà, tranquillo!- assicurò il principe e chiuse la porta alle spalle.
Romano si ritrovò solo con Francis in camera.


-Dicevamo..: Lovinoooo! Mon amour! Ti sono mancato?- si rallegrò il francese, slacciando i nodi anche all’amante.
- Per niente!- ringhiò Romano, massaggiandosi i segni appariscenti sulla pelle.
- A me..sei mancato T A N T I S S I M O!- esplicitò l’altro.
- Non me ne frega niente!- grugnì Romano, per niente emozionato. Anzi..
Francis allungò la mano verso i suoi capelli.
Romano scattò indietro:- NON TI AZZARDARE A TOCCARMI! Credi che non lo sappia? Che vuoi solo scoparmi e poi assassinarmi?-
- Io??? Non potrei mai, mon cher!- commentò agghiacciato il francese.
- A CHI VUOI DARL A A BERE, STRONZO!- s’infuriò il giovane.

Francis si mise seduto, stancamente, sul letto.
- Ascolta, Lovi, avevo intenzione di toglierti di mezzo! Temevo potessi…mettermi in difficoltà.., ma poi, ho capito lo spreco di eliminare un corpo così..mm..affascinante. DAVVERO un grande peccato. Così, mi sono detto: “se vengo incoronato, MAGARI, potrei evitare di ucciderlo!”-
Romano lo sfidò sprezzante.
Francis ammiccò, ben conoscendo l’attitudine animalesca del suo amante.
- Che ne dici, cucciolotto?- domandò, togliendosi la sua giacca indaco e avvicinando le dita ai bottoni.
Romano incrociò lo sguardo della smorfia sfigurata della testa tranciata.
- Io posso aiutarti..- continuò Francis, sbottonandosi pian, piano -..possiamo aiutarci a vicenda!-
Il ragazzo non riusciva a sbrogliare quel turbinio di emozioni che vorticavano nella sua testa: odiava Francis, ma potevano sopravvivere! Che senso aveva l’orgoglio se poi lo dovevano seppellire sotto terra?!
Approfittando della confusione del giovane, Francis, lasciando cadere anche la sua camicia, lo scaraventò sul letto, fioccandosi sopra di esso.
Romano sembrava spiritato, incapace di respingere quell’attacco.
Francis gli accarezzò il volto dolcemente: - Sei sempre più bello!- commentò, slacciandogli gli indumenti anche a lui.
Rimasto a petto nudo, Francis cominciò a divorargli appassionatamente i capezzoli.
Romano si sentì trascinare come una barca in mezzo alla tempesta, rispondendo automaticamente a quegli stimoli indesiderati, con gemiti di piacere.
- Ti ho addestrato bene!- sogghignò il principe soddisfatto dalle reazione del giovane.
“ Dannazione!” pensò quest’ultimo dentro di sé, incapace di opporre resistenza a fronte di tanti dubbi che lo assillavano. “ DANNAZIONE!”
Francis fece scendere le dita verso l’ombelico, ma improvvisamente, quando stava per essere sopraffatto, nella mente di Romano comparvero due smeraldi brillanti.
“ ANTONIO!” ricordò lui.

Il giovane afferrò repentino il braccio del principe, prima che quest’ultimo potesse indagare oltre nei suoi pantaloni.
- Antonio..- bofonchiò a bassa voce, Romano.
Francis lo fissò stupito: - Come, mon tresor ? Non ho capito!-
- Che ne sarà d’Antonio?- specificò il ragazzo.
-Non voglio concorrenza, mon petit!- replicò seccamente il Principe.

Romano, per un momento, rimase impalato.
Lui sarebbe sopravvissuto, a costo di tornare alle vecchie “disonorevoli” abitudini.
Feliciano, pure, probabilmente, non sarebbe stato toccato. Ma Antonio..
Lasciò andare l’arto del principe e cominciò a rimettere i bottoni del suo abito.
- Che stai facendo? – domandò contrariato e allibito Francis.
- Non lo vedi?-
Francis sbuffò perplesso: - Ti preferisco senza vestiti!-
- E io ti preferisco fuori dalle palle!- ribattè irriverente il giovane.
Francis cominciava a spazientirsi: - Levateli subito! Te lo ordino!- ammonì.
- Va al diavolo!- sentenziò l’altro.

Francis esaminò il ragazzo.
Il suo volto non lasciava trapelare sentimenti, ma per il nobile era fin troppo evidente.
- Ti piace l’ex- Capitano?- s’incupì.
Romano trasalì: - Non dire idiozie! E’ solo un cane bastardo! Però mi ha salvato la vita!-
Francis lo scrutò ancora. A volte lo sorprendeva nella sua capacità di scavare a fondo nell’animo delle persone.
- Non solo ti piace…ti sei proprio inn..-
La stizza di Romano lo interruppe: - HAI FINITO DI DIRE STRONZATE??-
Passarono alcuni secondi di silenzio, finchè Francis lo avvertì con una velata minaccia della voce che si era fatta oscura: - TU sei mio, Lovino! Non dimenticarlo!-
- IO NON APPARTENGO A NESSUNO!- sbottò il giovane, sentendo la collera percorrere il suo corpo come lava.
- Ti sbagli..- lo riprese il francese -.. tu appartieni a me!- rimarcò geloso.
La tensione cominciava a salire.
- E te lo dimostrerò!- così dicendo lo sbattè sul letto, cercando di strappargli i vestiti.

La lingua del principe era umida e appiccicosa sul collo di Romano.
Quest’ultimo cercava di divincolarsi provando ribrezzo per l’eccitazione febbrile di Francis.
Le dita del francese si aggrappavano come la vite alle carni calde del ragazzo.
Romano, disgustato, insofferente a tutta quella messa in scena, gli piantò un calcio nello stomaco, facendolo sbattere sul muro.
Un rigolino di sangue si espanse sul volto del francese, quando riapparì.


- TU..TU..TU MI HAI ..MI HAI..FERITO???!!!- Francis era inorridito e, allo stesso tempo, urtato dalla sua autorità violata.
Scandalizzato passò una mano sulla fronte, notando il sangue che colava in piccole gocce.
- Quanti piagnistei per un graffietto!- considerò l’altro, superbo.
- TU NON DEVI PERMETTERTI DI VIOLARE LA MIA SOVRANITA’! IO SONO IL TUO RE!- urlò insanamente.
Romano aveva capito una cosa. Non voleva tornare a fare la bambola .
Feliciano, adesso, era, probabilmente, scappato con Ludivine: al sicuro sulle montagne, se la sarebbe cavata.Non aveva più niente da perdere, se non la sua dignità.
- Francis, ficcatelo bene in quella tua fottutissima testa aristocratica: NON TORNERO’ MAI PIU’ A SCODINZOLARE PER TE! MAI PIU’! MI FAI SCHIFO! CAPITO? TI DISPREZZO CON TUTTO ME STESSO! SPERO CHE, UN GIORNO, QUALCUNO TE LA FACCIA PAGARE CARA PER TUT…-
Una fitta percorse la spalla del giovane, che cadde a terra come un sacco, urlando angosciato.

- TU SEI MIO!- ululò Francis isterico.
Romano non l’aveva mai visto così: sembrava impazzito!
In mano aveva una pistola. Quella di Auguste.

*********************************************
Fine Capitolo 17.
Stiamo affrontando i capitoli finali: Francis sembra aver perso la ragione e, si sa, che, con i pazzi, non è facile ragionare. Soprattutto, se questi, hanno in mano una pistola.

Romano sarà costretto ad affrontare il suo destino, non potendo più scappare. Ma sopravvivrà al fato?

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Capitolo 18
*** La Resa dei Conti ***


IL PRINCIPE E L’ AMANTE
-Capitolo 18-
                                                                                                
                                                                                       LA RESA DEI CONTI



-FRANCIS! FRANCIS!  DAI METTILA GIU’! METTI VIA QUELLA PISTOLA!- supplicò Romano, reggendosi la spalla sanguinante, in seguito al proiettile che l’aveva sfiorato.
- CHI E’ IL TUO PADRONE, LOVINO? DIMMELO- sbraitò, agitandogli l’arma davanti il naso.
Francis sembrava uno psicopatico. Completamente incapace di accettare un’opinione differente dalla sua.
 Soprattutto se, di mezzo, vi erano i SUOI sentimenti. Non per niente, Romano l’aveva sempre reputato: superbo e  viziato.
- SEI TU! SEI TU! Perciò, adesso, per favore, calmati!- cercò di assecondarlo Romano, sperando si calmasse un po’.
- Oh NONONONO! Non credere di cavartela così, mon amour!- replicò ambiguo il francese, agitando la pistola da una parte all’altra come se fosse un giocattolo e non uno strumento fatale.
Aprì la porta, richiamando i suoi uomini :- Datemi il traditore!-

Si riferiva ad Antonio, chiaramente.
Questo venne fatta entrare.
Osservando come si erano messe le cose appariva ancora più in ansia di quanto non fosse prima.
Francis lo afferrò per il colletto, dietro la nuca.
- Che faccio? Lo ammazzo?- domandò isterico a Romano.
Romano sbarrò gli occhi: - Francis..ti prego..non..-
- TACI! COME PUOI PREFERIRE LUI A ME??? QUESTO ..QUESTO…BRUTO SENZA UN MINIMO DI CLASSE!- lo rimproverò il principe, puntando la canna da fuoco sulla tempia dello spagnolo.
Romano si agitò esasperato, non vedendo vie d’uscita a quella situazione così  drammatica: - NON E’ COSì! NON C’E’ NIENTE TRA NOI! NON ABBIAMO FATTO NULLA!-
- Ah! Dici davvero?- s’informò il francese macchiavellico.

Prese Antonio e lo fece inginocchiare al centro della camera.
Poi si sedette sopra il letto e puntò la pistola in direzione dell’ispanico.
- FRANCIS NOOO!- gridò Romano, temendo volesse sparargli.
- Dici che non ti piace?- soppesò il francese.
- Eh..? Si, esattamente!-
- Vai allora! Prova a sedurlo come fai con me!- lo incitò.
- CO…COME?- Romano rimase sbigottito.
Francis caricò l’arma.
Romano, trascinandosi dolente, si portò davanti all’amico che lo fissava perplesso e preoccupato quanto lui.
Il giovane era visibilmente teso.
 Conosceva bene i capricci di sua Altezza..cosa stava architettando questa volta?
Non capiva cosa avesse in mente, se ancora ragionava.
- Voglio proprio divertirmi! Coraggio! Fagli vedere quanto sei bravo con la bocca!-

Romano rabbrividì. Cosa voleva dimostrare, calcando così tanto la mano? Con Antonio, poi, che considerava suo rivale..ma non era geloso fino a poco fa?
Arrivò davanti lo spagnolo.
La sola idea di poter fare qualcosa con lui gli mando il sangue sulle guance, bruciando i suoi neuroni come spighe di grano.
Come poteva trovare il coraggio di adempiere a una cosa simile?
- Francis, ascolta, io non posso..- considerò preoccupato e imbarazzato.
Il francese sbraitò nevrotico: - HAI DETTO CHE NON LO AMI, GIUSTO? EBBENE..NON AVRAI DIFFICOLTA’ A CONSIDERARLO COME PARTE DEL TUO “ LAVORO”  ! Puoi farlo con me, no? Fallo anche con lui!-
Invece, Romano, non voleva sottomettersi in questo modo davanti ad Antonio e CON ANTONIO.
Lui non era uno qualunque. Non era così semplice. Non voleva farlo.
Forse, Francis, voleva solamente umiliarlo il più possibile.
 Romano non avrebbe gettato via il suo orgoglio per le pazzie del francese, ma se non avesse obbedito sapeva che Francis era armato e pericoloso. E gli puntava addosso un’ arma. La puntava a entrambi.
Inaspettatamente, Antonio lo rassicurò :- Va tutto bene, Romano! Fa quello che devi fare!-
Romano lo supplicò con gli occhi.
“ Come puoi affrontare un atto simile in maniera così filosofica, bastardo! ”
- Chiuderò gli occhi!- promise l’ex- Capitano, quasi interpretando i suoi pensieri.
Nella sua mente, Romano, non poté fare a meno di chiedersi se la cosa dispiacesse allo spagnolo.
 Aveva il presentimento sulla risposta  e la cosa non lo garbò.

Con le mani tremanti, slacciò i pantaloni del compagno.
“ DIO! CHE STO FACENDO????” valutò isterico dentro di sé.
Francis seguiva attentamente la scena, senza dare cenni di una qualsiasi emozione.
Romano teneva lo sguardo fisso e dilatato dalla tensione.
“ Maledetto porco del cazzo!”
Poi si avvicinò all’orecchio dello spagnolo con fare disinvolto e sussurrò poche parole ma ben significative: - Bastardo…cerca di non venirmi in… e…mmm…dimenticati quello che sto per farti…ti prego!-
Antonio mantenne la voce calma e rilassata: - Mi dispiace tanto, Roma! So che non vorresti! Perdona anche tu ciò che farò io!-
Detto questo, Romano rivolse uno sguardo disperato a Francis, il quale sorrise malevolo.
“ STUPIDO ANTONIO! SE NON CI FOSSE..MI FAREI SPARARE PIUTTOSTO CHE PROSTITUIRMI COSI’!”
Aperti i pantaloni, Romano chiuse le palpebre e fece un respiro profondo: “ VA BENE! VA BENE! L’HAI FATTO ALTRE VOLTE! Il fatto che si tratti di ANTONIO NON SIGNIFICA NULLA! ASSOLUTAMENTE!  Adesso togli anche l’intimo e..”

Romano si costrinse a guardare e notò il rigonfiamento dentro le mutande, presentanti, peraltro, paperelle gialle sorridenti ricamate, che lo fecero innervosire e imbarazzare, se possibile, anche di più.
Si alterò parecchio:- RAZZA DI CITRULLO ARRAPATO!!! GIA’ TI PREGUSTI IL SERVIZIO, EH?? PERALTRO HAI DELLE MUTANDE OSCENE!! DIO! PERCHE’ PROPRIO A ME!!-
Antonio arrossì mortificato: - Perdonami Roma…è solo che..cioè..lo stai per fare tu e allora..-
- E’ PROPRIO QUESTO IL PROBLEMA!!! COME FACCIOOOO??? MALEDETTO FOTTUTISSIMO DEPRAVATO!!-
Antonio eccitato gli aveva complicato tutto, adesso.
Si faceva schifo! E odiava anche Antonio! Come poteva infiammarsi in tale frangente?
Che diamine di fantasiose conclusioni stava traendo in quella sua testa ricciuta?
Gli avrebbe mollato un pugno o due solo per questo.
Sembrava una situazione ironica, se, in realtà, non fosse stata terribilmente seria.

Fu Francis a riportarli alla realtà.
- Bè?-
Romano fissò una paperella che gli sorrideva.
- Non ce la faccio!- decretò il giovane.
- Dov’è il problema, se tra voi non c’è niente?- questionò il francese, arguto.
Romano non sapeva che rispondere. Come faceva a saperlo? Non si capiva nemmeno lui.
Semplicemente: il fatto che fosse Antonio, lo innervosiva.
Questo significava: avvalorare la tesi di Francis..,sul fatto che fosse innamorato. E non era facile ammetterlo.
Francis sospirò rassegnato: - Insomma: lo devo ammazzare! Vi devo ammazzare entrambi!-

A quel punto toccò ad Antonio agitarsi: - NO! ROMANO NON PROVA NULLA PER ME! CORAGGIO ROMA! PUOI FARCELA!- cercò d’incoraggiarlo lo spagnolo.
- Sta zitto, Antonio!- replicò a bassa voce il ragazzo – Non posso farcela!-
- MA SI CHE PUOI! SEI SOLO EMOZIONATO! FATTI FORZA!- lo rassicurò l’altro.
- OH VUOI TACERE, COGLIONE! T’HO DETTO CHE NON POSSO FARLO!! NON METTO IN DUBBIO CHE TU NON VEDA L’ORA DI SCHIZZARMI IN BOCCA..MA CAZZO! DATTI UNA REGOLATA, IDIOTA!- sbottò Romano, incapace di tenersi dentro tutta la frustrazione che lo accompagnava.
Francis si alzò e si preparò a sparare.
- ASPETTA!- gridò ancora Antonio  e poi si rivolse freneticamente al compagno che giaceva ancora depresso e  immobile per terra – ROMANO! Ascolta!- si mise accanto a lui – Lo so che non ti piaccio e che questa cosa ti disgusta, ma, ti prego..sforzati di provarci, almeno! Se vede che non ci tieni , forse, a te, salverà la vita e..-
- Mi dispiace, Antonio! Non posso!- sancì amareggiato il giovane.
- Perché non puoi??- gemette l’altro, disperato.
- Perché ha ragione! – concluse Romano, sentendo il suo orgoglio, il suo muro invisibile, cedere di schianto, infrangendosi in migliaia di pezzettini.
Antonio cercò i suoi occhi intensi con fare interrogativo, ma Romano non trovò il coraggio d’incrociarlo.
- Sul fatto che…per me..tu..sei..speciale..- continuò mormorando mentre la sua voce, man mano che andava avanti con le parole, diventava sempre più flebile.
Gli occhi d’Antonio presero a brillare: - Romano..tu..per caso..-
Romano sospirò remissivo : - Per questo..non potrei mai..farti una cosa così importante come se nulla fosse…merda..!-
Romano continuava a non guardarlo. E come poteva?  Era un mostro!
 Aveva ragione il Cardinale a dire che, oramai, il suo animo era irrimediabilmente marcio e corrotto, risucchiato dall’immoralità e dai peccati che gli erano stati imposti durante la sua permanenza a palazzo.
Inutile nasconderlo! Era irrecuperabile!
Allora…perché non riusciva a percepire la ripugnanza e il rigetto di Antonio?
Sentiva solo il suo cuore. Non capiva come potesse palpitare ancora più di prima.

- Davvero un peccato!- mormorò Francis e il proiettile trapassò repentino il petto di Romano.
Antonio sobbalzò in seguito al rumore.
Per un momento, gli pareva di aver abbandonato quel luogo putrido e di essersi trovato solo con Romano che confessava il suo affetto nei suoi confronti. Lo amava?
Antonio si era perso in quel sogno beato per poi risvegliarsi in un incubo, con Romano che boccheggiava sanguinante tra le sue braccia.
Non percepiva più nemmeno il dolore delle mani, ancora malate: la sua unica pena, adesso, era vedere il suo amato che lo fissava agonizzante. Non aveva più nemmeno la forza d’imprecare.
Il sangue bagnava i vestiti di Antonio. Un intenso odore avvolse tutta la stanza.
Romano gli rivolse un ultimo sguardo e si lasciò andare sullo spagnolo che lo fissava inorridito e con occhi sbarrati.

- ROMANOOOOOO!- Antonio lanciò un urlo straziante.
Le guardie si allarmarono da fuori l’edificio:- MIO SIGNORE!! ABBIAMO SENTITO UNO SPARO!-
-  Si, si TRANQUILLI! Il tempo di sistemare anche l’altro e sono subito da voi!-
- ROMANO TI AMO ANCH’IO! TI PREGO NON LASCIARMI ADESSO!- si tormentava lo spagnolo, cercando di bloccare il flusso con le mani doloranti, finchè le bende, che le avvolgevano, assunsero il colore acceso del sangue.
- Che scena patetica!- commentò Francis, in cuor suo, deluso del fatto che Romano avesse scelto un altro al suo posto.
Antonio alzò la testa dal ragazzo e mostrò i denti come un lupo: - SEI MORTO, FRANCIS! GIURO CHE TI FARO’ INGOIARE QUELLA PISTOLA CON QUESTE MANI !-

Francis rise, ma Antonio no.
Quest’ultimo scattò in direzione del principe, il quale, colpito dalla velocità dell’ex- Capitano, si agitò, cominciando a sparare a casaccio.
Nella sua follia, riuscì anche ferirsi a causa di due proiettili che rimbalzarono, colpendolo leggermente.
Antonio lo raggiunse come un fulmine e afferrò la mano che impugnava l’arma.
- Sei solo un miserabile assassino!- ruggì Antonio con disprezzo.
- COME..COME OSI PARLARMI IN QUESTO MODO, LAIDA BESTIA? IO SONO IL TUO FUTURO RE! TI FARO’ TORTURARE A MORTE PER QUESTO!!- strillò acuto il francese, cercando di liberare la mano con la pistola.
Ma Antonio la teneva così stretta che il sangue di Romano che impregnava le sue bende, presto, si mescolò al suo che fuoriusciva dal letto ungueale convalescente.
- Sua Maestà, non dovrebbe perdere la sua compostezza in questo modo!- provocò Antonio e prese a stritolargli il polso.
Francis, che non era, certo, abituato a combattere o a resistere al dolore, lasciò subito andare la presa, fregandosi l’arto convulsamente; poi, tornò a fissare spaventato Antonio che, intanto, con estrema lentezza, aveva raccolto l’arma da fuoco da terra.

- Ca..CAPITANO.. non..può farlo!- farfugliò terrorizzato Francis.
Antonio fece luccicare la pistola sotto un raggio di luce, osservandola con un misto di piacere, riverenza e timore.
- Le darò tutto quello che vuole. TUTTO! Possiamo superare questo impasse da persone civili, quali siamo! Cosa desidera? Gliela darò!- implorò il francese, levando e mostrando i palmi delle mani come se implorasse un essere divino che stava per  giudicarlo.
- Non credo proprio!- sibillò Antonio con voce pacata, ma dura, tornando a scrutarlo seriamente- In questo momento, desidero solamente la morte di sua Altezza il Principe, più di ogni altra cosa al mondo!- dichiarò con una punta di malizia e di perfidia nella sua voce.
- No..ASPETTA..NON..NO..-
- Per questo, adesso, esaudisci il mio desiderio: DAMMI LA MIA VENDETTA!- e fece fuoco.

Il principe cadde a terra, morto stecchito.
Non ci fu nemmeno bisogno di terminarlo con ulteriori colpi dato che gli aveva perforato il cranio.
Antonio abbassò adagio la pistola.
 L’aveva ucciso con una freddezza che aveva sorpreso persino se stesso.
Non che, in quel momento, i suoi pensieri fossero rivolti ancora al cadavere di Francis.
La sua mente era altrove.
Si girò indietro e scoppiò in profondi e tormentati singhiozzi.

*********************************
Fine Capitolo 18.
….Non odiatemi…Non ancora….

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Capitolo 19
*** Il Giorno del Giudizio ***


IL PRINCIPE E L’ AMANTE
-Capitolo 19-

                                                               IL GIORNO DEL GIUDIZIO



- Romano..?- chiamò Antonio, avvicinandosi barcollando al suo corpo immobile.
Nessuna risposta.
- Romano..?- la sua voce tremava alla vista del compagno disteso.
Ancora niente.
- Romano..- fece un altro tentativo lo spagnolo, lasciandosi infine cadere sul pavimento imbrattato.
Il ragazzo non dava segni di vita.
Al vertice della disperazione, Antonio si accasciò su di lui piangendo il suo dolore.
Le sue parole erano strozzate dalle lacrime che scendevano copiosamente sul suo viso.
- Mi dispiace..!..Mi dispiace…!- riuscì solo a sussurrare scosso dai singhiozzi.
Era finita. Tutto quello che avevano affrontato insieme non era servito a niente se doveva finire così.
- Se lo avessi saputo..- mormorò -..mai nella vita ti avrei dato quella moneta! Perdonami, Roma! Perdonami tanto!-

Le guardie fecero irruzione nell’abitacolo e ciò che si ritrovarono davanti li lasciò sconcertati.
Antonio si alzò febbrilmente, tenendo col braccio il corpo del giovane tra le ginocchia, ancora con gli occhi arrossati e la voce impastata: - NON FATE UN SOLO PASSO O VI UCCIDO ALL’ISTANTE!- minacciò con la pistola.
Fu tentato di fare fuoco quando vide una figura entrare trafelata e ansante. Si fermò appena in tempo quando la udì gridare: - ROMANOOOOO!! FRATELLO MIO!!!-

La coda si stava allungando.
Romano stava aspettando pazientemente il suo turno.
Non che avesse una personalità particolarmente tollerante, ma davvero non l’allettava molto l’idea di proseguire. Magari fosse stato possibile rifarla da capo, quella fila chilometrica.
Stava uno schifo.
Dall’altra parte si compiva un’ulteriore liquidazione.
- Francis Bonnefoy… per i tuoi numerosi vizi e i tuoi peccati carnali con altri uomini: verrai condannato all’Inferno per l’eternità!-
La nuvola che reggeva il francese cedette e quest’ultimo scomparve nelle viscere infernali.

Si sentì l’annuncio successivo: - ROMANO VARGAS!-
“ Ecco..ci siamo!” si rassegnò il giovane “ Fantastico!” ironizzò fra sé.
Camminò in avanti, circondato da angioletti che lo scrutavano curiosi e attenti. Alcuni si avvicinarono a tal punto che Romano potè constatarne da vicino le rosee e infantili forme.
Raggiunse il cancello dorato del Paradiso. Era chiuso. In ogni caso: non si aspettava diversamente.
“ Come volevasi dimostrare!” si abbattè il ragazzo.
Una figura si nascondeva dietro un’imponente trono, tanto da non vedere che lo schienale.
 Fu solo grazie all’aura luminosa che emanavano i suoi contorni che Romano non ebbe dubbi sulla sua identità.
- Ti saluto, figliolo!-
Romani s’inchinò umilmente e in automatico, sentendo quella voce calda, bonaria e autoritaria, allo stesso tempo.
- Mio Dio!- Romano pronunciò quelle parole con un misto di ansia, riverenza e sconforto.
- Perdonami se non ti mostrerò il mio volto, ma solo ai Santi è concesso resistere alla mia luce senza bruciare!-
Romano assentì timoroso. Lui non era un Santo. Ci mancherebbe.
- Dunque..: pensi di esserti comportato bene durante la tua permanenza mortale sulla Terra?-
Romano sapeva che il giorno del giudizio sarebbe arrivato: lo dicevano le Sacre Scritture! Magari: aveva sperato di avere più tempo, ma il destino, si sa, è imperscrutabile.
Lui, purtroppo, meritava di seguire il vecchio principe tra le fiamme eterne. Non poteva essere altrimenti.
- Mio Dio..- cominciò facendo un bel respiro – ..io ho molto peccato. Ho violato le tue leggi incurante delle conseguenze, ho consumato le peggiori colpe, ho ucciso, ho rubato, ho avuto rapporti nefandi e, ultimamente, ho capito di provare qualcosa per un altro uomo… Il Paradiso non sarà mai il luogo adatto a un impuro come me. Merito l’eterna dannazione!- confessò il giovane, piegando la testa, non osando mostrare segni di auto-commisserazione.
- Ciò a cui tu alludi, corrisponde al vero!-
A quel punto, il ragazzo nascose il volto tra le mani, vergognandosi delle sue azioni passate a cui, il solo pensiero, faceva venire i brividi.
La figura non disse nulla e si limitò a sfogliare un libro con terribile lentezza.
Romano mantenne chiusi gli occhi, aspettandosi, da un momento all’altro, che la nuvola si aprisse e lo scaraventasse nell’abisso.
Quando la luce riprese a parlare, Romano trasalì nervoso: - Hai compiuto molti atti scellerati, figlio mio!-
“ Eccola là! Mi toccherà rivedere quella testa di cazzo di Francis pure nell’Oltretomba e per l’eternità, per giunta!-
- Tuttavia..- soggiunse la figura, mandando il cuore del ragazzo in TILT -…tuttavia, mio caro, tu conosci a memoria i miei precetti, ma non li vuoi capire!-

Romano rimase a bocca aperta. Non li capiva? Ma come? Li ripeteva ogni sera e ogni domenica mattina a messa ?! A cosa alludeva?
- Dio..- spiegò la voce -..punisce la lussuria, non l’amore!- completò carezzevole.
Per un attimo che valse una vita, Romano sentì il suo corpo straripare di calore, speranza e conforto.
Romano assaporò quella sensazione come un orgasmo, poi svanì.
- Nondimeno, mio Romano, i cancelli paradisiaci non si apriranno davanti a te!- constatò desolata la profonda voce.
Romano sentì un brivido ghiacciato lungo la schiena: - P..perchè?-
- Perché non sei ancora morto, Romano! Tu sei vivo!- valutò l’altro, inaspettatamente.
Il giovane si stropicciò gli occhi, confuso: - Sono..ancora..vivo?-
Il trono si girò di scatto, rivelando una grossa papera che sghignazzava malefica, muovendo le grosse ali gialle.
Presto, Romano, si accorse che anche tutti gli angeli che lo avevano accompagnato avevano assunto la forma di anatroccoli e svolazzavano frenetici su di lui, piombandogli addosso, costringendolo a correre via per non farsi beccare.
- TORNA SULLA TERRA!- intimò la papera gigante – E COMPI IL TUO DESTINO!-
Il frastuono era assordante.

Aprì gli occhi.
Non credeva che avrebbe trovato la forza per alzarsi e, invece, si sentiva particolarmente vitale.
Mosse le braccia, le gambe, le dita e, infine, si mise a sedere.
Il suo buon umore non ci mise molto a convertirsi in dannato pessimismo: pareti pitturate, aria profumata, lenzuola pulite…quindi era a palazzo. Dunque: aveva vinto Francis.
Stava già per adoperarsi a pianificare una qualche via di fuga quando notò quattro occhi ai lati che lo fissavano curiosi e impensieriti. Romano corrispose, altrettanto, sbigottito.
Antonio e Feliciano.

Il bambino abbracciò il maggiore con veemenza:- BUAHHHHH FRATELLONEEEE SEI VIVO! SEI VIVO!!-
- Ben svegliato, Roma! E’ un piacere rivederti! Ti sei fatto proprio una bella dormita!- si accodò Antonio che aveva trattenuto tutta la sua tensione per una settimana. Nonostante l’espressione benevola, era evidente che le occhiaie scure sotto le palpebre indicassero una irrefutabile mancanza di sonno.Il tempo necessario a Romano per risvegliarsi.
Il ragazzo si portò una mano sulla fronte. Aveva un mal di testa terribile e non ci capiva molto di quelle circostanze: - Dove..dove mi trovo? Da quanto…sono qui? Che cazzo è successo?-
I due visitatori ammiccarono sorridendo: - Sei al palazzo reale da sette giorni!- ridacchiò Feliciano.
- Te la sei vista davvero brutta! Credevano tutti che non saresti sopravvissuto!- argomentò Antonio, duramente –.. Ma io sapevo che potevi farcela!-
 Romano sbattè le palpebre: - Io..- mormorò tra sé, ricordando il dolore al petto e avvertendo ancora quelle sensazioni che aveva provato nel suo…sogno..-..io dovrei essere morto..!-
- Probabilmente.., se non fosse stato per l’intervento Feliciano?-
Romano fissò perplesso suo fratello, il quale ridacchiava inorgoglito: - Eh già! Quella ferita non era guaribile utilizzando la medicina tradizionale! Ho usato il libro d’Angélie!-
- HAI USATO IL LIBRO DI STREGONERIA SU DI ME???- si scandalizzò Romano, sebbene, avesse capito da un pezzo che quella tecnica non apparteneva a una strega.
Feliciano s’indispettì: - Ma..ti ha salvato! Conteneva un sacco d’informazioni preziose su erbe e impacchi particolari che ti hanno fatto scampare alla morte!-
- Vabbè, vabbè.. che altro è successo?-
Feliciano e Antonio si guardarono come se morissero dalla voglia di rivelare un segreto eccezionale che conoscevano solo loro.

Romano, ovviamente, s’irritò: - Vi decidete?-
Fu Feliciano a prendere parola: -Ho seguito un reparto fedele al principe Francis, la notte scorsa..-
- TU COSA HAI FATTO??- al maggiore si rizzarono i capelli della nuca.
-.. NON MI HANNO SCOPERTO!! Ma io sono venuto a conoscenza di un’informazione importantissima e che ti sconvolgerà alquanto!-
- Soprattutto se ti decidi a dirmela!- ironizzò Romano. Ma Feliciano non ci fece caso.
- Lo sai chi è, in linea ereditaria, il successore al trono dopo la morte del Principe?- domandò enigmatico.
Romano sbuffò scocciato. Non ne poteva più di questa storia intrigata.
- Ludivine!!!- esclamò entusiasta il bambino.
Romano restò basito: - Per questo Francis voleva tenerla sotto controllo, sposandola, nonostante non avesse interesse per lei!- constatò. Tutti i nodi giungevano al pettine, infine.
- Un’altra cosa…:  Ludivine non ha ancora ereditato il trono e non lo farà per almeno qualche anno! Lo sai chi ha proclamato reggente, in attesa d’investitura, fino a quel momento? – Feliciano si mise a ridere, giulivo.
Romano rimase con la bocca aperta.
Antonio prese parola e puntò il dito compiaciuto su se stesso: - Sono io!-

Romano stava correndo mezzo nudo, coperto solo dal lenzuolo bianco che si era portato al seguito, attirandosi le cortesi attenzioni delle damigelle colte di corte.
- ROMANOOOO! DOVE STAI ANDANDO??? NON SEI ANCORA GUARITO DEL TUTTO!!-
- DACCI UN TAGLIO, COGLIONE!-
Voleva morire! Affossarsi nella vergogna e nell’imbarazzo più totale. Non riusciva a starsene, semplicemente, in camera con Antonio che si prodigava a cantargli canzoncine sceme o a imboccarlo come un cretino. Aveva una dignità, santo cielo!
Lo sapeva che se ne sarebbe pentito amaramente facendo quelle dichiarazioni! Ma diamine! Stavano per lasciarci le penne! Chiunque, in quelle circostanze, avrebbe esagerato un po’ i toni!
- VAFFANCULOOOO!! VATTENE VIA, MALEDETTO FOTTUTISSIMO CANE BASTARDO DEPRAVATOOOO!!!- urlò dietro di sé, a un affannato Antonio.
- ROMANO!! PERCHE’ FAI COSììì??- l’altro era stupito dalla reazione negativa del ragazzo e dal recupero repentino delle sue funzioni motorie a livello agonistico.
Chissà cosa lo spingeva a correre in quel modo come un forsennato inseguito da una mandria di mucche?!
- PERCHE’ NON TI VOGLIO PIU’ VEDERE, NE’ SENTIRE! HAI CAPITO?? E’ TUTTA COLPA TUA!!-

Antonio accelerò e riuscì a riprenderlo con un balzo, stringendolo forte a sé per evitare di farlo cadere.
- Preso!-ridacchiò vittorioso.
- Ecco! ORA LASCIAMI SUBITO O TI FICCO L’ELMO SU PER IL CULO!- s’infuriò l’altro, contorcendosi disperatamente nel lenzuolo.
“ Non deve sentire il mio cuore! NON DEVE SENTIRE IL MIO FOTTUTISSIMO CUORE BATTERE IN QUESTO DANNATISSIMO MODO! NON DEVE SENTIRE! ” si agitava tra sé.
Improvvisamente, dopo essersi strofinato sui capelli del giovane come un gatto, Antonio alzò la testa e si accorse di trovarsi in un luogo a lui familiare.
- Questo non è il giardino dove ti ho visto nudo la prima volta?- domandò incredulo, visualizzando il cespuglio dove il giovane aveva consumato con Francis.
Romano gli diede un forte sganassone.
- AHIO’! Non trattarmi così! Che t’ho fatto?- s’imbronciò lo spagnolo, poggiando smarrito una mano sulla guancia dolorante.
- Perché non voglio essere toccato da te!-  tagliò corto Romano, evitando il suo sguardo.
- Perché?- chiese l’altro scettico.
- Perché mi stai sul cazzo!-
- Perché?-
- PERCHE’ HAI ROTTO I COGLIONI!!-
Antonio fece finta di ponderare attentamente quella critica: - MM..strano..mi era parso..insomma..di aver sentito un altro parere, prima che Francis tentasse di ucciderci entrambi! Qualcosa sull’essere speciale o importante per te!- provocò, non riuscendo a trattenere uno sbuffo divertito.
Romano sentì una gocciolina di sudore scendere lungo lo zigomo: - MMM..No! Non mi pare! Non mi pare proprio!- Negare l’evidenza. Negare SEMPRE l’evidenza.
- Ma sii! Dai..quando stavi per farmi..-
Romano assunse tre tonalità di pelle più scure e un timbro di voce alto tre volte più del normale: - ZITTOOOOOOO!!! COME OSI RINFACCIARMI UNA COSA DEL GENERE?? MALEDETTO BASTARDO!-
- Certo che hai un cuore  molto fragoroso!- si rallegrò Antonio, poggiando l’orecchio sul suo petto, per averne la conferma.
Romano perse sette anni di vita a causa di quel gesto: - ARGH! N…Non..NON DIRE CRETINATE!- ululò, spostandogli la testa.
- Non hai motivo d’imbarazzarti così!- sospirò l’altro.
- IO NON SONO IMBARAZZATO!- replicò Romano, punto sul vivo.

Rimasero lì per un po’, con Antonio che abbracciava Romano e quest’’ultimo che cercava, fallendo miseramente, di depistarsi in qualche modo.
Antonio, alla fine, abbandonò il suo mento sulla testa castana del giovane:- Allora..: siccome, adesso, dovrò governare la Francia per un po’ ti faccio una proposta!-
Romano alzò gli occhi diffidente: -  Sarebbe?-
- Ti offro tre possibilità: o torni al tuo villaggio a coltivare i pomodori; o torni a fare lo stalliere di corte oppure…potresti diventare il mio amante! L’amante del re o meglio..principe, finchè non verrò incoronato !-
Romano, lì per lì, rimase interdetto.
Non voleva certo lasciar trapelare che stesse SERIAMENTE prendendo in considerazione anche la terza ipotesi.
 -Allora? Quale preferisci?-
- Vuoi imitare Francis, adesso?- s’infastidì Romano, evitando di rispondere nel merito.
“ DAMMI TEMPO, COGLIONE!” lo dannò fra sé.
L’altro lo avvicinò ancora di più e, sorridendo, gli assicurò:- Ti sbagli, Roma! Io non te lo sto imponendo…te lo sto chiedendo?- lo lusingò.
Romano poteva sentire il cuore tamburellare anche in testa: - Cos..cosa ..ti fa pensare che io possa accettare una proposta così fottutamente ridicola e senza senso??-
- L’ amore potrebbe essere un incentivo!- contemplò Antonio, scrutando le grosse pupille scure che tentavano ogni via di fuga possibile.
-  Amore? Io vedo solo un ammasso di latta farneticante!- s’irrigidì l’altro.
- Che corrisponde totalmente i tuoi sentimenti!- affermò convintamente Antonio.
“ STRONZO E PETULANTE, per giunta!”.
Romano arrossì violentemente e, infine, le sue forze vennero a mancare per il troppo sforzo.
 Smise di lottare tra le braccia di Antonio e si prese alcuni minuti per riflettere.
- Che dici?- incalzò lo spagnolo -.. Me la dai..una possibilità?-
Antonio non stava scherzando. Era più serio e determinato del previsto.
Romano si portò una mano sulle labbra e rimase a lungo pensieroso.
Oltre la superficie ruvida, si nascondevano anche i suoi sentimenti e, dopo quella disavventura, non bisognava essere più perspicaci della media per intendere che ciò che provava per lo spagnolo non poteva essere semplice amicizia.
Il sogno che aveva fatto non era altro che un’illusione, frutto della malattia, eppure, qualche volta, anche i sogni ci potevano azzeccare.
- Cambia biancheria intima o giuro che, la prossima volta, t’ammazzo!-


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Fine Capitolo 19.
Col prossimo capitolo: termino la fan fiction.
Alla fine, Romano è sopravvissuto, ironia della sorte, grazie agli intrugli della madre di uno dei suoi peggiori nemici.
 Ora non gli resta che seguire il suo cammino.
“ A volte Dio ci manda dei segnali, affinchè i mortali possano adempiere al proprio destino!”
L’ultimo Capitolo sancirà le strade di ognuno dei protagonisti che, nel bene o nel male, hanno tratto, da quest’esperienza, importanti lezioni e sono cresciuti molto più di quanto la vita chiedesse loro.

 

 
 
 

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Capitolo 20
*** L'Alba di un Nuovo Giorno ***


IL PRINCIPE E L’ AMANTE
-Capitolo 20-
                                   
                           

                                                                           L’ALBA DI UN NUOVO GIORNO



Romano si svegliò che era appena l’alba.
Antonio, accanto a lui, dormiva ancora della grossa. Stropicciava il naso che veniva solleticato, in continuazione, dai lunghi ricci scuri.
Romano si liberò dal braccio che lo avvolgeva, facendo più piano che poteva e, afferrato un panno per coprirsi, si diresse alla finestra della camera per osservare il panorama mattutino.

Ne erano successe di cose in quei tre anni…
I migliori per il paese e, sinceramente, non i peggiori della vita di Romano.
Come ben si era intuito, quest’ultimo era diventato il “ compagno ”  del re provvisorio. La cosa non gli dispiaceva, nonostante cercasse di mascherarlo.
Antonio non condivideva assolutamente gli atteggiamenti di Francis e, in un certo senso, Romano si sentiva quasi privilegiato a godere del suo amore.
Senza contare che era bravo. Parecchio “bravo”.
Il ragazzo aveva avuto modo anche di prendersi qualche soddisfazione.
Patrick, ad esempio, adesso era impiegato per sturare i caminetti, sempre sporchi di fuliggine, delle camere di corte. Ed erano numerose.
 Era un piacere, di tanto, in tanto, approfittarne per dargli qualche bella pedata nel didietro.  Se Romano avesse i sensi di colpa per questo? Non proprio. Non dopo quello che gli aveva fatto passare.
Un’altra piccola vendetta se l’era presa col vinaiolo del suo villaggio.
Per qualche oscura ragione, i suoi fertili vigneti che si estendevano per una decina di chilometri, adesso, appartenevano a un ex- povero contadino a cui aveva fatto un piccolo sgarbo. Decreto regio. Nulla da eccepire.
Per quanto riguardava Feliciano e Ludivine: i due si frequentavano abitualmente, nonostante fossero entrambi molto impegnati.
La ragazza, destinata a divenire regina al posto d’Antonio a breve, era alle prese con le sue lezioni per amministrare bene il regno, mentre Feliciano studiava da mattina a sera.
Voleva diventare medico. Oramai, si era messo in testa questa fissazione e, probabilmente, coi suggerimenti del diario di Angelié, sarebbe diventato il migliore di tutta la Francia.
A proposito, ad Angelié era stata dedicata una preziosa targa, situata nella Basilica di Greville e l’onta di essere stata dichiarata strega venne subito rettificata, sostituita da una scritta dorata a lei dedicata: “ A colei che ha salvato tanto vite  con spirito generoso e umile devozione”. Mica male.

Romano, fissava l’arancione. Si poteva dire che avesse tutto,adesso.
Cibo, lusso, comodità, potere, denaro, amore…tutto. Era tutto perfetto.
“ Terribilmente perfetto..” sospirò il giovane, allungando la mano, lasciando passare i raggi solari tra le sue dita.
Ora, chiunque, vivendo una vita così agiata , si sarebbe ben guardato dal lamentarsene. Figurarsi uno che aveva fatto il contadino fino a poco tempo fa.
Eppure, Romano, sentiva che c’era qualcosa che non andava.
Lo avvertiva da tempo, oramai.
Era diventata una sensazione sempre più presente e impellente per lui.

- MMM..Roma..sei già sveglio?- mugugnò Antonio, rigirandosi come un gatto tra le coperte, stiracchiandosi rumorosamente.
- Certo! Mica poltrisco tutto il giorno come fai tu!-
Antonio sorrise e gli fece cenno con la mano di tornare a letto.
Le unghie erano ricresciute sane e curate come un tempo.
Quando Romano, obbediente, si sedette sulla sua parte di materasso, il regnate lo abbracciò da dietro, baciandolo dolcemente sulla guancia.
Antonio amava Romano. Romano, a sua volta, ricambiava con ardore.
Tutto questo rendeva le cose molto più difficili di quanto già non fossero.
- Antonio?-
- Dimmi..- sussurrò l’altro, mentre sfiorava, amabilmente, il suo collo e le sue spalle con le labbra carnose.
- Ti devo parlare!-

Romano era ancora frastornato dalla conversazione avuta con Antonio.
Non l’aveva convinto. Come avrebbe potuto?
Stava camminando nei giardini quando s’imbatté in una figura che stava studiando i petali delle rose gialle di cortile: Feliciano.
- Feli?- bofonchiò.
Il bambino.. o meglio: ragazzo, dato che ormai aveva 16 anni e aveva raggiunto, in quanto a statura, il maggiore; si alzò di scatto, salutando festosamente Romano:- Oh fratellone! Giustamente ti cercavo!-
- Che stai facendo?-
- Lo sapevi che la rosa ha proprietà astringenti?-
- Non ho la più pallida idea di cosa significhi e non m’interessa!- tagliò corto il maggiore.
Il suo “vocabolario” , a volte, lo faceva sentire un idiota.
Feliciano, prese un fiore e si avvicinò al fratello, gongolando: - Devo confessarti un segreto!-
Romano sospirò. Un altro segreto. Come quello del girasole che faceva abbassare la febbre o quello dei lombrichi che fertilizzavano i pomodori più delle vacche.
- Sentiamo!-
Feliciano si mise a ridere, ma era una risata nervosa, di quelle antecedenti una crisi di panico: - Si tratta di Ludivine: è incinta!-
Romano sbiancò.
Feliciano aggiunse: - Puoi immaginare chi sia il padre..-
Romano assentì con la testa, lentamente.  Una gocciolina attraversò la fronte: suo fratello stava per diventare padre. IL SUO FRATELLINO.
- Per questo..abbiamo deciso di sposarci..- mormorò il minore, cercando un’espressione del maggiore che, in qualche modo, potesse dargli conforto in un momento così importante.
 Ovviamente, Romano era tutt’altro che di sostegno in quel frangente, dato il suo sguardo fisso, incredulo e vacuo.
Al che, Feliciano, specificò: -..presto..! Il prossimo equinozio di primavera!-  .
- Ma cazzo! E' tra DUE mesi!- constatò il maggiore, allibito.
- Appunto!- confermò il minore -..Volevo dirtelo in modo che, anche tu, ne fossi al corrente e ti tenessi pronto..!-
Romano lo fissò sconcertato: “Oh Cazzo..Mio fratello? Padre? Ma se é uno scapestrato con ancora il moccio al naso!”
Stava avvenendo tutto troppo in fretta.
Romano decise di calmarsi e fece l’unica domanda veramente sensata che si poteva pretendere: - Feliciano, scusa, ma tu..ti senti pronto?-

Feliciano sospirò.
Si mise a circolare per il giardino come un pendolo, ricercando le parole giuste per esprimersi:  - All’inizio, ti confesso, ho avuto un po’ di timore: credevo di non essere all’altezza di un compito così..mm..-
-  Gravoso ?-  questionò il maggiore.
- Impegnativo! Impegnativo, credo calzi di più- completò l’altro.
Continuò: - Ma poi ho capito che, se Dio mi ha mandato questa creatura, IO, che sono suo padre, ho il dovere di prendermene la responsabilità..Per questo, anche se non dovessi esserlo, anche se dovessi avere paura, io..farò del mio meglio per essere un buon genitore!- dichiarò risoluto Feliciano.
Romano, lì per lì, rimase di stucco.
Non sarebbe stato in grado di descriverne il motivo..ma aveva gli occhi lucidi e un sorriso stupido sulle labbra.
Abbracciò il minore, come non aveva mai fatto, e lo strinse forte a sé.
“ Madre, padre…non ha più bisogno di me! E’ diventato adulto, infine!”
Aveva adempiuto il suo dovere.  Il suo compito era terminato.

Le celebrazioni del matrimonio furono quanto di più festoso potesse essere.
Le porte del palazzo, per l’occasione, furono aperte al popolo che, chiaramente, non perse l’occasione per saziare i suoi appetiti e salutare la neo-regina e il suo consorte tra un boccale di vino e un sonetto.
Gli ubriachi affollavano il cortile e i cani non dovettero accontentarsi delle ossa, come avveniva di consueto.

Feliciano passò tra la folla.
 Si era abituato a tutte quelle attenzioni e ricambiava sempre con affetto. A differenza del maggiore.

Feliciano lo scorse nell’ombra, quando ormai era notte fonda.
Stava appoggiato alla colonna e aspettava pazientemente, osservando le stelle, indovinando le costellazioni.
- Romano! Sapevo che ti avrei trovato qui!- si rallegrò il minore- Non hai preso parte hai festeggiamenti!-
Romano rimase con le braccia conserte: - Perdonami, Feli! Lo sai che non mi piacciono le folle!-
- Lo so, lo so! Però io e Ludivine abbiamo già deciso che festeggeremo noi tre, insieme e da soli, non appena terminate le formalità!- esclamò eccitato l’altro.
Il maggiore chiuse le palpebre: - Ecco, proprio di questo volevo parlarti!-
Si scansò dal muro per approcciarsi al minore:  – Non credo riusciremo a festeggiare insieme!-
Feliciano rimase colpito da quell’affermazione. Nondimeno assunse subito il suo consueto tono gioioso:- Non vedo proprio perché no! Credo che riuscirò  a trovarlo un po’ di tempo per stare in pace, insieme alla mia famiglia!-
Romano gli mise una mano sulla spalla, addolorato: - Feliciano, domani io non ci sarò più! Parto all’alba!-

- Che significa? Che..che stai dicendo, Romano? P..perchè devi partire?- domandò confuso.
Romano non era sicuro di riuscire a spiegarsi al fratellino, ma ci avrebbe provato, ugualmente.
 Voleva che lui capisse.Ci teneva. Prima di abbandonarlo definitivamente.
Per questo era rimasto ancora legato a quei luoghi.
- Vedi, Feli, tu hai trovato il tuo posto qui! Questa è la tua casa! E’ qui che devi stare! Con la tua famiglia.. -
Feliciano sbottò, un misto tra dolore e rabbia: - QUELLO CHE DICI NON HA SENSO! TU SEI PARTE DELLA MIA FAMIGLIA! QUESTO E’ ANCHE IL TUO POSTO!-
- Quello che voglio che tu capisca è che questa è la TUA vita! Non la mia! Non ha senso la mia presenza qui! Mi sento..fuori posto!-
Feliciano non si diede per vinto e implorò a mani aperte il fratello, come se stesse parlando con un ciuco. Un ciuco a cui lui teneva molto:  - Ma tu sei mio fratello! Perché è così urgente per te andartene ora? Non capisco!-
- Io non ho ancora capito cosa sto cercando, ma so che non lo troverò qui!- gli dedicò il maggiore, voltandosi a riveder le stelle.
Feliciano non stava piangendo. Ci provava, almeno. Ma non trattenne un singhiozzo amaro:- Non vuoi vedere tuo nipote??-
- Non piangere, Feli! Sarai un genitore fantastico anche senza uno zio a darti consiglio!- assodò il maggiore dandogli una pacca di conforto.
Feliciano si asciugò gli occhi: - Ho bisogno di te!- mormorò.
Romano avvicinò il viso, fino a toccare la fronte del fratellino con la sua: - Fidati, non ne hai bisogno! Te la caverai benissimo!-
A quel punto, Feliciano, si ricompose e assunse un tono serioso che mascherava la sua amarezza e patema d’animo.
- Ne hai già parlato con Antonio?-
Sperava quest’ultimo fosse riuscito a stroncare quella follia.
- Si..- confermò l'altro, rabbuiandosi nel tono.
- E’ che ha detto?-
- Non era d’accordo, in principio…non lo è tutt’ora! Ma ha dovuto accettare!-
 Feliciano strinse i pugni nervoso:- Nemmeno io sono d’accordo!-
Romano gli concesse un sorriso:- Volevo comunque avvisarti! Non volevo andarmene senza almeno salutarti!-
Ci fu un momento di silenzio.
I Vargas rimasero in silenzio a osservare le stelle che brillavano come rugiada nel cielo.
- Questo è un addio?- mormorò, infine, il minore.
- Non lo so..-
- Tornerai?-
- Non lo so..-
- Allora..- Feliciano si bloccò per deglutire un attimo -..spero di rivederti..prima o poi!-
Romano tornò ad abbracciarlo e gli sussurrò all’orecchio con voce, insolitamente, dolce e pacata:- Prega ogni giorno, mi raccomando!-
Il minore ricambiò l’abbraccio, affossando la testa sul petto dell’altro.
Oramai, erano alti uguale, ma Feliciano non aveva mai smesso di considerare il maggiore quello “ grande”: - Anche di più, Romano! Anche di più, addio!- mugolò, staccandosi in fretta da lui.
Poi, dignitosamente si allontanò dal fratello, senza più guardarlo.
Romano lo vide correre via, cercando dissimulare il suo dolore. Esattamente come lui.
 “Lo vedi, Feli?” constatò il maggiore, perdendolo di vista “ Sei cresciuto!”
Non l’avrebbe più protetto. Ed era giusto così.
Le loro strade si dividevano. Anche questo era giusto.

La nave era grande. Almeno  dieci metri d’altezza.
I gabbiani approfittavano dell’altezza per buttarsi a capofitto nel mare e tra le grandi vele.
Romano la fissava ansioso, ma, allo stesso tempo fermo e deciso.
Antonio era accanto a lui: - Sei ancora in tempo, Roma! Resta con me!-
Ancora prima d’interloquire con Feliciano, erano giorni che Antonio provava a farlo desistere dai suoi intenti, ma Romano, nonostante le ripetute minacce di seguirlo, sentiva che doveva prendere il largo. Un po’ come Flavien.
Quest’ultimo aveva risvegliato in Romano il desiderio di mettersi in gioco per cercare se stessi, seguendo il proprio cuore e il proprio istinto. Da soli.
Una parte avrebbe desiderato gettarsi tra le forti braccia di Antonio, urlando che sarebbe rimasto lì per sempre; un’altra, irresistibile, lo spronava a partire alla ricerca del suo stesso destino.

Antonio pronunciò addolorato: - Romano..-
- Antonio..volevo dirti..che ti amo..- dichiarò l’altro, improvvisamente.
Antonio non rispose, ma lo avvolse con un braccio intorno alla spalla per stringerlo a sé.
Romano continuò:- Anche se forse non ci rivedremo più..resterai sempre nel mio cuore! E sai..quanto mi pesa dirlo..,bastardo!-
Antonio non disse nulla e lo baciò appassionatamente.
Nessuno dei due voleva staccarsi da quel vortice, ma l’ultima campana di rame risuonò.
 Era giunto il momento.
- Il giorno che vorrai tornare, Roma..- e gli porse un piccolo oggetto che Romano si mise in tasca.

Imbarcatosi, Romano salutò Antonio.
Quest’ultimo non smise di urlargli parole dolci, lasciandolo rosso e  imbarazzato mentre l’ancora veniva issata.
Romano si accorse anche di Feliciano che si era nascosto dietro un grosso albero per assistere alla scena. Come se sperasse che fosse tutta una menzogna e il fratello ci ripensasse.
Il maggiore salutò anche lui con un cenno.
Feliciano, in un primo momento, s’imbronciò frustrato da quella decisione.
Poi si decise e corse verso il ponticciolo, vicino ad Antonio ricambiando, scuotendo con veemenza la mano: - GRAZIE DI TUTTO, FRATELLO! NON TI DIMENTICHERO’ MAI!-

La nave aveva preso il largo già da un bel pezzo.
Romano era rimasto impietrito sul bordo.
“ Anch’io non vi dimenticherò!”
Girò il capo e osservò una grossa nuvolona scura che si avvicinava inesorabile.
- La prima sfida!- valutò lui - Se sopravvivo, ne sarà valsa la pena!-
E sorrise, sentendo il cuore leggero, mentre la pioggia gli bagnava il volto.

************************************
Fine Capitolo 20.
E con questo termino la mia fanfiction.
Vi è piaciuta?

Spero di si, nonostante il finale possa apparire un po’ amaro.
Alla fine, ogni protagonista ha intrapreso la sua strada seguendo il messaggio di tutta la storia.
Mi dispiace per Antonio, ma non è escluso che, un giorno, possano rincontrarsi.
Sinceramente: vorreste un sequel o un prequel ?

In generale, anche per le altre storie:
In questo periodo avrò molto da fare, però se vorrete suggerirmi idee o darmi dei consigli li accetto sempre ben volentieri.
Perdonate solo la lentezza degli update.

Bè, che dire..:Grazie a tutti!
Un abbraccione e ci vediamo alla prossima storia^^
Chanelin90



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Ho finalmente cominciato a scrivere il sequel: Il Destino dell'Amante.

http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1614377&i=1..

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