Leggende del Mondo Emerso - Il Sigillo della Morte

di Aesir
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Leggende del Mondo Emerso - Il Sigillo della Morte ***
Capitolo 2: *** Prologo: CONGIURA ***
Capitolo 3: *** Scena Prima (I): ALLE FRONDE DEI SALICI ***
Capitolo 4: *** Scena Seconda (II): LAODAMEA ***
Capitolo 5: *** Scena Terza (III): FREDDO ***
Capitolo 6: *** Scena Quarta (IV): PURIFICARSI ***
Capitolo 7: *** Scena Quinta (V): IL VIAGGIO DI LEARCO ***
Capitolo 8: *** Scena Sesta (VI): SONO CON TE, E PENSO A LEI ***
Capitolo 9: *** Scena Settima (VI): CHE COS'HO FATTO? ***
Capitolo 10: *** Scena Ottava (VIII): GLI ULTIMI EROI ***
Capitolo 11: *** Epilogo: DAL DIARIO PRIVATO DELLA MAGA THEANA ***



Capitolo 1
*** Leggende del Mondo Emerso - Il Sigillo della Morte ***


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Capitolo 2
*** Prologo: CONGIURA ***


 

[…] Per rovesciare dal trono il Re del Cielo
scendiamo in guerra, se la guerra
è il meglio per riconquistare il diritto perduto,
ma possiamo sperare di farlo solo se
il destino eterno s'arrenderà alla volubilità
della fortuna, e solo se su questa contesa
sarà il caos ad emettere il suo giudizio”

-John Milton, Paradise Lost, Book One

 

Prologo: CONGIURA

 

Quando la morte mi chiamerà
forse qualcuno protesterà
dopo aver letto nel testamento
quel che gli lascio in eredità.
Non maleditemi non serve a niente:
tanto all'inferno ci sarò già

- Fabrizio de Andrè, Testamento

L'assemblea si sciolse lentamente e i presenti abbandonarono uno ad uno la casa. Rimasero solo Dubhe e Learco, nel buio pastoso di quel luogo che odorava di muffa. Lei gli aveva tenuto gli occhi piantati addosso per tutto il tempo, mentre gli incappucciati sfilavano fuori silenziosi.
Che cosa ti è venuto in mente?”, sibilò. “Ti ho dimostrato che sei libera di fare ciò che devi.” La voce di Learco era salda e la sua calma irritò Dubhe.
È una questione che riguarda solo me! Perchè hai messo in mezzo questa gente?”
Lui sorrise con amarezza. “Io sono uno di loro, Dubhe, sono stanco di abbassare la testa. Sono anni che mi nascondo dietro il nome di mio padre. Gli ho dato tutto: la mia innocenza, i miei sogni, persino il mio sangue. E ho avuto in cambio solo il suo sguardo gelido e il suo disprezzo. Io sto diventando come lui, e questo non lo voglio. Per tanto tempo mi sono detto che non c'era altra via che ubbidire. Lui sarebbe morto e io avrei continuato a perpetrare le sue stragi, perchè ormai mi ero spinto troppo oltre per tornare ad essere quello che ero. Ma non è vero. Me l'hai insegnato tu, e tu sei la ragione per cui mi trovo qui adesso. Voglio che tu mi aiuti a farlo, Dubhe.”
Ecco, pensò la ragazza. L'incanto è rotto. Di nuovo, sono nelle mani di qualcuno che vede le cose non come stanno in realtà, ma come vuole che siano. E un nuovo pensiero la colpì, duramente. Un giorno ti scontrai con la verità, le tue illusioni crolleranno, e morirai stupidamente. E allora a che sarà servito tutto questo?
Learco la scosse un attimo: “Dubhe?”
Al diavolo. Io ti userò come ho usato gli altri prima di te, con la stessa disinvoltura.... ma non posso. Non posso! Che devo fare?
E va bene!”, esclamò dunque. “Stai sbagliando, non lo capisci? Io lo ucciderò, e tu non potrai mai amarmi perchè in me vedrai solo un'assassina. È questo che vuoi? Se lo è, se vuoi passare il resto della vita a odiarmi, dimmelo, e facciamola finita! Mi rifiuto. Me ne andrò, e non sentirai più parlare di me. Io non sarò un riscatto su tuo padre, mi hai capito?”
Learco la guardò, sbigottito. Solo allora Dubhe si rese conto d'aver urlato. “Mi dispiace”, sussurrò. Si avvolse più strettamente nel mantello, calandosi il cappuccio perchè lui non potesse vedere le lacrime che le bagnavano le guance, e fece per andarsene.
Perchè non piove, dannazione? Perchè il tempo non risponde al mio umore? Si sarebbe sentita molto meglio con la pioggia battente, lampi, tuoni, il finimondo, in pratica, invece di quella notte che più che altro sembrava invitarli a gettarsi insieme in un letto.
Dubhe...” mormorò il principe. Lei si voltò a guardarlo. Ora nei suoi occhi era riapparsa quella tristezza sconfinata che i pochi giorni felici sembravano aver scacciato. “Dubhe, ti prego. Voglio stare con te, solo questo. Non potrei mai disprezzarti, mi capisci? Sei... sei... sei l'unica cosa buona che mi sia mai capitata...”
La ragazza sentì il suo cuore sciogliersi a questa dichiarazione, ma si impose di restare fredda. Fu un enorme sforzo di volontà, ma ci riuscì. “Learco... la morte di una persona amata non è mai naturale. Dentro di te, non potrai fare altro che chiederti se non ci fosse stato un altro modo. Lo so, perchè ci sono passata. Ho ucciso una persona che amavo, l'ho avvelenata. E ancora oggi non riesco a perdonarmi. Ti prego, non...”
Si fermò. Aveva gli occhi lucidi per il pianto. Learco l'abbracciò, non riuscì a fare altro. Lei rispose quasi con disperazione, poi si staccò. Gli pose un bacio sulle labbra. “Addio.”
Lui la trattenne. “No, Dubhe. Ascolta, te lo prometto, non me la prenderò mai con te.”
La ladra lo fissò, un sorriso amaro sulle labra. “Credi davvero che siano cose che puoi promettere o no?”
Ti prego, io ti amo. Non ti basta questo?”
"
Non è questo il punto. È che...”
È che?”
Basta, va bene? Me ne vado! Addio, Learco.”
Si alzò, senza che stavolta lui riuscisse a trattenerla, e imboccò la porta. Forse, se ci fosse stato il temporale che tanto desiderava, ci sarebbe anche riuscita. Invece quella notte tranquilla la turbò a tal punto che richiuse di scatto la porta.
Non posso”, singhiozzò. “Non ce la faccio.”
Rientrò, fronteggiando il principe. “E va bene. E va bene! Farò ciò che vuoi!”
Abbassò la voce e si chinò verso di lui, parlando con tono più calmo di quanto non si credesse capace. “Learco, sto mandando all'aria tutto ciò in cui credo, per te. Lo sto facendo perchè ti amo. Fammi soffrire, e giuro che ti ucciderò.”
Non accadrà, vedrai. Stai facendo la scelta giusta.”
“Non dirmelo!”, gli urlò in faccia. “Non dirmelo.”, ripetè a voce più bassa. “Non sarà mai giusto ciò che sto facendo, lo capisci?”

Va bene. Posso darti un bacio?” Dubhe annuì. Rimasero stretti a lungo. Quando si staccarono, lo guardò negli occhi. “Ce l'hai, un drago?”
Sì, perchè?”
Prendilo, dobbiamo andarcene subito.”
Il cambio di discorso era stato così repentino da sconvolgerlo. “Perchè”, chiese, stordito.
Uno dei vostri vi tradirà.” e prima che Learco riuscisse a chiedere come lo sapesse, aggiunse: “L'ho letto, va bene? L'ho letto da come si muove, da come parla. Andiamo, prendi il tuo drago e spariamo. Vado a chiamare Theana.”
Chi?”
L'altra ragazza che era con me... non sono così stupida da buttarmi nella bocca del leone da sola.”
Va bene, ti aspetto nel giardino, fra un'ora. E... ti amo Dubhe.”
“Ti amo anch'io.”

Eppure, mentre lo diceva, sentiva una nota discordante suonare nelle sue orecchie.
Perchè?

 

____________________________________________________
Permetto di non essere mai stato un gran fan della relazione tra Dubhe e Learco. Con questa fiction, che proseguirà fino ai tempi "ufficiali" delle Leggende, vedrò di "rimettere a posto le cose".
Inoltre, come mia tradizione, vi avverto che eventuali citazioni interne al fanverse (quindi dai libri delle Cronache/Guerre/Leggende) NON saranno segnalate, ma lo saranno quelle esterne al fanverse (quindi per esempio da Alien... anche se non riesco ad immaginare che potrebbe c'entrare ^ ^) Le citazioni interne al fanverse saranno utilizzate in situazioni più o meno analoghe a quelle "ufficiali": invito eventuali lettori a scovarle tutte.
Buona lettura!

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Capitolo 3
*** Scena Prima (I): ALLE FRONDE DEI SALICI ***


 

Scena Prima (I): ALLE FRONDE DEI SALICI

 

Shame on you for thinking
Your all alone
If you want i'll make you wish you were
Failing to impress
Why can't you sleep with
Someone who'll protect you
Harm is comin your way
Its coming your way

- Muse, Dead Star

 Learco fu di parola. Dopo un'ora stava puntualmente aspettando in dorso al suo drago. Le due ragazze lo raggiunsero.
Andiamo”, fece la ladra, più freddamente di quanto non avesse voluto. Quella dissonanza le ronzava ancora nell'orecchio. Salì sull'animale, poi aiutò Theana, notevolmente più impacciata, a fare lo stesso.
Si alzarono in volo. Il drago era una creatura grande e robusta, dall'aria nobile, verde con sfumature rosse. Aveva un'inspiegabile affinità di atteggiamenti con il principe, e il suo sguardo sembrava a tratti altrettanto triste. La ladra lo incrociò un momento, poi chinò il capo. Era stanca di vedere solo ombre sulla sua strada.
E così, siamo di nuovo a viaggiare noi tre?”, disse Learco, per rompere il ghiaccio.
Dubhe fece un gesto con la mano. “Scusa, ma preferisco stare in silenzio.”
Lui annuì, rispettando il suo desiderio.

 Durante il volo non venne pronunciata parola. Theana era imbarazzatissima e cercava disperatamente di capire cos'avesse la sua amica. Learco dal canto suo si diceva che il suo atteggiamento era del tutto normale, che l'attendeva una prova molto difficile,e che doveva aspettare che le passasse. Dubhe dal canto suo, era ignara dei pensieri dei compagni, e se ne fosse stata a conoscenza, se ne sarebbe dispiaciuta. Odiava che qualcun altro si preoccupasse per lei.
Stava ragionando, disperatamente, cercando di capire cosa ci fosse che non andava, perchè non lo sapeva neanche lei.

 Atterrarono per la notte al confine con la Grande Terra.
Le schegge di cristallo nero che componevano il terreno, e che tutti i viaggiatori avevano imparato ad odiare, non risparmiarono nemmeno loro, e furono costretti a scrollare più volte gli abiti per sbarazzarsene.
A sorpresa Dubhe si avvicinò a Learco e lo strinse in un abbraccio. Parlò per la seconda volta dall'inizio del viaggio: “Scusa, mi sono comportata da stronza.”
Dato che lui la fissava senza capire, spiegò: “Durante il volo.”
Il principe sorrise: “Non preoccuparti, ti capisco. Vedrai, andrà tutto bene. Ben presto raggiungeremo Laodamea, ci metteremo sotto la protezione del Consiglio delle Acque. Poi andremo io e te da soli, torneremo nella Terra della Notte e uccideremo mio padre.”
Per me non c'è posto in tutto ciò. Morirò prima. Poi si accorse di un dettaglio della frase pronunciata dal principe. “Uccideremo? Ci sarai anche tu?”
Dubhe, ti capisco. Lo so che non vorresti farlo, lo so. Ma devi, altrimenti morirai. Io non voglio che tu muoia, non potrei sopportare di vivere senza di te. Se posso aiutarti in qualche modo, lo farò. Ti prego, Dubhe, cerca di...”
Di tornare quella che ero al palazzo?” Soriso amaro. “Learco, ti sei innamorati di un fantasma. Ti sei innamorato di una Dubhe che non esiste. Io sono quella che vedi ora. Io sono la ragazza che non sa darsi pace, che non conosce la tranquillità, che la gioia non sa neanche cosa sia. I miei occhi vedono solo dolore. Pensaci. Pensa con chi ti proponi di condividere la vita. Sei ancora in tempo per rinunciare.”
No, Dubhe, ti amo per quella che sei davvero. Non ti lascerò mai, te lo prometto.”
Spero tanto che tu non menta. Sei tutto quello che ho.
È davvero una rottura questo cristallo nero, eh?”
Dubhe sorrise, apprezzando il tentativo di cambiar discorso.
Ogni volta che sono qui, penso al Tiranno, lo sai?”, mormorò. “Lo so che è sbagliato ciò che ha fatto, che voleva distruggere il Mondo Emerso, però... Però non riesco ad avercela con lui. Lo capisco, non posso dubitare delle sue scelte, le avrei fatte anch'io. È un personaggio che mi affascina.” S'interruppe, imbarazzata. “Adesso mi prenderai per pazza, ma...”
No, no. È normale che tu lo pensi... hai vissuto un'esistenza crudele come la sua, la vita ti ha chiesto tanto quanto a lui.” La strinse a sé, e lei lo lasciò fare. “Avrà fine tutto ciò, te lo prometto.” La guardò negli occhi. “Dai, fammi un sorriso.”
Lei eseguì. “Sei bella quando sorridi così. Sembra che tutte le ombre che ti gravano sugli occhi si dissolvano di colpo.” Le scostò la frangetta. “È così difficile ?”
Dubhe sorrise di nuovo, stavolta con più slancio. Dentro di sé però pensava. Come posso sorridere e dimenticare, quando il marchio che pulsa sul mio braccio mi ricorda ogni giorno la mia missione?
La speranza, quella che dovrebbe seguire ognuno di noi, non è qui con me. Dov'è la mia speranza? Appesa alle fronde dei salici della terra dell'Acqua, forse. Io non ho diritto a sperare. Sperare è negare la realtà. Posso solo accettare di lasciarmi portare dalla corrente, e, si vedrà, è tutto ciò che ho.
Sentì che lui le veniva vicino. Si ritrasse per un momento. Che m'importa?, pensò subito dopo. Lasciò che l'abbracciasse.
No, ho paura. Ho troppa paura di amarti. Finora questo mondo mi ha sempre deluso, ha sempre infranto le mie speranze. Sempre. E io sciocca a credere. E domani, e domani, e domani. Mi ha deluso troppe volte. Non voglio soffrire mai più. Non voglio, ma devo. Ma perchè, perchè, perchè? Perchè dev'essere per forza così? Perchè non può mai andare come voglio io? Perchè non posso trovare la pace? Perchè non riesco ad abbandonarmi a te? Sono stanca di recitare un ruolo che non mi appartiene, ma mi è stato imposto. Forse sono stata senza amare talmente a lungo da non ricordare più come si fa. Perchè ogni volta che inizio a pensare a... qualcosa... di diverso, sento inevitabilmente un artiglio incidermi il cuore, dall'alto verso il basso, e continua a lacerarmi fino ad avere la certezza che mi sono arresa? Io cerco sempre di apparire forte, decisa, sicura. In realtà sono debole. Non. Voglio. Soffrire.
Non ne posso più. Sono stanca. Stanca.
Mentre lentamente sprofondava nel sonno, ancora abbracciata a Learco, riuscì a tenersi aggrappato un solo pensiero. Alle fronde dei salici...*

_________________________________________________
*
Salvatore Quasimodo, Alle fronde dei salici


 

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Capitolo 4
*** Scena Seconda (II): LAODAMEA ***


 

Scena Seconda (II): LAODAMEA

 

Be near me when my light is low,
When the blood creeps, and the nerves prick
And tingle; and the heart is sick,
And all the wheels of Being slow

- Tennyson, In Memoriam

 Dubhe si agitò nel sonno, inquieta. Che cosa l'aveva portata a fare quelle scelte? Perchè dentro di sé sentiva che erano sbagliate? Perchè continuava a rimandare una missione che ormai era inevitabile?
Ogni giorno si diceva convinta, 'domani'. Poi il domani arrivava, e si sentiva talmente oppressa che non sarebbe riuscita a combinare niente. E così, giorno dopo giorno. Passava ogni notte con Learco, ormai. Se doveva perderlo, cosa di cui ormai era convinta, tanto valeva goderselo il più possibile. Si strinse a lui, lo sentì mormorare qualcosa. Il suo nome. Sorrise, triste. Il destino ha scelto una strada diversa, amore mio. Non c'è posto per noi in questo mondo.
Ricordava bene il loro arrivo, come si erano sentiti sicuri e fiduciosi, allora.

 Il palazzo di Laodamea si era stagliato dinnanzi ai loro occhi, impressionante e grandioso. La cascata sopra la quale era costruito lo rendeva un edificio assolutamente unico, per il Mondo Emerso.
Vedendo Learco restare a bocca aperta, Dubhe e Theana avevano sorriso: “Fa lo stesso effetto a tutti, la prima volta.”
Il drago aveva planato verso i bastioni, atterrando nei pressi delle stalle, dove era stato ricevuto da uno stupito attendente. Prima ancora di riuscire ad aprire bocca era visto affidato Xaron, con la raccomandazione di trattarlo bene. Quando finalmente aveva ripreso l'uso delle corde vocali, il misterioso gruppo era ormai nel castello.
Si erano presentati davanti al Consiglio, avevano chiesto asilo politico. I Consiglieri avevano tentennato a lungo, ma alla fine l'intervento di Ido, che ricordava fin troppo bene di esservi passato anche lui, e che forse aveva capito la scelta di quel ragazzo biondo, il principe che mai sarebbe stato re, era stato decisivo. Avevano spiattellato tutto ciò di cui erano a conoscenza, movimenti delle truppe alleanze, piani per il futuro, tutto. Poi avevano parlato della loro missione. Si era subito scatenato un brusio, messo a tacere. Folwar il vecchio maestro di Lonerin e Theana, aveva ripetuto le stesse parole che aveva detto in precedenza a lei sola, ossia chiedendo se davvero importava che Dohor morisse in guerra. Aveva anche aggiunto che se da quella morte si poteva giungere alla liberazione di Dubhe, allora era una missione da compiere. Aveva infine suggerito a tutti quelli che ancora erano contrari se per caso non avessero provato ciò che doveva sopportare la ladra. No, nessuno l'aveva provato. Molti gliel'avevano chiesto. Lei si era alzata aveva spiegato cosa fosse il sigillo, e dopo aveva parlato dell'orrore di essere rinchiusa in un corpo che non era più suo, del sangue delle stragi, della gioia che non riusciva a non provare. La sua voce si era spenta in un soffio. Tutti tranne pochi puristi arroccati alla loro cocciuta posizione, avevano votato per il sì.
E lei era stata male. Avrebbe quasi preferito un no, un ingiunzione a morire con quel sigillo addosso, sola e maledetta. E invece avrebbe dovuto farlo, avrebbe dovuto uccidere Dohor, e dopo Learco l'avrebbe odiata.
Ma perchè devo avere solo queste due al ternative? La mia morte o il tuo odio? Perchè ti ho conosciuto, Learco? Perchè non sei potuto restare un estraneo per me? Perchè hai voluto amarmi?

 Il giorno dopo, quegli interrogativi ancora le frullavano in testa. Doveva vedersi anche dal suo aspetto, perchè Leaco la guardò preoccupato. “Dubhe? Stai bene?” Lei sussultò: non si era accorta che le sue pene fossero così evidenti. “Sì, sto bene”, disse per levarselo dai piedi. “No, non è vero. Dubhe non sei più la stessa ragazza che ho amato in quella soffitta a Markrat, credi che non me ne sia accorto? Vuoi dirmi il perchè?” Perchè ho paura.
No, stai tranquillo, sono io. È che... sono successe tante cose, faccio un po' di fatica ad abituarmi”, si schermì.
Learco la baciò. “Stai tranquilla.”
Magari potessi. 

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Capitolo 5
*** Scena Terza (III): FREDDO ***


  

Scena Terza (III): FREDDO

 

Wash me away
Clean your body of me
Erase all the memories
They will only bring us pain
And I've seen, all I'll ever need

Muse, Citizen Erased

 Dubhe sospirò. Avrò mai il coraggio di affrontare tutto ciò? Mesi prima, avrebbe riferito senza dubbi questa frase alla Bestia, la maledizione che giorno dopo giorno la consumava. Mai avrebbe pensato di trovarsi davanti ad un dilemma del genere. Anzi, se gliel'avessero detto, probabilmente avrebbe risposto di andarsi a fare un lavaggio del cervello.
Ora invece, si trattava di quella scelta. O io o lui. In passato avrebbe risposto senza esitazione io, perchè nessuno in quella terra era degno di essere salvato, quindi tanto valeva che fosse lei a farlo. Adesso, si profilava l'ipotesi della felicità accanto a Learco. Ma non saremo mai felici, insieme. O perchè io sarò maledetta, e non riuscirò mai a perdonarmi per aver ceduto a causa sua, o lui perchè ammazzeremo suo padre, e non riuscirà mai a perdonarsi per aver ceduto a causa mia. In ogni caso, in questo mondo non esiste la felicità per noi.
E un'altra vocina pressante, comincio ad insinuarsi: Diglielo, Dubhe. Non fai altro che allungare le sue e soprattutto le tu sofferenze.
Devo proprio?
Devi, e lo sai. Tu vuoi che continui, ma non puoi. Fallo. E poi, seppellisci tutto e torna a vivere. E vedrai, è ciò che vuoi.

 “Learco...”
Sì?”
Ascolta, c'è una cosa che devo dirti. Noi... non possiamo... non possiamo stare insieme”, sputò tutto d'un fiato.
Perchè?” Il tono non era arrabbiato, piuttosto stupito.
Lo sai perchè, non devi chiedermelo. Io me ne andrò. Ucciderò Dohor e poi lascerò il Mondo Emerso per non farvi più ritorno. Tu non mi rivedrai mai più. Dimenticami. Cancella tutti i ricordi, ripulisci il tuo corpo da me. Lava via tutto.”
Ma... perchè?”
Finiscila di chiedermi perchè. Lo sai benissimo. Perchè può solo farci male. Da noi due non può nascere niente, non lo capisci? Non può, e non potrà mai. Vattene, lasciami sola. Lascia che trovi la soluzione ai miei problemi, e la metta in atto. Torna al palazzo, trovati una cortigiana, o la regnante di un'altra Terra, per un matrimonio politico, o quel che vuoi. Fai come se non fossi mai esistita.”
Le lacrime cominciavano a bagnarle le guance, ma si ordinò di non abbandonarsi, di portare a termine il discorso che aveva iniziato. “Ti ho portato qui perchè volevo salvarti dal tradimento. Ti amo, non voglio che tu muoia. E se anche tu mi ami, fai come ti ho detto. “
Ma... “
Lei addolcì il tono. “Io non sono fatta per te. Noi non possiamo vivere insieme. Il rimorso ci ucciderà, e non potremmo mai amarci. Guardami negli occhi e dimmi che sto sbagliando. Vorrei stare con te, davvero, ma non posso. Credimi, è meglio per entrambi.”
Sentiva che la sua voce si stava incrinando, non ne potè più.
Addio...”, sussurrò.
Si voltò. Questa volta, forse perchè aveva il cuore colmo di disperazione, ci riuscì. Si allontanò di corsa, il mantello che le frusciava dietro, perchè sapeva che se si fosse voltata, se l'avesse visto di nuovo, si sarebbe arresa. Sentì che lui la seguiva, la chiamava.
Devo andarmene.
Uscì di corsa dal palazzo e attraversato il cortile si infilò nel bosco. Pioveva, e grosse gocce d'acqua la colpivano ad ogni passo. Non si protesse. Andava bene così. Il freddo era un amico, il freddo consolava, il freddo proteggeva. Nel freddo, trovò la verità. Si dice che l'amore ci mostra cosa siamo veramente. Io sono solo un mucchio di tristi ricordi, tenuti insieme dal sordo dolore. Si lasciò avvolgere da quella cappa di foglie bagnate, e finalmente si concesse di piangere davvero.

 Il sole bucò la cappa dei rami, illuminando una figura vestita di nero, rannicchiata al suolo. Una creatura scivolò fuori da un albero: una fanciulla composta interamente d'acqua, con I capelli che ondeggiavano intorno al volto. Si avvicinò alla sagoma in nero, le mise una mano sulla spalla, scuotendola leggermente.
Ehi. Tutto bene?”

 No. Dubhe alzò gli occhi verso chi l'aveva svegliata: era una ninfa. Chissà perchè, quel fatto le trasmise una grande tranquillità. “Adesso sì...”, mentì spudoratamente. “Grazie.”
La ninfa sorrise: “Vieni, vedo di accompagnarti al palazzo...” Mai!
Quale palazzo?”, disse, cercando una via d'uscita.
Lei parve sorpresa. “Quello di Laodamea, no?”
Laodamea? Dove sono finita?”
Perchè?”
Ero diretta nella Terra della Notte. Con la tempesta di ieri, ho perso l'orientamento. Hai visto per caso un cavallo?”
No...”
Mi stupirei se tu l'avessi davvero trovato, dato che non esiste.
Infatti, dev'essere scappato molto lontano da qui”, inventò. “Forse lungo il confine con la Grande Terra.”
Se è li che devi andare, ti ci possiamo portare. Noi ninfe non possiamo avventurarci dove il suolo piange e non ci sono alberi, ma fino al confine non è un problema... Un momento!”
La sua voce era mutata di colpo, adesso era spaventata. “Non sarai mica un'Assassina della Gilda?”
Non sono un'Assassina.” sospirò, e si scoprì il braccio. “Sai cos'è questo?”
Un sigillo”, rispose la creatura d'acqua senza esitare. Dubhe si chiese come lo sapesse, poi ricordò che le ninfe erano in grado di percepire naturalmente i vari tipi di magia, data la loro peculiare vicinanza con la natura. Spiegò dunque la propria storia.
Accidenti”, commentò l'altra. “Sembra la trama di un libro.”
Già. Adesso devo andare nella Terra della Notte, e ammazzare Dohor, poi sarò libera”, confessò.
D'accordo. Ho capito che sei sincera e il tuo animo nobile e la tua sofferenza giustificano ampiamente le bugie che mi hai raccontato poco prima...”
Ehi!” La ladra era sempre stara orgogliosa delle sue capacità di mentire, che le avevano salvato la pelle più di una volta. “Come fai a saperre che erano bugie?”
Beh, la tua reazione è più che eloquente...” Dubhe si accorse di essere avvampata. “Comunque, noi ninfe siamo parte della natura. Non puoi mentire a noi.” La ragazza si appuntò mentalmente di prestare attenzione, in futuro, qualora si fosse trovata di nuovo a dialogare con una di loro. ”In ogni caso”, continuò l'essere d'acqua, la tua missione significherebbe la pace per queste Terre, ed è troppo che la Terra piange, ti aiuteremo.”
'Aiuteremo'?”
Dagli alberi uscirono frotte di creature eteree. “Nel caso tu fossi stata davvero un'Assassina, sai...” Pareva imbarazzata. “Non offenderti...”
Nessun problema. Però, se voglio portare a termine il mio piano, mi sere una cosa. C'è qualcuna che può entrare al palazzo?”
Ad una risposta affermativa, indicò la posizione della propria stanza e cosa prendere.
Le boccette per tenere a bada la pozione, in essenza. Poteva essersi assuefatta quanto voleva, ma sapeva che ce n'erano talmente tante che anche a berne una al giorno sarebbero ampiamente bastate. E poi l'ultimo contenimento di Theana reggeva ancora.
La voce della creatura la riscosse: “Hai bisogno di qualcosa, intanto?”
C'è un ruscello, una sorgente, qualcosa del genere, qui?”, chiese. Arrossì leggermente: “Avrei bisogno di darmi una lavata.”
La stessa ninfa che l'aveva accompagnata finora le sorrise. “Certo”, disse. “Vieni con me.” 

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Capitolo 6
*** Scena Quarta (IV): PURIFICARSI ***


 

Scena Quarta (IV): PURIFICARSI

 

E' una giostra che va
Questa vita che
Gira insieme a noi
E non si ferma mai

-Elton John, Il cerchio della vita

 Mentre si spostavano nel sottobosco, la ninfa le tese una mano: “A proposito, non ci siamo ancora presentate. Io sono Callipso.”
Lei gliela strinse: “Dubhe.”
Beh, Dubhe, eccoci qui.”
Il bosco si apriva in una radura, circondata da pianticelle e rocce, al cui centro stava un laghetto d'acqua splendente. Era posto lungo una parete di roccia, da cui scendeva una cascatella. Un luogo che immediatamente trasmetteva una grande pace. Solo a guardarlo, l'ex-Assassina sentì rinascere la speranza.
Callipso tentennò un attimo: “Aspetta, forse è troppo fredda per te.”
Dubhe le sorrise, un sorriso vero, di gratitudine. Quant'è che non sorrido così?, si chiese.
Non preoccuparti, è meglio se è fredda. Il freddo ti protegge, ti accoglie.” SI fermò stupita. Non aveva mai cparlato così liberamente delle proprie idee, anche se si trattava solo di sciocchi gusti personali, da... beh, un bel po'.
La ninfa la guardò con simpatia. “Buon bagno allora!” E poi aggiunse, ridendo: “Non ti guardiamo, promesso!”
Ma Dubhe ormai non ascoltava più. Si era sfilata il mantello, il corpetto, gli stivali e i pantaloni che indossava. Anche la sottoveste venne depositata sulla riva. Quando sfiorò in acqua, sentì un brivido. “È fredda”, mormorò, poi scivolò sotto la superficie. Era talmente limpida che riusciva a vedere chiaramente alcuni pesciolini che le guizzarono accanto, spaventati per quell'essere estraneo al loro ambiente. Avrebbe potuto contare loro le squame. I capelli, che erano tornati castani, le fluttuarono accanto al volto. Si lasciò galleggiare sulla superficie, tenendo il volto appena fuori dal pelo dell'acqua. Era in pace, finalmente. Il freddo la accoglieva come un amico a lungo dmenticato, e per un atimo si illuse di essere di nuovo alla Fonte Scura, prima che tutta la storia avesse inizio. Poi, il sigillo la costrinse a riemergere per respirare, e l'incanto svanì. Ma stava benissimo comunque. In quel luogo di pace non c'era posto per la Bestia.
Quando infine si decise a riemergere, era tornata come nuova. Si vestì, assaporando lentamente la senzazione del calore degli abiti, che erano stati lasciati su un sasso esposto in pieno sole.
Sono pronta”, annunciò a nessuno in particolare.
Certo”, rispose la ninfa uscendo da un albero. “Lì ci sono le tue cose.”

 Andiamo?”
Andiamo.”

 Accidenti!”, esclamò Ido, picchiando un pugno sul tavolo. “Non ci mancava altro! Dobbiamo andare a recuperare la nostra unica speranza da una combriccola di pazzi, non c'è tempo per le fesserie di una ragazzina!”
Dato che il principe lo guardava ad occhi sgranati, vide di calmarsi. “Va be', ho un po' esagerato. Comincio a parlare come Raven. Comunque, non può esserle accaduto nulla di male no? La Bestia la protegge.”
Entrò in quel momento Theana, sconvolta. “Dubhe è sparita!”
Lo sappiamo, stiamo discutendo proprio di questo.”
“Non è il punto, è che ho trovato in camera mia questo...” Mostrò l'oggetto: un pezzo di pergamena con disegnati sopra due pentacoli, uno rosso e uno nero, con dentro due serpenti che si avvolgevano tra di loro, sempre rossi e neri. Il sigillo di Dubhe. “C'era una lettera, e mi chiedva di distruggerlo.”

Fallo!”, eslamò Learco, con una veemenza che sorprese pure lui. “Deve uccidere Dohor, fallo!”
Ido intervenne: “Adesso calmiamoci, pe favore, non è detto che sia andata proprio ad uccidere Dohor...”
L'ha fatto. C'era un parte della lettera per te, Ido. Diceva che la sua ricerca non era nè sospesa nè terminata, soltanto interrotta*.”
Rimasero un momento a rimuginare. Lo gnomo fu il primo a riprendersi: “Bene, ascolta, Learco. Dubhe non è una sciocca, se l'è cavata da sola per anni. Ce la farà anche stavolta. Se la intralci, si arrabierà a non dire.”
E come fai a saperlo?”
Ido lo guardò, l'unico occhio socchiuso. “Perchè lei è come Nihal”, disse in tono amaro.
E allora che posso fare, dannazione? La mia ragazza è la fuori da qualche parte, e...”
Lo gnomo l'interruppe ancora. “Learco, forse non l'ho conosciuta bene come te, ma ti posso dire una cosa su di lei. Dubhe è come un drago. È una forza della natura. Non appartiene a nessuno. Solo gli schiavi hanno un padrone, e lei ha alcuna intenzione di essere schiava. Non preoccuparti. È una delle persone più coraggiose che io conosca, ed è un'abilissima guerriera. Non le accadrà nulla.”
Learco annuì.

 La mattina dopo, un servo si precipitò in tutta fretta da Ido.
Il principe è sparito, e manca un cavallo dalle scuderie!”
Maledizione!”
Il primo pensiero dello gnomo fu: Perchè diavolo non ha preso il drago?
Poi la verità lo colpì. Perchè muoversi con un drago in un territorio occupato equivale a farsi uccidere.
Maledizione...”, ripetè.

________________________________________
* Batman vs Grendel II


Mmmm... ho l'imprssione che Learco abbia appena commesso una GROSSA cavolata... voi no?


 

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Capitolo 7
*** Scena Quinta (V): IL VIAGGIO DI LEARCO ***


Sì... ecco cosa può fare l'amore...
Tutti: MALE!

Scena Quinta (V): IL VIAGGIO DI LEARCO
 

O what can ail thee, knight-at-arms,
Alone and palely loitering?
The sedge has withered from the lake,
And no birds sing.
- John Keats, La Belle Dame Sans Merci
 

 

Attraverso uno degli innumerevoli boschi della Terra dell'acqua, risuonava un rumore ritmato.
Un cavallo lanciato al galoppo. Un animale anonimo, marrone.
Il cavaliere indossava un mantello, da cui sbucavano ciocche di capelli biondi chiarissimi, quasi bianchi. I suoi occhi verdi trasmettevano uno  sguardo disperato.
Dubhe, dove sei?
Ma nessuno rispondeva alla sua voce, nessuna figura vestita di nero sbucava dalle piante per abbracciarlo. Il bosco, visto così, gli sembrava ostile, gli sembrava che si stia prendendo gioco di lui. Ma Learco non voleva rassegnarsi. Dubhe era la fuori da qualche parte, e lui l'avrebbe trovata, o sarebbe morto nel tentativo.
Era partito in fretta, non aveva preso nè provviste nè acqua. Il suo unico indizio era una vaga indicazione sulla direzione, verso est, verso la Terra della Notte.
Nei suoi occhi passavano immagini sconnesse, Dubhe ferita, Dubhe morente, Dubhe morta, Dubhe in preda alla maledizione che portava. Il terrore che le fosse accaduto qualcosa e di non poterla più vedere, non poterla più salutare, non poterle più dirle che la amava.
Queste immagini gli davano la forza di andare avanti, ma per quanto? Non lo sapeva.
Ad ogni momento qualcosa gli diceva che era un idiota, che si stava suicidando, che Dubhe non aveva bisogno di lui. Ma finchè non l'avesse vista, non l'avrebbe saputo.
Il cavallo era stremato, e, sebbene il principe avesse scelto un animale robusto, ormai non ce la faceva più. In altre occasioni si sarebbe pentito del suo gesto ma ora nella sua mente c'era posto per un solo pensiero.
Dubhe, dove sei?
 
Ripensava freneticamente a quando l'aveva conosciuta, al suo sguardo che l'aveva attirato in quel villaggio, quando ancora erano ragazzini. Due occhi scuri, due abissi in cui perdersi. Lo sguardo triste di una persona cresciuta in fretta. Troppo in fretta.
Degli occhi che trovava semplicemente stupendi. Quegli occhi, e il suo sorriso. I suoi capelli , la sua pelle pallida, delicata. Il ricordo di quelle notti, del suo corpo morbido schiacciato contro di lui, dei suoi baci, del piacere che avevano provato entrambi, allora. Ricordava la sorpresa che veva provato quando il filtro con cui si era cammuffata s'era esaurito e lui si era trovato davanti quella ragazza ancora più giovane, e con la chioma divenuta castana, il corpo snello e muscoloso; come aveva capito immediatamente che lei era sempre stata così, come gli era piaciuta, e come aveva sentito, anche se l'avrebbe creduto impossibile, di amarla ancora di più. Solo gli occhi, quegli occhi dove si leggeva tutta la tristezza del mondo, erano rimasti uguali. Sospirò. Avrebbe dato qualunque cosa pur di rivederla.
 
“Dubhe, dove sei? Esci fuori, dannazione!”
I suoi richiami si stavano spegnendo in lontananza quando una figura vestita di nero si lasciò cadere da un'albero, una mano premuta sul petto, come se le facesse fisicamente male.
Ed era così. Essere costretta a rinunciare, a far ancora del male alla persona che amava, quando invece avrebbe voluto abbracciarla, era stata una prova tremenda. Ma lei l'aveva fatto, come aveva affrontato tutte le altre prove che la vita le aveva messo davanti.
Fischiò, e un cavallo, anch'esso nero, si materializzò al suo fianco. Lei vi balzò in groppa e si allontanò nel folto.
Mi dispiace, amore mio, ma capirai. È meglio per entrambi.
 
Dubhe si fermò, davanti alla grotta. A parte le ragnatele, e diversi animaletti che si erano insidiati, era identica a come l'aveva lasciata. Sorrise, nel rivedere quel luogo che tanto aveva amato. Casa, pensò. Ma era una visita momentanea. Scostò alcune rocce, mettendo alla luce gli oggetti che erano lì celati.
Dubhe osservò le sue armi, una copia esatta di quelle che era stata costretta a distruggere. Le prese come se fosse stata la prima volta. Si mise i coltelli da lancio nelle guaine sul petto, l'arco a tracolla e, pro forma, estrasse e ringuainò il pugnale del Maestro nel fodero.
“Ci siamo”, mormorò.
Stai imboccando una via senza ritorno, le sussurrò la solita voce.
Oh, insomma? Cosa dovevo fare? Restare con Learco? Me l'avresti detto in ogni caso.
Sicura di non star sbagliando?
In che senso?
Nessuna risposta. Solo una risatina.  

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Capitolo 8
*** Scena Sesta (VI): SONO CON TE, E PENSO A LEI ***


La citazione iniziale NON mi convince, ma non mi è venuto in mente di meglio...

Scena Sesta (VI): SONO CON TE, E PENSO A LEI
 
Cause when I’m with him
I am thinking of you
Thinking of you
What you would do if
You were the one
Who was spending the night
Oh I wish that I
Was looking into your eyes
- Kate Perry,Tinking of you
 
“Theana? A cosa stai pensando?”
La maga si voltò, guardando il giovane dai capelli neri accanto a lei. Questi, vedendo che non rispondeva, le mise la mano intorno alle spalle e ripetè la domanda.
“Sai, Lonerin... potrà sembrarti stupido, ma... pensavo a Dubhe.”
“Perchè?” Il suo tono era stupito. “Pensavo vi odiaste.”
“All'inizio, forse. Poi siamo diventate amiche.”
“Vuoi dire che posso riprendere a frequentarla?”, chiese, scherzando.
“Non ci provare nemmeno. Comunque, non lo so, perchè, continuo a pensare alle scelte che ha fatto. Mi chiedo se davvero non avesse ragione.”
Stavolta Lonerin annuì. “Ha rinunciato a tutto, ha seppellito i suoi sogni, per salvarsi e per salvare la persona che ama.”
“Gli ha fatto del male, però.”
“Sì, gli ha fatto del male, ma se non l'avesse fatto avrebbe sofferto ancora.”
“In ogni caso non soffrirà come Dubhe.”
“No, questo è sicuro. Sai... è buffo. Durante la tua missione, pensavo 'non le accadrà niente'. Ne ero sicuro, e sai perchè? Perchè eri con Dubhe. E lei è inarrestabile, non teme nulla.”
“Questa è una sciocchezza. Dubhe ha paura come tutti gli altri... solo che è brava a tenerlo nascosto.”
Rimasero un attimo a riflettere sulla verità di quelle parole. Fu Theana a romperlo.
“Ascolta, tu sei stato tanto tempo insieme a lei... cosa pensi?”
“Non sei gelosa vero?”
“No! Cioè, forse un pochino pochino...”
Il mago la guardò divertito, poi sospirò. “Dubhe è Dubhe. Non ci sono parole per descriverla. L'hai mai guardata negli occhi? Ecco la prima volta che l'ho vista, ho pensato che avesse degli occhi bellissimi. Nient'altro.  Poi mi ha parlato di sè, e ho capito che quella luce che vi brillava dentro era dolore. Tanto dolore... Nessuno ha mai dovuto soffrire quel che ha sofferto lei. E a volte, mi sveglio chiedendomi come sarebbe andata se fossi riuscito a liberarla dalla maledizione, se l'avessi salvata.
Delle notti mi sveglio, e me la vedo accanto, a guardarmi con quei suoi occhi. A volte mi sembra di abbracciare lei, mentre sono con te.”
Perchè... sì, ti voglio bene ancora, Dubhe. A volte gli occhi di Theana sono i tuoi, a volte mentre faccio l'amore con lei, il suo corpo morbido si trasforma nel tuo, quello magro, nervoso, che ho stretto nelle Terre Ignote. Ti voglio bene e te ne vorrò sempre.
Si fermò imbarazzatissimo, al pensiero di ciò che aveva appena detto, temendo persino che la maga riuscisse a indovinare i suoi pensieri, ma Theana si limitò a sospirare: “Manca tantissimo anche a me. Vorrei essere riuscita ad aiutarla.”
Rimasero in silenzio, e fu come se fra loro due aleggiasse lo spirito di quella ragazza triste, vestita di nero, i capelli castani legati in una coda, il viso pallido e serio, due occhi scuri, lo sguardo triste.
“Ti ricordi di quando ti ho chiesto se stavate insieme, e poi ti ho dato uno schiaffo?” chiese poi la maga, a tradimento.
Il ragazzo annuì. “La ami ancora?”, s'informò Theana con aria inquisitoria.
“Non potrei non volerle bene.”
“Sì, le voglio bene anch'io, in questi mesi è diventata una grandissima amica, ma... la ami?”
Lonerin decise di tenerla sulle spine un altro po', poi si decise a parlare: “No, le voglio bene, ma io amo te... Dubhe.”
Si coprì la bocca, arrossendo per il lapsus.
Un attimo dopo, stavano entrambi ridendo.
 
Una leggera spirale di fumo si levò dal punto del tavolo in cui aveva consumato quella vecchia pergamena, compiendo la prima parte del rituale che avrebbe dovuto liberare l'Assassina dalla sua maledizione.
“E adesso?” si chiese. “Vorrei provarci, ma...”
Ma Dubhe potrebbe non ricordare come si fa. Ma il messaggio potrebbe andar perduto. Ma in tal caso starei peggio di adesso, perchè penserei che le è accaduto qualcosa, mentre in realtà sta benissimo. Ma se non provo non posso sapere..
Si decise, prese le otto pietre e tracciò i simboli. Le dispose in cerchio, poi accese il fuoco magico.
Scelse un foglio... e si bloccò con la penna ad un centimetro dalla carta. Cosa le scrivo?
 
Dubhe, dove sei? Perchè hai fatto quel che hai fatto? Non ti capisco. Avremmo trovato una soluzione, ti avrei salvata. Avreste potuto vivere felici... Ho fatto quel che mi hai chiesto, ma non ne capisco il senso. Non era necessario. Non posso far niente per cambiare ciò che è successo, comunque. Cerca di stare attenta, spero ci rivedremo, prima o poi.
Theana.
 
La lettera le sembrava vuota, stupida e senza senso, ma era il meglio che le fosse riuscito.
Il messaggio sparì. Pochi minuti, che le parvero ore, dopo ne apparve un altro. Così presto! Brava!
Poi lo guardò meglio. Disegnate dal fumo viola, c'erano poche parole, vergate con la calligrafia precisa dell'Assassina. Era scritto semplicemente:
 
Grazie. Sto bene.
Dubhe
 
E la maga si addormentò quella notte, con un'incognita.
È la verità, quel che ha scritto, o mi sta mentendo? 

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Capitolo 9
*** Scena Settima (VI): CHE COS'HO FATTO? ***


 

Scena Settima (VII): CHE COS'HO FATTO?

 How sall the burial rite be read?
The solemn song be sung?
The requiem for the loveliest dead,
That ever died so young?
- Edgar Allan Poe, A Paean

 L'accampamento era immobile. Nessuno si muoveva, gli ordini erano stati molto severi. Le sentinelle guardavano svogliate il bosco tutto attorno. Il re era paranoico, d'accordo, però era sempre meglio fare il proprio lavoro: le mancanze erano severamente punite. La struttura aveva una pianta ottagonale ed era relativamente spartana, edificata con sole assi di legno e senza l'impiego di mattoni o pietre. Pochi edifici erano più robusti. All'interno, vi erano inoltre tende, di un tessuto chiaro.
La figura in nero saltò giù dall'albero, atterrando con grazia.
Aveva visto abbastanza.
Avrebbe agito quella notte.

 Era una notte senza luna e senza stelle. Un vento fresco spirava sulla pianura, agitando le fronde degli alberi.
La figura, vestita di nero, era praticamente invisibile. Non aveva mentito a Theana. Stava davvero bene, anzi, era un bel pezzo che non si sentiva così. Aveva trovato un ruscello, e vi era rimasta a lungo immersa. Le sue armi erano state affondate nella cenere di un focolare, non avrebbero luccicato tradendola.
Era pronta.
Stava andando ad uccidere un uomo.
Dubhe, la ladra, l'Assassina, la Bestia, si fermò. Alzò la testa coperta dal cappuccio, ascoltando per un attimo i rumori della natura intorno a sè. Non si vedeva che a breve distanza ma i suoi occhi erano talmente potenziati dalla maledizione che portava addosso, che riusciva a vedere come se fosse stato pieno giorno. I suoi piedi, che calzavano gli stivali, si posavano uno dietro l'altro, con cautela, facendola camminare con un'andatura assolutamente silenziosa. Dietro le sue spalle c'erano l'arco con la faretra, nei foderi sui fianchi i coltelli da lancio, tre per lato. Al fianco sinistro era attaccato al cinturone il fodero del pugnale. A parte il volto, neanche un centimetro della sua pelle pallida era scoperto, e i suoi abiti erano ampi e comodi, ma aderivano al corpo e alle gambe, il genere di vestiti adatto al lavoro che doveva fare. Il mantello nero ondeggiava dietro di lei. Prese l'arco e ne controllò la tensione della corda, passò a rassegna le frecce una ad una per essere sicura che non avessero difetti. Si assicurò che i coltelli fossero nei foderi, ma non ebbe bisogno di cercare il pugnale. Quell'arma era parte di lei, era come un prolungamento della sua persona. Era l'arma del Maestro, ma era molto di più. Il suo pugnale non era nulla, in mano a qualcun'altro. Lei non era nulla, senza il suo pugnale. Lo sollevò, mettendoselo davanti agli occhi. “Sei nella mia vita da così tanto tempo... Non ricordo altro, ormai.”*
Sospirò. Se quella notte fosse andato tutto bene, non l'avrebbe usato mai più.

 La concentrazione si sposa alla pazienza, alla capacità di attendere. Si tratta di leggere il mondo come un libro, compenetrandosi con esso. Sentirlo nelle ossa e interpretarne i segnali, fino a trovare l'attimo, l'unico in cui colpire efficacemente...
Le parole le risuonavano nelle orecchie. Quella notte, per l'ultima volta, ne avrebbe avuto bisogno. Quella notte, per l'ultima volta, avrebbe udito mormorare la Bestia che dormiva nel suo petto.
Scivolò nell'accampamento, la mente svuotata dai pensieri.
Gli ultimi che aveva sentito erano: Stanotte ucciderò ancora.
E poi: Domani non ucciderò più.

 Non riusciva a prendere sonno. Faceva caldo, dannatamente caldo. E lui non aveva voglia di dormire. Si vestì, indossando l'armatura. Sapeva che lei sarebbe venuta, ad uccidere, a portare a termine ciò che non aveva fatto. Sarebbe venuta ma... non quella sera. L'uomo aprì appena la porta della catapecchia di legno, l'unica abitazione appena più decente delle altre, e scivolò fuori. Si fece riconoscere dalla sentinella, poi si avviò verso una zona alberata nei pressi della palizzata. Non vista, sopra di lui, una figura nera saltava di albero in albero.

 Dubhe osservava il suo nemico. Ogni gesto, ogni passo che faceva, in lui dicevano 'giusto'. Era colui che doveva uccidere. Aveva appena gettato una fiaschetta di una certa pozione, stando attenta a non annusarla, nell'accampamento. Avrebbero dormito tutti, non si sarebbero accorti di nulla. Il gas era più pesante dell'aria, e avrebbe aleggiato lì intorno. La sua preda si fermò al limitare di una zona alberata, il viso rivolto nella direzione opposta alla sua. Meglio. Anche se era il suo nemico, anche se era l'uomo che le aveva rovinato la vita, che l'aveva venduta per mera politica, era comunque un essere umano, e non ce l'avrebbe fatta a rivedere Gornar anche nei suoi occhi. Anche perchè ciò che stava facendo, significava tradire la persona che amava. Basta, si disse. Il mio cuore è di ghiaccio.
Si alzò con calma, un angelo oscuro stagliato contro la luna.
Prese bene la mira.
Tese al massimo la corda e tirò la freccia.
La distanza era breve, la ragazza era stata gelida mentre tirava e il lancio era preciso.
In quel momento, una possibilità su un milione, la figura si scostò.

 La freccia penetrò in profondità, e l'uomo cadde a terra. L'Assassina imprecò. Avrebbe dovuto sporcarsi le mani, avrebbe dovuto vedergli gli occhi. Saltò giù, e, sguainato il pugnale, si avvicinò all'uomo che odiava. Si fece forza e gli guardò il volto.
Solo l'istinto le impedì di urlare.
NO!!!!”

 In quel momento una lama le si posò al lato del collo.
Ti è piaciuto lo scherzo, sgualdrinella?”

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* Ellen Ripley, Alien Resurrection


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Capitolo 10
*** Scena Ottava (VIII): GLI ULTIMI EROI ***


 

Scena Ottava (VIII): GLI ULTIMI EROI

 These wounds won't seem to heal
This pain is just too real
There's just too much that time cannot erase
- Evanescence, My Immortal

 Dubhe trasalì. Odiava quella voce. Quella era la voce della persona che doveva ammazzare. Quella era la voce della persona che voleva ammazzare. Agì senza pensare, mossa solo dal suo odio. In fondo sono questi i grandi motori che ci muovono, l'odio e l'amore, no? Le emozioni che guidano le specie senzienti. La condanna degli esseri mortali, o forse il loro dono, e questo: bisogna vivere senza capire. Strinse la mano inguantata di nero sull'elsa. In seguito si disse quanto stupida e folle era stata in quel momento. Ma non c'era tempo per ragionare, non fu la parte umana di lei a reagire, ma la Bestia. Abbassò il capo, ruotò e conficcò il pugnale all'indietro. Era stata fulminea.
Re Dohor era a terra, la lama nel cuore.
Era morto all'istante, non aveva avuto neanche il tempo di urlare.
Dubhe si alzò.
Perfino da morto quell'uomo conservava la sua aria odiosa. Ma lei non nutriva alcuna pietà nei suoi confronti. Non degnò il suo corpo di uno sguardo, e si rivolse invece a Learco.
Lo guardò negli occhi. Le pupille avevano il tipico aspetto di una persona drogata con la scopolamina. Era una sostanza che conosceva, in grado di inibire la forza di volontà delle persone. Serrò i pugni. Dohor, maledetto bastardo! Avevi troppa paura di me per affrontarmi vero? Ti avrebbe ucciso l'Assassina, sì, così hai voluto architettare il gran piano. Tu saresti tornato come un eroe, dicendo come avevo ingannato e poi ucciso Learco, e ti saresti sbarazzato di due incomodi: tuo figlio, il principe che mai sarebbe diventato re, e la sua puttana, vero? Peccato che ti sia andata male. Ah, amore mio... “Cosa ti hanno fatto?”, sussurrò, in lacrime. E subito dopo: “Cos'ho fatto?”
Lui le sorrise debolmente. “Mi... dispiace... Dubhe. Sono... sono stato... uno sciocco...”
Non parlare! Tu porto fuori di qui, ti farò curare.”
No, non un'altra volta, non come il Maestro, non posso averlo ucciso io!
Learco rise debolmente, e del sangue gli spruzzò dalla bocca, segno che la freccia aveva leso i polmoni e il liquido li stava invadendo. “Mi ha... fregato... come uno stupido... Era il suo piano... tu.... mi avresti... ucciso... e poi.... lui... avrebbe... ucciso te...”
Ti prego, è morto. Ho sbagliato tutto, sono una stupida!” Ormai Dubhe piangeva. “Non piangere... non mi piace vederti così...”
Le scoprì l'avambraccio. “Vedo... che sei libera... ora...”
Si fermò, e la ragazza pensò che fosse morto. Poi le parlò di nuovo. “Mi... abbracci?”
Lei singhiozzò, fece un cenno convulso di sì, e lo sollevò delicatamente. Lo strinse a sé, e quasi inconsciamente cercò le sue labbra. Il sapore del suo sangue le scese in gola, ma Dubhe non si staccò. Rimasero lì, abbracciati, fermi in quell'ultimo bacio che doveva durare in eterno e invece finì anche troppo presto. Learco smise di respirare.
La ragazza si alzò, respirando affannosamente, asciugandosi gli occhi con furia.
Questa non è la mia vita, e questa non sono io.
Per un attimo pregò di non essersi salvata, pregò che la maledizione uscisse, che la portasse a sbranarli tutti, a sgozzarli, a lacerare i loro corpi. Pregò che la portasse a saziarsi di carne per la sua fame, sangue per la sua sete. Pregò che alla fine uccidesse anche lei, perchè che motivo aveva di vivere, quando l'unica persona che amava era morta uccisa proprio dalle sue mani? Se le guardò vedendole sporche di sangue, e le odiò. Ma non c'era nessun sigillo sul suo braccio, e nessuno ruggì dentro al suo cuore.
C'erano altri modi.
Appiccò il fuoco. Avrebbero dormito, sarebbero passati dal sonno alla morte senza accorgersene, ma i mezzi non le importavano. Avrebbe voluto sofferenza, darne e subirne, avrebbe voluto ferire, uccidere, e nel contempo gioire nel sentire delle lame straziarle la carne. Voleva veder consumato quel luogo, e tutte quelle persone, voleva vederle sparire.
Ma non ci riesco.
Sono una debole.
Mentre le fiamme salivano, alzò gli occhi al cielo, sperando di trovarvi consolazione. Ma ancora una volta, gli dei furono muti.

 Caricò il corpo di Learco sul cavallo, e si mise a correre. Corse fino a sfinire la bestia, a farla cadere per terra schiumante, poi ne rubò un'altra e andò avanti. Giunse una mattina davanti al palazzo di Laodamea.
Non aveva né mangiato, né dormito da quando il principe che mai sarebbe stato re era morto.
Aveva la vista annebbiata, non capiva più niente.
Vide solo Theana correre davanti a lei, cercare di sorreggerla.
Poi crollò.

 Passò una settimana in stato di totale confusione. Non ricordava chi era, se buona, o malvagia, se una ladra, o un'Assassina, e neanche le importava. Mangiava e beveva meccanicamente ciò che le veniva messo davanti, ma non avrebbe mai cercato nutrimento da sola. Era, e basta. Si lasciava portare dalla corrente, come aveva fatto per gran parte della vita. Tutti le dicevano che era un'eroina ma che le importava? Ogni notte, rivedeva il volto di Learco macchiato di sangue. Tutto questo, finchè non giunse il settimo giorno...

 Camminava per le vie di una città bianca, dove si affaccendavano persone intente a compiere i loro lavori quotidiani. Avevano qualcosa di strano che non riusciva però ad identificare. Lei passava attraverso i muri, scivolava fra le statue, e le occhiate la trapassavano. Era come uno spettro.
All'improvviso il cielo si fece scuro, scoppiò una terribile tempesta e la città si coprì delle urla dei suoi abitanti, mentre venivano trucidati uno ad uno. La ladra li osservò con distacco. Era un altro massacro che era venuta a sognare?
Una voce la chiamò, e, non seppe bene come, capì che le sue parole, parole tranquille, che contrastavano con l'ambiente circostante, erano rivolte a lei. “Vedi, Dubhe, questa è la verità. Tu hai ragione. Questo mondo non conosce che sangue, sangue e altro sangue, non ci sarà mai la pace che vorresti. So quello che stai per fare. Mi dispiace per te. Avresti avuto diritto ad un maggior riguardo, tu, che hai già visto la sorte portarti via tutto.”
Una figura venne verso di lei, le sorrise: “Vieni da me, Dubhe, ti stavo aspettando.”
La ragazza non si fidò, e rimase guardinga: “Chi sei?”
La creatura era molto piccola, un uomo a metà. Uno gnomo forse? No.
Le proporzioni erano diverse, sembrava piuttosto un bambino.
Le sorrise. Vide la sua bocca delicata da sotto il mantello, la vide dischiudersi in un sorriso talmente sincero che sarebbe stata disposta ad accettare qualunque cosa da lui. Ma gli occhi e .a parte superiore del volto le rimasero celati. La ladra si guardò intorno, e vide che ora erano in un prato pieno di fiori.
Sappi che non ti sto prendendo in giro, davvero mi dispiace, e...”
Si fermò, prendendosi la testa fra le mani: “No, è troppo tardi.”
Troppo tardi per cosa?”
Il bambino era triste. “Mi dispiace, Dubhe.”
So che dovresti, essere tu quella che soffre, ma mentre lo fai, non posso impedirmi di soffrire anch'io. È questa la strada che hai percorso, è la stessa che scelsi io, a mio tempo...”
Chi sei?”
Davvero non lo indovini, Dubhe?”
Lei si inginocchiò per portarsi alla sua altezza, e allungò una mano.
No! Non scoprirmi il viso!”
Lei rimase sorpresa dalla reazione. “Tranquillo... volevo solo accarezzarti...”
Ah... ok...”
Il bambino le lasciò allungare la mano, e lei fece di più che accarezzarlo: se lo strinse addosso.
Quel gesto le infuse una sicurezza inspiegabile, e si sentì stranamente sicura, stretta a quel personaggio che non conosceva neppure, a quel bambino che parlava come un adulto.
Quando si staccò, il piccolo le disse: “Grazie. Sei la prima persona che mi rivolge un gesto gentile, da... tanto, troppo tempo.”
Il bambino le sorrise ancora. Era tutto così perfetto, realistico, che la ragazza si sentì obbligata a chiedere: “Questo... questo è solo un sogno, vero?”
La risposta fu un ennesimo sorriso, e una frase sibillina: “Forse. Ma cos'è la vita, se non un sogno* Chiudi gli occhi, Dubhe della Terra del Sole.”
Lei ubbidì, e sentì le labbra del piccolo baciarle la fronte.

 La mattina dopo, la ragazza si ridestò senza ricordare nulla di ciò che aveva sognato. Eppure, dopo tanto tempo, si risvegliò da sola, e sentì il sole accarezzarle la pelle, sentì la sua mano protestare per come l'aveva tenuta durante la notte, e sentì la voglia di vivere rinascere in lei.

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* Lewis Carrol, Alice attraverso lo specchio


 

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Capitolo 11
*** Epilogo: DAL DIARIO PRIVATO DELLA MAGA THEANA ***


 

Epilogo: DAL DIARIO PRIVATO DELLA MAGA THEANA

 Dubhe è tornata. Ha portato a termine il suo compito. Quando è arrivata, era debolissima, tremava per la febbre e il freddo. I suoi occhi erano accesi da una luce di follia ed era madida di sudore. L'ho portata dentro, l'ho scaldata, l'ho guarita. Il sigillo sul suo braccio è sparito. In tutti questi giorni si è svegliata una volta sola. Ha mormorato “Learco è morto”, ed è risprofondata nel sonno. Non che non ce ne fossimo accorti: ci sono volute due persone a staccarla dal corpo del principe. È stato cremato con gli onori dei Cavalieri, e Ido ha fatto un discorso molto commuovente. Il suo drago non si da pace da allora. Nella confusione che è seguita la morte di Dohor, Sennar e Lonerin, assieme ad una scorta armata, sono penetrati nella casa e hanno liberato Aster, disinfestando il luogo dalla Gilda... I risultati... sono stati quelli che sono stati. Sennar dice che forse era destino.
Per sette giorni, non è stata altro che l'ombra della ragazza forte che ha viaggiato con me nella Terra del Sole. Il settimo giorno, è successo qualcosa. Quando Dubhe s'è svegliata, mi è sembrata normale. Era sconvolta, ma normale. Sono sorpresa, temevo che quest'ultimo, definitivo scherzo del destino avrebbe abbattuto le barriere della sua mente, già provate. Invece lei è stata più forte. Quella settimana deve averle dato il tempo di pensare, perchè è stata tranquillissima per tutto il tempo. L'unica reazione l'ha avuta quando il re della Terra del Mare ha proposto di edificare una serie di statue a lei dedicate. Prima che qualcuno potesse anche solo prevederlo, per non parlare di fermarla, gli ha poggiato la lama sulla gola, chiedendogli tranquillamente avesse mai provato ad essere accoltellato. Poi l'ha rimesso via e se n'è andata.
Appena è stata in grado di viaggiare, ha chiesto un cavallo e se n'è andata. Poi mi ha scritto come raggiungerla. Siamo andati in quattro: io, Lonerin, Ido e Sennar. Mi fa ancora impressione scrivere questo nome che appartiene alle leggende. Comunque siamo arrivati nella Terra del Mare, ad una casetta posta su una spiaggia. Un'abitazione come tante. Me ne ha parlato solo di sfuggita, ma da quel che ha detto Lonerin e che abbiamo ricostruito insieme, era la casa dove viveva con il suo Maestro.
Strano come a volte le cose girino in cerchio.
Abbiamo bussato, e lei ci ha mostrato la prima traccia di calore da quando Learco è morto. Prima, infatti, riacquistata la normalità, era un pezzo di ghiaccio per tutti, persino con me o Lonerin. Invece 'nel suo territorio' ci ha salutati con slancio, e ci ha invitati ad entrare. Le abbiamo offerto cariche, persino quella di regina della Terra del Sole, in memoria del principe, ma, com'era prevedibile, ha rifiutato tutto. Poi Ido, a sorpresa di tutti, le ha consegnato la spada di Nihal, quella di cristallo nero. Lei all'inizio era titubante, ma poi sia lui, sia Sennar l'hanno costretta ad accettare.
Non so se mai la userà, ma ora è sua.
Ora sono al palazzo. Chi-sapete-voi continua a chiedermi dove viva Dubhe. Alla fine gliel'ho detto, con il comando di non rivelare la fonte neanche sotto tortura.
Come se io fossi in grado di imporgli qualcosa.
Adesso dev'essere andato a cercarla, chissà perchè, poi.
Vabbè, è tardi. Era un po' che non aggiornavo, e questo mi ha aiutata a mettere in ordine le mie idee.
È stata una lunga giornata.
Thenaar protegga Lonerin, maestro Folwar, Ido, Sennar... e soprattutto aiuti Dubhe.
Buonanotte.

 Theana della Terra dell'Acqua

 

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Ragazzi e ragazze, a quanto pare la prima parte di questa fiction è finita. Ringrazio di cuore tutti coloro che mi hanno seguito, e ne approfitto per dedicare questo antefatto alla mia amica Valentina, che sta attraversando un momento un po' difficile. Coraggio!

Non preoccupatevi, è ovvio che la storia non è finita.

La strada di Dubhe prosegue dunque con Leggende del Mondo Emerso - L'Assassina e il Tiranno

Ciao a tutti!!!

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