Catching the unknown

di AC_Vicolo
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La più grande botta di culo della mia vita ***
Capitolo 2: *** Destino? Forse ***
Capitolo 3: *** Partenza! ***
Capitolo 4: *** Hetarià! ***
Capitolo 5: *** Puzzle ***



Capitolo 1
*** La più grande botta di culo della mia vita ***


Image and video hosting by TinyPic Catching the unknown, capitolo 1: La più grande botta di culo della mia vita.

Adoro far rosicare il mio capo. Sì, lavoro in un ristorante cinese a New York. In un certo senso il mio mestiere mi piace… soprattutto, mi piace far rosicare quella gnoccona del mio capo.
- Alex! Fuori di qui! – urla contro di me trascinandomi fuori per il cozzetto.
- Non fare così, posso spiegarti….
- Fottiti! Non ti voglio più vedere qua! Fuori dai maroni per sempre!
Mi butta fuori dalla porta e vado a finire in una pozzanghera. Un po’ per lei mi dispiace, ma qualcuno dovrebbe spiegarle che se continua a vestirsi come una escort non può sperare in una situazione seria…. Poi niente, mi presento a casa sua con un bel mazzo di rose e la mattina dopo mi porta a lavoro con lei. Peccato… anzi, no.
Mi alzo e mi avvio verso casa. Non mi importa se piove, mi piace camminare a quest’ora. Sono le tre del pomeriggio, non c’è traffico e non rischio di essere ridotto ad uno scolapasta a furia di pallottole. E poi la sensazione di pioggia sulla pelle mi piace: mi sembra che mi lavi via tutto lo sporco che ho dentro.
Arrivo a casa e saluto la portinaia: - Salve signorINA Smithers.
Lei cerca di distogliere lo sguardo; col fisico che ho ci gode a vedermi bagnato. Poi realizza come l’ho chiamata e si incazza, si incazza sempre quando lo faccio. – Ringrazia che oggi sono di buon umore.
Mi mette in mano una lettera. Sgrano gli occhi quando leggo le informazioni sul mittente: Antonia Leonardi, Roma, ITALIA.
- Deve esserci un errore… non posso essere io l’Alex Pettyfer a cui è indirizzata la lettera…
- Sbaglio o sei tu l’unico Pettyfer a vivere qui? Vattene a casa, che hai già bagnato tutto. Quando la smetterai di tornare fradicio?
- Quando a lei non piacerà più seriamente.
- Vattene dai coglioni immediatamente!
Cazzo, ha preso la scopa! Salgo le scale di corsa ed entro in casa. Mi ricordo della busta e, con precisione chirurgica, la apro.
“Caro Alex,
tu non mi conosci, per cui è giusto che mi presenti. Il mio nome è Antonia e sono la sorellastra di tua madre. So che non ne sapevi niente, ma non posso spiegarti tutto adesso.
Se hai ricevuto questa lettera, si vede che io sono già morta. Non farti troppe domande, non serve. Ho deciso di lasciare a te tutti i miei averi. C’è una condizione, però: dovrai fare arrestare una persona. Nemmeno io ne conosco l’indentità, ma devi farlo prima che tutto si complichi. Ti invito a venire nella mia villa sul lago di Garda, in Italia. Lì ti aspetterà qualcuno che ti darà tutte le informazioni che ti servono. Nella busta troverai un assegno, il necessario per campare un paio d’anni e un biglietto aereo per qui. Ti prego, fai ciò che ti ho chiesto.
Con tanto affetto,
Zia Antonia”
Mi sdraio sulla poltrona, prima di concedermi una risata isterica. Sì, la più gigantesca botta di culo della mia vita.
 
 

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Capitolo 2
*** Destino? Forse ***


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Catching the unknown, capitolo 3: Destino? Forse
 

- Allora, Alex, perché ti trovi qui? –

Inizio a vantarmi da subito? Si.

- Sai, una parente che non conoscevo mi ha lasciato la sua villa sul Garda e mi sto trasferendo lì.

- Ah, molto bello il Garda… che coincidenza! Sono diretto da quelle parti anche io.

Nel destino non ci ho mai creduto. Ho sempre pensato di potermelo scrivere da solo, il mio avvenire. Stavolta, però, devo ammettere che quel sadico bastardo che sta sopra di noi mi ha sorpreso. Ritrovarmi accanto ad un tizio non irritante e diretto dove devo andare io non me lo sarei mai aspettato.

- Ti regoli con la rete di trasporti a Roma? – mi chiede lui.

- Aspetta… chi ha mai parlato di Roma?

Lui si mette a ridere.

- Allora non sei affatto il tizio vacanziero e pieno di soldi che mi sei sembrato. Guarda un po’, sei così eccitato di andare in Italia che nemmeno ti sei ricordato di leggere la destinazione.

Sgrano gli occhi. Adesso come cazzo faccio?

Lui deve aver capito il mio stato d’animo e si fa serio.

- Mi sei simpatico. Che ne dici di venire a casa mia finche non parto per il Garda?

Il mio primo istinto è di rispondere di “si”, ma mi ricordo della zia. Sicuramente avrà già pensato a tutto.

- Mi sono ricordato che ho il viaggio tutto organizzato, troverò qualcuno che verrà a prendermi. Comunque grazie.

- Ma figurati.

Passiamo le seguenti cinque ore a parlare. Mi racconta che è nato in Calabria, ma che si è dovuto trasferire prima a Roma e poi negli Stati Uniti. Dice di stare abbastanza bene economicamente, me so che sta dicendo una grandissima puttanata perché è vestito peggio di me quando vado al lavoro.

Il mio lavoro… chi sa che starà facendo il mio capo adesso. Ho controllato il telefono prima di partire: otto chiamate senza risposta da parte sua. Ne troverà un altro. Non posso essere io l’unico mezzo gigolò del Bronx.

Dopo sei ore che parliamo, lui si addormenta. Ha un bel profilo, lo ammetto. Quasi bello quanto il mio.

Se credo nel destino adesso? Forse.



 

ANGOLO DI ENNIE
 

Lo so che i capitoli sono corti corti, ma secondo me è meglio così… almeno non sono pesanti. Se vi aspettate l’incontro con una ragazza, tranquilli. Presto ne verrà fuori una, non è mica uno yaoi ù.ù

Comunque lasciatemi una recensione, un bacio!

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Capitolo 3
*** Partenza! ***


Image and video hosting by TinyPic Catching the unknown, capitolo 2: Partenza!
 
E’ passato un giorno da quando ho ricevuto la lettera e già sto facendo i bagagli. Non mi sembra vero: l’Italia. Basta con questa vita di merda, parto, volo via. Mi viene quasi da piangere. Alle persone normali una città come New York mancherebbe, a me neanche un po’. Non ho amici, chi dovrei rimpiangere? Lolo, il mio capo? Noh… non mi è mai piaciuta seriamente… Leah? Bhe… forse un pochino. Ho deciso di buttar via la pistola, adesso e per sempre. E niente più fumo, nossignore! Dai cazzo, sono un borghesuolo italiano adesso! Mi lascio cadere sulla poltrona per l’ultima volta. Forse sarà lei quella che rimpiangerò di più.
Scendo di corsa le scale e Leah è sorpresa di vedermi in ghingeri alle otto del mattino.
- Alex, dove vai con quella valigia?
La saluto, dai. Non deve essere poi così vecchia e poi sono troppo felice.
- Me ne vado per sempre, in Italia!
- Ma non dire cazz…
Non finisce la frase perché le scocco un rapido e casto bacio sulla bocca. Lo so che lo aspettava da tempo. Le sorrido ed esco, mentre lei mi fissa rossa ed imbambolata.
La via di casa mia sembra più felice stamattina, come se fosse contenta di salutarmi per sempre. Bhe, la cosa è reciproca.
Faccio un saltello prima di entrare in banca a cambiare l’assegno. Vicino a me ci sono altri turisti e mi sorprendo vedendo quanto sono grandi le loro valige rispetto alla mia; in confronto è una ventiquattrore. Solo un tizio ne ha una simile alla mia, infatti mi colpisce molto.
Si gira e mi lancia un’occhiata di ammonimento, come per dire “non fissarmi più perchè sono abbastanza incazzato di mio”. Già, le figura di merda continuano ad esistere imperterrite anche da borghesuolo. Però me ne fotto e continuo a guardarlo: è di bell’aspetto, ma deve essere combinato peggio di me fino a ieri. La camicia che porta è macchiata e troppo grande, come i pantaloni.
Cambio l’assegno e corro in aeroporto. Dopo l’infinito check-in finalmente mi vado a sedere. New York mi sembra così lontana adesso… ok, sembro sempre di più una ragazzina dalle larghe vedute.
Immaginatevi la mia sorpresa quando vedo il tizio della banca seduto nel sedile accanto al mio. Continuo a guardare in basso perché sono imbarazzato, ma la situazione spiacevole non dura molto. Infatti, si trasforma in una ancora più spiacevole quando iniziamo a salire e vomito nella bustina del sedile. Quando allo sguardo mi immagino di non vederlo più, invece è ancora là che sorride divertito. Mi porge la mano.
- Piacere, Daniel.
- Piacere, Alex.

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Capitolo 4
*** Hetarià! ***


Image and video hosting by TinyPic Catching the unknown, capitolo 4: Hetarià!
Arriviamo in aereoporto verso le tre di notte, secondo il fuso orario italiano. Da quando abbiamo raggiunto la frontiera, io e Daniel non abbiamo più parlato. Siamo rimasti rapiti dal panorama. Una delle esperienze più belle della mia vita, davvero.
Durante le lunghissime nove ore di volo mi ha raccontato un pò di lui; è nato in Italia, poi la madre è partita per gli Stati Uniti per amore del padre. Poco fa sono morti entrambi in un incidente stradale e ora sta tornando nel suo paese per stare da un suo amico d'infanzia. Sfortunato quanto me, direi.
Siamo molto simili nei modi, siamo diretti e un pò rozzi. Direi che l'unica differenza è stato il nostro tenore di vita dopo la morte delle nostre famiglie: lui sta tornando a casa, io ho tirato avanti a furia di spaccio e spari. Mi sento male solo a pensarci.
A proposito di sentirsi male, adesso ci aspetta l'atterraggio. Come da copione, rigurgito pranzo e cena mentre quel figlio di mignotta ride.
Gli chiedo il suo numero, ma lui risponde con uno sguardo sgomento, come se l'avessi preso di sorpresa.
- Ehm... scusa... ehm, non ho il telefono, mi dispiace!
L'ho urtato. Sì, anche lui ha qualcosa di molto importante da fare qui. Alla faccia dell'amico d'infanzia, questo non vuole essere rintracciato. Come ne sono sicuro? Quando si è alzato per andare al cesso aveva qualcosa nella tasca dei pantaloni e il portafogli l'aveva lasciato qui.
Arriva l'ora di scendere e decido di sguirlo per scoprire dove deve andare. Come mi aspettavo, mi stinge la mano quando dobbiamo ancora scendere, dicendomi che ha fretta e deve correre via.
Purtroppo, il metal-detector mi ha fregato. L'allarme suona e i fanno togliere i pantaloni. Bene, devo stare in mutande davanti agli italiani e dietro ho una quattordicenne arrapata che mi fissa il culo.
Prendo la valigia e corro fuori, ma di lui non c'è traccia. Merda!
Mi ricordo di ciò che devo fare e mi metto a cercare chi mi è vanuto a prendere. Dopo mezz'ora che giro per l'aereoporto non ho ancora trovato nessuno. Mi siedo al tavolino di un bar con la testa tra le mani.
Mentre mi do del pirla, sento il tocco di una mano sulla spalla. Mi giro e rimango senza fiato.
A toccarmi la spalla è stata una ragazza, non deve avere più di diciassette anni. Non ho mai visto nulla del genere, davvero. I suoi lineamenti marcati e i suoi occhi azzurri mi ipnotizzano, i suoi lunghi capelli castani sembrano seta. Ha la faccia tirata e il fiatone.
- Senta, sa se è atterrato il volo 33?
Il mio volo! Cerco di riprendermi e rispondere nel modo più sexy possibile.
- Si, è atterrato mezz'ora fa. Desidera qualcuno?
Lei sbatte il pugno sul tavolo e scoppia in un piantino isterico. Minchia, se è emotiva!
- Noo!! Adesso come devo fare?! Come?!
- Mi dica come posso aiutarla...
- Ormai non so cosa fare...
- La prego!
Devo averlo detto con foga, perchè ha smesso di piangere e mi guarda un pò stranita. Si rende conto del mio imbrazzo e sorride. Quanto è bella con quelle fossette.
- Tanto vale... Sto cercando un certo Alex, Alex Pettyfer. Sua zia mi ha mandata a prenderlo, ma mi hanno detto che i passeggeri sono già usciti tutti...
- ALEX PETTYFER SONO IO!!
Mi salta al collo, - ALEEEEXXXX!!!! Ti ho trovato, non ci credo!! Sono io quella che tua zia ha mandato per portarti casa. Che maleducata! Ti devo fare le condoglianze!
Le poggio delicatamente le mani sulla schiena, è proprio minuta... ho paura di romperla. Si stacca e mi sorride.
- Grazie, ma credo di essere io a doverle fare a te... sembra che la conoscessi bene.
Diventa di colpo triste e dice: - Sì, è come se mi avesse allevata. Ha accolto me e mia madre in casa sua quando avevo due anni. Era una persona bellissima, non doveva morire.
- Capisco... senti, come sei arrivata fin qui?
- Con l'auto che mi ha lasciato Antonia.
Guida? Ma quanti anni ha?!
- Credo sia meglio se guidi io, mi sembri stanca. Non mi hai detto il tuo nome.
- Lidja.
Musica. Musica, come il suo volto.
Avevo ragione, che crollava dal sonno. Appena entriamo nel suv, infatti, si addormenta. Sarà anche maggiorenne, ma per il resto non è nient'altro che una bambina. Fortunatamente c'è il navigatore.
Ci vuole un pò prima che l'insopportabile voce registrata mi ordini di girare e addentrarmi in un viottolo scosceso e poco illuminato. Ormai stavo cominciando a chiedermi se sarei mai andato a dormire stanotte.
Mammano che mi addentro tra gli alberi il vicolo si fa sempre più illuminato. Le meraviglie oggi non sembrano finire mai.
Davanti a me si para lo spettacolo di una gigantesca villa ottocentesca sul cucuzzolo di un colle che da su un bellissimo lago. Possibile che ero così rincoglionito da non accorgermi di un lago? Capisco una casa, ma un lago?
Continuo per il bellissimo viale alberato che porta all'immenso garage. Parcheggio e prendo Lidja in braccio. Proprio mentre realizzo che non ho come aprire la porta, mi accorgo di una luce che permea da un piccolo finestrella. Busso alla porta e viene ad aprire una signora molto somigliante a lei; la madre. All'inizio è un pò scandalizzata nel vedere che ho in braccio sua figlia, poi le dico che sono e tenta di saltarmi addosso anche lei.
- ALEEXX!! C'E' ALEEEXXX!
Tante voci sentono dall'interno: -Alex?
- Alex è arrivato?!
- Alex!
- Finalmente è arrivato...
- Era ora che arrivasse Alex.
Mi faccio spiegare dov'è che devo portare Lidja e la madre mi dice di salire al primo piano. Questa villa è un sogno, c'è l'ascensore! Predo la prima porta a destra e la metto delicatamente sul suo letto. Apro l'armadio, prendo una coperta e gliela metto addosso.
Scendo per dare la buonanotte e per farmi indicare dov'è che devo dormire io. Adesso insieme alle signora di prima c'è una decina di persone. Tutti mi baciano sulle guance e la cuoca, una signora dall'aspetto amabile e ben messa, si offre di accompagnarmi nella mia camera. Saliamo fino all'ultimo piano e mi apre la porta. Mia zia mi tratta veramente bene: la mia camera è la più bella che io abbia mai visto! La vista sul lago e dintorni è da mozzare il fiato. Se solo sapessi di che lago si tratta...
Il tempo di mettere a posto i miei modestissimi vestiti e mi butto sul letto. Credo che sia la prima notte in cui mi addormento tranquillo.

ANGOLO DI ENNIE
Sono molto felice di postare dopo ben due settimane, anche se il capitolo no è molto lungo...
Volevo solamente mettere la lista degli attori che ho scelto per interpretare i personaggi più importanti che abbiamo incontrato fino ad ora:
ALEX: Alex Pettyfer
DANIEL: Andrew Garfield
LIDJA: Claire Danes ( com'era nel film Romeo+Juliet )
ANTONIA: Kate Winslet
Per quanto riguarda il titolo, è l'esclamazione che fanno ogni tanto i vari chibi nell'anime Axis Power Hetalia... Mi piace troppo ♥
Per ora è tutto, alla prossima ^-^

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Capitolo 5
*** Puzzle ***


Catching the unknown, capitolo 5: Puzzle

Dormo per quattro ore scarse, infatti apro gli occhi verso le otto. Diciamo che non mi sono mai sentito così bene. La vista mi era già sembrata uno spettacolo ieri notte, ma adesso i miei occhi godono come non mai. I colori del primo mattino mi riscaldano il cuore e i riflesi sul lago hanno un colore mozzafiato. Mi sento uno stupido se penso che non so nemmeno di che lago si tratta. Faccio un respiro profondo e mi accorgo che una delle grandisime finestre della mia stanza, in realtà, è una porta. Esco e assaporo l'aria fresca. Vorrei rimanere qui per sempre, ma ho una voglia matta di esplorare ogni cosa della villa: voglio ctturarne ogni minimo dettaglio. E poi c'è Lidja. Chi sa se si è svegliata. Apro l'enorme armadio ligneo e mi accorgo che dentro, oltre ai miei vestiti, ce ne sono altri. Niente a che fare con il mio abbigliamento abitudinario, questi sono vestiti firmati! Che la zia fosse informata riguardo alla mia condizione economica? Probabile.
La mia camera è di lusso: Ci soo alcuni mobili antichi abbinati per colore e tipologia ad altri moderni. Il letto a baldacchino è l'elemento che si nota di più in assoluto. Ho una scrivania piena di fronzoli con un Mac di un metro quadrato e, accanto, c'è una porta. Deve essere il bagno. Le pareti bianche sul parquet scuro danno luminosità a tutto il resto. Poi c'è la vetrata con il balcone. Mi chiedo cosa avrei dato per una vista simile quando la mattina, appena sveglio, mi ritrovavo in un bidone della spazzatura.
Vado a farmi una doccia e, quando esco, mi metto addosso un'asciugamano. Mi guardo al grandissimo specchio e testo quanto sono bello facendo seimila espressioni diverse. Mi asciugo i capelli ed esco.
Sto per slacciarmi l'asciugamano, quando sento :- Buongiorno Alex!
- Oh Madonna Santa!
Seduta sul mio letto c'è Lidja che ride come una pazza. Non sarà che... No, per fortuna. Sono riuscito ad afferrare l'asciugmano in tempo. Ok, ride perchè sono in una psaudoposizione da pseudoattacco di pseudo karate o roba simile. Ametto che la situazione è divertente e rido anche io.
- Non si usa bussare, qui?
- Oh, non pensavo di darti fatidio.
- Ma figurati! Poco tempo fa avrei dato qualsiasi cosa per avere una ragazza carina come te seduta sul mio letto in una situazione simile...
Mi guarda stranita; evidentemente non ha capito. Dimenticavo, è una bambina cresciuta.
Ridacchio un pò, poi lei mi chiede se può scegliere lei cosa mi devo mettere. Annuisco, anche perchè c'è l'imbarazzo della scelta. Sceglie un completo degno di un turista tedesco ricco da fare schifo, anche se devo ammettere che mi piace.
- Ehm... adesso mi dovrei cambiare.
- Tranquillo, non mi vergogno.
Ehm... no. Ammetto che la cosa inizia un pò a starmi sui maroni. Ma perchè me la prendo? E' così tenera.
- Sì, però mi vergogno io!
- Non guardo!
Si butta sul letto con la faccia sul cuscino. Ho capito, mi devo cambire con lei in camera. Faccio tutto di fretta e, nell'infilarmi i pantaloncini, cado a terra.
- Alex! Che combini?!
Mi viene a soccorrere mentro sono in mutande con la faccia atterra. In questo momento poteva benissimo scoppiarmi qualche vena al cuore o nel cervello, avrei gradito.
- Certo, Al, a volte sei proprio un bambino!
Ah sì, certo.
Riesco a tirarmi su i pantaloni bofonchiando qualcosa come "Che figura", "Scusa" e "Perchè?!". Nonostante tutto, mi piace sempre di più. Forse perchè nella mia vita è ciò che è sempre mancato: una ragazza diversa dalle altre, la freschezza dell'infanzia, l'ingenuità.
Solo i corridoio del primo piano mi fanno girare la testa. Sono tutti uguali, con le pareti rosse e la moquette marrone.
- Ora ti porto in sala da pranzo dove ti aspetta Er Grego.
- ErGrego?
- Il vedovo di Antonia.
Cosa? La zia non l'aveva mica menzionato. C'è qualcosa di strano.
Arriviamo nell’infinita sala da pranzo, adesso aggiustata per la colazione. Seduto al tavolo principale, più grande rispetto a quelli dove i domestici mangiano, c’è un uomo. Slanciato e mingherlino, legge il giornale. Sebra autoritario da far paura. Quando mi vede, però, la sua espressione cambia.
- Alex!
- Salve,…
- Gregorio, molto piacere.
Ah, ecco perè Er Grego.
- Vi lascio soli. – dice Lida, per poi girarsi e andarsene.
Stringo la mano a quell’uomo dal volto rugoso e ci sediamo a mangiare.
- Gregorio, volevo farle le condoglianze per la morte di mia zia. So che eravate sposati, mi dispiace molto.
Guarda verso il basso e bofonchia un “Grazie”. E’ veramente dispiaciuto, non c’è che dire.
Oltre a questo, è una persona molto piacevole; mi dice, finalmente, il nome del lago e mi racconta qualche curiosità su di esso e sulla villa. E’ stata costruita nel 1850 dal bisnonno di Antonia e, da allora, è sempre stata proprietà della famiglia Leonardi, anche se adesso è intestata a lui.
Finiamo di mangiare e mi porta fuori dalla casa a vedere il giardino. E’ immenso. Scomposto in due parti, quella davanti alla villa che è principalmente occupata da un vialone a ciottoli ai cui lati si estendno due file di alberi di pesco dai bellissimi fiori rosa.
- Antonia se li è fatti mandare da un suo amico giapponese. Sai, amava la cultura nipponica.
Ok, la zia mi piace sempre di più. Serebbe stato bello poterla conoscere.
A destra del vialone c’è un gazebo con tavolino e sedie e un campo da cricket. A sinistra, invece c’è la piscina.
- Questa ho chiesto io ad Antonia di costruirla. L’ho fatta mettere qui proprio perchè ci si può fare il bagno con vista sul lago.
La parte di giardino dietro alla villa bianca è altrettando bella: c’è un piccolo parco giochi che la zia ha fatto montare per Lidja, quando era piccola. Il resto è occupato dal verde e da un bellissimo percorso termale.
La villa è un vero e proprio spettacolo architettonico, non c’è che dire. Con le sue immense vetrate ed il suo colore bianco spento si incastra perfettamente in questo piccolo angolo di paradiso.
- E’ un peccato che tu debba tornare negli Stati Uniti tra due giorni…
Cosa?! Ok, lui non sa niente di tutto quanto. O, peggio, sono vicino all’assassino di mia zia.
Mi inform ache dobbiamo salutarci oggi a pranzo perchè deve partire per Bruxelles dopo mangiato. La mattinata trascorre piacevole, tranne per quell’unico, lancinante ensiero che mi invade la mente. Continuare ad indagare o incastrarlo subito? Opto per la prima e fingo di essere interessato ai suoi discorsi sul paesaggio e cazzi vari.
La mattinata passa lentamente come il pranzo. Poi lui mi bacia sulle guance e mi augura tante belle cosa, di vederci presto, etc. Appena si scosta, sento il gel che ha nei capelli incrostarsi sulla mia guancia.
Aspetto che lasci la villa e corro a cercare Lidja. La madre, che, ho scoperto, si chiama Maria, mi dice che è andata fuori per un’escursione. Perdo le staffe e ed esplodo raccontandole tutto. Lei mi ascolta interessata e, ogni tanto, annuisce.
- Sta andando tutto secondo i piani, allora.
La guardo in faccia sgomento. Lei sorride.
- Hai ragione, Alex. Quell’uomo è colui che ha messo tua zia nelle condizion di scriverti quella lettera. E, tanto per tranquillizzarti, domani non te ne torni di filato nella tua pidocchiosa casa del Bronx, ma ti trasferirai in un’altra villa insieme a me, Lidja e Giuseppe, il giardiniere. Adesso, però, non pensarci. Vattene in giro a cercare mia figlia e andate a divertirvi.
Mi fa l’occhiolino. Ce abbia capito quello che provo? Bhe, è questo il compito delle madri. Forse il destino ha voluto mandarmi qui per trovare tutto ciò che mi è sempre mancato. E’ come se, a mano a mano che incontro nuovo persone, ognuna di esse prendesse il posto di un tassello mancante nel puzzle della mia vita. L’unico che mancia, adesso, è quello di mio fratello.
 
ANGOLO DI ENNIE
Si sta iniziando a capire qualcosa? Sì? Allora siete fuori strada.

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