Una luce e...

di Prue786
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 10 ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Salve a tutti

Salve a tutti! Sono Prue e questa è la prima volta che inserisco una FF… non nego di sentirmi un po’ un impiastro ma spero di riuscire a migliorare… Questa, a  dire la verità, non è una ff canonica ma non credo che in un’altra sezione sarebbe andata bene!

Solo una cosa, non sono molto pratica e non ho idea se i personaggi siano o no OOC.

Ci tengo a precisare che, nonostante li abbia presi, strapazzati e rimandati indietro, i personaggi di Captain Tsubasa non sono miei ma del grande Yoichi Takahashi !

Grazie in anticipo per l’attenzione!

Ciaociao

Una luce e…

 

E se ad un tratto qualcosa cambiasse?

E se il mondo in cui vi trovate non fosse più lo stesso?

E se l'unica cosa di cui foste sicuri fosse la vostra esistenza?

E se perfino la vostra identità fosse messa in discussione?

Se non riusciste più a distinguere il sogno dalla realtà?

Cosa accadrebbe se, quelli che fino a pochi istanti prima credevate dei fotogrammi, improvvisamente diventassero le uniche persone su cui poter contare?

Fantasia, immaginazione, direte!

Ma, se per qualche strana ragione tutto ciò non fosse altro che la realtà?

Una realtà nella quale l'unico modo per sopravvivere è quello di sottostare alle sue regole?

Potrebbe sembrare un gioco...già, un gioco in cui però a farvi male sarete voi...perchè siete voi i protagonisti e non potete far nulla per cambiare le cose!

Sarà solo e soltanto "lei" a decidere come e quando finire e voi non potrete fare niente per contrastarla... a meno che... che l'avventura abbia inizio!!!

 

(Ah... come ci starebbe bene adesso una di quelle belle musichette un po’ tenebrose...ehm...cosa dite? Ho rotto l'atmosfera? Ah, beh, scusate, non era mia intenzione! Ok, ok, me ne vado...ma che, io non vado da nessuna parte dal momento che sono io che scrivo!!! Semmai chiudo la parentesi e vado avanti!... era questo che intendevate? Ah, beh, allora chiedo perdono ed eseguo gli ordini!).

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


CAPITOLO 1

CAPITOLO 1

 

Una tranquilla giornata d'autunno; il vento che scuote le fronde degli alberi ormai ingiallite, il cielo coperto da nubi,le strade semideserte; nessun uccello si sente cinguettare, ormai sono tutti migrati nei paesi caldi e per le strade si incontra solo qualche passante infreddolito che si affretta a tornare a casa o qualche cane in cerca di un luogo riparato dove poter trascorrere la notte. In effetti sta iniziando a farsi buio e manca poco all'ora di cena.

Nella camera da letto vi è la radio accesa... un motivetto allegro, ricordo dell'estate ormai trascorsa; la scrivania è ingombrata da diversi libri scolastici sparsi a caso e da altrettanti quaderni. Il diario aperto, varie penne colorate tutt'intorno ed io... ed io intenta a scarabocchiarci sopra mentre canticchio il motivo trasmesso dalla radio. A dire la verità, più che cantare mi sto lamentando dal momento che non conosco le parole della canzone ma non me ne curo più di tanto(e poi non mi sta ascoltando nessuno!!!).
La mia opera d'arte sul diario scolastico è ormai completata quando... un qualcosa, non so bene come definirlo, è tipo un brusio, beh, si, diciamo così, un brusio mi arriva alle orecchie, è quasi come se mi stessero fischiando. Non gli do peso, concentrata come sono ma la cosa comincia a preoccuparmi quando vedo un chiarore che fuoriesce tutt'intorno alla penna che ho in mano. Istintivamente la lascio cadere allontanando la mano e tutto il busto dal tavolo. L'arnese smette di brillare ma ciò non mi fa per niente tranquillizzare, anzi, continuo a guardarlo stranita fin quando un avvenimento ancora più sbalorditivo distoglie la mia attenzione da esso. Le punte delle dita della mia mano destra cominciano ad illuminarsi e, più i secondi passano, più diventa color oro. Scuoto l'arto cercando, senza successo, di far smettere quello strano fenomeno mentre l'agitazione comincia a prendere il sopravvento. Per poco non inizio ad urlare quando entrambe le braccia brillano senza motivo... forse perchè, cercando una spiegazione razionale, ne deduco che sto sognando. Mi metto il cuore in pace ed aspetto l'evolversi degli eventi. Pian piano vengo completamente avvolta dalla strana luce che, dopo aver preso "possesso" della mia persona, si spande allo spazio circostante così che nel giro di un paio di secondi, non ho intorno a me altro che pura e semplice luce. Io stessa fluttuo in questa... cosa.... sostanza....presenza estranea senza però pormi troppe domande (tanto ormai sono sicura al 100% che mentre disegnavo mi è venuto un colpo di sonno e che quello che sta avvenendo è solo frutto del mio subconscio!). Non trascorrono due minuti che il chiarore comincia a diminuire ed ho come la sensazione di stare planando da qualche parte.

Brilla ancora tutto quando i miei piedi hanno la fortuna di toccare terra e, quando riesco a mettere fuoco la realtà circostante, devo dire la verità, rimango un po' delusa! Mi sarei immaginata di "atterrare" in un posto fantastico, pieno di cose o di esseri strani ed invece, mi ritrovo sugli spalti di un campo da calcio! Bah, è anche vero che non c'ero mai stata, però... Sospiro come per dire "Va beh,Plutone lo visiterò nel mio prossimo sogno!" e mi giro in cerca di un'uscita quando vedo, alla mia sinistra, una ragazza non del tutto sconosciuta. La guardo incuriosita: ha una fascia legata intorno alla fronte e, nelle mani,stringe l'asta di una bandiera che continua ad agitare mentre urla a squarciagola: "Forza ragazzi, mettetecela tutta!!!!"
A quelle parole sorrido con l'aria di chi la sa lunga e mi avvicino. Sembra non accorgersi della mia presenza e mi tocca poggiarle una mano sulla spalla per farla girare. La giovane si volta e mi guarda interrogativamente e riesco a leggerle in viso la muta domanda: "Che vuole questa?"
"Ehm, scusa, forse... anzi, ti sembrerò di sicuro una pazza ma... anche se questo è un sogno, avevo voglia di conoscerti!"
Lei mi rivolge un sorriso insicuro e poi, porgendomi la mano:"Piacere, mi chiamo Patricia Gatsby, per gli amici Patty!"
Le ricambio il sorriso e faccio, dopo essermi presentata: "Grazie per avermi dato retta anche se... già sapevo il tuo nome... non fa niente, non farci caso, hm, che bella questa partita, già, come se non sapessi come andrà a finire!"
Ridacchio guardando prima il campo da gioco e poi la mia interlocutrice che mi squadra con uno sguardo sospettoso. Sospiro e metto le mani sui fianchi guardandomi un po’ intorno...

"Però, che bello essere qui! Ora che posso, perchè non rendere più interessante e movimentato il sogno? Già, dopotutto è l'unico modo salutare per evadere come si deve dalla routine giornaliera! Allora, cosa potrei fare? Dunque, dunque...si! Perchè non spiattellare in faccia al "tipo" tutti i suoi comportamenti antipatici? Tanto che può succedere? A massimo mi può mollare un pugno in faccia, anche se non è nella sua indole, e farmi svegliare... si, ho deciso, adesso vado alla carica...!"

La mia "vicina" mi guarda come se fossi impazzita.

“Scusa, ma ti senti bene?"

La guardo divertita e ribatto: "Mai stata meglio!"

Mi allontano pensando al discorso da fare al ... "tipo" e sperando di non svegliarmi prima di averlo concluso ed aver visto la reazione del "bersaglio"!

Riesco facilmente a raggiungere il campo da gioco (... dopotutto è un sogno e, ancora più importante... è il mio!) e una volta che la mia vittima è vicina comincio ad urlare:

"Ehi, n°10! Ehi, puoi venire qui un momento, per favore?!"

Un ragazzo dai capelli corvini si volta e si avvicina alla linea di bordo campo domandandomi, con aria sorpresa: "Cos'è successo?"

"Ehm...niente! Ehm... volevo solo dirti che da quando i tuoi tre amici sono andati all'estero, tu sei diventato un antipatico di prima categoria!"

Lo guardo compiaciuta dal mio discorso breve ma conciso e resto in attesa di una qualche reazione pronta anche a svegliarmi da un momento all'altro (tanto ho compiuto la mia "missione").

Il giovane mi guarda incerto e fa: "Ehm... non so cosa risponderti... a-aspetta un attimo... fra cinque minuti finisce la partita...!"

Corre via riprendendo da dove aveva lasciato ed io rimango lì con un dubbio atroce: "Ha capito quello che ho detto?"

Ritorno indietro un po' confusa e mi siedo...

"Posso chiederti cos'hai chiesto ad Holly?"

Mi giro e guardo la ragazza.

"E... oh, niente di importante!"

Lei però insiste "E allora perchè l'hai chiamato nel bel mezzo della partita se... non era importante?" Scoppio a ridere e mi affretto a rispondere:

"Ok, ok, pace! So perfettamente dove vuoi arrivare! Non devi preoccuparti, non faccio parte di quella schiera di "ochette aspiranti fidanzate" del tuo...ehm... amico!"

Le faccio l'occhiolino mentre la giovane arrossisce vivamente cercando di discolparsi

"No! Io... io... non intendevo dire... oh, cavoli, è così evidente?"

"Hm...non saprei, io ne ero già al corrente quindi..."

"Lo...lo sapevi già? E, dimmi, chi te l'ha detto?"

Rimango un po' interdetta, non sapendo cosa rispondere.

"Ecco, a dire il vero io, cioè tu...cioè voi... beh, siete solo dei personaggi televisivi quindi è normale che io, spettatrice, sappia tutto della vostra vita!"

Patricia Gatsby mi fissa come se fossi un'aliena.

"Ma cosa vai farneticando? Questo è impossibile!"

"Senti, non farti troppi problemi. Questo non è che un sogno, è tutto frutto della mai fantasia e... uh, la partita è finita...e... stavo dicendo? Ah, si, questo è solo un sogno e, mi dispiace per te, ma sei solo un personaggio di un manga, trasformato poi in cartone animato o, se preferisci, in anime, che poi è la stessa cosa!"

La ragazza comincia ad innervosirsi e guardandomi dice, in tono di sfida:

"Ah, tu dici che questo è solo un sogno quindi, se io adesso ti mollo un calcio, tu non dovresti avvertire alcun dolore o, al massimo, dovresti svegliarti, vero?!"

Alzo le spalle e rispondo tranquilla: "Certo, si, proprio così!"

“Bene, allora..."

D'un tratto avverto un dolore lancinante alla gamba sinistra ma, stranamente, non mi ritrovo nella mia stanza. Al contrario, davanti a me vi è Patricia che se la ride soddisfatta.

"Ahi! Ma...com'è possibile? Io... non riesco a capire... è impossibile che sia accaduto tutto per davvero... o mamma! No, deve esserci un errore..."

Metto una mano sulla fronte mentre l'altra massaggia la gamba ancora dolorante

"Se non è un sogno... vuol dire che sono impazzita! Beh, a questo punto è l'unica spiegazione plausibile!"

"Ehi, amica, mi sembri in difficoltà!"

Impassibile, salto in piedi ed afferro la ragazza per un braccio trascinandola con me, mentre continuo a borbottare: No,è un sogno, è solo un sogno, io-io non so parlare il giapponese, non avrei potuto parlare con loro... ma cosa diavolo dico...? Loro sono solo dei disegni... dei disegni... dei disegni...!"

Continuo a dire cose del genere finché, arrivata vicino alla strada, fermo un taxi e salgo sopra con Patty che grida: "Ehi, dove accidenti mi stai portando?!??"

Ed io, più agitata che mai: "Non lo so!"

La giovane non si arrischia più a fare domande.

Sono fermamente decisa a dimostrare che quello è un sogno e, dopo essermi fatta portare all'aeroporto e non aver pagato il tassista che mi urla dietro non so cosa, decido di prendere il primo volo diretto in Europa!

"Hm... vediamo un po'... ah, ecco il tabellone delle partenze! Dunque, dunque, dunque... Tokyo, Tokyo, New York, ancora Tokyo, Mosca... no, non va bene!... Ecco, Berlino! Imbarco fra 15 minuti! Si, si può fare, tanto non dobbiamo fare il check-in, non abbiamo bagagli!"

Sorrido soddisfatta e mi avvicino allo sportello dove vengono venduti i biglietti.

"Mi scusi, avrei bisogno di un... anzi, di due biglietti per Berlino!"

La signora dietro alla scrivania mi guarda e prende a digitare dei tasti sul computer.

"Per Berlino... si, l'aereo parte fra poco meno di 15 minuti...due biglietti... sono 12.000 yen!" Inclino la testa da un lato e, infilando una mano in tasta penso:"Adesso, se questo non è un sogno, non dovrei avere nulla in tasca!"

La mia mano tocca qualcosa e ne estraggo delle banconote. Un ghigno compare sul mio volto e consegno il denaro alla donna che mi porge i due biglietti

"Bene, ed ora andiamo"  esclamo rivolta a Patty che mi guarda con aria confusa.

La ragazza non oppone resistenza quando la trascino con me nell’aereo e in men che non si dica, siamo in volo verso la capitale tedesca!

“Adesso sarai soddisfatta! Siamo su di un aereo e i miei non sanno che fine abbia fatto, farò prender loro un colpo!”

“Non ti preoccupare, non ti diranno niente e se lo fanno dirai che sei stata rapita da una pazza in vena di scherzi!”

Sorrido e guardo fuori dal finestrino.

“Ancora non mi hai detto da dove vieni!”

Cosa?”

La domanda arriva a sorpresa

“Oh, beh, abito in Italia, in un piccolo paesino di montagna!”

Guardo davanti a me e prendo a pensare al motivetto che stavo ascoltando prima di cadere addormentata... improvvisamente mi viene sonno. Trattengo a stento gli sbadigli…

“Accidenti, come può venirmi sonno se sto già dormendo?”

Scuoto la testa e prendo in mano un giornale posto sullo schienale del sedile davanti. Inizio a leggere ma gli occhi mi si chiudono da soli.

“Fra qualche istante atterreremo all’aeroporto di Tempelhof, preghiamo i signori passeggeri di portare il sedile in posizione eretta, e di allacciare le cinture di sicurezza, grazie!

Apro gli occhi e sollevo la testa guardandomi intorno.

“Cavoli, devo essermi addormentata sul serio! Non è possibile, mamma, però, che dormita!” Stiracchio le braccia e noto che il mio orologio segna le 8:07...

“Stupendo! Quindi, secondo il mio orologio, sarebbero le otto di mattina!”

“Già! Invece in Giappone sono le due di notte!”

La voce assonnata di Patty mi fa voltare; ha gli occhi gonfi e una gran brutta cera

“Cos’hai?” chiedo un po’ preoccupata

“Cos’ho? Tu hai dormito, io no!”

Sollevo le sopracciglia e mi preparo per scendere dal mezzo.

“Adesso che si fa?” domanda Gatsby con aria annoiata

“Allora, dunque... Benji è ad Amburgo, giusto?!! Quindi è lì che andremo!”

“Non ho ancora capito cos’hai intenzione di fare!E poi come conosci Benji?”

“Ma allora non hai ancora capito che non avete segreti per me?! Dopo lui, andremo a prendere anche Tom, in Francia!”

Sorrido e guardo il volto dell’altra farsi preoccupato

Cosa? Hai intenzione di andare anche in Francia? Ma per fare cosa?”

“Niente, voglio riportare entrambi in patria!”

E perché, di grazia?”

La giovane mette le mani sui fianchi e mi guarda con aria torva

“Così!”

Ok, io ci rinuncio! Tu sei pazza, completamente fusa! Ed io devo chiamare casa!”

“Non puoi farlo!”

Esclamo, guardandomi intorno alla ricerca di una cartina della Germania

“E  perché, me lo impedirai tu?”

“No, ma tu stessa hai detto che ora in Giappone è notte fonda! Non credo sia una buona idea!”

La ragazza non parla più. Sospiro e scuoto mestamente il capo

“Accidenti! Dobbiamo trovare un taxi, o non arriveremo mai ad Amburgo!”

“Ma tu hai idea di dove sia Amburgo?”

Chiede Patty con aria esasperata “Beh, si, più o meno… a dire il vero la geografia non è l mio forte… perché?”

La ragazza mi afferra un braccio

“Hai ancora del denaro dietro?”

La guardo un po’ stordita

“Beh, si, dovrebbe comparire, un attimo!”

Infilo una mano in tasca e ne estraggo diverse banconote

“Wow, è cambiata automaticamente la valuta!”

Ridacchio soddisfatta

Uff... ascolta, con un taxi non arriveremo mai, conviene prendere un altro volo!”

Annuisco e parto alla volta del tabellone delle partenze.

In poco più di un’ora siamo nel bel mezzo della città tedesca e con molta facilità raggiungiamo il campo dell’allenamento dell’omonima squadra di calcio.

Appena vado la sagoma del ragazzo che stiamo cercando parto in quarta, senza preoccuparmi del fatto che per lui sono una perfetta sconosciuta

Benjamin Price! Ehi, dico a te, vieni qui!”

Urlo mentre un ragazzo con un cappello rosso in testa e i capelli corvini, si volta con aria interrogativa. Vicino a lui vi è un altro giovane dalla chioma castana

“Accidenti, non ci posso credere! Ho preso due piccioni con una fava! Ehi, Patty, tranquilla, non dovremo andare in Francia! Tom Baker è qui!”

Ci vogliono molti minuti per riuscire a convincere i due calciatori a seguirci ma allo fine l’ha vinta la sottoscritta (poteva essere altrimenti???). Ci imbarchiamo nuovamente su di un aeroplano e, verso le 12, ora locale, giungiamo a Fijisawa.

E ora che siamo qui, che dobbiamo fare?” chiede con aria accigliata Benji.

“E io che ne so?! Andate a salutare i vostri vecchi compagni di squadra!”

Il trio mi guarda con aria assassina

“Ragazzi!!! Patty!!! Ma, che ci fate qui? Patty, tua madre era preoccupata, dove eri finita?”

La comparsa di Oliver Hutton cattura l’attenzione dei tre che vanno a salutare il giovane.

Non so perché, ma mi sento di troppo e, con passo felpato, mi allontano di qualche metro

“Ah!!! È stato proprio forte! Dovrei fare più spesso sogni così divertenti!”

Alzo la testa e guardo il cielo azzurrino, sospirando. Un debole bagliore comincia a vedersi tutt’intorno. Socchiudo gli occhi e mi sento improvvisamente leggera.

Quando mi guardo nuovamente intorno, vedo la mia scrivania, ancora  piena di libri, e capisco di essermi svegliata.

Però, un po’ mi dispiace!” sussurro a mezza voce.

Non ho neppure finito di pronunciare la farse che, un improvviso bagliore riempie la camera “Adesso che cavolo succede!” esclamo alzandomi di colpo dalla sedia e voltandomi verso il letto.

Strabuzzo gli occhi, vedendo quattro persone che mi guardano con aria ancora più confusa.

 

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


CAPITOLO 2

CAPITOLO 2

Che-che ci fate voi qui? Il sogno è finito, mi sono svegliata!”

Continuo a fissare davanti a me senza riuscire neanche più a pensare

“Non ci credo! Questo è un incubo!” esclama Patty stringendosi la testa fra le mani

“Ehi, ed io cosa dovrei dire? Mi apparite all’improvviso in camera senza un perché! E se entra mia madre?”

“Le dici che è colpa di una pazza se siamo qui!”

Aggrotto le sopracciglia all’evidente presa in giro ma non faccio in tempo a rispondere perchè mi sento chiamare da mio padre. Avverto i suoi passi; sta salendo!

Guardo i quattro in preda al panico

“Sul balcone, presto!”

Faccio appena in tempo a scaraventarli fuori che la porta si apre. Giro le spalle alla finestra chiusa sorridendo come un’ebete e domando:

Cosa c’è?”

Mio padre mi fissa per qualche secondo

“Ti ho portato il libro di fisica!”

“Ah, bene, grazie!”

Continuo a sorridere finché non esce.

Sento i suoi passi sulle scale e tiro un sospiro di sollievo

“Accidenti, alla faccia del sogno! Ora sta diventando stressante!... ok, potete rientrare!”

I quattro tornano in camera…

Cosa significa questa faccenda?”

Chiede bruscamente Benji con aria poco amichevole

“Senti,non usare quel tono con me, ok? Non so cosa stai succedendo! All’inizio ero convinta che fosse un sogno, ma ora è tutto troppo reale!”

“Veramente il tutto era molto reale anche quando ti ho mollato il calcio!”  esclama Patty

“Va bene, come vuoi, mi sono sbagliata, ma ho tutte le scusanti di questo mondo!”

“Ehi, ma tu sei la ragazza che mi ha fermato durante la partita!”

Fisso Holly come se venisse da un altro pianeta

“Ah! Giusto, tu ancora non mi conosci!” Porto una mano sulla fronte e sospiro

“Comincio a non capirci più nulla!”

“Mi fa piacere! Io non ho capito nulla dall’inizio!” esclama Price

Benji ha ragione, cos’è tutta questa storia? Come abbiamo fatto ad arrivare a casa tua?” domanda subito Baker

“Se sapessi la risposta l’avrei già resa pubblica! Sta di fatto che questo non mi sembra più un sogno ma ciò non toglie che voi non siete reali, quindi, o questo è un incubo troppo realistico, o sono uscita completamente fuori ed ho le visioni!”

“Io opto per la seconda!” esclama Patty

“Come sarebbe a dire che non siamo reali?” chiede Tom confuso.

Sospiro afflitta

“Vi conviene sedervi... a terra! Però, prima, promettetemi che non alzerete la voce più del dovuto o i miei arriveranno in un lampo! Dunque, voi siete delle immagini animate, meglio definite con il nome di cartoons, anime, cartoni animati, insomma!”

Ma cosa stai dicendo?”

Holly inclina la testa molto ma molto scettico

Di nuovo questa storia, inventane una più credibile!”

Sbuffo innervosita

“Ascoltate, che mi crediate o no, voi siete il frutto della mente di un signore chiamato Yoichi Takahashi che fa il mangaka di professione! Il suo manga è stato trasformato, successivamente in un anime!”

I quattro si guardano fra loro ma nessuno riesce a dire nulla perché qualcuno, dal piano di sotto urla “A tavola!!!”

“Oh, no! La cena è pronta! Ed ora che faccio?” mi chiedo mordendomi il labbro inferiore

“Non posso lasciarvi qui!”

E perché? Non siamo bambini! Puoi tranquillamente scendere, tanto non possiamo andare da nessuna parte!”

Patty fa spallucce ed io annuisco, anche se ancora un po’titubante

Ok, torno subito!”

 

Mi sbrigo in poco più di un quarto d’ora e, fingendo un eccessivo sonno, me la svigno.

Al mio ritorno in camera, trovo i presenti accigliati

“Cos’è successo?”

“Chi sei?” chiede la ragazza con aria seria

 “Chi sono?” chiedo di rimando, alquanto confusa

“Si, chi sei, che vuoi da noi, come fai a sapere chi siamo?” domanda nervoso Price.

Sospiro sconsolata

Se avrete la pazienza di aspettare che la mia famiglia vada a letto, cercherò di spiegarvelo!”

Mi avvicino all’armadio di legno che occupa gran parte della parete opposta alla porta e ne tiro fuori un mucchio di videocassette anonime. Poi è la volta della libreria: prendo diversi giornaletti e ritagli e li porto al gruppo che è rimasto in silenzio. Chiudo la porta a chiave e mi siedo a terra. “Allora, alle videocassette penseremo dopo, ora voglio farvi vedere queste immagini: vi ricordano qualcuno?” dico alzando dei fogli con dei disegni sopra

Ma... siamo noi!” esclama Tom

“Infatti, e secondo voi che ci fanno queste immagini in Italia se adesso cominciate ad essere famosi in patria?... Oliver Hutton, 10 e capitano della New Team, ama il calcio più di se stesso, il suo migliore amico è il pallone, sogna di andare un giorno a giocare in Brasile... sarebbe già dovuto esserci andato se Roberto Sediño non fosse partito senza di lui!”

E tu che ne sai?” chiede il ragazzo in questione.

Sorrido leggermente

Attualmente vive a Fujisawa con la madre Maggie mentre, il padre Micheal è spesso lontano a causa del suo lavoro che lo porta a viaggiare per i mari! Beh, penso possa bastare!” esclamo, mentre nessuno osa parlare.

Tom Baker! Ha giocato per un campionato nella squadra della New Team con il n°11 ma poi è stato costretto a trasferirsi con il padre pittore. I genitori sono separati e la madre si è risposata ed ora ha una bambina! Attualmente, almeno finché non è arrivata la sottoscritta a sconvolgere tutto, vive in Francia dove gioca a calcio, aiutando le squadre che glielo chiedono! Anche per lui il pallone è un amico e con Hutton vi è un’intesa perfetta! Insieme formano la coppia d’oro della New Team! Ed in fine Benjamin Price!”

“Ehi, so perfettamente chi sono e dove abito!” esclama acido il giovane

“Già, lo so, ma voglio convincervi del fatto che, siccome siete dei personaggi inventati, so molte più cose di quante voi crediate! Dunque, ora risiede in Germania e milita nelle file dell’Amburgo dov’è il portiere titolare! In Giappone abita in una grande villa, ed ha un cane bianco di cui però non ricordo il nome!”

Il ragazzo si lascia sfuggire un ghigno che ignoro

“In compenso, so che con il sole o con la neve, ha sempre dietro il suo cappello... non chiedetemi il perché... sarà una mania!”

Sorrido soddisfatta mentre Benji inarca le sopracciglia.

“Anche lui ha fatto parte della New Team ma, inizialmente, odiava letteralmente Holly... beh, a dire il vero non sopportava nessuno nella Niuppy... ha avuto un allenatore personale, Freddy Marshall, ed ora gioca in squadra con il biondo Karl!”

“Chi è Karl?” chiede Patty, sospettosa.

Schneider è uno dei più forti giocatori a livelli giovanile in Germania!” risponde subito Benji “Beh, allora, che ve ne pare?”

“Si, sai molte cose su di noi, ma questo non conferma la tua teoria!”

Baker scuote il capo, incrociando le braccia 

“Vuol dire che mi servirà la prova tv!”

 

È mezzanotte passata quando, some tanti fantasmi, scendiamo al piano di sotto, ognuno con in mano diverse VHS.

Una volta nel salone, faccio accomodare i giovani sul divano e prendo ad armeggiare con il videoregistratore per poi andarmi a sedere e pigiare, sul telecomando, il tasto play. Un’allegra canzone si spande nell’aria e l’episodio di un anime cominciata tra la sorpresa collettiva. Va avanti così per un’ora e più e mentre comincio a sbadigliare sempre più.

“Sentite, io solo le puntate a memoria, non per niente è il mio anime preferito quindi, se non vi dispiace, io schiaccio un pisolino! Domani ho compito di tedesco e non vorrei saltarlo! Ah, per favore, verso le sei e mezza, svegliatemi o saremo tutti ne guai, ma... mi state ascoltando?”

Mi volto verso i quattro che fissano la tv come rapiti e scuoto la testa

“Va bene, lasciamo perdere, notte!”

Mi sdraio sull’altro divano e non faccio neanche in tempo a chiudere gli occhi che crollo.

 

“Ehi, sveglia, sono quasi le sette!”

Sollevo lentamente le palpebre ma l’oscurità mi impedisce di vedere poi, però, noto una figura accanto a me

Hmmm... Patty, sei tu?”chiedo con voce flebile e piena di sonno.

“Si, sono io! Su, svegliati!”

Mi metto a sedere con molta fatica e mi stropiccio gli occhi.

“Mamma mia che sonno!”

Cerco di mettere a fuoco la stanza e inforco i miei occhiali (alla Clark Kent!... ma che?!!! I suoi sono orrendi, i miei sono belli e delicati come la padrona....ok, sorvoliamo su quello che ho detto!). D’un tratto ricordo la situazione in cui sono; vedo una miriade di VHS a terra e con un balzo, mi alzo dal divano e accendo la luce.

“Caspita, è tardi, fra poco tutta la famiglia sarà sveglia!... accidenti che facce avete!” esclamo notando i tre ragazzi con un aspetto orrendo; si vede lontano un chilometro che hanno passato la notte in bianco.

Comincio a raccattare quante più videocassette possibili e mi avvio di sopra seguita da Patty “Accidenti, sono stanchissima, voglio vedere che razza di compito ne uscirà, oggi!”

Sospiro ed afferro lo zaino da terra, chiudendolo.

“Ora che si fa?” chiede Patty

“Beh, qui non potete restare! Dovrò portarvi a scuola con me, in un paese vicino... lì c’è un piccolo parco dove potrete stare senza che nessuno vi disturbi e, se volete, potrete schiacciare anche un pisolino!” sorrido ed esco nuovamente dalla stanza.

 

Sono le 8:25 quando saliamo tutti su di un pullman blu diretti a scuola

“Senti, che classe frequenti?” domanda la giovane Gatsby con aria amichevole.

Rimango un po’ sorpresa da quel cambiamento

“Io sono in terza liceo!”

La ragazza strabuzza gli occhi

“Allora hai già 18 anni!”

“No! Ne ho ancora 15... in Italia il liceo dura cinque anni!”

“Ah, davvero?!!!Bene, allora sei più piccola!”

Un sorrido soddisfatto compare sul volto di Patty

“Ehi, adesso non sentirti superiore solo perché hai due anni in più!”

“Chi? Io? Ma ti pare!” esclama l’altra con un ghigno.

La nostra fermata non tarda ad arrivare…

“Allora, io sarò a scuola fino alle due, voi fare i turisti, anche se non c’è molto da vedere, qui! Se volete stare tranquilli andate in quel parco lì!” dico indicando il luogo con la mano

“Tutto chiaro?”

La ragazza risponde affermativamente mentre i tre calciatori sembrano essere in un altro mondo. Faccio spallucce e prendo la via dell’edificio scolastico.

Sono sei ore di noia mortale (come sempre!) durante le quali, al problema “interrogazioni” e “compito in classe” si aggiunge anche l’ansia per il destino dei quattro stranieri, lasciati da soli, in balia di un mondo ostile (accidenti e come sono melodrammatica! Già! Staranno sicuramente meglio di me!).

Finita anche l’ennesima giornata scolastica, mi precipito, come una furia, in strada. Percorro di corsa i metri che mi separano dal parco sperando di trovare tutti e, per mia fortuna (e per fortuna dei miei nervi!) sono tutti all’appello, molto più svegli e pimpanti di come li avevo lasciati.

“Ciao, sei arrivata, alla fine! Com’è andata la giornata?”

“Ehm... Patty, sei sicura di sentirti bene?” chiedo, spaventata da tutto quell’interessamento

“Si, certo, sto benissimo, vero, ragazzi?”

I tre annuiscono con stampato in faccia un sorriso a trentadue denti. Inarco la sopracciglia ma non dico nulla.

Prendiamo il pullman per il ritorno e, con una serie di mosse strategiche degne della sottoscritta (distrazione ad oltranza dei presenti!) il quartetto riesce a raggiungere la mia stanza senza alcun problema.

“Allora, volete dirmi che sta succedendo? Mi avete preso per una rincretinita ma vi assicuro che non lo sono quindi, ora, spiegatemi il motivo di questo comportamento!”

I giovani si guardano in faccia

“Quale comportamento?”

Ma dai, è così evidente! All’improvviso siete diventati tutti stucchevolmente amichevoli! Perfino Benji non ha parlato più da ieri sera... a me non sembra una cosa normale!”

“Andiamo, facciamola finita con questa farsa, non ci è cascata!” esclama Price

“Va bene, ma ora che si fa?” chiede di rimando Hutton

“Forse sarebbe meglio raccontare la verità... di solito funziona!”

Baker alza le spalle e guarda i compagni

“Come vuoi, ma non dite che è stata colpa mia! Allora...” Benji respira profondamente “... hai raggiunto il tuo scopo! Dopo quello che abbiamo visto questa notte, ci siamo... persuasi! Pensiamo che quello che hai detto potrebbe avere un fondo di verità ma, ora, la cosa che più ci preme, è tornare a casa! Se sei in grado di darci una mano, sei pregata di farlo! Ecco tutto!”

Annuisco lentamente

Ok, ora è tutto chiaro! Purtroppo non so come aiutarvi, e non credete che a me questa situazione piaccia! Non penso, però, che possa essere risolto tutto con un volo... è poco probabile! Certo, si potrebbe provare ma... a proposito, cos’è successo poco prima di arrivare qui?”

“Ora che mi ci fai pensare...” comincia Patty con aria assorta “... è avvenuta una cosa strana! C’è stato un bagliore e tutto è diventato color oro! E poi ci siamo ritrovati qui!”

“Si, però prima abbiamo... beh, si, galleggiato, o qualcosa del genere!” aggiunge Holly

“Come pensavo! La stessa cosa è successa a me prima di arrivare allo stadio... !”

Mi siedo pesantemente sul letto cercando una possibile soluzione ma non mi viene in mente nulla di buono

“Ho paura che dovrete restare qua fin quando non arriverà di nuovo questa.... cosa... questa luce e vi riporti nuovamente a casa! Nel frattempo... cercate di stare tranquilli! Penserò a tutto io... nel limite del possibile, ovviamente!”

Guardo la quattro persone di fronte a me non senza una leggera preoccupazione

“Alla faccia del bel sogno... una cosa del genere non me la sarei mai e poi mai immaginata! È un bel pasticcio ma con il mio grande genio riuscirò a risolvere tutto!”

Ridacchio soddisfatta mentre Patty prende a guardarmi stranita

“Cos’hai da ridere? Siamo in un mare di guai!”

Si, lo so, ma sta tranquilla, riusciremo ad uscirne!”

 

La giornata trascorre tranquillamente, senza grandi avvenimenti mentre cerco di non far annoiare a morte gli attivissimi calciatori, costretti a rimanere chiusi fra quattro mura senza neppure un pallone con cui palleggiare a tempo perso... per vivacizzare un po’ la situazione mi atteggio ad oracolo di Delfi, cercando di soddisfare le curiosità dei giovani per quanto riguarda il loro futuro; l’

unica che sembra esser disturbata da quel passatempo, è Patricia, che evita di fare qualsiasi domanda. Improvvisamente mi viene in mente qualcosa...

“Aspettate solo un attimo!” esclamo prima di uscire dalla stanza.

Faccio un giro di perlustrazione nell’intera casa e, con sommo piacere, noto che è vuota...

“Già, come immaginavo! Devono esser andati a fare spese!”

Rientro in camera

“Bene, che ne dite andarci a vedere una bella partita? Che so, New Team contro Muppett o, meglio ancora, Giappone contro Germania!”

“Ma noi non abbiamo ma giocato contro la Germania!” protesta Holly

“Lo so! Vedrete in anteprima la partita che vi vede protagonisti! Su, andiamo!”

 

Pochi minuti dopo siamo in posizione per assistere allo spettacolo

“Bene, la cassetta deve essere questa!”

Vado a sedermi e premo il tasto di avvio... resto un po’ interdetta alla vista del titolo... -Patty è innamorata-? Ma questa non è... cavoli, ha sbagliato cassetta!” penso tra me mentre vedo la giovane avvampare all’improvviso

“Cos’hai, Patty?” chiede ingenuamente Holly.

Benji comincia a ridacchiare

“Forse sarebbe meglio vedere la partita!” esclamo un po’allarmata

“No, è perché? Questa puntata deve essere divertente!” esclama il portiere beccandosi un’occhiataccia da Baker.

La giovane Gatsby, intanto, non sembra in grado di reagire.

 Continuo a guardarla mentre, l’unico che guarda la tv, senza la minima reazione, è Hutton.

I minuti passano e nella stanza si sentono solo le voci che provengono dalla tv; l’episodio va avanti e ogni tanto si sentono le risate soffocate di Price che viene prontamente ammonito dal 11. Arriva il tanto temuto momento in cui Gatsby parla con la seconda manager della squadra del suo amore nascosto per il capitano della New Team e sinceramente non so come faccia Patty a rimanere ancora seduta.

Patty, ma....

Oliver Hutton prende a fissare la ragazza che, dal canto suo, non osa alzare lo sguardo dal pavimento

Ok, lo spettacolo è finito! Voi due venite con me!” esclamo indicando i due giocatori di troppo. Tom sembra molto sollevato e, senza farselo ripetere due volte scompare fuori dalla stanza ma il portiere non è dello stesso avviso.

Gli lancio un’occhiata assassina e il giovane, sbuffando, si alza dal divano ed esce. Lo seguo immediatamente ed appanno la porta alle mie spalle

Perché mi hai fatto uscire?” chiede con un sorriso ironico Price

“Non ti rispondo proprio!”

Scuoto il capo sconsolata ed apro il portone d’ingresso, uscendo fuori. Chiudo gli occhi ed assaporo il vento che mi scompiglia leggermente i capelli.

“Speriamo che quei due riescano finalmente a chiarirsi! Però, che scoop! Già, Yoichi mi lincerebbe per questo scempio!”

Sghignazzo e riapro gli occhi, tornando indietro.

“Allora, ancora niente?” domando ai due calciatori seduti sui gradini della scalinata.

Entrambi scuotono il capo

“Forse Patty l’ha fatto fuori!?!” esclama Benji sorridendo

“Beh, sarebbe il minimo!” dico di rimando avvicinandomi alla porta appannata del salone

 Ops! Credo che dovrete vedervela voi con i piccioncini!” esclamo vedendo un debole chiarore che avvolge i due ragazzi

“Ora finalmente tornerete a casa, contenti?” “E lo chiedi pure?!” Price comincia a ridacchiare mentre la luce diventa troppo forte e sono costretta a chiudere gli occhi.

Quando li riapro, di fronte a me non vi è più nessuno.

“Sono davvero andati!” inclino la testa “Lo sapevo che prima o poi sarebbe successo... era solo questione di tempo! Senza muovere un dito...”

Sospiro e apro pian piano la porta del salone, come se avessi l’impressione che vi sia ancora qualcuno ma, come previsto, la stanza è vuota. Prendo il telecomando e spengo il videoregistratore e la tv. Improvvisamnette la casa mi sembra estremamente vuota e silenziosa.

“Normale!” penso tra me.

Raggiungo la mia stanza ed inizio a studiare. Le ore trascorrono tra una materia e l’altra e ogni tanto mi fermo a pensare alla strana esperienza vissuta.

Se lo raccontassi a qualcuno, mi ritroverei in un manicomio!”

Mi sgranchisco un po’ le ossa del collo e riprendo lo studio.

 

Alle 10 sono sdraiata sul letto, morta di sonno; non riesco più a tenere gli occhi aperti e, con ancora i vestiti addosso, mi rilasso completamente, mentre la mente comincia già il suo viaggio verso il mondo dei sogni.

 

Mi sento leggera, sento che sto per addormentarmi... delle urla pazzesche mi fanno aprire di scatto gli occhi. Vedo il sole splendere nel cielo e un verde prato tutt’intorno. Ho ancora le testa confusa e non capisco bene cosa stia succedendo; un ombra mi fa voltare e mi vedo davanti un ragazzo di spalle: lo vedo muoversi di qua e di la a d’improvviso il tipo si tuffa da un lato; vedo un qualcosa di roteante arrivarmi sempre più vicino... talmente vicino che me lo ritrovo in faccia senza sapere il perché

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 ***


CAPITOLO 3

CAPITOLO 3

Il tutto è avvolto da una fitta nebbia, non riesco a distinguere niente e una voce non identificata domanda:

“Come stai? Riesci a sentirmi?”

“Chi è?” chiedo con voce fioca

Hai visto cos’hai fatto? Non mi riconosce!”

Ma... io... non potevo saperlo!”

“Questa volta devo dargli ragione, non capita tutti i giorni di trovare improvvisamente una persona nella rete!”

Strizzo gli occhi ed esclamo:

“Una cosa più unica che rara, direi!”

Le immagini sono ancora sfocate ma, ormai, ho riconosciuto i proprietari delle voci e non ho più dubbi su dove mi trovo.

“Ma allora sai chi siamo!?!!” chiede la voce femminile.

E come potrei dimenticarvi... soprattutto dopo una pallonata del genere! Ora capisco come fai a rompere la rete della porta...!

Scuoto il capo e cerco di sollevarmi da terra mettendomi a sedere.

Finalmente le immagini diventano più chiare.

Sono ancora nella rete e la testa mi pulsa terribilmente

“Io non ho mai rotto una rete!” esclama Hutton con aria incredula

“Si, ma lo farai, fidati! Ma sta tranquillo, ti farà compagnia Mark!” esclamo con un sorrisettoLenders? Ma non farmi ridere!” esclama Price leggermente disgustato

“Come vuoi, non credermi! Fatti tuoi!”

Mi tocco delicatamente la fronte ed avverto una leggera protuberanza

Fatemi uscire da questo posto infernale... ho bisogno di molto ghiaccio!”

Patty annuisce e mi trascina a bordo campo dove comincia a spararmi in faccia il contenuto di una bomboletta

“Ahi, ahi, ahi! Un po’di delicatezza! È la mia testa, questa! Se me la rovini, dove ne trovo un’altra geniale come questa?”

“Stai zitta e fatti medicare!”

A quelle parole metto il broncio e aspetto che la ragazza abbia smesso di torturarmi

“Ecco fatto, ora sei come nuova!”

“Finalmente! Pensavo di crepare!”

“Esagerata!”

“Esagerata un corno; tu non sai cosa significa beccarsi un tiro ad effetto in testa! Mamma mia, ma perché tutte a me? Io mi stavo addormentando ed ecco che un pallone da strapazzo attenta alla mia vita! E perché avevo sonno? Perché ho dovuto risolvere la vostra crisi d’identità!”

“Come?”

“Si, hai già dimenticato?”

“Ma... vuoi dire che...”

Che siete andati via il pomeriggio!”

Ma... ma se qui è passata una settimana!”

Rimango interdetta a quelle parole

“Come? Una settimana?” la ragazza annuisce

E... vi ricordate di me?!”

“Si! Certo!”

Ma... aspetta un attimo... perché Benji e Tom non sono tornati in Europa? Che ci fanno qui?” “Non saprei, so solo che hanno deciso di trascorrere qualche giorno a Fujisawa!”

“Aspetta, aspetta!” esclamo afferrando la testa, che ha preso a pulsare paurosamente, fra le mani

È passata una settimana... io ancora non ho dormito... e tu ed Holly? Vi abbiamo lasciati da soli ma cos’è successo?”

Patty arrossisce lievemente

“Beh, ecco, noi ora... ci stiamo provando!”

“Ci state provando?”

Un sorriso di chi la sa lunga mi solca il viso

Quindi state insieme!”

“Si, beh, diciamo che mi sembra ancora così strano!”

 “Ti ci abituerai... ora, però, ho bisogno di un letto o mi addormento qui!” esclamo mentre sbadiglio paurosamente.

Mi alzo e comincio ad allontanarmi.

Dove stai andando?”

“A trovare un albergo! Ho del sonno arretrato! Molto sonno arretrato!”

La giovane non si sente più e la sottoscritta ferma il primo taxi che vede e si fa portare all’hotel più vicino.

 

Non so dire per quanto tempo abbia dormito fatto sta che, al risveglio, oltre a trovarmi ancora a Fujisawa, mi sento riposatissima. L’unica cosa che mi disturba è una macchia nero-verdastra sulla fronte.

“Beh, almeno non si è gonfiata”

È una magnifica giornata di sole e penso di approfittare dell’improvvisa ed inaspettata vacanza. Esco dall’albergo e prendo a passeggiare come una qualsiasi turista guardando affascinata i molteplici negozietti parsi per le strade.

Sono tutta presa a guardare una bellissima vetrina piena di oggetti orientali quando mi sento chiamare. Mi volto di scatto e vedo Patty corrermi incontro.

“Buongiorno! Come mai da queste parti?”

“Finalmente ti ho trovata!”

Perché mi stavi cercando?” chiedo con disinvoltura.

“Mi sembra logico! Ti ricordo che sei in un paese straniero!”

E allora? So cavarmela da sola, non vedi? E poi io sono anonima! Eravate voi i divi della tv, dalle mie parti! Inoltre sto prendendo il tutto come un gioco... non so quanto rimarrò qui, quindi... me la godo!”

Ok, però almeno prendi questo!” mi porge un telefono cellulare

Che dovrei farci, scusa? A casa ne ho già uno!”

“Si, ma fin quando sarai qui, avrai questo!”

“A, beh, grazie, ma non dovevi!”

“Non voglio averti sulla coscienza! Se sei nei guai chiamami, ho già registrato il mio numero!” “Ma... non sarai andata a comprarlo a posta, spero!”

“Certo che no! È un vecchio cellulare di cui volevo disfarmi, ma poi me ne sono dimenticata!” sorrido scuotendo la testa

“Allora va bene... mi puoi dire che ore sono così mi aggiorno?”

“Sono le dieci del mattino!”

“Grazie!” riprendo a guardare la vetrina

Che ne diresti di venire a vedere gli allenamenti della squadra?”

“Hm... perché no!?! Dopotutto quando mi ricapiterà di vedere una cosa del genere dal vivo?”

 

Ed è così che mi ritrovo nel bel mezzo degli allenamenti visti, fino a quel momento, solo in tv. Il tutto con una normalità pazzesca. Non mi sento un’estranea (e come potrei, conosco tutti come le mie tasche!) e non rimango neanche troppo a pensare a quanto quella situazione sia surreale! Anzi, sembra che ormai mi ci sia abituata.... sembra tutto stranamente normale! Parlo con i personaggi del mio anime preferito come se fossero amici di vecchia data! Eppure sono passati solo tre giorni da quando quel fascio luminoso ma ha catapultata nello stadio. Resto a guardare la partita d’allenamento e sono talmente presa da non accorgermi di nulla...

“Cos’è quella cosa che hai sotto i piedi?” chiede all’improvviso Patty.

Abbasso gli occhi e noto, sotto la suola delle scarpe, un chiarore molto forte.

“Ci risiamo!” penso tra me.

La luminescenza comincia a risalire lungo il corpo fino ad avvolgermi completamente.

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Capitolo 5
*** Capitolo 4 ***


CAPITOLO 4

CAPITOLO 4

Con un botto micidiale mi ritrovo a terra, seduta sul freddo pavimento.

“Accidenti! Che dolore! Cos’è, questa volta l’atterraggio non ha funzionato?” domando guardandomi intorno.  Però evito di protestare oltre perché mi accorgo di non essere nella mia camera, né tanto meno nella mia casa! Il luogo in cui mi trovo ha un arredamento decisamente retrò. Non so perché, ma mi viene in mente il film Via col vento.

Storco il naso a quel pensiero e comincio a camminare in cerca di una qualche uscita.

Esco dalla camera in cui sono e mi ritrovo davanti un quadretto familiare. Osservo le quattro persone sedute su di un divano porpora (una donna e un uomo di un certa età e due ragazzi) e con disappunto noto i loro strani vestiti: sembrano usciti da un ballo in maschera stile ‘800.

Sussulto quando la donna si volta e si accorge della mia presenza. Resto immobile anche se ho tanta voglia di scappare mentre lei attira l’attenzione di quello che sembra suo marito e dei suoi figli sulla sottoscritta. L’uomo si alza e mi viene incontro con aria minacciosa anche se prende a parlare pacatamente.

“Chi siete? Che ci fate in casa nostra?”                                                                   

Prendo a guardarlo in preda al panico e, cercando di non far tremare la voce, rispondo come posso: “Io... non... non era mia intenzione entrare in casa vostra, anzi, a dire la verità, stavo cercando l’uscita!” accenno un sorriso mentre l’uomo mi squadra dalla testa ai piedi

Perché siete vestita in quel modo?” mi chiede ancora non mostrando la minima fretta di mandarmi via. Noto, nella sua voce, un debole accento tedesco e mi stupisco un po’ dal momento che, ormai, sembra che parlino tutti la mia lingua!

“Io... nel mio Paese vestono tutti così!”

Il signore si gira indietro, guardando i familiari

“Deve essere molto lontano il suo Paese, vero?” chiede la donna avvicinandosi

“Beh...” 

(Come faccio a sapere quanto è lontano se non so dove mi trovo?) prendo a fissarmi le scarpe nell’imbarazzo più completo

“Ha bisogno d’aiuto?” chiede ancora la donna.

Alzo lo sguardo su di lei e noto che la sua espressione si è fatta dolce. Questo mi da coraggio e, dopo un bel respiro, chiedo “Dove siamo?”

“Stati Uniti d’America!” risponde gentilmente la signora ma, evidentemente, devo aver fatto un’espressione strana a quelle parole perché il suo viso si fa preoccupato

“Sta... Stati Uniti!” sussurro incredula “Accidenti... sto girando il mondo!”

Comincio a ridacchiare istericamente 

“Si sente bene, signorina?”

Alzo la testa e guarda l’uomo con aria confusa

“Ehm… non lo so…devo ancora decidere…!”

Un rumore improvviso mi fa sobbalzare. Ci guardiamo tutti intorno ma non riusciamo a trovare la fonte. Abbasso lo sguardo e vedo che la tasca dei miei jeans è illuminata

“Oh, cavoli! Il cellulare!”

Prendo l’oggetto in mano mentre i presenti mi guardano sconvolti, e rispondo

“Si?”

“Dove sei?”

Patty? Perché mi hai chiamata?”

“Volevo essere certa che stessi bene!”

“Grazie del pensiero ma hai scelto decisamente un brutto momento!”

Perché? Ho interrotto qualcosa?” La sua voce trasuda ironia da tutti i pori

“Affatto, è solo che in questo momento sono negli Stati Uniti e… e non sono affatto sicura di essere nel XXI secolo!”

Cosa vuol dire che non sei sicura?”

Lancio una rapida occhiata alle quattro persone che non hanno più osato parlare… vengo invasa da una strana sensazione… come se…

“Caspita…sembra assurdo ma è come se…come se fosse un deja vu!” penso senza riuscire a capire cosa stia succedendo…

“Ehi! Sei ancora lì?” La voce della giovane Gatsby mi riscuote

“Ehm… si, si, sono ancora qui! Ascolta! Non ho idea di dove sono finita precisamente e non so se è meglio andar via o restare!”

“Andar via o restare dove, precisamente?... Oh, senti, secondo me è meglio se rimani lì dove sei… aspetta lo scorrere degli eventi!”

Dall’altro capo del telefono si sente una risatina soffocata

“Cos’è, mi stai prendendo in giro?”

“Chi? Io? Assolutamente! Ma tu hai un’idea migliore?”

Ok, mi hai… persuasa… addio!”

Interrompo bruscamente la chiamata e guardandomi intorno, con un sorriso poco convinto domando “Ehm... sarebbe troppo chiedervi ospitalità per... diciamo uno o due giorni?”

I coniugi si fissano…non sono ancora del tutto sicura che abbiano capito cosa sia successo nei minuti precedenti… poi la donna chiede, sospettosa “Ma non voleva andar via?”

“Beh, si, però non avevo valutato le cose a fondo... molto a fondo… non vi darò fastidio, chiedo solo ospitalità per 24 ore, niente di più. Nel frattempo me ne starò buona in un angolo senza arrecare disturbo!” La donna lancia un’occhiata poco convinta al marito ma esclama

Se è così, va bene… qui non neghiamo l’aiuto a nessuno…!” Ringrazio con un cenno del capo non riuscendo ancora a credere alla fortuna sfacciata che sto avendo da un po’… sembra che finalmente la mia buona stella abbia deciso di farsi viva per darmi una mano!

Mi presento evitando particolari superflui e riesco a rilassarmi sono quando il gruppo distoglie l’attenzione dalla mia figura e si dedica alle attività giornaliere; in questo modo, sono libera di guardarmi intorno e gironzolare un po’ per il vasto salone osservando i bizzarri oggetti sparsi sui mobili e i bei quadri appesi alle pareti…

“Caspita, dove accidenti sono finita?!

Scuoto il capo con aria rassegnata

E poi non capisco come sia possibile che il cellulare funzioni? È assurdo! Che situazione!”

“ Da dove arrivate?” chiede una voce all’improvviso, facendomi voltare.

Uno dei due ragazzi mi si avvicina e guarda con mal celato interesse, le scarpe da ginnastica che indosso (modestamente sono molto belle!)

Perché indossate dei vestiti così… buffi? Portate i pantaloni anche se siete una ragazza?”

Sorrido e scuoto la testa

“Vedi, è difficile da spiegare, ma, da dove vengo io è una cosa normale! Tutti indossano jeans e le ragazze preferiscono i pantaloni alle gonne….sono decisamente più comodi!”

Dev’essere strano il posto da cui arrivate?”

Rifletto un po’ sulla risposta da dare

“Hm…si, diciamo che ci sono parecchie cose strane lì!” faccio spallucce e continuo a guardarmi intorno

E, se posso chiederlo, cos’è quell’oggetto che avete usato prima?”

“Ecco… è… è un oggetto per parlare con le persone lontane!” esclamo d’un  colpo, irrigidendomi, in attesa della reazione del ragazzo

“Potrei vederlo?”

Guardo con sorpresa il biondino e, senza dire nulla gli porgo il telefono cellulare.

Il giovane prende a girarselo fra le mani, curioso.

Cosa fai, Teddy, non dare fastidio!”

La voce fa girare entrambi verso l’altro ragazzo che, in quel momento sta entrando nella stanza zoppicando leggermente.

“Stavo solo guardando questo strano oggetto!”

“Tranquillo, non mi sta affatto dando fastidio!”

“Qualcuno sa perché la zia mi ha fatto venire qui?”

L’arrivo di una ragazza attira l’attenzione di tutti i presenti.

“Penso sia per quello che è accaduto quando lei e il babbo non erano a casa!”

La giovane apre la bocca ma non dice nulla, annuendo solamente… di nuovo la sensazione di deja vu… scuoto il capo,come per cercare di allontanarla

“Ehm… scusa…” comincio poggiando leggermente la mano sul braccio del biondino che si gira e sorride leggermente.

Ted, il mio nome è Ted!”

Inarco le sopracciglia leggermente turbata ma cerco di non darlo a vedere…

“Ehm…che ne dici di mostrarmi i dintorni?”

“Certo, con piacere!”

 

“Ah, che bello!” esclamo stiracchiando le braccia e respirando profondamente

“Tutto questo verde mette allegria! Deve essere fantastico vivere qui!”

Il giovane annuisce mentre continuiamo a camminare lungo il prato che circonda  

“Per quale motivo siete voluta uscire?” domanda improvvisamente Ted fissando l’orizzonte.

Aspetto qualche secondo prima di rispondere.

“Ecco, non lo so, ho solo pensato che, forse ero di troppo!”

L’altro scoppia a ridere “Scusatemi ma… forse non avete compreso la situazione!”

Alzo le spalle

“Poco importa…è decisamente più bello qui fuori!”

La giornata trascorre piacevolmente e quando giunge la sera, mi sembra quasi tutto normale… anche il fatto che tutti mi si rivolgono dandomi del Lei.

Verso una certa ora, la signora mi accompagna al piano di sopra, in una stanze da letto e, dopo aver augurato la buonanotte, va via in silenzio. Resto assorta nei miei pensieri per un po’.

“Certo che è proprio tutto strano!”

Mi infilo sotto le coperte restando a fissare il soffitto della stanza per un tempo indeterminato addormentandomi senza accorgermene.

 

L’indomani il tutto procede tranquillamente, anzi, a dirla tutta, mi annoio anche un po’ perché non c’è granché da fare. Inoltre dalla mattina piove insistentemente e non posso curiosare fuori.

“Uffa, che noia! Non ne posso più!” penso tra me, mentre uno sbadiglio mi fa chiudere gli occhi

“Non esiste una radio, non esiste una tv…non si può fere nulla! E poi dove sono spariti tutti?”

Prendo a gironzolare per la casa e scorgo la padrona di casa impegnata a scrivere.

“Posso entrare o disturbo?”

La donna alza gli occhi dal foglio “Prego, entri! Ha bisogno di qualcosa?”

“No, niente, grazie! È solo che …beh, non sono abituata a tutta questo silenzio!”

“Le manca la sua casa?”

“Hm, più che altro il mondo in cu vivo…!”

“Capisco, però non ho ancora compreso perché non può farvi ritorno!”

Sospiro sconsolata “La situazione è complessa, ma spero che si risolvi tutto al più presto!”

La donna annuisce e ritorna a scrivere.

“Ehi, venite qui!” le urla di Ted arrivano alle nostre orecchie e ci fanno precipitare nel salone.

Cosa c’è?” chiede preoccupata la signora.

“Guardate dalla finestra!”

“Oh, caspita!” esclamo mettendo le mani nei capelli

“Sa cos’è?” mi chiede il ragazzo con aria speranzosa

“Credo proprio di si: il mio mezzo per il ritorno! Avevo detto che sarei andata via nel giro di un giorno! “ Fisso la macchia luminosa che pulsa in lontananza e mi avvio verso il portone d’ingresso.

“Non vorrà uscire con questo tempo!” esclama la donna “ È l’unico modo per tornare a casa! Grazie per l’ospitalità, addio!”

Esco fuori mentre una raffica di vento mi lancia addosso una quantità esagerata d’acqua.

“Porca miseria!” impreco mentre comincio a correre sul terreno bagnato infangandomi le scarpe e parti dei jeans.

In poco mi ritrovo completamente fradicia mentre la luce è ancora lontana.

“Sembra che il servizio di trasporto stia peggiorando! Prima mi schianto a terra, ora sono costretta a correre sotto la pioggia… una vera fregatura!”

Durante la corsa avverto una leggero tonfo a terra ma non si faccio caso.

Giungo a destinazione ansimando e deglutendo a fatica ma non appena infilo la mano nel bagliore, il paesaggio intorno a me scompare mentre tutto diventa color oro.

 

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Capitolo 6
*** Capitolo 5 ***


CAPITOLO 5

CAPITOLO 5

Sono a pochi millimetri dalla terra ferma quando la luce, praticamente, svanisce, mollandomi. Tento di mantenermi in equilibrio sulle punte ma l’asfalto bagnato non me lo perette e cado a terra carponi.

“Grazie!” urlo incavolata e cerco di rimettermi in piedi mentre continua a piovermi in testa.

E tu da dove spunti?” domanda una voce maschile poco lontana.

Lasciamo perdere!” esclamo a mezza voce          

“Ah, ti serve aiuto, ti sei fatta male?”

“No, non preoccuparti, è una cosa da niente!”

Alzo lo sguardo sulla persona che ha parlato e rimango interdetta.

Sbatto le palpebre come a volermi assicurare che quello che sto vedendo sia la realtà e sbotto “Tu che ci fai qui?”

Il giovane mi guarda confuso; ha i capelli corvini, un jeans chiaro e una camicetta bordò a quadri, in mano stringe un ombrello e al collo porta un laccio con appeso un sacchettino.

Inclina la testa da un lato e dice “Io sono venuto a vedere se stavi bene, perché?” Rimango a fissarlo mentre penso: “Vuoi vedere che, invece di portarmi a casa questa cosa mi ha depositato a Milano? Beh, è lì che gioca Rob Denton e, se me  lo trovo davanti vuol dire che mi trovo in Italia! Già, però non nel MIO mondo! Accidenti, forse sarebbe il caso di chiamare Patty perché ora credo di essere un tantino nei guai!” Porto una mano nella tasca dei jeans ma mi accorgo che è vuota

“No! Cavoli! Non è possibile!”

“Cos’hai?” chiede il giovane

“Il cellulare! Dev’essermi caduto dov’ero prima…ovunque fossi! Accidenti!”

“Fortuna che avevo intenzione di buttarlo!”

Una voce familiare mi fa voltare.

Patty!” esclamo con un sorriso

“Dalla tua espressione sembra quasi che tu sia felice di vedermi!”

La giovane si avvicina con una mano sui fianchi

“Beh, diciamo di si!”

“Vi conoscete?” domanda il ragazzo sorpreso.

“Immagino che tu lo conosca già!” esclama Patty.

A quel punto l’ipotesi di essere a Milano si rivela falsa ma non per questo sono più tranquilla.

Che ci fai tu qui?” chiedo nuovamente al giovane che mi guarda con sospetto. “Questa è la mia patria!”

“Lo so che è la tua patria, ma tu ora non dovresti essere qui… ehm, cioè, non dovresti conoscere Patty e tutti gli altri…!”

“E perché, scusa, faccio parte della nazionale giovanile gia…”

Che diavolo sta succedendo? Perché tutta la trama sta andando a farsi friggere? Non è logico tutto ciò, non lo è per niente…certo ultimamente non c’è niente di logico, però…” comincio a camminare in tondo “ A meno che …che il mio arrivo…si, potrebbe essere… dopotutto Patty ed Holly stanno insieme e Tom e Benji non sono più tornati in Europa…”

“Adesso basta!” Patty prorompe all’improvviso afferrandomi per un braccio.

“Penso che per oggi possa bastare! Ne riparleremo domani! Ci vediamo Rob!” dice trascinandomi via

Ma…”

“Non far caso a quello che ha detto…è molto stressata ultimamente!”

Il ragazzo annuisce e si allontana.

“Ehi, ma dove mi stai portando?”

Dove non potrai nuocere a nessuno!”

“Ah! Ah! Ah! Molto divertente!”

Sbuffo e continuo a seguire la ragazza che mi ha mollato il braccio.

“Allora, quante settimane sono passate da quanto mi sono volatilizzata?”

“Solo due giorni!”

“Beh, almeno il mondo ha continuato a girare alla stesa velocità… stiamo andando a casa tua?” chiedo incuriosita

“Già…a proposito, sei riuscita a capire dove sei finita?”

“Beh, non proprio, anche se…devo ammettere che mi è sembrato di aver letto da qualche parte…!”

“Ehm, lascia stare, per oggi evita di sottopormi le tue ipotesi!”

 

Quando la signora Gatsby apre la porta caccia un urlo.

“Cos’è successo?”

“Ehm…” comincio io senza riuscire a continuare

“Mamma, questa è…ecco… un… un’amica… ha bisogno di un posto dove poter trascorrere qualche giorno!”

 

“Questa è la mia camera…lascia che ti trovi qualcosa di asciutto! Intanto prendi questo!”

Mi lancia un asciugamano e comincia a rovistare nei cassetti.

 

Durante la cena faccio la conoscenza del signor Gatsby, ma, nonostante la cordialità di entrambi i coniugi, avverto ugualmente un po’ di imbarazzo. Fortunatamente si fanno in fretta le 23 e seguo Patty al piano superiore.

Nella stanza è già stato sistemato un secondo letto. Mi ci siedo sopra e comincio ad osservare la stanza della giovane; sulla scrivania noto un portafotografie di media grandezza: all’interno un’istantanea dell’intera squadra della New Team insieme all’allenatore e alla manager.

Mi lascio sfuggire un sorriso per poi esclamare “Sai, un po’ mi dispiace di averti sconvolto la vita!”

“Beh, non l’hai fatto solo a me!”

“Giusto…”

“Però, se non fossi arrivata tu… io ed Holly… beh, hai capito, no?!”

“Certo… quando pensate di sposavi?” chiedo con un ghigno

“È ancora molto presto per questo genere di discorsi!”

Però voglio essere invitata al matrimonio!”

“Come vuoi!”

Patty sospira sconsolata, scuotendo la testa

E voglio conoscere il vostro o la vostra erede!”

Cosa?”

La giovane prende fuoco.

Ma…ma che discorsi fai?” dice tutta agitata.

Mi metto a sedere e la guardo divertita.

Perché, scusa? È una cosa normale… ci si sposa e poi arrivano i bambini…o sbaglio?” “Ma…ma… ma cosa centra… non sappiamo ancora se durerà!”

“Hm… io dico di si! Inoltre…”

La luce va via, facendomi fermare.

“Ehm… Patty?”

Non ho nessuna risposta e chiudo gli occhi mentre comincio a sentirmi intorpidita… un flash improvviso e poi di nuovo il buio.

 

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Capitolo 7
*** Capitolo 6 ***


CAPITOLO 6

CAPITOLO 6

Un gran vociare mi fa aprire di scatto gli occhi… resto momentaneamente senza parole e… senza pensieri davanti alla scena che mi si para davanti: vi è un mucchio di persone, tra uomini e donne, tutti rigorosamente sconosciuti che, incuranti del fatto che sono appena comparsa nel bel mezzo della stanza, chiacchierano per i fatti loro… provo a muovere qualche passo ma uno strano fruscio proveniente dalle gambe mi fa bloccare. Abbasso lo sguardo e scopro di indossare un pantalone troppo elegante per essere di mia proprietà.

Dove accidenti sono finita?” riesco finalmente a chiedermi.

Mi guardo intorno; mi trovo in un grande salone e, per quanto mi sforzi, non riesco a capire dove.

“Ciao!”

Mi volto con uno scatto e vedo una donna dalla pelle olivastra che mi raggiunge stringendomi la mano sorridendo.

“Come stai?”

“Ehm… magnificamente… credo…”

“Mi fa piacere e…, scusami, devo scappare, ho lasciato i bambini con il padre… e puoi immaginare in che condizioni sia!”

Sorride nuovamente e si allontana salutando con la mano. Ricambio il saluto meccanicamente mentre sibilo tra i denti: “E ora quella chi è?... Mi avrà scambiata per un’altra persona!”

Comincio a camminare velocemente in cerca di un’uscita per evitare di essere scambiata per qualcun’altra… urto violentemente qualcosa che cadendo fa “Ahi!”

“Cavoli! Scusa!” esclamo guardando a terra dove una bimba con una cascata di riccioli scuri, tenta di rimettersi in piedi.

“Ti sei fatta male?”

La piccola mi guarda sbarrando gli occhi e scuote velocemente la testa.

“Ecco dove ti eri cacciata!”

La voce di un uomo mi fa alzare lo sguardo mentre la bambina gli corre incontro andando a nascondersi dietro le sue gambe.

Fisso il nuovo arrivato inclinando la testa: “Ma… ma… sei… Roberto Sedhiño!”

“Oh, sei tu! Ciao!”

Mi stringe la mano con una stretta vigorosa.

“È da quella faccenda in Brasile che non ci vediamo! Come stai?”

Inarco le sopracciglia e scandendo le parole esclamo: “Bene… credo… tu?”

“Beh, sai, con tre bambini la vita è diventata frenetica… a volte è più faticoso di 90 minuti in campo!”

Alza le spalle e lancia un’occhiata all’altro lato della stanza.

“Scusa, devo andare, ho appena avvistato un altro dei miei pargoli!”

Scompare tra la gente.

Cosa diavolo sta succedendo qui?”

Muovo qualche passo all’indietro e per poco non urto una giovane donna. La fisso per qualche secondo e noto che si accarezza dolcemente il pancione… mi viene da sorridere.

“Dalle dimensioni direi che il bebé è in arrivo!”

Accanto a lei vi è un uomo dai capelli corvini che parla animatamente con un altro giovane, entrambi con un bimbo in braccio.

“Oh, per la miseria!” esclamo a bassa voce.

Con uno scatto mi giro allontanandomi il più velocemente possibile.

“Se resto ancora qui rischio di impazzi…”

Mi sento afferrare convulsamente un braccio.

Anche questo è colpa tua, lo so!”

Mi giro e mi ritrovo davanti un Benji accaldato... e decisamente più grande di quando l’ho visto l’ultima volta.

“Cos’hai da agitarti tanto?” domando cercando di sembrare calma quando, invece, vorrei solo scappare da quel posto.

“La vedi quella ragazza lì?” sibila indicando una giovane dai lunghi capelli color petrolio.

“Certo… è carina!” esclamo con un sorriso.

“Carina un corno! È la mia fidanzata!”

L’espressione spaventata che il ragazzo ha, nel fare tale affermazione, mi fa sghignazzare.

“Non credo ci sia molto da ridere, anzi!”

La voce di Baker ci fa voltare entrambi. Il giovane calciatore ci fissa con aria calma ma ha il viso pallido.

“Ti senti bene?” domanda Price vedendolo.

È solo in quel momento che noto il bambino che ha in braccio…

Que-quello non sarà…” ho quasi paura a dirlo.

“Penso proprio di si!”

Il bambini comincia a puntare il dito fra la gente.

“Mamma!” prende a pigolare fra lo sconforto di Tom.

Ok, calma!” dico a me stessa respirando a fondo.

“Voi restate qui, io vado a cercare Patty!”

 

Più facile a dirsi che a farsi! Dopo dieci minuti sono ancora in alto mare.

Vedo un gruppo di persone tutte in un punto e mi dirigo in quella direzione. Al centro vi è una ragazza dall’aria vagamente familiare con in braccio un bimbo (stanno cominciando a darmi sui nervi tutti questi marmocchi!) e, mentre un signore si diverte a fargli le boccacce, una donna esclama: “Ma guardate che belle gambette che ha!” afferrandogli gli arti per, poi, proseguire: “Sono sicura che da grande diventerà un bravo calciatore! Proprio come il suo papà!”

La frase mi fa rabbrividire.

Patty… dove sei…?”

“Cercavi qualcuno?”

Due mani mi si poggiano sulle spalle, stringendo sempre più.

Patty! Finalmente!”

Mi volto verso la ragazza e mi becco un’occhiataccia.

“Volevi conoscere l’erede? Beh, sei stata accontentata!”

“Cos…?”

Tutto comincia ad apparire più chiaro.

“Oh, cacchio! Vuol dire che… accidenti!”

Fisso la ragazza ed inarco le sopracciglia chiedendo: “Ma quanti anni hai?”

“Non lo so e non lo voglio sapere!”

E… dov’è tuo… marito?” domando con cautela.

“È di là… si sta ancora riprendendo… ho creduto che fosse sul punto di perdere i sensi!”

“Beh, se è per questo, l’altro componente della coppia d’oro non sta messo meglio!”

La ragazza mi lancia un’occhiata interrogativa.

“È proprio per questo che ti stavo cercando… non vorrei che facesse fare un volo al bambino che ha in braccio! Benji è con lui…sta cercando di sfuggire alla fidanzata!” ridacchio per poi aggiungere: “Se ti può consolare, ho visto anche Mark Lenders ed Ed Warner con i figli… e anche Roberto Sedhiño… sembra proprio che mi conosca!”

Cosa? E come mai?”

“Non lo so… ah, un’altra cosa: sei mai stata in Brasile?”

“E questo cosa centra?” chiede Gatsby esasperata.

“Non lo so, ma Roberto ha detto che l’ultima volta ci siamo visti lì!”

“Va bene, andiamocene!” esclama risoluta la ragazza afferrandomi per una braccio e cominciando a incamminarsi da qualche parte.

“Ehi, non fare così! Prendila con filosofia!” esclamo mentre cerco di non cadere.

“Non fiatare!”

E no! Adesso mi ascolti!” dico inchiodando i piedi a terra e frenando l’avanzata di Patricia.

“È inutile scaldarsi, tanto ormai abbiamo capito come funziona!”

“Si, ma perché? Cos’abbiamo fatto di male?”

“Non ti so rispondere però…”

“Fatemi uscire da questo incubo!”

Un ragazzo urlante ci sbatte contro.

Rob! Che ti prende?” chiede subito Patty al giovane, che sembra sull’orlo di una crisi di nervi.

“No, non dirmi che anche tu…” comincio, quasi urlando.

Anche io cosa? Se ti stai chiedendo se sono impazzito, la risposta è si! Devo essere per forza impazzito!”

Denton si guarda intorno con l’aria da fuggiasco.

Patty, abbiamo un problema… un grosso problema!”

“Lo vedo! Recuperiamo gli altri! Ci ritroviamo in quel corridoio lì!” esclama la ragazza indicando un punto oltre la porta del salone.

 

Siamo tutti seduti a terra, nel corridoio che porta alla zona notte della casa.

La porta è stata chiusa e aldilà si sentono, attutite,  le voci delle persone che, ignare di tutto, continuano a trascorrere la loro piacevole serata.

Con noi c’è anche Rob Denton, con in volto un’espressione semisconvolta, che sta ancora cercando di riprendersi dopo tutto quello che gli abbiamo raccontato.

Però, ancora non riesco a spiegarmi come mai lui è quello… beh, si… del nostro presente!” sussurro quasi a me stessa.

E poi perché ci siamo sempre e solo noi immischiati in questa faccenda?” domanda Benji nervoso.

“Già…” penso tra me.

Comunque non possiamo allontanarci da qui! Sarebbe un suicidio!” esclama Tom con aria risoluta.

“Non so… non possiamo scomparire come se niente fosse…!” dice di rimando Patty in tono cupo.

“Accidenti che allegria!” penso inarcando le sopracciglia “Secondo me l’ottimismo lo conservano per le partite!”

Gatsby si alza e, seguita da Hutton, rientra nel salone. Anche Baker si alza.

“Ho bisogno d’aria!”

“Vengo con te!” esclama di rimando Price.

Alzo le spalle dicendo: “Divertitevi!”

I due calciatori escono e Rob pende a sospirare.

“Avanti! Che ti prende? Il tuo buonumore l’hai dimenticato in Italia? Lo so che è il paese del sole, però, così esageri!”

Il giovane alza lo sguardo e sospira nuovamente ritornando a guardare a terra.

E dai, Rob, dov’è finito il tuo ottimismo? E proprio ora che ne abbiamo bisogno? Siete tutti apatici, nervosi, e scoraggiati… eppure avete visto solo quello che succederà fra un po’ d’anni e a me sembra una prospettiva magnifica! Ecco!”

Sbatto un piede a terra

Ed io cosa dovrei dire? Non ho neppure uno straccio di fidanzato! Bel futuro! Siete degli integrati, ecco tutto!”

Sorrido e scuoto il capo.

E tu sei solo gelosa!” sbotta Denton ridendo.

“Beh, si, hai ragione… di la verità, ora va meglio!”

“Si, direi di si!”

“Ma vedi un po’ se una pessimista cronica come me deve tirar su il morale ad un ottimista doc! Il mondo ha cominciato a girare al contrario!”

“No! Ora che il grande Rob Denton si è ripreso, tutto filerà liscio come l’olio!”

“Lo spero tanto!”

Che facciamo qui, andiamo a goderci la festa!”

Il giovane si alza e si avvicina alla porta, aprendola.

 

Guardo l’orologio e reprimo uno sbadiglio.

“Sono le undici passate, quando si decidono ad andar via?”

Mi domando sbirciando nel grande salone, oltre lo spiraglio della porta.

Dopo circa un quarto d’ora in mezzo a tutta quella folla, ho preferito fare dietrofront e chiudendomi nella prima stanza che ho trovato per evitare altri incontri del terzo tipo.

L’idea, che all’inizio mi era sembrata fantastica, si è rivelata un fiasco, visto che la noia è sopraggiunta dopo pochi minuti.

Vado sedermi su una poltrona e fisso il muro bianco domandandomi che azione deplorevole possa aver compiuto per meritarmi tutto quello…

“Ecco dove ti eri cacciata!”

Mi volto e vedo arrivare Patty. Non ha neanche il tempo di dire una parola che mi ritrovo un bambino in braccio.

“Renditi utile!” sorride e, senza aggiungere altro va via.

Fisso dubbiosa il piccolo che ricambia il mio sguardo con aria perplessa.

“Ciao!” esclamo inclinando la testa.

Il bimbo accenna un sorriso ma poi comincia a guardarmi con aria torva.

Ok, baby Hutton, vediamo di comportarci bene!”

Come tutta risposta il piccolo comincia a lamentarsi e il viso gli diventa porpora. Sospiro con aria rassegnata.

Ho capito, ora mi alzo!”

Comincio a camminare con in braccio il rampollo di casa Hutton

“L’erede della fatidica frase: il pallone è il mio migliore amico!” penso tra me non riuscendo a trattenere un sorriso. Entro in un’altra stanza guardandomi intorno.

“Beh, devo ammettere che la mamma e il papà si trattano bene, vero?”

Osservo i soprammobili e i quadri alle pareti, per poi fermarmi avanti ad una vistosa coppa.

“Ecco, mi stavo quasi preoccupando!”

Il bambino allunga un amano per poter raggiungere l’oggetto.

“Fermo! Sei ancora troppo piccolo! Per ora devi preoccuparti solo del biberon!... Ok… vediamo un po’ com’è la situazione dall’altra parte!”

Rientro nel salone e mi sorprendo nel vedere all’interno solo cinque persone, quattro delle quali, con aria assorta.

“Cavoli, non avranno cacciato fuori tutti, spero!”

Rob si avvicina e prende il bambino in braccio.

“È la tua fotocopia, Holly!”

Ma come fai a dirlo se a massimo ha tre mesi!”

Il giovane alza le spalle e sorride.

“Allora, ancora depressi?” domando con una punta di sarcasmo.

Se continui così no ti dirò nulla!” esclama Patty incrociando le braccia al petto.

“Nulla di cosa?” la me curiosa comincia a fare capolino.

“Beh, sembra che più persone del previsto sappiano di questo… diciamo strano fenomeno che ci sta facendo uscire dai gangheri!”

“Sul serio?” chiedo incredula.

“Certo, pensi che posso scherzare su una cosa tanto assurda?”

“No, ma, ecco, è strano che…”

Anche noi siamo rimasti piacevolmente sorpresi!” Holly fa spallucce avvicinando un dito alla piccola manina del suo… futuro pargolo che, senza farsi pregare, la stringe con aria soddisfatta.

Ma, chi è che lo sa?”

“Beh, è quasi ovvio, no? … Mi ha davvero tirato su il morale sapere che non siamo gli unici a credere a quello che succede da un po’ di giorni a questa parte! È stato un sollievo parlare di questo cataclisma con altre persone al di fuori del nostro gruppo!”

“Gruppo? Noi non siamo un gruppo!” dico scettica.

E perché, scusa?” chiede Patty.

“Beh, collaboriamo solo perché costretti e c’è la più totale mancanza di fiducia!”

“Abbiamo parlato anche di questo, fino ad ora! Siamo tutti d’accordo sul fatto che siamo finiti in un casino colossale…e per cacciarci fuori dai guai dobbiamo essere uniti!”

Guardo la ragazza senza afferrare bene il significato della frase.

Ma… loro sono già uniti! Che diavolo, fanno parte della stessa squadra di calcio! E tu, Patty, beh… non c’è neanche bisogno di parlare! L’unica che non centra un’acca sono io!”

“Appunto!”

Rimango interdetta fissando i cinque giovani, senza riuscire a capire.
”Ascolta… facciamo un patto: noi cercheremo di farti sentire a tuo agio, anche se a dire il vero lo sei già, in un paese straniero e tu cercherai di sopportarci, ok?”

Non riesco a rispondere, mi sento imbarazzata e prendo a guardare il pavimento.

“Dopotutto l’unione fa la forza!” esclama Benji con aria molto convinta.

“Ben detto, diventeremo un gruppo coi fiocchi!” gli fa eco Holly.

Ok, mi avete convinta, ma, secondo me sarebbe più appropriato definirci una combriccola, anche se non ha un’accezione del tutto positiva!” esclamo facendo spallucce.

“Allora vada per combriccola!” concorda Rob mentre continua a giocare con il piccolo Hutton.

“Hai visto qualcosa di interessante durante la tua latitanza?” domanda Patty.

“Hm… si, giusto qualcosina!”

 

Con un sospiro tiro su le coperte.

Mi guardo intorno: la luce della bajour emana un tenue chiarore che rende l’atmosfera nella stanza  da letto moto rilassante.

“Beh, almeno, dopo tanta sfortuna, qualcosa che è andato per il verso giusto! Già temevo di dover dormire su un divano… per la seconda volta!” non riesco a frenare uno sghignazzo.

Spengo la luce e poggio la testa sul cuscino sussurrando: “Ecco cosa significa vivere nella casa di un calciatore famoso… hai degli ospiti imprevisti per la notte? Fa niente, ci sono una dozzina di camere da letto a disposizione! Eh… va beh… meglio così!”

 

Dimmi che è qui!”

La voce di Patty mi fa svegliare di colpo.

 “Chi è qui?” chiedo non ancora del tutto sveglia.

“Il bambino!”

“Chi? Hutton junior? No, non è qui!”

E allora dov’è?”

“Hai chiesto a Rob… sembra che ci vada d’accordo!”

“Ho già svegliato tutti, ma non l’hanno visto!” geme con aria preoccupata.

Mi metto a sedere e tolgo le coperte.

“Dove l’hai mezzo a dormire ieri?”

“Nella culla in camera da letto! Ho dormito io con lui! E poi stamattina l’ho trovata vuota!”

Ok, calma!”

Mi alzo al letto ed infilo le scarpe. Usciamo dalla stanza e raggiungiamo gli altri in quella che ha tutta l’aria di essere una sala da pranzo.

I ragionamenti che seguono nei minuti successi, non portano a nessuna conclusione: è fuori discussione che il bambino sia in grado di andarsene a spasso da solo!

Lo squillo del telefono ci fa zittire.

“Rispondo io!” Patty aggrotta le sopracciglia e si avvicina ad un piccolo scaffale, afferrando la cornetta e rispondendo con calma.

Dopo pochi secondo abbassa il ricevitore e rimane in silenzio.

Patty? Va tutto bene?” chiede Holly avvicinandosi.

La giovane scuote il capo.

“Io… non è possibile…” la voce le è diventata un sussurro.

 Dimmi che no è come penso!” dico con un lamento.

 Patty, avanti, chi era?” Hutton afferra la giovane per le spalle, cercando di guardarla negli occhi. Lo sguardo di Gatsby, però, è fisso a terra.

Pa…”

Cosa accidenti vuoi sapere!” sbotta quasi urlando Patricia, alzando lo sguardo verso il ragazzo che sobbalza sorpreso.

“Non riesci proprio ad immaginare cosa possa significare quella telefonata?”

“Io…” comincia Holly, disorientato.

“Quanto?” chiede all’improvviso Price, prima che il numero 10 possa dire qualcosa.

“Io… non lo so, non mi ricordo!” la voce della ragazza ritorna flebile.

Patty, stai calma e cerca di ricordare che ti è stato detto!” Baker guarda il capitano e gli fa un segno con la testa. Holly prende Patty per una mano e la fa sedere su una sedia.

“Non crederete davvero che… beh, ma come possono… è solo un bamb…”

 “È il figlio di un calciatore famoso, e questo basta!” mi mordo un labbro mentre sento la rabbia salire.

“Ha parlato di dollari!” la voce di Gatsby ci fa voltare verso di lei. “Dollari americani… in contanti, ma… mi dispiace, non riesco a ricordare la cifra… !” abbassa il capo e riamane in silenzio.

“Non ti preoccupare! Non è questo l’importante! Qualunque cifra sia, io… !” Hutton posa una mano sulla spalla della ragazza e rimane in silenzio.

 

Per il resto della mattinata la situazione non cambia e l’atmosfera di attesa diventa quasi febbrile.

Nel pomeriggio, per cercare di ridurre un po’ l’ansia, penso di fare un giro nei dintorni.

Esco dalla grande abitazione e mi ritrovo, dopo pochi metri su un ampio viale, che conduce al cancello d’ingresso.

L’intera casa è circondata da un alto muro sormontato da un’altra inferriata. Tutt’intorno il verde abbonda e un leggero odore floreale, rende la passeggiata più piacevole.

Continuo a gironzolare fino ad arrivare sul retro.

“No! Pazzesco!” esclamo ridendo.

Davanti ai miei occhi compare un vero e proprio campo da calcio, con reti, bandierine e linee bianche a terra.

“Quel ragazzo è una cosa assurda… non si smentisce mai!”

Guardo il paesaggio davanti ai miei occhi e scuotendo il capo inizio a tornare indietro.

“Certo che è proprio una fissa!Penso che ci giocherà con suo figlio!” in quel momento mi ritorna in mente il piccolo Hutton

Ma come si fa a rapire un bimbo tanto piccolo?” sospiro ed inarco le sopracciglia, varcando il portone d’ingresso.

Quando rientro in sala da pranzo vedo gli altri con delle espressioni troppo cupe.

“Cos’è successo?” chiedo con cautela.

Patty, seduta sul divano, alza di poco lo sguardo e sussurra, con calma: “Hanno richiamato… un milione di dollari… in contanti…”

Non ascolto più la ragazza cercando di calcolare mentalmente il valore di quella cifra esorbitante per poi domandare: “Dove accidenti li troviamo tutti quei soldi?”

“Penso di saperlo!” esclama Hutton con aria risoluta.

“In banca dovranno esserci dei soldi… e se non si arriva alla cifra richiesta… questa casa varrà qualcosa?!

“Certo! Non sono un esperto ma chiunque lo capirebbe!” esclama Price.

“Benissimo, adesso devo solo trovare qualcuno che ci aiuti senza fare troppe domande!”

“Hm… l’unico che possa fare al caso nostro, penso sia Roberto Sediño!”

“Roberto?”

Annuisco e riprendo a parlare: “Per quel che ne so, è la persona più adulta e la più indicata! Non penso che uno dei vostri genitori vi lascerebbe fare senza chiedere spiegazioni!”

Guardo gli altri che annuiscono con aria alquanto truce.

Ma come lo contattiamo?” chiede Rob con aria accigliata.

“Ci dev’essere da qualche parte un recapito telefonico!” esclama Hutton uscendo dal salone e ritornando dopo pochi minuti con un blocco di fogli in mano.

Prende ad armeggiare con il telefono fisso.

“Speriamo che non sia già partito per il Brasile… non sarebbe la prima volta che sparisce senza salutare…” mi mordo un labbro e fisso il pavimento…

“Roberto?”

La voce del ragazzo mi fa alzare di scatto la testa.

Sono Oliver, ho bisogno del tuo aiuto!”

 

Dopo circa due ora e mezza, siamo tutti intenti a guardare una valigetta nera con all’interno un casino di soldi.

“Non ho idea di come abbia fatto Holly a recuperare tutto quel denaro e non lo voglio neppure sapere!” esclamo fra me e me.

Lo squillo del telefono mi fa sobbalzare.

“Vado io!” esclama il… padrone di casa.

Pochi istanti e il giovane riaggancia sprofondando nel divano, accanto ad una Patty decisamente in ansia.

“La consegna avverrà domani. Il luogo lo conosco, è a qualche chilometro da qui… una zona isolata, come da manuale… “ sospira, riprendendo: “Vogliono solo me…”

A quelle parole Tom e Benji si alzano di scatto.

“È fuori discussione!”

“Non puoi!”

“Ragazzi, non ho voglia di discutere!”

Il giovane passa una mano fra i capelli, continuando a guardare a terra.

“No e poi no!”

Price si siede violentemente sulla sedia incrociando le braccia al petto.

Ma cosa ti aspettavi? Che chiamassero tutti a raccolta?”

La voce di Hutton è calma ma allo stesso tempo dura.

Benji lo guarda torvo.

“No, certo che no, però…”

Il n.1 sbuffa e non dice più nulla.

Becher  gli lancia un’occhiata, per poi guardare il capitano.

Holly, è rischioso, siamo solo preoccupati… deve esserci un altro modo…”

“Io sono d’accordo con Oliver!”

Patty, che fino a quel momento è rimasta in silenzio, parla con aria decisa.

Stringe le mani a pugno e guardando nel vuoto respira a fondo.

“Sono le loro condizioni, e non credo che siano disposti a trattare… e noi… e  noi siamo solo una banda di ragazzi in balia degli eventi…” la sua voce ha un tremito.

“Quel bambino… non possiamo rischiare di… beh, si, avete capito… quindi, se vogliono Holly da solo, e lui è d’accordo, io… ha il mio appoggio!”

“Si, ma nessuno ci vieta di organizzarci!”

L’attenzione di tutti si sposta su Rob che, appoggiato allo stipite della porta, sorride con aria quasi diabolica.

Cosa intendi dire?” chiede Patty preoccupata.

“Beh, Holly deve andare a consegnare la valigetta da solo, ma noi potremmo sempre appostarci e…”

“Frena l’entusiasmo, Denton, e dimentica quello che avevi intenzione di fare!”

Le parole di Hutton colpiscono il n.20 come una doccia fredda e la sua espressione raggiante si smorza all’improvviso.

Però…” sussurro mentre un’idea malsana mi attraversa la mente.

Rob, scorrazzi sempre per Milano in bici?”

Il giovane mi guarda con aria interrogativa.

“Si, certo, ma cosa… ?”

“Hai presente gli agenti in borghese?” chiedo, non riuscendo a frenare un sorriso.

Il ragazzo fissa il vuoto senza riuscire a capire…

“Vuoi chiamare la polizia?” chiede Patty con aria allarmata, mentre Holly è sul punto di esplodere.

“Assolutamente, la mia idea è…”

“Fattibile!” Denton conclude la mia frase annuendo con aria molto seria.

Dici che si può fare?”

“Beh, non so tu cos’hai in mente, ma per ora non ci sono idee migliori!”

“Hm… si, anche se avrei preferito un piano di riserva!”

Mi mordo un labbro e prendo a torturarmi le mani.

“Si può sapere cos’hanno partorito le vostre menti malate?” chiede Benji con aria tragicomica.

“Per ora è solo qualcosa di nebuloso…”

“Ah, beh, questo mi fa sentire meglio!” esclama Holly, alzandosi ed uscendo dalla stanza.

Lancio uno sguardo in direzione di Gatsby.

“La vedo tragica…”

 

Dici che funzionerà?”

Parlo a bassa voce lanciando occhiate furtive verso Hutton che, sprofondato sul divano, fissa con aria indecifrabile, la valigetta che ha sulle gambe.

È ritornato nella stanza dopo circa un quarto d’ora e non si è più mosso, né ha proferito parola.

Patty è seduta al suo fianco e lo scruta con aria corrucciata mentre Baker e Price, parlano fitto fitto seduti intorno al tavolo.

“Allora?” chiedo di nuovo ad un Denton perso nei suoi pensieri.

“Beh, si, però dovremmo procurarci una bici, no?”

“Credo che questa sia la cosa più facile da fare… pensi di farcela? Sei allenato?”

Comincio a sentirmi un po’ ansiosa. Inizialmente la mia idea era sembrata la cosa più ovvia da fare, ma, più passano gli interminabili minuti di quella strana sera, più le mie certezze di riuscite si affievoliscono… dopotutto non si tratta di uno scherzo… o di un gioco!

“Si, certo, non dimenticare che stai parlando con Rob Denton!”

Alzo gli occhi al cielo, scuotendo la testa.

“È proprio questo che mi preoccupa! E poi gli altri non sanno nulla… e questa cosa mi mette ancora più ansia!”

E dai, un po’ di…”

“Ottimismo, si, Rob, lo so!”

E allora?”

Sospiro e guardo il pavimento…

“Dai, che ne dici se ne discutiamo tutti insieme?” chiedo quasi implorando.

L’altro fa spallucce ed indica Holly con lo sguardo.

Capisco… è diventato intrattabile nelle ultime ore… irriconoscibile… può far concorrenza a Lenders… uffa!”

Mi alzo e, schiarendomi la voce, esclamo: “Noi avremmo un piano! Ma se per voi non va bene, non se ne fa nulla!”

Gli altri guardano nella nostra direzione mentre Hutton è come se non avesse sentito perché non muove un muscolo, rimanendo nella sua posizione precedente.

Inarco le sopracciglia all’ennesima prova di fiducia, ma continuo: “Dunque, l’unica cosa di cui abbiamo bisogno è di una bici. L’idea è sempre quella del tipo “agente in borghese” che, in questo caso sarebbe Rob!” indico il giovane con un cenno del capo e faccio una pausa in attesa di commenti che, però, non arrivano.

“Hm… bene… ehm… si, quindi, lui dovrebbe, ecco, gironzolare lì intorno e…” Abbasso lo sguardo mentre comincio a sentire la gola secca… avverto tre paia di occhi addosso e non riesco più ad andare avanti.

“Quello che sta cercando di dire, è che l’idea è super!” esclama Rob con rinnovato entusiasmo.

“Oddio, adesso non esagerare!” sussurro un tantino scettica.

“Beh, se siamo i primi a non crederci, in questa cosa, è logico che sarà un fiasco, no?”

Fisso il giovane che ha incrociato le braccia al petto.

“Va bene, allora fateci capire cosa avete in mente!”

Baker si alza dalla sedia e rimane in attesa.

“Hm… e va bene, ma dovrete promettere di non ridere!” dico, quasi con aria implorante.

Se proprio dobbiamo…”

Benji ha già l’aria di uno che si prepara ad ascoltare una barzelletta, ma cerco di non farci caso.

“Allora, l’idea è questa… e scusate se è banale, ma non siamo agenti segreti…”

 

Fai attenzione!”

Patty guarda Holly e gli posa una mano sul braccio.

“Farò del mio meglio!” esclama con aria dura e, senza dire altro, apre il portone d’ingresso e si allontana con in mano la valigetta, in direzione di un’auto di grossa cilindrata.

Mi guardo intorno e sospiro con aria preoccupata.

“Speriamo vada tutto per il meglio… Holly ha preso questa questione molto più seriamente di quanto mi aspettassi… sembra maturato tutto d’un colpo… o forse invecchiato… bah…” scuoto la testa e mi volto, raggiungendo il salone e sprofondando in un divano.

Gli altri sono ancora nell’atrio e nella stanza regna il silenzio.

“Chissà cosa starà combinando quell’altra testa calda… ormai è andato via da più di mezz’ora… povera me!” prendo la testa fra le mani con fare melodrammatico e sospiro.

Il ritorno degli altri non contribuisce certo a tirarmi su il morale, anche perché non sono quella che ne ha più bisogno.

Quando questa storia sarà finita, rimarrò a letto per una settimana! Sto spendendo energie per un intero anno!” la voce di Patty è quasi un sussurro, ma riesce a farmi sorridere.

E dobbiamo sempre ringraziare la stessa persona…”

Sbuffo con aria annoiata.

Price, stai cominciando a diventare ripetitivo! Vedi di cambiare un po’ il tuo repertorio, ok?”

“Io dico solo la verità! E quella non può essere cambiata a piacimento!”

“Si, ma, continuare a lamentarsi non cambierà la nostra situazione!” esclama Baker con fare laconico.

“Siamo costretti a stare qui, con le mani in mano, senza poter essere di aiuto a nessuno! Non so voi, ma io mi sento frustrato!”

“Ben detto!”

 

Il silenzio ritorna a farsi sentire, mentre ognuno ritorna ai propri pensieri… lo squillo del telefono ci fa sobbalzare contemporaneamente. Gatsby si alza con uno scatto mentre sussurro: “Ma quanto tempo è passato?” guardando contemporaneamente l’orologio.

“Pronto?”

Un attimo di silenzio e la voce di Tom, mi alzare di scatto lo sguardo sulla ragazza.

“Cos’è successo?”

Patty ha il volto pallido ma, con rapidità sorprendente le va in fiamme.

Un attimo e vedo Benji che le si avvicina come in attesa di un mancamento, mentre Baker si alza all’improvviso con tutta l’aria di volersi precipitare fuori dall’abitazione.

La ragazza riaggancia e rimane in silenzio.

Mi alzo e mi avvicino con cautela.

Patty? Tutto be…”

La giovane Gatsby mi afferra convulsamente un braccio, con un’espressione spiritata in volto.

Ma… io… cos…?”

“Come ti è venuto in mente di mandare lì quell’esaltato di Rob?”

La fisso senza capire e senza riuscire a dire nulla.

“Ha seguito la macchina!”

“Quale macchina?”

“Quella con la valigetta!”

Que…” continua a fissare Patty senza capire: la macchina con la valigetta è quella di Holly!

Quel ragazzo è un portento!” esclama Price scoppiando a ridere

Ora è lui che guardo senza capire.

“Ti ha detto dove si trova?” domanda Baker.

“No…”

“Ma, come ha chiamato?” chiedo cercando  di schiarirmi le idee

 “Non lo so… la telefonata si è interrotta prima che potessi chiedere spiegazioni! Ha detto solo di raggiungerlo lì!”

I due calciatori, a quelle parole, scattano verso la porta.

“Cos… ma… voi due, fermi dove siete!”

Inarco le sopracciglia e mi avvicino ai ragazzi.

“Qualcuno, per favore, ha la bontà di chiarirmi la situazione?”

Rob ho avuto la pazza idea di seguire la macchina dei sequestratori e…”

Che cosa?” rimango immobile, senza sapere se ridere o piangere.

“Già, questa volta ha superato se stesso!”

Sospiro e passo una mano sulla fronte.

Ok, quindi li raggiungiamo?!

I due annuiscono all’unisono e Patty si avvia, a passo spedito, fuori dalla stanza.

 

La macchina si ferma in una stradina secondaria, dopo la quale, si apre la campagna.

Scendiamo e, subito vediamo Holly, seduto sul ciglio della strada che, con aria avvilita, guarda nel vuoto.

Holly!”

Patty si avvicina al ragazzo e gli si accoccola affianco posandogli una mano sulla spalla.

“Tutto ok?”

L’altro la guarda per qualche istante senza dirle niente per poi sospirare sorridendo.

“Spero di si! Quando ho visto Rob che gironzolava avanti e indietro con quella bicicletta e quel casco assurdo in testa, mi è quasi venuta voglia di buttarlo giù da qualche dirupo, però… beh… forse ci sta tirando fuori dai guai! Ha una forza nelle gambe non indifferente! Non sono sicuro che sia riuscito ad avere la stessa andatura della vettura per tutto il tragitto, ma a m sarebbe sembrata fuor questione anche il solo fatto di provare a seguire quella cavolo di macchina!”

Si porta una mano sul viso e comincia a sghignazzare. Poi sospira e si alza con un espressione soddisfatta in volto.

“Come mai siete arrivati qui?”

E… ecco…” mi giro verso Patty che subito risponde: “Rob! Ha chiamato a casa e ha detto di raggiungerlo qui!... A proposito, perché non si vede ancora?”

“Come ha fatto a chiamare?”

“Questo è un mistero anche per noi!”

“Sono pieno di risorse, ecco, come ho fatto!” La voce di Denton ci giunge alle spalle. È ancora in sella alla bici e ha il respiro affannoso.

Rob!” il capitano gli va incontro con aria raggiante: “Allora, sei riuscito a vedere dove stavano andando!”

L’altro sorride furbescamente.

“Ho fatto di meglio; so dove si nascondono!”

 

Neanche 5 minuti di macchina (dove stiamo un po’ strettini, ma meglio questo che niente!) e ci troviamo di fronte ad un sentiero di campagna.

Scendo e mi guardo intorno un po’ perplessa.

“Scusa, Rob, ma come ci sono entrati lì con la macchina?”

In effetti prima era parcheggiata proprio qui!”

Il giovane si massaggia la nuca e si incammina sul sentiero fra le canne d’avena.

Aspetto che gli altri si siano incamminati e li seguo.

Continuo a guardarmi intorno con aria nervosa.

“Questa storia non mi piace… questo posto non mi piace… ma perché mi devo sempre cacciare in queste situazioni?”

Sospiro e continuo a camminare… “Ahi!”

Mi mordo un labbro subito dopo aver cozzato la testa contro le schiena di Patty che si è fermata di botto.

Sposto la testa da un lato per cercare di capire cos’è successo e vedo, in lontananza, una vecchia costruzione, dall’aspetto abbandonato.

“Saranno lì?” mi chiedo fra me e me.

“Noi andiamo, voi, restate qui e se non ci vedete tornare… beh, inventatevi qualcosa!”

Le parole di Hutton mi distolgono dai miei pensieri e, quando vedo lui, Tom e Benji, che si allontanano, rimango alquanto perplessa. Inarco le sopracciglia e domando: “Ehm, ma che stanno facendo?”

“Non chiederlo a me, mi sono dissociata!”

Patty scuote la testa e va a sedersi poco distante seguita da Rob.

“Tranquilla, Patty, vedrai che fra poco torneranno!”

“Si, certo, per te è sempre tutto così facile!”

Il giovane alza le spalle e sorride, voltandosi verso la costruzione.

Nessuno parla più e, nel giro di pochi minuti, la tensione comincia a farsi sentire… il silenzio quasi surreale non fa presagire nulla di buono!

Mi guardo intorno un po’ per ingannare il tempo e un po’ per non pensare a quello che può star succedendo a poca distanza. Guardo il terreno e tento di strappare un filo di avena… qualche tentativo e mi ritrovo in mano un lungo filamento color paglia. Alzo lo sguardo verso il cielo nuvoloso mentre comincio ad avvertire qualche brivido di freddo.

Un rumore… qualcosa di molto simile ad un vagito, ci fa sussultare e scattare in piedi… quasi fossimo sicuri di dover cominciare a correre.

“Pensate che…” Patty non conclude la frase e muove qualche passo incerto.

Un pianto insistente che si avvicina ci fa guardare l’un l’altro, con aria perplessa.

Shh… per piacere non fare baccano!”

La voce di Hutton ci fa sospirare con sollievo.

Holly!”

Patty non riesce ad attendere oltre e si precipita verso il trio che si sta avvicinando...

“È andato tutto bene, suppongo?!” azzardo inarcando le sopracciglia.

“Non c’era nessuno… hanno preso i soldi e sono andati via!” risponde Baker con un’alzata di spalle… baby Hutton, nel frattempo non ha smesso un momento di frignare.

Quando siamo entrati era già in questo stato… forse è stato questo a metterli in fuga!” Price sospira con aria esasperata.

“Forse ha fame!” suggerisce brillantemente Denton, osservando con aria critica il bebé, che è passato fra le braccia di Gatsby.

“Forse è meglio se torniamo indietro!”

Gatsby ci fissa con aria avvilita, non riuscendo a far calmare il bambino.

Ok, si, penso sia la cosa migliore!” esclama Hutton con aria stanca, passando una mano sugli occhi.

Fisso il giovane e mi viene da sorridere mentre penso: “Aveva ragione Roberto quando ha detto che è meno stancante giocare una partita di calcio che stare dietro a dei bambini! Holly sembra traumatizzato!”

Scuoto la testa e sto per accodarmi agli altri quando un debole bagliore mi fa fermare… 

 

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Capitolo 8
*** Capitolo 7 ***


CAPITOLO 7

CAPITOLO 7

Mi rendo conto che è finalmente tutto finito quando mi ritrovo di botto sul letto.

“Finalmente un atterraggio morbido!” Penso tra me, sollevandomi a sedere.

“Ehi, ma è tardissimo!”

Inclino la testa guardando la giovane Gatsby che guarda fuori e sbircia l’orologio.

La fisso inarcando un po’ le sopracciglia, mentre un pensiero fugace mi attraversa la mente.

La giovane continua a guardare fuori…

“Patty, tutto ok?”

“Si, perché?” Domanda senza voltarsi.

“Niente, è solo che… sai, mi stavo chiedendo se…”

Non continuo la frase e vedo Gatsby che si volta: “Allora?”

“Sei sicura che vada tutto bene?”

“Si, certo… o almeno credo!”

La fisso con aria poco convinta.  A quel punto la giovane sorride.

“Dai, non basta così poco per spaventarmi, sai!”

“Mi fa piacere… però ho visto il tuo ragazzo un pochino scosso… e non nego che il tutto abbia fatto un certo effetto anche su di me!”

Patty sospira, abbassa lo sguardo e non risponde.

“Ah, sei sicura che possa rimanere  qui stanotte?” Chiedo con aria dubbiosa.

L’altra alza gli occhi e con un sorriso appena accennato esclama: “Ma certo, nessun problema, e poi…”

“Raggiunge il suo letto e vi si siede sopra.

“E poi cosa?” Chiedo inarcando le sopracciglia.

“Non vorrei che ne combinassi un’altra delle tue!” Gatsby alza le spalle e, prendendo il pigiama esce dalla stanza, chiudendosi la porta alle spalle.

“Un’altra della mie?” Mi chiedo senza riuscire a capire.

Arriccio il naso e comincio ad infilami sotto le coperte: “Non è certo colpa mia se qualcuno ci ha preso gusto a divertirsi alle nostre spalle!”

Sbadiglio e con un sospiro poggio la testa sul cuscino.

“Notte!” Sussurro a me stessa e alla stanza, prima di chiudere gli occhi.

 

“Che ne dici di fare un giro questa mattina?”

Sono appena entrata nella sala da pranzo, ancora un po’ assonnata, quando Patty mi accoglie con questa domanda.

“Ma non ci sono gli allenamenti della squadra?” Chiedo sedendomi e sbadigliando senza ritegno.

“Dopo tutto il “casino” di questi giorni ho voglia di un po’ di tregua!”

Alzo le spalle, mi alzo controvoglia e porto una mano davanti alla bocca non riuscendo a reprimere l’ennesimo sbadiglio.

“Se la metti così, per me va bene, però, prima mi vesto, ok?”

 “Ah, per me è lo stesso, anche se esci conciata in quel modo, chi vuoi che ti dica nulla!”

“Simpatica!”

“Chi, io?” Gatsby sorride con aria divertita.

Scuoto la testa e mi dirigo a piano superiore.

 

Il tiepido sole rende l’aria più mite e non fa avvertire il freddo di quella mattinata d’autunno.

Le strade sono piene di negozi simpatici e non ci vuol molo per rimanerne completamente rapiti.

“Wow!” Esclamo schiacciando il naso su di una vetrina variopinta.

“Guarda che bella quella maglia!”

Il mio sguardo è stato rapito da un maglione dai colori pastello.

“Già, anche se preferisco quell’altra!” Dice Patty indicando un altro capo nella vetrina.

“Che ne dici di entrare e dare un’occhiata?”

Annuisco vivacemente e faccio per seguire la giovane, che ha già aperto la porta dell’edificio, ma, non ho neppure poggiato il piede a terra per fare il primo passo che, un qualcosa di non identificato mi sbatte contro ad una velocità pazzesca.

Il colpo è talmente violento da scaraventarmi a terra e, il qualcosa che mi ha colpito mi finisce addosso.

Per poco non rischio di soffocare (esagerata, lo so!), ma, le risate di Patty, mi fanno aprire di colpo gli occhi.

“Che ha da ridere?” Domando con un filo di voce.

“Scu-scusa, ma avresti dovuto vederti, è stata una caduta troppo buffa!”

“Buffa? Un corno!” Urlo quando il peso svanisce.

Mi sollevo, mettendomi seduta e massaggiandomi il fianco sul quale sono atterrata: “Ahi-ahi… che male…!”

“Scusa, sono mortificato! Mi sono distratto un attimo!” Esclama una voce maschile.

“Un attimo?” Penso tra me: “Adesso te ne dico quattro!”

Mi giro di scatto, pronta ad assalire il tizio che ha parlato, ma sono costretta a spegnere di colpo i bollenti spiriti.

Il giovane che mi è di fronte mi fissa abbozzando un sorriso imbarazzato, mentre il volto gli si imporpora leggermente. Si passa una mano fra i capelli castani, scompigliandoli un po’ e chiede: “Ti sei fatta male?” Sollevando un po’ le sopraciglia e, tendendomi una mano: “Posso aiutarti?”

“I… io… “ Le parole sembrano morirmi in bocca mentre continuo a fissare gli occhi verdi del ragazzo e compiendo uno sforzo enorme per non restare a bocca aperta come una scema.

“Tutto ok!” Esclamo di botto, distogliendo lo sguardo ed afferrandogli la mano, mentre un brivido mi percorre la spina dorsale.

“Cavoli, che mi prende?” Domando a me stessa, quasi in preda al panico.

“Mi dispiace, sono uno sbadato!” Esclama facendo spallucce.

“Giò? Dove sei, impiastro di un ragazzo?”

La voce profonda scuote il giovane che si volta indietro preoccupato ed esclama: “Scusa ancora, devo andare! Ciao!”

Pochi istanti e ricomincia a correre, scomparendo tra la folla.

Apro e chiudo gli occhi, come per accertarmi di essere completamente sveglia e, improvvisamente, mi rendo conto di quello che è successo.

“Assassino! Teppista, delinquente, scellerato! Diavolo di un ammazza pedoni!”

“Ehi, vacci piano con gli insulti!” Esclama Patty sorridendo.

“E perché?” Chiedo indignata.

“Perché te lo stavi praticamente mangiando con gli occhi!”

“Cos… che cosa?” Quasi urlo mentre avverto un calore crescente.

“Scusate, avete visto un ragazzo, circa 16 anni, alto, moro, che correva senza motivo?” Chiede all’improvviso un giovane sui 30 anni alquanto trafelato.

“Un poco di buono?” Domando a mia volta.

“Ehm…no, non direi.”

“Allora sono spiacente, ma non l’ho visto!”

Il tipo sospira sconsolato e ferma un altro passante.

“Forse stava cercando il giovane che ti ha fulminata!” Dice Gatsby ridacchiando.

“Uno del genere dovrebbe essere ricercato solo dalla polizia! Uno che corre in quel modo può aver commesso solo una rapina!”

Incrocio le braccia al petto e comincio a camminare.

“Ma… ma non dovevamo entrare nel negozio?”

“Se tu vuoi andare, vai! A me è passata la voglia e per di più sono tutta dolorante!”

La giovane fa spallucce e scuote la testa: “Ok, ho capito, cupido ha scoccato la sua freccia!”
Evito volontariamente di rispondere alla provocazione, limitandomi ad grugnito cavernicolo.

“È proprio fuori strada, ma che le salta in mente… cupido… mah…!”

Cammino a passo spedito, incurante dei richiami di Gatsby.

“Ma io non lo so, c’è tanta di quella gente strana al Mondo… si, certo, anche io a volte sono strana, però… non penso di riuscire a sorpassare un certo limite… “

“La vuoi smettere di correre?”

“Ti sbagli, Patty, non sto correndo!” Esclamo allungando il passo.

“No? E allora questo come lo chiami?”

“Camminare velocemente!”

“Benissimo, allora, smettila di… camminare velocemente, ok?”

Mi fermo di botto, cominciando a ridacchiare.

“E ora che ti pende?” Chiede Patty con l’aria di chi ha a che fare con una poco sana di mente.

“Niente, è tutto ok!”

“Sono felice per te!”

Sorrido con aria innocente: “Continuiamo il nostro giro?”

“Si, certo, non chiedo di meglio!”

Lancio subito un’occhiata oltre la ragazza: l’insegna luminosa di una pasticceria mi fa venire immediatamente un languorino allo stomaco…

“Pattyyyy… che ne dici di…”

Mi sento afferrare un braccio e trascinare lontano dall’oggetto de miei desideri.

“Ehi, ma… Patty!”

Mi volto indietro cercando la ragazza con lo sguardo.

“Dove stai andando?” Mi sento chiedere, ma non ritengo di essere nella posizione di poter rispondere con precisione.

Senza saperne il motivo, mi ritrovo a correre sul marciapiede, facendo lo slalom tra le persone per evitare di travolgerle.

Uno strattone e mi vedo costretta a girare improvvisamente a sinistra dove la persona davanti a me si blocca di colpo e la sua stretta sul mio braccio si allenta.

Mi piego in due, respirando affannosamente e deglutendo a fatica.

“Scu-scusa ancora, ma… ma…”

“Ma ti ha dato di volta il cervello!

Sollevo la testa e fisso con aria assassina il giovane che mi è di fronte; questa volta il suo bel visino non m’incanta.

”Prima mi scaraventi a terra, poi mi trascini per la strada, ma hai qualche problema?”

Il ragazzo mi fissa con aria colpevole: “Hai ragione, ma… ecco, il tuo era l’unico viso conosciuto…”

“Bella scusa, non avrei saputo inventare di meglio!” Esclamo aprendo le braccia con aria allibita.

“Mi dispiace, ma… sto cercando di… di sfuggire alla mia guardia del corpo!”

“La tua… cosa?”

“La mia guardia del corpo!”

L’espressione seria del giovane è in netto contrasto con la voglia matta che ho di ridere.

“E da quando la gente scappa dal proprio bodyguard?”

“Se sapessi l’intera storia, mi daresti ragione, contaci!”

Gli occhi verdi sembrano implorare, ma io sospiro, per niente convinta.

Sposto lo sguardo oltre il giovane e solo allora mi accorgo di essere in un vicolo cieco.
”Bel modo per scappare da qualcuno!” Penso scoraggiata: “Ok, ora, se non ti dispiace, io tornerei indietro, Patty mi starà cercando!”

Mi volto e faccio per muovere un passo…

“No!” Esclama l’altro afferrandomi per un braccio e tirandomi indietro con uno strattone.

“Ma dico sei impazzito?” Urlo inviperita.

“Io… ti prego, aiutami!”

“Aiutarti? Dopo tutto questo mi chiedi anche di aiutarti?”

“Prometto di spiegarti tutto!”

“Ma con tante persone per strada, proprio contro di me dovevi sbattere?” Domando sospirando con aria afflitta.

“Ti devo un favore!”

“Cos… ehi, aspetta un attimo, non ho ancora detto che…”

Il giovane si irrigidisce al suono di una voce.

“Tienimi il gioco!” Esclama indietreggiando e trascinandosi dietro il mio braccio.

“Povera me, povera me, povera me!” Continuo a gemere mentre l’altro si acquatta contro un muro consunto e mi fa cenno di avvicinarmi.

“Ma chi me lo fa fare!”

Mi piazzo davanti al giovane e domando: “Così va bene, capo?”

Un cenno della testa, accompagnato da un sorriso, e le mie gambe cominciano a non volerne più di stare in piedi.

“Giò?”

Mi giro istintivamente al suono della voce.

Mi sento avvinghiare la schiena da un braccio e sono sul punto di urlare ma mi freno, mentre l’uomo sussurra: “Scu… scusatemi!” Scomparendo dalla visuale.

La mia respirazione riprende solo dopo esser mi allontanata dallo sciagurato che mi è di fronte.

“Grazie!” Mi guarda sorridendo e non riesco a dire altro che :“Di nulla!” Con voce melliflua.

“Ok, sembra che abbiamo via libera!” Si sposta da muro e torna indietro.

“Oh, io sicuramente!” Esclamo riprendendo il controllo e raggiungendo la strada affollata.

“Aspetta!”

“La vuoi smettere di darmi ordini?!” Sbotto innervosita dal suo tono di comando: “Io neanche ti conosco, quindi possiamo andare ognuno per la propria strada!”

Una folata di vento mi fa rabbrividire.

“Fantastico, ora ci manca solo la pioggia!” Mi lamento guardando il cielo che si sta riempiendo di nuvole grigiastre.

“Giorgio Sinar!”

Mi volto verso il giovane senza riuscire a capire cosa stia dicendo: “Cosa?”

“Mi chiamo Giorgio Sinar!”

Lo guardo un po’ infastidita: “ E che ci fai a Fujisawa?”

“Ci vivo!”

Mi sento avvampare per la stupidità della domanda e per l’ovvietà della risposta e rimango in silenzio.

“E tu?”

MI giro dall’altra parte: “Non sono di qui!”

“Eccoti, finalmente!” Patty mi corre incontro.

“Meno male!” Sospiro sollevata.

“Di nuovo lui!”

“Già, sta diventando un’ossessione!”

Il giovane fissa Patty: “Ci conosciamo?”

“Non direi!”

“Eppure hai un’aria familiare!”

“Patty, ti prego, andiamo via o gli salto al collo con le peggiori intenzioni!”

“Dove stavate andando, prima che mi intromettessi?” Chiede il ragazzo, come se nulla fosse.

“Stavamo cercando di fare shopping, ed ora, se no ti dispiace, vorremmo continuare!”

“Se per voi non è un problema posso accompagnarvi!”

Fisso il giovane con aria confusa ma il suo viso ha assunto un’espressione indecifrabile.

“Ma certo, perché no! Così almeno eviteremo intrusioni improvvise!” Gatsby sorride e mi fissa furbescamente.

Alzo le spalle con aria falsamente noncurante. “Per me è lo stesso!”

 

Camminiamo per qualche minuto senza dire nulla, ognuno perso nei propri pensieri quando, ad un tratto, Patty domanda:”Dove hai detto che abiti?”

“Ehm…” Il giovane ridacchia e attende qualche istante prima di rispondere: “Villa Sianar!”

“Davvero?”

“Perché che c’è?” Chiedo stupita per la reazione di Gatsby.

“È una delle ville più grandi nei dintorni!”

Inarco le sopracciglia: “Pensavo che quella più grande fosse di Benji!”

La giovane ridacchia: “Beh, non è l’unica!”

“Ma fra qualche anno sbaraglierete la concorrenza, vero?” Ammicco ad una Patty amaranto.

“Smettila, o ti faccio fare una brutta fine… ti assicuro che non sarà un bello spettacolo e siccome non voglio spaventare nessuno…” Indica con la testa il giovane Sinar: “… sei pregata di piantarla!”

“Ok, ok, mi arrendo!”

Alzo le mani e lancio di sfuggita un’occhiata al ragazzo e che ci guarda divertito.

Un’auto nera di passaggio lo fa bloccare.

“Credo che mi fermerò qui!”

Ci voltiamo entrambe verso Sinar senza capire.

“La fuga è finita, Giò!”

Vediamo avvicinarsi due uomini; il primo porta jeans e giacca scura sotto la quale si intravede una camicia bianca, ed ha un’espressione indecifrabile in volto, il secondo è il tipo che ha parlato e si avvicina con aria imbronciata: indossa un jeans chiaro e una camicia hawaiana dai colori sgargianti.

“E quella sarebbe una guarda del corpo? Mi chiedo costernata mentre il mito della bodyguard dal vestito nero e impeccabile, occhiali da sole scuri e l’auricolare nell’orecchio si frantuma poco a poco e la domanda: “Come accidenti ho fatto a non notare prima quella camicia?” si fa largo insistentemente nella mia testa.

Giorgio alza le mani in segno di resa: “Ok, ho capito, mi arrendo!” Sbuffa scuotendo il capo.

“Questa è la terza volta che faccio questa strada, oggi!

“Solo tre, mi deludi Vinc!” Un sorriso beffardo si fa largo sul volto di Sinar.

“Non abusare del mio buonumore! Su, andiamo!” Afferra il giovane e lo spinge verso la macchina.

“Ehi, perché devi costringerlo a venire con te se non vuole?” Esclamo in vena di atti di eroismo.

Il tizio si volta e mi fissa per qualche istante.

“Perché non tengo mai la bocca chiusa?” Mi chiedo mentre l’altro sogghigna.

“Io ti conosco!”

“Benissimo!” Penso tra me facendo un passo indietro

“So io che ti ci vuole!”

A quelle parole fisso Patty che scuote il capo con aria confusa.

Mi sento afferrare il braccio per l’ennesima volta in quella mattinata e, mentre l’altro uomo apre lo sportello posteriore, vengo letteralmente lanciata nell’auto.

“Mettete giù le mani! Fatela uscire immediatamente!”

Vedo Patty scagliare pugni contro il tipo in giacca e poi nulla più perché avverto un forte colpo al fianco che mi fa gemere: “Ahi! Che cavolo!”

“Questa volta non è colpa mia!” Esclama Giorgio, massaggiandosi la testa.

“Chiamo la polizia!” urla Patty.

“Si, certo!” La voce della bodyguard, con la maglia hawaiana è canzonatoria.

Uno scossone violento e la macchina riparte, mentre qualcuno mugugna: “Ragazzina! Mi verranno i lividi!”

“Fermi! Fermatevi!”

Mi volto e vedo Patty dal vetro posteriore che corre e si sbraccia per poi scomparire in lontananza.

“Magnifico!” Penso da me.

“Adesso, voi due mi spiegate cosa credevate di fare!”

“Niente!” Sbotto abbassando lo sguardo e inarcando le sopracciglia.

“Pensavate di prendermi per i fondelli? Ora vedr…”

“Adesso basta, Vinc!” Urla il ragazzo affianco a me.

“E poi parla al singolare, lei non centra nulla! Le ho chiesto io di aiutarmi… piuttosto, perché l’hai spinta in macchina?”

“Vorrei presentarla a tua madre…così le farà il terzo grado e le passerà la voglio di giocare a guardie e ladri?”

“Io non stavo giocando a…”

“Si, si, lo so, dicono tutti così!”

“Ma…” Fisso allibita il giovane Sinar e improvvisamente mi viene una voglia matta di aprire lo sportello e uscire fuori dalla macchina. Guardo con mal celato interesse la maniglia e sto quasi per avventarmici sopra quando una mano sulla spalla mi ferma.

“Tranquilla, a mia madre ci penso io!” Mi sento sussurrare all’orecchio e con un sospiro accantono l’idea della fuga: “Ma perché non mi ha colpita un fulmine quando ho deciso, mio malgrado, di aiutarlo?”

 

Una manciata di minuti e la macchina si ferma davanti ad un altro cancello.

“Che iella… se mi chiudono dentro non posso neppure scavalcare!” Sorrido con aria tetra mentre la macchina entra all’interno.

Una costruzione color rosa pesca fa la sua bella figura, contornata da un vasto appezzamento di terreno.

“Beh!” Penso facendo spallucce: “Non è poi così grande… almeno non come la futura casa Hutton!” Sghignazzo un po’ troppo ad alto volume.

“Che c’è, ti fanno ridere le case di questo colore?” Domanda “mister Hawaii” con voce sprezzante.

“No, assolutamente, non vedo come potrebbero, se la tua camicia mi ha lasciata indifferente!”

“Tu! Piccola…”

“Vincent, ti prego!” Esclama Giorgio non riuscendo a reprimere un sorriso.

Scendiamo dall’auto e non abbiamo neppure il tempo di fare pochi metri, che la porta d’ingresso viene spalancata da una donna dall’aspetto gradevole: ha i capelli corvini che le arrivano sotto il mento ed indossa un abito alla moda.

Ha l’aria alquanto nervosa e quando si accorge della mia presenza mi lancia un’occhiata indignata.

“Cominciamo bene!” Dico in un soffio.

“Dove sei stato!” Chiede con voce gelida.

“Solo a fare un giro!”

“Lei chi è!”

“È stato Vincent a spingerla in macchina… contro la sua volontà!” Lancia uno sguardo alla guardia del corpo che si limita ad alzare le spalle.

“Entrate!”

Il rumore delle scarpe alte della donna, rimbomba nell’ampio atrio d’ingresso, rendendo il tutto alquanto surreale.

Rimango ancora qualche secondo sulla soglia: “Sembra una casa stregata… e lei è la donna vampiro!” Penso tra me inarcando le sopracciglia.

“Solo pochi minuti e poi ti farà andare via!” Sussurra il giovane Sinar, invitandomi ad entrare.

“Se lo dici tu… “ Muovo pochi passi all’interno e il portone si chiude alle mie spalle.

Seguo Giorgio fino ad un’ampia stanza e mi accomodo su di una poltrona color avorio.

La porta viene chiusa dal ragazzo mentre mi dice, lanciandomi un’occhiata: “Non farti spaventare da mia madre! In realtà non è così burbera!” Sospira e si accomoda su una delle sedie che circondano un grande tavolo ovale: “Vedi… quando avevo cinque anni i miei genitori si sono separati, mio padre ha lasciato la casa e, stando a quello che dice mia madre, anche il Paese!”

“Cioè, ora vive in un’altra nazione?” chiedo dubbiosa.

“Si, per quanto ne so sembra di si! Da allora io rappresento per mia madre tutta la sua famiglia. Sono affezionato a lei come lei a me solo che… ecco, il suo attaccamento rasenta il morboso, credo! È gelosa di me, forse più di quanto lo sia stata di mio padre. Fino a qualche anno fa non risentivo della situazione ma da quando ho cercato di avere più indipendenza, beh, è stato quasi il caos! È per questo che ha assunto Vincent!”

“Per tenerti d’occhio?!”

“Si, anche se non ci riesce più di tanto!” Il giovane sorride furbescamente: “Ogni volta è la solita storia!”

“Quindi non sono la prima persona che finisce nelle… grinfie di tua madre!?”

“Assolutamente!”

“Questo mi rincuora!”

Un tuono ci fa voltare verso la finestra.

“Uff… spero che qualcuno abbia il buon cuore di darmi un passaggio…!”
”Signor Sinar, la vogliono al telefono… credo sia quella ragazza manesca di prima!” L’uomo entra nella stanza porgendo la cornetta del cordless al ragazzo che però non fa in tempo a rispondere perché quasi gli salto addosso afferrando il ricevitore: “Patty!”

“Tutto bene? Sei viva?!”

Caccio la lingua: “Per tua sfortuna si!”

“Che stai facendo?”

“Niente di che… c’è la signora Sinar che… beh, penso voglia farmi il terzo grado, ma credo di riuscire ad arrivare per il pranzo!” Dico sorridendo mentre vedo l’uomo che esce, chiedendosi la porta alle spalle.

“Perfetto, allora ti aspetto… ah… stai attenta!”

“A cosa?”

“Boh, non lo so, era giusto per dire!”

La sento ridacchiare dall’altro capo della cornetta: “Va bene, come vuoi, ciao!”

Chiudo la chiamata e vado a sedermi di nuovo. In quel momento la porta si riapre e sulla soglia compare la signora Sinar che, camminando lentamente, percorre tutta la stanza in silenzio. Si ferma davanti alla finestra e guarda fuori, dove, nel frattempo è cominciata a scendere una leggera pioggerellina e il paesaggio è stato oscurato dal nuove plumbee.

“Allora, cosa ti è preso, questa volta?”

“Niente, mamma, volevo andarmene in giro da solo, tutto qui!”

“E perché, allora, Vincent ti ha trovato in compagnia di questa signorina?” Chiede girandosi e indicandomi con il capo.

“Le ho chiesto solo di aiutarmi!”

“E ti sembra quello il modo di chiede aiuto?!”

Il giovane sospira, frustrato: “Non ho avuto molto tempo per riflettere!”

“E la nostra ospite cos’ha da dire?”

“Sono stata coinvolta senza volerlo! Io stavo solo cercando di fare compere!”

“Queste ragazze d’oggi! Bene, però non metti in dubbio il fatto che mio figlio sia un buon partito, o no?”

A quelle parole fisso la donna allibita mentre il giovane salta in piedi: “Ma cosa dici? Ti sembrano domande da fare?”

“Sto solo cercando di fare conversazione!” Esclama la signora con noncuranza: “Allora, sto aspettando una risposta!”

“Quando suo figlio mi ha trascinata per la strada, non sapevo neppure come si chiamasse! Fra l’altro non sono neppure di qui! Sono ospite da un’amica!” Sbotto continuando a fissare la donna negli occhi.

“E da dove vieni?”

“Europa!” Mi lascio sfuggire un ghigno all’espressione contrariata della signora Sinar.

“Sei per caso una girovaga?”

“No di certo!”

Gli occhi della donna si riducono a due fessure: “Bene, ma ciò non toglie che la tua amica… quella che ha preso a pugni Stean, non ti abbia, come dire… informata!

Sbuffo ed esclamo: “Non vedo perché dovrei essere interessata a suo figlio! Non lo conosco neanche da un’ora!” A dispetto delle mie parole però, mi sento avvampare ed abbasso lo sguardo. Avverto la donna tossire, come per voler smentire la mie parole. Comincio a sentire la rabbia salire; serro i pugni lungo i fianchi, ma, cercando di parlare con un tono di voce calmo, domando: “Ora posso, per favore, tornare a casa della mia amica?” Alzo di poco lo sguardo e vedo l’altra che mi fissa con malcelata ironia: “Ci sono ancora della cosa che debbono essere chiarite.”

“Quali cose?”

“Adesso non sono dell’umore giusto!” Esclama attraversando la stanza ed avvicinandosi alla porta.

“Ma… io non posso rimanere qua a vita!” Sbotto inviperita, alzandomi con una scatto improvviso.

“Ed io non intendo discutere con una ragazzina!” Urla la donna con il volto rosso.

“Questo è sequestro di persona! Io chiamo la polizia!”

“Provaci!” Esclama la signora con un sorriso beffardo.

Sento la rabbia ribollirmi dentro mentre gli occhi prendono a bruciarmi.

“Quando avrai perso quest’aria di strafottenza e potremo parlarne da persone civili, potrai andare dove vuoi!”  Si allontana velocemente e sbatte la porta.

Nella stanza cala il silenzio.

“Tutto bene?” Chiede Giorgio avvicinandosi.

Annuisco senza parlare, mentre cerco di far sbollire la collera.

Guardo nel vuoto, ma, quando avverto una mano che mi si poggia sulla spalla, vengo scossa da un brivido.

Il giovane lascia la presa a mi viene di fronte. Evito di guardarlo e resto in silenzio anche quando mi sento stringere in un abbraccio. Resto immobile per qualche secondo fin quando non circondo a mia volta la schiena del giovane.

Restiamo in silenzio, senza neanche provare a parlare, tanto da riuscire ad avvertire il rumore della pioggia, che nel frattempo è diventata battente.

“Mi dispiace” Sussurra il giovane: “Scusala se puoi!”

Scrollo le spalle e mi allontano di un passo: “Quando sarò fuori di qui, forse troverò il coraggio per farlo!” Sorrido leggermente e guardo fuori dalla finestra, sospirando.

“Mi è venuta un’idea!”

Guardo interrogativamente il giovane che mi afferra una mano e prende a trascinarmi per la casa, facendomi salire le scale.

“Perché non usiamo la porta?” Chiedo, con il terrore di sapere quello che ha intenzione di fare.

“Troppo prevedibile!” Il giovane scrolla le spalle.

Entriamo in una stanza vuota, con all’interno un solo armadio, che il ragazzo apre tirandone fuori delle lenzuola.

“Non vorrai… o povera me!Non potrei mai farcela! E poi, non so se hai presente quell’ammasso di ferraglia che circonda la tua casetta!?”

Giorgio annuisce mentre comincia a strappare la prima striscia di cotone: “Si, lo so, ma ho usato questo metodo  per la prima volta a 11 anni, e sono ancora vivo!”

“Se lo dici tu… ma io ancora non mi fido! Sarebbe più sicuro uscire dalla porta d’ingresso!“

Un ghigno compare sul volto del giovane: “Si vede che non conosci mia madre!”

 

Guardo con aria scettica, l’ammasso di lenzuola bianche, posate a terra: “Tu sei pazzo, completamente pazzo! E non sto scherzando!” Esclamo quando il ragazzo apre il balcone, oltre il quale la pioggia continua a cadere con forza.

“Pronta?”

“No! Non ho nessuna intenzione di calarmi da un balcone! Adesso uscirò da questa casa!” Esclamo incrociando le braccia: “ E lo farò usando la porta!”

Esco dalla stanza scuotendo con foga la testa: “Ma dove sono capitata! Ma come mi è saltato in mente di perdere tutto questo tempo guardando un tizio mettere insieme tante strisce d cotone… ho bisogno di aria!”

Scendo velocemente la scalinata ma prima che possa arrivare alla fine, vedo arrivare Vincent di gran carriera: “Dove credi di andare?”

Mi blocco e fisso l’uomo senza dire nulla.

“Forse ancora non hai capito chi comanda in questa casa!”

L’uomo socchiude gli occhi e incrocia le braccia al petto.

Inarco le sopracciglia e sbuffo rumorosamente: “ E va bene, come non detto!”

Mi giro e risalgo gli scalini uno ad uno.

“Si, brava, vai a fare la nanna!” Una risata ironica.

“Idiota!” Serro le labbra e raggiungo il giovane.

Lo ritrovo intento a fissare la corda di lenzuola.

“Pronta?” Chiede nuovamente, come se non fossi mai uscita dalla stanza.

Lo guardo con aria dubbiosa: “ Sto sognando… sto avendo un’allucinazione, tutto questo è troppo… strano per essere vero!”

Esco sul balcone e spruzzi di pioggia cominciano a bagnarmi i jeans e le scarpe. Deglutisco e afferro il tessuto bianco, per poi scavalcare l’inferriata.

“Ok, stai calma, è tutto ok, stai solo sognando… o forse stai impazzendo, ma tanto è la stessa cosa… stai cal…!”

Una mano che si posa sulla mia, blocca il mio… flusso di coscienza e mi fa alzare lo sguardo. I miei occhi incrociano quelli del giovane Sinar e per la prima volta lo vedo teso.

“Stai attenta!”

“Cercherò!” Sussurro continuando a fissarlo: “Forse era a questo che si riferiva Patty!”

Scuoto la testa e impedisco alla mia testa di formulare altri pensieri.

Comincio a scendere… lentamente, molto lentamente… le mani bagnate dalla pioggia e dal sudore, i piedi che penzolano nel vuoto… un improvviso colpo di vento e comincio ad oscillare paurosamente da una parte all’altra: “Oddio, ora precipito!” Penso mentre mi irrigidisco sulla fune improvvisata: “No, non voglio morire! Sono troppo giovane! Non voglio essere raccolta da quelli della scientifica!... orrore, poi dovranno farmi l’autopsia… e se…”

Un brivido di freddo mi distogliere dai miei pensieri (devo dire, molto filosofici!) facendomi aprire gli occhi. La pioggia mi colpisce violentemente il viso, la mia visuale è ridotta praticamente a zero…

“Tutto a posto?” Mi sento chiede da un punto sopra di me.

“Si, si tutto bene… almeno credo!”

Abbasso una mano dopo l’altra e riprendo a scendere finché, senza preavviso, mi ritrovo con la terra ferma sotto i piedi.

Tiro un sospiro di sollievo mentre porto una mano al petto: “Mai più! Mai più una cosa del genere… non posso rischiare di farmi venire qualcosa… se tutti gli uomini fossero stati abituati ad uscire così dalle abitazioni, perchè avrebbero dovuto costruire le porte?”

Alzo la testa, gli occhiali colmi di piccole gocce, e fisso il balcone dal quale il giovane Sinar sta cominciando a scendere: è decisamente più pratico di me!

Una fascio di luce compare dalla stanza. Trattengo il respiro mentre il ragazzo è quasi arrivato a terra…

“Giò?”

“È Vincent!” Sussurra Giorgio scendendo a terra senza far rumore.

“Giò?” La voce si fa più forte e vicina.

Guardo il ragazzo e poi le lenzuola che penzolano dal balcone.

“Corri!” Esclama indicando un punto imprecisato del giardino.

Non me lo faccio ripetere due volte e, arrivata di fronte al cancello d’ingresso di Villa Sinar, mi blocco, indecisa sul da farsi. Guardo in su, l’enorme ammasso di ferro e inclino la testa da un lato, sospirando: “So già cosa mi toccherà fare!”

“Allora, non sali? Hai paura?” Sghignazza il giovane, con il fiatone.

“Non un’altra parola o giuro che mi siedo qua e non muovo neppure più un passo… tu e le tue idee brillanti!” Scuoto la testa e comincio ad arrampicarmi.

“Te le cavi bene! Forse in una vita passata eri una scalatrice!” Esclama con aria ironica.

“Simpatico! Questo è puro istinto di sopravvivenza!”

 

Arrivare in cima non è poi tanto difficile, lì però la cancellata si conclude con punte di ferro acuminate.

Le squadro ed esclamo, con un sorriso sinistro: “ A prova di ladro!”

“Tranquilla, ce la facciamo!”

“Dimmi un po’, hai fatto anche questo all’età di 11 anni?”

“No, a dire il vero quando tentai di scappare, fui afferrato da mia madre prima che potessi mettere un piede aldilà del balcone!”

Alzo gli occhi al cielo: “Fantastico!”

“Su, donna di poca fede! Un piede su quella sporgenza ed è fatta!”

“Oh, un piede su quella sporgenza ed è fatta!” Esclamo scimmiottando la voce del ragazzo: “La fa semplice, lui!”

Poggio il piede dove mi è stato indicato e, con una spinta più forte del dovuto, mi ritrovo a fare acrobazie sotto la pioggia… altro che cantare!

Finalmente mi ritrovo dall’altra parte e, con un sospiro di sollievo comincio la discesa, con le mani che tramano ogni qualvolta lascio la presa per scendere più giù.

Sono a pochi metri dal suolo quando decido di saltare e atterro sull’asfalto nero, con le gambe intirizzite per l’impatto.

Un tonfo mi fa voltare: “Allora, hai visto, è stato facile!” Esclama il ragazzo sospirando con aria soddisfatta:

“Ok, si, lo ammetto!” Dico massaggiandomi le gambe, che non vogliono smetterla di tremare: “Ma ora se non ti dispiace, io me ne torno indietro!”

Camminando velocemente mi allontano sempre più dall’imponente abitazione e, anche se non sono sicura al 100% di riuscire a trovare la strada, continuo, con andatura immutata.

“Certo che sei strana!”

“Strana?” Domando, appena il ragazzo mi si affianca.

“Si, lo sei!”

“Ah, ma mai quanto te…accidenti a questi occhiali!” Sbotto stizzita, togliendoli e cercando di pulire le gocce di pioggia con la maglia bagnata, riuscendo solo a peggiorare la situazione: “ Dovrei far istallare dei tergicristalli!”

“Cosa?” Domanda il giovane cominciando a ridere.

“Ehi, non prendermi in giro! La mia è un’idea geniale!” Mi blocco e guardo con aria torva la strada.

“Che c’è?”

“Un secondo! Non so se l’hai notato, ma sono leggermente miope e in questo momento non riesco neppure a distinguere la tua faccia!” Esclamo facendo oscillare paurosamente gli occhiali che ho in mano: “ Però riesco a vedere il sorriso stupido che stai facendo adesso!” Sbotto non riuscendo ad evitare mio malgrado di ridere. Il ragazzo tossicchia  e si volta.

 

In una manciata di minuti, arriviamo al punto in cui siamo stati caricati in macchina, qualche ora prima e, senza preoccuparmi del fatto che sia bagnata, mi siedo pesantemente su di una panchina.

“Tregua! Non ne posso più!”

Respiro profondamente e guardo la pioggia che continua a scendere con il suo immutato ticchettio. I passanti, sotto i loro ombrelli variopinti, camminano con passo affrettato, lanciandoci occhiate scandalizzate. Sorrido, incurante  e, a dispetto perfino della pioggia che continua a bagnarmi il viso, mi sento bene. Sono completamente inzuppata d’acqua, ma avverto un calore dentro... sarà tutta quella situazione assurda: l’essere a Fujisawa, il trovarmi in un nazione straniera, l’aver conosciuto persone che non ritenevo reali, il trovarmi, sotto un  acquazzone, con una ragazzo che mi manda in confus…”

“Ti senti bene?”

Apro gli occhi di colpo: il giovane Sinar mi scruta con aria curiosa.

“Ehm… io… no, niente, mi ero rilassata a tal punto che… stavo riflettendo, ecco tutto!”

Distolgo lo sguardo mentre mi sento arrossire.

“Accidenti, hai la capacità di disturbarmi nei momenti meno opportuni!”

“Scusate tanto, signora badessa se ho interrotto i vostri gravi pensieri!”

Sorrido e mi alzo: “ Ma smettila!”

Il giovane comincia a ridacchiare: “Di tipi strani ne ho incontrati, ma tu li batti tutti!”

“È la seconda volta che me no dici e se questo era un pessimo tentativo di fare un complimento, apprezzo la buona volontà!”

Il giovane mi fissa senza dire niente ed io aumento l’andatura procedendo per quella che mi sembra essere la strada giusta.

“Da quanto tempo sei qui?”

“Perché?”

“Sai dove stai andando?

“Penso di si e anche se non lo sapessi, non me ne farei un problema! Ci sarà di sicuro qua intorno qualcuno che sa dov’è casa Gatsby! E se non lo trovo, chiederò di casa Hutton!”

“Hutton?” Chiede l’altro con aria dubbiosa: “Il calciatore?”

“Si, certo, Oliver Hutton!”

“E a cosa ti servirebbe, scusa?”

Sbuffo, per poi sorridere: “Patty è la manager della squadra… mi sembra ovvio che Holly sappia dove abiti!”

“Ecco perché aveva un viso conosciuto!” Esclama Giorgio sbattendosi una mano sulla fronte.”Hai conoscenze importanti, allora!”

“Si, modestamente!” Assumo un’aria di finta importanza per poi guadare di sottecchi il giovane che guarda distrattamente la strada. Alzo lo sguardo e vedo finalmente qualcosa di vagamente familiare.

“Dev’essere quella!” Esclamo indicando un’abitazione.

Suono al campanello e rimango in attesa… il portone viene aperto da una signora anziana.

Rimango a fissarla con la bocca mezza aperta: “Che sia la nonna di Patty?” Mi chiedo mentre la donna mi scruta con aria contrariata: “Cosa volete, signorina?!”

“Ehm… io stavo cercando casa Gatsby!”

La signora indica con la mano l’abitazione attigua: “È quella!”

“Ah…” Sorrido imbarazzata: “Scusate!”

“Buongiorno!” Esclama la donna, chiudendo la porta.

Ridacchio da sola e torno indietro.

“Bella memoria!”

“Zitto!” Sbotto spingendo il giovane con una mano.

 

“Cos’è successo?” Domanda Patty, appena aperta la porta.

“Ehm…siamo scappati!”

“Chi? Cos… va bene, non lo voglio sapere!” la giovane sospira scuotendo i capo  e allontanandosi dell’ingresso per farmi entrare.

“Allora, io vado!” Dice il giovane Sinar, fuori dall’abitazione.

“Non vuoi un ombrello?” Chiede Patty.

“Non grazie, ormai non ne ho più bisogno… tanto è quasi sicuro che incontrerò Vincent per la strada!” Sorride facendo qualche passo indietro e salutando con la mano.

“Ciaociao!” Esclamo salutandolo a mia volta.

Il giovane si vota e si allontana lentamente…con la pioggia che continua a cadergli addosso, impietosa.

“Spero di non rivederlo più!” Sbotta Patty chiedendo la porta.

“Già…” Sussurro accennando un sorriso: “Anch’io…” Sospiro e, lanciando un ultimo sguardo alla porta, seguo la giovane al piano superiore.

 

 

 

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Capitolo 9
*** Capitolo 8 ***


CAPITOLO 8

CAPITOLO 8

 

 

“Patty, ti vogliono al telefono!”

La giovane inarca le sopracciglia e, scesa dal letto, esce dalla stanza per andare al piano inferiore.

Alzo gli occhi per vederla uscire e poi ritorno alla mia lettura, distesa sul letto.

Dopo la “passeggiata” sotto la pioggia mi sono ritrovata con un raffreddore coi fiocchi (essendo quasi immune alla febbre ma non a starnuti e mal di gola!).

I coniugi Gatsby non mi hanno permesso di mettere piede fuori casa per un paio di giorni e mi sono vista costretta e restare in camera e a far man bassa dei libri gentilmente messi a disposizione dalla “biblioteca Gatsby”.

Avverto il rumore della cornetta posata non molto delicatamente sul ricevitore e tendo l’orecchio, in attesa di sentire i passi della giovane sulle scale…

Passano i minuti, ma della ragazza nemmeno l’ombra.

Aggrotto le sopracciglia, scendo dal letto con uno scatto di reni e mi affaccio fuori dalla stanza.

Vedo Patricia ferma, davanti al ricevitore, lo sguardo basso e i pugni stretti.

Inclino la testa, senza riuscire a capire cosa possa avere, e scendo lentamente le scale.

“Era Maggie Hutton!” esclama lei con voce atona.

Mi fermo a pochi passi dalla giovane, senza trovare il coraggio per fare l’unica, semplice domanda che avrei voglia di fare. La ragazza, come se avesse letto i miei pensieri sghignazza lievemente e sussurra: “Ha detto che il volo di Holly parte fra n’ora!”

“Che cosa?” urlo, senza ritegno: “Quale volo?” Chiedo temendo di sapere la risposta, pe quanto assurda possa sembrare.

“Prova ad indovinare… quello per il Brasile!”

Rimango interdetta… pensare una cosa è un fatto, ma sentirsela dire, è un altro paio di maniche!

Ma non può averlo fatto! Non senza averti salutata!”

“Beh, a quanto pare lo sta facendo!” Sussurra la ragazza, la voce che le trema.

“No… non può… non deve… soprattutto perché sa cosa significa veder partire qualcuno senza essere avvisato…!” Prendo a torturarmi un labbro, cercando con tutta me stessa di trovare un motivo, una scusante, un perché a quella partenza improvvisa e quanto mai inaspettata.

“In fondo lo capisco!” La voce di Patty mi distoglie dai miei pensieri: “È il suo sogno ed io non posso impedirgli di partire!”

“Ho capito, e si può dire che non arriva neanche tanto inaspettata come notizia, però, quello che proprio non riesco a spiegarmi, è perché l’abbia fatto così all’improvviso e senza avvisare!”

“Non so davvero risponderti… se la madre non avesse telefonato, non so quando l’avrei saputo… “

Rimango in silenzio a fissare la ragazza che, a sua volta, non ha staccato gli occhi dal telefono.

Si sente aprire la porta d’ingresso e, dopo pochi istanti, compare il volto del signor Gatsby.

“È successo qualcosa?” Domanda, lanciando uno sguardo alla figlia.

Sospiro e prendo a guardare da un’altra parte.

“Allora? Devo preoccuparmi?” L’uomo si avvicina e posa una mano sulla spalla della ragazza.

“Niente, papà, non è successo nulla…” scrolla le spalle e si avvicina alle scale.

“Non è vero!”  Sbotto con aria corrucciata.

“Hm?”

“Quel geniaccio del fidanzato, ha avuto la brillante idea di partire per il Brasile senza avvisare anima viva!” Guardo l’uomo e inarco ancora di più le sopracciglia.

E quando sarebbe successo tutto ciò?” Il signor Gatsby rigira distrattamente le chiavi dell’auto fra le mani.

“Beh, a dire la verità, il suo volo parte fra circa un’ora…!” Faccio spallucce e mi volto a guardare Patty che non si è più mossa.

“Se mi promettete di non spaventavi per l’alta velocità, possiamo ancora farcela!” La voce dell’uomo è pacata, ma quando mi volto di scatto per guardarlo, ha in viso un’aria di sfida.

“Vuol dire che…”

“Papà, non ti ci mettere anche tu! Se ha deciso di partire senza salutare nessuno, io che posso fare?”

“Patty!” Esclamo quasi scandalizzata.

Che c’è, che c’è!” Urla l’altra voltandosi con uno scatto improvviso e fissandomi con aria inviperita: “Non ci posso fare nulla, ha deciso tutto da solo, non sarò certo io ad impedirgli di realizzare il suo sogno!”

“Si, ma non puoi nemmeno sottostare a tutti i suoi capricci senza reagire!” Questa volta è il padre ad urlare: “Muoviamoci!” Esclama afferrando la figlia per una mano e quasi trascinandola fuori dall’abitazione.

 

Con l’auto che sfreccia a tutta velocità, in meno di trenta minuti siamo a destinazione.

L’uomo ferma la macchina in doppia fila ed esclama: “Io non posso rimanere qui! Scendete voi,ok?”

Annuisco con il capo saltando giù dall’auto con lo stomaco leggermente sottosopra e fisso la vetrata che fa da porta all’aeroporto.

Ci avviciniamo e la porta scorrevole si apre immediatamente… l’aria all’interno è tiepida ed ha un buon odore. Rimango per qualche istante immobile, guardando la miriade di persone che, indaffarate, camminano nelle due direzioni e pensando: “Sarà quasi un’impresa trovarlo!” Scuoto il capo sospirando e lanciando uno sguardo alla giovane che mi si avvicina con aria poco convinta.

“Guarda lì?” esclama Patty indicando il tabellone in fondo a tutto.

Il mio sguardo corre velocemente su tutte le città indicate e i relativi orari di arrivo e partenza.

“Ma… Patty… cosa dovrei…?”
”Lì, l’ultima città!” Fisso la ragazza, per poi ritornare a guardare il tabellone… “Brasilia!... Uscita 23B…11 e 35…” Guardo istintivamente l’orologio per poi fissare la giovane accanto a me.

“Te l’avevo detto che era inutile!”

“Si, però… “ afferro il braccio di Gatsby cominciando a correre, come impazzita.

“Si sarà già imbarcato… lasciamo perdere!”

“Risparmia il fiato!” Rantolo già con il fiato corto per poi bloccarmi di botto.

Che ti prende ora?”

Mi giro con un sorriso tirato “Dov’è l’uscita 23B?”

La ragazza sgrana gli occhi e sospirando esclama: “Tu sei completamente pazza! Seguimi!”

A forza di spintomi e di scuse al volo riusciamo a raggiungere l’uscita mentre una voce metallica chiama per l’ultima volta i passeggeri del volo diretto in Brasile. Sto quasi per fermarmi, arresa, quando vedo un ragazzo dalla zazzera color ebano che consegna il suo biglietto ed un uomo in divisa.

Pa-Patty!” sussurro toccando leggermente il gomito della giovane.

“Holly!” urla con forza incredibile.

“Hutton! Fermati!” cerco di darle mano forte.

“Oliver!”

Esulto in silenzio nel vedere il ragazzo fermarsi di botto, ma, come se nulla fosse stato, prosegue, dopo un attimo di esitazione.

“Ti ha sentita! Ti ha sentita ma non si è fermato!” Sibilo tra i denti mentre comincio ad avvertire la rabbia che sale.

“Dannazione! Oliver Hutton, sei un codardo!” la giovane corre urlando a più non posso, ed ho la netta impressione che voglia lanciarsi all’inseguimento del fidanzato…

“Signorina, il suo biglietto, per favore!”

L’uomo all’ingresso del corridoio blocca Patty. La ragazza, lo fissa, confusa.

“Come?”

“Il suo biglietto, per favore!”

“Io… io non ho il bigl… no, non devo partire, devo solo raggiungere il ragazzo che è appena passato!” Mentre parla, gli occhi della ragazza guardano con aria famelica il corridoio.

“Mi dispiace, ma tutti i passeggeri del volo sono a bordo e a breve inizieranno le manovre per il decollo!” L’uomo alza le spalle e fissa la giovane con aria contrariata.

Ma… io… devo raggiungerlo, è importante!” La voce di Patty diventa un sussurro.

“Mi dispiace signorina!”

La giovane Gatsby abbassa il capo, indietreggiando di qualche passo: “Ho capito… scusi il disturbo…” Sospira e mi fissa per qualche istante, per poi oltrepassarmi ed allontanarsi.

 

“A tavola!”

Guardo l’orologio per poi rivolgere la mia attenzione alla giovane sdraiata sul letto: si è sistemata lì quando siamo rientrati senza più muoversi.

Mi avvicino cautamente e sussurro: ”Patty, è pronto! Scendiamo?”

“Hm?” Alza gli occhi per pochi istanti, per poi ritornare a guardarsi le mani: “Vai tu, non ho fame!”

Dai, non puoi rimanere a digiuno! Hai già saltato il pranzo! Prova almeno a scendere!”

“Ti ho detto di no!” Sbotta l’altra mettendosi a sedere e fissandomi con aria poco amichevole.

“Forse non capisci quando le persone parlano!?”

“Io…” Inarco le sopracciglia: “Ho capito benissimo! Sto solo cercando di smuoverti dall’apatia nella quale sei caduta!” Incrocio le braccia al petto e  serro le mascelle.

“Apatia? Ah, questa è bella!” Esclama alzandosi e cominciando a percorrere la stanza a grandi passi: “Tu non hai la minima idea di come mi senta in questo momento! Per niente!”

“No, infatti, però…” Seguo con lo sguardo la giovane che ha cominciato a girare in tondo.

Però cosa?” Si blocca di botto: “Se avessi tenuto la bocca chiusa, non avrei messo piede in quell’aeroporto!”

E con questo?” Domando senza capire.

“Sarei certamente meno… apatica di quanto non lo sia adesso!”

“Ah! Allora è così che la pensi!” Esclamo indignata.

“Già! Proprio così!”

“Perfetto, allora sono rimasta qui dentro fin troppo!” Mi volto e con aria furiosa esco dalla stanza, chiedendo violentemente la porta.

Mi fermo qualche secondo, come in attesa di qualcosa… come in attesa di sentirmi chiamare dalla ragazza nella stanza, ma non succede nulla, nessun rumore.

Sospiro e stringo le labbra, cominciando a scendere i gradini della scala che porta al piano inferiore, lentamente, quasi reticente.

Guardo a terra, continuando ad avanzare, ad avvicinarmi alla porta…
”Dove vai?” La voce della signora Gatsby arriva
così inaspettata da farmi sobbalzare.

“Vado fuori!” Esclamo senza alzare la testa.

“A quest’ora? Perché non vieni a tavola?”

Scrollo le spalle… non mi va neppure di rispondere, e poi, in fondo, quale sarebbe la risposta? Quella che neppure io so?

“Così!”

Poggio una mano sul portone, faccio scivolare le dita sulla maniglia e lo apro con uno scatto.

“Facile!” esclamo tra me.

Esco fuori e, senza voltarmi indietro percorro il vialetto che porta al marciapiede.

L’aria fresca, a tratti pungente, di quell’inizio serata, è in netto contrasto con il tepore di casa Gatsby, così come la luce artificiale con il grigio cupo che dipinge il cielo.

Continuo a tenere lo sguardo fisso a terra, mentre cammino lentamente, cercando di riscaldare le braccia, frizionandole con le mani.

“La prossima volta che ho un’idea brillante come questa, devo assicurarmi di indossare qualcosa di pesante!”

Rabbrividisco, ma continuo ad andare avanti.

“Adesso devo solo decidere cosa fare…” Mi guardo intorno lanciando qualche occhiata alla poca gente che è ancora per strada e ritorno ai miei pensieri.

“Potrei tornare a casa… si, certo, anche se la cosa non mi alletta per niente, e poi, non so nemmeno se una volta arrivata lì, troverò ad aspettarmi la mia casa o no!”

Inarco le sopracciglia e guardo il cielo.

“Si, perché, se io adesso sono qui… e ammettendo che questo non sia un sogno troppo reale o il frutto della mia malsana pazzia… ecco, seguendo un ragionamento logico, anche se di logico non ha nulla, l’Italia dove atterrerei, non sarebbe propriamente quella dalla quale sono partita… ma una nazione dove il 90% delle persone ha i capelli biondi…”

Mi blocco e socchiudo le labbra, scuotendo la testa: “Ma che razza di ragionamenti insensati sto facendo? Forse sarà la fame che mi fa questo effetto!” Sorrido e arrossisco lievemente mentre poggio una mano sullo stomaco che ha cominciato a protestare abbastanza vivacemente.

“Devo mettere qualcosa sotto i denti!”

Riprendo a  camminare e infilo una mano nei jeans, in attesa che vi compaia qualcosa all’interno.

“Hm? Siamo lenti oggi?” Chiedo a mezza voce, togliendo e infilando nuovamente la mano nei pantaloni.

E dai! Una volta tanto che ho davvero bisogno di qualcosa!”

Mi fermo sbuffando davanti un bar.

Ma perché? Che ti ho fatto?” Domando come se davanti a me vi fosse una persona: “Uffa…e adesso sono  bloccata qui, senza l’ombra di una centesimo e con lo stomaco in rivolta!”

Pesto un piede a terra e qualcosa di umido… anzi, di decisamente bagnato, mi sfiora la guancia. Inarco un sopracciglio e istintivamente alzo gli occhi al cielo: questa volta la cosa… umida, mi colpisce la fronte: “Perfetto! Quando si dice: non c’è limite al peggio!”  Sospiro ed entro nel locale.

L’aria tiepida mi colpisce in pieno, facendomi sentire subito meglio.

Un po’ guardigna, faccio qualche passo cercando un posto tranquillo dove sedermi.

In fondo vi è un gruppo di persone intente a guardare uno schermo televisivo di ultima generazione. La luce azzurra illumina i loro visi, ma l’audio è sovrastato dai commenti.

Prendo posto su di una sedia e rimango a fissarli per qualche istante, senza pensare a nulla.

Un tuono in lontananza mi scuote, riportandomi alla realtà.

“Dunque…” Faccio tra me guardandomi le mani: “Ho freddo… cioè… in questo momento no… comunque… ho fame, sono senza soldi e non ho idea di cosa fare! Quindi ora: uno, resto qui finché non mi cacciano fuori e poi vado a cercare un ponte sotto il quale dormire!” La cosa mi fa sfuggire un ghigno: “Due, resto qui finché non mi cacciano fuori e poi ritorno a casa Gatsby con la coda fra le gambe e chiedendo in ginocchio pietà; tre, cerco di raggiungere a piedi l’aeroporto e poi  mi accampo lì per il resto dei miei giorni; quattro, esco subito da questo posto e ritorno indietro! Hm…beh, la scelta, devo dire, è molto ardua…!” Incrocio le braccia al petto e chiudo gli occhi, concentrandomi sul mio respiro.

Un flash improvviso mi fa spalancare gli occhi.

Il locale resta per qualche secondo al buio mentre, poco lontano, si accendono le luci d’emergenza… si sentono  i mormorii delle persone che stavano guardando la tv; poi, con un placido tonfo, tutto ritorna come prima.

Mi alzo lentamente e mi avvio fuori dall’edificio.

“Tutto questo rumore per nulla!” Penso guardando la pioggerellina che scende  giù lentamente e sembra quasi sul punto di estinguersi.

Lo stomaco protesta di nuovo: “Ok, ho capito! Sto tornando indietro, va bene?” Sibilo a mezza voce, facendo qualche passo.

Aumento l’andatura quando comincio a sentirmi le spalle umide, finché non mi ritrovo a fare la staffetta tra un balcone e l’altro. La cosa comincia addirittura a divertirmi fin quando cozzo senza preavviso contro qualcosa. L’impatto, unito alle suole delle scarpe bagnate, mi fa finire seduta a terra e l’unica sensazione che mi invade è un senso di bagnato.

“Mitico!” Penso tra me rialzandomi e cercando di ripulire alla meno peggio il didietro fradicio: “Adesso sì che mi sento come uno di quei personaggi sfigati dei manga!”

Scuoto la testa continuando a borbottare e, guardando un punto imprecisato del marciapiede, faccio per proseguire.

“Ehi, adesso non si chiede neanche più scusa?”

Mi irrigidisco di colpo sentendomi arrossire davanti a quella gaffe. Con un sorriso imbarazzato mi volto: “Oh, si, mi scusi, ero… stavo pensando ad…”

Un vuoto allo stomaco mi fa fermare, mentre dall’altra parte, due occhi verdi mi fissano con grande ilarità.

“Ah!” Sbotto, cercando di non perdere il controllo: “Sei tu, ammazza pedoni da strapazzo! Ed io che pensavo fossi un povero passante!”

Perché, non lo sono?” Domanda con aria da cucciolo abbandonato.

“No, tu non sei un passante, ma quello che li investe!”

Il giovane fa spallucce: “Questa volta non è stata solo colpa mia! E poi, passi la prima volta, però ora poteva anche essere uno scontro premeditato!” Sinar strizza un occhio sorridendo.

Distolgo lo sguardo, leggermente imbarazzata, e sbotto:”Si, come no! Però intanto a terra ci finisco sempre io!” Faccio qualche passo avvicinandomi ad un balcone e appoggiandomi al muro, braccia incrociate.

“Ti sbagli, la prima volta ho avuto anch’io un incontro ravvicinato con il terreno!” Esclama seguendomi all’asciutto.

“Sì, come vuoi!” Alzo gli occhi e faccio spallucce.

“Non c’è bisogno che mi assecondi, è la verità!”

Sbuffo rumorosamente: “Ma perché devo incontrare sempre te?!

“Il destino, mia cara, il destino!”

Lancio un’occhiata al giovane che se la ride.

“Smettila di prendermi in giro! Allora, che ci fai da queste parti? Ancora Vincent alle calcagna?”

“Assolutamente! Sono di ritorno da una rimpatriata con gli amici!” Giorgio assume un’aria soddisfatta.

Sollevo un sopracciglio, per niente convinta: “Sei sicuro di quello che dici?”

“Secondo te me ne starei tranquillamente a chiacchierare con te, se fosse il contrario?” Il giovane fa spallucce.

“Hm… se lo dici tu… come va con tua madre?”

“Beh, considerando che sono passati pochi giorni dal misfatto, direi decisamente meglio! Sembra che le sia quasi venuta un crisi di nervi quando Vinc le ha detto come ce ne eravamo andati!” Il ragazzo sghignazza mentre mi viene da pensare: “Quella donna deve essere strana forte!”

E tu, invece?”

“Hm?”

Che ci fa una ragazza straniera fuori a quest’ora da sola?”

“Fugge!” Esclamo con aria seria.

“Eh?” Sinar ha un’espressione incredula in volto.

“Si, proprio così! Ho avuto una discussione con Patty e mi è venuta l’idea malsana di lasciare casa Gatsby… ed ora sto facendo dietrofront!”

“Scusa la domanda, ma a questo punto, no potresti tornare a casa tua?”

Guardo l’altro sorridendo leggermente: “Non è semplice come potrebbe sembrare…!”

“Ah no?!

“Per niente!”

Il giovane mi fissa e incrocia le braccia al petto, come in attesa di altro.

Abbasso lo sguardo: “Non posso dirti di più!”

Perché?”

“Punto primo, perché questa è solo la seconda volta che ti vedo…”

“Dettagli!”

“Per te, forse… e poi è una storia lunga, siamo sotto la pioggia, io ho freddo, fame, e tu devi tornare a casa o a tua madre verrà un’altra crisi isterica!”

“Nervosa!”

“Beh, si, quello che è!”

Comunque il mio capolinea è a cento metri da qui; Vinc viene a prendermi!”

“Giusto!” Sussurro non riuscendo a reprimere un sorriso: “E noi non vogliamo che il vecchio Vinc si arrabbi, quindi è meglio se vado!” Alzo di nuovo lo sguardo sul giovane Sinar: “Ci… vediamo!” Sollevo la mano per salutare, mentre comincio a girarmi.

Vincent sarà anche la mia guardia del corpo…” L’espressione di Giorgio si fa seria: “… ma non sarà di certo lui a dirmi cosa devo o non devo fare!” Sorride dolcemente mentre deglutisco involontariamente: “ Quindi, se ti serve un passaggio, il mio numero è sull’elenco!”

“Si, un altro viaggio con Vincent alla guida è proprio quello che mi ci vuole!” Dico d’un fiato.

“Alla prossima!”

“Si, e cerca di non buttarmi a terra!” Scuoto la testa sorridendo, e gli volto le spalle.

“Cercherò, ma non ti assicuro niente!”

Respiro profondamente e prendo a camminare velocemente, portando una mano sulla testa.

Quando sono nei pressi di casa Gatsby la pioggia ha ormai smesso di cadere, ma l’aria è ancora pregna del suo odore.

Sospiro, e dopo aver tentennato un po’, percorro il breve vialetto e suono il campanello.

Quando il portone si apre, mi ritrovo di fronte il capofamiglia che inclina la testa da un lato e, guardandomi, chiede: “Di ritorno dalla piscina?”

Lo fisso senza capire, ma , abbassando lo sguardo, noto il jeans bagnato dalla ginocchia in giù.

“Ehm… più… più o meno!” Un sorriso tirato mi compare in volto.

L’uomo si sposta per farmi entrare: “Mi dispiace!” dico a mezza voce.

“Tranquilla, Patricia ci ha spiegato come stanno le cose!”

Fisso l’altro senza capire: “Davvero?” Domando titubante.

“Si, certo e per noi non ci sono problemi! Non ti avevamo detto nulla per… beh, chiaro no?!

Accenno di si con la testa mentre penso: “No! No, che non è chiaro!”

Continuo a fissare l’uomo come una scema, con la bocca per metà aperta: “Avrà raccontato che sono pazza e che mi hanno buttata fuori dal manicomio!?”

Tolgo lentamente le scarpe, completamente soprappensiero, e prendo ad arrotolare i jeans, per poter salire al piano superiore.

Busso lievemente alla porta e resto in attesa di una risposta che però tarda ad arrivare.

Alzo le spalle e riprovo.

“È aperto!”

La giovane, che sta sistemando dei vestiti, si volta al mio ingresso e aggrotta le sopracciglia: “Dimmi come fai ad essere sempre fuori quando comincia a piovere; hai un tempismo unico!

Annuisco debolmente: “Già, è destino, che posso farci?!

E così il cerchio si chiude!” Sussurra Patty, quasi a se stessa.

Rimango in silenzio mentre l’altra riprende il suo lavoro. Mi guardo intorno, a disagio, e mi viene in mente qualcosa: “Scusa, ma cos’è che hai raccontato ai tuoi, sul mio conto?”

Patty si ferma e, dopo qualche istante le sfugge uno sghignazzo: “Perché, che ti hanno detto?” Si volta e va a sedersi sul letto.

“Ecco, in realtà nulla... tuo padre è stato molto… come dire… sibillino! Ha detto solo che sanno tutto e che non ci sono problemi…”

La giovane si limita a sorridere, divertita.

“Sanno tutto, cosa?”

“Oh, senti, dovevo pur inventarmi qualcosa per non farti cacciare fuori di casa, no? Inoltre, questa… cosa, non doveva uscire fuori!”

“Quale cosa?” Chiedo, ancora nel buio più totale.

“Ho detto che sei scappata dal tetto coniugale perché tuo marito ti maltrattava… che dovevi badare da sola alla casa e ai tuoi sette fratelli che ti disprezzano…!”

Cosa?”

Vedo la giovane che, in evidente difficoltà, si sforza per non ridere.

“Beh, si, più o meno è questo il succo, se non ci credo puoi chiedere ai miei… però ho colorito un po’ il tutto!”

“Ancora di più?” Un’alzata di spalle è l’unica risposta che ottengo.

Giro lo sguardo, mentre penso: “Abbandono del tetto coniugale… sette fratelli… tetto coniugale… disprezzata da tutti e sette i fratelli… coniuge violento…” Inarco le sopracciglia: “Visto che c’eri, potevi aggiungere anche: personalità masochista!”

“No, poi sembrava esagerato!”

Apro la bocca, ma non  riesco a dire nulla.

Quando mi volto nuovamente , la ragazza è distesa sul letto con gli occhi chiusi.

“Ah… comunque… grazie e scusami…”

“Di niente, ho sbagliato anch’io, e poi ho bisogno di qualcuno da usare come bersaglio mobile quindi, qualunque cosa ti dica, non azzardarti più ad allontanarti… e poi lo sai meglio di me che devi aspettare lo scorrere degli eventi!”

“Si, però, mi dispiace di…”

“Di aver saltato la cena? Beh, tranquilla, mia madre non ti ucciderà per questo… a dire il vero non so come l’ha presa, ma penso che sia così!”

Sorrido leggermente mentre noto l’espressione cupa di Patty.

“Si, hai ragione!”

“A proposito!” Gatsby salta a sedere, colpita da un pensiero improvviso: “Come mai sei ritornata sui tuoi passi ?”

La domanda mi fa arrossire lievemente. Prendo a massaggiarmi un braccio: “Ecco… a dire la verità avevo freddo e… si, mi è venuta fame!” Concludo in fretta.

Dai, dici sul serio!”

“Si, anche se ora mi è completamente passato l’appetito!” Sussurro mentre involontariamente ripenso a pochi minuti prima.

L’altra fa spallucce e ritorna a sdraiarsi.

“… se ti serve un passaggio, il mio numero è sull’elenco… che tipo!” Penso non riuscendo a reprimere una smorfia.

Mi alzo e prendo qualcosa di asciutto per cambiarmi, dirigendomi poi in bagno: “Chi sa che gli è saltato in mente a quel Sinar!? Come pensa che possa farmi scarrozzare in giro da Vincent… un’altra volta? Mah…” Scuoto il capo e comincio a cambiarmi: “E poi…” Sbotto infilando una manica della maglia: “Oggi è la seconda volta che ci… scontriamo per caso…”

Un fastidioso vuoto allo stomaco mi fa fermare.

Inoltre non capisco perché mi sia passata la fame… sempre colpa sua! Mi sono bagnata, mi è passata la fame, sto parlando a vanvera con me stessa… è carino, si… cioè, si…” Ridacchio: “È un bel ragazzo, devo ammetterlo, però questo ora cosa centra? E poi non capisco perché ci penso!”

Abbasso con forza la maniglia, ed apro la porta, ritornando in camera.

Lancio i vestiti sul letto e quasi mi lancio anch’io sullo stesso.

“Ho sbagliato qualcosa?”

Cosa?” Domando al bisbiglio di Patty. Guardo la ragazza che ha lo sguardo fiso sul soffitto.

“Secondo te dov’è che ho sbagliato?”  

Se c’è qualcuno che ha sbagliato, quel qualcuno è lui!”

“Già… ancora non riesco a spiegarmi perché l’ha fatto… neanche una telefonata, nulla!”

“Dovrà tornare prima o poi… non credo che si darà alla latitanza a vita… o almeno spero…”

“Io… non lo so, è da  quando siamo ritornati da… beh, da quel posto da incubo… da quella villa… beh, è da allora che l’ho visto, come dire… un po’ strano, giù di corda, però… non pensavo che la cosa fosse così grave, altrimenti…”

“Patty, è inutile che ti colpevolizzi! Se davvero era rimasto… traumatizzato, poteva anche parlartene e non c’era bisogno di scomparire da un giorno all’altro!”

“Ieri l’ho lasciato sereno come al solito…” La voce di Gatsby trema leggermente.

Fisso la ragazza senza riuscire a dire nulla.

“Avrà raggiunto Roberto… “

“Forse lui riuscirà a farlo ragionare!?” Esclamo dubbiosa.

“Hm… ne dubito fortemente!”

“Si, ma credo che prima o poi dovrà tornare e allora gliene dirai quattro… o potrai passare direttamente alle mani!”

La giovane sorride leggermente per poi girasi su un fianco : “Questo è sicuro…: sarà il quarto d’ora più lungo della sua vita!”

 

 

 

per Haibara88: ciao! Mi fa davvero piacere sapere che la fanfic ti stia piacendo! Ultimamente l’ho decisamente trascurata e penso ci vorrà del tempo prima che riesca a scrivere il prossimo capitolo, ma mi raccomando, tieni duro… prima o poi aggiornerò!^^ Grazie! Baci!

 

 

per ladycecille: grazie per i complimenti! Purtroppo ho ripostato da capo l’intera fanfic e la tua recensione si è cancellata, ma ci tengo a dire che sto cercando di andare un po’ più lentamente nella descrizione degli eventi (ovviamente sperando di fare un buon lavoro!)!^^ Grazie per il consiglio! Spero che la fic continui a piacerti! Baci!

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Capitolo 10
*** Capitolo 9 ***


CAPITOLO 9

CAPITOLO 9

 

 

“Esco!” Esclama Patty all’improvviso, uscendo dalla stanza e richiudendosi la porta alle spalle, senza darmi il tempo di aprire bocca.

Inarco le sopracciglia, fissando la camera ormai vuota e scuoto la testa, rassegnata.

Sono trascorse quasi due settimane da quando Hutton ha deciso di sparire dalla circolazione di sua iniziativa e senza un motivo valido. Non che sia cambiato molto… stranezze da parte di Gatsby a parte: non credo di averla vista in casa per più di due ore consecutive ultimamente, è un continuo uscire e andare chissà dove. Ovviamente non posso capire quello che deve star passando, ma pensavo che l’avrebbe presa in modo… un tantino diverso. Tanto di cappello se non si è rinchiusa nella sua stanza a piangere come una disperata, però… Sospiro con un’aria decisamente dubbiosa in volto e riprendo a leggere il libro che ho abbandonato a causa delle mie riflessioni.

 

Jack era immobile al centro dello spiazzato con la mano destra all’altezza della cintura. Le sue dita i muovevano lentamente nell’attesa che arrivasse il momento giusto per afferrare la pistola. Gli occhi azzurri scrutavano il suo rivale di sempre che, fermo davanti a lui sogghignava sommessamente. Aveva il volto rigato da cristalline gocce di sudore

“Accidenti” pesò Jack “Doveva fare proprio così maledettamente caldo, oggi?”

Intorno nessuno dei cittadini di Indytown osava fiatare mentre i due si lanciavano sguardi di sfida. L’atmosfera era raggelante. John, dal canto suo, non smetteva un attimo di fissare il cowboy che gli si parava davanti e nonostante sul volto avesse dipinta un’espressione beffarda, dentro di sé sentiva crescere l’angoscia

“Jack, siamo arrivati al duello decisivo, ne sono sicuro, questa volta non ci saranno due vincitori, né due sconfitti, risolveremo la questione una volta per tutte!”.

La tensione era alle stelle e i due sfidanti erano pronti a spararsi a vicenda. Un corvo gracchiò e il suo grido, che si levò per l’intera città, fu il segnale che fece scattare i due. Le mani si mossero velocemente e in una frazione di secondo si udirono le pistole sparare p, le pallottole vibrare nell’aria secca di quel giorno. Un denso fumo si levò intorno ai due rivali e in un primo momento nessuno riuscì a capire cosa fosse successo, ma a poco a poco la nuvola grigiastra si dissolse e

 

Una serie di rumori improvvisi e cacofonici mi distoglie forzatamente dal romanzo, interrompendo bruscamente l’atmosfera di suspance che si era creata a causa del momento topico e, diciamocela tutta, facendomi leggermente saltare i nervi.

“Che diavolo sta succedendo?” Sbuffo rumorosamente, cercando di riprendere la lettura ma questa volta ad impedirmelo è un urlo.

“Fuori! … Fuori ho detto!”

Sento sbraitare Patty dal piano terra e rimango a fissare il soffitto della stanza per qualche secondo prima che un inspiegabile silenzio surreale venga di nuovo rotto.

“Parti senza neanche avvertirmi, ritorni dopo due settimane di assoluto silenzio e ti presenti qui pretendendo che io ti ascolti? Impiccati!”

“Uhm… buon suggerimento!” Penso tra me, sedendomi a gambe incrociate sul letto e massaggiandomi il collo indecisa se scoppiare a ridere o mantenere un contegno doveroso.  

“Sembra che Holly sia ritornato in patria… passerà un quarto d’ora d’inferno, e in fondo non mi dispiace, se l’è meritato!” Annuisco lievemente mentre la voce del calciatore arriva decisamente più attutita rispetto a quella della sua fidanzata che sembra aver tirato fuori un carattere non suo, sputando fuori tutto quello che si è tenuta gelosamente dentro in due settimane.

Ma non ti vergogni? Non una telefonata, non un messaggio, nulla di nulla! Ok, va bene… “

La voce della giovane va scemando e non riesco a capire più nulla. Solo dei borbottii arrivano nella stanza e a me non rimane che restarmene in silenzio in attesa di qualche nuovo sviluppo.

Dopo una decina di minuti passati a fissare con scarso interesse il pavimento della camera mi alzo con un sospiro dal letto, stiracchiando le braccia con un lieve lamento.

A meno che non si siano pestati a sangue, cosa che dubito fortemente, non penso sia un problema se do una sbirciatina!” rifletto tra me scendendo gli scalini per raggiungere il piano inferiore dove non si avverte nessun rumore: sembra quasi che la casa sia vuota e la notizia non mi porterebbe al settimo cielo. Con finta nonschalance raggiungo il soggiorno alla ricerca di un qualsiasi componente della famiglia Gatsby trovandomi però con la sola compagnia dell’arredamento.

“Fantastico!” Esclamo allargando le braccia con fare melodrammatico “Mi hanno lasciata da sola… a guardia della casa! Perfetto… ho attenuto la loro fiducia ed ora potrò portare a termine la mia conquista della galassia…” Sussurro con aria ironica “Dunque, vediamo, di quale stanza dovrei prender possesso, per cominciare?”

“Che ne dici di radere al suolo la stanza di Oliver?” Chiede una voce proveniente dal nulla che mi fa saltare come una molla ed emettere una rantolo inquietante. 

“Cavolo, Patty, mi è quasi preso un colpo! Se vuoi uccidermi dillo subito!” Sputo fuori d’un fiato, una mano sul petto. Faccio qualche passo indietro fissando la ragazza seduta sul pavimento, dietro il tavolo da pranzo che l’ha nascosta fino a quel momento.

La lieve risata di Gatsby risuona piano nella stanza “Scusa, non volevo spaventarti ma non ho resistito… in effetti forse quella di fargli saltar in aria la stanza non sarebbe una cattiva idea… non risolverebbe nulla, ma al momento mi farebbe sentire almeno un po’ meglio…” Un lungo sospiro e Patricia si richiude nel silenzio. 

Rimango a fissarla, senza sapere cosa fare prima di decidermi finalmente ad avvicinarmi. Mi siedo a terra, accanto a lei, e le lancio un’occhiata interrogativa.

Patty tira le ginocchia al petto e le fissa con insistenza prima di sussurrare “Non volevo urlare in quel modo…” Come se quella  fosse la cosa più importante.

Con una smorfia contrariata provo a ribatte, ma la giovane non mi dà neppure il tempo di aprir bocca.

“Ero combattuta. Davvero, non sapevo cosa fare in quel momento, come comportarmi quando me lo sono visto davanti alla porta di casa. Scuote lentamente la testa  “Una parte di me avrebbe voluto corrergli incontro, gettargli le braccia al collo e stringerlo fino a mozzargli il fiato…” Patty sorride lievemente prima di ricomporsi “Ma l’altra parte avrebbe solo desiderato chiudergli la porta in faccia e urlargli di non farsi più vedere… è stato davvero crudele da parte sua…” Un nuovo sospiro e la giovane allunga le gambe sul pavimento. Rimango a fissarla senza provare ad interromperla.

La vedo alzare lo sguardo verso un punto imprecisato “Sai, mi son sentita come in un sogno, come se non fossi realmente io a parlare… e forse neanche l’ho fatto davvero… una cosa stupida da dire dal momento che sono stata proprio io, con questa bocca e questa voce a dirgli di aver bisogno di un po’ di tempo… un po’ di tempo per star da sola e riflettere… ma riflettere su cosa, poi? Non lo so nemmeno io, ma l’ho fatto e lui… lui ha detto la cosa più stupida e insensata di questo mondo…”  L’ennesimo sospiro e poi di nuovo il silenzio.

Fisso la giovane come in attesa di un seguito, una sorte di muto invito a continuare, ma quando ciò non avviene provo a domandare “Cosa?... Che cosa ha…”

Ma sono sicura di aver capito male!” Esclama in fretta l’altra… troppo in fretta.

“Sono sicura che in tutto quel trambusto mi son persa qualche pezzo di conversazione… dopotutto Holly sussurrava a mala pena…” Ridacchia senza allegria “Aveva paura che potessi mangiarlo, se avesse alzato un po’ la voce?” La giovane mi lancia un’occhiata prima di tornare a guardare il muro “Sì, dev’esser andata così… “ Bisbiglia, come a voler convincere più che altro se stessa.

“Patty… “ provo a dir qualcosa, qualsiasi cosa, ma le parole mi si bloccano in gola; rimango ferma, le labbra socchiuse, senza che ne esca un altro suono. Continuo a fissare la giovane che sospira di tanto in tanto, come in cerca di un buon motivo per alzarsi dal pavimento freddo.

Un scroscio mi fa voltare lievemente verso la finestra attraverso la quale posso ben vedere il cielo plumbeo, opprimente e carico di pioggia.

“Vado in camera. Ho bisogno di schiarirmi un attimo le idee… o almeno è questa l’idea!” Sussurra la giovane con un sorriso mesto.

Mi limito ad annuire con la testa, rimanendo a guardarla mentre lascia in silenzio la stanza seguita dal rombo di un tuono.  

 

La pioggia continua a cadere per giorni, rendendo ancora più deprimente la situazione, come se non lo fosse già abbastanza di suo. La giovane Gatsby costretta dal mal tempo a rimanere a casa si è praticamente chiusa nel mutismo, quasi a voler diventare un pezzo dell’arredamento e a me non resta che fissarla senza poter far nulla e men che meno parlare dal momento che quando ci ho provato c’è mancato poco che mi tirasse dietro una scarpa. Ma sembra proprio che la situazione sia solo destinata a peggiorare…  

 

Sono appena passate le 10 dell’ennesima giornata piovosa. Sembra che le condizioni climatiche non vogliano permettere a nessuno di uscir di casa.

“Se penso che a distanza di una settimana si terrà un’amichevole di calcio, mi viene quasi da piangere!” Penso con fare tragico, facendo una smorfia “Mi immagino già sugli spalti, completamente zuppa d’acqua e conge…”

Qualcuno bussa alla porta, troncando di netto il mio grigio rimuginare, e senza che nessuno riesca a dir nulla, fa irruzione il signor Gatsby, con l’aria di chi si è appena azzuffato.

“Da non credere!” Sbotta lanciano un giornale sotto gli occhi della figlia, seduta alla scrivania, che non l’ha degnato di uno sguardo.

“Che succede?” chiedo, incuriosita da quell’entrata improvvisa.

“Niente che non sapessi già…” Sibila Patricia, prima di stringere con violenza una penna “Quell’idiota… doveva proprio farlo? Perché non aspettare che quel cervello bacato ritrovasse un briciolo di ragione… stupido… stupido di un Oliver Hutton…” 

Continuo fissare la giovane prima di spostare uno sguardo interrogativo sul padre che è rimasto in mezzo alla stanza come una statua di bronzo. L’uomo sembra sul punto di dire qualcosa, ma poi finisce solo per passarsi una mano sul viso, abbandonando la stanza.

 “Sono tutti impazzi in questa casa…” Penso con un pizzico di preoccupazione, avvicinandomi a Patty e prendendo con molta cautela il giornale dalla scrivania “Che ci sarà di tanto sconvolgente?” Mi chiedo apprestandomi a leggere il titolo in prima pagina “Lascio il calcio!” Mormoro a bassa voce rimanendo a fissare le lettere nere in caratteri cubitali prima che il messaggio venga recepito dal mio cervello in modo chiaro ed inequivocabile “Che … significa?” Mi chiedo voltandomi verso la ragazza vicino a me “Che diavolo è questa roba?” Domando cercando di controllare la voce “È uno scherzo di cattivo gusto, vero?”  tento di venirne a capo, rendendomi improvvisamente conto di quello che sta succedendo; in quel momento anche le parole sussurrate da Patty quando l’avevo trovata seduta a terra hanno un senso “Non può sul serio farlo!” Sbotto mentre avverto il telefono squillare al piano inferiore

“Patty?” chiamo la ragazza anche se con poca convinzione “Per favore, dimmi che è una trovata pubblicitaria… di orrido gusto per di più!” Sbuffo all’ennesimo mutismo e mi trascino a sedere sul letto, scuotendo la testa e cominciando a leggere l’articolo più assurdo della mia vita.

 

“Lascio il calcio!” è questa l’affermazione schoc che Oliver Hutton, giovane promessa del calcio giapponese, ha fatto durante la conferenza stampa indetta dallo stesso per comunicare la notizia. Hutton nega incomprensioni all’interno della squadra all’origine dell’abbandono. L’improvvisa notizia è stata accolta con grande clamore dai tanti tifosi che…

 

“Io vado a farmi un tè!”

“Cosa?” Chiede interrompendo la lettura e fissando con aria a dir poco scettica la giovane che si alza di colpo ed esce dalla stanza. Aspetto qualche minuto nella stanza vuota prima di decidermi a mollare il giornale sul letto e ad andare a vedere che sta facendo in realtà la giovane Gatsby.

 

“Ah! Stai davvero bevendo del tè!” Esclamo fin troppo sorpresa.

Vengo raggelata dall’occhiata di Patty  “Perché, cosa pensavi che stessi facendo?” Sbuffa e riprende a sorseggiare dalla tazza fumante, prima di posarla sul tavolo con aria stanca.

“Lo sai, credo che sia proprio un cretino!” Sussurra con una smorfia “Non credevo che stesse dicendo sul serio, l’altro giorno. Era una cosa troppo strana anche solo da immaginare. Quel ragazzo è nato col pallone al piede. E poi…” Inspira profondamente “Se anche avesse avuto una crisi con il suo… amico fraterno… cosa di cui, sinceramente, dubito fortemente, non avrebbe dovuto gridarlo ai quattro venti, accidenti a lui! Ora non oso pensare a cosa potrà accadere!... Come la prenderà la squadra? Dici che arriveranno alle mani?” Chiede con aria tragi-comica prima di riprendere senza che io abbia avuto il coraggio per interromperla in qualche modo “Sai, io, in qualche modo… ecco, sì, mi sento responsabile!”

“Questa è una grande idiozia, e lo sai benissimo!” sbotto all’improvviso.

“Può darsi, però… oh, non lo so… è successo tutto troppo velocemente… ” la giovane sospira “Non so come comportarmi… gli ho detto che volevo del tempo… e lui cosa fa? Molla la sua unica ragione di vita… stupido!” Patty abbassa il viso e rimane ferma in quella posizione.

“Stupido…già, lo penso anch’io...” è l’unica cosa che riesco a sussurrare prima che nella stanza piombi all’improvviso il buio. Un lampo la percorre per un attimo, immediatamente seguito dal rombo del tuono.

“Ora anche la casa è in sintonia con lo stato d’animo delle sue occupanti!” Penso con un sorriso sarcastico in viso, mentre la giovane Gatsby rimane immobile e taciturna, come se nulla fosse accaduto.

Sto per arrischiarmi a chiedere dove sia l’interruttore centrale o per lo meno una candela quando il suono del citofono blocca la mia domanda sul nascere.

“Vuoi che vada…” 

“No, lascia stare, saranno i miei!” Sospira Patricia con fare apatico, alzandosi dalla sedia ed uscendo lentamente dalla stanza.

Nei pochi secondi di silenzio che seguono rimango a fissare come ipnotizzata la pioggia che scroscia fuori dalla finestra lasciando sinuose scie sul vetro opaco e finisco per sobbalzare al violento sbattere del portone d’ingresso.

“Che cavolo…?” Sussurro contrariata prima di vedere Patty rientrare nella sala da pranzo con aria innervosita; afferra la tazza dalla quale stava bevendo e nel versa il contenuto nel lavabo. “Vado in camera!” Sbotta avventurandosi su per le scale, al buio.  

La cosa mi fa sfuggire una smorfia e un sospiro “Ma perché? Perché mi chiedo? Che fine hanno fatto le storie d’amore tutte rose e fiori che pullulano negli anime?” Mi chiedo con aria disperata mentre il suono del campanello ritorna a farsi sentire con sempre più insistenza. Fisso il pavimento, decisamente combattuta. “Potrei rimanere qui, nell’ombra, facendo finta di non esistere!” L’idea al momento mi soddisfa in modo quasi surreale “…però è anche vero che questo trillo metallico sta diventando alquanto irritante… “ Mi impongo di non ascoltarlo fin quando finalmente smette “Si sarà arreso!” Constato con gioia, ma quasi subito avverto un leggero senso di colpa. Con una smorfia mi alzo, avvicinandomi dalla finestra per sbirciare attraverso le sottili tendine: sotto la pioggia insistente noto una figura che si allontana a passi lenti. Con la testa quasi infossata nelle spalle quasi non sembra il solare e sempre positivo capitano della nazionale under 21 giapponese e riesce a farmi pena. “Però, dopotutto se l’è cercata… “ Continuo a guardar fuori anche quando il giovane è ormai scomparso dalla mia visuale e per la prima volta mi ritrovo seriamente a pensare a quello che è successo in quei giorni. Le parole di Gatsby mi ritornano alla mente come un flash improvviso “…aver bisogno di un po’ di tempo… un po’ di tempo per star da sola e riflettere… “ Riflettere… da sola e riflettere… “Ok!” Sbotto, come se il parlare ad alta voce possa in qualche modo aiutarmi a: capire, far chiarezza, snebbiarmi la mente, prendere atto del colossale controsenso dell’intera faccenda… beh una di queste. “Non che la cosa potrebbe aiutare chicchessia, ovviamente!” Constato con malcelato pessimismo mentre una lampadina mi si accende nella mente “Forse è colpa mia!” Esclama con un sorriso decisamente troppo felice dato il significato dell’esclamazione “Ma certo!” mi batto un pugno sulla fronte e rimango a fissare il vuoto “Dopotutto la mia presenza qui è un errore! Tutto questo è assurdo, il mio essere qui è assurdo, e non so quale, fra la decisione di Holly e quella di Patty sia la più fuori di testa. Quindi…” allargo le braccia come se stessi per dare la risposta a tutti i problemi del mondo ma rimango in silenzio, in quella posa a dir poco ridicola, in una stanza priva di corrente elettrica e con il temporale che continua a imperversare alle mie spalle. Arrivare alla fonte del problema ma non avere i mezzi per poterlo eliminare non è per niente soddisfacente, mi rendo conto con grosso rammarico. “Non credo sarebbe una buona idea scappare, ovviamente…” Mi dico con scarso entusiasmo e con un sospiro insoddisfatto. “Se ne parlassi con…”

“Esco, dì ai miei che farò tardi!”

L’improvvisa esclamazione viene seguita da un trambusto sulle scale e dal successivo aprirsi e chiudersi del portone, il tutto così velocemente da non darmi neppure il tempo di realizzare quello che sta succedendo.

“Patty…?” Chiede all’abitazione vuota “Ma..” Mi acciglio e punto verso l’uscita della casa.

“Patty!” Esclamo sulla soglia, mentre la ragazza, con un grosso ombrello multicolore sta varcando il cancello. Si blocca un secondo al sentire la mia voce, ma, come se niente fosse riprende a camminare.

Hey, dove stai andando? Con questo tempo poi!”

Le mie parole non sortiscono alcun effetto e con uno sbuffo mi decido ad avventurarmi sotto l’acqua nel tentativo di raggiungere la giovane.

“Mi dici dove stai andando?” Chiedo cercando di ripararmi la testa con le mani prima di infilarmi sotto l’ombrello di Gatsby.

“Esco, non vedi?” Sbotta lei con noncuranza.

Inclino al testa notando gli stivali nera che indossa e sospiro. “Questo l’avevo già capito ma non mi sembra il caso con questo tempo e poi…” mi guardo intorno alla disperata ricerca di una motivazione più che valida per farla tornare sui suoi passi, ma alla fine non sono io quella che deve dirle cosa fare e cosa non fare. La seguo in silenzio per qualche altro metro “Quindi sei convinta?” Riprovo un’ultima volta. L’altra annuisce solamente ed io mi blocco sulla strada e muovo qualche passo indietro, prima di ritornare a casa Gatsby.

 

Sdraiata sul letto fisso il soffitto della stanza; è da poco passala la mezzanotte e di Patricia nessuna notizia. I coniugi Gasby non sembra aver preso troppo male l’uscita della ragazza anche se mi sono sembrati decisamente perplessi.

“Perplessi…bah… “ Borbotto girandomi su un lato e raggomitolandomi sotto le coperte, chiudendo gli occhi.

Un tonfo sordo mi fa spalancare le palpebre, mettendo in allerta i sensi. Rimango immobile e mi concedo solo un rapido movimento per sbirciare l’orario “Cavoli, mi sono addormentata!” Penso notando le lancette che segnano le 2 e 40. Il ticchettio di passi mi fa nuovamente prestare attenzione e quando la porta si apre lentamente non ho dubbi su chi sia. Sospiro leggermente sollevata e cerco nuovamente di rilassarmi, mentre Patty si getta quasi istantaneamente sul letto senza fare nient’altro.

 

(E mentre Morfeo la fa da padrone, per chi si fosse appassionato alle vicende di “Jack e John, due pistole per due cowboy” ecco la conclusione del libro:

… la nuvola grigiastra si dissolse e i cittadini di Indytown, con loro grande stupore, videro i due sfidanti che continuavano a fissarsi, con le pistole ancora fumanti a mezz’aria, il fiatone, ancora tutti tesi ma…vivi. Sì, perche una delle pallottole aveva colpito il corvo di cui prima, che ora giaceva a terra privo di vita e con il becco semiaperto mentre l’altra non sarebbe mai stata ritrovata. E così i due cowboy con la peggior mira di tutto il Far West si allontanarono fra il silenzio della gente corsa a vederli e, salendo ognuno sul proprio cavallo, galopparono via i due diverse direzioni, giurando vendetta. )

 

“Patty!!! Allora, si può sapere cosa stai facendo? Così faremo tardi alla partita!”

“Sì, sì, arrivo, sto prendendo la bandiera!” Risponde con poco entusiasmo la ragazza.

 

Lo stadio, come previsto, è gremito nonostante sia solo un’amichevole e non pochi sono i commenti sulle dichiarazioni di Hutton sulla sua carriera. Evito di guardare Gatsby mentre raggiungiamo i nostri posti, concentrandomi sul tabellone di fronte a me mentre la voce dello speaker annuncia a gran voce le formazioni.

“Cosa?” Urla la voce di Patricia, al mio fianco, spaventandomi.

Mi volto di scatto verso di lei, guardandola con aria interrogativa. 

“Hai sentito, vero?” Mi chiede, afferrandomi un braccio e stringendo convulsamente.

I-io… non… non credo… cos’è successo?” Chiedo confusa.

“Oliver! Il nome di Oliver è nei titolari!” Continua ad urlare spalancando gli occhi in modo innaturale.

La fisso per qualche secondo prima di riuscire a sputar fuori un “Non è possibile… lui ha detto che…” L’ovazione del pubblico che accoglie le squadre in campo mi fa voltare. Socchiudo gli occhi, cercando in qualche modo di capire se fra i giocatori che stanno uscendo dagli spogliatoi c’è anche il 10, ma qualcosa di decisamente abbagliante mi ferisce la vista, impedendomi di vedere il rettangolo verde per qualche secondo.

Mentre sfrego gli occhi con una mano mi sento urtare violentemente, e prima di poter capire cosa stia succedendo, senza nemmeno il tempo per trovare un appiglio, mi ritrovo a terra.

Ma poooorc… ahia!” borbotto scuotendo la testa e riuscendo finalmente a vedere con chiarezza quello che ho davanti. Mi immobilizzo ed apro la bocca riuscendo a squittire solo un debole “Accidenti!”

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Capitolo 11
*** Capitolo 10 ***


CAPITOLO 10

CAPITOLO 10

 

Ca-cavoli…” mormoro sbattendo le palpebre per assicurarmi che la mia vista non mi stia giocando un brutto scherzo: tutt’intorno ci sono tanti, alti, enormi e mostruosi grattacieli a perdita d’occhio. “Dove diamine sono fini…”

Un rombo sulla mia testa mi fa alzare lo sguardo e venire la pelle d’oca.

“Autostrade? Strade sopraelevate?” Mi chiedo fissando l’esagerata quantità di strade che si snodano ad un centinaio di metri dal suolo e dalle quali provengono dei boati che più che altro fanno pensare ad un circuito di Formula 1.

Scuoto la testa, poggiando una mano a terra e rendendomi conto di esser finita su un prato.

“Maledizione, che dolore!” Mugolo rimettendomi in piedi con qualche smorfia, l’aria ancora pregna di assordante inquinamento acustico. 

Continuando a massaggiare lievemente la parte offesa mi guardo meglio intorno, non potendo fare a meno di notare, al di là del piccolo spazio verde entro il quale mi trovo, una fiumana di gente che si sposta lungo i marciapiedi, completamente indifferenti alla saggia frase “camminare guardando avanti” ; hanno tutti gli occhi incollati a qualcosa che stringono in mano.

“Palmari?” Penso con un cipiglio dubbioso “Dove diavolo sono finita?” Mi chiedo nuovamente, a mezza voce.

“Appena lo scopri informami, per favore!”

La voce della giovane Gatsby mi fa voltare di scatto, ma non riesco a risponderle nulla perché un oggetto non identificato schizza verso l’altro, emettendo un fischio, subito seguito da quello che sembra essere un elicottero che si trascina dietro un enorme striscione colorato.

Parti con Uniplù e nel tuo viaggio sulla Luna ti divertirai di più! Ma non fatemi ridere!” Esclama Patricia incrociando le braccia al petto “Hanno dimenticato di aggiungere “solo se sei un miliardario”

“Suppongo tu abbia ragione…” mormoro continuando a seguire la scritta con lo sguardo fin quando non scompare all’orizzonte,

“Dove siamo finiti?” La voce alquanto nervosa di Hutton mi fa sghignazzare istericamente: non so se più per il fatto di non avere la più pallida idea di dove siamo stati catapultati o perché il giovane sonosemprefeliceedottimista-Hutton sia incavolato nero.

Muovo qualche passo, cercando di allontanarmi con nonchalance per non dover dare spiegazioni di alcun tipo, soprattutto perché al momento mi trovo a corto di scuse per quello che sta succedendo; non che ultimamente la cosa si poco frequente.

“Ehi, forse non dovremmo essere qui.” La voce perplessa di Rob catalizza sul giovane l’attenzione generale. “Guardate qui, c’è una targa; non dice -Vietato calpestare le aiuole- però ha tutta l’aria di qualcosa di importante.”

In ricordo delle giovani promesse che vi hanno brillato.

Recita la targa dorata che spicca sull’erba.

Inarco un sopracciglio, non riuscendo a capire il senso della frase, e ritorno a fissare il fazzoletto di prato senza che i dubbi vengano chiariti in alcun modo.

“Basta perder tempo, cerchiamo di andar via di qui.” Mormora Hutton, lanciando uno sguardo inquieto ai compagni, prima di allontanarsi, quasi a disagio.

“Sono d’accordo!” Price da’ man forte al ragazzo, scavalcando la bassa recinzione “È inutile continuare a perderci in inutili supposizioni!” Il portiere raggiunge il ciglio della strada, le mani sui fianchi, e per un attimo temo che abbia intenzione di correre dalla’altra parte della strada, ignorando i mezzi che sfrecciano in maniera fuori dal normale e che non sembrano aver voglia di far spazio ai pedoni.

“Ci sarà un modo per passare dall’altra parte, no?” Baker misura a lunghi passi il marciapiede curato fissandosi intorno con aria grave, come alla ricerca di qualcosa che al momento è invisibile sia a lui che a noi.

Massaggio ancora un po’ la schiena, dove il dolore si è solo attenuato prima che la voce di Gatsby mi faccia sorridere, speranzosa “Ragazzi, credo di aver trovato quello che ci serve!”

Senza farcelo ripetere ci avviciniamo alla giovane, intenta a guardare torva una cassettina posta su un palo non più alto di un metro e mezzo; nelle immediate vicinanze vi è una pedana di metallo grande all’incirca un metro quadrato.

“Non dirmi che dobbiamo salir lì sopra.” Sussurro un po’ contrariata; quella cosa non mi ispira tanta sicurezza.

“Ho paura di sì… almeno credo!” La ragazza mi lancia un’occhiata perplessa, alzando gli occhi sui comandi dello strano congegno “Qui non ci sono istruzioni di nessun genere e a meno che a qualcuno non venga un’dea migliore, non abbiamo altre possibilità!”

“Su, sbrighiamoci a salire su questo aggeggio… voglio… uhm… tornare a casa…” Holly comincia a spingere i ragazzi, nonostante sembri il più riluttante ad affidarsi ad una tecnologia sconosciuta.

“Ok…” penso con un sospiro “Al massimo resteremo fermi su questo lato della stra

Sobbalzo quando la pedana sotto i miei piedi comincia a vibrare paurosamente “Ehi…” mormoro, lanciando un’occhiata agli altri, che sembrano altrettanto dubbiosi, e di seguito al marciapiede che al momento mi sembra il posto più sicuro al mondo.

Il pezzo di metallo aumenta ulteriormente il suo movimento fino a staccarsi improvvisamente dal terreno con uno scossone che rischia di far finire tutti sull’asfalto. “No… non si sta alzando troppo, eh Patty?” chiedo un po’ spaventata per la piega che sta prendendo la situazione “Non chiederlo a me.” La risposta lapidaria non mi rincuora affatto ma non riesco a pensare più a niente quando il movimento imprevisto e rettilineo della pedana mi mozza il fiato. L’oggetto si dirige verso la parte opposta della strada con velocità paurosa e rallenta di colpo poco prima di schiantarsi contro un edificio, restando a mezz’aria per dei secondi che sembrano infiniti, catapultandoci, poi, malamente a terra. I passanti ci girano intorno senza nemmeno degnarci di uno sguardo.

Grazie per aver utilizzato i nostri servizi. La prossima volta si raccomanda l’uso corretto del nastro. Grazie e buona giornata!” Recita la voce gracchiante attraverso un altoparlante prima che l’oggetto torni indietro e improvvisamente vengo invasa da un latente istinto omicida.

“Hanno uno strano senso dell’umorismo in questo posto!” Denton, che si è già alzato in piedi, non sembra aver accusato il colpo e si guarda intorno incuriosito dalla gente che continua, imperterrita, ad andare per la sua strada.

“Un motivo in più per tornarcene indietro!” Bisbiglia Patty con aria corrucciata, spolverando lentamente i pantaloni. 

“Ok, ok, ho capito…” penso con un sospiro, mentre mi preparo psicologicamente a fermare qualcuno per poter chiedere informazioni “Pronta all’imminente figura di….” Un gemito interrompe il mio dialogo interiore, facendomi voltate.

Un giovane uomo è piegato carponi sul marciapiede e continua a mugugnare, con il viso rivolto a terra.

“Serve aiuto?” Tom gli si avvicina, porgendogli una mano.

L’altro, al sentire le parole le parole del ragazzo, alza di scatto la testa “Eh?”

Una smorfia mi sorge spontanea alla vista degli enormi occhiali da sole che indossa; hanno più l’aria di essere una maschera subacquea.

“No, no, va tutto bene, grazie…” Mormora, con aria stralunata, alzandosi con cautela e rivolgendo a Baker un rapido sorriso. “Solo un attimo…”

Il moro rimane a fissarlo per qualche secondo prima di lanciare un’occhiata verso di noi, con aria perplessa.

“Ecco, ora ci vedo meglio!” Esclama l’altro tirando su gli occhiali e sfregando piano gli occhi un po’ arrossati “Mi dispiace, a volte sono più distratto del solito.” Mormora con tranquillità “Inoltre questi pazzoidi fanno buche dappertutto, come pretendono che la gente non cada e non li denunci per danni?” Scrolla le spalle “Di questo passo non si potrà neanche guardare la tv senza rischiare di rompersi l’osso del collo.” Sospira con fare tragico mentre sui nostri visi si fa largo un’espressione confusa.

“Cosa c’entrano le buche sui marciapiedi con la televisione?” Domanda Benji, scettico, fissando l’altro come se fosse impazzito, ricevendo di rimando un’occhiata incerta.

Il giovane uomo scompiglia nervosamente i capelli ossigenati “Che razza di domanda è? Non dirmi che siete anche voi favorevoli all’abolizione dei… oh, scusate…” si interrompe all’improvviso, perdendo di colpo l’aria combattiva “Sta per iniziare il nuovo episodio.” Sussurra sommessamente inforcando nuovamente gli occhiali.

“Ehi, un po’ di educazione, per favore!” Sbotta Gatsby, sfilandogli di colpo l’oggetto dal viso e fissandolo con aria innervosita.

“Che diamine fai? Sta per…”

“Sì, questo l’ho capito, ma se fossi così gentile da spiegarci che sta succedendo… ma soprattutto dove siamo finiti, allora andrebbe tutto meglio.” Patty restituisce l’oggetto al proprietario che fissa prima i suoi occhiali e poi la ragazza, con aria sconcertata.

Gli occhi scuri si spostano poi su tutti noi e il giovane sbatte le palpebre più volte, prima di accigliarsi “Siete turisti, vero?” Chiede con sospetto.

“Forse…” mi sfugge dalle labbra.

“Uhm…quindi…” l’altro continua a fissarci dubbioso “Vi siete persi? Dov’è che dovete andare?”

“Ascolta, amico, prima di tutto vorremo sapere dove siamo, poi decideremo dove andare!” Esclama Patricia con un sorriso innocente aumentando lo sbigottimento dell’interlocutore.

“Va bene, va bene, ho capito, dov’è la telecamera? Chi è l’artefice di questo stupido scherzo?” L’uomo comincia a ridacchiare scuotendo la testa ma la sua ilarità non dura a lungo perché Gatsby gli si avvicina con una velocità assurda e lo afferra per il bavero “Ti sembra che stia scherzando? Ti ho semplicemente chiesto dove siamo!” Sibila con aria irritata la ragazza mentre diversi passanti lanciano occhiate furtive verso di noi.

“Ehm… Patty… la gente ci sta fissando…” borbotto un po’ preoccupata.

“Su, adesso calmati, non c’è bisogno di metter su questo teatrino, siamo persone civili!” sbotta Price incrociando le braccia al petto, con un sospiro irritato.

“Benji, se vuoi ne ho anche per te…” Sibila di rimando Gatsby, mentre il giovane vicino a lei tenta di allentare la presa della ragazza sulla sua maglia.

“Non c’è bisogno di spaventalo in questo modo, no?” Salta su Hutton all’improvviso, avvicinandosi ai due e poggiando una mano sulla spalla di Patty, con un’aria da conciliatore in volto.

Sbatto le palpebre, stupita e decisamente sollevata “Oliver Hutton è ritornato tra noi?!” mormoro piano temendo di spezzare qualche specie di incantesimo.

La giovane Gatsby, presa alla sprovvista, lascia andare indumento dell’altro socchiudendo le labbra, incapace di aggiungere altro.

“Scusaci, ultimamente abbiamo un po’ tutti i nervi a fior di pelle.” Concede Holly con un sorriso mentre il passante annuisce, osservandolo meglio “Potresti, per favore dirci dove siamo?”

L’altro continua ad annuire, perplesso, prima di soffiare “Fujisawa.” Con l’aria di chi sta parlando con qualcuno mentalmente instabile.

“Fu… Fujisawa?” Balbetta Patty prima che un “Ma non è possibile!” urlato da un Denton sorpreso, faccia rabbuiare il giovane uomo “Certo che è possibile, questa è Fujisawa… in Giappone!”

“Lo sappiamo benissimo dove si trova Fujisawa!” Borbotta Price guardandosi intorno contrariato.

“Ne sei davvero sicuro?” prova ad accertarsi nuovamente Hutton, riuscendo solo a far diventare l’altro nuovamente sospettoso “Siete sicuri che non siano stati i miei amici ad organizzare questa colossale messinscena?”

“Non preoccuparti, nessun ti sta prendendo in giro…” Baker cerca di essere convincente prima di domandare “Saresti così gentile da aggiornarci sulla data odierna?”

Se possibile l’altro assume un’aria ancora più stranita “Oggi è il 14 aprile, ma...

“Dell’anno?”

“Eh?... Beh, del 2159, ovviamente!”

Tom si volta verso Holly a quell’esclamazione irritata e l’amico gli ricambia l’occhiata, annuendo appena.

Le parole appena pronunciate dal giovane uomo rispondono immediatamente a tutti gli interrogativi riguardo lo strano aspetto della città e tutto ciò che la circonda. “Quindi ora dobbiamo solo capire come ritornare indietro.” Rifletto mordicchiando il labbro inferiore, con lo sguardo perso nel vuoto. Il fatto di non aver la più pallida idea di dove cominciare non è molto confortante. “Com’è che abbiamo fatto a far tornare tutto alla normalità, l’ultima volta?” Mi chiedo cercando di riportare alla memoria qualcosa che al momento sembra decisamente avvolto nella nebbia. “Ah!” sbotto di colpo quando finalmente riesco a ricordare, facendo girare i presenti “Ehm… scusate, stavo pensando ad alta voce!” mi discolpo alzando le mani. “Cosa dobbiamo fare ora?” Mi chiede di rimando Gatsby, avvicinandosi di qualche passo. Faccio spallucce “Beh, prima di arrivare qui eravamo sugli spalti… almeno noi, quindi penso che potremmo iniziare da lì.” Propongo senza particolare convinzione.

La giovane annuisce “Perlomeno è un punto d’inizio.” Si volta verso il giovane uomo che ha assunto un’aria accigliata e sembra sul punto di mandarci poco elegantemente a quel paese “Dov’è lo stadio?”

Il biondo sospira, muovendo qualche passo e osservandoci con una smorfia “Quale stadio cercate?”

“Quello di calcio!” Esclama Denton come se la cosa fosse palese.

“Con tre ragazzi in divisa e scarpini e uno… in tuta…” penso con un ghigno.

“Ma allora vi ci state mettendo di impegno per sembrare dei perfetti sciroccati… lo sanno tutti che il campo di calcio è stato distrutto circa trent’anni fa… quello è tutto ciò che rimane!” Indica con aria annoiata il fazzoletto di prato in cui eravamo poco prima, guardandoci quasi con pietà “Il calcio è uno sport che ormai non viene quasi più praticato… almeno a livello agonistico, cosa volete che ce ne facciamo di uno stadio?”

“Che stai dicendo?” Quasi grida Holly, con aria sconcertata in volto.

L’altro alza le mani “Ehi, è inutile che ti scaldi tanto, amico. È un dato di fatto e non capisco perché mi stiate guardando tutti come se scendeste dalle nuvole, dopotutto sono passati quasi trent’anni, non poche giorni e ora, se non vi dispiace…” Il giovane muove qualche altro passo “Ho perso fin troppo tempo con degli sconosciuti psicopatici… mi avete anche fatto perdere la mia puntata, quindi ora lasciatemi in pace per favore… buona fortuna!” Esclama infilando gli occhiali e cominciando a pigiare un pulsante sulle aste, tirandone fuori un paio di piccole cuffie da mp3.

“Se non c’è un campo, almeno ci sarà un prato… più grande, no?” Chiedo assalita improvvisamente dall’ansia: non avere neanche un misero posto dal quale cominciare non è molto rassicurante. Il tipo fa finta di non sentire e mi vien voglia di tirargli dietro una scarpa.

“Sto parlando con te, dannazione, almeno rispondi!” Sbotto, cominciando a tremare per il nervoso.

L’altro sbuffa “Siete una cosa impossibile… In quella direzione, proseguite fino alla fine della strada e poi continuate a sinistra, ve lo troverete di fronte!” Esclama facendo segno con un dito verso la direzione da seguire “E per favore non fatevi più vedere!” Infila le cuffie e si allontana a passo sostenuto.

“Bene…” borbotto con una smorfia “Grazie tante, non ci voleva tanto.” 

“Voglio tornare a casa…” Patty ridacchia con fare tragicomico “Non c’è più nessuno che gioca a calcio… assurdo, no?” Chiede guardando i ragazzi che le ricambiano l’occhiata sconcertata; Holly ha lo sguardo perso nel vuoto, e sembra non aver ascoltato le parole della ragazza.

“Oliver?” Baker muove un passo verso l’amico che si volta di scatto, senza però guardarlo in viso “Cosa stiamo aspettando, raggiungiamo questo posto!”

Un mormorio confuso risponde all’esclamazione del giovane.

 

“Dite che siamo arrivati?” Chiedo con una smorfia guardando la distesa d’erba un po’ incolta che si stende a perdita d’occhio. Siamo passati dalla città più caotica mai vista all’aperta campagna; non che il cambio di ambiente non mi faccia piacere, però mi sarei aspettata un paesaggio meno selvaggio.

“Potremmo provare a proseguire, ma ho come l’impressione che fra qualche chilometro saremmo ancora circondati dal nulla.” Patty muove qualche passo nell’erba che le arriva quasi alle caviglie. “Ehi, guardate, ci sono delle persone lì!” Esclama con aria speranzosa.

“Non è un pallone, quello?” Il viso di Rob si illumina di colpo, riuscendo ad attirare l’attenzione di Holly, che, a braccia conserte, tenta di non guardare nient’altro che le proprie scarpe.

Uno scalpiccio viene seguito da delle urla concitate: quattro uomini continuano a correre sull’erba passandosi velocemente un pallone; hanno i volti arrossati e sudati, ma questo non sembra causar loro problemi mentre continuano ad andare avanti e indietro.

Un passaggio sbagliato fa impennare la palla che si allontana, seguita dalle protese contrariate del gruppo. 

“Non ditemelo…” mormora Hutton, con aria tesa prima che Denton cominci a scalpitare, con un ghigno divertito.

“Palla!” si sente urlare nella nostra direzione quando il pallone comincia la sua discesa, rischiando di arrivarci contro da un momento all’altro.

Copro la bocca per non ridere troppo rumorosamente mentre faccio qualche passo indietro e osservo l’aria quasi famelica di Rob che, con un mezzo salto, aggancia la palla e senza crearsi alcun problema se la sistema meglio sui piedi, sotto lo sguardo rassegnato di Benji e Tom che scuote la testa senza però nascondere un sorriso.

“Arrivo subito!” Esclama il n.20, non si sa se rivolto a noi o agli uomini che aspettano che gli venga ridato l’oggetto.

“Perfetto!” Penso continuando a ridacchiare “Abbiamo perso Rob… adesso sì, che non riusciremo più a tornare indietro!” 

Il ragazzo, ormai dimentico di noialtri si aggiunge al gruppo dando spettacolo delle sue capacità, fra gli sguardi sorpresi ed entusiasti degli uomini.

“Si sta gasando…” mormora Patty con una mano sul viso.

“Quel ragazzo non cambierà mai… ho paura che non si sbrigherà in poco tempo!” Price fa spallucce, sedendosi a terra, ma non ha l’aria di essere troppo contrariato.

“Forse dovremmo…” comincia Baker cercando di trattenere un sorriso, ma la frase gli rimane a metà quando viene chiamato dal compagno di squadra “Tua, Tom!” si sente urlare prima che il n. 11 si veda costretto ad agganciare il pallone calciato all’improvviso. 

“Cosa vi avevo detto, ora ha coinvolto anche Tom.” Sospira Benjamin distendendo le gambe a terra “Scontato, vero?” Domanda lanciando un’occhiata ad Holly che ricambia il suo sguardo senza riuscire a dir nulla.

Gli schiamazzi aumentano mentre il piccolo gruppo si avvicina a noi, senza far fermare il pallone neanche per un attimo.

“Dovremmo cercare un modo per lasciare questo posto… non possiamo perder tempo… in questo modo…” Sussurra Hutton con poca convinzione, senza perdersi un solo movimento degli amici poco lontani; il suo sguardo suggerisce tutt’altro rispetto alle parole appena pronunciate.

“Allora perché non provi a farli smettere?” Domanda Price fissando l’altro “Pensi di non esserne capace o hai paura che basti un attimo prima che tu stesso cominci a giocare, eh Oliver?” 

D’un tratto avverto l’aria intorno a noi farsi pesante; muovo qualche passo in avanti per spostare l’attenzione dai due giovani che continuano a guardarsi in silenzio; cerco di concentrarmi sui rapidi passaggi di palla a poca distanza, ma non posso fare a meno di ascoltare le voci dei ragazzi dietro di me.

Sei convinto che la mia determinazione sia così debole? Pensavo di aver dimostrato il contrario in questi anni… evidentemente non mi conosci bene come pensavo.

Un lieve risata risponde alle parole di Hutton “Io invece sono sicuro di conoscere abbastanza bene Oliver Hutton, il ragazzo che ama il calcio più di se stesso e che tratta il pallone come un amico. È questo il giovane che conosco… e tu non gli assomigli per nulla. Chi diavolo sei, tu?” Le parole del portiere rimangono sospese per qualche secondo, sovrastate solo dal vociare del gruppo poco distante.

“Che cavolo sta cercando di fare?” Mi domando con una punta di panico, contenta di non poter vedere l’espressione di Hutton dopo quelle frasi.

“Non sono impazzito, Benji, te lo assicuro, è solo che…”  Il giovane smette di parlare, sospirando pesantemente.

“Cosa? Vorrei tanto saperlo e non sono l’unico che aspetta la tua risposta, sai? L’unica cosa che stai ottenendo, comportandoti in questo modo, è il malumore generale e la cosa che davvero mi fa innervosire è che il primo a non star bene per una decisione stupida ed affrettata, sei proprio tu!”

Il tono del n.1 si alza di poco e solo in quel momento mi accorgo che gli altri hanno smesso di correre e stanno tornando indietro.

“Questo… questo non vero!” Borbotta Holly mentre Tom e Rob sono ormai vicini.

“Non è colpa mia se il primo a non esserne convinto sei proprio tu. Sei sempre stato un testone, ma questa volta hai davvero superato te stesso!

“Benji, adesso basta.” Baker si ferma a pochi passi dai due. 

“Non dirmi cosa devo fare, Tom, soprattutto perché pensi esattamente le stesse cose.” 

Inspiro lentamente prima di lanciare uno sguardo a Patty, che non ha detto una singola parola; sembra una statua di marmo, immobile in mezzo all’erba. 

Deglutisco, spostando l’attenzione sui ragazzi che si squadrano con aria accigliata.

“Può darsi, ma non è questo il modo di dire le cose.” Il giovane scuote la testa, riuscendo a strappare all’altro solo una smorfia “Scusa tanto se non sono sensibile come te, evidentemente non è una dote che madre natura ha voluto regalarmi.”

“Ehi, ragazzi, su, lasciamo perdere.” Cerca di sdrammatizzare Denton con un sorriso, guardando dall’uno all’altro prima di fissare Holly, che ha abbassato gli occhi sul prato.

“No, no, io invece penso che sia proprio questo il momento per discutere della questione: qui, in questa specie di futuro distorto, con il calcio praticamente scomparso e senza sapere se e quando torneremo nella nostra epoca. Dopotutto cos’abbiamo da fare?” Price fa spallucce, con aria noncurante.

“Ne abbiamo già parlato, e lo sai che per Holly è una storia chiusa…” Tom alza lo sguardo sull’amico che non da’ segno di voler ascoltare. “So benissimo che ha preso una decisione shoccante ma non tocca a noi decidere cosa sia meglio per lui. Implorarlo o costringerlo a fare qualcosa contro la sua volontà non sarebbe una vittoria… né per noi, né per il calcio né per qualunque altra persona. E questo, Benjamin, lo sai anche tu.”

“Sì, sì, lo so!” il portiere comincia ad urlare alzandosi in piedi con uno scatto “Ma, dannazione, non possiamo...”

“Ragazzi, per favore…” Mormora Hutton all’improvviso, stringendo i pugni lungo i fianchi.

Uno sbuffo irritato “Stavamo semplicemente discutendo, non ho intenzione di azzuffarmi…” Sibila Price, allontanandosi di qualche passo “Anche perché sarebbe inutile…” Aggiunge con la voce che va spegnandosi.

Il silenzio che segue sembra assordante.

Rimango a fissarmi in giro, ancora turbata dalla diatriba appena conclusa che però non ha portato a grandi risultati, se si esclude l’aria estremamente combattuta che ha assunto Holly.

Nessuno sembra in vena di rompere quella quiete soffocante e lo strano fruscio che avverto dopo un po’ mi sembra quasi liberatorio.

“E rassicurante…” penso socchiudendo gli occhi, mentre un odore familiare mi pizzica le narici.

“Sembra quasi l’odore salmastro del mare.” Penso con un lieve sorriso, data l’assurdità della cosa.

Un colpo di vento mi fa vorticare i capelli davanti al viso e mi ritrovo a respirare a fondo prima di avvertire un brusco vuoto allo stomaco.

Spalanco gli occhi, un po’ spaventata, ritrovandomi davanti ad un’immensa distesa azzurrina, come se fossi appena entrata in una stanza con le pareti e il pavimento dipinte dello stesso identico color cielo. “Che cavolo…” mi dico, disorientata, socchiudendo le labbra senza che nessun suono esca dalla mia bocca.

“Aiuto…” riesco solo a pensare prima che la forza di gravità mi trascini verso il basso.

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