La musica nel cuore

di Melardhoniel
(/viewuser.php?uid=58745)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Un dolce, piccolo, curioso rompiscatole ***
Capitolo 2: *** E all'improvviso...il successo ***
Capitolo 3: *** The Beatles Christmas disc e la tremenda BBC ***
Capitolo 4: *** L'inizio del sogno parte uno: Paul ***
Capitolo 5: *** L'inizio del sogno parte due: John ***
Capitolo 6: *** Un problema chiamato Yoko Ono-capitolo speciale ***
Capitolo 7: *** L'inizio del sogno parte tre: George ***
Capitolo 8: *** L'inizio del sogno parte quattro: Ringo ***
Capitolo 9: *** …e quando si dice oratorio… Il potere di essere Lennon / McCartney parte uno ***
Capitolo 10: *** #9 Dream... Il potere di essere Lennon/McCartney parte due ***
Capitolo 11: *** E minor (Si minore) Il potere di essere Lennon/McCartney parte terza (e ultima!!) ***
Capitolo 12: *** You sit on a flaming pie ***
Capitolo 13: *** The toppermost of the poppermost ***
Capitolo 14: *** A toot and a snore in '74. The song we were singing ***
Capitolo 15: *** Fotografia. ***
Capitolo 16: *** Scarafaggi nel bagno! ***



Capitolo 1
*** Un dolce, piccolo, curioso rompiscatole ***


Un dolce, piccolo, curioso rompiscatole

 

Durante le vacanze natalizie ho letto un libro “La guida ai Beatles” che racconta la loro storia come non l’avete mai sentita prima.

Alcuni episodi sono divertentissimi e io cercherò di inserirli in questa fiction.

Siate clementi, per favore!!

In questo capitolo parla John.

***

Sto andando al cinema con Cynthia, la mia ragazza, e mi perdo nei miei pensieri: il mio gruppo, i Beatles, non è ancora famoso e neanche del tutto completo, secondo me: manca un batterista.

Certo, Pete è bravo, ma ci vuole di più per noi! Siamo destinati a tanto.

Siamo rimasti in quattro: io, Paul, George e Pete.

Prima avevamo anche Stuart, ma lui ha deciso di restare ad Amburgo assieme alla sua ragazza, Astrid, conosciuta durante un concerto.

Paul è molto bravo: sa suonare la chitarra e adesso anche il basso.. Da quando Stu non suona più con noi ha dovuto coprire il posto mancante.

È nato il 18 giugno del 1942 e quindi ha quasi un anno in meno di me.

Ha un temperamento da leader, due occhioni verde bosco, e un’aria leggermente spaurita, da bambino; con due occhi teneri teneri e la bocca semiaperta.

Questa era l’espressione che Paul aveva ad Amburgo.

Ma quando si arrabbia fa paura, anche se si sa controllare, e da quando lui e Stu si sono menati sul palco del locale di Amburgo nessuno osa più farlo incavolare seriamente.

Di recente mi ha confessato di essere infastidito dalle ragazze che considerano Pete il “Beatle bello”… e anche se lui dice di no, so benissimo che è geloso e si sente escluso.

Ma io lo adoro così come è.

Poi c’è George, il più piccolo della band, è nato il 25 febbraio del 1943 ma detesta quando la gente dice che ha un anno meno di Paul:

“Io ho nove mesi meno di Paul. Ho sempre avuto nove mesi meno di Paul” è solito ripetere. E guai a chi lo scorda.

Suona molto bene la chitarra e, anche se prima non lo volevo a suonare con noi perché era troppo piccolo, ora sono contento di avere chiuso un occhio sull’età.

Ha gli occhi neri e non ama mettersi tanto in mostra quando suona, ma quando capita c’è da spanciarsi!!

Con noi c’è anche Pete, il figlio della proprietaria di un locale qui a Liverpool, Mona Best. Non suona molto bene la batteria; ed è rinomato più per la sua bellezza che per la sua bravura.

Come ho già detto, tutto questo istiga la rabbia di Paul.. Non è abituato a sentirsi escluso da qualcosa!!

Infine, naturalmente ci sono io: mi chiamo John Lennon, sono nato il 9 ottobre del 1940 e ho i capelli castano chiaro e gli occhi color nocciola.

Suono la chitarra acustica e l’armonica a bocca e sono colui che ha “creato” i Beatles; anche se, senza l’aiuto di Paul e George, non saremmo mai andati ad Amburgo.

-John? Sei pensieroso oggi.. Siamo davanti al cinema.- Cynthia  mi richiama dai miei pensieri.

-Oh.. Cosa? Ah.. Sì.. Scusa..-

-John.. Lo sai che George ci sta seguendo da un po’?-    

Mi giro e guardo: una figura piccola, dai capelli castani tirati su a ciuffo e diciotto anni di età ci sta seguendo con noncuranza, quasi si trovasse lì per caso.

-Lo so, Cyn, lo so..- Rispondo ridendo -È ancora lì?- .

-È da un bel pezzo che lo vedo dietro di noi.. Ma pensavo che facesse la nostra stessa strada..-

-Già.. Come tutte le volte no?-

-Senti, cosa facciamo? Non possiamo mica farci pedinare e nemmeno lasciarlo lì a giocare all’FBI, John!-

-Chiamalo Cyn.. Come tutte le altre volte.-

Cynthia si volta e urla, in direzione del nostro amico:

-George!! Vieni, dai!-   

George allora trotterella verso di noi, come se ci avesse incontrato per strada, con un bel sorriso curioso stampato in viso:

-Cosa fate di bello? Dove andate? Posso venire con voi?- Eccolo lì il mio piccolo George. Come tutte le altre volte: e come si fa a rispondere di no a degli occhioni così teneri e a un sorrisone curioso? Per lui io e Paul siamo come fratelli e lui ci tiene ad essere accettato.

Gli rispondo di sì, ovviamente. Così io e Cyn passiamo un altro pomeriggio al cinema in compagnia di George.

Ma, sapete una cosa? Non è la prima volta che accade e non sarà l’ultima, ma non mi dispiace neanche un po’ avere tra i piedi un dolce, piccolo, curioso rompiscatole.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** E all'improvviso...il successo ***


E all’improvviso … il successo

 

Dopo il secondo tour ad Amburgo i ragazzi erano diventati ufficialmente i Beatles che tutti conosciamo.

Grazie al loro nuovo batterista, Richard Starkey, noto con lo pseudonimo di Ringo Starr, scalarono in poco tempo le vette del successo; lasciandosi alle spalle idoli come Chuk Berry ed Elvis Presley, “The King”.

Non erano più quattro semplici ragazzi di Liverpool, e non erano neanche solo i “Beatles”: ormai erano quattro ragazzi liverpooliani che ce l’avevano fatta. Quattro ragazzi che erano riusciti, a soli vent’anni, a realizzare i loro sogni ad essere gli idoli di tutti gli adolescenti e non.

Ringo era arrivato da poco, nel 1962, direttamente da una band che suonava in Germania con i Beatles: Rory Storm and the Hurricanes; era bruno di capelli, con una barba folta e gli occhi di un azzurro ghiaccio penetrante.

Molto simpatico, pacato ma anche molto tontolone.

Se qualcuno pensa che i ragazzi arrivarono alle mani per avere Ringo si sbaglia di grosso: Rory Storm, una volta che John e Paul gli parlarono del loro bisogno di un “vero” batterista; guardò semplicemente Ringo e gli disse -Vai, se vuoi. Questa band con te verrà conosciuta da tutti e non sarò certo io ad impedirti di diventare famoso-

Così, qualche mese dopo, i Beatles erano al toppermost del poppermost con Love me Do e il loro urlo di buon augurio era noto ovunque:

“Dove andiamo, ragazzi? Al top, Johnny, al top! E dove è il top? Al toppermost del poppermost!”

("Where are we going lads? To the top, Johnny, to the top! And where is the top? To the toppermost of the poppermost!")

Pochi mesi più tardi erano in vetta alle classifiche con She loves you, un singolo che rimase primo fino all’uscita dell’album Please Please Me, con Twist and Shout che si piazzò al suo posto; e a novembre del 1963 altro che toppermost del poppermost! Al Prince of Wales Theatre, a suonare per la regina madre!

Chi non conosce quel concerto? O, meglio, chi non conosce la frase di John che passò alla storia?

“Will the people in the cheaper seats clap your hands, and the rest of you, if you'll just rattle your jewelry."

Le persone che erano presenti hanno raccontato come Brian, seduto in prima fila, abbia serrato le mani sui braccioli della poltrona, con le nocche diventate bianche e cercando di sprofondare, sperando che la regina e il suo seguito avessero un gran senso dell’umorismo; anche se sapeva perfettamente che John lo aveva fatto apposta per suscitare uno scandalo e che, come dichiarò dopo, rimase molto deluso di non essere riuscito nel suo intento.

All’improvviso piovvero lettere, richieste di apparizioni televisive e concerti, omini gommosi e bistecche surgelate =P (per chi non lo sa, lo dico di nuovo: siamo ai limiti dell’impossibile, ma Paul ne ha schivata una durante un concerto e, da quando John e George hanno detto di adorare quelle caramelle, George è stato preso in pieno sopra l’occhio da una scatola di omini gommosi) e naturalmente interviste, alle quali loro si divertivano a rispondere in maniera comica e, a volte, irriverente, cercando (soprattutto John) di suscitare uno scandalo con successo migliore di quello al concerto del Prince of Wales Theatre; ma ottenevano soltanto di essere amati di più e di conquistare ogni angolo del pianeta.

 

<< “Perché pensi di essere così popolare in tutto d'un tratto?” “Non lo so, deve essere il tempo”- John Lennon, 1964.

“Così questa è l’America. Devono essere fuori di testa”- Ringo Starr, la prima volta dei Beatles negli Stati Uniti.

“Come si chiama il vostro taglio di capelli?” “Arthur”- George Harrison, 1963, sul set di A Hard Days Night.

“Che cosa ti piace di più del nostro paese?” “Tu”- John Lennon. 1964.

“Cosa fate quando siete chiusi in una camera d’albergo tra gli show?” “Pattiniamo sul ghiaccio”- George Harrison , 1964.>>


Per quanto riguarda le lettere Paul, John e George venivano letteralmente sommersi di posta e regali, tanto che ogni giorno per ognuno ci voleva una stanza di dimensioni normali, dentro alla quale non si poteva entrare se non si voleva morire soffocati dalla quantità di lettere e pacchi giornalieri stipati lì dentro.

Tutti e tre avevano la famiglia che si occupava di rispondere a tutti i fan, imitando lo stile e la calligrafia dei tre “Beatle”.

Per il povero Ringo, invece, non andava tanto bene: forse perchè non era stato accettato al posto di Pete, o forse perché non lo credevano all’altezza, fatto sta che una mattina era andato dalla segretaria della EMI e le aveva chiesto:

-Puoi occuparti delle mie lettere, per favore?-

Lei gli aveva domandato

-Perché non lo fai fare alla tua famiglia?-

-Perché mamma non sa cosa scrivere.. Ma in fondo non importa, tanto non ne ricevo molta..- Aveva risposto lui, mogio mogio.

La segretaria era rimasta stupita, dato ciò che accadeva agli altri componenti della band, e ricorda ancora adesso che gli aveva fatto molta pena, poverino, così tenero e coccolone e snobbato da tutti fan. E aveva accettato.

Il giorno dopo Ringo si era presentato con una semplice bustina trasparente, con dentro quattro lettere.

-Ecco.. Questa è la mia posta..- Aveva spiegato molto triste.

La segretaria si era commossa molto, soprattutto dopo aver scoperto che quelle quattro letterine erano la posta di una settimana.. E non riusciva a capire come una persona tanto calma, tenera, simpatica e capace di farsi amare da tutti non riuscisse a ricevere lo stesso numero di lettere dei suoi “colleghi”.

Poi, piano piano, Ringo conquistò tutti, con il suo modo di fare e la tenerezza, e, ancora adesso, riceve intere stanze di posta, così tante che di recente ha dovuto inserire un video su youtube nel quale supplicava i fan di non mandargli più lettere; perché tanto non avrebbe risposto.

Alcuni lo hanno giudicato maleducato.

Altri, come me, hanno pensato che per lui aprire una lettera deve essere come una ferita che si riapre, inequivocabilmente il passato gli si rovescia addosso, le immagini si susseguono una dopo l’altra e gli otto anni di felicità con i Beatles, l’ultimo anno assieme, gli undici anni di silenzio rotti solo da qualche proposta di riunire il gruppo; seguita sempre da una litigata, la morte di John, tutto il mondo che sembra crollare addosso, il concerto in onore di George siano cose troppo pesanti da sopportare, se si riprovano ad ogni lettera.

In ogni modo, torniamo al passato: i Beatles, ben presto, furono richiesti in America.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** The Beatles Christmas disc e la tremenda BBC ***


The Beatles Christmas disc e la “tremenda BBC”


Nel 1963 i Beatles erano in vetta alle classifiche con I Want to Hold Your Hand, e i membri del loro FanClub non erano più soltanto i clienti abituali del Cavern, ma arrivavano iscrizioni da tutta l’Inghilterra, seguiti da pacchi regalo, lettere e quote d’iscrizioni.

Brian Epstein decise per il Natale di quell’anno di  fare un bel regalo ai fan: non le solite T-Shirt, qualcosa di più.. vivo..

Nacque così il Beatles Christmas Disc, un disco di plastica a 33 giri con il diametro di circa diciotto centimetri, dove i quattro  avrebbero dovuto “semplicemente incidere un loro augurio di Buon Natale a tutti i fan”.

Quelli che avrebbero dovuto essere semplici auguri natalizi formali si sono rapidamente trasformati ne “gli auguri di Natale più pazzi di tutti i tempi”, secondo la stampa mondiale; grazie alla performance monella e tremendamente ironica dei quattro ragazzi che avevano conquistato il mondo.

5 minuti di traccia, con un augurio personale a testa (in cui non pochi fan individuarono lo zampino di John) e giochi di parole uno dietro l’altro; nello stile ormai tipico dei Beatles; furono seguiti da delle parodie di carole natalizie, che non passarono certo inosservate!!

La più riascoltata fu la cover di Good King Wenceslas, creata da Ringo; in “versione in  stile Buddy Greco”; dopo la quale George chiude dicendo:

-Grazie Ringo…ti chiamiamo noi-.

Poi risposero a qualche domanda dei fan, mettendo bene in chiaro di averne abbastanza di omini gommosi:

-Dopo che John ha scherzato sul fatto che George gli aveva finito tutte le caramelle a forma di omino sono arrivati in studio due pacchetti: uno con un biglietto per John “Non darne neanche uno a George”, l’altro con uno per George “Eccone qualcuno per te, George. Non prendere più quelli di John”.

Pensiero carino, sì, ma… dopo si è scatenato il finimondo!

Avete cominciato a lanciare proiettili gommosi durante i concerti, facendoli sbattere contro piatti e chitarre e una volta hanno colpito persino John e George, provocando loro un brutto taglio sopra l’occhio- Aveva annunciato Paul.

-Ad ogni modo, ne abbiamo davvero abbastanza di omini gommosi!!- Aveva concluso poi.

Il tutto era finito con una parodia di “Ricky the Red Nosed Ringo” con tanto di risata incontrollabile alla fine, prima dell’ispirato messaggio finale.

Quanto a George Martin, beh, lui adorava quei ragazzi da quando George alla prima sessione di registrazione aveva rotto il ghiaccio con una battuta:

“-C’è qualcosa che non piace a voi?- Aveva chiesto esasperato, dopo aver ascoltato i loro nastri e aver “dato loro addosso per circa un’ora” assieme a Ron Richards sulla scarsa qualità delle canzoni e della musica.

-Non mi piace la sua cravatta- Aveva detto George Harrison, sogghignando”.

Ma la BBC toccò il limite con un’altra delle sue trovate pubblicitarie a scapito dei Beatles:

Per Natale, quale regalo migliore che l’inizio di una divertente trasmissione televisiva condotta e interpretata dai beniamini di mezzo mondo?? Così nacque il Beatles Christmas Show, che già dopo l’annuncio nel settembre di quell’anno si stava costruendo da solo.

I Beatles sarebbero rimasti per diverse settimane nello stesso luogo per mandare in scena uno spettacolo basato sull’antica tradizione britannica di unire commedia, musica e pantomima per riunire un pubblico di famiglie.

Come se ce ne fosse stato di bisogno!!

Ad ogni modo la NEMS doveva trasferirsi a Londra, perché Brian era sempre fuori città e da solo non riusciva a organizzare sempre tutta la giornata per i Beatles.

Le fan non presero tanto bene la notizia: infatti una sera, dopo aver parcheggiato la nuova Jaguar fuori dalla NEMS Liverpooliana ed essere salito a dare la notizia ai ragazzi, Brian si era ritrovato la macchina con la vernice piena di bolle corrose dall’acido: le fan decisamente non avevano apprezzato la notizia.

Il Beatles Christmas Show fu il primo spettacolo mandato in onda dalla NEMS Londinese.

Tutto si basava su una sorta di fiaba:

 

“All‘inizio l‘eroina, Ermintrude, viene cacciata di casa perché ha avuto un figlio, sola ed abbandonata; finisce tra le grinfie di un uomo rude e baffuto, sir John Jasper (interpretato piuttosto rozzamente da John Lennon, con cappello a cilindro e frustino), che la lega ai binari della ferrovia, per poi essere salvata da Valiant Paul il Ferroviere (indovinate un po’ da chi poteva essere stato interpretato …).

Non fu neanche presa in considerazione la possibilità che la bella in questione fosse interpretata da qualcuno che non fosse George, visto che era il più giovane. Mancava una parte per Ringo. Gli fu dunque affidata quella di “Fairy Snow”, un derelitto elfo nero, che saltellava per il palcoscenico, lanciando coriandoli bianchi sugli altri Beatles.”


I ragazzi lo fecero abbastanza volentieri e senza risentirsi, nessuno si lamentava di niente, nemmeno George, perennemente imbarazzato dagli abiti femminili che era costretto a indossare.

Fu uno spettacolo senza precedenti, che contribuì a spianare la strada per il successo a quel gruppo di ragazzi liverpooliani che avevano il potere di incantare con lo sguardo, con la musica e con le battute.


***

Ok… non so a voi, ma a me il Beatles Christmas Show fa spanciare dalle risate!!

Emh…

Baci a chi recensisce!!

Ciauuu

Martina

*** X HARRYELY: Non si sa se la canzone "Lovely Rita" sia legata a questa leggenda, perchè Paul l'ha composta quando ha saputo che in America c'erano delle "ragazze-contatore", come le chiamava lui. Voleva fare una canzone d'odio, ma poi ha preferito farla d'amore. Ma penso che, siccome risale a dopo la presunta morte di Paul, sia una canzone composta o volutamente o no. Il nome di questa canzone è avvolto nel mistero: l'avranno chiamata così i Beatles da quella ragazza dell'incidente, o i fan avranno preso il nome da lì?? BOH..

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** L'inizio del sogno parte uno: Paul ***


L’inizio del sogno parte uno: Paul


Ciau di nuovo!! Dopo tutti questi capitoli (due!!) dicorsivi, cercherò di inserirne qualcuno con dei dialoghi!!

Promesso…

Baci8 a tutti ma soprattutto a chi recensisce!!

Marty.

***

-Paulie!! Tesoro?- Una voce femminile lo chiamava dalla cucina.

Paul aprì gli occhi: era mattina, una mattina molto speciale.

Nel corridoio incontrò suo fratello Mike, che gli diede una pacca sulla spalla e gli disse

-Auguri bomber!-

Paul gli sorrise: eh, già…era il 18 giugno 1956, il giorno del suo 14  compleanno.

Entrò in cucina e corse ad abbracciare sua madre Mary

-Ciao mamma … stai meglio oggi?-

-Sì sì- Mentì lei. In realtà non stava meglio e lei lo sapeva bene, essendo un’infermiera, ma non voleva rovinare il compleanno al suo primogenito.

-Ciao Paul! Auguri!- Suo padre Jim entrò in cucina con un pacchetto in mano.

-Cosa è?- Chiese Mike, squadrandolo dall’alto in basso.

-Questo, mio caro Michael, è il regalo di compleanno di Paulie-

-Vedere vedere vedere!!- Il piccolo Paul si lanciò su suo papà e aprì il regalo.

- È … una … tromba!- Esclamò deluso Paul. Lui voleva una chitarra.

-Sì Paul.. È appartenuta a mio cugino Ian Harris.. È uno strumento nobile: molti musicisti hanno fatto fortuna con una tromba!! Louis Armstrong, King Oliver …- Jim stava cercando di farla apparire più bella di quello che sembrava, ma Paul lo sapeva bene: non erano nella situazione economica adatta per comprargli una chitarra.  

-Dai Paul.. Facci sentire come suoni- Sghignazzò suo fratello.

Paul soffiò dentro e un rumore simile al barrito di un elefante si diffuse nella stanza.

-Beh.. È..è un ottimo inizio- Si sforzò sua madre, togliendosi lentamente le mani dalle orecchie.

-Oh, sì… come richiamo per elefanti!!- Ridacchiò Mike.

Paul gli si avvicinò e gli assestò un ceffone sulla nuca.

-Paul!!- Urlò sua madre.

Michael si mise a strillare cercando di metterlo nei guai, ma non era ancora nata la persona che riuscisse ad imbrogliare James Paul McCartney:

In meno di tre secondi Paul assunse un’espressione da cagnolino, dilatò gli occhi e arricciò la bocca, guardando fisso Mary, che si intenerì.

Il sorriso di Mike, che prima gli andava da un orecchio all’altro, cominciò a spegnersi.

-Mamma!! Ma non è giusto!! Soltanto perché lui è capace a fare quell’espressione tu gli perdoni tutto!! E no, eh!!!-

Paul sogghignò beffardo.

- Vaff …- Cominciò Michael, cogliendo il ghigno di suo fratello.

-Michael!!!- Gridò Mary.   

-Dai Mike, facci vedere quanto sei bravo a fare il mio sguardo- Gli sussurrò Paul.

Lui gli lanciò un’occhiata furente, poi provò: l’effetto fu abbastanza ridicolo, infatti sua mamma ebbe una crisi di riso e persino suo fratello.

-Beh che c’è?- Obbiettò Michael, guardando Mary e Paul tenersi la pancia dal ridere.

-Niente fratellino … è solo che deve ancora nascere la persona che riuscirà a battermi- Sghignazzò Paul.

-Sì sì… ridi ridi …ah ah che divertimento- Commentò Mike.

Mary uscì dalla cucina seguita da Paul che, mentre passava davanti a un fratello incavolato nero, gli scompigliò i capelli.

-Su su …vedrai che ce la farai prima o poi.-    

Michael cercò di tirargli un pugno, ma Paul lo bloccò con una mano sulla testa.

-È inutile fratellino … sono sempre più forte io- Gli disse lui, mentre Mike si dimenava sotto la salda presa di Paul.

Qualche giorno e molti sforzi dopo il piccolo Paul aveva imparato a suonare più o meno la tromba: si limitava a schiacciare sui pistoni e a soffiare dentro allo strumento, facendo venire un infarto a tutta la sua famiglia e dintorni ogni volta che li coglieva alla sprovvista.

Non ci voleva un genio per capire che Paul non aveva né il fiato né le mascelle adatte per suonare la tromba e Mike si divertiva tutti i momenti in cui vedeva suo fratello tirarla fuori dalla custodia; poiché produceva rumori sempre più agghiaccianti.

Michael, da bravo fratello minore, non si perse una nota; ma una settimana dopo  commentò:

-Sai, fratellone, indubbiamente ti soffi il naso con più convinzione!!-

Paul scoppiò a ridere, ma dovette comunque ammettere che Mike aveva ragione.

Così si decise ad andare a cambiare la sua tromba con uno strumento che gli piacesse di più: si recò da Rushworth e Dreaper, uno dei più importanti negozi di strumenti musicali di Liverpool, e la scambiò con una rozza chitarra Zenith; un modello rosso brunito, con due fessure ad effe, la meccanica smontabile, e l’action (l’altezza delle corde rispetto alla tastiera) degna della scala a pioli appoggiata a uno degli scaffali.

Quando uscì quasi saltellò di gioia, ma ancora più di lui il commesso; per essere riuscito a ottenere una tromba con un valore di circa cinque o sei volte tanto quella chitarra.

Ma non fu uno scherzo di un commesso egoista a fermare il piccolo Paul: nonostante si fosse a suo malgrado accorto di essere mancino, per tutta quell’afosa estate del 1956 rimase in casa; a dedicare ogni minuto disponibile alla sua chitarra, come dichiarò suo fratello Michael nel 1967, quando era già un Beatle a tutti gli effetti, quasi sul punto di sciogliersi con il suo gruppo.

Si comprò milioni di dischi di Chuck Berry, Little Richard, Buddy Holly, Carl Perkins e, naturalmente di Elvis Presley, “The King”; e li ascoltò sul vecchio grammofono che aveva in casa sua; poi ogni sera lui, come già John, George e Ringo, sintonizzava la radio su un programma musicale di quell’epoca, che trasmetteva le ultime HIT; e cercò di riprodurle sulla chitarra, suonandola come un destro.

Il risultato fu catastrofico, ma Paul non si arrese: con un lampo di genio girò la chitarra e … sì, poteva funzionare!

Soddisfatto della sua idea, imparò gli accordi al contrario e, in meno di una settimana, sapeva già suonare speditamente la, re, mi, do che a quell’epoca erano tutto ciò che serviva.

Dotato di buona memoria e fan sfegatato di Elvis, Paul cominciò a vestirsi e pettinarsi come lui, indossando pantaloni neri a sigaretta, giacca nera “da teddy boy”, stivaletti e  camicia bianca e tirò su i suoi capelli corvini in un ciuffo “a banana”.

Imparò quasi tutte le sue canzoni, tra le quali l’ultima hit, Heartbreak Hotel; che, guarda caso, adorava anche John.

Eh, già … anche prima di conoscersi John e Paul erano una cosa sola: Lennon e McCartney, McCartney e Lennon, e sarebbe stato così per sempre.

Quando sua madre Mary morì, il 31 ottobre 1956, Paul si chiuse nel suo guscio per settimane.

Si aggirò per casa come un’anima in pena, soffrendo i sintomi di una deriva emotiva; per lunghi momenti, a volte per ore, si ritirava nel silenzio, non parlava mai e se lo faceva “grugniva”, come ammise suo fratello qualche anno dopo.

Per riempire il vuoto Paul si rifugiò nella musica: non faceva che suonare la chitarra chiuso in bagno, perché era l’unico posto nel quale non riusciva a pensare alla tragedia.

Era una terapia, uno sfogo … non tanto musica.

La vita di Paul era sprofondata in un vortice, pieno di tristezza, apatia e pessimi voti; ma all’interno … all’interno c’era ben di più: la forza di reagire e la consapevolezza che sarebbe riuscito a realizzare i suoi sogni.

Otto mesi dopo conobbe John Lennon.


***

Ciau di nuovo!! Mi dispiace di aver reso un po’ triste questo capitolo.. Ma in fondo, come disse una volta un giornalista: “Negli anni che seguirono la morte di Mary, quando era ormai favolosamente ricco ed era stato nominato baronetto dalla regina, Paul avrebbe spesso attribuito il proprio successo all’incoraggiamento della madre a << fare meglio >> di lei e Jim, a migliorare le sue condizioni. All’improvviso, senza la madre che era sempre stata il punto fermo della famiglia, senza il suo buonsenso e il suo pragmatismo, Paul si sentì perso”.

Proprio come John.

Chi ha detto che il loro incontro fu casuale??

***

x darkrainbow:  grazie per aver recensito!! Non ti preoccupare … basta il pensiero!

Aspetto con ansia un tuo commento su questo capitolo!! Baci.

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** L'inizio del sogno parte due: John ***


L’inizio del sogno parte due: John


Ecco un nuovo capitolo …

Come si può iniziare? Vediamo…


Otto mesi dopo conobbe John Lennon...

-Zia Mimi, posso avere una chitarra?- Questa fu la prima frase che il piccolo Johnny riuscì a formulare subito dopo aver imparato a parlare.

-La chitarra va bene John, ma non ti darà certo di che vivere- (The guitar's all very well, John, but you'll never make a living out of it)

La risposta fu la stessa per anni.

-Mamma… perché non volete comprarmi una chitarra?-

-John, piccolo Johnny, non sei più sotto la mia responsabilità: Mimi ti ha portato via da me quando avevi 5 anni. Se potessi te la comprerei, ma poi, tua zia?-

-Andiamo, mamma!! È tua sorella!! E poi, anche a te piace suonare… hai il banjo in mano da quando sei nata… e, che cavolo, sei comunque mia madre biologica!!-

-Lo so…- sospirava allora Julia. -Forse l’anno prossimo, quando finirai la scuola-

Qualche mese dopo John vide su Reveille la pubblicità di una chitarra “garantita contro ogni rottura” che costava solo dieci sterline, così torno alla carica:

-Maaammaaaaaa!! Maaammina caaaaaaraaaaaaaa!!??!-

-Cosa hai combinato, John?- Sua madre sbucò seria dalla porta della cucina.

-Io??? Niente, figurati!!-

Julia arcuò un sopracciglio.

-John.. Sputa il rospo!!-

John sghignazzò, poi finse di vomitare.

-Croack!- si sentì dall’altra parte della stanza.

-Julia.non.ti.ci.mettere.anche.tu.grazie- sbottò la madre, sottolineando pesantemente le parole, rivolta a una delle due sorelle di John, Julia, per l’appunto. (*)  

John si voltò verso la sua sorellina e le sorrise grato per aver partecipato alla sua gag.

D’altronde: tale fratello, tali sorelle, no?

-Allora John?-

-Puoi prestarmi dieci sterline?-

-Per cosa?-

-Ecco, vedi.. Per questa assolutamente meravigliosa chitarra a prova d’urto.. E.. mamma, per favore!!-

-E va bene!! Ma vedi di non farmene pentire!!-

John cominciò a saltellare per tutta la stanza, prendendo in braccio le due sorelline e facendole girare.

-Promesso, mamma!-

Julia rise, e cominciò a suonare il banjo, per permettere a John, Julia e Jakie di ballare.

 

(*) per chi non lo sapesse, e non sentitevi ignoranti, perché nessuno special sulla vita di John Lennon lo ha mai accennato e nemmeno nessuna biografia sui FabFour, John ha tre sorellastre: la prima, Victoria Elisabeth nacque da una relazione di Julia con un soldato gallese, e poi fu data in adozione sotto il nome di Ingrid, la seconda e la terza nacquero dal secondo marito di Julia, John “Bobby” Dykins; e si chiamano Julia e Jakie. Sono più piccole di John rispettivamente di 7 e 9 anni.

Tutto ciò è scritto nel libro di Julia Baird, la sorella di John, che ho letto sotto Natale.

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Un problema chiamato Yoko Ono-capitolo speciale ***


Un problema chiamato Yoko Ono

Capitolo speciale.


Dal 1961 al 2009. Lo so. Ora dovrebbe esserci il capitolo dedicato a George e poi quello dedicato a Ringo, ma ho deciso di inserire questo perché oggi, 14-05-2009, ho visto un video con l’ennesima mostra “fuori dagli schemi” di Yoko Ono e… tralasciamo i miei commenti e passiamo al capitolo; che parla da se.
***
"Pensavo fosse una donna fredda. (...) È il contrario (...)
 Penso sia solo più determinata delle altre persone
 ad essere se stessa".
Paul McCartney

"Le persone han bisogno di argomenti leggeri, come
i litigi tra me e Paul, per sfuggire a tutti gli orrori
 del mondo, ma non è più vero... Abbiamo litigato
molte volte in passato; ma ora rispetto Paul
per esser stato partner di John e Paul rispetta
 me per essere stata sua moglie".
Yoko Ono



Il telefono squillò a casa McCartney, nel giorno 13 maggio 2009.

Paul andò a rispondere, tranquillo come non mai.

-Pronto?-

-L’ha fatto…ancora- Sibilò una voce dall’altro capo del telefono, sottolineando le parole e deglutendo ad ogni punto.

-COSA????- Strillò Paul indignato, che aveva capito di cosa e soprattutto di chi stesse parlando l’amico.

-Accendi. La…tivù- Continuò Ringo, che non accennava a calmarsi.

Paul eseguì; e neanche il tempo di caricarsi l’immagine che già lo speaker annunciava “La nota vedova dell’ex Beatle John Lennon, Yoko Ono, ha indetto una mostra a Manhattan sugli ultimi nove anni di suo marito trascorsi nella Grande Mela. Occhialini insanguinati e un sacchetto marrone contenente i vestiti di quel drammatico giorno sono i primi nella lista degli oggetti nella nuova creazione della Ono; accompagnati da veri e propri cimeli come il suo pianoforte e le sue chitarre. Yoko ha inoltre detto di averlo fatto per evitare la vendita di armi in America, ancora permessa nonostante da quasi 30 anni il mondo senta la mancanza di Lennon.”

Paul sentì la mano sudare e il telefono scivolare lentamente, mentre lui restava in trance davanti allo schermo. No. Non poteva essere vero.

-Paul?? Paul cazzo rispondimi!!- Ringo gli urlò nelle orecchie e lo risvegliò dal suo sonno, qualche secondo prima che il telefono cadesse a terra.

McCartney afferrò la cornetta e informò l’amico preoccupato che era ancora vivo.

-Deve essere un incubo. Sì, ne sono sicuro. Cambio canale.- Paul fece zapping con il telecomando sperando di vivere la conseguenza del mangiare troppo pesante della sera prima.

Ma le sue mute preghiere furono vane: qualsiasi canale lui mettesse, quell’orribile notizia campeggiava ovunque. Una serie di parole da parte di speaker totalmente scandalizzati, qualche immagine dei suoi occhiali sporchi di sangue vecchio di 30 anni e brevi spezzoni di interviste a Yoko Ono, terminanti sempre con lo stesso video di John che camminava per Central Park sulle note di Mind Games.

-John…- Sussurrò Paul, mentre una lacrima solitaria gli rigava il volto.

-Eh, già.. Gran bella perdita eh?- Borbottò malinconico Ringo dall’altra parte del filo, guardando lo stesso canale di Paul.

-Mi manca, sai? Per me è come se il tempo fosse sospeso in una bolla e John potesse spuntare da un momento all’altro da quella porta, vestito da teddy boy. Cosa ne pensi, Ringo? I suoi occhiali tondi, vecchi come noi…-

Ringo rispose con una lunga e poderosa soffiata di naso, accompagnata da qualche singhiozzo.

-Cosa hai intenzione di fare?- Chiese Paul.

-Non..non so, in effetti. Penso..penso che prima di fare qualsiasi cosa bisognerà chiamare Yoko o Sean… poi avvisare Cynthia e Julian, sempre che non lo sappiano già..infine, Paul.. Dovremmo fare proprio quello che tu temi.- Balbettò il batterista.

-No, no! Non puoi chiedermi questo! Andare in giro per un locale e trovare tutti i suoi oggetti? Riportare alla luce quei quarant’anni di silenzio? È questo che mi stai chiedendo Ringo? Ricomporre tutti i pezzi del puzzle? Arrendermi al fatto che sia morto quasi 30 anni fa, ma per noi quasi 40?- Paul non riusciva a credere alle parole del suo ultimo, grande amico.

-Sì, Paul. Dobbiamo farlo! John è parte della nostra vita, che tu lo voglia o no. Penso..penso che George sarebbe stato d’accordo con me. Gli amici non si abbandonano. Nemmeno i ricordi.-

McCartney tirò un pugno contro il muro. Poi ci appoggiò la testa e sussurrò: -Hai ragione come sempre, Ringo. George non avrebbe esitato un secondo. E in fondo neanche John. Però..vieni da me per favore. Non me la sento di chiamarla da solo.-  

***

Quando Ringo suonò a casa McCartney gli aprì la figlia di Linda, Heather, con un’espressione piuttosto preoccupata sul volto.

-Si può sapere cosa diamine è successo? Papà sta dando di matto di là in salotto!-

-Credimi Heather, meglio non saperlo.- Rispose Ringo, entrando meditabondo in casa.

Si avviò verso il salotto seguito da Heather, Mary e Stella con in braccio la piccola Beatrice; e a piccoli passi raggiunse Paul, che stava girando come un pazzo, sparando insulti ad alta voce.

-Come ha potuto quel…quel...coso!! John non è un fenomeno da baraccone!! Me ne frego se l’ha fatto per una buona causa! Non può esporlo così!! Ha tenuto i vestiti in quello stato per trent’anni???-

Ringo gettò un’occhiata ansiosa alle tre figlie grandi di Paul che lo guardavano con un’espressione indecifrabile dalla soglia della stanza, la bocca tesa e le braccia incrociate.

-Paul! Paul calmati!- Urlò poi.

-No che non mi calmo Ringo!!! Ti rendi conto che Yoko Ono ha organizzato una mostra con gli occhiali insanguinati e i vestiti di John di quel giorno, con ancora i fori dei proiettili e il sangue schizzato via??-

Nel salotto calò il silenzio. Stella cominciò ad urlare, Mary si portò le mani alla bocca e Heather lasciò cadere il bicchiere d’acqua che aveva in mano mandandolo in frantumi sul pavimento e spargendo vetro ovunque; Beatrice si mise a piangere per la paura.

-Per l’amor del cielo!- Paul parve rinsavire.

-Stella, va tutto bene! Heather, per favore togli i vetri dal pavimento.. E tu Mary.. Porta via Beatrice- Paul si avvicinò a Stella che scoppiò in un pianto isterico; anche Beatrice, in braccio a Mary, non ne voleva sapere di calmarsi.

-Mio Dio..- Commentò Ringo, accarezzando i capelli biondi di Beatrice.

-Chiama Olivia, Ringo …fa venire qui Dhani.-  Disse Paul, abbracciando Stella costernato.

Poco dopo arrivò Dhani, trafelato e sconvolto.

-Perché l‘ha fatto?- Domandò ai due Beatle, con una calma degna di suo padre.

Ringo ridacchiò.

-Ora dobbiamo chiamare Yoko..- Sospirò Paul.

-Vorrai dire la pazza isterica!- Sbottò Dhani, guardando fisso negli occhi Paul, serio.

Quest’ultimo sgranò gli occhi.

-Per..per un momento..mi è sembrato di vedere tuo padre. Soltanto lui riusciva a fare la battute sarcastiche rimanendo totalmente serio.-

Ringo ridacchiò ancora.

Paul chiamò Yoko e appena lei rispose lui non riuscì a mantenere del tutto la calma.

-Perché l’hai fatto.- Non era una domanda. Era una rassegnazione.

-Volevo che tutti capissero quanto sia pericoloso concedere la vendita delle armi..- Balbettò Yoko dall’altro capo del filo. Sembrava così fragile..

-Ti sembrava davvero il caso di esporre i suoi vestiti e i suoi occhiali?- Borbottò Ringo.

-Speravo che così.. La gente avrebbe capito meglio..-

Paul si picchiò la mano sulla fronte: era inutile, Yoko non sarebbe cambiata mai.

-Vabbè.. Senti. Volevamo dirti che ci saremo. È il minimo che possiamo fare per John.-

-D’accordo.. Grazie.-

Paul chiuse la telefonata, mentre Dhani, che non sapeva nulla del viaggio in America, lo indicava a bocca aperta, cercando di articolare una frase di senso compiuto.

-Tu..tu..tu..sei pazzo!-

-No..sto cercando di costruire un ricordo rimasto in silenzio troppo a lungo..- Detto questo Paul accarezzò lentamente la custodia del suo basso Hofner.

***

Scusate il capitolo fuori dagli schemi!! È solo che sono rimasta totalmente sconvolta da quella mostra.. Ma è pazza???

Ad ogni modo.. Grazie per aver recensito gli altri capitoli!!

Baci

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** L'inizio del sogno parte tre: George ***


L’inizio del sogno parte tre: George

 
-Maaaammaaaa!! Louise mi ha preso la chitarra!-
-Tanto non diventerai mai famoso…-Lo canzonò sua sorella maggiore.
-Già, mamma.. Perché hai sprecato 3 £ 10s per la chitarra di George? Potevi comprare un nuovo rossetto a Louise!- Ribattè Harry jr., il secondogenito.
-Sta zitto Harry!- Sibilò Louise, brandendo la chitarra.
-Ragazzi cosa è questa baraonda? Non riesco a farmi il ciuffo, e voi sapete che le ragazze lo adorano…- Peter, il terzo, era uscito dal bagno.
-Oh santi numi..-Sospirò Louise.
-Eddai dammi la chitarra!!- Esclamò il piccolo George dopo aver cercato di afferrarla più volte senza successo, dato che la sorella la teneva ben alta.
-RAGAZZI ADESSO BASTA! Dovete andare a scuola! Louise dai la chitarra a George, per favore. Sei la maggiore, accidenti!- Louise senior, la madre dei quattro “pestiferi” Harrison era arrivata in cima alla rampa di scale, sul pianerottolo vicino alle camere da letto.
-Oh, cielo! Peter.. con tutto questo gel assomigli a quel… Presley!- Disse poi schifata.
-Già ed è davvero forte!- George, recuperata la chitarra, lo guardava con ammirazione.
-Elvis The Pelvis, mamma.. Il Re. Appena torniamo da scuola lo faccio anche a te, George.- Peter scese le scale e uscì dalla casa.
-Forte..- bisbigliò George scendendo in ingresso con la chitarra in mano e lo zaino in spalla.
La mamma alzò gli occhi al cielo al solo pensiero di due piccoli “Elvis” con ciuffo e giacchette di pelle che zampettano per casa, e Louise tornò in camera a prepararsi.
Harry jr. uscì per recarsi al lavoro, e la sorella lo seguì nel giro di mezz’ora.
 
1957, Liverpool, la casa degli Harrison.

 
Quattro ragazzi, a loro tempo tutti pestiferi, con tanti anni di differenza tra uno e l’atro:
Louise aveva 26 anni, Harry jr. 24, Peter 16 e George 14.
 
Ma, tornando al allora piccolo George,  come ogni mattina si stava recando al Liverpool Institute, scuola di Paul McCartney e a, suo tempo, di John Lennon.
Sulla strada tra la sua modesta abitazione e la scuola c’era un negozio di dischi, con in bella mostra gli ultimi LP dei cantanti americani più famosi e George si fermava sempre, con le mani appiccicate ai vetri, ad osservare tutte le copertine.
-Hey George!- Una voce lo distrasse dai suoi pensieri.
-Hey Arthur!- George salutò l’amico, Arthur Kelly.
-Sapevo che ti avrei trovato qui!!- Sorrise poi. –Hai sentito l’ultima novità dagli Stati Uniti?- Proseguì.
-No..- Rispose George, che pendeva dalle sue labbra.
-È in commercio il nuovo disco di Elvis Presley!!- Esclamò Arthur.
-Wow!! Davvero?-  George saltellava di gioia.
-Guarda, è quello là!!- l’amico gli indicò un disco con un primo piano di Elvis in copertina.
-Dove? Dove?????- George si appoggiò alla vetrina così in fretta che quasi ne divenne parte integrante.
-Là.. lo hai già ascoltato? Io sì.. alla radio hanno fatto sentire una sua canzone tratta da quell’album, si chiama Blue Suede Shoes- Arthur si sentì orgoglioso di se stesso per quante cose sapeva su Elvis.
George, che non si era staccato dal vetro nemmeno quando l’amico aveva parlato, spostò leggermente lo sguardo alla vetrina dalla parte opposta del negozio, dove un ragazzo bruno, con i capelli tirati su a ciuffo e due profondi occhi verdi, stava rigirandosi tra le mani un foglietto di carta.
-Hey, Arthur!- Sibilò George.
-Dimmi..- Rispose questo.
-Vieni qui e guarda quel ragazzo.-
-Quale?- Domandò Arthur appoggiandosi alla vetrina.
-Quello dalla parte opposta della strada.. laggiù. Non è Paul McCartney? Quello che suona neiQuarryMen con John Lennon?- Chiese George.
-Non lo so.. da qua non si vede molto bene.. ma direi di sì, perché?-
-Cavolo.. mi piacerebbe essere come lui…- Sospirò George.
In quel momento il ragazzo smise di rigirare il foglietto fra le mani e alzò gli occhi verdi, incontrando un paio di occhi neri che lo fissavano curiosi e pieni di ammirazione.
George distolse subito lo sguardo e si girò, cominciando a camminare verso la scuola, seguito dall’amico.
-Cavolo!! Ho fatto una figuraccia! Non avrò più neanche il coraggio di guardarlo in faccia, ora!- Piagnucolò George.
-Maddai, amico…non hai fatto una figuraccia, amico.. semplicemente non ti chiederà più di entrare nel suo gruppo!- Osservò Arthur.
George gli scoccò un’occhiataccia e entrò nel cancello della scuola senza più rivolgergli la parola.
 
 
Al termine delle lezioni George uscì da scuola e come un fulmine si diresse verso l’autobus che lo avrebbe riportato a casa, in tempo per avere un bel ciuffo alla Elvis fattogli da suo fratello Peter.
Salì e si sedette, ripensando al ragazzo incontrato davanti a Lewis, il negozio di dischi.
Proprio in quel momento una voce lo riportò alla realtà
-Scusami..è libero questo posto?- George, assorto nei suoi pensieri non si era neanche accorto che un ragazzo si era avvicinato a lui e lo stava fissando, attendendo una risposta.
 Si voltò lentamente ed esclamò –Certo scusa, siediti pure..-
Dopo qualche secondo si accorse di chi effettivamente aveva vicino: un ragazzo moro, con i capelli tirati su a ciuffo, un profilo perfetto e due enormi occhi verdi.
George sgranò gli occhi; non ci poteva credere.
Paul si voltò e si accorse dello sguardo di George.
-Aspetta un attimo.. tu sei quello che stamattina mi fissava davanti alla vetrina del negozio di dischi!-
George arrossì. –Già.. in effetti ero io. Piacere, sono George Harrison.-
-Paul McCartney- Si presentò l’altro.
- È tua quella chitarra?- Chiese poi.
-Sì..- Rispose George.
-Perché non mi fai sentire qualcosa, allora?-
-Sicuro!!- Esclamò George, felice come non mai.
E attaccò una canzone di Elvis.
-Wow, sei bravo George.- Disse Paul ad esibizione terminata.
-Grazie, ehm.. Paul-
-Perché non vieni alle prove del nostro gruppo oggi?- Propose Paul.
-Io? Alle prove dei QuarryMen?- Sussurrò George emozionato.
-Sì.. sei bravo, sono sicuro che John ti apprezzerà.-
-Va bene, grazie. Oh, questa è la mia fermata, scendi con me?-
-Certo..-
George scese, seguito da Paul, entrò in casa di volata, posò lo zaino e poi, imbarazzato, si voltò verso il ragazzo più grande.
-Ehm.. – Cominciò un po’ imbarazzato.
-Ti dispiace se prima mio fratello mi fa il ciuffo come il tuo?-
Paul scosse la testa e cominciò a ridere,             
 
 
 ***
Ma ciao ragazze!! Scusate se in questi ultimi mesi non sono stata tanto presente, ma avevo un ehm..piccolo problemino con internet.. =)
Ma ora sono tornata ed ecco qui il capitolo tanto atteso sul piccolo George!
Nella mia assenza ho notato delle nuove storie con autori che non conoscevo ancora e le ho lette; beh.. siete davvero molto bravi! Con voi i Beatles continueranno ad essere ricordati!!! 
Nella speranza che leggerete e/o recensirete questo capitolo, vi mando un bacione e vi anticipo il titolo del prossimo:L'inizio del sogno parte quattro:Ringo.

Ciaoooooooooooooo!
Martina
 

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** L'inizio del sogno parte quattro: Ringo ***


L’inizio del sogno parte quattro: Ringo

 
Richard Starkey era un tenero bimbetto nato il 7 luglio del 1940, quando ormai sua mamma aveva abbandonato ogni speranza di averne uno.
Molto fragile, esposto al doloroso divorzio dei genitori quando aveva solo 3 anni e ripetutamente messo in pericolo di morte da tre malattie, Ringo Starr sarà per sempre il nostro sensibile, tenero e impacciato batterista preferito…

 

***

Liverpool, 1953.
 
-Dai Marie! Tanto ti prendo!- Urlò un giovane ragazzino.
-E allora pattina, Ritchie!! Sei lentissimo! Sicuro che riuscirai a prendermi?- Gridò di rimando Marie.
Richard accelerò e le arrivò quasi a sfiorare la manica del cappotto; ma lei, con un’abilità superiore, curvò velocemente a destra, e si fermò poco lontano a contemplare la scena: il piccolo Richard era rimasto con una mano protesa davanti e stava fissando sbigottito il punto dove prima vi era la manica del cappotto di Marie.
 La ragazza rise per l’espressione sul volto del suo migliore amico; poi pattinando lo affiancò.
-Hey, bella statuina! Sono quasi le sette.. che si fa?-
-Mh, non so.. la mamma ti ha dato di nuovo i soldi per tornare a casa?-
-Sì.. ma la casa dista poco, e noi abbiamo i pattini…-
Si guardarono per un po’.
-E allora GELATOOOOOO!!!- Urlarono e pattinarono in direzione del gelataio più vicino.
 

***

Settembre 1953
 
Richard ebbe un sussulto e si svegliò, guardandosi inebetito attorno.
Era stato soltanto un sogno, un flash della sua giornata passata all’High Park con Marie, la sua migliore amica dell’ infanzia, ormai diciassettenne.
 
“Ah già… sono in ospedale” pensai.
“Maledetta tubercolosi..” Sospirai adagiandomi meglio sui cuscini e riaddormentandomi.
La mattina dopo arrivò la mia infermiera personale, Mary. Era puntuale come un orologio svizzero, ma anche molto dolce e comprensiva.
E aveva due figli, così mi aveva detto, Paul e Mike.
-Hey Ritchie sveglia!! È l’ora della medicina!- Mary mi tolse le coperte dagli occhi.
Mugolai e mi girai dall’altra parte.
-Su su.. è una gran bella giornata!- Aprì le imposte e il sole mi inondò il viso. Tuffai la testa sotto il cuscino.
-Oh, andiamo Ritchie… potresti andare d’accordo con i miei figli! Anche loro fanno così al mattino presto!!- Mi rimproverò lei.
Io risposi con un grugnito; poi, con l’aria affaticata di uno che ha lavorato per ore, mi alzai a sedere.
-Oh, bravo Richard!! Dovrebbero davvero conoscerti i miei figli… loro prima di alzarsi devo minacciarli e…- Mary fu scossa da un violento colpo di tosse, che poi sfociò in un dolore acuto all’addome.
-Ma tu…tu sei sicura di stare bene?- Chiesi preoccupato.
Dopo sei mesi passati in ospedale sotto le sue cure era come una seconda mamma per me, ma credo che chiunque l’avrebbe adorata.
Lei si rialzò a fatica.
-Sì, sì. Sto bene.. tu, piuttosto.. sei contento? La malattia è quasi scomparsa, e tra un mese sei fuori di qui..- mi rivolse un grande sorriso.
-Mh, non saprei… mi stava cominciando a piacere quest’ospedale..- Osservai ridacchiando.
Mary mi fissò con le mani sui fianchi e l’espressione dura e divertita di quando si riceve una battuta sarcastica.
-Sul serio! Mi mancherà non essere svegliato dalla mia infermiera preferita con quel cavolo di sole alle sette e venti del mattino!- Questa volta riuscii a farla ridere con me.
Lei, ancora con il sorriso sulle labbra, riempì un cucchiaino di un liquido ambrato, simile al miele, versato da una bottiglietta di medicinale; e me lo avvicinò alla bocca.
-Su, Ritchie.. spalanca la ciabatta e bevi la medicina!-
Manco a dirlo! Io andavo pazzo per quella medicina, a dir poco la adoravo! Così, neanche due secondi dopo, il cucchiaio era nella mia “ciabatta” e io avevo la mia solita espressione soddisfatta.
-Piccolo clown…-Rise lei.
Poi si avviò alla porta.
-Ci sono delle visite per te!- Mi informò.
Nemmeno il tempo di dire “chi?” che mi ritrovai spiaccicato sul letto, stretto dalla morsa di Marie.
-Oh, Richard.. Richard.. Richard!! Mi sei mancato! Ho saputo che stanno per dimetterti!- Esclamò lei, senza prendere fiato tra una parola e l’altra.
Io la osservai: aveva il volto rosso e gli occhi lucidi, segno che aveva pianto; probabilmente di gioia alla notizia che ero guarito, poi indossava un lungo cappotto pesante e portava i libri di scuola.
“Già. Scuola.” Pensai.
“Ormai siamo a settembre. E così ho saltato un altro anno..”
Marie, vedendo che la fissavo, mi sorrise debolmente.
-Sono contenta che tu sia guarito! Ecco, ho una cosa per te.- e mi porse un LP.
Io curioso lo afferrai e sbirciai il nome sulla copertina: era Bedtime for Drums di Alayn Ainsworth.
Le gettai le braccia al collo.
-Grazie Marie!!-.
Lei si avviò verso il giradischi e lo inserì, poi poggiò la puntina sul disco di vinile e lo ascoltammo.
“Che magico tocco.. che sensazione stupenda! Vorrei essere io quello che suona..” Pensai.
Ad ascolto terminato io commentai convinto: -Un giorno, anche io suonerò così.-
Marie e Mary, che era arrivata attirata dalla musica, scoppiarono a ridere.
Ma io ero serissimo! E per dimostrarlo ogni giorno ascoltavo quel disco e picchettavo con due penne su qualsiasi superficie disponibile, cercando di imitare il tocco. Presto diventai molto bravo e tutti gli infermieri e i pazienti, se capitavano nella stanza durante una delle mie molteplici esibizioni, applaudivano e chiedevano il bis.
 
Ottobre 1953
 
“ È già mattina” Pensai.
All’improvviso sentii le coperte strattonate via con malagrazia e una burbera voce femminile che sbottava
-Avanti, Starkey. Si svegli. Qui c’è la sua medicina, la prenda in silenzio e poi si prepari. Oggi sarà dimesso. In silenzio.- Margaret uscì e io sbuffai. Ma dove era Mary? Era da due o tre giorni che non mi assisteva più, e a me mancava molto.
In silenzio, tanto per fare contenta la vecchia strega, bevvi il mio solito cucchiaio di medicina e mi preparai; poi uscii dall’ospedale con un brutto presentimento.
Arrivai a casa e Harry, il mio patrigno, mi accolse con un abbraccio soffocante.
-Harry, Harry.. lo sa che gli vuoi bene, ma per favore non rimandarmelo all’ospedale! È stato lì anche fin troppo!- trillò mia madre, Elsie, tutta sorridente.
-Mamma!!- io corsi ad abbracciarla.
-Allora signorino.- mi chiamò Harry.
-Di là c’è una sorpresa per te.- Aggiunse mamma.
-Che cosa??- Esclamai contento, volando in salotto.
E lei era lì.. la mia prima batteria.
-Grazie grazie grazie!!!- Saltai addosso a Harry e a mia madre.
-Come sei stato all’ospedale, Ritchie?- Mi chiese poi mamma.
-Bene! C’era un’infermiera molto dolce e simpatica..Mary. Ha due figli, Paul e Mike. Ma non li ho mai visti… e gli ultimi tre giorni non si è fatta vedere all’ospedale.. chissà perché.- Risposi, più rivolto a me stesso che a loro.
I miei genitori si scambiarono una strana occhiata.
Io cercai di formulare una frase, sentendo le lacrime che bruciavano a lato degli occhi.
No… lei no..
-Mamma.. Harry.. voi lo sapete, vero? Dov’è Mary?? DITEMELO!!- Urlai disperato.
-Tesoro, lei è.. sta male, ha il cancro.. è all’ospedale, ma le restano ancora poche ore di vita..-
Io uscì correndo, e non mi fermai neanche per un secondo, con le lacrime che prepotenti mi solcavano il viso.
Fuori tutta la città era addobbata per Halloween, non me ne ero neanche accorto, così impegnato a tornare a casa.
Di colpo frenai, e mi guardai attorno: ero nel giardino dell’ospedale.
Con gli occhi velati di lacrime cercai di mettere a fuoco ciò che era attorno a me; vidi dei piccoli fiori azzurri: dei Nontiscordardimè.
Nontiscordardimè.Era l’augurio che volevo fare a Mary. Ne raccolsi un mazzo e mi fiondai alla reception dell’ospedale.
-Desidera, signor Starkey? Ma non era appena andato via?- Domandò la segretaria.
-Mary, l’infermiera che era qui.. dov’è ora?- Risposi singhiozzando.
La piega delle labbra della segretaria si accentuò mentre mi indicava una porta.
Io girai la testa: un ragazzino che avrà avuto due anni in meno di me stava entrando nella stanza, tenendo per mano quello che sembrava suo fratello più piccolo.
Forse erano Paul e Mike, in quel momento non mi importava molto. Mi avvicinai alla porta chiusa e la fissai per qualche minuto. Poi, lentamente, posai il mazzolino di fiori sul pavimento e corsi via: era la giornata delle corse, ma non mi importava. Non volevo più rimanere lì per nessuna ragione.
Mentre i miei passi rimbombavano lungo la strada che portava a casa mia, un pensiero a intervalli regolari mi martellava il cervello e mi stringeva le viscere:
 
Addio, Mary.. Nontiscordardimè. Addio”     

***

Innanzitutto un po' di precisazioni: non so se effetivamente la madre di Paul e Mike fosse l'infermiera di Ringo, ma il periodo della malattia di Ritchie era quello, anche se Mary è morta il 31 ottobre del 1956. E la prima batteria gli fu sì regalata dal patrigno Harry, ma nel 1957.
Scusate tanto i "piccoli errori"....


Darkrainbow   Ciaooooooooooo!! Alla fine sono riuscita ad aggiornare!!!
Sweet Bee   hai ragione! solo che non trovavo l'ispirazione per i dialoghi ;( che ne pensi di questo capitolo?
MeMedesima   Grazie per i complimenti!!Hai visto che alla fine Ringo è arrivato?? Sì.. davvero George seguiva John e Cynthia!! xD 
Hai proprio ragione sul Beatles Christmas Disc! È veramente favoloso!!
FlyGirl 92     Ma grazie!!! Spero che questo capitolo ti piaccia!! =))
Laban    Grazie!! Lo so, neanche io mi immagino Paul con il ciuffo..!! Lo sai che usava, oltre al gel, l’acqua e zucchero per tenerselo su?!? Anche se io lo preferisco con il caschetto [sospiro] <3 <3

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** …e quando si dice oratorio… Il potere di essere Lennon / McCartney parte uno ***


 

…e quando si dice oratorio…

Il potere di essere Lennon / McCartney parte uno

 

Sabato 6 Luglio 1957  

 

-Avanti Paul!!- Un diciassettenne dall’aria contrariata fissava una grande scalinata davanti a se.

-Eccomi!- Un quindicenne magrolino, con gli occhi verdi e una pesante chitarra si fiondò giù dalle scale con un sorriso innocente stampato sul volto.

-Grazie al cielo! Mi aspettavo di diventare vecchio in questa stanza.. perché hai la chitarra?- Chiese l’amico.

-È una sagra, no?- Domandò Paul, con l’espressione di uno che la sa lunga.

-Beh, sì ma…-

-E alle sagre c’è gente che suona, giusto?- Continuò il ragazzino.

-Sì, è vero, però…-

-Visto Ivan? Non era poi così difficile…- Paul scese definitivamente le scale (era rimasto sull’ultimo gradino per poter guardare Ivan dall’alto in basso) e uscì dalla porta.

L’altro, l’amico chiamato Ivan, scosse la testa e gli urlò dietro

-Hey Paulie! Non è che pensi che Elvis Presley ti scritturerà per la sua band?-

 

No. Quel giorno Paul McCartney non avrebbe trovato Elvis Presley, e nemmeno sarebbe entrato nella sua band; ma avrebbe incontrato una persona che gli sarebbe stata vicina per quasi quarant’anni, una persona con cui avrebbe diviso gioia e dolori, passione e piccole litigate, lunghi silenzi e riconciliazioni, una persona con cui sarebbe entrato nella storia…

 

Ivan si fermò davanti a un carro con il fondo rivolto verso il pubblico nel centro dell’oratorio della chiesa di St. Peter, dove si sarebbe tenuta la sagra, e fece cenno a Paul di raggiungerlo scavalcando un po’ di persone.

Il ragazzo eseguì; passando accanto a una donna con capelli ricci e rossi, sulla trentina, massimo sui trentacinque anni, con un enorme sorriso stampato sul volto e lo sguardo rivolto al carro al centro dell’oratorio, dove un giovane “biondino, riccioluto, basettoni, molto cool” stava sistemando gli strumenti.

Alla sinistra della donna vi era una bimba sugli otto anni, che, come la madre, osservava il ragazzo; e alla destra una ragazzina di circa dieci anni che saltellava eccitata e ripeteva –John! Il nostro fratellone!! Mamma ci credi?-*

 

La donna rivolse uno sguardo dolce alla ragazzina alla sua destra e poi i suoi occhi color nocciola incrociarono quelli verdi di Paul.

Appena lei vide che aveva la chitarra gli sorrise, quasi pensasse che siccome aveva la chitarra fosse un

bravo ragazzo, degno di rispetto.

Per Paul non vi era sorriso più bello. Lui sorrise di rimando e poi raggiunse l’amico, che in silenzio gli passò il programma della sagra.

-Ora 5.45 pm, THE QUARRY MEN SKIFFLE GROUP- Ripetè ad alta voce.

-Già.. per fortuna siamo in tempo!- Sibilò Ivan guardando male Paul.

-Come è che ho l’impressione che questa sia una velata critica nei miei confronti?-

-Se sei una lumaca non è certo colpa mia!-

Paul stava per ribattere quando Ivan lo interruppe.

-Calma i tuoi bollenti spiriti, Chuck Berry… stanno entrando.-

Paul rivolse lo sguardo al carro e vide che sul retro, la parte rivolta verso di loro, era stato montato un palco, dove ora stavano avanzando sei ragazzi di età compresa tra diciassette e diciott’anni.

Uno tra di loro, quello che prima Paul aveva notato mentre sistemava gli strumenti, annunciò che avrebbero cantato una canzone di Gene Vincent, Be Pop A Lula.

Ivan tirò una gomitata a Paul.

-Ouch!- Si lamentò quest’ultimo.

-Scusa… comunque, volevo dirti di prestare attenzione al ragazzo che ha appena parlato.-

-Quello biondo con la camicia a quadri?- Chiese Paul.

-Sì. Quello è John Lennon, un mio ex compagno di elementari. Dimmi cosa ne pensi, magari dopo te lo presento. Non è Elvis Presley, ma è molto bravo.-

Ivan non sapeva quanto si sbagliava. 

Paul cercò John con gli occhi e poi disse

-Ok. Ricevuto. Sissignore. Staremo a vedere!-

John intonò Be Pop A Lula e Paul sussurrò a Ivan

-È bravo, niente da dire.. ma quella chitarra è un pessimo strumento-

Ivan fece spallucce.

-Quella chitarra è storica. John se la è sudata..-

In quel momento il ragazzo terminò l’ultima nota con lo strimpello finale, e l’intero oratorio applaudì; ma Paul lo sapeva, anche senza girarsi a guardare, che gli applausi più calorosi venivano da quella donna con i capelli rossi e dalle sue due figlie.

John si avvicinò nuovamente al microfono e annunciò il titolo della loro prossima canzone: Come Go With Me, di Del Vikings, e attaccò a cantare.

Così a primo impatto Paul si accorse di una sola cosa: quel tipo, John, non sapeva affatto cosa stava cantando.

- Down down down to the Penitentiary- Urlò in quel momento il ragazzo nel microfono.

-Cosa??- Esclamò Paul rivolto a Ivan.

-Che c’è?- Sibilò lui.

-Ha sbagliato il testo.. le parole esatte sono come little darling, come go with me-

-Ah, già, mi sono dimenticato di avvertirti. È un po’ stravagante, ma è un bravo ragazzo.-

“Stravagante non è proprio l’aggettivo con cui lo definirei. Fa quel tipo di cose che ha sentito probabilmente da Big Bill Broonzy. È intelligente, è molto bravo.” Pensò Paul.

E quello era John.

La canzone finì, gli applausi si fecero più forti e sinceri, John abbozzò un sorriso. I QuarryMen avevano completato il loro piccolo concerto, era tempo di smontare il carro per terminare la sagra.

Ivan tirò una gomitata a Paul.

-Ivan, mi puoi presentare John?

L’altro sorrise.

-Ma certo! Vieni con me.-

Paul accarezzò la custodia della chitarra e poi se la rimise a tracolla, seguendo Ivan dentro l’oratorio.

Entrarono nella sala, dove vi erano sei ragazzi che fumavano e si prendevano in giro a vicenda; Ivan fece qualche passo avanti, Paul rimase indietro.

-Dì un po’, Rod… c’era la tua ragazza oggi?- lo canzonò John Lowe.

-Oh, di certo sarà rimasta colpita dalla sua performance!!- Rise Colin Hanton.

-Perché, suonare il wash-board è una bella performance, eh?- Intervenne Len Garry.

-Ragazzi, mi sa che qui la persona che se la cava meglio è John- Esclamò Rod Davis.

-Sì davvero John! Oggi con Come Go With Me li hai spiazzati! Ma dimmi, sei sicuro di sapere le parole?- Lo prese in giro Pete Shotton.

-Sai, Pete, non suoni tanto bene; come sei entrato nella band puoi anche uscirci. Io desidero gente di talento- Ribattè gelido il ragazzo appoggiato al muro con l’espressione contrariata, John Lennon, sottolineando l’ultima parola.

-Hey John!- Lo chiamò Ivan.

-Chi c’è là?- Chiese John.

-Ah, sei tu Ivan.- Aggiunse, poi bevve un sorso di birra dal bicchiere che teneva in mano.

-John, hai un minuto?- Chiese l’amico.

-Non penso, Ivan. Perché?- John aspirò una boccata di fumo e guardò l’amico con un’espressione stufa.

-Perché c’è un ragazzo che vorrebbe entrare nella band.-

-Ah. Un ragazzo. E, sentiamo, quanti anni avrebbe?-

-Quindici, John.-

-Quindici?!? Ma sei pazzo? Un fottutissimo quindicenne nei QuarryMen? Noi accettiamo solo diciassettenni.-

-Ti ricordo che tu ne hai ancora sedici John.- Ribattè gelido Ivan.

Un coro di risate si propagò nell’aria.

John bevve un altro sorso di birra e poi intimò

-Zitti animali.-

“Questo è ubriaco!” Pensò Paul. Però, invece che far crescere dentro di lui la voglia di scappare, si sentiva come attratto da quel ragazzo che lo aveva appena insultato apertamente. Sentiva che ce la poteva fare.

-Bene, Ivan. Dimmi: questo ragazzo ha quindici anni, giusto? E immagino che si vestirà con la camicetta dentro i pantaloni, da bravo figlio di papà, e sarà un grande ascoltatore di musica classica! Avvertilo che qui non c’è posto per i fan di Mozart- Sbottò John.

Paul si fece coraggio ed entrò nella stanza.

Chiunque l’avesse visto in quel momento avrebbe pensato che John si era totalmente sbagliato sul suo conto: Paul indossava pantaloni neri, una maglietta grigia di velluto e, soprattutto, aveva i capelli tirati su a ciuffo: proprio come Elvis Presley.

Paul si rivolse a John e gli tese la manina

-Ciao, mi chiamo Paul-

John sorrise e la strinse; era meglio di quello che aveva sperato.

-Ciao Paul. Io sono John-

-Allora Paul. Vuoi entrare nel gruppo, eh? Bene, che tipo di cantanti ti piacciono?-

-Beh, mi piacciono molto Buddy Holly, Little Richard e ovviamente il più grande cantante al mondo, il re: Elvis Presley!- Rispose lui.

John lo guardò serio: si accorse subito che non stava mentendo apposta, glielo leggeva negli occhi, ma lo mise comunque alla prova.

-E quale è la tua canzone preferita di Elvis?- John sapeva di sperare troppo. Non erano in tanti ad amare quella canzone; anche se sentiva dentro che Paul era diverso non avrebbe mai potuto avere i suoi stessi gusti.

E invece…

-Heartbreak Hotel- Rispose Paul.

John strabuzzò gli occhi.

-Sul serio?- Chiese incredulo.

-Certo!- Paul cominciò a canticchiarla.

-E che mi dici di Hound Dog?-

-Oh, è carina, ma è troppo lenta. A me piace il rock.-

John sorrise con molta più convinzione: quel ragazzino gli stava sempre più simpatico; purtroppo però non bastava solo la simpatia reciproca per formare un gruppo, bisognava anche possedere un talento speciale, un tocco naturale, altrimenti si finiva come la sua scalcinata band che in comune con gli strumenti aveva solo la capacità di tenerli in mano.

-Allora, Paul. Dimostra cosa sai fare.-

Paul arrossì

-Va bene se suono Long Tall Sally di Little Richard?-

-Ne sei sicuro? È un pezzo molto difficile…- Disse John. Poi si stupì di se stesso: “Ma che cosa sto facendo? Un ragazzo all’improvviso vuole entrare nella band e io gli consiglio le canzoni da suonare? Non è che lo voglio davvero nella band? O, per l’amor del cielo, John! Concentrati sulla risposta.”

-Ecco, io non so…- Paul stava perdendo la fiducia in se stesso; per fortuna intervenne Ivan.

-Lascialo fare, John. Ha talento.-

-E sia.-

Paul cominciò a suonare la sua chitarra di seconda mano: non aveva le fessure a effe e per giunta era da destri, ma Paul la suonava al contrario, rovesciando gli accordi.

Alla vista di quello strumento così strampalato John alzò un sopracciglio, ma non obbiettò.

Le note rock della canzone di Little Richard cominciarono a diffondersi per la stanza, i QuarryMen si guardarono sbalorditi e Paul sorrise: si sentiva molto più sicuro di sé, pronto a far vedere quanto valeva. Lui adorava suonare, adorava cantare, e avrebbe trasmesso ogni singolo pezzo della sua passione a quei sei ragazzi che lo stavano guardando piacevolmente stupiti.

Paul cominciò a cantare, ad usare il suo timbro roco all’inizio e a passare al falsetto negli acuti, e quando arrivò alla fine della strofa prima del ritornello urlò; come avrebbe fatto pochi anni dopo nella versione di Long Tall Sally cantata dai Beatles, e in ogni altra canzone rock del periodo 63-65.

Qualcosa si accese dentro John.

“Questo ragazzo ha davvero talento.”

Paul concluse l’esibizione ed Ivan e tre QuarryMen applaudirono.

John aveva un sorriso che andava da un orecchio all’altro e Paul ,tutto sudato per lo sforzo, chiese se poteva cantare ancora.

-Va bene Paul. Cosa canti ora?-

-Twenty Flight Rock di Eddie Cochran- Annunciò lui; e cominciò a suonarla.

Terminata anche la seconda canzone John disse sinceramente –Sei bravo Paul. Molto bravo. Mi ha stupito soprattutto il fatto che tu conosca tutte le parole; come hai sicuramente notato oggi, non me la cavo molto bene-

Paul tolse la mano sinistra dalla chitarra e la alzò verso John, puntando l’indice in direzione del ragazzo, in adorazione.

-Quel pezzo? Oh è stato davvero forte, lo ho preferito all’originale. Hai carattere, John.-

-Grazie Paul. Però, se non ti dispiace, prima di prendere una decisione vorrei parlarne con la mia band.-

-Nessun problema.- Disse Paul. –Capisco-

-Ti farò sapere. Tu vai al Liverpool Institute, vero? Beh passerò di lì domani a ricreazione e ti farò sapere.-

-Grande!- Esclamò Paul. –Grazie John!-

Paul scese dallo sgabello e salutò i ragazzi, poi prese la chitarra e si avviò verso casa con Ivan.

-Sei grande Paulie! Gli hai stesi tutti!- Urlò l’amico.

 

Quella sera, angolo QuarryMen.

 

-Allora, Rod, che cosa ne pensi di Paul?- Chiese John a bruciapelo, mentre si avviavano verso casa.

-È  bravo. È molto bravo, ha talento da vendere.- Rod sapeva bene cosa stava per accadere.

-Che ne diresti se entrasse a far parte della band?-

Appunto.

La serata si concluse così, senza una risposta diretta, ma Rod Davis sapeva bene che John Lennon aveva già preso la sua decisione.

 

Mattino dopo, ricreazione, Liverpool Institute

 

-Oh, Neil, sono così teso! E se arriva e mi dice che non sono all’altezza?-

-Paul stai calmo! Se non ti prende nella band vuole dire che ha un grave problema psicologico!-   

-Oppure che suono malissimo e non sono degno dei QuarryMen!!-

-Oppure… che te lo dirà tra poco visto che sta arrivando.-

-Cosa?? Come sto? I capelli? La divisa??- Si agitò Paul.

-Calmati Paulie. Stai bene, sembri Elvis Presley con una divisa del Liverpool Institute.- Affermò Neil convinto.

-Spiritoso- Borbottò Paul.

-Hey Paul!- John lo salutò dall’entrata del liceo, e tutte le persone si voltarono verso la voce, poi verso Paul.

Lui prese coraggio e si incamminò verso John, mentre le persone lo guardavano ammirate perché “conosceva il teddy boy Lennon, la leggenda del Liverpool Institute!!”

-Ciao John!- Rispose allegramente il più piccolo.

-Bene, non abbiamo molto tempo; perciò vengo al dunque: complimenti Paulie, sei un QuarryMen!- John gli diede una pacca affettuosa sulla spalla.

Paul si mise a urlare per la felicità, John rise di gusto e poi lo fermò

-Basta Paulie che mi fai venire il mal di mare! Ti aspetto oggi a casa mia a Springfield per provare. Da Bobby e mia madre Julia, appena dopo scuola.-

-D’accordo Johnny.-

-A presto teddy boy- Lo salutò John Lennon.

E uscì come era entrato.

 

***

E nei mesi successivi John non si pentì della sua scelta, perché se per suonare ci vuole passione, e per diventare grandi ci vuole coraggio, e per essere un Beatle ci vuole amicizia, per essere la coppia Lennon/McCartney ci vuole un potere che non si è ancora estinto…

 

*Avete capito di chi sto parlando??

xD

 

 

***

il potere di essere Lennon/McCartney

In quel fatidico giorno è nata, e con gli anni si è solidificata, un’amicizia e una stima reciproca che neanche cinque colpi di rivoltella hanno saputo spezzare.

Ho voluto cominciare questa piccola serie di capitoli dedicati alla coppia artistica più ammirata nella storia della musica con il loro primo incontro, perché da lì ha avuto inizio tutto il loro affetto e la loro continua, anche se poi sempre finita con il perdono reciproco, lotta per la leadership.

Fatemi sapere cosa ne pensate!!

Baci, Marty.

Laban:  grazie per tutto!! Hai visto che alla fine ce l’ho fatta ad aggiornare?

Sì, hai ragione, povero Paul: due traumi uguali in una stessa vita! ;(

P.S: sì sì… acqua e zucchero!! xD

Lady_Beatles: grazie! Anche tu scrivi delle storie magnifiche! Come ti sembra questo capitolo?

P.S: per questo capitolo si ringrazia Paul McCartney che, con le interviste concesse alla "The Beatles Anthology" mi ha fornito l' esatta versione dei fatti!! xD

 

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** #9 Dream... Il potere di essere Lennon/McCartney parte due ***


#9 Dream

Il potere di essere Lennon/McCartney parte due


Ottobre 1974, Londra.


Una mano si muove verso la manopola della radio, e la gira, accendendo l’apparecchio.

Una voce ne fuoriesce “Benvenuti al Saturday Morning! Oggi sarà una giornata dedicata interamente ai Beatles, nella speranza che tornino insieme…”

La stessa mano di prima gira la manopola e spegne la radio.

-Paul, perché hai spento la radio?- Domanda Linda.

-Non ne potevo più di sentire la solita storia! Ma non capiscono proprio quanto sia stato doloroso e difficile per me cercare di tenere insieme i cocci??- Paul comincia ad alzare la voce.

Linda sospira, poi riaccende la radio.

“…sul serio,ragazzi.. ci mancate! Allora, ho la vostra parola che penserete ad una possibile riunione?”

-Ceeerto! Magari anche a casa tua!- Sbotta Paul.

Linda gli lancia un’occhiata rassegnata ma non ribatte.

“Bene, il primo pezzo di stamattina è l’ultimo successo di John Lennon, #9 Dream.”

-Eh, ma allora lo fai apposta!- Commenta nuovamente il cantante.

“Sembra proprio che dopo il successo del quinto album da solista di Paul McCartney, Band on the Run, John Lennon abbia voluto riscattarsi. Allora, cosa ne pensate? Chiamateci! E soprattutto per voi quattro, ragazzi di Liverpool. La vostra  telefonata sarà molto attesa. Pensateci!

-Eh, ma la fai partire questa canzone sì o no???- Paul stava cominciando ad esasperarsi.

Le prime note si propagano nell’aria e Paul tende il viso in una smorfia di disgusto.

 

             Così tanto tempo fa

            Era in un sogno, era solo un sogno?

            Io lo so, sì io lo so

            Sembrava così reale, sembrava così reale per me

            Ho fatto una passeggiata giù nella strada

            Attraverso il calore sussurrato dagli alberi


-Tsk!- Commenta Paul.


            Io ho pensato che potessi sentire (sentire, sentire, sentire)

            Qualcuno chiamare il mio nome [Yoko sussurra: John, John]  come cominciasse a piovere

            Due spiriti danzano molto strani


Paul si batte una mano sulla fronte e appoggia sconsolato i gomiti al tavolo della cucina. Nell’udire la voce di Yoko mima il gesto di strozzarsi con la cravatta, Linda gli tira uno scappellotto.


            Ah! böwakawa poussé, poussé

            Ah! böwakawa poussé, poussé

            Ah! böwakawa poussé, poussé


Paul spalanca la bocca, mentre Linda appare in qualche modo affascinata dalla lingua Nativo-Americana con cui probabilmente (e dico probabilmente, poiché non l’ho capito bene neanche io…)John canta il ritornello.


            Sognare, sognare lontano

            Magia nell’aria, era magia nell’aria?

            Io credo, sì io credo

            Di più io non posso dire, cosa posso dire di più?


-Mah, io avrei un’idea: la prossima volta, se non sai cosa fare, evita di far cantare tua moglie!-


            Su un fiume di suono

            Attraverso lo specchio, passare, passare

            Io ho pensato che potessi sentire (sentire, sentire, sentire)

            La musica sta toccando la mia anima, qualcosa di caldo, all’improvviso freddo

            La danza dello spirito continuava


Paul ritorna ad appoggiare i gomiti sul tavolo, e si sentono a malapena le parole “Eppure dovrebbe aver imparato qualcosa con noi..”


            Ah! böwakawa poussé, poussé

            Ah! böwakawa poussé, poussé

            Ah! böwakawa poussé, poussé

            Ah! böwakawa poussé, poussé

            Ah! böwakawa poussé, poussé

            Ah! böwakawa poussé, poussé

            Ah! böwakawa poussé, poussé

            Ah! böwakawa poussé, poussé

            Ah! böwakawa poussé, poussé

            Ah! böwakawa poussé, poussé

            Ah! böwakawa poussé, poussè


-Oh, grazie al cielo! È finita? O mio dio…-

-Dai, Paul. Non era poi così male!- Osserva Linda.

-E ora che fai? Parteggi per il nemico?- Si lagna il marito.

-Oh per l’amore del cielo, Paul! Non c’è nessun nemico! La piantate di fare i bambini? Tu e John!-

-Ha cominciato lui..-

-Oh santo Picitato! Cambiamo modo di parlare. Alloooora, cooome ti è sembraaata la caaanzoone, Paaaaul?- Domanda Linda a rallentatore e gesticolando, come si fa ad un bambino.

[Nb.: il santo “Picitato” l’ho preso da Yellow Submarine].

-Oh, finiscila! Allora, vediamo un po’.. in generale può essere presa come una crisi d’astinenza da droga, oppure d’eccesso, però insomma, se si sogna questa cose vuole dire che ha un’attività onirica pazzesca.

In fondo, tuttavia, può celarsi un messaggio segreto: nel sogno può essersi riappacificato con Yoko, e in questo caso L’abobaqualcosa può essere una sorta di richiamo per gli esseri viventi della loro specie, oppure è ancora in lite con la signora “Solo mezzo sushi, grazie” e si è sognato che lei lo chiamava dolcemente in qualche angolo remoto di questo pianeta, e poi lo ha mazzato. In questo caso però L’abobaqualcosa si può intendere come l’imprecazione di Yoko. Tuttavia tutto insieme penso che debba solamente stare più attento a cosa si fa prima di dormire-. Paul enuncia il suo discorso come un critico del Daily Mail, fingendo di batterlo a macchina.

Linda sospira, ancora. Però non riesce a trattenere le risate: eccoli qui, Lennon e McCartney, sempre in lite ma due eterni bambinoni.

 

***

Laban: sì sì.. Da piccolo John era biondo! Ed era tenerissimo!!! Nell’ * intendevo le due sorelle di John, Julia e Jackie, rispettivamente di dieci e otto anni. Soltanto che il testo non veniva caricato tutto insieme e la spiegazione è finita in fondo alla pagina.


Zazar90: Bene, ecco il capitolo nuovo! Che ne pensi??

 

Baci,

Marty

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** E minor (Si minore) Il potere di essere Lennon/McCartney parte terza (e ultima!!) ***


E minor (Si minore)

Il potere di essere Lennon/McCartney parte tre (ultima!!)


Ottobre 1963, 57 Wimpole Street, Londra

 
-Oh yeah, I’ll tell you something, I think you…-

-Allora, ragazzi come va?-

Una steccata del pianoforte proviene dalla stanza dove la ragazza è appena entrata, come se qualcuno piuttosto arrabbiato per l’intrusione stesse tenendo premuto un tasto che produce una nota totalmente in disaccordo con quelle di prima.

-Mhhhhhhhhhhhhhhhhhhh- Mugola arrabbiato John, appoggiando la testa sul pianoforte. Dietro, sullo sgabello vicino allo strumento, Paul saluta la sua ragazza con un cenno della mano piuttosto disattento, facendo scorrere le dita sui tasti del pianoforte.

-Allora, Johnny. Riproviamo: Oh yeah-

John alza la testa e comincia a cantare insieme al suo fedele compagno.

-I’ Do ll tell you SOL7 something, LAm I think you – Canta Paul, dicendo anche le note da suonare.

-under… stand- Suona un SI che fa arricciare il naso a John.

-Uff- Sbuffa il moro, scivolando lentamente con la schiena sullo sgabello.        

-Non ti va mai bene niente…-

-Senti, McCartney. Non siamo qui per produrre operette gospel, okay? Roba come Please Please Me o She Loves You.- Lo aggredisce John.

-Hey! Ti ricordo che, oltre ad averle scritte tu, sono state entrambe numeri uno in Inghilterra e in tutta Europa, e lo sono ancora, Lennon.- Ribatte Paul.

-Oh, certo. Ma non in America!-

-Perché, adesso il nostro obiettivo è andare in America?-

-Adesso il nostro obiettivo è vincere, Paulie. È riuscire dove gli altri non ce l’hanno fatta: entrare nel mercato americano e far conoscere la nostra musica a tutto il mondo.-

-Oh senti, bellino. Abbassa la cresta. Ho anche io delle ambizioni riguardo al gruppo, ma cosa pensi? Che i Beatles si faranno conoscere da tutti, magari andranno pure in America, conosceranno Elvis, faranno un tour in Italia, poi i babbei in India, e magari si scioglieranno dopo dieci anni e ogni generazione parlerà di loro anche dopo che saremo morti tutti?-

John si tocca.

-Per Dio, McCartney! Non dirlo manco per scherzo.-

-Io penso davvero che riusciremo ad andare in America, sul serio! Però penso che non dovremo, ecco, sforzare la nostra natura più di tanto, Johnny.-

-Ma che natura e natura, Paulie! Qui si tratta solo di trovare un accordo giusto. Non possiamo spedire al mercato americano una canzone che non coincide con gli accordi! Mi pareva che quando avevamo fondato il gruppo il motto fosse “perfezione tra testo e melodia”!-

Paul sbuffa di nuovo.

-E che non ce la faccio più, Johnny. Sono due settimane che lavoriamo su questo maledetto accordo, tra non molto dovremo presentare un nuovo pezzo da lanciare e non abbiamo una canzone pronta. A me pareva che la roba come Please Please Me piacesse al pubblico.-

-Paul…- Sospira John.

-Come devo fare con te? Sono sicuro che, dopo che gli americani ci avranno conosciuto come gruppo, le nostre canzoni da operetta slitteranno al primo posto, guarda: persino I Saw Her Standing There.-

John si becca un’occhiataccia da Paul, che ormai ha la testa a livello dei tasti del pianoforte.

Il chitarrista sogghigna, poi continua –Ma per adesso dobbiamo trovare qualcosa che sblocchi i fan e quei deficienti della Capitol. E quella canzone è perfetta, Paul! Quella è…è… è il modo per sbloccarli, e l’accordo è la chiave. Senza chiave non si sblocca niente, Paulie. Poi vedrai che anche I Saw Her Standing There sarà su tutte le radio, per la gioia di quei poveracci-

Dallo sgabello del pianoforte, dietro al quale di Paul ormai spunta solo un ciuffo di capelli, proviene un borbottio, identificabile come “Pezzo di idiota”.

-Smettila di brontolare McCartney! E per la miseria, tirati su da quello sgabello! Mi irrita alquanto parlare ad una testa.-

Per tutta risposta Paul scivola del tutto, picchiando le ginocchia contro il pavimento.

John sbuffa

-Ok, ok Paulie. So riconoscere una causa persa quando ne vedo una: pausa!- Sogghigna.

Una scarpa vola nella sua direzione, e lui la schiva.

-Sollazzati un po’ con Jane, che da quando è entrata l’abbiamo palesemente ignorata!- Ride ancora, ironico.

Due scarpe volano nella sua direzione: lo stivaletto destro di Paul e la scarpa a tacco alto di Jane.

John ride

-Hey, calma ragazzi! Cos’è, una coalizione? Va bene… io ora me ne vado, eh?- Esce sul terrazzo e si accende un’agognata sigaretta.

Aspira una boccata di fumo e getta un’occhiata furtiva a Paul e Jane: si stanno baciando; tipico.

Non passano molto tempo a parlare quei due.

Dopo pochi minuti spegne la sigaretta e la butta nel posacenere vicino alla porta del terrazzo, poi entra bello tranquillo nella stanza e si sdraia comodamente sul letto di Paul.

Paul si gira verso di lui e lascia andare Jane.

-JOHN!-

-Beh, che c’è? Controllavo!-

-Sul mio letto?-

-Eh scusa, dove sennò? Sul pianoforte?-

-Sì, ma così…-

-Che c’è, non potete pomiciare d’impiedi?-

-….-

-Beh? I cavalli lo fanno..-

-Si dà il caso che né io né Jane siamo cavalli.-

John si porta un dito alla bocca.

-Vedi? Ed è proprio questo l’inghippo! Foste cavalli, potreste pomiciare anche d’impiedi, no? Ecco, voi non lo siete e pertanto dovete ricorrere al letto, ma si dà il caso che sia occupato. Che ne dite di fare come quelle adorate bestiole?-

-Che ne dici di finire giù dalla finestra?-

-Guarda, giusto perché mi fai pena ti concedo altri tre secondi, dopo cominciamo a lavorare, okay? Eh, che ne dici Paulie?-

Paul gli spara un’occhiata omicida, ma John continua a sorridere tranquillo.

Il moro sbuffa, poi decide di vivere ancora per quegli ultimi tre secondi, e si appresta a baciare Jane.

-Uno due TRE! Buonanotte Jane!- John salta su dal letto e spinge fuori la ragazza.

Lei la prende sul ridere ed esce, chiudendo piano la porta.

-Sei proprio uno stronzo, lo sai?- Gli dice Paul.

-Uh, come la fai lunga, McCartney! E dire che ti ho anche concesso tre secondi!-

Paul si risiede dietro il pianoforte e comincia a cantare come poco prima:

- I’ Do ll tell you SOL7 something, LAm I think you- John appoggia nuovamente la testa allo strumento, pensando alla nota mancante.

-under… stand!- Paul sta per suonare di nuovo il SI, quando la sua mano si sposta leggermente di lato e devia l’accordo di un tono.

John alza la testa di scatto dal tavolo.

-È lui! Rifallo!- [That’s it! Do that again!]  

-Non so che accordo sia, è venuto per caso, ma credo che sia un SI minore.- Paul lo suona ancora.

-YEAH!! È NOSTRO! AMERICA ASPETTACI!!!!!!!!!!!- John saltella come un pazzo per il piccolo scantinato di proprietà degli Asher dove viveva Paul.

 

E così, a partire dal 23 Novembre 1963  la canzone, battezzata I Want to Hold Your Hand, salì al primo posto in tutte le classifiche Europee e ci rimase fino alla pubblicazione di Can’t Buy Me Love.

E dal 26 dicembre 1963 i Beatles non erano più quattro ragazzotti di Liverpool con pochi soldi in tasca e un sogno tra le nuvole, facevano ufficialmente parte dell’America, e l’America faceva ufficialmente parte dei Beatles.

 

Il potere di essere Lennon/McCartney, un potere che supera ogni immaginazione, un legame forte che supera i confini della vita terrena: quello che uno pensa, l’altro la fa.

E I Wanna Hold Your Hand ne è la prova…

 

***

Ciao belle zuene!! Intanto mi scuso un miliardo di volte per il ritardo, ma il 15 dicembre il mio computer ha cessato di esistere, e mi è ritornato soltanto il 24.

Mi rimetterò al più presto in pari, promesso!

 

Zazar90: Caraaa!! E sì, hai ragione.. l’adoro anche io! La prima volta che l’ho sentita ho detto :MIA!!! xD due eterni bambini… e che ci vuoi fare.. non sono mai stati tanto normali!!

 

Laban: peggio dell’asilo?? Mhh, sicuramente! Sono da asilo nido i nostri Paulie e Johnny! Davvero, menomale che c’era Linda!!!!!!!!! 

 

Baci.

Marty

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** You sit on a flaming pie ***


You sit on a flaming pie

 


Making love underneath the bed
Shooting stars from a purple sky
I don't care how I do it
I'm the man on the flaming pie

 

Fare l'amore sotto il letto
Stelle cadenti da un cielo viola
Non mi importa come lo faccio
Sono l'uomo sulla torta fiammeggiante

 

Dove sono?

-John Lennon, John Lennon-

Chi è che mi chiama?

-John Lennon-

Sembra quasi un fantasma, ma chi? La voce è profonda, da uomo.

-John Winston Lennon-

No, allora, eh! “Winston” proprio no! Santo cielo, questo fantasma mi sta già antipatico.

Sono in una strana stanza, non so esattamente come descriverla; vuota, bianca, fredda.

Sono stato risucchiato dai miei sogni, quasi come fosse “Il canto di Natale” di Dickens. Chissà se questo è il fantasma del tempo passato, futuro o presente?

-Hey! Signor fantasma! È quello del passato, del futuro o del presente?-

L’uomo si fa una grossa risata. Ah, divertente!

Pure i fantasmi mi sfottono, ora! Riuscissi almeno a vederlo…

-Dove sei, strano tizio?-

-Qui.-

Noooo, ma va?

-Qui dove, esattamente?-

-Cammina ancora un po’, John Lennon, e mi vedrai.-

Okay. Andiamo avanti, tanto qui non c’è nient’altro da fare.

Cammino ancora un po’ e arrivo al centro della stanza, e…

AAAAAAAAH! MA CHE DIAMINE!


Stick my tongue out and lick my nose
Tuck my shirt in and zip my fly
Go ahead, have a vision
I'm the man on the flaming pie

 

Tirare fuori la lingua e leccare il mio naso
Rimboccare la camicia e tirare su la cerniera

Andare avanti, avere una visione
Sono l'uomo sulla torta fiammeggiante

 

Un tizio è comodamente seduto su… una torta in fiamme??? Ma che cosa mi sono fatto prima di andare a dormire? Niente, a quanto ricordo. Ho solo dodici anni, zia Mimi non me lo permetterebbe mai.

Quindi?

-E tu chi sei?- E soprattutto, che hai da guardare?

-Mio caro ragazzo, ma non lo vedi?-

Vedo cosa? Che sei seduto su un’enorme crostata in fiamme e non ti bruci?

L’uomo allarga le braccia e sorride

-Sono l’uomo sulla torta fiammeggiante!-

Ahahahaha, forte questo fantasma! È simpatico, ha il mio stesso senso dell’humor, anche se io lo chiamerei più nonsense.

Il nonsense alla Lennon.

Ehi! mi piace come termine, suona bene!

-Bene, e una volta appurato questo, che ci fa lei qui?-

-Mio caro ragazzo, questo è il tuo sogno!- Il mio sogno? Okay, allora è vero: ho qualcosa che non va nella testa.

-Il mio sogno?-

-Esattamente! Diciamo che tu mi hai chiamato.-

Io?? Chiamato lui??

-No, mi dispiace… penso di no-

-E invece sì, John. Tu non mi hai chiamato con la voce, ma con il cuore. Hai bisogno di un consiglio, eh?-

Io? Ma è pazzo?

-Ma veramente io…-

-Lo so, ancora non lo sai; non puoi saperlo. Ma tra qualche annetto ti servirà, eh? Tu ricordatelo.-

-Scusa, ma non puoi dirmelo tra qualche anno?-

-Ahimè, no, mio caro figliolo. Tra qualche anno i tuoi sogni non saranno più puri e spensierati come quelli di un bambino…e chi darebbe ascolto ad un vecchio strambo come me?-

-Io lo darei, ma concordo con te sul fatto che sei strambo.-
 

Everything I do has a simple explanation
When I'm with you, you could do with a vacation
I took my brains out and stretched 'em on a rack
Now I'm not so sure I'm ever gonna get 'em back

 

Tutto quello che faccio ha una spiegazione semplice
Quando sto con te, si potrebbe fare con una vacanza
Ho preso il mio cervello e si estendeva sullo scaffale
Ora io non sono troppo sicuro sto andando a riprendermelo

 

-Sei simpatico, ragazzo. Mi piacerebbe tornare qui… ma ho una lista d’attesa molto lunga, vedi?-

Tira fuori dalla tasca un enorme rotolo di carta e lo srotola.

-Dunque, vediamo… Lennon John.. ah ecco qui. Fatto. Mick Jagger, Freddy Mercury, Paul McCartney, Keith Richards, Michael Jackson… che roba eh? E l’ultimo ragazzo non è manco nato.-

-Chi?!?-

-Giovani come te (o neonati, dipende), pieni di sogni e di talento; e, al momento, un forte bisogno di un buon consiglio da parte di questo strambo qui.-

-Emh, signore?-

-Dimmi…-

-La sua lista va a fuoco…-

-AAAAAAAH!- Comincia a schiacciare le fiamme freneticamente con il piede, ma ormai un nome in fondo al rotolo è completamente cancellato dal fuoco.

-Fa niente, tanto era Billy J. Kramer and the Dakotas. Chi sentirà più parlare di loro? Ma veniamo a noi, ragazzo. Ecco il consiglio: ricorda, voi sarete i Beatles con la “A”-

-Grazie signore. I Beetles con la “A”? cioè intende i Beetlesa? E, scusi, a cosa mi servirà?-

-Capirai. Addio, Winston; mi ha fatto piacere conoscerti.-

-John-

-Ma saremo i Beetlesa, quindi? Signore??-

Ma dove è andato quello, ora?


Cut my toes off to spite my feet
I don't know whether to laugh or cry
Never mind, check my rhythm
I'm the man on the flaming pie

Tagliare le dita dei piedi fuori per far dispetto ai miei piedi
Non so se ridere o piangere
Non importa, controllo il mio ritmo
Sono l'uomo sulla torta fiammeggiante

 

Improvvisamente la stanza comincia a girare, e il pavimento è scosso da un tremito. Io mi accuccio a terra, e mi paro la testa con le braccia, chiudo gli occhi; è impossibile fermare il movimento.

-Ah!-

Spalanco gli occhi di scatto, trovandomi in camera mia. Guardo l’ora: 7.00

Perfetto! Niente sveglia, oggi. Non mi serve. La disattivo, e mi alzo svogliatamente.

Noi saremo gli scarafaggi con la “a”.

Ah! Quel fantasma oltre che strano è pure scemo.


I'm the man on the flaming pie
Everything I do has a simple explanation
When I'm with you, you could do with a vacation
I took my brains out and stretched on a rack
Now I'm not so sure I'm ever gonna get em back

 

Tutto quello che faccio ha una spiegazione semplice
Quando sto con te, si potrebbe fare con una vacanza
Ho preso il mio cervello e si estendeva sullo scaffale
Ora io non sono troppo sicuro sto andando a riprendermelo

 

________________________________________________________________________________

 

-John creò il nome Beatles anni fa- Bravo George, questa risposta mi interessa.

-Cercavamo di trovare un nome e gli venne l’idea dei Beatles.-

Come scusa? E lo hai detto anche convinto!!

*John Lennon guardò George Harrison; dai suoi occhi si capiva che non era la risposta che si aspettava, ma era ugualmente divertito.

Scoppiò a ridere quando si accorse che George aveva capito di aver detto una cavolata, e stava chinando la testa, pieno di imbarazzo. George divenne piccolo piccolo sotto lo sguardo di John, poi sorrise e rialzò gli occhi: crisi superata.*

 

________________________________________________________________________________

 

Zazar90: ma grazie!! Purtroppo ora non sarò molto presente, ma prometto che aggiornerò presto!

Martina97: grazie, grazie… hihi. Poi però la lettera a George non l’hai pubblicata o sbaglio? “non ti si fonde il cervello”…mmmh, difficile a credersi, considerando che hai iniziato un’altra storia!! XD ammettilo che ne hai uno di scorta… =)

The_Thief: sì, ammetto che la previsione di Paul è più che inquietante..XD

Oddio..o_O i cavalli pomiciano d’impiedi? E chi lo sa? =) sarà la nostra prossima missione saperlo!! (ovviamente dopo aver scoperto se James McCartney è figlio naturale di Paul o è stato trovato sotto ad un cavolo ---> chi si ricorda della conversazione su MSN concorda con me… muahah!)

Laban: esatto! Quando si è veggenti (e belli) come Paul, che ci si può fare??? Eh, poveri Paul e Jane, tormentati da Johnny… XD.

Alla prossima, GUgina! =) =)

Andry Black: ma grazie!! sono contentissima che la storia ti sia piaciuta così tanto da metterla bei preferiti!! =) e anche che la trama del Beatles Chirstmas Show ti abbia aiutato con la tua magnifica fic! In compenso tu mi hai dato uno spunto per un nuovo capitolo sulla Ono… muahaha

Tutti: NOOOOOOOOOOOOO!! PERCHÉ???? xD

Spiacente, ragazze… vi tocca!! =)

 

Baci,

Marty   

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** The toppermost of the poppermost ***


The toppermost of the poppermost

 

Parigi, 16 Gennaio 1964

 

-Hey Rings! A quando la luna di miele con in tuo nuovo fidanzato?- Lo stuzzicò Paul.

-Ma quanto siete stupidi…- Ribattè il povero batterista.

-Ma non li hai visti quei quattro ragazzi in prima fila, stasera?- Riprese John.

-Quali? Quei tizi effemminati che urlavano Ringo! Ringo! ?- Intervenne George.

-George! Mangia e zitto…-

I quattro entrarono nella loro camera d’albergo.

Qualcuno bussò alla porta.

-Lasciate ogni speranza, o voi che entrate… era così Paul?-

-Non so, John…-

-E se fosse un mostro ruba biscotti?-

Ringo sbuffò. –Avanti!-

Entrò un piuttosto trafelato Brian Epstein

-Ragazzi, c’è un telegramma lì per voi, arriva dalla Capitol Records.-

-Vorranno dirci che anche I Wanna Hold Your Hand è stato un flop come le altre.- Borbottò John.

-Dai, John… questa potrebbe essere la volta buona!- Lo rimbeccò Paul.

-E chi lo sa, finchè non lo apriamo…- George era il più saggio dei quattro, in quel momento.

-Allora, chi lo apre?- Chiese speranzoso Ringo.

-Eppy perché è il manager!- John si fregò le mani.

-Lennon perché si ostina a chiamarmi con quel ridicolo soprannome!-

-Paul perché si vanta!-

-Io non mi vanto! George perché mangia sempre!-

-Devo crescere! Ringo perché puzza!-

-Io non puzzo, casomai puzzerai tu!-

La porta si spalancò, ed entrò Mal Evans.

-MAL PERCHÉ È ARRIVATO ORA!- Esclamarono i quattro.

-A me va bene- Annuì Brian.

-Traditore…- Bofonchiò Mal, mentre John gli passava il telegramma con un sorriso beffardo.

Mal aprì, e gli occhi gli uscirono dalle orbite.

-Allora, allora? Cosa dice?- Chiese John saltando sul divano.

-Che hanno preso il bel faccino di Paulie?-

-Finiscila. Piuttosto che ci cacciano dalla Capitol perché ti sei fatto la segretaria?-

-Era una bella gnocca! Io dico che è colpa del naso di Ringo-

-Hey! Magari è colpa di George che assalta tutte le bancarelle di dolci di Parigi!-

Il chitarrista, sentendosi chiamato in causa, alzò gli occhi dalla scatola di biscotti

-Ma brutto scemo! Avevi giurato di non dirlo a nessuno!-

-Emh, emh!- Li richiamò Mal.

-Per favore, non mi uccida, signore! Mi hanno maltrattato- John si mise in ginocchio.

-Oh, sta zitto John. CONGRATULAZIONI, RAGAZZI.. SIETE I NUMERI UNO NELLE CLASSIFICHE AMERICANE!-

-YEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEAH!- John cominciò a saltellare per la stanza, Paul salì a cavalluccio di Mal e girarono per la stanza per venti minuti buoni, urlando -Yehehehi!!!-, George e Ringo si abbracciarono e continuarono a saltellare e ad urlare come se fosse Capodanno.

Erano tutti assolutamente isterici (testuali parole di Paul)

Brian, con un enorme sorriso sul volto, afferrò il telefono.

-Pronto, George? Non ti dispiacerà se ti sveglio.-

-Non dormivo comunque.-

-Ho appena parlato con l’America….- Brian fece una breve pausa, come se fosse successa una catastrofe.

-…Siamo al numero uno!-

-Fantastico!-

-Volete venire qui?-

Non ci pensarono due volte.

Passarono tutti la notte in bianco a brindare e ad urlare come isterici.

-Che è successo, è Capodanno?- Domandò un cameriere al direttore dell’hotel.-

-No, sono i Beatles che festeggiano…-

Aereoporto di Londra, 7 Febbraio 1964

Oh yeah I’ll
tell you something
I think you'll under stand

George, assediato da giornalisti, tirò dritto per la sua strada, con un sorriso di compiacimento stampato sul volto. Dietro di lui John e Cyn, che indossava uno splendido completo bianco con tanto di cappello, confabulavano emozionati.

When I say that something

I want to hold your hand

Le fan si sbracciarono dalla terrazza dell’aeroporto, alcune si sporgevano dal cancelletto protettivo, George cominciò a salire le scale

I want to hold your hand
I want to hold your hand

Salirono anche John e Cyn, lui le fece segno di entrare nell’aereo, resterà fuori con i tre a salutare.

“Oh, non ce la faremo”. Pensò John in quel momento.

Oh please say to me
you'll let me be your man

John, Paul, Ringo e George salutarono dalla scala dell’aereo: era incredibile per loro essere veramente lì.

-Ragazzi, siete mai stati in America?-

-No. Eppy… soltanto Geo.-

and please say to me
You'll let me hold your hand
now let me hold your hand

I want to hold your hand

L’aereo decollò: all’interno, George si appoggiò rilassato allo schienale del sedile, e chiuse gli occhi. Ringo attaccò la macchina fotografica all’oblò e cominciò a scattare foto a raffica.

And when I touch you
I feel happy inside
It's such a feeling
that my love

Sotto di loro, l’America. New York. La terra promessa. La terra dei sogni che si realizzano. Il loro desiderio più grande.

I can't hide
I can't hide
I can't hide

I grattacieli della Grande Mela sfilano sotto l’aereo, ed il profilo opaco dei palazzi contro la nebbia mattutina si staglia all’orizzonte.

Yeah you got that something
I think you'll understand
When I say that something

-È così eccitante! L’aereo sorvola New York, come in un film di fantascienza…! Sapete, quelli con una grande piovra che spunta e afferra l’aereo con i suoi tentacoli, trascinandoci a New York… ed è così eccitante! Questa è l’America!!- Ringo saltellò ripetutamente sui sedili.

I want to hold your hand
I want to hold your hand
I want to hold your hand

-Piovre? Tentacoli? Ma è l’America o il covo di Ursula?- sbottò Paul.

-Sai, Paulie..ti voglio bene, ma fai delle battute orrende…- Disse John.

Paul mise il broncio.

-Vi rendete conto che le cose che abbiamo sognato e tutta la musica che amiamo vengono da qui??- Strillò ancora Ringo.

Paul si girò verso di lui ed attaccò ad urlare.

-SI’! È VERO! È LA PATRIA DEL MESSIA, DI ELVIS… NON È ECCITANTE??-

-Emh, Paul? Sarà mezz’ora che lo dico…-

And when I touch you
I feel happy inside
It's such a feeling
that my love
I can't hide
I can't hide
I can't hide

-Diamine, non me lo sarei mai aspettato..- Sospirò George, abbandonandosi al tepore dei sedili.

-Cosa, Georgie?- Domandò John.

-Il fatto di essere qui! Ma non qui come “artisti in prova”..intendo come vere star! Sappiamo di avere “I Want to Hold your Hand” al numero uno delle classifiche, perciò…insomma, ragazzi! Stiamo viaggiando come principi! Abbiamo un jet tutto per noi, e stiamo andando in AMERICA! Ma ve lo ricordate l’aereo mezzo scassato che abbiamo usato per andare ad Amburgo???-

-Uh, e chi se lo dimentica quello!!-  Sorrise Paul.

-MACH SHAW! MACH SHAW!- John cominciò a sbraitare in un inglese “tedeschizzato” imitando Bruno Kochmider. Si alzò sui sedili e cominciò a mimare anche i gesti del proprietario del locale, il Grosse Freiheit, amburghese; dove suonavano appena quattro anni prima.

-John, sei ammattito o cosa?- Si allarmò Cynthia.

-Sono sempre stato così, amore mio, dovresti conoscermi..- John si chinò verso di lei con un sorriso beffardo. Cynthia sbuffò –Ti conosco anche fin troppo bene…- ma poi abbozzò un sorriso.

Yeah you got that something
I think you'll understand
When I say that something

L’autoparlante dell’aereo gracchiò.

-C’è un messaggio dalla torre di controllo Newyorkese!- Gridò il pilota.

-Qui l’aereo dei Beatles, parlate.-

-Qui la torre di controllo del John F. Kennedy airport. Dite ai ragazzi che c’è un gran folla ad aspettarli.-

I want to hold your hand
I want to hold your hand

Ed era vero: tutta New York era riunita al John F. Kennedy airport, e si sbracciava dalle terrazze panoramiche, dai cancelli della torre di controllo, dalle protezioni messe dai poliziotti americani; un fenomeno che si verificò solamente due volte nella storia della musica: quel giorno, e il 15 Agosto dell’anno successivo, il giorno del più grande concerto dal vivo mai eseguito in uno stadio: il The Beatles live at Shea Stadium.

-Sul serio???- Strillò John, affacciandosi all’oblò.

-Ma..ma..non mi aspettavo gente! Non mi aspettavo neanche di vendere dischi!-

Dietro di lui i giornalisti prendevano febbrilmente appunti.

I want to hold your hand

-Cosa c’è che non va, ragazzi?- Intervenne Brian Epstein.

-Siamo assolutamente sconcertati!- John rispose per tutti.

Brian gli rivolse un dolce sorriso di incoraggiamento.

I want to hold your hand.

Cartelloni, fogli di giornale raffiguranti i Beatles, pezzi di cartone ondulato con su scritto “Welcome boys!”, lenzuoli con le scritte “I love you, John!”, spille enormi appuntate sulle giacche di tutte le ragazze, frasi sconnesse che volavano, “BEATLEEEES!!!!” “PAUL I LOVE YOU!” “GEORGEEEEEEEEE” “RINGOOOOOOOOOOO” “JOOOOOHN”

I want to hold your ha-a-a-a-a-a-and     

Fan che urlano, fan che svengono, fan che aspettano un gruppo che farà la storia della musica. Proprio a partire da lì, da quel giorno, furono consacrati Dei.

 

<< Se c’è stata una svolta nella loro carriera, una data precisa in cui sarebbe cambiato il loro futuro,  fu il giorno in cui atterrarono al Kennedy International a New York, con un benvenuto che non ha quasi precedenti nella storia >>. Brian Epstein.

 


***

It’s getting better!

Bene…ed ora con il nuovo (dite un po’, non vedevate l’ora, eh?????) capitolo de “la musica nel cuore”, arriva anche il titolo dell’ “angolo autrice”.

Perfetto, partiamo dall’inizio. Perché questo nome? Ve lo spiego subito: PERCHÈ FINALMENTE DOPO MESI DI QUATTRO, HO PRESO OTTO E MEZZO DI MATEMATICAAAAAAAAAAAAAAAAAAAA!!!

Quindi, “it’s getting better all the time; better, better, better”

Okay…prima di rispondere alle recensioni, però, volevo postare un attimo un mio commento lasciato su Magical Mystery Trip, perché è un ringraziamento a tutte voi e vorrei che lo leggeste…=) =)

[…]Non è meraviglioso aver costruito tutto da zero ed essere arrivate a "conoscerci" e a "condividere" un po' la nostra vita con gli altri?

Per me sì. e vorrei dirvi e dirti grazie. Grazie perchè prima che voi tutte arrivaste eravamo in tre. Poi sono rimasta da sola, ed è arrivata Laban con "John e Yoko". poi Zazar, con "Paperback Ruby". e le storie, da sei, sono salite a otto.

ora siamo ad 87, se non mi sbaglio, ed è una cosa favolosa che tutte noi riportiamo onore ad un gruppo che, in fondo, non cesserà mai di esistere...

Grazie davvero a tutte!! Bacioni!

E ora passiamo alle risposte:

Martina97: già…xD e non l’hai pubblicata nemmeno ora!! xD xD piccola svampita… povero, povero, povero, cervello di scorta! Costretto a lavorare a sei o sette storie contemporaneamente!!! xD

Eeeh, già..il mitico LenNonsense.. quanto lo adoro!! =D

Laban: Hey, GUgina!! XD ahahah…sì, Johnny non c’era proprio con la testa, quella notte. (perché. le altre sì???? xD) sì, lo so..ma mi manca l’ispirazione!!!!! Uffa….. eeeeh, tu parli parli..xD comunque non ho la minima idea di come impostare quel capitolo sulla Ono.. (ma come vi vedo disperate..) però ce la farò!!!! XD *e fu così che partirono le mitragliate.* NOOO, risparmiatemi!!!!! =D =D kiss

Andry Black: hola!! Sì, sì.. tranquilla..xD sarà raro sentirmi parlare bene della Ono!! (perché comunque, dai…qualche pregio mooooolto sotto ce l’avrà anche lei, no??) xD grazie, grazie…ecco il seguito!

Zazar90: Grazie cara!! Il rotolo ha avuto molto successo…xD

Clafi: probabile che tu sia rincoglionita, cara, sei interista!!! XD XD scherzo…comunque grazie davvero per tutti i complimenti!! Sì, ho avuto modo di conoscere i tuoi sogni, e devo dire che non hanno niente da invidiare a quelli di John!!! XD

TheThief_: Boh…era semplicemente un tizio/ uomo/fantasma/qualcos'altro che esiste, in un modo o nell'altro, in questo mondo, seduto su una torta in fiamme..xD

Diciamo che era un aiuto del destino….=)

Eh, già..anche a quell’età John doveva stare attento a cosa si fumava!! XD

Kiru: Grazie!! sono molto contenta di aver appagato alcune tue curiosità sui Beatles!! Continua a seguirmi! Baci

***

E ora, visto che sono in vena, rispondo anche alle recensioni sull’ultimo capitolo di “Lucy in the Sky with Diamonds” e di quello di “Un laccio invisibile (ex Let it Be, George)”. (yeeeeh!! XD)

Allora…:

Lucy in the Sky with Diamonds:

Zazar90: grazie Zazar!!! Baci ^^

Laban: mi dispiace, ma è la tragica realtà… Lucy in the Sky with Diamonds è davvero morta a settembre 2009 di Lupus.. R.I.P

Sì, hai ragione! Quelle bambine proprio… pensa che erano davvero così!! Ahahaha il “Dio” dei Beatles? Eh, beh..visto che mi hai chiamato così, non posso non risponderti! XD

Ebbene sì: Anna (Go t0 Him) era una cover! (ta-daaaan! Colpo di scena) è stata scritta da Arthur Alexander e rilasciata da lui il 17 settembre 1962, poi i Beatles ne hanno fatto una cover nel 1963 che è stata poi inserita in “Please Please Me”. =)

Clafi: ma grazie!!!!!!! baci

Sofia126: grazie! XD sì, sì..c’è una canzone di John che si chiama “Mind Games”, e in effetti, quella era la soluzione dell’indovinello del capitolo tre! (remember? I “giochi mentali” di John)

Sei stata l’unica ad indovinarlo!! Bravaaaaaaaa

Un laccio invisibile (ex Let it Be, George)

Laban: grazieeeeee!! Figurati, xD..dovere!

Zazar90: hai ragione, John e George rimarranno sempre nei nostri cuori! Hai scritto davvero una bella frase, commovente! =) e bella anche la citazione de Il Corvo… guarda, non c’è niente di più vero, tant’è che la cito qui in modo che tutti possano leggerla : "le case bruciano, le persone muoiono, ma il vero amore è per sempre". Grazie tanto per i complimenti!! Secondo me sono davvero esagerati!! XD XD

Night: te l’ho già detto, ma lo ridico: non importa se la tua bellissima fic è simile alla mia, è bellissima e per ciò devi continuarla!! Anche perché non puoi lasciarci in sospeso con un John ventenne a piede libero!! XD grazie e alla prossima!!

E ora ho davvero finito! (spumante stappato e persone che ballano il trenino)

Peppèpeppèppepè peppèpeppèppepè

Baci,

Marty

 

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** A toot and a snore in '74. The song we were singing ***


A toot and a snore in ‘74

The songs we were singing

 

«L’Anthology mi ha fatto ricordare il livello artistico dei Beatles e il livello che raggiungevamo con le nostre canzoni. Così tutto ciò è stato di ispirazione per questo disco».

 

Dove sei, Johnny?

Ti cerco, ti chiamo nella notte, urlo nel sonno…dove sei? Ricordi sfocati mi passano davanti agli occhi… nostalgia…

 

For a while, we could sit, smoke a pipe
And discuss all the vast intricacies of life
We could jaw through the night

Per un po ', potremmo anche fermarci, fumare la pipa
E discutere tutte le grandi complessità della vita


Ti ricordi, Johnny?

Quando eravamo appena adolescenti, ma già ci sentivamo grandi?

Marinavamo la scuola per scrivere canzoni; le nostre canzoni, i nostri sogni.

Ci sedevamo sul divanetto di casa mia, e fumavamo la pipa di mio padre; mettendoci dentro delle foglie di the invece del tabacco.

Ma tu non ci sei più. Dove sei, Johnny?

Ricordi…

 

Potremmo far discorsi noiosi tutta la notte

 

-Johnny, sei sveglio?-

-MMMH! Ora sì, Macca. Che c’è?-

-Non riesco a dormire…-

-Io invece ci stavo riuscendo benissimo fino ad un minuto fa.- John si alzò a sedere sul divanetto sgangherato senza molle e la grande bandiera inglese che gli faceva da coperta scivolò definitivamente a terra.

Poi sorrise.

-George russa?-

Paul sogghignò.

-Come un trombone… mi chiedo come faccia Pete a non svegliarsi.- Si girò a pancia in giù sulla brandina.

-E Stu?-

-Dorme a casa di Astrid, stanotte.-

-Mica scemo…- Affermò John. –Qualunque casa è meglio di ‘sto posto di merda.-

-Non so, Johnny. È il nostro primo tour come Beatles…-

-Beat Brothers, vorrai dire…-

-Lasciamo stare quello che dicono i tedeschi… noi siamo Beatles dentro…- Disse convinto Paul.

-BUONANOTTE, MACCA!- John crollò sul divano.

-Eddai, Johnny!!-

 

Talk about a range of subjects, anything you like
Oh yeah

 

Parlare di una serie di argomenti, tutto quello che vuoi
Oh yeah


-Parliamo di qualcosa!!-

-Sei veramente uno scarafaggio, Macca!-

-Grazie!- Paul sorrise nel buio.

John represse l’istinto di tirargli una scarpa.

-Eddaaaaai! Parliamo di qualcosa!!-

-Ma cosa???- John si esasperò.

-Una serie di argomenti, tutto quello che vuoi…-


But we always came back to the songs we were singing
At any particular time
Yeah we always came back to the songs we were singing
At any particular time

Ma siamo sempre tornati alle canzoni che cantavamo
In qualsiasi momento particolare
Sì siamo sempre tornati alle canzoni che cantavamo
In qualsiasi momento particolare

 

-Jooooooohnny??-

-Eh?- John distoglie lo sguardo dalla finestra, e si gira verso Paul; che, seduto sullo sgabello vicino al suo piano bianco, lo fissa con uno sguardo che è tutto un programma.

-Dio santo, Macca! Non mi guardare così!-

-Te la ricordi questaa??- E comincia a suonare il piano.

 

Ti ho ritrovato Johnny, anche se per poco.

E non ti voglio più lasciare.

 

-Let me take you down, ‘cause I’m going to…-

-Strawberry fields…- John ridacchia.


Take a sip, see the world through a glass
And speculate about the cosmic solution
To the sound, blue guitars
Caught up in a philosophical discussion

Oh yeah


Prendere un sorso, vedere il mondo attraverso un vetro
E speculare sulla soluzione cosmica
Per l'audio, chitarre blu
Coinvolti in una discussione filosofica


Oh yeah

 

Quella notte avevamo bevuto, anche un po’ troppo, forse.

Imbottiti di birra e Preludin, non è proprio il massimo.

Ma mi ricordo tutto di quella sera… abbiamo suonato fino alle quattro del mattino, ed eravamo scoppiati.

 

-Johnny?-

-Eh?-

-Perché il cielo è blu??-

-PERCHE’ NON E’ ROSSO, MACCA, DORMI!!-

-Uffaaaaa-

 

-Johnny?-

-Eh?-

-Domani sera voglio suonare delle chitarre blu, come il cielo.-

Paul, ancora mezzo ubriaco, si abbassò per evitare la scarpa che John, sempre sepolto sotto la bandiera inglese, gli aveva lanciato.

Fatica sprecata, visto che John, già cecato di suo e pure un po’ brillo, aveva sbagliato la mira di mezzo metro.

Infatti la scarpa colpì un ignaro Stu, che era la prima volta dopo settimane che dormiva con i suoi compagni di band al Bambi Kino.

-Oooh, chi è quel demente che ha lanciato una scarpa?- Grugnì Stu.

Paul e John si seppellirono sotto le coperte e cercarono di soffocare le risate.

 

Pfft, le nostre discussioni filosofiche.


But we always came back to the songs we were singing
At any particular time
Yeah we always came back to the songs we were singing
At any particular time


Ma siamo sempre tornati alle canzoni che cantavamo
In qualsiasi momento particolare
Sì siamo sempre tornati alle canzoni che cantavamo
In qualsiasi momento particolare


-Jooooohnny??-

John distoglie ancora lo sguardo dal Central Park.

-Aridaglie, Macca, con lo sguardo da assatanato!-

Paul, sempre seduto dietro al piano di John, sogghigna ancora.

-E questa, te la ricordi? Oh, ain’t she’s sweet? Well she’s walking down the street…and I ask you very confidentially…-

-Dio mio, nooooo!!- John si tappa le orecchie.

 

Siamo di nuovo un duo, Johnny…anche se per poco.

E non ti voglio più lasciare.

 


For a while, we could sit, smoke a pipe
And discuss all the vast intricacies of life
Yeah, we could jaw through the night

Per un po ', potremmo anche fermarci, fumare la pipa
E discutere tutti i grandi complessità della vita
Potremmo far discorsi noiosi tutta la notte

 

Che ne è stato di te, Johnny?

Dove è finito il mio migliore amico? Di notte urlo nel sonno, non è vita questa.

Hai conosciuto una donna, tua moglie. Ci ha separato, Johnny, sì…ma non per sempre. Questa è una promessa.


Talk about a range of subjects, anything you like
But we always came back to the songs we were singing
At any particular time
Yeah we always came back to the songs we were singing
At any particular time

Parlare di una serie di argomenti, tutto quello che vuoi
Ma siamo sempre tornati alle canzoni che cantavamo
In qualsiasi momento particolare
Sì siamo sempre tornati alle canzoni che cantavamo
In qualsiasi momento particolare

 

Non m’importa se hai lasciato i Beatles, sono stato anche io ad ammettere che ormai era una situazione insostenibile.

Ma mi manchi, Johnny. Mi mancate tutti.

Rido ancora se ripenso a quei momenti d’ingenuità, qualche anno fa.

Il mondo cambiava attorno a noi, e noi, lentamente, con lui.

Non ci accorgevamo di niente, ma avvertivamo nell’aria profumo di novità.


Yeah, we always came back


Sì, siamo sempre tornati

 

-Posso parlarti?-

-Sì-

-I Beatles si separeranno nel 1967?-

-Da soli o insieme, ci sono sempre legami tra noi-

-Hai mai considerato la prospettiva di non lavorare insieme?-

-Potremmo lavorare separati per un periodo, ma torneremo sempre insieme. Si ha bisogno degli altri per le idee e noi andiamo tutti d’accordo.-

-Farai film da solo l’anno prossimo?-

-No, non voglio farne una carriera. Mi andava di farlo e basta. Dick Lester me lo chiese e io dissi di sì. Non l’avrei fatto se gli altri non avessero voluto, ma erano in vacanza.-

 

Bugiardo. Il giorno in fondo era così vicino… sei così testardo, Johnny. Ecco perchè ci siamo separati. Ormai ognuno era una carriera a sé. E al diavolo tutti i fottutissimi bisogni di idee…

“Andiamo tutti d’accordo”?? oh, ma non farmi ridere.

“How do you sleep at night?”? beh, Johnny, ecco la risposta: io di notte non dormo.

Ora ci siamo separati, ecco. Ma quando torneremo insieme, come tu hai predetto?

 

Take a sip, see the world through a glass
And speculate about the cosmic solution
To the sound, blue guitars
Caught up in a philosophical discussion
Oh yeah

Prendere un sorso, vedere il mondo attraverso un vetro
E speculare sulla soluzione cosmica
Per l'audio, chitarre blu
Coinvolti in una discussione filosofica
Oh yeah

 

-Posso farti una domanda?-

-Sì?-

-Ti preoccupa non andare più in tournèe?-

-Non lo so. No, non credo. Ma l’unica cosa è che suonare dal vivo per noi…è andata in discesa perché non possiamo migliorare se nessuno sente, quindi per noi suonare dal vivo diventa ogni volta più difficile.-

-Vuoi dire che non vi ascoltano e quindi non volete fare concerti?-

-Vogliamo suonare in concerto, però se nessuno ci ascolta, e non riusciamo neanche a sentire noi stessi, non possiamo andare avanti.-

 

Ecco, questi erano problemi, Johnny. Poi con la vita da studio ti sei rinchiuso sempre di più nelle tue idee, nelle tue depressioni, nella tua convinzione di voler fare qualcosa di grande, senza pensare che ormai non si poteva più fare nient’altro.

I Beatles sono arrivati dalla A alla Z, non era possibile fare più di così, non era possibile aggiungere altre lettere per poi bruciare velocemente le tappe.

Si poteva solo tornare alle canzoni che cantavamo.

Ma tu non volevi, Johnny, chiuso come eri nelle tue illusioni.

Vi ho convinto a fare un ultimo concerto.

Mi sono sentito bene, tu ridevi, noi ridevamo, persino George, anche se infreddolito.

È stato come allora.

Non le hai viste, Johnny? Le immagini del nostro passato che ci sono passate accanto per un attimo? L’oratorio a Woolton, Amburgo, il Cavern, il Palladium, l’Ed Sullivan, lo Shea Stadium, Il Candlestick Park, Tokio… noi.

Bambini, ragazzotti, adolescenti, adulti, noi. I Beatles.

 

But we always came back to the songs we were singing
At any particular time
Yes we always came back to the songs we were singing
At any particular time
Yeah

Ma siamo sempre tornati alle canzoni che cantavamo
In qualsiasi momento particolare
Sì noi tornavamo sempre sulle canzoni che cantavamo
In qualsiasi momento particolare
Yeah

 

R:-Beh, questo è stato un giorno stupendo per me, ragazzi.-

P:-E’ stato un piacere anche per me-

G:-Beh, ora potremmo evitare di vederci per i prossimi quarant’anni!-

R:-Ahah-

P:-Sì, beh io mi ricordo l’ultima volta in cui abbiamo suonato insieme. Penso fosse Candlestick Park. No non è vero.-

G:-Questo è Candlestick Park!!-

P:-Questo è Candlestick Park…-

P:-Beh è stato un bellissimo giorno. Grazie di tutto, George.-

R:-Sì è stato bellissimo. Mi piace stare con voi.-

P:-Piccolo sfacciato.-

 

Ci siamo riuniti, Johnny, sai? Alla fine ce l’abbiamo fatta… avevi ragione tu. Non possiamo vivere così, senza nemmeno parlarci. Ci vogliamo bene.

Mancavi solo tu. Sono sicuro che saresti venuto… sei mancato a tutti, anche se nessuno lo ha dato a vedere.

Sì, perché sei sempre stato e sarai per sempre una parte importante della nostra esistenza.


We always came back to the songs we were singing

 

Siamo sempre tornati alle canzoni che cantavamo

-Ah, Macca?-

-Mh?- Paul alza lo sguardo dal piano.

-Mi dispiace per “How Do You Sleep?”… ero depresso, non pensavo realmente quelle cose.- John si avvicina al piano.

Paul sorride debolmente. –Non importa Johnny.- Poi abbassa la testa sul piano.

Dopo qualche minuto la rialza, con un gran sorriso stampato in faccia, come se stesse pensando a qualcosa.

-Johnny? Jooooooooonnhy??- Riprende a fissare l’amico con il solito sguardo tutto un programma.

-Dimmi, Macca?-

-Perché il cielo è blu?- John sorride.

-Perché non è rosso Macca!!!- Ride con il suo compagno d’avventure.

-DORMI!!- Aggiunge poi.


yeah, the song we were singing…

 

It’s getting better.

TADAAAAAAAAAAAN

*la pigliano a scarpate*

Ho finalmente aggiornato “la musica nel cuore”. :)

Questo capitolo, scritto in POV. Paul, è ambientato per di più negli anni ‘69/’70, ovvero subito dopo lo scioglimento dei Beatles; e gran parte del capitolo si basa sulla depressione del Macca.

Le parti non in corsivo narrano l’incontro del ’76 a New York  fra Paul e John; e una l’ultima parte dell’Anthology 9, quando cioè i tre Beatles si sono rincontrati a casa di George nel ’94 per suonare come ai vecchi tempi.

Spero che vi sia piaciuto!!

Ah, le interviste sono tratte tutte e due dall’Anthology 6, e la prima è stata fatta a John nel ’67, subito dopo aver finito di girare “How I Won The War”, la seconda a Paul al tempo si Sgt. Pepper’s. (aveva i baffi xD)

Non so a voi, ma a me le risposte di John comunicano un senso di tristezza… se non fosse stato così orgoglioso, forse avrebbe rivisto quelle risposte e si sarebbe reso conto che senza gli altri non stava bene, e magari avrebbe fatto pace con tutti. Forse non sarebbero tornati insieme, ma forse…

Forse, forse, forse… la storia è andata così e non si può cambiare…quel che è certo, è che la storia dei Beatles ormai è leggenda.

 








 

scusate se non rispondo alle recensioni...:) però posso anticiparvi che stasera aggiornerò TUTTE le mie storie! :D:D

 

Bacioni!!!

Marty miracolosamente tornata per un giorno...(domani parto e ritorno l'8) -.-

Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** Fotografia. ***


Fotografia.

Now you're expecting me to live without you
But that's not something that I'm looking forward to

[Ringo Starr - Photograph]

11 aprile 1962.
 
 
Il treno si fermò stridendo nella caotica stazione di Amburgo. Poco lontano una ragazza minuta, con i capelli biondi corti e la frangia che ricade morbida sulla fronte era appoggiata ad una colonna, come se solamente questa potesse sostenerla.
-Ciao!- John la salutò cordiale, avvicinandosi.
Lei si sfilò delicatamente gli occhiali da sole e abbassò il volto per nascondere gli occhi rossi, porgendo la guancia al bacio del ragazzo.
-Dov’è Stu?- lui si guardò intorno e Astrid sorrise senza premurarsi di celare la tristezza ben visibile negli occhi.
-Come sei diverso…- John sorrise compiaciuto: -che te ne pare?-
-sei una star.- sussurrò lei malinconica.
John deglutì, capendo che qualcosa non tornava, e ripeté: -Dov’è Stu?-
Solo allora Astrid prese coraggio: -Se n’è andato. È morto.- concluse lei con la voce rotta da un pianto che non voleva uscire.
Fu un attimo: John la abbracciò con più tenerezza e forza possibile, e solo allora entrambi si sciolsero in lacrime.
 
-È permesso?- i visi di George e John spuntarono dalla porta.
-Prego, entrate pure.- Astrid stava soffiando pensierosa su una tazza di caffè già fredda da tempo.
-Siamo venuti a vedere come stavi.- George sorrise e tolse dalle mani della ragazza la tazza, per poi iniziare ad armeggiare con la caffettiera.
-Sto bene…sul serio. Oddio, sono distrutta, però vi giuro che non farò gesti avventati.-
John le sfiorò una mano premuroso e comprensivo.
Seguirono lunghi minuti di silenzio complice e triste, rotto soltanto dal fischio del caffè che saliva e dal “fanculo!” di George che non riusciva a tirare fuori le tazze dalla credenza.
Astrid si alzò dalla sedia e lo aiutò a portarle sul tavolo e a riempirle, poi riprese a soffiare sulla sua.
-Posso vedere dove dipingeva?- domandò John, sorseggiando il suo caffè.
-Certo che puoi.- annuì Astrid. -Un momento solo.- con movimenti sinuosi si avviò verso camera sua, e ritornò con una chiave e la sua macchina fotografica.
-Venite con me.- fece loro strada fino alla mansarda, che teneva chiusa dal giorno prima per paura che i ricordi ne fuoriuscissero: si era imposta di affrontare la faccenda poco per volta, ma forse quell’impatto brutale e definitivo era quello che ci voleva per scuotersi.
Girò la chiave e timorosa spinse la porta: nulla era mutato in ventiquattro ore. Riusciva ancora a vedere il corpo esanime di Stuart accasciato sul pavimento, e il suo flebile grido d’aiuto mentre chiamava il suo nome. Astrid. Aiuto.
Astrid scosse la testa per allontanare il pensiero, e sorrise accomodante a George e John, che erano entrati nella stanza in religioso silenzio.
John passò la mano sui rilievi di colore della sua ultima tela, alla quale stava lavorando poco prima di cadere, George rimase in disparte, sentendosi di troppo in quell’incontro di anime tra i suoi due amici.
Si spostò lievemente per far passare Astrid che trascinava al centro della stanza una sedia in legno con alte gambe bianche, e con un cenno faceva sedere John su questa.
Poi si allontanò e imbracciò la macchina fotografica, cominciando a girare l’obiettivo per regolare zoom e luce.
Socchiuse le tende e tornò al suo posto, pronta a scattare. Ma guardando John attraverso la macchina si accorse che non era giusto fotografarlo in quel modo.
George, accanto a lei, aveva inteso lo stato d’animo dell’amico, e fremeva di agitazione non sapendo se andargli vicino o rimanere al suo posto: aveva paura di rovinare la foto ed allo stesso tempo che John scoppiasse a piangere.
Astrid sollevò un sopracciglio. -Sta accanto a lui- disse dolcemente al ragazzo.
Molte espressioni passarono sul volto di George mentre lui assimilava le parole e si incamminava vicino alla sedia.
Click.
Quando Astrid scattò, il viso di John era un turbinio di emozioni e gli occhi di George erano colmi di protezione per il suo fragile fratello di spirito.
Aveva solo 18 anni.
 


-Perfetto.- la ragazza abbassò la macchina fotografica, e la mano di George strinse con tenerezza la spalla di John.
Per un attimo, forse per la poca luce o per l’emozione del momento, le fattezze di John mutarono in quelle di Stuart, che le sorrise con il suo sguardo misterioso.
-Era qui?- la voce calda del ragazzo la riportò alla realtà.
-Lui è sempre qui.-
George e John si scambiarono un’occhiata, e dolcemente accompagnarono Astrid al piano di sotto, dove l’aspettava l’ennesimo caffè raffreddato.
 
It’ getting better!
10 Aprile 1962 – 10 Aprile 2012: 50 anni senza Stuart. E potevo io non scrivere qualcosa sul “Quinto Beatle”? (prima di Pete, di Brian e di George Martin).
Ovviamente no.
Questo breve capitolo mi è stato ispirato dal film “Backbeat – tutti hanno bisogno di amore” del 1994, che tratta del primo viaggio dei Beatles ad Amburgo (1960) e del conseguente amore di Astrid e Stu e finisce con la morte del ragazzo, e da una frase detta dalla stessa Astrid nel documentario di Martin Scorsese dedicato a George Harrison, “Living in the Material World”:
«Dopo la morte di Stuart, John e George si preoccuparono per me. Venivano a trovarmi a casa e… fu veramente un’idea di John. John disse “posso vedere dove dipingeva?” e io risposi “certo che puoi.”
In quel momento volli fotografarli. Presi questa vecchia sedia e la misi lì. E John era molto emozionato, perché stava nella stanza dove il suo amico dipingeva, tanto che quasi piangeva. E George era unpo’ preoccupato. Allora dissi a George “sta’ accanto a lui.” Avreste dovuto vedere con che velocità George capì cosa stava accadendo: la vita e la morte insieme. Aveva appena 18 anni. E se guardi questa foto e osservi gli occhi, sono colmi di protezione per John. John stava quasi per crollare, e lo si vede nel suo viso.» Astrid Kircherr
© Martin Scorsese – Living in the Material World.
Spero vi sia piaciuta e vi abbia comunicato almeno un terzo di quello che mi ha trasmesso scrivendola! Adoro Stuart e la sua morte mi rattrista ancora adesso :(
[http://youtu.be/pfseu7Co7ak] <-- Backbeat

Baci,
Marty

Ritorna all'indice


Capitolo 16
*** Scarafaggi nel bagno! ***


Scarafaggi nel bagno!



L’America, patria dei sogni;
il 1964, l’anno dei Beatles;
New York, la città tentacolare;
un hotel prestigioso, il bagno di una suite;
quattro ragazzi: «scusate, permesso! Ehi, voi! Maledetti scarafaggi! Fate passare una donna incinta.»
«Ma quale donna incinta, Lennon!» sbottò George, rannicchiato sul davanzale della finestra.
«Quella al massimo è ciccia…» intervenne una voce dalla mensola del lavandino. «Ciccia?» John strabuzzò gli occhi. «Ciccia?!? Ma pensa per te, che con quel naso pesi più di noi quattro riuniti tutti sulla tua batteria!»
«Ehi, la mia Betty non si tocca!»
«Shh, ma che diamine! Volete che ci scoprano?» li ammonì Paul da dentro la vasca. John si avvicinò ai rubinetti con un sorriso sadico. «E se io ora facessi scorrere l’acqua, McCartney?»
«Non oseresti.» Paul cercò di sembrare più spavaldo possibile, ma la sua voce tremava visibilmente.
«Ora basta!» li interruppe George accendendosi una sigaretta, proprio nel momento in cui John aveva iniziato a girare il pomello dell’acqua fredda sghignazzando “oh, sì che oserei!!”. Paul sospirò di sollievo.
George socchiuse piano la finestra per far uscire il fumo dalla stanza e subito quello che pareva essere il ronzio di mille api inferocite si tramutò in urla e strilli acuti di donne. Ringo si portò una mano alle orecchie, spaventato, Paul si appiattì sul marmo della vasca tentando di nascondersi dietro il bordo e John entrò nell’armadietto sotto il lavabo, dopo averlo opportunamente svuotato di tutti gli asciugamani.
George spiò circospetto la strada sottostante: «non ci hanno visto, potete uscire.» John si lanciò fuori imprecando contro Ringo – colpevole di aver tirato delle pedate al mobiletto dove lui era nascosto – e si sedette pensieroso sul gabinetto, lamentandosi a gran voce.
«Quanto credete dovremmo restare nascosti qui dentro?» pigolò Paul. «Ho idea per un bel po’…» George aspirò una grande boccata di fumo e la soffiò nella piccola apertura della finestra. «Là fuori è un pandemonio.» aggiunse.
«Io volevo andare a girare New York! Avevo in mente di scattare tante foto a Central Park!» Ringo strinse a sé la sua Canon, rischiando oltretutto di scivolare dentro il lavandino. John assunse un’espressione furbetta e tirò fuori dalla tasca un giornale, tutto trionfante: «Guardate! Eh, che ne dite? L’ho preso alla reception…»
«È un giornale di quiz.»
«Però, McCartney, che occhio! Non ti sfugge nulla, vero? È per passare il tempo! Dai, su, giochiamo… “animale dal grande naso”: RINGO!»
«Dubito sia giusto, John.» sorrise il diretto interessato. John borbottò qualcosa riguardo alla “versione rivista e corretta dal grande John Lennonniano”. Capendo che il suo nuovo gioco non aveva riscosso il successo desiderato decise di lasciar perdere, non prima di aver criticato gli amici per scarso umorismo.
«Non appena Brian tornerà dal colloquio con Ed Sullivan gliene dirò quattro.» brontolò Paul, tentando inutilmente di alzarsi.
«Andiamo, Paul! Fino ad un anno fa la sola parola “America” ci sembrava un sogno irrealizzabile.» spegnendo la sigaretta sul davanzale George accostò piano la finestra attutendo il rumore sottostante.
«Sì, ha ragione! Guardate dove siamo adesso!» Ringo rincarò la voce. Paul alzò scettico un sopracciglio: «…chiusi in un bagno d’albergo?»
«Ebbene sì, Macca, ma che bagno! Una suite intera solo per noi quattro, pazzesco, eh?» John si guardò intorno estasiato. «Già solo questo spettacolo vale il prezzo del biglietto.»
«Ma…un bagno?!?» esclamò esasperato Paul: John tuttavia aveva perso ogni interesse per il discorso e fissava una pagina della rivista con aria allupata.
«E adesso cos’ha? Cosa c’è di tanto interessante in un giornale di quiz?» Ringo alzò gli occhi al cielo.
«Johnny? Joooohnny?? Stai sbavando senza ritegno.» George rise divertito sventolando un piede davanti all’amico mentre Paul, dal bordo della vasca, gettò uno sguardo a quella che sembrava una foto pubblicitaria: una bionda e prosperosa Jayne Mansfield campeggiava sullo sfondo nero, accostata ad una più piccola (ma sempre di grande impatto) foto di Marilyn Monroe.
«Beh, alla Mansfield ed alla Monroe non si può mai dire di no.» alzò poi le spalle.
«John, ti ricordo che sei sposato e che Cynthia alloggia nella suite accanto a questa.» lo ammonì Ringo. «Esatto!» puntualizzò George. «quindi la foto viene con me!» nel pronunciare queste parole saltò dal davanzale ed urtò inavvertitamente il pacchetto di sigarette, che precipitò in mezzo alla folla scatenando il pandemonio.
«ECCOLI, SONO LASSU’! RICONOSCO I CASCHETTI!» dalla finestra ormai spalancata le grida delle ragazze risultavano udibilissime. Mentre le transenne attorno all’albergo venivano scavalcate ed i passi rimbombavano già nella hall i quattro Beatles, scendendo dalla scala antincendio con un complicato passaggio attraverso porte riservate al personale addetto e montacarichi, riuscirono per un soffio a saltare nella limousine preparata per ogni evenienza.
«Beh, ragazzi, se non altro ora potremmo vedere New York!» John piegò soddisfatto la foto di Jayne Mansfield e se la infilò nella tasca.
 
           
 
It’s getting better!
 

Ragazzi, è troppo che non aggiorno questa storia D: in generale, è troppo che non scrivo, punto. È solo che quest’anno sono super - impegnata e ci vorrà del bello e del buono per non arrivare a Giugno sclerata modello Ofelia. Gaaah, aiuto.
Ad ogni modo, questo capitoletto vuole illustrare ciò che la mia mente malata ha prodotto quando ha provato a soffermarsi sulla vita che avranno di sicuro condotto i quattro scarafaggi nel loro primo tour Americano – e il film “Allarme a New York, arrivano i Beatles!” mi ha di sicuro aiutato.
Non so perché, ma riesco quasi a vederli bene chiusi nel bagno della loro suite.
Pace, Amore & Rock’n’Roll

Melardhoniel

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=317817