L'anima dell'Angelo

di Agapanto Blu
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La prima neve ***
Capitolo 2: *** Una fiamma inestinguibile ***
Capitolo 3: *** Ri-unione ***
Capitolo 4: *** Abito bianco ***
Capitolo 5: *** Ricucire i pezzi ***
Capitolo 6: *** Seconda possibilità ***
Capitolo 7: *** Carota ***
Capitolo 8: *** Prova generale ***
Capitolo 9: *** Il gran giorno! ***
Capitolo 10: *** Sorpresa ***
Capitolo 11: *** Miracolo e Cenere ***
Capitolo 12: *** La ferita di Mattew ***
Capitolo 13: *** Fenice ***
Capitolo 14: *** Notizie ***
Capitolo 15: *** Condannata ***
Capitolo 16: *** Epidemia in Paradiso ***
Capitolo 17: *** Darsi da fare ***
Capitolo 18: *** Decisioni ***
Capitolo 19: *** Ninna nanna ***
Capitolo 20: *** Angeli di neve ***
Capitolo 21: *** Macchie e informazioni ***
Capitolo 22: *** Schiuma da barba ***
Capitolo 23: *** Equivoci ***
Capitolo 24: *** Una rivelazione scioccante ***
Capitolo 25: *** Storie e sogni ***
Capitolo 26: *** Vari punti di vista ***
Capitolo 27: *** Una lotta impari ***
Capitolo 28: *** Mettere in pratica ***
Capitolo 29: *** Lottare ***
Capitolo 30: *** Per la seconda volta ***
Capitolo 31: *** La fine della battaglia ***
Capitolo 32: *** Salvate Angelica! ***
Capitolo 33: *** Al proprio posto ***
Capitolo 34: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** La prima neve ***




L’anima dell’Angelo

 

 
Cosa succede quando si perde un pezzo del proprio cuore?
Come si vive dopo la perdita di qualcuno che si ama?
La morte è davvero eterna? Può veramente dividere per sempre?
Questa storia grida “No!”…

1.

Lucia aprì gli occhi lentamente con il timore di essersi sognata tutto.
Come ogni mattina da due settimane a quella parte, la prima cosa che fece fu guardarsi l’anulare sinistro.
Sorrise nel vedere il sottile anello d’oro brillare alla luce del mattino.
La ragazza si sedette e se lo sfilò per leggere le parole al suo interno: Al mio unico Angelo, da Mattew.
Un pegno d’amore del suo fidanzato, parola usata con cognizione di causa.
Lucia si rimise l’anello sentendo il cuore battere forte al pensiero dell’abito bianco e del nuovo nome che avrebbe indossato: Lucia Orlean.
Sorrise e si voltò per controllare: come al solito, Mattew era uscito la mattina presto e l’aveva lasciata dormire senza svegliarla.
La sua solita gentilezza.
Si stiracchiò e, benedicendo con il pensiero le vacanza invernali, scivolò via dalle lenzuola bianche e andò in cucina: caffé già pronto sul fornello e tavola apparecchiata per una persona, il suo ragazzo decisamente non le faceva mancare nulla.
Faceva freddino e la ragazza aprì le imposte, stranamente chiuse.
Fuori era tutto bianco.
“Ha nevicato!” escalmò la ragazza con un sorriso di pura gioia.
Afferrò il telefono e compose il numero di Mattew.
Il ragazzo era passato da stagista a impiegato nell’azienda del padre e aveva lasciato gli studi, lavorava spesso nella speranza di poter guadagnare presto abbastanza soldi per le spese della cerimonia e, anche se avevano già messo da parte abbastanza per comprare la piccola casa indipendente e non doverne più pagare l’affitto, ci sarebbe voluto ancora un bel po’.
Mattew rispose al terzo squillo.
“Ehy!” salutò energico ma la ragazza sentì il ticchettio incessante di una tastiera e il ronzio di parecchi macchinari.
“Stai facendo degli straordinari?” chiese in tono vagamente accusatorio.
“No… Sì, il mio collega è malato e mi sono offerto di fare da solo…”
La ragazza sospirò.
“Mattew, non voglio sposare uno zombie…” borbottò poi si addolcì, “Non devi esagerare o potresti star male…”
“Sto già male: non mi sento più le dita!” replicò lui senza smettere di battere a computer, “Scherzi a parte, hai visto fuori?”
“Sì!” rispose Lucia euforica, “È bellissimo!”
Mattew scoppiò a ridere.
“Lo immaginavo e ho una sorpresa: domani ho un giorno libero…” decretò.
La ragazza spalancò la bocca, stupita.
“Davvero?!” chiese.
Il ragazzo rise di nuovo.
“Direi che tu e mio padre la pensate allo stesso modo: in pratica ha minacciato di cacciarmi a calci se domani mi presento in ufficio…!”
“E ha fatto bene!”
“Lasciami finire, per favore… Domani ho un giorni libero e ti porto fuori… Molto fuori…”
“Quanto fuori? Devo chiedere una sera libera anch’io al bar?”
“Direi di sì a meno che tu non voglia incappare nelle ire di Miriam: dubito che si accontenterà di una visita di poche ore senza nemmeno restare per cena…”
Lucia rimase senza parole.
Miriam, la sua amica Miriam, l’Arcangelo dei Caduti.
Non la vedeva da mesi e da quando si erano trasferiti, due anni prima, si erano potute incontrare solo d’estate e per pochi giorni.
Miriam voleva dire Victoria, voleva dire casa.
“Parli sul serio?” chiese a bassa voce.
“Non vorrai avvertirli del matrimonio solo tra mesi! Potrebbero offendersi…” scherzò Mattew ma era evidente che anche a lui mancasse molto il suo amico Nick, Angelo Caduto al servizio di Miriam nonché suo marito.
Nick, ovvero Nicola, e Miriam si erano sposati l’anno prima.
Cerimonia segreta, documenti falsi e pochissimi invitati: Lucia era stata la damigella d’onore della sposa mentre Betty, la quasi – mamma di Nick, era la sua testimone e Mattew era stato il testimone di Nick mentre Joe impersonava il padre della sposa e Chuck quello dello sposo.
Una cerimonia quasi del tutto falsa per celebrare un amore vero che aveva affrontato un secolo di difficoltà.
Lucia sorrise.
“Non potevi farmi una sorpresa più bella…” sussurrò.
“Davvero? Allora senti questa, sto pensando di chiedere ora le ferie arretrate e, se tu riesci a convincere il tuo capo, possiamo partire domani e restare esattamente due settimane… Se a te non dispiace aspettare un po’ per il matrimonio…”
“Se mi dispiace? Oh Cielo, Mattew! Mi stai facendo una sorpresa enorme! Chissà come la prenderà Betty! E Joe! Chissà che battute! Nick mi rinfaccerà a vita il fatto che abbia combinato tutto lui, cavolo!” iniziò a straparlare la ragazza ma Mattew la fece tacere con una sola frase.
“Luci, era per l’età…” sussurrò.
La ragazza tacque.
Mattew era un Nephilim perché sua madre era un Angelo Caduto che si era accoppiata con un umano ma lei non aveva origini celesti.
Lui era immortale e aveva smesso di cambiare: un eterno ventenne.
Lei?
Lei sarebbe invecchiata come una semplice umana ma la cosa non disturbava nessuno dei due.
Ne avevano parlato con i genitori di Mattew e avevano deciso che si sarebbero procurati i documenti che li vedevano sposati o imparentati in vari modi –madre e figlio, nonna e nipote etc…- al momento necessario.
Ma il matrimonio lo avrebbero voluto fare entrambi della stessa età.
“Qualche mese non cambierà molto…” sussurrò la ragazza.
Anche se non lo vedeva, era certa che il fidanzato stesse annuendo.
“Penso anch’io… Allora è fatta? Chiami il tuo capo e poi mi fai sapere?”
“Sì, ti chiamo presto… A dopo…”
“A dopo, amore…”
Lucia riattaccò cercando di non ridere: lei e Mattew non erano tipi da nomignoli però a volte lui li infilava di straforo ben sapendo che le avrebbero tirato su il morale.
La ragazza digitò il numero del locale dove lavorava poi si fermò, sbirciò con la coda dell’occhio la finestra e fece un sorriso furbo poi corse in camera.
Tirò fuori dall’armadio maglie, maglioni e la giacca più pesante che aveva con dei pantaloni spessissimi poi afferrò la sciarpa, il cappello e i guanti di lana e si osservò allo specchio.
Il cappello azzurro chiaro con ricami bianchi svettava su di lei con il piccolo pompon dello stesso colore facendola sembrare più giovane, la giacca a vento blu chiaro la infagottava per bene sopra al maglione bianco a collo alto e i pantaloni neri completavano il tutto assieme alla sciarpa azzurra con i fiocchi di neve candidi disegnati sopra e i guanti grigi.
Sorrise e corse all’ingresso, si infilò di corsa gli stivali, afferrò la borsa a tracolla di finta pelle bianca che le aveva regalato Mattew e afferrò le chiavi di casa dal ripiano sopra il termosifone accanto alla porta del salotto poi uscì come un tornado.
Una volta chiusa la porta, Lucia si trovò immersa nel bianco.
Scoppiò a ridere e iniziò a camminare spedita nella neve divertendosi come una bambina.
In strada c’erano poche persone, una decina di bambini che giocavano a palle di neve o a fare i pupazzi e alcuni vecchietti usciti in veranda a godersi lo spettacolo di quei giovanotti.
Una coppia di anziani che abitavano vicino a loro e a cui Lucia faceva la spesa quando la donna era stanca la salutò con calore ridacchiando nel vederla raccogliere e appallottolare una manciata di bianco per rispondere a un attacco di due ragazzini, i fratelli di una sua compagna di corso: scrittura creativa.
Lucia si fermava sempre, sorrideva e scambiava qualche parola con tutti poi ripartiva diretta al locale e decisa a ottenere le due settimane che le servivano.
Arrivò al bar-discoteca fradicia e sghignazzante e portò con sé l’allegria che contagiò anche le due poverette che avevano fatto la notte per pulire.
Non ci mise molto: la proprietaria, Carol, le voleva molto bene come a tutte le sue ragazze e, non solo le accordò le ferie, ma le fece anche le congratulazioni per la decisione.
Lucia ringraziò, salutò e uscì.
Fuori dal locale chiamò Mattew.
“Ehy! Già fatto?” chiese lui.
“Certamente! Ho le due settimane, tu?”
“Come promesso: mio padre non vede l’ora di sbarazzarsi di me! E sai la cosa strana? Mi ha detto che non vuole che tu ti sposi uno zombie… Ironico, no? Vi siete accordati?”
Lucia scoppiò a ridere ma prima di poter rispondere una palla di neve la colpì sulla spalla e la schizzò sul viso.
Inspirò forte quando l’acqua gelida le si infilò giù per la schiena.
“Luci? Tutto bene?” chiese Mattew preoccupato.
“Sì! Ora ti lascio: devo vendicarmi…”
“Vendicarti? Luci, non starai facendo a gara con i bambini del quartiere, vero? Ti ricordo che sei in netta minoranza numerica…”
Lucia sorrise.
“Sono solo due…” replicò prima di chiudere la telefonata e abbassarsi a prendere una nuova palla di neve.
Sarebbe dovuta andare a casa, farsi una doccia calda, preparare pranzo a Mattew e iniziare a fare le valigie…
Ma una palla di neve in più o in meno non avrebbe fatto differenza, giusto il tempo di far pentire quei due di averla attaccata a tradimento…
Un quarto dora dopo, si infilò di corsa in casa bagnata fradicia.

Eh già...
SONO TORNATA!!!
(Coro di: NOOOOOOOOOOOOO!!! PERCHèèèèèèèèèèèèèèè?!?!?!)
Beh, non so cosa dire di questo primo capitolo se non che mi piace (stranamente!)...
Voi che ne pensate? La storia vi ispira?
Fatemelo sapere!

AVVISO! Se qualcuno di voi è "nuovo", gli consiglio di andarsi prima a leggere la storia 1: Il cuore dell'Arcangelo che potete trovare nella sezione Fantasy, storie originali o, ovviamente, sulla mia pagina d'autrice...
Bene, detto questo ringrazio tutti per essere qui!
Alla prossima!
Ciao ciao!
Ah no!
Dimenticavo!
Da adesso aggiornerò un capitolo ogni settimana, il (che giorno è oggi?) Lunedì...
Titolo del prossimo capitolo: Una fiamma inestinguibile
Spoiler: " 
Fra tremolanti spiriti rosso fuoco, arancione e giallo, fra evanescenti torce e caverne roventi, stavano le anime.
Catene nere come il buio tutto intorno stringevano i polsi di uno spirito irrimediabilmente corrotto, al punto da non essere altro che un ombra cupa, ma questo non si ribellava.
Attendeva. "
Che ve ne pare?
Adesso davvero: Alla prossima!
Ciao ciao!
Lady Catherine

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Capitolo 2
*** Una fiamma inestinguibile ***





Eccomi!!!
Lo so che sono in ritardo (direte, E allora muoviti!) però adesso sono qui!!!
Allora, spostiamo l'attenzione da Lucia e Mattew, tutti pronti al Grande Passo, per osservare un posto totalmente diverso e decisamente più triste...
Signori e signore, ecco a voi un bel viaggio all'Inferno!
A sotto!
Ciao ciao!


2.
 
Il Buio era una voragine eterna e infinita, un qualcosa che la Luce non poteva né illuminare né scaldare, figurarsi comprendere.
Era un vuoto incompleto al quale poteva solo mancare qualcosa e nel quale ti perdevi senza speranza di ritorno.
Ma proprio quando avresti pensato che le tenebre fossero senza fine e che non ci fosse nulla di peggio, esattamente nel centro del buio, vedevi ciò che non ti saresti aspettato mai: le fiamme inestinguibili dell’Inferno.
Fra tremolanti spiriti rosso fuoco, arancione e giallo, fra evanescenti torce e caverne roventi, stavano le anime.
Catene nere come il buio tutto intorno stringevano i polsi di uno spirito irrimediabilmente corrotto, al punto da non essere altro che un ombra cupa, ma questo non si ribellava.
Attendeva.
L’occasione di uscire sarebbe arrivata prima o poi e aveva a disposizione l’eternità per aspettare.
Le fiamme le lambivano l’anima, bruciandola e ustionandola, ma non sprecava fiato a gridare e più passava il tempo più il fuoco si trasformava da tortura a beneficio.
Invece che rubarle la forza, gli dava la sua, trasformandola e mutandola in qualcosa che nessuno avrebbe mai potuto comprendere fino a conversione avvenuta.
Lei sapeva che lui la stava guardando, la rimirava bruciare e soffrire mentre bramava una fiamma diversa.
E sapeva anche che sorrideva.
Un elemento in più al Suo esercito, una creatura dannata che ingrossava le fila di Satana.
Avrebbe potuto, il Signore delle Tenebre, non esserne felice?
Una creatura come lui che diventava sempre più potente.
Lui aveva sempre saputo che, prima o poi, l’avrebbe avuta: era scritto nel destino, era pur sempre una donna che aveva amato un demone.
Quando era morta aveva mandato due demoni a reclamare la sua anima ma Samuel, all’epoca non ancora successore dell’Arcangelo Retel, lo aveva preceduto portando via quello spirito puro per consegnarla al suo signore che aveva deciso di donarle l’immortalità.
Era in virtù di quella vittoria che Samuel aveva ottenuto l’Eredità di Retel: il posto come Arcangelo dei Pietosi.
Il Tentatore sospirò davanti all’anima che cambiava: doveva ammettere che era rimasto molto sorpreso nel sapere che un Angelo solo aveva messo in fuga due dei suoi più fidi servitori.
Però, per quel gesto eroico, Samuel ci aveva rimesso la schiena che da allora era solcata da cinque cicatrici profonde: il segno di una zampata alla spalle datagli da un Demone.
“Che coraggioso…” bofonchiò con voce atona senza pensarlo realmente.
La creatura mutante ai suoi piedi emise un verso di disappunto che lo fece sorridere.
La donna era seduta a terra con le gambe rannicchiate accanto a sé e le braccia attaccate al muro alla sua sinistra ma era impossibile distinguere i suoi connotati attraverso la cortina di buio che nascondeva il processo in corso.
Satana sorrise.
Era sua come sarebbe sempre dovuta essere, la stava possedendo e non aveva nemmeno dovuto usare la forza per prenderla: le era stata consegnata e lei non vedeva l’ora di soddisfarlo.
Sarebbe stata un’arma molto interessante da usare e non lo avrebbe deluso così facilmente come altri prima di lei.
“Ancora un momento, mia creatura, poi sarai pronta…” le disse mentre la sua voce profonda si faceva strada.
Lui non era altro che Buio, non aveva forma né corpo ma mostrava solo una cortina nera con due tagli rossi come il sangue: i suoi occhi.
La donna inspirò, godendo appieno dell’epiteto datole, ed emise un altro verso: soddisfazione mista ad impazienza.
Lei voleva solo una cosa e lui le avrebbe concesso di prendersela poi avrebbe avuto la sua fedeltà incondizionata.
D’altronde a un’anima come quella importava soltanto il potere: era il vero motivo per cui aveva scelto di amare una creatura demoniaca, non per sentimento in sé per sé ma per il potere che le avrebbe dato un fatto simile.
Anche se non poteva essere Amore una sola notte.
Peccato che il demone se ne fosse accorto troppo tardi: non l’aveva amata sul serio, l’aveva usata e lei gliel’aveva fatta pagare per questo trovandolo e uccidendolo non appena era diventata un Angelo.
Era stata una perdita accettabile, in fondo; lui non era un gran demone e quell’omicidio a sangue freddo l’aveva iniziata a corrodere dall’interno come un acido.
A nulla era servito al Cielo metterla nei Vendicatori: lui aveva sempre saputo che sarebbe venuto fuori.
E, infatti, eccola lì: incatenata e felice di esserlo, maledetta e per ciò orgogliosa, furente e impaziente di lasciar scatenare la sua rabbia.
Vendicativa.
Voleva la vendetta e l’avrebbe avuta.
La cortina tenebrosa iniziò a incresparsi attorno agli occhi come se il Mostro stesse ridendo ma il suono che accompagnò il movimento fu un cupo gorgoglio che fece tremare la terra, rossa come brace.
Anche la prigioniera rise emettendo un suono simile ma il verso mutò diventando quello di una suadente risata femminile.
“Ci siamo, mia serva…” commentò Satana osservando l’anima tenebrosa che si condensava dando forma ad una creatura riconoscibile.
All’iniziò sembrava un disegno grossolano di una creatura con quattro protuberanze e un capo poi l’immagine si definì: due lunghe gambe chiare, una pelle perfetta, un corpo morbido e pieno di curve e una lunga chioma corvina.
La donna era nuda e ad occhi chiusi, seria.
Sarebbe potuta sembrare morta ma le sue labbra piene si incresparono in un sorriso che rivelava due canini un po’ troppo lunghi per un essere umano.
Le catene nere scomparvero trasformandosi in due fili di fumo che iniziarono a svolazzare sul capo della donna.
La nuova creatura si alzò e si mise in piedi davanti al suo nuovo signore, per nulla turbata dalla propria nudità.
Lui la percorse con lo sguardo.
“Sarai un’ottima aggiunta...” le sibilò, “E avrai la tua vendetta…”
Lei iniziò a ridere piano e le tenebre che l’avevano intrappolata le si staccarono della testa adagiandosi sul suo seno e sui suoi fianchi dove si trasformarono in una striminzita striscia di pelle nera senza spalline ma con un solo filo di cuoio sul davanti come reggiseno e un paio di pantaloni lunghi dello stesso materiale.
Il Tentatore iniziò a scivolare via all’indietro e a sparire mescolandosi al buio tra una fiamma e l’altra ma tenne gli occhi fissi sulla sua nuova Assassina.
“Tieniti pronta, tra poco inizierà il tuo addestramento…” ordinò prima che i due tagli scarlatti che aprivano la sua vista si mescolassero con i riflessi baluginanti dei fuochi.
E la donna rimase sola.
Il fuoco la raggiunse e gli si arrampicò su per le gambe fino alla vita nel tentativo di impedirle di fuggire ma lei lo accolse in sé come una nuova energia a cui attingere quando e come voleva per riprendere le forze.
Assorbì quelle lingue infuocate con piacere e scoprì che ne voleva ancora quando le ebbe finite.
Sempre ad occhi chiusi chiamò a sé con il pensiero le altre fonti di energia che sentiva tutto attorno.
Altre due fiamme risposero all’appello e la avvolsero fino ai seni e poi sulle spalle e attorno al collo, accarezzandola.
Lei mosse appena la testa per farsi sfiorare la guancia da quel calore adorabile poi assorbì anche quelle con un sorriso furbo.
Sentiva le fiamme Infernali scivolarle nelle vene come energia primordiale, adrenalina allo stato puro senza sangue a mitigarne l’effetto, e rise per quel salto di forza che aveva fatto anche se ci aveva perso in reputazione.
Immaginò l’espressione sbalordita degli Arcangeli che l’avevano condannata alle pene dell’Inferno e le avevano invece aperto al strada ad una nuova vita senza regole e senza limiti.
Il fuoco e le tenebre la rendevano marcia dentro a mano a mano che si facevano strada verso il suo cuore e lei non vedeva l’ora che lo raggiungessero per bruciarlo e distruggere ogni sua possibile emozione.
Voleva cambiare in modo irreparabile e diventare ciò che le avrebbe permesso una rinascita imperiosa: voleva diventare una Demone.
Era ora che si prendesse la sua vendetta: che gli altri si tenessero il suo posto in Cielo, non le interessava più.
Ma chi l’aveva sfidata le interessava: avrebbe finito ciò che aveva già incominciato una volta e si sarebbe sbarazzata di chiunque osasse tentare di fermarla senza scrupoli.
Il fuoco le carbonizzò il cuore con uno sfrigolìo.
La donna spalancò gli occhi verdi come due smeraldi e privi di pupilla.
Sorrise con un’espressione che metteva i brividi.
“Tremate, ragazzi,” commentò con voce morbida, “Zira sta tornando…”

Allora?
Piaciuto?
Fatemi sapere, mi raccomando!
Titolo del prossimo capitolo: Ri-unione
A chi si riuniranno Mattew e Lucia (sì, lo so che non è quella gran domanda senza risposta ma io qualcosa qui ce lo devo scrivere, no?)?
Spoiler: " 
“Ti ho visto…” [...]
“Hai barato…” [...]
“E chi lo dice?” [...]
“E se lo dicessi io?”"
Allora?
Ispira?
Ho dovuto tagliare i nomi dei personaggi parlanti per non farvi capire cosa succede di preciso (yes, sono sadica al 100%!)...
Alla prossima!
Ciao ciao!

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Capitolo 3
*** Ri-unione ***





Scusate!!!
Ho combinato un disastro: ero certa di aver aggiornato e invece non l'ho fatto...
Immagino di essere l'unica sulla faccia della Terra che fa una cosa del genere :P...
Comunque eccomi!
A sotto!
Ciao ciao!




3.
 
Miriam sbatté in malomodo i fogli che stava controllando sulla scrivania e si prese la testa tra le mani.
Non ne poteva più: aveva bisogno di una pausa.
Dalla Caduta di Zira non aveva fatto altro che lavorare per organizzare il gruppo dei Caduti e garantire protezione sia agli Angeli, sia ai Nephilim sia ai pochissimi demoni pentiti.
Fece scivolare all’indietro la sedia nera con le rotelle su cui stava seduta e si alzò in piedi per raggiungere la vetrata alle sua spalle.
Dalla cima del Fallen’s vedeva tutto.
Si trovava nell’ufficio al sessantesimo piano, le pareti erano tutte totalmente di vetro e l’interno era sobrio e funzionale.
Mobili di legno scuro e di ferro e vetro si alternavano nell’enorme sala che sarebbe potuta benissimo essere divisa quattro stanze, sul pavimento stava una morbida moquette azzurro scuro e agli angoli stavano delle lunghe tende blu con ricami trasparenti e argento a motivo floreale.
Sospirò a iniziò a guardare la città ma ben presto la visuale fu noiosa così l’Arcangelo iniziò ad esaminare il suo riflesso: i lunghissimi capelli biodo chiaro, quasi platino, stavano raccolti in un elegante chignon che le metteva in mostra il collo e le orecchie abbellite da due piccoli orecchini a forma di perla argentata, indossava una camicetta bianca a maniche lunghe ma abbastanza leggera per sopportare le alte temperature all’interno dell’edificio, portava una gonna grigio scuro lunga fino al ginocchio e senza orpelli sopra a un paio di collant color carne che la rendeva raffinata e seria allo stesso tempo dandole un’aria più adulta di quella mostrata dai suoi perenni diciotto anni, e calzava un paio di scarpe con un tacco medio semplici e chiuse dello stesso colore della gonna mentre la giacchetta abbinata al completo stava diligentemente appoggiata sul bordo della sedia su cui era stata fino a poco prima.
La ragazza si passò una mano sul collo in modo pensoso come ad accarezzare una collana che non aveva.
Il cielo era di una tonalità grigia pari a quella del suo abbigliamento senza l’unico tocco di colore che a lei era dato dai suoi occhi azzurro chiaro e grigio.
Con pupilla.
La porta alle sue spalle si aprì piano e lei non si mosse ma osservò il nuovo venuto nel riflesso.
Sorrise.
Nick le stava arrivando silenziosamente alle spalle nella speranza di sorprenderla.
Indossava una camicia Oxford bianca e un paio di Jeans sbiaditi sul davanti delle cosce e sulle gambe e calzava un paio di scarpe da ginnastica.
Un abbigliamento stonava con l’altro.
“Ti ho visto…” chiarì subito Miriam lapidaria guadagnandosi un’occhiata sorpresa del ragazzo.
“Hai barato…” bofonchiò lui accennando alla finestra.
La ragazza sorrise e si girò verso di lui.
“E chi lo dice?” chiese alzando il mento con un sorriso malizioso.
Nick le si avvicinò e le sfiorò la mascella con una mano.
“E se lo dicessi io?” chiese ironico poi tornò serio e le prese il viso tra le mani, “Stai bene?” chiese.
La ragazza sbuffò sgonfiandosi e scosse la testa.
“Sono un po’ stanca…” ammise.
Il ragazzo annuì.
“Non ti sei concessa una tregua, forse è il caso di darti una calmata… Secondo me stai esagerando…”
“Forse…” concesse la ragazza ma non aggiunse altro.
Nick sospirò e alzò gli occhi al cielo.
“Ma non ti fermerai, vero? Sembra che te le cerchi!”
Miriam alzò gli occhi al cielo imitandolo.
“Sai che non posso: ho un sacco da fare, responsabilità da assumermi… Essere i primi in qualcosa non è facile, sai?”
Nick la zittì con un bacio.
“Non volevo dire questo…” le disse con dolcezza.
La ragazza si voltò restando nell’abbraccio di Nick ma facendo in modo di avere le sue braccia sul ventre e di premere la schiena contro il suo petto.
Guardarono entrambi fuori dalla finestra.
“A volte mi sento un esperimento, una cavia da laboratorio!” bofonchiò la ragazza e il ragazzo rise.
“Perché?” chiese, “Non lo siamo?”
Miriam gli tirò una gomitata leggera nello stomaco.
“Idiota!” disse ma Nick le iniziò a fare il solletico sulla pancia facendola scoppiare a ridere.
“Smettila! No, Nick! Nick, basta! Eddai, ti prego!” esclamava la ragazza facendo ridere anche lui e tentando di divincolarsi.
Alla fine, il ragazzo ebbe pietà e la lasciò andare guadagnandosi un pugno su una spalla.
“Sei un caso disperato!” esclamò Miriam con finta offesa.
“E me ne vanto!” replicò lui, “Comunque, questo caso disperato ha la soluzione perfetta per te…”
“Ah sì?”
“Sì! Cosa ne diresti se ti consigliassi di prenderti un paio di settimane di vacanza per l’arrivo di un paio di amici?”
Miriam aggrottò la fronte.
“Amici?” chiese.
Nick annuì.
“Una coppietta un po’ insolita che viene a trovarci dal college…” buttò lì quasi con casualità interessandosi improvvisamente alla giacca della ragazza sulla sedia.
L’Arcangelo rimase pensosa per un po’ poi sgranò gli occhi e spalancò la bocce.
“Lucia e Mattew!” esclamò, “Vengono davvero?”
Nick annuì con un sorrisone.
“Matt mi ha chiamato cinque minuti fa: sono appena partiti ma ci metteranno qualche ora…”
“Quante?”
“Almeno quattro e mezzo ma molto probabilmente cinque considerando il traffico…”
“Ufff! Ci vuole un bel po’, eh?”
Nick annuì.
“Lucia voleva cambiare aria per un po’… Sai com’è lei…”
I due ragazzi rimasero in silenzio per un po’ poi Miriam afferrò la giacchetta e si avviò verso l’uscita dell’ufficio.
“Dove vai?” le chiese Nick preso alla sprovvista.
“A preparare: trovo loro un appartamento, tanto Mattew è un Nephilim, e prenoto da qualche parte per cena…”
Nick annuì.
“Hanno detto che c’è una grossa novità… Dici che sarà grossa come una pancia?”
Miriam storse la bocca nel tentativo di sembrare severa e di non ridere ma le uscì solo una faccia buffa.
“Non credo…” disse.
“Perché?”
“Perché se fosse così ci sarebbe un Angelo Custode con il dovere di proteggere il piccolo, no?”
Nick scoppiò a ridere.
“Mi sa che hai ragione!”
E continuò a ridere mentre usciva dalla porta con la moglie Miriam Person.
 
La macchina blu parcheggiò davanti al portone del grattacielo ma i suoi occupanti attesero un momento prima di uscire.
“Casa…” sussurrò Mattew, “Mi sembra strano tornare dopo tutto quello che è successo…”
“Due anni… Ma ci pensi da quanto è che non veniamo più qui?” gli sussurrò Lucia osservando l’imponente edificio.
Nick e Miriam osservarono la vettura dall’entrata con trepidazione.
L’umana e il Nephilim scesero con lentezza, irrigiditi dalla lunga permanenza in auto.
Lucia indossava una giacca pesante nera con, come bottoni, dei pezzettini di legno infilati in dei piccoli cappi di corda nera e con il cappuccio sopra ad un paio di jeans bianchi pesanti, Mattew invece portava un giubbotto nero sopra ad un paio di blue jeans.
Entrambi incassarono la testa nel colletto delle giacche quando sentirono la temperatura esterna ma sorrisero e salutarono con ampi gesti i due amici quando li videro.
Miriam e Lucia si corsero incontro e si abbracciarono con forza.
“Luci!”
“Miriam!”
Nick e Mattew seguirono le rispettive ragazze con più lentezza ma si salutarono comunque con affetto.
“Allora! Come ti va la vita da sposato?” chiese Mattew per prima cosa all’amico.
“Al solito: un Inferno!”
Al che, Miriam gli tirò un pugno sulla spalla, forte.
Lucia scoppiò a ridere e si attirò una palla di neve da parte del Caduto.
“Eh no! Lucia è mia ospite e non permetterò a nessuno di portarmela via!” bofonchiò Miriam mettendosi tra i due poi si voltò e prese per le mani la ragazza per accompagnarla con gentilezza verso il grattacielo ma si fermò quando la sua mano sfiorò qualcosa di freddo metallo sulla sinistra di Lucia.
Si voltò e si portò le dita dell’amica davanti al viso.
Il piccolo anello scintillava nella luce chiara invernale dall’anulare sinistro della ragazza umana.
Miriam spalancò la bocca e guardò Lucia con una domanda nello sguardo.
Lucia sorrise mentre le guance le si imporporavano e annuì.
Miriam sorrise e, con le lacrime agli occhi, abbracciò stretta Lucia.
“Sono così felice per te!” le sussurrò all’orecchio.
“Che tramate voi due?” chiese Nick alzando un sopracciglio con fare sospettoso.
Miriam si staccò da Lucia, si asciugò le lacrime con l’indice e si avvicinò al marito.
“Chiedilo a loro due…” disse indicando con il mento Mattew che si era avvicinato a Lucia e le aveva messo un braccio intorno alle spalle mentre lei gli cingeva la vita con il suo.
Nick guardò la coppietta interrogativo.
Mattew guardò Lucia con un sorrisone poi si voltò verso l’amico.
“Ci sposiamo!” annunciò.
Nick rimase a bocca aperta e Lucia rise sfilando il braccio sinistro da dietro a Mattew e porgendogli la mano per mostrargli l’anello di fidanzamento.
“Oh, Cielo! Congratulazioni!” esclamò il ragazzo abbracciandola mentre Miriam faceva gli auguri anche a Mattew.
“E così ti sposi pure tu!” bofonchiò Nick all’amico dopo aver lasciato Lucia, “Stiamo proprio invecchiando!”
Mattew scoppiò a ridere.
“Parla per te!” esclamò ma, nei suoi occhi, Nick lesse una gioia infinita.
Ripensò a quando aveva capito che avrebbe potuto far del male all’amico se lui avesse fatto soffrire Lucia.
Ora sapeva che non sarebbe mai accaduto.

Ribadisco le mie scuse ma andiamo avanti...
Allora?
Piaciuto?
Non accade molto, lo so, ma ho bisogno di qualche capitolo di assestamento prima di partire sul serio con la narrazione...
Se volete farmi sapere come vi sembra...

Titolo prossimo capitolo: Abito bianco...
Spoilerino:
 
“Forse è la mia immaginazione,” commentò Nick, “Ma credo che abbiano davvero trovato una scorciatoia…”
Mattew si lasciò andare contro lo schienale con un verso di sorpresa.
"
Prima che qualcuno capisco male: non sarà il capitolo con il fatidico Grande Passo!
Fatemi sapere!!!
Ciao ciao!
L. Catherine

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Capitolo 4
*** Abito bianco ***





Eccomi!!!
Chiedo umilmente perdono per l'orredo ritardo ma ero fuori città per un concorso di teatro!!!
Vi lascio al capitolo, va...
A sotto!
Ciao ciao!
L. Catherine




4.
 
“Ma non è possibile!” bofonchiò Miriam spalancando la bocca per la sorpresa.
L’Arcangelo stava seduta sulla poltroncina bianca nel suo appartamento, Lucia stava sul divano accanto a Betty mentre i maschi erano scesi alla reception: due riunioni, una femminile e una maschile.
Tipico.
Lucia scosse la testa ridendo.
“E che dovremmo fare, scusa? Già è tanto se i genitori di Mattew hanno acconsentito al matrimonio nonostante siamo giovani, figurarsi se sarebbero d’accordo anche con un matrimonio senza soldi! Dobbiamo prima mettere da parte abbastanza per una casa e per la cerimonia con in più qualcosa: non possiamo restare in rosso subito dopo esserci sposati!” spiegò.
“E questo cosa c’entra?!” chiese Betty, “Credevo aveste già un po’ da parte, avevi detto che la casa è praticamente comprata…”
“Sì ma la cerimonia? Tra abito, partecipazioni e rinfresco non sarà una spesa da nulla!”
“Di norma, no…” azzardò Miriam.
Lucia la squadrò con sospetto.
“Che vuol dire di norma?” chiese.
“Che potremmo semplificare le cose!” propose la ragazza, “Il rinfresco, per esempio, non sarebbe grandioso farlo qui: nel Fallen’s?”
Lucia rimase senza parole per un momento.
“Ma non è per i Caduti?” chiese.
“Caduti e Nephilim!” la corresse Betty, “E Mattew è un Nephilim!”
“E sua madre un Angelo! E io e Nick siamo due Caduti: ci sono tutti i requisiti per farlo qui! E se mi lasci carta bianca per organizzare la cena, o il pranzo che sia, posso occuparmi di tutto!” esclamò Miriam con eccitazione.
“Io… Non so…” balbettò Lucia presa alla sprovvista, non voleva che l’amica pagasse tutto di tasca sua ma sapeva benissimo che, essendo al nuova proprietaria del prestigioso Fallen’s, in molti avrebbero pagato per poter aggiungere al curriculum l’aver lavorato in quel grattacielo, “Dovrei parlarne con Mattew…” borbottò infine salvandosi in extremis.
“E Mattew dirà di sì perché muore dalla voglia di sposarti!” rise Betty.
Miriam saltò in piedi.
“Forza allora!” disse scattando verso la sua stanza e sciogliendosi i capelli.
“Forza, cosa?” chiese Lucia voltandosi verso la porta.
Miriam fu fuori in tre minuti con indosso un paio di jeans pesanti, una maglia bianca a maniche lunghe e collo alto e una sciarpa argentata in una mano.
La ragazza saltellava senza scarpe nel tentativo di infilarsi un paio di orecchini a filo più giovanili mentre intanto raggiungeva l’attaccapanni e afferrava un basco azzurro con i denti.
“Vuoi una mano?” chiese Betty trattenendo a stento le risate.
“Mmm-mmm!” fece la ragazza scuotendo la testa in segno di diniego mentre, appoggiata la sciarpa su una spalla, cercava di infilarsi un paio di tronchetti neri abbastanza spessi da resistere al freddo esterno.
Con un po’ di saltelli finì per allontanarsi dalla porta ed entrare nella cucina ma riuscì ad appoggiarsi al ripiani dei fuochi e a infilarsi le scarpe.
“Oh, là!” esclamò con soddisfazione rialzandosi e avvolgendosi la sciarpa intorno al collo dopo aver calcato bene il berretto sulla testa.
Tornò nel salotto a passo di marcia e afferrò una piccola borsa di jeans da un mobile accanto alla camera da letto.
“Forza!” ripeté alle due che la fissavano sorprese, “Hop, hop, hop! Fuori!”
Lucia e Betty si alzarono e si vestirono: la donna sorridendo e la ragazza confusa.
“Dove andiamo?” chiese l’umana.
“Andiamo a fare il giro dei negozi di abiti da sposa!” ordinò Miriam spingendola fuori dopo aver preso una giacca bianca.
“Che?!” esclamò lei stupefatta, “Non ho ancora detto sì!”
“Fa niente! Comunque sia andiamo a farci un’idea perché, e questa è una promessa, ti sposerai entro l’anno!”
“Ma siamo alla fine di Novembre!” protestò al ragazza ma ormai le due Angeli l’avevano spinta nell’ascensore.
 
Mattew rise all’ennesima battuta di Joe sul fatto che stesse per sposarsi.
Essendo stati scacciati dall’appartamento di Nick e Miriam dalla suddetta, si erano spostati al piano terra e stavano seduti sui divanetti parlando di tutto e di più.
“Sono pronto a scommettere che Miriam starà già trovando una soluzione per accelerare i tempi!” commentò Nick con un sorriso.
“Ad esser sinceri, lo spero proprio… Questa storia dell’età non mi piace per niente!” bofonchiò Matt in risposta.
Joe scrollò le spalle.
“Bisogna saper accettare i compromessi…” disse stranamente serio.
“Ma non mi preoccupa il fatto che invecchi!” esclamò il ragazzo, “Mi preoccupa il fatto che muoia! E io? Che farò poi?”
Nick e Joe si scambiarono uno sguardo cupo ma Chuck scosse la testa.
“Adesso avete tempo” disse, “Non fatevi prendere dalla paura perché non vi servirà! Potete solo godervi i momenti che verranno perché non esiste nulla che possa permettervi di vivere entrambi in eterno…”
Mattew stava per replicare quando vide Miriam e Lucia uscire di corsa dall’ascensore ridendo come pazze mentre Betty alzava gli occhi al cielo.
Le tre si diressero spedite verso l’uscita senza accorgersi di loro.
“Miriam!” la chiamò Nick.
La ragazza si voltò, lasciò per un attimo le altre, lo raggiunse e gli diede un bacio veloce prima di girarsi e scappare via.
“Andiamo a vedere un paio di negozi in bianco!” gridò al marito.
Lucia, da lontano, lanciò uno sguardo supplichevole e divertito al fidanzato come a dirgli: E io che ci posso fare se questa è matta?
Poi uscirono e li lasciarono soli.
I quattro uomini le guardarono sparire dal vetro della porta.
“Forse è la mia immaginazione,” commentò Nick, “Ma credo che abbiano davvero trovato una scorciatoia…”
Mattew si lasciò andare contro lo schienale con un verso di sorpresa.
 
Lucia si osservò nell’alto specchio con la cornice bianca che aveva di fronte senza riuscire a riconoscersi.
Era davvero lei la ragazza in bianco con le guance rosee che sorrideva come una ebete mentre una bellissima ragazza bionda le teneva alti i capelli nell’imitazione veloce di una complicata acconciatura?*
“Non ho parole…” sussurrò.
Betty comparve alle sue spalle nel riflesso e la guardò con sguardo sognante.
“Io ne ho quattro: questo, vestito, è, perfetto!” disse felice contando sulle dita.
Miriam lasciò i capelli neri di Lucia che ricaddero morbidi e mossi appena qualche centimetro più in giù delle spalle della ragazza e indietreggiò un po’.
La squadrò da dietro e nel riflesso dello specchio con aria critica poi sorrise.
“Sembra fatto su misura per te…” commentò.
La commessa del negozio, una donna sui quaranta vestita sobriamente tornò in quel momento dopo essersi allontanata per una telefona e rimase basita dalla bellezza di Lucia dentro l’abito candido.
Sorrise con cordialità.
“Le sta benissimo!” dichiarò e la ragazza annuì.
“Chissà…” mormorò poi portò le mani dietro la schiena per aprire la zip.
“Vuoi una mano?” le chiese Betty emozionata.
“Lei è la madre?” chiese la commessa.
Lucia si fermò, paralizzata.
La ragazza riflessa nello specchio si era come incupita e aveva lasciato ricadere le braccia lungo i fianchi.
Lucia sentì una fitta di nostalgia prenderla al cuore mentre Betty rispondeva di no a bassa voce.
Mia madre non sa nemmeno che sto per sposarmi…, pensò con tristezza.
“Potreste lasciarci sole un momento?” sussurrò la voce dolce di Miriam a Betty e alla commessa e riportò Lucia al presente.
Si accorse di aver iniziato a piangere solo quando la mano tiepida e morbida dell’Arcangelo le asciugò una lacrima dalla guancia.
Miriam la fece voltare verso di sé e la fissò dritta negli occhi.
“Ne vuoi parlare?” chiese piano.
 
 
*Non descriverò l’abito di Lucia fino al matrimonio per mantenere il segreto ;)!


Ed eccomi qui!!!
Allora?
Cosa ne pensate???
per il prossimo capitolo (che arriverà in orario)...
Titolo: Ricucire i pezzi...
Spoiler: Lucia affronterà con Miriam una discossione sul proprio passato e verrà a conoscenza di un'importante novità per quanto riguarda una persona del suo passato... E se la nostra ragazza avesse la possibilità di ricongiungersi con sua madre?
A presto!
Ciao ciao!
L. Catherine

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Capitolo 5
*** Ricucire i pezzi ***





Eccomi!
Allora, come ho già detto a qualcuno aggiorno questo capitolo in anticipo per due motivi: 1° perchè lo scorso era in ritardo; 2° perchè domani sarò tutto il giorno fuori casa per un secondo concorso teatrale e non volevo ritardare per due volte di fila la pubblicazione...
In questo capitolo, Miriam racconterà a Lucia qualcosa di importante sulla sua famiglia e la nostra amica dovrà prendere una decisione difficile: ricongiungersi con il passato o tirare avanti come se nulla fosse...
Cosa sceglierà?
A sotto!
Ciao ciao!




5.
 
Lucia girò la testa di lato per non guardare Miriam negli occhi.
“Non c’è niente da dire…” sussurrò, “Mia madre non ci sarà al mio matrimonio così come mio padre…” sorrise amaramente ricominciando a piangere, “Andrò all’altare da sola…”
Miriam rimase in silenzio per un istante poi indietreggiò e andò a sedersi su di una piccola seggiola bianca.
Accavallò le gambe e vi mise sopra le mani intrecciate tenendo lo sguardo basso, pensosa.
Lucia la osservò in silenzio chiedendosi su cosa stesse riflettendo.
“Non è detto che debba andare così…” sussurrò l’Arcangelo alla fine.
Lucia sospirò.
“Ah no?” chiese.
“No… Lucia, per cento anni anch’io ho pensato di essere rimasta sola e nessuno mi ha detto il contrario, capisci? So come ti senti…” sussurrò l’altra.
Lucia si spostò di nuovo davanti allo specchio: ora sembrava l’incarnazione di un matrimonio fallito con gli occhi rossi e le lacrime sulle guance.
“Pensi ancora di non poterla perdonare?” chiese Miriam alle sue spalle.
“Non lo so…” ammise la ragazza, “Non lo so: è tutto confuso…”
Miriam si alzò e la raggiunse mettendole le mani sulle spalle.
“Luci, posso capire che, quando te ne sei andata, non fossi pronta a dimenticare… Ma ora sono passati due anni: non pensi mai di darle un’altra possibilità?”
“Non ha fatto nulla in questi due anni!” sussurrò Lucia tristemente.
“Cosa ne sai? Te ne sei andata via senza lasciarti nulla dietro, ti sei trasferita a chilometri da qui! Magari qualcosa lo ha fatto e tu non lo sai nemmeno!”
“Che vuoi dire?” chiese Lucia voltandosi verso l’amica con sorpresa.
Miriam sospirò.
“Ricordi il secondo processo al tuo patrigno?” chiese.
L’umana annuì.
“Hai testimoniato il primo giorno e poi te ne sei andata via con Mattew dicendo che non volevi nemmeno sapere se e quanto avrebbe fatto in più in carcere…” rievocò l’Arcangelo, “Ma io volevo sapere, Luci; dovevo! Così presenziai anche agli altri due giorni e, all’ultimo momento, comparve un testimone inatteso…”
“Chi?” chiese Lucia con un groppo in gola temendo la risposta.
“Mariarosa Sciadda…” rispose Miriam abbassando la testa.
Lucia sentì le gambe venirle meno nell’udire il nome di sua madre.
“Cosa…?” tentò di chiedere ma il nodo era ancora al suo posto e non riuscì a finire.
“Testimoniò contro tuo padre e fu abbastanza pesante…” spiegò Miriam, “Non ho osato parlarle perché non volevo immischiarmi di più e sapevo che tu avevi già preso la tua decisione ma ora mi chiedo se ho fatto bene… Luci, forse è il momento di andare avanti e darle una seconda possibilità…”
Lucia spostò lo sguardo spaventato a terra.
Non era pronta a una cosa simile, non era pronta a riunire i pezzi del suo passato…
Fece girare lo sguardo sugli abiti attorno a sé e i suoi occhi si fermarono su un piccolo abito candido da damigella con dei girasoli in vita.
Ridacchiò.
“Che c’è?” chiese Miriam.
“Sai che ho una sorellina?” chiese Lucia all’improvviso, “Si chiama Eva… Me ne sono andata di casa che aveva otto anni quindi ora ne avrà dieci e io non so nemmeno com’è fatta…”
“Dieci anni tra voi?” chiese Miriam aggrottando la fronte.
Lucia annuì alla domanda sottintesa.
“È la figlia di John…” sussurrò.
Miriam rimase zitta per un lungo momento aspettando che Lucia trovasse le parole per continuare.
“Mi somigliava, tanto. Le volevo un bene dell’anima ma non potevo restare…” sussurrò la ragazza umana avvicinandosi ad accarezzare l’abitino, “Non le dissi nemmeno addio…”
Miriam scosse la testa.
“Non puoi andare avanti così, Luci…” commentò poi aggrottò la fronte, “Tuo padre?”
“Mai più visto dal giorno del divorzio…” rispose apatica Lucia, “Non si presentò mai agli incontri, non venne mai a prendermi nei periodi che avrei dovuto passare con lui e non mandò nemmeno mai i soldi degli alimenti a mia madre… Lascialo perdere, lui no…”
Miriam sorrise dolcemente.
Lui no?” la citò.
Lucia annuì.
“Posso contare su di te?” chiese a bassa voce, “Da sola non credo di farcela…”
Miriam rise e quel suono cristallino si espanse per la grande sala come migliaia di campanellini.
“Haime, Nick, Betty, Joe e Chuck! Per non parlare poi di Mattew!” esclamò la ragazza abbracciandola con forza.
Lucia rimase contagiata e scoppiò a ridere.
Si staccò con delicatezza dall’Arcangelo e iniziò a sfilarsi l’abito.
“Aiutami prima che lo sporchi!” ordinò ma Miriam non si mosse, pensosa.
“Sai che esiste un fondo per cose del genere?” chiese a tradimento.
Lucia rimase sbalordita.
“Cosa?!”
“Esiste un conto corrente: quando Arlem guidava i Vendicatori, il Fallen’s era un hotel famoso che guadagnava un sacco di soldi, soldi che si sono ammucchiati durante le persecuzioni di Zira senza che nessuno li usasse perché si pensava solo a salvarsi la pelle; ora parte di quel conto serve a portare avanti il grattacielo, parte serve a Jack, il fondatore, per avviare i lavori di altri grattacieli protetti in giro per… adesso mi pare l’Europa, ma non sono sicura… e parte è stata messa in un conto per Angeli e Nephilim usato per pagare matrimoni, funerali, battesimi e altro…” spiegò professionalmente Miriam.
Lucia rimase zitta per un lungo momento.
“Mi stai prendendo in giro!” esclamò poi ma l’altra scosse la testa.
“Niente affatto!” replicò Miriam, “Rinchiusi in un edificio è dura guadagnare abbastanza per permettersi cose del genere e, inoltre, agli Angeli Caduti non è permesso entrare in chiesa quindi servono ancora più soldi per allestire un cerimonia in un luogo adatto…”
“E questo vorrebbe dire che?” chiese Lucia.
“Che, come abbiamo fatto io e Nick, tu e Mattew avete il diritto di chiedere di attingere dal conto…”
“Non so…” sussurrò Lucia indecisa.
Miriam sorrise e le accostò la bocca all’orecchio per sussurrarle la cifra totale del fondo, una cifra con molti zeri.
“Che cosa?!” esclamò l’umana nel sentirla, “Basta per un migliaio di matrimoni!” bofonchiò.
Miriam rise.
“Esatto e si prevedono notevoli entrate per quando il Fallen’s in costruzione a Parigi sarà attivo come albergo di lusso. Allora?”
Lucia si voltò verso lo specchio.
Il suo sogno sembrava notevolmente più vicino ma, ancora, mancava un piccolo dettaglio.
Lucia si spogliò in fretta e si rimise i suoi abiti.
Miriam la guardò interrogativa.
“Andiamo al Fallen’s, ne parliamo con Mattew e poi, con un po’ di fortuna, voglio andare alle scuole elementari!” spiegò la ragazza di corsa.
Miriam sorrise e le andò dietro.
Betty e la commessa stavano nell’atrio a osservare abiti di foggia diversa quando Miriam e Lucia le raggiunsero.
La commessa la guardò sorpresa.
“L’abito è splendido…” esordì Lucia con l’intenzione di spiegare che aveva intenzione di pensarci ancora un po’ ma Miriam la precedette.
“Può tenercelo da parte?” chiese con un sorriso luminoso che troncò la discussione.
La commessa annuì e le salutò con gentilezza mentre le tre uscivano dal negozio di corsa.
“Posso esprimere la mia opinione sul mio matrimonio?” chiese acida e sarcastica l’umana una volta fuori.
L’Arcangelo sorrise in modo furbo.
“La tua opinione è stata che l’abito era splendido quindi la mia è stata di farcelo mettere da parte…” disse tranquilla.
Lucia si fermò e si abbassò, prese una manciata di neve da terra e mirò.
La palla colpì in pieno la nuca di Miriam che si fermò.
La ragazza scoppiò a ridere ma l’Arcangelo rispose al colpo.
Betty tentò di fermarle ma si vide vittima innocente di uno scontro e così si arrese e le lasciò fare.
Ebbe inizio una battaglia come mai prima!



Ed eccomi qui!!!
Allora? Cosa ne pensate?
Lucia ha una sorellina e sua madre ha forse fatto il primo vero passo per riaccostarsi a lei...
Titolo prossimo capitolo: Seconda possibiltà...
Ma che fantasia, vero?
Meglio se faccio lo spoiler, va...
Spoiler: "
Andiamo?” chiese.
Per risposta, la ragazza aprì la portiera e scese.
Quando si mise in piedi si accorse che le tremavano le gambe."
Beh, alla prossima!
A presto!
Ciao ciao!
L. Catherine

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Capitolo 6
*** Seconda possibilità ***





Scusate l'ora!!!
Pubblico un po' tardi, lo so, ma oggi è stata una giornata tour-de-force ;)!!!
Adesso comunque sono tornata (che peccato, eh?)...
Vabbé, vi lascio al capitolo...  
A sotto!
L. Catherine




6.
 
Mattew parcheggiò davanti a una casa bianca dall’aspetto semplice, con un piccolo giardino e su due piani.
Lucia prese un profondo respiro.
La discussione sui fondi per il matrimonio era stata lunga e non c’era più stato il tempo di passare dalla scuola di Eva: la bambina doveva essere già uscita.
Il risultato era stato che, vista l’urgenza dovuta all’età, si sarebbe attinto dal conto corrente del Fallen’s seguendo la procedura e il matrimonio si sarebbe svolto entro l’anno anche se stava ancora da stabilirsi la data; mentre, per il problema della famiglia, Lucia e Mattew si sarebbero recati a casa della madre della ragazza, e del suo nuovo compagno, per chiarire le cose.
E, infatti, erano lì: fermi nella macchina parcheggiata davanti alla casa, in un silenzio angosciante.
Lucia sentì le mani, che teneva in grembo, scaldarsi al tocco di Mattew che gliele strinse con la sua.
“Pronta?” le chiese con dolcezza.
Lucia lo osservò bene: i suoi capelli rossi, ormai tagliati corti, e gli occhi verdi, i tratti adulti e il carattere gioviale…
Andasse come doveva andare! Da sola, con sua madre o anche con uno sconosciuto preso a caso, lei sarebbe andata all’altare a sposare Mattew.
Solo e soltanto il suo Mattew.
Annuì con forza e sorrise.
Il ragazzo si sporse su di lei e la baciò con dolcezza.
“Ti amo…” le sussurrò, “Te l’ho mai detto?”
Lucia finse di pensarci un po’ su.
“Forse sì ma non ne sono sicura: non ti stavo ascoltando…” disse prima di scoppiare a ridere davanti alla faccia fintamente offesa di lui.
Mattew riprese l’espressione seria.
“Andiamo?” chiese.
Per risposta, la ragazza aprì la portiera e scese.
Quando si mise in piedi si accorse che le tremavano le gambe.
Cominciamo bene!, pensò poi fece un sospiro.
Si ricompose e raggiunse Mattew che l’aspettava sul marciapiede.
Lui intrecciò una mano alla sua e poi si diresse verso la porta.
Lucia iniziò a sentire forte il battere del cuore nelle orecchie e tentò di deglutire a vuoto un paio di volte ma, sebbene la salivazione fosse normale, il suono non si attutì.
Davanti alla piccola porta di legno verniciata di bianco, il ragazzo attese che lei suonasse il campanello ma poi, vedendo che non lo faceva, se ne occupò lui.
Lucia iniziò a respirare velocemente e il palmo della mano le si fece sudato.
Mattew si abbassò lentamente e le baciò piano la guancia.
“Andrà tutto bene!” le sussurrò, “Stai calma…”
La ragazza annuì, un po’ rassicurata, mentre il battito cardiaco le spariva dal cervello lasciando il posto ad un suono per lei ben più spaventoso: il passo di qualcuno che veniva ad aprire la porta.
La maniglia che girava fece mancare Lucia per momento poi la porta si aprì senza nessuno dietro.
Lì per lì la ragazza rimase sorpresa poi si accorse che Mattew si stava piegando verso il basso e scoprì, con sorpresa, che qualcuno di molto basso aveva aperto e le aveva chiesto cosa volesse.
Abbassò gli occhi e incrociò quelli castano scuro di una bambina.
La piccola, dieci anni circa, la osservava con degli occhioni spalancati incorniciati da folte ciglia e una folta chioma di capelli neri come la pece le scendeva in una treccia morbida lungo la schiena, non era molto alta e indossava una tuta rossa con delle scritte arancio che Lucia non perse tempo a leggere.
Era cresciuta, molto, ma la somiglianza tra loro due era ancora molto marcata, tanto da non poter dubitare che fossero sorelle.
“Luci?” chiese scioccata la piccola Eva guardando con sorpresa la sorellona ritornata.
“Ev…” sussurrò Lucia usando il nomignolo che le aveva dato.
“Luci!” ripeté di nuovo la bambina, però con un tono esclamativo, saltando addosso alla ragazza che si chinò per abbracciarla con forza.
Mattew osservò la scena con un sorriso dolce sulle labbra e, per un momento, immaginò che Eva fosse la figlia sua e di Lucia, non la sorella; immaginò una famiglia vera e la desiderò con tutta la sua forza.
Poi il suono di un altro paio di passi lo distolse dalle sue fantasie per riportarlo sulla terra: la parte difficile veniva in quel momento.
“Eva, chi è?” chiese gentile una voce femminile dall’interno un momento prima che anche una donna comparisse sulla soglia e rimanesse a bocca aperta nel vedere Lucia che si rialzava prendendo il braccio la sorella.
Mariarosa era una donna sui quarantacinque anni ancora molto avvenente con gli stessi capelli neri delle due figlie ma gli occhi verde e castano di Lucia, era alta, indossava un paio di pantaloni rossi e una maglia nera assieme alle sole calze e non aveva trucco.
Mattew pensò che non corrispondeva affatto all’idea che si era fatto della madre di Lucia ma, di nuovo, la somiglianza parlava da sé.
Lucia e la madre si fissavano negli occhi ignorando l’una Mattew, l’altra la piccola Eva che, invece, squadrava il ragazzo con attenzione.
“Luci?” chiamò la bimba tirando piano una ciocca dei capelli della ragazza, “È il tuo fidanzato?” chiese poi ingenuamente puntando dritta al sodo e indicando il ragazzo con un dito.
Mattew arrossì immediatamente, preso alla sprovvista, mentre a Lucia scappò una risatina.
“Ne parliamo dopo, ok?” chiese a Eva mettendola giù.
La piccola annuì, scoccò un’occhiata sospettosa al ragazzo della sorella e poi scappò dentro chiamando ad alta voce qualcuno.
Mariarosa, intanto, si era avvicinata alla figlia perduta con gli occhi che si riempivano di lacrime mentre Lucia la attendeva a piè fermo, come a verificare se fosse davvero così interessata a lei da raggiungerla.
Quando madre e figlia si trovarono una davanti all’altra, l’ansia e la tensione si sciolsero in un abbraccio forte e spontaneo.
“Mi dispiace!” mormorò la donna, “Mi dispiace da morire!”
“Mi sei mancata, mamma…” fu la risposta sincera di Lucia.
Il passato era dimenticato.
Eva tornò in quel momento e le due si separarono, la piccola tirava per una manica un uomo dell’età della madre di Lucia che le sorrideva paziente.
Era alto, con capelli ricci neri e occhi castano scuro.
Lucia lo osservò con attenzione: doveva essere l’uomo di sua madre.
Mariarosa, infatti, si affrettò a presentarli.
“Mike, lei è mia figlia Lucia… Luci, lui è Mike…”
L’uomo rimase un momento sorpreso, evidentemente gli era stata raccontata la storia e non si aspettava la ricomparsa della ragazza, ma poi si aprì in un sorrisone sincero che lo rese subito simpatico ai due giovani ancora sulla porta.
“Ma guarda che sorpresa!” esclamò facendo spostare appena la piccola Eva, “Entrate! Non restate al freddo! Tu sei…?” chiese stringendo la mano a Mattew con calore.
La madre di Lucia parve accorgersi in quel momento del ragazzo e lanciò uno sguardo sorpreso alla figlia.
Lucia prese un respiro profondo mentre chiudeva la porta.
“Mamma, lui è Mattew: il mio fidanzato…” disse cercando, istintivamente, di non calcare molto sulla parola ma Mariarosa, come un segugio, la puntò.
“Fidanzato?” chiese.
Lucia annuì poi lanciò uno sguardo supplichevole al ragazzo che raddrizzò le spalle e porse la mano anche alla donna.
“Sì, signora…” rispose esageratamente serio, “Ho l’onore di aver chiesto la mano a vostra figlia…”
Lucia dovette trattenere una risata a quella pomposità ma sua madre non fece lo stesso e rise dolcemente.
“Ma cos’è tutta questa serietà?!” esclamò felice ignorando la mano del giovane per abbracciarlo, “Che bella notizia!”
Anche Mike aggiunse le sue congratulazioni mentre Eva iniziava a saltellare.
“Si sposa, si sposa! Luci si sposa!” cantilenava contenta e, quando saltando perse l’equilibrio, Mike dovette afferrarla al volo per impedire che battesse la testa per terra.
“Piano, Eva!” la rimproverò dolcemente.
Lucia sorrise poi prese un respiro profondo.
“Mamma, vorrei parlarti del matrimonio…” iniziò ma la donna la interruppe.
“Anch’io…” disse la donna con un mezzo sorriso.

Bene: è assolutamente e vergognosamente corto, me ne rendo conto...
Ultimamente sono assolutamente insoddisfatta di ciò che pubblico ma mi serve (voi: che scusa patetica, trovarne un'altra no?) per far poi proseguire la storia...
A proposito: ho (finalmente) finito quello che è l'ultimo capitolo d'azione di questa parte della saga e mi sono accorta che la storia è venuta fuori un po' più violenta di quello che mi aspettavo perciò
CAMBIERò IL RATING DELLA STORIA: DA VERDE A GIALLO per correttezza...
Prossimo capitolo: Carota
E voi direte: ma che cavolo ti sei sognata per passare alle carote??? Un par di capre???
No, vedrete che avrà senso (più o meno)...
Spoiler: "
“Sembra molto bravo con i bambini…” azzardò Lucia lanciando un’occhiata all’uomo e alla sorella mentre Mattew si metteva discretamente a distanza da entrambe le donne Sciadda."
Alla prossima!
Ciao ciao!
L. Catherine

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Capitolo 7
*** Carota ***





Sono tornata!!!
Sono la prima a dire che sono un mostro a pubblicare a quest'ora ma sono stata rapita e tenuta in ostaggio dai libri di scuola...
Ora però sono libera!
Nuovo capitolo: vi lascio alla lettura perchè ho davvero pochissimo da dire (e lo farò in fondo)...
Quindi...
A sotto!
Ciao ciao!




7.
 
Lucia si fermò subito dopo aver varcato la soglia della cucina.
Mariarosa aveva chiamato la figlia e il fidanzato con sé per parlare mentre Mike, in salotto, si occupava della curiossima Eva dandole un disegno da fare.
“Sembra molto bravo con i bambini…” azzardò Lucia lanciando un’occhiata all’uomo e alla sorella mentre Mattew si metteva discretamente a distanza da entrambe le donne Sciadda.
Sapeva che il cognome era quello di Mariarosa da ragazza e che era stata una scelta di Lucia riprenderselo.
La madre della ragazza annuì.
“Fa l’insegnante delle elementari: è abituato…” commentò aprendosi in un sorriso quasi adorante.
Lucia annuì.
“Mi pare una brava persona…”
“Lo è…” fu la risposta gentile di Mariarosa.
Le due donne si scambiarono uno sguardo intenso e Mattew ringraziò il fatto di non esservi in mezzo.
Il silenzio si fece pesante.
“Allora…” esordì la donna voltandosi e iniziando ad armeggiare con pentole e padelle, “Vi sposate…”
Ecco il nocciolo della questione!, pensò Lucia e condivise il pensiero con Mattew in un’occhiata poi si schiarì la gola e rispose.
“Eh, già…”
“Cosa fai di lavoro Mattew?” chiese Mariarosa nel tentativo di far inserire il ragazzo.
Lui sorrise.
“Lavoro nell’azienda della mia famiglia: mi occupo di esportazioni…” rispose gentilmente.
“Lavori solo tu?”
“No, mamma, ho un lavoro serale in un locale mentre al mattino frequento il college… Ricordi? Quello di cui ti avevo parlato…” azzardò Lucia.
Fa’ che ricordi!, si ritrovò a pregare nella speranza che qualcosa del suo passato fosse rimasto.
“Scrittura creativa?” chiese con un sorrisetto complice Mariarosa: ricordava eccome il college dei sogni di sua figlia.
Lucia sorrise e annuì.
“Ma non sarai stanca al mattino se lavori tutta la sera?” le chiese sua madre con apprensione.
Lucia scosse la testa.
“Tranquilla mamma…”
“Avete già deciso la data? I soldi, la casa, il viaggio… Siete sicuri che sia tutto a posto?” chiese dolcemente Mike da appoggiato alla porta.
Era chiaro che non avesse voluto origliare ma che avesse sentito raggiungendoli.
“Non ancora…” rispose Mattew anticipando tutti, “Per i soldi ci siamo, la casa l’abbiamo trovata e inizieremo le trattative tra due settimane, appena tornati a lavoro, ma per i dettagli e la data non c’è ancora nulla di stabilito…”
“Siamo venuti anche perché una mia cara amica si è sposata due anni fa ed è bravissima nell’organizzare i matrimoni…” si inserì Lucia, “Inoltre vorrei che fosse la mia testimone di nozze…”
“E suo marito il mio…” commentò Mattew con un sorriso furbo.
Lucia ripensò a quando il suo fidanzato aveva dovuto sorbirsi tutte le ansie dello sposo e capì che Matt progettava vendetta.
Sorrise.
“Quindi non possiamo proprio aiutare?” chiese ancora Mike sorprendendoli.
Di certo un’insegnante delle elementari non doveva guadagnare molto, eppure voleva sul serio prendersi parte delle spese del matrimonio di una ragazza che non era figlia sua e che, tra l’altro, aveva appena conosciuto?
Lucia aprì la bocca che rifiutare ma fu interrotta da Mattew.
“In realtà, sì…” dichiarò il ragazzo, “Luci e io vi vorremmo presenti…”
Mariarosa spalancò la bocca con sorpresa e guardò la figlia che annuì, grata al suo promesso.
“Vorrei che veniste e che Eva mi facesse da damigella…” azzardò ripensando all’abitino bianco con i girasoli in vita del negozio.
Mike sorrise.
“Se la piccola vuole, sarà un piacere!” rispose.
Mattew sorrise soddisfatto mentre Mariarosa si avvicinava alla figlia e l’abbracciava con forza.
Quando le due si staccarono la donna aveva gli occhi lucidi.
“Dov’è Eva?” chiese Lucia, “Vorrei subito il suo parere…”
Mike annuì.
“Credo sia ancora in salotto: ti stava disegnando… Meglio che le chiedi subito sennò, con il suo caratterino, potrebbe offendersi…” però sorrideva mentre parlava.
Lucia gli lanciò un’ultima occhiata prima di raggiungere la sala.
“Ev?” chiamò.
La piccolina si voltò sorridente.
Era seduta ad un piccolo tavolino di legno e stava disegnando una ragazza con i capelli neri in un abito bianco decisamente stretto in vita.
Lucia pensò che, anche con tutta la volontà del mondo, non avrebbe mai potuto raggiungere quella misura di giro-vita però il pensiero che quella fosse l’idea che sua sorella aveva di lei le fece piacere.
“Piccola,” sussurrò sedendosi accanto a lei, “Avrei una cosa da chiederti…”
“Mi piace il ragazzo…” esordì la bambina annuendo, “Ha uno strano colore di capelli e sembra un po’ una carota però è gentile…”
Lucia spalancò la bocca e si voltò indietro.
All’entrata del salotto stavano Mike e Mariarosa con un sorriso divertito e Mattew a bocca spalancata.
La ragazza lo vide sillabare con la bocca Non sembro una carota mentre sul viso gli si dipingeva un’espressione offesa che si sciolse in un sorriso.
Lucia si voltò di nuovo verso Eva che continuava a disegnare imperterrita correggendo ora un fiore qui, ora una farfalla lì.
“Grazie per l’approvazione, però non ero qui per questo…” buttò lì con non curanza e la piccola drizzò le orecchie.
“E allora per cosa?”
Lucia sorrise.
“Ti va di venire con me all’altare?” scherzò, “Mi fai da damigella?”
Una O stupefatta si formò sulle labbra di Eva ma venne subito sostituita da un enorme sorriso.
Le due sorelle si abbracciarono mentre la piccola gridava di gioia.
“Che bello, che bello! Mamma sarà in prima fila, la carota ti aspetterà all’altare, io ti aprirò la strada e Mike ti porterà sottobraccio! Sarà bellissimo!” esclamò la piccola.
Un istante di imbarazzo calò nella stanza facendo arrossire Mike.
“Eva, non credo che sarò io a…” iniziò ma Lucia lo interruppe.
“E perché no?” gli chiese.
Il suo padre naturale se n’era andato, il suo precedente patrigno era in carcere… Mentre Mike, oltre ad essere il marito di sua madre, era gentile e disponibile, si prendeva cura di Eva come fosse figlia sua e stava cercando di fare lo stesso anche con lei, pur lasciandole i suoi spazi.
Era l’alternativa migliore e Lucia sapeva che non se ne sarebbe pentita.
Lo sapeva dallo sguardo grato di suo madre, da quello entusiasta di Eva, da quello d’approvazione di Mattew e, soprattutto, da quello sorpreso e felice dell’interessato.
“Grazie…” sussurrò Mike attento a non farsi sentire da Eva che, con ogni probabilità, stava ancora cercando di dimenticare il padre vero.
Lucia annuì ma ben presto fu richiamata all’ordine dalla sorellina.
“Dov’è?” chiedeva.
“Cosa, Ev?”
“L’anello!” esclamò la piccola alzando gli occhi al cielo, “Lo sanno tutti che serve l’anello! Non ti vorrà sposare senza anello?!” concluse lanciando un’occhiata dubbiosa alla ‘carota’.
Mattew stava per rispondere ma Lucia lo prevenne.
“Tranquilla…” sussurrò alla sorellina sfilando l’anellino dall’anulare, “È qui!”
La piccola Eva osservò il gioiello nella mano della sorella con sorpresa.
“Allora ha fatto le cose per bene… Non me l’aspettavo…” commentò.
Mattew fu lì, lì per risponderle per le rime ma colse l’occhiata di Lucia e si limitò a storcere il naso.
La piccola lo fissò e notò il gesto così gli fece una piccola linguaccia.
“Eva!” la rimproverò Mariarosa ma fu interrotta da Mattew che, non senza soddisfazione, rispose al gesto mostrando la sua lingua.
“Mattew!” esclamò Lucia con un’occhiata che diceva: non fare il bambino!
“Ha cominciato lei!” fu la semplice risposta del ragazzo (ventenne) ma causò le risate della piccola.
“Mi sta simpatico!” dichiarò, “Come si chiama?”
“Punto uno:” replicò Mattew, “Non sono un cane e posso rispondere da solo alle domande; punto due: mi chiamo Mattew, non Carota; punto tre:…” il ragazzo lasciò una pausa ad effetto poi sorrise, “anche tu mi stai simpatica, sai?”
Lucia scoppiò a ridere, presto seguita dagli altri.
“Cosa c’è scritto?” chiese però Eva indicando l’anello.
Lucia arrossì ma la lasciò leggere.
La piccola ebbe il buon gusto di non ripetere ad alta voce ciò che c’era scritto ma scoppiò a ridere quando ebbe finito.
“Piccioncini! Piccioncini!” incominciò a ripetere facendo diventare bordeaux sia Lucia sia Mattew.
Sotto l’imbarazzo, però, la ragazza covava la gioia più pura.
I pezzi del puzzle stavano tornando ai loro posti e, questa volta, non c’erano tonalità cupe.
Non ancora…


Dunque: è corto e totalmente inutile(all'incirca) ma mi sembrava giusto mettere un po' di leggerezza...
Cavoli: è un matrimonio, no???
Cosa ne pensate di Eva? Mi sembrava carino darle un po' di spessore come personaggio (non che serva a molto visto che poi non comparirà tanto però...)...
Secondo punto: l'ultima frase...
Qualcuno di voi vorrà una spiegazione...
Non ve la do!!!
Yes, sono malata di sadismo acuto e non solo vi finisco un capitolo così ma non vi spiego neanche perchè! Muahahahahah [ecco, questa è una risata malefica! Sì, sto parlando con te e tu sai che sto parlando con te! =) ]!!!
Comunque, visto che una piccola parte di me è buona...
Titolo prossimo capitolo: Prova generale!
(P.S. Ci siamo quasi, ormai, gente!)
Spoiler: "
 
“Beh… Io direi…”
Pinguino, Nick! Io, direi, Pinguino!” "
Chissà chi sta parlando, eh? =)...
Alla prossima!
Ciao ciao!
L. Catherine

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Capitolo 8
*** Prova generale ***





Eccomi!!!
Allora... 
Questo è il capitolo delle prove per il matrimonio ormai imminente...
Mi serve per due motivi: uno, alleggerire un po' la storia; due, appesantire un po' la storia e entrare nel vivo...
Capirete tutto dopo...
A sotto!




8.
 
“Ahia!” esclamò Lucia, “Mi fai male!”
“Oh! Quanto la fai lunga!” replicò Miriam armeggiando sulla sua schiena.
“Tu, invece, la stai facendo troppo stretta!” bofonchiò la ragazza.
Miriam rise e Lucia sbuffò, tanto non l’aveva mai vinta, tornando a guardarsi allo specchio.
Erano di nuovo nel negozio di spose e la giovane si stava riprovando il vestito.
L’Arcangelo, alle sue spalle, le stava stringendo i lacci del corsetto.
Quando ebbe finito la giovane si raddrizzò e si appoggiò con il mento sulla spalla dell’amica.
“Sei splendida…” le disse guardandola negli occhi del riflesso del vetro.
Lucia annuì non fidandosi della sua voce: era commossa.
Miriam lo intuì e le sorrise.
“Forza! Fuori e vediamo cosa ne pensa la mamma!” esclamò dando all’amica un’affettuosa pacca sul sedere.
Lucia scoppiò a ridere ma seguì la compagna fuori dal camerino.
Nella stanza la stava aspettando Mariarosa.
La donna si voltò sentendo la figlia arrivare e rimase senza parole.
Lucia si fermò e attese un commento ma la madre continuava a fissarla senza parlare.
“Non va bene?” chiese confusa.
La donna scosse la testa con energia.
“Oh, no! Ti sta benissimo! Sei le cosa più bella che abbia mai visto!” esclamò avvicinandosi e abbracciandola.
Lucia rise ancora poi si accorse che mancava qualcosa, anzi, qualcuno.
“Dov’è Eva? E Betty?” chiese voltandosi a destra e sinistra alla ricerca delle due.
Mariarosa alzò gli occhi al cielo mentre Miriam rideva piano.
“Tua sorella si sta provando il suo vestito…” chiarì la donna.
“E Betty la aiuta…” precisò Miriam, “Tua sorella non voleva che vostra madre la vedesse!”
Lucia rimase a bocca aperta.
“Stai scherzando?”
“No affatto…” rispose tranquilla la ragazza.
Prima che Lucia potesse dire qualcosa dall’altro camerino spuntò la piccola Eva con il suo vestito bianco a maniche lunghe e con i girasoli in vita.
Per l’occasione si era fatta fare un paio di codini alti che la rendevano ancora più bambina ma che stavano benissimo con l’abito.
“Bellissima!” commentò Miriam mentre Betty usciva dietro alla piccola.
“Vero?” chiese la donna.
Mariarosa annuì con le lacrime agli occhi ma Lucia si rabbuiò.
“Non va bene…” disse cupa.
Eva sgranò gli occhi.
“Perché?” chiese.
“Perché sono io la sposa, devo essere io al centro dell’attenzione!” la prese in giro Lucia scoppiando a ridere e contagiando tutte.
Eva fece una faccina offesa per un attimo poi rise anche lei.
“Dov’è Carota?” chiese poi.
Lucia la guardò male.
“Va bene…” sospirò la piccola, “Dov’è Mattew?”
La ragazza sorrise.
“Lo sposo non può vedere la sposa: sarà con Nick, Mike, Joe e Chuck a cercare il suo abito da sposo…” rispose.
“E sono sicura che per lui sarà un Inferno…” commentò placida Miriam.
“Ci puoi scommettere!” le rispose Lucia.
Le due ragazze scoppiarono a ridere per l’ennesima volta.
 
“Beh… Io direi…”
Pinguino, Nick! Io, direi, Pinguino!” replicò acido Mattew.
“Zitto, re dei borbottii!” lo rimproverò per scherzo Joe, “Non ti va bene niente!”
“Non è vero!” replicò Mattew osservandosi critico per l’ennesima volta.
Lo smoking nero gli stava bene ma lo stava uccidendo.
“A cosa serve tutta ‘sta roba! Tanto, ai matrimoni, si guarda la sposa!” commentò.
“E le donne chi guardano, scusa?” intervenne Nick malizioso.
“Tu, mio caro già-sposato, dovresti sperare che io non sia attraente o tua moglie potrebbe trascurarti!” lo rimbeccò il Nephilim.
Nick sorrise con un’espressione che voleva dire: non hai speranze; e Mattew scosse la testa.
Il ragazzo abbassò lo sguardo per osservarsi le scarpe, terribilmente nere e lucide, con il proposito di criticare anche quelle ma, nel farlo, trovò il papillon.
“E quest’affare a che mi serve?!” esclamò, “Non la voglio una farfalla sul collo! E cos’è?! Una farfalla vampira?! No, perché mi sta strozzando!”
“Mio Dio, Mattew! Sei peggio di una ragazzina vanitosa!” bofonchiò Earl Orlean –somiglianza di suoni che l’uomo detestava-, il padre del ragazzo.
“Se fossi una ragazzina vanitosa, a quest’ora starei facendo i salti di gioia urlando: Cieeeeeeelo! Come mi sta beeeeene! E invece no! Sto sbuffando come un cane nel deserto perché mi sento uno spaventapasseri!” replicò acido il ragazzo.
Nick sospirò portandosi una mano alla fronte poi incrociò lo sguardo con quello di Mike, il nuovo marito della madre di Lucia.
Mattew l’aveva voluto presente alla prova dell’abito e l’uomo osservava la scena divertito.
“Prova ad allentare un po’ il nodo…” consigliò il futuro suocero allo sposino che tentò di farlo ma finì per far saltare il nastro di stoffa come una molla.
“Ecco! Siamo d’accordo! Neanche lui mi sopporta!” bofonchiò Mattew.
Nick prese in mano la situazione raggiungendo lo sposo e legandogli di nuovo il papillon.
“Così va meglio…” disse, “E adesso piantala di lamentarti: ti vuoi sposare o no?”
“Posso ritrattare le mie precedenti volontà?”
“No: azzardati a lasciare Lucia sull’altare e giuro che ti do la caccia!”
Mattew finse di sbuffare ma poi prese un’espressione sognante.
“Sarà bellissima…” mormorò.
Nick annuì con una smorfia fintamente comprensiva.
“Oh, sì, sì… E tu starai ad aspettarla in jeans e maglietta…” scherzò.
“Posso?” chiese Mattew speranzoso.
“No!” gli risposero Nick e Joe in coro facendolo sbuffare.
“Ascoltami:” lo fermò Nick afferrandolo per le spalle, “Ci sono già passato e, credimi, quest’affare” indicò il farfallino, “adesso ti dà fastidio, ma il giorno della cerimonia ti farà morire! Inizierai a sudare e diventerai tutto rosso, mi sono spiegato?”
“Non sei incoraggiante…” tentò Mattew ma Nick lo ignorò.
“Però,” chiarì, “a un certo punto sentirai la musica che suona e la vedrai entrare dalla porta della chiesa tutta vestita di bianco come un Angelo e, te l’assicuro, ti sembrerà che tutto sparisca e che ci siate solo tu e lei…”
“Senza farfallino?” scherzò Mattew per cercare di non far notare che aveva gli occhi lucidi all’idea di Lucia in abito da sposa.
Nick rise ma era commosso anche lui.
“Senza farfallino!” garantì.
“Grazie amico…” sussurrò Mattew abbracciandolo.
 
La porta del negozio tintinnò quando una donna entrò.
Aveva capelli rosso acceso lisci e lunghi fino a metà schiena, era alta e aveva gli occhi di un verde chiaro, quasi pastello, indossava un golfino lilla e una gonna nera, teneva sul braccio una giacca argentata e su una spalla aveva una lunga borsa nera.
Si guardò un po’ intorno alla ricerca di qualcosa e i suoi occhi incontrarono quelli della ragazza vestita di bianco.
“Lucia!” salutò la donna con affetto raggiungendola.
La ragazza le andò incontro sorridente.
“Angel!” esclamò, “Temevo non venissi!”
“E perdermi la prova del vestito della mia futura nuora?” chiese la madre di Mattew sorridendo tra le lacrime di gioia, “Neanche morta!”
La guardò e sorrise poi, tra i complimenti, le fece fare un giro su se stessa.
“Sei bellissima!” esclamò alla fine.
La ragazza sorrise poi fece le presentazioni.
“Loro sono mia madre Mariarosa e mia sorella Eva” disse indicandole mentre Mariarosa si allungava a stringere la mano della donna rossa, “Lei è Angel Orlean, la madre di Mattew…”
“Angel ovvero Angelo…” commentò sua madre traducendo il nome in italiano, “È molto bello…”
Angelo di nome e di fatto…, pensò Lucia scambiando uno sguardo con la Caduta rossa che le fece la schicca senza farsi vedere.
La ragazza sorrise, ora era tutto perfetto.
 
“E così si sposa…” commentò la donna guardando la ragazza che rideva tra le ombre che aveva mandato a spiarla.
Zira sorrise amabilmente facendo scintillare i canini bianchissimi e più lunghi della norma, utili per succhiare via l’anima.
Indossava ancora gli abiti di pelle nera ma con un’aggiunta: un paio di stivali neri, sempre di pelle, con il tacco.
“Quando sarò pronta…” sussurrò facendo passare la mano tra l’oscurità fumosa come fosse acqua fredda e facendo tremolare l’immagine sorridente di Lucia, “Verrò a portarti il mio regalo di nozze, mia bella sposina…”
La sua risata echeggiò nell’oscurità.



Allora?
Cosa ne pensate?
La fine è un po' cupa e menagrama, ma mi serve...
Finalmente mi degno di accontentare tutti quelli che smaniano sin dalla prima parola della storia!
Titolo prossimo capitolo: Il gran giorno! (con tanto di punto esclamativo)
Finalmente, squillino le trombe: Lucia e Mattew si sposano!
Prometto un capitolo tranquillo e senza terribili colpi di scena (quelli arriveranno più avanti: muahahahahah!!!)...
A presto!
Ciao ciao!
L. Catherine 

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Capitolo 9
*** Il gran giorno! ***





Eccomi!
Allora, dopo tanto penare finalmente, per i superstiti, ecco il capitolo del Matrimonio!
Inutile dire che i nostri personaggi lo affronteranno...a modo loro =)...
Torna in scena anche un personaggio della scorsa storia ma vi dico solo che è...lo spaiato per eccellenza!
Vi lascio...
Ah, come capitolo è un po' più lungo del solito ma (insomma) non avrete voluto farmi interrompere il matrimonio sul più bello!
A sotto!
L. Catherine





9.
 
“Nick, ti scongiuro, ferma la macchina!” esclamò Mattew per l’ennesima volta, agitandosi sul sedile mentre l’auto argentata proseguiva verso l’enorme parco adibito a cerimoniale.
“Matt, sta’ calmo!” lo rimbeccò Nick, “Non ti sto portando al patibolo!”
“Nick, ti giuro che non mi ricordo più nulla!” supplicò il ragazzo rosso facendo passare due dita tra il papillon e la camicia.
“Calmati e andrà tutto bene…” ripeté di nuovo l’altro.
“Non ce la faccio! Ferma la macchina!”
“Ce la farai, tranquillo…”
 
“Santo Cielo! Dove sono finite le scarpe!” urlò Lucia isterica.
“Sono qui…” le rispose placida Betty alzando le due trappole bianche con tacco mentre le teneva con due dita.
“Il vestito! Dov’è?”
“Ce l’hai addosso…” rispose Miriam con calma continuando a stringere i lacci sulla schiena.
“Oddio! Oddio! Oddio!” urlò Lucia, “Non so neanche dove sono io! Vedrai che sbaglierò il mio nome e sposerò Mattew per delega con un’altra!”
“Ma chi te le ha messe certe idee in testa?” esclamò Angel stupita sgranando gli occhi.
“Nessuno: se le fa venire da sola…” replicò Miriam prima che la sposa potesse dire qualcosa.
“Luci, calmati…” sussurrò Mariarosa dolcemente prendendo il viso della figlia tra le mani, “Stai tranquilla e vedrai che non succederà nulla… Stai andando a sposare Mattew, no? Non è quello che vuoi?”
“Ma proprio perché lo voglio sono così agitata!” gridò la ragazza scendendo dalla piccola pedana e iniziando a girare per la camera d’albergo.
“Punto uno: il ‘Lo voglio’ l’hai ricordato anche se è troppo presto;” contò Betty sulle dita, “Punto due: che cavolo stai cercando?”
“Dov’è il bouquet!” piagnucolò la giovane, “E il cesto con i petali per Eva?”
“Oh, Signore…” mormorò Miriam scuotendo la testa.
La Cadutaraggiunse l’amica e la prese per i polsi costringendola a fermarsi e a guardarla negli occhi.
“Bouquet e petali li ha già tua sorella, le scarpe e il vestito li indossi, Mattew sta già andando al campo, le fedi le ho io e le darò poi a Eva, d’accordo? Manca solo il velo ma, se non stai ferma, come faccio a mettertelo?” chiese infine retorica.
Lucia si fermò, prese un paio di respiri profondi.
Poi un altro paio di respiri profondi.
Ancora un paio.
Poi, finalmente, si calmò.
“Sto ferma…” rispose.
 
Mike bussò discretamente alla porta.
“Scusate, è permesso?” chiese da fuori.
Miriam gli aprì e lo fece entrare.
“Allora?” domandò.
“Ho visto Betty, Mary e Angel che partivano in macchina… Direi che, se aspettiamo una decina di minuti, i tempi saranno perfetti…” rispose tranquillo l’uomo.
Miriam annuì.
“Mattew?” chiese poi.
“Lui e Nick sono appena arrivati, il ragazzo è in iperventilazione…” rispose l’uomo sorridendo.
“E pure la ragazza: sarà un matrimonio ansimato…” commentò la giovane.
Mike rise poi la seguì nella camera da letto adibita a salone di bellezza.
Lucia stava nel mezzo, in piedi, dritta come un fuso.
Però bellissima.
Mike le sorrise emozionato e lei si calmò un pochino.
Stava per inaugurare una nuova vita con una famiglia tutta nuova e una tutta sua.
“Pronta?” chiese l’uomo alludendo alla partenza.
“Pronta!” rispose Lucia pensando a molte più cose.
 
Mattew continuava a fare su e giù in mezzo al prato scelto come luogo per il matrimonio.
Il paesaggio era incantevole perfino nell’inverno: il prato era un larga distesa coperta dal telo bianco della neve e subito accanto, dietro il tavolo che avrebbe funto da altare, svettava un lago le cui acque immobili erano grigie come il cielo pomeridiano mentre gli alberi che circondavano il tutto formando un’arena naturale erano grigi e spogli ma coperti dalla neve candida come se si fossero abbigliati apposta per il matrimonio, le sedie bianche erano state sistemate in file come i banchi di una chiesa ma, tra loro, svettava il tappeto rosso per la sposa come una sottile striscia di sangue.
Lo sposo faceva avanti e indietro su di esso.
“Che ora è?” chiese fermandosi davanti a Nick, testimone di nozze dello sposo.
Il ragazzo alzò gli occhi al cielo.
“La stessa ora di cinque secondi fa, l’ultima volta che me l’hai chiesto… Calmati, Matt! Staranno arrivando!” replicò scocciato.
“Facile per te: tu ti sei già sposato!” replicò il ragazzo riprendendo il movimento.
“Giuro che, se non ti fermi, ti azzoppo! E poi ti tocca sposarti con una gamba rotta!” esclamò Chuck.
“Magari!” si unì a lui Earl che, però, era visibilmente emozionato per il matrimonio dell’unico figlio.
Il ragazzo si fermò per parlargli ma il suono di un motore lo fece sobbalzare.
Si voltò.
Falso allarme: erano Betty, Mariarosa e Angel.
Il ragazzo ingoiò il dispiacere e si fece incontro alla madre.
“Mamma!” escalmò.
La donna gli sorrise, già con le lacrime agli occhi, e lo abbracciò.
“Forza, piccolo!” gli sussurrò all’orecchio per non farsi sentire.
Il ragazzo sorrise con gli occhi umidi.
“Cielo, Mattew!” esclamò Mariarosa, “Ma sei rosso come un peperone! Sicuro di star bene?”
“No…” replicò lui sincero ma sorridente.
Pochi istanti dopo arrivò anche Miriam che raggiunse Nick.
“Allora?” chiese lui curioso.
“È splendida…” fu il commento della testimone della sposa prima che si girasse verso gli invitati.
“Signori!” chiamò, “La sposa sta arrivando, prendete posto per favore!”
Velocemente e con un brusio d’eccitazione, le persone si sedettero sulle sedie.
Mariarosa e Angel presero posto vicine in prima fila e Miriam e Nick si posizionarono ai lati dell’altare mentre Mattew si posizionava dritto davanti al sacerdote guardando fisso il lago con il padre al fianco destro.
 
La macchina frenò piano con la portiera posteriore esattamente allineata con il tappeto rosso.
Gli invitati si alzarono e si voltarono verso di essa per vedere la sposa mentre Mattew, fremente, rimaneva immobile.
La porta opposta si aprì facendo scendere un Mike impeccabile nel suo smoking nero con piccola rosa bianca all’occhiello.
L’uomo aggirò l’auto e raggiunse la portiera della sposa, la aprì con delicatezza e porse il braccio alla ragazza nell’interno.
Scese Eva, piccola e bellissima con i capelli corvini legati in due codini alti con due nastri di raso giallo, l’abito candido a maniche lunghe che le arrivava alle ginocchia con i collant di lana bianca e una cintura verde chiaro in vita con due girasoli di stoffa al fianco destro.
La piccola sorrise e prese una manciata di petali di rosa bianca dal cestino di vimini che teneva in mano per lanciarli sul tappeto rosso mentre iniziava a camminare con l’inizio della marcia nuziale.
Dieci secondi e dall’auto uscì anche Lucia.
La ragazza indossava un paio di scarpe bianche con un tacco medio, l’abito di seta bianca toccava terra in modo morbido e le risaliva su non troppo attillato fino alla vita che era stretta in un bustino candido con dei ricami di perline trasparenti e brillanti sul petto a formare complicati arabeschi scintillanti, le maniche erano due strisce larghe di pizzo leggermente arrotolato che non le stavano sulle spalle ma sulle braccia come se fossero leggermente scivolate e mostravano il decoltè e le spalle esaltando il collo morbido e chiaro, sul capo portava il piccolo cerchietto di perle che era stato di sua nonna con sotto il velo che le copriva appena il viso sul davanti e le si allungava scendendo sino alla vita dietro facendola sembrare una regina mentre stringeva tra le mani un bouquet di rose bianche, velo da sposa e mughetto.
La giovane prese il braccio a Mike e si avviò lenta e fiera lungo il corridoio che si apriva tra gli invitati che la fissavano ammutoliti.
Miriam le sorrise da accanto all’altare con le lacrime agli occhi e Nick chinò brevemente il capo in segno di rispetto –e per far agitare Mattew, ancora costretto a non guardare la sposa.
Quando Mike e Lucia arrivarono a un passo dall’altare, lo sposo si voltò.
Mattew rimase impietrito per un istante poi, fortunatamente, si riprese.
Mike prese la mano di Lucia e la posò su quella di Mattew per poi ritirarsi piano sulla sinistra della coppia, accanto alla sposa.
I due ragazzi seguirono la cerimonia come previsto, senza intoppi o errori, e si promisero amore eterno in riva al lago, con angeli e umani come testimoni.
Al momento di baciare la sposa, Mattew si voltò in modo da trovarsi davanti a Lucia, le sorrise, poi sollevò delicatamente il velo che le copriva ancora il viso per vederla.
Lucia gli sorrise, radiosa come il sole, con le labbra rosee, e il viso quasi totalmente acqua e sapone fatta eccezione per un leggerissimo velo d’ombretto argentato sopra le palpebre.
Mattew la fissò per alcuni secondi, in contemplazione estasiata: quella era sua moglie.
Poi la baciò.
I presenti scoppiarono in un applauso forte ma i due, ancora incollati, li ignorarono.
Nick tossicchiò discretamente per riportarli all’ordine ed entrambi arrossirono poi, con un profondo respiro, si voltarono per percorrere il tappeto rosso sotto la bufera di chicchi di riso.
Mattew tentò invano di difendere Lucia ma non riuscì nell’impresa.
Quando arrivarono dall’altro lato della passerella rossa si fermarono e si voltarono indietro per abbracciare i parenti.
Le prime due furono Mariarosa e Angel che strinsero forte una Lucia in lacrime mentre Mike ed Earl davano pacche affettuose sulle spalle di un Mattew altrettanto piangente.
Nick rise.
“Già non ne puoi più della vita da sposato?” chiese nascondendo le lacrime.
Mattew ignorò il sarcasmo per abbracciarlo.
“Vieni qui, scemo!” rise, troppo felice per rispondere per le rime.
Miriam si avvicinò a Lucia esageratamente seria e impettita, senza abbracciarla.
Lì per lì, la ragazza ci rimase male poi si accorse che l’Angelo stava cercando di non piangere.
Dritta, Miriam le sorrise tremante.
“Sono…” iniziò ma poi scoppiò a piangere e saltò al collo dell’amica senza più ritegno, “Oh Cielo, sono così felice per te!”
Poi Betty, Chuck, Joe, Eva, gli amici, i parenti, tutti! Uno dopo l’altro passarono tutti a salutare finché Lucia non si trovò davanti un uomo sui trentacinque anni che non ricordava di conoscere.
L’uomo, capelli neri corti fino agli occhi scuri e una piccola barbetta, la raggiunse e le sorrise ammiccandole.
Solo allora Lucia si accorse che aveva la cravatta mezza nera e mezza bianca.
La ragazza sorrise.
“Se tanto mi dà tanto, sei sempre il solito spaiato, vero Andrea?” chiese sorridente.
“Che vuoi che ti dica? Mi piace distinguermi dalla massa…” rispose placido l’Angelo dalle iridi castane sotto sembianze umane mentre la abbracciava, “Congratulazioni!”
“Andrea!” esclamò Mattew riconoscendolo, “Credevo fossi in giro per il mondo…”
“Lo ero, infatti, ma poi mi è arrivato l’invito e sono volato qui…” rispose sereno l’altro calcando quasi per errore le due parole.
Lucia sorrise capendo che Andrea aveva ricevuto una delle sue visioni sul futuro, non rare da quando la prima sull’Arcangelo Miriam si era avverata, e aveva usato le sue ali per arrivare in tempo.
“Beh, siamo felici che tu sia riuscito a venire!” rispose Mattew sorridente, “Non sarebbe stato lo stesso senza di te…”
“Certo! Gli scherzi agli sposi sono la mia specialità!” buttò lì l’uomo con nonchalance prima di dileguarsi per far spazio ad altri parenti.
Lucia sgranò gli occhi.
“Scherzava, vero?” chiese a Mattew fingendosi spaventata.
“Oooooh!” rispose Mattew fingendo un capogiro, “Temo di no! Che paura!”
Lucia gli tirò il bouquet sulla spalla ma poi riprese a sorridere.
 
Il Fallen’s ospitava senza problemi gli invitati nella sala principale dove i tavoli erano stati messi a ferro di cavallo in modo che gli sposi fossero rivolti verso il centro del ferro e verso al porta d’entrata mentre nel buco interno ai tavoli era stata prevista la pista da ballo.
Nonostante le suppliche di Lucia e Mattew, Nick e Miriam li costrinsero ad aprire le danze ballando nel centro davanti a tutti ma i due sposi si fermarono imbarazzati quando, stranamente, la musica passò da un lento a note da spogliarello: inutile dire che Andrea, in quel momento, non si trovava.
“Se gli metto le mani addosso…!” sibilò Mattew rosso ma poi furono reclamati e la minaccia non potè essere completata.
Il lancio del bouquet si svolse senza incidenti e il mazzo di fiori andò a finire tra le braccia della giovane Christine, una bella donna sui trentanove anni con capelli castani lunghi quanto la sua schiena e gli occhi marrone nocciola assieme il sorriso luminoso, che era una cameriera del Fallen’s, mentre stava sparecchiando.
La ragazza provò a restituirlo alla sposa ma Lucia aveva ormai imparato che il caso non esisteva e la costrinse a tenerlo.
La sua sensazione si rivelò esatta quando Mattew lanciò la giarrettiera che le aveva sfilato in mano ad un incredulo Chuck.
Le risate quando l’uomo dovette infilare con i denti l’indumento alla donna che indossava la corta gonna della divisa furono così forti da sentirsi su tutti i piani, fomentate anche dall’imbarazzo dei due che cercavano, invano, di non guardarsi.
All’una di notte, Lucia e Mattew salutarono gli invitati: luna di miele in Italia, Venezia per la precisione.
L’aereo stava per partire ma Lucia si concesse uno sguardo ai presenti: Miriam e Nick stavano abbracciati, Mike teneva un braccio sulle spalle di Mariarosa e con l’altro portava Eva addormentata, Andrea rideva e scherzava come al solito, Earl e Angel si lanciavano occhiate dolci segno che, per un po’, ci sarebbe stata pace in famiglia; ma i più incredibili erano Chuck e Christine che parlavano piano in un angolo come due cospiratori, entrambi rossi e entrambi con il cellulare in mano per scambiarsi il numero.
Lucia sorrise augurando a tutti buona fortuna con il pensiero poi si voltò e si avviò per mano a Mattew verso la sua felicità.


Come vi pare?
Spero sia piaciuto!
Allora, l'Amore di Mattew e di Lucia è stato ufficializzato...
Cosa manca per suggellarlo?
Titolo prossimo capitolo: Sorpresa
Spoiler: "
“Ciao!” esclamò, “Entra”
“Signora, c’è un Arcangelo che le vuole parlare…” le disse la ragazza professionalmente senza spostarsi dalla soglia."
Cosa ne pensate?
A presto!
Ciao ciao!
L. Catherine

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Capitolo 10
*** Sorpresa ***






Eccomi!
Potrei inventarmi una scusa ma vi dico la verità: ieri sono stata fuori casa tutto il giorno per un giro di compra-Libri e oggi sono andata al mare tutta la mattina quindi mi sono dimenticata di aggiornare in anticipo...
Scusatemi comunque!

Avviso: settimana prossima, causa vacanze, non ci sarò ma non voglio mancare un capitolo quindi Venerdì, o al massimo Sabato, pubblicherò il capitolo di Lunedì prossimo e stessa cosa farò anche per i due capitoli della settimana prossima di "L'Amore nel Silenzio"...
Come se non fossi affatto partita, no? ;)
Grazie per l'attenzione!
A sotto!




10.
 
Miriam sospirò e alzò la testa verso il soffitto.
Era di nuovo nel suo studio e stava esaminando i rendiconto che le aveva mandato Jack da Parigi: il Fallen’s andava a gonfie vele anche in Europa.
Sorrise soprappensiero.
Lucia e Mattew erano tornati la settimana prima dalla luna di miele di quattordici giorni a Venezia, avevano chiamato ma non si erano ancora fatti vedere perché stavano curando l’acquisto della casa in cui stavano vivendo in affitto.
Erano felici e sembravano non volere altro dalla vita.
La ragazza sentì un delicato bussare alla porta.
Rialzò la testa di scatto.
“Avanti!”
La porta si aprì piano e Christine fece capolino.
Miriam sorrise.
“Ciao!” esclamò, “Entra”
“Signora, c’è un Arcangelo che le vuole parlare…” le disse la ragazza professionalmente senza spostarsi dalla soglia.
“Oh!” esclamò Miriam stupita, “È sul tetto?” chiese.
La giovane annuì.
“Va bene, grazie…”
Come la cameriera fu sparita Miriam aggrottò la fronte.
Che fosse successo qualcosa?
Lentamente e senza farsi prendere dall’ansia, si alzò e si infilò la giacchetta grigia, indossava il solito abbigliamento da lavoro, dopodichè uscì.
Salì piano le scale chiedendosi quale degli Arcangeli in Cielo si fosse presentato senza preavviso.
Aprì la porta della terrazza e si trovò davanti il corpo minuto di una sedicenne.
Chiara, Arcangelo dei Custodi, le sorrise.
“Ciao, Miriam…”
Indossava una minigonna di lino bianca e una maglia a maniche lunghe con una spalla scoperta sempre di lino bianco e i suoi capelli biondi e ricci le rimbalzavano lunghi fino alle spalle come molle.
“Ciao Chiara…” salutò Miriam garbata rispondendo al sorriso, “Come mai qui?”
La ragazzina arrossì un po’.
“Ho saputo che Mattew e Lucia si sono sposati: congratulazioni…” esordì.
Miriam aggrottò la fronte: erano passate tre settimane, non poteva esserne stata informata solo in quel momento.
Chiara sospirò notando il suo sospetto e cedette.
“Non sono qui solo per questo…” ammise come se stesse confessando qualcosa, “Però non sono certa che sia una cosa buona dirlo a Lucia così ho pensato di avvertirti e di lasciarti carta bianca…”
L’Arcangelo dei Caduti guardò sbalordita Chiara che giocherellava con i piedi tenendo la testa bassa.
“Di cosa stai parlando, scusa?” chiese la donna sorpresa.
Chiara prese un respiro profondo.
“Lucia è incinta!” disse tutto d’un fiato.
Miriam rimase a bocca aperta.
Silenzio mentre Chiara scrutava la ragazza davanti a sé con preoccupazione.
“Cosa?” riuscì infine a chiedere Miriam con stupore.
Chiara sospirò.
“Lei non lo sa!” disse iniziando a parlare a raffica, “Pensa che si tratti di un semplice ritardo ma, credimi, aspetta un bambino!”
“Ne sei certa?” chiese Miriam mentre una vocina nella sua testa le ricordava che Chiara non poteva sbagliare.
“Certo che sì!” replicò la ragazza acida, “L’Angelo Custode del bambino è già stato scelto, ma Lucia non ci pensa! Sta continuando a fare la sua vita normale senza riguardarsi e, credimi, se continua così corre il rischio di perdere il piccolo!”
Miriam si portò le mani alla bocca.
“Sai che non possiamo intervenire così perché dobbiamo mantenere l’equilibrio ma l’Assemblea ha stabilito che abbiamo un debito nei confronti dell’umana…” spiegò ancora la giovane.
Solo allora Miriam capì e annuì greve.
“Avvertendo me rispettate le regole e, dato che io ne sono esentata, posso fare ciò che voglio…” chiarì leggermente acida.
Odiava il modo degli Arcangeli di ricorrere a certi sotterfugi per fare semplicemente ciò che era giusto.
L’Arcangelo dei Custodi annuì.
“Ti prego, fa’ qualcosa! Sento che quel bimbo, o bimba che sia, sarà molto importante e questo non è un buon momento per correre rischi inutili!”
“Che intendi?” chiese Miriam sospettosa.
“Satana ha creato un nuovo Demone…” sussurrò Chiara, “Non sappiamo chi sia però…”
Miriam sentì il sangue gelarle nelle vene ma rimase impassibile e annuì.
“Tenetemi informata e grazie di tutto…  Ci penserò io ad avvertire Lucia, tranquilla…”
Chiara annuì un po’ sbalordita e capì di essere stata congedata, fece un ultimo sorriso esitante poi si voltò e svanì.
Miriam si lanciò a capofitto giù per le scale.
 
“Mattew, smettila!” urlò Lucia piegando la testa per impedire al marito di baciarle di nuovo il collo.
Lui rise e continuò ad attaccarla.
La ragazza era in cucina che cercava di cucinare i biscotti al burro e stava impastando con le mani perciò si voltò e minacciò Mattew prendendogli il viso tra i palmi sporchi di farina.
“Bleah!” esclamò il giovane ritrovandosi il viso pieno di impasto.
Lucia scoppiò a ridere.
“Così impari!” replicò.
Mattew la fulminò con un’occhiataccia.
“Ah sì?” chiese ma prima che potesse attuare il suo piano diabolico –qualunque esso fosse- il telefono di casa squillò.
“Vai tu?” chiese Lucia sciacquandosi le mani.
“Così riempio la cornetta di pasta!” replicò lui acido toccandosi le guance infarinate.
La ragazza sospirò e andò a rispondere.
“Pronto?” chiese.
“Dio mio, Luci, che stai facendo?!” escalmò ansiosa la voce di Miriam dall’altro capo della cornetta.
“Ehy, Miriam!” salutò la ragazza interdetta, “Sto facendo i biscotti; come mai così agitata?”
Dalla cornetta arrivò chiaro e tondo il sospiro dell’Arcangelo dei Caduti.
“Miriam? Sei sicura che vada tutto bene?” chiese Lucia appoggiandosi con il palmo della mano libera al piccolo mobile su cui stava il telefono fisso.
“Luci… Credo di avere una notizia per te…”
“Credi?”
“Senti, so che non sono affari miei e immagino che possa sembrare strano perché, normalmente, saresti dovuta essere tu a chiamare me per avvisarmi ma Chiara è stata qui e la situazione era potenzialmente critica così non ho avuta scelta se non quella di chiamarti e…”
“Miriam! Non ci capisco nulla, fermati un attimo! Cosa c’entra Chiara? È successo qualcosa?”
“No! Cioè, sì! Però non quello che pensi tu! O forse lo pensi ma non in questo momento e io…”
“Miriam!” esclamò Lucia con la testa in fiamme, “Calma!”
“Chi è?” chiese Mattew dalla cucina.
Lucia coprì il ricevitore con una mano e gli rispose.
“È Miriam ma sembra parecchio agitata!” urlò e il ragazzo la raggiunse di corsa.
“Agitata?” chiese.
“Ha ricevuto una visita da Chiara, la ragazzina-Arcangelo, ricordi?”
Mattew annuì.
Lucia tornò alla cornetta.
“Miri, per favore: dimmi chiaro e tondo cosa c’è!”
“Luci, aspetti un figlio… Da Mattew…”
Silenzio.
Lucia sbiancò e sentì una violenta vertigine prendere possesso del suo corpo al punto che le dita persero al presa sul legno del mobile e Mattew dovette sostenerla per un braccio per evitare che barcollasse.
“Luci!” esclamò sorpreso e preoccupato, “Che c’è? Cosa dice?”
Ma la ragazza non rispondeva, semplicemente guardava il vuoto nel tentativo di assimilare seriamente le parole arrivate dal ricevitore.
Mattew mise il vivavoce per parlare con l’Angelo.
“Miriam, sono Mattew: cosa sta succedendo?”
“Come sta Lucia? Perché non risponde?”
“Non lo so! Sembra in trance! Che le hai detto?”
“Mattew… Lucia è incinta…” sussurrò la ragazza.
Il ragazzo rimase di sasso per un attimo poi guardò la moglie.
La ragazza sembrò riprendersi quando sentì la notizia per la seconda volta e ricambiò lo sguardo del marito con altrettanto stupore e confusione.
“Sei sicura?” mormorò Mattew senza spostare lo sguardo da Lucia.
“Sì, Chiara è venuta a dirmelo personalmente perché Lucia non se ne stava accorgendo e sta rischiando di perdere il figlio se non si riguarda…”
Bastarono quelle parole a far scattare Mattew come una molla.
“E me lo dici così?” urlò al ricevitore poi afferrò la moglie per le spalle e la osservò in viso da tutte le angolazioni.
“Come ti senti?” le chiese, “Tutto bene? Nausee? Mal di testa?”
“Mattew, sto bene…” sussurrò appena la ragazza, tremante.
Portava un figlio in grembo.
Portava un figlio in grembo e non lo sapeva.
Aveva rischiato di perdere suo figlio prima ancora di metterlo al mondo.
Il ragazzo, la prese con sé e la tirò in salotto, la fece sdraiare sul divano e le mise addosso una coperta.
“Hai freddo? Hai fame? Sete? Aspetto prendo il telefono!”
Mattew schizzò via dalla stanza e tornò un secondo dopo con in mano il telefono e tentando di districarsi dai cavi.
“E mollami!” sibilò al filo attorcigliato alla sua caviglia che collegava il ricevitore all’apparecchio poi posò l’apparecchio sul tavolino.
“Ecco!” esclamò, “C’è tutto! È tutto a posto! Che devo fare, Miriam?”
“Mattew, sto bene… E comunque, quello che devi fare è andare in farmacia e prendermi un test di gravidanza…” commentò Lucia mettendosi seduta e portando automaticamente una mano al ventre.
“IO?!” chiese il ragazzo sbigottito.
“No, mia nonna!” replicò acida Miriam dal ricevitore.
“Tua nonna sarebbe comunque una donna! Io sono un maschio!” protestò, “È imbarazzante!”
“Vuoi o non vuoi avere la conferma che stai per diventare padre?” sibilò Lucia.
Mattew non rispose ma si alzò controvoglia e uscì dalla porta limitandosi ad infilare le scarpe e ad indossare frettolosamente un giaccone.
“Luci? Tutto bene?” chiese piano Miriam.
“Sono scioccata…” ammise la ragazza senza togliere la mano dalla pancia, “Va bene se ti richiamo quando torna Mattew?”
“Come vuoi, ma non serve il test di gravidanza: Chiara mi ha detto che l’Angelo Custode del bambino l’ha percepito…”
“Non ho la forza per chiederti di cosa stai parlando quindi me lo spiegherai poi, d’accordo?”
“Sì, riguardati Luci!”
Lucia chiuse la chiamata.
Sto diventando mamma…, pensò sbalordita.
 
“Allora?” chiese Mattew seduto sul divano quando Lucia tornò dal bagno.
La ragazza gli si sedette accanto con il contenitore bianco in mano.
In pochi secondi si vide un disegnino: due linee verticali.
“Aspetto un bambino…” sussurrò la ragazza sorridendo in modo esitante.
Aspettiamo un bambino!” la corresse Mattew con enfasi iniziando a ridere di gioia.
Lucia iniziò a ridere felice con lui poi i due ragazzi si baciarono.



Eccomi!
Allora???
SORPRESA!!!
Chi se l'aspettava alzi la mano ;)... *alzano tutti le mani sbottando: prevedibile!*... Bravi!
Comunque, la chiusura (l'ultima frase ad essere precisi) è la cosa più stupida che potessi scrivere: banale e insulsa...
Scusate, però non sono riuscita a fare di meglio...
Per il prossimo capitolo, vi dico che il Titolo sarà: Miracolo e Cenere...
Cosa vorrà dire?
Spoilerino: "
“Mattew!” chiamò cercando di non sembrare allarmata o sofferente.
Il ragazzo, come previsto, la raggiunse subito con il cellulare ancora all’orecchio e la trovò aggrappata al lavandino che si teneva la pancia respirando con attenzione.
"
Vi risparmio nove mesi di ansie di Mattew, non le reggerei nemmeno io! ;)
Alla prossima!
Ciao ciao!
L. Catherine

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Capitolo 11
*** Miracolo e Cenere ***





Eccomi qui, per una volta in anticipo!
Fate conto che siano passati nove mesi (gravidanza veloce, eh?)...
Vi lascio al capitolo!
A sotto!





11.
 
Dalla notizia della gravidanza di Lucia le cose cambiarono un pochino: la ragazza lasciò definitivamente il lavoro e, nonostante le lamentele di Mattew, anche il college.
Il ragazzo capiva il bisogno della moglie di riposarsi ma non approvava che lei volesse rinunciare al suo sogno per via del figlio ma Lucia fu irremovibile.
Era una mamma e si era resa conto che, in realtà, l’unica cosa che le importava era la sua famiglia.
Voleva che suo figlio, o figlia, vivesse in un ambiente totalmente diverso da quello in cui era vissuta lei e, se questo comportava l’idea di lasciare l’Università, allora ben venisse!
Mattew lavorava la mattina e il pomeriggio, chiamava all’ora di pranzo, aspettava una sua chiamata quando si svegliava e tornava per cena sempre e perennemente in ansia.
Lucia rideva spesso per le eccessive premure del marito ma quello proprio non riusciva a tranquillizzarsi: il rischio corso secondo gli Arcangeli all’inizio della gravidanza lo aveva profondamente scosso.
Avvertite poi debitamente le famiglie, i due avevano ricevuto più visite del Papa.
Lucia si era sottoposta alle analisi ed era risultato che il feto era in condizioni perfette e stava crescendo in modo naturale.
Quando la ragazza fece l’amniocentesi non volle sapere il sesso del nascituro.
“Voglio che sia una sorpresa…” disse nella sala a Mattew rivolgendosi però anche al dottore, “Tu, se vuoi, fattelo dire ma io voglio scoprirlo quando nascerà…”
Inutile dire che nemmeno Mattew volle sapere se stava per avere un figlio maschio o una figlia femmina.
Il medico aveva sorriso poi aveva proceduto con l’analisi per essere sicuro che andasse tutto bene.
Passarono i primi tre mesi con ansia.
Al sesto mese, Lucia e Mattew avrebbero potuto aprire un negozio di oggetti per bambini tra regali da zii, nonni, parenti e amici vari.
Al nono mese, Mattew rischiava una crisi isterica ad ogni momento.
“Ahia!” esclamò Lucia infilandosi il dito in bocca.
Era seduta su una sedia del tavolo della cucina ma si era tagliata con la carta di una delle sue fotografie e la piccola ferita le bruciava.
Mattew le fu accanto in un istante.
“Che c’è?” chiese ansioso.
La ragazza alzò gli occhi al cielo e sospirò.
“Matt, quando questo bestiotto nascerà” disse indicando chiaramente il ventre pronunciato –secondo il dottore il bambino era decisamente forzuto, anche se lui non poteva sapere che dipendeva dal sangue angelico di Mattew-, “Credimi che non mi limiterò a dire: Ahia!”
Mattew prese un respiro profondo e si sedette su una delle sedie accanto alla moglie.
“Hai ragione, scusa…” ammise passandosi una mano tra i capelli, “Però sono in ansia…”
La ragazza sospirò con lui e si incupì.
Cinque giorni di ritardo sulla data prevista per la nascita: i medici si stavano preoccupando.
“Se non dovesse nascere entro tre giorni, mi farebbero il cesareo, lo sai…” mormorò la ragazza fingendo di non essere preoccupata.
“Sì, lo so…” rispose Mattew ma non sembrava convinto.
Lucia sospirò e decise di cambiare argomento.
“Miriam e Nick?” chiese.
I due erano in viaggio per raggiungerli: dopo aver saputo dell’ultimo inconveniente della gravidanza si erano offerti di raggiungerli per restare con loro.
Lucia aveva apprezzato la cosa ed era certa che si sarebbe sentita decisamente rincuorata con due Angeli al suo fianco.
“Ormai saranno qui…” le rispose Mattew guardando l’orologio sul muro e cercando di non puntare lo sguardo sulla valigia già pronta posizionata lì sotto: otto e mezza di mattina, era Domenica 22 Settembre.
“E vuoi farti trovare così?” lo provocò Lucia accennando al fatto che indossava ancora i pantaloni e la maglia che usava per dormire.
“Che colpa ne ho io se quelli sono mattinieri?!” bofonchiò Mattew alzandosi e andando in camera.
Lucia sorrise e si alzò in piedi per posare a posto l’album di foto.
Il cellulare di Mattew squillò.
Lucia non fece in tempo ad avvertirlo che il ragazzo aveva già risposta anche se solo per metà nella maglia che si stava infilando.
“Pronto? Nick! Era ora, dove siete?”
Lucia gli lanciò uno sguardo dalla cucina.
Il ragazzo le annuì facendole cenno che andava tutto bene e lei, sorridente, raggiunse il lavandino per sciacquare la sua tazzina mentre Mattew continuava a parlare dalla camera da letto.
“Siete appena entrati in città? Ok, devi raggiungere la rotonda… Ma, se conosci la strada, che mi chiami a fare, scusa?”
Lucia rise piano ma poi una fitta al ventre le fece fare una smorfia.
Di solito, quando il bimbo le tirava un calcio, lei rideva e gli diceva “Fa’ piano, piccolo!” ma quella volta era stato diverso.
La ragazza pregò velocemente che non fosse stata solo la sua suggestione e attese, aggrappata al lavandino con una mano e con l’altra sul ventre pronunciato.
Una seconda fitta la fece piegare su se stessa con un gemito strozzato.
Iniziò a respirare, piano e regolarmente come le avevano insegnato al corso pre-parto, poi si rialzò.
“Mattew!” chiamò cercando di non sembrare allarmata o sofferente.
Il ragazzo, come previsto, la raggiunse subito con il cellulare ancora all’orecchio e la trovò aggrappata al lavandino che si teneva la pancia respirando con attenzione.
“Ci siamo!” sibilò Lucia tra i denti ma il ragazzo si era già messo in moto.
“Oh Cielo! Nick, chiedi informazioni: ci vediamo all’ospedale!” urlò nella cornetta prima di buttare giù e di afferrare la moglie per le spalle raddrizzandola.
“La valigia!” urlò Lucia con dolore crescente e il ragazzo le obbedì.
Lei lo raggiunse in corridoio lanciando di tanto in tanto un mezzo grido di dolore.
Mattew correva a destra e sinistra, agitato, ma alla fine riuscì a prendere la valigia e a portare un cappotto alla moglie in vestaglia.
Lucia lo indossò con fatica mentre Mattew la sosteneva e i due raggiunsero la macchina, parcheggiata strategicamente davanti alla porta di casa.
Mattew iniziò a guidare continuando a ripetere a Lucia di stare calma e di respirare mentre lei gridava e iniziava a contorcersi con le lacrime agli occhi per il dolore.
 
Cinque minuti dopo, erano all’ospedale e Lucia correva in sala parto sdraiata su di una barella perché le si erano rotte le acque in auto.
La ragazza gridò di dolore.
Mattew, vestito con il camice verde, le stringeva la mano con forza.
“Forza, Luci!” le sussurrava ansioso e la ragazza fu lì, lì per fargli notare che non era a una gara e non aveva bisogno di tifo ma poi non ebbe forza di farlo perché urlò di nuovo.
I medici le si affannavano intorno e la ragazza gridò ancora.
Lo sentiva.
Sentiva suo figlio muoversi dentro di lei e trovare la strada per uscirle da dentro.
Ed ebbe paura.
Per un solo ma terribile istante, pensò di perderlo: suo figlio la lasciava, usciva da dentro di lei per non tornarvi mai più e credette che, una volta fuori, avrebbe perso quel legame che lo legava a lei finché lo portava in grembo.
Pianse lacrime di dolore per l’ennesima volta e urlò con tutta la voce che aveva in gola.
Urlò e non pensò ad altro che al bimbo che era quasi fuori.
Nel caos che le popolava la mente sentì il medico avvertirla.
“La testa è uscita!”
Senza rendersene conto, Lucia iniziò piano a ridere.
Rideva, gridava e piangeva insieme perché aveva capito: suo figlio stava venendo al mondo e sarebbe stato sempre legato a lei.
L’avrebbe fatto nascere e l’avrebbe abbracciato, l’avrebbe stretto e portato all’asilo, alle elementari, sarebbe stata seduta a tavola a vederla portare a casa il fidanzato, sarebbe stata presente quando le avrebbe detto che aveva chiesto alla sua ragazza di sposarlo.
Nella sua testa il bambino cambiava: maschio, femmina, con i capelli rossi o neri, gli occhi verdi o castani…
Non sapeva come sarebbe sembrato fisicamente ma era certa che sarebbe stato perfetto.
Guardò Mattew e lo vide tentare di sorriderle anche se angosciato.
Gridò ancora ma fu l’ultimo grido.
Al suo urlo agonizzante si sostituì un pianto forte ed energico, un vagito potente che proveniva da un asciugamano nelle mani del dottore.
Mattew guardò la piccola creatura e sorrise davvero con le lacrime agli occhi.
“È una femmina…” disse un’infermiera.
Il medico gli porse il fagotto minuscolo e l’uomo lasciò andare per un attimo al mano della moglie per prenderlo senza farlo cadere.
Lucia fissò quel batuffolo nel quale non riusciva a vedere.
Voleva chiedere al marito come fosse il loro figlio, voleva prenderlo in braccio e baciarlo, voleva sapere se ce l’aveva fatta.
Mattew la guardò con uno sguardo gioioso eppure spaventato: un figlio era una responsabilità.
Lucia voleva sorridergli e spiegargli che sarebbe andato tutto bene ma fu allora che la vide.
Una macchia nera, all’inizio, poi una figura fumosa e, infine, una donna dai lunghi capelli corvini e gli abiti di pelle.
Occhi verdi senza pupilla la fissarono maligni.
Zira sorrise e mostrò due canini aguzzi e lunghi.
Lucia non riusciva a parlare e seppe subito che nessuno, oltre lei, l’avrebbe vista.
Tutto era a rallentatore per lei: il bimbo che si muoveva tra le braccia del padre, Mattew che le parlava, i medici in movimento.
Tutto lentissimo e sfocato. Tutto tranne la Demone che la fissava desiderosa di vendetta.
Zira alzò la mano puntando il palmo aperto verso di lei e Lucia sentì il cuore bruciarle come fuoco.
Chiuse gli occhi e gridò di dolore.
 
Mattew sorrise esitante alla moglie che lo guardava, calma dopo il parto.
Sembrava essere andando tutto bene: i medici non sembravano preoccupati e la macchina al fianco di Lucia che le sentiva il cuore indicava un battito ‘accelerato nella norma’ come aveva detto il primario.
Poi fu un istante.
Lucia sembrò non metterlo più a fuoco per un momento poi chiuse gli occhi e urlò con più forza di prima.
Non sorrideva più.
“Luci?!” cercò di chiamarla ma la ragazza spalancò gli occhi sul vuoto, verso il soffitto.
Il monitor impazzì segnando un cuore che, di colpo, aumentava i battiti a livelli impossibili.
“Che succede?” chiese l’uomo al medico ma quello guardava la macchina con sorpresa e paura.
Tra le sue braccia, sua figlia iniziò a piangere.
“Deve uscire!” fu tutto ciò che il dottore gli disse prima di fare un cenno all’infermiera e scansarlo per accostarsi a Lucia.
Mattew non potè chiedere più niente perché fu portato fuori e dovette limitarsi a guardare dal vetro della sala.
La bimba, ancora tra le sue mani, si agitò ancora di più, come se sapesse che qualcosa non andava ma Mattew non sapeva cosa fare per calmarla.
Il monitor rallentò improvvisamente.
Lucia gridò con forza inarcando al schiena, un unico fortissimo grido poi fu il silenzio mentre lei cadeva di nuovo sdraiata e si irrigidiva innaturalmente.
Il monitor iniziò a fischiare ininterrottamente dichiarando la paziente Lucia Orlean, ricoverata per parto, deceduta.


*Autrice: Si nasconde dietro un albero* Non mi volete morta, vero?
Andiamo! Era necessario! (Voi: Necessario?! / Autrice: Sì, dài... / Voi: Vieni qui!)
Comunque il prossimo capitolo si incentrerà su chi più soffrirà per questa storia...
Esatto: Mattew...
Senza più la sua Lucia, solo con una figlia da crescere... Come farà? (Voi: Colpa tua! / Autrice: j.j)
Passiamo al prossimo capitolo, va...
Titolo: La ferita di Mattew...
Spoiler: "
 “Signor Orlean?” sussurrò dolcemente un’infermiera.
Mattew si voltò verso di lei sconvolto. [...]
“Non ce l'ha fatta, vero?” mormorò con la voce spezzata
."
Cosa ve ne pare?
Fatemi sapere!
A presto!
Ciao ciao!
L. Catherine

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Capitolo 12
*** La ferita di Mattew ***






Eccomi!
Allora, premetto che l'unica cosa che salterà fuori da questo capitolo sarà un nome...
Mi sembra inutile anche a me ma devo traghettarvi da una parte all'altra di questa storia...
Ringrazio di cuore tutti quelli che alla fine hanno deciso di non uccidermi ;)...
Vi lascio al capitolo, va...
A sotto!





12.
 
“Signor Orlean?” sussurrò dolcemente un’infermiera.
Mattew si voltò verso di lei sconvolto.
Non avrebbe voluto dire nulla ma voleva sapere.
“Non ce l’ha fatta, vero?” mormorò con la voce spezzata.
La donna abbassò il viso e scosse la testa.
“Mi spiace…” disse e il ragazzo si chiese se fosse sincera o se fosse solo abituata a mentire, “Signore, devo prendere la bambina…”
Istintivamente, Mattew strinse appena la presa su sua figlia.
Non potevano portargliela via: gli restava solo lei e Lucia era morta per farla nascere.
Aveva bisogno di tenerla con sé.
La donna sorrise dolente ma allungò le braccia per prendere la piccola da quelle del padre.
“Va’ sottoposta ad una visita e portata nel reparto apposito: non sappiamo di cosa sia morta la madre ma potrebbe essere una malformazione e aver contagiato la bambina… Sia ragionevole…” replicò la donna.
Mattew fu lì, lì per urlarle che Lucia non aveva malformazioni e che non gli avrebbero portato via sua figlia ma poi vide due ragazzi nordici entrare nel reparto e guardarsi attorno.
Con dolore riconobbe Nick e Miriam e seppe subito che non sarebbe stato l’unico a piangere Lucia.
Nick fu il primo a vederlo e sorrise poi, però, qualcosa nell’espressione di Mattew lo mise in allarme e il suo viso si fece preoccupato.
Il Nephilim lo vide chiamare la moglie e poi affrettarsi verso di lui.
“Mattew, che cosa…?” iniziò il ragazzo poi vide la bambina appena nata, l’infermiera angosciata e le lacrime sul viso di Mattew.
Aprì la bocca per chiedere ma non fece in tempo.
Miriam aveva girato la testa a destra e aveva visto dalla finestra il corpo di Lucia ancora freddo e immobile sul lettino.
La ragazza iniziò a tremare vistosamente mentre gli occhi le si riempivano di lacrime e si portava lentamente le mani alla bocca.
“Oh mio Dio…” sussurrò ma la sua voce era fioca per il dolore.
Nick si voltò a vedere cosa avesse sconvolto la moglie.
“No…” mormorò scioccato mentre i suoi occhi incontravano il viso di Lucia un istante prima che un’infermiera lo coprisse con il telo bianco.
 
Buio.
Nero.
Niente dolore, niente paura.
Era quella la morte?
Lucia sperò di no.
Era sola. Non c’era nulla attorno a lei. Né sopra, né sotto, né attorno.
Era in piedi, o forse sdraiata.
Forse era a testa in giù?
Era dritta, certo, ma la percezione del suo corpo era tutto ciò che le restava: l’esterno non esisteva.
I suoi piedi non toccavano nulla, era come essere sottacqua ma non esattamente come fluttuare perché era quasi del tutto certa di essere ferma.
Una ciocca dei suoi capelli scuri le scivolò davanti agli occhi e lei la prese tra due dita: era stranamente semitrasparente.
Con orrore, Lucia scoprì che anche la sua pelle era solo un riflesso sbiadito attraverso il quale si poteva vedere: era un negativo a colori.
Aprì la bocca per esclamare qualcosa o anche solo per urlare ma non ne uscì alcun suono.
Il silenzio attorno a lei era totale.
 
 
Mattew rimase fermo a fissare oltre il vetro del reparto neonati dell’ospedale, appoggiato al davanzale della finestra.
In una piccola culla, non diversa dalle altre, stava una bambina.
Una piccola bambina, appena sotto la media di peso, che dormiva tutta raggomitolata.
Simile a molte altre all’apparenza ma con un destino ben diverso: suo padre era un Nephilim e sua madre era morta di parto.
Non avrebbe avuto una vita normale.
“Come farò?” sussurrò Mattew all’improvviso.
Nick sospirò.
Era alle sue spalle, un passo indietro, e stava in piedi a braccia conserte.
Non aveva aperto bocca da quando a Mattew era stata tolta la figlia e il corpo di Lucia era stato portato in obitorio, aveva rispettato il mutismo dell’amico e il suo lutto ma si aspettava una domanda simile.
“Mattew, io so che sarà difficile,” sussurrò mettendo una mano sulla spalla del ragazzo, “ma so anche che sei forte abbastanza da farcela da solo… Puoi crescerla e lei ti aiuterà a superare tutto questo…”
“Non sto parlando di adesso!” esclamò Mattew rialzandosi e voltandosi verso di lui facendogli cadere la mano dalla spalla.
Nick si ritrasse sobbalzando per la sorpresa e Mattew si riprese.
Alzò le mani come in gesto di resa e iniziò a fare avanti e indietro come un leone in gabbia.
“Scusa… Io… Io non so più che fare!” esclamò, “Lei era tutto per me…” aggiunse poi a bassa voce.
Nick abbassò la testa, sconsolato.
“Anche io le volevo molto bene…” mormorò ben certo che non sarebbe servito ma Mattew lo ignorò.
“Sai a cosa mi riferivo prima?” chiese a tradimento dandogli le spalle, “A quando sarà grande…”
Nick fu preso in contropiede.
“Cosa?” chiese sorpreso.
“A quando saprà pensare, ragionare, e si accorgerà che le sue amiche hanno una mamma mentre lei no…” disse alzando progressivamente la voce, “Mi chiederà perché e io sarò costretto a dirle che sua madre è morta perché io sono un Nephilim!”
Finì sbattendo un pugno con forza sul muro davanti alla finestra.
Una crepa in più sull’intonaco già un po’ rovinato a cui nessuno avrebbe fatto caso.
Nick si incupì.
Mattew stava iniziando a sviluppare una forza fisica superiore a quella normalmente umana ma non riusciva a controllarla se si faceva prendere dalle emozioni.
“Non possiamo essere certi che sia stato per questo!” sibilò cercando di tenere la voce bassa.
Le idee erano state molte per l’improvviso peggiorare delle condizioni di Lucia ma quella a cui Mattew dava più credito era quella che il corpo umano della ragazza non fosse stato in grado di sostenere un figlio di natura diversa dalla sua.
Ma Nick e Miriam erano convinti che non fosse così: in fondo un sacco di angeli Caduti si accoppiavano con degli umani facendo nascere, appunto, i Nephilim.
Se i figli dei Caduti nascevano senza difficoltà perché un figlio ancor più ‘diluito’ avrebbe dovuto dare problemi alla madre?
Non aveva senso ma il ragazzo dai capelli rossi, preso dal senso di colpa e di perdita, non voleva accettare altre idee e preferiva accusarsi e massacrarsi.
“E cosa altro può essere?” mormorò Mattew con voce stanca alzando lo sguardo sul compagno.
Nick vide che stava piangendo di nuovo.
“Non lo so, Mattew…” ammise sentendosi male come un cane per quelle parole inutili, “Non lo so…”
Il Nephilim fece una mezza risata amara poi si voltò, mise le mani in tasca e riprese a fissare sua figlia.
Nick rimase in silenzio per un po’.
Miriam era uscita fuori, all’aria aperta, sconvolta dall’accaduto, e non era ancora rientrata perciò erano soli.
Nick si voltò a guardare la bambina che, in quel momento, si agitò un pochino.
“Come si chiamerà?” chiese.
Mattew sorrise.
“Angelica…” disse, “Lucia avrebbe voluto chiamarla così se fosse stata femmina…”
Nick sorrise con lui.
“Angelica, la figlia di un Nephilim?” chiese.
“Se fosse stato un maschio, probabilmente l’avrebbe chiamato Angelo…” scherzò Mattew poi il suo viso divenne tenero, “Però, ultimamente se lo sentiva che sarebbe stata femmina; non chiedermi come ma lo sapeva…”
Nick annuì.
“Sono certo che Angelica sarà orgogliosa di suo padre…” decretò mettendogli una mano sulla spalla, “E, quando chiederà di sua madre, potrai contare su di me…”
Mattew annuì, rincuorato, poi tornò a fissare sua figlia.
La sua piccola e dolce Angelica.
 
I piedi si muovevano, camminavano, ma non toccavano mai nulla né producevano rumore.
Lucia sapeva che era fisicamente impossibile che il suo corpo si stesse muovendo senza aver nulla su cui fare appiglio.
Ma, in fondo, poteva ancora dire di avere un corpo?
Non lo sapeva, né voleva saperlo.
Lucia si fermò e crollò seduta sul nulla iniziando a piangere.
Le lacrime scesero ma i singhiozzi le rimasero muti.
Prese fiato e cercò di urlare ma il silenzio rimase totale.
Riprese a piangere sconsolata e si ripiegò su se stessa prendendosi le ginocchia con le braccia e nascondendovi il viso.
“Lucia…” la chiamò piano una morbida voce maschile dall’oscurità davanti a lei.



Eccoci qui...
Allora? Cosa ve ne pare?
Ci saranno alcuni capitoli, da adesso, un po' più tristi (per ovvi motivi) spero di non diventare pesante...
Allora, per il prossimo capitolo...
Titolo: Fenice
Vi metto subito lo Spoiler e non dico altro, è meglio: "
Dovunque si voltasse, loro erano lì a precederla.
“Hai paura di me, Lucia?” chiese la voce."
Chi sarà che parla con Lucia? E cosa le sta succendo? E Mattew? Cosa farà con la piccola Angelica?
Alla prossima e grazie a tutti!
A presto!
Ciao ciao!

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Capitolo 13
*** Fenice ***






Ci sono!
Allora, premetto che in questo capitolo vedremo solo qualcuno che in teoria non dovremmo più poter vedere... Sì, so che è incasinata coma cosa ma la dico lo stesso...
Vi lascio al capitolo e poi ci leggiamo in fondo, ok?
A sotto!




13.
 
Lucia sobbalzò e saltò in piedi.
Si girò freneticamente attorno fino a perdere l’orientamento ma non c’era altro che buio, e buio, e buio ovunque.
Iniziò ad aver paura ma non sentì il cuore batterle forte nel petto o nella testa: rimase solo quell’incessante e tremendo silenzio di cui ormai stava iniziando a far parte lei stessa.
Iniziò a respirare pesantemente ma nemmeno il suo ansimare riusciva a spezzare l’assenza di rumore.
Aveva paura.
“Lucia…” la chiamò di nuovo piano la voce rimasta alle sue spalle per il suo continuo muoversi e lei si voltò di scatto.
Nulla.
La ragazza prese un respiro profondo e si protese in avanti stringendo gli occhi per provare a vedere meglio.
Lontanissimo da lei, c’era qualcosa.
Due tagli rossi nel buio che sembravano due ferite aperte.
O due occhi che la fissavano.
Lucia sobbalzò e, d’istinto, si voltò per fuggire ma si paralizzò: gli occhi rossi erano di nuovo davanti a lei.
Dovunque si voltasse, loro erano lì a precederla.
“Hai paura di me, Lucia?” chiese la voce.
Un uomo con il timbro roco e profondo, come se la voce provenisse dalle viscere della terra.
Lucia avrebbe giurato di aver sentito un’alitata di zolfo mentre l’essere parlava.
Aprì la bocca per urlare ma, di nuovo, non ne uscì nulla.
“Ti sarei grato se smettessi di gridare…” disse placida la voce mentre gli occhi scarlatti continuavano a fissarla, “Tu non ti senti ma io sì…”
Lucia indietreggiò.
Voleva andarsene ma non sapeva come.
Prese un respiro profondo e decise di buttarsi: valeva la pena di rischiare il tutto per tutto.
Chi sei?, scandirono piano le sue labbra cercando di usare un tono neutro.
Il silenzio rimase totale ma gli occhi dell’essere si incresparono come se avesse sorriso.
“Coraggiosa…” commentò, “Davvero non hai idea di chi io sia?”
Lucia strinse le labbra.
Aveva il terribile sospetto di sapere chi aveva di fronte ma non osò pronunciare il suo nome.
Nell’oscurità tutto può non essere ciò che sembra…, disse invece ricordando ciò che gli aveva detto Mattew una notte in cui lei si era svegliata per il temporale e per l’agitarsi del bambino dentro di lei.
Una fitta di tristezza la pervase: non sapeva nemmeno il sesso di suo figlio, il medico aveva parlato troppo piano perché lei, sconvolta, riuscisse a capire…
“Non l’hai nemmeno visto o tenuto in braccio, non è così?” insinuò la voce ignorandola come se le avesse letto nella mente, “Ti manca, vero?”
Lucia sentì l’impulso di piangere ma si costrinse a non farlo.
Annuì, dolente.
“E se io potessi cambiarlo?” chiese la voce a tradimento.
Lucia spalancò la bocca, sorpresa.
“Potrei ridarti tuo figlio, Lucia…” insinuò la voce con un tono ancora più profondo, ammaliante, avvicinandosi a lei.
La ragazza si trovò con gli occhi dell’essere accanto all’orecchio.
“Lo riavrai con te, per sempre… Rivuoi tuo marito? Ti restituirò anche lui… I tuoi amici, la tua famiglia appena ritrovata, la famiglia che ti sei creata… Ti ridarò la tua Angelica… Voglio solo un’anima in cambio…” continuò incalzante l’essere.
Angelica…, sussurrò Lucia.
Era una femmina.
La sua bambina, e Mattew le aveva dato il nome che avrebbe voluto lei.
Sorrise triste ma capì di non poter accettare: la morte faceva parte della vita.
Una volta aveva letto Il Ciclo Bretone e le storie di re Artù e Merlino: per ogni vita che muore, una nasce a prendere il suo posto ma, al contempo, per ogni vita nuova bisogna che una si faccia da parte.
Lei era morta, ora lo sapeva per certo, ma sua figlia era viva.
E la creatura non aveva detto di volere la sua anima: avrebbe potuto prendere quella di chiunque.
Non avrebbe rischiato la sua Angelica per se stessa.
Scosse la testa con decisione e si allontanò di scatto dall’essere in modo da riaverlo di fronte.
Dimmi chi sei!, gli ordinò decisa, Anzi vattene! Non accetto un patto del genere!
La creatura rise, ma non più profondamente come prima.
Rideva e mutava: la voce diventava più normale, gli occhi chiusi prendevano forma, la tenebra spariva ingoiata da una luce bianca.
All’improvviso non c’era più il vuoto: c’era il cielo.
Lucia si ritrovò in piedi su un pavimento bianco senza inizio e senza fine che si estendeva ovunque attorno a lei, sopra la sua testa stava l’azzurro della volta celeste ma, anche se a vista sembrava uguale a quello di sempre, dava la sensazione di essere così vicino da poter essere toccato.
La ragazza si trovò in piedi scalza ma non più con addosso il camice dell’ospedale, bensì un abito candido lungo fino a terra e con due fili come spalline.
Aggrottò la fronte e si guardò attorno.
“Ma cosa…?” iniziò a dire ma si portò subito una mano alla bocca.
Parlava! Aveva di nuovo la sua voce.
Cos’era accaduto?
Si voltò dove un attimo prima era stato l’essere dagli occhi rossi ma ci trovò un uomo.
Alto e abbastanza muscoloso, sui trent’anni circa con capelli neri come l’ebano lunghi fino alle spalle e gelidi occhi grigi.
Senza pupilla.
Lucia sgranò gli occhi e lui le sorrise.
“Hai detto bene: non sempre l’oscurità è ciò che sembra…” disse placidamente e la ragazza riconobbe il tono di voce della creatura anche se molto meno roco e più normale, senza echi o zaffate sulfuree.
Con un istante di ritardo, Lucia riconobbe l’Arcangelo dei Pietosi.
“Samuel!” esclamò con le lacrime agli occhi.
Lui le sorrise dolce e le andò incontro vedendola effettivamente scioccata.
Con delicatezza le mise le mani sulle spalle e poi l’abbracciò.
“Tranquilla… Ora è tutto finito…” le sussurrò all’orecchio mentre lei iniziava a singhiozzare piano.
Restarono fermi per qualche istante mentre l’Arcangelo lasciava che l’Anima si riprendesse.
Lucia prese un respiro profondo.
“Dicevi il vero?” mormorò piano senza staccarsi né osare guardarlo negli occhi, “Mia figlia si chiama Angelica?”
Samuel sorrise divertito e si scostò un po’ per farsi guardare.
“Mattew ha voluto che scegliessi tu come chiamarla: pensa che sia giusto così…” disse annuendo, “Tua figlia è una bimba splendida…”
Lucia sospirò di sollievo poi si decise a fare la domanda che più la spaventava.
“Da quanto tempo sono…?”
Samuel si rabbuiò.
“Quasi dieci ore…” ammise, “Dovevamo metterti alla prova…”
Lucia rimase sbalordita anche se una parte di lei registrò il sollievo per non essersi persa anni della vita di Angelica.
“Alla prova?” chiese.
Samuel le mise le mani sulle spalle con solennità.
“Lucia, non era la tua ora quando sei morta… Non doveva finire così ma nessuno di noi poteva immaginare che…”
Samuel si bloccò, in difficoltà, ma Lucia lo prevenne.
“Che Zira fosse diventata un mostro?” chiese a bruciapelo.
Samuel sgranò gli occhi, preso in contropiede.
“Zira?” chiese, “Lucia, ne sei sicura?”
La ragazza annuì seria.
“Non lo sapevi?” chiese confusa.
L’uomo scosse la testa.
“Sapevamo solo che era stato un Demone, un Assassino… Chiara ha cercato di intervenire personalmente con il tuo Custode e altri suoi Angeli ma non hanno fatto in tempo: è stato troppo rapido anche se, a quanto pare, dovremo dire rapida adesso…” sibilò Samuel digrignando i denti.
Lucia sentì un’ondata di gratitudine per la giovane ragazzina che aveva cercato di difenderla in prima persona e per l’Angelo Custode che non aveva mai saputo di avere.
“Era lei, ne sono certa: mi ha guardata prima di uccidermi…” spiegò.
Samuel si staccò da lei per fare avanti e indietro con ossessività.
Quando le diede le spalle, Lucia vide che aveva la schiena solcata da cinque linee parallele, oblique e frastagliate, di un colore biancastro lucido.
Cinque cicatrici che andavano dalla spalla destra al fianco sinistro dell’Arcangelo e perfettamente visibili visto che le ali erano state ritratte.
“Un Demone…” disse Samuel come se avesse percepito il suo sguardo mentre si voltava e tornava verso di lei tenendo la testa piegata verso terra.
Lucia sobbalzò sorpresa e arrossì ma non sembrò che l’uomo se la prendesse, anzi continuò.
“Sai la cosa strana? Me le fecero mentre tentavo di salvare l’anima di Zira…” ammise con un sospiro, “A quanto pare non è servito farlo…”
Lucia spalancò gli occhi, sbalordita: quindi Zira stava tradendo anche qualcuno che l’aveva protetta sacrificando un pezzo di se stesso?
Samuel sorrise intuendo i suoi pensieri e fece il gesto di scacciar via tutto con una mano.
“Ce ne occuperemo dopo: ora pensiamo a te…” dichiarò.
Lucia lo guardò come se fosse impazzito e lui scoppiò a ridere della sua espressione prima di tornare serio.
“Come ti ho già detto,” riprese, “non era la tua ora quando Zira ti ha uccisa… Così l’Assemblea ha deciso di metterti alla prova…”
“Alla prova per cosa?” chiese Lucia.
Samuel alzò gli occhi al cielo.
“E pensare che sembravi così intelligente!” scherzò, “Secondo te per cosa se io sono qui?”
Finalmente, Lucia fece due più due.
“Oh Cielo!” esclamò.
Samuel le sorrise.
“Benvenuta in Paradiso!” le disse non senza ironia.




Allora?
Sto sviluppando una morbosa attrazione per gli Arcangeli: prima volevo un sacco di bene a Gabriele ma adesso, ve lo dico subito, adoro Samuel!!! Lui è ufficialmente il mio preferito (degli Arcangeli, ovviamente, perchè nessuno regge il confronto con Nick e con Mathias, ma Mathias è di un'altra storia letteralmente)!!!
Cosa ve ne pare? Scommetto che qualcuno se lo aspettava...
Bene, ma che cosa ci farà Lucia in Cielo a svolazzare come un putto?
Ma, soprattutto: che cappero succede di sotto???
Il prossimo capitolo si incentrerà su un altro personaggio ancora: Miriam...
Titolo: Notizie
Spoiler: "
Miriam si appoggiò al muro e prese un profondo respiro.
[...] Non doveva andare così."
Vi ispira?
Fatemi sapere se il capitolo vi è piaciuto, mi raccomando...
A presto!
Ciao ciao!
L. Catherine

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Capitolo 14
*** Notizie ***






Salve!
Scusate, sono di corsa perciò non vi metterò tanti avvisi...
A sotto!






14.
 
Miriam si appoggiò al muro e prese un profondo respiro.
Non poteva essere.
Lucia non poteva essere morta.
Non doveva andare così.
Perché gli Arcangeli intervenivano sempre troppo tardi? Perché non c’era mai una volta in cui arrivassero in tempo?
Si asciugò le lacrime restanti con un gesto rabbioso.
La ragazza stava con il schiena e i pugni chiusi contro il muro ma si portò le mani tra i capelli con un gesto disperato mentre emetteva un verso di dolore.
Era tutto sbagliato.
Lasciò ricadere le braccia lungo i fianchi e abbassò il capo sconsolata ma, nel farlo, notò con la coda dell’occhio una donna seduta su una panchina: aveva gli occhi rossi, il trucco rovinato, i capelli scarmigliati e la pelle bianca.
La giovane si accorse di doverle assomigliare molto in quel momento con la differenza, però, che lei non aveva il diritto di comportarsi così.
Lucia era una sua cara amica, vero, ma era anche e soprattutto la moglie di Mattew e la madre di Angelica: loro la stavano piangendo e lei avrebbe dovuto aiutarli.
Ma allora perché non riusciva a farlo?
Perché non aveva nemmeno la forza di staccarsi da quel maledetto muro grigio, all’esterno di un ospedale in cui la sua amica non era altro che una cartella clinica da distruggere e un cadavere in mezzo a tanti altri in un obitorio?
Chiuse gli occhi e la rivide: la sua amica con la pelle bianca ma fredda, come il marmo, sdraiata immobile sul lettino su cui aveva dato alla luce la sua piccola Angelica.
Perché stava sbagliando tutto?
Miriam, tu non stai sbagliando nulla…, sussurrò delicata una voce di donna nella sua mente.
La ragazza ebbe la prontezza di spirito di non agitarsi né voltarsi attorno.
Valentina?, pensò dubbiosa senza muoversi di un millimetro.
Una risata imbarazzata le risuonò nella mente.
Perdona l’irruzione…, le disse calma l’Arcangelo degli Angeli della Morte nella sua testa, Ma credo di avere delle notizie importanti…
Miriam aggrottò al fronte e lasciò che l’altra le leggesse tutta la confusione nella mente.
Vale, non è il momento adatto…, pensò sentendo tornare il dolore e la perdita.
Miriam, credimi, non ci sarebbe momento più adatto di questo…
L’Arcangelo dei Caduti sospirò ma si staccò con fatica e lentezza del muro capendo di non avere possibilità di replica.
Trovare un posto appartato in cui incontrarsi con un Angelo in un luogo che offre un servizio sanitario era praticamente impossibile così, dopo aver girato un po’, Miriam si risolse ad andare nel parcheggio sotterraneo per le auto dei visitatori dei pazienti.
La ragazza entrò e scese al piano più basso poi si appoggiò ad una colonna pensando a quanto, stranamente, quella storia le paresse più una scena da poliziesco in cui un ricattatore da appuntamento alla sua vittima piuttosto che un incontro tra autorità celesti.
“Mi raccomando, Miriam: la prossima volta in una discarica!” bofonchiò una voce di donna alle sue spalle e Valentina la raggiunse totalmente infagottata nel suo cardigan nero.
“Valentina, non è proprio il momento…” iniziò, totalmente indisposta ad ascoltare problemi Arcangelici e stupidate celesti.
“Miriam, so come ti senti…” la interruppe la donna tornando seria.
La donna sui trent’anni aveva i capelli castano-ramati raccolti in una coda alta e gli occhi d’oro senza pupilla le erano nascosti da un grosso paio di occhiali da sole e, nonostante tutto, si vedeva che era sofferente.
“Che succede?” chiese Miriam staccandosi dalla colonna con ansia.
“Chiara è a pezzi…” sussurrò Valentina facendo capire alla sua interlocutrice sin dove il discorso sarebbe andato a parare, “Ha provato a intervenire, perfino lei stessa ha cercato di arrivare in tempo ma non ce l’ha fatta…”
Miriam abbassò le spalle con desolazione: era facile prendersela con gli Arcangeli finché non li aveva davanti.
Pensando alla piccola Chiara, Miriam non riusciva a dubitare che avesse fatto del suo meglio.
“Va bene, Vale… È così che vanno le cose sulla Terra, è normale che prima o poi una persona…”
“Ma non ora!” sibilò Valentina tagliente, “Non oggi e non Lucia! Miriam, sono dovuta correre per arrivare in tempo a dividere corpo e anima e Samuel ha dovuto portarsi dietro due Angeli Pietosi per essere certo di poter portare in Cielo l’Anima di Lucia senza che l’Assassino lo colpisse!”
Miriam sgranò gli occhi e spalancò la bocca.
“Aspetta…” ordinò afferrando l’altra Arcangelo per un braccio, “Che vuol dire? Un Assassino?”
Valentina annuì dolente.
“Ne siamo sicuri: è stato un Demone Assassino a uccidere Lucia… Le ha bruciato il cuore…”
Miriam fece un salto indietro come se Valentina le avesse dato la scossa.
“Non è possibile! Non c’era nessuno quando io e Nick siamo arrivati e Lucia era appena morta!”
“Ed è questo il punto!” esclamò Valentina, “Chi l’ha uccisa non ha nemmeno cercato di portarsi via la sua Anima! Non l’ha uccisa per quello!”
Miriam scosse la testa con veemenza, la luce al neon sopra le due ragazze tremolò.
“Non ha senso: i Demoni uccidono le persone per portare le loro anime all’
Inferno e aumentare il potere del loro signore! Non è possibile che abbia ucciso Lucia e le abbia lasciato l’Anima in corpo cosicché potessimo prenderla noi e giudicare dove mandarla!”
“Infatti! Samuel ed io siamo arrivati qui pronti per la battaglia ma eravamo soli!”
Miriam iniziò a fare avanti e indietro sconvolta: non poteva essere andata così, le cose non potevano essere sconvolte da un momento all’altro a quel modo!
Un pensiero colpì l’Arcangelo dei Caduti.
“Anche Samuel è venuto con te?” chiese con voce tremante voltandosi di nuovo verso la compagna.
Valentina annuì seria.
“Lucia non doveva morire, non era giusto… Merita una seconda possibilità…”
Merita.
Miriam fissò Valentina dritto negli occhi temendo di aver capito male.
“L’ha resa un Angelo…” mormorò sorpresa.
Valentina sorrise e annuì.
“Lucia ha scelto di unirsi al gruppo dei Pietosi…” annunciò con orgoglio, “Samuel l’ha presa sotto la sua ala protettrice e la sta addestrando di persona…”
“Sta bene?” chiese Miriam con le lacrime nuovamente agli occhi.
Valentina annuì.
“Pensavo che avresti voluto saperlo… Lucia sta guardando Mattew e Angelica e sta davvero malissimo a vedere il suo compagno in quello stato: mi ha pregato di dirti di tranquillizzarlo…”
La ragazza annuì.
Valentina le si avvicinò.
“Mi ha chiesto anche di dire a te, Nick e gli altri che vi vuole bene come a nessun altro in vita sua… Sa che non potrai avvertire sua madre, Eva e Mike ma vorrebbe che tu stessi loro vicina…” aggiunse.
L’Arcangelo dei Caduti annuì, piangendo di sollievo.
Lucia era morta ed era rinata come Angelo, sarebbe vissuta in eterno e avrebbe protetto la sua famiglia.
“Perché non è venuta lei?” chiese ma una parte di lei sapeva già la risposta.
“Mattew è ancora innamorato di lei, e lei di lui… Ma se lo vedesse e scegliesse il loro amore…”
“Cadrebbe. E allora?” chiese Miriam ritrovando la determinazione.
“Lucia ha visto l’Assassino che l’ha uccisa…” disse Valentina abbassando la voce, “Lei dice che era Zira…”
Miriam spalancò al bocca.
La luce sulla loro testa tremolò ancora e si spense lasciandole al buio.
“Non può…” iniziò Miriam ma Valentina la bloccò.
“Può!” replicò la donna, “Se Zira ha cambiato bandiera e si è unita a Satana, allora è lui che l’ha resa un Demone perché avesse la sua vendetta…”
“Ha iniziato da Lucia…” ragionò Miriam, “Ma se la prenderà anche con gli altri!”
“Ha già iniziato…” disse Valentina abbassando le spalle con dolore, “La piccola, Angelica, era ancora attaccata alla madre dal cordone ombelicale quando Zira ha iniziato a uccidere Lucia, prima che lei stessa la vedesse…”
“Che vuol dire?” chiese Miriam ritraendosi.
Valentina chiuse gli occhi.
Da sotto le spesse lenti scure, comparve una piccola lacrima che solcò la guancia della donna fino ad arrivarle al mento.
Miriam osservò la goccia seguire il profilo dell’Arcangelo, la vide scivolare e staccarsi dalla mascella di Valentina per cadere e la fissò schiantarsi per terra a formare un piccolo circoletto scuro in rilievo sul pavimento di cemento.
Rialzò gli occhi sulla donna.
“Che Angelica è stata contaminata dalle fiamme dell’Inferno…” rispose quella con dolore.



Eh già...
Valentina ne ha portate di novità: Lucia è una Pietosa, Angelica è spacciata, Zira è in circolazione...
Che bello, eh?
Comunque, per il prossimo capitolo...
Titolo: Condannata
Spoiler: "
Mise una mano sul petto del ragazzo e si guardò intorno: il corridoio era deserto ma si sentivano chiaramente le voci di alcuni infermieri dietro l’angolo.
“Non qui…” lo supplicò."
Allora?
Spero vi ispiri! Fatevi sentire!
A presto!
Ciao ciao!
L. Catherine

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Capitolo 15
*** Condannata ***






Eccomi anche se un po' in ritardo...
Scusatemi ma ero fuori casa...
Comunque ora sono qui...
Il capitolo sarà un po' più corto del solito ma denso di 'rivelazioni'....
Vi lascio!
A sotto!
Ciao ciao!




15.
 
Nick sbatté un pugno sul muro con forza.
Miriam rimase imperturbabile davanti alla reazione del marito mentre Mattew iniziò a cullare dolcemente la figlia, spaventata dal rumore improvviso.
“Avremmo dovuto ucciderla!” sibilò Nick a bassa voce.
“Zira può ancora essere un pericolo?” chiese Mattew lucidamente mentre Angelica si tranquillizzava.
Miriam si voltò verso di lui e annuì.
Erano in una delle stanze dell’ospedale, Mattew stava seduto sul letto con la figlia in braccio e la stava allattando con il biberon e il latte artificiale.
Miriam era appoggiata contro il muro di fronte a quello dove Nick stava sbattendo la testa ripetutamente.
“È determinata a vendicarsi e Lucia era solo la prima della lista… Lei e Angelica…” si corresse guardando la bambina in cui era stata messa a forza della magia demoniaca.
Mattew spostò di nuovo lo sguardo sulla bambina e sospirò.
“Allora bisognerà fare qualcosa…” sussurrò come se la cosa non lo riguardasse direttamente, come se Zira non avesse ucciso la sua Lucia.
La piccola Angelica si contorse tra le braccia del padre per smettere di mangiare e tornò calma di nuovo quando lui allontanò la tettarella del contenitore.
Con un piccolo sbadiglio, la bambina si addormentò.
“Miriam, che cosa le succederà?” chiese piano Mattew, senza più riuscire a trattenersi dal fare la domanda che più gli premeva.
L’Arcangelo abbassò il capo sconsolata.
“Non lo so…” rispose ma era pienamente consapevole di aver mentito.
 
Nick e Miriam uscirono dalla stanza con lentezza e in silenzio per lasciare padre e figlia ad abituarsi l’uno all’altra.
Mattew aveva bisogno di pensare.
Il giovane aveva molto da mettere in ordine nella sua vita: sua moglie era morta e si era trasformata in un Angelo, era viva ma lui non l’avrebbe mai più potuta vedere o a lei sarebbe spettata la cacciata dal Paradiso nel quale era stata ammessa, sua figlia era una mezza demone per colpa dell’Assassina che aveva ucciso sua madre.
Il ragazzo sapeva che sarebbe stata dura convivere con quel mondo, totalmente diverso da quello che aveva sperato per la sua famiglia, ma sapeva anche di avere una grossa responsabilità, doveva crescere sua figlia, ed era deciso a non tirarsi indietro.
Miriam sospirò e chiuse piano la porta poi si avviò lungo il corridoio ma una mano la afferrò per il polso con forza costringendola a voltarsi.
“Cosa c’è sotto?” chiese Nick perentorio.
La giovane, ormai, quasi non lo riconosceva: era pallido, smunto, non mangiava dal loro arrivo all’ospedale il giorno prima, né aveva dormito da allora, gli occhi, di solito vivaci e gentili, erano cupi e quasi grigi, spenti da un dolore che avrebbe faticato a passare.
Mise una mano sul petto del ragazzo e si guardò intorno: il corridoio era deserto ma si sentivano chiaramente le voci di alcuni infermieri dietro l’angolo.
“Non qui…” lo supplicò.
Nick la guardò con quegli occhi divenuti impenetrabili ma la lasciò e la seguì quando lei gli diede le spalle per dirigersi verso l’esterno.
Uscirono dalla porta principale e davanti a loro trovarono un piccolo parco con erba ormai giallina e alberi dalle foglie di ogni tonalità possibile di rosso, oro, giallo e marrone.
La ragazza fece strada fin nel fitto del giardino in cui erano i soli ad avventurarsi per via delle temperature ormai rigide.
Erano solo le sette ma il sole era già calato e faceva ormai buio, nel parco non c’era nessuno.
Miriam si voltò per guardare Nick negli occhi ma rimase zitta e attese.
Il ragazzo era rigido e fermo, indossava solo la giacca a vento e le sue iridi sparivano alla vista dell’Arcangelo per pochi istanti, coperti dalla condensa del suo respiro.
Non parlava neanche lui ma nei suoi occhi sembrava infuriare una battaglia che li faceva sembrare ora grigi e ora azzurri e che, probabilmente, rispecchiava quella delle emozioni contrastanti in lui: rabbia e dolore, consapevolezza e nostalgia, orgoglio e desiderio di consolazione.
Miriam attese ancora che quello sguardo si quietasse.
Attorno a loro, un alito di vento staccò dai rami una pioggia di foglie di ogni foggia e colore che cadde loro attorno.
Nick chiuse gli occhi e una sola lacrima cadde dalla palpebra destra esprimendo tutta la confusione e la sofferenza del giovane che, nonostante tutto, si era sforzato di essere forte per aiutare il neo padre.
Miriam fece un passo avanti arrivando sotto il mento del Caduto e posò la sua mano morbida e gelida per le temperature sulla sua guancia, altrettanto fredda, senza però asciugare la lacrima ma lasciando che facesse il suo corso e cadesse a terra dal mento di Nick.
Era l’unico sfogo che lui si fosse permesso e lei l’avrebbe rispettato.
Passarono i secondi e passarono i minuti; un quarto d’ora dopo erano ancora lì, Miriam con la mano sul viso di Nick, in totale silenzio mentre la luce attorno a loro era finita e si riduceva a quella di un’unica lampadina sopra la porta a vetri dell’ospedale alle spalle del ragazzo.
Il giovane sospirò.
“La verità, Miriam… A Mattew puoi mentire ma a me no…” sussurrò.
La ragazza annuì e tolse la mano dalla guancia del marito per voltarsi e fare due passi lontano da lui.
Doveva chiarirsi le idee, trovare le parole giuste… E, soprattutto, non riusciva a guardarlo negli occhi mentre diceva tutto ciò che sapevano, in realtà, entrambi.
“Angelica è condannata…” sussurrò.
Il silenzio parve divenire irreale attorno a loro ma Miriam si costrinse a spezzarlo.
“Sarà sempre contagiata: una parte di lei, ora, appartiene al Demonio…” concluse.
Nick gemette e si passò una mano tra i capelli con disperazione.
“Forse se sta a contatto con noi…” azzardò, “Siamo tutti Angeli, forse la nostra influenza basterà a…” ma le parole gli morirono in gola perché Miriam scosse la testa.
“Se la sua anima non fosse corrotta, forse sì…” spiegò la ragazza con amarezza, “Ma non parliamo di qualcosa causato da fatti, scelte o comunque cose esterne… Nick, è già dentro di lei!”
Il ragazzo scosse la testa con forza.
“È solo una bambina!” esclamò alzando al voce, “Non sa nemmeno ancora pensare, per l’Amor del Cielo!”
“Ed è proprio per questo che è persa!” urlò Miriam di rimando voltandosi, “Se fosse stata già adulta, se avesse avuto altri metri di paragone, altri modi di pensare sperimentati da lei stessa… Allora, forse, avrebbe potuto imparare a contrastare ciò che le hanno messo dentro! Ma così non può… Crescerà senza una coscienza, con la sola certezza di poter ottenere tutto ciò che vuole, al di là di cosa è giusto e cosa no… Nick, non saprà mai nemmeno cos’è la differenza tra Bene e Male perché ciò che ormai è nel suo sangue, le impedirà di vederlo e di capirlo, indipendentemente da come noi potremmo provare ad educarla!”
“Ma è ancora piccola! Se noi cerchiamo di farle capire, se la teniamo sotto controllo…” provò ancora Nick ma sapeva che non c’era senso in ciò di cui parlava.
“Se la teniamo al guinzaglio, si ribellerà al morso ancora prima!” lo interruppe Miriam con dolore, “Pensi che mi piaccia l’idea di veder crescere una bambina con la certezza che prima o poi dovrò ucciderla?! Nick, l’unica sicurezza che abbiamo è che, prima o poi, il germe dentro di lei si sveglierà e la porterà a fare cose orribili! Non sarebbe la prima e tu sai che quelli come lei sono i più pericolosi perché non ragionano!”
Nick chinò il capo sconfitto.
Miriam gli si avvicinò.
“Possiamo tenerla con noi, possiamo provare a indirizzarla ma, prima o poi, crescerà: davanti a noi ci sarà una mezza demone violenta e sanguinaria e allora, volenti o nolenti, dovremo neutralizzarla o lasciare che lo facciano i Vendicatori…” sussurrò con tristezza.
Era la decisione più dolorosa che si fosse mai trovata a dover prendere.
Nick non rialzò il capo ma le rispose per le rime.
“Allora perché non l’hai detto a Mattew? Perché non sei in quella stanza a uccidere la bambina?” sussurrò implacabile, “Perché non hai consegnato Angelica agli altri Arcangeli?”
Miriam sobbalzò a quell’accusa implicita ma non ne fu poi così sorpresa: se l’era chiesto da sola molte volte…
“Lucia era anche una mia amica, Nick…” mormorò piano lasciando strada a ciò che sentiva davvero, “Sto pregando che Angelica sia diversa, che il suo nome sia una profezia e che non diventi mai un essere terribile come sembra condannata a fare; ma sto anche cercando di non illudermi… Se le vorrò bene, sarà solo più difficile…”
L’Arcangelo scostò con forza il marito e lo superò tornando, in lacrime, verso l’ospedale.
Nick rimase fermo a guardare per terra, ferito dalle parole della moglie che sapeva essere vere seppur crudeli.
Non voleva arrivare a quello.
Chiuse gli occhi quando le foglie rosse sotto i suoi piedi divennero una chiazza di sangue ma dietro le palpebre trovò una Lucia picchiata, una Lucia morta e una piccola bambina uccisa da un colpo di pistola.



Allora?
Rivelazione dell'ultima ora: Angelica è destinata a trasformarsi in una creatura violenta e sanguinaria...
Che fare? Nè Nick nè Miriam sopportano l'idea di dover arrivare a uccidere la figlia dei loro migliori amici, Mattew non ne avrebbe la forza e Lucia nemmeno...
Cosa succederà alla piccola?
Nel prossimo capitolo ci spostiamo un po' dalla terra e torniamo in Cielo: Epidemia in Paradiso
Spoiler: "
“Quanto sei obbiettiva in questa storia, Lucia?” le chiese l’Arcangelo serio.
La ragazza sobbalzò, come se fosse stata tradita, poi riprese il suo contegno e guardò l’uomo dritto negli occhi.
“Niente…” rispose glaciale."
Vi ho incuriositi?
Se vi va, fatemi sapere...
Alla prossima!
Ciao ciao!
L. Catherine

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Capitolo 16
*** Epidemia in Paradiso ***






Scusate ma vado un po' di fretta...
Perchè? Non lo so, ho una smania di scrivere letteralmente assurda: è come se sentissi di avere troppe parole nel cervello per essere sicura di riuscire a trascriverle tutte...
Molto probabilmente è solo uno dei sintomi della follia mentale...
Comunque, vi lascio al capitolo, ok?
A sotto e mi raccomando: recensite!






16.
 
La ragazza sospirò.
Si appoggiò con i gomiti sulla tavola del piccolo mobiletto toilette che aveva davanti.
Era seduta su una piccola sedia di legno bianco e anche il mobile era candido.
Sotto i suoi piedi stavano piastrelle candide con venature azzurrine e i muri erano color azzurro pastello.
In ognuna delle tre pareti, quella a destra, a sinistra e davanti alla ragazza, c’era un’enorme finestra con infissi bianchi dalla quale si vedeva un cielo blu terso.
Sospirò.
La lastra riflettente dello specchio restituiva un volto delicato, di forma ovale, dalla carnagione chiara, i capelli corvini le erano cresciuti a velocità pazzesca fino ad arrivarle a metà schiena mentre il castano-verde dei suoi occhi era stato sostituito da un grigio-azzurro che le risultava alieno sui suoi tratti.
La ragazza, sui vent’anni, dell’immagine guardava in basso tenendo il mento appoggiato sui dorsi delle mani incrociate e guardava verso il legno sbirciandosi solo di tanto in tanto.
Lucia non si era mai vista a quel modo.
La trasformazione in Angelo l’aveva resa diversa, mostrandole cose che non aveva mai accettato o visto, per esempio: il colore degli occhi indicava sofferenza superata; la lunghezza dei capelli, una certa femminilità; il colore nero della chioma, un carattere solitario e la pelle chiara, la facilità di lettura agli occhi altrui.
Sorrise nello specchio al pensiero che il suo seno, cresciutole di una taglia, la indicasse al mondo come madre.
Tutte le Angelo che aveva visto erano, da quel punto di vista, medie o scarse a indicare il livello di affetto materno provato in vita, ovviamente a parte una.
Zira era stata una donna dal fisico formoso in ogni parte e, a quanto ricordava, lo era ancora.
Una Demone…, pensò la ragazza riportando alla mente la donna che l’aveva uccisa, Probabilmente è proprio il suo posto…
Lucia rialzò gli occhi e si guardò nelle iridi senza pupilla color ghiaccio.
Con lentezza, allungò una mano verso il vetro e sfiorò con l’unghia la superficie liscia.
“Mattew…” sussurrò e la sua voce sembrò riverberare come luce nella stanza, morbida e dolce.
Il riflesso di lei tremolò e sparì mostrando invece un ragazzo dai capelli ricci rossi che cullava dolcemente una piccola bambina, una neonata.
Erano in una stanza d’ospedale, Lucia lo vedeva bene, e accanto al ragazzo, sul letto, stava un biberon mezzo vuoto.
Un stilettata di nostalgia la prese al pensiero che non avrebbe mai allattato la sua piccola Angelica ma poi lo scacciò via, concentrandosi sul fatto che, comunque, almeno la bimba era viva.
Sospirò poi fece un cenno della mano e l’immagine sparì, ritrasformandosi nel suo riflesso.
L’Angelo, però, non era più sola.
Nello specchio, alle spalle della ragazza, un uomo la fissava immobile, in attesa.
“Non ti aiuta…” le disse lentamente, “Puoi anche controllarli per tutto il tempo ma, finché Zira è in circolazione, non saranno mai al sicuro…”
Lucia si alzò e si voltò.
Samuel le fece un cenno del capo come saluto.
La ragazza rispose al gesto poi sospirò e iniziò a torcersi le mani camminando avanti e indietro.
“Lo so ma è più forte di me…” ammise.
Lucia si fermò, prese un respiro profondo poi si girò di nuovo a guardare Samuel.
“Novità?” chiese.
Lui le sorrise dolcemente.
“Forse…”
Lucia attese che continuasse ma Samuel continuò a tacere.
“Allora?” lo incalzò, sorpresa e scocciata.
“Quanto sei obbiettiva in questa storia, Lucia?” le chiese l’Arcangelo serio.
La ragazza sobbalzò, come se fosse stata tradita, poi riprese il suo contegno e guardò l’uomo dritto negli occhi.
“Niente…” rispose glaciale.
A sorpresa, Samuel sorrise.
“Bene…” commentò poi le diede le spalle facendole cenno di seguirlo.
Sbalordita, Lucia gli si incamminò dietro cercando di non fissare le cinque, lunghe strisce frastagliate che percorrevano in diagonale la schiena dell’Arcangelo, dalla spalla destra al fianco sinistro, fu così che notò con sgomento che la parete alle sue spalle era sparita lasciando posto soltanto al cielo, sopra e sotto.
Si voltò indietro ma anche le altre pareti e il mobile a cui era stata seduta erano svaniti per lasciar posto a cielo e nuvole sparse.
Samuel, al limite della nuvola sulla quale si trovavano, rise di gusto nel vederla disorientata poi le porse una mano per farsi raggiungere.
Lucia la prese stordita e gli lanciò uno sguardo supplichevole.
“Ti ci abituerai…” la rassicurò lui, “All’inizio è dura per tutti, ci sono passato anch’io…”
Lucia sgranò gli occhi.
“Tu?” chiese sorpresa.
Samuel alzò gli occhi al cielo.
“Certo che sei una malfidata, eh?” commentò, “Sì, io… Sono un ex-umano come te, lo sono praticamente tutti i Pietosi… Soddisfatta?”
Lucia annuì e Samuel le sorrise.
Poi l’Arcangelo dei Pietosi spalancò due enormi ali candide e si lasciò precipitare nel vuoto davanti a sé.
Lucia lo osservò curvare molti metri più in basso e puntare avanti a sé.
La ragazza sorrise poi chiuse gli occhi, aprì le braccia e sciolse i muscoli della schiena lentamente.
Due rigonfiamenti simili ai lati di una V che però non si toccavano, le crebbero liquidi sulla schiena e si aprirono come se fossero stati arrotolati, spiegandosi fino a prendere la forma di due ampie ali bianche e splendenti.
Lucia assaporò per un istante la sensazione dell’aria fresca che le sollevava scherzosamente le piume e ridacchiò per il solletico poi si lasciò cadere dietro Samuel.
La sensazione di volare era qualcosa di assolutamente unico, incredibile: era come nuotare in dell’acqua che non oppone resistenza, volare era saltare senza preoccuparsi di un atterraggio, era mandare a farsi friggere le regole della gravità.
Era libertà assoluta.
Con un sorrisetto, Lucia si lasciò ancora cadere anche se aveva ormai superato il punto in cui Samuel aveva virato.
Si beò di precipitare ancora un istante poi riprese quota puntando verso l’alto.
Quando arrivò al punto dove l’Arcangelo si era fermato rallentò bruscamente e si limitò a restare sospesa a mezz’aria, guardandosi attorno.
Davanti a lei c’era una sezione di pavimento di marmo bianco a forma circolare nel cui centro stava un treppiede di ferro battuto e decorato con sopra un bacile d’acqua limpida.
Sui bordi, apparentemente in attesa di qualcosa, stavano gli Arcangeli.
Samuel era appena alla sinistra di Lucia e la guardava a braccia incrociate con un’espressione che voleva dire: vieni qui, non farti notare, non combinare altri casini!
Accanto a lui, sempre splendida, stava Valentina con le braccia e il corpo nascosti da un mantello nero lungo fino a terra e con il cappuccio abbassato sul viso che aveva un’espressione seria che si sciolse solo per un istante, il tempo di farle un sorriso per salutarla, prima di tornare algida.
A un paio di metri da Lucia, che intanto si era posata delicatamente sulle piastrelle bianche, sulla destra stava Chiara i cui riccioli biondi stavano stranamente in disordine arrivando addirittura a coprirle il viso.
Accanto a Chiara, una donna minuta dai capelli candidi come la neve nonostante l’età suggerisse i vent’anni e gli occhi leggermente a mandorla si premeva due dita su una tempia e se ne stava ripiegata su se stessa, come se stesse soffrendo.
Lucia non riuscì a incrociare il suo sguardo perché la sua attenzione fu richiamata dal gruppetto dall’altra parte del cerchio: Marcus e Zhacary, a sorpresa, stavano l’uno accanto all’altro senza scannarsi ma con identici sguardi cupi.
Mancavano all’appello Gabriele e Miriam.
Lucia si chiese se l’Arcangelo dei Caduti fosse ancora ammessa all’Assemblea ma non osò porre la domanda ad alta voce.
Riguardò ancora una volta attorno, confusa e disorientata, ma non le fu rivolta parola.
Gli Arcangeli rimasero in silenzio ancora per un istante poi le ali possenti di Gabriele ruppero l’immobilità e l’Arcangelo dei Compassionevoli si unì al gruppo.
“Ci siamo tutti…” commentò Marcus facendo un mezzo passo avanti.
Guida lui l’Assemblea, oggi…, dedusse Lucia ma si limitò ad avvicinarsi a Samuel pur restando un passo dietro di lui alla sua sinistra, indecisa se mostrarsi bene o sfruttare la mole dell’Arcangelo per nascondersi.
Il Pietoso decise per lei prendendo la parola.
“Lucia è qui per ordine mio…” chiarì.
“Ma che stranezza!” commentò sarcastico Zhacary, “Tu e Gabriele siete sempre pronti a far danni!”
“Oh, andiamo!” esclamò scocciata Valentina, “Che danno fa stando qui?”
Zhacary era evidentemente deciso a rispondere all’Arcangelo degli Angeli della Morte con una risposta acida ma tacque sotto l’occhiataccia della giovane e spossata Chiara.
La ragazza dai capelli bianchi gemette e si accartocciò ancora di più piegando le gambe sino a sedersi sui talloni e l’Arcangelo dei Custodi le si piegò accanto stringendole le spalle con delicatezza e sussurrandole qualcosa a bassa voce.
“Cosa succede?” chiese Gabriele aggrottando la fronte mentre fissava le due ragazze.
“Sta male, non si vede?!” bofonchiò Zhacary ma Marcus si intromise.
“La stanno tempestando…” chiarì, “Ma non sappiamo come facciano…”
“Puntano a lei per un motivo preciso?” chiese Valentina spostando gli occhi dalla ragazza a Zhacary.
Lui scosse la testa con tristezza.
“Non lo sappiamo…” ammise, “Io e Marcus le abbiamo provate tutte per aiutarla ma non è un dolore fisico né emotivo…”
Lucia aggrottò al fronte e Samuel diede voce alla sua domanda.
“Che cos’è allora?” chiese l’uomo cupo.
Marcus alzò le braccia al cielo.
“Non lo sappiamo!” esclamò.
“È qualcosa di mai visto…” aggiunse piano Zhacary ma fissava Lucia.
La Pietosanon rispose al suo sguardo e fissò la poveretta che stava gemendo di nuovo.
Samuel sospirò e fece un cenno alla ragazza prima di indicare l’altra.
“Lucia,” mormorò, “ti presento Maria, l’Arcangelo dei Vendicatori…”
Nel sentirsi nominare, Maria alzò a fatica la testa e fissò i suoi occhi in quelli di ghiaccio di Lucia.
La ragazza si ritrovò a sprofondare in un viola intenso e cupo.




Allora: cosa ne pensate della nuova Arcangelo?
Come vi sembra?
Sì che per adesso non fa molto a parte tenersi la testa e mugolare di dolore però...
Chissà: sarà come Zira o si dimostrerà diversa?
Spoiler del prossimo capitolo: "
“E forse non è nemmeno un caso il fatto che sia stata proprio l’Arcangelo dei Vendicatori ad essere la prima colpita, forse è un avvertimento: avrebbe potuto colpire chiunque…” spiegò, “Gioca con noi come il gatto fa col topo…”"
Chissà di chi si parla, eh???
Titolo: Darsi da fare
Scusate la fretta ma, ve l'ho detto, D-E-V-O scrivere! Altrimenti mi verrà una nevrosi di quale tipo (una in più di quelle che mi vengono già normalmente ;)... )
A presto!
Ciao ciao!
L. Catherine

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Capitolo 17
*** Darsi da fare ***






Eccomi qui...
Allora, Maria si è appena presentata ma cos'ha? Perché gli Arcangeli sono così preoccupati?
E, soprattutto, cosa c'entra Lucia?
Scopritelo!
A sotto!





17.
 
Lucia sgranò gli occhi, sbalordita.
L’Arcangelo dei Vendicatori.
Quella ragazza era il nuovo arcangelo dei Vendicatori!
L’Angelo indietreggiò di un passo senza riuscire ad impedirselo, sconvolta.
“Lucia…” la chiamò deciso Samuel e lei si voltò a fissarlo.
Aveva uno sguardo più cupo del solito, quasi ansioso.
“Cosa…?” cercò di chiederle ma il suo cervello si rifiutava di collaborare.
“Arlem ha scelto Maria dopo la Caduta negli Inferi di Zira…” chiarì il Pietoso, “Non è come lei…”
Lucia si calmò un pochino e si rese conto di quanto stupido fosse il suo comportamento: Zira era malvagia ma questo non voleva dire che dovesse esserlo per forza anche Maria.
“Scusate…” sussurrò prima di spostare lo sguardo su Valentina che la stava fissando.
“Abbiamo bisogno di te, Lucia…” sussurrò l’Arcangelo con serietà.
Zhacary sbuffò ma non commentò mentre gli altri Arcangeli spostarono in simultanea gli occhi su Maria.
La giovane aprì la bocca per dire qualcosa ma poi chiuse gli occhi con forza e fece una smorfia di dolore mentre stringeva le labbra per trattenere l’ennesimo gemito.
“Un attacco più forte…” commentò Marcus.
“Un attacco di cosa?!” chiese Lucia senza riuscire a trattenersi, “Un attacco di chi?!”
“Si tratta di un assalto mentale…” spiegò Chiara piantando i suoi occhi color acquamarina in quelli grigio-azzurro della Pietosa, “Entrano nella sua mente, tentano di violarla per prendere i controllo del suo corpo e strapparvi l’anima…”
Lucia sgranò gli occhi.
“Ma non possono su un Arcangelo!” esclamò.
“Possono…” la contraddisse Gabriele, “Solo che finora nessun Demone era stato abbastanza forte da contrastare la potenza di un Arcangelo…”
Lucia si guardò attorno, smarrita.
“Perché finora tutti i Demoni e i Caduti sono stati Angeli…” la incalzò Valentina.
“Ma Zira era un Arcangelo!” urlò Lucia indietreggiando di un passo, “Per questo ce la fa! Perché ha abbastanza energia per combatterla!”
Zhacary annuì cupo.
“E forse non è nemmeno un caso il fatto che sia stata proprio l’Arcangelo dei Vendicatori ad essere la prima colpita, forse è un avvertimento: avrebbe potuto colpire chiunque…” spiegò, “Gioca con noi come il gatto fa col topo…”
“Va fermata adesso…” decretò Samuel con durezza, “Ora che è piena della sua stupida arroganza e non crede che riusciremo a fermarla…”
“E mandiamo un Angelo ad affrontarlo!” esclamò Zhacary astioso, “Noi stessi siamo messi in difficoltà ma lei no! Lei ce la farà, vero Samuel?!”
“Zhacary!” lo rimproverò Valentina con sgomento ma Samuel le fece cenno di tacere mentre fulminava Zhacary con un’occhiataccia.
“Lucia ha un motivo personale che la porta a voler eliminare Zira più di quanto lo vogliamo noi!” replicò, “Zira non sa che è ancora viva ma lo scoprirà presto e, a quel punto, cercherà comunque di ucciderla: diamole la possibilità di difendersi e difendere la sua famiglia!”
Zhacary sbuffò ma poi lanciò un’occhiata a Lucia, soppesandola con lo sguardo alla ricerca di un qualche cedimento ma la ragazza sostenne con determinazione quell’esame, a testa alta.
Sospirò.
“Tanto, uno contro sei!” sbuffò.
“Sette!” lo corresse Gabriele lanciandogli un’occhiata furente.
L’Arcangelo sbuffò di nuovo ma annuì.
“Allora credo che siamo d’accordo…” azzardò Marcus.
Gli Arcangeli si guardarono tra loro per un breve istante poi gli occhi di tutti si puntarono sull’Arcangelo degli Angeli del Dolore.
Lui sbuffò, sospirò e, con riluttanza, annuì poi lanciò un’occhiata truce a Lucia.
“Non farmene pentire!” minacciò.
Lucia annuì seria poi fece un passo indietro e si esibì in un inchinò.
“Sono al vostro servizio, Signori del Cielo…” citò, “Porterò a termine il compito che mi è stato assegnato…”
E, detto questo, voltò le spalle all’Assemblea e si lanciò di nuovo nel vuoto.
Valentina si accostò leggermente a Samuel che osservava la sua protetta volare via.
“Sei certo che ce la farà?” sussurrò con l’angoscia nella voce, “Zira è molto potente…”
Samuel sospirò e non rispose.
“Non abbiamo altra scelta…” si intromise Chiara alzando lo sguardo da Maria, “Lei è forse l’unica per la quale Zira si distrarrebbe: brama troppo la sua morte per pensare di lasciarla diventare un Angelo…”
“Ci conviene sperare che sia così!” sospirò Zhacary, “Perché abbiamo un solo colpo: se non la abbattiamo adesso, dovremo arrivare al corpo a corpo…”
“Un corpo a corpo Paradiso contro Inferno…” sussurrò sconvolta Chiara, “Potrebbe vincere l’una come l’altra fazione…”
“Potrebbero estinguersi entrambe…” aggiunse Marcus, “E se anche non fosse così, si parla di un numero immane di vite stroncate, Angeli e Demoni…”
“E Caduti…” mormorò Gabriele, “Miriam si schiererebbe e i suoi seguaci, ormai, farebbero di tutto per proteggerla: si è conquistata la loro lealtà…”
Gli Arcangeli si lanciarono occhiate ansiose tra di loro e rimasero in silenzio a lungo.
“Senza un luogo dove andare, le anime dei morti continuerebbero a vagare e alcune non si staccherebbero nemmeno dal corpo: sarebbe un disastro!” commentò ansiosa Chiara stingendo appena più forte le spalle tremanti di Maria.
L’Arcangelo dei Vendicatori riuscì a stringere i denti e ad alzare la testa per seguire con i suoi occhi viola acceso il corpo e le ali di Lucia che si restringevano in lontananza.
La sua sopravvivenza dipendeva da quella giovane Pietosa, madre strappata alla sua famiglia.
Per un qualche motivo, la giovane si sentì di sorridere mentre uno strano sollievo la pervadeva riuscendo anche a dare un po’ di pace alla sua anima tormentata.
 
Mattew sorrise quando Angelica, tra le sue braccia, smise di urlare come un avvoltoio.
“Era ora!” commentò guardandola negli occhietti ancora chiusi, “Hai un futuro da soprano, te lo assicuro!”
Un passo pesante che si avvicinava riscosse il ragazzo che alzò lo sguardo.
Nick camminava con le mani sprofondate in tasca tanto forte da rischiare di strappare la stoffa e la testa china fino a toccare il petto.
“Ehy…” lo chiamò il Nephilim.
Il Caduto alzò la testa e lo guardò poi si sforzò di sorridere.
“Ehy…” rispose.
Mattew si preoccupò: non aveva mai visto Nick in quelle condizioni.
Sembrava proprio a pezzi.
“Sicuro di star bene?” chiese.
L’angelo annuì ma le occhiaie che aveva sembravano ustioni, le guance erano scavate e la barba ispida.
“Non mi sembra…” commentò l’altro, “Hai mangiato?”
“Mattew, per favore!” esclamò Nick alzando la voce, “Lasciami stare!”
Il Nephilim sgranò gli occhi, sorpreso da quell’astio improvviso, e Nick sospirò.
“Scusa…” mormorò, “Scusa, sono…confuso…”
Mattew annuì e tornò a guardare Angelica.
“Fa male?” chiese a bruciapelo.
Nick lo guardò aggrottando la fronte.
“Cosa?” chiese.
“Morire…”
 
Miriam scese fino all’ultimo piano del parcheggio sotterraneo guardandosi continuamente alle spalle.
Valentina aveva già chiarito di non amare incontrarla lì ma di meglio non c’era.
Si accontenteranno…, pensò l’Arcangelo dei Caduti sbuffando.
Raggiunto il solito posto si appoggiò alla colonna e alzò la testa: la luce che si era bruciata sotto l’energia prodotta dalle emozioni sue e di Valentina, non era stata sostituita e l’angolo era più buio del resto del luogo.
Era una buona cosa: nessuno sarebbe andato a ficcare il naso nei suoi affari.
Come immaginava la ragazza, non dovette attendere molto prima che qualcuno degli Arcangeli si degnasse di raggiungerla.
Un’ombra tremolò senza preavviso e mutò prendendo forma di un uomo dalle spalle molto ma molto larghe e, infine, Gabriele si materializzò.
“Ciao Miriam…” disse a bassa voce, commosso, mentre la guardava.
La ragazza era non meno emozionata di lui.
“Ciao Gabriele…” sussurrò in risposta.
Si fissarono per un istante poi il Compassionevole la prese per la spalle e la strinse a sé in un abbraccio paterno.
La giovane si sciolse e strinse forte il suo precedente mentore.




Alé: festeggiamo il ritorno di fiamma Gabriel-Miriam!
No, non c'è molto da festeggiare vista la stituazione...
Bene, piaciuto il capitolo?
Cosa risponderà Nick a Mattew? Perché Miriam ha voluto incontrare un Arcangelo? E cosa farà Lucia?
Titolo del prossimo capitolo: Decisioni
Spoiler: "
L’essere rise, in quel suo modo che faceva tremare la terra e accapponare la pelle.
“Molto bene…” rispose compiaciuto, “Ma temo che tu abbia fatto male i tuoi conti…”"
Oh-oh... Chissà chi torna a farsi vedere, eh?
Comunque, ho pubblicato una one-shot drammatica, se vi va di passare: il titolo è La Rosa Amaranto...
Vabbé, alla prossima!
Ciao ciao!
Agapanto Blu

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Capitolo 18
*** Decisioni ***







Eccomi qui!
Sono leggermente di corsa, lo ammetto...
Vi avverto che potrebbero esserci problemi questa settimana e quindi non è detto che riesca ad aggiornare questa storia Lunedì prossimo, né Martedì e Venerdì L'Amore nel Silenzio...
Sto facendo il possibile per arginare questi salti ma temo che per questa settimana sia così... Quindi, per chi legge anche l'altra mia storia in corso, aggiorno oggi L'Amore nel Silenzio anziché domani ma temo che per venerdì non ci sia niente da fare...
Torniamo alla storia, va...
Non ho niente da dire, quindi ci leggiamo sotto, ok?
A sotto!





18.
 
La donna entrò nella sala a passo sicuro mentre i suoi tacchi producevano un incessante ticchettio che rimbombava nell’ambiente circostante.
La stanza attorno a lei era oscurità: le pareti non erano solo nere ma bensì fatte della stessa tenebra strisciante e onnipresente che, con le fiamme dei dannati, costituiva l’Inferno.
Ovviamente non c’erano finestre né fonti di luce alcuna e la cosa non faceva altro che mettere Zira al suo agio: era una Demone Assassina e, come tale, amava il buio e quella sensazione di smarrimento totale che ne derivava.
Raggiunse il centro della camera infinita e il portone si chiuse alle sue spalle bloccando anche la luce rossastra del fuoco.
Quando il nero fu totale, due tagli rossi come il sangue si aprirono davanti a lei e la fissarono penetranti.
Zira si inginocchiò a terra mantenendo il suo sorriso sulle labbra.
“Sei soddisfatta, Zira?” chiese la voce gutturale del Demonio senza forma.
La donna annuì.
“In parte, mio signore…” rispose tranquilla, “Mi restano ancora l’Arcangelo e i suoi due tirapiedi di cui sbarazzarmi, poi potrò davvero dire d’essermi vendicata…”
“E il Nephilim? E la bambina?”
“Il Nephilim lo lascerò vivere: distrutto senza la sua donna… La bambina, invece, sarà presto vostra, a quel punto lui starà ancora peggio…” replicò la donna con un sorriso crudele sulle labbra, “Forse, allora mi deciderò ad ucciderlo…”
L’essere rise, in quel suo modo che faceva tremare la terra e accapponare la pelle.
“Molto bene…” rispose compiaciuto, “Ma temo che tu abbia fatto male i tuoi conti…”
Zira sobbalzò, sorpresa, e rialzò la testa sgranando gli occhi.
“Dove ho sbagliato, mio signore?” chiese sbalordita.
“Dov’è l’anima della ragazza, Zira?” esigette Satana.
Zira rimase sconvolta.
“Non… non so…” ammise.
“L’hai presa quando hai ucciso la giovane?”
La Demone rabbrividì e abbassò la testa.
“No…” sussurrò.
Satana chiuse gli occhi ma la donna non capì se fosse un gesto di esasperazione o di soddisfazione.
“E sai chi l’ha presa al posto tuo?” chiese l’essere.
Zira scosse la testa dopo averla rialzata con confusione.
“Gli Arcangeli…” dichiarò il Maligno.
La donna strinse i pugni, furiosa, ma non disse nulla.
“E sai quale Arcangelo?” la pungolò ancora lui.
Zira lo guardò confusa.
“Valentina…” rispose esitante.
Era lei che prendeva le anime e le portava in Paradiso, era compito suo in quanto Arcangelo degli Angeli della Morte.
“Sì, prima l’ha presa lei… Ma poi no…” replicò l’essere, “L’ha presa Samuel…”
Zira spalancò la bocca per replicare che non aveva senso che Samuel andasse a prendere un’anima ma poi fece due più due.
“L’ha trasformata!” urlò sconvolta saltando addirittura in piedi, “L’ha resa un Angelo!”
“Una Pietosa, ad essere precisi… Ha delle ali candide e enormi, e il compito di eliminarti…”
Zira ruggì, furibonda.
“Maledetta!” gridò, “Maledetta!”
“L’Assemblea in totum le ha dato la facoltà, e l’ordine, di ucciderti…” rincarò la dose l’altro.
Zira era furiosa oltre ogni dire, respirava affannosamente, le sue mani erano strette a pugno tanto forte da essere divenute bianche e i suoi denti si erano allungati ancora di un centimetro buono per la voglia di attaccare l’anima di Lucia.
“Ah sì?!” strillò, “Lo vedremo chi morirà! Lo vedremo!”
“Hai intenzione di permetterle di portare a termine la sua missione?” chiese Satana solenne ma con voce bassa e suadente.
“Mai!” replicò Zira a voce alta, la bava alla bocca.
“Allora va’!” ordinò il Signore delle Tenebre facendo spalancare il portone dal quale la Demone era entrata, “Va’, sbarazzati di lei una volta per tutte e torna solo a lavoro ultimato!”
“Come desiderate!” replicò Zira dandogli le spalle e uscendo a grandi falcate dalla sala.
 
Nick sobbalzò alla domanda dell’amico.
“No…” sussurrò, “Morire non fa male…”
Mattew annuì cullando ancora Angelica.
“Allora non devi essere triste per lei…” mormorò, “Io non lo sono…”
Nick piegò la testa da un lato.
“Lo eri…” ricordò, “Come fai ad essere felice?”
Mattew fece una mezza risata senza staccare gli occhi dalla figlia.
“Io non sono felice, Nick…” rispose, “Felice è un’altra cosa… Io sono rassegnato… Mia moglie è morta, è vero, ma ora vive in Paradiso ed è addirittura un Angelo! È là e mi guarda, vuole che vada avanti per me e per lei…”
Il Caduto spostò lo sguardo sulla bambina, minuscola tra le braccia del padre, che si muoveva alla ricerca della posizione migliore.
Mattew sorrise e riprese.
“Angelica è piccola, non potrebbe farcela senza di me…” sussurrò, “Devo starle vicino ed essere forte per lei…”
“Ma Lucia…” tentò Nick ma Mattew scosse ancora la testa.
“Lucia è viva e sa che è così che deve andare…” replicò, “Ma, finché Angelica vive, lei esiste anche sulla terra… Lucia è un pezzo di Angelica e vorrebbe solo che nostra figlia crescesse felice...”
Nick abbassò la testa sotto quel discorso e si sentì in imbarazzo perché lui, che era un amico di Lucia, non riusciva a rassegnarsi alla sua morte, mentre suo marito ce l’aveva fatta.
Mattew capì e gli si avvicinò, tenne la figlia con un braccio solo e posò la mano dell’altro su una spalla all’amico.
“Devo proteggere Angelica, Nick…” sussurrò, “O il sacrificio che ha fatto Lucia sarà inutile: ha dato la vita per far nascere nostra figlia, non posso essere io a farla morire…”
Nick alzò la testa e incrociò gli occhi verdi dell’amico.
In quegli smeraldi lesse un dolore atroce e mai sopito ma quantomeno mitigato dalla pace di avere la propria figlia salva e la moglie ancora viva, da qualche parte.
Annuì triste.
“Hai ragione…” sussurrò, “Ma fa paura lo stesso…”
Mattew rise amaramente.
“Lo so...” rispose.
 
Gabriele sgranò gli occhi.
“Ma sei impazzita!” esclamò, “Non puoi davvero voler proporre una cosa simile all’Assemblea!”
Miriam rimase impassibile e non cedette di un millimetro.
“Posso e lo farò!” replicò decisa, “È la cosa giusta da fare!”
“La cosa giusta?!” ripeté sconvolto il Compassionevole, “La cosa giusta?! Ma ti sei ascoltata?! Stai parlando di chiedere agli Arcangeli di lasciare in vita una Mezzademone! Di lasciare che cresca indisturbata e diventi un mostro!”
“Sarà sotto la mia diretta responsabilità, Gabriele!” replicò ancora Miriam, “Forse possiamo annullare quella maledizione se la teniamo a contatto con un Arcangelo!”
“Forse, forse… Miriam, dannazione! Con i 'forse' non si fa nulla!” urlò l’uomo, “Potrebbe rivoltarsi contro di te!”
“Potrebbe anche non farlo!” strillò Miriam a sua volta, “Questa potrebbe essere la cura e, se non tentiamo, avrai per sempre sulla coscienza la morte di una bambina che non ha nemmeno mai aperto gli occhi!”
Gabriele indietreggiò, colpito dall’accusa, e Miriam si riprese.
La donna fece un respiro profondo e si calmò un poco prima di riprendere a parlare.
“Gabriele…” sussurrò placida, “Voglio solo darle una possibilità, solo provare…”
“E se non funzionasse?” replicò lui.
Miriam deglutì a fatica ma trovò la forza di costringersi a rispondere con la sua parola solenne a quella domanda carica di sottintesi.
“Allora mi farò da parte e vi permetterò di fare ciò che va fatto senza interferire…”
“Ma non la ucciderai…”
Miriam scosse la testa con forza.
“Non puoi chiedermi di uccidere a sangue freddo la figlia della mia migliore amica…” sussurrò con decisione, “Né ora, né mai… Lucia e Mattew hanno fatto tanto per me e Nick e questo è il mio modo di sdebitarmi, l’unico che mi resta ora che lei è lassù…”
Gabriele la guardò cupo, sospirò e, infine, annuì.
“Ti capisco e, per quanto pazzesco sembri, mi sento anche di approvarti…” sussurrò, “Esporrò la tua richiesta in Assemblea e porterò il tuo voto, poi si vedrà… Ma non ti prometto proprio nulla, sia chiaro! È una follia!”
Miriam sorrise e abbracciò di slancio l’Arcangelo dei Compassionevoli.
“Basta e avanza, Gabriele! Basta e avanza!” sussurrò, “Grazie!”
L’Arcangelo dei Compassionevoli sospirò sconfitto mentre rispondeva al gesto con esitazione e confusione.




Bene... Mi viene da dire che Miriam l'ha sempre vinta, ma in fondo va benone così :)...
Allora, Zira adesso sa, ha scoperto che la sua vittima le è sfuggita, ed è decisa a eliminarla... Al contempo, anche la sua vittima è decisa a eliminare lei, quindi che si fa?
Vi avverto che siamo esattamente a metà racconto...
Il titolo del prossimo capitolo sarà: Ninna nanna...
Spoiler: "
“Va bene…” crollò, “Mi arrendo: rinuncio a dare un solo senso logico a tutto questo!” poi si rivolse a Miriam, “La terresti ancora un po’? Voglio mettere in ordine la nostra camera…”
Miriam annuì senza dir nulla ma guardando il Nephilim con tutta l’ansia del mondo: ancora diceva nostra, ancora parlava di un noi."
Il prossimo capitolo non sarà fondamentale per la storia ma traghetterà dalla situazione di stallo in ospedale a quella un po' diversa di casa Orlean e, vi avverto, mostrerà la tristezza di Mattew in tutta la sua schiacciante desolazione...
Come farà Mattew a tornare a vivere nel luogo dove ha passato tutto il tempo con la sua Lucia, ora che lei non è più con lui?
Con che coraggio si sbarazzerà della sua roba?
Detto questo, vi lascio!
A presto!
Ciao ciao!
Agapanto Blu

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Capitolo 19
*** Ninna nanna ***






Scusatemi, scusatemi, scusatemi!
Purtroppo sono davvero tanto di corsa...
Ci leggiamo sotto, ok?
A sotto!





19.
 
Con attenzione, Mattew prese in mano l’ovetto dove Angelica dormiva placida dopo essere crollata, cullata dal motore dell’auto che procedeva dall’ospedale verso casa.
Nick e Miriam erano andati con Mattew e lo attendevano in piedi sulla soglia chiusa mentre lui prendeva la figlia lentamente, cercando di non svegliarla.
“Eccoci a casa, bimba…” commentò a bassa voce il ragazzo mentre raggiungeva la porta e la apriva.
La chiave girò nella toppa e la serratura scattò come al solito.
Nick e Mattew entrarono ma Miriam si fermò un istante sulla soglia.
Sulla veranda della casa accanto, due vecchietti guardavano la casa con tristezza ed entrambi vestivano di nero.
La ragazza lanciò un’occhiata verso l’interno della casa poi indietreggiò e raggiunse la coppia con un’espressione da punto interrogativo.
I due le vennero incontro e le porsero la mano presentandosi come i vicini di Lucia.
“La conoscevate bene?” chiese Miriam stringendo le braccia al corpo per il freddo.
La signora annuì.
“La casa era di nostro figlio, l’hanno comprata da lui… Lucia è sempre stata una cara ragazza…” mormorò con gli occhi lucidi.
Miriam annuì.
“E lei è…?” chiese l’uomo.
Miriam si presentò.
“Ero un’amica di Lucia quando viveva a Victoria…” spiegò, “Ci chiamò per venire qui durante gli ultimi giorni della gravidanza…”
L’uomo annuì.
“Dica a Mattew che, se ha bisogno di qualcosa, noi ci siamo…” aggiunse mentre la ragazza già si stava allontanando.
Miriam annuì, salutò i due con un gesto della mano e poi entrò in casa.
L’appartamento era sempre il solito, sempre uguale.
Le giacche di Lucia erano ancora appese all’attaccapanni, la sua borsa e le sue scarpe subito sotto, il suo viso sorrideva sempre nelle fotografie sul mobile accanto alla porta.
Miriam fece piano due passi avanti e lanciò un’occhiata fugace alla camera dei due proprietari di casa: sul letto, piegati e puliti, stavano dei pantaloni e una grossa maglia bianca da donna, probabilmente quelli che Lucia avrebbe voluto indossare quella mattina, quando Angelica era nata.
Una lacrima si annidò nell’occhio destro della ragazza ma lei chiuse e riaprì rapidamente le palpebre così da cancellarla.
Con un sospiro, riprese a camminare verso la cucina dove trovò Mattew che cercava di far mangiare un po’ Angelica, svegliatasi nel frattempo, per calmarla ma, imperterrita, la piccola strillava come un’aquila.
Nick guardava la scena, così confuso da non riuscire nemmeno a riderne, incerto sul da farsi.
Miriam alzò gli occhi al cielo e fece due passi avanti, raggiungendo Mattew, dopodichè allungò le braccia per chiedere la bambina.
“Posso?” chiese.
Mattew le passò Angelica con un’attenzione totale e intanto sospirò.
“Attenta che si dimena…” la avvertì, “Non capisco proprio cos’abbia!”
Miriam prese la bambina dolcemente e iniziò a cullarla lentamente.
La piccola iniziò a urlare un po’ più piano.
La ragazza, incoraggiata, iniziò a canticchiare piano una melodia cantilenante in una lingua strana e gutturale che, però, suonava rassicurante.
Angelica smise di piangere e si rilassò sulle note di quell’antica ninna nanna.
“Ha solo voglia di un petto un po’ più morbido…” scherzò la ragazza a bassa voce prima di riprendere a cantare la sua melodia.
“Cos’è?” chiese confuso Mattew ascoltando la canzone, “Non ho mai sentito una lingua simile…”
Nick rise piano.
“Per forza: è estinta da millenni!” replicò.
Mattew lo guardò sconvolto.
“Era la ninna nanna che ci cantavano quando eravamo piccoli…” spiegò Miriam interrompendosi e riprendendo a cantare per poi fermarsi e parlare di nuovo, “In una tenda di pelliccia nel nord del mondo…”
Nick sorrise al ricordo e Mattew fece correre lo sguardo dall’una all’altro con stupore poi alzò gli occhi al cielo.
“Va bene…” crollò, “Mi arrendo: rinuncio a dare un solo senso logico a tutto questo!” poi si rivolse a Miriam, “La terresti ancora un po’? Voglio mettere in ordine la nostra camera…”
Miriam annuì senza dir nulla ma guardando il Nephilim con tutta l’ansia del mondo: ancora diceva nostra, ancora parlava di un noi.
Lui le sorrise, diede una pacca sulla schiena a Nick e uscì.
Il ragazzo lo guardò uscire poi scambiò uno sguardo preoccupato con la moglie.
La piccola Angelica, indispettita dal silenzio improvviso, sembrò sul punto di rimettersi a piangere e Miriam riprese a cantare.
È perché c’era il silenzio quando sei nata, vero?, immaginò di chiederle, Perché, per te, il silenzio è una cosa brutta che vuol dire che qualcuno è andato via per sempre e non tornerà più…
Nick lanciò un’occhiata alla moglie che cantava poi si alzò e raggiunse Mattew nella camera da letto.
 
Il silenzio era totale, perfino Miriam aveva smesso di cantare, e Mattew si ritrovò a fissare in trance gli abiti di Lucia appoggiati sul materasso.
Erano i pantaloni che le aveva regalato lui e la magliettona bianca che gli piaceva tanto su di lei, a parer suo le donava.
Il ragazzo sentì una stretta al cuore e si sentì crollare addosso, di colpo, il peso della morte di Lucia, della sua Lucia.
Non ce la faccio…, si ritrovò a pensare.
Si ripeteva nella testa quell’unica frase, con ossessività, mentre una parte di lui gli chiedeva di reagire e un’altra di lasciarsi travolgere dal dolore perché lui era lì e stava bene ma non era riuscito a fermare Zira.
Non ce la faccio…
Non l’aveva nemmeno vista e, mentre lui se ne stava in piedi inebetito, quella donna uccideva sua moglie.
Non ce la faccio…
Lucia non c’era più, forse viveva come un Angelo ma, comunque, lui non l’avrebbe mai più rivista, era come se fosse morta solo per lui.
Non ce la faccio…
Angelica sarebbe cresciuta e forse le sarebbe assomigliata; avrebbe vissuto accanto alla prova tangente di ciò che aveva fatto e di ciò che non era riuscito a fare.
Non ce la faccio…
E se fosse impazzito? Se avesse fatto del male ad Angelica come il patrigno di Lucia aveva fatto a lei? Non sarebbe nemmeno stato il primo: la cronaca era piena di casi simili.
Non ce la faccio…
Doveva essere forte per portare avanti la sua famiglia da solo, ma come poteva? Riusciva a malapena a badare a sé stesso, era stata Lucia a occuparsi di aiutarlo a non dimenticare nulla, a non sbagliare; senza di lei come poteva?
Non ce la faccio…
Una vita senza Lucia.
Non ce la faccio…
Al mattino si sarebbe svegliato da solo nel letto, sarebbe andato a lavoro senza aver nessuno a cui preparare la colazione, non avrebbe ricevuto una telefonata da nessuna donna che si sarebbe svegliata allegra nella sua camera, nessuna lo avrebbe baciato sulla porta prima di uscire per andare al suo lavoro, non avrebbe avuto nessuno da passare a salutare al locale quando faceva tardi la sera.
Non ce la faccio…
Nessuna gli si sarebbe sdraiata accanto nel silenzio e nel buio della camera da letto di notte, nessuna lo avrebbe abbracciato da dietro baciandogli il collo e premendogli addosso le gambe gelate, non avrebbe avuto nessuna con cui lamentarsi di quello per poi cedere sotto i mugugni, voltarsi e abbracciarla scaldandola.
Non ce la faccio…
Una vita da solo ma con Angelica da crescere: a chi l’avrebbe lasciata al mattino?, come avrebbe fatto a crescerla senza l’aiuto di sua moglie?
Non ce la faccio…
Quando, come in quel momento, avrebbe avuto paura, nessuna ragazza dai capelli neri e gli occhi grigio-verdi sarebbe spuntata dal buio per abbracciarlo senza parole e calmarlo.
Non ce la faccio…
Si avvicinò al letto e fece scivolare le dita sulla stoffa morbida degli abiti della moglie.
Non ce la faccio…
Sotto il suo tocco, un leggerissimo profumo si alzò dal tessuto. Un profumo che gli umani non avrebbero percepito ma che lui, Nephilim, inspirò con tutta la forza che aveva: l’odore dolce, delicato di Lucia, quell’aroma di biscotti, di casa, di amore.
Quell’odore che non avrebbe mai più sentito.
Non ce la faccio…
Mattew prese in mano la camicia, la strinse forte tra le dita iniziando a bagnarla di lacrime salate, piangendo senza più ritegno.
Non ce la faccio…
Non ce la faccio…
Non ce la faccio…
“Mattew…” sussurrò piano una voce carica di dolore.
Mattew non si voltò ma accolse con riconoscenza la mano che Nick gli mise sulla spalla.
Il Caduto guardò l’amico con un’espressione smarrita e confusa.
Non poteva aiutarlo ma avrebbe tanto voluto poterlo fare piuttosto che restarsene lì, impalato, a cercare di risanare un cuore spezzato con una sola, stupida e inutile mano su una spalla.
E, nonostante questo, strinse la presa cercando di comunicare tutto il suo dolore.
Nella cucina, Miriam continuava a cantare senza che Mattew sapesse dire quando lei avesse ricominciato.
 

Quando, dentro al bosco scuro,
le nere bestie attaccheranno,
con la luce della Luna,
gli uomini forti combatteranno,
e le donne, ritte e fiere,
senza mai lamento alcuno,
tra le tende e gli animali,
le famiglie attenderanno…
 
E tu, figlio, ancor piccino,
che combattere non puoi,
con la luce della Luna,
chiudi gli occhi e sogna un po’,
perché il tempo per morire,
troppo presto arriverà,
e con la luce della Luna,
ognun di noi un dì cadrà…
 
Chiudi gli occhi, dormi ora,
finché lieto ancora puoi,
e nel sogno tuo sincero,
sogna amor per tutti noi…


 

 

Oltre allo stendere un velo pietoso sulla canzone finale che dovrebbe essere una ninna nanna ma essendo di mia invenzione fa letteralmente schifo, vorrei chiedervi di scusarmi per queste incertezze sulle pubblicazione di questi ultimi tempi...
Mi dispiace: vi assicuro, però, che sto facendo del mio meglio...
Ora veniamo al prossimo capitolo...
Titolo: Angeli di neve
Spoiler: "
La ragazza sentì il cuore nel petto stringersi mentre guardava dalla finestra.
Nella strada alle sue spalle non passava neanche un’auto ma non se ne sorprendeva.
I suoi occhi, la sua attenzione e il suo amore erano tutti per il Nephilim che, nella camera, piangeva stringendo i suoi vestiti."
E non credo sia difficile capire di chi stiamo parlando...
Scusate davvero, ma sono proprio di fretta...
Ringrazio di cuore quelli che hanno voluto comunque recensire lo scorso capitolo e a quelli che vorranno recensire questo...
A presto!
Ciao ciao!
Agapanto Blu

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Capitolo 20
*** Angeli di neve ***






Eccomi!
E, fi-nal-men-te, ci siamo!!! ù-ù
Lucia torna in campo, ragazzi!
Avviso subito che si tratta di un capitolo d'assestamento quindi non prendetevela a male se non succede praticamente niente, è solo una questione di tempo...
A sotto!





20.
 
La ragazza sentì il cuore nel petto stringersi mentre guardava dalla finestra.
Nella strada alle sue spalle non passava neanche un’auto ma non se ne sorprendeva, vista l'ora tarda.
I suoi occhi, la sua attenzione e il suo amore erano tutti per il Nephilim che, nella camera, piangeva stringendo i suoi vestiti.
L’Angelo chiuse gli occhi soffocando l’impulso di raggiungere il marito.
Le note malinconiche della ninna nanna di Miriam finirono e Lucia rimase immobile, cercando di convincersi di essere lì solo per l’Arcangelo e non per la figlia.
Ma Miriam entrò nella camera con lentezza, gli occhi puntati sul minuscolo fagotto d’abiti che teneva attentamente tra le mani.
Angelica.
Lucia sentì il suo cuore, già fermo, rompersi un’altra volta e poi risaldasi, più forte di prima, quando l’Arcangelo porse la piccola a Mattew che la alzò sorridendole nonostante le lacrime.
Da quella posizione, Lucia potè vedere ogni tratto della figlia che aveva messo al mondo senza mai sfiorare una volta.
Era bellissima.
Più bella di quanto sembrasse dal Cielo, più bella di qualsiasi fantasia lei avesse mai fatto sul figlio che portava in grembo.
Era la bimba più bella del creato.
L’Angelo rimase ferma a fissare la bambina poi percepì qualcosa, come un tocco delicato sul viso, e alzò gli occhi.
Miriam la guardava.
Subito, la Pietosa si portò un dito alle labbra e scosse la testa.
L’Arcangelo dei Caduti rimase impassibile.
“Scusatemi…” disse ai due ragazzi, “Ho bisogno d’aria… Subito…”
Senza che nessuno la fermasse, Miriam uscì a passo di marcia dalla camera e, a malincuore, Lucia si spostò dalla finestra per recarsi sul retro della casa e aspettarla lì.
Due secondi e la donna bionda comparve.
Le due rimasero immobili, frontali, aspettandosi che l’altra parlasse per prima.
Però non c’erano parole per quello che avevano passato entrambe.
Si fissarono per alcuni minuti poi, insieme, cedettero e si buttarono l’una tra le braccia dell’altra piangendo.
“Luci!” singhiozzò Miriam.
“Miri!”
Rimasero lì, strette l’una all’altra, rassicurandosi a vicenda poi si decisero a staccarsi per guardarsi negli occhi.
“Grigi…” sussurrò Miriam annuendo e continuando a piangere insieme, “Ti stanno bene…”
Anche Lucia piangeva ma si lasciò sfuggire una mezza risata.
“Mi stanno bene?” la citò, “Stiamo parlando del colore degli occhi…”
“E che altro vuoi che ti dica?” chiese Miriam sorridendo tra le lacrime, “Che ti voglio un bene assurdo?”
“Sarebbe carino…”
“Oh, Luci!”
 
Lucia si lasciò cadere seduta a terra, accanto a Miriam che già sedeva guardando il cielo.
“E così sei una Pietosa…” sussurrò poi annuì, “Mi sembra adatto a te…”
Lucia sorrise grata all’amica poi sospirò.
“Non è una visita di piacere la mia…” mormorò.
Miriam annuì.
“Lo immaginavo…” sussurrò rabbuiandosi, “Non c’è nulla di piacevole in una scena come quella…”
L’Angelo annuì.
“Ti occuperai di loro? Per me?” osò chiedere, tesa.
Miriam la guardò seria.
“L’avrei fatto comunque, Lucia: non hai bisogno di chiedermelo!” decretò e l’altra si rilassò un poco.
Lucia iniziò a guardare a terra, osservò la neve immacolata attorno a lei e le impronte sue e di Miriam.
Dovrò cancellarle in qualche modo…, si disse.
“Lucia…” la chiamò piano Miriam.
Lei la guardò.
“Perché sei qui?” chiese l’Arcangelo seria.
Lucia prese un respiro profondo poi si decise a vuotare il sacco.
“Devo uccidere Zira…” dichiarò e poi aggiunse, interrompendo l’ovvia contestazione dell’amica, “Per conto dell’Assemblea…”
Miriam richiuse le labbra.
“Non ne ero informata…” mormorò.
“Non potevi votare per questa storia: in quanto Caduta, sei esonerata dalle regole del Paradiso quindi non puoi votare per esonerare qualcun altro…”
Miriam annuì ma non sembrava convinta.
“Ti hanno detto di passare o sei venuta di tua spontanea volontà?” chiese.
“Sono qui per conto mio…” ammise Lucia, “Sono certa che Zira non abbia finito: vuole vendicarsi di tutti e questo comprende te, Nick, Andrea e Mattew…”
Miriam si irrigidì notando che l’amica non aveva menzionato Angelica.
“Lo sai?” chiese con la voce ridotta a un soffio.
“Cosa? Che mia figlia è maledetta?” chiese dura, “Sì!”
Miriam non rispose, aspettando che Lucia si calmasse.
L’Angelo prese un respiro profondo.
“Scusa…” sussurrò, “Non è colpa tua…”
Miriam le sorrise e, piano, le posò una mano sulla guancia.
“Non ti scusare: hai tante cose a cui pensare…” le rispose tranquilla.
Rimasero ferme un istante, assaporando quel contatto minimo che era l’ennesima prova del fatto che fossero ancora entrambe assieme, poi Miriam sorrise.
“Allora!” chiese, “Cosa vuoi?”
“Tieni gli occhi aperti!” le disse Lucia, “Aspettati sempre il peggio: io non sarò mai troppo lontana ma, quando troverò Zira, si tratterà davvero di combattere quindi devi promettermi che li porterai via se si dovesse arrivare allo scontro con loro nei paraggi!”
Miriam sgranò gli occhi.
“Vuoi batterti con una Demone Assassina da sola?!” chiese sconvolta, “Lucia è pericolosissimo!”
La ragazza le sorrise e le fece l’occhiolino.
“Tranquilla che ho i miei assi nella manica!” replicò allegra poi tornò seria, “Allora?”
Miriam annuì decisa.
“Li proteggerò, conta pure sul mio aiuto!” rispose.
Lucia la guardò con le lacrime agli occhi.
“Grazie…”
Miriam le sorrise.
“Di’ la verità: sapevi di poter contare su di me e hai pensato di giocare una partita vinta in partenza…” scherzò.
Lucia guardò l’amica a lungo: gli occhi cerchiati dalle occhiaie, le guance leggermente scavate, le labbra screpolate dal freddo e i capelli spettinati.
Gli angeli non invecchiavano ma, per un istante, pensò davvero che fosse possibile.
D’istinto, colmò la poca distanza tra lei e l’amica per abbracciarla con forza tornando a piangere.
“Mi sei mancata…” le sussurrò all’orecchio.
Dopo un istante di smarrimento, l’Arcangelo rispose all’abbraccio con forza.
Le due amiche rimasero strette l’una all’altra per un lungo istante fino a che il cielo non si fu fatto scuro e la Luna ebbe iniziato a brillare, alta e piena.
Allora si alzarono in piedi e si guardarono dritte negli occhi.
“Fa’ attenzione a te…” sussurrò Miriam.
“Fa’ attenzione a te e a tutti…” replicò Lucia.
L’Arcangelo fece un passo indietro e l’Angelo spiegò silenziosamente le enormi ali candide che brillavano fioche nel buio della notte.
Rimasero ferme ancora un po’…
“MIRIAM!” si sentì una voce chiamare dalla facciata della casa.
La donna non faticò a riconoscere il marito.
“È Nick…” mormorò solo.
Lucia annuì ma esitò.
“Che c’è?” chiese la bionda.
“Senti…” azzardò la mora, “So che non potrai dire a Mattew e agli altri che mi hai parlato ma… Potresti… Potresti fargli sapere che… che gli voglio tanto bene…? A loro e ad Angelica, un giorno…”
Miriam annuì seria.
“Vai ora…” sussurrò.
L’Angelo si piegò sulle ginocchia poi spiccò il volo fino al tetto della casa.
Lì si paralizzò.
Le impronte!, ricordò Lucia e guardò giù.
Miriam le annuì poi si sdraiò a terra, sulla schiena, coprendo i segni e allargò braccia e gambe per poi richiuderle e riaprile per un bel po’ di volte.
Lucia sentì una fitta al cuore.
“Sono qui, Nick!” chiamò la donna ignorando gli occhi dell’amica e guardando fisso il cielo.
Il ragazzo la raggiunse, confuso.
“Cosa fai?” le chiese piano, “Tutto bene?”
Miriam annuì.
“Sto cercando di far capire a Lucia che le vogliamo ancora bene…” sussurrò, “Sto facendo gli angeli di neve…”
Lucia sapeva che Miriam non stava mentendo, e si sentì ancora più grata al Cielo degli amici che aveva avuto in vita quando, dopo un solo istante di esitazione, Nick si sdraiò a terra accanto alla moglie e fece a sua volta un angelo di neve.
“Ci manchi tantissimo, Lucia…” sussurrò il ragazzo chiudendo gli occhi.
Lucia si voltò e volò via con uno strano misto di affetto e senso di colpa che le opprimeva il petto.




Allora?!
Cosa ve ne pare?!
Dal prossimo capitolo, però, si fa sul serio ragazzi miei: bando ai sentimentalismi, si passa al lavoro...
Lucia ha una missione, il suo primo obiettivo è, però, trovare il suo bersaglio... La domanda è: come?
E se, durante questo difficile lavoro, saltasse fuori...una sorpresa?!
Attenzione, cari lettori: si prevede un colossale colpo di scena!
Titolo: Macchie e informazioni
Spoiler: "
L’Angelo spostò la figlia su un braccio solo e con la mano dell’altro sfiorò il punto umido e poi si portò le dita al naso.
“Impossibile!” mormorò."
Oh-oh: cosa sarà successo di così impossibile?!
Ovviamente non ve lo dico: non vorrete mica che vi rovini la sorpresa, no?!
A presto!
Ciao ciao!
Agapanto Blu

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Capitolo 21
*** Macchie e informazioni ***







Ed ecco come rendere incredibile il ritorno di una scrittrice: farla comparire perennemente in ritardo...
Vabbé...
Allora, mi sento in dovere di dirvi che, iniziando la settimana prossima la scuola, potrebbe esserci un cambio nel giorno settimanale di aggiornamento: farò il possibile ma non so ancora il mio orario quindi...
Direi che è tutto quindi vi lascio al capitolo, ok?
A sotto!





21.
 
Sbuffò seccata.
Era tardi e stava aspettando da troppo tempo.
Iniziò a battere il piede ritmicamente senza mutare però la sua posa: appoggiata al tronco della quercia con la schiena, teneva le braccia incrociate davanti al petto e il viso impassibile rivolto al cielo.
I suoi sensi erano in allerta e attendevano di percepire qualsiasi cosa che interrompesse quella calma innaturale che pervadeva il parco.
Passi rapidi, affrettati, si dirigevano verso di lei facendo scricchiolare il ghiaino sotto le suole delle scarpe e un respiro affannoso che rivelava una lunga corsa.
La ragazza fece un rapido sorriso soddisfatto poi tornò gelida e attese che il suo ospite la raggiungesse sudandosi con la fatica il perdono per il ritardo.
L’uomo la raggiunse e si fermò a rispettosa distanza, in silenzio per riprendere fiato.
La ragazza lo fulminò con le sue gelide pupille grigie.
“Ti aspettavo mezz’ora fa…” ricordò all’essere davanti a lei.
Sarebbe potuto sembrare un umano ma lei sapeva che non lo era.
L’uomo sui cinquant’anni aveva corti capelli, neri nella poca luce notturna, e un incarnato abbastanza scuro; i suoi tratti erano difficili da intuire nell’oscurità ma il naso imponente e gli occhi grandi erano comunque intuibili nonostante questi ultimi fossero chiusi.
“Lo so…” ammise ansante l’essere, “Miriam mi ha fatto il terzo grado…”
L’Angelo alzò un sopracciglio.
“Cosa voleva sapere?” chiese senza dare alla voce nessuna inflessione nonostante la sorpresa che provava.
“Quello che vuoi sapere anche tu, no?” replicò l’uomo, “Con in più delle informazioni sulla bambina…”
La ragazza scosse la testa.
“Tu non le hai detto nulla, vero?” chiese lasciando che l’essere percepisse la minaccia nella sua voce.
Lui deglutì vistosamente.
La giovane dovette trattenersi dal sorridere: davanti a lei stava un Demone.
Uno dei pochi Demoni che si erano pentiti ed erano riusciti a fuggire dall’Inferno senza che Satana li uccidesse.
Erano pochissimi perché raramente il Signore degli Inferi ammetteva defezioni o mancava il bersaglio.
La ragazza non si stupì affatto che il Diavolo non si fosse preso il disturbo di uccidere Quel Demone: un fifone che temeva una come lei…
Tra l’altro, in realtà, lui non aveva niente da temere perché lei non avrebbe potuto fargli del male senza incappare in qualche problema.
Ma, in fondo, perché dirglielo?
La ragazza si tolse una ciocca corvina dagli occhi e la portò dietro un orecchio poi si staccò dall’enorme quercia cui era rimasta attaccata e si avvicinò al Demone fino ad arrivargli di fronte.
“Vero?” ribadì.
Lui si affrettò ad annuire ma aveva la fronte imperlata di sudore.
Lucia ne dedusse che doveva aver paura di essere spedito all’Inferno come anima in pena e di subire quindi le ire della creatura che aveva abbandonato.
“Vero, però…” il Demone deglutì di nuovo, “Credo che non mi abbia creduto del tutto…”
E ci credo!, pensò Lucia seccata, Non la daresti a bere a un bambino!
“Di questo non preoccuparti: che informazioni hai, quindi, per me?” chiese però.
Il Demone annuì.
“Io so cos’è un Demone Assassino e credo anche di poterti aiutare a individuarli…” spiegò.
Lucia lo guardò scettica.
“Nemmeno sai il nome di chi sto cercando!” sbottò.
Lui scosse la testa.
“Non serve…” mormorò.
Lucia lo fissò dubbiosa per un istante poi indietreggiò di un passo per dargli aria.
“Parla.” ordinò perentoria.
“I Demoni vengono divisi in base alla loro occupazione…” sussurrò l’uomo, “In tre gruppi: Punitori, che si occupano delle anime da torturare; Guardie, che combattono contro gli Angeli per la protezione dell’Inferno; e Assassini, che uccidono le persone prima che venga il loro tempo e combattono contro gli Angeli per il possesso delle anime non ancora esaminate dall’Assemblea…”
Lucia annuì: Demone Assassina sembrava essere la natura perfetta di Zira.
“Che altro puoi dirmi?” chiese.
“I Demoni Assassini hanno bisogno di zolfo…” sussurrò il Demone, “Serve loro per evitare che le ali si consumino…”
“Hanno le ali?” chiese sorpresa Lucia.
L’uomo annuì, un po’ più sicuro avendo visto che la sua interlocutrice sembrava soddisfatta dalle sue parole.
“Sì, o meglio: hanno ciò che gli è rimasto dopo l’Inferno…” sussurrò, “Ai Punitori, le ali vengono tagliate per essere messe alle Guardie che così ne hanno un valido paio e possono volare a battersi con gli Angeli in caso di attacco all’Inferno… Gli Assassini, invece, hanno quel poco delle ali che è loro rimasto che sono quindi molto consumate: Lucifero ha trasformato le loro piume in squame e le ha rese più simili a quelle di un pipistrello o di un drago mitologico nella speranza di renderle più resistenti ma così quelle hanno bisogno di zolfo per restare integre…”
Lucia annuì.
“Dubito che lo zolfo si trovi al supermercato…” commentò.
Il Demone sorrise, rinfrancato, e annuì.
“Lo zolfo è velenoso per gli umani quindi non è facile da trovare…” spiegò, “Però viene usato nelle fabbriche…”
Lucia non disse nulla, lasciandolo continuare.
“Per esempio nelle fabbriche di gomma… E, caso vuole, c’è una fabbrica di telecomandi fuori città...”
“Telecomandi?”
“I tasti dei telecomandi sono solitamente fatti di gomma…” spiegò il Demone, “Quella fabbrica dovrebbe essere abbandonata ma ha comprato un camion di zolfo e, cosa strana, gli umani hanno eseguito la consegna senza fare domande…”
Lucia aggrottò la fronte: era impossibile che le autorità non si fossero insospettite per una cosa del genere.
“Soltanto tra gli informatori sovrannaturali questa notizia ha preso piede… E c’è di più: tutti gli umani che ne sono venuti a conoscenza hanno improvvisamente dimenticato tutto già l’istante dopo…” concluse il Demone, “Una bella stranezza, eh?”
Lucia annuì.
“Una bella stranezza…” ripeté la ragazza pensosa, “Una bella stranezza…”
Il Demone attese che l’Angelo si riprendesse ma quella rimase pensosa a lungo e, alla fine, tossicchiò per attirare la sua attenzione.
La ragazza alzò lo sguardo su di lui.
“Hai fatto bene il tuo lavoro…” commentò, “Torna al Fallen’s e resta lì: da adesso sei più in pericolo di prima…”
Il Demone annuì.
Lucia lo guardò, un po’ sorpresa: perché un codardo simile si era esposto a quel rischio?, cosa voleva in cambio?
“Cosa vuoi?” chiese decisa.
Il Demone la guardò serio e, per la prima volta, con coraggio.
“Hanno distrutto la mia famiglia…” dichiarò, “Hanno ucciso l’umana che amavo e fatto scoprire agli Arcangeli l’esistenza di nostro figlio, un mezzo Demone: puoi immaginare cosa gli sia successo… Consegnarti quegli Assassini è tutto ciò che posso fare per vendicarli entrambi…”
Lucia annuì.
“E capisco come ti senti…” concluse a sorpresa l’essere, “Mio figlio non ha avuto nessuna speranza, la tua sembra averne una: se lei sopravvivrà, sarà come se fossi riuscito a salvare il mio Luis…”
Lucia lo guardò sorpresa: tutto si sarebbe aspettata meno che di trovarsi davanti qualcuno che aveva passato ciò che aveva e stava passando lei. Un Demone, poi!
“Grazie…” mormorò, incapace di dire altro.
“Salva tua figlia e uccidi quei dannati…” ribadì il Demone, “Non ti chiedo altro…”
La ragazza annuì decisa.
“Non dubitarne…” dichiarò.
Il Demone annuì, si voltò e, più rapido e silenzioso di prima, sgusciò tra le ombre fino a svanire.
 
Le piccole palpebre si richiusero rapide per poi spalancarsi di nuovo.
Occhietti minuscoli e chiari squadrarono la donna dai lunghi capelli corvini, con attenzione.
La bambina di soli pochi giorni, che già aveva aperto gli occhi a tempo innaturale, portò un pugnetti alla bocca con espressione interessata.
La donna sorrise e si avvicinò ancora di più alla culla, posò una mano sul bordo e iniziò a farla dondolare dolcemente mentre i suoi occhi brillavano.
“Shhh…” sussurrò stringendo le labbra.
Angelica allungò le manine verso Lucia, borbottando in un modo incomprensibile e dolce, e la donna allungò l’indice verso di lei.
La piccole strinse le ditine paffute attorno al dito, osservandolo con attenzione, e si aprì in un sorriso esultante che mostrava il primo dentino già spuntato per metà.
Lucia iniziò a sbattere forte le palpebre nel tentativo di non piangere.
“Anche tu mi sei mancata tanto, piccola mia… La mia bambina…” sussurrò con dolcezza, sorprendendosi per quelle parole.
Era scivolata in casa attraverso la finestra aperta ed era entrata nel silenzio più totale.
Non aveva potuto aspettare un istante di più per vedere sua figlia così si era accostata alla culla e vi aveva guardato dentro per osservare con un sorriso adorante sua figlia.
Ma anche se la sua idea iniziale era stata di entrare, osservare per un istante la sua bambina e poi uscire senza far nulla, mentre fissava il visetto dolce di Angelica, la bambina si era svegliata, come se l’avesse sentita.
“Mi aspettavi?” mormorò ancora Lucia poi mosse un po’ il dito, ancora tra le mani di Angelica, e sorrise mentre le lacrime rompevano le sue barriere e le scendevano dagli occhi.
La bambina ascoltò la sua voce con attenzione poi sorrise di nuovo, lasciò andare il dito della madre e iniziò a ridere.
Fu una risata dolce, infantile, senza parole, che ebbe il potere di far ridere piano anche Lucia.
La bimba protese di nuovo le manine e le aprì iniziando ad agitare anche i piedini così Lucia si chinò a prenderla in braccio.
La bambina le si rigirò un pochino tra le braccia per trovare una posizione più comoda poi alzò gli occhietti vispi sul viso della madre e riprese a ridere.
Lucia sorrise e iniziò a cullarla.
“Ma non hai sonno?” sussurrò, “Vuoi già fare le ore piccole, signorina?”
A risposta di quelle parole scherzose, le palpebre della piccola si abbassarono per metà e Angelica si esibì in un silenzioso sbadiglio.
Lucia rise piano e continuò a cullarla mentre gli occhietti della piccola si stringevano sempre di più fino a chiudersi del tutto.
La piccola si addormentò e si rigirò premendo forte il visino contro il seno di Lucia che, dapprima sorrise, poi sgranò gli occhi nel sentire la maglia che si bagnava lentamente.
L’Angelo spostò la figlia su un braccio solo e con la mano dell’altro sfiorò il punto umido e poi si portò le dita al naso.
“Impossibile!” mormorò.
La macchietta sulla sua maglia, all’altezza del seno, era di latte.
Era di latte suo.




E voi adesso vi starete chiedendo: ma che cavolo c'entra il latte?!
E io vi rispondo: il latte fa bene, alle ossa e a tutto il nostro corpo...
Non si nota che è una scusa per non dirvi cosa c'entra, eh? Noooooo...
Comunque, il titolo del prossimo capitolo sarà un improbabile: Schiuma da barba
Voi: ma come cappero fai a saltare da una cavolata all'altra come se fossi abituata a spararne continuamente?! Io: *faccina innocente*
Vabbé...
Spoiler? Ma sì...
Spoiler: "
“Che c’è? Ahio!”
“Mattew, che è successo?!”
“Niente, Angelica mi ha cavato un occhio… Non ti preoccupare… Cos’è successo?”"
Alla prossima direi!
A presto!
Ciao ciao!
Agapanto Blu

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Capitolo 22
*** Schiuma da barba ***






Ed ecco qui!!!
Allora: capitolo tranquillo, abbastanza felice e, soprattutto, di passaggio!
Lasciamo a Mattew il tempo di socializzare un po' con la sua piccolina, giusto?
A sotto!
Agapanto Blu





22.
 
Lucia continuava a fissarsi le dita con gli occhi sgranati.
Non era possibile: lei era un Angelo!, non poteva avere del latte nel seno!
Però la macchia c’era…
La ragazza pensò che, forse, la bambina aveva ancora la bocca sporca dall’ultimo pasto ma poi controllò anche l’altra parte della maglia, dove il viso della figlia non aveva toccato, e vi scoprì un’altra macchia identica alla prima.
“Oh Cielo…” mormorò con una strana confusione che le si agitava nel cuore.
Allora, se aveva il latte, forse…
La donna venne strappata ai suoi pensieri dal rumore della porta della camera da letto vicina che si apriva.
Rapida, Lucia posò di nuovo la figlia nella culla e sgattaiolò fuori dalla finestra.
Un istante dopo, Mattew fece la sua comparsa nella cameretta della bambina.
Lucia lo osservò sporgersi sulla culla e guardare la figlia per poi aprirsi in un sorriso tirato ma felice.
Mattew aveva il viso sciupato e due borse profonde sotto gli occhi che contribuivano a farlo sembrare malato assieme all’insolito pallore del viso e alle spalle abbassate, come schiacciate da un fardello troppo pesante.
Lucia lo fissò con il cuore che le si stringeva nel petto.
È ridotto così per me…, pensò addolorata e, in quel momento, avrebbe dato qualsiasi cosa per far sì che smettesse di soffrire.
Mattew rimase a fissare Angelica, evidentemente incapace di dormire, e Lucia rimase a fissare lui.
Quando quella vista le fece troppo male per continuare a sopportarla, Lucia si voltò e corse via.
Ma come ha fatto Miriam a sopportare tutto questo?!, pensò disperata mentre calde lacrime iniziavano a solcarle il viso.
 
Mattew riaprì gli occhi e si guardò attorno: era nella camera di Angelica, appoggiato con la schiena alla culla.
Cavoli!, pensò, Mi sono addormentato qui!
Con un sospiro, l’uomo si alzò in piedi e lanciò un’occhiata alla bambina nella culla che, però, continuava a dormire beata con un sorriso dolce sulla faccia.
“Stai facendo un bel sogno?” sussurrò l’uomo alla figlia prima di sorriderle e uscire dalla cameretta diretto al bagno con l’intenzione di farsi quantomeno la barba in attesa che arrivassero Nick e Miriam così da affidar loro la bambina e potersi concedere il lusso di una doccia.
Puntualmente, non appena ebbe finito di mettersi la schiuma da barba squillò il telefono.
“Bah!” bofonchiò il ragazzo mentre usciva dal bagno di corsa sperando di afferrare la cornetta prima che il trillo svegliasse Angelica.
Chiaramente, non fu così e la bambina iniziò a piangere esattamente quando il padre si portò la cornetta all’orecchio.
“Pronto?” chiese il ragazzo al telefono voltandosi verso la cameretta della figlia che continuava a urlare disperata.
“Pronto, Mattew? Sono Miriam…” rispose la donna dall’altro capo del telefono.
“Eh?” Mattew afferrò il ricevitore e se lo portò dietro nella camera della figlia senza curarsi del fatto che stava spargendo schiuma da barba praticamente ovunque, “Ah! Ah, sì, sì, ciao!”
Arrivato accanto alla culla il ragazzo lasciò per terra il ricevitore e tenne la cornetta tra la spalla e il mento mentre allungava le braccia a prendere la bambina la quale, vedendolo, ammutolì sgomenta.
“Va tutto bene?” chiese Miriam sentendo degli strani rumori e le imprecazioni di Mattew, “Guarda che se è un brutto momento, chiamo più tardi…”
“No, no!” le rispose Mattew cercando di mettersi meglio in braccio Angelica la quale, dopo aver riconosciuto il padre sotto quel morbido strato bianco, era scoppiata a ridere di gusto e stava allungando le manine per afferrargli il naso, i capelli e, non con meno convinzione, le pupille, “Che c’è? Ahio!”
“Mattew, che è successo?!”
“Niente, Angelica mi ha cavato un occhio… Non ti preoccupare… Cos’è successo?”
“Ho una buona notizia: ho convinto gli Arcangeli e ho ottenuto che ad Angelica non sia torto un capello fino a che non sarà abbastanza grande da farci capire se è un pericolo oppure no…”
“Ah!” commentò sorpreso il ragazzo, “Non mi aspettavo che gli Arcangeli cedessero così facilmente…”
“Ammetto che ho dovuto forzare un po’ la mano e gettare qua e là una minaccia o una frecciata al fatto che il lavoro ‘sporco’ lo faccio io, però sono crollati: ho la custodia spirituale della bambina…”
Mattew tirò un sospiro di sollievo e guardò Angelica, ora piena di schiuma a sua volta, che continuava a ridere dando la caccia ai suoi capelli.
“Bene… Per la sua crescita?” chiese.
“Sarà così soltanto per i primi mesi poi il suo sviluppo sarà regolare da quando dimostrerà l’un anno d’età…”
Mattew annuì, sollevato.
“E un’altra è andata…” commentò, “Altro da dirmi?”
“Sì: il battesimo…”
Mattew sgranò gli occhi.
“Eh?!”
Miriam sospirò dall’altro lato della cornetta.
“Mattew, nessuno può prevedere lo sviluppo psicologico di Angelica: dobbiamo fare il possibile per mettere al sicuro la sua anima, capisci? Il battesimo è il modo migliore per iniziare a farlo…”
“Oh! Beh… Immagino di sì…” commentò il neo padre spostando gli occhi sulla bimba che, calmatasi un poco, lo fissava dalle sue braccia con il visino coperto di macchie di schiuma e un ditino indice sulle labbra, in una posa pensosa.
Sorrise.
“Qualsiasi cosa per tenerla al sicuro, Miriam…” rispose al telefono, “Qualsiasi cosa…”
“Bene…” commentò l’Arcangelo, “Perché c’è un problema…”
“Un altro?!” esclamò Mattew.
“Io e Nick non possiamo entrare in chiesa in quanto Caduti perciò non potremo presenziare né proteggervi, capisci? Devi trovare, in fretta, un padrino e una madrina per la piccola e poi accelerare i tempi della cerimonia…”
Mattew chiuse gli occhi un istante, sbuffò e poi guardò Angelica.
“Ci tocca correre, che dici?” le chiese mettendosela meglio tra le braccia e facendola saltare leggermente, “Ci proviamo?”
La bimba scoppiò a ridere nel rimbalzare e si protese verso il genitore con il suo sorrisetto dolce sulle labbra.
“Dentini?” chiese l’uomo e la piccola, come se l’avesse compreso, sorrise ancora mostrando bene i piccoli denti davanti ormai del tutto spuntati, “Brava la mia ragazza!”
“Mattew, ci sarei anch’io, sai?” commentò sarcastica Miriam.
“Sì, sì…” finse di accontentarla lui aspettandone la reazione acida.
“MATTEW!”
Il giovane scoppiò a ridere.
“Scherzavo, Miriam!” rispose tranquillo pensando ai due vecchietti della casa accanto, “Comunque credo di avere già le persone adatte a noi…”
Mattew guardò la figlia in braccio e il suo pensiero volò ai suoi genitori e a quelli di Lucia.
“Miriam?”
“Sì?”
“Cosa diremo a Mariarosa e Eva?” chiese piano, “E a Mike… E anche ai miei…”
Miriam rimase in silenzio a lungo, addolorata.
“Non lo so… Ai tuoi potremo spiegare la situazione ma ai genitori di Lucia non potremo dire niente…” ammise amara, “Dovremo dire loro che Lucia è morta e che Angelica è sopravvissuta per miracolo…”
“Ma è troppo grande per avere pochi giorni, Miriam!” esclamò Mattew alzando istintivamente la voce.
Angelica sobbalzò, spaventata dal tono del padre, e iniziò a piangere urlando a squarciagola.
“No, piccola, no!” cercò di calmarla il padre, “Non volevo urlare, va bene? Papà non urla più ora…”
“Complimenti, Mattew…” commentò laconica Miriam nella cornetta, “Io e Nick siamo quasi lì…”
“Grazie!” commentò Mattew per poi sbatterle il telefono in faccia e lasciare l’apparecchio sul pavimento della camera della bambina.
Mattew iniziò a cullare Angelica camminando, nella speranza che il movimento la facesse riaddormentare, e girò tutta la casa fino a che la piccola non si calmò del tutto in bagno.
Angelica si osservò attentamente nel riflesso del vetro e osservò allo stesso modo il padre.
Fissò le figure intensamente e a lungo, controllandone ogni tratto, poi scoppiò a ridere di nuovo.
Mattew tirò un sospiro di sollievo e poi guardò nello specchio anche lui… e rise a sua volta.
Il suo viso era ancora pieno di schiuma da barba ma in alcune zone il bianco era stato portato via da Angelica durante il suo gioco e la bambina, al contrario, aveva grosse macchie di schiuma sulle braccia e in faccia, una delle quali esattamente sul naso.
“Beh, direi che così non siamo esattamente presentabili, eh? Che ne dici?”chiese Mattew alla figlia che, imperterrita continuò a ridere.
“Dai che ci diamo una ripulita prima che arrivino gli zii, va bene?” continuò a dire alla piccola mentre sorrideva sadicamente al pensiero dello ‘zio Nick’ occupato a tenere a bada Angelica, “Così zia Miriam non mi uccide per delega di tua madre, ok?”
Angelica rise ancora e Mattew non potè fare a meno di imitarla mentre prendeva una salviettina per bambini e iniziava a pulirle il viso.
La piccola iniziò a dimenare la testa quando il padre provò a pulirle la macchia sul naso e mise uno strano broncio.
“Non fare i capricci, su…” tentò di convincerla il padre provando ancora ma, in risposta, la piccola starnutì.
Mattew rimase sorpreso e Angelica doveva esserlo altrettanto perché dapprima sgranò gli occhi, poi cercò con attenzione di osservarsi il naso e di afferrarselo con le mani.
Mattew scosse la testa e rise prima di finire di pulirla.
La porta suonò in quel momento e l’uomo dovette andare ad aprirla con la faccia ancora sporca di bianco.
Nick, sulla porta, sgranò gli occhi nel vederlo.
“Ma che hai fatto?!” chiese sgomento.
“Io?!” chiese Mattew fingendo un’aria innocente, “Io ho solo giocato con la bambina, vero piccola?”
Angelica guardò prima il padre, poi lo zio ancora sorpreso e, infine, la zia che, nel vedere Mattew pieno di schiuma e le mani della bambina ancora bianche, si stava rapidamente infuriando.
L’espressione di rimprovero di Miriam però ebbe l’effetto contrario a quello da lei voluto e la bambina scoppiò a ridere di gusto finendo per trascinare con sé anche tutti gli altri.
Impossibile resisterti, eh?, pensò dolcemente Miriam mettendo da parte i rimproveri per Mattew, Spero tanto che tu possa ridere ancora a lungo…




Ecco qui...
Come vi è parso?
Lo so che chi ha letto l'altra storia, o sta seguendo una qualsiasi delle mie long, sa che io, anche nei capitoli apparentemente inutili, lascio qualcosina che, più avanti, vi farà dire: cappero, ecco perchè!
Quindi, occhio anche a questo capitolo!
Per il resto, passiamo al prossimo?
Titolo: Equivoci
Spoiler: "
“Sì, i miei complimenti: l’organista che avete chiamato era bravissima…” rispose.
Mattew si sentì crollare la terra sotto i piedi.
“Che abbiamo chiamato noi?!” chiese sorpreso."
Oh, oh!
Vabbbbbene...
Ci vediamo settimana prossima, ok?
A presto!
Ciao ciao!
Agapanto Blu

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Capitolo 23
*** Equivoci ***







Et voilà!!!
Capitolo nuovissimo!
Allora, vi lascio alla lettura per noi rovinarvi la sorpresa: quale sarà l'equivoco?
A sotto!
Agapanto Blu





23.
 
L’organo suonava piano ma Mattew non riusciva a concentrarsi sulla musica perché era troppo impegnato ad allungare con attenzione Angelica verso il pastore.
La piccola si guardava attorno con espressione attenta e un ditino in bocca, come era solita fare quando era incuriosita da qualcosa, e non fece una piega nel vedere il parroco che le si avvicinava.
Mattew non l’avrebbe mai ammesso con nessuno ma aveva provato un fortissimo senso di sollievo quando era entrato in chiesa con la figlia e l’edificio non aveva preso fuoco come avrebbe fatto, invece, se vi fosse entrata una creatura Caduta o Demoniaca.
Sperando che quello fosse un buon segno e che la cerimonia che stava ufficializzando si rivelasse utile, Mattew sporse Angelica ancora un po’ e lasciò che il prete la bagnasse con l’acqua santa sulla fronte.
Angelica strinse la boccuccia in un’espressione triste e gli occhietti, ancora azzurri, le si riempirono di lacrime al contatto con l’acqua gelida un istante prima che lei li chiudesse e cercasse di rotolare per nascondersi contro il petto del padre.
Non urlò, come se avesse davvero capito che quello che le stavano facendo mirava a salvarle la vita.
Piagnucolò silenziosamente ma, in pochi secondi, Mattew riuscì a calmarla e a farle tornare il sorriso sulle labbra.
Il vecchio prete sorrise e continuò la cerimonia che Mattew seguì distrattamente, troppo concentrato sulla figlia e sul fatto che Lucia non fosse accanto a lui.
Davanti al battesimale, infatti, era solo.
Certo, poco dietro di lui stavano i due vecchietti che abitavano nella casa accanto alla loro, gli unici che si sarebbero dichiarati disposti a prendere parte a quella cerimonia improvvisa e segreta.
Le panche erano vuote, Mattew non aveva voluto chiamare né i suoi né i genitori di Lucia.
Assieme a Miriam e Nick, avevano stabilito di avvertire i nonni solamente per telefono e accampare la scusa di un viaggio oltre oceano per curare la bambina dalla malformazione cardiaca che aveva ucciso la madre per stare lontani da loro almeno un anno, così che la piccola non sembrasse troppo grande rispetto alla sua età reale.
Quando il battesimo fu terminato, Mattew uscì dalla chiesa osservando con attenzione la piccola: nel suo vestitino bianco, sembrava lei stessa immacolata.
Forse, davvero, c’era ancora speranza di salvarla.
Una macchina grigia parcheggiò davanti alla chiesa in quel momento e Miriam e Nick ne scesero come se fossero arrivati tardi a causa di qualche imprevisto.
“Mi spiace!” fu la prima cosa che disse Nick e Mattew sapeva che l’amico si stava riferendo a un sacco di cose.
Annuì.
Miriam gli si accostò e lo abbracciò.
“Lucia ha visto tutto…” gli sussurrò all’orecchio, “Credimi, è molto felice…”
Il Nephilim sorrise e annuì.
“Grazie…” mormorò.
Miriam spostò lo sguardo su Angelica per nascondere gli occhi umidi.
“Allora?” chiese alla bimba, “Siamo state coraggiose?”
Angelica si illuminò nel vedere la zia, che era la sua fonte inesauribile di ninna nanne e canzoni incomprensibili, e allungò le manine per andarle in braccio.
Mattew fu costretto ad assecondare prontamente il movimento per impedire alla figlia di cadere ma riuscì a passarla all’Arcangelo senza che si facesse male.
Sorrise.
“Signor Orlean?” chiese in quel momento il vecchio pastore.
“Sì?” chiese Mattew, sorpreso.
“Volevo solo farle i miei auguri per la bambina: immagino che non sarà facile, ma sono certo che il Signore guarderà con misericordia ad una sua figlia così forte di spirito…” disse l’uomo con un sorriso.
Mattew trovò tristemente false quelle parole, sapendo la reale natura di sua figlia, ma si costrinse a crederci.
“La ringrazio, padre…” rispose, “È stata una splendida cerimonia…”
Il vecchio annuì.
“Sì, i miei complimenti: l’organista che avete chiamato era bravissima…” rispose.
Mattew si sentì crollare la terra sotto i piedi.
“Che abbiamo chiamato noi?!” chiese sorpreso.
Il prete parve sorpreso e annuì.
“Sì, quella donna con i capelli neri e gli occhi verdi… Ha detto che l’avevate chiamata voi dopo che vi avevo avvisato che il nostro organista è malato…” rispose l’uomo.
Il cuore di Mattew perse un battito.
“Ah…” si costrinse a rispondere simulando calma, “Già… Le dispiace se la vado un momento a salutare?”
Non attese la risposta del prete e corse dentro: due donne corrispondevano a quella descrizione, Zira e Lucia umana, ma la prima non poteva certo essere entrata in chiesa quindi…
Mattew si ritrovò nella navata centrale e si voltò all’indietro per guardare l’organo, che rimaneva sopra il portone d’entrata.
Appoggiata alla piccola balconata, i capelli corvini lunghi fino alla vita e gli occhi di nuovo grigi e senza pupille, Lucia guardava giù, verso il marito, con il viso ancora rigato dalle lacrime di commozione.
Mattew sentì gli occhi inumidirsi e la vista gli si appannò così si pulì in fretta dalle lacrime mentre correva alle scale che portavano di sopra.
Mi spiace…, pensò Lucia chiudendo gli occhi.
Quando Mattew riuscì a raggiungere l’organo, non c’era più nessuno ad attenderlo.
 
Scivolò tra le ombre chiedendosi se fosse stata davvero una buona idea.
La luna era piena ma grosse nubi temporalesche ne affievolivano la luce e i pochi lampioni nei paraggi erano stranamente tutti rotti.
Lucia prese un respiro profondo e passò dall’ombra di un cespuglio all’oscurità di un tronco d’albero.
Lì, arrischiò un’occhiata alla porta principale d’entrata che nessun Demone la sorvegliava poiché il compito era stato delegato ad una telecamera.
La Pietosa sollevò un sopracciglio: possibile che Zira fosse così sprovveduta?, davvero pensava che una telecamera avrebbe fermato un Angelo?
Zira non farebbe mai un errore simile: non è una stupida…, si disse Lucia scuotendo la testa.
Una ciocca corvina le danzò davanti agli occhi e lei la rimise dietro l’orecchio e si tastò la crocchia sulla nuca per essere certa che non si fosse sciolta: non voleva nessun tipo distrazione, neanche quella data da un ciuffo di capelli negli occhi.
L’Angelo rimase ancora a lungo immobile nell’ombra, in attesa.
Alla fine la sua pazienza fu premiata e la porta della fabbrica, la Factory of Remotes Controls che avrebbe dovuto essere fallita ormai da vent’anni, si aprì facendone uscire un uomo alto e nerboruto come un bodyguard i cui lineamenti erano indistinguibili a causa del buio.
Lucia osservò l’uomo guardarsi attorno per un istante, voltarsi e tornare dentro.
Immobile, l’Angelo attese e un’ora e mezza dopo il Demone si riaffacciò a controllare.
La ragazza sorrise e scivolò restando rasente alla rete metallica per non farsi notare, diretta alla porta sul lato destro.
Camminando a velocità normale, la giovane arrivò davanti alla porta in tempo per vedere l’uomo affacciarsi anche da quella e poi riprendere il giro.
Gira tutta la fabbrica: raggiunge le porte, guarda fuori e poi riparte…, dedusse e si chiese se al Demone venisse mai dato il cambio. Era un Demone di sicuro, le ali di Lucia fremevano per spalancarsi e gettarsi in battaglia ogni volta che l’essere entrava nel suo campo visivo però lei non poteva permettersi di ingaggiare battaglia con un Demone che non era il suo obiettivo senza sapere se avesse dei complici: era un suicidio.
La ragazza tornò indietro e rimase a controllare la porta principale per studiare la guardia.
Ogni novanta minuti esatti, il tempo che serviva per fare il giro di tutta la fabbrica, un Demone si affacciava alla porta ma Lucia aveva scoperto che, dopo tre giri, il Demone veniva sostituito da un altro diverso e, alla fine, la Pietosa ne aveva già visti passare tre diversi, di cui uno stava ancora facendo il suo turno di guardia, e altri cinque erano comparsi alle finestre.
Lucia strinse le mani a pugno fino a farsi male: troppi.
Soppresse a fatica un verso mentre cercava di trovare una soluzione per trovarsi faccia a faccia con Zira senza rischiare una pugnalata alle spalle da parte di uno degli altri Demoni.
Giuro che ti ammazzo, maledetta!, pensava insistentemente, come un mantra, e avrebbe anche aggiunto delle apposizioni decisamente colorite se il suo status di Angelo non l’avesse dissuasa dal farlo.
Ma, nel contempo, non riusciva a non pensare a Samuel e ai cinque lunghi graffi che gli sfregiavano la schiena.
Deglutì mentre quella strana sensazione di pietà, compassione e rispetto le si affacciava al cuore come sempre quando ripensava al suo mentore.
Persa nei suoi pensieri, Lucia non si accorse che il Demone non faceva la sua comparsa dalla porta principale.
All’improvviso, una sagoma scura le comparve alle spalle e la afferrò da dietro.
Lucia sgranò gli occhi e iniziò a dimenarsi tentando di raggiungere il pugnale d’argento fuso negli Inferi che teneva nascosto nella scarpa ma il suo assalitore, decisamente più alto e robusto di lei, le circondò il busto appena sotto i seni con un braccio e la immobilizzò mentre, con l’altra mano, le tappava la bocca per impedirle di chiamare aiuto o farsi sentire.
Alla donna quel gesto parve strano: a chi temeva che chiedesse aiuto? Ai Demoni della fabbrica?!
Continuò a dimenarsi e scalciare nel tentativo di allentare la presa del suo avversario ma le mani di quello avevano una presa ferrea dalla quale, si accorse Lucia con terrore, probabilmente non sarebbe riuscita a fuggire neanche lottando per tutta l’eternità.
E comunque continuò a provare, cercando al contempo di capire quale dei Demoni la stesse trattenendo: era un uomo, di sicuro, alto e abbastanza muscoloso, con mani di dimensioni normali ma forti come catene.
Terrorizzata, l’Angelo decise di giocarsi il tutto per tutto e tentò l’ultima carta che le era rimasta.
In un istante spalancò le ali sperando di riuscire ad aprire a forza la morsa con cui il suo nemico la stringeva e, al contempo, lo colpì in viso con la parte ossea che reggeva tutta la struttura muscolare.
Un grugnito di dolore le fece capire di essere riuscita ma il nemico non mollò la presa e iniziò a strattonarla all’indietro.
Lucia sgranò gli occhi quando, rapido come se avesse volato, il suo assalitore la trascinò nell’ombra tra due alberi accanto alla recinzione metallica e la costrinse ad abbassarsi nel momento esatto in cui il Demone di guardia piombò nel punto dove era stata fino all’istante prima.
Sgomenta, la giovane lo osservò guardarsi attorno sorpreso e controllare attentamente tra i cespugli con espressione confusa.
Alla fine, l’uomo scrollò le spalle e tornò nella fabbrica, a fare il suo giro di ricognizione.
Un secondo e il suo assalitore saltò al di là della recinzione trascinandola con sé per poi tirarsela dietro tra gli alberi della macchia intorno al capanno, sempre restandole alle spalle così che non lo vedesse.
Lucia attese un istante, finse di smettere di reagire, la presa del suo carceriere si allentò un po’… e lei sbatté con forza le ali sulla faccia del nemico.
Lo scricchiolare dell’osso e della cartilagine del naso che si rompevano e deformavano fu raccapricciante ma la Pietosa non si fece distrarre e riprese a dimenarsi nel tentativo di liberarsi.
“Maledizione, Lucia!”
La voce del ‘Demone’ paralizzò la ragazza facendole sgranare gli occhi e aprire la bocca in un’espressione di sorpresa assoluta.
Non è possibile!, pensò la ragazza sconvolta ma la voce del suo assalitore concretizzò i suoi più atroci dubbi.
“Smettila! Sono Nick!” esclamò il Caduto mentre il suo naso continuava a sanguinare.




Della serie: Ooops!
Beh, insomma: cos'avreste fatto voi al posto di Lucia?!, è Nick che è stato stupido ad arrivarle alle spalle a quel modo!
Ok, a parte questo...
Quanti di voi pensavano che Angelica e la sua natura Demoniaca fossero il più grande colpo di scena di questa storia? Su le mani, forza, non fate i timidi!
Uno, due, tre... Bravi: avete sbagliato!!!
Vedo, prevedo e stravedo per il prossimo capitolo un grandissimo colpo di scena! IL colpo di scena, se posso permettermi!
Spoilerino? Ma sì!
"
All’improvviso, Lucia si staccò, folgorata da un dubbio.
“Che cavolo ci facevi, tu, qui?” chiese sorpresa.
Sorprendendo ancor di più la Pietosa, Nick arrossì."
Sono pronta a scommetere che vi state facendo la stessa domanda, eh?
Vabbé, titolo del prossimo capitolo: Una rivelazione scioccante
Quale sarà? Non ve lo dico! :)
D'accordo, alla prossima settimana!
Ciao ciao!
Agapanto Blu

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Capitolo 24
*** Una rivelazione scioccante ***







Et voilà!
Non vi dico niente perché non voglio bruciarmi il colpo di scena (e se continuassi a parlare lo farei di certo!)...
Ci leggiamo sotto, ok?
A sotto!
Agapanto Blu





23.
 
“Cavolo, scusami!” esclamò Lucia per l’ennesima volta mentre guardava Nick tirarsi il naso per rimetterlo a posto.
Si era spostati rapidamente lontano dalla fabbrica e si erano seduti nella macchina che Nick aveva usato per raggiungere la struttura.
Ora, seduto sul sedile del guidatore, il Caduto si stava pulendo dal sangue.
Lucia era sobbalzata a ogni scricchiolio liquido che il naso dell’amico aveva fatto mentre veniva raddrizzato e si stava mordendo il labbro inferiore, in preda al senso di colpa.
“Mi spiace!” esclamò ancora quando Nick gemette per l’ennesima volta.
“E di cosa?” le chiese il ragazzo cercando di farla sorridere, “Pensa che prima di venire a salvarti le alucce stavo giusto pensando: quasi, quasi appena torno a casa mi faccio rompere il naso da qualcuno!”
Lucia gemette.
“Smettila!” borbottò, “Sono già abbastanza mortificata di mio!”
Nick rise.
“Appunto! Non devi esserlo…” replicò e Lucia lo fulminò con un’occhiataccia, “Davvero, Luci: non mi fa tanto male…”
La Pietosasbuffò teatralmente per dimostrare il suo scetticismo all’idea.
Nick rise e Lucia si beò di quell’immagine.
Quand’era stata l’ultima volta che aveva parlato con lui? Non lo ricordava, ma ricordava benissimo che Nick non aveva più riso così dalla sua morte.
Certo, spesso Angelica lo aveva fatto sorridere ma mai aveva tirato fuori quella gioia genuina che lo aveva contraddistinto sin dal ritorno di Miriam.
Lucia sapeva di essergli mancata.
“Davvero!” esclamò il ragazzo, “Dammi due minuti e torno come nuovo!”
Fu il turno di Lucia per ridere di cuore e Nick la osservò in silenzio fino a che lei non se ne accorse e ricambiò lo sguardo, sorpresa.
“Che c’è?” chiese.
Nick sospirò e abbassò la sguardo per un attimo poi lo puntò di nuovo negli occhi di Lucia.
“Ne è passato di tempo, vero?” sussurrò.
Il sorriso di Lucia divenne mesto mentre lei annuiva.
“Troppo…” ammise poi lo guardò dubbiosa, “Tu come stai?”
“Non sono io il morto!” esclamò Nick alzando la voce e facendo sobbalzare l’amica.
Lucia si ritrasse, sconvolta, ma poi capì quanto Nick dovesse aver passato in quei giorni e si calmò.
Il ragazzo, da par suo, si portò le mani nei capelli e prese un respiro profondo.
“Scusa…” mormorò, “Ma non è stato facile finora…”
Lucia annuì.
“Lo so, ma ti sono grata per essere stato vicino a Mattew e ad Angelica…”
Nick annuì.
“Io so cosa sta passando, Lucia…” mormorò, “E, credimi, soffrirà più lui di tua figlia perché lei non ti ha conosciuto e non potrà mai, davvero, sentire la tua mancanza… Mattew invece si alzerà tutti i giorni cercando il tuo corpo accanto a sé, entrando in cucina e aspettandosi di trovarti o facendo, istintivamente, il numero di casa per poi accorgersi che non gli potrà mai rispondere nessuno quando sentirà partire la segreteria telefonica…”
Lucia chinò il capo annuendo ma Nick non la guardava.
Il Caduto si lasciò andare contro lo schienale del sedile e iniziò a fissare il tettuccio dell’auto come se fosse il complicato cielo stellato.
“A volte penso che avrebbe sofferto meno se tu fossi morta e basta…” ammise per poi affrettarsi a spiegare, “Voglio dire: se fossi morta, lui avrebbe capito che non c’era più nulla da fare e che la sua vita doveva andare avanti… Ma così sta come stavo io senza Miriam: l’avevo persa ma sapevo che c’era… Era lassù, mi guardava ma io l’avevo persa per sempre e, anche se me la fossi ritrovata davanti, non avrei potuto nemmeno avvicinarmi come se ci fosse un muro a dividerci… Anche se lei esisteva ancora… Mi capisci?”
Lucia annuì tristemente.
I pensieri di Nick erano molto simili a quelli che aveva fatto spesso anche lei.
“La sai la stranezza più grande?” sussurrò all’improvviso il Caduto, facendole rialzare la testa, “Che lui è quello che dovrebbe essere consolato e io quello che dovrebbe consolare, invece a volte mi pare che sia il contrario… Vorrei che fosse il contrario…”
Lucia guardò Nick sorpresa, con le lacrime agli occhi, e lui si girò e le sorrise mostrando un volto stanco ma finalmente un po’ in pace.
La ragazza sentì prepotente il legame che si era creato con Nick quando l’aveva conosciuto e si slanciò in avanti per abbracciarlo.
“Piano!” esclamò Nick ridendo mentre lei lo stringeva e, senza volerlo, gli colpiva il naso, “Non sono indistruttibile!”
Ma nonostante le parole sarcastiche, Nick strinse forte Lucia come se fosse una sorella ritrovata e i due rimasero stretti a lungo.
All’improvviso, Lucia si staccò, folgorata da un dubbio.
“Che cavolo ci facevi, tu, qui?” chiese sorpresa.
Sorprendendo ancor di più la Pietosa, Nick arrossì.
“Vengo qui da ieri sera…” ammise, “Ho visto il Demone che ti ha dato le informazioni e l’ho ‘convinto’ a riferirmele…”
Lucia gli lanciò un’occhiata di sbieco immaginandosi il poveretto che tremava come una foglia.
Nick alzò le mani come se si stesse arrendendo e sorrise.
“Ti cercavo per parlarti e invece mi sono ritrovato costretto a tapparti la bocca…” commentò, “Sei incredibile!”
Lucia fece una faccia stizzita.
“Guarda che non avevo bisogno del tuo aiuto…” mentì, “E non ho due ‘alucce’!”
Nick scoppiò a ridere e Lucia gli andò dietro subito dopo.
“Miriam lo sa che sei qui?” chiese il ragazzo quando si fu calmato.
Lucia arrossì.
“Con lei ho già parlato…” ammise.
Nick, invece di sembrare stupito, annuì.
“Lo sospettavo: Miri sembrava essersi calmata da un momento all’altro…” commentò tranquillo poi mise in moto e fece retromarcia.
Lucia sgranò gli occhi.
“Che fai?” chiese sorpresa.
“Faccio finta che tu sia viva…” rispose enigmatico il ragazzo, “Dubito che riusciremo a trovare un bar degno del Joe’s ma possiamo provarci…”
Lucia scoppiò a ridere.
“A quest’ora?” chiese.
Nick la guardò sollevando un sopracciglio.
“A quest’ora la gente si alza e va a lavorare, sai?” disse indicando il cruscotto dell’auto che segnava le sei e mezza del mattino.
Lucia sgranò gli occhi e Nick rise mentre si immetteva nel traffico mattutino.
 
“Lo hai minacciato?!” esclamò Lucia rischiando di strozzarsi con il caffé che stava bevendo.
Nick arrossì leggermente e bevve un sorso del proprio ma l’Angelo lo incalzò.
“Nick?”
L’angelo sbuffò e si sedette sul piccolo muretto accanto al quale si erano fermati a parlare.
“Non l’ho minacciato! Non tanto…” sbottò.
Lucia scoppiò a ridere.
“Cavolo, gli avrai fatto prendere un colpo!” esclamò pensando al Demone che le aveva dato informazioni sugli Assassini, “Non posso credere che tu l’abbia fatto sul serio!”
Nick sbuffò e scosse la testa.
“Oh, andiamo! Secondo te io sono credibile se minaccio di morte un Demone? In un momento così?”
Lucia ci pensò su.
Nick era stato un assassino, in passato, ma quello sbaglio era stato fatto in un momento di irrazionalità e mai avrebbe replicato quell’errore… Ma non tutti lo sapevano e Lucia era certa che l’amico avesse sfruttato quella parte del suo passato per rendere la messinscena più efficace.
“Penso proprio di sì…” commentò sedendosi tranquilla accanto all’amico.
Lui scosse la testa sorridendo mentre guardava per terra.
“Sei sempre la stessa, eh?” commentò all’improvviso voltandosi verso di lei.
Lucia annuì.
“Non voglio cambiare: mi piaccio…” commentò, “Mattew mi ama per come sono, tu e Miriam mi volete bene così e lo stesso posso dire di Joe, Betty, Chuck e Andrea: perché dovrei diventare un'altra? Cosa potrei ottenere che non ho già?”
Nick annuì pensoso, bevve un sorso poi guardò l’amica.
Sorrise.
“Tua figlia ti somiglia, sai?” disse, “Ogni volta che sorride mi sembra di poter vedere te alla sua età… Anche se non ti ho mai vista così piccola…”
Lucia sorrise all’amico, grata, poi tornò seria.
“Nick?”
“Sì?”
“Posso farti una domanda?”
Nick aggrottò la fronte, confuso, poi annuì.
“Ci sono mai stati Angeli nella mia condizione, che tu ricordi?” chiese Lucia.
Nick si rabbuiò e distolse lo sguardo dalla ragazza.
“Perché me lo chiedi?” sussurrò.
Perché ho bisogno di qualche risposta…, pensò la ragazza ricordando le macchie di latte sulle ultime dieci magliette che si era messa addosso, undici se macchiava anche quella che indossava in quel momento.
Non poteva mentire, ma poteva omettere qualche verità.
“Vorrei poterle parlare…” sussurrò, “Forse potrebbe aiutarmi…”
Nick scosse la testa con decisione.
“Non sarebbe una buona idea, Lucia…” dichiarò.
L’Angelo sgranò gli occhi, stupita.
“Perché?” chiese.
“Diciamo che non è una bella persona…” sbottò il Caduto ma senza l’apparente voglia di aggiungere qualcosa.
“Nick…”
Lucia si staccò dal muretto e si mise davanti all’amico, costringendolo a guardarla negli occhi.
Il ragazzo la guardò.
“Per me sei quasi un fratello…” sussurrò la giovane, “Mettiti nei miei panni per un momento: io devo avere delle risposte… E devo conoscere quella donna…”
Nick abbassò il capo.
“Non puoi conoscerla: non è più in Paradiso…” sbottò cercando di evitare l’argomento.
“Nick… Ti prego…” sussurrò Lucia e il ragazzo si accorse che lei era ormai al limite delle lacrime, “Così non ce la faccio più…”
Nick deglutì e si alzò in piedi poi asciugò le lacrime dell’amica con il pollice di una mano e la guardò dritta negli occhi.
“Luci, anche io ti voglio bene come a una sorella…” mormorò, “E, ti prego, credimi quando ti dico che quello che vuoi sapere non ti farà stare meglio ma, anzi, ti farà solo peggiorare…”
Lucia sgranò gli occhi per un momento, sia per la dichiarazione d’affetto dell’amico sia per le sue parole tristi e il tono di voce desolato con cui le aveva pronunciate, poi abbracciò Nick di slancio.
Il ragazzo la strinse.
“Un sacco di cose mi stanno facendo male, in questo momento…” sussurrò la giovane sulla sua spalla, “Un segreto in più sarebbe troppo…”
Nick sciolse il loro abbraccio e la guardò dritta negli occhi.
“Luci, tu non hai idea di quello che mi stai chiedendo…” mormorò.
“Ehy,” sussurrò Lucia capendo che ormai Nick si era arreso, “quel che non uccide, fortifica!”
Nick fece una smorfia.
“Non sono mai stato d’accordo con quel modo di dire…” sbottò.
“Chi è?” chiese Lucia.
Nick alzò su di lei uno sguardo triste, devastato quasi.
“Zira…” rispose piano.




Della serie: oh BIP!!!
O almeno, questa è stata la mia reazione quando ho chiuso il capitolo...
Pensavo: cavolo, che ho combinato?!?!?! Ma in fondo non è opera mia, no? I miei cari personaggi mi hanno fatto una sorpresina!
Quanti di voi vogliono sapere cosa cavolo è successo a Zira e al suo adorato frugoletto? Nessuno? Se volete non ve lo dico...
Ah! Ecco, allora ok, ve lo dico...
Ma nel prossimo capitolo!!! ;)
Titolo: Storie e sogni
Spoiler... Ma quasi quasi non ve lo faccio...
Va bene, va bene!
Spoiler: "
Non puoi vederla… [...] Non puoi parlarle… [...] Non è lei che devi cercare!"
Allora? Cosa ne pensate?
Bene, direi che ci vediamo tra una settimana!
Ciao ciao!
Agapanto Blu

*Scappa prima che le tirino in testa qualcosa*

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Capitolo 25
*** Storie e sogni ***








Per tutti quelli che sono sopravvissuti al terribile capitolo precedente: buongiorno!
Ecco, qui abbiamo la spiegazione alla martellata sull'alluce che vi ho dato la settimana scorsa...
Vi lascio alla lettura e poi ci rivediamo sotto, ok?
A sotto!
Agapanto Blu





25.
 
Lucia sgranò gli occhi.
“Stai scherzando, vero?” chiese.
Ma negli occhi del Caduto c’era solo tristezza.
Nick scosse la testa.
Lucia fece un passo indietro e spostò lo sguardo a terra, sconvolta.
“Come…?” sussurrò.
Nick scrollò le spalle.
“Quando era umana…” spiegò, “Viveva nel millecento, più o meno: incontrò un Demone –un vero Demone– e rimase incinta di lui ma il padre sparì nel nulla, da bestia quale era, e lei rimase sola, a macerarsi nel desiderio di vendetta… Alla fine, mise al mondo suo figlio e poi fu bruciata sul rogo con l’accusa di stregoneria…”
Lucia sgranò gli occhi all’indifferenza nella voce di Nick.
“Non può essere vero…” sussurrò ma Nick annuì.
“Lei era furibonda allora… Aveva messo al mondo un Mezzo Demone ma non era la natura di suo figlio a farle rabbia: lei era andata con quel Demone conoscendone la natura, non lo amava ma amava il potere che pensava sarebbe derivato dall’essere la compagna di un servo del Maligno. Credendo alle leggende medioevali, si era convinta che sarebbe diventata una strega potente, capace di fare qualsiasi cosa, ma lui aveva giocato con lei ed era sparito dopo essersi divertito! No, quello che non poteva sopportare di suo figlio era il fatto che fosse nato da quel Demone che aveva osato prendersi gioco di lei! Per di più, era un maschio come suo padre e le ricordava la realtà ad ogni sguardo che posava su di lui.”
Lucia cercò di deglutire ma aveva la gola secca.
“Il bambino…” sussurrò temendo la risposta, “Che ne è stato di lui?”
“Fu la causa della morte della madre…” rispose Nick con un sospiro, “Zira non poteva tollerare nemmeno la sua vista così, il giorno stesso del parto, uscì dalla sua casa, andò nel bosco e chiamò a sé le forze di un rito satanico… Di norma, non avrebbe funzionato, quelle parole non avevano nessun potere, ma Satana era rimasto affascinato dalla sete di potere e dalla crudeltà di quell’anima perduta così rispose alla sua chiamata e acconsentì alla sua richiesta: aprire un varco per gli Inferi…”
“Un… varco? Per cos…?” chiese Lucia poi comprese e si interruppe, “No!”
Nick annuì tristemente.
“Zira gettò suo figlio all’Inferno…” sussurrò.
Lucia sentì quelle parole come il colpo di grazia sulle sue speranze.
Zira aveva avuto un figlio!
Aveva avuto un figlio e lo aveva condannato alla Dannazione eterna quando era ancora in fasce!
“Che ne sia stato di lui, non lo sappiamo…” continuò Nick bevendo un sorso di caffé, quasi a prendere tempo, “Forse Satana voleva la madre e lo ha ucciso, forse è morto di suo, forse è là imprigionato o forse serve la Tenebra di sua volontà, chi può saperlo? Noi sappiamo solo che una vecchia vide Zira compiere il rito, la denunciò alle autorità ecclesiastiche e quelle la mandarono al rogo… All’epoca, L’Inquisizione in nome del Signore era spietata, così tutte le vittime di essa venivano reputate innocenti e portate in Paradiso come se fossero martiri, per questo Zira non pagò quel gesto… Anche per i Demoni quelle anime avevano un valore particolare perciò le lotte tra Cielo e Inferno erano molto frequenti in quel periodo, ed è così che Samuel fu ferito alla schiena: mentre salvava l’anima di Zira, bruciata viva…”
Lucia non sapeva cosa pensare, cosa dire. La storia che Nick le aveva raccontato era atroce e lei poteva comprendere la sua reticenza a raccontargliela ma, al contempo, si rimproverava di non esserci arrivata a sua volta: Zira aveva un seno molto prospero il quale era, nelle donne Angelo, segno di maternità.
Certo, non avrebbe potuto indovinare tutta la storia ma il fatto che lei avesse avuto un figlio, sì.
Un figlio che aveva ucciso con le sue mani.
“Beata Vergine…” sussurrò.
Nick si lasciò sfuggire un sorriso amaro a quell’esclamazione.
“Neanche Lei è riuscita a salvarlo…” sussurrò.
 
Lucia alzò gli occhi al Cielo, casa sua, ma non riuscì a sorridere.
Da troppo tempo, ormai, era nostalgica e triste, ogni fibra del suo corpo gemeva e ora sapeva perché.
Perché non voleva essere viva.
Voleva essere morta nell’istante in cui il suo cuore era bruciato, voleva non esistere e non far soffrire, voleva non avere un cuore in pezzi dentro il petto.
Sospirò poi si voltò.
Nick, in piedi dietro di lei, guardava il cielo a sua volta.
Lucia ripensò a quando, un tempo, era lui quello che piangeva guardando il cielo.
Ora le cose erano invertite.
“Grazie di tutto…” sussurrò girandosi di nuovo, “Per avermi salvata e per avermi fatta ridere…”
Nick sorrise e abbassò la testa verso di lei.
“È stato un piacere…” sussurrò poi, sorprendendo la Pietosa, la abbracciò.
Lucia rimase immobile per un istante poi rispose al gesto con forza.
Sorrise.
“Grazie, fratellone…” sussurrò riprendendo la loro dichiarazione di affetto di prima.
Nick rise piano a sua volta, senza lasciarla, ma, quando parlò, aveva la voce rotta.
“Di niente, sorellina…” si lasciò sfuggire poi si scostò.
In quello stesso istante, sulla schiena di Lucia si schiusero le sue ali.
La ragazza sorrise.
“Allora… è un nuovo Addio?” chiese piano Nick.
Lucia scosse la testa.
“È sempre stato un Arrivederci…” dichiarò.
Fece un passo indietro e spalancò le ali, le gonfiò, pronta a dare il primo colpo, ma poi sembrò esitare.
Nick aggrottò la fronte.
“Cosa c’è?” chiese.
“Ti aspettavi che fossi diversa?” sussurrò Lucia guardandolo dritto negli occhi.
Nick sembrò confuso.
“Quando mi hai vista, hai detto: sei sempre la stessa…” ripeté la giovane piano, “Ti aspettavi che fossi diversa?”
Nick sospirò e chinò un poco il capo, senza avere il coraggio di guardarla negli occhi.
“Lo temevo…” ammise, “Dall’alto, le cose sembrano diverse…”
Poi sembrò riprendersi, alzò la testa e guardò la ragazza negli occhi accennando un sorriso.
“Ma non per te, vero?” commentò, “Tu sarai sempre la stessa…”
Lucia annuì.
Sempre…, era la prima volta che contemplava davvero la possibilità di ‘eterno’ per se stessa.
Fu un attimo.
La ragazza diede un colpo d’ali e sparì tra le stelle del cielo notturno.
Nick la guardò solo per un istante poi prese il cellulare dalla tasca e premette il numero di chiamata rapida.
Attese solo un istante.
“Nick?” chiese una voce dolce.
“Dobbiamo parlare.” disse il ragazzo serio, “Adesso, Miriam.”
 
Non puoi vederla…
Mattew si voltò ma dietro di sé non trovò nulla.
Eppure era certo che la voce fosse venuta da lì.
Non puoi parlarle…
Verso destra, era certa che la donna avesse parlato da lì.
Di nuovo non trovò altro che oscurità.
“Chi sei?!” urlò poi una rivelazione la colpì.
Si guardò attorno, frenetico, alla sua ricerca ma lei non c’era.
“ANGELICA!” urlò.
Corse ma ovunque andasse gli pareva di tornare sempre al punto di partenza: non c’era inizio e non c’era fine.
Sua figlia era sparita.
“ANGELICA!” chiamò di nuovo, in preda al panico.
Non è lei che devi cercare!, ordinò la voce perentoria.
Era una donna adulta, di questo ne era certo, ma non gli pareva di riconoscerla: non era Lucia, né Miriam, né Zira…
Non era nessuno che conoscesse…
“Chi devo cercare, allora?!” gridò, “Dov’è mia figlia?!”
Lei è al sicuro ma ancora per poco! È l’altra che devi cercare, quella che può proteggerla!
Mattew non capiva.
All’improvviso tutto iniziò a girare intorno a lui finché non gli parve di perdere i sensi…
E, invece, li riacquisì.
 
Mattew saltò a sedere sul letto.
Era sudato e ansimava.
Un incubo?
Il ragazzo deglutì sentendosi la gola riarsa.
No. Non era stato solo un sogno, non poteva essere stato solo un sogno.
Era stato qualcosa di più.
Qualcosa che, in quel momento, solo nella sua camera, lo fece rabbrividire.
Angelica è in pericolo…, si ripeté a mente per dieci, cento, mille volte, Ma chi devo cercare per proteggerla?!
I suoi occhi caddero sulla foto accanto al comodino: lui e Lucia, abbracciati, il giorno del matrimonio.
E la risposta gli apparve chiara davanti agli occhi.




Et voilà!
Cosa ne pensate? Credo che quelli che, per un attimo, hanno provato pena per Zira si siano già rimangiati le loro parole, eh?
Non so voi ma a me sembra sempre più cattiva ad ogni capitolo che scrivo...
Direi che non c'è altro da dire se non: chi cavolo sarà quel Qualcuno dei sogni di Mattew? Un amico o un nemico?
Boh!
Titolo del prossimo capitolo sarà: Vari punti di vista...
Spoilerino (un po' diverso dal solito): succederà qualcosa che confonderà tutti, quindi farò una bella panoramica per farvi capire che Qualcosa sta per accadere!
Ci vediamo settimana prossima!
A presto!
Ciao ciao!
Agapanto Blu

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Capitolo 26
*** Vari punti di vista ***







Allora!!!
Buon giorno a tutti, punto primo; punto secondo, ho un capitolo un po' speciale per voi...
Che ne dite se, anche se per pochino, entrassimo nella bella testolina di Angelica?
Vi lascio alla lettura, va bene?
A sotto!
Agapanto Blu





26.
 
“Ma che cavolo ti è saltato in mente?!” strillò la donna, “Potevate morire tutti e due!”
Nick la ignorò.
“Avresti dovuto dirmelo.” replicò.
Fermo a braccia incrociate, appoggiato con la schiena al muro della loro camera d’albergo, accanto alla finestra, Nicola guardava la moglie impassibile.
“Ma come facevo?!” replicò Miriam saltando in piedi da seduta sul letto.
La donna aveva i capelli biondi scarmigliati e in disordine e gli occhi rossi per colpa del pianto.
Stava piangendo ma non per la rabbia, solo per la confusione.
Non capiva, e stava impazzendo.
Non aiutava il fatto che suo marito avesse neanche troppo velatamente minacciato un Demone e rischiato la vita per cercare di parlare con Lucia.
Nick non rispose alle sue parole.
“Dovevi dirmelo.” ripeté.
Miriam sospirò, si portò le mani a sfregare le braccia, colta improvvisamente da una strana sensazione di freddo.
I due coniugi rimasero in silenzio per un lungo momento poi Nick si staccò dal muro, raggiunse la moglie e la abbracciò prima di sfregarle la schiena e le braccia per scaldarla.
“Va tutto bene…” le sussurrò, “Non è successo niente…”
“È successo di tutto, altro che niente!” sbottò Miriam nascondendo il viso nel suo petto.
Nick sorrise dolcemente per un istante poi posò le labbra sulla nuca della moglie, dandole un bacio leggero.
“Lo so che è dura…” sussurrò poi posando il mento sulla testa della moglie, “Credimi, non è facile per nessuno…”
Miriam deglutì prima di annuire.
I Person rimasero così per un lungo momento poi fu Miriam a staccarsi un po’ dal marito senza però rinunciare a restargli tra le braccia, soltanto quel poco che le serviva per guardarlo in viso.
“Cosa facciamo?” chiese seria.
Nick la guardò, altrettanto composto, poi si decise ad arrivare al nocciolo della questione.
“Pensi che da sola abbia qualche possibilità?” chiese.
Miriam non rispose, non ci pensò.
Si limitò solo a guardare il marito con la risposta nello sguardo chiarissimo.
 
Mattew entrò nella camera di Angelica con il biberon in mano.
Era strano che la piccola non si fosse ancora svegliata così lui le aveva preparato il latte e la stava andando a controllare.
Quando entrò nella stanza, però, Angelica non era nella sua culla.
Era sul pavimento.
La piccola stava giocando con i fili della coperta e rideva piano ogni volta che uno di essi volava per lo spostamento d’aria creato del suo battere le mani per terra.
Mattew sgranò gli occhi.
“Come ci sei arrivata lì?” esclamò confuso.
La piccola alzò gli occhi verso il padre e gli allungò le manine per prenderlo.
Per certe cose era molto piccola ma per altre grande.
Confondeva.
Mattew la raccolse da terra con delicatezza e iniziò a guardarsi intorno.
Nulla.
Annusò ma non sentì né odore di Angeli, che aveva imparato a riconoscere con Miriam e Nick, né di Demoni, come il suo amico Caduto gli aveva insegnato a identificare in caso di emergenza.
Nulla.
Aggrottò la fronte poi guardò la bambina che si protendeva verso il biberon con un’espressione di disappunto sul bel visino.
“Non iniziare a combinarmi stranezze, per favore…” borbottò ma poi si diede dello stupido.
Se quella era la natura di Angelica, come poteva lui tarparle –a quanto pareva, nel vero senso della parola- le ali?
Il papà si aggiustò meglio la figlia in braccio per poi lasciarla mangiare visto che, a quanto pareva, giocare era stancante.
 
Angelica non sapeva perché il suo papà la stesse portando in giro e nemmeno sapeva come facesse quell’oggetto strano a muoversi.
“Andiamo in macchina dagli zii…” le aveva detto il papà.
E lei si stava divertendo, tanto: vedeva il mondo correre attorno a lei come se stesse volando.
Vedeva tante persone, alcune normali e altre no: c’erano quelle leggermente illuminate, come gli zii, quelle leggermente opalescenti come papà, quelle che scintillavano di bianco come la mamma che le faceva visita ogni notte e quelle che brillavano di una strana luce nera come la donna che la sera prima aveva cercato di sollevarla dalla culla.
Angelica imbronciò il visino aggrottando la fronte e stringendo le labbra in modo pensoso, lì, dentro il suo ovetto: non sapeva bene perché ma, di colpo, la donna l’aveva lasciata cadere.
E, l’attimo dopo, lei si era ritrovata seduta per terra.
Poi aveva trovato quel bellissimo filo rosso e si era distratta.
Chissà se la donna nera sarebbe venuta a trovarla anche quella notte, sperava di no perché lei non le piaceva.
Aveva come la vaga consapevolezza di essere stata lei a mandarla via e a cancellare quel suo odore cattivo dalla cameretta ma, come tutti i bambini, Angelica non si prese certo la briga di concentrarsi su qualcosa che non capiva ma si lasciò distrarre dagli alberi che correvano fuori dal finestrino e il suo visino si aprì in un sorriso dolce.
Mattew allungò una mano ad accarezzarle una gamba e la piccola scoppiò a ridere, felice.
“Ti diverti, eh?” le chiese il padre, “Mi chiedo se troverai mai qualcosa che non ti piaccia…”
Angelica, ovviamente, non aveva idea di cosa Mattew avesse detto ma il suono le piacque così tanto che rise ancora.
Eh sì: era proprio felice del suo papà.
 
Lucia continuò a volare nascosta tra gli alberi.
Teneva sotto controllo la macchina e non le piaceva che Zira ancora non si fosse fatta vedere: la sera prima aveva trovato una traccia che, però, si era rivelata solo un giro a vuoto.
Aveva pensato ad una trappola della Demone per sviarla e attaccare la sua famiglia ma, tornata di corsa a casa, aveva trovato Mattew intento a nutrire Angelica.
Non ha senso!, pensò furiosa per l’ennesima volta, Una trappola che non è una trappola: ma cos’ha in testa?!
L’unica possibilità plausibile era che qualcosa avesse mandato in fumo i piani della Demone ma la Pietosa proprio non riusciva a capire cosa potesse essere stato.
Sbuffando, continuò a seguire a distanza l’auto del marito.
 
Lo sgabello si schiantò contro il muro andando in mille pezzi e le schegge volarono per la stanza come frecce acuminate eppure nessuno osò muoversi.
I quattro Demoni Assassini, tutti maschi, rimasero paralizzati ad osservare la loro compagna che camminava furibonda per la stanza.
La donna passò accanto ad una sedia, la afferrò di slanciò e le fece fare la stessa fine dello sgabello.
“Distruggere tutto non aiuterà…” azzardò uno dei Demoni ma non poté finire perché la donna lo afferrò per la gola e lo sollevò da terra di due palmi buoni.
Era quello il motivo perché era lei a capo della missione, oltre che per il fatto che fosse la sua vendetta: era troppo forte perché qualcuno, a parte il Tentatore, potesse pensare di comandarla.
Zira puntò gli occhi verdi in quelli del Demone.
“Hai forse qualche consiglio?” sibilò minacciosa stringendo la presa.
L’uomo rimase immobile e non rispose.
Zira lo scagliò contro il muro alla stregua dei mobili e l’uomo si accasciò a terra dopo essersi schiantato con violenza.
“Possibile che siate tutti degli incapaci?!” ringhiò Zira.
Le sue parole furono un vero e proprio ringhio, i suoi denti si allungarono e la saliva iniziò a uscirle dagli angoli della bocca: più che una donna, sembrava una bestia.
I quattro rimasero muti ma, da bravi Demoni, ognuno di loro augurò mentalmente alla carnefice di fallire e morire.
D’altro canto, non sarebbero stati Assassini se la morte di qualcuno, chiunque esso fosse, non gli fosse risultata piacevole sotto ogni punto di vista.
“Adesso basta!” sibilò la Demone camminando, ignara dei pensieri dei suoi compari, “A farsi benedire, tutti questi inutili trucchetti: da adesso giocheremo a carte scoperte!”
“Che vuoi fare?” chiese un Demone aggrottando la fronte.
“Li voglio uccidere tutti!” esclamò lei voltandosi di scatto, “Dal primo all’ultimo! A cominciare da quella dannatissima bambina che ha osato scacciarmi!”




Credo sia ormai chiaro che Angelica non è esattamente una piccolina indifesa, eh?
Se vi dico che siamo solo all'inizio e che quella bambina tirerà fuori ancora un paio d'assi dalle maniche della tutina?
Comunque, stiamo facendo passi da gigante verso la fine di questa storia: mancano 8 capitoli, gente!
Questa storia, come la sua sorella maggiore, dura in tutto 34 capitoli...
Vabbé, intanto il prossimo capitolo avrà titolo: Una lotta impari
Ma chi lotterà?
Spoiler: "
La donna si voltò di scatto e fece appena in tempo a scorgere la sagoma scura e femminile che si stagliava contro il profilo blu del cielo notturno prima che questa la colpisse violentemente al viso.
"
Allora?
Non abbandonatevi mi raccomando!
A presto!
Ciao ciao!
Agapanto Blu

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Capitolo 27
*** Una lotta impari ***







Salve a tutti!
Una cosa sola da dire: capitolo senza lieto fine, ragazzi!
Ci si avvicina allo scontro finale (perchè, chissà come mai, in queste storie mi salta sempre fuori uno scontro finale: io non so perchè ma non riesco ad impedirlo!)
A sotto? A sotto!





27.
 
“Andiamo Angelica, ti supplico: dormi!” implorò Miriam con un gemito ma la piccola bestiolina tra le sue braccia si limitò a scoppiare a ridere nel sentire il suo tono distrutto.
La donna lanciò un’occhiata all’orologio sulla scrivania: le tre di notte.
Con un gemito, l’Arcangelo si lasciò cadere seduta sulla poltrona della camera di Angelica e sospirò.
Quel giorno erano andati a fare compere con la bambina, Mattew aveva praticamente soltanto latte nel frigorifero, e lei si era così esaltata nel vedere tutta la gente del centro commerciale che si era messa a piangere una volta usciti. Suo padre aveva fatto i salti mortali per calmarla e, alla fine, era a pezzi così Miriam si era offerta di far dormire la piccola mentre lui recuperava le ore di sonno perse negli ultimi tempi e Nick tornava in albergo.
Certo, la donna non si aspettava di dover fare così tardi senza che la piccola accennasse anche solo uno sbadiglio!
“Ti prego, angioletto, adesso fai la nanna, d’accordo?” chiese alla piccola iniziando a cullarla.
Aveva provato ogni ninna nanna possibile e immaginabile: le restava solo quella che le aveva già cantato una volta, così intonò quella.
Angelica si ammutolì subito e Miriam sospirò di sollievo.
Pensava che fosse stata la canzone a farla tacere ma poi si accorse, aggrottando la fronte, che Angelica guardava dietro di lei, alle sue spalle.
La donna si voltò di scatto e fece appena in tempo a scorgere la sagoma scura e femminile che si stagliava contro il profilo blu del cielo notturno prima che questa la colpisse violentemente al viso.
Miriam riuscì a stringersi, chissà come, Angelica al petto facendo in modo che non toccasse terra quando lei sbatté contro pavimento ma poi non poté rialzarsi perché altri due uomini, due Demoni, le furono addosso e la immobilizzarono, tappandole la bocca e bloccandola a terra a braccia aperte.
Angelica si protese verso il viso della zia in difficoltà ma venne presa in braccio dalla donna misteriosa.
La piccola si voltò e riconobbe i capelli scuri e gli occhi cattivi della signora che le aveva fatto visita la notte prima.
Avrebbe tanto voluto che la mamma arrivasse ad aiutarla e così scoppiò a piangere.
La donna rise di gusto nel sentire il suo vagito e lei, come per ripicca, smise e fece una faccia arrabbiata.
Seguendo un istinto che i bambini della sua età non dovrebbero avere, la piccola protese le manine in avanti e afferrò una ciocca scura dalla chioma scarmigliata.
Con tutta la forza e la cocciutaggine che trovò, Angelica iniziò a strattonare il nuovo appiglio, più e più volte rapidamente, facendo ondeggiare la testa della sua avversaria che urlò di dolore.
Miriam, tenuta bloccata dai due Demoni, sgranò gli occhi, sconvolta, nel vedere la bambina reagire all’avversaria e cercò di liberarsi agitandosi.
Sentì tonfi strani provenire dal corridoio e dedusse che Mattew non avrebbe potuto portarle aiuto.
Angelica, incoraggiata dalla prima vittoria sulla Demone, tentò di arrampicarsi sulla sua nuca usando le varie ciocche come appigli e sorridendo soddisfatta nel sentire Zira ringhiare e gridare rabbiosamente.
“Toglietemela di dosso!” urlò l’Assassina, veramente furibonda, “Toglietemi di dosso questo mostro immondo!”
Angelica dovette essersi offesa per quelle parole perché diede uno strattone più forte e, con il suono netto di uno strappo, portò via dalla testa della donna un nutrito ciuffo di capelli corvini che lasciarono una chiazza pelata dietro di loro.
Proprio mentre Miriam riusciva a liberare un braccio, la porta della camera si aprì e altri due Demoni, evidentemente dopo aver reso Mattew inoffensivo, entrarono nella stanza.
Uno fu rapido ad assalire l’Arcangelo e, assieme ai due compagni, riuscì a costringerla in ginocchio e a immobilizzarla; l’altro corse a salvare la padrona dalla piccola che tentava, imperterrita, di ripetere il gesto di prima.
A fatica e al prezzo di una seconda ciocca, l’uomo riuscì a strappare Angelica da Zira e la bambina mise in mostra il suo bel broncio agitando i pugnetti pieni di capelli neri.
Zira la guardò furiosa, i suoi canini lunghi gocciolarono bava sul pavimento e gli occhi verdi brillarono di un arancio inquietante che fece sgranare gli occhi della piccola.
La donna si avvicinò alla bambina che continuò a fissarla come un uccellino spaventato fissa gli occhi del serpente che lo sta avvolgendo nelle sue spire.
“Adesso hai paura, eh?” sibilò la donna.
Angelica sembrò riscuotersi e mise il broncio poi aspettò che la donna le fosse ancora più vicina.
Quando Zira fu a un soffio dal suo volto, urlò.
Un urlo così forte che la Demone fece un salto all’indietro con paura e l’uomo che teneva la piccola la lasciò cadere.
A un soffio da terra, Angelica smise di cadere e, un istante dopo, era pacificamente seduta sul pavimento.
Più o meno pacificamente.
Giratasi, gattonò fino alla gamba del Demone maschio e gli si aggrappò con forza un momento prima di morderlo.
Il Demone poté vantarsi di essere stato il primo a scoprire che alla bambina erano cresciuti, durante il giorno, tutti i dentini.
Gridò ma Zira approfittò della distrazione di Angelica per afferrarla da dietro e posarle un fazzoletto sul viso.
Con sgomento, Miriam vide la bambina agitarsi sempre meno fino a non muoversi più.
L’ha uccisa!, pensò sconvolta come prima cosa ma poi vide l’Assassina sistemarsi meglio la piccola in braccio, come se si fosse solo placidamente addormentata.
Zira ansimava per la fatica di quella lotta che non aveva certo previsto ma poi si ridiede un contegno.
“Storditela e andiamocene.” ordinò ai suoi uomini accennando con il mento a Miriam prigioniera.
L’Arcangelo sentì un fazzoletto posarsi sulla sua bocca e sul naso, un odore strano e dolciastro la raggiunse poi crollò mentre Zira scavalcava la finestra con Angelica tra le braccia.
 
“Nick!” urlò Lucia girandosi a destra e a sinistra, “Nick!”
Dov’era?
Lo aveva chiamato tante volte: perché diamine non rispondeva?
Era nel bosco, dove lui le aveva dato appuntamento, ma non lo trovava.
Un rumore fuori posto la fece voltare di scatto.
Lentamente, si avvicinò alla macchia d’alberi scura dalla quale esso proveniva, la mano dietro la schiena, sull’elsa del pugnale.
Aprì le ali e saltò sul ramo alto di un albero poi guardò giù.
E vide Nick. Legato.
“Nick!”
Lucia saltò subito giù e corse dall’amico, chiamandolo, ma quello era imbavagliato e poté solo risponderle a versi e sguardi disperati.
“Adesso ti aiuto!” disse.
La donna si inginocchiò e gli tolse il fazzoletto dalla bocca.
“Zira sta andando da Mattew!” urlò il ragazzo non appena fu libero, “Vuole Angelica!”
Lucia sentì un brivido freddo fermarle il cuore per la seconda volta.
“No!” urlò.
Con un solo fendente rapido tagliò le corde che legavano il Caduto poi si voltò, spalancò le ali e spiccò il volo.
Nick la seguì velocemente, anche lui in volo, e i due si diressero alla massima velocità verso casa.
Quando arrivarono, l’abitazione era silenziosa e tutte le luci spente, nessuna casa vicina dava segno d’esser stata disturbata nella notte.
“Va’ da Angelica!” ordinò Nick mentre ancora planavano a tutta velocità, “Io controllo Mattew!”
Lucia annuì ed eseguì una piccola virata verso la finestra della camera della figlia dentro la quale entrò senza fermarsi.
“No!”
Lo spettacolo davanti ai suoi occhi era terribile: Miriam priva di sensi era a terra, la camera era sottosopra, la culla di Angelica ribaltata…
Della bambina, nessuna traccia.
La Pietosa si gettò sull’Arcangelo e cercò di svegliarla chiamandola ma poi, siccome quella non sembrava reagire, dovette darle uno schiaffo.
Miriam tossì e si rigirò ma aprì gli occhi.
Le sue iridi chiare parvero confuse per un momento ma poi le palpebre si aprirono oltre il normale e la donna saltò in piedi.
Si voltò di scatto verso la finestra, si guardò attorno ma, ormai, era troppo tardi per intervenire.
Miriam guardò Lucia, al suo fianco.
“Dov’è?” sussurrò quella pur sapendo già la risposta, le lacrime che le solcavano il viso.
Miriam chiuse gli occhi.
“Mi dispiace…” mormorò soltanto.
In quel momento, dalla porta entrò Mattew, seguito a ruota da Nick.
Il Nephilim aveva un grosso taglio sulla fronte e il sangue ormai secco gli sporcava metà del viso.
Mattew vide Lucia ma il suo sguardo si posò su di lei solo un istante, notò le sue lacrime e setacciò la stanza.
Anche lui capì.
Mattew raggiunse la moglie e, incurante delle regole, la strinse a sé per confortarla e asciugarle il pianto.
“La andiamo a riprendere, Luci…” le sussurrò all’orecchio, la voce forte e determinata, più spietata di come Lucia non l’avesse mai sentita, “Te lo giuro…”




Ehm ehm...
Allora, lo so che ora mi volete morta e tutte le altre belle cose che mi dite quando faccio passare i cattivi in vantaggio, però...
Però...
Innanzitutto, per buona pace di Zia Chris, Angelica sta bene (per ora)...
E poi, insomma, c'è tempo prima della fine della storia: potrebbero anche riprendersela!
Avete sentito (letto) Mattew, no? La vanno a riprendere! (certo, potrebbero morire tutti, però...)
Detto questo, parliamo del prossimo capitolo, va bene?
Titolo: Mettere in pratica
Spoilerino: "
“Qui è pericoloso!” sibilò Lucia al marito per l’ennesima volta, “Tu non dovresti esserci!” [...]
“Neanche mia figlia dovrebbe essere lì!” dichiarò duro, “E io non ho intenzione di starmene a casa a guardare la TV mentre Angelica rischia la vita!”"
Beeeene!
Ora direi che posso andarmene, va bene?
Vi lascio in pace!
A presto!
Ciao ciao!
Agapanto Blu

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Capitolo 28
*** Mettere in pratica ***







Scusate, scusate, scusate!
Mi dispiace sono in ritardo E di corsa!
Vi lascio al capitolo, ok?
A sotto!





28.
 
L’oscurità totale, il vento muto, gli animali silenziosi e perfino le stelle che sembravano brillare meno del solito.
Era una notte di Novilunio, il Satellite non brillava e nascondeva i movimenti furtivi di chi era appostato nella notte.
Uno scricchiolio, nulla di più di un minuscolo suono in mezzo ad altre centinaia ma qualcuno avrebbe potuto notarlo.
Qualcuno in attesa.
Stando attento a non ripetere l’errore, Mattew si accucciò tra i cespugli accanto alla moglie.
Lucia fissava la fabbrica in disuso davanti a sé e la porta in particolar modo: entrambe le davano una sensazione sgradita.
Dov’erano le guardie dell’altra volta? Perché c’era una luce accesa al secondo piano?
L’unica spiegazione plausibile era che Zira sapesse, o quantomeno intuisse, che stavano per arrivare.
Non che ci volesse molto ad indovinarlo: Angelica era lì dentro e loro avrebbero fatto di tutto per salvarla.
Loroincludeva, oltre a Mattew e Lucia, anche Miriam e Nick, appostati esattamente dietro di loro.
Non erano molti ma meglio di niente e, inoltre, Miri era una Arcangelo e quindi una “pari-grado” di Zira.
Ok, va bene!, ammise Lucia a se stessa con un moto di stizza, Non è esattamente incoraggiante, ma anche l’altra volta siamo partiti in svantaggio, no? Affidarsi alla Provvidenza: se non ci credo io!
Prese un respiro profondo poi si lanciò un’occhiata alle spalle.
E incrociò gli occhi di Mattew.
Ecco, lui lo avrebbe comunque lasciato a casa volentieri!
Non perché non si fidasse di lui ma tra i presenti, fatta eccezione per Angelica, era il più fragile. Insomma era un Nephilim, ma non un Angelo!
Peccato che suo marito fosse stato irremovibile e avesse minacciato di seguirli lo stesso e, con la velocità datagli dalla sua natura di semi-angelo, li avrebbe anche potuti raggiungere.
Si sarebbe fatto ammazzare di sicuro!, si disse la Pietosa cercando di scacciare l’ansia, Se voglio tenerlo sotto controllo, devo portarlo con me!
Dal canto suo, Mattew non riusciva a credere al racconto di Miriam secondo il quale Angelica, la sua adorata piccolina, avrebbe cercato di prendere lo scalpo di Zira… e ci fosse quasi riuscita!
“Qui è pericoloso!” sibilò Lucia al marito per l’ennesima volta, “Tu non dovresti esserci!”
Mattew indicò la fabbrica.
“Neanche mia figlia dovrebbe essere lì!” dichiarò duro, “E io non ho intenzione di starmene a casa a guardare la TV mentre Angelica rischia la vita!”
Lucia rimase sorpresa dalla veemenza di Mattew e si vergognò di aver tentato di tenerlo fuori da tutto: riguardava anche lui, Angelica era anche sua figlia.
Sospirò ma annuì e si voltò di nuovo verso la fabbrica.
Attese un istante ma non ci fu alcun segno di vita così si voltò all’indietro e annuì ai compagni dopodichè scivolarono tutti fuori dalla macchia di piante.
Lenti, passarono di ombra in ombra fino alla porta della fabbrica.
Lucia posò la mano sulla maniglia di ferro e ne sentì il freddo a contatto con la pelle. Si prese un istante, sfiorò con le dita il pugnale d’argento infilato nel fianco del pantalone poi aprì la porta ed entrò.
“Sh-sh-sh!” intimò loro una voce cantilenante e sarcastica.
La sala era immersa nel buio e solo la scalinata che portava al piano superiore era illuminata.
Zira scivolò fuori da un angolo scuro e si posizionò sotto il rettangolo di luce di una finestra.
Sorrise.
Tra le braccia, addormentata, cullava Angelica.
“Non vorrete svegliare la bambina…” continuò la Demone a bassa voce ma poi rise sguaiatamente e la bambina, comunque, non si svegliò.
Deve averla drogata di nuovo…, pensò Miriam avanzando di un passo verso la Demone per accostarsi a Lucia.
“Te lo dirò una volta sola, Zira:” intimò Lucia furiosa, “lascia andare Angelica!”
La Demone rise.
“Altrimenti?” chiese.
Non fu neanche un fruscio, solo una sensazione, ma Nick si voltò di scatto e vide in tempo due dei Demoni di Zira avvicinarsi per attaccarli alle spalle.
“Via!” urlò gettandosi su Miriam appena in tempo per spostarla dalla traiettoria di un mobile che uno degli avversari aveva scagliato.
I due Caduti rotolarono sul pavimento tenendosi stretti ma dovettero subito staccarsi e allontanarsi per evitare la carica dei due nemici.
Lucia lanciò appena un’occhiata ai due compagni per essere certa che stessero bene poi si lanciò su Zira.
La Demoneevitò il pugno con cui la Pietosa stava cercando di ferirla poi, rapida, rispose al colpo sferrando alla ragazza un calcio nello stomaco.
Lucia si piegò in due per il dolore.
È ancora forte come un Arcangelo!, capì e ricordò in un attimo quello che Nick le aveva spiegato più di due anni prima, che un Angelo è fisicamente inferiore ad un Arcangelo in un combattimento paritario.
Ma io sono armata!, si disse Lucia cercando di convincersi poi non si permise di pensare altro.
Zira, dando le spalle alla battaglia tra Demoni e Angeli, raggiunse la finestra e si issò sull’infisso cercando di scavalcare per fuggire nella notte con la bambina.
Aveva messo su soltanto una gamba quando qualcuno la afferrò per la vita e iniziò a strattonarla di nuovo dentro il locale.
Zira, sorpresa, non riuscì a reagire e Mattew la riportò indietro riuscendo anche ad afferrare la coperta dentro la quale stava Angelica.
Il Nephilim riuscì a strappare la bambina dalle mani della Demone e poi indietreggiò rapido stringendo il prezioso fagotto al petto.
Fece due passi all’indietro, verso la scala, mentre Lucia si gettava su Zira e la buttava a terra ma, quando fu accanto al primo gradino, i tre Demoni mancanti all’appello comparvero dal piano superiore per dare manforte ai compagni.
Mattew si voltò e si trovò circondato.
Strinse i denti rabbiosamente ma poi aumentò la stretta anche su Angelica e si mise in guardia.
E adesso che faccio?!, pensò in un lampo ma il ragionamento si dimostrò inutile perché Nick abbatté di slancio uno dei tre Demoni con un pugno al mento.
Mattew si voltò e scoprì Miriam intenta a tenere a bada due avversari e Lucia avvinghiata a Zira sul pavimento.
“Porta via la bambina!”
Mattew si voltò.
Nick aveva il braccio di un Demone attorno al collo, l’uomo che il Caduto aveva steso si stava rialzando e il terzo si avvicinava al Nephilim e alla bambina.
“Portala via!” urlò Nick per la seconda volta cercando di dimenarsi nella stretta dell’avversario.
Mattew indietreggiò ma non per molto perché i due Demoni liberi lo agguantarono.
In un attimo, uno di loro gli strappò via Angelica dalle braccia.
 
Lucia continuava a rotolare aggrappandosi a Zira nel disperato tentativo di riuscire a fermasi sopra all’avversaria come raccomandatole da Samuel.
Combatti con lei solo da una posizione di vantaggio: ad armi pari, lei è la più forte…, aveva detto l’Arcangelo dei Pietosi.
All’improvviso, Lucia trovò un appiglio con i piedi, uno scatolone o un mobile, e riuscì a puntellarsi e a fermare quella giostra impazzita.
Si raddrizzò un poco e scoprì, con sgomento, di essere davvero seduta a cavalcioni di Zira che, sotto di lei, si agitava per scrollarsela di dosso.
Lucia bloccò un braccio di Zira a terra con un ginocchio ma non riuscì con l’altro che la Demone usò per cercare di strapparla la faccia.
La Pietosasentì gli artigli dell’avversaria conficcarlesi nella guancia sinistra ma si limitò ad alzare un po’ la gola e mantenere la presa sull’avversaria.
Nella testa aveva sempre chiari gli avvertimenti e le lezioni di Samuel.
Sotto le cavità delle orbite, le ossa sono taglienti perciò se la colpisci lì, la ferirai di sicuro e con un po’ di fortuna il sangue le andrà negli occhi e la accecherà…
Colpì Zira con un pugnò allo zigomo destro.
Il taglio che si aprì era lungo e passava esattamente sotto la palpebra ma il sangue scivolò lungo la guancia senza accecare la Demone.
Il naso è facile da rompere se sai come fare perché è quasi tutto cartilagine e quel poco di osseo che c’è è sottile e fragile: usa la base del polso dove le tue ossa sono più dure e compatte…
Lucia sollevò la mano di nuovo e la piegò poi colpì il naso di Zira con il polso.
Lo scricchiolare delle ossa che si rompevano le causò un brivido lungo la schiena ma non si permise di mostrarlo.
Cerca di ucciderla prima che puoi, devi finire lo scontro in fretta… Usa il pugnale non appena ne hai la minima possibilità…
Lucia portò la mano sul fianco alla ricerca dell’elsa della sua arma.
Le sue dita strinsero il vuoto.
Lucia girò la testa e lo vide: il suo pugnale era a due metri da lei, per terra.
Mi è caduto mentre rotolavamo!, capì d’impulso ma poi non poté pensare ad altro perché un dolore incandescente al braccio le fece piegare la testa all’indietro con un grido di dolore.




Allora, velocissimamente!
Titolo prossimo capitolo: Lottare
Spoiler: "
Ti prego, perdonami!, rivolse al marito."
Scusatemi ancora!
A presto!
Ciao ciao!
Agapanto Blu

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Capitolo 29
*** Lottare ***







Salve!
Capitolo utile (ma anche no) durante il quale mi diverto ancora un po' (sadicamente, com'è ovvio) a far rischiare le penne ai miei amici!
Comunque, suvvia, iniziano a rialzare la testa...
Vabbé, vi lascio al capitolo.
A sotto!
Agapanto Blu





29.
 
Miriam spalancò le quattro ali e caricò i due avversari come un ariete spingendoli con tanta forza da farli volare all’indietro fino a sbattere con la schiena contro il muro opposto della sala.
L’Arcangelo si voltò per capire chi aiutare ma scoprì che la scelta non era poi così facile.
Nick si stava accasciando nella presa soffocante del Demone alle sue spalle che, implacabile, continuava a stringergli la gola; Mattew cercava di recuperare Angelica dalle mani di un Demone mentre un altro gli stava alle spalle e lo tratteneva per le braccia; Lucia lottava aggrappata a Zira ma era possibile capire chi delle due fosse in vantaggio perché entrambe continuavano a muoversi.
Miriam ragionò un solo istante: Lucia era comunque sopra Zira, quindi in vantaggio; Mattew avrebbe potuto battersi con il Demone se avesse smesso di preoccuparsi per Angelica…
Nick sarebbe soffocato nella presa dell’avversario ma non sarebbe morto, l’unico modo per uccidere un Angelo è dissanguarlo perciò sarebbe soltanto svenuto.
Per quanto il pensiero le facesse male, Miriam capì che non poteva andare in soccorso del compagno, non in quel momento.
Spostò lo sguardo dalla scena del Demone che strangolava il Caduto e corse verso Angelica.
Ti prego, perdonami!, rivolse al marito.
Violenta come uno tsunami, Miriam si spinse con le ali e atterrò sul Demone che teneva la bambina.
Prese Angelica in braccio, colpì l’uomo al viso con il gomito e poi spiccò il volo verso il soffitto per mettere la bambina al sicuro, fuori dallo scontro, ma non si sollevò che di pochi palmi e qualcuno la afferrò per le piume più basse e la trascinò a terra, strappandole via le penne.
Miriam gridò per il dolore atroce mentre il sangue iniziava a fluire copioso dalla parte più bassa delle ali.
Il demone che l’aveva atterrata, uno dei due di cui credeva di essersi liberata, le strappò Angelica mentre uno di quelli che aveva attaccato Mattew le si sedette sulla schiena e afferrò un paio di piume.
“Qualcosa da dire?” chiese ghignando.
“Va’ al diavolo!” sibilò Miriam mordendosi le labbra in previsione del dolore.
Il Demone rise, crudele.
“Gli porterò i tuoi saluti!” dichiarò dopodichè tirò via le piume.
Le ali sono la parte più delicata e sensibile di un Angelo. Le piume sono la parte più delicata e sensibile delle ali.
Miriam gridò con tutto il fiato che aveva, la voce resa roca dallo sforzo, mentre una chiazza rosso sangue si allargava nel punto dove il Demone aveva strappato le penne.
 
Mattew guardò con orrore Miriam che si contorceva sul pavimento mentre il Demone continuava a spiumarla strappando a destra e a manca.
Non aveva mai visto Miriam in quello stato e sapeva bene quanto lei fosse forte.
D’istinto distolse lo sguardo.
E tremò.
 
Nick iniziò a vedere le assi del soffitto muoversi e oscillare avanti a indietro, vide l’oscurità farsi più netta e le cose, anche quelle illuminate, finire fuori fuoco.
Annaspava come se stesse affogando, alla disperata ricerca d’aria, e la pressione sul pomo d’Adamo era così forte da fargli pensare che avrebbe potuto sbriciolargli la carotide in un istante.
Le gambe gli si fecero deboli e, di colpo, gli sembrò che il suo stesso corpo fosse diventato troppo pesante per essere sostenuto.
Le ginocchia gli cedettero ma l’avversario non mollò la presa.
Una voce strana, profonda e distorta, gli arrivò alle orecchie ma lui ci mise un po’ a tradurla.
“Sei uno che non si arrende, eh?” diceva ma il tono sarcastico e forse un pochino scocciato travisò totalmente il valore del complimento.
Una mano enorme comparve nella visuale del ragazzo che la vide ondeggiare e cambiare forma più e più volte fino a quando non gli si posò sul viso.
Nick non capiva e non riusciva a ragionare.
Il palmo della mano misteriosa gli si posò sulla bocca mentre due dita gli tappavano le narici occludendo ogni via d’entrata dell’aria.
Nick non ne era sicuro ma era quasi certo che non fosse una buona cosa.
 
Lucia abbassò lo sguardo sul braccio destro che pulsava dolorosamente: quattro tagli frastagliati quasi paralleli le partivano da un palmo sotto la spalla e proseguivano fino quasi al gomito dove la ragazza vide, con orrore, le unghie di Zira uncinarle la carne.
Erano diventate nere e adunche e facevano ribrezzo così imbrattate di sangue.
In un istante, la ragazza capì che doveva lasciare la posizione di vantaggio e recuperare l’arma.
Cerca sempre di colpirla in modo imprevedibile: non permetterle di anticipare le tue mosse!
Lucia trattenne il respiro in modo istintivo poi si piegò in avanti e, ignorando il dolore al braccio, colpì in viso Zira, che cercava di rialzarsi, con una testata.
La Demoneurlò di dolore e lasciò andare l’avversaria per portarsi entrambe le mani al viso, ormai ridotto ad una maschera di sangue.
Lucia saltò in piedi e si allontanò dalla Demone in direzione del pugnale.
Premendo la sinistra sui tagli che le aveva fatto Zira sull’avambraccio, la Pietosa afferrò il pugnale con la destra e si voltò per cercare l’avversaria.
Zira era svanita.
 
Mattew guardò con orrore il Demone posare Angelica in una specie di cesta di vimini adibita a culla e cercare di mettervi sopra un coperchio.
Accanto al tavolo su cui era poggiata la culla-cesta, stava un condotto che il Nephilim dedusse essere lo scarico delle sostanze inquinanti prodotte un tempo dalla fabbrica.
“No!”
Si lanciò in avanti e afferrò il Demone da dietro.
L’uomo si divincolò e Mattew si ritrovò, nel panico, a stringerlo senza sapere cosa fare.
Ricordò come il Demone aveva stretto Nick e cercò di imitarne la presa.
L’avversario tra le sue braccia iniziò ad agitarsi meno.
Stringi sulla trachea…, sussurrò una voce nella sua mente.
Mattew sgranò gli occhi nel riconoscere quel tono femminile che aveva cercato di avvertirlo in sogno del pericolo.
Fu lo sgomento di un solo istante e poi, senza più farsi domande, il Nephilim obbedì.
Le forze del Demone si ridussero ancora.
Era impossibile che lo stesse soffocando così rapidamente, Mattew se ne rendeva conto, ma forse la sua forza era maggiore di quanto pensasse.
Aumentò la stretta e, con suo raccapriccio e sgomento, sentì le ossa del collo dell’avversario sbriciolarsi sotto il suo braccio e l’uomo accasciarsi senza più reagire.
Lasciò cadere il corpo con orrore ma non riuscì a distogliere gli occhi da quegli occhi spalancati.
Lo aveva ucciso…
Angeli e Demoni muoiono solo dissanguati., sussurrò quasi seccata la voce nella sua mente, E adesso, per Dio, aiuta Nick!
Mattew si voltò: Nick era sul punto di crollare mentre il Demone alle sue spalle gli premeva una mano su naso e bocca.
Ma com’è possibile che io sia più forte di un Demone?, si chiese il Nephilim correndo verso l’amico.
Perché sei un Nephilim e quindi un mezzosangue: hai la forza fisica sommata di entrambe le razze., spiegò la voce nella sua testa e a lui parve quasi di poterla sentire sbuffare, Dovete fare a cambio, Mattew: a te il Demone con cui si sta battendo Nick, a Nick quello di Miriam e a Miriam deve andare Zira.
Ma Lucia…, pensò Mattew preoccupato.
Lucia è l’unica che può uccidere Zira ma Miriam è l’unica che possa battersi con lei!, lo corresse la voce.
Mattew non fece altre domande e, ormai accanto al Demone, si limitò a lanciarsi sull’avversario colpendolo al petto con un pugno.
Il Demone fu lanciato indietro e sbatté la schiena contro i gradini delle scale così Mattew poté approfittare del suo stordimento per aiutare il Caduto a risollevarsi in piedi.
Per Nick il mondo era ancora una massa indistinta di grigi ma, quantomeno, sentiva l’aria tornare a circolare nei suoi polmoni.
Ansante, riprese rapidamente coscienza di sé e dello spazio e vide Mattew al suo fianco.
“Che cavolo…?” cercò di dire ma l’amico lo tirò interrompendolo.
“Me ne occupo io di questo, tu devi aiutare Miriam!” ordinò.
Nick si voltò, sgomento, nel riconoscere le urla di dolore dell’amata e la vide, sdraiata a terra sotto quel Demone che le stava strappando le piume.
Sentì solo vagamente Mattew che gli gridava di dire all’Arcangelo di occuparsi di Zira e si gettò sul Demone afferrandogli la testa dopo aver fatto passare le mani sotto le sue braccia.
L’uomo grugnì qualcosa nel sentirsi immobilizzare ma Nick lo ignorò.
Aveva ucciso una sola volta, in passato, e se n’era pentito amaramente per cento dannatissimi anni ma per Miriam avrebbe ammazzato anche migliaia di altre volte, anche degli innocenti.
Di certo, comunque, quel dannato non rientrava nella categoria.
Nick lo trascinò indietro, senza però permettergli di rialzarsi esattamente in piedi, fino a che non fu più sopra Miriam.
A quel punto, lo costrinse di nuovo in ginocchio, lanciò un’occhiata rapida alla compagna per assicurarsi che fosse ancora cosciente poi, con un rapido movimento delle braccia, fece pressione sulle spalle del Demone.
Il suono raccapricciante delle ossa di entrambe le articolazioni che si rompevano mescolato all’urlo di dolore dell’uomo non ebbe, comunque, il potere di distrarre Nick dal suo obiettivo e il ragazzo, rapido, spostò le mani una sulla nuca e una sotto il mento del Demone.
Un movimento secco e anche l’osso del collo si ruppe facendo tacere l’uomo.




Et voilà!
Allora, lo so che è un capitolo dove non accade quasi nulla, però un po' di sano combattimento deve esserci! Sennò che lotta tra il Bene e il Male sarebbe, no?
Prossimo capitolo...
Titolo: Per la seconda volta
Spoiler: "
Gen gen gen kalengheila,"
Capito tutto, eh?
Allora alla prossima!
A presto!
Ciao ciao!
Agapanto Blu

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Capitolo 30
*** Per la seconda volta ***







Buongiorno a tutti, belli e brutti!
Allora, vi lascio al capitolo così state tranquilli...
Ci leggiamo sotto!





30.
 
Miriam non capiva niente.
Non esisteva nulla, attorno a lei, che non fosse il dolore atroce alle ali, quel dolore che continuava ad aumentare.
Non sapeva cosa fosse successo, solo che qualcuno le aveva tolto di dosso il Demone e che il dolore, benché ancora forte, non andava più aumentando.
Riuscì a portare i palmi sul pavimento e a sollevarsi, anche se a fatica, per quel poco che le bastava per voltarsi all’indietro.
Nick era lì, tra le mani la testa del Demone, e prima che lei potesse anche solo riprendere fiato lui ruppe l’osso del collo dell’uomo che l’aveva torturata.
Miriam vide il corpo esanime crollare a terra con un tonfo sordo e Nick raddrizzarsi, imperturbabile.
Uccidere per difendere i deboli, uccidere per difendere lei: la differenza tra loro due era che Nick aveva il coraggio di arrivare alle azioni più estreme per amore di chi gli era vicino.
Miriam era confusa, non capiva come avesse potuto Nick arrivare così in fretta se un attimo prima stava per soffocare tra le mani del Demone.
Riuscì a tirarsi quasi seduta mentre Nick le si accovacciava accanto.
Si accorse, con sorpresa, di tremare.
Lui si sfilò la maglia, già fatta a brandelli sulla schiena dalle ali, e la strappò in modo da ottenerne due strisce di stoffa.
“Farà un po’ male subito…” la avvertì poi appallottolò la stoffa e iniziò a tamponare i punti in cui le ali sanguinavano.
Le stilettate di dolore non si fecero attendere e Miriam si ritrovò a dover trattenere il fiato per non urlare.
Nick le si fece ancora più vicino e lei si ritrovò a fissare il suo petto.
Iniziò a controllarne ogni minimo tratto, per distrarsi, e così osservò gli addominali e i pettorali, poi la pelle con molta più attenzione fino ad arrivare a poter scorgere quelle minuscole linee che la solcavano.
I segni delle cicatrici che aveva portato in vita.
Lei ricordava bene il suo corpo martoriato di allora, il sangue che usciva lento e denso mentre lo facevano soffrire. Si ritrovò a pensare al rito di passaggio nell’età adulta che Nick aveva sopportato a tredici anni, in anticipo di tre mesi sui tempi perché potesse sposarla prima: le lame che scivolavano lente e metodiche sul suo corpo incidendogli nella carne le rune che componevano il nome del suo clan e le macchie rosse sulla neve candida mentre lui, a petto nudo nella tormenta, li lasciava fare e guardava il cielo canticchiando sottovoce la canzone del villaggio per farsi forza, quella canzone che cantava sempre anche a lei.
 
Gen gen gen kalengheila,
katikalen,
ghelasagalapaca,
kagulucalà,
lakamuegne ki tululu,
kamuegne ki tululu,
fi la po…*
 
Piano, a bassa voce, canticchiò quella melodia mentre Nick finiva di asciugarle il sangue dalle ali con gesti delicati eppure rapidi.
“Lucia ha bisogno di aiuto.” le sussurrò il marito all’orecchio, “Da sola non ce la fa.”
Miriam annuì.
Si staccò da Nick, lo guardò in viso per un attimo, poi si alzò in piedi.
“Ce ne sono ancora due da qualche parte…” disse.
Nick annuì, si rialzò, spalancò le ali e si preparò a dare la caccia ai due Demoni mancanti all’appello.
Miriam si voltò per aiutare Lucia appena in tempo.
La Pietosa, pugnale alla mano, stava cercando con lo sguardo Zira senza accorgersi che la donna si stava nascondendo tra le ombre del soffitto.
“Luci, sopra di te!” urlò all’amica.
Lucia alzò lo sguardo e la vide: Zira, aggrappata con le mani e puntellata con i piedi a due travi diverse, aveva cercato di pulirsi il sangue dalla faccia ma con scarsi risultati, i canini le si erano allungati e sporgevano dalle labbra di un centimetro e mezzo buoni ma, al contempo, anche gli incisivi avevano aumentato la loro stazza e adesso la sua bocca sembrava piena di zanne.
Più mostro che donna…, pensò Lucia poi spalancò le ali e si lanciò verso la nemica.
A metà del tragitto, Zira si lasciò precipitare verso il basso.
Lucia e Zira si scontrarono sbattendo l’una contro l’altra ma la forza di gravità diede un vantaggio notevole alla Demone ed entrambe crollarono verso il basso.
Lucia si schiantò di schiena e sentì un scossa incandescente partirle dall’attaccatura delle ali.
Samuel l’aveva avvertita di non permettere mai a Zira di colpirla alle ali perché avrebbe avuto gioco forza la sua superiorità fisica.
In quel momento, Zira si raddrizzò e conficcò gli artigli nelle spalle della ragazza.
Lucia si morse le labbra a sangue per non urlare ma inarcò la schiena per quanto concessole dal peso della Demone.
Zira emise un ringhio che la fece sembrare ancor più bestia e strappò con violenza una mano dalla carne di Lucia per alzarla, pronta a tirarle un’artigliata in viso.
Lucia guardò quelle unghie, totalmente nere, spesse e lunghe almeno tre centimetri, e pensò istintivamente a Samuel e agli sfregi sulla sua schiena.
Deglutì.
Zira iniziò a calare la mano ma non fece in tempo.
Due braccia sottili, bianche e affusolate cinsero la vita della Demone e la strapparono via da Lucia con una forza che mal vi si addiceva.
Con la Demone, vennero via anche gli artigli della mano ancora piantata nella carne di Luci ma anche un notevole brandello di pelle sanguinolenta.
La Pietosasi ripiegò su se stessa con un gemito di dolore, stringendosi le spalle con le mani e cercando di arginare il flusso di sangue.
Dal momento in cui il flusso del sangue è abbastanza lento, il tuo corpo ci mette tre minuti a risanarsi: se vieni ferita, trova qualcosa con cui arrestare l’emorragia e nasconditi per quel lasso di tempo. Non affrontare Zira a meno del massimo delle tue forze!
Lucia si guardò intorno, alla ricerca di qualcosa per obbedire al consiglio di Samuel, e trovò un grosso telone di nylon.
Non era certo il massimo, ma l’importante era che fermasse la fuoriuscita di sangue. Solo quello.
La ragazza strappò una lunga striscia con i denti e poi se l’avvolse intorno ad una spalla, ripeté l’operazione per l’altro braccio e, infine, alzò gli occhi su Zira.
La Demone, vestita di nero, era avvinghiata a Miriam, vestita di bianco, ed entrambe erano macchiate di sangue loro e altrui.
Si stringevano con violenza, senza una vera e propria strategia, solo cercando un appoggio per rompere le ossa dell’avversaria.
Zira aveva trovato un appiglio nei lunghi capelli di Miriam ma l’Arcangelo dei Caduti aveva guadagnato la gola dell’avversaria.
“Questa volta ti ammazzo!” sibilò Zira, ansimando.
“Questa volta ho il permesso di ucciderti!” replicò Miriam e diede uno spintone all’avversaria, costringendola a staccarsi da lei di mezzo metro.
Miriam cercò di mantenere la presa sulla gola di Zira ma la Demone le graffiò il braccio e dovette mollare.
Le due donne si allontanarono e si fermarono, ansanti, guardandosi in cagnesco.
“Come mi sbarazzo di te?!” urlò la Demone, furibonda.
“Potrei farti la stessa domanda!” sibilò Miriam.
Erano i due opposti: una bianca e una nera, una che era l’incarnazione del fuoco e l’altra che pareva scolpita nel ghiaccio, una bionda e una mora, una malvagia e una buona.
Arcangelo e Assassina, pronte per la vera resa dei conti.
Zira fu la prima a farsi sotto e si lanciò contro la nemica con urlo disumano.
Miriam parò il colpo e le due iniziarono ad assalirsi con foga crescente, entrambe alla ricerca del sangue dell’altra e nessuna disposta a prendere meno della testa dell’avversaria.
 
Mattew osservò solo per un istante il secondo cadavere che lasciava sul terreno poi, ricordando la voce che gli garantiva che entrambi i Demoni che aveva ucciso si sarebbero ripresi, si voltò.
Fece un rapido conto: cinque Demoni in tutto, due che aveva ucciso lui, uno ucciso da Nick che, in quel momento, stava lottando con un altro ancora.
Quattro!, contò il Nephilim, Dov’è l’ultimo?
Un dolore allucinante alla nuca rispose alla sua domanda.
 
Nick afferrò il polso dell’avversario nel momento in cui questo cercava di tirargli un pugno, scivolò sotto il braccio teso del nemico e si portò alle sue spalle storgendogli l’arto.
Un gemito gli fece alzare gli occhi: Mattew, accanto alle scale dall’altra parte della sala, era stato colpito alle spalle da un Demone armato di quello che pareva un pezzo di tubo arrugginito.
“Matt!” chiamò il Caduto ma il Demone che si agitava nella sua morsa non gli permetteva di andare in soccorso dell’amico che, tenendosi la testa con una mano, cercava di schivare i colpi dell’avversario rotolando per terra a destra e a sinistra.
 
“Vuoi stare fermo?!” esclamò con voce gutturale il Demone dopo l’ennesimo colpo di spranga che si infrangeva contro il pavimento.
Mattew riuscì a mettersi in ginocchio e poi a scattare in piedi fuori dalla portata dell’energumeno.
Guardò il pavimento e lo vide costellato di buche.
Ha spaccato a bastonate uno strato di almeno cinquanta centimetri di cemento armato!, pensò sgomento, Non so se sono più forte di lui!
In quel momento, si ritrovò a chiedersi dove cavolo fosse finita quella fastidiosissima vocetta so-tutto-io che fino a quel momento gli aveva dato ordini su come muoversi.
Scusa se cerco di salvarti la pelle!, sbottò la voce, come fosse stata evocata, poi riprese a dare ordini, Attaccalo frontalmente!
“E se invece mi mettessi a correre?” commentò Mattew ad alta voce.
“Che fai?! Mi prendi in giro?!” ringhiò il Demone davanti a lui e solo allora il Nephilim si accorse di aver risposto a entrambi.
“No! Parlavo con lei!” tentò di replicare vedendosi arrivare contro il tubo di ferro.
“Lei chi?! Ma mi credi scemo?!”
Mattew evitò a stento due colpi rapidi.
“La voce!” rispose vedendo l’avversario in difficoltà nel capire.
L’uomo alzò un sopracciglio.
“E va bene!” ordinò sbattendo un piede per terra.
L’urto sembrò creare un piccolo terremoto che fece cadere a terra Mattew sulla schiena.
Il Demone si avvicinò al Nephilim e alzò la sua rudimentale arma mostrandone l’altra estremità: appuntita e tagliente.
“Mettiamo fine alle tue sofferenze di pazzo!” ruggì preparandosi a inchiodare Mattew a terra.
Immagino che io non tornerei in vita, eh?, pensò il ragazzo rivolto alla vocetta poi chiuse gli occhi.
Un tonfo.
Mattew si azzardò ad aprire un occhio.
“Tutto qui?” chiese, “Sono già morto?”
Secondo te?!, sospirò la voce nella sua mente ma sembrava quasi sollevata e il Nephilim non se la prese per il sarcasmo di cui era impregnata.
Alzò gli occhi alla ricerca dell’avversario e lo trovò letteralmente seppellito nel pavimento, con solamente la testa che spuntava dalla crepa in cui era stato immobilizzato.
Al suo fianco, una figura indistinguibile per via del buio si stava pulendo le mani sbattendole l’una contro l’altra.
“Ma possibile che io debba sempre salvarvi la pelle?” sbottò la figura e Mattew sorrise riconoscendo la voce.
“Andrea!” esclamò mentre il Caduto gli si avvicinava.
Quando l’uomo fu più vicino, il Nephilim riuscì a distinguerne bene i tratti: negli occhi brillavano le due iridi bianche.
“Di’ un po’: cos’avete contro le mie vacanze tu e tua moglie?” chiese l’Angelo, “E prima il matrimonio, e adesso il massacro! Allora?! Una volta i poveri visionari come me venivano lasciati in pace a meditare in una bella caverna!”
Mattew rise e anche Nick si unì al gruppo dopo aver eliminato l’ultimo Demone.




Et voilà!
Allora, *La canzone non è mia ma in realtà è una rivisitazione di una ninna nanna del Ruanda che mi è stata insegnata ad un concorso teatrale, l'ho adorata e ho voluto aggiungerla...
Detto questo, cosa ne pensate?
Lo so, Andrea non era esattamente previsto ma non ce l'ho fatta a fare a meno di lui! Gli voglio troppo bene, è uno dei miei personaggi migliori!
Comunque, parliamo del prossimo capitolo...
Titolo: La fine della battaglia
Spoiler (visto che sono sadica): "
Tre [...]
Due[...]
Uno[...]
Zero!
"
Bello, eh? Capite tutto!
A presto!
Ciao ciao!
Agapanto Blu

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Capitolo 31
*** La fine della battaglia ***







Buongiornooooo!
Visto che, tanto per cambiare un po', sono di corsa ( :P ) direi che faccio un breve riassuntino con domanda finale e vi lascio al cap, ok?
Andrea, Mattew e Nick si sono sbarazzati dei Demoni, Lucia sta guarendo dalle ferite fattele da Zira, la quale sta lottando con Miriam... In tutto questo: dov'è Angelica?
Oh-oh!
A sotto!
(Ma quanto sono sadica?!)
Agapanto Blu





31.
 
Miriam e Zira si staccarono per l’ennesima volta.
Nessuna delle due aveva idea di come fosse finito lo scontro che fino a un momento prima aveva imperversato attorno a loro, né di dove fossero Lucia o Angelica.
Si fissavano negli occhi con l’odio indicibile che solo le donne sanno provare.
Le femmine di ogni specie, si sa, sono in grado di amare con ogni fibra del proprio essere, ma sanno anche, all’occorrenza, trasformarsi in creature crudeli oltre ogni dire.
Miriam era furibonda e decisa a eliminare per sempre la rivale che aveva tentato di toglierle Nick prima e Lucia poi, ma era pienamente consapevole che anche la stessa Lucia aveva il diritto di chiedere la testa della Demone.
Dodici…
Lei e Zira si fissavano negli occhi durante una pausa. Erano entrambe a pezzi, stanche, indebolite da ferite e da mancanza di energie; ma sostenute dalla bramosia di sangue, l’una, e dal desiderio di pace, l’altra.
Undici…
Da sola, Miriam avrebbe anche potuto battere Zira, ma non ucciderla. Aveva bisogno di un’arma ma il pugnale era sparito con Lucia.
L’Arcangelo sperò con tutto il cuore che l’amica stesse bene, poi si chinò un po’ in avanti, in posizione di sfida rispetto all’avversaria.
Dieci…
Zira si piegò a sua volta, protendendo la testa verso l’avversaria e ringhiando mentre la bava le colava a terra.
Nove…
Uno scintillio, solo un lampo di luce nel buio, ma Miriam lo vide e, impercettibilmente, rispose al segnale annuendo.
Otto…
Doveva stare attenta, i tempi dovevano essere perfetti, altrimenti soltanto il Cielo poteva dire quando e come si sarebbe concluso quello scontro.
Sette…
Miriam vide Zira pronta ad attaccare e la sorprese lanciandosi in avanti, contro di lei.
La Demonesgranò gli occhi, colta alla sprovvista, ma poi riuscì a reagire afferrando l’avversaria.
Sei…
Le due donne si iniziarono a spintonare.
Miriam spalancò le sue quattro ali, che aveva tenuto ripiegate sulla schiena, e quelle, splendenti e forti, iniziarono ad agitarsi per dar più forza allo slancio.
Zira ringhiò poi, sorprendendo l’avversaria, il corsetto di pelle si squarciò sulla sua schiena.
Cinque…
Due enormi ali. Nere.
Miriam guardò sconvolta quelle opere del Male, quelle aberrazioni di natura: le ali di Zira sembravano ali di pipistrello, con artigli sulla parte alta e sporgenze ossee lungo la membrana, ma erano fatte di squame e coperte di pece.
Avevano un aspetto fatiscente, morente, e puzzavano di zolfo talmente tanto da far venire all’Arcangelo le lacrime agli occhi mentre tossiva.
Alcune scaglie e alcuni lembi di pelle nera e marcescente si staccavano da quelle sporgenze che sembravano essere state estratte dalle tombe di creature mistiche.
Quattro…
Zira ringhiò e mise all’opera le proprie ali per contrastare quelle di Miriam.
L’Arcangelo scoprì, con sorpresa, che, nonostante l’apparenza, la forza di quei muscoli consumati era notevole e si ritrovò ad ansimare nel rispondere alla spinta.
Tre…
Miriam fece un passo indietro sotto la forza di Zira ma poi strinse i denti e spinse ancora di più, riuscendo a recuperare terreno e a guadagnarne un po’.
Due…
Zira si ostinò a resistere all’avversaria ma, alla fine, si ritrovò ad ansimare e a rischiare di indietreggiare.
Miriam spostò un piede avanti, incrociando quasi le gambe con la Demone, e iniziò a premere contro il corpo della nemica con il bacino.
Avanti!, pensò rabbiosa cercando di spingere indietro Zira che, però, sembrava inamovibile, quasi fosse stata piantata in quel punto da tempo.
Uno…
Zira strinse i denti e non indietreggiò.
I corpi delle due donne finirono per aderire quasi completamente: gambe con gambe, fianchi con fianchi, ventre con ventre, seno con seno.
I visi l’uno a un soffio dall’altro.
“Muori!” ringhiò la Demone sputacchiando bava su Miriam.
“No, Zira!” dichiarò l’Arcangelo, seria e gelida, “Muori tu!”
Zero!
Zira sgranò gli occhi nel sentire l’assoluta certezza nella voce di Miriam e cercò di staccarsi da lei indietreggiando.
Con sua sorpresa, Miriam la strinse a sé impedendole di muoversi.
Quando sentì un tocco freddo al decoltè, l’Arcangelo si staccò da Zira che, con espressione sgomenta e confusa, abbassò gli occhi sul proprio petto guardando con assoluta sorpresa la punta d’argento che vi spuntava.
Miriam spostò lo sguardo alle spalle di Zira e incrociò lo sguardo esausto ma determinato di Lucia.
La Pietosa annuì alla Caduta per farle capire di essersi ripresa dalle ferite poi, con uno strattone, strappò la lama dalla schiena della Demone.
Zira cadde in ginocchio, poi sdraiata a terra, con uno sguardo confuso come se non si rendesse conto della situazione. All’apparenza morta.
Miriam si inginocchiò e la voltò pancia in su poi la tenne ferma a terra per impedirle di fuggire se anche si fosse ripresa.
“Ce la fai?” chiese a Lucia mentre questa si piegava, “Sai come va fatto?”
L’altra annuì poi alzò di nuovo l’arma.
“Prima la gola…” sussurrò ripetendosi le istruzioni mano a mano che le eseguiva.
Con un gesto rapido e pulito, tagliò la gola di Zira avendo cura di tranciare l’arteria che portava sangue al cervello.
“… poi i polsi…”
Miriam sollevò le braccia di Zira per aiutare Lucia a tagliare le vene di essi.
“… il retro delle ginocchia…”
Lucia e Miriam dovettero spostarsi e sollevare le gambe di quello che, ormai, era quasi un cadavere.
“… l’interno della cosce… ”
Anche le arterie femorali furono recise.
A ogni taglio, era un fiotto di sangue che usciva.
“… e… e…”
Lucia si sentì persa, confusa, di colpo non ricordava più cos’altro dovesse fare.
Il corpo di Zira era immerso in una pozza di sangue denso e vischioso e la cosa non aiutava la Pietosa a concentrarsi.
“Fa parte della tua natura…” le sussurrò Miriam all’orecchio.
Lucia si voltò di scatto a guardarla, sorpresa.
“Sei una Pietosa: voi aborrite la violenza e la morte.” le spiegò l’Arcangelo, “A dire il vero, siete l’antitesi stessa della morte: voi salvate le vite, non le stroncate. Per questo ti è così difficile…”
Lucia annuì, deglutì poi guardò il cadavere tra le sue mani.
“Cosa… cosa manca?” osò chiedere.
“La milza.” sussurrò Miriam, “Se non te la senti, faccio io…”
Lucia la guardò: Miriam era glaciale e imperscrutabile come al solito; nei suoi occhi non c’era più traccia della furia omicida che l’aveva animata contro la Demone.
Però Lucia stabilì che era meglio non rischiare di risvegliare quell’istinto primordiale: la difesa dei propri cari.
Scosse la testa.
“Faccio io.” sussurrò, “Dimmi solo se sbaglio…”
Miriam annuì e Lucia si avvicinò al ventre di Zira.
Guardò la sua pancia, piatta, e cercò di immaginarla rigonfia di una nuova vita.
Immaginò suo figlio, e si sentì disgustata dal gesto che quella donna aveva compiuto.
Pensò a sé stessa umana e incinta, e provò nostalgia per quello che lei le aveva strappato.
Pensò ad Angelica, e trovò il coraggio di fare ciò che andava fatto.
Per sé, per il figlio di Zira, per Angelica.
Alzò il pugnale e, prima di poter pensare davvero a ciò che stava per fare, lo piantò nel fianco della Demone.
Il sangue fuoriuscì subito e le macchiò le mani.
Lucia saltò in piedi e indietreggiò guardandosi le dita, rosse.
Deglutì più e più volte nel tentativo di trattenere i conati ma il sapore disgustoso le rimase in bocca.
Miriam le si accostò e, di slancio, l’abbracciò.
“Ci hai liberati tutti, Luci.” le sussurrò all’orecchio per calmarla, “Ora siamo tutti più al sicuro: staremo meglio senza di lei.”
Lucia annuì nonostante l’amarezza nel cuore.
“LUCIA!” urlò una voce all’improvviso.
Miriam e Lucia si voltarono.
Nick le guardava, sconvolto, con Andrea al suo fianco che non riusciva a staccare gli occhi da Mattew.
O meglio, da quello che Mattew aveva tra le mani.
“ANGELICA STA MALE!” urlò ancora il Caduto vedendo le due donne immobilizzate dalla confusione.
Tre parole, e Miriam e Lucia scattarono verso di lui.




Lo so che l'ho già detto ma lo ripeto: ma quanto sono sadica?!?!?! Muahahahahahah!
Alloooooora!
Angelica sta male: cos'avrà? Non ditemi raffreddore, lo sapete anche voi che non è così! ;)
Non so, potrei dirvi qualcos'altro ma...no.
Titolo del prossimo capitolo: Salvate Angelica!
Spoilerino: "
“Luci, non credo che un medico potrebbe salvarla…” sussurrò ma la Pietosa si divincolò dalla sua stretta e si ripiegò sulla figlia morente, in lacrime.
“NO!” urlò, “No! Lei non sta morendo! No!”"
Cattiva dentro, proprio...
Vabbé, a presto!
Ciao ciao!
Agapanto Blu

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Capitolo 32
*** Salvate Angelica! ***







Buongiorno a tutti!
Ehm... Andiamo, non guardatemi così! Lo so che vi ho mollati un po' malamente però...
Adesso arrivano tutte le risposte!
Vi lascio a leggere!
A sotto!
Agapanto Blu





32.
 
Lucia spinse da parte Nick in malo modo per farsi strada e affiancarsi al marito.
Angelica, tra le braccia del padre, si contorceva con un’espressione di dolore sul visino arrossato e bagnato dal sudore.
“Ha la febbre alta!” sussurrò piano Mattew  stringendo più forte la figlia al petto.
Lucia posò una mano sulla fronte piccola di Angelica ma dovette ritrarla di scatto perché il calore era troppo forte.
“Molto alta.” continuò il Nephilim ma sia lui che la moglie sapevano bene che la temperatura della bambina era troppo alta per essere semplice febbre.
Angelica non piangeva e Lucia ci mise un po’ a capire che stava troppo male per farlo.
Quando realizzò la gravità della situazione, iniziò a piangere senza riuscire a smettere.
“Dobbiamo fare qualcosa!” implorò voltandosi verso Miriam, “Chiamate un medico!”
L’Arcangelo scambiò uno sguardo sofferente con il marito e con Andrea prima di avvicinarsi a Lucia e metterle le mani sulle spalle.
“Luci, non credo che un medico potrebbe salvarla…” sussurrò ma la Pietosa si divincolò dalla sua stretta e si ripiegò sulla figlia morente, in lacrime.
“NO!” urlò, “No! Lei non sta morendo! No!”
Mattew, al suo fianco, era immobile, pallido come un cencio e incapace di assecondare o far ragionare la moglie.
Nick si accostò a Lucia, cercando qualcosa da dirle, ma poi si accorse che non c’erano parole: Lucia era morta per far nascere Angelica, Mattew aveva sofferto come un cane per crescerla da solo fino a quel momento eppure adesso quella bambina stava per lasciarli.
“Luci…” sussurrò Andrea, incerto, ma la donna gli impedì anche solo di finire di parlare.
“NO!” urlò, “Samuel! SAMUEL!”
Fu un attimo, un lampo di luce alle spalle del gruppetto.
Si voltarono tutti: davanti a loro, splendente nell’abito bianco, di stoffa che sembrava Sangallo, a maniche lunghe che la fasciava da sotto il mento alle caviglie e con le quattro ali leggermente opalescenti spiegate sulla schiena, stava Maria.
La ragazza appariva totalmente diversa dalla prima volta in cui Lucia l’aveva vista: i capelli candidi erano liscissimi e le scendevano dritti fino a due dita sopra le spalle e gli occhi viola scuro erano finalmente privi di ogni traccia del dolore accecante che l’aveva tormentata sino a poco prima.
Maria levitava a due piedi da terra e fissava i ragazzi davanti a lei con espressione vacua.
Lucia, avendola già vista, fu la prima a riprendersi dalla sua apparizione e, nonostante lo sconvolgimento del momento, si voltò verso di lei e si chinò a terra fino ad appoggiare un ginocchio sul pavimento.
“Maria, Arcangelo dei Vendicatori, a cosa dobbiamo la tua presenza qui, ora?” chiese formalmente ma la voce roca tradiva il suo dolore come non facevano le lacrime che la ragazza nascondeva tenendo la testa piegata.
Maria ignorò la sorpresa degli altri presenti nel scoprire la sua carica e, con profonda umiltà, scese a terra, a piedi nudi sul pavimento sporco.
L’Arcangelo dei Vendicatori si accostò alla Pietosa, si piegò fino a terra e, ponendole una mano sotto il mento, le fece rialzare il capo.
“Sono venuta a fare il mio dovere.” dichiarò e Lucia si accorse di un gruppo d’Angeli dalle ali opalescenti che prendeva in consegna i Demoni prigionieri e il cadavere di Zira.
Maria prese la ragazza per mano e la fece rialzare in piedi.
Per la prima volta, sorrise.
“E per pagare il mio debito, ovviamente.” concluse.
Lucia la guardò tristemente.
“Tu non hai il potere di salvare mia figlia.” disse ed era solo una semplice constatazione della realtà.
Maria, nonostante non fosse una domanda, annuì.
“Non mi è stato dato questo dono.” sussurrò.
Lucia chinò la testa, sconfitta.
“Però so cosa sta uccidendo la bambina.” si affrettò a spiegare la Vendicatrice, “E sapere l’origine del male, spesso aiuta a trovare la cura…”
Lucia la guardò, restia a concedersi una speranza, ma annuì e si fece da parte per permettere alla ragazza di avvicinarsi alla bambina.
Mattew si voltò in modo da esporre meglio Angelica allo sguardo di Maria, come se così l’Arcangelo potesse capire meglio come guarirla.
La piccola, intanto, si muoveva a scatti mentre il calore aumentava.
“Il Tentatore pretende la sua nuova creatura.” decretò Maria, “Sta cercando di prenderla facendo leva sulle fiamme dell’Inferno che Zira le ha messo dentro.”
“Quindi?” chiese Miriam accostandosi a lei, “Cosa faresti tu, Sorella?”
Lucia sgranò gli occhi a quel tono di confidenza poi ricordò che Miriam, in quanto Arcangelo dei Caduti, aveva il diritto di ritenersi ‘parigrado’ di Maria e poteva quindi chiamarla ‘Sorella’.
“Bisogna pareggiare l’energia Infernale con energia Celeste iniettando questa allo stesso modo della prima.” spiegò Maria facendo un passo indietro per far avvicinare la madre della bambina, “Angelica ha ‘contratto’ le tenebre tramite il cordone ombelicale che la legava a Lucia ma attraverso il cordone di solito passano cibo e aria…”
“Questo che vorrebbe dire?!” sbottò Nick, esasperato, dopo un istante di silenzio, “Che Angelica dovrebbe mangiarsi un Angelo?!”
Maria si concesse un sorriso.
“Più o meno.” commentò poi guardò Lucia, “Hai la maglia macchiata…”
Lucia portò una mano al seno in modo automatico ed era pronta a replicare che non era certo il momento per lamentarsi del suo aspetto quando Miriam le afferrò il polso e le spostò le dita per osservare la chiazza grigio chiaro sulla maglia bianca.
“Tu hai il latte?!” esclamò, sconvolta, “Ma, per il Cielo, quando cavolo pensavi di dirlo?!”
Lucia la guardò, ancora più confusa.
“Lucia: tu sei un Angelo.” spiegò Maria con calma precedendo Miriam prima che lei potesse dire la stessa cosa con termini più coloriti, “Il tuo latte è, per ovvietà di cose, ricco di energia Celeste perciò…”
“Basta allattarla!” esclamò Nick arrivando alla stessa conclusione della moglie.
Lucia si voltò verso Mattew e lui, prima ancora che lei potesse riprendersi dallo shock, le porse Angelica.
“Luci, questa è l’unica possibilità che abbiamo di salvarla.” sussurrò il Nephilim deponendo la bambina tra le braccia della madre.
Lucia annuì, riprendendosi: si abbassò una manica e appoggiò la mammella sulle labbra di Angelica.
La piccola aggrottò la fronte e posò le manine sulla pelle di Lucia, tentando dapprima di respingere quell’oggetto curioso, ma poi, riconoscendo il calore e la morbidezza della madre e sentendo sulle labbra gocce di latte, si rilassò e aprì la bocca per attaccarsi al seno.
Lucia guardò con ansia la figlia mangiare, all’inizio con fatica ma poi sempre più facilmente, e sorrise sentendola arrivare anche a mordicchiarla pur di avere ancora pappa.
Rise quando Angelica, tornata chiara e fresca come una rosa, si staccò da lei con un’espressione di disappunto per la fine del pasto.
“Hai ancora fame?!” chiese sorpresa ma poi si rialzò la spallina per abbassare l’altra e dare alla figlia il latte dell’altro seno.
La tensione si sciolse nel vedere Angelica mangiare voracemente e recuperare via via il carattere di sempre.
Quando fu sazia, la piccola si staccò dalla madre, gli occhietti sempre chiusi, e si strinse al suo petto poi, con un plateale sbadiglio, si addormentò.
Andrea sgranò gli occhi.
“Io ne ho viste di cosa strane” commentò, “ma questa bambina è peggio di me!”
“Il che è tutto dire!” commentò una voce.
Il gruppetto si voltò con sorpresa e si trovò davanti Samuel seguito a ruota da Valentina.
Il Pietoso sorrise.
“Come mai anche tu qui, Fratello?” chiese Miriam sorridendo.
“Semplice, Sorella: io sono venuto a controllare Lucia, in quanto Angelo della mia cerchia. E lei” continuò indicando con il pollice l’Arcangelo degli Angeli della Morte, “è qui per dire due paroline al suo protetto…”
Valentina lanciò un’occhiataccia a Mattew.
“…che avrebbe da imparare ad avere un po’ più di fede in chi cerca di salvargli la pelle!” bofonchiò.
A Mattew quasi cadde la mascella quando riconobbe nella donna la voce che lo consigliava.
“Oh, oh…” commentò.
Le risate soffocate non infastidirono affatto la piccola Angelica che, anzi, sorrise nel sonno e continuò a sognare pacificamente.




Et voilà!
Lo so, lo so, è un po' corto ma non potevo proprio allungarlo...
Vi avverto: il prossimo sarà l'ultimo capitolo prima dell'epilogo!
Cosa succederà?
E se io vi dicessi che il titolo del prossimo capitolo sarà 'Al proprio posto', cosa pensereste?
Spoiler: "
“Che significa?” chiese, preoccupato, poi si rivolse a Samuel, “Sei qui per assicurarti che Luci stia bene, no?”
L’Arcangelo dei Pietosi sospirò.
“Non solo per quello, Mattew…” sussurrò, “Sono venuto a prenderla.
"
Cosa ne dite? (Non uccidetemi, vi prego!)
Alla prossima!
Ciao ciao!
Agapanto Blu

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Capitolo 33
*** Al proprio posto ***







Vi prego, vi prego, vi prego! Perdonatemi!
Filosofia, Storia e Greco mi hanno presa in ostaggio! Adesso sono qui, però...
Allora, questo, signori e signore, e il penultimo capitolo! (l'ultimo se contate che il prossimo, l'epilogo, sia a parte)
Detto questo, vi lascio a leggere!
A sotto!
Agapanto Blu





33.
 
Lucia cullò Angelica tra le braccia guardandola in viso poi alzò lo sguardo su Samuel.
“Non sei qui per lei.” sussurrò, non era una domanda ma una constatazione, “Sei qui per me.”
Samuel perse il sorriso, divenne serio e cupo in volto, ma annuì.
Anche Valentina e Maria persero il sorriso in favore di un’espressione rattristata ma solenne.
Mattew fece correre lo sguardo sui tre Arcangeli poi su Lucia e infine sugli amici ma nessuno osò guardarlo negli occhi.
“Che significa?” chiese, preoccupato, poi si rivolse a Samuel, “Sei qui per assicurarti che Luci stia bene, no?”
L’Arcangelo dei Pietosi sospirò.
“Non solo per quello, Mattew…” sussurrò, “Sono venuto a prenderla.”
“A… a prenderla?” balbettò il Nephilim, sconvolto, “Perché?!”
“Mattew, sono morta.” sussurrò Lucia, continuando a guardare dritto negli occhi di Samuel, senza spostare lo sguardo sul consorte, “Non appartengo più alla Terra.”
“Ma…” tentò di obiettare il ragazzo, gli occhi fissi sul viso della moglie, “Ma Zira…”
“La sua morte non cancella la mia.” replicò Lucia spostando lo sguardo sulla figlia che teneva in braccio, “Io sono morta, sono un Angelo, e il mio posto è in Cielo, tra i Pietosi.”
“Io… Non…”
Mattew si voltò e si guardò attorno, alla disperata ricerca di aiuto, ma incrociò solo sguardi pieni di compassione.
Quando Nick non rispose alle sue occhiate supplichevoli, Mattew capì.
“Lo sapevate…” sussurrò, sconvolto, “Lo sapevate tutti!”
“Mattew,” sussurrò Miriam accostandosi all’amico, “non pensavamo che tu avessi frainteso… Lucia non può stare qui: deve tornare al suo posto, e il suo posto adesso è lassù…”
Mattew si sentiva un bambino incompreso in mezzo ad adulti che parlavano di cose troppo difficili per lui. Si sentiva sperduto.
Lucia gli si accostò e gli porse Angelica.
“Il tuo posto, invece, è con lei…” mormorò al marito mentre gli passava la bambina.
Mattew si era illuso, stava soffrendo per la seconda volta lo stesso dolore dilaniante di chi perde l’unica cosa che conti, eppure prese la bambina con delicatezza assoluta e sorrise nel sentirla rigirarsi tra le sue braccia e ridacchiare nel riconoscere, anche se da addormentata, le braccia familiari del papà.
“Sei padre…” mormorò Lucia, “Hai delle responsabilità: non dimenticarlo.”
Mattew guardò la moglie un’ultima volta: ne ammirò ogni tratto, dagli zigomi alti e morbidi al naso piccolo, dai contorni del viso ovale alle labbra sottili, dai capelli corvini agli occhi divenuti grigi e privati di pupilla.
Annuì.
“Non lo dimenticherò…” promise ma poi non riuscì a trattenersi dall’aggiungere, “Così come non dimenticherò che è figlia tua…”
Lucia non replicò, non disse nulla, non abbracciò il marito né gli si avvicinò, ma spalancò le ali e piegò il viso verso il Cielo.
Le ali brillarono, luminose, e Lucia scomparve mentre tutti chiudevano gli occhi per via della luce accecante.
Con lei, Samuel, Valentina e Maria scomparvero allo stesso modo.
Nel silenzio generale, Angelica aprì gli occhi e si guardò intorno.
Il visino si imbronciò nel notare che la mamma se n’era andata ma, ormai, la piccola si era abituata a vedere più che altro il padre.
Angelica osservò il viso del genitore, estremamente serio e puntato verso il soffitto, e attese con inconsueta pazienza che lui le rivolgesse la sua attenzione.
Quando Mattew spostò lo sguardo sulla bambina, quella si illuminò di un sorriso enorme e giocoso che finì per contagiare, anche se in modo mesto, tutti i presenti.
Infine, per completare la sua opera di portatrice di serenità, Angelica eseguì il gran finale.
Spalancò la bocca e, facendo brillare per la gioia gli occhietti ancora privi della tonalità definitiva e quindi azzurri, pronunciò con una risata la sua prima parola.
“Pa-pà!”
 
Lucia scoppiò a ridere e a piangere nello stesso momento.
“È una bambina incredibile…” assentì Samuel.
Lucia si voltò di scatto.
Era in piedi nel bel mezzo di un’enorme sala, totalmente bianca, in cui una sezione circolare molto ampia del pavimento pareva fatta di vetro o di specchio ma rifletteva, in quel momento, le immagini di Mattew e Angelica.
Lucia, sul bordo, aveva guardato giù fino ad un momento prima; Samuel, due passi dietro di lei, pareva essere apparso dal nulla in quell’istante.
La Pietosaannuì poi guardò di nuovo il proprio mentore.
“C’è qualcosa che vuoi dirmi, Samuel?” chiese notando l’espressione dell’Angelo.
Samuel aveva uno sguardo di pacata tristezza ma sorrideva, come di una strana rassegnazione.
“Non ti sfugge niente, vero Lucia?” chiese, invece di rispondere.
“Hai una faccia!” replicò la ragazza, confusa.
“Anche tu!” rispose l’Arcangelo poi sospirò, “Ed è il motivo per cui sono qui…”
Lucia aggrottò la fronte, confusa.
Samuel le si accostò e, sorprendendola, le mise una mano su una guancia.
“Sei triste, Lucia…” dichiarò, “E questa tua tristezza non svanirà mai… Certe cose ci cambiano troppo in profondità per essere cancellate, da alcune trasformazioni non si può più tornare indietro…”
Lucia chinò il capo, sconsolata, e si voltò dando le spalle all’amico.
“Lo so.” sussurrò, “Lo so bene.”
Samuel sorrise mestamente.
“Ma non puoi farci nulla, vero?”
Lucia si voltò di scatto.
“No, non posso farci nulla, va bene?!” esclamò per poi pentirsi subito della propria durezza, “Scusa, non…”
Samuel la fermò alzando una mano e continuò a sorridere, segno che le sue parole non l’avevano ferito né turbato.
“È solo la verità, Lucia…” mormorò, “E questo regno è fatto di verità… Non possiamo sfuggirgli: né io, né tu. Anche se a volte vorrei poter fingere di non vedere per non dover prendere decisioni difficili, qui non posso farlo…”
Lucia rimase sconvolta dalla forte tristezza che trapelava dalla voce dell’Arcangelo.
“Samuel, che succede?” chiese, la voce che le tremava per la confusione.
Il Pietoso la guardò dritta negli occhi mentre le si avvicinava e le metteva una mano su una spalla per farla voltare di nuovo verso lo specchio.
“Lucia, hai detto a Mattew che questo era il tuo posto…” mormorò nell’orecchio della protetta, “Ma tu ne sei certa?”
Lucia lo guardò, confusa.
“Non capisco…” mormorò.
Samuel spostò lo sguardo sul vetro e parlò senza spostarlo di lì.
“Ogni cosa è relativa, Lucia.” dichiarò, “Con il passare del tempo, te ne accorgerai. Quello che è un dono per qualcuno, è una dannazione per un altro… Essere un Angelo è un dono: ma guarda te, pensa a Miriam… Per voi non è così…”
Lucia aprì la bocca per protestare ma Samuel le fece cenno di lasciarlo finire.
“Allo stesso modo però vale per la situazione inversa… Guarda Zira: quella che doveva essere la sua punizione, per lei è stato un regalo.”
Lucia tacque, in attesa di capire.
“Per Nick, la sua punizione era il supplizio più terribile al quale essere condannato ma adesso non tornerebbe il Cielo per nulla al mondo…” continuò Samuel, “La sua punizione si è rivelata un regalo quando anche Miriam ha scelto l’esilio da qui…”
Lucia attese ma Samuel non parlò più per lungo tempo.
“Cosa vuoi dirmi?” osò chiedere alla fine.
“Nick è un Angelo…” constatò Samuel, “Ed è felicemente sposato…”
Lucia scosse la testa.
“Per Nick è diverso!” ribatté, “Lui è un Caduto e…”
“… è felice…” concluse per lei Samuel guardandola dritta negli occhi.
Lucia emise un verso sconvolto.
“Se è questo che vuoi,” dichiarò Samuel, “se sceglierai la tua famiglia al di sopra del tuo essere Angelo, l’Assemblea ti sosterrà… O ti rinnegherà, come preferisci dirlo…”
Lucia tremò violentemente.
“Vuoi dire… che?”
“Che ti daremo una mano.” chiarì Samuel guardandola poi sorrise, “O anche che ti spingeremo giù. Esistono tanti modi per dire la stessa cosa…”
Lucia abbassò lo sguardo sul pavimento bianco, sconvolta dallo spiraglio appena apertosi per lei.
Cosa doveva fare?
Seguire i suoi desideri, rinnegando così chi l’aveva salvata dopo meno di un mese dall’accaduto?
Rinnegare il giuramento fatto davanti a Lui, in chiesa, davanti all’altare e al ministro del Cielo?
“Il padre vuole sempre il meglio per i propri figli…” commentò Samuel guardando Mattew ridere con Angelica, fingendo di non stare soffrendo per la perdita di Lucia.
La ragazza però capì l’invito implicito.
“Ovviamente,” stava dicendo l’Arcangelo, “non devi decidere adesso, se non vuoi… Puoi prenderti tutto il tempo che vuoi e…”
“Adesso!” supplicò Lucia e Samuel si voltò verso di lei, sorpreso.
La ragazza lo fissava, disperata e determinata insieme, finalmente decisa e finalmente in pace con se stessa.
“Buttami giù!” implorò la Pietosa.
Samuel sorrise poi si spostò in modo di mettere Lucia tra il proprio corpo e lo specchio nel pavimento.
“Nove Giorni di Caduta.” dichiarò serio, “Vattene da questo regno, Non-Più-Angelo.”
Lucia sapeva che Samuel non avrebbe dovuto dire altro ma l’uomo sorrise e aggiunse: “E buona fortuna…”
Poi le mani di Samuel sulle sue spalle, una spinta forte, la sensazione di cadere all’indietro, il pavimento che spariva da sotto i suoi piedi, il cerchio dello specchio visto da dentro di esso, il viso di Samuel e, stranamente, degli altri Arcangeli affacciatisi a guardarla.
Maria, sorridente ma con le lacrime agli occhi, sillabò qualcosa che solo Lucia capì: È quello il tuo posto…
Infine fu solo l’aria che la percuoteva, piegandole e strappandole le piume.




Allora, immagino che la conclusione di questa storia sia parecchio scontata a questo punto... (beh, è il penultimo capitolo: posso permettermelo! ;) )
Beh, direi che non c'è altro da dire...
Il titolo del prossimo capitolo sarà: Epilogo
(viva la fantasia!!!)
Spoiler? Massì! "
“Ho imparato che a volte le cose prendono una piega diversa da quella che ci aspettiamo…” mormorò Nick all’improvviso.
Miriam alzò la testa per osservarlo negli occhi ma lui guardava un punto fisso sul muro."
Allora?
Ispira?
A presto!
Ciao ciao!
agapanto Blu

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Capitolo 34
*** Epilogo ***







Salve a tutti!
Allora, ECCOLO!!!
L'ultimo capitolo, l'Epilogo, di questa seconda parte de 'La saga degli Angeli di Victoria'...
Come penso sappiate, questa storia ha tre parti: la prima, Il cuore dell'Arcangelo, è già pubblicata; la seconda, L'anima dell'Angelo, termina oggi e qui; la terza, che pubblicherò fra un po' (poco, tranquilli) sarà Il Destino della Mezzosangue.
Ma lasciamo perdere queste spiegazioni, vi lascio al capitolo e ci leggiamo sotto, d'accordo???
A sotto!
Agapanto Blu





34.
 
Miriam si rannicchiò su se stessa.
Sdraiata sul letto, sopra le coperte, si apprestava a passare in hotel l’ultima notte.
Mattew aveva detto di sentirsi pronto a crescere Angelica da solo, senza il loro aiuto, e aveva bisogno di passare un po’ di tempo soltanto con la bambina.
La ragazza dai tratti nordici infilò una mano sotto il cuscino e lo strinse con forza, chiudendo gli occhi per non piangere.
Indossava un baby doll bianco con il fondo di pizzo e le gambe lunghe erano totalmente scoperte però Nick guardava la nuca della moglie.
Con un sospiro, il ragazzo si alzò dalla sedia dove era rimasto seduto ad osservare il lento crollo della compagna e la raggiunse sdraiandosi dietro di lei.
Miriam non diede segno di aver notato la sua presenza ma aprì gli occhi e fissò dritto avanti a sé senza però metter nulla a fuoco.
“A cosa pensi?” sussurrò piano Nick nel suo orecchio mentre con una mano si reggeva la testa così da poterla guardare almeno sul lato del viso.
“A niente…” mentì la ragazza.
Nick rise piano ma era un suono che nascondeva preoccupazione.
“Come bugiarda…” sussurrò posando le labbra sul lobo della moglie, “…vali ben poco, amore!”
La ragazza voltò la testa per guardarlo negli occhi.
“Pensi che ce la farà?” mormorò, “Da solo, non so se…”
Nick la interruppe mettendole un dito sulle labbra.
“No, Miri…” la rimproverò dolcemente, “Mattew non è solo…”
Miriam fece per replicare ma fu interrotta.
“Come non lo ero io…” concluse Nick sorridendo.
La ragazza osservò a lungo il marito e lesse nella sua espressione un serena fiducia che la calmò.
Senza ulteriore esitazione, si rotolò sull’altro fianco e si rifugiò nel petto del marito.
“Pensi davvero che andrà tutto bene?” chiese premendo il viso contro la pelle bianca e tiepida del petto nudo di Nick.
Quello rise piano mentre un brivido dovuto al freddo della pelle di Miriam gli percorreva la schiena.
La ragazza attese una risposta che per molto tempo non arrivò poi, delicate con l’ala di una farfalla, sentì le dita di Nick carezzarla piano dalla nuca a un fianco, su e giù.
“Ho imparato che a volte le cose prendono una piega diversa da quella che ci aspettiamo…” mormorò Nick all’improvviso.
Miriam alzò la testa per osservarlo negli occhi ma lui guardava un punto fisso sul muro.
“A volte, vanno peggio; a volte, meglio… Non c’è una regola per queste cose…” parlando Nick dimostrava tutti gli anni che aveva passato in vita, “L’unica regola che vale è che non c’è nulla che possa dividere due amanti… L’amore è più forte della morte e dell’odio, della perdizione e del desiderio, della solitudine e del disprezzo… Se tu mettessi su un piatto di una bilancia tutto l’amore del mondo e sull’altro il più sottile crine di cavallo, l’amore sarebbe sempre più leggero e per questo si salverebbe da qualsiasi cosa…”
Miriam osservò con rispetto l’uomo che le stava sdraiato accanto e smaniò, in cuor suo, per sentirlo dire anche una sola parola ancora.
“Non è facile credere, non è facile avere fiducia o concedere una o tutte le parti di noi stessi, eppure a volte lo facciamo…” sussurrò Nick, “Accade e non riusciamo a spiegarcelo… Per noi è stato così… E per Lucia e Mattew non è stato diverso: il loro amore era ed è puro… Niente è immutabile, Miriam, e tu avresti dovuto già averlo imparato: quello che un giorno sembra impossibile, tutto d’un tratto diventa la norma, le discordie diventano alleanze, le distanze si annullano, le leggi vengono cambiate…”
Miriam abbassò lo sguardo, incerta.
“Ma la morte è immutabile…” sussurrò.
La risata lieve di Nick riempì la stanza come il soffio di una brezza fresca e il vibrare del suo petto fece fremere Miriam provocandole un brivido lungo la schiena.
Un brivido dolce, s’intende.
“Miriam.” la rimproverò dolcemente il marito, “Davvero lo pensi?”
La ragazza non rispose e si morse le labbra, in attesa di una spiegazione.
“Se la morte fosse immutabile, io e te non saremmo qui, non credi?” riprese Nick, “Se perfino gli umani più stani come quello scrittore, come si chiamava… Oscar Wilde?... lo hanno capito, come puoi non esserne certa tu? L’amore è più forte della morte, e noi, in realtà, serviamo l’amore più puro…”
Miriam scosse la testa.
“Mi sembra di sentir parlare quel frate…” commentò, sorridendo suo malgrado, “Quello inglese… Come si chiamava? Quello che diceva sempre ‘Le vie del Signore sono infinite!’…”
“Fra Tuck?” scherzò il ragazzo, “Probabilmente aveva ragione…” replicò Nick sorridendo poi, a sorpresa, si tirò su dal letto.
Miriam si raddrizzò, sorpresa.
“Cosa fai?” chiese.
“Credo che sarebbe una grave mancanza di rispetto nei confronti dei nostri ospiti farci trovare avvinghiati nel letto, non sei d’accordo?”
Miriam aggrottò la fronte e aprì la bocca per parlare ma un rapidissimo lampo di luce, simile ad un lampo a ciel sereno, la fece voltare verso la finestra alle sue spalle.
In piedi, sorridente, stava Maria.
L’Arcangelo dei Vendicatori pareva perfettamente a suo agio accanto ai due Caduti e nei suoi occhi stava la serenità pacata degli Angeli, serenità che Miriam non aveva più provato in Cielo da molto tempo.
“Vendicatrice!” esclamò la Caduta alzandosi in piedi, “Non mi aspettavo una tua visita.”
Perfettamente tranquilla, Maria sorrise.
“Sorella, sono felice di rivederti in circostanze più piacevoli dell’altra volta.” rispose.
Miriam era sinceramente sorpresa dal tono diretto dell’altra e provò nei suoi confronti un’innata fiducia.
Nick osservava la scena con attenzione, senza interferire, ma non con il sospetto che avrebbe avuto se a presentarsi fosse stata Chiara e per un semplice motivo: Maria trattava Miriam da pari, la chiamava Sorella come avrebbe fatto con una qualunque altra Arcangelo, e il suo scomodarsi per venire sin da loro voleva dire che si era presa il disturbo di venire di persona a riferire ciò che doveva anziché affidare il messaggio ad uno dei suoi tirapiedi.
“Non ne sono certa, Sorella…” replicò Miriam senza riuscire a nascondere la tristezza, “Però sono contenta di rivederti. Dimmi: a cosa dobbiamo la tua visita?”
Il plurale usato dall’Arcangelo dei Caduti fece voltare Maria verso Nick, al quale rivolse un breve inchino del capo.
Il Caduto, sorpreso dall’inattesa attenzione riservatagli, rispose all’inchino con un attimo di ritardo che fece ridere piano l’Angelo.
L’Arcangelo dei Vendicatori si voltò verso Miriam per riprendere il discorso ma non perse il sorriso.
“Vengo a portare notizie che, spero, renderanno la vostra giornata e l’addio al vostro amico un po’ più lieti…”
Miriam sgranò gli occhi e Nick, nonostante le parole fiduciose di prima, aggrottò la fronte.
“Non ti capisco…” ammise Miriam.
Maria annuì.
“Vengo ad avvisarti, Arcangelo dei Caduti, di un nuovo seguace che dovrai prendere sotto la tua…ala protettrice.” disse, placida.
Miriam lanciò un’occhiata a Nick ma lui alzò impercettibilmente le spalle e le rivolse un’occhiata che voleva mostrarle tutto il suo stupore.
“Sai bene che prendo tutti sotto la mia tutela, a meno che essi non desiderino diversamente…” azzardò Miriam, sempre più confusa.
“Vero,” concesse Maria ravvivandosi i capelli bianchi e, quando guardò fisso la ragazza nordica, i suoi occhi viola scintillarono di una strana emozione, “però, vedi: questa persona ha qualcosa di speciale…”
“Cioè?” chiese Miriam.
Maria rise.
“Beh, è tornata in Paradiso solo per Cadere…” spiegò, “E l’Assemblea approva pienamente la sua scelta…”
Miriam sgranò gli occhi.
“Dovrebbe arrivare sulla Terra, oggi… O meglio, si è schiantata nel bosco fuori città due ore fa e adesso si è ripresa…” continuò Maria.
“Nessun Angelo, per forte che sia, guarisce così rapidamente dalla Caduta!” sbottò Nick, “È inverosimile!”
Maria annuì.
“Infatti io sono convinta che Marcus e Zhacary si siano immischiati: fanno tanto i duri ma sono due teneroni!” dichiarò ridendo.
“Maria, non riesco a capire cosa vuoi dirmi…” ammise Miriam, esasperata da quella confusione che le regnava in testa.
“Se è Caduta oggi, vuol dire che è tornata in Paradiso…?” iniziò la Vendicatrice.
Miriam capì che si aspettava una risposta da lei.
“Nove giorni fa…” calcolò.
Sentì Nick trattenere il fiato alle sue spalle e si voltò verso di lui.
Il Caduto aveva un’aria sbalordita e speranzosa insieme.
“Sono passati nove giorni dal ritorno in Paradiso di Lucia…” contò guardando negli occhi la moglie.
Miriam si voltò di scatto verso Maria.
La Vendicatrice non rispose ma un sorriso gioioso e genuino fiorì sulle sue labbra.
Miriam aprì la bocca, per ringraziarla, ma la Sorella svanì in un lampo di luce lasciandola sola con il marito.
La ragazza si voltò verso Nick.
Si guardarono negli occhi per un lungo istante, incerti, ma poi, sorridendo, si lanciarono l’una tra le braccia dell’altro ridendo e piangendo di gioia.
 
Mattew sospirò quando Angelica riaprì gli occhi di scatto.
Erano le due di notte e la bambina continuava ad addormentarsi solo a tratti per poi svegliarsi quando il padre tentava di appoggiarla nella culla.
“Ti prego!” supplicò, “Non puoi fare le ore piccole tutte le notti già adesso! Non ce la faccio io, figurati tu!”
Angelica alzò gli occhi oltre il padre e, inaspettatamente, scoppiò a ridere, felice.
Mattew, stanco, non si voltò ma alzò gli occhi al cielo e poi tornò a implorare la bambina.
“Andiamo, Angy!” gemette.
“Angy?!” ripeté con toni alti una voce scettica alle sue spalle.
Mattew si immobilizzò, non osò voltarsi, ma alzò la testa e, dentro di sé, pregò tutti i Santi del Paradiso di non sbagliarsi.
Lentamente, quando Angelica iniziò a protendere le manine verso qualcosa alle sue spalle, Mattew si girò.
Lucia, capelli neri fino alle spalle e addosso i semplici jeans neri con la camicetta bianca che avrebbe dovuto mettere il giorno dopo la sua morte, lo fissava con finta rabbia omicida.
“Non ti azzardare a storpiare il nome di mia figlia!” sbottò la ragazza mettendosi le mani sui fianchi, ma si vedeva bene che stava trattenendo un sorriso.
Mattew le si avvicinò lentamente, esitante.
Piano, si chinò all’altezza del viso di sua moglie e, seppur con paura, le guardò gli occhi.
Un misto di verde e castano circondava la pupilla nera.
Mattew aprì la bocca, incerto e spaventato dall’idea di concedersi all’ennesima speranza vana.
Lucia lo prevenne tornando seria.
“Dovremo trasferirci lontano.” dichiarò, “Non è detto che sia finita qui. Inoltre Angelica avrà bisogno di protezione e io sono ufficialmente morta quindi non posso farmi vedere tanto in giro.”
Mattew deglutì.
“Dovremo?” ripeté marcando sul plurale.
Lucia non rispose ma si avvicinò al marito, diede una mano ad Angelica che, in silenzio, iniziò a giocherellare con le dita lunghe che le erano state date, e posò l’altra sulla guancia di Mattew.
Approfittando della bocca semichiusa per lo stupore del marito, Lucia premette le labbra su quelle del Nephilim.
Fu allora che Mattew parve rianimarsi: cinse la vita della moglie con un braccio e spostò Angelica da in mezzo a loro baciando la compagna con più forza.
Il baciò durò a lungo e finì solo quando Angelica, stufa, strattonò la madre per la mano.
Lucia rise staccandosi dal marito.
“Dovremo!” ribadì ridendo.
Finalmente, erano in Pace.
E qualsiasi cosa il Futuro avesse in serbo per loro, dopo aver sconfitto la Morte, non c’era nulla che spaventasse il loro Amore.


FINE





Beh, che dire: è sempre commovente chiudere una storia, anche se questa è solo la parte intermedia di una trilogia...
I personaggi crescono, cambiano, migliorano...e un po', anche se solo in piccola parte, lo fanno anche gli scrittori...
Il Destino della Mezzosangue, la prossima parte, sarà incentrato su Angelica e si svolgerà un po' di anni dopo questo, se volete leggervi un po' la trama è scritta nell'introduzione alla Serie.
Un po' di ringraziamenti, prima di chiudere questo capitolo, sono d'obbligo, perciò...

GRAZIE!


Per aver recensito, a:

Angy Emptiness   (grazie di cuore, collega!)
lames76   (unico fan di Zira)
Vale9   (grazie per esserti unita a noi e avermi sostenuta)
sTar_   (accanita lettrice)
GabrielleWinchester   (sempre lì a recensirmi, grazie mille)
Christine Heart   (perché non molli mai: mi spiace ma Luci è tornata quindi non puoi adottare Angelica. Ma sarai sempre la sua zia preferita!)
Babykikkokikka   (grazie mille per i complimenti)


Per aver inserito la mia storia tra le Seguite:

fan_harry_potter_twilight
happyness elly
iomiconosco
lupacchiotta90


Per aver inserito la mia storia fra le Ricordate:

Argorit   (che figuraccia!)
FY_Padfoot
GIOIA1990


Per aver inserito la mia storia tra le Preferite:

_LaDisegnatrice_XD


Ovviamente, non ho ringraziato due volte le stesse persone perciò non arrabbiatevi se non comparite in tutte le sezioni :)

Grazie a tutti, di cuore, per ciò che avete fatto, consciamente o inconsciamente, per me...
Grazie, davvero...

Beh, a presto allora...
Ciao ciao!
Agapanto Blu

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