When you least expect...

di June_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo. ***
Capitolo 2: *** The Meeting. ***
Capitolo 3: *** The Inn. ***
Capitolo 4: *** Happy anniversary, Audrey! ***



Capitolo 1
*** Prologo. ***


Prologo.

 

Tutti conoscono Johnny Depp, ma per chi non lo conosce ci sono solo poche parole per identificarlo: uno dei più bravi attori al mondo.

Versatile a tal punto da essere soprannominato “il camaleonte”, un titolo che gli si addice più di quanto si immagini, perché come dissero una volta: «Nessun altro attore, e intendo davvero nessuno, avrebbe potuto ricoprire il ruolo interpretato da Johnny.

Quindi dategli il suo Oscar». E si, gli diedero l'Oscar.

Insomma, Johnny ha avuto proprio una vita intensa fino a stabilirsi come quello che era: un eccellente attore, regista, musicista, produttore cinematografico, un sex simbol, padre di due bellissimi figli e felicemente impegnato con Vanessa Paradis, una cantante francese. Era anche il secondo attore più pagato al mondo, che non è poco, e grazie a questo possedeva più di un abitazione sparse per il mondo tra cui un'intera isola.
Migliore amico del famoso regista Tim Burton, con cui ha collaborato in parecchi film di successo, tranne uno. L'ultimo. 
Forse è stato proprio quel film a scatenare il tutto, a dare il via ad una serie di avvenimenti a cui il nostro protagonista non ha potuto porre fine. Forse sarebbe stato meglio se quel giorno Tim fosse rimasto a letto, invece che alzarsi e pensare che avrebbe potuto creare un film basato su una soap opera degli anni sessanta: Dark Shadows.
Furono molte le opinioni sul quel film: chi sosteneva che nonostante non fosse uno dei migliori, il film di Burton avesse comunque la sua inimitabile firma dentro, chi lo reputava un ottimo film, chi diceva che non era niente di che, chi addirittura lo descriveva come deprimente e chi ha fatto notare che il regista gotico si stesse piano piano affievolendo, e con lui anche il suo protetto Johnny, a cui venne messa in discussione la sua capacità di recitare.
Vinsero purtroppo le critiche negative, quelle che consideravano il film un totale disastro.
Dopo l'uscita di Dark Shadows fu tutta una discesa. Per Tim ci fu un periodo di ritiro, ma a Johnny andò molto peggio.
Arrivarono pochissimi nuovi copioni a Depp, e tutti di personaggi secondari o ancora peggio comparse, fino a quando non arrivò più niente: nessuno lo voleva più nei propri film... e quello che una volta era un camaleonte, uno a cui non si poteva trovare un sostituto, adesso non era più nessuno e il sostituto a quanto pare esisteva davvero.
Per i primi tempi non fu così male, aveva abbastanza rendita dai film precedenti per poter vivere in tranquillità come sempre, ma a lunga andare finì quasi tutto...
Vanessa si allontanò anche lei assieme ai suoi figli, "Per dimezzare i gossip" diceva... "Quando tornerai quello di sempre e sarai in grado di mantenere i tuoi figli tornerò".
Ma non tornò più, perché Johnny non fu più quello di sempre.
Piano piano poi, col passare del tempo, nessuno aveva più avuto sue notizie -famiglia compresa- e Johnny sparì lentamente dalla faccia della terra: più il tempo passava, più le persone si scordavano di lui.
Fino a che un giorno, non si sa quale di preciso, fu come se non fosse mai esistito. Puff.

 

 

 

 

 

Bene, bene, bene. Sono tornata con un’altra fic su Johnny! Vi sono mancata? No? Bene. Non sapete neanche chi io sia? Ancora meglio!

Che dire, questo è solo il prologo, serve per farvi capire un po’ come sono andate le cose, quindi non c’è granché da commentare...

Ah: tutto quello che ho scritto e che scriverò nei prossimi capitoli, è solo in parte vero. Non traumatizzatevi, Johnny è bello che contento a casa sua xD.

E il font che ho usato per il prologo non sarà quello che userò nei capitoli.

Credo di aver detto tutto... sì.

Vi mando un bacione, June.

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Capitolo 2
*** The Meeting. ***


 

 

 

 

∞∞∞

 

 

Era il vent'uno Novembre. In apparenza un martedì come tutti gli altri e io, come tutti i giorni a quell'ora, fissavo la lancetta dei secondi dell'orologio che passava fin troppo lentamente da un dodici all'altro.

Meno tre, meno due, meno uno. Le cinque!

Finalmente le cinque. Ciò poteva significare solo una cosa: avevo finito la mia giornata lavorativa! Non che lo odiassi il mio lavoro anzi, essere socia alla pari con una mia carissima amica di una splendida azienda di decoratori è più o meno sempre stato il mio sogno, ma alla lunga ogni lavoro stanca, anche se è il tuo preferito.

Così, inebriata dall'odore della libertà fuori dall'ufficio, presi la mia borsa a tracolla e il cappotto rosso per dirigermi nell'ufficio accanto dove si trovava la mia socia.

Bussai alla porta già aperta « Au revoir, io per oggi ho finito, ci vediamo domani Kate!»

Lei mi ignorò per qualche secondo continuando a schiacchiare i tasti del pc alla velocità della luce, per poi premere un secco "invio" e chiudere il laptop.

Stava sicuramente chattando con uno dei suoi spasimanti, inutile dirlo.

« Spacchi il secondo, eh? A domani Audrey. E cerca di arrivare puntuale per l'amor del cielo...»

« Ma io arrivo puntuale ogni giorno!» Ribattei sorridendo, cosciente del fatto che non era vero

« Se tu sei puntuale, io sono una suora di clausura.» Risi di gusto ad immaginarmi Kate suora, cosa che non sarebbe potuta accadere neanche in un universo parallelo, credo.

E' completamente negata a tenere in piedi una relazione, ma di certo non se le fa mancare mai!

M’incamminai verso l'uscita infilando il cappotto e dopo aver stretto per bene il cordone sulla vita aprii la porta facendomi travolgere dall'aria fresca di Parigi. Mentre avanzavo verso la fermata della metro notai che il solito barbone era sempre seduto sul marciapiede della mia azienda.

Quell'uomo mi faceva tenerezza, anche se non lo conoscevo. In realtà, non l'avevo nemmeno mai visto in faccia: portava sempre un cappello peruviano con tanto di sciarpa e occhiali scuri. Per non parlare del suo enorme, o meglio, abnorme giubbotto nero... Comunque, nonostante l'aspetto mi era particolarmente simpatico...

Sarà stato perché un giorno, lo scorso inverno, dalla finestra del mio ufficio avevo visto dei bambini lanciargli addosso delle palle di neve, ma lui niente. Impassibile.

Non mosse neanche un muscolo, tanto che pensai fosse morto dal freddo, infatti su consiglio di Kate andai in missione a verificare che fosse vivo.

Mi armai di qualche spicciolo -in caso fosse stato vivo, non potevo andare a fissarlo e basta- e scesi di corsa fingendomi una passante.

Chinandomi per lasciar cadere gli spiccioli nel barattolo di latta che teneva vicino a se', potei udire un «Grazie» molto pacato e rauco, al suono di quegli unici euro appena caduti là dentro. Quindi era vivo.

Da quel giorno ogni volta che uscivo da lavoro gli lasciavo qualcosa dentro al barattolo, una volta mi sentii più generosa del solito e gli diedi cinque euro: il giorno dopo aveva comprato un paio di guanti.

Per quello mi faceva tenerezza: non era il solito barbone che usa i soldi per comprarsi dell'alcool.

Così giorno dopo giorno gli davo quel che potevo; e anche quel giorno mi incamminavo verso di lui per lasciargli la solita mancia, ma forse avrei dovuto concentrarmi un po' più su dove mettevo i piedi piuttosto che fantasticare a occhi aperti come mio solito.

Fu questione di un secondo, quando il mio piede s'imbattè in una maledettissima foglia bagnata che mi fece quasi essere alla pari con un campione di sci.

Presi tutti gli ostacoli, compreso il barattolo di latta del barbone, per poi cadere poco aggraziatamente di schiena.

« AHIA! Mannaggia-la-miseria. Stupida foglia!» Commentai ancora stesa a terra mentre mi massaggiavo la testa, ignara del fatto che il barbone mi stesse fissando: ero caduta precisamente davanti a lui. Che figura.

Mi rialzai dolorante « Mi scusi! Non volevo quasi caderle addosso, ma la foglia... non l'ho vista e-»

« Il barattolo.» Puntò l'indice per indicarmelo: era finito qualche metro più avanti e sembrava proprio che lo dovessi andare a riprendere io.

« Hey, potevo rompermi un'osso! E se avessi un trauma cranico? -continuai mentre andavo a prendere il cilindro di latta- Potrei perdere conoscenza proprio qui davanti a lei e lei pensa al suo barattolo?! Tanto è vuoto, perché diciamocelo, se non ci fossi io col cavolo che ci sarebbe mai qualcosa.» Sbottai porgendoglielo e mettendoci qualche spicciolo dentro -tanto per continuare la tradizione-.

Lui rise sonoramente a quel mio gesto, mostrandomi un sorriso un po' malcurato ma stranamente familiare... Si bloccò subito notando che lo guardavo più del dovuto, tornando serio.

« Beh grazie. E comunque lei sembra tutta intera: nessun trauma, può star tranquilla, quindi non vedo perché tante storie per andare a riprendere il barattolo che lei ha fatto rotolare via.» Mi sorrise divertito

« Ah, quindi lei è un barbone solo per hobby, poi la notte si trasforma in un dottore specializzato, giusto?» Stavo esagerando, non avrei dovuto toccare quel punto. Insomma, chi mai andrebbe a rinfacciare ad un barbone di esserlo?!

Fece un ghigno un po' abbattuto « Come, non lo sa? Ormai tutti hanno una doppia vita.» Esclamò con leggerezza, cercando di nascondere l’offesa

« Ok, mi scusi. Battuta infelice, non volevo...» Abbassai lo sguardo per fissarmi i piedi decisamente pentita, ma si posò invece su un particolare alquanto diverso: un tre, tatuato sulla mano sinistra dell'uomo.

Il mio neurone si accese improvvisamente come una lampadina, e i miei occhi si spostarono velocemente dal tatuaggio al sorriso, poi di nuovo alla sua mano, poi ancora al sorriso.

Spalancai gli occhi incredula e l'uomo, dopo aver ritratto la mano e aver smesso di sorridere, indietreggiò.

« Ehm... Che c'è?» Chiese, sicuramente spaventato dalla mia espressione da maniaca

« Ommioddio anche la voce!» Sussurrai più a me stessa che a lui, che però mi sentì lo stesso e fece per serrare le labbra: cosa che aumentò di molto il mio strano presentimento.

L'uomo iniziò ad innervosirsi sotto il mio sguardo fisso, e per cercare di calmarsi si grattò la testa e subito dopo passò a sistemarsi i baffi con l'indice e il pollice.

Come faceva sempre, pensai. Ossantamadonna è lui.

Ok Audrey, smettila di fissarlo, smettila di fissarlo, smettila di fissarlo!

« E va bene, come mi hai scoperto?» Ovviamente aveva capito di essere stato smascherato, e senza troppe cerimonie iniziò a darmi del tu. E così feci anch’io.

Scossi piano la testa, credendo di sognare « Non lo so, penso sia stato il tatuaggio sulla mano a farmi salire il dubbio, anche se quando hai sorriso avevo già notato qualcosa di familiare... sapevo di averlo già visto quel sorriso, ma non sapevo dove. E poi quel modo di "accarezzarti" i baffi, con quello ho capito tutto. Lo facevi sempre, magari quando ti consegnavano un premio ed eri nervoso perché non ci credevi, allora ti sfioravi i baffi in quel modo...»

Ho gli occhi lucidi, vero?

Ero sconvolta, non ci potevo credere, avevo davanti a me l'uomo che mai nella vita mi sarei sognata di incontrare, il mio idolo, l'Adone più bello di sempre e l'attore più bravo del mondo -per me-: Johnny Depp. Vestito da barbone, ma pur sempre Johnny Depp.

Perché poi fosse conciato in quel modo non lo sapevo, ma avrei scoperto tutto a tempo debito, ne ero certa. Intanto però che fare?

Dovevo parlarci. No, ci avevo già parlato, più o meno. Dovevo rapirlo.

Sì, lo metto in un sacco di patate e lo rinchiudo in cantina. Nessuno saprà niente. No, no, rapirlo no. Gli salto addosso. Okay, no, magari saltargli addosso non è una cosa da fare subito, forse più tardi... chissà.

Un caffè. Potrei offrirgli un caffè così mi spiega anche perché diamine fa il barbone sotto la mia azienda...

Macché Audrey, non sa manco chi sei. Presentati razza di idiota!

« E' assurdo. Mi hai riconosciuto da un gesto?!» L’attore, che solo allora si decise a dir qualcosa, sembrava più scioccato di me.

Ma perché, è così strano che l'abbia riconosciuto da quello? Sono forse una fan maniaca e fissata?! Oddio.

« Ehm... si.»

« Eri una mia fan?» Chiese stranito, anche se credo sapesse già la risposta

« Lo sono ancora... Piacere io sono Audrey Morel, molto felice, imbarazzata e incredula di conoscerti!» Partii in quarta, senza pensarci troppo e gli feci sfuggire un sorriso.

« Piacere mio, Audrey.» Disse stringendomi la mano « Immagino non ci sia bisogno che mi presenti anche io»

Risi « No infatti... Senti, giusto perché forse non mi capiterà più nella vita: vorrei davvero sapere che ci fai qui.

In cambio ti offro un caffè o qualsiasi altra cosa tu voglia, ci stai?» Feci lo sguardo più ammaliante che mi uscì per cercare di convincerlo.

« Ti capita spesso di offrire caffè agli sconosciuti?»

« Ma tu non sei uno sconosciuto! Tu sei Johnny Depp!!! Non so se ti è ben chiara la cosa, e poi come ho già detto, non credo mi ricapiterà più nella vita.» Mi giustificai tutto d’un fiato

« Va bene, va bene, non lo urlare ai quattro venti però. Andiamo.» Sorrise mentre iniziò a camminare senza una meta.

Non so perché pensai che mi stesse solo dando il contentino, ma dopotutto stavo andando a prendere un caffè con Johnny Depp, cosa che mai nella vita mi sarei sognata di fare, quindi ignorai quella vocina nella testa che mi diceva che lo stavo praticamente costringendo e mi decisi a raggiungerlo iniziando a camminare al suo fianco

« Allora signorina Morel, dove andiamo?»

« Cafè de Flore. Ti va?» Chiesi timidamente. Non volevo aspettare decenni per sapere tutto, quindi scelsi il più vicino: proprio dietro l'angolo.

Ci passavo spesso a quel Cafè, era piccolo ma molto accogliente.

« Bella scelta, lì nessuno noterà che vai in giro con un barbone» Rise, anche se credo si vergognasse del suo aspetto così trascurato.

« Ma che dici, ho scelto questo perché voglio sapere tutto subito, ed è l'unico nei paraggi.» Risposi decisa mentre allungavo la mano per aprire la porta del piccolo Cafè, ma lui mi precedette mettendosi davanti e aprendo la porta, facendo passare me per prima.

Gli sorrisi calorosamente ed entrai, prendendo posto ad un tavolino vicino alla vetrata colorata con diversi fiori disegnati.

Lui prese posto davanti a me, e dopo esserci tolti i cappotti sapevo che dovevo iniziare io la conversazione, almeno per metterlo a suo agio.

« Non ce n'era bisogno» Dissi riferendomi al gesto di poco prima

« Le buone maniere non le ho ancora perse, è il minimo» Rispose mentre si toglieva gli occhiali neri, permettendomi finalmente di osservare i suoi occhi scuri, anche se un po' spenti.

Ordinammo e inizammo a parlare, prima del più e del meno, poi del tempo, poi volle sapere qualcosa su di me. Così gli raccontai del mio lavoro, di quella pazza di Kate, dell'altra mia migliore amica Charlotte e del mio ex fidanzato Andrew, con il quale ero stata per due anni.

Ci eravamo lasciati da poco, neanche due settimane, ma Andrew era il tipo di ragazzo testardo che non capisce quando una cosa arriva al termine.

E credetemi, era finita molto prima di quelle due settimane. Ma di certo non volevo annoiare il mio idolo con questa storia, solo che non sapevo più che dirgli sul mio conto.

Che si può dire su Audrey Morel? Fa una vita abbastanza monotona, e dalle cinque del pomeriggio in poi non ha assolutamente niente da fare.

A meno che una delle sue strampalate amiche non decida di trascinarla in qualche locale Parigino a far baldoria, senza una motivazione di solito, ma in questo periodo la motivazione era la rottura con And. Ecco, di nuovo a parlare di lui, che diamine.

Devo trovarmi qualcosa da fare dopo questi due anni di "prigionia dal mondo esterno".

« Ora scusami, ma basta parlare di me» Dovevo assolutamente arrivare all'argomento principale, cioè lui.

« Oh ti prego, speravo non arrivasse mai questo momento...» Si mise le due mani sulla faccia sbirciandomi attraverso le dita. Io istintivamente alzai il sopracciglio per incitarlo a parlare

« Devo proprio?» Mugugnò, e io risposi con un « Assolutamente».

E così, dopo uno sbuffo iniziò.

Mi raccontò di come fosse caduto sempre più in basso dopo l'uscita di Dark Shadow, di come tutti i giornali, le riviste e i paparazzi l'avessero messo in cattiva luce e di conseguenza nessuno aveva più voluto lavorare con lui. Neanche Tim, che dopo la lunga assenza dal mondo del cinema aveva rinunciato alla sua presenza sui suoi set.

« ... Litigammo, io e Tim. Forse mi arrabbiai troppo con lui, gli diedi le colpe di tutto, dissi che alla fine ci stavo rimettendo io solo per averlo assecondato in quello stupido film.

E da quel giorno non lo sentii più. Per quanto riguarda Vanessa, litigai anche con lei, ma so che aveva ragione: dopo il casino con il lavoro... beh, diciamo che tornai il Johnny quindicenne di molto tempo fa.

Mi creai anche un sacco di debiti e nel tentativo di eliminarli persi tutto. Da qui la sua decisione di andarsene, almeno fino a quando non avrei messo di nuovo tutto a posto.

E ora, eccomi qui a prendere un caffè con te, Audrey. Fine della mia tragica storia.» Si mise a ridere, ma per quanto fosse un attore favoloso non riusciva proprio a darmela a bere.

Era triste, sempre. Più lo osservavo e più lo notavo, nei suoi occhi non si vedeva più la profondità di una volta, quella scintilla che da più piccola mi faceva stare ore incollata a guardare chissà quale sua intervista.

Quando parlava di Vanessa poi, glielo si poteva leggere in faccia che le mancava, e tanto.

Dei figli non aveva parlato, e io non mi ero azzardata a chiedere, forse sarebbe stato troppo.

« Mi dispiace davvero tanto, è terribile tutto questo. Ma com'è possibile che tu sia finito per strada? Tutti i tuoi amici? La tua famiglia? Dove sono, perché nessuno ti ha aiutato?» Era davvero assurdo: con tutta la gente che conosceva possibile che non ce ne sia stato uno, dico uno, pronto a dargli una mano?

« Sai Audrey, se c'è una cosa che ho imparato da tutto questo è che la frase "Gli amici si vedono nel momento del bisogno" è tremendamente vera.

Infatti, li puoi vedere tutti benissimo. La mia famiglia invece... beh, è stato un po' come con Vanessa.»

La conversazione stava peggiorando, mi rendevo conto che le mie domande e la mia curiosità non facevano altro che aumentare i suoi brutti ricordi,

quindi decisi di non chiedergli più niente, mi limitai solo ad un « E' assurdo».

E lo era davvero, perché nonostante tutto a me dispiaceva per lui, eppure non lo conoscevo. Quindi il solo pensiero che la sua famiglia e i suoi amici se ne fossero sul serio fregati mi infastidiva più di quanto potessi immaginare.

« Non prenderla male, ma tu non hai qualcosa da fare stasera? Insomma, si è già fatto tardi...» Quella domanda mi fece riatterrare sul pianeta terra e mi costrinse a guardare l'ora. Erano già le otto. Avevamo passato tre ore dentro ad un Cafè -che tra l'altro stava per chiudere- a parlare delle nostre vite.

Però si, io qualcosa da fare in realtà l'avevo, dovevo andare ad una stupidissima cena tra amici dove ci sarebbe stato anche Andrew.

Fantastico.

« Veramente sì, ho una cena a cui sfortunatamente non posso mancare, cosa che in realtà farei volentieri.» Sbuffai lasciandomi cadere sullo schienale della sedia.

« Beh, allora la smetto di annoiarti e ti lascio andare, non vorrei facessi tardi per colpa mia» Ma sentitelo, annoiarmi, lui... Che assurdità!

Però ripeto, dovevo assolutamente andare.

« Mi ha davvero fatto piacere Johnny, non sai quanto!» Dissi infine, rassegnata all’idea di doverlo abbandonare

« Anche a me, e grazie di tutto.»

Ci alzammo, ognuno prese i suoi effetti e dopo aver pagato uscimmo dal Cafè, con gran sollievo del proprietario aggiungerei; credo ci volesse aggiungere alla mobilia ormai.

« Allora... ci si vede» Disse sorridendo mentre si infilava il giubbotto

« Già...» Ero talmente presa ad osservarlo andar via che stavo dimenticando un particolare essenziale.

Ma dove cavolo stai andando, Audrey?! Lo lasci così? Ti sei forse dimenticata dove l'hai incontrato? No perché, come minimo starà tornando lì.

« Hey aspetta! –gridai per fermarlo- Ma... si insomma, tu un posto per dormire ce l'hai, vero?» Si voltò e attese un attimo prima di rispondermi

« Certo, non ti preoccupare...» Inizio a pensare che forse hanno fatto bene a non volerlo più sui set...

In conclusione, non ci credetti nemmeno per un secondo. Mi precipitai a prenderlo per un braccio. Per portalo dove, non lo sapevo.

« Andiamo.»

Rise di gusto « Faccio davvero schifo come attore.»

Sì Johnny, me ne sto accorgendo.

Qualche mezz'ora più tardi -caso strano- eravamo di nuovo nei paraggi del cafè.

« Ma non ci siamo già passati qui? Stiamo girando in tondo...» Se non ci fossi tu a dirmelo guarda...

Esatto, non avevo ancora la minima idea di dove portarlo, e si stava veramente facendo tardi. Due cose erano sicure: non l'avrei abbandonato di nuovo per strada, ma non l'avrei neanche portato a casa, non mi sembrava il caso... e poi ho solo un letto.

Va bene Audrey, pensa...

« Ci sono!» Esclamai bloccandomi di colpo e costringendo lui a fare altrettanto, visto che non avevo ancora mollato la presa dal suo braccio.

Mi guardò con aria interrogativa e lo trascinai su una panchina poco distante, avevo come la sensazione che quello che dovevo fare avrebbe richiesto un po' di tempo.

« Mi hai trovato un alloggio? E' comodo...» Scherzò sedendosi, e io lo fulminai mentre prendevo il telefono dalla borsa e componevo il numero dell'unica -ahimè- persona che ci avrebbe potuto aiutare: Leo.

Un mio carissimo amico, estremamente gay, snob all'inverosimile e guardate un po': direttore di una locanda.

« Sul serio Audrey, non disturbarti per me, me la so cavare» Ed ecco di nuovo la frase che non smetteva di dire da almeno un'ora, lo ignorai e premetti il tasto verde del cellulare.

Leo rispose subito.

« Zucchevo!» Non era mai riuscito a pronunciare la “r”, e dopo un periodo di risate mi ci ero abituata.

« Leeeo... Come stai tesoro?»

« E va bene, cosa ti sevve stavolta? Una bavca? Un' elica? Un piccolo pezzo di legno che poi incollevai ad un muvo e chiamevai: Avte?»

« Ehm, no. Diciamo qualcosa di più impegnativo... Però mi devi assolutamente aiutare, Leo. Ti prego, ti prego, ti prego!»

« Spava.»

« Un posto alla locanda. Giuro che troverò modo di pagarti prima o poi!» Bugia. Perché la locanda di Leo, si da il caso fosse una delle più care a Parigi.

A meno che non avessi vinto alla lotteria, non avrei mai potuto permettermi due notti là dentro.

« Stai schevzando?! No.» Rispose deciso, sapendo già che me l’avrebbe dovuto dare gratis.

« Ma Leo... è davvero, davvero importante, lo sai che se no non ti avrei chiesto niente...» Cercai di convincerlo parlando con la voce più tenera che riuscii a fare

« No. E poi siamo al completo!»

« Non ti credo. Sei pessimo quando menti.» Lo fulminai, mentre Johnny se ne stava seduto sulla panchina a cercare di capire cosa stesse accadendo.

« Gvazie.»

« Leo... Lo sai che ti voglio un mondo di bene, vero?» Ok, questa è sempre stata la mia ultima carta da giocare, e fin ora ha sempre funzionato.

« Quanto sei vuffiana Audvey. Ci vediamo qua tva un'ova, e non povtavmi cani vandagi o cose simili. Te ne pvego!» Mi riattaccò il telefono in faccia, ma Leo è fatto così: totalmente privo di affetto "o cose simili", come dice lui.

Io intando mi spalmai il palmo della mano sul viso. Leo non avrebbe mai accettato Johnny in quelle condizioni, forse a stento l'avrebbe riconosciuto, figuriamoci.

« Allora?» Mi domandò con aria curiosa, facendomi spuntare un sorriso spontaneo

« Fra un'ora avrai un alloggio tutto tuo! - risposi con un po' troppa enfasi- Prima però, dobbiamo fare una piccola tappa a casa mia.» Già. Dovevo almeno cercare di rimetterlo un po' apposto, barba, capelli... E poi io ero in un ritardo assurdo per la cena, dovevo prepararmi.

L'avrei accompagnato alla locanda e poi sarei andata, sì. Un piano perfetto.

Tranne per il fatto che non avrei mai avuto il coraggio di dirgli che avrebbe dovuto rendersi presentabile per Leo. Lui ancora non sapeva neanche chi fosse Leo, e non sapeva neanche del suo carattere snob, acido e –per chi non lo conosce- insopportabile.

Insomma, lo stavo conducendo nella tana del lupo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Primo capitolo! *Ma va?*

Lo so, lo so, il modo in cui si sono incontrati è banale e per niente originale.

Ma dovete sapere che io quando camino per strada immagino sempre di incontrare persone improbabili, in modi improbabili.

Praticamente è così che è nata questa cosa xD *Ci ho fatto un’intera storia... Ora potete rinchiudermi seriamente!*

Son davvero curiosa di sapere cosa ne pensate però, quindi sbizzarritevi!

Anche critiche eh, non mi offendo u.u

Dal prossimo capitolo in poi ci saranno anche i Johnny’s Pov, contente?

Spero di sì.

Ah, il personaggio di Leo, lo devo dire, è totalmente ispirato a Michelle di “Gilmore Girls” o brutalmente tradotto in “Una mamma per amica”.

Quindi boh, immaginatelo così se volete xD

Bene, lascio spazio a voi e mi dileguo.

Un bacione e grazie ancora a tutte quelle che recensiscono/seguono, ci vediamo al prossimo!

June.

 

 

 

 

 

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Capitolo 3
*** The Inn. ***


 

 

 

 

... Johnny

Dopo due viaggi in metropolitana e una piccola camminata, arrivammo davanti al palazzo.
Audrey mi sorrise imbarazzata e io forse lo ero più di lei. Cercai in tutte le maniere di convincerla a lasciar perdere, ma non ne volle sapere, alla fine passò anche ad ignorarmi e limitarsi a trascinarmi da una parte all'altra.
Le sarò riconoscente tutta la vita per questo. Lei, una totale estranea, mi prende e mi toglie via dalla strada come se ci conoscessimo da una vita, mentre chi forse avrebbe dovuto farlo o almeno impedirlo, ora non so neanche dove sia.
Certo era anche colpa mia, sopratutto colpa mia, ma non mi sarei mai aspettato che nessuno non muovesse un solo dito. Mentre lei si.
E la cosa che mi spaventava, era che non sembrava l'avesse fatto solo perché una volta era una mia fan, credo che se fossi stato un altro l'avrebbe fatto ugualmente. Troppo buona, quella ragazza, troppo ingenua, forse.
« Sai la strada che abbiamo fatto fino ad ora? - mi chiese con uno strano sorrisetto sulle labbra- E' nulla in confronto ai sei piani di scale che ci aspettano adesso. Mi dispiace tanto, ma l'ascensore è rotto.» Scoppiai a ridere, stava per portare un barbone dentro casa sua e l'unica preoccupazione che aveva era di non farlo faticare troppo con sei piani di scale.
La seguii su, fino al sesto piano, dove arrivata alla porta numero trenta esitò un attimo. Ecco, adesso ce le hai un po' di preoccupazioni vero, Audrey?
« Ehm... In realtà, non ricordo se ho messo in ordine prima di uscire. In caso ignora tutto, ok?» Come non detto.
Gli feci un sorriso di approvazione, mi sembrava tutto così assurdo. Insomma, ero io quello che si doveva vergognare, io il barbone, non lei, eppure ad ogni passo che faceva la vedevo in tensione, come se non fosse mai abbastanza.
Glielo dovevo dire prima o poi, che non era abbastanza quello che stava facendo, era perfino troppo.
Entrammo a casa sua: un appartamentino medio, con una grande sala, una piccola cucina e un corridoio che portava alla camera da letto, dove all'interno c'era il bagno.
« Siediti pure dove vuoi, o fai quel che vuoi, insomma... fa come se fossi a casa tua. Anche se questa non è proprio come la tua, è molto più piccola, molto più brutta, neanche a paragone... Forse non dovrei parlare così a raffica, eh? Va bene. Io vado a prepararmi per la cena, tu...»
« Io starò bene, tranquilla, ti aspetterò per tutto il tempo che ci metterai quindi non fare le cose di fretta, lo so che voi donne ci mettete un' eternità» La rassicurai.
Tirò quasi un sospiro di sollievo, poi sorrise e andò verso il bagno assicurandomi di non metterci troppo.
Io mi sedetti sul divano della sala e iniziai a dare un'occhiata alle riviste che c'erano sul tavolino davanti a me: giornali come Vogue o People, che non mi erano mai interessati, ma non avevo niente di meglio da fare.



Audrey...


Chiusi la porta del bagno alle mie spalle e mi ci appoggiai un secondo, ero in totale panico da almeno mezz'ora: portare Johnny a casa mia mi faceva quest'effetto. Chissà perché.
Senza contare che ormai avevo due personalità a me sconosciute che si alternavano: quella "parlantina", ovvero quella che mi costringeva a parlare a vanvera e senza un minimo di logica, e quella "ebete" che si limitava a sorridere mentre le guance andavano a fuoco.
Va bene Drey, ora ti calmi e vai a farti una doccia super veloce, poi ti vesti, ti trucchi e tutto andrà per il meglio. Sù.
Dopo circa tre quarti d'ora ero finalmente pronta. Alla faccia del "super veloce".

Mi ero agghindata per bene facendo avanti e indietro tra il bagno e la mia camera, e ora esitavo a mettere il naso nella sala: dove si trovava Johnny, a meno che non fosse evaporato, visto il tempo che ci avevo messo.

Per mia fortuna –o sfortuna- lo trovai ad ammirare una foto posata sulla mensola: mi ritraeva all’età di sei anni, credo. E mi mancava anche un dente davanti.

Spalancai gli occhi e diventai rosso carminio per l’imbarazzo. Prima o poi le dovrò togliere quelle dannate foto!

« Wow!» Esclamò lui, che notò la mia silenziosa presenza « Stai davvero bene» Sorrise, e io diventai ancora più rossa di prima.

« Grazie, e scusa per il ritardo...»

« Tranquilla, ho saputo come passare il tempo» Indicò la foto con la testa mentre si sforzava di non ridere troppo

« Già, molto simpatico signor Depp. Vogliamo andare, adesso?» Incalzai facendo la finta offesa, ma lui esitò un attimo tornando serio

« Si, ehm, Audrey... non è che potrei-»

Lo interruppi notando che guardava verso il corridoio « Ma certo! Oddio che stupida. Mi è completamente passato di testa, scusa, davvero. Ti serve qualcosa? Credo di avere quasi tutto in bagno, cerca pure. Sai, erano di Andrew...

Se ti vuoi cambiare ho anche vestiti» Mi sfuggì una risatina che sembrava più un nitrito di pony e avvampai improvvisamente per l’imbarazzo.

Non sapevo se fosse il caso proporgli di mettersi i vestiti di Andrew, ne tanto meno proporgli di mettersi altri vestiti: mi suonava talmente scortese... Sotterratemi, ora.

« Insomma, il bagno è da quella parte.» Dissi infine lasciandomi cadere sul divano, affranta per il mio pochissimo auto controllo emotivo.

« Grazie. Ci metterò pochissimo te lo giuro, non voglio farti tardare.» E detto questo, sparì dietro la porta della mia camera, diretto verso il bagno.

Stop. Rewind. La mia camera?! LE FOTO!

Mi precipitai –nel vero senso della parola- nella mia camera da letto: anche lì era pieno di foto. Mie foto. Compromettenti. Molto.

Quando arrivai, Johnny era già dentro il bagno e io misi cautamente giù una ad una le cornici, ad alcune ci buttai qualche foulard sopra. Fortuna che avevo tolto tutti i suoi poster dalle pareti qualche anno fa, perché mai mi sarei aspettata che potesse entrare nella mia camera!

Finita l’opera di camuffamento, sentii l’acqua della doccia scendere.

Johnny Depp si sta lavando a pochi metri da me. Nudo nella mia doccia. Con la mia schiuma!  

Cos’è che m’impedisce di entrare la dentro e stuprarlo?!

Ah già: è chiuso a chiave. Porcamiseria!

Senza che mi accorgessi del tempo che passava, proprio mentre poggiavo sul letto dei vestiti puliti per lui, la porta del bagno si aprì ed io mi girai di scatto per lo spavento.

Un Johnny nudo o quasi –aveva solo un asciugamano stretto sulla vita- e tutto bagnato mi comparì davanti.

Oddio! Oggi muoio davvero.

Cercai di non far caso alle goccioline che gli scendevano allegramente sul petto e d’istinto misi subito una mano sugli occhi, impedendomi di vedere altro e probabilmente impazzire. Mentre lui, che non si aspettava di trovarmi li, richiuse la porta alla velocità della luce.

« Scusa, scusa, scusa, scusa! Volevo solo darti dei vestiti non immaginavo tu uscissi proprio adesso! Non ho sentito l’acqua fermarsi. Non che stessi origliando, eh! C’era anche poco da origliare, ma comunque non lo stavo facendo!

E’ così imbarazzante... e io sono ancora qua! Perché sono ancora qua?!» Smisi di parlare a vanvera e mi decisi ad uscire dalla camera.

Lo sapevo, lo sapevo che avere il bagno nella camera da letto prima o poi avrebbe causato qualche danno!

Lo sentii ridere e poi uscire nuovamente dal bagno; io nel mentre mi soffocavo contro il cuscino del divano per la figuraccia.

« Allora, come sto?» La sua voce mi arrivò ovattata per colpa del cuscino, così lo scaraventai dall’altra parte della stanza senza pensarci due volte, facendo finta di niente.

Figura di merda numero: due.

Davanti a me non c’era assolutamente l’uomo che avevo fatto entrare un’ora fa a casa mia, in quel momento davanti a me c’era davvero Johnny Depp.

Si era fatto la barba, lasciando come suo solito i baffetti –anche se più curati rispetto a prima- e la parte del mento con il pizzetto, i capelli erano in ordine anche se ancora lunghi, ma gli stavano da Dio! E anche i vestiti di Andrew gli stavano bene, non pensavo che avessero la stessa taglia: il golfino color panna si intonava benissimo alla sua carnagione, nonostante non fosse proprio nel suo stile e i jeans larghi... beh, anche quelli!

Ma che vado a pensare?

“Il golfino color panna si intona alla sua carnagione?!” Ok. Sto esagerando.

Anche se non era decisamente facile dargli un parere su come stesse da vestito, considerando che avevo la sua immagine da nudo ancora in testa, mi ripresi dallo stato di shock bavoso in cui ero e mi degnai di rispondere.

« B-b-bene. Molto.» Balbettai.

Si sforzò di non ridere, quasi non riuscendoci « Grazie Audrey, anche tu molto» Marcò l’ultima parola con lo stesso mio tono un po’ impacciato, poi sorrise sornione.

Ho una voglia di sotterrarmi pari a mille.

Mi sforzai di tornare in me « Bene, ora che siamo tutti e due tirati a lucido, direi che è ora di andare!» Dissi precipitandomi ad afferrare cappotto e borsa

« Giusto» Lui fece lo stesso col suo giubbotto, e poco dopo ci ritrovammo nei parcheggi del palazzo.

 

... Johnny

 

La seguii in un piazzale enorme e quasi privo di luce, oltre che di vita... Quando poi sentii il suono delle portiere di un’auto e le luci all’interno accendersi, capii che si trattava di un parcheggio. Ma non capii, se possedeva una macchina, perché girasse in metropolitana.

Cercai di insistere almeno per poter guidare io e toglierle così una fatica, ma ovviamente rifiutò più volte ripetendomi che “tanto non sapevo la strada”.

Eravamo in viaggio da dieci minuti buoni, e da quel che si poteva intuire dal paesaggio non eravamo in procinto di arrivare.

« Solo altri cinque minuti» Mi sorrise all’improvviso Audrey, che sembrava avermi letto nel pensiero.

Ero piuttosto nervoso, non avevo ben capito dove mi stesse portando, ma dalla sua telefonata avevo il presentimento di non essere proprio il benvenuto, e poi la scena di prima non aiutava: avevo finto indifferenza, ma farmi vedere mezzo nudo da una persona conosciuta qualche ora prima era davvero imbarazzante.

Sembrava esserlo stato più per lei in realtà, ma almeno era vestita, lei.

« Posso?» Allungai la mano per indicare la radio spenta. Pensai che un po’ di musica mi avrebbe aiutato a sciogliermi.

Lei annuì convinta senza distrarsi dalla strada.

Poco dopo fermò l’auto dietro ad un grande casolare e girandosi verso di me spense la radio.

« Siamo arrivati. Ora, prima che tu possa fuggire non appena incontrerai Leo, devi sapere che non è assolutamente quel che sembra. Ignoralo semplicemente, okay?» Sorrise.

« Okay. Ma chi è Leo?» L’aveva già nominato sì, ma se si meritava un discorsetto prima di essere conosciuto, avrei voluto i particolari.

« Leo è il proprietario di questa meraviglia qui davanti –indicò la locanda- ed un mio carissimo amico, ma per chi non lo conosce, è veramente irritante. Sì, credo sia questo il termine giusto.

Il fatto è che mi sta facendo un grosso favore e vorrei che voi andaste d’accordo, almeno un pochino, visto che dovrai vederlo per un po’. E lo dico a te perché parlare di questo con lui è assolutamente impensabile.»

« Capisco» Mi ero fatto più o meno un’idea di come potesse essere questo individuo, ma non capivo come Audrey potesse andarci d’accordo.

« Bene, entriamo allora!» Sorrise aprendo la portiera.

Dalla macchina all’ingresso continuava a ripetermi che dovevo ignorare i comportamenti di Leo, e che non era pessimo come sembrava, all’ultimo mi aveva cortesemente chiesto di non ridere, poco prima di suonare il campanello. Non ne capivo il perché.

La porta fu spalancata da un uomo sulla trentina, vestito di tutto punto: sembrava il proprietario.

« Siete in vitavdo!!! –sbraitò senza neanche guardarci in faccia- Avevo detto un’ova Audvey, un’ova!!! E indovina che ove sono?!» Forse in quel momento capii il perché non dovessi ridere.

« Che ore sono, Leo?» Chiese con calma ironia Audrey mentre si faceva spazio per permetterci di entrare.

« Tavdi! Ecco che ove sono! –Leo nel frattempo andava avanti e indietro tra un enorme sala e non so dove, senza però cessare i rimproveri- Non mi ascolti mai!

La puntualità è tutto nella vita Dvey! Non capisco come tu faccia ogni giovno!» Tornò da noi con in mano una chiave e una piccola cartella che continuava a consultare.

« Leo, siamo in ritardo di pochi minuti, non farne un dramma, dai! Non vuoi conoscere il tuo nuovo ospite?»

« Come no.» Rispose sempre con gli occhi sulla cartella.

A questo punto toccava a me, pensai « Lei deve essere Leo, Audrey mi ha parlato molto di lei. Piacere-»

« Leonavd. Leonavd Dupvés, pev chi non mi conosce.» Rispose acidamente.

So che non è educato, in più Audrey mi aveva appena chiesto di fare tutto il contrario, ma mi sentii autorizzato a rispondere allo stesso modo.

« Johnny. John Christopher Depp, per chi non mi conosce.» Vidi Audrey spalancare gli occhi e contemporaneamente quelli di Leonard si alzavano da quella stupida cartella.

« Tu vuoi uccidevmi, ammettilo!!! –sbottò contro la sua amica- Non posso cvedevci, non posso cvedevci!» Le lanciò la chiave, che lei prese al volo trattenendosi dal ridere, e fuggì via continuando a dire « Non posso cvedevci!» con toni sempre più acuti.

« E’ stato un piacere!» Dissi salutandolo con la mano, che prontamente Audrey si affrettò ad abbassare.

Iniziò a ridere « Gli sei piaciuto! Dai vieni, ti faccio vedere la tua stanza... Leo non ne sarebbe capace adesso!» Guardò la targhetta della chiave con sopra un numero e si girò verso la scalinata di destra. Già, in quel posto ai lati del salone c’erano due enormi scalinate: una a destra e l’altra a sinista perfettamente identiche. Da quel che potevo intuire portavano alle stanze, al piano di sopra.

La mia era la trent’otto.

Da quel che diceva Audrey, ogni stanza aveva uno stile diverso e lei era riuscita a vederne solo un paio purtroppo.

Quella che mi era stata assegnata era piuttosto moderna: un letto in stile orientale dai bordi neri, un grande armadio sempre in legno nero, un divano in pelle nera con cuscini rossi, una cassettiera dove sopra si trovava un piccolo televisore e un tavolino basso, vicino al divano.

« Questo dev’essere lo stile “depresso”.» Esclamò Audrey con una smorfia dispiaciuta.

« Ma no dai, i cuscini sono rossi.»

« Sì, rosso sangue. E’ un chiaro invito al suicidio... L’ha fatto apposta!» Sbottò infine, mettendosi le mani sui fianchi mentre guardava allibita un poster incorniciato nella parete.

Era una foto in bianco e nero di una ragazza vestita tutta in pelle. Diceva: “suicide girl”.

« Il fotografo?»

« Leo! Oh, è così infantile a volte... Adesso vado giù e-»

« Audrey, ci sono quattro muri e un letto, va più che bene! –la interruppi- E poi non credo che il tuo amico possa sopportare altro per questa sera: mi è sembrato abbastanza scosso.»

Si sciolse in una risata « Oh beh, è comprensibile: incontrarti all’improvviso fa un certo effetto!»
« Ma dai, non sono una divinità...» Scossi la testa, non ero più abituato ai tipici comportamenti dei miei fan. Veramente, li avevo quasi scordati, quindi il tutto era eccessivamente strano, per me.

« No, hai ragione: tu sei Johnny Depp. A parer mio, molto più che una divinità. Perché una divinità, a meno che non sei un miracolato non la vedrai mai, invece a te ti si può vedere, si possono vedere tutti i giorni le cose meravigliose che fai, le emozioni che trasmetti, e non solo seguendo un copione. A te non serve un copione, tu i tuoi personaggi ce li hai dentro e ti basta solo tirarli fuori quando serve. Ma anche fuori dai film, fuori dalla vita dietro una telecamera non smetti di essere meraviglioso neanche un istante. Probabilmente non te ne accorgi, ma anche alzando leggermente la mano o accennando un sorriso migliori la giornata di chi ti vede, subito. E questo non solo perché sei un adone da esposizione, ma per la persona splendida che sei...» Intanto si era lasciata cadere sul bordo del letto, e continuava ad elogiarmi con occhi sognanti.

Non riuscivo a credere che stesse parlando di me, che avevo fatto io di tanto straordinario?

« ... non so veramente come tu faccia ad essere così, è impossibile per una persona essere stupenda tutto il tempo, ma tu ci riesci: ecco perché sei più che una divinità!»

Si bloccò di colpo, e le sue guance iniziarono a colorarsi poco a poco, non credo si fosse resa conto di quanto aveva detto.

 

 Audrey...

 Ommioddio. L’ho appena definito “un adone da esposizione”?! Ditemi di no, vi prego.

Ditemi che non ha sentito!

*Come fa a non aver sentito? Siete soli e stavi parlando con lui!*

Eh? E tu chi sei? 

*Madama Doré! Chi vuoi che sia? Sono la tua coscienza!*

Ho una coscienza? Da quando? Dov’eri in tutti questi anni?!

*Da quando ho deciso di pararti il fondoschiena, che stai facendo fin troppe figure di merda oggi. E adesso basta. C’è fin troppo silenzio qui, gli vuoi dire qualcosa a questo povero cristiano o lo lasci così a bocca aperta, come un merluzzo?*

« Ehm, probabilmente ho parlato troppo. E’ comunque tutto collegato al fatto che fai un certo effetto!» *Eh... stavi andando bene, prima dell’ultima frase.*

« Probabilmente hai sbagliato persona – rise-, non sono così.» Scosse la testa

« Testardo, ecco come sei. Non ti è bastato un monologo, per farti cambiare idea.» Okay, forse nominare il monologo non era esattamente la cosa migliore da fare.

Fece spalluce « Lo dovresti sapere, che sono testardo. Ma, grazie comunque, per tutto quello che hai detto. La parte dell’adone da esposizione farò finta di non averla sentita, ma per tutto il resto, grazie davvero.» Scoppiai a ridere, anche se in effetti c’era poco da ridere, collezionavo figuracce quel giorno!

« Sì, speravo la ignorassi!»

Passammo qualche minuto a sorriderci, forse facendo mente locale di quello che era potuto succedere in poche ore, quando finalmente una certa coscienza mi ricordò di una certa cena. Così mi alzai dal lato del letto dove facevo muffa.

« Johnny, io ora devo andare, ma per qualsiasi cosa chiamami, sai, in caso ti servisse aiuto o Leo decidesse di farti la corte, o di punzecchiarti o che so io...»

« Farmi la corte?» Esclamò sbarrando gli occhi. Ah, ho dimenticato di dirgli che è gay?

« Ehm, si. E’ gay. Ma non credo lo farà, non è da lui, al massimo ti infastidirà un pochino...

Comunque sia, ti do il mio numero di cellulare»  Ero pronta a dettarglierlo, quando vidi che non faceva niente per poterlo salvare, se non guardarsi intorno.

« ... ma tu non hai un cellulare, giusto? Scusa, l’ho scordato. Beh allora facciamo così: io ne dovrei avere un altro da qualche parte, domani torno qui e te lo porto.

Se hai bisogno di qualcosa prima, puoi chiamarmi dal telefono della reception, Leo ti darà il mio numero. Attento però, è molto suscettibile.» Sorrisi, sperando vivamente che il mio amico non lo mangiasse vivo fino all’indomani.

Lui serrò le labbra prima di parlare « Audrey, non c’è bisogno che ti occupi di me così tanto, hai già fatto molto e io davvero non so più come ringraziarti o ripagarti e-»

 « Oh tranquillo, puoi ripagarmi a rate, sorridi» Lo incitai, e lui sorrise davvero.

« La prima rata è andata! Però le voglio giornaliere, eh!

Ora è meglio che ti riposi, e io è meglio che vada se voglio vivere... Ci vediamo domani, Joh»

« A domani Audrey, e anche se è banale: grazie ancora, infinitamente.» Ma quanto è bello quando sorride, oh!

Dopo il sorriso di ricambio – a malincuore, lo ammetto- uscii dalla sua stanza.

Proprio in quel momento il mio cellulare iniziò a vibrare e squillare come un dannato.

« Pronto?» Risposi senza neanche guardare chi era

« Pronto? Pronto?! Perché sei così calma?» E sapessi, un certo Johnny...

« Charlotte?»

« Si, Charlotte! Ma dove sei Drey? Non ti sarai dimenticata della cena?! E’ più di mezz’ora che ti aspettiamo»

« No, no, ma che dimenticata, come dimenticare che devo sorbirmi quel deficiente?

Ho solo avuto un imprevisto, e lasciamelo dire: che imprevisto! Ma ti giuro che sto arrivando, Charlie.» Proprio mentre pronunciavo quella frase passai sotto gli occhi di Leo, che urlò ancora una volta « La puntualità è tutto nella vita!»

« Era Leo quello? Beh, ha ragione Drey, lasciatelo dire.»

« Sì, era Leo, quel rompiscatole di Leo!» Alzai la voce per farmi sentire, salutandolo poi silenziosamente con baci e segni di mano prima di uscire alla velocità della luce dalla locanda.

« Ma perché sei alla locanda?» Continuò Charlie, che stava per dare inizio ad uno dei suoi interrogatori senza fine.

« Te l’ho detto, ho avuto un imprevisto. Però non ti dico niente adesso, perché tanto lo so che hai messo il vivavoce e mi state sentendo tutti, e poi devo guidare ora. Ciao ragazzi!»

Dall’altro capo si scatenò una serie di risate e poi mi salutarono tutti in coro, prima di chiudere la chiamata.

E ora come glielo spiego a Charlotte e Kate il mio “imprevisto”, senza che gli venga un infarto?

*Non puoi, credo. Poverette!*

Oh, ancora tu. Com’è che spunti proprio adesso?

*Sono la tua coscienza, e non spunto adesso, ci sono sempre stata! Te lo vuoi ficcare in testa?!*

Non è vero, sei comparsa quando c’era Johnny, non c’eri prima!

*Si che c’ero!*

Ti dico di no...

*C’ero. Fine. Stop! Quando sarei dovuta comparire, quando stavi con Andrew? Puah. Lì era talmente tutto rose e fiori che lo sapevi da sola cosa fare, ma oggi ti ho vista in difficoltà e sono intervenuta. Capito?!*

Ah. Allora grazie, Coscienza.

*E non chiamarmi Coscienza! Ce l’ho un nome: Erminia!*

Piacere, io sono Audrey.

*Ma lo so già chi sei! Santo cielo, fatemi cambiare testa: una qualunque, ma non questa!*

E dai, rilassati... Proprio a me doveva toccare la coscienza mestruata? Ma guarda un po’.






Taradadaaan! Ecco il capitolo due! O tre, contando il prologo... Insomma, come volete, ma eccolo xD

Iniziamo con un carino Johnny’s Pov, ve li avevo accennati, no?

Che dire... Sono finalmente arrivati alla locanda e Leo ha fatto la sua comparsa, in tutto il suo splendore ecc, ecc...

Ecco, che siamo già in “argomento Leo”: per rispondere anche ad una recensione, visto che mi sembra di non averlo ancora fatto –sorry, risponderò, loggiuro!- purtroppo per voi, sì: i dialoghi di Leo-bello avranno sempre la “v” al posto della “r”... Son, testarda? Lo so ç_ç

Ma è una cosa che fa parte del suo personaggio, e se la togliessi non mi sembrerebbe più lui! Scusate.

Ah, qui c’è anche una nuova comparsa: Erminia! La piccola vocina che tutti noi abbiamo, volenti o nolenti. Per lei mi ispiro alla mia moglie bella, nessuno avrebbe potuto farla meglio! (Macci, dovrebbe essere un complimento xD)

Anyway, la giornata di Audrey non è ancora finita, la aspetta ancora la cena e tutto quello che succederà dopo... Ma non mi spoilero da sola u.u

Sappiate solo che qualcosa succederà. Muaha.

Queste piccole note iniziano a diventare più lunghe dei capitoli, quindi basta, mi fermo qui. Ringrazio tutte, davvero, le vostre recensioni mi emozionano sempre *-* alcune manco le merito... quindi grazie, vi adoro già!

Un bacione sonnacchioso, oggi son parecchio stanca, June.









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Capitolo 4
*** Happy anniversary, Audrey! ***


Ero finalmente arrivata al ristorante dove i miei amici avevano organizzato la cena, e quando osai entrare li vidi tutti intorno ad un tavolo rettangolare che urlavano

« Buon anniversario Audrey!» Cosa?!

Esitai un attimo « Cosa?!» A quel punto Kate mi venne incontro per trascinarmi al mio posto nel tavolo

« Lo sapevo io, che non l’avrebbe ricordato, gli dobbiamo sempre dire tutto noi» Rise

« Kate... Fammi mente locale, ti prego!» Le sussurai in preda all’Altzheimer, a quanto pare.

« Oggi son ben tre anni che hai fondato l’azienda, testina! Tre anni che lavoriamo assieme, e il bello è che organizziamo questa cena ogni anno e tu la dimentichi sempre.» Mi spiegò tra una risata generale e l’altra.

« Tre anni?! – ripetei, incredula- Wow. E non siamo ancora fallite?»

« A quanto pare no!» Mi poggiò una mano sulla spalla e diede l’inizio ad un brindisi.

Tre anni. Non potevo crederci, sembrava ieri che giravo per le strade di Parigi in cerca di un buco dove poter costruire l’azienda, e invece erano passati già tre anni.

Senza mai un problema poi, il che non è poco.

Kate ed io eravamo partite da zero, da sole, senza un minimo di esperienza e quasi con la consapevolezza che non ce l’avremo mai fatta, ma dopo poco si unirono a noi altri ragazzi e le cose andarono sempre meglio.

Toby, lui fu il primo che ci chiese un lavoro: aveva letto il nostro annuncio sul giornale e non vedeva l’ora di iniziare. Aveva appena finito le scuole e come noi non aveva nessuna esperienza, ma la sua voglia di iniziare ci fece pensare che sarebbe potuto diventare davvero bravo, come decoratore. E così fu.

A lui si unirono anche Robert, Daphne e infine Hugo.

Robert era molto più grande di noi, e sapeva quel che faceva. Mi stupì che volesse lavorare con dei principianti, e che addirittura io e Kate potessimo essere i suoi capi, sarebbe dovuto essere il contrario.

Tuttavia volle accettare il lavoro e ci insegnò molto, tanto che pensai di fare scambio di ruoli, ma rifiutò. E’ sopratutto grazie a lui, se siamo arrivate così lontano.

Daphne l’abbiamo presa per le sue “pazzie”: sapeva abbinare colori assurdi e ottenere lo stesso risultati ottimi. Molti dei suoi lavori furono anche vantati.

Hugo è il più giovane di tutti, e doveva ancora imparare molto quando si presentò, ma ce l’avrebbe fatta proprio come Toby.

In quel momento li potevo vedere tutti intorno alla tavola, ed ero così fiera di loro!

Eravamo diventati un bel gruppo, e io avevo bisogno di tutti loro come loro di me.

Mentre li guardavo, non vedevo però un’altra persona, che per come sapevo doveva esserci: sì, Andrew.

Che abbia finalmente rinunciato a starmi intorno?

Neanche il tempo di pensarlo, che fece la sua comparsa dalla porta principale.

« Oh Andrew! Ritardatario come sempre... Ecco perché stavate insieme voi due.» Lanciai un’occhiata assassina a Kate, che era solita fare di queste battute... La divertiva l’espressione di Drew.

Sì, ci avevano anche nominati Drey e Drew. Come se Audrey e Andrew non bastassero: eravamo la coppia degli scioglilingua.

« Salve a tutti! Ciao tesoro, buon anniversario...» Mi sussurrò poi all’orecchio, prima che mi spostassi.

« Ciao, Andrew.»

Si sedette anche lui al tavolo, per fortuna un po’ distante da me, e iniziammo tutti la cena.

Tra chiacchiere e battute varie fu una serata divertente, ma per me il bello doveva ancora venire: dovevo parlare a Kate e Charlotte. Così, quando ci fu più chiasso del solito e tutti erano un po’ a fatti loro, colsi lo sguardo di Charlie e le feci segno di avvicinarsi a me e Kate.

« Ragazze, vi devo dare una notizia!» Incalzai mentre Charlotte avvicinava una sedia per sedersi e chiudere il nostro cerchio.

« Sei tornata con Andrew?!» Esclamò Kate mettendosi una mano sulla bocca

« No. Quello non accadrà mai più, fidati.»

« Ma perché? Stavate così bene insieme... stavolta che è successo?»

« Stavamo, Charlie, hai detto bene. E’ successo che non è più come prima, ho bisogno dei miei spazi e lui lo sa. Non dico che non ci tengo, i sentimenti non si eliminano così in fretta, ma credo che non sia più l’amore di prima.
Comunque, non è di questo che vi devo parlare!»

« E allora?»

« Non indovinerete mai chi ho incontrato oggi!» Ancora stentavo a crederci io.

« Chi?»

« Kate, tu rimarrai a bocca aperta.»

« Parla, donna!»

« Hai presente il barbone sotto l’azienda?» Chiesi a Kate

« Sì, certo... Hai scoperto che in realtà è il Papa?»

Scoppiai a ridere « Non hai idea di quanto tu ci sia andata vicino!»

« No, non è il Papa – continuai-, ma non è sicuramente un barbone qualsiasi.

E’ assurdo che in tutti questi anni non ce ne siamo mai accorte!»

« Vuoi dirci chi è?! Odio quando ci tieni sulle spine» Si lagnò Charlotte

« E va bene... rullo di tamburi... E’ Johnny Depp! Lo so, è assurdo, neanche io potevo crederci, ma vi giuro che è vero! Stavo uscendo dall’azienda e, voi sapete quanto sono distratta, sono scivolata su una foglia! Assurdo: gli son caduta davanti e ho tirato un calcio involontario al suo barattolo, così sono andata a riprenderlo. Anche se praticamente mi ci ha costretta. Comunque, mentre glielo davo, ho visto il suo tatuaggio, il 3!!! Assurdo!

Così ho capito che era lui, non c’erano dubbi: abbiamo parlato a lungo oggi e mi ha raccontato i “come” e i “perché” e io non sapevo cosa fare, perché è davvero assurdo, così ho chiamato Leo –ecco perché ero alla locanda prima- e gli ho chiesto una stanza. Assurdo. Insomma, non potevo lasciarlo così, vi pare?
Beh Leo dopo qualche lagna ha accettato, anche questo è assurdo, e ora lui è li! Alla locanda! Ma vi rendete conto?!»

« Okay. Ora tu ti calmi, smetti di dire “assurdo” ogni tre secondi e ti spieghi meglio, perché non credo di aver capito bene.» Commentò Kate.

« Io mi sono fermata a Johnny Depp.» Sbavò Charlie, e si vedeva che il resto non l’aveva sentito.

« Johnny Depp? Quindi ho capito bene! Oddio. E’ quell’attore... quello che è sparito dalla faccia della terra... Giusto? Avevo letto qualcosa su qualche rivista... E’ stato un peccato, era bravo.»

« Capito bene cosa? Che succede? Io non ho capito!» Charlotte aveva smesso di sbavare e provava a collegare i neuroni

« Non puoi definirlo “quell’attore”, potrei ucciderti per questo!» Risposi a Kate, che scosse la testa.

« Eeeii! Ci sono anche io qui!» Charlie ci agitò le mani davanti per farsi notare meglio

« Audrey ha scoperto che il barbone sotto la nostra azienda in realtà è Johnny Depp, e gli ha dato una stanza da Leo.» Disse in un fiato Kate

« COSA?! SCHERZI? No, non è possibile... No, non lo è. NON PUO’ ESSERE LUI! Hai visto male. Si, hai visto male, Audrey.»

« Shh. Non ho visto male! Ci ho parlato, l’ho portato a casa mia e da Leo, non l’ho solo visto. E’ lui!»

« L’HAI PORTATO A CASA TUA?!» Urlò Charlotte con tono sempre più sconvolto, facendo girare dalla nostra parte praticamente tutti.

« Chi hai portato a casa?» Si intromise Andrew, sbucando da non si sa dove e facendomi prendere un colpo.

« Ehm... No, nessuno... Ho trovato un cucciolo...» Balbettai

« Di che genere?»

« Cosa?»

« Il cucciolo.»

« Ah! E’... E’ un gattino. Sì, povero... Non potevo lasciarlo per strada.» Beh, in parte è vero... Anche se Johnny non è un gattino, ma questi son dettagli.

« Mmh. Sì hai fatto bene, dopo posso vederlo?»

« Eh?! No. Insomma... Andrew, non credo sia il caso. E poi stasera lo do via, se lo prende Charlotte. Ama i gatti.» Qui sta andando sempre peggio!

« Sì Drew, io amo i gatti.» Rispose lei per niente convinta

« Capisco... Io ci ho provato, Drey.» Disse infelice prima di lasciarci.

« Io odio i gatti.» Commentò Charlotte appena Andrew si allontanò abbastanza

« Ringrazia che non esiste nessun gatto. E urla più piano!»

« Va bene, va bene, ma torniamo al discorso principale: Johnny.»

« Credo di avervi detto tutto...» Sì, il “credo” era riferito alla figuraccia del bagno. E no, non avevo intenzione di dirglielo. Charlie si sarebbe messa ad urlare fino a rompere ogni vetro presente in venti chilometri.

« Sì, ma... Che hai intenzione di fare?» Domandò Kate, l’intelligente del trio.

« Riguardo cosa?»

« Riguardo Johnny!»

« Che dovrei fare?!»

« Beh, l’hai portato da Leo, ma non può rimanere lì per sempre. Conosci Leo! Dovresti fare qualcosa Drey... Che so, magari presentarcelo, lasciarmi da sola con lui in una stanza...»

Certo Charlie, adesso vi prenoto anche una stanza in Hotel, così fate con comodo!

« Scordatelo. La seconda scordatela proprio! Però avete ragione, dovrei fare qualcosa...»

In effetti no, non poteva restare per sempre alla locanda, Leo mi avrebbe ucciso.

Ma allora che fare? Pensa... Pensa... Concentrati... Ho detto concentrati!

« Ci sono: lo aiuterò.» Dissi infine, con una lampadina gialla accesa in testa, probabilmente.

« E come?» Chiese confusa Charlie

« Lo aiuterò a ri-diventare il miglior attore di sempre. E vi dirò di più: ci riuscirò. Devo riuscirci. Sì.» Annuii convinta

« Ah sì? E come hai intenzione di fare, Einstein?» Bella domanda, Kate.

« I dettagli sono da rivedere. Diciamo che mi prenderò cura di lui, farò il possibile ecco...»

« Ti prenderai cura di lui?! » Ripeterono all’unisono, scioccate solo all’idea

« Audrey, non è un cucciolo! E’ un essere umano!»

« E per fortuna, che non è un cucciolo!» Commentò Cherlie, in risposta a Kate

« Non ne saresti capace. In casa tua un coniglio è durato una settimana!»

« Kate, quel coniglio aveva già parecchi anni...» Cercai di giustificarmi

« E il criceto allora? Ne vogliamo parlare?»

« Charlotte! Non nominare il criceto. Lo sai che ancora ci penso...»

« Appunto, Audrey, appunto. Se il criceto è finito così, immaginati un essere umano! Immagina Johnny!»

« Se fai fare a Johnny la fine del criceto io... io... Io ti spedisco nell’aldilà, ma con atroci sofferenze!»

« Oh, andiamo! Datevi una calmata. Non lo devo portare a spasso o dargli da mangiare, è autosufficiente, posso farcela!» Le due si tirarono un’ occhiata saccente e così chiusero ufficilamente il discorso, io invece in quel momento, non avevo la minima idea che con quella frase avrei firmato il contratto per la mia fine.

Qualche cocktail di troppo dopo, io Kate e Charlie eravamo chiuse nel bagno del ristorante a rifarci il trucco, o almeno a provarci.

Dopo svaritati tentativi, dove sembravamo più Heat Ledger versione Joker che altro, ci sciacquammo la faccia ed uscimmo.

Ad attendermi nel corridoio di fuori, c’era Andrew.

« Hey...»

« Cosa ci fai qui?» Gli chiesi, mentre le due mi lanciavano occhiatine ammiccanti e si allontanavano. Io le uccido. Io le uccido!

« Qui al ristorante? Sono qui per te, Audrey.» Rispose con voce bassa, mentre si avvicinava

« Qui, fuori dal bagno delle donne!» Ringhiai scocciata da quel suo fare.

Possibile che ogni momento fosse buono per flirtare?

Sorrise « Sempre per lo stesso motivo...» Allontanati. Allontanati, no!

« Andrew...» Cercai qualcosa di intelligente da dire, mentre lui continuava a starmi ogni secondo più vicino, ma quei cocktail mi avevano davvero annebbiato la mente.

Continuava ad avanzare con una lentezza inumana, fino a mettermi le spalle contro il muro e far incontrare il suo naso con il mio.

Un angolo della sua bocca iniziava a tirare verso l’alto, fino a sorridere di sbieco mentre mi guardava con i suoi occhi verdi e fottutamente profondi, facendoli fermare sulle mie labbra.

« Andrew, per favore... non posso.» Cercai di fermarlo prima che quello si tramutasse in un bacio, non potevo baciarlo: si sarebbe illuso, avrebbe creduto che non fosse finita per davvero.

« Si che puoi, perché dici così?»

« Perché ci siamo lasciati e-»

« Allora torniamo insieme, non c’è problema...» Dio, quegli occhi. Quel sorriso...

Sentii le sue mani prendermi la schiena e il suo profumo mi arrivò dritto alla testa, un profumo che non avevo mai sentito ad altri, ma era così familiare...

Mugugnai un “no” che probabilmente sentii solo io, e questo lo fece sentire autorizzato ad appropriarsi di me.

No, il collo no! Oddio muoio, oggi muoio. Aaah!

Se c’era una cosa che odiavo di Andrew, era che sapeva alla perfezione i miei punti deboli, come il collo, o lo sfiorarmi quasi impercettibilmente la schiena. Lo odiavo perché facendo così, riusciva a togliermi dalla mente ogni cosa, tranne lui.

Mi passavano brividi su e giù per tutto il corpo, e allora più che mai avrei voluto sentire le sue labbra forti contro le mie, ma si fermò di colpo. Dopo un ultimo bacio al collo, sorrise e andò via. Lasciandomi lì, contro il muro come una deficiente, con un bacio in sospeso.

Sbuffai ed attesi qualche secondo prima di raggiungere gli altri, non avevo intenzione di fargli pensare che io e Andrew eravamo insieme e che fosse successo chissà cosa, visto che non era successo un bel niente!

*Ti rode, eh?*

Oddio, ancora tu? Non avevi detto che con Andrew non c’era bisogno della tua presenza?

*Ma qui le cose si fanno interessanti... Non posso perdermele!*

Non ti sei persa niente. E non ti perderai niente, perché non succederà NIENTE!

*Qui qualcuno si sta alterando...*

Mandai al diavolo Erminia e tornai nella sala, dov’erano gli altri.

Il resto della serata la passammo a far baldoria e asciugare il pavimento dalla bava di Charlotte, che bramava silenziosamente un incontro con Johnny.

A fine serata, ci buttarono molto gentilmente fuori dal ristorante perché Toby e Hugo erano decisamente ubriachi, e il proprietario non gradì la loro versione della danza del ventre. Neanche Andrew sembrava entusiasta, vedendo noi ragazze ridere fino allo sfinimento, o meglio, vedendo me che facevo battutine sugli addominali di Toby.

Una volta fuori, salutai tutti uno ad uno e quando fu il momento di Andrew inciampai su non si sa bene cosa.

« Bevuto troppo?» Mi canzonò dopo avermi presa al volo

« Ho solo inciampato, Andrew» Risi, cercando di rimettermi in piedi e togliermi così dalle sue braccia. Lui mi lasciò fare

« Allora... Buonanotte Drey.»

« Buonanotte.»

Stava per andarsene, quando notò che io invece mi guardavo attorno, smarrita.

Tornò indietro di qualche passo e aggrottò la fronte, come per capire il perché non mi muovessi

« Non... Non ricordo dove ho messo la macchina.» Ammisi. Sì, forse avevo leggermente bevuto qualche bicchiere di troppo.

Rise, prendendomi per la vita « Vieni.» Il cuore mi iniziò a battere come se volesse uscire

« D-dove andiamo?» Chiesi nel panico, facendomi trasportare dall’altra parte della strada

« Alla tua macchina, dove se no?» Mi guardò stranito

« Ah.» Esclamai, quando effettivamente ci fermammo davanti alla macchina. Quanto sei stupida, Audrey.

« Sicura che riesci a guidare?»

« Certo, grazie... Non so perché non la vedevo.» Cercai di congedarlo, ma nel frattempo stavo anche cercando di far entrare quella stupidissima chiave, in quella altrettanto stupida serratura. Senza riuscirci ovvio, in nessuna delle due.

Andrew mi prese la chiave dalle mani e magicamente la portiera si aprì.

« Grazie.» Sussurrai in un attacco di imbarazzo. L’ho già detto, che collezionavo figure di merda quel giorno?

« Dai Audrey, non puoi guidare... Non sei riuscita neanche ad aprire lo sportello!»

« Stai insinuando che sono troppo ubriaca? E cosa dovrei fare, rimanere qui?!» Sbottai alzando i toni

« No, certo che no. Lasciami guidare, ti porto io.» Rispose lui, sempre mantenendo la calma

« Perché, tu non hai bevuto forse?!» Sì, ho voglia di litigare. E voglio che se ne vada!

« Sì, ma molto meno di te tesoro...»

« Guarda che non sono ubriaca. E smettila di chiamarmi “tesoro”!»

« Audrey! Per Dio, voglio solo essere gentile! Me lo concedi, almeno questo?» Anche lui alzò la voce, ma mi fece capire che stavo esagerando. Okay, non eravamo più una coppia, ma non per questo dovevo evitarlo e trattarlo non proprio bene ogni volta... no?

Peccato che avessi un problemino ad ammetterlo... Così mi limitai a ringhiare e andare a sedermi nel posto del viaggiatore.

Durante il tragitto lui aveva provato ad aprire almeno un centinaio di argomenti, ma ero troppo stanca per affrontarli, e mi limitavo ad emettere qualche suono.

 

 

 

La mattina seguente, mi svegliai con la testa pulsante, un po’ perché avevo bevuto e un po’ per quell’odiosissima sveglia.

Noo. Sono troppo stanca per andare a lavoro! E poi, come cavolo ci sono arrivata a letto?

« Buongiorno!» Andrew spalancò la porta della mia camera, facendomi tirare un urlo che mi aumentò il mal di testa.

« Wow. Sono così orribile la mattina?» Scherzò, posando un vassoio con dei croissant e del caffé sopra il comodino

« No, è che... Non pensavo fossi qui» Mugugnai massaggiandomi le tempie

« Ah. Beh, ho portato la colazione, perché non mangi qualcosa?»

Una vocina mi dice che ci è rimasto male, quando ho detto che non mi aspettavo fosse qui.

*Io non ho parlato!*

Mi lasciò nel letto ed entrò in bagno, dicendo che si sarebbe rimesso un po’ a posto, e poi sarebbe andato via.

Questo significa che ha dormito qui? Con me? Nel mio letto?!

Perché diamine non ricordo niente? Aiuto! Erminia?

*Che vuoi? Io dormivo, e dormirei ancora, se mi lasciassi in pace! Buonanotte!*

Erminia tirò il piumone e si girò dall’altra parte. Perfetto! E adesso che faccio?!

Nell’indecisione, decisi di mangiare quei croissant che mi tentavano da quando erano arrivati, e dopo aver bevuto il caffé andai alla ricerca di qualche analgesico.

Quando Andrew uscì dal bagno era perfettamente vestito e profumato, e mi informò che usciva.

« Va bene» Fu tutto quello che riucii a dire prima che chiudesse la porta.

Si è offeso? Ci è rimasto male? QUALCUNO MI DICA QUALCOSA!!!

Ahi, la testa!                                                                                                       

Mi preparai velocemente anch’io e andai a lavoro, forse Kate sapeva dirmi il perché lui fosse a casa mia...

Entrai nel suo ufficio alla velocità della luce e sbattei la porta.

« Piano! Che cavolo. Ho il carnevale di Rio in testa!»

« Lo so, lo so. Kate, devi aiutarmi!» Esclamai buttandomi di peso sulla poltrona vicino a lei.

Le spiegai il poco che sapevo e lei mi disse che era andata via prima di noi, quindi non ne sapeva niente.

« Ma perché non lo chiedi a lui?»

« Sei matta? Non posso, che figura ci farei?»

« Audrey, è Andrew! Ti conosce da anni, ti ha vista anche col morbillo, e ti teneva la testa quando era sopra un water! Direi che ormai la fase del “che figura ci faccio?” è passata!»

Non aveva tutti i torti, era Andrew, ormai mi aveva sopportato in tutte le mie stranezze, ma comunque tutto quello non mi convinceva. Non sarei andata da lui a chiedere spiegazioni, a costo di non saperlo mai.

Prima però, dovevo provare tutte le alternative.

« Forse Charlotte sa qualcosa...» Riflettei a voce alta, mentre Kate roteava gli occhi in preda alla disperazione. Andai nel mio ufficio e composi il suo numero.

« Pronto?» Rispose, quasi cantando

« Come fai ad essere così pimpante? Io e Kate sembriamo bradipi appena usciti dal letargo!»

« Non ne ho idea, mi hai chiamato per questo?»

« No. Ti ho chiamato perché stamattina ho realizzato di aver dormito con Andrew.»

« COSA? Wow. Quindi avete...?»

« Non lo so: abbiamo?! Non ricordo niente, Charlie. Quand’è stata l’ultima volta che mi hai vista?»

« No guardi, io non ho ucciso nessuno, Detective.» Rispose lei, diventando improvvisamente seria

« Charlie! Usa la tua serietà per cose importanti, ti prego.» Mi lagnai, sembrando una bambina a cui avevano detto che non sarebbe mai andata a Disneyland.

« Ok, ok. L’ultima volta eri... Ah! Stavi cadendo, e Andrew ti ha presa al volo. Fuori dal ristorante. Poi sono andata via, mi dispiace...» Mi ha presa al volo. Ristorante. Ricevuto.

Sì, ma questo non aiuta!!!

« Va bene, grazie comunque Charlie.»

« E di che... Fammi sapere se risolvi il mistero!» E attaccò.

Mi tormentai tutto il giorno, non riuscii neanche a finire le bozzette per un edificio, ma niente. Non riuscii a ricordare niente, e il mal di testa non passava.

Anche quella giornata, insisteva nel non passare più, ma finalmente si fecero le cinque e potei buttare ogni tipo di foglio e matita nel dimenticatoio, almeno fino all’indomani.

Wow, passare li fuori e non vedere più Johnny era strano... Anche se, ora che avevo scoperto fosse lui, era meglio che non ci fosse. Sì, ero soddisfatta di quel che avevo fatto e sicura che avrei potuto fare di più. Sentivo che stavo facendo il mio dovere.

*Signorina “faccio il mio dovere”, non dovevi fare qualcosa stasera?
Le parole “Johnny” e “Cellulare” ti dicono niente?*

Il cellulare per Johnny! Me lo stavo dimenticando accidenti, ora devo tornare a casa e si farà tardi!

*Ecco, muoviti và... Tutto io le devo dire oh.*

Ma dove ho messo la macchina?!

 

 

 

 

Squillo di trombe, rullo di tamburi, ecco il capitolo tre: tanti auguri (?)

Non sono brava con le rime, chiedo venia, e la chiedo anche per il secolo passato senza aggiornare.

Qui si scoprono un po’ di cose ed il famoso Andrew fa la sua prepotente comparsa, carino eh?

Finalmente quel giorno lunghissimo durato tre capitoli è finito, ma tranquille, è così solo alle volte, poi farò salti temporali anche di settimane.

Bene: esprimetevi care fanciulle!

Io da brava me ne vado, un bacione a tutte e ancora grazie a chi recensisce e segue, siete bellissime.

June.

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