A trip into darkness: love keeps me alive.

di Artemis Black
(/viewuser.php?uid=179057)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Chapter 1 ***
Capitolo 2: *** Chapter 2: Amico arciere. ***
Capitolo 3: *** Chapter 3: Qual'è il prezzo da pagare per un amore incondizionato? ***
Capitolo 4: *** Chapter 4: Un nuovo amico. ***
Capitolo 5: *** Chapter 5: the begin of the end. ***
Capitolo 6: *** Chapter 6: Black Dragon. ***



Capitolo 1
*** Chapter 1 ***


Chapter 1: Iniziamo bene.
 

Il bar puzzava di sudore e piscio, come i clienti che lo frequentavano.
Purtroppo era l’unico ristoro che avevo trovato dopo ore di viaggio, perciò non mi misi a fare la schizzinosa, avevo visto di peggio. Mi avvicinai al bancone, mentre mi toglievo i miei ray-ban neri e mi sedevo su uno sgabello usurato dagli anni.
“Cosa le porto?” mi chiese la barista masticando la gomma.
“Un panino e una birra.” Risposi.
Lei sparì dietro le cucine, mentre io mi giravo per dare un’occhiata al posto: era un locale abbastanza grande, con molti tavolini e un palco dove un signore sulla cinquantina con i capelli lunghi e grigi e un paio di baffi del medesimo colore stava strimpellando la sua chitarra.
C’era anche un’ala più appartata, dove alcuni signori stavano giocando a biliardo ed altri a carte.
La cameriera riapparve e mi diede il mio panino con la mia bibita. Mangiai in silenzio, cercando di respirare il meno possibile quell’aria viziata e mi concentrai sulla molteplice collezione di liquori e altri alcoolici esposti dietro il bancone.
-Perché qualcosa mi dice che non ci siamo fermati per il tuo appetito- disse Furia.
Era apparsa placida allo sgabello successivo al mio e mi stava guardando con quei suoi occhi rosso scarlatto.
“Ci seguono.” Dissi sottovoce senza dare nell’occhio.
-Lo immaginavo. S.H.I.E.L.D?- chiese mentre appoggiava i gomiti sul bancone e scrutava la gente nel locale.
“Probabile.” Dissi.
“Un’altra birra!” chiesi alla cameriera alzando la mano.
Quella arrivò sbuffando e mi porse la bibita fredda, ne buttai giù un lungo sorso.
-Vacci piano, signorina.- mi disse scherzando la Furia.
“Non farmi la predica proprio tu.” Le risposi.
-Trovato un sospetto.- disse.
“Descrivi.” Dissi mentre continuavo a sorseggiare la mia birra.
-Non molto alto, capelli scuri come la notte e occhi verdi. Indossa un giacchetto di pelle nera e una maglia grigia sotto, un pio di jeans scuri e degli anfibi. È chiaramente in borghese ed ha una cimice nell’orecchio. Probabile complice. Ti guarda esattamente ogni 30 secondi.- disse.
“Controlla se c’è il complice.” Dissi finendo la birra.
La Furia scomparve per un attimo e riapparve un momento dopo in piedi di fronte a me.
“È seduto al posto del guidatore in una berlina grigia.” Disse.
Poggiai la bottiglia ormai vuota e sospirai. Presi una banconota da dieci dollari e la lasciai sul bancone.
-Si sta avvicinando.- disse.
“Apriamo le danze allora.” Dissi.
Mi alzai dallo sgabello e mi stirai le braccia. Il tizio descritto si era avvicinato ed ora faceva finta di sedersi ad un tavolo. Mi diressi verso di lui con nonchalance.
Feci come per andarmene, poi mi fermai ed indietreggiai.
Poggiai le mani sul tavolo e lo feci sussultare.
“Non ci siamo già conosciuti?” dissi ironicamente.
Quello mi guardò sbalordito e non spiccicò parola.
“No, non credo.” Disse infine.
“Invece si.” Dissi gli aprii il giacchetto e ne estrassi il portafoglio. Lo aprii e gli feci vedere il documento S.H.I.E.L.D che aveva.
Nel frattempo quello non mosse un muscolo, finchè non gli sorrisi sfacciatamente ed allora scattò in avanti. Bloccai la mano che si dirigeva alla mia faccia e gliela torsi, fino a farlo cadere a terra.
“Sei lento.” Dissi.
L’agente si rialzò e tentò invano di riprendersi il portafoglio. Fu così che ingaggiammo una lotta corpo a corpo.
“Pensavo che Nick scegliesse meglio i suoi agenti da pedinamento.” Dissi scherzosamente mentre schivavo un suo calcio laterale.
Nel frattempo dentro la sala si era creato il panico e le persone spingevano per uscire dal locale. Quando ormai era rimasta solo la cameriera, il tizio era chiaramente in svantaggio.
“F-f-fe-fermi voi du-due!” urlò la cameriera puntandoci un fucile.
“Seriamente? Andiamo, lo avevo quasi stracciato!” dissi sbuffando mentre alzavo le mani in aria.
L’agente si rimise in piedi e lentamente alzò le mani anche lui.
“Signora è tutto ok, non deve preoccuparsi. Ci sto pensando io, sono della polizia.” Disse tentando di convincerla.
“Giura?” mi rivolsi a lui con un sopracciglio alzato.
“Andatevene!” disse e sparò un colpo che lisciò l’agente.
“Basta con questa farsa.” Dissi stanca.
I miei occhi cambiarono colore e la donna si spaventò tanto che mi puntò l’arma contro. Con una sfera d’energia bloccai una pallottola che mi aveva sparato e con una sfera di fuoco gli tolsi l’arma dalle mani. Solo che l’arma colpì l’agente ad un polpaccio e la mia sfera si schiantò sulla parete piena di liquori e alcool. La donna corse via dal locale gridando, mentre io sbuffai.
“Ci mancava anche questa.” Dissi.
Presi al volo l’agente e lo portai fuori dal negozio prima che si incendiasse del tutto. Era una struttura vecchia e marcia, con una fiammella di fuoco cedette ed esplose.
Atterrai con i piedi sul cofano dell’altro agente che mi guardò sorpreso. Lasciai il suo compare sopra l’auto e gli puntai un dito.
“Dì a Fury che mi deve lasciare in pace.” Gli ringhiai contro.
Quello annuii meccanicamente.
Nel frattempo il locale alle mie spalle era una pira di fuoco e fumo nero.
Scesi dal cofano e mi diressi alla mia macchina. Premetti l’acceleratore e sfrecciai via sulla strada statale poco battuta.
-Beh, ottimo lavoro.- disse la Furia.
“E’ stato uno scherzo da ragazzi.” Le risposi.
Quella si mise a ridere e poco dopo sparì.
Guidai per almeno altre tre ore, prima di ritrovarmi il cartello di benvenuto nel New Mexico.
____________________
Buonasera, come promesso ecco il seguito! :D
Questo è un breve capitolo introduttivo, niente di che insomma, ma era per chiarire la situazione da cui parte Alice e sopratutto è da notare il suo atteggiamento/comportamento che è evoluto. Sarà l'ultimo viaggio per Alice per trovare la felicità, ci riuscirà?
Per scoprirlo dovrete leggere ;)
Fatemi sapere com'è questa partenza con una recensione!
See you soon, Artemis Black

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Chapter 2: Amico arciere. ***


Chapter 2: Amico Arciere
 


-Qual è il piano?- mi disse la Furia mentre mi stiracchiavo.
“Trovo un posto dove dormire, per prima cosa. Questa macchina mi sta spezzando la schiena.” Dissi. Mi ero appena svegliata, erano solo le 6 di mattina e quella era già pimpante e piena d’energia.
La macchina era una vecchia Ford Mustang nera, che ero riuscita a comprare vendendo quella che lo S.H.I.E.L.D mi aveva gentilmente offerto. Oltre a comprare quell’auto d’epoca, era avanzato anche un bel gruzzoletto di soldi con cui mi mantenevo almeno finchè non trovavo un ipotetico lavoro.
-Andiamo a fare colazione?- mi chiese.
“Ma se tu neanche mangi!” le sbottai. La mattina non ero proprio un amore di ragazza.
Mi sporsi all’indietro per prendere lo zaino con i miei vestiti. Mi tolsi la felpa bordeaux che indossavo come “pigiama” e mi infilai una canottiera nera con una maglia larga senza maniche nera sopra, mi aggiustai i jeans scuri che avevo addosso e mi allacciai meglio i stivali.
Scesi dall’auto e presi una boccata d’aria e mi sgranchii le gambe.
Chiusi la macchina e mi diressi verso il primo bar aperto in quella minuscola cittadina. Mancava ancora un’ora di viaggio prima di arrivare nella cittadina dove abitava Jane Foster, ma prima dovevo elaborare un piano: quella cittadina sarebbe stata piena di agenti dello S.H.I.E.L.D che sorvegliavano la ragazza per conto di Thor.
Arrivai davanti ad una tavola calda e ordinai la colazione. Divorai velocemente quel poco di cibo e mi rimisi subito in marcia. Mi fermai in un market vicino ad una stazione di benzina, dove comprai una tinta castana e un cappello da baseball.
Usai il bagno della stazione di servizio per tingermi i capelli e passare meno in osservato. I miei lunghi capelli bianchi, adesso erano di un marrone intenso ed erano legati in una coda alta.
Mi rimisi in marcia e poco prima di entrare nella piccola cittadina, mi fermai a pranzare.
-Allora, come ci muoviamo?- mi chiese la Furia, guardando i miei capelli.
“So dove abita Jane, devo soltanto introdurmi in casa sua di soppiatto durante il giorno, poi quando lei la sera rientrerà a casa, le spiegherò tutto.” Dissi mentre addentavo il panino.

La casa era una deliziosa villetta bianca, con un giardino tutt’intorno contornato da una palizzata di legno. Viveva da sola, quindi sarebbe stato più facile introdursi lì dentro, contando poi che la casa era lontano dal centro cittadino, la fortuna sembrava stare dalla mia parte.
In casa in quel momento non c’era nessuno, ma aspettai che il sole cominciasse a tramontare prima di mettere in atto il piano.
Erano le 19 e il sole stava lentamente scendendo giù, mentre io uscivo dalla mia macchina e mi avvicinavo furtiva alla palizzata.
Mi guardai in giro prima di irrompere in casa silenziosamente dalla porta di servizio che dava sulla cucina.
Il lavello era pieno di stoviglie sporche e sulla tavola c’erano ancora i piatti del pranzo. Era strano, perchè sul tavolo era apparecchiato per due. Forse era venuta a trovarla il professor Cedric o magari qualche sua amica.
Sgattaiolai nel corridoio e mi sedetti sulle scale aspettando che Jane arrivasse. Qualcosa attirò la mia attenzione in sala, qualcosa appoggiato vicino al divano.
Mi avvicinai e nel buio della stanza riuscii a riconoscere quel barlume argenteo: era il martello di Thor. Era appoggiato vicino al divano, sotto un tavolino di legno.
Quando lo vidi, una lampadina si accese nella mia testa.
Serrai i pugni e sentii crescermi una rabbia dentro. Scaraventai il mobiletto per terra e feci cadere un vaso vuoto per terra.
Lo toccai per assicurarmi che non fosse tutto frutto della mia mente. Poi sentii delle voci provenire dalla cucina e una luce si accese.
I miei occhi scattarono e le mie gambe si mossero da sole. Sentivo la voce profonda del Dio del tuono ridere e quella di Jane che la seguiva. Con due falcate mi ritrovai in cucina, dove quei due stava dolcemente amoreggiando: lei seduta sopra il tavolo con le gambe avvinghiate alla vita del biondone e le mani di lui sui suoi fianchi.
Fu Jane a notarmi, serrando gli occhi e facendo preoccupare Thor che a sua volta si girò verso di me.
“Alice?” chiesero all’unisono.
Sul viso del dio biondo apparve un sorriso sincero, che sparì subito dopo quando mi guardò attentamente. La rabbia cresceva senza sosta dentro di me.
Perché era qui? Perché nessuno mi aveva avvisato? Perché con lui non c’era Loki? Dov’era finito il suo lato protettivo di fratello maggiore? E il bifrost non doveva rimanere chiuso?
Tutte balle.
Il Dio si staccò da Jane, che raccolse le gambe sul tavolo e mi guardò preoccupata.
“Tutto ok?” mi chiese il biondo.
“Come puoi chiedermi una cosa del genere? Ti presenti sulla Terra senza avvisarmi, senza darmi notizie di Loki e nel frattempo amoreggi allegramente con Jane senza preoccuparti minimamente di tua nuora!” gli urlai contro.
Lui alzò le mani in segno di difensiva.
“Devo spiegarti un po’ di cose, Alice.” Disse lui con sguardo mortificato.
“Non mi spieghi proprio un accidente adesso!” urlai.
E fu così che dalle mie mani esplosero due enormi sfere di fuoco che lo colpirono in pieno, sfondando la parete della cucina e facendolo atterrare in giardino.
Tutta la mia rabbia repressa, accumulata durante quei giorni di solitudine, esplose fuori.
Sentii le grida di Jane che era rimasta miracolosamente illesa sul tavolo della cucina, o di quello che ne rimaneva. Camminai fino ad arrivare dove il dio del tuono tentava di mettersi in piedi. Lo colpii alla schiena con un’altra sfera di fuoco e lui ripiombò giù.
“Che ne è stato del tuo lato altruista?” gli urlai mentre lo colpivo di nuovo.
“Mentre tu ti scopavi Jane, io ero da sola! Abbandonata da tutto e tutti, senza un motivo apparente per continuare a vivere!” urlai.
Le lacrime si mescolavano sulle mie guance e bagnavano le mie labbra iraconde.
“L’amore per Loki mi fa andare avanti! Io devo trovarlo, devo salvarlo dall’abisso! Deve tornare tra le mie braccia!” dissi.
Ma stavolta fu il Dio a colpirmi con il martello.
Volai lontano, atterrando sul tronco di un albero. Il dolore che il mio corpo provava, non era paragonabile a quello che lacerava la mia anima. Tentai di rialzarmi, vidi Thor arrivare a pochi metri di distanza da me, con dietro Jane disperata. Caddi nuovamente in ginocchio, ma stavolta non ebbi la forza di rialzarmi.
Tutta la rabbia era svanita, facendo posto all’incommensurabile tristezza che affollava il mio cuore. Fu come uno schiaffo in faccia, anzi peggio: stavo realizzando ciò che avevo fatto a Thor e ciò che mi era accaduto subito dopo aver lasciato gli Avengers.
Le mie lacrime bagnarono la terra arida del deserto, formando dei piccoli crateri scuri. Non avevo la forza di muovermi. Le braccia cadevano a penzoloni ai miei lati, i capelli ormai sciolti mi ricadevano davanti, appicciandosi alla mia fronte sudata.
I miei occhi erano un mare in tempesta, non riuscivo più a distinguere le figure, le lacrime si erano impadronite di essi. Tutte quelle lacrime che avevo ricacciato dentro, tutto il rimorso e il dolore ignorato mi stavano squarciando il cuore.
Furono due mani salde a prendermi in braccio e altre due minute a rassicurarmi.
“S-s-scu-sa.” Dissi tra i singhiozzi.
“Non scusarti, adesso ci siamo qui noi.” Rispose Jane.
Mi portarono in casa, mi stesero sul divano con Jane vicino e Thor che ci guardava dal lato opposto della sala. Era pensieroso, si massaggiava la mandibola e fissava un punto impreciso tra me e Jane. Si inumidì le labbra e poi si portò i capelli all’indietro.
Quando mi fui calmata abbastanza, Thor cominciò a parlare.
“Nostro padre è sveglio, questo spiega il motivo per cui sono arrivato qui attraverso il Bifrost. Dopo la dura battaglia contro gli Elfi oscuri, nostro padre si è destato dal sonno di Odino, ma ormai Loki era sparito. Era appena finita la battaglia quando lo vidi per l’ultima volta: era visibilmente scosso, ma non riuscivo a capire da cosa. Poi l’ho perso di vista, gli uomini mi acclamavano per la vincita e fu festa per tutto il resto del giorno. Ma di Loki non ebbi più traccia. Tornai subito da Padre per chiedergli spiegazioni, chiedere se Heimdall l’avesse visto da qualche parte. Loki era scomparso.” Disse abbassando la testa.
Jane lo invitò a sedersi affianco a lei, afferrandogli una mano tra le sue.
Loki… spaventato?
La cosa mi fece rabbrividire.
“C’era qualcosa che lo turbava prima della fine della battaglia?” chiesi.
“Sinceramente… no. Però aveva ripreso a disegnare, soprattutto la sera nell’accampamento.” Disse Thor.
Non riuscii a trovare un collegamento a ciò. Scrollai le spalle e mi presi la testa tra le mani.
“Credo di sapere allora, il motivo della tua visita qui.” Disse Jane.
“Volevo chiederti di aiutarmi a trovare una via per tornare su Asgard.” Dissi.
“Lo avevo intuito.” Mi rispose con voce delicata.
Un silenzio imbarazzante scese dentro la stanza. Riuscivo a sentire le gocce d’acqua delle tubature rotte in cucina.
“Forse è meglio se ci riposiamo su.” Propose infine Jane.
Mi mostrò la camera degli ospiti in cui avrei potuto dormire e prima che se ne andasse, le chiesi scusa per la cucina sfondata.
Quando rimasi da sola, mi sdraiai sul letto e guardai il soffitto. I pensieri affollavano la mia mente insieme ai ricordi, così la malinconia si mescolò con la rabbia e con la vergogna, fino a farmi crollare per la stanchezza.
Non dormii molto, verso le 3 di mattina ero già sveglia, anche se tenevo gli occhi chiusi.
Un flebile rumore, mi destò dal mio dormiveglia e aprii gli occhi di scatto.
Nella stanza non c’era nessuno, eppure sapevo, anzi sentivo, che qualcuno mi stava osservando. Con lentezza mi sfilai le coperte e scesi dal letto, accostandomi alla finestra. Scostai la tendina di pizzo leggero e guardai con circospezione di fuori. Qualcosa di strano c’era, eppure non riuscivo a vederlo. Il mio sesto senso però non mi tradiva mai.
-C’è qualcuno su quell’albero.- mi disse la Furia.
Guardai l’albero che mi aveva indicato e sforzando un po’ la vista, riconobbi una figura accovacciata su uno dei grandi rami. Aveva un arma con se, un’arma anti-convenzionale che solo una persona utilizzava ancora. Stavo quasi per non crederci, quando una freccia trapasso la finestra andando a schiantarsi sulla parete opposta della stanza. Mi ero scansata appena in tempo, altrimenti sarei stata già a terra in una pozza di sangue.
Come aveva potuto (quasi) colpirmi Clint?
Sgattaiolai fuori dalla stanza e scesi le scale a passo felpato. Quando arrivai nella sala, optai per uscire fuori attraverso la parete sfondata della cucina.
“Agente Burton, non riconosce neanche un alleato?” urlai quando fui fuori.
“Non sei più un alleato, tecnicamente.” Disse lui, poggiato al tronco dell’albero.
“Lo sai che avresti potuto uccidermi?” gli dissi schietta.
“Anche io sono contento di rivederti.” Mi rispose con un sorriso.
“Come mai da queste parti?” gli chiesi, incrociando le braccia.
“La casa di una nostra “protetta” è stata squarciata da un’esplosione non identificata.” Disse, alludendo a me.
“Liti di famiglia.” Risposi.
“Wow… ci andate pesanti. Spero che Thor non abbia usato il martello.” Disse scherzando.
“Per mia sfortuna si.” Risposi con un sorrisino.
“Tutto ok?” chiese con una punta di preoccupazione.
“Sono in equilibrio su un sottile filo, tentata di cadere nella disperazione invece mi reggo ancora in piedi. Sto bene.” Risposi sarcastica.
Si staccò dall’albero e si avvicinò.
“Dobbiamo parlare.” Disse serio.
“Non mi lasciare, ti prego! Io ti ho sempre amato!” dissi imitando una fastidiosa donnicciola.
“Alice.” Disse, anche se il suo sembrò tutto fuorché serio.
“Ne possiamo parlare qui?” tornai seria.
“No… vieni con me.” Disse.
Mi guardai alle spalle, sperando che i due piccioncini non avessero visto niente. Le luci della casa erano spente, perciò seguii Clint. Camminammo per un po’, quando dietro una casa abbandonata notai una macchina dello SHIELD.
“Quartier generale?” chiesi.
“Una specie.” Rispose Clint, facendomi strada.
Entrammo in una sala dove alcuni apparecchi elettronici erano stati messi su vecchie scrivanie di quercia scura e dove l’edera creava tende di foglie. C’erano soltanto tre agenti dello SHIELD che lavoravano a quegli apparecchi.
Entrammo in una stanza piuttosto piccola, dove c’era spazio solo per una piccola scrivania, un baule dove Clint ripose il suo arco e due sedie.
“Di cosa devi parlarmi?” chiesi innervosita. Non mi piaceva tornare tra le file della agenzia segreta.
“Di quello che hai fatto oggi.” Disse sedendosi sulla scrivania.
“Mi dispiace, è stato solo un impulso…” chiarii.
“E di quello che farai.” Completò la frase.
Alzai la testa e lo guardai con aria interrogativa.
“Non guardarmi così. Sai che Thor è tornato, grazie al Bifrost e sicuramente vorresti usarlo per tornare su Asgard.” Disse.
“E anche se fosse? Asgard è la mia casa adesso.” Quelle parole mi frastornarono un po’. Era veramente la mia casa?
“Thor non te lo consentirebbe.” Rivelò.
“Cosa?” cominciavo ad alterarmi.
“Non puoi tornare su Asgard, è per il tuo bene.” Disse.
“Dannazione! Non mi dovete proteggere! Ho quasi 26 anni ormai e sono una donna che sa badare a se stessa!” gli urlai contro.
Sbuffò.
“Tu non potrai andare.” Disse.
“Non farlo Clint, lo sai che detesto le minacce.” Lo avvisai.
Mi guardò con lo sguardo freddo e calcolatore che non riuscivo mai a decifrare.
“Clint Barton…” serrai i pugni.
“Alice… sarà pericoloso.” Disse.
“Non importa. Non puoi fermarmi, non tu. Lo sai quanto io sia legata a Loki… non posso abbandonarlo nel momento del bisogno.” Gli dissi.
Si mise una mano alle tempie e le massaggiò.
“Me ne pentirò amaramente…” sussurrò.
“Dobbiamo tornare a casa della signorina Jane, devo parlare con Thor.” Disse alzandosi in piedi.
“Dobbiamo, vorrai dire.” Incrociai le braccia.
“Si… dobbiamo.” Annuii.
Uscimmo dalla catapecchia e prendemmo la macchina parcheggiata fuori.
Arrivammo davanti la casa e quando andai verso la cucina, trovai Jane e Thor preoccupati.
“Ah, eccoti.” Disse Thor.
“Amico arciere, come mai da queste parti?” disse Thor abbracciandolo vigorosamente.
“Era stata affidata a me la protezione della tua fidanzata.” Disse Occhio di Falco sorridendogli.
Ci guadammo tra di noi, finchè Clint non ruppe il ghiaccio.
“Dobbiamo parlare Thor.” Disse serio.
“Certo, andiamo nella sala del divano.” Rispose il Dio del Tuono.
A Jane scappò una risata, però si coprì velocemente la bocca.
Quando Clint gli disse ciò che volevo fare, Thor si pietrificò.
“No, non se ne parla.” Disse con tono austero.
“Perché?” sbottai.
“Perché devo proteggerti.” Disse guardandomi.
__________________________________________________

Buonasera :)
Ecco qui il secondo capitolo di questa storia! Ritorna a grande richiesta (cioè solo mia ahahahaha) Cint Barton, l'amico arciere appunto. La storia comincia a delinearsi, il viaggio comincia a entrare nella mente dei personaggi anche se non sanno cosa dovranno affrontare e se lo affronteranno, visto la resistenza di Thor. Nasconderà qualche segreto? Sà forse dove si trova Loki e non vuole dirlo poichè troppo pericoloso?
Lo scoprirete soltanto continuando a leggere :)
Ringrazio
cullen96 kagome50 Nemesis_Kali SweetSmile _Lucrezia97_ alicetta96 Eruanne Flam92 Lady of the sea Mayaserana per averla messa in una delle tre categorie :)
Ringrazio anche
Eruanne per averla recensita :)
Fatemi sapere cosa ne pensate e recensite!
See you soon, Artemis Black


P.S: vi lascio il link della pagina su fb sul mio account :) http://www.facebook.com/ArtemisBlackEfp

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Chapter 3: Qual'è il prezzo da pagare per un amore incondizionato? ***


CHAPTER 3: Qual'è il prezzo da pagare per un amore incondizionato?

 
“Adesso vuoi proteggermi?” dissi allargando le braccia.
“Alice, calmati…” mi sussurrò Clint.
Thor cercava di non guardarmi negli occhi, scappava ad ogni contatto e cercava di non parlarmi.
“Tu nascondi qualcosa.” Gli dissi.
“Come osi dire una cosa simile?” tuonò il dio.
“Guardami negli occhi e dimmi che non sai dov’è Loki.” Dissi.
“Guardami!” calcai la parola con enfasi.
I suoi occhi celesti incontrarono i miei e riconobbi subito l’espressione afflitta.
“Lo sai…” dissi.
Mi sentii tradita in qualche modo.
Arretrai, scuotendo la testa.
“È un posto troppo pericoloso! Non posso lasciarti andare, neanche Loki ti ci farebbe avvicinare e poi si trova a mondi  lontani da qui!” si affrettò a dire il dio biondo.
“Ma io devo salvarlo!” gli urlai contro.
“Non ti è mai passato per l’anticamera del cervello di cercarlo e riportarlo indietro? Non eri tu quello che si prodigava tanto a proteggere il suo fratellino?” lo indicai con un dito, fino a toccargli il petto.
I suoi occhi erano tristi e afflitti, le nocche delle sue mani erano ormai diventate paonazze e tutto il suo corpo era un fascio di nervi. Continuai a guardarlo, a cercare di fargli cambiare idea e a farlo ragionare. Ma tutto quello che ricevetti fu un sospiro, poi tolse il mio indice dal suo petto e se ne andò, seguito da Jane.
Rimasi in piedi nel bel mezzo della sala, non volevo credere a quello che avevo appena visto. Ero chiaramente l’unica a combattere questa battaglia, ma non mi sarei arresa.
“Chi riparerà il danno nella cucina?” mi girai verso Clint.
“Ci penserà lo SHIELD ovviamente.” Mi rispose con le braccia incrociate.
“Bene, allora io me ne vado.” Annunciai.
“Cosa?” chiese alzando un sopracciglio.
Lo sorpassai con una falcata e uscii dalla casa.
“E dove andrai?” mi chiese.
“Dove sono stata fino adesso: in giro.” Gli risposi.
Continuai a camminare fino alla mia macchina, aprii la portiera e mi ritrovai la Furia seduta al posto del guidatore. Mi sorrise beffarda ed io roteai gli occhi all’indietro.
-Niente Jane, niente Thor, niente portale per tornare su Asgard.- commentò.
La ignorai.
“Aspetta, devo darti questo.” Disse Clint avvicinandosi.
Mi porse una specie di lettera, ma sopra non c’era ne indirizzo ne timbro postale. All’inizio pensai fosse qualche lettera di Nick Fury che mi chiedeva di tornare indietro, poi mi resi conto che il suo orgoglio era troppo grande per permettergli di fare una cosa simile. I dubbi si sciolsero quando la aprii e lessi il biglietto color crema scritto con una grafia molto elaborata: Invito a nozze.
“Ha invitato tutti, ma sarà una cosa intima… insomma, il matrimonio pomposo con tanto di paparazzi lo farà il giorno dopo.” Mi disse Clint.
“Dimmi che non lo ha fatto sul serio…” dissi affranta.
“Già, me lo chiedo anche io come Pepper abbia  potuto accettare. Quella donna è una santa.” Disse ridendo.
Io ero seria e la così gli mozzò il sorriso.
“Non farti strane idee, ci devi venire.” Disse.
“Non lo so…” dissi.
Rivedere tutti insieme, in un momento così importante per Tony, non so se ce l’avrei fatta. Io volevo lasciarmi tutto alle spalle per dimenticare, invece il passato bussava continuamente al mio presente.
“Ci verrai. Sarà uno dei pochi momenti in cui potrai vedere me e Natasha… insieme.” Affermò lui.
Lo guardai di sbieco: lui e Natasha insieme? In pubblico poi? Che diamine era successo?
“Vedrò.” Conclusi.
“Sarà tra una settimana esatta. Trovati un vestito e arriva puntuale alle 21. Non accetterò scuse.” Disse autoritario.
“Non sei tu lo sposo?!” gli dissi ironica.
“No, sono un tuo amico e ciò vale ancora di più. Prometti?” disse allungando una mano.
Ci pensai un attimo, poi gliela strinsi e accennai un piccolo sorriso.
“Bene, adesso ti lascio andare.” Disse.
Una volta andato via, mi rivolsi alla Furia.
-Ne ha uno di riserva ed è custodito nella casa dove ti ha portato prima- disse.
“Ottimo lavoro.” Le dissi, montando in macchina.
-Lo sai che così facendo tradirai la sua fiducia?- disse facendo la moralista.
“Fatti gli affari tuoi.” Le risposi sgarbata.
Quello che aveva detto era vero, ma se glielo avrei chiesto lui non me lo avrebbe mai dato di sua spontanea volontà e non mi avrebbe mai lasciato tornare ad Asgard. Dovevo affrontare tutto da sola, di nuovo, ma stavolta ero preparata.
 
Nei giorni successivi mi spostai in lungo e in largo per tutta l’America settentrionale e parte della East Coast.  Riuscii anche a dormire in qualche motel, invece che in macchina, ma dovevo risparmiare soldi per l’ipotetico vestito che avrei dovuto indossare al matrimonio di Tony.
Due giorni prima dell’evento, entrai in un negozio di abiti di seconda mano e ne comprai uno non troppo appariscente e molto sobrio. Era nero, non troppo corto e avvolgeva delicatamente il mio fisico snello, lasciando uno spacco sulla schiena, che sarebbe stata coperta dai miei lunghi capelli candidi. La tinta stava rapidamente andando via, colpa della mia temperatura corporea alta. Non li avrei ritinti perché non volevo rovinarli e poi mi piacevano bianchi, mi davano un'aria misteriosa e il contrasto con i miei occhi scuri, era a dir poco mozzafiato secondo me.
Ed infine ero stufa di nasconderli.
Il giorno prima del matrimonio preparai il piano e lo misi in atto insieme alla Furia: l'arco e le frecce di riserva di Clint si trovavano in un SUV nero, che le stava riportando al quartier generale. Avevo pedinato i due agenti in modo discreto e attento, infatti non si accorsero di nulla.
Quando si fermarono in un autogrill dopo 6 ore di viaggio, soltanto uno scese dal veicolo, l'altro rimase dentro. Usando una cannuccia come una cerbottana, gli lanciai un piccolissimo ago con del sonnifero sul collo, tempo pochi secondi e già aveva le palpebre calate. Aprii il porta bagagli e presi il bottino, lasciando però la cassetta di sicurezza dove era custodito, così da non far sospettare nulla. Tolsi delicatamente l'ago dell'agente e me ne andai via, con l'aiuto della notte.
Impiegai tutta la notte per arrivare a Los Angeles e la mattina la passai a dormire in un albergo a 2 stelle che si affacciava su Malibu. Quando la sveglia del mio cellulare vibrò, erano le 19. Presi il vestito con le scarpe e indossai il tutto, lasciando sciolti i capelli, che ormai erano arrivati a metà schiena. Misi un filo di eye-liner e un pò di mascara, gli unici due trucchi che avevo. Indossai il mio fedele giacchetto di pelle e uscii dall'albergo. Avevo indosso i stivali mentre guidavo perché le décolleté erano scomodissime seppur belle: alte quasi 15 cm, avevano il tacco ricoperto di borchie argentate, non avevo resistito.
Arrivai in ritardo, anche se l'avevo calcolato: mi dispiaceva usare il matrimonio di Tony per i miei scopi personali, ma sarebbe stato l'unico momento in cui avrei potuto vedere Thor.
Infilai velocemente i tacchi e scesi dall'auto.
La cerimonia intima si sarebbe tenuta nella casa di Tony ed era sorvegliata da decine di guardie, o agenti SHIELD, tanto da dover esibire l'invito per entrare insieme ad un documento.
Il salone era addobbato con nastri color lilla e fiori bianchi, le sedie erano state rivestite di stoffa bianca con fiocchi sempre color lilla. La passerella che avrebbe avuto la funzione di navata, era un tappetto bianco disseminato da petali di rosa. Tony aveva un sorriso sincero sulle labbra e sembrava fremere di felicità. I pochi invitati erano già tutti seduti e quando entrai, mi sentii tutti gli occhi puntati addosso.
Non guardai in faccia nessuno e mi sedetti in disparte, in una delle ultime file di sedie dove non c'era nessuno: rivolsi un timido sorriso a Tony che ricambiò con un occhiolino.
Quando Pepper scese le scale, la piccola orchestra posta affianco al futuro coniuge cominciò a suonare. Solo in quel momento mi accorsi che i testimoni di Tony erano Bruce e Steve, mentre per Pepper erano Jane e Natasha.
Quanto avrei voluto godermi il matrimonio, lasciarmi tutti i miei problemi alle spalle e festeggiare con tutti quanti. Ma la ragione per cui vivevo, la forza che mi dava speranza, il sorriso che mi dava gioia, non era accanto a me.
Quando qualcuno ti entra dentro, si impossessa del tuo cuore e tu glielo lasci fare perché a tua volta ti impossessi del suo, sai che sarà eterno. Non puoi vivere senza cuore, è un organo vitale. Per questo non potevo vivere senza Loki.
Il nostro amore, mischiato ai ricordi, mi tiene ancora in piedi... Per poco.
Perché sto impazzendo senza lui al mio fianco.
 
"Bella cerimonia." Disse Clint a Pepper, che gli sorrise e lo ringraziò.
Ascoltavo i discordi in disparte, con un bicchiere di champagne in mano quando Tony si avvicinò.
"Lieto che tu sia venuta." Mi disse.
"L'ho fatto solo perché sei tu." Dissi.
"Sono venuto a conoscenza del tuo nutrito odio per lo SHIELD." Disse sorridendo.
"E vorresti biasimarmi?" Dissi, scolandomi il bicchiere con un solo sorso.
"No, d'altronde..." Disse, rimanendo interdetto.
"Cosa?" Gli chiesi.
"Ti ha logorato." Rispose.
Ed aveva ragione.
Abbassai gli occhi e guardai altrove.
L'aria era impregnata di felicità e gioia, tutti sorridevano e scherzavano, addirittura Nat.
Mentre io ero quella seria che stava guastando l'atmosfera.
Presi un altro calice e bevvi.
"Affoghi le preoccupazioni nell'alcool?" Mi chiese Steve avvicinandosi.
"Ci provo." Gli sorrisi a malapena.
"È da tanto ormai che non ti si vede... In giro." Disse schiarendosi la voce.
"Preferisco stare da sola." Risposi.
"Io... Io ancora non riesco a capire"
"Non chiedermelo Steve, me lo sentivo e basta. Ho dato tutto e mi sono ritrovata con niente." Lo interruppi prima che finisse la frase. Lui si ammutolì e diventò serio. Non poteva capire: per lui lo SHIELD era tutto, come per Clint e soprattutto per Natasha.
Come dargli torto, lo avevano riportato in vita dopo settant'anni e gli aveva dato dei "soldati" da guidare e uno scopo nella vita. Buffo come l'organizzazione può darti tutto e togliertelo allo stesso tempo. Scossi lievemente la testa e mi allontanai per andare da Pepper.
"Sono contento di rivederti, comunque." Aggiunse Rogers.
Mi avvicinai alla sposa, che indossava un vestito semplice e romantico. Niente strascico o lunga coda, aveva un corpetto appena ricamato e la gonna liscia. Un mazzo di rose rosse e piccoli fiorellini gialli in mano e una coroncina di preziosi Swarovski ad incorniciarle il viso e a tenere in ordine i suoi capelli color rame.
La ringraziai per l'invito e mi complimentai per la cerimonia e per il vestito. Le parlavo con voce decisa ma delicata, per fargli capire che ero in qualche modo a mio agio. Salutai anche Natasha e Maria, poi mi congedai per andare a prendere una boccata d'aria.
L'aria era calda, ma una piacevole brezza fresca mi scompigliava appena i capelli e mi donava sollievo. La luna era alta nel cielo e brillava come non mai, ma accanto a lei non c'era alcuna stella.
Mi guardai intorno discreta, poi apparve la Furia.
"È ora." Dissi.
 
Thor era andato a prendere il giacchetto di Jane in macchina, dove dovevano esserci alcuni agenti a sorvegliare la zona, invece li avevo già sistemati tutti con una buona dose di sonnifero. Richiuse la portiera dell'auto della ragazza, fece per andarsene quando si bloccò.
I miei occhi si accesero di rosso ardente, mentre la Furia indugiava sul dio biondo.
Per un momento esitai, non volevo fare del male a Thor.
-Ricorda perché lo fai!- mi urlò la Furia. Tutto fu più chiaro e non esitai.
"Thor..." Sussurrai. Si guardò attorno, spaesato.
"Thor..." Continuai a sussurrare. Dapprima immobile, fece qualche passo verso di me. Nel frattempo io mi ero cambiata e al posto dell'abito nero, avevo la mia tuta aderente che usavo mettere durante i combattimenti, mentre sulle spalle avevo la faretra con l'arco rubato a Clint.
Quando si fermò, lo guardai dritto negli occhi e mentre la Furia posava le sue mani sulle tempie del dio asgardiano. Sussurrai alcune parole nella lingua antica per rafforzare il potere di persuasione della Furia e gli occhi di Thor sembrarono appannarsi. Quasi fosse in uno stato catatonico, gli posai una mano sul petto.
"Chiama Heimdall e digli di riportarci a casa." Dissi.
Il dio fece per aprir bocca, quando comparve Jane.
"Alice! Che stai facendo?" Urlò.
Merda. Presi l'arco tra le mani.
"Jane, non gli sto facendo nulla. Sta calma!" Dissi a denti stretti.
"Thor! Thor!" Urlò lei.
Così facendo, attirò l'attenzione di alcune guardie, che misi K.O con una sfera d'energia. A quel punto, arrivarono gli altri.
"Alice!" Urlò furioso Clint, alla vista del suo arco.
"Fermi dove siete." Dissi.
"Cosa credi di fare?" Chiese Steve stordito.
Nel frattempo, stavano avanzando e per non farli avvicinare creai un cerchio di fuoco. Vidi l'agente Hill prendere un auricolare e parlare: sicuramente stava chiamando Fury, come da fedele leccapiedi.
"Alice!" Urlò a quel punto Tony.
"Mi dispiace Tony." Dissi rammaricata.
"Thor chiama Heimdall!" Gli urlai.
Mi guardò, poi cominciò a urlare il nome del guardiano.
"Lo hai ipnotizzato!" Disse Natasha.
"Come ci sei riuscita?!" Risuonò la voce di Banner.
"La follia porta nuove conoscenze." Dissi.
Non pensavo che leggere gli unici libri di magia, che Loki solitamente leggeva in camera, mi sarebbero stati d'aiuto, neanche studiare l'antica lingua per passare il tempo a palazzo.
Una luce azzurra squarciò il cielo e si proiettò su di me, a quel punto l'aiuto di Thor non mi serviva più. Lo spinsi via, oltre il fuoco, andando ad urtare contro Clint e Steve. Scossa la testa e riprese possesso di se. Mi guardò sbalordito e deluso.
Mi si spezzò il cuore. Mi stavo piano piano distruggendo dall'interno, ma ero accecata dall'amore per mio marito.
"Mi dispiace, ma devo trovare Loki." Dissi poco prima di sparire nella luce azzurra e ritrovarmi ad Asgard.
Heimdall nella sua rilucente armatura dorata, mi scrutò.
"Bentornata, mia principessa." Disse, mimando un inchino.
"Niente convenevoli, sai perché sono qui. Hai visto tutto eppure non mi hai ostacolata. Dimmi, perché?" Gli chiesi sospettosa. L'arco era tenuto ben stretto nella mia mano sinistra.
"Sono cose che nemmeno il più saggio degli dei può ostacolare." Rispose enigmatico.
"Sai dov'è Loki?" Gli chiesi.
Mi guardò con quel suo sguardo di ghiaccio e mi scrutò.
"Non ti hanno proibito di dirmelo, parla." Dissi alterandomi.
"Sono fedele al mio signore." Rispose.
"Eppure dici che è una questione che neanche il più  saggio può ostacolare." Lo punzecchiai con le sue stesse parole.
Indurì il volto e gonfiò il petto.
"Non sta a me decidere il vostro destino." Disse "Il principe non è su questo mondo, si trova in un luogo nata dalle tenebre. Buio e pericoloso per voi." Concluse.
"Guardami guardiano, e dimmi... secondo voi sono sprovveduta e superficiale? Sono inadatta ad una battaglia? So maneggiare un arco meglio di uno dei migliori soldati di Asgard, ho dei poteri che si possono paragonare al martello di Thor e ho il coraggio di un leone. Ora dimmi, puó farmi paura un luogo nato dalle tenebre quando io stessa sono stata forgiata dal dolore e dalla disperazione?" Dissi.
"Ci penso io, Heimdall." Disse una terza voce.
Sul ponte apparve la figura di Odino, il padre degli dei. Il guardiano ed io ci inchinammo al suo cospetto, ma con un gesto amichevole ci disse di alzarci.
Si avvicinò a me e mi posò una mano su una spalla e l'altra sulla mano che stringeva l'arco.
"Non possiamo ostacolare il destino di nessuno, ma non siamo noi i tuoi nemici Alice." La sua voce roca e calda arrivava dritta al cuore.
Riposi l'arco nella faretra e seguii padre. Mi porse la mano per farmi salire sul cavallo e accettai volentieri il gesto. Cavalcammo fino all'entrata del ponte, poi rallentammo per passare nella città bassa. Li una pattuglia di soldati ci scortò a corte mentre la folla, riunitasi velocemente, acclamava Odino.
Essere acclamata e onorati da tutte quelle persone, era per me motivo d'imbarazzo: non riuscirò mai ad abituarmi alla folla e alla popolarità che avevo su Asgard.
Salimmo la grande scalinata che portava alla sala del trono, poi Odino svoltò rivelandomi di voler parlare da soli, in un ambiente più umile e intimo.
Quando entrammo in un'enorme sala dipinta di rosso con decorazioni dorate e bianche, su un divanetto era seduta la regina Frigga, che accorse verso di me, cingendomi le spalle in un abbraccio di bentornato.
"Oh Alice, ci sei mancata." Disse sorridendomi.
"Venite signore, mettiamoci comodi." Disse Odine, sedendosi su una poltrona rosso cremisi.
La legna nel cammino scoppiettava e riscaldava l'ambiente. Una grande libreria era posta in uno de muri più grandi, mentre tappetti preziosi incorniciavano il pavimento. Una serva ci portò degli infusi di erbe caldi con dei strani dolci, vagamente somiglianti ai pretzel. Il silenzio che era calato, non era imbarazzante, era formale e rispettoso. Quando il padre degli dei parlò, io e Frigga smettemmo di bere dalle nostre tazze.
"Siamo felici di avere la moglie di uno dei nostri figli di nuovo con noi." Iniziò.
"Sono felice anche io di essere tornata a casa." Dissi.
Vidi un barlume di stupore negli occhi di Frigga alla parola "casa", per poi trasformarsi in un ampio sorriso.
"Come stai?" Mi chiese Odino.
Fui sorpresa da quella domanda. Solitamente padre non lo chiedeva mai.
"Bene... credo." Risposi incerta.
Un silenzio calò nella stanza, stavolta perché nessuno aveva il coraggio di dire una parola. Frigga e Odino si guardarono un attimo, poi rivolsero i loro sguardi verso di me.
"Loki non si trova in questa terra, ma in una lontana migliaia di pianeti a sud. Una landa che nessuno osa pronunciare o anche solo pensare, dove i miei poteri non possono arrivare. Pericolo e morte sono le parole d'ordine lí, nessuno ci si è mai avventurato." Disse con un'espressione dura.
Intanto una domanda si insinuò nella mia mente.
"Non che io dubiti delle tue capacità, ma sei sicura di quello che vuoi fare? Sei consapevole del rischio che corri?" Mi chiese padre.
"Si." Risposi secca.
"C'è una domanda che vorrei porvi..." Dissi dubbiosa.
"Chiedi pure, cara" mi rispose.
"Come siete venuto a conoscenza di questo luogo? Insomma, come fate a sapere che Loki è lì?" Chiesi.
"L'ho sognato." Rispose Frigga "Ho visto Loki subire le peggiori torture che io avessi mai visto." Si fermò per mettersi una mano sulla bocca e trattenere le lacrime, mentre il mio cuore era stretto in una morsa di dolore. Il mio Loki... torturata... non ce la potevo fare.
Odino si avvicinó a sua moglie e gli fece coraggio poggiandole una mano salda sulla sua spalla.
"Era incatenato ad una roccia, in mezzo ad una prateria secca, aspra e dura. Un paesaggio tetro e perennemente buio. La luce del sole riesce a malapena a filtrare attraverso le nuvole grigie che coprono il cielo." Disse.
"Quando me lo ha descritto... Ho dedotto fosse quel posto. Era l'unico che corrispondeva a quella descrizione." Aggiunse Odino.
Poi il padre degli dei si alzò e si diresse verso la porta.
"Dobbiamo continuare la nostra conversazione nella biblioteca reale. Con l'ausilio delle mappe e dei libri antichi, potrai trovare l'esatta ubic
azione di      Niflhel    , la terra delle nebbie, dove Loki è tenuto prigioniero." Affermò.
Uno strano brivido percorse la mia colonna vertebrale quando sentii il nome di quel luogo.

__________________________
Buonasera :D
Scusate per l'enorme ritardo ma tra feste, pranzi e cene da amici e parenti, il tempo è volato e se poi ci mettiamo che il mio computer fa i capricci... insomma, vi prego di perdonarmi ç_ç
In questo capitolo veniamo a conoscenza di moooolte cose! Prima di tutto un nuovo potere nascosto di Alice: la persuasione, dovuta sopratutto alla Furia (sarà un potere molto utile più avanti). Seconda cosa: finalmente la nostra protagonista torna su Asgard e riesce a scoprire dove viene tenuto Loki: qui c'è molto di cui discutere. Il luogo in questione viene direttamente dalla cosmologia norrena, che significa letteralmente inferno delle nebbie. Tutto ciò che verrà scritto in questa storia però, è frutto della mia mente, perciò non ha nessun collegamento veritiero con la mitologia. In pratica ho soltanto preso il nome e ci ho costruito intorno le vicende.
Ringrazio come sempre
Aletheia229 cullen96 kagome50 Nemesis_Kali Skylar87 SweetSmile veronika87 _Lucrezia97_ alicetta96 Eruanne Flam92 Lady of the sea Mayaserana per aver messo la storia in una delle tre categorie :) Inoltre vi invito a lasciare una recensione per farmi sapere se la storia vi piace :)
A presto, Artemis Black

vi lascio il link della mia pagina facebook per qualsiasi cosa :)
http://www.facebook.com/ArtemisBlackEfp

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Chapter 4: Un nuovo amico. ***


Un nuovo amico.

 
Don't want to let you down but I am hell bound,
Though this is all for you, don't want to hide the truth,
No matter what we breed we still are made of greed.
This is my kingdom come!

They say it's what you make, I say it's up to fate.
It's woven in my soul, I need to let you go.
Your eyes, they shine so bright, I want to save their light,
I can't escape this now, unless you show me how.

When you feel my heat, look into my eyes
It's where my demons hide. Don't get too close, it's dark inside: it's where my demons hide.


Avevo perso la cognizione del tempo stando china sui libri, facendo ogni tipo di ricerca sulla terra delle nebbie. Più di una volta una serva era venuta a portarmi del cibo per rifocillarmi, ma toccai a malapena qualcosa. Era passato un giorno intero da quando ero in biblioteca e me ne accorsi solo quando un raggio di sole mi colpì il viso. Mi alzai per andare a chiudere la finestra di vetro colorato, quando rimasi affascinata dal paesaggio: l'alba inondava Asgard, facendo brillare i palazzi dorati.
Il mio sguardo cadde all'entrata del Bifrost, dove un gruppo di persone era appena uscito. Anche essendo molto lontana, riuscivo a vedere che non indossavano alcuna armatura, neanche quella delle guardie del palazzo.
Ridussi gli occhi a due fessure, finché non mi parve di riconoscere una chioma bionda in mezzo al gruppetto. Sgranai gli occhi e chiusi di scatto la finestra.
“Non può essere…” sussurrai, uscendo dalla biblioteca.
Percorsi velocemente alcuni corridoi fino a ritrovarmi sulla grande scala all'entrata. Odino era in fondo ad esse e di fronte a lui una figura possente era in ginocchio. Quando si alzò, riconobbi Thor e la sua espressione accigliata.
Ma la cosa che mi sorprese di piú, fu il suo compagno di viaggio: Clint era in piedi dietro a lui.
E nessuno dei due aveva una faccia contenta.
 
Poco dopo aver visto Thor e gli altri, mi ero recata nelle mie stanze per cambiarmi velocemente ed avevo trovato un vestito confezionatomi dalle sarte da parte della Regina. Era l’abito che avrei dovuto indossare nelle cerimonie importanti, soprattutto durante le udienze ufficiali e durante visite di cortesia di altri paesi. Erano un paio di pantaloni di pelle marrone con un corpetto dello stesso colore, solo rivestito di una maglia di ferro all'interno e un'altra maglia a maniche lunghe, che si intrecciava sul busto per poi lasciare uno spacco davanti e lasciare spazio alle gambe e a movimenti agili, mentre dietro proseguiva fino all'altezza dei polpacci. E per completare un bellissimo mantello, morbido e di un colore verde vivo. Due medaglioni di grandezza media e color argento, agganciavano il mantello al corpetto. Quando mi guardai allo specchio, vidi una guerriera pronta per la battaglia.
Eravamo nella sala del trono, aspettando che Odino si  sedesse e accogliesse l'udienza ufficiale del figlio. Erano tutti vestiti in alta uniforme, compresa me.
Ero in piedi sotto alla sinistra del trono, mentre Thor era al centro della sala, con dietro Clint che non smetteva di lanciarmi occhiate piene di collera.
Quando Odino entrò, tutti i presenti si inginocchiarono. All’udienza avevano preso parte solamente le guardie di Odino, Thor, me, Clint, Frigga e Heimdall.
“Accolgo la tua richiesta d’udienza, Thor.” Disse Odino prima di sedersi sul trono.
“Grazie padre.” Rispose Thor.
“Dimmi, perché hai richiesto la mia presenza?” disse il padre degli dei.
Thor prese un respiro e gonfiò il petto, poi guardò verso di me.
“Padre, chiedo che la principessa Alice ritorni a Midgard.” Disse.
“Cosa?” dissi sbalordita. Arrivare a chiederlo ufficialmente ad Odino era oltraggioso! Sapeva che se me lo avesse ordinato il padre degli dei, non avrei potuto ribellarmi.
Odino alzò una mano in segno di silenzio.
“Perché?” chiese poi.
“Per la sua incolumità… è a rischio padre e voi lo sapete.” Disse Thor.
“A rischio? Nessuno mi sta minacciando di morte!” dissi.
“Alice!” tuonò il dio.
Serrai i denti e i pugni, non potendo andare contro Odino.
“Padre, vi supplico.” Disse Thor.
“Thor, figlio mio, la questione è troppo grande. C’è di mezzo qualcosa di superiore che neanche io posso ostacolare.” Disse Odino.
Il dio del tuono corrucciò le sopracciglia.
“Non capisco, Padre.” disse confuso.
 “Il destino non può essere ostacolato.” Disse. Si alzò dal trono e scese alcuni scalini, poi si fermò e continuò a parlare.
“Quando ero caduto nel mio stesso sonno, le norne mi hanno fatto visita. Mi hanno detto cose che non posso rivelare, altrimenti cambierei il corso degli avvenimenti. Loki deve essere salvato da colei che lo ha amato nel momento del bisogno, da colei che padroneggia il fuoco e che manipola le menti per salvare quella del suo amato.” Fece una pausa e si voltò verso di me.
Abbassai gli occhi e tesi le orecchie, ascoltando il resto che aveva da dire il dio.
“Un’oscura minaccia incombe su Loki, la stessa che lo portò a combattere contro Midgard. Qualcuno che gli aveva dato il potere del Tesseract, adesso lo rivuole indietro.” Concluse.
Nella sala era piombato il silenzio più assoluto. Con il fiato sospeso fino a quel momento, riuscii finalmente a riprendere a respirare con regolarità.
“Alice deve salvare Loki. Riportare tutto all’equilibrio originario e sconfiggere questo nemico.” Disse Odino.
Si avvicinò al figlio e gli pose una mano sulla spalla.
“Capisci, figliolo?” disse con rammarico. Come se volesse che tutto ciò non accadesse.
Thor abbassò la testa e costernato, annuì con il capo.
“La sentenza è sciolta.” Disse infine Odino.
A quelle parole, mi inchinai velocemente al padre degli dei e uscii dalla sala.
Dapprima a passo svelto e poi correndo, raggiunsi le mie camere e lasciai che le lacrime rigassero il mio volto. Il carico sulle mie spalle si era aggravato, avevo così tante responsabilità e così tante chance di non farcela.
Premetti le testa sul cuscino dove era solito dormire Loki. Il suo odore impregnava ancora quel lembo di stoffa e piume. Inspirai avidamente e lo strinsi al mio petto, come se lui fosse lì con me.
“Un’ultima battaglia, un ultimo nemico da abbattere, poi saremo io e te.” Sussurrai.
 
Si era ormai fatta sera e le ultime luci del sole a stento riuscivano ad illuminare Asgard.
Chiesi ad una delle mie damigelle dove fossero Thor e l’ospite midgardiano, ovvero Clint, e mi disse che si trovavano nelle stanze private del principe. Raggiunsi la stanza dove solitamente Thor si riuniva con i suoi guerrieri, e li trovai tutte e due lì.
“Thor?” chiesi mentre aprivo la porta.
Era in piedi davanti al balcone e le tende rosso cremisi che gli svolazzavano attorno.
Dovetti toccargli una spalla per farlo distogliere dai suoi pensieri. Quando si accorse di me, il suo sguardo si indurì. Sapevo che quello che gli avevo fatto era stato deplorevole ed odiavo aver tradito la sua fiducia.
“Mi spiace per… per averti soggiogato.” Dissi con un filo di voce.
“Anche Loki fece lo stesso quando mio padre mi esiliò su Midgard.” Mi rispose.
“Lui ti aveva mentito…” ribattei.
“Avete entrambi tradito la mia fiducia.” Disse con tono sprezzante.
“Mi spiace Thor, davvero.” Gli dissi con un tono incrinato.
“Se vuoi andare a cercare Loki devi avere una mente lucida, calcolatrice e fredda. Non puoi farti prendere alla sprovvista e soprattutto non puoi agire assecondando i tuoi sentimenti e farti accecare dalla voglia di rivederlo.” Disse Thor.
“O-ok.” Risposi frastornata.
“Quello che hai fatto non è uno dei gesti più nobili, ma l’hai fatto per una nobile causa. Quindi comportati bene, così poi scriveranno canzoni sulla tua storia.” Disse infine, con un accenno di sorriso.
La porta dietro di noi si aprì ed entrò Clint.
“Proprio te cercavo.” Disse Clint avvicinandosi a me.
“Senti Clint, mi spiace non dovevo… io…” non finii la frase che mi ritrovai ad avere uno scontro corpo a corpo con lui. Era il suo modo, anzi il nostro, di risolvere le cose.
Quante volte avevamo fatto a botte sul ring della palestra dell’elivelivolo per pareggiare i conti, ed adesso non era da meno.
Thor ci guardava divertito, mentre si sedeva su un divanetto e assisteva alla scena. Con uno sgambetto Clint mi atterrò e fu così che alzai le mani in segno di resa.
“Va bene, scusa.” Dissi con il fiato corto.
Lui si alzò e mi tese una mano per aiutarmi a rimettermi in piedi.
“Non farlo mai più. Sono geloso delle mie cose.” Disse con un ghigno.
“Pace?” chiesi.
“E pace sia.” Disse esausto.
“Che ne dite, brindiamo?” disse Thor alzando un calice di birra.
 
Dopo aver chiarito la situazione con i ragazzi, mi rintanai nella biblioteca per finire i miei studi. Trovai una mappa molto antica e delicata in un vecchio libro e per non rischiare di rovinarla, la ricopiai su un altro foglio. Il viaggio sarebbe durato all’incirca 4 giorni, secondo i miei calcoli,  grazie ai portali magici che ci avrebbero permesso di attraverso mondi più velocemente.
Mi strofinai gli occhi ed andai a prendere un’altra candela per fare più luce. Quando mi accostai al tavolino dove erano tenute le candele, mi accorsi che c’era una parte della biblioteca tenuta sotto chiave. Un’ala era chiusa con porte di vetro spesso e colorate d’oro e un lucchetto, con delle iniziali stampate sopra –H.S.B.-, le chiudeva. Provai a guardare dentro, ma non riuscii a vedere nulla. Cercai di andarmene, ma la curiosità era tanta. Forzai il lucchetto con dell’energia e lo spezzai. Aprii le porte e un’aria gelida e stantia mi colse all’improvviso. C’era puzza di muffa e il buio regnava sovrano. Decisi di far luce con una fiamma sulla mia mano, perché risplendeva di più di una misera candela: era una specie di galleria non troppo grande e grandi tomi riempivano le librerie che sembravano cedere da un momento ad un altro. Era tutto ricoperto da un leggero strato di polvere e dalle ragnatele. Le librerie erano tutte siglate con l’antica lingua, che ancora faticavo a capire. C’era uno scaffale siglato Vind, che stava a significare vento, un altro era intitolato Vann, che stava a significare l’acqua, poi c’erano Jord e Illusjon, terra e illusione, Shapeshifter e Healing, mutaforma e guarigione… poi uno scaffale attirò la mia attenzione: Brann, che significava fuoco.
Quando presi un libro da quello scaffale, capii che quella era la sezione dove spesso Loki si rifugiava e dove prendeva i suoi libri di magia. Un sorriso si fece strada sulle mie labbra e cominciai a prendere qualche tomo da studiare: magari, qualche magia mi sarebbe stata utile durante il viaggio.
Presi tre candele e le accesi, poi appoggiai i libri sull’enorme scrivania e cominciai a sfogliarne uno ad uno. Ero scritti in lingua antica, perciò mi servì l’ausilio di un vecchio vocabolario, ma tra le pagine dei libri c’erano spesso degli appunti e delle traduzioni fatte forse da Loki. Fu in un libro di guarigione, che trovai un bellissimo disegno: ritraeva una ragazza seduta in riva ad un lago che raccoglieva fiori, mentre alcuni cerbiatti le si avvicinavano. Era girata di profilo, ma quei lineamenti li potevo riconoscere ad occhi chiusi… perché erano i miei. In basso a sinistra c’era una piccolissima scritta: “Min søte Alice, Loki.”.
A quelle parole, trattenni a stento le lacrime e capii cosa Thor intendesse quando mi disse che Loki aveva ripreso a disegnare.
Ce n’era anche un altro, che mi ritraeva mentre scoccavo una freccia nel cielo stellato.
Erano entrambi disegni stupendi e pieni di particolari che risaltavano il paesaggio e lo facevano sembrare così reale. Li piegai e me li misi in tasca, proseguendo poi con gli studi.
Andai avanti fino al mattino seguente e solo quando fu l’ora di mangiare, chiusi tutto e riposi i tomi negli scaffali. Prima di andarmene, notai una libreria chiusa a chiave e con la targhetta appannata dalla polvere. La pulii e lessi la scritta: Mørk Magi.
“Alice!” in quel momento mi sentii chiamare e corsi fuori dalla galleria, richiudendo le porte di vetro e raggiungendo la voce che mi reclamava.
“Alice! Sei stata qui tutta la notte?” mi chiese Frigga.
“Ehm si, volevo dare uno sguardo ad altri libri.” Dissi.
“E’ pronto da mangiare, su andiamo.” Disse “e dopo andrai a riposare, altrimenti ti ammalerai stando qui tra muffa e polvere.” Disse sorridendomi.
Era stato allestito un grande banchetto che ospitava, oltre alla nostra famiglia reale e Clint, anche i tre guerrieri e lady Sif. Fu servito cibo in abbondanza e le risate di Thor e Volstagg riecheggiavano nella sala. L’atmosfera era serena, ma si vedeva che era in qualche modo forzata: Clint sempre serio e Thor che rideva più per isteria mentre Odino era stranamente silenzioso. Per non parlare di me: ero assorta nei miei pensieri e non facevo caso agli altri, avevo tutt’altro per la testa.
Quando finalmente potemmo alzarci da tavola, Clint mi accompagnò alle mie stanze perché ero veramente molto stanca. Appena poggiai la testa sul cuscino, crollai per il sonno.

Era buio.
Una leggera foschia grigia mi appannava gli occhi e ovattava i suoni intorno a me.
Un grido.
Poi un altro. E un altro ancora.
Era straziante, doloroso e così acuto da far male alle orecchie. Era agonizzante anche per chi lo udiva. Cominciai a muovermi in quell’oscurità agghiacciante, che sembrava impregnasse i vestiti e ti entrasse nelle ossa. La nebbia cominciò a diradarsi e un altro urlo squarciò il silenzio.
Questa volta fu seguita da una risata… una risata malefica e pazza.
A poi apparve dal nulla: aveva le mani incatenate, i vestiti strappati ed enormi bruciature sul petto. Gridava per il dolore, gridava per non sentire il dolore.
Cercavo di avvicinarmi a lui, di togliergli le catene e lenire le sue ferite, ma qualcosa mi teneva bloccata. Qualcosa mi impediva di muovermi e mi faceva assistere a quello spettacolo macabro.
Loki continuava ad urlare ed urlare, mentre qualcosa di giallastro gli cadeva sul petto corrodendogli la pelle. Poi due occhi viola si stagliarono dietro di lui e sorrisero. Lo guardavano mentre agonizzava sotto di loro e godevano nel vederlo soffrire.
Poi si mossero di scatto e fissarono me. Una risata echeggiò nel buio e qui due occhi si avvicinarono sempre di più. Sotto di essi cominciò ad apparire una figura alta, possente. Era una figura scura, che abbracciava il male e se ne vestiva.
Il cuore mi salì in gola, lo sentivo avvicinarsi e toccarmi. Sentii le sue mani sulla mia gola e il fiato cominciò a mancarmi. Volevo dimenarmi, togliermi quelle sue mani sudicie da dosso, ma il mio corpo non rispondeva.
Riuscii soltanto a gridare fino a farmi bruciare la gola.
 
“Alice! Alice!” sentii Clint urlarmi contro e scuotermi.
Mi sentivo soffocare, i miei polmoni dolevano e la mia gola bruciava. Clint mi fece alzare e mettere seduta e piano piano ricominciai a riprendere possesso di me stessa. Boccheggiai fino a respirare affannosamente.
La mia fronte era imperlata di sudore, così come il cuscino. Le mie grida avevano attirato la mia damigella che era subito corsa a chiedere aiuto, incontrando Clint per i corridoi.
Dopo poco vidi Thor irrompere nella stanza e correre verso il mio letto.
“Alice, ehi… stai bene?” mi chiese visibilmente preoccupato.
Non riuscii a parlare.
Clint mi asciugò la fronte e mi riappoggiò delicatamente sul letto.
“Era solo un incubo. Stai tranquilla.” Mi disse.
Annuii con la testa e richiusi gli occhi.
“Che è successo?” chiese Thor, sedendosi dall’altra parte del letto.
“Ha cominciato ad urlare e a dimenarsi nel letto mentre dormiva.” Gli disse Clint.
“Cerca di riposare adesso.” Mi disse.
Come potevo anche solo pensare a dormire dopo quello che avevo visto? Non potevo e basta. Riaprii gli occhi e con la bocca impastata dissi a Clint di stare bene.
“Voglio solo farmi un bagno caldo.” Dissi.
“Ti chiamo le ancelle.” Mi sorrise Thor.
Dopo che i due uomini se ne furono andati, rimasi nella mia stanza a guardare le ancelle che trafficavano nel bagno e riempivano la vasca da bagno di marmo con acqua bollente. Un delle ragazze era particolarmente magra e per poco non fece rovesciare un tizzone pieno d’acqua. Vidi tutto a rallentatore: la ragazza che inciampava e faceva rovesciare il secchio sul pavimento, le altre ancelle che si girarono e la guardarono sbalordite.
“Ferme.” Dissi “uscite… ci penso io.”
Le ragazze spaventate se ne andarono correndo. Non volevo spaventarle, volevo solo che mi lasciassero da sola.
L’acqua si era rovesciata su gran parte del pavimento, bagnando alcuni tappeti.
Fissai l’acqua e pronunciai due parole nella lingua antica. Vidi l’acqua ritirarsi, ritornare nel secchio e lasciar il tutto intatto:  i tappeti asciutti e il pavimento pulito.
Un leggero sorriso comparve sulle mie labbra, poi presi il secchio e lo svuotai nella vasca.
 
Arrow correva veloce, era una scheggia nera in quella foresta verde. Lo spronavo al massimo mentre con l’arco in mano scoccavo frecce contro quello che ormai rimaneva dei miei bersagli. Molti erano caduti dagli alberi, altri erano marciti e altri ancora scomparsi.
Un goccia di sudore strisciò dalla mia fronte fino al mio incavo del collo. Mi ero volontariamente persa nella foresta, nel tentativo di distrarre i miei pensieri da quella specie di incubo-visione.
Correvo, sentivo le foglie degli alberi strusciarsi addosso ai miei abiti, i rami che laceravano le vesti e i muscoli di Arrow contrarsi ad ogni passo.
Ultima freccia.
Frenai il cavallo e la presi dalla faretra.
Trattenni il fiato, incoccai la freccia e mirai un piccolo coniglio vicino ad un rivolo.
Mirai alla testa, poi al collo… ed infine lanciai la freccia.
Il coniglio scappò velocemente, mentre il puma che gli era dietro si spaventò e mi ringhiò contro.
Arrow si irrigidì, cominciando a fare qualche passo indietro. Il puma ringhiò ancora e sferrò una zampata in aria. Il cavallo si imbizzarrì, ma con una semplice parola lo tranquillizzai.
Smontai da Arrow e lasciai l’arco sulla sella. Il puma mi guardò con occhi feroci, si abbassò fino a strusciare con la pancia per terra. I suoi muscoli erano pronti ad attaccare.
Con un guizzo balzò al mio fianco e mi soffiò.
“Fermo!” tuonai in lingua antica.
Il felino si immobilizzò, i suoi occhi si placarono così come i suoi ruggiti.
“Deg nærmere.” Avvicinati, dissi.
Il felino abbassò la schiena, mi guardò con diffidenza e mi soffiò contro.
“Stoler på.” Fidati, aggiunsi.
Il puma avvicinò il suo muso alla mia mano, la annusò  e poi ci poggiò la sua testa.
“Bravo cucciolo.” Dissi con un accenno di sorriso.
Mi inginocchiai e cominciai ad accarezzarlo sulla schiena e sulle orecchie. Mi miagolò come un piccolo gattino, per poi stendersi atterra e poggiare la testa sulle mie ginocchia.
“Vuoi venire con me?” gli chiesi nella lingua antica.
Ricevetti un miagolio come risposta.
“Lo prendo per un… si.” Dissi.
“Andiamo, è meglio tornare a palazzo.” Aggiunsi.
Montai a cavallo e dissi al puma di seguirmi.
Era molto veloce e quasi riusciva a tenere testa ad Arrow, spiccava balzi incredibili ed era molto agile. Mi fermai vedendo che ero capitata sul sentiero che portava al piccolo lago dorato.
Girai e raggiunsi il bacino velocemente.
I raggi del sole, che filtravano attraverso i spessi rami e il folto fogliame della foresta, illuminavano il lago d’oro, da qui il suo nome appunto. Smontai da Arrow e gli permisi di abbeverarsi, mentre io mi sedetti sull’erba fresca e piena di fiori.
Il puma, dapprima schivo, si avvicinò lentamente a me e mi si sdraiò affianco.
“Quando ero piccola, desideravo tanto un gattino…” dissi, ripensando alla mia infanzia ironicamente.
Il pelo ero morbido, un po’ sporco, ma brillante e gli occhi erano incredibilmente vispi.
La sua curiosità lo portava a girare la testa freneticamente, quasi a voler catturare ogni singola cosa che lo circondava. Fu attratto da una farfalla azzurra, che gli si posò sul naso e poi volò via.
“Ti chiamerò Vaken.” Dissi accarezzandogli un’orecchia.
-Bel nome, se non fosse per il significato scontato.- disse la Furia.
Roteai gli occhi e sbuffai.
“Vattene.” Dissi.
-E perché?- disse stendendosi sul prato.
“La tua presenza mi irrita.” Affermai.
-E’ così morbida quest’erba…- rispose.
La ignorai e mi alzai. Ormai aveva rotto quel momento di pace e tranquillità.
-Allora quando si parte in viaggio?- mi chiese, apparendo al mio fianco mentre riportavo Arrow fuori dall’acqua.
Non gli risposi.
-Come siamo suscettibili.- sibilò.
“Smettila.” Risposi alterandomi.
Sentii dei zoccoli calpestare l’erba e una figura poderosa apparve sul sentiero.
“Alice!” urlò Thor.
“Ecco dove ti eri cacciata.” Disse affiancandosi al mio cavallo.
Subito dopo vidi Clint avvicinarsi su un bellissimo puledro bianco latte con la criniera nera.
“Odio questi animali quadrupedi. Li preferisco quando sono dentro ad un motore.” Sbuffò.
Mi scappò una risata.
“Con chi parlavi?” mi chiese Thor.
“Oh, con nessuno.” Risposi mentre sistemavo la sella.
“Sei brava con l’arco…” disse Clint.
“Ma non quanto te.” Gli risposi.
“Lo so.” Disse sicuro di se. La modestia alcune volte abbandonava il suo io.
“Quando hai intenzione di partire?” disse di colpo Clint.
Montai in sella ad Arrow e richiamai Vaken. Quando Thor lo vide, pensò che mi stesse attaccando.
“No, lui è Vaken. Sta con me.” Dissi, proteggendolo dietro di me.
Il dio biondo rilassò i nervi e si mise in marcia per tornare a palazzo.
“Domani.” Risposi.
“Domani mattina partiremo.” Conclusi.
Clint annuì serio e si accodò a Thor.
______________________________________________________
Buonasera ed eccomi con un nuovo capitolo, alquanto  sofferto poichè non riuscivo a collegare quest'ultimo lasso di tempo ad Asgard all'inizio del viaggio.
Comunque ce l'ho fatta! Almeno spero... non so, non mi convince del tutto...
Le norne di cui parla Odino, "tessono  l'arazzo del destino. La vita di ogni persona è una corda nel loro telaio e la lunghezza della corda è la lunghezza della vita dell'individuo. Poiché tutto è preordinato nel complesso universo norreno, anche le divinità hanno i loro fili nel telaio, benché le norne non permettano loro di vederli." (preso da wiki)
La "lingua antica" che ho usato per nomenclare le librerie, sarebbe il norvegese (gentilmente aiutata da google traduttore).
"Min søte Alice, Loki" significa "Mia dolce Alice.", mente "Mørk Magi" sta per "Magia oscura".
Adesso la nostra Alice comincia a padroneggiare un pochino di magia, oltre ad avere il potere del fuoco-energia e della persuasione. Grazie alla magia, Alice può "parlare" con gli animali ed è grazie a ciò che prende con se Vaken, il puma. (Arrow è il cavallo di Alice, apparso per la prima volta in Each word get lost in the echo)
La citazione iniziale è tratta da Demons degli Imagine Dragons.
Okay, credo di aver detto tutto!
Ringrazio
Aletheia229 cullen96 kagome50 Nemesis_Kali Skylar87 SweetSmile veronika87 _Lucrezia97_ alicetta96 Eruanne Flam92 Lady of the sea Mayaserana Soraya Ghilen per aver messo la storia in una delle tre categorie :)
Un enorme abbraccio lo do a Eruanne , che ha sempre seguito questa serie fin dall'inizio ed ha sopportato tutte le mie sclerate (?) in ogni storia :3
Ditemi che ne pensate di questo capitolo, perchè sono veramente preoccupata di aver combinato un'idiozia,  lasciando una recensione :)
A presto,
Artemis Black


vi lascio il link della mia pagina facebook per qualsiasi cosa :) http://www.facebook.com/ArtemisBlackEfp

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Chapter 5: the begin of the end. ***


Image and video hosting by TinyPic
The begin of the end 


“Provviste prese, cavalli sellati, armi pronte, mappe prese… possiamo partire.” Disse Clint.
“Dobbiamo aspettare Alice.” Intervenne Thor.
“Giusto… ma dov’è?” chiese.
“Ha detto che sarebbe arrivata.” Rispose il biondo.
“Dobbiamo portarci anche il gattone?” Clint guardò Vaken, che gli soffiò contro.
“A quanto pare… sarà la mascotte.” Alzò le braccia il dio del tuono.
Clint saltò sopra un cavallo e prese le redini. Ricordò che l’unica volta che aveva montato uno di quei quadrupedi era stato da bambino, buffo che gli sarebbe stato utile negli anni poi.
“Non è strano che un puma si lasci ammansire così velocemente?” si stupì l’arciere.
“In effetti si… ma con la lingua antica, è più facile. Gli animali capiscono quello che gli diciamo usando l’antico idioma. È così che mio padre parla a Sleipnir, il cavallo ad otto zampe.” Rispose Thor.
“Otto?! Ma che razza… Aaah lascia stare, il vostro mondo è totalmente diverso dal nostro.” Disse Clint, chiudendo il discorso.
Thor scoppiò a ridere.
“È stessa cosa vale per me, umano.” Aggiunse.
 
Un’ultima veloce occhiata a dei libri e sarei partita con Thor e Clint in viaggio per salvare Loki.
Rilessi alcuni incantesimi di guarigione per fissarli meglio a mente, poi riposi i libri sugli scaffali ed uscii dalla libreria.
Fuori, sul retro del palazzo, si era radunato un gruppo di persone per salutarci in vista della partenza. Erano presenti i 4 guerrieri, Odino, Frigga ed Heimdall ed alcuni servi.
I cavalli erano tutti sellati, pronti a partire ed anche Vaken era impaziente di andarsene da quel posto così chiassoso per lui.
Odino e Frigga ci diedero la loro benedizione e poi, finalmente, partimmo.
Montai in sella ad Arrow e così fecero anche Thor e Clint sui rispettivi cavalli. Ci addentrammo nella grande foresta di Asgard, dove si vociferava che ci fosse il passaggio da cui i giganti di ghiaccio una volta entrarono indisturbati nella città.
Con quel portale, potevamo superare il pianeta Terra, Midgard, e ritrovarci a metà dell’albero cosmico, ovvero nella Terra Centrale. Da li saremmo scesi ai piedi del grande albero e poi ci saremmo diretti verso Niflheimr, dove Loki veniva tenuto prigioniero.
“Una volta arrivati nella Terra Centrale, come faremo a scendere?” chiese Clint, mentre proseguivamo a camminare.
“C’è un altro portale, più difficile da trovare.” Risposi.
“E come faremo a trovarlo?” mi chiese Thor perplesso.
“Chiederemo in giro…” risposi alzando le spalle.
“Come chiederemo in giro?!” si stupì Clint.
“Tranquilli, ho tutto sotto controllo.” Risposi.
Arrivammo in un punto in cui i rami degli alberi erano così fitti e bassi, che dovemmo scendere dai cavalli e proseguire a piedi, tenendoli per le briglie. La foresta si faceva sempre più cupa e secca. Fino a che non ci ritrovammo in una piccola radura, dove una cascata si gettava a capo fitto in un piccolo laghetto.
“Siamo arrivati?” chiese Thor.
Annuii con la testa e cominciai a cercare una porta di pietra con delle rune incise sopra.
“Dietro alla cascata c’è una grotta!” mi disse Clint.
Attraversammo il piccolo laghetto a cavallo e passammo sotto la cascata. Dietro di essa si ergeva una grotta imponente, ricoperta di licheni azzurri e rossastri che conducevano ad una porta di pietra gigantesca. Mollai le redini del cavallo e mi accostai alla pietra: varie rune erano impresse sopra, alcune addirittura molto antiche e illeggibili. Ne accarezzai la superficie e lessi a voce alta cioè che c’era scritto: “Tu, viaggiatore di mondi, che porti nel cuore infiniti bagagli; rosso vermiglio è il tuo biglietto, per andare e venire, e la tua mente arricchire.”
Rilessi a mente un’altra volta la frase e la soluzione mi piombò davanti.
“Sangue!” dissi.
“Cosa?” chiese Clint.
Corsi a prendere un’accetta dalla sacca posizionata su Arrow e mi tagliai il palmo della mano.
“Ma che fai?” mi chiese esasperato Clint.
“Il nostro biglietto è rosso vermiglio, ovvero il sangue. Fatevi un piccolo taglietto sulla mano e posizionatela qui, sopra la pietra.” Gli dissi.
Fecero quello che gli dissi, anche se in modo riluttante ed infine prememmo le nostre mani sulla ruvida parete.
Le rune si illuminarono d’oro, la porta scricchiolò, fino a spostarsi e aprire il passaggio.
Il nostro viaggio era finalmente iniziato.
Sentii Clint sospirare e rivolgermi un ampio sorriso, mentre Thor parve preoccupato. Fasciai la mano ferita con uno straccio pulito e così fecero gli altri.
“C’è qualcosa che non và, Thor?” gli chiesi.
“No… è solo che stiamo per attraversare mondi narrati in antiche leggende e ballate, che io non ho mai visto.” Disse.
“Neanche io so cosa ci attenderà, ma se resteremo uniti, niente potrà farci paura.” Gli dissi, poggiando una mano sulla sua robusta spalla.
Dietro di me Clint annuii verso il dio biondo.
“Allora, che stiamo aspettando?” disse, con un sorriso compiaciuto.
Montammo in sella ai cavalli e superammo la porta.
Ci ritrovammo in un’altra grotta, più piccola e meno pretenziosa della prima. La roccia era grigio-verde e non c’erano licheni a ricoprirla, bensì piccoli cespugli giallastri. In fondo, si scorgeva l’uscita illuminata.
Spronai il cavallo ad andare oltre e dopo che l’ultimo di noi attraversò la porta, quella si richiuse con un tonfo sordo. Una volta giunti all’uscita, un sole abbagliante illuminava un’immensa prateria verde acido, che si estendeva per miglia fino a concludersi in una foresta ad ovest e nord, mentre a sud continuava la sua distesa. A est invece, lasciava posto ad una sterpaglia grigia e spenta.
“La cittadina più vicina si trova a nord, dovremmo addentrarci nella foresta.” Dissi, indicando il punto esatto sulla mappa.
Ci mettemmo in marcia e quando arrivammo ai piedi della boscaglia, ebbi un presentimento non molto buono. La foresta era piena di vita: farfalle colorate si posavano su altrettanti fiori sgargianti e dalle forme più strane, piccoli animali simili a scoiattoli si arrampicavano sopra gli alberi e infine un Krypende, animale simile al cerbiatto ma con il manto scuro e chiazze bluastre, ci tagliò la strada.
Gli alberi erano grandi e maestosi, con grandi foglie verdi e rami lunghi e sinuosi. Su di essi spesso crescevano cespugli pieni di bacche viola o fiori blu.
“Non mangiare quelle bacche, sono velenose!” dissi a Thor appena in tempo. Leggere i libri di botanica mi era tornato utile.
Continuammo a camminare per ore, finchè il crepuscolo scese silenzioso, insinuandosi tra le fronde degli alberi.
Ci accampammo vicino ad un ruscello e accendemmo un fuoco. Per cena, Clint catturò due lepri mentre io raccolsi qualche bacca e Thor badava ai cavalli.
Cenammo in silenzio e poi ognuno si ritirò nel proprio giaciglio.
Non avevo mai dormito all’aria aperta e lo spettacolo che si presentava davanti ai miei occhi era da mozzare il fiato: le stelle sembravano tante piccole luci ammassate su una parete blu scuro e brillavano fiere nel cielo. Della luna non c’era traccia, ma ci pensavano loro a illuminare una notte così buia e fredda.
“Non riesci a dormire?” mi chiese Clint, stropicciandosi gli occhi.
“No. Non ho sonno.” Risposi, senza distogliere lo sguardo dal cielo.
“Notti come queste sono difficili da trovare a New York… l’unica volta che ho visto un cielo simile, ero in Russia sui Monti Caucasici mentre tendevo una trappola a dei trafficanti di armi illecite.” Mi disse sghignazzando.
“Lì eri in missione, ma qui sei un semplice viaggiatore…” dissi, volgendogli lo sguardo.
Ci guardammo per un istante negli occhi, scrutandoci a vicenda.
“Perché sei venuto?” gli chiesi. Era una domanda che troppe volte avevo rimandato.
Prese un grande sospirò e girò la testa, mirando il blu del cielo.
“Perché sei mia amica, non ti avrei mai lasciato andare da sola.” Disse.
“E Natasha? Anche lei è mia amica, ma non è qui…” dissi, abbassando gli occhi.
“Lei è… spaventata da tutto ciò, Alice. Non è come te, o come me che riesco a prendere per il verso giusto il fatto che siamo su un altro pianeta collocato su un albero gigantesco chiamato Yggdrasil, su cui sono poggiati tutti i mondi! Fino a poco tempo fa credevo agli alieni verdi con gli occhi grandi, poi scopro che hanno le nostre stesse fattezze, che non vivono su Marte e sono delle leggende. Non è facile da accettare tutto ciò. È come se tutto quello in cui credevi ti crollasse addosso, scoprendo cosa c’è veramente.” Si sfogò Clint.
Quello che diceva era tutto vero, eppure ai miei occhi non sembrava così drammatico e apocalittico. Avevo accettato il cambiamento, ne avevo fatto il mio pane quotidiano per poi trasferirmi in un altro pianeta con la persona che più amavo.
Ai miei occhi, tutto sembrava quasi normale, come se mi aspettassi che il mondo non era solo quello che ci facevano vedere alla tv.
“Hai ragione…” dissi, rammaricandomi.
“E poi perché è sopraggiunto un problema tecnico.” Ammise.
“Problema?” mi preoccupai.
“Non un problema serio… uno di quei problemi che dovrebbero renderti felice, ma in questo momento non so come prenderla.” Disse.
Capii al volo a cosa alludeva ed un sorriso si fece largo sulle mie labbra.
“È incinta.” Sussurrai.
Lui si girò verso di me, poggiando un gomito a terra e trasformando la sua espressione seria, in una più dolce e intimidita.
Nei suoi occhi brillava una luce nuova, mai vista prima d’ora. Era qualcosa che prendeva energia direttamente dal cuore, dall’anima e ne mostrava una piccola parte attraverso lo sguardo.
“Diventerò padre…” disse.
Sorridemmo entrambi, ma qualcosa dentro di me assaporava l’amarezza di quel momento di cui io non avrei mai potuto godere.
Poi entrambi ci sdraiammo a terra e cademmo nelle braccia di Morfeo.
 
“Bisogna proseguire verso est, una mezz’oretta e dovremmo essere arrivati!” dissi a Thor e a Clint.
Era tutta la mattina che viaggiavamo, ci eravamo fermati solo per consentire ai cavalli un po’ di riposo.
Poi il paesaggio cambiò: la foresta, ad un certo punto, parve scurirsi e diventare sempre più aspra. Alcuni alberi erano bruciati, la terra era polverosa e non c’erano animali nei paraggi.
Finchè l’orrore non ci si presentò davanti: il villaggio era completamente raso al suolo, solo alcune case erano rimaste in piedi, anche se all’interno erano state logorate dal fuoco. L’aria era pesante, un leggera nebbiolina copriva il cielo e oscurava il sole, facendo passare poca luce.
“Cosa è successo qui?” chiese retoricamente Thor.
“Sembra che qualcuno abbia appiccato un incendio…” disse Clint, esaminando la terra.
No, non poteva essere.
“Dobbiamo cercare qualche abitante!” dissi “Dividiamoci: io proseguo verso nord, voi andate a est e a ovest, ci rivediamo qui tra mezz’ora circa.” Conclusi, poi spronai Arrow ad andare avanti.
Le case erano tutte quasi completamente distrutte e non c’era traccia di un essere vivente.
 
 
Thor tornò indietro dopo neanche un quarto d’ora, poiché il villaggio non era molto grande ed era praticamente tutto distrutto. Dopo poco anche Clint tornò nel punto in cui si erano lasciati.
“Trovato qualcosa?” gli chiese, riponendo l’arco nella faretra.
“Niente. Il fuoco ha lasciato dietro di se solo detriti e cenere…” rispose il dio del tuono amareggiato.
“Beh, aspettiamo Alice o andiamo verso di lei?” chiese infine Clint.
Non appena finì di parlare un ruggito profondo fece tremare la terra. I due si guardarono e poi corsero nella direzione della ragazza.
 
Era piombato dal cielo con maestosità e fierezza, ma nei suoi occhi albergavano malvagità e distruzione. Occhi rossi come il fuoco che fuoriusciva dalle sue fauci. Rossi come i miei… Qualcosa mi attraeva e mi metteva in guardia allo stesso tempo nei confronti di quella bestia.
Ma non era il momento di pensare, ma di agire. Mi spostai appena in tempo, prima che la sua coda si abbattesse su di me. Poi aprii le sue fauci e una folata di fuoco mi investì in pieno.
__________________________________________

Buon pomeriggio!
Avete il permeso di picchiarmi per l'enorme ritardo nell'aggiornare! 
In questo capitolo la storia comincia a prendere piede e il viaggio comincia a tutti gli effetti! Ma mica pensavate che sarebbe andato liscio come l'olio?!
Vabbè, non dico altro, altrimenti comincio a spoilerare xD 
Che ne pensate del banner? :3

ringrazio immensamente le persone che hanno messo la storia tra le categorie: 
Aletheia229 natalie_80 Nemesis_Kali Skylar87 SweetSmile cullen96 veronika87 _Lucrezia97_ alicetta96  Eruanne fan_harry_potter_twilight Flam92 Lady of the sea Mayaserana Soraya Ghilen yuuki_love :D
Vi invito a lasciare una recensione se volete e fatemi sapere se vi è piaciuto :)
A presto, 
Artemis Black

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Chapter 6: Black Dragon. ***


Image and video hosting by TinyPic

Chapter 6: Black Dragon.


“Alice!” tuonò il potente dio del fulmine.
“Per tutti i bulbi oculari…” Clint rimase impietrito di fronte alla figura di quell’animale così disumano.
Era alto quanto un palazzo di tre piani, robusto e le ali erano possenti ed enormi. Le scaglie nere come la pece ricoprivano il dorso e le zampe, mentre il ventre era di un colore più chiaro come la nebbia mattutina. Artigli forti e ricurvi erano posti alla fine delle sue zampe e delle corna spaventosamente lunghe ed affusolate si estendevano sopra la sua testa lunga e robusta. Le fauci spalancate mostravano i denti acuminati e taglienti, mentre dalle narici fuoriusciva del fumo. Gli occhi erano la parte più terrificante: due rubini rosso fuoco completavano la sua figura dannatamente bella.
Clint scosse la testa e cercò di rimanere lucido, mentre con lo sguardo cercava Alice. La trovò ai piedi del drago, mentre tentava di rialzarsi. I vestiti erano bruciati e la sua pelle era annerita dal fumo.
“Alice, non ti muovere!” gli urlò.
 
Sbattei più volte gli occhi e mi resi conto che Thor e Clint mi avevano trovata.
“State indietro!” gli urlai. Il fuoco non mi aveva ferito ovviamente, ma se il drago avesse attaccato loro, sarebbero potuti morire.
Alzai la testa e mi ritrovai il muso del drago a pochi palmi dal naso. Mi ruggì contro e tentò di schiacciarmi con una zampa. Scartai velocemente di lato ed evitai il colpo. Poi mi rialzai in piedi e in un secondo creai una sfera di energia e fuoco, gliela scagliai dritta sul muso. L’animale indietreggiò, poi tornò all’attacco.
“Un aiuto sarebbe comunque ben accetto!” urlai ai quei due che mi guardavano imbambolati.
Clint afferrò una freccia dalla faretra e studiò il corpo del drago per trovare il punto debole.
Thor Sollevò in alto il martello e lo caricò con la forza dei fulmini.
“Dritto al petto, Thor!” gli urlai, mentre schivavo un colpo.
Ma malauguratamente non vidi l’ala del drago, che mi batté in pieno e mi fece sbattere contro una parete rocciosa. Sentii un rivolo di sangue scendermi dalle tempie e bagnarmi le labbra, con quel suo sapore metallico. La testa mi doleva parecchio, ma decisi di ignorarla e mi alzai, con il risultato che caddi in avanti. Sentii la voce di Clint gridarmi qualcosa, ma non riuscii a capire nulla.
“Tenetelo occupato!” gli dissi con fatica.
Le mie energie erano al minimo e la botta alla testa non aiutava molto.
Un dragopensai, assurdo.
Sapevo a chi chiedere soccorso, anche se con riluttanza avrei voluto evitare.
-Ti serve il mio aiuto.- disse la Furia. Apparve al mio fianco, accarezzandomi la schiena e spostandomi i capelli dalle tempie.
“E sia…” dissi con un filo di voce. Era l’ora di liberare la mia bestia interiore.
Le sue dita accarezzarono la mia colonna vertebrale, instillando energia pura nel mio corpo già scosso da brividi di adrenalina. Inarcai la schiena e affondai le unghie nella terra. La mia mente fu azzerata da qualsiasi pensiero superfluo, l’unica cosa che contava adesso era la sopravvivenza.
Sentii il ruggito del drago e localizzai la sua posizione anche ad occhi chiusi. Mi alzai in piedi e mi preparai a combattere. Nei miei occhi ardeva il suo stesso fuoco, forse anche più potente perché quando li aprii, l’animale indietreggiò quasi spaventato. Ma il suo orgoglio gli fece gonfiare il petto, per poi dirigersi verso di me e spalancare le sue fauci.
Il calore mi investii, ma non mi fece alcun male: la bolla d’energia mi proteggeva da qualsiasi cosa e quando il drago ritrasse la mascella, gli scagliai una raffica di sfere d’energia.
Quello si ritrasse più volte, ringhiando e ruggendo.
Mi serviva un’arma per finirlo e sapevo dove trovarla. Pensai intensamente a ciò che dovevo prendere e riuscii per un attimo a fare breccia nelle barriere difensive sorrette dalla Furia.
Schivai alcuni colpi e strisciai sotto la pancia dell’animale. Vidi Vaken a poco distanza da me: si era rifugiato nella foresta ed era salito su di un albero.
“For sverdet!” urlai a Vaken. Quellotese le orecchie verso di me e poi sparì dall’albero. Nel frattempo sferravo colpi di fuoco alla pancia del drago, mentre Clint lo colpiva al collo con le frecce e Thor lo tempestava di martellate sul petto e sulle ali.
Mentre stavo schivando una zampa del mostro, vidi Vaken con in bocca una fodera nera lucida. La poggiò a terra, poi spaventato scappò via.
Con una capriola arrivai vicino alla fodera e la presi al volo. Sguainai la spada che c’era dentro, poi con un salto arrivai alla spalla del drago, infilzandolo per aiutarmi a salirgli in groppa.
I suoi lamenti riecheggiarono tutt’intorno a noi, facendo spaventare gli uccelli  che volarono via in massa dagli alberi.
“Clint!” ringhiai.
Il falco era sparito dalla mia vista e non riuscivo a localizzarlo: mi serviva il suo aiuto.
Qualcosa piombò alle mie spalle, sulla schiena del drago. Mi girai di scatto e lo vidi, con quella sua espressione perennemente seria.
“Mi hai chiamato?” disse sbuffando. Mi porse un mantello per coprirmi, visto che i miei vestiti erano stati quasi bruciati del tutto.
Il drago sotto di noi continuava a muoversi e a ringhiarci contro, mentre Thor lo teneva occupato.
“Devi trafiggerlo in quel punto: la dove le scaglie finiscono e inizia la pelle dura. Fallo quando lo dico io!” gli dissi con fatica.
La Furia non amava essere interrotta durante il suo turno nel mio corpo.
Persi l’equilibrio a causa di un movimento burrascoso dell’animale e caddi su una delle sue ali. Il drago mosse l’arto e cominciò a dibattersi per togliersi di mezzo gli intrusi sul suo corpo. Riuscii a scivolare via, rovinando a terra di schiena.
Il fiato mi mancò per un attimo e la schiena mi sembrò spezzarsi in due. Ma il drago stava per attaccarmi e se non fosse stato per Thor che mi prese appena in tempo, ci sarei rimasta secca.
“Tutto ok?” mi chiese.
Non risposi, mi alzai in piedi e scattai verso il drago, dimenticando il dolore che pervadeva il mio corpo.
Mi stagliai davanti al suo muso e cominciai a scagliargli contro valanghe di sfere di fuoco. Poiché il mio corpo cominciava a cedere, i colpi erano veramente deboli.
Quando il Drago ormai quasi privo di forze, si lanciò a bocca aperta su di me, attivai lo scudo d’energia. Gli bloccai la mandibola e puntai i piedi a terra per contrastare la sua forza.
Il drago spingeva con il corpo e tentava di serrare la bocca, senza riuscirci però.
“Ora!” urlai a Clint.
“Ora!” continuai.
Lo scudo si incrinò terribilmente: cominciava a spaccarsi. Se Clint non fosse intervenuto, io sarei stata inghiottita dalle fauci del mostro.
“Clint!” urlai a squarciagola.
L’urlò disperato del drago mi colpì in pieno e fece sbriciolare lo scudo.
I suoi denti erano a pochi centimetri da me, quando una figura possente mi trascinò via e il drago chiuse la bocca nell’aria. Un ultimo sbuffo dalle narici, poi la carcassa cadde al suolo.
Sbattei gli occhi più volte e riconobbi lo sguardo sollevato di Thor.
Poi le forze mi abbandonarono e tutto intorno a me divenne buio.
 
Il verde vestito che avevo indosso, era leggero e la brezza estiva lo faceva sventolare intorno a me come un velo.
I miei capelli erano raccolti in una morbida treccia e le mie mani stringevano forte l’elsa di una spada: la lama era nera come la notte, lunga ed affilata con su incise alcune rune, mentre l’elsa era affusolata e maneggevole. La guardia era lavorata a mano e rappresentava un serpente alato, inoltre era dello stesso colore della lama: nera come il carbone estratto dalla più remota miniera.
“Ti servirà.” Mi disse una voce esterna: era Odino.
“Perché?” chiesi.
“Non ti è dato sapere, Alice.” Continuò.
“Va bene sire.” Risposi intimorita.
“Maneggiala con cura: è una delle sacre spade che tengo custodite nell’armeria.” Disse “e vorrei poterla rimettere al suo posto un giorno.”
“La riporterò indietro intatta, mio re.” Risposi.
La feci mulinare in aria e provai qualche affondo. Poi la portai davanti a me, la lama rivolta alla mia fronte e l’impugnatura all’altezza del ventre.
“Salva mio figlio e riportalo a casa.” Disse con eco.
“Sarà fatto.” Risposi.
 
Aprii a fatica gli occhi e mi accorsi che era notte fonda, poiché le stelle brillavano alte in cielo.
Provai a guardarmi intorno, ma il mio corpo era un fascio di dolori.
“Ehi, ehi! Calma… devi rimanere sdraiata.” Mi disse Clint, poggiandomi una mano sulla spalla.
“La spada.” Sussurrai.
Lui si alzò e girò intorno al fuoco dove Thor stava arrostendo due lepri.
“Ben svegliata!” mi disse con un sorriso il dio del tuono.
Poggiai con forza i gomiti a terra e mi sollevai, cercando di ignorare il dolore alla schiena e alle braccia. Riuscii a mettermi seduta e solo allora notai i lividi che ricoprivano il mio corpo: erano per lo più violacei, ma molti erano già in via di guarigione.
“Dovevi rimanere sdraiata…” disse sbuffando Clint.
Mi posò la fodera sulle gambe. Sguainai la spada e ammirai la sua lucentezza: gli occhi del serpente sull’elsa erano verdi smeraldo e brillavano più che mai.
“L’hai pulita…” constatai, guardando la lama.
“Oltre all’arco so maneggiare diverse armi bianche per tua fortuna.” Mi rispose lui con un ghigno.
La riposi nella custodia e la poggiai accanto a me.
“Per quanto tempo sono rimasta svenuta?” chiesi.
“Per due giorni ed ora che tu metta qualcosa sotto i denti.” Disse Thor porgendomi una ciotola con del brodo.
La bevvi tutta d’un sorso per quanto ero affamata. Quando alzai gli occhi dalla ciotola, vidi che il braccio destro di Thor era segnato da un profondo taglio. Gli presi con delicatezza a mano e studiai la ferita.
“Non è niente, sto bene.” Disse ritraendosi.
“No, devi disinfettarla e curarla.” Dissi. Cercai di mettermi in piedi, ma le gambe erano quelle messe peggio e non riposero ai miei comandi. Fortuna che Clint mi prese per un braccio, prima che cadessi a terra.
Clint mi prese la borsa che era su Arrow e me la porse. Rovistai in cerca delle erbe mediche che mi ero portata dietro: le trovai, avvolte in un panno.
“Thor, siediti.” Gli dissi.
“Ma non c’è bisogno...” non finì la frase che si sedette accanto a me, dopo che lo ebbi fulminato con gli occhi.
Gli medicai la ferita e la fasciai con delle bende.
“Tu stai bene?” chiesi a Clint.
“Si. Ma ora riposa, che quella conciata male sei tu.” Mi disse ridendo.
Non potevo usare la mia energia curativa su di me perché ero troppo debole e non potevo neanche utilizzare qualche incantesimo. Così mi accovacciai a terra e mi coprii con un telo caldo.
L’indomani mattina già mi sentivo meglio.
Mi alzai in piedi, anche se la schiena faceva i capricci. Preparai la colazione mentre gli altri due ancora dormivano.
Vaken si accoccolò affianco a me, mentre cuocevo delle uova che mi ero portata dietro.
Poi ad un certo punto, lo vidi alzare le orecchie e tendere i sensi: era in allerta.
“Che succede?” gli chiesi preoccupata.
Mi guardai intorno e scrutai tra i cespugli e gli alberi che mi circondavano. Vidi una figura esile nascondersi dietro un tronco d’albero. Poi un’altra e un’altra ancora.
E quando scattai in piedi mi ritrovai circondata da uomini incappucciati con arco e freccia, pronti a colpirmi.
“Thor… Clint…” li svegliai, mentre alzavo lentamente le mani in segno di resa.
Quei due si alzarono, con le mani dietro la nuca, mentre vedevo la frustrazione e l’impotenza nei loro volti.
“Che volete?” gli urlò Thor.
Nessuno gli rispose. Poi uno degli incappucciati si rivolse a me, puntandomi un pugnale al petto.
“Sei stata tu a uccidere il drago?” mi chiese.
Eravamo nei guai.

_____________________________
Buongiorno!
Quando aggiorno dopo mesi e quando dopo un giorno xD
Per la vostra gioia (almeno spero) eccovi un altro capitolo scritto in neanche un giorno! Esatto, la storia sta prendendo vita e nella mia testolina ho già tutto chiaro e pianificato.
Qualcuno pensava che il mostro fosse un drago: esatto, complimenti! (non ci voleva per capirlo xD)
Spero vi sia piaciuto, fatemi sapere cosa ne pensate con una recensione (che mi farebbe comodo, per sapere come sto andando :S)

Ringrazio immensamente le persone che hanno messo la storia tra le categorie: Aletheia229 natalie_80 Nemesis_Kali Skylar87 SweetSmile cullen96 veronika87 _Lucrezia97_ alicetta96  Eruanne fan_harry_potter_twilight Flam92 Lady of the sea Mayaserana Soraya Ghilen yuuki_love :D
E vi lascio il link della mia pagina fb, per qualsiasi cosa Artemis Black efp

P.S: questo è il drago (immaginatelo nero e grigio però) http://gaius31duke.deviantart.com/art/Smaug-destroys-Esgaroth-163220691
A presto, 
Artemis Black

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=1446778