R.I.S. Roma 5 - Delitti imperfetti

di M4RT1
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Dieci di fiori ***
Capitolo 2: *** Ipotesi e nomi ***
Capitolo 3: *** Il quarto colpo ***
Capitolo 4: *** Coppia ***
Capitolo 5: *** In trappola ***
Capitolo 6: *** Senza via d'uscita ***
Capitolo 7: *** Risvegli ***
Capitolo 8: *** Corsa con ostaggio ***



Capitolo 1
*** Dieci di fiori ***


N.d.A.: ok, forse ci ucciderete per averne scritta un'altra XD

*BREVE RIASSUNTO DELLA PRECEDENTE SERIE, CONTENENTE INFORMAZIONI CHE VI SERVIRANNO PER LEGGERE QUESTA*
Bart è partito per il Kosovo, e al suo posto è arrivata Claudia, una giovane tenente dal carattere freddo e schivo. 
Lucia e Orlando, intanto, si sono sposat e convivono felicemente. Purtroppo per loro, però, incorrono in vari litigi: il tenente vuole un figlio, ma Lucia non si sente pronta a causa del lavoro e dei pericoli che entrambi corrono.
Emiliano, intanto, è protagonista di una vicenda drammatica: la banda di rapitori che da del filo da torcere ai RIS rapsce anche sua figlia Marika; Bianca gli starà vicino, litigando nel frattempo con la nuova arrivata.
Ghiro si trova coinvolto in una lunga discussione con Selvaggia, che cuole cambiare casa.
Alla fine della serie, dopo la cattura dei criminali e la liberazione di Marika, Lucia si troverà a dire di sì a Orlando: vuole un figlio da lui; Ghiro invece si arrende a cambiare casa, mentre Claduai va via. Al suo posto, un felice Bart rientra in servizio.

*FINE RIASSUNTO*



Quando la porta del RIS si aprì, quella mattina di inizio aprile, una folata di aria fresca entrò insieme al carabiniere. Bartolomeo Dossena era sempre stato il primo ad arrivare in ufficio, ma quel giorno proprio non avrebbe potuto far più presto di così: la sua auto, la sua bella, nuova auto che Emiliano elogiava sempre con un po’ d’invidia, l’aveva lasciato a piedi a metà tra il piccolo appartamento dove viveva e la caserma.
 
-Cosa vedono i miei occhi?- esclamò subito Ghiro, scivolando in corridoio con la sedia con le ruote che usava in ufficio: -Tenente Bartolomeo Dossena! Sei in ritardo!
-Mi dispiace, capitano!- si scusò subito il ragazzo, sorridendo: -Ma dopotutto non è colpa mia se l’ultimo che ha preso in prestito la mia macchina l’ha lasciata a secco!- aggiunse, alzando la voce. Immediatamente, la faccia di Orlando sbucò da dietro un computer:
-Scusa Bart…- disse con voce monocorde, calcando un po’ il tono dispiaciuto.
-Sei perdonato, Orlando.
 
Erano passati quasi due mesi dal ritorno di Bartolomeo Dossena, eppure né lui né i suoi colleghi si erano ancora del tutto abituati ad averlo di nuovo tra loro.
 
Lui, d’altro canto, era contento di essere tornato a Roma; aveva ritrovato la sua casetta, il suo lavoro, la sua quotidianità. Gli mancava solo una cosa: Isabella, nonostante le numerose chiamate del ragazzo, non si era ancora fatta viva, e lui aveva preferito non insistere. Si era ripromesso che, se non fosse riuscito a sentirla entro Pasqua, avrebbe fatto una capatina in chiesa. ‘’Giusto per controllare’’ aveva detto a un interessato Milo, ma tutti sapevano che non era ‘’giusto per controllare’’.
 
Un’altra cosa a cui il ragazzo si doveva abituare era la fede al dito di Lucia, i suoi baci con Orlando e, soprattutto, i rinnovati piccoli litigi tra i due.
Erano due mesi, infatti, che Lucia aveva detto sì all’uomo: voleva un figlio, ma proprio ora che lo desiderava sembrava che il bambino non arrivasse.
 
Come a confermare i suoi pensieri, Lucia Brancato uscì poco dopo dal suo ufficio: in ordine come sempre, indossava già il camice, ma aveva l’aria un po’ abbattuta di chi ha passato una notte insonne:
-Notte difficile?- domandò Bart mentre la donna lo salutava.
-Notte difficile… non capisco Orlando! Da quando abbiamo questi… questi problemi, non dorme più!- si lamentò, mentre uno svogliato tenente Serra li sorpassava con uno sbadiglio.
 
Bart sorrise, entrando nella stanza che condivideva con Emiliano e Bianca: loro erano un piacevole elemento familiare nell’aria di cambiamento che si respirava tra le mura del RIS.
 
-‘Giorno, Milo!- salutò Bart, poi sorrise a Bianca. I due rispose con un cenno del capo, troppo assorti in qualcosa sul computer.
-Cosa fate?- domandò allora il tenente, tentando di ricordare qualche indagine da terminare.
-Nomi.
-Nomi?
Emiliano annuì:
-Stamo a cercà er nome p’er bambino, no? A me piace Sandro!- esclamò, ma la compagna scosse il capo:
-Sandro? No, vorrei qualcosa di più classico… tipo Raffaele!
-Raffaele? Ma è tremendo! Non se po’ sentì!
Bart scosse il capo, ridendo: chiunque da fuori, vedendoli così impegnati, avrebbe pensato a un bambino in arrivo per Bianca. Invece loro sceglievano i nomi per i bambini altrui, a quanto pareva, dato che il Sandro, Raffaele o come l’avrebbero chiamato sarebbe stato figlio di Lucia e Orlando.
-Non è che voi portate un po’ sfortuna?- sbottò l'aspirante padre dopo un po’, entrando a prendere alcuni fogli. –Da quando cercate il nome, Lucia non esce in cinta!
-Ma perché? Prima sì?- domandò Emiliano con aria scettica.
-Prima… no, neanche prima.- si arrese l’altro tenente, ignorando le risatine di Bianca.
 
Quando uscì, Bart fece spallucce:
-Cosa ci volete fare, ragazzi? È nervoso.

 
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-Sì, ho capito Sasso. Arriviamo.
 
Daniele riagganciò il telefono proprio mentre Lucia entrava nella stanza:
-Che succede, Ghiro?
-Un morto. Una donna è stata trovata impiccata in casa sua, a Trastevere.
Il capitano annuì:
-Bene…- mormorò, scuotendo il capo: -Vai insieme a Bianca.- ordinò, poi aggiunse: -Devo evitare che lei e Milo parlino ancora di nomi per mio figlio…
 
Daniele rise, poi si recò a recuperare una contrariata Bianca.
Insieme, si avviarono in auto.


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-Margherita Cuccaro, 35 anni, casalinga. I vicini non hanno sentito rumore per tutta la giornata e quando sono andati a controllare non apriva nessuno. Hanno chiamato a noi, e poi vedete!- riassunse Sasso, allontanandosi per lasciar passare Ghiro e Bianca.
 
La scena che si presentò ai loro occhi, per quanto tragica, non poteva essere definita nuova: Margherita era una bella donna, ma di una bellezza un po’ avvizzita dal lavoro in casa e dall’assenza di trucco. Aveva occhi castano chiaro e capelli neri raccolti in una coda di cavallo. Il suo corpo, ormai senza vita, ciondolava a pochi centimetri dal pavimento, trattenuto da una pesante corda che le legava il collo.
 
Nella piccola cucina dove si trovava tutto sembrava in ordine: i piatti, appena lavati, erano poggiati in ordine nella credenza, e una pentola di brodo era ancora sul fornello.
 
-Salute!
Carnacina spuntò da dietro il cadavere, allegro: -Vi sono mancato, Ghirelli?- domandò poi, mentre alzava un braccio della donna.
-Carnacina, tu non ci manchi mai.- rispose il capitano, serio. –Anche perché dove ci sei tu c’è la morte.- aggiunse in tono mistico.
-Com’è morta?- chiese Bianca, guardandosi intorno.
-A prima vista sembrerebbe che sia deceduta per soffocamento, ma vi dirò con più precisione…
-…dopo l’autopsia.- concluse per lui Daniele, prima di aprire la valigetta per il repertamento.
Il medico fece portar via il cadavere e poi sparì, lasciando i due RIS soli nella stanza.
 
-Da dove si comincia?- domandò Bianca.
-Io direi dalla corda.
-Bene, io mi occupo dello sgabello.
 
I due si divisero, tranquilli. Daniele tirò fuori il kit per le impronte e prese tutte quelle presenti sulla corda. Nel frattempo, Bianca esaminò quelle sullo sgabello che la donna aveva usato per salire fino alla fune.
 
-Poverina… chissà cos’aveva passato per volerla finire in questo modo…- sospirò la ragazza dando un’occhiata alla pentola sul fornello: -E povera famiglia…- aggiunse.
-Avete avvisato i parenti, Sasso?- domandò Daniele, riponendo tutto nella valigetta.
-Abbiamo avvisato i genitori. Non ha parenti qua a Roma, e il marito stava in missione in Kosovo… ma non riusciamo a trovarlo.
Daniele spalancò gli occhi:
-Tutti in Kosovo… ma è una moda?- si chiese. –Vabbè dai, qui abbiamo finito. Andiamo in laboratorio.

 
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-Sai cosa pensavo, Ghiro?
-No, Bianca.
 
I due carabinieri erano in laboratorio, seduti: la ragazza stava analizzando le impronte digitali, mentre Daniele aspettava i genitori della vittima.
 
-Stavo pensando che c’è qualcosa che non quadra. Scusami, ma tu prima di suicidarti prepareresti il pranzo?- si domandò, avviando la ricerca delle impronte.
-Io no.- rispose il capitano. –E questo potrebbe essere un indizio.- continuò, sicuro: -Magari, l’avvenimento che l’ha spinta al suicidio è avvenuto in quel momento, subito prima di ora di pranzo!
 
A interrompere le loro ipotesi, Carnacina fece irruzione con in mano il referto:
-Eccoci qui! Dunque, ho il referto e ho anche notizie interessanti.- li informò, poi stette zitto.
Seguì qualche attimo di silenzio, poi Daniele fissò il medico:
-Ce le dici oppure vuoi un applauso?
-Suspance, Ghirelli… suspance! Comunque sia, Margherita Cuccaro è morta davvero impiccata… precisamente, tra le dodici e le tredici di ieri. Ma…- spiegò, lasciando in sospeso la frase.
-Ma…?- ripetè Bianca.
-Ma c’è qualcosa di interessante.
Ghiro alzò gli occhi al cielo:
-Di nuovo, Carnacina? Se vuoi lo leggo dal tuo referto…
-Ma…- riprese il medico, ignorando l’ultimo commento: -facendo le analisi, ho trovato una quantità insolita di triptofano.- esclamò, trionfante, come se quella notizia avrebbe cambiato per sempre le vite di tutti.
-Triptofano? E cos’è?- domandò curiosa Bianca.
-E’ un sonnifero, ma può essere usato anche come antidepressivo. Bene, qui ho finito! Adesso scusatemi, ma ho altri morti di cui occuparmi… il dovere mi chiama!- li congedò, ma poi aggiunse: -Ah, Ghirelli… di là ci sono i vestiti della ragazza, se ti interessa.

 
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-Orla’! Orla’! Guarda ‘n po’ qua?
Orlando, intento a esaminare i pantaloni della Cuccaro, si avvicinò al ragazzo:
-Fa vedere…- disse, e Milo si scansò per lasciare la visuale libera all’uomo: nella tasca del giacchettino che la donna indossava sulla t-shirt, c’era una lettera accartocciata.
Subito, le mani avvolte nei guanti, i due la presero.
Mentre Orlando la leggeva, Emiliano si chinò a raccogliere qualcosa che era scivolato insieme al foglio:
-‘Na carta da poker?- si domandò, un po’ interdetto, quando tirò fuori dal tavolo un asso di quadri.
-Poveraccia…- stava intanto mormorando Orlando, la lettera ancora tra le mani. Senza una parola, la passò a Emiliano, che lesse in silenzio.
-Poraccia!- fece eco al tenente.

 
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Quando, mezz’ora dopo, si riunirono tutti nell’ufficio del capitano, Bart e Lucia avevano già sentito i genitori della vittima:
-Sinceramente- esordì Ghiro: -Non c’è molto da dire, secondo me.
Lucia lo guardò stranita:
-E perché, Daniele?
-Le impronte digitali ritrovate- si inserì Bianca: -Erano tutte della vittima, sia sullo sgabello che sulla corda.
-Sì, Lucia…- fece eco Orlando: -E noi abbiamo trovato il movente.- aggiunse, tirando fuori la lettera: -Il marito è morto, in Kosovo… si è suicidata per questo.
Bart drizzò il capo, serio:
-In Kosovo, dici? Chi è? Magari lo conosco…
-Alberto Cuccaro, 37 anni.
Il ragazzo scosse la testa, tirando un sospiro di sollievo.
Lucia prese la lettera:
-Non so… c’è qualcosa che non quadra.- insistette, testarda. –Il sonnifero, il brodo pronto… e poi guardate qui!- aggiunse, indicando la data della lettera: -Questa le è arrivata l’altro ieri! Perché aspettare due giorni?
Emiliano fece spallucce:
-Non lo so, capita’… ma non credo che sia abbastanza per riaprire il caso, no?- domandò, e Lucia annuì:
-No, Cecchi… purtroppo no.


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La mattina seguente, Emiliano si recò a lavoro più presto del solito.
-Ciao, Ghirè – salutò, sbadigliando, poi posò il cappotto su una sedia e prese posto accanto al collega.
-Sasso ha appena chiamato – mugugnò Daniele, rigirandosi una mano tra i capelli – c’è un altro cadavere, in via De Medici. Carnacina è già sul posto.
-A quest’ora? Il buongiorno se vede dal mattino!
-Eh già…- sospirò il capitano, poi si alzò.
-Ma che stai a fa’?- domandò Emiliano, fissandolo.
-Vado dal morto, no? E vieni anche tu.
Il ragazzo si alzò svogliatamente, l’aria ancora assonnata.
-Sveglia, Cecchi! Carnacinamorto… su, scattare!- lo esortò Ghiro, uscendo: -Il mattino ha l’oro in bocca!
 
Quando entrarono in auto, Lucia stava attraversando il cortile:
-Già a lavoro, voi due?- domandò, affacciandosi al finestrino dell’auto.
Emiliano annuì.
-Come va, Lucia?- chiese Daniele, mentre Orlando salutava.
-Come sempre.- sospirò la donna, poi aggiunse: -Andate, su! Io devo parlare con il generale.

 
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-Saverio Mastrogiovanni, 61 anni. È morto a causa di una coltellata alla gola.- informò Sasso, non appena i due arrivarono sul posto.
 
Il corpo di un uomo anziano dai capelli brizzolati giaceva riverso sulla strada, circondato dal suo stesso sangue.
-Capisco. Qualche testimone?- domandò Ghiro.
-Niente testimoni. Là giù ci stanno i due fidanzatini che l’hanno trovato stamattina.
Emiliano si allontanò per parlare con i due, mentre Ghiro iniziava a repertare.
-Ghirelli! A quanto pare ci vediamo di nuovo!
-Carnacina, non infierire. Hai presente quando ti ho detto che semini morte e distruzione? Ecco, sei venuto una volta e c’è già un altro cadavere!
Il medico fece spallucce, l’espressione palesemente esaltata:
-E’ il mio lavoro, capitano! Non sono io che chiamo i morti, ma loro che chiamano me!
-Certo, certo… senti, piuttosto, hai qualcosa da dirci?
-A quanto pare no, ma vorrei prima terminare l’autopsia.
 
Quando anche il medico fu andato via, portandosi dietro il corpo di Mastrogiovanni, Emiliano aveva già finito di sentire quelli che erano gli unici testimoni:
-Niente… se stavano a bacia’ e l’hanno trovato così: morto.- riassunse, mentre Ghiro raccoglieva qualche pezzo di carta da terra:
-Sasso ha detto che è il proprietario di una ditta di trasporti molto influente… la ‘’RapidTravel’’. Potrebbe essere una vendetta o un qualche litigio tra lavoratori…- ipotizzò il capitano. –Bene, qui abbiamo finito. Nessun reperto particolare: l’arma del delitto ovviamente non c’è… abbiamo solo il biglietto da visita di una multinazionale e una carta da poker: dieci di fiori. Magari giocava d’azzardo.
Emiliano, nel sentire quella notizia, sgranò gli occhi:
-Una carta da poker? Un’altra?
 

*PROMO*
Due omicidi... l'ipotesi di un seriale...
LUCIA: cos'abbiamo a legare gli omicidi?
BIANCA: le carte da gioco, capitano.
LUCIA: non è abbastanza.

Un nuovo assassinio...
E poi, i soliti problemi:

SELVAGGIA: Daniele Ghirelli detto Ghiro, ho intenzione di prendere una casa più grande per dare spazio anche a lui?
DANIELE: lui? Lui chi?

LUCIA: Orlando, potremmo avercela fatta.

GIADA: ciao...
BIANCA: ciao... come va, Marika?

RIS Roma 5, nei prossimi giorni su EFP *_* Non mancate :P

*FINE PROMO*



N.d.A.: ok, suppongo che dovremmo ringraziare in anticipo i recensori, sempre che ce ne saranno.
Vi preannunciamo che, rispetto alla serie precedente, in questa daremo più spazio anche alle vicende personali. Ci sarà un serial killer, per questo abbiamo messo il rating arancione XD
Speriamo che questo inizio vi piaccia, anche se è un po' corto e senza molta suspance. Però vi giuriamo che le prossime puntate saranno anche meglio :P
 

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Capitolo 2
*** Ipotesi e nomi ***


Il tempo andò migliorando via via che la stagione cambiava: nelle prime due settimane di Aprile, il cielo si mantenne sereno e il Sole continuò a splendere, infondendo a tutti una tranquillità che durava almeno fino al seguente omicidio.
 
Dopo i primi due, l’ipotesi del serial killer si era fatta strada in ufficio, fino a toccare anche la mente di Lucia:
-Cosa abbiamo a legare gli omicidi?- domandò, quando Bianca andò ad esporle la teoria venuta fuori da una chiacchierata con Orlando.
-Le carte da gioco, capitano.
-Capisco, ma non è abbastanza!- ribattè la donna.
-Lo so, ma credo che sia una possibilità.
-Lo è, Bianca.
 
Le riunioni si scioglievano senza risultati, giorno dopo giorno: gli unici elementi erano le due carte e i morti, che però non avevano apparentemente niente in comune.

-Niente tranne il fatto che non tutti gli assassini vanno in giro con carte da gioco in tasca durante un omicidio...- puntualizzò Orlando dopo l'ennessima riunione andata a vuoto, ma come diceva Lucia: ''non era abbastanza''.

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-Selvaggia?
-Dimmi.
-Secondo te io vivrei qui? Lo credi davvero?
 
Daniele si mosse, nervoso: era la tredicesima casa che visitavano, ma nessuna gli era piaciuta; quella, però, era forse la peggiore mai vista: all’ultimo piano di un palazzo di nove, era una casa molto grande, quasi esageratamente spaziosa per una coppia.
 
-Perché, Ghiro? Cos’ha che non va?
-E’… grande! Molto grande! E anche triste!- protestò l’uomo, aggirandosi per le stanze dai soffitti alti.
-D’accordo, allora andiamo a vedere quella in via Carducci.- rispose lei paziente, uscendo.
-Andiamo! Ma se ha più di due stanze mi rifiuto!
Selvaggia scosse il capo, sospirando:
-E come faremo poi? Non ci sarà abbastanza spazio!
Ghiro la guardò:
-Selvaggia, non vorrai mica avere una stanza solo tua dove mettere i vestiti?- chiese con una punta di panico, ma la ragazza rise:
-Ma no! Pensavo a un terzo coinquilino!
L’idea atterrì Daniele:
-Un terzo coinquilino? E perché? Lavoriamo entrambi, non abbiamo bisogno di affittare una stanza! E poi immagina avere qualcuno in casa, non poter fare quello che si vuole… no, Selvaggia, proprio non…
-La smetti?- lo interruppe lei, accigliata: -Pensavo a uno di famiglia!
Il panico del Ghiro sembrò attenuarsi un po’:
-Tuo fratello? Senti, io e lui siamo amici di vecchia data, lo sai… io non ho niente contro di lui, ma preferirei…
-Sempre a interrompermi, eh?
 
Erano arrivati in strada: la ragazza si piantò davanti al compagno, fissandolo negli occhi:
-Daniele Ghirelli detto Ghiro, ho intenzione di prendere una casa con una stanza in più per dare spazio anche a lui.- disse semplicemente, lanciandogli un’occhiata di sbieco.
-Lui? Lui chi?

-Nostro figlio.

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Al RIS l’atmosfera era tranquilla: Lucia era in ufficio con il generale, mentre Emiliano batteva un verbale al computer, aiutato da Bianca:
-…che pertanto…- stava dettando la ragazza, mentre beveva un caffè.
-…che pertanto…
-Ragazzi, io esco un momento!
 
La voce di Bart giunse prima del proprietario, che era già in cappotto:
-Lo dite voi a Lucia quando viene fuori da lì?- chiese.
-Ma certo, Bart!- acconsentì Bianca: -Dove vai?- domandò poi, curiosa.
-Vado da Isabella.
Emiliano annuì, soddisfatto:
-Bravo, Bart! Me stai a piace’!- esclamò, interrotto dallo squillare del suo cellulare. –E’ mia figlia!- esclamò poi, prima di rispondere.
Bianca si sedette al posto del ragazzo e continuò il lavoro.
 
Passarono alcuni minuti di tranquillità: Bart uscì in silenzio, Bianca continuò a lavorare, con calma, Milo era al telefono e dalla stanza di Lucia uscivano solo i mormorii della donna e del generale, nuovamente in riunione. Orlando era in laboratorio ad analizzare i vestiti dell’ultima vittima.
Quando Emiliano riagganciò e tornò in ufficio, però, l’atmosfera di pace che regnava fu spezzata dal suo balbettare:
-Ehm… Bianca, te posso di’ ‘na cosa?- chiese, passandosi una mano tra i capelli.
Bianca smise di lavorare:
-Dimmi!
-E’… è che sta a succede’ una cosa, cioè… è già successa, ma te volevo prima chiede’ er permesso…- continuò, spostando lo sguardo su un microscopio.
-Tutto bene, Milo?- chiese la ragazza, preoccupata.
-No! Cioè, sì… questo microscopio è nuovo?- tentò di sviare, ma la ragazza lo guardava scettica:
-Cosa sta succedendo?- sillabò, mentre Daniele faceva irruzione in ufficio a bocca aperta e occhi socchiusi, sotto shock.
-Non sapete cosa è successo!- esclamò, accasciandosi sulla sua sedia girevole.
-Infatti!- ribattè Bianca, alzandosi per andare incontro al fidanzato, che tentò di uscire dalla stanza: -Cosa sta succedendo? E questa è l’ultima volta che te lo chiedo, poi chiamo tua figlia e me lo facci dire da lei.- disse, con una calma simile a quella degli assassini prima di un omicidio.
-E che…
-Ma vi rendete conto!- li interruppe nuovamente Ghiro, portandosi le mani al viso: -Selvaggia è… è…
Proprio in quel momento, però, Orlando li interruppe:
-Non ci sono impronte dell’assassino da nessuna parte! Però è passato Carnacina, ha detto che ha identificato il genere di coltello con cui…- si interruppe, osservando le espressioni furiose e assenti dei colleghi: -Cosa succede, ragazzi?
-Succede che Selvaggia è incinta!- scattò Ghiro, disperato.
-Succede che Emiliano non vuole dirmi che succede!- fece eco Bianca.
-Capisco…cosa? Selvaggia è incinta?- esclamò il tenente. Poi, senza perdere la calma, disse: -Comunque sia, Lucia ci vuole tutti in ufficio.


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-Bene, ragazzi. Ho appena parlato con il generale che… tutto bene? E dov’è Bart?
Anche Lucia, nonostante fosse immersa nella lettura del referto di Carnacina, si accorse che qualcosa non andava:
-Bart è uscito un attimo…- la informò Bianca, prendendo posto: -E’ andato da… da Isabella.
Lucia sorrise e annuì:
-Molto bene: Daniele, c’è qualcosa che ti preoccupa?
-Sì. E non dovrebbe, è questo il punto!- rispose l’interpellato, agitato: -Selvaggia è… è incinta!
Lucia sgranò gli occhi, guardando Orlando, poi sorrise:
-Auguroni!- esclamò, poi aggiunse: -Significa che presto avremo un piccolo Ghiro tra noi!
Daniele rise, poi tornò serio:
-Bene, passiamo al caso, allora?- chiese, un po’ imbarazzato.
-Sì… dunque, Castrogiovanni è morto per una coltellata infertagli da un tipico coltello da cucina. Questo non aiuta.- cominciò la donna, lugubre. –Però… dato che i casi di omicidi con accanto una carta da poker sono due, il generale ci ha permesso di riaprire il caso di Margherita Cuccaro.
Bianca annuì, soddisfatta.
-Prendiamo la pista del serial killer, quindi?- chiese Orlando, e la moglie annuì:
-Dobbiamo capire il significato di queste carte… se non capiamo questo, mi sa che non andiamo da nessuna parte.
 
La riunione fu sciolta pochi minuti dopo.
-Orlando, puoi restare un attimo qui?- chiese Lucia fermando l’uomo.
-Certo… dimmi.
Orlando prese nuovamente posto, senza sapere cosa aspettarsi. Il viso di Lucia si contrasse in una smorfia che mascherava un sorriso:
-Potremmo esserci.
Il sorriso di Orlando si allargò sempre di più:
-Ce l’abbiamo fatta?- balbettò, emozionato.
-Potremmo avercela fatta.- puntualizzò la donna: -Ho un ritardo di una settimana.
Orlando si abbandonò a una risata:
-Oh mio Dio!- esclamò Lucia dopo un po’, trattenendo una nuova risata: -Dovremmo creare un asilo accanto al RIS!
 
Quando Orlando uscì dalla stanza, tutti capirono che era successo qualcosa di buono. Di molto buono.


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Bart ritornò in ufficio pochi minuti dopo: l’atmosfera era di nuovo tranquilla, anche se Bianca lanciava strane occhiate a Emiliano, e Orlando rideva come un ebete.
 
-Tutto bene, ragazzi?
Orlando annuì senza distogliere lo sguardo dal computer. Al suo fianco, Ghiro stava smanettando col mouse:
-Stiamo facendo una ricerca.- borbottò il capitano, leggendo una lunga lista di parole.
-Su cosa?- chiese Bart, posando il cappotto e prendendo posto accanto ai due.
-Lucia ha deciso di aprire la pista del seriale: due omicidi, due carte da gioco… stiamo cercando possibili significati delle carte.- spiegò l’uomo, poi accennò all’altro capitano: -Non aiutare noi, comunque. Vai da Lucia, sta analizzando le carte per controllare se ci siamo persi qualcosa.
Bart si allontanò, ma fu fermato da Emiliano:
-Bart, com’è andata?- chiese, togliendosi i guanti e asciugandosi la fronte.
-Eh… com’è andata, Milo?- ripetè il ragazzo, scuotendo la testa: -Isabella non c’è. Il parroco dice che è andata in ritiro, torna dopo Pasqua.
Emiliano annuì.
-Senti… ma che è successo con Bianca? Ti guarda in modo strano...- chiese Bart, fissando la coppia.
-Non me ce fa’ pensa’, Bart!- esclamò il tenente scuotendo il capo, poi si allontanò richiamato dalle urla di Bianca:
-Milo! Vieni!
Loro stavano analizzando vari nastri delle telecamere, sperando di ottenere almeno un’immagine dell’assassino.

 
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Lucia mandò tutti a casa alle otto.
In quella giornata non erano andati particolarmente avanti con le indagini, ma Orlando e Daniele erano riusciti a trovare significati comunemente attribuiti alle carte e, con grande gioia del capitano, corrispondevano alle vittime.
 
-Dieci di fiori: successo, grandezza… Castrogiovanni aveva molto successo, nel suo campo.- aveva iniziato Ghiro, leggendo dal foglio dei risultati.
-Asso di quadri: lettera che porta cattive notizie. Potrebbe trattarsi del killer anche nel caso della donna: aveva appena saputo che suo marito era morto.- aveva continuato Orlando.
 
-Molto bene! Per oggi è abbastanza, andate a casa.
Daniele aveva assentito ed era corso fuori, ma Orlando era rimasto con la donna e, nel momento in cui anche Bart lasciò l’ufficio, era seduto di fronte a lei:
 
-Lucia, e se fosse vero?
Il tenente pose la domanda guardando la moglie che camminava avanti e indietro per posare le pratiche:
-Non avrai ripensamenti, Orlando, vero?- chiese scettica, prendendo il giubbino.
-Ma che dici… no! Solo che… che se fossi incinta dovresti lasciare il lavoro, no?- domandò, titubante, abbottonandosi la giacca.
-Può darsi, ma sarebbe solo per pochi mesi, e Ghiro se la saprebbe cavare egregiamente come…- rispose Lucia, ma il marito la interruppe:
-Pochi mesi? E poi?
-E poi andrà a scuola.
Lucia prese le chiavi e uscì dall’ufficio, spegnendo le luci.
-Io non voglio che mio figlio cresca abbandonato dai genitori!- esclamò Orlando, seguendola.
Entrarono in macchina in silenzio.
-Lo so, tesoro. Neanche io lo voglio, ma la soluzione sarebbe licenziarsi e non credo che tu voglia farlo, no?
-Ma magari tu…
-Orlando, guardami: quanto pensi che resisterei senza lavoro? Quanto pensi che resisterei chiusa a casa un’intera giornata a pulire, e lavare e… ascolta! Sto impazzendo al solo pensiero!- protesto la donna, ma poi sorrise: -Saremo dei bravi genitori anche così, non preoccuparti.
Orlando fece una smorfia, ma annuì.

 
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-Ma come si usa questo dannato…?
-Che sta’ a succede’, Bianca?
-Succede che non capisco come funziona questo dannato frullatore!
 
Emiliano, in pigiama, si avvicinò alla ragazza.
Erano rientrati da poco in casa ed erano già le otto, ma Bianca si era messa in testa di cucinare la mousse di rabarbaro con il nuovo frullatore e si era chiusa in cucina.
-Aspetta… lo apro io!- propose il ragazzo, prendendo il coperchio del frullatore e tirandolo con forza.
-No… così lo rompi!- protestò Bianca, ma poi si interruppe: -A proposito, Milo… cosa mi dovevi dire oggi?- chiese, guardandolo di sottecchi.
-A proposito de ché? De’ ‘r frullatore?- scherzò lui, evasivo.
-Non fare lo scemo!  Cosa…?
Ma Bianca non riuscì a terminare la frase, perché fu interrotta dal suono del campanello.
-Chi è a quest’ora?- protestò, prima di correre verso l’ingresso.
Emiliano fu più veloce e le si piantò davanti, un po’ preoccupato:
-Ecco… è questo che te stavo a di’… lo so che stasera dovevamo sta’ un po’ soli, ma mi’ fija…- balbettò, aprendo la porta.
 
Marika Cecchi era in piedi sull'uscio, i dentini davanti che le stavano ricrescendo e i capelli legati in due codini. Dietro di lei, un po’ imbarazzata, c’era anche Giada.
Bianca fissò prima le due ospiti, poi Emiliano, poi di nuovo madre e figlia, in cerca di una risposta.
-Ciao…- salutò Giada guardandosi i piedi.
-Ciao!- rispose Bianca, sorridendo: -Come va, Marika?- domandò poi, titubante.
Quando si rese conto che il ragazzo era ancora impalato accanto alla porta, disse:
-Non mi avevi detto che avevamo un’ospite stasera a cena!
-No… infatti…- balbettò lui: -Era quello che te volevo di’ oggi.
-Non c’è problema!- esclamò Bianca.
Si spostò da un lato e fece passare la bambina che, come sempre, gettò lo zainetto sul divano e corse in camera del padre.
-E perché non me l’hai detto?- continuò Bianca, fissando il compagno.
-Perché pensavo che non te faceva piacere… dovevamo sta’ solo noi, e lei ‘nvece deve dormi’ qua!- spiegò Emiliano, fissando di sbieco l’ex-moglie.
Bianca scosse il capo, comprensiva:
-Quante volte ti ho detto che per tua figlia c’è sempre posto?- sorrise, poi guardò Giada: la ragazza era giusto fuori alla porta e non accennava a voler andarsene.
-Io… io vado a finire di cucinare, che dite?- propose Bianca, lasciando i due genitori soli.
-Aho… grazie, Milo…- borbottò Giada.
-Nun te preoccupa’! Senti… e tu mo ‘ndo vai?- chiese il ragazzo, appoggiandosi allo stipite della porta.
-‘N albergo…- rispose la donna con un’alzata di spalle: -E poi me devo trova’ ‘na casa alla svelta, perché non te posso lascià Marika pe’ sempre, tu c’hai da lavora’ e…- terminò, accennando con la testa alla porta della cucina. –C’hai Bianca, come se chiama…
Seguì un momento di imbarazzo, poi Emiliano sospirò:
-Se vuoi puoi resta’ qui pe’ stanotte. Ma solo per oggi.- specificò.

 
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-Gabriele… Savio… Nicola. Che dici?
-Gabriele fa rima con Daniele, Savio non sapevo neanche che fosse un nome e Nicola… no, è da femmina!
 
Daniele e Selvaggia erano a casa, nella stanza da letto, in pigiama.
Quando l’uomo era arrivato aveva trovato la compagna raggomitolata sul divano, una tazza di cioccolata in una mano e un libro in un’altra.
-Cosa stai leggendo?- aveva chiesto, e si era ritrovato in un vortice di nomi per bebè da cui non era più riuscito a uscire. Perfino durante la cena Selvaggia aveva continuato a proporre nomi:
-Clementina!
-Selvaggia… questo bambino ha già una madre con un nome come il tuo! Perché vogliamo condannarla a un futuro di prese in giro?- si lamentò lui, chiudendo gli occhi. -Clementina Ghirelli... ma va.
La ragazza chiuse di scatto il libro:
-Bene, allora sceglie tu un nome!- protestò.
-Se è maschio… Antonio. Se è femmina Flavia.- rispose lui, coprendosi per bene.
-D’accordo per Flavia… ma Antonio non si può sentire, su! E’ così… antico! Perché non lo chiamiamo come tuo padre?
Ghiro sbadigliò:
-D’accordo… hai vinto. Ora dormiamo, per favore!- supplicò, girandosi su un fianco.
-Come vuoi… certo che sei un Ghiro di nome e di fatto, eh!


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L’uomo uscì poco dopo le dieci. Indossava un vestito elegante e portava con sé un mazzo di fiori: aveva l’aria festosa, ma si guardava intorno guardingo.
Aveva forse quarant’anni e faceva il professore all’università, lui lo sapeva. Come sapeva che desiderava una ragazza che avrebbe potuto essere sua figlia.
Fallimento assoluto.
Si mosse veloce e silenzioso; era un’ombra.
L’ombra di morte.
 
 
 *PROMO*

Un terzo omicidio...
CARNACINA: Carlo Cipriani, 42 anni...
Una terza carta da gioco...
ORLANDO: otto di cuori, è stato di nuovo lui.

Problemi di coppia... 
LUCIA: no...
BIANCA: Orlando come l'ha presa?

RIS Roma 5, su EFP nei prossimi giorni ;D Vi aspettiamo *_*

*FINE PROMO*



N.d.A.: beh... che dire? Dieci recensioni già al primo episodio? Ma noi vi adoriamo *____*
Comunque sia, vi diamo appuntamento alla prossima puntata sperando che anche questa vi sia piaciuta :P
Un bacione <3
 
 

 
 

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Capitolo 3
*** Il quarto colpo ***


-Carlo Cipriani, 42 anni. È morto tra le undici e le due di ieri notte, a giudicare dal rigor mortis. Non riesco a capire la causa del decesso, ma credo sia per soffocamento.
 
Carnacina si alzò e fissò i due RIS:
-Bene, il mio lavoro qui è finito… prendo il morto a portar via, grazie!- ridacchiò.
-Perfetto! A più tardi!
 
Orlando e Daniele si avvicinarono a Sasso:
-Chi era la vittima?
-Un professore universitario… ieri sera i vicini l’hanno sentito uscire verso mezzanotte, dicono che aveva un appuntamento con una ragazzina dell’università.
Orlando annuì:
-Repertiamo tutto.- disse solo, prima di cominciare.
 
Ghiro si chinò sul selciato: un capello, una lattina vuota, un biglietto da visita. Tutte cose di poco conto e, quasi certamente, completamente estranee alle indagini, popolavano la scena del crimine.
Alzarono il cadavere pochi secondi dopo, e quello che videro ghiacciò loro il sangue: una carta da poker faceva bella mostra di sé.
 
-Guarda qui! Otto di cuori… è stato di nuovo lui.- affermò Orlando, sicuro.
-Vediamo un po’ che significa la carta…
Daniele si connesse a internet con il cellulare e cercò per qualche minuto:
-Amore non corrisposto, fallimento in un incontro d’amore… è il nostro Cipriani!
-Credo dovremmo sentire la ragazza.

 
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-Sì… il professore voleva stare con me.
-Da quanto tempo andava avanti?
-Tempo? Anni, forse… non me lo ricordo più.
 
La ragazza seduta in sala interrogatori non aveva più di vent’anni: era una biondina smilza molto carina, dai lunghi capelli lisci e gli occhi celesti; il trucco, sbavato a causa del pianto, le colava striandole il viso di nero.
 
-Ti importunava?- domandò Lucia. Era lei, insieme a Bart, a tenere l’interrogatorio.
-No… lui era sempre gentile con me… io mi sono rifiutata per anni di uscire con lui, ovviamente… è grande quanto mio padre!- spiegò la ragazzina, fissando il capitano: -Ma non si è mai comportato male…
-Ieri sera però dovevate vedervi.- la interruppe Bart, sedendosi.
-Sì… io avevo accettato. Sembrava ci tenesse molto, e in fondo era un locale pieno di gente, di certo non mi avrebbe potuto fare niente.
Lucia annuì:
-E poi invece?
-E poi non si è presentato… io ho aspettato per quasi un’ora, poi sono tornata a casa. Era l’una, più o meno.
Bart sorrise:
-Molto bene, puoi andare.


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-Il serial killer ha colpito ancora.
-Buongiorno anche a te, Ghiro!
 
Emiliano e Bianca entrarono in ufficio verso ora di pranzo, trafelati. Nonostante Lucia avesse loro accordato un permesso per la mattinata, avevano comunque fatto tardi.
 
-Una nuova vittima, e la carta trovata corrisponde.- proseguì il capitano, impavido. –E anche qui non ci sono impronte, né niente.
-Me sa che abbiamo altri video da guarda’, me sbaglio?- sospirò Milo, rassegnato.
-Non ti sbagli, Cecchi. Correre, scattare, su su!- lo incitò Ghiro, poi si affiancò a loro.
 

****************************************************************************************************************************************************
 
-Orlando? – chiamò piano Lucia, affacciandosi dal suo ufficio.
-Si? – borbottò il Tenente, alzando lo sguardo dalle pratiche su cui stava lavorando, un po’ sorpreso.
-Vieni – lo esortò il Capitano, ritirando la testa all’interno e accostando la porta. Orlando si alzò e si trascinò fino all’ufficio:
-Che succede? – iniziò, sedendosi di fronte alla moglie.
Lucia si schiarì la voce, mordicchiandosi un labbro:
-Orlando, noi non…non aspettiamo un figlio.
-Ah – sussurrò Orlando abbassando la testa, deluso. Lucia sospirò.
Seguirono attimi di silenzio teso, poi la porta si aprì nuovamente:
-Capitano, abbiamo analizzato i reperti – esclamò Bianca, alzando in aria delle pratiche Poi aggiunse: -Ho interrotto qualcosa?
Lucia e Orlando si scambiarono uno sguardo veloce, poi il Tenente si alzò:
-No, niente, Bianca.

 
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-A Ghirè – chiamò Emiliano, avvicinandosi al collega – Che stai a fa'?
Daniele alzò lo sguardo, portandosi le mani al mento:
-Faccio una ricerca.
-Tanto pe’ cambià – scherzò il tenente, sedendosi accanto a lui: -Senti, e… come va con Selvaggia? Er bambino sta bene?
Daniele trasse un lungo respiro e chiuse gli occhi:
-Sta bene, sta bene… sono io che sto male.
Emiliano ridacchiò:
-Selvaggia te sta a torturà?
-Esattamente. Dimmi, Milo, tu che ci sei passato… quanto durerà la fase sto impazzendo- non so che nome scegliere- sono troppo eccitata per pensare ad altro?
Emiliano scoppiò a ridere:
-Beh, fino a quando non troverete il nome… poi si passerà alla fase acquisti. Ce sta da buttà ‘r sangue, a Ghirè – sospirò il ragazzo, mettendo una mano sulla spalla dell’amico.
Daniele sbuffò, poi tornò a smanettare al computer:
-Stavo facendo un giretto sul sito dove stiamo confrontando i significati delle carte con quelle trovate accanto ai cadaveri – iniziò, guardando fisso lo schermo luminoso – e all’inizio della pagina c’è una piccola introduzione. Da quel che ho dedotto, questi significati sono stati attribuiti secondo delle credenze antiche, risalenti a streghe o cose del genere, e sono tuttora usati dalle cartomanti o giù di li.
-E quindi? – borbottò Emiliano, alzando le sopracciglia.
-E quindi il nostro assassino potrebbe essere una donna. Facciamo una telefonata a Carnacina.

 
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-Buco nell’acqua, ovviamente: dalla fibra del capello si deduce che apparteneva ad una donna anziana, sulla settantina, e non credo che faccia al caso nostro; la lattina è tempestata di piccole impronte, probabilmente appartenenti a dei bambini, e il biglietto da visita ci riporta ad uno studio dentistico nei pressi di Parma – sospirò Bianca, mostrando i referti delle analisi svolte poche ore prima alla Brancato, la quale fece una smorfia e le riconsegnò le carte.
-Non abbiamo niente che ci riconduca all’assassino, dunque... – concluse, portandosi stancamente una mano alla fronte.
Proprio in quel momento Daniele fece irruzione, seguito da Emiliano:
-Lucia, forse abbiamo qualcosa. Ho svolto una piccola ricerca sull’origine dei significati delle carte e al giorno d’oggi sono usati principalmente da cartomanti, quindi donne. Ho telefonato Carnacina, ci stiamo recando da lui per confermare la nostra ipotesi.
-Benissimo – acconsentì Lucia, tirando su la testa – Fateci sapere.
Con uno scatto della porta, i due uscirono. Bianca, invece, si sedette di fronte al capitano:
-Che c’è, hai qualcos’altro da mostrarmi?
-No… volevo sapere come va con Orlando. Allora? Ci siete riusciti? – domandò la ragazza, sfoggiando un gran sorriso.
Lucia sospirò, sconsolata, poi emise un flebile '‘no’'.
Bianca fece una smorfia:
-Orlando come l’ha presa?
-E come avrebbe dovuto prenderla? Ci è rimasto molto male, sembrava quasi che ce l’avessimo fatta. Ma… beh, ci riproveremo.
Bianca annuì, sorridendo appena.
-E con Emiliano? Ho notato un po’ di tensione tra di voi, ultimamente. C’è qualcosa che non va? – domandò di rimando il Capitano, guardandola.
Bianca alzò gli occhi al cielo:
-Abbiamo la casa sotto assedio nemico.
Lucia ridacchiò, poi esortò la collega a spiegarsi.
-Conosci l’ex moglie di Milo, no? Pare che abbia avuto una discussione con il padre e che lui l’abbia mandata via di casa, così l’altra sera era venuta a consegnarci la bambina per qualche notte, mentre trovava una sistemazione. Ma come al suo solito, Emiliano si è lasciato impietosire e ha avuto la brillante idea di ospitare anche l’ex moglie anziché farla dormire in albergo. Senza neanche avvisarmi! – protestò Bianca, infastidita. Lucia fece una smorfia, poi insieme sospirarono:
-Ah, i maschi.

 
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-Una donna? Beh… io non direi.
-E perché no?
-Perché la forza che il killer ha messo per dare la coltellata a Castrogiovanni è propria di un uomo.
 
Daniele ed Emiliano annuirono, molto delusi:
-Un’altra pista morta…- mormorò il tenente, sospirando.
-Non è detto…- rifletté invece Ghiro, camminando per lo studio: -Carnacina!- esclamò dopo un po’: -Riguardo al professore… hai scoperto qualcosa?
-Come vi dicevo, è morto per soffocamento. Dai segni credo si tratti di una corda, ho trovato delle fibre.- spiegò il medico, prendendo una busta dalla scrivania.
Daniele lo guardò, scioccato:
-E quando volevi darcela, domani?
-Calma, Ghirelli!- borbottò l’altro. –Ve la do quando ritengo non mi serva più!
-Perché, ti è servita?- domandò scettico il capitano.
Carnacina li spinse fuori dalla porta.
 
-Che personaggio, Carnacina… eh Ghire’?
-Personaggio antagonista, Cecchi!
-Ma te guarda… se non gli’a chiedevamo manco c'a dava, ‘sta bustina…
I due entrarono in macchina di corsa.
-Comunque sia, dobbiamo fare qualche confronto. Dalla coltellata inferta potremmo capire quanto è alto e quanto pesa il nostro assassino.- continuò Daniele, mettendo in moto.
Emiliano annuì:
-Se… sempre che so ancora vivo pe’ quando ‘o fate…
-Perché? Ritieni che il killer possa venire a prenderti?- domandò l’amico, con la sua aria scherzosa e contemporaneamente seria.
-Se pe’ killer intendi quello de’ carte… no, non credo. Ma se stai a pensa’ a Bianca…- gemette il ragazzo, rigirandosi la bustina con le fibre tra le mani.
Daniele sospirò:
-Vuole anche lei un figlio?
-No! Macchè! Guarda, me starebbe meglio… no, è che Giada…
-Giada? Cecchi, mi tradisci la tua fidanzata con l’ex-moglie!
Emiliano fece una smorfia d’esasperazione:
-Ah Ghire’! E non te ce mette’ pure te! Ma te pare? No… è che Giada ha litigato co’ Gino, co’r padre… perché s’è trovata n’artro e mo er padre l’ha cacciata.- spiegò in fretta il tenente, mentre l’auto sfrecciava per una strada quasi vuota.
-E allora?
-E allora mo sta senza casa, e ieri m’ha portato Marika e…
-… e tu?- chiese Ghirelli con l’aria di chi la sa lunga.
-E io l’ho ospitata da noi… ma ho fatto proprio una…
-…una cazzata.- completò per lui il Tenente.
-Sì!- esclamò Emiliano: -Solo che mo non la posso cacciare de casa… Giada è come una sorella, ce conosciamo da ‘na vita… no’ la posso lascia’ senza casa!
Ghiro parcheggiò nel cortile della caserma e aprì lo sportello:
-E cosa in particolare da fastidio a Bianca?
Emiliano scosse la testa:
-Tutto, Ghire’! Tutto!

 
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-Dunque… Castrogiovanni era alto più o meno così, giusto?
-Sì, Bart.
-E la coltellata è stata inferta così, quindi dal basso verso l’alto.
 
Orlando e Bart erano in laboratorio, di fronte a un manichino della stessa altezza della seconda vittima. In mano al più giovane dei due tenenti c’era un coltello, mentre l’altro reggeva una bomboletta spray rossa.
 
-Che fate?- domandò Bianca, entrando.
-Proviamo a capire quanto è alto il killer.- rispose prontamente Orlando, schizzando vernice rossa dalla stessa angolazione con cui Bart infieriva col coltello. Il manichino si macchiò immediatamente di rosso dal busto in giù.
-No… vedi, Castrogiovanni non era così sporco…- puntualizzò Bart, e Orlando pulì il tutto con una spugnetta:
-Riproviamo.- suggerì, e si rimisero in posizione.
Al terzo tentativo, le macchie di sangue divennero già più simili a quelle rinvenute sul cadavere.
-Eccoci qui! Quindi il killer deve essere alto almeno un metro e ottanta, giusto?
Orlando annuì.
-Andiamo da Lucia, allora.


****************************************************************************************************************************
 
-Generale, abbiamo un’altra informazione.
 
Lucia accolse il superiore con entusiasmo, soddisfatta di avere almeno una buona notizia da dare.
-Dimmi…- rispose l’uomo: -Sono qui per questo.
-Bene: si ricorda la pista del seriale? Credo sia confermata: c’è stato un nuovo omicidio, e con questo le vittime salgono a tre. Tre morti con modus operandi simili: nessun testimone, colpo sicuro… e la carta. Ogni carta ha un punto in comune con il cadavere vicino a cui è stata trovata. E ora abbiamo anche qualcos’altro su cui lavorare: il seriale è un uomo alto almeno un metro e ottanta.- parlò Lucia, poi aspettò la reazione del generale.
 
Nel frattempo erano arrivati in ufficio.
Il capitano fece cenno ad Abrami di accomodarsi, poi lo imitò.
 
-Non possiamo considerare questo una pista, ma è un inizio.- assentì l’uomo.
Lucia sgranò gli occhi:
-Generale, stiamo lavorando tantissimo… più di questo non riusciamo a ottenere!- protestò.
-E io lo capisco, Lucia…- sospirò Abrami: -Ma il panico divaga, la stampa inventa storie più grandi di quello che sono e io ho bisogno di notizie positive.- disse, lo sguardo assorto.
-Capisco. Significa che tenteremo di trovare altri indizi… magari riusciamo a trovare il covo.- ribattè la donna, dura. –Arrivederci.
 
Il generale si recò a passi pesanti fino all’ingresso:
-Ah, Lucia!- esclamò alla fine: -So che ce la state mettendo tutta.- disse bonariamente, e il capitano annuì:
-Più di questo non possiamo fare, generale. Arrivederci.


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La stanza era piccola, buia. L’unica fonte di luce era una lampada al neon posta sulla scrivania.
Tutt’intorno c’erano delle foto: ritraevano sempre la stessa persona, un ragazzo giovane dall’aria trascurata, ma sorridente. L’intera parete di fronte all’ingresso era piena di fotografie che ritraevano la sua faccia. Accanto alla finestra, invece, c’erano i giornali: tanti, tantissimi fogli provenienti dai quotidiani, tutti con lo stesso titolo: ‘’Suicidio: giovane diciannovenne si toglie la vita’’. La foto del morto era uguale a quella al centro della parete.


*PROMO*

Un nuovo omicidio...
SASSO: la vittima è Nicoleta de Rja, una donna asiatica.

Nuovi problemi...
SELVAGGIA: su, forza, alzati, che sono già le 7.45.

E altre ricerche...

RIS Roma 5, nei prossimi giorni su EFP :D Non mancate *_*

*FINE PROMO*


N.d.A.: beh, che dire? Penso che dovremmo ringraziare tutti i recensori, soprattutto quelli ''nuovi'', ovvero quelli che non hanno recensito la storia precedente :D E naturalmente tutti quelli che invece hanno abbastanza pazienza da recensire non solo RIS 4, ma anche RIS 5 *vi stimo, ragazzi U_U*
Ok, la smettiamo con gli scleri e vi diamo appuntamento alla prossima puntata *_*
Aspettiamo un vostro commento, eh U_U

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Capitolo 4
*** Coppia ***


Durante il sabato precedente alla Pasqua il cielo si annuvolò, passando dal tiepido celeste dell’alba a un grigio cupo che durò fino a sera.
 
Quel giorno Emiliano si alzò presto, lasciando Bianca ancora addormentata: aveva promesso a Bart che l’avrebbe aiutato col lavoro e non voleva fare tardi.
 
Si alzò dal letto, scalzo e con la maglietta al rovescio, e attraversò il piccolo corridoio; com’era ormai sua abitudine, si affacciò nella camera dove dormiva sua figlia per controllare che stesse bene, poi si fermò fuori alla porta del bagno. Non era abituato, ma bussò: ci poteva sempre essere Giada…
 
-Chi è?- confermò infatti la voce della ragazza.
-So’ Milo… non te preoccupa’, fai con calma!- rispose lui, sbadigliando. Poi entrò in cucina.
Poco dopo Bianca si alzò, anche lei con i capelli scompigliati e l’aria assonnata.
-Non devi uscire, Milo?- chiese, preparando il caffè.
-Devo… ma sta Giada ‘n bagno…- rispose lui, cercando la tazza per la colazione.
-Per quanto deve durare questa storia?- domandò allora Bianca, il tono improvvisamente duro.
Emiliano abbassò lo sguardo:
-Poco, t’o giuro!- esclamò, sussurrando: -Giada sta cercando casa…
-Lo spero.- rispose secca la donna. –Non ho niente contro di lei, Emiliano… ma è imbarazzante. E scomodo, anche per lei!- tentò di spiegare Bianca.
Il ragazzo annuì:
-Stasera le dico de andarsene…- mormorò con un’alzata di spalle.
Bianca sospirò:
-Non cacciarla di casa, Emiliano! Basta darle un po’ di fretta… giusto un po’!


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-ALFONSO!
-Alfonso? Chi è Alfonso?
 
Il sabato in casa Ghirelli cominciò così: Selvaggia si alzò di scatto, sedendosi al centro del letto, seguita dal compagno.
-Nostro figlio si chiamerà Alfonso! – sentenziò la ragazza, guardando fisso un punto del muro di fronte. Ghiro ebbe un momento di sconforto, poi si accasciò su un lato per infine ributtarsi all’indietro.
-Daniele? – esclamò scettica la ragazza, guardando il compagno sonnecchiare. Poi, non ricevendo risposta, aggiunse:– che c’è, non ti è piaciuto il nome?
-E’ molto, ma molto volgare – iniziò l’uomo, riaprendo lentamente gli occhi – e a quest’ora del mattino lo è ancora di più.
Selvaggia ridacchiò, poi gettò via le coperte e fece per alzarsi:
-Su, forza, alzati, che sono già le 7.45!
-Dammi solo un attimo… - mormorò l’uomo, prima di ricadere in un sonno più profondo di prima.


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-Scu-scusate il ritardo – ansimò Ghiro, appoggiandosi sfinito allo stipite della porta – c’è stato un quiproquo con l’auto… cioè, con Selvaggia…
-Lascia stà, Ghirè – lo fermò Emiliano, spingendolo dentro l’ufficio della Brancato.
Erano già tutti pronti per la riunione mattutina.
-Alla buon’ora – scherzò Bart, alzando un sopracciglio. Lucia gli rivolse un’occhiataccia e gli fece cenno di sedersi.
-Dunque, dalle analisi di ieri abbiamo scoperto altezza e sesso del criminale – iniziò il Capitano, ma le sue parole furono interrotte dallo squillo di un cellulare.
Con uno sbuffo, Lucia afferrò il telefono:
-Si? Ah, Sasso… subito, arriviamo. C’è stato un nuovo omicidio in via Casolani. Emiliano, Bianca, ci andate voi?
Senza un fiato, i due si avviarono verso l’uscita.
-Daniele, Orlando, voi venite qui.

 
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-La vittima è Nicoleta De Rja, una donna asiatica sbarcata da poco in Italia per trovare lavoro – iniziò Sasso, consultando i documenti della donna – a quanto pare c’aveva tutte le carte in regola per restare nel nostro paese.
-E’ stata uccisa con una coltellata allo stomaco – aggiunse Carnacina, riemergendo da dietro il cadavere.
-Testimoni?- domandò Bianca, mentre Emiliano metteva mano alla valigetta per prendere qualche impronta.
-Nessun testimone. Però c’abbiamo un sacco di gente che dice che questa ragazza lavorava come golf.- li informò Sasso, leggendo da un foglio.
-Come ché?- chiese Bianca, fissandolo.
-Come golf!- ripetè Sasso.
-Come colf, Sasso! C-O-L-F!- lo corresse Emiliano, chinandosi sul ciglio della strada, poi aggiunse: -Bianca, vieni un po’ qua.
La ragazza si voltò e si avvicinò al tenente, fissando il punto in cui guardava l’altro:
-Sembrerebbe grasso di macchina.
Emiliano repertò un campione della sostanza, poi si rivolse a Sasso:
-Aveva parenti, amici…?
-No, era in Italia da poco e i parenti sono rimasti tutti là, dove viveva. Le uniche persone che la conoscevano un po’ meglio erano la coppia da cui lavorava.
-Perfetto – esclamò Bianca, poi entrambi si recarono in caserma, mentre la polizia mortuaria trasportava via il corpo.

 
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-Capitano – esclamò Emiliano, spalancando la porta dell’ufficio della Brancato – abbiamo trovato qualcosa.
-Entra – lo esortò Lucia, mettendosi a sedere. Emiliano si accomodò di fronte a lei.
-Accanto al cadavere – iniziò il ragazzo, senza aspettare altro – abbiamo trovato le solite carte che, secondo una ricerchina di Ghirelli, rispecchiano la situazione della vittima. Ma…
-Ma?– gli fece eco la donna, esaminando il nove di cuori che il tenente le stava porgendo.
-Ma, un po’ più lontano dal cadavere, abbiamo trovato anche questa – concluse Emiliano, tirando fuori da una tasca una seconda carta.
Lucia aggrottò le sopracciglia:
-Fa parte del profilo psicologico della donna?
-No. Questo asso di fiori starebbe a dire ‘gioia, denaro’, e non si addice per niente alla nostra vittima.
Lucia studiò per un attimo la situazione, pensierosa:
-Potrebbe essere caduta al killer mentre andava via – concluse, alzandosi in piedi. Emiliano fece altrettanto, dirigendosi verso la porta.
-Cos’altro avete repertato? – aggiunse la donna.
-Del grasso di automobile. Bianca lo sta analizzando.
-Va bene – lo congedò il capitano – fatemi avere il referto al più presto.
Emiliano annuì con un cenno del capo, poi uscì chiudendosi la porta alle spalle.

 
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-Dunque – iniziò Orlando, consultando i documenti della anziana coppia da cui Nicoleta faceva da colf – voi siete i coniugi Falchi, giusto?
La donna, dai capelli brizzolati e il viso pieno di rughe, annuì lentamente.
-Nicoleta era la vostra colf… dico bene? – continuò il tenente, rivolgendo un’occhiata all’uomo che sedeva accanto all’anziana signora. Aveva i capelli completamente bianchi e la pelle abbastanza scura, il ché creava un contrasto che lo faceva sembrare più giovane di quel che era.
-Certo – sussurrò stancamente la donna, alzando lo sguardo per incontrare gli occhi di Orlando.
-Com’era con voi? Si confidava o rimaneva sulle sue?
La moglie prese un gran respiro, poi iniziò:
-Nicoleta era una ragazza piena di vita, nonostante i problemi che aveva. Veniva a lavoro con il sorriso e se ne andava allo stesso modo, solo un po’ più stanca. Non aveva parenti vicini, era completamente sola, se non per noi due e il piccolo Max.
Orlando lo notò solo allora: in piedi, in fondo alla stanza, c’era un bambino dalla pelle molto chiara e i capelli biondissimi. Doveva avere al massimo 7 anni e indossava ancora il grembiulino della scuola elementare.
-Lui era…
-Lui era suo figlio – continuò la signora Falchi, rivolgendo un’occhiata prima al bambino e poi ad Orlando.
L’uomo spalancò gli occhi, poi abbassò lo sguardo sulle pratiche che Sasso gli aveva consegnato poco prima:
-Qui non c’è scritto che Nicoleta aveva un figlio…
-Non lo sapeva nessuno, esclusi noi. La mattina mio marito lo accompagnava a scuola e lo riportava alla madre alle 4 del pomeriggio. Da allora restava recluso in casa fino al mattino seguente. A tutti abbiamo raccontato che Max era un nostro nipote, senza approfondire troppo la questione. Sa, Nicoleta veniva da fuori, era senza un lavoro stabile, aveva problemi economici molto gravi… insomma, era spesso vittima di pregiudizi della gente, e la faccenda del bambino avrebbe aggravato ancor più la situazione. Noi l’aiutavamo come potevamo e lei aiutava noi con le faccende casalinghe. Ospitavamo mamma e figlio in casa nostra, in una stanza per gli ospiti – concluse la donna, tenendo gli occhi fissi sulle scarpe del marito.
Orlando annuì piano.
-Cosa succederà al piccolo, adesso?- chiese il signor Falchi in un sussurro.
Emiliano guardò il collega, che fece una smorfia:
-Non lo sappiamo, signori… dobbiamo mandarlo in una casa d’accoglienza, poi vedremo di trovare una famiglia disposta a prendersene cura.- rispose.
Il bambino, seduto nell’angolino, fissò i due carabinieri con aria spaventata.

 
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-Milo! Oh, Milo!
Il ragazzo, che stava correndo dalla Brancato, si voltò:
-Dimme Bianca!- rispose: -Però fai presto che la Brancato me chiama!- aggiunse.
Bianca si avvicinò:
-Niente… volevo solo dirti che Ghiro ci ha invitato a casa sua per domani… per Pasqua.- spiegò: -Naturalmente se non volevi stare con la tua famiglia.- aggiunse secca, guardandolo in cerca di una risposta.
Emiliano sbuffò, scuotendo la testa:
-Ah Bia’, ma che dici?- si lamentò: -Lo sai che sei tu la mia famiglia! ‘Nsieme a Marika, ovviamente.- aggiunse poi, assorto nei suoi pensieri.
Bianca sorrise:
-Bene, allora a che ora andiamo?
Emiliano la guardò:
-Alle undici?- chiese timidamente.
-Perfetto!- esclamò lei, poi si allontanò, il camice svolazzante.
Emiliano entrò nell’ufficio della Brancato scuotendo il capo:
-Ma ‘nvedi ‘n po’ te…- stava borbottando quando, appena varcata la soglia, trovò una scena singolare: Lucia era in piedi, accanto alla finestra, e parlava al telefono; accanto a lei, Orlando era fermo e le baciava il collo; ma il punto più strano era Max, il figlio della ragazza morta: era in piedi accanto alla coppia e li fissava con curiosità.
Emiliano si sentì in imbarazzo, borbottò uno ‘’scusate’’ affrettato e uscì di corsa, chiudendo la porta.
 
-Ghire’! Ghirelli!- sussurrò al capitano, che stava passando proprio in quel momento.
-Dimmi…- rispose lui, fermandosi.
Emiliano lo fissò, indeciso se inserire nella discussione anche la questione del pranzo di Pasqua, poi sospirò e decise di trattare quell’argomento in una altro momento:
-Oh, hai visto ‘a Brancato come se stava a bacia’ co’ Serra?- sussurrò, voltandosi verso il vetro per controllare che la scena fosse restata invariata.
Daniele aggrottò le sopracciglia:
-Cecchi: Lucia e Orlando sono sposati…- lo informò con voce ovvia.
-Lo so! Ma accanto a loro ce sta er bambino… Max!- continuò il tenente, accennando al piccolo.
Ghirelli annuì:
-Sai che non ci aveva fatto caso, Milo?- sussurrò, poi imboccò di nuovo il corridoio: -Vado a indagare, se ti fa piacere…


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-Isabella? Isabella, sono Bart! Questo è il quinto messaggio che ti lascio in segreteria, e spero che tu non abbia perso il telefono, perché altrimenti… comunque volevo solo dirti che so che sei in ritiro, quindi passo domani mattina in chiesa, d’accordo? Spero di trovarti là…
Bart riagganciò il telefono di scatto, poi con gesti secchi se lo infilò di nuovo in tasca.
Scosse la testa, deluso.
-Tutto bene, Bart?
La voce di Bianca lo riscosse dal torpore:
-Eh, Bianca…- sospirò: -Bene proprio no, ma sono ottimista.
La ragazza sorrise:
-Problemi con Isabella?- chiese, fermandosi.
-Se così possiamo dire… non so, mi sembra strano che non mi risponda…- spiegò il tenente, poi scosse nuovamente la testa: -Ma parliamo d’altro. Novità?
Bianca tentò di non suonare imbarazzata da quel momento di confidenza, poi lo informò sugli ultimi avvenimenti:
-Niente di ché… solo la carta in più che ha lasciato il seriale.- disse: -Dicono che l’abbia persa, ma mi sembra strano… voglio dire, non ha avuto abbastanza tempo per recuperarla?
Bart ascoltò la teoria con interesse:
-Sai che hai ragione?- disse infine, annuendo: -E Lucia? Le hai già parlato?
-E’ chiusa in ufficio con Orlando e il bambino, Max… forse gli staranno facendo qualche domanda.
-O forse no… se conosco bene Lucia, so cosa ha intenzione di fare.- disse l’uomo, poi se ne andò, lasciando Bianca assorta nei suoi pensieri.

 
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Quando, dopo che si fece buio, Lucia congedò tutti dall’ultima riunione della giornata, Ghiro era già stanco morto:
-Ci vediamo domani, allora?- chiese a Bianca mentre uscivano dalla caserma.
Lei annuì:
-Alle undici.- confermò, poi entrò in auto.
Emiliano era già dentro.
Al loro fianco, la moto di Ghiro partì sgommando col suo proprietario a bordo. Bart entrò nella macchina dei due pochi secondi dopo:
-Milo, non è che mi potresti dare uno strappo fino a casa?- chiese, prendendo posto.
-Certo, Bart.- rispose il ragazzo, e partirono insieme.
Durante il viaggio stettero zitti, poi Dossena parlò:
-Avete visto Lucia?- domandò, sporgendosi per parlare con i due occupanti dei sediolini anteriori: -Avevo ragione, credo…
-Su ché?- chiese Emiliano, frenando davanti all’appartamento dell’amico.
-Sul fatto che vogliono prendere in affido Max.- rispose Bart, poi uscì e ringraziò.
 
Pochi minuti dopo, Milo parcheggiò davanti al palazzo di casa sua.
Con uno sbadiglio, scese dalla vettura e aspettò che Bianca facesse lo stesso, poi fece scattare le serrature e si avviò verso il portone.
Lui forse non ci avrebbe nemmeno fatto caso, se non fosse stato per l’espressione di Bianca. La ragazza strinse il braccio del compagno, fissando un punto appena accanto al portone d’ingresso.
Giada era lì, in piedi, e baciava un uomo.
Il problema non era quello, si disse Emiliano salendo le scale e ostentando un’aria indifferente. Il problema era l’uomo: alto forse il doppio del tenente, era più muscoli che altro, e con il suo corpo copriva quasi completamente il motorino parcheggiato dietro di loro.
Quando entrarono in casa, Milo andò in camera di Marika senza fiatare. Controllò che stesse dormendo, poi entrò in bagno e si cambiò gettando i vestiti da un lato con foga.
-Buonanotte.- borbottò dopo poco, infilandosi a letto.
Bianca sospirò e scosse il capo:
-Sai qual è il tuo problema, Milo?- chiese, infilando la maglietta per dormire.
-Quale sarebbe?
-Sarebbe che non accetti che anche lei si rifaccia una vita.- rispose secca la donna, ma lui scosse il capo:
-Er mio problema è che p’a prima volta me ritrovo co’ Gino: quell’uomo è ‘na bestia, non voglio che stia co’ mi fia!- protestò, poi si voltò su un fianco e spense la luce.

 
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-E se fossero tre?
-Ma che dici, Selvaggia?
-Come chiameremmo il terzo?
 
Daniele posò le pratiche che stava leggendo e si voltò verso la ragazza. Erano già a letto, ma nessuno dei due accennava a dormire: lei stava leggendo un giallo, lui stava lavorando.
-Il terzo lo chiamiamo Sigismondo.- tagliò corto il capitano, sbadigliando.
-Tu non accetteresti mai tre gemelli!- protestò Selvaggia, mettendo il segnalibro tra le pagine. –Ammettilo, neanche volevi il primo!
Daniele sospirò e sgranò gli occhi:
-Selvaggia, ne abbiamo già parlato: io voglio un figlio da te, voglio tutto da te, chiaro?- scandì, poi si voltò su un fianco. –Tranne essere tenuto sveglio fino a domani.
La donna assottigliò gli occhi, poi con sguardo minaccioso gli chiese di spegnere la luce. Daniele sospirò, si alzò e pigiò sull’interruttore.
La stanza piombò nel buio.
-Buonanotte, Selvaggia.
-Buonanotte, Ghiro.
E poi fu silenzio.


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-Orlando?
-Sì?
-Tu che ne pensi?
 
Anche Lucia e Orlando erano svegli.
Anzi, loro erano ancora in cucina, accanto a due tazze di cioccolata calda.
-Che ne penso di ché?- domandò il tenente, stropicciandosi gli occhi.
-Di Max.
L’uomo trattenne un sorriso:
-Penso che è una bella cosa.- disse.
La donna annuì seccamente:
-Sì, questo lo immagino… ma condividi?- incalzò, monitorando le espressioni del marito.
-Se condivido?- ripetè lui. –Ma certo che lo faccio! Qualunque scelta tu farai, io ti sarò accanto, lo sai. E questa era la più bella che potessi fare.- aggiunse.
La donna sorrise, finalmente tranquilla:
-Sai che ti amo?- chiese.
-Sai che lo so?
-Come sei antipatico!- ribatté lei, correndo in camera.
Orlando scosse il capo, posando la tazza nella lavastoviglie.
-Allora dormirò sul divano!- protestò, poi si avviò a dormire.


*PROMO*

E' ora di iniziare a fare sul serio...
ORLANDO: ho cominciato il rpofilo del seriale...
E di indagare con più urgenza...
LUCIA: quello potrebbe essere il covo
Ma senza dimenticarsi di fare attenzione...
DANIELE: quel bastardo ci ha chiusi in trappola.

RIS Roma 5, in prima ssoluta nei prossimi giorni su EFP :P Non mancate *_*

*FINE PROMO*



N.d.A.: sssssssalve a tuttiiiiiiiiii <3
Dunque, iniziamo col ringraziare i sei recensori del capitolo: grazie per recensire sempre e comunque, se non ci foste voi noi non aggiorneremmo così spesso >.<
Comunque sia, ringraziamo anche i lettori ''semplici'' e quelli che Preferiscono e Seguono la nostra storia :D
Al prossimo capitolo :D

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Capitolo 5
*** In trappola ***


Passata la Pasqua, il clima sembrò peggiorare: grosse nuvole nere si ammassavano ogni mattina in cielo, minacciando i cittadini di bagnare tutti con gocce d’acqua grosse quanto gli ombrelli che però, puntualmente, non cadevano.
 
Il primo giorno di vera pioggia fu il giovedì seguente, quando Ghiro entrò in ufficio in ritardo e completamente fradicio.
 
-Che t’è successo, Ghire’?- domandò Emiliano non appena il superiore entrò, maledicendo santi sconosciuti.
-Pioggia, Cecchi!- esclamò stizzito l’altro: -Pioggia! Solo maledettissima pioggia!
Bianca si avvicinò in quel momento:
-Nottataccia?- chiese, sistemando alcune pratiche.
-Selvaggia continua a parlare di cullette! Dice che non vede l’ora di sapere se è maschio o femmina!- si lamentò il capitano, togliendosi il giubbino zuppo e scrollandosi a mo’ di cane.
 
Lucia arrivò in corridoio in quel momento: era vestita in modo impeccabile, e dai capelli perfettamente lisci e lucenti si deduceva fosse andata di recente dal parrucchiere; dietro di lei, Orlando indossava una camicia bianca e la giacca elegante.
 
-Gran giorno, Lucia?- chiese Bianca, curiosa.
La donna annuì, visibilmente eccitata:
-Oggi l’assistente sociale ci porta Max!- squittì con un tono che nessuno tra i colleghi aveva mai sentito: -Il giudice ci ha concesso una settimana di prova!
Orlando annuì, palesemente orgoglioso della storia:
-Dice che se ci riterrà idonei ci lasceranno il bambino in affidamento fin quando non troveranno per lui una sistemazione definitiva…- spiegò, poi si riscosse: -A che ora hai detto che arrivano, Lucia?
-Stasera alle sette!
Bart fissò i due, un po’ felice e un po’ scettico:
-Sono le otto e trenta del mattino, Lucia… forse dovremmo lavorare.- azzardò, e il sorriso del capitano scomparve d’improvviso:
-Hai ragione, Bart!- esclamò con un brusco ritorno al suo tono abituale: -Anzi, ora che mi ricordo…- aggiunse, prima di ritornare nel suo ufficio a prendere un giornale: -Leggete qui!
I quattro colleghi si avvicinarono al giornale che la donna reggeva: in prima pagina, a caratteri cubitali, la scritta: ‘’SERIAL KILLER DELLE CARTE DA GIOCO: I RIS TROVANO IMPRONTE E DNA’’ troneggiava su una foto della caserma.
-DNA?- ripetè Bianca ad alta voce: -Impronte? Ma noi non abbiamo niente di tutto ciò!
-E dobbiamo ottenerli prima dell’arrivo del generale.- annuì Lucia, un po’ in ansia.


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-Oh… Ghire’! Ghirelli!
-Che c’è, Emiliano?
 
Il tenente, intento ad analizzare il grasso trovato sull’ultima scena del crimine, si avvicinò di soppiatto a Daniele. Gettò uno sguardo a Bianca, impegnata in un confronto antropometrico con Bart, poi cercò Lucia e Orlando, che erano chiusi in ufficio davanti a un pc, e finalmente parlò:
-Devi aiutarme!
 
Daniele lasciò la sua ricerca e si voltò:
-In cosa?- chiese: -E perché ti guardi intorno?
-Shhh! Abbassa la voce, Ghirelli!
-Dimmi!- sussurrò quello, stizzito.
-Devi da’ ‘n’occhiata al ragazzo de Giada.
Daniele puntò il suo sguardo dritto sulla faccia del tenente, che abbassò gli occhi.
-Occhiata in che senso?- chiese.
-Nel senso c’o devi guarda’ e me devi di’ se te pare ‘n tipo raccomandabile.- spiegò pazientemente Milo, continuando a guardare la compagna di sottecchi.
Daniele sospirò, tornò a guardare il computer, poi fissò Bianca:
-E qualcosa mi dice che lei non deve saperlo…- affermò, chiedendo conferma al collega.
-E te dice bene! Bianca dice che so’ geloso, ma io me preoccupo pe’ mi fia!- esclamò il ragazzo, sempre bisbigliando.
 
Il telefono di Ghiro squillò:
-D’accordo, ti aiuto.- si affrettò lui, poi aggiunse: -Ma tu mi accompagnerai al centro commerciale quando sarà il momento di comprare le cullette!- lo minacciò con l’indice puntato sul petto dell’amico. Lui annuì velocemente:
-Facciamo oggi alle cinque.- disse solo, prima di allontanarsi con aria guardinga.


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-Quindi dici che deve essere un soggetto sotto shock?
 
Lucia e Orlando erano chiusi nell’ufficio della donna da quasi un’ora, intenti a trarre un profilo credibile per il seriale:
-Sì… vedi?- domandò Orlando, facendo scorrere le foto delle vittime: -Non ha un modo particolare di uccidere… lui lo fa e basta! La cosa che gli importa è semplicemente l’attinenza con le carte da gioco.- spiegò.
Lucia annuì:
-Ma non credo agisca d’impulso… mi sembra abbastanza lucido: cerca le vittime e le uccide senza lasciare nemmeno una traccia, no?
Orlando sospirò:
-Temo tu abbia ragione, tesoro… e questo è gravissimo! Un seriale lucido può rivelarsi molto più pericoloso di un pazzo, capisci?
Stettero in silenzio per un po’, poi Lucia domandò ancora:
-Che trauma pensi che possa aver avuto?
-Non so… ma possiamo partire dalle carte da gioco.- propose Orlando, connettendosi a internet: -Magari riusciamo a trovare qualche crimine connesso al mondo del gioco di cui il nostro killer è stato testimone, o anche protagonista…
Lavorarono al computer per qualche minuto, poi Lucia smise e iniziò a sorridere:
-Ma ci pensi?- sussurrò: -Io… io non ho mai smesso di lavorare per parlare o fare altro, ma oggi… oggi non riesco a concentrarmi!
Orlando la baciò:
-Anche io, ma dobbiamo fare questo sforzo.
 
Continuarono per un po’, in silenzio.


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-Carmine Danzi, 45 anni. È morto per sfondamento del cranio, credo con un oggetto pesante come un sasso.
 
Bart si passò una mano tra i capelli, sospirando: lui e Orlando si stavano occupando di una telefonata estremamente importante quando li aveva contattati Sasso, e aveva dovuto lasciare Isabella sul filo del rasoio. O meglio, in realtà era stato lui a restare sospeso, senza sapere quando avrebbe rincontrato Isabella.
Suor Isabella, ormai.
 
-Su con la vita, Bart!- lo incoraggiò Orlando cercando qualche prova tra le erbacce: -C’è chi sta peggio di te, vedi?- continuò, accennando al cadavere: era un uomo alto, robusto, dalle mani callose e dai numerosi capelli bianchi.
-Era un contadino.- disse Sasso, osservando di sottecchi il morto: -Aveva appena vinto una grande somma e voleva aprirci un… come si chiama? Un agriturismo?
Orlando fece una smorfia:
-Potrebbe essere…- rispose, poi aspettò che il cadavere venisse rimosso: -Bart… potrebbe essere una rapina, che dici?
Il tenente scosse leggermente il capo, poi si chinò sull’asfalto per raccogliere una carta da gioco, seminascoste tra un mucchio di foglie giallognole.
-Asso di fiori – sussurrò Orlando, fissando l’oggetto tra le mani del collega – la stessa figura che abbiamo trovato sulla scena dell’omicidio scorso.
Bart lo esaminò per qualche secondo, poi si rivolse al tenente:
-Il killer potrebbe aver voluto lasciarci un avvertimento.
-Cosa intendi?
Bart non parlò, ma si mosse in cerchio nella zona che circondava la sagoma di gesso del cadavere. Orlando lo fissò, aggrottando la fronte.
Dopo pochi secondi, il tenente riemerse da un cespuglio stringendo tra le pinzette una seconda carta:
-Proprio come pensavo.


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-Quindi, questa è la tua teoria? – riflettè Lucia, camminando avanti e indietro nel suo ufficio. Bart annuì leggermente:
-Il killer vuole lasciarci degli ‘‘indizi’’ sull’identità della sua prossima vittima lasciandoci la carta che lo identifica… - continuò il capitano, fermandosi accanto alla finestra.
-Esatto.
-Non ne vedo il motivo, però.
Bart fece una smorfia, avvicinandosi alla Brancato:
-Beh, credo che prima dovremmo capire il movente dei suoi omicidi per pensare alla logica delle sue azioni.
Lucia annuì, pensierosa.
Proprio in quel momento, Daniele fece irruzione nella stanza:
-Re di quadri: un uomo pericoloso dai capelli chiari, pericoli per macchinazioni da parte di questo!
Bart e Lucia si guardarono per un attimo.
-E’ il significato dell’ultima carta trovata – spiegò Ghirelli, chiudendosi la porta alle spalle – se l’intuizione di Dossena è giusta, la prossima vittima del killer potrebbe essere un biondo o un uomo anziano.
Il capitano si avvicinò all’uomo, poi esclamò:
-Come procede l’analisi dei reperti di Bianca?
-La sostanze che Bart ha raccolto sembrerebbero fibre di gomma al polisolfuro. Tra i diversi utilizzi, c’è quello per i tubi conduzione di olio o carburante, il ché ci riporterebbe al grasso trovato sulla scena del crimine scorso.
Lucia annuì, sorridendo appena:
-Abbiamo una pista…
-Così sembrerebbe. Faccio una piccola ricerca su… beh, su qualcosa che possa ricondurci al covo del killer!
-Buona fortuna – ridacchiò Bart, seguendo fuori il collega.

 
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-Capitano! Capitano, abbiamo qualcosa! – esclamò Bianca, correndo nell’ufficio della Brancato. Lucia la guardò, un po’ sorpresa, aggrottando le sopracciglia:
-Cosa hai trovato, Bianca?
-Guarda un po’ qua!– continuò la ragazza, esibendo uno strano sorriso e porgendole un mucchio di documenti.
Lucia li consultò per qualche secondo, poi esclamò:
-Giglio di San Giovanni?
Bianca annuì con vigore:
-E’ un fiore campagnolo, molto raro da trovare qui a Roma. Ne ho trovato una particella sulla carta da gioco che il killer ha lasciato accanto al cadavere, l’Asso di fiori – continuò, sicura.
Lucia sorrise a sua volta, poi riconsegnò i referti alla collega e aggiunse:
-Vai a comunicare le novità a Ghiro e digli di svolgere una ricerca sulle zone in cui possiamo trovare questo Giglio di San Giuseppe…
-…Giovanni – la corresse la sottotenente, prima di schizzare fuori dall’ufficio della Brancato.
Lucia scosse leggermente la testa, sorridendo.


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Se qualcuno, alle cinque di quel pomeriggio umido, avesse guardato dietro l’auto rossa parcheggiata all’angolo del viale, avrebbe visto qualcosa di molto strano: tre figure umane, per così dire, erano accovacciate tra un bidone della spazzatura e la suddetta auto, che ondeggiava pericolosamente ad ogni spinta del trio.
 
Emiliano, Daniele e Marika erano appostati in quell’anfratto da più di un’ora, ma nessuno era ancora uscito dal palazzo.
Emiliano alzò il collo leggermente, giusto per uscire dalla massa informe e respirare un po’ d’aria, ma Ghiro lo tirò giù:
-Eh no, Cecchi!- protestò: -Trascini me e Marika in questa storia e poi ti prendi anche queste libertà!
-Ma che libertà, oh! Stavo solo a respira’ ‘n poco!- ribattè il ragazzo, ma fu zittito da sua figlia, che lo fissava con aria arrabbiata:
-Papà! Ma così ci fai scoprire!- bisbigliò, furente.
-Ma ‘n vedi se devo sta’ a senti’ pure te…- si avvilì il tenente, ma la bimba continuava a tirargli la giacca: -Scendo, Marika… scendo!- si rassegnò dunque, e ritornò in postazione.
 
Passarono altri incessanti minuti, tempo durante il quale il cellulare di Ghiro suonò tre volteSelvaggia era in crisi per il colore delle pareti della cameretta della nuova casa che ancora non avevano, poi finalmente Giada si avvicinò al portone.
-Ma allora stava già fori!- si sorprese l’ex marito, mentre sua figlia ribatteva:
-Te l’avevo detto, papi!
Daniele scosse la testa:
-E il suo colossale fidanzato?- chiese, sporgendosi per vederlo.
-Ma chi, Loris?- gli fece eco la vocetta penetrante della bambina, che uscì allo scoperto senza che la madre la vedesse:-E perché cercate Loris?
Ghiro spalancò gli occhi e fissò Milo:
-Pensavo fosse stata tua figlia a lamentarsi di lui, Cecchi!- affermò, sicuro.
-Mia figlia?- ripetè il ragazzo: -No! Ero io che…
Ma la sua voce andò via via affievolendosi fino a zittirsi del tutto sotto lo sguardo omicida del capitano:
-E allora perché siamo qui?- domandò quello scandendo bene le parole.
Emiliano stava cercando una risposta intelligente quando Loris fece capolino:
-Per lui!- ne approfittò quindi il tenente, puntando un dito accusatore verso l’uomo.
Daniele però ebbe una reazione molto diversa da quella che Milo si sarebbe aspettata: non urlò, non scappò, ma nemmeno guardò l’amico con un’occhiata scettica o una presa in giro. Semplicemente, restò lì fermo, a bocca aperta:
-Ma… ma quello è Loris!- balbettò a voce troppo alta.
-E bonanotte, Ghire’!- si lamentò Emiliano scuotendo la testa: -Fin qui c’eravamo già arrivati, no?
Daniele continuò a battere le palpebre:
-No, Milo! Quello è l’ex della mia ex!- spiegò, fissando ancora la montagna di muscoli che baciava Giada.
-Ora sì che sei stato chiaro.- rispose con disprezzo Marika, prima di trascinare il padre fuori dal nascondiglio.
Dopo aver urtato il cassonetto, piegato uno degli specchietti dell’auto che li copriva e dopo essere strisciato fuori sbucciandosi le ginocchia, anche Ghiro riuscì a liberarsi e a seguire padre e figlia verso la coppia:
-Mamma!- chiamò la bambina, interrompendo il bacio.
Emiliano fissava intensamente l’asfalto.
-Ah… ciao, Milo… che c’è qualche problema?- chiese la ragazza, imbarazzata.
Il ragazzo si costrinse a sorridere:
-No, Giada! Ero solo venuto a te reporta’ Marika, che devo torna’ a lavoro… ciao!- salutò velocemente, prima di fuggire seguito da Daniele.
-Coraggioso, Cecchi!
-Mai quanto te…


********************************************************************************************************************
 
-Lucia, c’è qualcuno per te!
 
Quando, alle sette meno cinque, Max entrò in ufficio, Lucia balzò in piedi come se fosse stata caricata a molla.
 
Il bambino sembrava un po’ confuso, ma nel complesso era molto più tranquillo dei giorni precedenti.
 
-Ciao, Max!- lo salutò allegramente Orlando, invitandolo a sedersi accanto a lui: -Ti va di passare qualche giorno con me e Lucia?- domandò poi, indicando il capitano.
La donna stava parlando con un assistente sociale alto e ben piazzato:
-Una settimana di prova…- stava dicendo l’uomo: -Se tutto va bene, potrete fare richiesta per l’affido del minore fino a quando non troveremo una famiglia disposta ad aiutarlo.
Lucia annuì ancora, eccitata.
 
-Ah, un’ultima cosa… deve firmare qui, signora!
Mentre la donna prendeva una penna, Max continuò a stare fermo e fissare Orlando con gli occhi socchiusi:
-Hai un naso molto grande, tu…- osservò infine, dondolando le gambe.
Orlando sgranò gli occhi e ridacchiò imbarazzato:
-Dici?
-Mhmh… e lei invece è bassa.- commentò ancora, secco.
 
L’assistente terminò e salutò educatamente.
 
-Devo stare una settimana con voi?- chiese il bambino quando l’uomo fu uscito.
-Se ti va.
 
Il bambino sospirò:
-Temo che dovrò accettare.

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 -Hai pedinato Giada, Emiliano?
-Pedinato… che parolone! Chi te l’ha detto, scusa?
-Marika!
 
Emiliano e Bianca erano nell’atrio, intenti a riordinare le ricerche.
-Non puoi farlo!- protestava la donna, stizzita.
-L’ho fatto pe’ Marika!
-Se, certo! Per Marika… e tu! Tu lo hai aiutato!- continuò la ragazza, puntando l’indice sul naso di Ghiro: -Credevo fossi più maturo di lui!
 
I due si guardarono, atterriti:
-Sai che ti dico, Milo?- chiese lei in collera, ma fu interrotta da un’altra voce:
-Bianca? Sei tu?
 
Un uomo alto, robusto e ben piazzato, che Emiliano riconobbe come l’assistente sociale che aveva portato Max al capitano, si stava avvicinando.
-Francesco! Che ci fai qui?
-Già, Francesco… che ci fai qui?- sussurrò Emiliano, fissando i due di sottecchi.
Francesco era alto, muscoloso e ben piazzato. Soprattutto ben piazzato. E soprattutto… bello. Aveva capelli biondi che gli ricadevano sulla fronte, occhi verdi e profondi e una barbetta ispida che gli dava un’aria casual.
-Non come te, che sembri un barbone…- mormorò Ghiro, prima di allontanarsi.
-Milo, lui è Francesco! Era un mio caro amico all’università… solo che facevamo due indirizzi diversi. Francesco, lui è il mio… ragazzo.
Emiliano decise di non indugiare sull’incertezza della voce di Bianca.

 
 
C’era qualcosa nell’aria di quel pomeriggio che non prometteva nulla di buono.
 
Erano le sei e trenta del giorno seguente, e cinque dei sei ufficiali del RIS stavano strisciando tra colline di erba stopposa: Lucia, Orlando, Emiliano, Daniele e Bianca erano in divisa e camminavano veloci e silenziosi.
 
-Ohi, Milo… ringrazia Giada per aver dato un’occhiata anche a Max!- sussurrò Orlando, mentre da un cespuglietto si spostavano al successivo.
-Non c’è de ché, Orlando! Marika era molto contenta…- rispose il ragazzo, prima di fissare Bianca:
-Aho, ma che stai ancora arrabbiata?
-Arrabbiata?- replicò lei, secca: -E per cosa? E comunque smettila di dire ‘’aho’’ che mi dai fastidio!
Il ragazzo la ignorò.
 
Era dalle otto del mattino che stavano svolgendo le ricerche: il fiore, il grasso, le tracce di pneumatici… tutto, alla fine, aveva portato a quei garage ormai dismessi in periferia, accanto a una delle poche serre che coltivavano i fiori ritrovati sulla scena del delitto del contadino. Era quello il covo.
 
Quando arrivarono, le pistole cariche, le espressioni tese, non c’era nessuno.
Lucia si asciugò il sudore dalla fronte, poi si rivolse agli altri:
-Voi controllate nei garage… io do un’occhiata qua!- ordinò, prima di allontanarsi.
Orlando scosse il capo:
-Ci voleva anche Bart… così andava con lei!- esclamò, ben sapendo che la moglie non avrebbe mai accettato la sua ‘’protezione malcelata’’.
-Ma Bart è da suor Isabella, no?- domandò Ghiro.
-Sì… voleva chiarire.- spiegò Bianca con una smorfia.
-Io penso che ha già chiarito tutto sta ragazza quando s’è fatta suora, non so voi…- mormorò Emiliano.
 
I primi tre garage erano vuoti, completamente abbandonati.
Il quarto, nonostante non contenesse niente, era più pulito.
-C’è puzza di macchina, qui dentro!- esclamò Ghiro: -Mi sa che è questo!
 
Entrarono tutti: Emiliano e Bianca iniziarono a ispezionare il terreno in cerca di segni di pneumatici, mentre Orlando esaminava le pareti e Daniele si aggirava intorno per la grande stanza.
 
Poi, all’improvviso, la saracinesca cominciò a chiudersi: troppo lenta perché non se ne accorgessero, troppo veloce perché riuscissero a uscire.
 
In un attimo tutto fu buio.
-Aho! Aprite!- gridò Emiliano, picchiando forte contro la porta di ferro.
-Troppo tardi…- mormorò Ghiro: -Quel bastardo ci ha chiusi in trappola.

*PROMO*

Trovare una via d'uscita...
EMILIANO: Dobbiamo uscire di qui
...può risultare più difficile di quanto si creda.
BIANCA: Credo che abbia un'emorragia interna...

Ris Roma- Delitti imperfetti 5, tra pochi giorni su EFP :3 vi aspettiamo<3

*FINE PROMO*



NdA: TARATADAAAAAAAAN :3
Indovinate chi sono? La seconda e invisibile
(?) autrice della fic, Lily :3
*fa un inchino*
Beh, che cosa dire? Speriamo che anche questo capitolo sia stato di vostro gradimento e vi abbia lasciato un po' d'ansia u.u
Il prossimo è già completo, arriverà fra poco :3
A prestissimo, le vostre Marty e Lils. 1 KìZz xDxDxD 
(?)
 

 

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Capitolo 6
*** Senza via d'uscita ***


Emiliano bussò più volte sulla pesante parete di ferro che gli si era chiusa davanti pochi attimi prima, chiamando aiuto. Il suono dei suoi colpi risuonò tetro nella stanza, che improvvisamente apparve a tutti molto più buia e stretta.
-Cazzo! – urlò Daniele, sferrando un calcio ad un grosso pezzo di legno ammuffito, che giaceva in un angolo del garage.
-Dobbiamo uscire di qui! – aggiunse agitato il collega, camminando freneticamente da una parte all’altra della struttura, percorrendo i muri in pietra con le mani, quasi a cercare una porta nascosta o un punto debole di cui approfittare per evadere di lì.
Orlando chiuse gli occhi per un attimo, cercando di mantenere la calma e di fare mente locale. Ma proprio in quel momento, uno sparo molto vicino ridestò l’attenzione di tutti.
-Lucia! – scattò il tenente, correndo da una parete all’altra in cerca di una fessura da cui poter vedere fuori. Il suono di passi lenti e pesanti risuonò nel silenzio circostante, accompagnato solo dal fruscio dell’erba.
-Orlando! Qui! – urlò Emiliano, indicando al collega una finestra sbarrata, situata quasi sotto il soffitto. Senza aspettare il consenso dell’altro, piazzò le mani su una sporgenza in pietra della parete, adagiando poi i piedi in modo da poter salire fino al piccolo davanzale. Dal basso Daniele e Bianca lo fissavano, fremendo.
Sembrava quasi che ce l’avesse fatta, quando il giovane perse l’equilibrio e precipitò sul pavimento, battendo la testa.
-Cazzo! –urlò di nuovo Daniele, più forte, precipitandosi a soccorrere l’amico. Emiliano giaceva sul pavimento, privo di sensi, la fronte graffiata e le mani sporche di polvere.
-Milo! Milo! – gridò Bianca, inginocchiandosi accanto al ragazzo e prendendogli la testa tra le mani. Il ragazzo emise un flebile gemito, poi aprì lentamente gli occhi:
-Come stai?
-Come sto, Bià… - sussurrò socchiudendo la bocca e tenendosi lo stomaco con una mano. La sottotenente sorrise, abbracciandolo.
Seguirono pochi secondi di silenzio, teso e rilassato allo stesso momento, poi il rumore di ciottoli che cadevano attirò l’attenzione verso Orlando, che cercava faticosamente di arrampicarsi sulla parete per arrivare alla finestrella:
-Non ci riesco! – protestò, girandosi trafelato verso i colleghi - non c’è nessun appiglio!
Daniele si alzò e si avvicinò all’uomo, tastando la parete in cerca della sporgenza su cui Emiliano aveva fatto riferimento per salire fino al piccolo davanzale, poi abbassò lo sguardo: poche pietre giacevano sul pavimento, contornate da una chiazza scura di polvere.
Orlando fissò in quello stesso punto pochi secondi dopo e, interpretando lo sguardo del capitano, si allontanò nervosamente dal muro,per poi sferrare un secondo, violento calcio al pezzo di legno in fondo alla stanza.
Fu solamente dopo pochi minuti che i colleghi avvertirono tre colpi secchi alla porta. Provenivano dall’esterno.
Con cautela, Daniele si avvicinò all’uscita sbarrata e si abbassò, cercando di sbirciare dai piccolo buchi ornamentali della saracinesca. Pochi secondi dopo arrivarono altri colpi, seguiti da un sussurro strozzato.
-Lucia! – gridò Orlando, scivolando accanto al capitano e picchiando forte contro la porta di ferro – stai bene? Lucia!
Seguirono pochi attimi di silenzio carico di tensione, poi una voce gridò:
-Orlando!
L’uomo sorrise, quasi sollevato, avvicinando il volto alla saracinesca:
-Come stai? Puoi farci uscire di qui?
Lucia prese un gran respiro, poi sussurrò:
-Mi ha sparato… non posso fare niente…
Daniele sospirò, alzandosi faticosamente e avvicinandosi ad Emiliano, steso con Bianca in un angolo della stanza:
-Milo, ascoltami: hai con te un cellulare?
Emiliano annuì, indicando la tasca del jeans. Pochi istanti dopo, pigiando sui tasti consumati del vecchio telefono, gridò:
-Non c’è campo!
Daniele si mosse ancora, frenetico.
-Lucia!- cominciò: -Dove ti ha sparato?
Seguirono attimi di inquietante silenzio, ma la voce della donna tornò a farsi sentire:
-Al fianco destro!- rispose con un grido strozzato.
-D’accordo, allora puoi muovere le mani?- continuò Ghiro, il naso appiccicato alla saracinesca.
La donna espresse il suo consenso, quindi l’altro capitano urlò:
-Chiama Bart!


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Era sorprendente come, a pochi chilometri da Roma, il tempo fosse così diverso: il cielo era limpido, forse reso così pulito da uno scroscio di pioggia, e un venticello fresco muoveva leggermente le foglie degli alberi.
 
Il convento dove Isabella era, nonostante la Pasqua fosse passata, ancora in ritiro, sorgeva in periferia della capitale, al centro di una macchia d’alberi.
 
-Salve, vorrei vedere Isabella!- salutò gentilmente Bart, e una suora anziana aprì la porta.
Accomodandosi, Bart prese il cellulare: aveva promesso a Daniele e Milo di informarli sugli avvenimenti, ma la vecchia signora scosse il capo:
-Qui niente cellulare, giovanotto!- biascicò, e il tenente spense immediatamente l’apparecchio.


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-Non c’è campo! Non c’è campo, maledizione!
 
L’urlo teso e sofferente di Lucia ruppe il silenzio pochi minuti dopo.
Nel garage, la situazione stava lentamente peggiorando: Orlando, terrorizzato all’idea delle condizioni di Lucia e al tempo stesso distrutto dal fatto di non poter fare niente, era accovacciato accanto alla saracinesca, nel punto più vicino possibile alla moglie, e fissava il vuoto con aria inerte.
Emiliano era a terra e le sue condizioni peggioravano: era pallido e sembrava nona vere la forza di muoversi. Accanto a lui c’era Bianca, che gli teneva la testa in grembo e fissava lo stesso punto di Orlando.
Daniele, invece, tentava di trascinare il vecchio ciocco sotto la piccola finestra con le grate.
-E’ inutile, Ghiro…- parlò Orlando dopo un po’, con voce apatica e monocorde: -E’ marcio, faresti la stessa fine di Emiliano.
Ma il capitano non demordeva: tirò e spinse fino a quando il legno, marcio più di quanto pensassero prima, non si sgretolò, lasciando davanti a Ghiro solo un ciocco grande forse la metà. In compenso il capitano scorse qualcosa: una carta da gioco.
-Guardate un po’ qua!- esclamò, chinandosi: -Re di quadri: eravamo noi le prossime vittime- sussurrò, fissando la carta come se fosse il killer.
Seguirono attimi di silenzio, rotti solo dal respiro incostante e affaticato di Emiliano.
 
-Sentite, cosa stiamo facendo qui?- chiese a un certo punto Daniele, rialzandosi: il suo sguardo corse da Orlando a Bianca, soffermandosi sull’espressione tramortita di Milo e sulla saracinesca da cui proveniva la flebile voce di Lucia. –Che vi succede?
Orlando scosse la testa:
-Niente, Daniele…- mormorò, mentre vari ‘’bip’’ annunciavano che Lucia stava riprovando a contattare Bart.
-Appunto! Oh, noi siamo i RIS! Quelli che hanno fatto fuori la banda del lupo, Lily Paravidino… io anche una setta e un seriale, ma non è questo il punto!- li esortò, avvicinandosi alla saracinesca in modo che anche Lucia sentisse.
-E quale sarebbe il punto, Ghire’?- sussurrò Emiliano con la voce roca.
-Il punto sarebbe che dobbiamo uscire di qui! Possiamo farlo!
Una risatina inframmezzata da lamenti spezzò l’aria:
-Che discorso, Ghiro!- esclamò Lucia: -Comunque credo che Bart sia in un posto dove non c’è segnale…- aggiunse: -Come va dentro?
Orlando scosse il capo:
-Male, Lucia! Emiliano è caduto e credo abbia un’emorragia interna…- borbottò, facendo sobbalzare il ragazzo.
-Oh, ma che state a di’?- mormorò, tossendo.
-Stai disteso, Milo…- lo incoraggiò Daniele prima di sentirgli il polso: -E’ debole.- assentì, poi lanciò un’ occhiata di sbieco a Bianca: -Non farlo muovere.- le ordinò.
-Lucia, è stato il killer a sparare?- chiese Orlando, tentando in ogni modo di mantenere un contatto con la moglie.
-E’ stato lui…- rispose la donna debolmente: -E’ alto, biondo…
Biaca rifletté per qualche secondo, poi esclamò:
-E’ lui quello della carta: macchinazione da parte di un uomo dai capelli chiari! Non era la vittima, era il carnefice!
-E ‘sto garage non è ‘l covo…- bisbigliò Emiliano con una smorfia.
Daniele annuì:
-E noi non siamo degli stupidi, quindi usciremo da qui!- li incoraggiò camminando ancora.

 
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-Credevo volessi aspettarmi, sai…
-Aspettarti, Bart? Ma se è proprio a causa tua che ho affrettato tutto!
 
Bart e Isabella erano seduti in cortile, su di una panchina in ferro battuto:
-Quindi è colpa mia?- sussurrò il ragazzo, guardando in basso.
-Non colpa, Bart… non pensarlo nemmeno! Mi hai fatto riflettere, tutto qui!- precisò la ragazza.
 
Quando, per la prima volta, Bart l’aveva vista con la veste da suora, per poco il ragazzo non era crollato a terra.
-Stai bene vestita così…- scherzò invece in quel momento.
-Ti ringrazio e mi fido sulla parola!- sorrise lei, poi gli prese le mani: -E tu? Hai trovato le risposte che cercavi?
Lui annuì:
-Ho capito che non serve fuggire lontano, perché la mente ti segue ovunque tu vada. E quindi sono tornato.- spiegò il ragazzo.
-E i tuoi amici? Come stanno?
Lui sorrise di nuovo:
-Stanno bene, stanno bene…

 
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-Dannatissimo cellulare e dannatissimo Bart!
L’urlo di Daniele, un urlo di frustrazione che sorprese perfino la pacatissima Bianca, risuonò forte per il garage.
-Non urla’, Ghiro… me sta a fa’ male la testa!- protestò Milo, gli occhi chiusi e la voce strascicata.
Orlando scosse la testa:
-Ammettilo, Daniele! Restiamo qui!- strillò a sua volta, balzando in piedi: -Lucia! Lucia!- chiamò poi, sempre spaventato che la moglie stesse troppo male per parlare.
-Dimmi, tesoro!- rispose la donna, sussurrando.
-Come stai?
Un lamento precedette la risposta:
-Ho preso la giacca e ne ho fatto una fasciatura, ma sto continuando a perdere sangue…- rispose lei, tradendo la sua ansia con la voce tremolante.
-Non ti addormentare, continua a parlare!- la incitò Orlando, e lei rise sommessamente:
-So come si fa, Orlando…
 
Nell’angolo opposto della stanza, Daniele era accovacciato accanto a Emiliano.
-Ho sete…- gemette il ragazzo, voltandosi verso Bianca: aveva il fiatone come se avesse corso per un miglio e tremava.
-Non abbiamo niente, Milo… ma ora usciamo da qua!- lo incoraggiò Bianca, mentre Daniele gli sentiva nuovamente il polso. Il capitano stette fermo per quasi due minuti, poi si alzò:
-Cecchi!- esclamò con un ritorno improvviso alla sua voce scherzosa: -La prossima volta che cadi, fallo di schiena!
Emiliano rise, bloccandosi subito per il dolore:
-Ah Ghire’!- rispose, tentando di girarsi per osservare l’altro: -Io me so girato apposta pe’ no’ cade’ de schiena… potevo restarce secco, paralizzato!- spiegò, poi aggiunse con una smorfia: -Ma me sa che ce rimango comunque…
Daniele sorrise, ma in quel momento gli sembrò che i muscoli avessero dimenticato la tecnica per farlo:
-Continua a respirare, Emiliano…- consigliò solo, prima di allontanarsi.
-Dici sur serio, Ghire’?- scherzò il ragazzo, poi fu di nuovo silenzio.                     


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-Ti ringrazio di avermi cercato, Bart. Ci vedremo ancora?
 
Bart si guardò intorno, in imbarazzo: cinque o sei suore, tutte piuttosto in là con gli anni, fissavano lui e Isabella come se fossero una soap opera:
-Ci vediamo, se vuoi…- mormorò, abbracciandola.
 
Per la prima volta, si accorse che l’unica cosa fuori posto era quel bacio.
 
-Allora… vado, d’accordo? A presto, Isabella!- salutò, poi con un cenno del capo si congedò anche dalle suore.


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-Lucia! Lucia, parla!
-Sono qui, Orlando…
 
Orlando si alzò in piedi di scatto, prendendo a calci la saracinesca con foga.
-Sto bene, tesoro…- disse la donna con voce flebile.
Daniele camminò avanti e indietro, riflettendo.
 
-Bianca…
-Dimmi, Milo!
-Sento freddo.
 
Emiliano era ancora disteso, questa volta su un fianco, e continuava a muoversi. Aveva cambiato posizione forse una decina di volte in tre minuti, e continuava a non darsi pace.
Daniele gli si avvicinò di nuovo:
-Cecchi, a furia di muoverti ti sei fatto venire la tachicardia! Capisci? Neanche Selvaggia si muove così quando…
-Sì, Ghire’… me sa che amo capito tutti!- tagliò corto il ragazzo.
Gli animi si distesero e i quattro chiusi nella stanza si lasciarono andare a qualche risatina.

 
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-Segreteria telefonica di Daniele Ghirelli detto Ghiro: se non sono raggiungibile sto dormendo, sto lavorando o sto facendo qualcosa che è meglio non sappiate. Chiamate più tardi o lasciate un messaggio.
 
Bart sospirò:
-Ghiro, ho provato a chiamare ma non sei raggiungibile, e neanche Milo lo è. Comunque sto tornando, tra un’ora e mezza sarò da voi e vi racconterò tutto. A dopo!


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La notte iniziò a scendere troppo presto, costringendo i quattro rinchiusi nel garage a socchiudere gli occhi per mettere a fuoco qualcosa.
 
Daniele, in tutta sincerità, confessò a sé stesso che davvero non vedeva vie d’uscita, ma non osò dirlo a nessun’altro per non abbattere gli amici già demoralizzati di loro.
 
Si aggirò per il garage per quella che forse era la decima volta: conosceva ormai a memoria ogni sassolino, ogni sporgenza e rientranza delle quattro pareti che rappresentavano la loro prigione, ma non aveva idea di come uscirne:
-Non perdiamoci d’animo…- mormorò, più a sé stesso che agli altri, poi si chinò accanto a Emiliano:
-Come sta, Bianca?- sussurrò, dando un’occhiata al viso sudato del ragazzo.
La sottotenente scosse il capo:
-Non lo so, Ghiro…- sussurrò, la voce tremante.
-Andrà tutto bene.- annuì l’uomo anche se, guardando il viso pallido del ragazzo e sentendogli il polso sempre più debole, dubitava fortemente che sarebbero usciti in tempo. Scosse il capo, turbato da quei pensieri, e continuò il suo giro.
Orlando era accovacciato ormai da ore accanto alla saracinesca: la voce di Lucia aveva smesso di farsi sentire da qualche minuto, ma la donna era viva, come testimoniava il suo respiro affannato.
 
Daniele si fermò e si sedette:
-Pensa!- si disse: -Pensa!
E pensò: pensò a ogni soluzione possibile, a Bart chiuso in montagna, a chiunque avrebbe potuto aiutarli e, nonostante facesse di tutto per ignorare quell’idea, una sola persona gli balenò in mente. Sapeva che era folle, che non avrebbe dovuto, che davvero era una brutta, bruttissima idea, ma in cuor suo non se la sentì di abbandonare i suoi amici senza tentare anche quell’ultima strada: si cacciò una mano nella tasca e ne trasse fuori un vecchio cercapersone. Era, ovviamente, modificato abilmente dalle mani di Ghiro, e questo lo rendeva più efficace di un qualsiasi altro dispositivo.

 
 
-Ah Ghire’! E tu… tu mo lo… lo cacci fori!- protestò Emiliano, la voce inframmezzata dai colpi di tosse.
-Scusate!- protestò Ghiro, vergognandosi che l’idea gli fosse venuta in mente solo allora. Velocemente, contattò la ragazza e le spiegò a grandi linee la situazione, poi esclamò, trionfante:
-Selvaggia ha detto che arriva subito!
 
Orlando annuì, soddisfatto: sapeva anche lui che se qualcuno che poteva riuscire a trovare la combinazione elettronica per l’apertura della saracinesca, quella era Selvaggia.
-Perfetto!- esclamò quindi, e tutti parvero rinvigorirsi.

 
 
Selvaggia arrivò in meno di dieci minuti, ma impiegò quasi un’ora a decriptare i codici.
Nel frattempo, due ambulanze arrivarono; la prima si fermò davanti a Lucia.
Dall’interno della loro prigione, i quattro sentirono il rumore delle ruote di una barella e dei passi di due assistenti che caricavano Lucia.
 
-Lucia! Lucia, vengo da te appena riesco a uscire da qui!- le gridò Orlando, e la donna emise un flebile ‘’sì’’.
Il mezzo partì a sirene spiegate, lasciando dietro di sé solo il silenzio.
Un manipolo di carabinieri allertati da Selvaggia fece la sua comparsa con in testa Sasso:
-Ghirelli! Ma state tutti là dentro?
-No, Sasso!- rispose il capitano, scettico: -Stiamo evadendo in un tunnel scavato con i cucchiai!
 
Nel frattempo, i due soccorritori della seconda ambulanza davano indicazioni per Emiliano:
-Ha perso molto sangue?- stava chiedendo il primo soccorritore con una voce quasi annoiata.
-Ma che ne sappiamo!- sbottò Orlando, tentando di guardare attraverso le fessure della saracinesca: -Da fuori non si vede mica!
-Emorragia interna?- chiese allora il soccorritore.
-E’ lei il medico, faccia qualcosa!- protestò Bianca, e l’uomo iniziò a dare indicazioni.
 
E poi, finalmente, Selvaggia aprì; seguì un attimo di trambusto: Orlando, scusandosi con gli altri, corse verso l’auto per raggiungere Lucia, mentre Bianca restò accanto ai soccorritori che visitavano Emiliano, svenuto.
 
Quando anche l’ambulanza fu partita, Bianca si infilò in macchina con Ghiro e si avviarono verso l’ospedale.

 
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Le 20.20.
Bianca e Orlando erano in piedi, in sala d’attesa. Silenziosi, impassibili, percorrevano il corridoio come moti perpetui.
-State calmi…- li esortava Daniele, ma la sua espressione tradiva l’angoscia. Era seduto, i gomiti sulle ginocchia e gli occhi socchiusi, e lasciava che Bart gli battesse una mano sulla spalla.
 
Emorragia irreversibile, trasfusioni inutili, lesioni al fegato… parole e termini del genere continuavano a tornare in mente ai quattro colleghi che sedevano in corridoio, aspettando notizie.
Lucia era finita dritta in sala operatoria, protagonista di un disperato intervento per la rimozione del proiettile; Emiliano, invece, era in rianimazione: i medici sostenevano che bisognasse prima capire a che punto era arrivata l’emorragia per capire come intervenire.
 
E poi, un dottore si fece avanti.

 
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Aveva finito, una volta per tutte. Giustizia era fatta.
Entrò nel suo covo, nel suo vero covo, a cuor leggero. Con uno scatto di gioia mista a rabbia, tutti i fogli e tutte le fotografie volarono via dalla scrivania, lasciando un solo articolo di giornale: ‘’BANDA DEL LUPO RAPINA CASA NEI PRESSI DEL TEVERE: IN ROVINA UN COMMERCIANTE’’.
Odiò ogni singolo tratto di quei topi, quella merda che ora giaceva come un nugolo di insetti nel vecchio garage. Li odiava perché avrebbero potuto evitare tutto.
-Siete morti, tutti.- sussurrò a denti stretti prima di tracciare una croce rossa sul viso di cinque dei sei agenti: -Tu manchi, bastardo, ma sei il prossimo sulla lista.- mormorò poi, preparandosi al prossimo colpo.


*PROMO*

Identità misteriose...
BIANCA: E' l'unico che corrisponde all'identikit, ma... è morto.
...e ritorni al passato.
BART: Mario Pugliese e la banda hanno rapinato casa sua poco prima che morisse.

Ris Roma- Delitti imperfetti 5, tra pochi giorni su EFP! Non mancate :3

*FINE PROMO*


NdA: Ed eccomi qui :3
Ehm, si, sono di nuovo io: Lily. Vi siete stancati di me? 
*un coro di 'sii' assale l'autrice*

Ma... ma... prometto che questa è l'ultima volta, poi vi riestituisco Marty (al momento impegnatissima con i dolci di Natale :3) e.e
Come sempre, speriamo che il capitolo vi sia piaciuto e bla bla bla. Vi sapettiamo al prossimo :3
A prestissimo, siete la nostra ciuoooia<3


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Capitolo 7
*** Risvegli ***


All’inizio, Lucia non riusciva a capire cosa fosse successo: era distesa su di un letto, ne era certa. Sapeva anche che non sentiva più dolore al fianco e che era pulita e stava al caldo, ma più di questo non riusciva a percepire.
Aprì gli occhi e una luce bianca e abbagliante la colpì. Era in ospedale, ne era certa.
Il viso di Orlando, spaventato, speranzoso e premuroso insieme, faceva capolino nel suo campo visivo. Nonostante la stranezza e la drammaticità della situazione, Lucia rise ricordandosi che una scena simile si era verificata qualche anno prima:
-Stavolta sei tu a controllare me…- mormorò sorridendo.
Accanto all’uomo, la figura di un bambino spiccava contro il soffitto e le pareti rigorosamente bianche:
-Ciao, Lucia.- commentò piattamente Max, che aveva l’aria annoiata e il grembiulino blu della scuola.
-Ciao, Max!- rispose lei, alzandosi quel poco che le bende sull’addome le consentivano: -Come ti trovi con Orlando?
Il bambino alzò le spalle:
-Bene.- rispose.
-Quanto tempo è passato?
-Quasi un giorno. È da poco passata l’una del pomeriggio.- spiegò Orlando.
Prese una sedia e si accomodò, Max sulle ginocchia:
-Al RIS siamo tutti in fermento.- continuò poi.
Lucia annuì:
-Avete già qualcosa?
-No, purtroppo. Solo una nuova carta: un nuovo omicidio, forse… stiamo ancora battendo la pista dei debiti di gioco, ma per ora non ci sono risultati.
 
La donna stette in silenzio, assaporando quel momento di pace, poi un altro pensiero si fece strada:
-Emiliano.- disse, cercando lo sguardo di Orlando: -Era ferito, giusto?
Il tenente deglutì:
-Sì. È caduto dal muro sul quale si stava arrampicando per guardare fuori e ha battuto la testa. Ma la cosa grave è l’emorragia… ha un’emorragia grave dalle parti dello stomaco.
-Come sta?
-E’ in terapia intensiva, l’hanno operato poche ore fa. I medici dicono che si riprenderà.- la tranquillizzò: -Ora c’è Daniele con lui.
Lucia inarcò le sopracciglia:
-Daniele?- ripetè.
-Stiamo facendo a turno: due lavorano e due aspettano qui. Ora toccava a Bianca e Bart, ma tra mezz’ora devo andare.
Lucia sorrise, soddisfatta:
-E’ Ghiro a dirigere tutto, vero?
-Ahimè, è lui!


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Emiliano si riprese circa un’ora dopo l’intervento.
Aprì gli occhi di scatto e quel che vide non gli garantì uno dei migliori risvegli: due grandi pupille nere erano a pochi centimetri da lui e sembravano scrutargli interessate i peli del naso. Un mucchio di capelli ricci e disordinati gli ricadevano sulle palpebre, facendogli strizzare gli occhi ancora assonnati:
-Ghirè! Ghirelli! – protestò, cercando di scacciare il collega mollandogli qualche ceffone. L’uomo si allontanò di scatto, sorridendo maniacalmente:
-Finalmente sei sveglio! Credevo fossi morto.
Emiliano fece una smorfia, poi scosse la testa:
-Ahò, era da tanto che non la sentivo.
Daniele aggrottò la fronte, rivolgendogli uno sguardo interrogativo.
-‘A puzza de ospedale – spiegò il collega, serio. Ghiro alzò un sopracciglio tanto che il tenente temette potesse uscirgli dalla faccia, poi borbottò:
 -Come ti senti?
-Eh vabbè… me sentivo meglio prima de tutto ‘sto casino, ma me poteva anda’ peggio, no?- chiese il ragazzo, rassegnato.
Si tirò a sedere: una pesante benda bianca gli fasciava il torace finendo sullo stomaco, celata da una specie di maglietta bianca che Emiliano non ricordava di avere mai avuto. Un ago era infilato nella mano sinistra e, tastandosi il viso, il ragazzo si accorse di avere vari taglietti.
-Tranquillo, hai ancora tutto a posto.- lo rassicurò Ghiro, poi si sporse verso il ragazzo: -E se te lo stessi chiedendo, anche perché qualcuno era sicuro che lo avresti fatto, Bianca è al lavoro ma tornerà entro l’anno. Oh, entro l’ora.
Emiliano abbozzò un sorriso, poi biascicò:
-Che me porti ‘n caffettino?
Daniele, rassegnato, si alzò dalla sua postazione e si avvicinò verso l’uscita.

 
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Bart si sfilò i fastidiosi guanti da laboratorio e si avvicinò alla sottotenente che sostava accanto ad un pc, sorseggiando mesta un caffè:
-Come va con le indagini? – esclamò, poggiandosi con un gomito al tavolino bianco che gli stava affianco. Bianca gli rispose con un’alzata di spalle, poi si ripulì le labbra con la lingua e rispose:
-Sto aspettando la telefonata di Serra dall’ospedale, deve ‘’interrogare’’ Lucia per ricavare qualche informazione sul killer.
Bart annuì serio, poi si allontanò. Pochi secondi dopo, il cellulare squillò vivace nella tasca del camice della ragazza, che lo afferrò prontamente:
-Orlando? Dimmi!
Tempo pochi minuti, i due colleghi erano davanti al computer a inserire i dati e un identikit abbozzato:
-E ora… cerchiamo!- sospirò Bart pigiando il tasto ‘’Invio’’. La ricerca partì e migliaia di volti diversi sfilarono davanti ai due colleghi, che fissavano pigri lo schermo.
-Come sta Milo?- domandò dopo un po’ Bart, sbadigliando.
-L’ultima volta che sono stata in ospedale era ancora sotto anestetico… Daniele ha detto che si è svegliato, appena mi da il cambio vado…
-Se vuoi resto io qui!- si offrì Bart, abbassando lo sguardo: -In effetti se non avessi perso tempo con Isabella forse sarei riuscito a tirarvi fuori di lì…
Bianca scosse il capo, sorridendo:
-Bart, ma che dici! E comunque non preoccuparti… Milo non si muove di lì!- esclamò, rassicurandolo. Poi il computer emise un ‘’bip’’ assordante e li costrinse a voltarsi: il volto di un uomo molto simile a quello dell’identikit faceva bella mostra sul desktop.
-Eccolo qui! Dario Manetti, residente a Roma…- cominciò a leggere il tenente, ma si bloccò a metà pagina: -No, non può essere lui.- mormorò.
-E perché no?
-Perché è morto tre mesi fa. Si è suicidato.


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-Allora? Cosa vogliamo mangiare? – esclamò, con il tono più allegro che poté, Orlando, guardando il piccolo Max intento a disegnare. Il bambino alzò svogliatamente il capo per rivolgergli un’occhiata vuota, poi ritornò a colorare i suoi omini schierati tristemente sul foglio.
Orlando fece una smorfia, corse in cucina, poi tornò nel piccolo salotto dove il bambino era inginocchiato, brandendo una scatola malconcia di bastoncini di pesce:
-Ti vanno questi? – esclamò, sfoggiando un gran sorriso. Il bambino fece una smorfia e scosse la testa. Rassegnato, l’uomo tornò in cucina per cercare qualcosa che aggradasse il piccolo. Era la prima cena che passavano insieme e avrebbe dovuto cavarsela da solo. Lucia era bloccata in ospedale e, stando alle parole dei medici, ci sarebbe dovuta restare ancora per un bel po’. L’aveva salutata poco prima, portandosi dietro il bambino, e da quando aveva varcato la soglia di casa non aveva fatto altro che correre avanti ed indietro con cibi di ogni genere tra le mani. Tentò un’ultima volta, proponendo a Max un precotto a base di funghi e verdure miste, poi si sfilò il ridicolo grembiule da cucina e si sedette accanto al piccolo:
-Cosa stai disegnando? – sussurrò, avvicinando il viso al disegno. Il bambino non parlò, ma girò il foglio verso di lui per permettergli di guardare meglio: c’erano solo due omini, uno più grande dai capelli biondi e gli occhi verde scuro, e uno più piccolo e magrolino con gli stessi connotati, ma gli occhi di un nero intenso.
-Mia mamma e me.- rispose il bambino, asciutto.
Orlando si accovacciò e sorrise ancora:
-Sei molto bravo.- commentò: -Ora perché non metti il pigiama e decidiamo una volta per tutte cosa mangiare?- propose, e il bambino corse nella stanza che ormai era diventata sua. Una volta quella camera era un piccolo studio dove Lucia e Orlando mettevano le varie pratiche che portavano a casa, ma era da quando avevano progettato di metter su famiglia che quella stanzetta era stata adibita a camera da letto provvisoria.
Orlando scosse il capo, poi prese il cellulare:
-Lucia? Come ti senti?- sussurrò, non appena la donna rispose: -Tutto bene… senti, devo chiederti una cosa importante. Cosa deve mangiare Max?

 
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-Che cosa capita due volte a Giugno, una ad Agosto, ma mai a Ottobre?
-Mmh… vediamo! Questa ‘a so! Mmh… ‘a Lazio vince ‘na partita?
-Ma a Giugno e ad Agosto non ci sono partite!
-Appunto!
 
Emiliano rise sommessamente davanti ad un’attonita Bianca.
Erano le otto di sera e la ragazza era seduta accanto al tenente, che aveva l’aria un po’ stanca ma non accennava a cedere. Conoscendolo, Bianca sapeva che avrebbe tirato avanti tutta la notte pur di non ammettere di stare male.
 
-Era la lettera G!- esclamò lei, piatta.
-Ah! Già… giusto!- fece lui, appoggiandosi meglio ai cuscini. Sbadigliò, poi mosse la mano a cui era attaccata la flebo, infastidito.
-Stai fermo!- protestò la ragazza, tentando di riattaccargli bene il cerotto. Si sporse un po’ per controllare e la sua faccia si pietrificò: -Emiliano Cecchi!- sussurrò digrignando i denti.
-Presente!- esclamò lui.
-Cos’è quello?- continuò lei, implacabile, indicando un bicchierino di carta.
-E che è? È ‘n bicchiere… ci ho bevuto… il… caffè.- la voce del ragazzo si affievolì man mano che comprendeva:
-Il caffè, Milo? Il caffè dopo un’operazione? Il caffè quando ieri avevi la tachicardia? Ma ti sembra un’azione intelligente?
Emiliano prese mentalmente nota di incolpare Ghiro: dopotutto, tentò di spiegare a Bianca, lui non era abbastanza lucido quando l’aveva chiesto all’amico, e sarebbe stata sua responsabilità, no?
-No!
-Non lo faccio più.
-Sei perdonato!
Stettero in silenzio per un po’. Il ragazzo cominciò a cedere.
-Tesoro, io vado, ok?
-Mhmh.
-Ti chiamo domattina.
-Mhmh…
Emiliano chiuse gli occhi, poi un pensiero tremendo lo costrinse a riaprirli:
-Bià?
Lei sorrise:
-Dimmi.
-Ma… ma tu stai a casa co’ Giada? Cioè, voglio di’, solo tu e lei?
Il sorriso della ragazza si congelò:
-Sì.
-Me dispiace, Bia’.- sussurrò lui, soffocando un altro sbadiglio.
-Per stasera non fa niente… tanto vado a cena fuori.
Emiliano ci mise qualche secondo per registrare l’informazione, poi sgranò gli occhi:
-A cena fuori?- ripeté, tentando di mettersi seduto.
-Perché… c’è qualche problema?
-No, no… nessun problema.- si affrettò a rispondere lui, prima di stendersi di nuovo: -A domani, allora?
-A domani. Ti amo!
-Pure io.
Bianca si alzò, gettando un’ultima occhiata al ragazzo, ma mentre stava per uscire lui la richiamò:
-Co’ chi esci?
Lei sorrise, soddisfatta che, sotto sotto, il suo Milo un po’ geloso lo era:
-Con Francesco.- disse, tranquilla.
-Co’ Francesco…- ripetè lui, odiando l’anestesia che ancora gli impediva di ragionare in tempi rapidi. Infatti Bianca era già uscita quando Milo borbottò:
-Ma Francesco l’amico tuo?

 
****************************************************************************************************************************

-Sai Ghiro? Sono sorpresa.
-Sorpresa? E di cosa?
-Del fatto che tu mi stia portando a cena fuori!
 
Daniele scosse la testa e corse ad aprire la portiera a Selvaggia. Lei era molto carina, vestita con un abitino nero che metteva un po’ in risalto la pancetta che le stava crescendo.
-Sei un gentiluomo, stasera!- commentò lei, scendendo e dandogli la mano.
-Lo faccio in onore di tutte le Flavia, i Tommaso e gli… Alfonso? che ci sono lì dentro!- rispose l’uomo avvicinandosi al cameriere: -Ghirelli, prego!
Il ragazzo li accompagno ad un tavolino più appartato. Presero posto.
 
-Allora ti sei deciso con i nomi?- ricominciò Selvaggia, accarezzando la pancia.
-Ooooh! Selvaggia, per stasera possiamo fingere che tu sia semplicemente ingrassata?- la supplicò, prendendo il menù.
-No! Però possiamo fingere di aver già deciso i nomi.- contrattò lei, e il compagno annuì, avvilito:
-Allora?- domandò poi: -Che antipasto prendi?
-Mmh… io direi cozze!- decise lei con un sorrisino.
-Ma… ma non puoi, sei incinta!- esclamò Ghiro, allarmato.
-Ecco! Lo vedi?- ribattè allora lei, trionfante: -Anche tu continui a ripetere che sono incinta!
-Ma lo sei!
-E perché allora dovremmo fingere il contrario?
-Perché… d’accordo, mi arrendo.
Il cameriere portò una bottiglia di vino e qualche stuzzichino.
Selvaggia cominciò a mangiare mentre Ghiro versava il vino nei calici ma, quando il ragazzo alzò il bicchiere per brindare, si fermò:
-Oh, Ghiro! Ma quella è Bianca?- chiese, fissando la coppia a qualche tavolo di distanza.
L’uomo si girò e osservò bene la donna:
-Eh sì, è Bianca… e quello è un suo amico dell’università!- si affrettò a precisare per evitare equivoci.
-Un suo amico?- ripeté Selvaggia, scettica.
-Non ti facevo così pettegola, cara mia… sì, amico!
-Sarà…
La serata proseguì tranquilla. Daniele mangiò un piatto di pasta e poi divise con Selvaggia una bistecca. Alla fine presero un dolce:
-Ci voleva proprio, eh?- commentò la ragazza, affondando il cucchiaino nel budino a cioccolato.
-A chi lo dici!- esclamò il Ghiro in risposta, masticando con gusto una ciambella.
Poi lei si fermò, a bocca aperta. Posò il cucchiaino con un tintinnio, fissò un punto poco più lontano e ingoiò a vuoto.
Quando Daniele seguì il suo sguardo, il suo cuore ebbe un tuffo: Bianca stava baciando Francesco.

 
****************************************************************************************************************************

-Dario Manetti è l’unico che corrisponde perfettamente all’identikit, ma…
-Ma…?
-Ma è morto.
-Perfetto.
 
Quella mattina erano in riunione: Daniele, al quale era stato affidato l’incarico di dirigere la squadra, era al posto che in genere occupava Lucia, mentre Bart, Bianca e Orlando erano seduti come sempre.
 
-Com’è possibile?- chiese il capitano, passandosi una mano tra i capelli.
-Non lo sappiamo, però crediamo che sia comunque la pista giusta.- ribattè Bart, sicuro: -Manetti era pieno di debiti di gioco, e si è suicidato per questo.
Orlando annuì:
-Dovremmo controllare un po’ nel suo passato…
-Fatelo.- ordinò Ghiro, congedandoli. –Bianca… aspetti un momento qui, per favore?
La ragazza sorrise e si fermò:
-Dimmi.
 
Daniele non parlò subito. Aspettò che i due fossero usciti, che avessero chiuso la porta e che si fossero allontanati, poi sospirò, si passò una mano tra i capelli e cominciò:
-Ieri sera io e Selvaggia siamo andati fuori a cena.- disse: -Al ristorante, e più precisamente a quello di Via de Martiri.
Bianca deglutì:
-C’ero anch’io.- disse, piatta.
-Lo so.
-E…?- domandò lei, ma abbassò lo sguardo.
-E ti ho visto.
Sospirarono entrambi:
-Bianca, so bene di non avere il diritto di intromettermi nella tua vita, né tantomeno in quella di Francesco, ma mi sento in dovere di dirti che secondo me stai sbagliando.
Lei stette zitta.
-So che non sono nessuno, ma sono tuo amico. Sono amico di Emiliano. Non voglio farti la morale, non è nel mio carattere, ma sinceramente ci sono rimasto male quando ho visto… quando ho visto che vi baciavate. Emiliano ha mandato all’aria un matrimonio per te, e lo sai benissimo. Magari le cose non funzionano bene tra voi, ma non è così che si risolvono. Fidati! Io… io ovviamente non dico niente a nessuno, ma vorrei che chiarissi la faccenda. Per favore.
Il discorso terminò nel silenzio più opprimente.
Bianca era diventata una statua di sale: se ne stava in piedi, immobile. Poi alzò lo sguardo:
-So di aver sbagliato, Ghiro.- disse seccamente: -So tutto, Daniele. Ma so anche che è stato Francesco a farlo. Io ci sono stata, d’accordo, ma di certo questa cosa non avrà un seguito.- mormorò: -Comunque ti ringrazio… sei un amico.
 
Seguì un altro silenzio imbarazzante.


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Il pomeriggio passò svelto e fu solo quando era già buio che Bart e Orlando irruppero nell’ufficio del capitano:
-Daniele, abbiamo qualcosa!- esclamarono in coro, poi si accomodarono.
-Ditemi!- li esortò Ghiro, smettendo di messaggiare con Selvaggia.
-Dario Manetti ha un fratello gemello, Sandro. È incensurato, a quanto pare, ma l’identikit è lo stesso, giusto?- cominciò Bart, palesemente soddisfatto.
Daniele annuì:
-E’ una pista: Lucia ne sarà soddisfatta.
-C’è un altro dettaglio, però…- proseguì Orlando, sospirando: -Ecco Ghiro. Vedi, ci siamo chiesti perché avesse provato a ucciderci. Credo di aver trovato il movente. Il seriale uccide lasciandoci le carte da poker, che sono state in un certo senso quelle che hanno ucciso suo fratello. Ma c’è anche un altro colpevole per il suicidio del giovane.- si interruppe, lasciando la parola a Bart:
-Mario Pugliese e la banda hanno rapinato casa sua poco prima che morisse. Rubarono praticamente tutto, lo mandarono in rovina. Ci da la colpa per non averli presi prima dell’incidente.
 

*PROMO*

L'ultimo, disperato passo del killer...
BART: non è copa nostra, Manetti.
...può rivelarsi fatale per tutti...
ORLANDO: Bart, il seriale sta arrivando

RIS Roma 5, ultimo episodio, prossimamente su EFP :D Non mancate :P

*FINE PROMO*



N.d.A.: ehilà :D No, non spaventatevi, la serie non finisce qui XD
Dunque, avrete notato che sono solo 8 episodi: vi possiamo mai lasciare in pace così presto? :O
Semplicemente, abbiamo pensato di dividere la serie in due parti e fare quindi due casi diversi, capito?? Quindi appena questa parte finirà, troverete nel fandom la FF ''RIS Roma 5 - Delitti imperfetti [parte 2]'' :D
Speriamo che anche questo capitolo vi sia piaciuto e aspettiamo un vostro parere :P
Un bacione e grazie mille a tutti <3

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Capitolo 8
*** Corsa con ostaggio ***


-Sandro Manetti, residente a Roma, in viale degli Alberi 315. Andiamo a dare un’occhiata.
 
La mattina seguente cominciò così, con una corsa verso la casa del seriale. Bart e Daniele si diressero sul posto in auto, seguiti da parecchie macchine dei carabinieri, ma entrarono soli.
La casa era vuota. Aprirono forzando la serratura e, appena entrati, capirono subito che quello era il posto giusto.
-Vieni un po’ qua!- chiamò Bart dopo un po’, indicando un ufficio secondario, piccolo.
Una scrivania faceva bella mostra di sé, ricoperta di articoli di giornale, fogli e quant’altro.
-Repertiamo tutto.- suggerì Bart mettendosi all’opera, ma Ghiro era fermo davanti alla parete.
Una gigantografia di una foto apparsa sui giornale qualche tempo prima era affissa alla parete: c’erano loro sei, i sei RIS, e su cinque troneggiava una X rossa.
-Manchi solo tu, Bart.


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-…e così abbiamo capito che il seriale sta puntando a Bart.
 
Orlando terminò il racconto di quella mattinata passeggiando per la stanza dove Lucia era ricoverata.
-E avete messo Bart sotto stretta sorveglianza, no?- chiese la donna, ma era chiaro che considerava la risposta scontata.
-No.
Orlando abbassò lo sguardo, pronto alla sfuriata.
-No?- ripetè Lucia.
-No.
-E perché?
Max fissava entrambi con aria interessata.
-Perché non ci pare opportuno.
-Capisco.- ribattè la donna, scettica: -Non vi pare opportuno risparmiare la vita di un collega.
-Non ci pare opportuno se possiamo usarlo come esca.- precisò il tenente, prima di sedersi sul bordo del letto della moglie.
-E come pensate di fare, esattamente?
Seguì un silenzio agghiacciante
-Non lo sappiamo, Ghiro sta progettando il piano.- ammise lui, ignorando volutamente le risatine del bambino.
-Non sono d’accordo.- dichiarò la donna, le braccia conserte: -E se i medici mi dessero il permesso di uscire da qui, le cose andrebbero in maniera diversa.- aggiunse, imbronciata.
-Ma i medici non lo fanno, quindi le cose vanno così.- contrattaccò Orlando, poi continuò: -E io ne sono contento, perché il piano di Ghiro mi sembra buono.
Il viso di Lucia si incupì di botto:
-Capisco.- disse solo, voltandosi verso Max: -Come va con Orlando?- chiese, mutando d’improvviso il tono di voce.
-Bene… sono due giorni che mangiamo solo pizza!- rispose il piccolo lanciando un’occhiatina all’uomo.
-Due giorni?- ripetè Lucia in cerca di spiegazioni: -E si può sapere perché?
-Perché lui non vuole altro!- si difese Orlando, ma il bambino scosse il capo:
-Perché lui non sa cucinare altro!- protestò.
Lucia li guardò, sconfortata.


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-…e così Lucia ci ha…ehm, proposto… di scegliere uno di noi per proteggere Bart.
 
Orlando si guardò intorno, preoccupato: quando aveva scelto di accettare la ‘’proposta’’ di Lucia, non aveva pensato alle conseguenze che ora gli si manifestavano davanti.
Ghiro fu il primo a parlare:
-No, non si può. Cioè… lui è superBart, non ha bisogno di una scorta! E noi abbiamo bisogno di… beh, siamo in quattro!- protestò, e Bart annuì con vigore:
-Io me la so cavare, e poi sto sempre in ufficio, sarà molto difficile che resti solo!- aggiunse.
-Lo so, ma Lucia dice che sarebbe meglio!- ribatté Orlando, nonostante una parte di lui fosse d’accordo con i colleghi.
-Perfetto, allora metteremo un uomo con Bart. Ma uno solo, giusto per le emergenze.- cedette il capitano, poi fece scorrere lo sguardo sugli altri: -Bianca... te la senti di assumere l’incarico?
La richiesta di Ghiro scatenò una reazione ancora maggiore di quella di Lucia:
-Bianca?- ripeté Orlando: -Ma… ma non credo sia appropriato, insomma…
-Me la sento, Ghiro.- li interruppe lei, anche se non sembrava così sicura.
Orlando scosse il capo:
-E’ un’idea folle.- dichiarò, facendo per andarsene.
Ghiro lo trattenne per un braccio e lo fissò:
-Vuoi occupartene tu, Serra? E il bambino? Oppure vuoi farmene occupare personalmente, così dovranno mandare un capitano da fuori?- chiese, scettico. Orlando tacque.


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-Milo?
-Dimmi.
-Hai presente quando ti ho detto che stasera devo lavorare?
-Era una bugia?
-No. Però è un lavoro particolare.
-In che senso, scusa?
 
Emiliano, fino a quel momento appoggiato ai cuscini, scattò a sedere:
-Un lavoro… particolare?- ripeté, preoccupato.
-Non in quel senso!- protestò Bianca: -Ma che pensi?
-Ma io non stavo a pensa’ niente!- rispose il ragazzo sulla difensiva, poi gettò uno sguardo alla ragazza: -E comunque de che se tratta?
-Devo… sorvegliare Bart.
Emiliano scoppiò a ridere:
-Tu devi serveglia’ Bart?- chiese.
-Sì.
-Ok… e perché mo dici?
-Per fartelo sapere.
-D’accordo.
 
Stettero in silenzio per un po’: Bianca era seduta sul letto del ragazzo e guardava il cellulare, mentre Milo era seduto nel letto e tentava di non guardare la sacca di sangue della trasfusione.
Era una cosa che fin dall’inizio gli aveva fatto profondamente schifo: il pensiero che il sangue di qualcun altro gli sarebbe stato iniettato nelle vene lo faceva rabbrividire.
-Scusa, e poi dici che io non sono adatta a sorvegliare Bart?- domandò Bianca dopo un po’.
-In che senso, scusa?
-Non hai il coraggio di guardare un po’ di sangue!
Emiliano sgranò gli occhi:
-Ma che c’entra! Me fa schifo sape’ che me stanno a da’ er sangue de qualcun altro!- protestò.
Bianca rise, ma fu interrotta dall’arrivo di Ghiro:
-Cecchi! Sei ancora vivo?- chiese, entrando, con in mano una ciambella.
-Così pare…- rispose l’altro: -A proposito, Bia’… com’è andata l’altra sera?- domandò Emiliano, fissando la ciambella di Ghiro.
-A proposito di ché, scusa?- si difese lei.
-No… così, pe’ parla’…
 
Emiliano guardò Bianca arrossire, voltarsi verso Ghiro e poi rispondere:
-Tutto bene… Francesco è un tipo apposto.
Sorrise.
-Molto apposto, direi…- sussurrò Daniele, ridacchiando, ed Emiliano lo guardò sospettoso:
-In che senso, scusa?
-Senso? Niente, dicevo così, per dire.- si difese Daniele, guardando di sottecchi la ragazza: -D’accordo, Cecchi! Il tempo stringe e noi abbiamo da lavorare. Tieni!- esclamò poi, porgendogli una ciambella: -Mangia e riprenditi e… beh, domani comunque vengo di nuovo.
-Cia’ Ghirelli…- salutò il ragazzo, poi si rivolse a Bianca: -Vai anche tu, vero?- chiese, mogio. Lei annuì:
-Devo.- rispose solenne, poi uscì.
Emiliano si ridistese, stufo di quella situazione così noiosa.
 
-Sei uno… uno…- balbettò Bianca furente, non appena ebbero lasciato l’ospedale: -Mi hai fatto spaventare a morte!- protestò.
Daniele rise:
-Era una piccola vendetta per Milo…- si giustificò, schivando il colpo della donna.


****************************************************************************************************************************
 
-Tutto bene, Bart?
-Tutto bene. Bianca è arrivata.
-Perfetto. Continua a comportarti normalmente.
 
Ghiro, dal furgone in cui era appostato con Orlando e Sasso, dette un’occhiata ai monitor: erano cinque ore che aspettavano fuori alla casa del seriale, ma nessuno si era ancora fatto vivo.
-Forse se n’è accorto e se n’è andato…- ipotizzò il capitano, ma Orlando scosse il capo: -Non prima di essersi vendicato. Non prima di aver ucciso Bart e tutti noi, ormai… avrà capito che siamo ancora vivi, no?
Ghiro annuì:
-Questa storia è pazzesca…- si lamentò, prendendo il cellulare.
-Lo so… nessun killer era riuscito a metterci fuori gioco in questo modo.- commentò Orlando, scoraggiato, ma Ghiro lo fissò:
-Ma che hai capito? Intendo la storia delle cullette! Selvaggia persevera nel dirmi…
-Oh, aspettate un momento!- li interruppe Sasso, additando uno dei monitor: -Guardate là, al posto di lamentarvi!
Sandro Manetti camminava rapido in direzione di casa sua: Ghiro, Orlando e i carabinieri delle volanti si prepararono.
-Non sarà molto contento di sapere che abbiamo saccheggiato casa sua.- borbottò il tenente, caricando la pistola.
-Non lo sarà.- confermò il capitano, poi uscirono.
 
Attesero pochi minuti e poi l’uomo uscì di nuovo, apparentemente furioso. Tirò alcuni calci a un palo e poi, armato di una borsa contenente chissà cosa, entrò in auto:
-Seguiamolo!- ordinò Ghiro, e il furgone si mise in moto. Le volanti aspettavano poco più indietro.
La vecchia macchina del seriale percorse rapida la strada che la separava da…
-…casa di Bart!- esclamò Orlando, contattando il collega: -Bart! Bart, il seriale sta arrivando!
Dal telefono giunsero i rumori di due armi che si caricavano, poi la voce del tenente rispose:
-E noi siamo pronti ad accoglierlo… dove siete?
-Stiamo arrivando.
-Perfetto.
 
Riagganciarono.
Il furgone continuò a star dietro alla vettura sospetta fino a quando quest’ultima non si fermò proprio sotto casa di Dossena.
-Fermiamolo!- ordinò a quel punto Ghiro, e scesero tutti dal furgone.
-Sandro Manetti! Mani in alto.- gridò Orlando, e a quel suono l’uomo iniziò a correre. Fu una corsa disperata, rapida, in cui Ghiro e Orlando furono costretti ad arrampicarsi sulle scale a velocità folle. Il seriale continuò a correre, ma all’ultimo piano fu bloccato da Bart e Bianca.
Senza perdersi d’animo, Manetti tirò fuori dalla borsa un coltello lungo diversi centimetri e già macchiato di sangue, ormai secco. Con una mossa fulminea, si voltò e in un attimo Ghiro era sotto l’arma, la pistola ormai lontana.
-Lascialo andare!- gridò Orlando, pronto a sparare.
-Certo! Lo lascio andare!- gridò il seriale, sputando le parole come veleno: -Come avete fatto voi, eh? Con la banda… l’avete lasciata andare fino a quando non ha distrutto la vita a mio fratello!- urlò ancora.
-Non è colpa nostra, Manetti!- disse Bart con voce calma: -Noi abbiamo preso la banda, e tuo fratello non è stato l’unico ad essere derubato!
-No! Ma è stato l’unico a morire, vero? È stato debole, forse… così mi hanno detto quando hanno trovato il corpo! Impiccato… e attorno a lui c’erano le carte da gioco, quelle che lo hanno rovinato!
I carabinieri guidati da Sasso erano a pochi metri da loro.
-Non è colpa nostra, nè tua, Manetti!- protestò ancora Bart, ma l’uomo pigiò il coltello sotto il mento di Ghiro: -Ma è colpa tua se lo uccidi! Non ti è sembrato abbastanza provare a ucciderci tutti, nel garage? Eh?- gridò con rabbia, ma lui scosse la testa:
-Ve lo meritavate! Ve lo meritate tutti!
 
Fu allora che intervenne Bianca: tremante, sicura di fallire, si avvicinò da dietro e strinse il collo di Manetti che, per liberarsi, lasciò andare Ghiro. Poi tutto fu un susseguirsi di colpi: Sasso sparò, e al suo avvio tutti i carabinieri fecero fuoco, ma i proiettili piovvero, inutili, al centro delle scale. Bart corse fino a raggiungere il seriale che, vistosi perso, stava tentando di gettarsi giù.
-E no, Manetti… tu vieni con noi!
E così lo ammanettò:
-Portatelo via.


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-…e così Bianca gli salta addosso in stile agente segreto, sai… tipo film delle superspie, e poi io…
-Interrompo qualcosa, ragazzi?
-Solo il racconto delle eroiche gesta di Bianca Proietti.
 
Quando Bart entrò nella stanza n°45 del piano di chirurgia, Lucia era a letto. Indossava il suo solito pigiama rosa chiaro e aveva l’espressione allegra; accanto a lei, Orlando mangiava i cioccolatini della busta del piccolo Max, accucciato sul letto della donna. Ghiro era in piedi accanto alla finestra, le braccia conserte, e parlava, mentre un’imbarazzata Bianca abbassava lo sguardo. La ragazza era in piedi dietro la sedia dove Emiliano, anche lui in pigiama, era seduto. Accanto al ragazzo c’era Marika, che guardava con desiderio i cioccolatini dell’altro bambino.
-Puoi prenderli, se vuoi.- la incoraggiò Orlando, e la bambina sorrise.
-‘A Marika… ma pare che te stai a mori’ de fame… Orla’, questa magna tutti i giorni, eh!- ribattè Emiliano, ma poi accettò anche lui il cioccolatino che Max gli porgeva.
-Riunione di famiglia?
Quando anche Selvaggia entrò, la stanza minacciò di scoppiare.
-Selvaggia? Allora… tutto bene?- domandò Ghiro con una punta di panico nella voce.
Lei sorrise:
-Ho fatto l’ecografia.- annunciò alla folla: -e ho, anzi abbiamo, qualcosa da dirvi!
Daniele vacillò e rischiò di collassare su Emiliano.
-Maschio o femmina?- chiese Bianca, curiosa.
-Maschio e femmina.- rispose Selvaggia con un sorriso: -Sono due.
Daniele aprì la bocca per parlare, ma non lo fece.
-Due? E come li chiamate?- esclamò Emiliano, alzandosi.
-E come li chiamiamo?- chiese anche Selvaggia, guardando il compagno pietrificato.
-Ah Ghire’! Chiudi ‘a bocca perché ci entrano le mosche!- suggerì Milo, superando la figlia saltellante per abbracciare Selvaggia. Poi toccò a Bart, che la strinse velocemente, e a Lucia, che invece la tenne piegata in due sul letto per parecchio tempo.
-Si vede che avete rubato anche il nostro!- scherzò Orlando, poi il suo cellulare squillò.
Uscendo per rispondere, l’uomo si voltò un attimo: erano tutti lì, tutti racchiusi in quella stanza. I motivi per cui Bart aveva abbandonato la missione ed era tornato: Lucia, Max… la sua famiglia; Milo, un po’ malconcio, con la figlia e Bianca; e poi Bart, sorridente, e Selvaggia e Daniele. Tutti, ma proprio tutti quelli di cui aveva bisogno, erano lì dentro.
-Pronto?
-Salve, siamo i servizi sociali…
 
 
Salve a tutti!
Voi ancora non ci conoscete: siamo Flavia e Tommaso Ghirelli, ma ci chiamano tutti ‘’Flavia e Tommy’’, ‘’i gemellini’’ o, nel caso di papà, ‘’i bambini che quando nasceranno mi rovineranno la vita’’.
Sì, perché noi per ora siamo ancora chiusi nella pancia di mamma. Di Selvaggia. Noi ancora non conosciamo i nomi che normalmente si usano, ma credo che quello di mamma sia un po’ strano, non trovate?
 
Comunque sia, siamo qui per parlarvi della nostra famiglia.
Noi non abbiamo ancora capito bene quanto sia grande, perché ci sono davvero tante persone che vengono a salutarci.
Sicuramente, oltre la mamma, c’è papà: si chiama Ghiro, anche se certe volte lo chiamano Daniele, e quando bussa alla pancia di mamma ci parla sempre di cose che si chiamano ‘’virus’’. Io non so cosa sono, ma non credo di essere interessata. Eppure per i nostri genitori sembrano così belli!
Poi c’è una signora, si chiama Lucia, forse è una zia, anche se mamma dice che è una ’’madrina’’. Credo che non sia molto simpatica, perché non ci saluta quasi mai e quando lo fa è sempre veloce. Invece suo marito, che si chiama Orlando, ride sempre e dice che noi saremo ‘’la rovina di papà’’. Non so cosa vuol dire, ma mi sembra una cosa brutta. C’è anche un bimbo, è il loro figlio, anche se papà e mamma parlano di una cosa che si chiama ‘’hanno ottenuto l’affidazione’’, se non sbaglio, ma penso che è uguale. È un po’ cattivello, perché ogni volta bussa molto forte e ci urla di uscire.
Il ‘’padrino’’ di Tommy, che non so cosa significa, si chiama Emiliano e ci parla sempre di una cosa. Si chiama ‘’Roma’’ e sembra noiosa quanto i virus, anche se forse è un po’ più divertente. Insieme a Emiliano c’è Bianca, che è la fidanzata. Lei è dolce e credo che è molto buona. Poi c’è Marika, che è una bambina come Max ma è più brava e accarezza sempre il pancione di mamma. E, infine, c’è Bart, che è serio serio e non ride mai. Non ci ha mai accarezzato e quando tra due mesi usciremo da qui, io glielo dirò.

 
N.d.A.: ok, forse abbiamo dato completamente i numeri con quest'ultimo capitolo, soprattutto per qunato riguarda il finale XD Se non si fosse capito, le voci narranti appartengono ai due figli di Ghiro U_U
Comunque sia, ringraziamo tutti quelli che hanno recensito, Preferito e Seguito la nostra serie. Tutti quelli che l'hanno letto e, naturalmente, un encomio speciale va soprattutto agli amici della pagina della nostra cara Flo che pubblicherà a breve questa serie *_* Anzi, ha già cominciato XD
Ne approfitto per dirvi di passare da lei, la pagina si chiama RIS Roma *1_e_2* e merita, ve lo assicuro U.U
Beh, che dire? Come già anitcipato cominceremo a breve la seconda parte, e speriamo che vogliate leggerla.
Un bacione :D
M4RT1 e S_Lily_S <3
 
 

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