Soap Opera Pair: Danimarca/Finlandia di ViolaNera (/viewuser.php?uid=163681)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Holding hands ***
Capitolo 2: *** Cuddling somewhere ***
Capitolo 3: *** Watching a movie ***
Capitolo 4: *** On a date ***
Capitolo 5: *** Kissing ***
Capitolo 6: *** Wearing each other's clothes ***
Capitolo 7: *** Cosplaying ***
Capitolo 8: *** Shopping ***
Capitolo 9: *** Hanging out with friends ***
Capitolo 10: *** With animal ears ***
Capitolo 11: *** Wearing kigurumis ***
Capitolo 12: *** Making out ***
Capitolo 13: *** Eating ice-cream ***
Capitolo 14: *** Genderswapped ***
Capitolo 15: *** In a different clothing style ***
Capitolo 16: *** During their morning ritual(s) ***
Capitolo 17: *** Spooning ***
Capitolo 18: *** Doing something together ***
Capitolo 19: *** In formal wear ***
Capitolo 20: *** Dancing ***
Capitolo 21: *** Cooking ***
Capitolo 22: *** In battle ***
Capitolo 23: *** Arguing ***
Capitolo 24: *** Making up afterwards ***
Capitolo 25: *** Gazing into each other's eyes ***
Capitolo 26: *** Getting married ***
Capitolo 27: *** On one of their birthdays ***
Capitolo 28: *** Doing something ridiculous ***
Capitolo 29: *** Doing something sweet ***
Capitolo 30: *** Doing something hot ***
Capitolo 1 *** Holding hands ***
Tutte
le seguenti storie sono ispirate ai prompt proposti in questo link:
30
days OTP challenge di EriCandy.
1.
HOLDING HANDS
Gli
piace moltissimo correre.
Da
amante della velocità, del vento tra i capelli, del cuore
nelle orecchie che lo fa sentire vivo, non potrebbe non apprezzare
quell'attività che per lui è come un gioco. Diventa
una sfida se qualcuno cerca di superarlo, di staccarlo ed istigarlo a
fargli raggiungere una schiena che cerca di diventare più
piccola per la distanza guadagnata, ma la competizione è
soltanto parte del divertimento.
Gli
piace correre principalmente per se stesso, per vedere come il
paesaggio intorno cambi rapidamente, per sentirsi bene durante e dopo
per diverse ore ancora. Si perde in un mondo tutto suo quando
sfreccia nei boschi, schiva sassi e salta tronchi d'albero che
sbarrano un sentiero, gli occhi brillanti e a volte pieni di lacrime
se la temperatura è troppo rigida. Gli piace bruciare ossigeno
e sentire i muscoli tirare, lo affascina la sensazione degli abiti
che si incollano premendo sul corpo e quel folle, irrazionale senso
di libertà man mano che la strada gli si apre davanti,
apparentemente senza confini o limiti.
Stringe
i pugni e macina terreno, evitando piccoli ostacoli, fingendosi
braccato e in pericolo.
Quando
la mano lo afferra unendo palmo contro palmo, il respiro gli si
blocca in gola, ma non smette di correre come se avesse un mostro
dietro, pur esitando ed allertandosi.
Volta
leggermente il viso e si accorge di avere il danese al suo fianco,
sorridente, felice e spensierato mentre lo trascina con sé, ad
una velocità anche maggiore della propria.
Il
giovane Finlandia è sbigottito mentre viene tirato avanti da
un corridore bravo quanto lui. Credeva di essere il più veloce
tra loro; non si capacita di come lo abbia raggiunto e nemmeno di
come mai sia già sveglio, quando ha sempre pensato di essere
l'unico tanto mattiniero.
Neppure
per un momento la ritiene una gara improvvisata, non dopo quello
sguardo limpido, non dopo quel sorriso enorme e le mani strette. Non
pensa neppure che voglia fermarlo.
Corrono
insieme e -sebbene una parte di lui sia un po' imbarazzata- non
lascia andare quella mano neanche quando infine giungono in cima alla
collina e si fermano, ansimanti e sudati, ad ammirare il paesaggio
sottostante ed il villaggio immerso in una tenue foschia.
Prende
avide boccate d'aria, felice, pur con ogni parte del corpo dolorante
per lo sforzo protratto, per quel palmo caldo che non si muove e lo
fa arrossire per il contatto.
Restano
a guardare le abitazioni, fianco a fianco, due ragazzini di stature
diverse in cima ad una collina erbosa, le dita fermamente
intrecciate.
«Ecco!
Guarda!», esclama il più alto indicando il cielo
all'orizzonte.
L'alba
si schiude davanti a loro, accendendosi ed esplodendo di colori
caldi.
Finlandia
resta incantato a fissarla, dimenticando per un po' che ha smesso di
respirare.
«Non
è meraviglioso? Volevo mostrartelo.»
Annuisce
senza parole, sentendo un curioso calore diffonderglisi nel petto.
Non
è molto che ha imparato a comunicare davvero con loro, così
diversi da lui.
La
persona con cui passa più tempo -anche se non esattamente
facendo lunghi discorsi- è lo svedese che l'ha trovato, quindi
non può che sentirsi emozionato per quel comportamento. Non si
sentiva molto considerato dagli altri, però quel gesto lo fa
sentire più accettato, se non altro dal danese.
Ama
correre, specialmente da solo, senza vincoli come una foglia nel
vento, ma non ha mai amato tanto essere a corto di fiato per l'alba
davanti ai loro occhi e per la mano nella sua.
«Grazie,
Tanska.»
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Capitolo 2 *** Cuddling somewhere ***
2.
CUDDLING SOMEWHERE
Il
danese tiene le braccia spalancate per un po', prima di portare le
mani dietro, a tenere la nuca, proteggendola dal contatto diretto con
l'erba del parco.
Inspira
ed espira, un'espressione di calma assoluta in volto, mentre le
risate dei bambini che giocano, il suono inconfondibile di qualcuno
che si passa la palla e l'abbaiare sporadico di qualche cane vanno ad
incorniciare una domenica perfetta spesa nel relax.
Il
ragazzo accanto a lui osserva le chiome degli alberi, verdi per la
bella stagione, e tiene la faccia indirizzata al cielo
straordinariamente limpido, rilassato tanto quanto l'altro è
sonnecchiante.
«Secondo
te è possibile contare le nuvole?»
Matt
ridacchia e scuote la testa, accavallando una gamba sul ginocchio e
dondolandola un po'. «Sarebbe come
chiedere se si possono contare le stelle, Tino. A me sembra una gran
faticaccia.»
Il
finlandese sorride appena, socchiudendo gli occhi e voltando la testa
nella sua direzione. Si gira sul fianco, una mano che fuoriesce dalla
coperta a scacchi stesa sotto di loro e va a tormentare pigramente
qualche fresco ciuffo d'erba.
Solo
dopo qualche minuto si fa coraggio, fissando direttamente il profilo
dell'altro ed assumendo un'aria concentrata; smette di scocciare
l'erba ed allunga il braccio verso di lui, prendendo un lembo della
sua maglietta tra due dita come per accertarsi del materiale.
«Matt.»
L'uomo
smette di contemplare le nuvole e si dimentica di averne appena vista
una identica ad Hanatamago che insegue una balena volante,
rivolgendogli la sua completa attenzione.
Si
guardano negli occhi per svariati secondi e Tino resiste per poco,
prima di ritrarre la mano e lasciarla, raccolta in se stessa, accanto
al suo fianco disteso.
«C'è
una cosa che vorrei dirti. Una specie di... confessione.»
«Un
segreto? Vuoi venire qui a dirmelo all'orecchio così non ci
sente nessuno?»
Sogghigna
un pochino, ma smette quando vede il palese imbarazzo nei lineamenti
dell'altro. Si schiarisce la voce e gli fa un cenno col mento, come a
dirgli di continuare.
«So
che ti sembra improvviso e m-mi dispiace, ma... ecco, c'è una
parte di me che credo... no, sono sicuro che ci sia questa
parte che...» Si morde un labbro
gemendo di sconforto e si mette seduto di colpo per voltarsi
dall'altra parte.
Matt
vede le sue spalle irrigidirsi ed allunga subito un braccio,
posandogli il palmo al centro della schiena con fare rassicurante.
«Hey,
va tutto bene. Puoi dirmi quello che ti pare.»
Tino
si incurva sulle gambe e si infila le mani tra i capelli,
spettinandosi con un sospiro.
«C'è
una parte di me che quando siamo così vicini vorrebbe...
abbracciarti... vorrebbe fare e dire tante cose e... pensavo...
p-pensavo... che potrei essere... sì, insomma, potre-»
Danimarca
lo tira giù e lo obbliga a rimettersi disteso, avvolgendolo in
una stretta soffocante e rubandogli un verso sorpreso, accompagnato
da una serie di deliziosi brividi che non gli sfuggono.
Sente
il respiro accelerato del ragazzo e allo stesso tempo percepisce
l'aumento del proprio battito, in attesa di questo da almeno
un secolo. Se non di più, ad essere proprio onesti.
«Potresti
essere...?», lo incoraggia, sfiorando
con cautela i suoi capelli biondi con le labbra. Altri brividi, altri
suoni indecifrabili dall'altro.
«Potrei
essere... di te.»
Quella
pausa tra le due parti del discorso è quello che gli serve.
Non è incertezza, è confusione e timore, sì, ma
non per quello che prova.
Sa
che Tino ha sempre avuto ragazze bellissime, anche se con nessuna è
andato avanti per molto tempo. Non dev'essere semplice sentirsi
attratto da lui e scindere quei desideri dalla semplice amicizia che
li unisce. No, non dev'essere facile per niente, ma se se n'è
accorto, allora è vero. Allora c'è speranza, per loro.
Lo
tiene tra le braccia, cullandolo un po' e restando a respirare il
tenue profumo di shampoo alle erbe, misto a qualcosa di dolce che lo
ha sempre caratterizzato.
Non
sa per quanto tempo lo tiene stretto, mentre entrambi restano
insolitamente silenziosi. Ad un certo punto Tino smette di starsene
rannicchiato e gli fa passare le braccia al di là della
schiena, completando quell'abbraccio.
Matt
lo riempie di carezze silenziose. Ed altrettante, poi, ne riceve.
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Capitolo 3 *** Watching a movie ***
3.
WATCHING A MOVIE
Il
danese si rigira la copertina del dvd tra le mani, lievemente
perplesso. Tino lo guarda e pensa per la milionesima volta che trova
tenerissima la sua espressione confusa, ma si astiene dal farglielo
notare, sorridendo tra sé e sé.
Per
quel sabato sera hanno deciso di restare al calduccio sotto le
coperte del divano. Lattine di birra, un cartone gigante di pizza,
patatine da sgranocchiare, il semifreddo comprato nel pomeriggio che
li aspetta in frigo quando ci sarà ancora spazio per il
dolce... ed un bel film romantico.
È
il modo migliore per passare quel primo San Valentino insieme, Tino
ne è sicuro. Per questo si sistema sul divano con la coperta
a tenergli calde le gambe e prende i telecomandi, aspettando che il
fidanzato gli si metta accanto dopo aver inserito il dischetto nel
lettore. Ah, è proprio fiero della sua toccata e fuga al
videonoleggio!
Mentre
tormenta la custodia protettiva di un telecomando, Tino non può
fare a meno di ondeggiare sul divano, sciolto dall'emozione al
pensiero di essere finalmente riuscito ad avere una relazione stabile
con lui, dopo tutti quegli anni di indecisione e cose dette a metà.
«Perché
non ti muovi e vieni qui?», cinguetta
con le guance belle rosa, pattando il posto vuoto accanto a lui e
restando in silenzio quando il richiamo viene accolto gioiosamente da
una sculettante Hanatamago. La guarda inseguirsi la coda per una
decina di volte, prima di sospirare e coccolarle la testa. «Se
non ti sbrighi a mettere su quel film Hana ti divora la pizza, oltre
ad averti appena rubato il posto. E non sono sicuro la tua birra sia
salva, conoscendola!»
Matt
non sembra ancora molto convinto, non abbandonando la sua espressione
incerta, ma annuisce come in trance e mette il dvd, andando a
piazzarsi accanto al ragazzo ed avvolgendolo automaticamente con un
braccio.
«Senti,
Tino... hai programmi particolari per questa sera?»
Il
finlandese gli rivolge un sorrisino dolce, allungandosi per
punzecchiarlo con la punta del naso. «Guardiamo
il film, mangiamo fino a scoppiare e ci coccoliamo come una coppietta
sposata», ridacchia, arrossendo subito
dopo di contentezza.
«Oh»,
mormora l'altro, restando a guardarlo mentre fa partire il film
allungando in avanti il telecomando. Tino fissa lo schermo e poi lui,
chiedendosi perché resti testardamente rivolto di lato invece
di prestare attenzione alla televisione. Apre la bocca per
protestare, chiedendogli cosa stia pensando di fare bucandolo con i
raggi laser nascosti nelle pupille, ma si zittisce quando i primi
gemiti riempiono la stanza ed Hana solleva il musetto, inclinandolo
interrogativa.
Il
collo di Tino si fa marmoreo mentre si volta completamente verso lo
schermo: la mascella rischia di abbandonarlo alla vista di cosa vi si
stia svolgendo sopra.
«Questa
è la tua idea di film romantico, dolcezza?»
«N-no,
io... ci dev'essere stato uno sbaglio»,
balbetta, il corpo un blocco rigido.
«Confesso
di averti sottovalutato, mio bel porcellino. Sono colpito.»
Tino
lancia un grido e si copre il viso con le mani, scatenando una risata
interminabile. Si sente avvolgere dalle braccia di Danimarca e
strapazzare con entusiasmo. Le sue labbra si avvicinano all'orecchio
rosso fuoco di Tino, sussurrandogli dentro con un tono dolce. «Lo
sapevo che avevi sbagliato film. Beh, buon San Valentino?»
«Voglio
morire.»
Matt
ride ancora, dandogli un bacio sulla tempia e restando lì a
respirarlo.
«Non
saresti tu se non fossi un pasticcione. Il mio pasticcione.»
La
sua voce piena d'affetto è l'unica cosa che riesce a farlo
ridere a sua volta ed abbandonare i foschi propositi di un suicidio
immediato.
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Capitolo 4 *** On a date ***
Questa
storia si svolge contemporaneamente a quella pubblicata da
AmyLerajie, pertanto sarebbe meglio leggerla dopo di essa.
4.
ON A DATE - 1907
Attraverso
la vetrina del ristorante, i due uomini osservano con apprensione
Berwald e Lukas guardarsi in cagnesco dalle due estremità del
tavolo.
«Tu
credi che servirà davvero a farli parlare di nuovo?»,
mormora il minore, un'espressione più infelice che ottimista
chiaramente stampata in faccia, per quanto si sforzi di non darlo a
vedere.
Il
danese lo guarda un momento di profilo, poi lancia un'occhiata ai due
ed emette un sospiro rassegnato. «Non
lo so, ma almeno ci abbiamo provato.»
«Credo
che Lukas voglia ucciderci», borbotta.
«È stata una cosa tremendamente
stupida.»
Mattæus
scuote la testa e lo tira per il braccio, allontanandosi dal
ristorante ed incamminandosi con lui lungo la strada frequentata.
Restano fianco a fianco, silenziosi, perdendosi ad osservare la gente
attorno a loro.
«Qualunque
cosa succeda, la nostra parte è fatta. Non possiamo
costringerli a riavvicinarsi come un tempo, ma... non mi sento in
colpa, Tino. Sono successe tante cose e non trovo sbagliato cercare
di recuperare almeno quelle belle. Forse ci vorranno uccidere o forse
ci ringrazieranno, ma quei due sono destinati»,
mormora, profondo e riflessivo come a Tino, negli ultimi tempi, non è
capitato spesso di sentirlo.
«Destinati»,
ripete in un sussurro, chinando un po' la testa in avanti.
Anche
loro hanno finito per allontanarsi ed è triste. È
doloroso parlare come nazioni e perdere sempre più il legame
umano che avevano allacciato, per quanto, almeno loro due, continuino
a sentirsi abbastanza regolarmente.
Eppure
non è lo stesso.
La
rottura tra Berwald e Lukas preme anche su di loro, come se vedere
quei due felici, insieme, desse un senso a tutto, facesse provare
loro la speranza di non essere solo territori.
«Hey,
Tino», riprende dopo un altro lungo
silenzio. «Già che siamo qui e
a stomaco vuoto, ti va di pranzare con me?»
Finlandia
si ferma in mezzo al marciapiede, fissando stupito la schiena
dell'altro che per un po', ancora, non accortosi di niente, continua
ad allontanarsi. Poi si ferma anche lui, si guarda intorno, non lo
trova più e si volta ansioso.
Deve
leggergli in faccia qualcosa di non troppo promettente, poiché
si accarezza la nuca e sorride senza coinvolgere gli occhi, dicendo
che non importa se non vuole, lo capisce. Tino si affretta a fermarlo
a metà della frase e lo raggiunge di nuovo, un piccolo e
timido sorriso a discolparlo.
«Mi
va, Mattæus. Ero solo sorpreso.»
L'uomo
fa un piccolo cenno col capo. «Sorpreso
che voglia passare del tempo insieme?»
Tino
infila le mani in tasca, impacciato, non sapendo bene cosa dire, ma
l'altro lo toglie in fretta dall'imbarazzo dandogli un colpetto col
gomito e riprendendo a camminare.
«In
fondo oggi siamo stati complici di un crimine, no? Non è stato
tanto male organizzare tutto alle loro spalle. Anche se non andrà
come vorremmo avevamo buone intenzioni ed arrivati sin qui tanto vale
avere un appuntamento anche noi.»
Un
appuntamento. Il cuore della nazione più giovane perde qualche
colpo.
Non
sa se per il termine utilizzato a cuor leggero dal danese o se per il
fatto che siano soli e sia passato un po' di tempo da quando è
capitato di esserlo.
Un
po' quella parola gli piace. Non si sogna nemmeno di vederci del
romantico, anche se in passato ha creduto di provare qualcosa per
lui, oltre alla semplice ammirazione per la sua forza.
Oggi
passeggia accanto ad un uomo in abiti moderni che non gli ricorda
quasi più quello che era un tempo, quello che voleva tenerli
tutti sotto la sua ala protettiva, anche sbagliando i modi. Non è
un uomo con le mani insanguinate e lo sguardo annebbiato dalla furia.
Anche
lui è cambiato, ha dismesso gli abiti di quel ragazzino che
correva nella foresta chiedendosi quanto ci sarebbe voluto per
imparare la loro lingua e farsi comprendere, accettare come parte
della famiglia.
Sono
diversi ed in parte sono ancora quelle stesse persone che tendono a
cercarsi.
Lo
rende triste non sapere cosa ne sarà di loro di lì a
qualche anno, quali cambiamenti avverranno, se continueranno a
parlare o se si perderanno per sempre.
«Un
appuntamento, eh?», sussurra,
vagamente felice.
Gli
si affianca, lancia un'occhiata alla sua mano lungo il fianco e
desidera poterla toccare come un tempo, stringerla senza farsi tanti
problemi come quando correvano insieme.
A
volte si sente davvero uno sciocco.
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Capitolo 5 *** Kissing ***
5.
KISSING
Mentre
lo aspetta, una punta di agitazione ed impazienza a farlo stare
troppo rigido sulla sedia, allunga il collo sopra il tavolo e
incrocia le braccia, fissando intensamente il menù del bar
spiegato sotto il suo naso.
Cioccolata
alla vaniglia, cioccolata all'arancia, cioccolata al peperoncino.
Lascia scorrere le mille varianti al di sopra dell'indice,
chiedendosi se possa prenderne tre o quattro diverse, indeciso come
sempre.
Potrebbe
sceglierne una e poi usare quella scusa del voglio provarle tutte!
per invitarlo fuori ancora una volta. Ecco, ora è mortalmente
nervoso, non soltanto leggermente sulle spine.
Gli
si piega la bocca all'ingiù e lo stomaco fa capriole con
effetti speciali, chiudendosi completamente e facendogli temere
un'esplosione di fuochi d'artificio dalle narici. Da quando è
così agitato per doversi vedere con lui?!
Matt
è... Matt, giusto? Il solito chiassoso, divertente, rumoroso,
confusionario... dolce e bellissimo Mattæus.
Si
appoggia alle braccia e scuote la testa, di nuovo sconcertato dai
propri sentimenti. L'ha sempre avuto accanto, eppure non l'ha mai
guardato con quegli occhi da triglia, non ha mai compreso fino in
fondo la voglia di stringerlo forte e baciarlo. È davvero
possibile ignorare tanto a lungo certi segnali?
Non
saprebbe nemmeno dire cosa, alla fine, li abbia avvicinati tanto,
finendo per vedersi sempre più spesso, fino al momento in cui
si è mezzo dichiarato ottenendo una risposta... positiva.
È
che ridono tanto insieme? Basta per iniziare un rapporto diverso da
quello che hanno sempre avuto? Basta sentirsi attratti e affini per
calciare via un'amicizia e renderla qualcosa di più? Non che
in passato non abbia provato certe cose per lui, ma è
stupefacente come sia bastato poco per trasformare tutto.
Un
po' di coraggio, un po' di sincerità, la consapevolezza che
fosse l'unico a farlo stare tanto bene, a farlo sentire capito e mai
fuori luogo. Ecco, se non si sbriga a raggiungerlo potrebbe anche
fuggire dal bar con le mani nei capelli. No, un momento: prima deve
ordinare almeno una di quelle cioccolate straordinarie!
Solleva
il viso, le sopracciglia quasi unite e la fronte corrugata,
trovandosi davanti il danese che avvicina la sedia a lui e gli
sorride. «Cos'è quella faccia
tremenda? Per un momento mi sei sembrato Berwald!»,
scherza.
«M-Matt!»
Resta
senza fiato, scoraggiato dalla propria reazione da scolaretta alle
prime armi. Si sbatte la mano sulla guancia e spera di non essere
anche diventato rosso come un gambero. Dovrebbe stare tranquillo, non
è che i suoi pensieri siano scolpiti sulla faccia!
«Tino,
per caso stavi pensando di andartene?»
Per
l'appunto.
Scuote
la testa e si volta a guardarlo. Lo trova troppo vicino, gomito a
gomito, che afferra il menù e gonfia le guance pensieroso, con
le labbra infuori mentre scorre velocemente la lista.
«Ci
sono almeno cinquecento cose che vorrei provare, qui. E tu?»
Apre
la bocca per rispondergli con entusiasmo, ma la voce si incastra in
gola nel momento in cui si sente guardato e tutto ciò che può
fare è fissare di rimando quegli occhi azzurri, dal taglio
rivolto un pochino all'ingiù.
«Ma
cosa dico. Non c'è niente che voglia più di questo,
prima di tutto.» Solleva il menù
quasi di scatto, nascondendo le loro teste al resto del bar, e si
allunga per posare le labbra sulle sue.
Tino
chiude gli occhi, il cuore nelle orecchie. Si lascia baciare e non
capisce più niente, non sa nemmeno più cosa sia, la
cioccolata calda, e non potrebbe importargliene di meno. Le voci si
fanno distanti, brusii appena percettibili che non hanno la stessa
realtà ed importanza di quella bocca, fredda per la
temperatura esterna, dolcissima contro la propria.
«Ciao,
Tino. Mi sei mancato», mormora,
staccandosi un momento e tornando a baciarlo con meno innocenza.
Gli
è mancato anche lui e la mente si riempie di quello sfiorarsi
di labbra, mentre sale ad accarezzargli il viso senza rendersene
conto, protetto dal menù.
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Capitolo 6 *** Wearing each other's clothes ***
6.
WEARING EACH OTHER'S CLOTHES
Matt
corre come un matto avanti e indietro, frustrato mentre apre per
l'ennesima volta la stessa anta dell'armadio e scruta con
disapprovazione e palese irritazione i vari ripiani. Perché
non riesce a trovare i pantaloni che gli servono, dal momento che
dovrebbero essere esattamente lì, davanti ai suoi occhi, come
l'ultima volta in cui li ha visti?
Sbatte
l'anta con un grido strozzato e ricomincia a cercare, spostando
indumenti ammucchiati sulla poltrona, mentre la furia, unita alla
consapevolezza che farà tardi all'incontro, diventa sempre più
insopportabile.
«E
va bene, metto qualcos'altro!»,
sbuffa, calciando la poltrona e facendosi male all'alluce. Guaisce e
solleva la gamba, saltella fino al letto e si butta di faccia,
schiumando.
In
quel momento un discreto bussare di nocche lo fa smettere di
compatirsi e si tira su per sgranare gli occhi, orripilato alla vista
del finlandese che fa il suo ingresso in camera da letto.
«Ehm...
la porta era aperta, non rispondevi e... ti sei fatto male?»
Inclina un pochino la
testa e allunga una mano verso di lui, ma Matt si mette seduto dritto
come un fuso, le labbra infuori e gli occhi lucidi per il dolore
tremendo, trattenuto con orgoglio.
«Tutto
a posto.»
Tino
diventa ancora più dubbioso, ma comincia a guardarsi intorno
risparmiandosi qualsiasi commento riguardo al disordine. Il danese
non riesce a stare in silenzio davanti a quegli occhi indagatori, che
con discrezione sembrano appuntarsi mentalmente tutte le cose che ci
sarebbero da fare per rendere la stanza presentabile.
Sospira
e solleva una mano, colpevole. «Sì,
sono stato impegnato e la casa fa schifo. Scusa.»
Tino
si siede con calma sul letto, fissando il suo broncino da sopra la
spalla con un mezzo sorriso.
«Ma
io non ho detto niente. Piuttosto, a che punto sei?»
Lo
guarda di rimando e si imbroncia ancora di più. È ad un
punto in cui potrebbe staccare i quadri con il semplice pensiero,
tanto è furioso. Dove sono i suoi pantaloni? Quelli blu,
carini, sofisticati, che lo fanno sembrare una persona del tutto
seria e rispettabile? Vuole quelli per andare a prendere Lukas
all'aeroporto, che diamine! Vuole che pensi bene di lui!
In
quel momento sposta lo sguardo e fissa le gambe di Tino,
illuminandosi al rallentatore. «I
tuoi pantaloni sono blu e belli. Blu. Belli.»
Alza la testa di scatto e sorride con tutti i denti disponibili,
abbagliandolo. «Dammeli»,
esala.
Tino
spalanca la bocca e lancia un indefinito verso interrogativo che si
trasforma in un lungo grido stridulo, mentre viene ribaltato sul
letto e spogliato con la forza.
Dopo
pochi minuti Tino si ritrova affannato a respirare avidamente,
lasciato in boxer e camicia sopra il letto disfatto, rannicchiato e
scosso da risate incontrollabili.
«Tu
sei... completamente matto!»,
lo accusa, tirandosi su e toccando terra con la punta dei calzini.
«Forse,
ma ho la mia soluzione!»
Si ferma per ridere in maniera poco sana come il villain di un film,
le mani sui fianchi.
«Tino,
mettiti quello che ti pare di mio, ok?»
Il
finlandese si copre col lenzuolo, arrossendo suo malgrado mentre
osserva la vestizione rapida; è imbarazzante, oltre al fatto
di essere in mutande.
«Qualcosa
non va?»,
gli chiede dopo aver notato la sua faccia perplessa e l'immobilità
improvvisa.
Matt
abbassa la testa e inorridisce davanti all'evidenza delle gambe dei
pantaloni che gli lasciano fuori le caviglie e parte dei polpacci.
«Sono
cortissimi!»
Gli
arriva un cuscino dritto in faccia. Tino incrocia le braccia e lo
punzecchia con un piede. «Stai
dicendo che sono basso? È che abbiamo taglie diverse, non lo
sapevi?!»
Matt
non nota molta differenza d'altezza tra loro, ma i fatti parlano.
Quei pantaloni sono...
«Sembro
un trentenne che si è servito nel reparto dodicenni»,
sbotta incredulo.
Gli
arriva un altro cuscino e per fortuna dorme solo con due, altrimenti
la nazione sul letto glieli avrebbe tirati tutti come una piccola
furia mulinando le braccia.
L'irritazione
per non aver trovato i suoi è completamente svanita, mentre lo
guarda avvolgersi come una palla dentro il piumone, lasciando fuori
soltanto il tondo del faccino imbronciato e le ginocchia nude.
Gli
sorride e si avvicina, si siede sul letto a gambe larghe per tenerlo
tra esse e gli abbassa il cappuccio fatto di coperte.
«Vestito
così sono adorabile quanto te?»
«M-ma
stai zitto e cambiati! Sei ridicolo, piuttosto!»
Si
fissano per un po', prima di scoppiare a ridere all'unisono.
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Capitolo 7 *** Cosplaying ***
La
storia che segue andrebbe letta dopo questa
di AmyLerajie, è il suo seguito diretto... anche se, come si
comprende facilmente, non immediato. :)
7.
COSPLAYING
«Mi
domando da che cosa saremo costretti a vestirci quest'anno»,
ridacchia Tino, rigirandosi tra le mani il costume precedente che lo
aiutava ad impersonare l'orologio capo maggiordomo de “La Bella
e la Bestia”.
«Non
lo so, l'ultima parola è sempre di Peter, no?»,
esclama Matt, sgambettando oltre la sponda del letto e ricordando
quanto si sono divertiti l'ultima volta. «Stavi
tanto bene con quei baffetti neri!»
Tino
rimette via il costume, frugando nel baule e sfiorando con affetto
quello vecchio da pirata. «Grazie!
Anche tu stavi bene a fare il candelabro seduttore.»
Matt
gli accarezza la schiena con il piede, spingendolo un po'.
«Se
tu fossi stato la mia cameriera spolverina ti avrei bruciata tutta
con le mie fiamme», sussurra con fare
sensuale, facendolo sghignazzare.
Tino
si rimette in piedi e dondola un po' la testa, le mani sui fianchi.
«Non vedo l'ora di travestirmi, ma
quanto ci mettono Peter e Ladonia a dircelo?»
Matt
allunga la mano e lo prende per la maglia, posizionandoselo sulle
gambe. Tino gli fa immediatamente scivolare il braccio dietro le
spalle e comincia a lisciargli distrattamente le pieghe della
camicia, facendosi sbaciucchiare una guancia in modo rumoroso e
sciocco.
In
quel momento un bambino saltellante entra in camera senza preavviso,
lanciando due costumi bianchi addosso ai due abbracciati e
ricoprendoli completamente. «Smettetela
di tubare, colombelle! È ora di vestirsi per la festa!»
Emergono
un po' a fatica attenti a non strappare niente e quello che si
ritrovano in mano è...
«Peter,
tesoro... cos'ha detto Lukas riguardo alla scelta di quest'anno?»,
domanda Tino senza fiato.
Il
bambino saltella un paio di volte e scappa via ridacchiando,
chiamando a gran voce il fratello. I due si guardano seriamente, poi
sospirano e cominciano a cambiarsi, aiutandosi l'un l'altro con i
drappi bianchi e le parrucche ingombranti, i sandali ed i trucchi che
tocca loro mettersi.
«Secondo
te non è un po' troppo vestirci dalle Muse di Hercules?
Capisco questa nuova passione per i cartoni della Disney, ma-»,
azzarda Tino, mentre interiormente si chiede perché lui debba
essere quella con i capelli più lunghi e fastidiosi di tutti.
«Hai
davvero lamentele da fare, Tino?»,
sussurra una voce sibilante sulla soglia della porta.
Una
splendida Megara fasciata di viola, una mano sull'anca, il trucco
pesante e l'espressione più nauseata del mondo li fa restare
senza parole.
Che
interpretazione eccellente!
«Tu.
Tu», continua l'apparizione, indicando
le due Muse con fare da snob. «Provate
soltanto a ridere e ve ne pentirete. Sono al limite.»
Ammonimento non necessario, visto che i due in questione non
si sognerebbero nemmeno di notte di scoppiare a ridere in faccia a
Megara-Norvegia.
Timidamente
compare l'Hercules della situazione, gli occhiali sempre fedelmente
sul naso e tutta la notevole muscolatura svedese ben esposta. I due
nella camera ammiccano un po', spaesati.
«Avevi
detto che non avrei fatto la regina cattiva, Berwald»,
sussurra Lukas da sopra la spalla nuda.
Svezia
fa notare al norvegese che effettivamente non è una regina e
non è cattiva, mentre Peter, ricomparso con il padre, annuisce
giulivo mentre si infila i calzoncini pelosi per interpretare il
satiro istruttore di Hercules.
Matt
cerca di trattenersi a forza, prendendo a passare le dita tra le
ciocche della lunga chioma castana di Tino, mentre questi, ostentando
allegra indifferenza, cerca di non accecarsi con la matita nera per
gli occhi.
«Se
siamo tutte donne non c'è motivo di temere per la tua
virilità, Lukas», nota Matt
dopo un po', dondolando la testa ed osservando con divertimento,
nello specchio, lo spostamento dei propri enormi boccoli posti in
cima.
«Avrei
potuto fare l'eroe», sbuffa questi con
una nota stizzita, incrociando le braccia sotto il seno finto.
Nessuno
gli fa notare che Berwald è, a pari merito con Mattæus,
l'unico che starebbe bene in quella parte, ma continuano tutti con i
preparativi, zelanti come attori pronti a salire sul palco.
Dopo
un po' di silenzio, Peter, lanciando occhiate a tutti i presenti,
gioiosamente esclama «Zio Eirik è
in bagno a depilarsi e Lado lo aiuta. Lui è quella con la
minigonna, eh!»
Norvegia
assottiglia lo sguardo e si copre meglio le gambe con la lunga e
morbida veste, agendo d'istinto. «Megara
è perfetta.»
Si
volta e posa la mano sui pettorali del suo uomo. «Andiamo,
bel maschione.»
Svezia
arrossisce un pochino per l'appellativo, gli prende la mano e
annuisce timidamente.
«Sono
così carini», sospira Matt,
stappando un rossetto e intrappolando il mento di Tino. «Ma
mai quanto noi! L'anno prossimo la coppia principale ce la freghiamo
io e te, ok? Parlerò con Peter prima che decida. Che ne dici
se loro fanno i gorilla e noi ci becchiamo Tarzan e Jane?»
Tino
annuisce e sbatte le lunghissime ciglia finte.
«Sì,
starai benissimo con l'abito giallo!»
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Capitolo 8 *** Shopping ***
8.
SHOPPING
«Questi!
Questi cuscini sono bellissimi! Che bel celeste!»
Matt
si appoggia al carrello, la corta matita dell'Ikea bloccata sopra il
broncio tra le narici ed il labbro, lo sguardo tra l'esasperato ed il
perplesso rivolto alla schiena del suo uomo.
«Ehm...
Tino?»
Il
finlandese prende in braccio quattro cuscini di media grandezza,
sollevandoli dalla grande cesta metallica. «Troppo
vistoso... oh, le righe sono carine... quadrati no... zig zag,
bleah?», confabula tra sé, non
dando segno di aver udito il richiamo.
Gli
si avvicina quasi timidamente, allora, il carrello affiancato alla
cesta. Afferra al volo un cuscino che gli viene lanciato e se lo
rigira tra le mani, inarcando le sopracciglia e prendendo una boccata
d'aria. «Tino, ascolta...»
«Sai
cosa? Candele. Non le ho scritte nella lista, ma ci servono
tantissime candele di ogni profumo mai prodotto. Amo la vaniglia.
Dici che le troviamo alla cannella? Spero non siano finite!»
Il
faccino tondo e serio conquista la sua visuale e il danese non può
fare a meno di trovarlo carino e dolcissimo quando è così
preso dalle compere. Non ha mai visto qualcuno applicarsi con tanto
entusiasmo a scegliere cose così banali. Non sono ancora
arrivati ai mobili, insomma, che importanza possono avere lenzuola ed
asciugamani? Figurarsi gli accessori.
Gli
sbatte il soffice cuscino da divano sopra la testa, lo colpisce un
paio di volte e glielo lascia lì in bilico, finché il
ragazzo non lo afferra e se lo tiene contro il petto.
«Candele
ovunque», sussurra, felice come un
bambino al reparto giocattoli.
«E
tutte queste candele a cosa servirebbero, a parte farmi starnutire?»,
si informa con interesse.
«Le
metterò ovunque, ma soprattutto dentro gli armadi. Uh, e nei
cassetti. Senza contare quanto siano romantiche tutte accese attorno
alla vasca da bagno mentre-» Si ferma
di botto come se avesse preso la scossa e si nasconde la faccia con
il cuscino, sbirciando oltre soltanto per verificare che nessuno lo
stesse ascoltando.
Matt
soffoca una risata e gli scompiglia i capelli.
«Tutto
quello che vuoi, Tino, ma quando hai detto che volevi uscire a fare
shopping credevo che ti avrei dovuto seguire mentre compravi vestiti
o scarpe. Non pensavo a questo tipo di shopping.»
Finlandia
lascia ricadere il cuscino dentro la cesta e ne prende uno che
incontra anche il favore dell'altro. Si scambiano un cenno d'intesa
quasi invisibile e Tino lo lancia nel carrello, quindi gli si mette
vicino dandogli un colpo d'anca e si dividono la sbarra blu.
Prendono
a camminare insieme e a spingere avanti le rotelline, gomito a
gomito. La sua espressione è serena e piena di buonumore.
«Voglio che la nostra casa sia
perfetta e che rispecchi il mio ed il tuo gusto. A casa mia è
tutto mio, a casa tua è tutto tuo, per questo dovremmo
comprare diverse cose nuove e metterne un po' qui e un po' lì,
per quando ci spostiamo da un'abitazione all'altra. Voglio che tutto
sia nostro e che sia scelto... insieme.»
Matt
annuisce sorpreso, ripetendosi per la millesima volta che quell'uomo
è davvero troppo dolce e forse non se lo merita, ma ha scelto
lui e non può che ritenersi immensamente fortunato.
Gli
cerca la mano e gliela stringe da sopra la sbarra, catturando la sua
attenzione.
Sei
sempre stato così meraviglioso?
Lo
vede diventare piacevolmente rosa attorno agli zigomi, segno che lo
sta fissando in quel modo troppo intenso che gli rimprovera sempre,
ma apprezza che non dica niente e che la sua mano resti nella
propria, fregandosene se le altre persone li notano. Non hanno niente
da nascondere.
«Non
è una cosa stupida, vero?», gli
chiede cautamente.
Danimarca
gli prende la mano e la bacia, tenero come sempre.
«Assolutamente
no, Tino.»
Riflette
un momento spaziando con lo sguardo tra i faretti appesi al soffitto,
poi torna a guardarlo con un sorriso convinto. «Andiamo
a comprare anche le tazze. Ognuno sceglie quelle che userà
l'altro... ci stai?»
Tino
annuisce con entusiasmo e riprende a guardare la corsia del negozio,
raggiante.
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Capitolo 9 *** Hanging out with friends ***
L'antefatto
di quanto segue si trova qui
, scritto da AmyLerajie.
È
da leggere assolutamente, perché oltre ad essere una delle
trenta storie della sua challenge che preferisco, è davvero
indispensabile per capire la mia, dato che mi sono collegata
direttamente a lei per questo prompt. ♥
9.
HANGING OUT WITH FRIENDS
Tiene
la borsa del ghiaccio sulla fronte, cercando di coinvolgere occhi e
radice del naso, lamentandosi debolmente di tanto in tanto. Sente
qualcosa sfiorargli la mano e sbircia con espressione tremenda,
dolorante ed infastidita, accorgendosi che il suo compagno è
lì, seduto sul tavolino da caffè a porgergli un
bicchiere d'acqua mezzo pieno ed un piccolo aiuto farmacologico.
Tino
si tira su a fatica brontolando ed inghiotte con gratitudine un paio
di compresse, mandandole giù con un sorso d'acqua e
riaccasciandosi subito dopo con un sibilo sfinito.
«Quest'emicrania
è infernale. Lo dico ogni volta, eppure quando si
tratta di bere e fare baldoria sembra che dimentichi cosa dovrò
passare... mi sento in colpa soltanto quando sono in questo stato,
quanto posso essere cretino?»
Matt
si guarda i piedi, soffiando l'aria dalle narici come una specie di
animale pronto alla carica. «Forse
dovresti cominciare ad essere più deciso e smettere una volta
per tutte di sbronzarti. Lo so che faccio lo stesso quando usciamo,
ma è davvero così divertente, dopo?»
Il
suo tono lo colpisce come uno schiaffo, perché vibra di
qualcosa di stonato nonostante la frase sia del tutto ragionevole e
legittima. È come se stesse implicando qualcos'altro. Riapre
gli occhi e si mette sul fianco, guardando l'uomo ancora seduto a
testa china, i pugni che stringono i pantaloni sopra le cosce.
«Matt...?»
Danimarca
si alza e lo guarda dall'alto, ma solo per pochi secondi; sembra non
riuscire a sostenere la sua vista e qualcosa dentro Tino si spezza, a
quel pensiero, costringendolo a lasciar ricadere una mano che,
esitante, si stava muovendo per sfiorarlo quando era ancora seduto.
L'uomo
si assicura che sia ben coperto, evitando il suo sguardo ansioso, e
lo costringe a rimettersi completamente steso, lasciandolo da solo
senza aggiungere un'altra parola. Tino resta accoccolato e dolorante
a sforzarsi di riflettere, richiamare alla mente la serata appena
trascorsa. Ricorda cos'è successo, anche se a sprazzi confusi.
Sa di aver ballato tanto, essersi divertito, riso e...
C'è
stato un bacio.
Berwald.
Gli
ha detto qualcosa, frasi che non avrebbe mai dovuto confessare. Non
più, cazzo, non più. Era felice di passare del
tempo con lui, felice di poter trascorrere una serata fuori tutti
insieme, specialmente da quando le loro vite sono equilibrate, da
quando hanno entrambi una persona speciale al loro fianco, qualcuno
che non possono e non vogliono perdere.
Tiene
moltissimo a Ber, ma quella parte di lui che lo trovava desiderabile
come uomo ha dovuto fare la sua comparsa e sputtanare ogni cosa...
Non
voleva ferire nessuno. È stato incauto a bere tanto? Non
avrebbe mai creduto di lasciarsi andare così.
Si
sfiora le labbra, lo sguardo triste che ha finalmente compreso la
freddezza di Matt. No, non è a quel modo che sarebbe dovuta
andare la serata.
Al
ricordo confuso di come abbia approfondito il bacio e di come non sia
stato scacciato subito, come avrebbe dovuto essere, si sente ancora
peggio.
Ber
sarà scandalizzato. Sarà rimasto impietrito da un gesto
tanto insensato.
E
Lukas...
Sfrega
la bocca con energia, illudendosi di poter cancellare il bacio dai
ricordi di tutti.
Non
sente alcun suono provenire dal piano di sopra e si chiede cosa stia
facendo e a cosa stia pensando Matt in quel momento, solo in camera
da letto.
Tutto
quello che Finlandia può fare è starsene steso lì,
aspettando che gli analgesici per la pace nel cervello facciano
effetto.
…
E
poi?
«Sparire
dalla faccia della Terra», grugnisce
richiudendo gli occhi.
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Capitolo 10 *** With animal ears ***
10.
WITH ANIMAL EARS
«Sei
sicuro che sia un negozio di giocattoli?»
Matt
si volta a guardarlo, pronto a rispondergli che sì, certo che
è sicuro, non è che sia così svampito da varcare
una soglia senza prima aver guardato bene la vetrina, ma...
effettivamente qualche dubbio ce l'ha anche lui. Ed è molto
strano quel posto, insomma.
In
vetrina c'erano peluches di tigri e delfini, grosse bambole, cosine
carine dagli occhioni dolci, quindi com'è che ha in mano un
vibratore a forma di rossetto? Cos'è che non torna?
«Mh?»,
mugugna, avvicinandosi l'oggetto al viso e studiandolo con fare
critico. Magari si sbaglia, non è un vibratore come sembra, è
qualche nuovo tipo di gioco che lui non conosce.
Tino
gli sfila di mano l'arnese e lo riposa in fretta sopra l'espositore,
arrossendo pericolosamente. «Matt»,
sussurra con fare cospiratorio, incollandosi al suo fianco e
fissandolo con occhi supplici. «È
un sexy shop? Dimmi che non siamo finiti dentro un sexy shop.»
Danimarca
si volta a guardare lo scaffale alle loro spalle, l'espressione
confusa. Indumenti ambigui, tutine di pelle, frustini, altre serie
infinite di falli di gomma e non, manette pelose, lozioni
lubrificanti, profilattici di vari gusti...
«Siamo
in un sexy shop», asserisce in tono
neutro.
Tino
lancia un piccolo gemito e si nasconde nel suo petto, tirandolo
debolmente per le braccia. «Andiamo
via», supplica, dandogli diverse
testate imbarazzate.
Matt
ridacchia, si sfrega il naso e gli posa la mano sopra la testa per
dondolarlo.
«Non
è la prima volta che entriamo in un posto del genere, perché
tanto timido? Ti ricordi quella volta che abbiamo comprat-»
«Sì,
me lo ricordo!», strepita sottovoce,
sollevando il viso per guardarlo e zittirlo con urgenza. «Non
è timidezza! È che siamo entrati per comprare dei
giocattoli per Peter e Ladonia e...!»
Lo
dondola ancora di più, poi gli stampa un bacio sulla guancia e
gli sorride tutto brioso. «Forse
abbiamo solo sbagliato porta, ecco tutto, ma già che siamo qui
direi di approfittarne!»
Tino
lascia cascare la mascella, ma si sfiora la piccola porzione di pelle
che è stata baciata e borbotta qualcosa che ha a che vedere
con l'insensatezza di un sexy shop adiacente ad un negozio per
bambini.
«È
più plausibile che abbiate avuto una svista a causa della
nuova vetrina», si intromette affabile
una giovane ragazza piena di piercing, mettendo improvvisamente tra i
capelli di Tino un cerchietto con delle orecchie da leprotto. «È
la settimana dei travestimenti. Codine, orecchie, artigli...»,
ammicca e dà una pacca sul sedere del finlandese, allibendolo.
«Fateci un pensierino, cucciolotti.»
Sparisce
lasciandoli a fissarsi senza sapere se ridere o fuggire a gambe
levate, ma non appena il momento passa Matt si perde ad osservare la
testa di Tino ed il modo in cui le orecchie si ripiegano morbidamente
ad ogni suo minimo cenno, conferendogli un'aria sperduta ed
indubbiamente tenera.
«Sei
così carino!», esplode,
sfiorando la peluria marrone chiara e prendendoci a giocare.
«Oh,
dai, levamelo», ridacchia Finlandia,
ma lui non vuole saperne. Lo stritola e affonda il naso tra i suoi
capelli, il cuore improvvisamente al galoppo.
«Voglio
comprartele.»
«N-non
credo che-»
Matt
si stacca e lo prende per mano, portandolo verso l'espositore con
tutte le orecchie da animale disponibili. Si meraviglia come un
bambino al reparto caramelle, provando sulla testa di Tino una decina
di modelli diversi, finché questi non perde la pazienza e ne
indossa un paio maculate.
«Ecco,
queste vanno bene. Sono un leone! Roar!»,
ringhia, muovendo le mani a mo' di zampata feroce. «Non
ho niente di carino! Roar!»
Matt
si piega in due e tiene le braccia sull'addome boccheggiando.
«Prima
di tutto non è un leone, ma un leopardo, credo, ed in
secondo luogo stai meglio con qualcosa di meno aggressivo...»
Si riprende e fruga di nuovo nella cesta. «Che
ne dici di queste bianche da micetto?»
Tino
si sfila le orecchie a macchie e si imbroncia, afferra il cerchietto
del gatto e lo fissa per qualche secondo. Se lo prova e comincia a
toccarsi indice con indice, un candido sorriso stampato in volto. «E
va bene, lo metterò, ma solo se compriamo anche le codine
abbinate. Una per me e una per te!»
Matt
annuisce contento, almeno finché il ragazzo non prende la
“codina” e gliela
mostra bene.
«Ma
quella si infila... su per il...»,
balbetta, sconcertato dalla sua innocente manifestazione perversa.
«Beh,
già che ci siamo compriamo il pacchetto e divertiamoci.
Meow~?»
«T-Tino!»
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Capitolo 11 *** Wearing kigurumis ***
11.
WEARING KIGURUMIS
L'idea
gli viene mentre stanno guardando un episodio dei Moomin. A Tino
piacciono tantissimo ed è orgoglioso ogni volta che li segue
ed apprezza insieme a lui, nemmeno fossero opera delle sue stesse
mani.
Come
nazioni sono tutti molto attaccati alla cultura del paese che
rappresentano, perché anche se come esseri umani possono non
essere d'accordo su alcuni provvedimenti o leggi, ciò che
immediatamente li identifica, ora come nel passato, è
patrimonio di inestimabile valore.
Passa
il braccio attorno alle sue spalle e lo guarda ridacchiare, facendo i
soliti commenti su quanto siano tondi e carini i personaggi, su
quanto gli piacerebbe mordicchiare e stringere tra le mani quei
pancini morbidi e quelle orecchie appuntite. A Matt scappa da ridere
solo ad immaginare di fare una cosa del genere, specialmente col
Moomin che sembra la versione cartoon del suo fratellino svedese:
saranno gli occhiali?
Ci
mette diverse settimane di lavoro segreto, ore notturne rubate al
sonno e momenti in cui il finlandese è impegnato, per riuscire
a raccogliere il materiale e poi realizzare la sua idea.
Quando
osserva il lavoro finito, Matt non può fare a meno di esserne
soddisfatto e di pattarsi la spalla da solo, perché è
stato in grado di fare qualcosa che può rendere felice Tino
grazie ad un suo hobby. Cucire non è semplice, ma negli anni
si è perfezionato; da piccoli rammendi a creazioni di veri e
propri peluches (Lukas ormai è pieno dei suoi coniglietti
fatti a mano), è fiero di essersi lanciato in un'impresa come
quella e di avercela fatta, soddisfacendo le aspettative iniziali.
Il
problema ora è se Tino lo vorrà indossare.
Stende
il costume dentro un grande pacco, lo piega, richiude la scatola e lo
lascia lì sul letto, mettendosi a gambe incrociate sulla
poltrona nell'angolo. Lo chiama, nervoso, torcendosi un po' le dita
ed aspettando il suo arrivo con un'espressione tra il colpevole e
l'esaltato.
«Un
regalo? Perché?», sorride il
finlandese indicando la scatola colorata ed aprendola non appena
riceve un convinto cenno d'assenso dal compagno. «Q-questo
è... dove l'hai trovato?»,
esala, estraendo il costume e rigirandoselo tra le mani,
assolutamente incantato.
Matt
scatta in piedi e gli saltella vicino come un grillo iperattivo. «Ti
piace? Eh? Ti piace? L'ho fatto per... te.»
Si
perde un pochino sulla fine, perché Tino comincia
immediatamente ad infilare le gambe dentro la pelle bianca del Moomin
gigante, facendosi aiutare con i bottoncini che corrono dalla pancia
sin sotto il mento, bianchissimi per non essere troppo vistosi.
Quando
Tino è completamente racchiuso dentro il bozzolo, non può
fare a meno di trovarlo incredibilmente carino, così conciato,
mentre si tocca la pancia allo specchio e spunta con l'ovale del viso
dall'interno della grande testa d'ippopotamo.
«Matt,
è la cosa più bella e morbida del mondo! Ci posso
dormire dentro qualche volta?!»
Il
danese si avvicina e lo abbraccia da dietro, dondolandolo con il
mento posato sulla spalla. Fa un po' fatica a posizionarsi
correttamente, con quel costume ad intralciarlo, ma alla fine riesce
a guardarlo nello specchio e ad annuire con convinzione. «Te
l'ho cucito per farci quello che vuoi, Tino. Puoi metterlo anche
quando vuoi sedurmi», ammicca, pronto
a fare battute, spensierato grazie alla sua reazione piena di
entusiasmo.
Tino
ride e si gira goffamente nel suo abbraccio, gli getta le braccia al
collo e lo butta sopra al materasso con una panciata moominica.
«Grazie.
Davvero, è fantastico. Posso chiederti... un favore?»,
sussurra, appoggiandosi con la punta del naso al suo, mentre Matt
cerca di avvolgerlo tra le braccia e annaspa un po' nei tentativi.
«Tutto
quello che vuoi.»
Il
ragazzo gli mordicchia una guancia, facendogli qualche carezza ai
lati della testa.
«Fanne
uno anche per te e poi, quando fuori fa freddissimo, dormiamo
indossandoli. Non sarebbe dolcissimo?»
Matt
solleva il mento per farsi mordicchiare meglio, fissando il soffitto
con un sorrisino storto. «Hai davvero
dei fetish incredibili, Tino»,
commenta. «Ma sarebbe dolcissimo.»
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Capitolo 12 *** Making out ***
12.
MAKING OUT
Non
protesta quando sente le sue mani sui fianchi infilarsi lentamente
sotto la maglia, sfilandola dai pantaloni alla ricerca di un contatto
diretto con la pelle. Non ci pensa proprio ad emettere la benché
minima opposizione, neanche quando lo sente armeggiare con la
cintura.
A
volte succede che la passione li prenda nei momenti meno opportuni,
come una coppietta che ha appena scoperto le gioie del sesso e
dipende dalle emozioni che il contatto corpo a corpo scatena in essa.
Non
sono una coppia novella e non si può dire che non lo facciano
spesso, eppure in certe occasioni basta veramente poco per
accenderli, come se gli ormoni non si assopissero mai, perché,
semplicemente, non ne hanno mai abbastanza.
Gli
sguardi prima di tutto; hanno un modo di guardarsi che passa dal
tenero al bisognoso in pochi istanti e l'altro se ne accorge sempre,
facendosi coinvolgere. Poi ci sono le mani, ed i vestiti che chissà
come spariscono di comune accordo.
Matt
ansima mentre la mano di Tino si infila finalmente dentro i suoi
pantaloni e gli va incontro, completamente perso dentro il bacio. Se
lo tiene premuto addosso, in quell'ampio spazio non indicato per fare
qualcosa del genere, accarezzandogli la lingua con lentezza e
rischiando di implodere per l'eccitazione scatenata dallo sfregarsi
continuo dei bacini.
Scende
con le mani al suo fondoschiena, le infila dentro le tasche e ne
approfitta per toccarlo, muovendolo su e giù contro il proprio
corpo, causandosi gemiti da solo mentre la mano di Tino resta quasi
bloccata dalla stretta vicinanza. Gli bacia il labbro inferiore e lo
morde, lasciandogli poi una scia di baci lungo l'osso della
mandibola, cercando subito dopo il collo, uno dei punti più
sensibili del suo corpo.
Vi
affonda i denti con dolcezza, giocando, quasi, prima di succhiare la
pelle e sentirlo tremare come ogni volta. Ha la mente piena di lui e
vorrebbe appartenergli in quel preciso istante, ascoltare il suo
sospiro roco ed accelerato direttamente sull'orecchio, la mano che lo
sfrega con insistenza e lo fa morire, le parole spezzettate ma
comprensibili.
«Tino.»
Adora
ripetere il suo nome, chiamarlo decine e decine di volte, che stiano
già facendo l'amore, si stiano solo coccolando, oppure si
trovino in situazioni a metà strada come quella.
Il
finlandese geme in risposta, Matt lo lascia libero dopo averlo
marchiato sul collo e tornano a cercarsi insieme, labbra contro
labbra, urgenti, invadendosi reciprocamente e riempiendo l'ambiente
dal soffitto basso di respiri soffocati.
Gli
basta anche solo quello, sentire la sua lingua, seguirla senza
pensare a niente, registrare la tensione dei muscoli e
l'annebbiamento generale di ogni facoltà.
Al
piano di sopra si chiederanno che fine abbiano fatto, perché
ci voglia tanto per assicurarsi, in due, che l'auto posteggiata in
garage abbia le luci spente e tutti i finestrini siano ben chiusi.
Matt spera che gli amici capiscano -se hanno intuito cosa sta
accadendo laggiù- che non si possono programmare certi
momenti, che non l'hanno fatto apposta, davvero.
«Stanotte
ti-», bofonchia Tino, interrompendosi
per riprendere a rubargli il respiro. Matt gli infila le dita tra i
capelli, l'altra mano sempre su una natica, possessiva, senza
bloccarlo troppo per lasciargli modo di toccarlo e tormentarlo anche
solo con la pressione del corpo.
Lo
sa cosa succederà durante la notte, lo sa benissimo, anche
senza guardare i suoi occhi meravigliosamente appannati dalla voglia,
ma per il momento si dovrà accontentare di baciarlo finché
non avrà più la forza di stare in piedi.
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Capitolo 13 *** Eating ice-cream ***
13.
EATING ICE-CREAM
Si
spalma con la faccia contro il vetro ammirando per un po' i diversi
gusti disponibili e si ritira su con un sorriso da bambino, muovendo
l'indice mentre fa la sua ordinazione. «Una
coppa gigantesca per due con liquirizia, anice e vaniglia. Ah, panna
montata, scaglie di cioccolato, granella di nocciole e qualche
fragola. Grazie.»
Il
sorriso si fa più ampio, ma il finlandese accanto a lui lo
squadra con rimprovero.
«Matt,
insomma! Perché ordini per me?»
Il
danese inclina la testa e lo guarda con espressione confusa. «Non
lo prendi sempre così?»
Tino
si imbroncia e gesticola verso la vetrina. «E
se oggi volessi cambiare? Se volessi nocciola e pistacchio?»
«...
Vuoi nocciola e pistacchio?»
La
signorina dietro il bancone resta con la coppa di vetro in mano ed il
cucchiaio per il gelato nell'altra, seguendo lo scambio, interessata,
come ad una partita di tennis.
Tino
fissa i vari gusti per una manciata di secondi e poi struscia un
piede, calmandosi. «Mh... no.»
Mentre
sono seduti al tavolino e si dividono l'enorme coppa di gelato, Matt
scruta il broncio adorabile del fidanzato e va a punzecchiarlo con
una cannuccia di cialda al cioccolato.
«Perché
sei arrabbiato? Il gelato non ti rendeva felice? Overdose di
zuccheri, eccetera eccetera?»
Tino
sospira e fa sparire una cucchiaiata gigantesca, ondeggiando
involontariamente come fa sempre quando mangia qualcosa che gli piace
e costringendosi a smettere con la più dura forza di volontà.
«Il
gelato va benissimo, non è questo, è che...»
«Te
la sei presa davvero perché ho preceduto la tua ordinazione
che sarebbe stata la stessa? Scusa, non credevo ci tenessi tanto a
fare da te», gli sorride teneramente.
Il
ragazzo si nasconde dietro la coppa e rosicchia una cialda croccante,
alzando e abbassando lo sguardo su di lui, esitante, ma evidentemente
preparandosi a dirgli qualcosa. Matt aspetta paziente, sfiorandogli
ginocchia con ginocchia sotto al tavolo ed accarezzandogli quasi
distrattamente il gomito.
Ci
vuole un po', ma alla fine Tino sospira e si decide a parlare, forse
incoraggiato da quella dolcezza, dalla disponibilità ad
ascoltarlo, dalle leggere carezze.
«Mi
conosci troppo bene, sai praticamente tutto di me. Quello che mi
piace, quello che non sopporto... sai anche quello che vorrei dire e
spesso finisci le mie frasi.»
Matt
ride un momento, agitando il cucchiaio in aria.
«Lo
fai anche tu con me! Non è una bella cosa, Tino? È
quello che succede alle coppie quando stanno insieme da tanto tempo e
sono in sintonia, no? A me questo piace molto.»
Tino
annuisce, incerto, prende un po' di gelato alla vaniglia e lo infila
nella sua bocca spalancata, per farlo tacere il tempo necessario a
spiegarsi meglio.
«Ho
paura che conoscendomi tanto bene potresti stufarti di me, prima o
poi, perché non sei più curioso, non c'è nulla
che puoi scoprire. Non sono mai stato interessante in partenza, ma se
sai tutto, allora...», termina senza
energia e a spalle chine.
«Hey.»
Matt
gli afferra il gomito e lo stringe, obbligandolo a sollevare il mento
e corrucciandosi a sua volta per la sua espressione triste. Prende un
bel respiro e scuote la testa con energia.
«Tu
sei... mh... vediamo... come il mio libro preferito. Posso conoscere
le frasi a memoria e dire ad occhi chiusi il numero delle pagine.
Posso leggerlo dieci o mille volte, eppure non smetterò mai di
farlo, perché è un libro che amo e perché io
voglio quel libro. Lo voglio sul mio comodino e voglio sapere
che è lì per me, pronto ad essere riletto anche se lo
saprei riscrivere, perché è il mio cazzo di libro
preferito e riderò e piangerò negli stessi punti, ogni
santissima volta.»
Termina
con una faccia strana, come chiedendosi se sia riuscito a farsi
capire o se abbia fatto una gran confusione, tra il tono un po'
troppo alto che ha fatto girare qualche testa, lo sprint col quale è
partito senza prima elaborarsi il discorso e l'espressione
sconcertata di Tino, alla fine.
Però
poi vede che finalmente gli sorride, gli occhi non sono più
rabbuiati e gli appoggia il palmo, freddo per aver stretto la coppa,
sopra la guancia. Resta lì, sfiorandogli la pelle con il
pollice.
«Come
fai a dire certe cose, Matt?»
«...
Dico solo quello che penso»,
borbotta, guardandolo fisso e perdendosi un po'.
«Se
io sono il tuo libro preferito tu sei il mio gelato alla liquirizia»,
mormora Tino, di nuovo sereno. «Ti
ordinerò per sempre.»
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Capitolo 14 *** Genderswapped ***
14.
GENDERSWAPPED
«Credo
ci sia qualcosa di profondamente sbagliato in tutto questo»,
osserva Matt, analizzando con occhio critico il manichino troppo
dotato. La profonda scollatura del top dorato che la commessa zelante
gli ha appena messo sopra è quanto di meno discreto si possa
trovare in quel periodo di fine anno, ma al danese non dà
fastidio l'abbigliamento.
È
il seno... ed il modo in cui Tino vi lancia occhiatine casuali,
mentre sceglie un completo da sera per la festa di Capodanno.
Fissa
malissimo la donna di plastica rosa carne, abbassando poi lo sguardo
al proprio petto ed infine posizionandosi davanti ad uno specchio
lungo. Mette le mani sui fianchi e si avvicina, chiedendosi cosa ci
sia di tanto meraviglioso in un seno procace.
«Se
non altro guarda femmine inanimate. Non sei sollevato?»,
sussurra Lukas mellifluo, ricambiando l'occhiata nello specchio al
di là del suo braccio rigido.
«No,
per niente», borbotta Matt, esibendo
un broncio epocale da sopra la spalla. «Lo
considero un affronto al mio bellissimo corpo e mi preoccupo di non
essere abbastanza!»
Lukas
comincia a trascinarlo via con fare passivo, la mano incastrata
nell'incavo del gomito. «Non c'è
bisogno di fare tanto chiasso. Tino ha scelto te, non una femmina
pettoruta.»
Matt
gli si avvicina a muso duro, impedendogli di cacciarlo dentro uno dei
cubicoli illuminati dai faretti accecanti. «Ma
se fossi una donna gli piacerei di più? Sono sicuro che si
divertirebbe un mondo a... a palparmi quelle cose! E se gli mancano?
E se mi volesse diverso? È pentito di stare con me?!»
Alza
le mani e continua a muovere le dita come se le stesse affondando
dentro budini, causando un pigro sollevarsi di sopracciglia nel
norvegese ed un altrettanto pacato schiarimento di gola.
«Te
ne accorgerai da solo. Ho appena deciso di essere buono con te per
l'anno nuovo», gli soffia dal basso,
spedendolo con una spinta secca dentro il camerino e chiudendo la
porta.
«Lukas!
Ma che-?!»
Mentre
Tino si dirige da quella parte, un completo giacca e pantaloni sopra
il braccio, la confusione scatenata dal compagno gli fa drizzare le
orecchie ed affrettare il passo. «Che
succede?», esclama, affiancando Lukas
e lanciando occhiate preoccupate al camerino chiuso.
Norvegia
non gli risponde, ma spinge la porta con un tocco delicato delle dita
e davanti ai loro occhi si staglia una prosperosa bionda di oltre un
metro e ottanta. Ha le mani sui primi bottoni della camicetta rossa,
saltati via per la quinta di seno che ora straborda generosamente
dalla scollatura. I grandi occhi azzurri sono spalancati dalla
sorpresa e forse da un briciolo di panico, una massa disordinata di
capelli biondi le scende sulle spalle, selvaggia. Ha un che di
familiare...
La
faccia di Tino diventa una maschera di vergogna, mentre si profonde
in scuse balbettate e si affretta a richiuderle la porta con una
manovra rapida.
«Lukas!
Ma cosa fai? La signorina si stava cambiando!»
Tino
lo guarda sconcertato mentre questi sparisce silenziosamente lungo il
corridoio come se nulla fosse successo, poi la porta si riapre e gli
occhioni della bella ragazza spuntano oltre lo stipite bianco.
Allunga improvvisamente la mano e lo tira di forza dentro al
camerino.
Il
finlandese lascia cadere il completo che aveva intenzione di provare
e si ritrova stretto in quello spazio, il seno premuto addosso e le mani che gli tengono il viso come per baciarlo. Cerca di
divincolarsi, lanciando un debole grido. «M-mi
dispiace, sono lusingato ma sono impegnatissimo!»
La
giovane ammicca un paio di volte, schiacciandolo ulteriormente col
generoso davanzale e gonfiando le guance. «Mi
stai rifiutando? Non sono carina?»
Tino
abbassa gli occhi e si ritrova il naso immerso nella morbidezza,
sentendosi morire. «M-molto carina, ma
ciò non toglie che io non sia disponibile, ecco!»
Solleva
la mano davanti al viso per mostrarle l'anello di fidanzamento e
chiude gli occhi, imbarazzato dall'improvvisa piega degli eventi.
La
ragazza ridacchia e Tino la sbircia di nuovo, riconoscendo quel modo
di sghignazzare. Si sente stringere tra le sue braccia e geme dal
fondo della gola, sfuggendo con lo sguardo.
«...
Matt? Sei tu?» Si sente stupido solo a
pronunciare il suo nome riferendosi a quell'incredibile bionda, ma...
«Ti
piaccio?» Sbatte le lunghe ciglia e
gli prende le mani, posandosele sopra il seno. Tino resta sgomento,
le guance ormai infuocate.
«Chiedo
a Lukas di lasciarmi così ancora un po'?»
«Torna
immediatamente com'eri, ti prego!»,
starnazza sconcertato, mettendosi a palparla con discrezione ed
invocando con grida mute il nome di Norvegia, affinché venga
in suo soccorso prima di riprenderci l'abitudine.
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Capitolo 15 *** In a different clothing style ***
15.
IN A DIFFERENT CLOTHING STYLE
Anche
se è una persona che ama uscire almeno quanto restare a casa a
coccolarsi e fare le faccende della domenica, Tino non è molto
incline a perdere tempo per negozi. Si stufa in fretta, preferendo
altre attività, ma ha un'incredibile pazienza se si tratta di
accompagnare qualcun altro o di perdere ore a saltellare di qua e di
là per comprare un regalo.
Ecco,
se si tratta degli altri Tino è pronto ad ogni sacrificio e
non lo considera nemmeno tale. Gli piace donare, gli piace perdersi
minuti interi a scegliere questo o quell'oggetto, pensando alla
persona alla quale è destinato. Ma, per lui, non ama star lì
a cincischiarsi.
Sì,
quell'uomo è il suo tesoro ed è anche il fottutissimo
Babbo Natale, per la cronaca.
Per
questo motivo a Matt sembra strano, almeno tanto da fargli drizzare
le antennine del sospetto, trovare una serie di grosse buste di
cartone posate ordinatamente sul letto. Infila il naso dentro una di
esse, incuriosito, chiedendosi se Tino sia davvero mancato tutte
quelle ore per andare a fare shopping.
Le
buste contengono vestiti. Morbide felpe, pantaloni, camicie, come se
dovesse rinnovare il guardaroba... e non sono nemmeno nel periodo del
cambio stagione!
Inarca
dubbioso un sopracciglio nel vedere Tino entrare in camera indossando
una specie di tuta da astronauta. Solleva l'indice, ancora chino
sulle borse dei negozi, e lo punta lentamente sulla nazione. «Che
è successo? Hai cercato di metterti dei vestiti e questi ti
hanno mangiato?»
Tino
afferra le estremità della felpa grigia con l'ampia tasca sul
davanti e si dondola un po', molleggiato, dall'interno di quei
pantaloni extralarge con il cavallo all'altezza delle ginocchia. Sì,
è adorabile anche così, ma perché quel cambio
radicale improvviso? Non si sarà dato al rap?
«Yo»,
esclama allegro Tino, facendogli cascare un po' la mascella, mentre
si porta davanti allo specchio e gli mostra due paia di corna
scattanti. Incrocia le braccia e fa il muso cattivo, scoppiando poi a
ridere e rigirandosi da ogni angolazione per ammirare il modo in cui
i vestiti gli cadono addosso.
Per
cadere cadono anche troppo, ma per far completamente sparire il corpo
del suo amato ragazzo!
«Tino?
Dove sei? Vedo solo la tua testa sopra una montagna di pieghe di
stoffa», cantilena, cercando di
prenderlo per i fianchi ed affondando nel nulla siderale della
maxi-felpa.
«Ti
piacciono? Ho deciso di cambiare look e la commessa mi ha consigliato
questo, dopo che le ho spiegato cosa cercassi»,
lo informa, ammiccando allo specchio e torcendosi un pochino le dita.
È un gesto di nervosismo che a Matt non sfugge, almeno quanto
quello di pochi attimi dopo, quando non gli risponde immediatamente e
in Tino cala il silenzio. Una ciocca viene crudelmente catturata
dalle mezze dita che spuntano dalla manicona, fino a spettinare la
capigliatura bionda da bravo ragazzo.
Matt
sospira e lo fa girare verso di sé, riordinandogli la testa e
finendo per tenergli le mani ferme sopra le spalle. Già, ma ci
sono davvero le sue spalle, là sotto?
«A
me sembri carino come sempre, praticamente sei carino anche in
pigiama, quindi la domanda mi risulta un po' inutile. Comunque...
perché? Cos'avevano i tuoi vestiti? Mi sembrava che ti
piacesse com'eri prima.»
Tino
lo sbircia un po' dal basso, aprendo la bocca diverse volte e poi
rinunciando, fino a diventare un pochino rosso ed appendersi alla sua
camicia con dita incerte.
«Sono
ingrassato un po', mi succede sempre sotto le feste. Volevo
nascondere la pancia...», farfuglia
piano piano.
Il
danese sbatte stupidamente le palpebre diverse volte, poi gli va la
saliva di traverso dallo sconcerto e tossisce come un dannato sotto
il suo sguardo impensierito. Tino si prodiga a dargli colpetti sulla
schiena, mentre lui si riprende come può e torna ai suoi occhi
sinceramente abbattuti.
Non
pensava che avesse tanto a cuore una questione così ridicola.
Lui ama da morire il suo corpo, ama che non abbia addominali scolpiti
come i suoi, che possa appoggiare la guancia sopra il suo stomaco e
addormentarsi come un bambino; che possa pizzicarlo, fargli il
solletico, mordicchiarlo e baciarlo. Lo trova bello e sensuale, come
può avere idee del genere?
«Tino»,
sorride, catturandogli il viso tra le mani e assicurandosi di suonare
sincero. «Tu sei perfetto.»
Il
finlandese sigilla le labbra di scatto, sprofondando in silenzio
dentro il felpone.
«Voglio
il mio Tino con i suoi vestiti di sempre ed il suo corpo
bellissimo... e lo voglio subito»,
mormora, sfilandogli l'indumento dalla testa.
Lo
bacia dolcemente sulle labbra e sente il suo cuore picchiagli contro
il petto.
Tino
gli ha creduto ed è felice, ma Matt è pronto a
rassicurarlo altre mille volte, se dovesse servire; tutto, purché
non si nasconda, tutto, purché non abbia mai più quello
sguardo.
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Capitolo 16 *** During their morning ritual(s) ***
16.
DURING THEIR MORNING RITUAL(S)
Si
avvicina al lavandino con gli occhi chiusi, le mani protese per non
incontrare qualcosa e finirci dolorosamente addosso. Conosce la casa
abbastanza bene, ma è diverso dall'essere nella propria, dove
ogni angolo è ben stampato nella mente e ci si può
muovere anche di notte senza accendere la luce.
È
la casa di Matt, quella, e sì, la conosce bene perché
ci passa tante notti abitualmente, ormai, però è sempre
meglio essere cauti.
La
mano gli finisce contro qualcosa di non proprio cedevole. Apre le
dita e comincia a palpare, seguendo una curva soda che sembra
familiare. Affonda meglio i polpastrelli, indeciso su quale mobile
potrebbe essere sia marmoreo che...
«Oh,
cominciamo bene. Buongiorno anche a te, Tino.»
Il
danese ridacchia e si volta a fissarlo da sopra la spalla,
sogghignante. Tino apre meglio gli occhi e si accorge di aver trovato
il suo fondoschiena, avvolto dal sottile strato di tessuto dei
pantaloncini da notte. Fatta la sua scoperta, lo palpa con maggior
intenzione, ben concentrato, ed in un secondo si ritrova premuto
contro il lavandino stretto in un abbraccio soffocante.
«Ti
sembra saggio provocarmi così, appena sveglio?»
Sorride
affondando nella sua spalla, lo stringe di rimando e gli fa
scricchiolare le vertebre della schiena, come sempre, perché
stringe con troppa forza. Matt lo lascia andare con un verso, ma gli
si porta subito alle spalle e si vendica pizzicandogli i fianchi, la
pancia sotto alla maglietta del pigiama ed i pettorali, percorrendo
la sua pelle con tutte le dita.
Tino
lo lascia fare, sorridendo in maniera svagata mentre si spruzza in
faccia una generosa quantità di acqua gelida. Lo sente premere
dietro di sé, nel chinarsi in avanti, e prevedibilmente
partire con una serie di battute sconce sulla posizione che ha
assunto, facendolo comunque soffocare sotto il getto del lavandino.
È
tutto normale come ogni mattina. L'abbraccio, le coccole delle sue
mani, i baci dietro il collo appena sotto l'attaccatura dei capelli.
Dopo
quel rituale si mettono finalmente fianco a fianco ed afferrano a
tempo lo spazzolino da denti, dosandosi il dentifricio a vicenda;
quando fanno così sembrano quelle coppie che brindano
incrociando le braccia e poi bevono dal calice dell'altro.
Si
spazzolano i denti, sputano insieme, si schizzano d'acqua
picchiandosi fianco contro fianco per guadagnarsi più spazio
nel lavandino. Potrebbero fare a turno, oppure potrebbero andare
ognuno in un bagno, dato che la casa di Matt ne conta due, uno per
piano. Ma non sarebbe lo stesso, perché ormai è un
rituale anche quello e nessuno dei due ne vorrebbe fare a meno.
Danimarca
è contento quando Finlandia resta a dormire tutta la notte. Il
suo sorriso diventa enorme e splendente quando apre la porta e trova
la nazione lì, sulla soglia, con una piccola borsa a tracolla
che contiene poche cose necessarie per fermarsi fuori casa. Ama
quelle sorprese, anche se sono diventate così frequenti che
non può dire più di non aspettarsele.
«Ti
ho liberato un'anta dell'armadio, Tino»,
mormora dopo un po' di riflessione, intento a passarsi le dita tra i
capelli, speculare alle azioni dell'altro. Si muovono in sincrono
come buffe scimmiette, nel tentativo di dare un senso alle rispettive
capigliature. (Cosa molto più complessa, per Matt.)
«Le
giornate sono migliori quando le inizio insieme a te e pensavo...
ecco... per non fare troppo avanti e indietro, non sarebbe meglio
se-»
Si
perde, guardandolo attraverso lo specchio, esitante.
Il
finlandese ha assunto un'espressione strana, ma si allunga in avanti,
appanna il vetro col fiato e ci disegna sopra un cuoricino come
risposta. Un cuore fatto bene, anche se il tratto è
leggermente tremante.
Il
rossore lo nasconde lavandosi di nuovo la faccia, frenetico, mentre
Matt fissa quelle linee curve sullo specchio e si chiede se sia mai
stato più felice.
Non
riesce a trovare un pensiero più bello di quello: iniziare
ogni giornata con lui, lavandosi i denti insieme e lottando per il
lavandino.
È
davvero possibile, Tino ha detto sì.
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Capitolo 17 *** Spooning ***
17.
SPOONING
Ha
un debole per i baci sul collo, lo fanno letteralmente impazzire.
È
sempre stato molto attivo, in passato, non si è mai
considerato timido o impacciato riguardo al sesso, ma è solo
da quando sta insieme a Matt che ha scoperto tutto l'universo
chiamato coccole, quello
che si conosce soltanto da innamorati, non per forza relazionate alla
sfera sessuale.
Gli
piacciono da morire, le coccole.
È
una persona fondamentalmente dolce, quindi non ha mai usato le
ragazze con cui è stato, non è stato freddo o
menefreghista, crudele, però riguardo alle coccole vere e
proprie, quelle che ama scambiarsi con lui al mattino o la sera prima
di addormentarsi, non crede di avere precedenti, per quanto tenero
possa mai essere stato.
Anche
se combattuto tra il dare e il ricevere, avendo quel notevole punto
debole al collo (specialmente poco sotto l'orecchio c'è un
punto che lo manda al camposanto), spesso si trova messo davanti a
lui, schiena contro petto, accoccolato tra le sue braccia che
naturalmente lo avvolgono.
Tino
si mette in quel modo di proposito, perché il respiro caldo di
Matt gli sfiora i capelli dietro la nuca e lo fa rabbrividire in modo
delizioso. Può sentirlo vicinissimo, giocare placidamente con
le sue dita inerti sopra il materasso, ascoltare e seguire il cuore
che gli batte forte, finché non stacca la spina con il mondo
reale e si lascia trasportare nell'incoscienza dei sogni, circondato
dal benessere.
Per
quanto a volte si senta in dovere di mettersi viso a viso (e lo
voglia anche, ovviamente) per stringerlo e baciarlo meglio, ci sono
sere in cui chiede silenziosamente di essere viziato e si accoccola
in quel modo, in posizione fetale. Spinge un pochino la testa
all'indietro, cerca il suo naso e le labbra, resta in attesa.
Matt
sorride, se ne accorge dal modo in cui il respiro cambia e lo stringe
più forte, presente.
Non
hanno bisogno di altre parole, dopo la buonanotte
dolcemente sussurrata, giunta alla fine di discorsi più
o meno importanti riguardanti gli accadimenti della giornata.
Tino
chiude gli occhi ed intreccia le mani alle sue, godendosi le labbra
che lo baciano dietro il collo che si infilano sotto il colletto del
pigiama sin dove è loro possibile. A volte Matt gli dà
piccoli morsi che si trasformano in versi buffi, i quali indicano gli
stia mangiucchiando i capelli come un animaletto brucante.
Tino
soffoca una risata nel cuscino e si inclina per offrire più
pelle, alla ricerca di effusioni che solo lui può dargli. Il
compagno danese esegue diligentemente, il corpo attaccato al suo
sotto le coperte calde, il battito veloce che gli risuona attraverso
la schiena e lo riempie di meraviglia, perché sa di esserne la
causa.
Baci.
Dieci e poi cinquanta, che lo accompagnano verso una notte piena di
tranquillità, in attesa della razione successiva, al mattino
dopo, forse meno innocente di quella che l'ha preceduta.
Ma
c'è tempo per quello, tempo per ricambiare le attenzioni e
perdersi in carezze senza fine, anche dopo che la sveglia ha già
strepitato il suo fastidioso richiamo e c'è la colazione che
aspetta di essere preparata e portata a letto se uno dei due è
troppo assonnato.
A
Tino piacciono le coccole serali, semplici come quelle, senza fretta,
eccitanti e tenere al tempo stesso. Ed anche se tra dare e ricevere
sa che dovrebbe essere più propenso a dare, ci sono giorni in
cui non riesce proprio a non farsi viziare.
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Capitolo 18 *** Doing something together ***
18.
DOING SOMETHING TOGETHER
Matt
non sa bene cosa pensare quando, sbirciando dal bordo della rivista
per scoprire cosa siano quei suoni poco raccomandabili che attraggono
la sua attenzione, ritrova il compagno intento ad affilare una lama
sopra una cinghia di cuoio.
Lo
spia con apprensione, occhi e sopracciglia che spuntano dalle pagine
di carta e dita ben distanziate, diventate un pochino incerte sulla
presa.
«Tesoro?»,
lo chiama, sperando di non aver fatto qualcosa per farlo arrabbiare
(non c'è niente di più temibile, a parte un'infornata
di biscotti bruciati) e di non essersene nemmeno accorto. Ripassa
velocemente le ultime ore, ma no, non gli viene proprio niente alla
memoria. Tino stesso canticchia qualcosa che sembra un brano
natalizio, anche se sono a marzo, quindi è di ottimo umore.
«Hai
finito di leggere, Matt? Vieni a sederti qui, forza.»
Gli rivolge un brillantissimo sorriso da far invidia ai cartelloni
pubblicitari e gli indica una sedia tirata via da sotto il tavolo del
soggiorno. Tiene un asciugamano di traverso sul braccio e continua a
fargli cenno di avvicinarsi, cordiale.
Peccato
che Matt abbia occhi soltanto per la lama luccicante nella sua mano
destra.
«Tesoro...?»,
esala nuovamente, sforzandosi di non far partire un tic all'occhio.
Tino
segue la sua occhiata terrificata e scoppia a ridere, scuote la testa
e posa l'arma impropria sopra una ciotola di plastica bianca. Gli va
accanto e gli sfila via la rivista, lanciandola di lato e premendogli
i palmi sopra le gambe. «Voglio
raderti, sciocchino. Da quanti giorni non lo fai come si deve?
Guarda, sembri tornato ai vecchi tempi»,
sussurra con dolcezza, sfregando il palmo sulla peluria della guancia
e finendo per dargli un bacio sopra la punta del naso. «Non
che tu non sia bello anche così.»
Il
danese ammicca un paio di volte e gli tira su e giù la zip
della felpa, un po' nervoso. «Se
è per quello posso anche andare in bagno e fare da solo. Sai,
nel caso tu non te fossi accorto viviamo in un'epoca che offre
moltissimi privilegi, tra i quali quello
di acquistare comodissime lamette!»
Tino
non sembra convinto e lo tira su di peso, trascinandolo fino alla
sedia. Lo mette seduto e gli avvolge l'asciugamano attorno come un
enorme bavaglino, quindi prende la ciotola e con un morbido pennello
comincia a stendergli la schiuma nelle zone interessate.
«Sarà
divertente. Rispetto moltissimo i rasoi e l'epoca moderna, ma... ti
ricordi? Una volta era complicato radersi bene da soli e serviva
qualcuno che ci aiutasse. Io...»
Si
ferma e scuote la testa, umettandosi le labbra e fermandosi un lungo
momento a contemplare la sua faccia piena di soffice schiuma
profumata.
Non
termina più la frase e prende il lungo rasoio, mentre Matt
cerca di stare fermo, come gli intima Tino poco prima di iniziare a
tagliare. Prova a seguire i suoi movimenti, ma l'unica cosa che
riesca veramente a tenere d'occhio è il suo viso concentrato
ed attento.
Dopo
un po' smette di preoccuparsi e ricorda i tempi a cui si riferiva,
provando un gusto dolceamaro di tenera nostalgia.
«Lo
facevi tu. Venivi da me armato di rasoio e quella piccola scodella
sbeccata. Mi facevi mille raccomandazioni perché avevi paura
di ferirmi ed io mi chiedevo se certi giorni non avessi voglia di
farti scivolare la mano di proposito.»
Lo
dice in modo spensierato, come si ricordano a volte tristi
avvenimenti, ma a distanza di talmente tanto tempo da non trovarli
più difficili da raccontare. Però, un piccolo sorriso
spezzato fa comunque la sua comparsa.
Tino
pulisce il rasoio sul piccolo telo appeso al braccio, incontrando con
incredibile intensità i suoi occhi. «Il
mio cuore batteva forte», mormora,
radendogli con cura lo zigomo. «Mi
facevi paura.»
Si
siede sopra di lui a cavalcioni, l'altra mano a tenergli la testa
mentre la accompagna all'indietro e lascia scorrere la lama accanto
al pomo d'Adamo. Matt trattiene il respiro, posando le mani attorno
ai suoi fianchi e stringendolo d'istinto.
«Adesso
batte decisamente più forte e non c'è paura. Vorrei
ringraziarti per farmi sentire così, Matt.»
Danimarca
sussulta e si sente bruciare sul collo, mentre il finlandese lancia
una bassa imprecazione. «Non
è niente»,
lo rassicura, facendogli cenno di continuare. «Non
fermarti.»
Tino
procede, vicinissimo, andando ancora più lento e facendo un
lavoro pressoché perfetto.
Quando
Matt si rimira nel tondo specchio portatile, gli sorride e lo
accarezza tra i capelli. «Facciamolo
ancora. Costruiamo nuovi ricordi insieme. Va bene?»
«Sì.»
Tino lo abbraccia e resta abbandonato sopra di lui, senza parlare,
per molto tempo.
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Capitolo 19 *** In formal wear ***
19.
IN FORMAL WEAR
C'è
qualcosa di terribile nel modo in cui si sente paralizzare
completamente i lineamenti ogni volta che, per occasioni diverse, si
ritrova davanti il fidanzato in giacca e cravatta.
Non
dura molto, c'è da dire. Matt è un tipo che non ama
essere costretto in quel tipo d'abbigliamento che lui viceversa trova
congeniale e che lo fa sentire semplicemente in ordine. Dopo un po'
lo vede allentarsi la cravatta, sempre di più fino a snodarla
e sfilarsela del tutto, poi si sbottona e anche la postura cambia, ma
non perde niente dello stile e resta sempre lui, disinvolto,
sogghignante e rumoroso.
Finché
ha la cravatta, però, sembra che una sorta di incantesimo lo
possegga, allontanandolo dal suo vero essere e, in qualche modo,
sigillando il suo io disordinato. Dev'essere per questo che dopo
qualche ora si agita, togliendo quell'accessorio che lo imprigiona e
lo fa diventare più posato e serio. Cerca di eliminare
qualcosa che inconsciamente lo frena, lo trasforma.
A
Tino non importa che indossi la cravatta o meno, non è quella
che lo attrae quando è elegante. Non gli importa molto nemmeno
di come si presenta, perché ama Matt in qualunque modo, anche
con indosso un paio di pantaloni comodi da casa e una maglietta
stropicciata.
È
indubbio, tuttavia, che con un paio di pantaloni scuri, una giacca
dal taglio fine ed una camicia immacolata, faccia la sua dannata
porca figura e che lui non gli resti indifferente.
Per
questo si perde ad ammirarlo, quando esce dalla camera da letto con
indosso uno degli ultimi completi acquistati insieme che ancora non
ha avuto occasione di mettere. Tino riconosce nell'irrigidimento
della propria mascella il segnale che si è appena innamorato
di nuovo e viene rapito, catturato dalla figura del danese.
Matt
deve esserne a conoscenza, dal momento che ogni volta mostra quel
sorriso storto che gli fa fermare il cuore. Tino abbassa lo sguardo,
vergognandosi di essere così trasparente.
Un
po' pensa a cose poco lecite, deve ammetterlo, ma la verità è
che il desiderio di osservarlo più a lungo possibile è
anche più forte del bisogno di lanciare via ogni indumento e
trascinarlo in camera di nuovo, saltando riunioni, appuntamenti o
doveri.
«Allora?
Mi sta bene?», gli chiede,
costringendolo ad alzare di nuovo il viso.
Guarda
il modo in cui lo fasciano i pantaloni, le scarpe tirate a lucido, i
capelli pettinati in modo diverso, il colletto della camicia grigio
perla che gli sfiora la gola.
«B-b-b...»
Con
uno scatto guarda di nuovo per terra, sentendosi gli occhi a spirale
e dandosi dell'idiota per non essere in grado di dirgli semplicemente
che è bello, che non c'è niente che non vada, anzi, gli
ha quasi fatto venire un infarto perché non è mai
abbastanza preparato alla trasformazione.
«Bene!»,
butta fuori, stringendo gli occhi un momento e sgonfiandosi come un
palloncino.
L'uomo
soffoca una risata scuotendo le spalle e gli si avvicina.
Il
suono dei tacchi bassi rallenta ogni funzione vitale di Tino, ma
niente è peggio delle dita che, sotto al mento, lo costringono
a guardarlo e mostrare quanto sia agitato.
«Stai
tranquillo, è solo una cena»,
mormora gentile.
Tino
annuisce e decide che può anche balbettare ancora, non
importa. Ciò che conta è sentire quella mano sul viso e
trovare amore in fondo all'azzurro dei suoi occhi.
«Non
è per quello», si sente dire,
dandosi una cinquina mentale in faccia. «Sei
tu che mi agiti.»
Danimarca
sembra sorpreso per qualche attimo, ma poi raggiunge il suo orecchio
e abbassa la voce. «So anche questo»,
dichiara soddisfatto, prima di tornare diritto e sistemargli il nodo
della cravatta lilla. «Se fai il bravo
ti permetto di scartarmi, più tardi.»
Tino
arrossisce leggermente, ma gli punzecchia la guancia con finta
disinvoltura.
«Non
pensavo a questo, pensavo soltanto a quanto stai bene vestito così.»
Non
è del tutto vero... ma non c'è bisogno di dirglielo,
giusto?
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Capitolo 20 *** Dancing ***
20.
DANCING
Apre
le persiane e sorride alla domenica mattina, scuotendo leggermente la
testa e ridacchiando quando, tornato dentro casa, sente la musica
provenire dal piano inferiore. Quella musica. La musica di Tino.
Ogni
domenica è la stessa storia. Si alza prestissimo e comincia
freneticamente a correre qua e là per sbrigare le faccende di
casa, neanche fosse una domestica pagata a ore. Matt ci ha fatto
l'abitudine e ama quella sua parte ordinata e precisa, senza contare
che ad avere un uomo così non può lamentarsi...
Quando
glielo permette si mette ad aiutarlo, ma ci sono cose che Tino vuole
proprio fare da solo, dal momento che -dice- si diverte un mondo.
A
capire come e perché, poi, non ci prova.
Scende
i gradini saltellando, emerge dall'angolo del soggiorno e spia il
fidanzato che balla frenetico in un passo a due con l'aspirapolvere.
Ama quell'oggetto, aveva le stelle negli occhi quando gliel'ha
comprato qualche mese prima. Silenzioso come uno degli ultimi modelli
di lavatrice, gli permette di godere della sparizione di ogni minimo
ricciolo di polvere o briciola fuggiasca ed allo stesso tempo
ascoltare i suoi pezzi metal senza indossare cuffie.
Matt
intreccia le dita delle mani dietro la nuca ed entra in soggiorno,
andandogli alle spalle e accarezzandogli le natiche in movimento con
il ginocchio sollevato. Tino non si spaventa e gli va incontro,
sculettando un po' e facendolo ridere, poi spegne l'elettrodomestico
e si volta, il viso arrossato per il moto e gli occhi brillanti.
«Non
ti ho svegliato io, vero? Credo sia una rarità vederti girare
per casa a quest'ora! Normalmente te ne resti sotto le coperte
aspettando che torni a coccolarti.»
Il
danese annuisce e si abbassa a baciarlo sul collo, facendogli
lasciare la presa sull'aspirapolvere. Allunga il braccio verso il
divano e sposta la rotellina della stazione radio, intento nella
ricerca di qualcosa di adatto. Immediatamente spariscono chitarre
elettriche e batterie e la stanza viene riempita da un vivace e
romantico pezzo inglese.
«Non
riuscivo ad aspettarti, così mi sono detto che per stavolta
sarei sceso a prendermele, le coccole, anziché restare lì
come un bambino viziato e... questa canzone è davvero carina.»
Va
a prendergli una mano, la porta in alto e gli avvolge la vita con
l'altro braccio. Tino ride e cerca di divincolarsi. «Cosa
pensi di fare?»
«Tantissime
cose, ma per ora solo questo!» Lo fa
piroettare e lo riavvicina, le labbra di nuovo posate sul suo collo a
dispensare piccoli baci che lo fanno sempre rabbrividire, non importa
quanto ci sia abituato o quanti gliene dia di seguito.
Matt
socchiude gli occhi, sentendosi bene, e Tino fa lo stesso lasciandosi
trasportare. Volteggiano per il soggiorno, staccandosi di tanto in
tanto e improvvisando passi che nessuno dei due è veramente
bravo a fare, ma che, insieme, funzionano.
Lo
stacca da sé e lo fa roteare, rischiando di inciampare per le
gambe non proprio coordinate, ma non succede niente di grave e lo
riabbraccia, dondolandolo e stringendolo forte come se l'avesse
appena rivisto dopo un lungo viaggio.
Il
finlandese respira un po' affannato sfregando la fronte contro la sua
spalla, la risata imbarazzata che a lui piace da morire ad
accompagnare la voce di Bublé.
«Lo
sai che ho due piedi sinistri, un'attività del genere è
pericolosa!», lo rimprovera, una mano
dietro le sue spalle per continuare comunque a ballare con lui,
libero e tenero.
Baby
don't you know I love you so?
Can't
you feel it when we touch?
I
will never never let you go. I love you, oh, so much.
Matt
si sposta e cerca immediatamente le sue labbra.
Lo
bacia senza fretta, staccandosi di tanto in tanto per sfiorargliele
con le dita, perso nel suo profumo delicato. Gli tiene il viso tra le
mani e si allontana di poco per perdersi nel viola.
Tino
ricambia i suoi sguardi e si rilassa, gli accarezza le guance e
dimentica cosa li circondi, quello che stava facendo, il fatto che a
lui quella musica non piaccia; non si accorge nemmeno che ad un certo
punto hanno smesso di ondeggiare.
Gli
sorride a labbra chiuse e non dice niente, restando a contemplarlo e
a farsi contemplare allo stesso modo, ignorando la fine del brano e
l'inizio del successivo.
[La
bellissima canzone che i due cipollini ballano si può
ascoltare QUI
♥]
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Capitolo 21 *** Cooking ***
21.
COOKING
Ci
sono molte cose che hanno in comune, oltre al carattere allegro e
giocoso. Una delle attività che davvero condividono con
passione, però, divertendosi e rilassandosi nel farla insieme,
è preparare nuovi piatti.
Matt
è un cuoco nettamente superiore e ha una predisposizione per i
dolci, dalle torte ai biscotti, dai dolcetti che stanno nel palmo di
una mano alle paste più ipercaloriche, le quali richiedono
complessi procedimenti e lunghi tempi di preparazione.
Tino
cerca di stargli dietro, perché gli piace veramente mettere il
naso tra i fornelli e disporre con ordine tutti gli ingredienti,
prima di mischiarli e creare qualcosa di indimenticabile. La sua
sfortuna -se così si può dire- è che per
tradizione ha una cucina non molto amata nel resto del mondo (anche
se niente supera il velato disgusto che un po' tutti loro hanno per
certe pietanze islandesi) e alcuni suoi piatti hanno invero un
aspetto poco invitante.
Quindi
non si può dire che Tino non sappia cucinare. È che va
capito.
Al
danese non dispiace mangiare qualcosa preparato da lui, anche se
quello che preferisce è tutto ciò che viene prima
della presentazione di un piatto finito.
È
lo stare insieme, gomito a gomito, passarsi le cose, controllare i
tempi di cottura scambiandosi baci tra un ticchettio d'orologio e un
timer che li fa sobbalzare, è fingere di essere chef in
diretta su un canale prestigioso. Adora semplicemente cucinare
insieme all'uomo che ama, per il tempo condiviso ed i mille piccoli
discorsi che vengono fuori impastando farina, ridendo per la polvere
bianca che inevitabilmente finisce in faccia ad entrambi e per le
bestemmie finniche quando non gli riesce proprio di rompere un uovo
senza fare un macello.
Ci
sono cose, comunque, che non ha mai voluto mangiare, pur preparate da
Tino con tutto l'amore del mondo. Vorrebbe assecondarlo, ma proprio
non riesce a cedere.
Per
questo, quando si avvicina Pasqua ed il finlandese canticchia tutto
contento, restando ore da solo in cucina, lui non ha il coraggio di
entrare, perché sa cosa sta preparando.
Finge
di non notare la ciotola di betulla posta in fondo al frigorifero,
anche se al terzo o quarto giorno gli verrà servito il
contenuto misterioso insieme ad un'abbondante dose di panna montata e
salsa alla vaniglia. Uno
dei suoi incubi peggiori che, per contro, ha sia un sapore che un
nome dolce: il mämmi.
Non
sa come spiegargli che non è neanche tanto l'aspetto, a
turbarlo, ma il fatto che una cosa talmente zuccherosa che non possa
essere considerata altro che glassa pura e semplice, non sia proprio
il massimo della sua aspettativa per la merenda della domenica.
Quell'anno
però c'è qualcosa che lo disturba. Normalmente, a
quell'ora, in quei giorni, Tino dovrebbe essere in cucina a
prepararlo con il suo solito entusiasmo ed invece eccolo lì
sul divano, a sfogliare una rivista di fucili, gli occhi brillanti ma
in qualche modo assenti.
«Amore?»,
lo chiama dolcemente, allungandosi e sfiorandogli la spalla.
Il
finlandese lo guarda e gli fa un piccolo sorriso, dando segno di
ascoltarlo ed assumendo un'espressione ancora più dolce, come
sempre quando gli si rivolge in quel modo tenero che a lui piace
tanto.
«Non
è ora del mämmi?»
Tino
perde un po' il sorriso, nascondendo un velo di tristezza e
sfiorandogli la mano con la propria. Lascia cadere la rivista sopra
le gambe ripiegate, sembrando sul punto di sospirare e faticare per
trattenersi.
«Non
ce n'è bisogno. Ho pensato che sia meglio smetterla di
insistere e cercare di preparare solamente cose che piacciono ad
entrambi»,
risponde in tono normale e ragionevole. «A
tal proposito, hai qualcosa in mente per cena?»
Matt
si corruccia, accorgendosi immediatamente di quanto sia dispiaciuto,
perché Tino è trasparente, è un libro senza
copertina e lui, ormai, lo capisce al volo.
Anche
se è così abbattuto per una cosa minima, davvero
stupida, si sente in colpa da morire. Ha promesso di rendere felice
quell'uomo, sempre, e se l'amore è anche sacrificio vorrà
dire che soffrirà per tutto quello zucchero, ma non sarà
la causa di quel dispiacere.
«Quest'anno
ti aiuto, se mi insegni a prepararlo»,
si offre, salendo a toccargli lo zigomo.
Tino
scuote la testa e gli va incontro, il sorriso tirato e a labbra
chiuse che a Matt non piace. «Non
ti preoccupare, non voglio che ti sforzi. Possiamo fare dei muffins,
se ne hai voglia.»
Si
alza dal divano senza dire nulla e lo prende di peso, se lo carica in
spalla e attraversa il soggiorno, fino a metterlo seduto sul bancone
della cucina, occhi negli occhi e labbra vicinissime.
«Sarò
il tuo assistente. Dimmi cosa devo fare, Chef.»
Ci
vuole qualche secondo ancora, ma finalmente, quando capisce quanto
sia determinato, Matt può vedere il sorriso ampio e luminoso,
e sentirsi in pace col mondo mentre Tino gli elenca gli ingredienti a
bassa voce.
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Capitolo 22 *** In battle ***
22.
IN BATTLE, SIDE-BY-SIDE {Guerra d'Inverno / 1939-1940}
Nascosto
dietro un rilievo di ghiaccio, Tino punta il fucile verso una figura
in avvicinamento.
Sente
i muscoli tendersi, pronto a sparare alla prima minaccia, ma prima
deve assicurarsi di vedere bene la divisa della persona, per non far
fuoco contro un alleato o un compagno.
La
visibilità è buona, la sua mira è perfetta,
quella forma deve soltanto avvicinarsi ancora un po'. Per quanto veda
che impugni un'arma, non la punta nella sua direzione, pertanto Tino
respira lentamente, il senso d'allerta e di pericolo attutiti. Ancora
una decina di passi...
«Ho
chiesto di te e mi hanno detto che ti avrei trovato qui.»
La
voce lo sorprende come niente da un paio di mesi a quella parte.
Stringe il fucile e salta in piedi fuori dal nascondiglio, sconvolto.
«Mattæus...?»
L'uomo
imbacuccato annuisce, quindi gli si avvicina fino a trovarsi
finalmente faccia a faccia. Si osservano silenziosamente, il freddo
inimmaginabile che irrigidisce le membra di entrambi.
«Siamo
a meno quaranta?», bofonchia il
danese, dietro una pesante sciarpa di lana.
Tino
non conosce con precisione la temperatura, ma dovrebbe aver
indovinato. Sa soltanto che è uno degli inverni più
rigidi che abbiano mai avuto e che è uno dei motivi per cui
pensa che alla fine vinceranno. È un vantaggio, come la
conoscenza pressoché perfetta del territorio.
«Che
ci fai qui?», gli chiede, il fucile
abbassato, ma sempre stretto tre le mani inguantate.
Danimarca
sembra pensarci a lungo, poi fa spallucce. «Ti
ho mandato degli aiuti. Non lo sapevi?»
Sembra
un pochino divertito, ma Tino sa che non è così. Quella
è guerra, non c'è molto da ridere. «Lo
so. Tu, Lukas, Ber, anche altri... ma loro non sono venuti da me,
invece tu-» Si ferma per prendere un
piccolo respiro, sentendolo diventare ghiaccio dentro i polmoni.
«Tu
sei qui.»
La
voce è ferma, ma sente qualcosa di sbagliato dentro. Una
commozione stupida, inadeguata.
«Hey.
Avrò diritto di controllare che tu stia bene?»
Il
finlandese sprofonda un po' dentro il pesante cappotto, non sapendo
cosa dire. Si accorge che Matt ha ancora l'arma automatica stretta in
mano e macchie di sangue sparse addosso. Ha ucciso per lui? Si è
unito agli aiuti o ha dovuto farsi strada sparando per poterlo
raggiungere? Capisce che il sangue non è suo e tanto gli basta
per non manifestare troppa preoccupazione.
«Ce
la faremo», sussurra, esprimendo non
solo il proprio orgoglio, ma anche una forza d'animo che, nonostante
siano numericamente inferiori agli invasori sovietici, non cede di un
millimetro.
Il
danese non replica, ma c'è un lampo nei suoi occhi nel momento
in cui solleva la mano armata. Si scambiano un cenno, poi entrambi si
rivolgono nella stessa direzione e cominciano a sparare.
Il
fucile, nelle mani di Tino, è la cosa più letale che ci
possa essere in quella distesa di neve e ghiaccio; non sbaglia un
colpo mentre l'uomo al suo fianco, spalla a spalla, completa la
devastazione, decimando uno dopo l'altro il piccolo contingente di
incauti esploratori.
Mattæus,
attento a non finire nella linea di fuoco dell'altro, tende a
proteggerlo col proprio corpo, anche se questo non viene notato da
Tino, concentrato a prendere la mira ed annientare la minaccia nel
più breve tempo possibile.
Soltanto
quando l'eco degli spari si è dissolto e i nemici non si
muovono più, le due nazioni tornano a guardarsi. C'è un
piccolo sorriso distorto sul viso di Danimarca e un'espressione
determinata, ma anche scossa, su quello di Finlandia.
«Non
posso fare di più», sussurra,
anticipando i ringraziamenti.
Controlla
con occhiate cupe che non ci siano più pericoli prossimi e
avvicina le dita alla guancia bruciata dal gelo di Tino. «Mi
dispiace.»
Gli
fa una piccola, microscopica carezza, sfiorandogli anche le labbra
spaccate.
«Aspettiamo
tutti che tu vinca, piccoletto.»
Tino
sente gli occhi bruciare, mentre si aggrappa al fucile come ad
un'ancora. Non allontana la mano e resta a guardarlo, felice della
sua presenza.
«Fai
buon uso dei miei uomini, eh», si
raccomanda, un mezzo passo indietro per squadrarlo.
La
nazione in guerra sorride, perché è l'unica cosa che
gli riesca ancora bene, ora che le parole sono diventate superflue e
che ogni giorno si sveglia col suono rimbombante degli spari.
«Sta'
a guardare», lo sfida, ricaricando il
colpo in canna e mostrandosi forte, più di quello che è,
ma coraggioso perché Danimarca vuole che sia così.
Andando da lui gliene ha infuso di nuovo, ma non sa come dirglielo,
come ringraziarlo.
Mattæus
si trattiene con il finnico ancora un momento, prima di sparire di
nuovo tra la neve. Tino lo segue con lo sguardo finché di lui
non resta più niente, poi va a frugare tra i cadaveri per
rifornirsi di munizioni.
Pur
in mezzo ai morti, non può fare a meno di sentirsi riscaldato.
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Capitolo 23 *** Arguing ***
23.
ARGUING
«Lo
ami, vero? A questo punto puoi anche ammetterlo. Dentro di te fai
paragoni tra noi e sei pentito, perché se ti fossi mosso
prima, se fossi stato più deciso, ora avresti ancora l'uomo
perfetto al tuo fianco invece di accontentarti di me... delle
briciole che nessuno vuole.»
Le
lacrime sono troppo da sopportare, ma il suo orgoglio non fa altro
che renderle più micidiali di qualsiasi piatto rotto,
sbattendole in faccia al finlandese come fossero un'arma. Non sembra
fragile, Matt, anche se ferito, quanto piuttosto pronto ad una
battaglia.
«Pensare
che tu stia con me mentre pensi ad un altro è la cosa più
schifosa che potessi farmi, Tino. Ed io... io sono un idiota, perché
dentro di me ho sempre saputo che lo amavi.»
L'altro
si ritrova a scuotere la testa, aprire la bocca per ribattere e
andargli incontro gesticolando. «Matt,
di cosa stai parlando?!»
Alza
la voce anche lui, ma non fa altro che tremare.
Non
esternamente, è dentro che Tino si sente cadere a pezzi, è
lì che le cose non vanno a posto da quando hanno cominciato
quella discussione. È traballante come un castello di carte e
lui non fa che soffiarci sopra, attaccandolo con quelle accuse,
colpendolo dove non dovrebbe.
Matt
si china e prende una tazza per il caffè; per un istante Tino
crede che stia per lanciargliela addosso o contro il muro. Una volta
lo faceva, una volta reagiva sempre in maniera violenta alle crisi,
ma ora è diverso. È più controllato, è
gentile, è...
«Sto
insieme a te perché... perché io sono...»,
tenta, insicuro, indebolito dalla sua furia.
Perché
sono una coppia e si amano reciprocamente. Non lo sa? Non lo
sa più? Deve assolutamente dirglielo, convincerlo
dell'assurdità di quel confronto.
Stringe
i pugni e si avvicina ancora un po', ma il suono della ceramica in
frantumi lo fa sobbalzare.
«Vaffanculo»,
ribatte il danese sottovoce, sprezzante e amareggiato, non degnandolo
di uno sguardo. Rimane curvo sopra i cocci rotti dentro la vasca del
lavello.
«Vaffanculo.»
Le sue spalle sono scosse da tremiti violenti, le lacrime gli
cadono a grosse gocce sopra i dorsi delle mani.
«Non
ci provi più a dire che mi ami? A fingere? Suoni ridicolo alle
tue stesse orecchie? Gli hai infilato la lingua in gola sotto i miei
stessi occhi, Cristo! La prossima volta gemerai il suo nome mentre
sei dentro di me?!»
Si
volta e lo fronteggia ancora, restando aggrappato al bancone. I suoi
occhi sono rossi e benché appannati dal velo di lacrime riesce
a vedere la figura del finlandese impietrita davanti a lui.
Non
è in grado di fermarsi, anche se sa che si pentirà di
quelle parole. La rabbia è incontrollabile. Il dolore è
accecante, non può più trattenerlo o nasconderlo.
«Ti
sei divertito, Tino? Se ti piaceva tanto scopare potevi anche uscire
e sceglierti qualcun altro, non credo tu abbia mai avuto problemi a
trovare un buco disponib-»
Lo
aspetta e lo accetta, quello schiaffo secco, senza muovere un
muscolo, solo zittendosi. Non è forte come avrebbe potuto, gli
resterà una manata rossa a cinque dita per una mezz'ora, ma
non avrà slogature o lividi; persino in quel momento,
accorgersi che si è trattenuto per non fargli male lo fa
soffrire.
Voleva
dire qualcosa di crudele e ricevere una punizione immediata, non uno
schiaffo trattenuto. Vuole essere crudele perché si è
tenuto dentro quei pensieri di merda anche per troppi giorni, dopo
quel bacio.
«Vaffanculo
tu, Mattæus.»
La
sua voce sempre dolce e cristallina è un sibilo avvelenato ed
incrinato. Il nome, il nome completo che non usa da decenni, da
quando sono più che amici, è una pugnalata.
La
frangia gli ricade sulla fronte coprendo gli occhi viola, ma a
Danimarca non importa se stia piangendo anche lui, come non gli
importa di trattenerlo quando schizza fuori dalla cucina.
«Non
tornare più», mormora alla sua
schiena, ripetendolo anche dopo lo sbattere della porta d'ingresso e
mettendosi a raccogliere i cocci rotti, gli occhi completamente
appannati.
Quando
si rende conto di aver rotto una delle tazze che hanno comprato
insieme all'Ikea, in un giorno ormai lontano, non riesce più a
smettere di tremare e si accascia sul pavimento, svuotato.
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Capitolo 24 *** Making up afterwards ***
24.
MAKING UP AFTERWARDS
Anche
se in fondo spera che non torni, lo aspetta per tutto il giorno e
buona parte della notte.
Resta
a gambe incrociate in un angolo, per terra, gli occhi stanchi ed
arrossati, gonfi di pianto, puntati testardamente verso la porta.
Tino
non può tornare, non deve nemmeno pensarci.
Ha
cercato di rincollare i pezzi della tazza rotta e rimirando il lavoro
finito non ha potuto fare a meno di abbandonarsi a filosofici
collegamenti. Loro due perfetti, innamorati, poi... anche rimettendo
insieme i pezzi non saranno più come prima, non dopo quelle
frasi.
Non
crede molto nell'utilità della lite, negli scontri che
finiscono per avvicinare due persone, anche se poi quella sensazione,
quando ci si comprende, ci si scusa e si torna a parlare come se
niente fosse accaduto, è squisita ed avvolgente.
Ama
Tino. È un amore folle, rassicurante, tenero e possessivo.
Tino è la sua anima gemella, non ha alcun dubbio in proposito.
Perciò, per amarlo tanto, deve averne cura. Gli ha detto cose
orribili e non ha scuse. È ferito e furioso, ma non avrebbe
voluto spingersi a tanto, non adesso che si chiede con una stretta
gelida al petto se quello schiaffo sarà l'ultimo contatto con
la sua mano. L'ultima carezza.
Fissa
la porta con occhi sgranati, osservando il finlandese rientrare nel
cuore della notte. Accende la luce e lui geme debolmente,
nascondendosi tra le gambe e tornando in posizione rannicchiata. Si
nasconde dal chiarore, da lui, da quello che potrebbe dirgli dopo
essersi schiarito le idee per tutte quelle ore.
È
finita. Se non ti fidi di me è inutile andare avanti. Dirà
così.
Sente
i suoi passi sempre così moderati e delicati avvicinarsi a lui
ed il cuore gli rimbomba nelle orecchie, ha freddo e sonno e tanto
dolore a schiacciarlo a terra come un'incudine.
«Credevo
non saresti tornato», si sente dire
con una voce spaventosamente roca.
Ha
la gola riarsa. Sono ore che non beve, che non fa niente a parte
starsene lì, muto e riflessivo, a ripercorrere le tappe del
loro amore e a dire addio ad ogni immagine, consumandosi pietosamente
e inutilmente di lacrime.
Tino
inspira ed espira rumorosamente, infilandosi accanto a lui ed
abbracciandosi le ginocchia. «Lo
credevo anch'io.»
Non
vuole che se ne vada, ci ha ripensato. Se gli serve altro tempo per
staccarsi dai sentimenti per Berwald glielo concederà. Non
crede sia stato falso, non è vero che non c'è nulla tra
loro!
Non
vuole che se ne vada. Non vuole che tutto sia rovinato.
Sente
il calore irraggiungibile del suo fianco accanto al proprio e
sprofonda ulteriormente.
«Sono
stato confuso per tanto tempo. Quando ho realizzato di provare
qualcosa per lui era troppo tardi. Mi dispiace per l'altra sera, non
so cosa mi sia preso e non mi va di dirti che ero ubriaco e non
sapevo cosa stessi facendo. Ho ferito te e Lukas e Ber, di questo
sono consapevole.»
Tino
si volta verso di lui e Matt si arrischia ad osservarlo, reprimendo
un gemito davanti ai suoi occhi grandi e arrossati. È andato
via e ha pianto? Tutte quelle ore...
«Ma
non devi mai e ripeto mai permetterti di dirmi che ti sto
usando. Quello che so, quello che ho capito, è che con il
tempo sarebbe finita, perché con lui... con lui non ho niente
in comune. Ci vedi insieme? Io vedo lunghi silenzi imbarazzanti e
incomprensione, qualcosa che come amici non succede, perché
come amici funzioniamo benissimo. Q-quindi puoi incolparmi, puoi
arrabbiarti con me e anche decidere... decidere che non valgo la
pena, che non sono l'uomo che vuoi o che credevi che fossi.»
La
sua voce è sottile e Matt ha voglia di fermarlo, perché
gli sembra che stia diventando piccolo e grigio, come un disegno
scarabocchiato senza forze su un foglio stropicciato. Vuole solamente
stringerlo.
«Non
dire che non ti amo. Ho scelto te. Non dire che questo non è
vero solo perché il mio stupido cervello ha detto al mio
stupido corpo di fare quella cosa! P-però tu hai ragione a
odiarmi, quindi...»
Si
rannicchia ancora e gioca con i lacci delle scarpe, socchiudendo gli
occhi.
«Prendo
le mie cose e torno a Helsinki, se lo desideri.»
Dovrebbe
scusarsi per come l'ha trattato, non restare lì a sentirlo
denigrarsi. Il bacio a cui ha assistito l'ha ferito come niente, da
quando stanno insieme, ed ha tutti i diritti di sentirsi a quel modo,
ma gli ha detto delle cose orrende e ora Tino crede di non essere
abbastanza...
«Sei
il mio amore», pigola all'improvviso,
interrompendo il flusso dei pensieri e permettendo al cuore di
parlare al posto suo, esprimendo l'unico concetto immutabile.
Si
ritrova di nuovo pieno di lacrime e con una voce così poco
controllata da far sollevare la testa a Tino, allarmandolo.
«Ti
prego, perdonami. Ho f-freddo e voglio abbracciarti, io-»
Il
finlandese lo stringe immediatamente a sé, di slancio, come se
non aspettasse altro che un segnale, e Matt si sorprende di come il
proprio corpo, nonostante le lunghe ore immobile, sia prontissimo ad
accoglierlo con forza, premendoselo addosso con urgenza e
disperazione.
Apre
le gambe e lo intrappola, singhiozzandogli sulla spalla, mentre
riceve carezze sulla schiena e la testa, sente parole mormorate,
dichiarazioni dolcissime e necessarie.
«Non
andare. Non andare mai», ansima, senza
fiato, inzuppandogli la maglietta.
Tino
scuote la testa e non dice niente, restandogli addosso come se non
potesse fare altro.
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Capitolo 25 *** Gazing into each other's eyes ***
25.
GAZING INTO EACH OTHER'S EYES
«Non
ci riesci», cinguetta.
«Tu
non ci riesci!»
Tino
aggrotta le sopracciglia, combattivo come sempre, tendendosi
ulteriormente verso il viso dell'altro. Cerca di non farsi distrarre
dal suo ghigno canzonatorio, anche se lo intravede bene.
Si
fissa sulle iridi immobili e stringe più forte i pugni,
premendoli sul tavolo.
«Non-ce-la-fai»,
lo tormenta di nuovo l'altra nazione, allungandosi un pochino e
sollevando una mano per pizzicargli la guancia, tirando la pelle
morbida come si farebbe ad un bambino.
Finlandia
lascia scattare la propria e lo scaccia con un gesto infastidito,
senza neanche ammiccare, diventando per contro ancora più
letale. Odia non essere preso sul serio, anche se si tratta di un
gioco innocuo, anche se potrebbe diventare tanto determinato da
staccare il braccio all'avversario durante una sfida di forza.
«Gioca
pulito, Matt», sibila, senza
accorgersi di essergli arrivato praticamente naso a naso.
«Hey,
Tino...»
«Non
parlare e non distrarmi! Gli accordi dicevano che il primo che
distoglieva lo sguardo avrebbe perso! Non siamo qui per fare
conversazione, rivale!»
«Tino...»
Il nome sfuma in una risatina dolce, causata dal suo spirito
focoso, ma soprattutto da quel modo di rivolgerglisi. Rivale?
Decisamente troppo adorabile, il finlandese.
Decide
finalmente di mandare tutto all'aria e gli prende il viso tra le
mani, facendo sussultare il ragazzo, troppo concentrato per
accorgersi delle sue intenzioni.
«Questa
gara ha perso interesse nel momento in cui mi sono accorto che
guardarti negli occhi non è una sfida che voglio vincere, ma
un piacere.»
Tino
cerca di allontanarsi, ancora attento a non sbattere le palpebre,
nonostante il cuore gli sia schizzato in gola e non ricordi neanche
più cosa ci fosse in palio. Il respiro si fa irregolare e si
sente fragile, tra quelle mani calde che gli costringono il volto con
gentilezza. Si perde a guardarlo in un modo diverso, il battito
sempre più discontinuo.
Danimarca
sembra smarrito in lui, adesso. L'unica cosa che gli importa è
tenerlo lì, a pochi centimetri dal naso, studiando ogni
screziatura del viola prezioso che ha davanti a sé. Il
finlandese sa che quando lo guarda in quel particolare modo lo fa
andare in crisi e deve stringere le labbra per non cominciare a dire
qualsiasi cosa gli passi per la mente. Sarebbe un fiume in piena di
proteste balbettate e poi... e poi...
«Sei
così bello, Tino. Non smetterei mai di fare questo gioco, se
devo solo guardarti.»
No,
deve resistere. Quelli sono i suoi sporchi trucchetti per farlo
dichiarare vinto, perché sa che è debole al suo tono
romantico. Tino è l'unico che conosca quel lato di lui,
l'unico al quale sia consentito ammirare ed apprezzare l'animo
sensibile e tenero, da amante, che è nascosto sotto strati di
apparente idiozia.
Non
saprebbe preferire una parte di Matt, perché ama
indistintamente il ragazzino infantile e l'uomo maturo che lo avvolge
tra le braccia per scaldarlo.
Mettersi
a pensare a quelle cose lo confonde, sente la terra franargli sotto i
piedi e la sconfitta farsi sempre più prossima, amareggiandolo
per la propria totale mancanza di difese.
«Ti
amo, lo sai?»
Emette
un gemito soffocato e chiude gli occhi di colpo, accasciandosi in
avanti e cominciando a tempestargli le spalle con piccoli pugni di
pura frustrazione, mentre l'allegra risata del danese riempie la
cucina e le sue braccia lo intrappolano con gioia.
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Capitolo 26 *** Getting married ***
26.
GETTING MARRIED
Non
potrebbe esserci momento peggiore per farsi venire un attacco di
panico. Oh, a dire il vero ce ne sarebbe uno: giungere all'altare e
svenire, per esempio.
Si
rimira allo specchio e passa le mani sulla cravatta di seta
argentata, ricevendo in cambio l'immagine di un uomo completamente
terrorizzato, nauseato e pronto a dire addio alla vita.
Perché
dev'essere così nervoso? Non è che l'abbiano deciso il
giorno prima! Sono mesi che si preparano, che fanno prove, che
decidono il menù e che ne parlano entusiasti come bambini.
Si
tocca l'anello e comprime le labbra in una linea storta e buffa. Non
avrebbe mai creduto di sposarsi, un giorno. Sposarsi per davvero, per
amore reciproco e non per un'unione politica.
L'eternamente
distratto e goffo Tino che... viene chiesto in marito? Non ci avrebbe
mai scommesso, prima, quando saltava di relazione in relazione e si
chiedeva perché non riuscisse ad innamorarsi sul serio.
Ora
è innamorato.
Convinto,
certo, sicuro dei propri sentimenti, non rincorre più un
fantasma con gli occhiali, domandandosi come sarebbe potuto essere.
Ma che succede se rovina tutto, se un giorno Matt lo guarda e
pensa...
«Che
mi prenda un colpo.»
Sussulta
e si volta di scatto, trovando il promesso sposo lì, a
guardarlo con sconcerto.
«N-non
ti ho sentito entrare! E non dovresti essere qui!»
Si
innervosisce almeno il doppio di prima e cerca di spingerlo via con
le mani sul petto, corrucciato.
«Volevo
assicurarmi di non essere piantato in asso dal mio sposino!»
Apre
la bocca per protestare e forse mandarlo a quel paese, ma le sue dita
salgono a zittirlo e per un interminabile istante ci sono soltanto
loro due, fermi a contemplarsi come se non si fossero mai visti.
Deglutisce
a labbra chiuse, accorgendosi di avere le mani gelate e cominciando a
battere ritmicamente i piedi dato che ha un principio di
intorpidimento alle gambe.
Ecco,
collasserà al centro della navata. Bella figura di m-
«Di'
qualcosa, Matt. Sto bene? Sto male? Sono carino? Ridicolo? Goffo?
Grasso!»
Stringe
fortissimo le mani riducendole a due pugni di ghiaccio, le unghie
corte che gli scavano mezzelune profonde nei palmi. Ogni secondo che
passa senza parlare lo fa morire lentamente.
Poi,
una scintilla rianima l'espressione assorta dell'uomo al quale
intende legarsi per tutta l'esistenza ed un caldo sorriso scioglie la
sua espressione smarrita.
«Sei
bellissimo.»
Si
sente mancare il fiato per il modo in cui glielo dice.
Matt
sfila dalla tasca della giacca bianca un bocciolo di rosa e glielo
appunta al taschino, scendendo a sfiorargli le labbra con un bacio
leggero.
«Ho
il cuore pronto ad esplodere», sospira
tra i denti.
Tino
annuisce e abbassa le palpebre, perdendosi nel tenue profumo della
sua pelle.
«Sentissi
il mio.»
Le
mani di Matt salgono alle sue braccia, sfregandole su e giù
cercando di infondergli coraggio, mentre ne approfitta per coccolarlo
un po' prima della cerimonia.
«Voglio
sentirlo tutti i giorni, è per questo che ci sposiamo.»
Tino
si lascia scappare un piccolo gemito di agitazione e si appende alla
sua giacca con una mano. «Non è
il momento di fare il romantico, ho le gambe pronte a cedere.»
«Oh?
Devo prenderti in braccio?»
Gli
punta l'indice al petto e lo spinge un pochino, prendendogli il
labbro inferiore tra i denti. «Non
sarà necessario. Arriverò là con le mie gambe e
dirò che ti voglio e quando tutto sarà finito cercherai
di spiegarmi perché ci abbiamo messo tanto.»
Riapre
gli occhi, scontrandosi con le sue iridi di cielo.
Ah,
che errore perdersi là dentro. È fregato ogni volta che
guarda quegli occhi, perché finisce sempre per farci l'amore e
tempo e spazio perdono significato.
Il
compagno gli prende il mento tra due dita e lo tiene fermo, fronte
contro fronte.
«Conta
solo dirlo, Tino, non importa quanto tempo c'è voluto. Da oggi
sarò tuo davanti al mondo.»
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Capitolo 27 *** On one of their birthdays ***
27.
ON ONE OF THEIR BIRTHDAYS
Si
chiede sempre come sarà, se e quando decideranno di stare
insieme alla luce del sole, e magari, dopo un po' di mesi, fare il
grande passo e (sposarsi? Ah, no, per quello ci vorrà di più,
ha paura che Tino gridi e fugga a gambe levate) andare a vivere sotto
lo stesso tetto.
È
felice di stare con lui, anche se non è molto tempo, ancora,
perché sa che hanno qualcosa di importante, insieme. A
dispetto di ogni fatto passato che li riguardi, sia dolce che
turbolento, se si volge al Tino e al Matt del presente può
affermare con assoluta certezza che stiano costruendo una storia
seria, impegnativa e piena di amore.
È
sicuro di amarlo ed è sicuro di essere ricambiato, mentre il
taxi lo porta davanti alla casa del suo ragazzo e allunga i soldi
all'autista, sfiorando con delicatezza la forma regolare di cartone
che tiene sopra le gambe.
Smonta
dall'auto e si appresta ad avanzare nel vialetto, su di giri.
È
ufficialmente il primo compleanno insieme e non sta più nelle
scarpe dall'entusiasmo, perché sa che a Tino piacciono le cose
che prepara e proprio per questo si è rifiutato
categoricamente di “abbassarsi” ai livelli di qualsiasi
pasticceria.
È
stato sveglio tutta la notte visitando siti internet e sfogliando
tomi di libri di cucina, abbondantemente illustrati. Non è che
non si fidi delle mani altrui, ma... quella torta di compleanno è
per Tino e ci teneva da morire a farla da sé, decorandola con
migliaia (forse poco meno) di bandiere finlandesi.
Ridacchia
come un idiota, mentre sale i gradini ed esita, rabbrividendo un po'
per la giornata fredda e fissando la porta come se fosse invisibile.
Gli
sembra di essere già dentro -era atteso in serata, ma è
arrivato prima per fargli una sorpresa- a stritolarlo e a riempirlo
di baci sul viso, dondolandolo per interi minuti contro il proprio
petto.
Con
lui può essere se stesso e manifestare tutti gli slanci
d'affetto anche infantili che per natura è portato a fare.
Suona strano pensarlo, dato che gli fa battere il cuore come nessun
altro, ma Tino ha la capacità di farlo stare in pace col
mondo. Lo fa sentire migliore e... giusto. Così giusto che non
è imbarazzato per tutti i cuoricini di pasta di zucchero rosso
che ha usato per abbellire la panna montata.
Guarda
la torta che non aspetta altro che di essere aperta dal festeggiato
e, sogghignando di impazienza, passa attorno al portico per sbirciare
attraverso una finestra. Forse lo coglierà mentre dormicchia
sul divano, tranquillo e ignaro di tutto...
Il
sorriso gli muore sulle labbra vedendo l'ampia schiena del fratello
svedese e le braccia di Tino che gli si incrociano dietro.
Non
è l'abbraccio a fargli male, non sono le dita aggrappate al
suo maglione a spezzargli il cuore e a fargli perdere un po' la presa
sul dolce.
La
sua espressione.
Quel
tenue sorriso di benessere e gli occhi chiusi come fosse su una nave
pronta ad affondare e non gliene importasse un bel niente, stretto a
quell'uomo.
Non
dovrebbe pensare certe cose. È ingiusto. Non è niente,
non stanno facendo nulla di male. Sa che si vogliono bene, lui stesso
non potrebbe vivere senza coccolare e tormentare Lukas.
Eppure.
Non
sa se sia una fitta di gelosia o se una parte di lui sia ancora così
incerta riguardo a Tino da fargli credere che ai suoi occhi non potrà
mai competere con la sicurezza che uno come Berwald trasmette.
Il
viso rilassato e sereno gli si stampa dentro, il grazie che
vede formarsi sulle sue labbra lo fa soffrire in un modo
assolutamente crudele e stupido.
Non
ha bisogno della sua torta. Non ha bisogno della sua sorpresa. È
completo così.
Si
allontana a testa china, abbandonando l'involucro ai piedi della
piccola scalinata bianca.
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Capitolo 28 *** Doing something ridiculous ***
28.
DOING SOMETHING RIDICULOUS
Gli
sembra strano tornare a casa e sentire quella musica a tutto volume.
Pop?
Man
mano che sale le scale, le parole e la melodia si fanno più
nitide e riconosce la canzone. È un pezzo dance di qualche
anno prima che le radio non smettevano di trasmettere e che spesso,
cucinando con la tv accesa, hanno ritrovato nella scaletta dei video
musicali. Non è molto esperto di quel genere, ma quando sente
quel ritornello ossessivo non può fare a meno di riconoscere
Bad Romance di Lady GaGa.
Entra
nella camera da letto e spalanca gli occhi divertito, ammirando il
fidanzato danese, con indosso solo un paio di boxer e una maglietta
avvolta attorno alla testa come un tipo di turbante, che ci dà
dentro ballando sopra al letto.
Tino
soffoca una risata dietro la mano, lascia la valigetta per terra e si
avvicina un po', appoggiando la schiena all'armadio e godendosi lo
spettacolo mentre si sfila piano piano la giacca.
Matt,
il quale gli volge le spalle, dimena il posteriore e agita le braccia
per aria, cantando a squarciagola e saltellando, ma la musica è
abbastanza forte da coprire la sua stessa voce, cosicché Tino
non può dire se stia indovinando le parole o se stia solo
facendo confusione.
Si
diverte per un minuto intero a vederlo ancheggiare, almeno finché
l'uomo non fa un salto per voltarsi, se lo ritrova davanti senza
preavviso e cade sul materasso a gambe larghe. Scoppia a ridere
osservando la maglietta sopra la sua testa che si slega e ricade,
afflosciata, sulla spalla nuda.
Fa
qualche passo e si inginocchia sul letto, prende le mani di Matt e se
le porta alla camicia, guardandolo in un certo modo nel posargli un
bacio all'angolo della bocca quando l'uomo comprende le sue
intenzioni e comincia a sbottonarlo.
Resta
in boxer anche lui, mentre il ritornello rimbomba di nuovo e Matt lo
aiuta a salire sul letto. Intrecciano le dita per non cadere e
cercano un equilibrio sul lenzuolo, finché annuiscono seri
seri e si lasciano andare, un salto dalla parte opposta e i
fondoschiena che si incontrano.
Alzano
le braccia e le agitano, ondeggiano insieme ballando come pazzi. Tino
decide di dare il meglio di sé e afferra un cuscino,
infilandoselo tra le gambe e fingendo di cavalcarlo. Matt lo
sculaccia con la maglietta usandola come fosse una frusta e continua
a cantare, l'altra mano chiusa a pugno per il microfono improvvisato.
Tino
torna a guardarlo sculettando come un'odalisca impacciata, in
precario equilibrio, finché Matt lancia via l'indumento ed
improvvisano insieme una coreografia molto simile a quella del video.
In
momenti come quello, Matt è dannatamente felice di essersi
innamorato di un uomo come lui, uno che capisce quando ha bisogno di
essere fuori come un poggiolo, di lasciarsi andare senza spiegazioni,
di cantare e ballare come se non esistesse un domani.
Ridono
fino a star male quando la canzone finisce ed entrambi si lasciano
cadere all'indietro, a peso morto, alternando i respiri avidi alle
risate.
Le
mani si stringono, Matt si allunga per mettere il volume al minimo e
si volta a guardare il profilo accaldato e sorridente del compagno.
Finiscono sul fianco, ridacchiano a scatti e si avvolgono.
«Ti
sto amando», gli ansima contro il
collo.
Tino
gli stampa un bacio sulla fronte e prende un bel respiro. Si agita
solo per mettersi più comodo e ricambiare l'abbraccio al suo
meglio. «Io ti amo di più.»
Ancora
canticchia, Tino, perché gli piace la frase “I don't
wanna be friends”, pare. Matt sorride contro la sua
guancia, stringendolo a sé con necessità. Non pensa che
lo ami di più, crede che il loro amore sia equilibrato, ma gli
fa sempre piacere sentire la naturalezza con la quale glielo
dichiara, del tutto identica alla propria.
«Sei
stanco? Forse non dovevi unirti a me»,
soffia, gentile e premuroso, toccandogli la schiena.
«Non
ho potuto resistere», sghignazza Tino.
Gli mette le mani sopra le natiche e lo palpa giocosamente,
scatenando sculettamenti felici. «Se
vuoi possiamo continuare!»
Matt
ci riflette un momento, mordicchiandogli la guancia, e lo blocca con
una gamba.
«Dopo.»
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Capitolo 29 *** Doing something sweet ***
29.
DOING SOMETHING SWEET
«Si
è addormentato?»
La
voce bassa e delicata di Tino fa girare la testa di Matt, un po'
curvo e inclinato, intento a spiare attraverso lo spiraglio della
porta accostata della camera del bambino.
«No.
Tiene gli occhi chiusi per farcelo credere, ma è scarso come
la mamma.»
Gli
tira un piccolo pugno sul fianco e la sua mano viene catturata da
quella del danese, che la tiene tra la sua mentre si mette diritto e
si volta per fronteggiarlo.
«Che
ne dici se ce ne freghiamo del suo “Sono adulto, sto bene,
non preoccupatevi inutilmente” e ci piazziamo accanto a lui
come qualsiasi genitore perbene dovrebbe fare col figliolo malato?»
Tino
ammicca un paio di volte, cercando di non sorridere troppo per la sua
faccia incredibilmente dolce, e lo tira un momento in basso per
premere le labbra sulle sue. «Dico che
sono d'accordo e che anche se non l'avessi proposto l'avrei fatto.»
«L'avremmo
fatto. Voglio bene a Peter»,
mormora l'uomo, mordicchiandolo giocosamente e tirandolo infine
dentro la stanza, dopo qualche attimo speso a coccolarsi.
La
cameretta è illuminata da una tenue luce azzurra, emessa
dall'abat-jour con le ancore e le corde annodate da marinaio.
Tino
socchiude nuovamente la porta e va a posizionarsi sul fianco destro
di Peter, circondandogli la testa con il braccio, mentre Matt fa la
stessa cosa dalla parte opposta. Il ragazzino apre gli occhi sentendo
il materasso abbassarsi e si ritrova davanti le loro facce
sorridenti, anche se un pochino ansiose.
«S-sto
bene», mormora per la decima volta,
attraverso le labbra secche. «È
solo un po' di febbre, andate a fare le vostre cose da adulti, non è
la Festa degli Innamorati?»,
borbotta, sospirando e chiudendo nuovamente le palpebre. «Domattina
sarò come nuovo, cosa c'è da preoccuparsi?»
Matt
apre bocca per dire qualcosa, ma Tino gliela tappa con rapidità
scuotendo la testa. Si becca uno sguardo imbronciato, ma anche un
bacio sulle dita che lo fa arrossire. Sposta la mano e comincia a
sfiorare la fronte della piccola piattaforma, dividendo gentilmente
alcune ciocche un po' umide ed osservandolo mentre si umetta le
labbra, lamentandosi piano.
«Lasciaci
preoccupare e starti vicino finché non tornerai ad inseguire
Hanatamago fingendoti un possente guerriero a caccia di draghi
bianchi», mormora con tenerezza.
Peter
si agita un pochino, sprofondando fino al naso e sbirciando i due
attraverso due fessure stanche ed assonnate.
«In
questo caso potreste... aiutarmi a dormire?»,
domanda con esitazione.
La
mano di Matt gli si posa sul petto e gli trasmette carezze attraverso
le coperte. «Quello che vuoi,
campione. Ti va una storia?»
Peter
solleva il visetto arrossato dalla febbre, sorride e scuote la testa,
ma non troppo forte, per non disturbare le dita fresche di Tino che
gli piacciono tanto.
«Cantate.»
I
due uomini si fissano sorpresi per qualche secondo, poi ridacchiano.
Si tengono la mano al di sopra delle coperte, attenti a non pesare
troppo sul bambino, il quale richiude gli occhi e resta a sorridere
pacatamente con la testa ben affondata sul cuscino. Mentre sente i
capelli che gli vengono sfiorati di tanto in tanto, la voce
cristallina di Tino è la prima a giungergli alle orecchie.
Canta
parole che non gli sono del tutto nuove, riconosce immediatamente il
tema da ninnananna e quella che è la sua lingua, il
finlandese, piena di vocali e di musicalità.
Matt
ci mette un po' a trovare il momento buono per unirsi a lui e la sua
voce più forte, dal timbro inaspettatamente profondo mentre
accompagna in tono basso quella del marito, è una piacevole
sorpresa per Peter.
Pensa
che si accompagnino bene, almeno quanto quelle mani intrecciate ed il
calore diverso ma pieno d'affetto che gli trasmettono standogli così
vicino, chiudendolo in quella specie di bozzolo protettivo.
Il
dolore ai muscoli e il mal di testa allentano un pochino la morsa,
mentre si sente scivolare in uno stato d'incoscienza incontrollabile,
accompagnato e cullato dalle parole dolci, dal finlandese imperfetto
ma comprensibile di Matt, dalle carezze di mamma e dalla certezza di
essere amato.
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Capitolo 30 *** Doing something hot ***
Attenzione
attenzione, la storia che segue è -da prompt richiesto-
porneggiante.
A
causa di questa e della dodicesima (ovvero “Making out”)
il rating è dovuto salire ad arancione.
Ciò
inutilmente premesso: avete davanti l'ultima storia della
challenge~.
30.
DOING SOMETHING HOT
Con
le mani affondate nelle tasche del cappotto dal taglio lungo, Matt
lancia un'occhiata svogliata al pannello luminoso che indica il
tempo d'attesa per il treno successivo. Si dondola un pochino sui
piedi, poi torna a guardare il compagno che si sistema meglio i
guanti e soffia aria calda sulle dita raccolte.
Sogghigna
e si allunga verso il suo orecchio, sfiorandolo con la punta del
naso.
«Hey,
Tino. Ti ricordi quando abbiamo parlato delle nostre fantasie?»
Il
finlandese resta un momento immobile, prima di lanciargli uno
sguardo laterale. «Fantasie?»
Matt
annuisce, un lampo vispo negli occhi. «Sì,
fantasie... erotiche.»
Si
gela per un lungo istante. Oh, certo che se lo ricorda. Come
dimenticare quei lunghi discorsi con le dita intrecciate sotto le
coperte e le gambe avvinghiate, subito dopo aver fatto l'amore?
Con
lui parla di tutto e non lo imbarazzano quegli argomenti, non più,
ma non può che sentirsi a disagio se ne fa menzione in un
momento del genere.
«Credo
di ricordarlo», sorride, nascondendo
il nervosismo con una risatina sottile. «Come
ricordo la volta in cui abbiamo realizzato una delle tue.»
Si
sente venir caldo solo a ripensarci.
È
rimasto seduto sulla sponda del letto a toccarsi e ad eseguire gli
ordini rochi del danese, il quale lo fissava dall'angolo, la mano a
sua volta tra le gambe.
Ricorda
che alla fine gli è saltato addosso e c'è rimasto per
ore intere.
È
stato divertente, ma soprattutto incredibilmente eccitante essere
guardato come se fosse l'uomo più sensuale e desiderabile
dell'universo conosciuto.
«Stavo
pensando che dovrei ricambiare, visto che siamo nel luogo della tua
fantasia principale.»
Tino
sente gli occhi rischiare di schizzargli fuori. Gli afferra il
bavero e se lo avvicina subito, agitato. «Scherzi?
Non è la stessa cosa! Q-quello era facile e normale!»
L'altra
nazione sorride affabile e gli prende la mano, trascinandolo oltre
le porte del treno che si sono appena spalancate per permettere alla
folla di salire. Si sfila il guanto con i denti e lo ripone in
tasca.
Spinge
Tino contro la fiancata senza posti a sedere, schiena premuta al
lungo finestrino, e lo nasconde a tutti con il proprio corpo e buona
parte del cappotto sbottonato. Solleva l'avambraccio destro per
bloccargli la visuale della carrozza e si china per baciarlo,
infilandogli l'altra mano nei pantaloni.
Comincia
a toccarlo senza dargli un momento per capire.
Tino
si aggrappa al suo maglione e lo fissa da vicino, quasi nel panico,
ritrovandosi ad ansimare troppo in fretta, mentre la mano calda lo
stringe e lo sfrega con calma, tormentandolo sulla punta e
rubandogli tremiti di piacere improvvisi.
Lancia
occhiate da sopra il suo braccio, ma nessuno sembra prestar loro
attenzione.
«Non...
non... oh sì, diavolo, così»,
sbuffa, chinando la fronte sulla sua spalla e andando incontro alla
mano che sa esattamente come toccarlo nel migliore dei modi.
Si
tende e sospira.
Mentre
il mezzo di trasporto si muove attorno a loro ed ognuno è
immerso in conversazioni poco impegnative, letture o musica sparata
direttamente nelle orecchie, per Tino il mondo cessa di esistere e
tutto ciò che conta sono le sue dita attorno al sesso eretto
e le labbra che gli sussurrano tra i capelli.
«Sei
così caldo, Tino.»
Ansima
e geme solo per lui, mentre così nascosto cede ad ogni
ritrosia, senza colpa. Se lo tiene contro, annaspando, perdendo il
controllo e cercando di non perdere mai il contatto visivo, perché
quello è qualcosa che può soltanto aiutarlo ad
affondare di più nel piacere.
«Il
tuo sguardo. Adoro quando sei così perso»,
sussurra Matt sul suo viso.
Quando,
dopo una lunga serie di minuti infiniti, sente che sta per lasciarsi
andare, si abbandona con un rantolo che finisce dritto nella bocca
di Danimarca. Cerca immediatamente la sua lingua e lo bacia con
trasporto finché l'orgasmo non lo travolge, assaporandolo in
ogni istante.
Il
treno sotterraneo si ferma, non sa a che stazione siano finiti e non
gli importa. Torna subito a guardarlo, dopo essersi staccato dalle
sue labbra con chiara riluttanza.
«Ti...
ti serve un fazzoletto», ansima,
ancora tremante mentre cerca di non cedere sulle gambe diventate di
burro.
«Sarebbe
un peccato dare a lui il tuo sapore»,
insinua l'altro, facendo per togliergli la mano dai pantaloni dopo
diverse e immancabili carezze finali.
Tino
lo blocca e gli cattura la nuca con la mano, allarmato. «Ora
non esagerare, la mia fantasia non era così perversa»,
sussurra, il fiato corto che non gli consente altri movimenti, la
testa che gira come una giostra.
Matt
si sfrega contro le sue labbra ed annuisce.
«Lo
so, questo faceva parte della mia, amore.»
Si
sente nuovamente incendiare la faccia e lo stringe subito più
forte, chiedendosi dove diavolo stessero andando.
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