Rabastan e Marlene: the saddest ending

di PrincipessaLes
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Can get no love without sacrifice ***
Capitolo 2: *** the hardest story that I've ever told ***



Capitolo 1
*** Can get no love without sacrifice ***


Salve a tutti!!
Questa è la seconda storia che pubblico su questo sito... Si tratta di una raccolta formata da due one-shot. Sono due song-fiction dedicate al pairing Rabastan Lestrange/Marlene McKinnon e ispirate alla canzone "Happy ending" di Mika.
Le informazioni fondamentali sulla storia(periodo di ambientazione e chiarimenti sui pesronaggi) sono riportate nelle note in fondo al capitolo.

Capitolo 1
Can get no love without sacrifice


Marlene POV
 

This is the way you left me, I'm not pretending.
No hope, no love, no glory, No Happy Ending.
This is the way that we love, Like it's forever.
Then live the rest of our life, But not together
.
 
Marlene posò la penna sul foglio e una lacrima solitaria scivolò lungo la sua guancia. Era tutto finito, ormai, e il suo cuore era definitivamente spezzato. Qualcuno avrebbe potuto dire che quella lettera era del tutto inutile, ma lei voleva che Rabastan sapesse. Sì, lui doveva sapere quello che lei pensava e provava, perché non avrebbe mai dovuto pensare che lei gli serbasse rancore per quell’addio. L’aveva amato molto ed era certa di esser stata ricambiata.
Era difficile per lei scrivere quella lettera, ma glielo doveva. Rabastan aveva fatto la sua scelta e lei doveva farsene una ragione. Quando le aveva dato l’addio, lei non aveva trovato la forza di parlare. Doveva trovare ora quella forza. Avrebbe affidato alla penna tutti i suoi sentimenti, ciò che con le parole non era riuscita ad esprimere.
Facendosi forza, rilesse un’ultima volta la lettera, per assicurarsi di aver detto tutto ciò che doveva dire.
 
Caro Rab,
 
Sto guardando la fotografia che mi hai lasciato e un nodo mi serra la gola. La nostra unica foto insieme. Uno dei nostri pochi momenti di gioia, quella gioia che non tornerà mai più. Pensavo di poter sognare un futuro insieme a te, ma mi sbagliavo. Dicevi che saresti stato disposto a sfidare la tua famiglia per me, persino ad andartene da casa.
“Sarei disposto persino ad andare all’inferno per te, Lène!”
Quante volte me l’hai detto…ed io ti ho persino creduto. Ti ho creduto perché ti amavo e ti amo ancora, nonostante tutto.
Anche tu dicevi di amarmi. Tuttora non riesco a credere che tu mi abbia mentito. No, tu non mi hai mentito, tu mi amavi davvero. So che anche tu stai soffrendo, che non avresti mai voluto abbandonarmi…eppure, c’è qualcuno di più importante nella tua vita e c’è sempre stato. L’ho sempre saputo e non ne sono mai stata gelosa. Del resto, che senso avrebbe essere gelosi di una bambina di dieci anni?
Tu non hai mai temuto la tua famiglia e non avresti avuto problemi a fuggire da casa ed abbandonare quel mondo falso e vuoto in cui non ti sei mai trovato bene. Ma non sei fuggito.
Non avresti mai potuto abbandonare Betty, ti saresti sentito in colpa tutta la vita all’idea di averla lasciata sola nelle grinfie di una famiglia così crudele. Questo è quello che mi hai detto ed io non lo considero una scusa. So che è la verità e non ti biasimo per questo. Io non ho fratelli, ma ho Nat. So che, in una situazione simile, lui sceglierebbe di rimanere al mio fianco…ed io non sono sua sorella. Quindi, posso solo immaginare quanto sia importante per te Betty.
Rispetto la tua scelta, eppure sono rimasta delusa. E non credere che sia stata la tua scelta a deludermi…no, non posso essere amareggiata per qualcosa che temevo accadesse da un momento all’altro. Ripensando a quello che c’è stato tra noi, sono delusa dalla tua incoerenza. Qualcuno potrebbe pensare che io mi senta tradita perché tu non hai mantenuto le tue promesse, ma non è così. La mia delusione dipende proprio dalla promessa in sé. Sapevi che non saresti stato in grado di mantenere ciò che avevi detto, eppure hai promesso ugualmente. Mi hai mentito, Rabastan, ma soprattutto, hai mentito a te stesso, perché non avevi il coraggio di ammettere che il nostro amore era destinato a finire. Se avessi avuto la forza per ammetterlo, ora, forse, soffriremmo molto meno entrambi.
Ti ho amato molto, Rab, ti amo ancora e credo che non smetterò mai di amarti anche ora che ci siamo lasciati.
Non so cosa ci riserverà il futuro, ma spero che tu trovi una ragazza che ti voglia bene e che sia capace di render migliore la tua vita, perché tu meriti tutto il bene possibile.
Forse hai pensato che io ti serbassi rancore per la tua scelta…in quel caso, sappi che non avresti potuto pensare qualcosa di più sbagliato. Come potrei mai provare rancore per qualcuno che è stato e continua ad essere tanto importante per me quanto lo sei tu?
Sappi che ti ricorderò sempre e ti penserò sempre. Fin dal primo momento in cui sei entrato nella mia vita, sapevo che non ne saresti mai uscito. Ora te ne vai, ma lasci in me un segno indelebile e un ricordo che non potrò mai cancellare, nemmeno se lo volessi (ma so che non lo desidererò mai).
Tu mi hai detto addio, ma io non ne sono capace. Non ti dico addio, ma ti dico arrivederci, arrivederci a un’altra vita, ad un altro mondo.
Forse, questo saluto può sembrarti strano, ma io credo che ci sia un’altra vita dopo di questa e sento che ci ritroveremo in quella vita per stare finalmente insieme, insieme per sempre, perché le nostre anime non smetteranno mai di cercarsi, quindi sono destinate a ritrovarsi.
Dunque, arrivederci, Rab, arrivederci mio primo ed unico amore, arrivederci ad un’altra vita,
 
Lène
 
Con le spalle scosse dai singhiozzi, Marlene sigillò la lettera e la attaccò alla zampa di Eostre, la sua civetta. Mentre Eostre volava fuori dalla finestra, nel cielo rosato dell’alba, Marlene si ritrovò a pensare a quante volte l’animale avesse fatto quel percorso, tra la sua casa e quella di Rabastan, perché solo così potevano comunicare, con le lettere scritte, inviate e lette di notte, di nascosto dalla famiglia di lui. Quella sarebbe stata l’ultima volta. Era la triste verità: tutto era finito tra loro. Non avremmo dovuto nemmeno permettere che iniziasse, pensò sconsolata. Non era giusto, però, che il loro amore fosse destinato ad essere soffocato così. Se solo Rabastan non fosse nato in quella famiglia…ma con i sé e con i ma non si fa la storia. Sospirando, Marlene chiuse la finestra. Eostre era già un minuscolo puntino nel cielo. Presto, la sua lettera sarebbe giunta a destinazione. E anche l’ultimo atto della sua, anzi della loro tragedia si sarebbe compiuto.
 
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Rabastan  POV
 
Wake up in the morning, stumble on my life
Can't get no love without sacrifice
If anything should happen, I guess I wish you well
A little bit of heaven, but a little bit of hell

 
“Mi dispiace, Lène, non possiamo più stare insieme. Ti amo Lène e non vorrei mai farti soffrire, ma non possiamo più andare avanti. La mia famiglia sa di te, sei in pericolo, ora. Non posso accettare tutto questo. Se dovesse accaderti qualcosa per causa mia, non me lo perdonerei mai.“
La voce di Rabastan era ferma e sicura, ma lui si sentiva spezzato dentro. Avrebbe tanto voluto che quel momento non arrivasse mai, ma ora era arrivato e lui doveva prendersi la responsabilità delle sue decisioni.
“Vivere senza di te è la peggior cosa che possa capitarmi. Non puoi andartene, Rab non così. Io potrei…posso anche adattarmi, posso diventare la ragazza perfetta, quella che la tua famiglia cerca per te. Posso fare qualsiasi cosa, ma non potrei mai dirti addio.”
Marlene piangeva disperata, stringendosi a lui con tutte le proprie forze.
“No, Lène, quella non è la vita per te. E poi, dimentichi che io sono già promesso. Mi ero illuso di poter cambiare il mio destino, ma, purtroppo, non posso proprio farlo. Neanch’io vorrei dirti addio, Lène e so che mi odierò per averlo fatto, ma non ho… non abbiamo altra scelta.”
“No! Non è vero che non abbiamo speranze, noi…noi potremmo…”
Rabastan non poteva sopportare ancora a lungo il dolore di Marlene, che, mescolandosi al suo, aggiungeva un peso sempre maggiore sul suo cuore, come un gigantesco masso che lo schiacciava.
Marlene alzò il viso e lo fissò dritto negli occhi. Rabastan si sentì trafitto da quello sguardo. Tutto si sarebbe aspettato, ma mai avrebbe creduto di vedere negli occhi di Marlene, la sua Marlene, così forte, orgogliosa e caparbia, quello sguardo di profonda rassegnazione. Aveva persino smesso di piangere. Aveva capito che era tutto finito e non poteva far altro che accettarlo.
“Che sciocca sono…ho sempre saputo che la nostra storia non poteva durare, per quanto noi lo potessimo desiderare. Non ha senso ora cercare di aggrapparsi a qualsiasi appiglio per andare avanti. È tutto finito, ormai, e devo farmene una ragione. Ma, se questo deve essere il nostro addio, non possiamo lasciarci così. Questo è il nostro ultimo incontro…lascia che ti dia l’addio con un ultimo bacio.”
Con queste parole, Marlene appoggiò le labbra su quelle di lui. Nessun bacio era mai stato allo stesso tempo così dolce e così appassionato. Se solo il mondo si fosse fermato in quell’istante, bloccando il loro bacio in un attimo eterno…
 
Plic. Plic. Plic. Un ticchettio insistente scosse Rabastan dal dormiveglia agitato in cui era immerso, strappandolo a quel sogno angosciante. Continuava a rivivere quel momento, nel sonno e nella veglia. La sua vita era arrivata ad un punto di non ritorno.
Ancora confuso, il ragazzo si alzò dal letto e si diresse verso la finestra. Il rumore proveniva da lì.
C’era una civetta là fuori, poggiata sul suo davanzale, che picchiettava contro il vetro per farsi aprire. Rabastan riconobbe la civetta di Marlene. Aprì la finestra e la fece entrare, chiedendosi perché mai Marlene gli avesse scritto.
Slegò la pergamena dalla zampa dell’animale e si sedette alla scrivania a leggere la lettera. Davanti ai suoi occhi, le parole si confondevano, mentre le lacrime gli offuscavano la vista.
Marlene diceva di aver capito il perché della sua scelta, di non serbargli rancore…eppure le sue parole erano molto dure, come delle pugnalate. E facevano ancora più male perché Rabastan sapeva che lei aveva ragione. Era stato uno stupido, non aveva voluto ammettere nemmeno con se stesso la verità, una verità che era ormai chiara ad entrambi da tempo e che lui avrebbe potuto immaginare fin dall’inizio.
Sapeva fin dall’inizio che uno come lui non poteva permettersi di sognare, eppure aveva deciso di provarci lo stesso. Si era illuso, ma, soprattutto, aveva illuso Marlene e questo era imperdonabile. Certo, l’aveva fatto in buona fede…ma questo non poteva essere un motivo sufficiente per giustificare ciò che aveva fatto.
Marlene diceva che l’avrebbe sempre amato e che aspettava di ritrovarlo in un’altra vita. Sì, quella era l’unica speranza che potesse ancora restare per entrambi, l’unico motivo per cui valesse la pena vivere: sapere che il loro amore non era ancora finito, che sarebbe rimasto per sempre, perché era troppo forte per poter essere spento.
Sospirando, Rabastan arrotolò la pergamena, la richiuse con lo stesso nastro con cui era chiusa prima e andò a nasconderla nel doppio fondo del suo baule di Hogwarts, dove teneva tutte le cose più segrete.
Si sdraiò di nuovo nel suo letto, ma era troppo agitato per riuscire a riprendere sonno. Decise di vestirsi e andare a fare una passeggiata in giardino, in attesa che il resto della famiglia si svegliasse. Certo non poteva fare colazione prima di loro. Suo padre si sarebbe molto arrabbiato non vedendolo seduto al tavolo insieme al resto della famiglia. In realtà, ormai suo padre si arrabbiava per qualsiasi cosa lui facesse o dicesse, anzi, soprattutto per quello che lui NON faceva. In realtà, si arrabbiava con lui per un solo e semplice motivo: perché lui non era come suo fratello, non si comportava “come dovrebbe comportarsi un Lestrange”, insomma, non era degno del cognome che portava.
Eppure, avrebbe potuto finire in un altro modo, pensò mentre si vestiva. Sì, le cose sarebbero potute andare diversamente, ma, perché questo accadesse, lui avrebbe dovuto fare una scelta drastica. Ne aveva parlato con Andromeda, qualche tempo prima. Andromeda era la sua migliore amica, l’unica che sapesse capirlo veramente. Eppure, quando avevano discusso di quell’argomento, per la prima volta nella sua vita, Rabastan non si era sentito capito nemmeno da lei.
“Non vuoi abbandonare Betty? Bene, allora portala via con te.”
Questo gli aveva detto Andromeda e lui era rimasto a fissarla stupito. Avrebbe potuto aspettarsi qualsiasi risposta, ma non certo quella. Non riusciva a trovare un senso a quella frase.
“Non ti capisco, Meda. Che cosa significa questa frase? È la tua solita saggezza da Ravenclaw che io non sarò mai in grado di capire pienamente? Oppure, all’improvviso, ti ha dato di volta il cervello?”
Ma la sua domanda non aveva trovato risposta. Ormai non riusciva più ad essere in sintonia nemmeno con la sua migliore amica. Non sapeva più a chi rivolgersi per avere un consiglio.
 
Mentre passeggiava nel parco silenzioso, Rabastan continuava a pensare alla lettera. Marlene gli augurava ogni bene per il futuro, diceva che lui meritava tutto il bene possibile. Rabastan non riusciva a capire come lei potesse ancora pensare una cosa del genere, dopo che lui aveva spezzato tutti i suoi sogni. Certo, non l’aveva fatto per crudeltà, anche lui ne aveva sofferto, eppure…quale altra ragazza sarebbe stata capace di perdonarlo completamente, quale altra ragazza avrebbe potuto capirlo meglio di lei? Marlene era veramente la sua anima gemella, eppure erano destinati ad essere separati, separati per sempre.
Tutto il bene che lei gli aveva augurato, anche lui lo augurava a lei. Marlene era una ragazza straordinaria e meritava solo felicità e amore. Lui le aveva dato tanto amore ma non poteva darle la felicità, il loro sogno era destinato a finire prima ancora di essere veramente cominciato.
Ti auguro ogni bene, Lène, angelo mio, pensò Rabastan sospirando. Ti amo, non ho mai smesso di amarti e non smetterò mai. Addio, Lène, mio primo, grande ed unico amore, ti auguro la vita migliore possibile, perché è quello che meriti.

 
Note dell'autrice:

Questo primo capitolo è ambientato durante il quinto anno dei due ragazzi, che, nella mia "timeline personale" sono nati nel 1955. Qundi, questo pezzo di storia si svolge nel 1970.
Riguardo alla storia, volevo fare alcune precisazioni. Nella lettera, Marlene accenna a due personaggi particolari, due miei OC.
Betty  è la sorella minore di Rabastan(per chi volesse saperne di più, la nomino anche nell'altra mia storia "Song for Andromeda", al capitolo 5, nelle note di quel capitolo ci sono tutte le informazioni necessarie su di lei).Ha la stessa età di Regulus (quindi, ha 6 anni in meno di Rabastan, essendo nata nel 1961).
Nat, invece, è il cugino di Marlene. Come già detto per Betty, anche lui è presente nell'altra storia, quindi, per saperne di più, vi invito caladamente a leggerla.
Detto questo, vi ringrazio per aver letto e spero che la storia vi sia piaciuta.

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Capitolo 2
*** the hardest story that I've ever told ***


Risalve gente!!! Ecco a voi il secondo capitolo.
Questa volta, vi dico subito tutto quello che devo dire.
Innanzitutto, la storia ha compiuto un salto temporale di circa 10 anni. Questo capitolo è ambientato durante la I Guerra Magica.
Riguardo ai personaggi, invece, volevo  spiegare l'accenno  a Dorcas(Meadowes) e Fabian(Prewett). Nella mia immaginazione, Fabian è disperatament einnamorato di Marlene, anche se sa che lei non ha mai dimenticato Rabastan. Dorcas, invece, è innamorata di Fabian, che, però, non si è mai accorto di lei...ma questo si capisce anche nella frase che ho messo su di loro. So che questa situazione può sembrare complicata, spiegata così, ma ho già pronto un abbozzo di una fanficition sulla Old Genration, che conto di riuscire aa scrivere e publbicare al più presto, in cui spiegherò queste dinamiche particolari(e anche altre cose naturalmente).
Nella parte POV di Rabastan, invece, Betty accenna alla  morte di una persona che lei amava. Questa persona è Regulus Black, di cui lei er ainnamorata e a cui era stata promessa. Anche per questa storia, vale lo stesso discorso fatto per Dorcas e Fabian. Spero di riuscire a cominciare molto presto la storia sulla Old Genration, di cui questi saranno missing moments. Comunque, per qualsiasi dubbio, chiedete pure.
Infine, nella parte POV di Marlene, accenno a un altro mio OC. L'OC in questione è Anouchka Shacklebolt(si scrive così, vero???), sorella di Kingsley Shacklebolt, coetanea e migliore amica di Marlene, nonchè fidanzata di Gideon Prewett.
Spero di essere stata chiara e di avere spiegato tutti ciò che c'era da spiegare.
Ora, vi auguro buona lettura e spero che sia di vostro gradimento.

Capitolo 2
The hardest story that I've ever told


Marlene POV
2 o'clock in the morning, something's on my mind
Can't get no rest; keep walkin' around
If I pretend that nothin' ever went wrong, I can get to my sleep
I can think that we just carried on

 
 
Un suono di campane in lontananza fece trasalire Marlene. Erano già le due. Quella notte era passata così in fretta...come tutte le notti che passava con lui, del resto. Il tempo correva veloce quando erano insieme.
Era tutto così strano. Le sembrava di essere tornata indietro nel tempo, di avere ancora quindici anni. L’amore l’aveva travolta di nuovo, con la sua forza dirompente e tutto le sembrava uguale a dieci anni prima, come se il destino avesse riavvolto il gomitolo del tempo, riportandola a quei giorni.
Invece, molte cose erano cambiate. Tutto è cambiato, ma noi siamo rimasti uguali, pensò Marlene sospirando. Siamo sempre noi, Lène e Rab, due innamorati disperati, due naufraghi che cercano di non affogare tra i flutti del destino.
Avrebbe voluto gridare al mondo la sua gioia per aver ritrovato Rabastan, il suo primo amore, l’unico uomo che avrebbe mai potuto amare nella sua vita. Avrebbe voluto…ma non poteva dirlo nemmeno alla sua migliore amica, non poteva raccontarlo nemmeno a Nat, che per lei era come un fratello.
Se Nou lo sapesse, direbbe che sono una pazza e un’incosciente, pensò la ragazza. E Nat sarebbe capace di uccidere Rabastan con le sue stesse mani se sapesse quali pericoli corro per lui. Nemmeno loro possono capirmi.
Ancora una volta, Marlene si ritrovò a maledire tra sé quella guerra e, ancora di più, gli ideali che muovevano le persone contro cui lei lottava, quegli uomini che costringevano Rabastan a combattere per una causa in cui non credeva. Per colpa di quegli uomini, lei e Rabastan erano costretti a vivere il loro amore di nascosto, come se fosse qualcosa di cui vergognarsi. Un amore condizionato dalla paura, paura di essere scoperti, paura di essere divisi di nuovo da quella guerra infame, ma, soprattutto, paura di quello che poteva succedere ad entrambi, paura di veder finire tragicamente la vita della persona amata, come era già successo a diverse persone che conoscevano. Questa paura dominava la sua vita e disturbava il suo sonno, invadendo continuamente i suoi sogni...ma solo quando non era con lui. Quando erano insieme, tutto cambiava, era come se il mondo fuori sparisse, portando via con sé tutti i dubbi, le paure e i dispiaceri.
In quelle notti, quando sembrava che il tempo si cancellasse e si riavvolgesse come un nastro, potevano addirittura fingere che non il loro amore non fosse mai stato interrotto, che quell’addio di dieci anni prima fosse stato qualcosa di lontano ed irreale, un incubo ormai dimenticato, una stupida paura da tempo superata. In quelle notti quando chiudeva gli occhi, Marlene riusciva perfino a sognare un futuro diverso per loro due, come quando ancora pensava che il loro amore fosse qualcosa di realizzabile.
Ma quello succedeva solo in quei rari momenti in cui il tempo sembrava sospeso. Quando tornava alla sua vita di tutti i giorni, Marlene si dava della stupida per aver potuto anche solo pensare quelle cose. Non era più la ragazzina innamorata ed ingenua di dieci anni prima...e, anche se lo fosse stata, non avrebbe avuto nessun motivo per poter veramente credere in quelle che sapeva benissimo essere soltanto delle utopie, incredibilmente belle, dolci e romantiche, certamente, ma nulla più che utopie, sogni di un naufrago che vagheggia un’isola su cui rifugiarsi dai flutti che minacciano la sua vita, di un uomo perduto nel deserto che ricerca ardentemente un’oasi in cui dissetare la sua gola riarsa dal sole implacabile.
C’era stato un tempo in cui lei ancora si poteva concedere il lusso di sognare...ma quel tempo era passato ormai. I sogni di una ragazzina non possono convivere con la realtà del mondo degli adulti, soprattutto quando questa realtà e una realtà di guerra e l’uomo che ami fa parte di quelli che dovresti chiamare nemici, quelli che uccidono ogni giorno degli innocenti e anche molti dei tuoi amici e dei tuoi compagni di battaglia.
 “Il destino se ne frega di noi e noi dobbiamo imparare a fregarcene di lui.”
Quante volte l’aveva ripetuto Dorcas, con il suo sorriso triste e il suo amore disperato per un ragazzo che non si era mai accorto di lei, troppo preso a cercare di entrare nella vita di una ragazza che non avrebbe mai potuto amarlo. Lo diceva, eppure, non aveva mai smesso di sognare che Fabian si accorgesse di lei, prima o poi Ma lui l’aveva notata troppo tardi, appena poco prima che quello stesso destino di cui lei cercava di non disperarsi se la portasse via...il destino e i Mangiamorte. Ora Dorcas se n’era andata, ma il suo ricordo aleggiava ancora in quelle parole, che Marlene ripeteva come un mantra, quasi avesse trovato una nuova formula magica capace di cancellare in un solo colpo tutti i suoi problemi.
Fregarsene del destino...come se fosse facile. Non è per niente facile far finta di niente quando il tuo mondo ti crolla addosso...ed è ancor più difficile girare la faccia dall’altra parte quando quello stesso destino ti dà una possibilità per ricostruire, almeno in parte, quello che avevi perso. A volte, la vita ti impone delle scelte molto dure, dure ma necessarie. È così difficile rinunciare alla persona che si ama, anche quando si sa che non c’è nessun’altra scelta possibile. E se questo è difficile, è quasi impossibile fare la stessa scelta quando un destino beffardo ti fa reincontrare la stessa persona. Non si può rinunciare per la seconda volta all’amore della propria vita, anche quando questo amore potrebbe essere la causa della tua morte. L’amore è più forte della prudenza e anche della paura, l’amore è più forte di tutto.
 
 

Rabastan POV

This is the hardest story that I've ever told. (ooooo)
No hope or love or glory
Happy ending's gone forever more
I feel as if I'm wasted
And I'm wastin' everyday

 
 
“”Rab, che ti succede? Sono veramente preoccupata per te, sai. Sei così cupo in questi giorni, mi sembra che tu sia diventato l’ombra di te stesso. Non ti ho mai visto così...o forse dovrei dire che sono passati dieci anni dall’ultima volta che ti ho visto così. Mi sto sbagliando?”                                                                                                                                                                        La voce dolce e preoccupata di Betty riempì il silenzio della stanza isolata in cui Rabastan si era rifugiato.
“”Lasciami stare, Betty. Non ho voglia di stare a sentire le tue chiacchiere. So che sei preoccupata per me, ma così riuscirai solo a peggiorare la situazione, credimi.”
Betty si sedette al suo fianco sul vecchio canapè consunto, come lui aveva fatto più volte con lei, per consolarla, quando era più piccola.                                                                                  “So che vuoi stare da solo, Rab. Ma in questo momento non è importante ciò che vuoi, ma ciò di cui HAI BISOGNO. E tu hai bisogno di parlare con qualcuno, qualcuno che sappia capire quello che provi. E nessuno delle persone che conosci saprebbe capirti meglio di me, che sono passata attraverso la tua stessa sofferenza. Perché anche tu hai perso qualcuno...qualcuno che amavi, non è vero?” Rabastan sospirò.
“Non so come fai, Betty. Non so come fai a capire certe cose.”
“Ti conosco bene Rab, tanto bene quanto tu conosci me. Siamo fratelli, abbiamo un legame molto stretto. Ci siamo sempre sostenuti nei momenti bui, è normale che io sappia capire quando c’è qualcosa che non va, anche tu ne sei capace con me.”
Rabastan sollevò lo sguardo e fissò la sorella.
“Come farei senza di te, sorellina? Solo tu sei ancora qui, tu non sei mai cambiata. Tutte le persone cui tenevo...ho perso tutti quanti, in un modo o nell’altro, solo tu sei rimasta. Nessuno sa capirmi meglio di te, ma questa volta non puoi capire...dici di aver passato le mie stesse sofferenze, ma in realtà non sai, non capisci, non puoi nemmeno immaginare cosa sto vivendo.”
“E cosa non so di preciso? Che differenza c’è tra la mia storia e la tua?”
Rabastan sospirò. Era tutto così difficile, così maledettamente difficile da spiegare.
“C’è un mondo di differenza, sorellina. Tu non hai visto la persona che amavi morire davanti ai tuoi occhi. Tu non sei rimasta muta e impalata a guardare mentre quegli schifosi torturavano e uccidevano lei e la sua famiglia. Tu...tu non devi vivere ogni giorno, ogni singolo dannatissimo giorno, con un terribile peso che ti schiaccia l’anima, la terribile certezza che AVRESTI POTUTO SALVARLA.”
Betty lo abbracciò di slancio. Questo era più di quanto potesse sopportare.
“Salvarla? No, Rab, tu NON POTEVI salvarla. Certo, potevi metterti contro di loro per proteggerla, ma cosa ne avresti ottenuto? Forse, avresti ritardato il momento della sua morte, ma non avresti mai potuto evitare che accadesse. L’avrebbero uccisa comunque, subito dopo aver ucciso te.”
Rabastan scosse la testa. Betty non poteva capirlo. Per lei, tutto era così facile da spiegare. Nel suo mondo, tutto aveva due colori: una cosa o era bianca o era nera. E io non sono nessuna delle due cose, pensò Rabastan, io sono grigio, come il mondo in cui mi ritrovo sospeso, una dimensione senza colore, senza vita e senza nessun senso.
“Certo, quando loro sono arrivati, non ho più potuto fare niente per salvarla. Ma avrei potuto fare molte cose, PRIMA CHE ARRIVASSERO.”
Chiuse gli occhi e le immagini di quella giornata, di quella terribile sera ricominciarono a scorrergli davanti agli occhi.
 
Are you going to Scarborough Fair?
Parsley, sage, rosemary, and thyme;
Remember me to one who lives there,
For once she was a true love of mine.
 
La dolce musica del pianoforte e le voci armoniose che provenivano dalla finestra aperta si diffondevano per tutto il giardino.
“Maledizione”-imprecò Rabastan tra sé e sé.
Sapeva che sarebbe stato pericoloso andare fino a casa di Marlene, ma questo era peggio di qualsiasi cosa avesse potuto immaginare. Gli aveva detto che sarebbe stata sola quel pomeriggio. E i duetti al pianoforte con il cugino non rientravano nell’idea che lui aveva di solitudine.
Strisciando contro il muro, si avvicinò alla porta secondaria di cui lei gli aveva parlato. Mentre aspettava che Nat se ne andasse, chiedendosi quanto sarebbe stata lunga l’attesa, non poté fare a meno di sentire la canzone che stavano cantando. Sentirla fu come ricevere una serie di pugnalate al cuore. Quella era la ballata preferita di Marlene e, quando erano ragazzi, lui le aveva promesso che l’avrebbero cantata insieme, un giorno, mentre lei suonava il piano come stava facendo in quel momento. Avrebbe dovuto essere il loro primo duetto dopo la sua fuga, il primo di una lunga serie, l’inizio della sua nuova vita. Ma lui non aveva mai avuto il coraggio di fuggire.
Sembrava che il destino si divertisse a prendersi gioco di lui, nella maniera più crudele possibile.
 
“Devi fuggire, Lène, dovete fuggire tutti quanti, tu e la tua famiglia. Fuggite, se volete vivere ancora.”
La voce di Rabastan tremava. Le aveva raccontato tutto, le aveva rivelato ciò che sarebbe dovuto accadere quella sera, perché sperava di poterla convincere ad andarsene, a salvare la vita sua e della sua famiglia. Ma la conosceva troppo bene per credere che lei avrebbe accettato quel soluzione, che lei stessa aveva appena definito “una scorciatoia da codardi.
“Fuggire? No, noi combatteremo, IO combatterò, fino all’ultimo. Sono un Auror e sono nell’Ordine, Rab. Non puoi chiedermi di mancare al mio dovere. La causa per cui combatto è più importante di tutto il resto, persino della mia vita.”
“Porca Morgana, Lène, quando parli così sei dannatamente simile a Bellatrix. Certo, la vostra è una causa giusta, ma nessuna causa è più importante della vita di chi combatte. Tu sei una persona, sei importante TU, non la causa.”
Rabastan era esasperato. Non riusciva a credere che tutti quelli che credevano in una causa, da qualsiasi parte combattessero,fossero così folli da credere che una causa, un’idea astratta, per quanto bella e nobile potesse essere, fosse più importante di una persona, di una vita umana. Era tutto così incredibilmente assurdo. Gli sembrava che il mondo magico fosse diventato un gigantesco manicomio, dove tutti erano impazziti per difendere le loro idee.
 
Accoccolato in mezzo ai cespugli, Rabastan fremeva d’impazienza. Aveva detto al fratello che avrebbe atteso i suoi compagni di missione“ sul posto per aprire loro la strada. Nessuno di loro sospettava che lui avesse passato buona parte del pomeriggio “sul posto“, anzi, meglio ancora, dentro nella villa, a fianco della ragazza che avrebbe dovuto essere la loro principale vittima, scambiando con lei dolci parole d’amore.
Tutti quelli che erano stati a conoscenza della sua storia con Marlene dieci anni prima ora erano convinti che lui l’avesse completamente dimenticata, che fosse veramente diventato uno di loro. Non avevano la minima idea di quanto si sbagliavano. Lui non sarebbe MAI diventato uno di loro. In compenso, però, aveva imparato a recitare molto bene, tanto da stupire persino se stesso di quanto fosse diventato credibile in quel ruolo che mai avrebbe creduto di dover interpretare.
Quel ruolo, però, era così difficile da interpretare, a volte. Era stato particolarmente difficile fingere indifferenza quando gli avevano parlato di quella missione e, soprattutto, suo fratello aveva proposto di far partecipare anche lui. Quella sarebbe stata la prova definitiva della sua fedeltà, aveva detto Rodolphus, così avrebbe confermato al mondo che era veramente diventato un altro rispetto a dieci anni prima, un Mangiamorte convinto, un vero Purosangue, un VERO Lestrange. Rabastan si era sentito mancare quando suo fratello l’aveva detto, ma era stato costretto ad accettare,a fingere di essere onorato quando il Signore Oscuro aveva accettato la proposta di Rodolphus e l’aveva definito un fedele servo, un valido combattente. Gli faceva tropo male anche solo pensare a quello che sarebbe successo quella sera, ma si era spinto troppo in là con la sua finzione per ribellarsi a ciò che stava succedendo. Era marchiato, ormai, non poteva più tornare indietro, nessuno poteva tornare indietro.
Regulus ha provato a farlo, pensò mentre aspettava il segnale dell’arrivo dei suoi “compagni”. Ci ha provato e ne ha pagato le conseguenze, ma almeno lui si è ribellato. Nessuno se lo sarebbe aspettato da lui, eppure l’ha fatto. Regulus ha dimostrato al mondo il suo coraggio, mentre io...io sono solo un codardo, uno schifoso codardo. E i codardi non hanno diritto alla felicità, non la meritano. Solo chi combatte per ottenerla la merita.
 
“Forza, fratellino, ora tocca a te. Fai vedere a quella sgualdrina traditrice del suo sangue che sei cambiato, mostrale chi sei diventato. Mostrale che non sei più un debole, come dieci anni fa, che ora sei uno di noi, un vero Purosangue, un vincente.”
Quelle parole ferirono le orecchie di Rabastan e penetrarono dentro di lui, fino al cuore, come una stilettata. Fino a quel momento, aveva sperato che nessuno l’avrebbe chiamato in cause, ma era una speranza vana e stupida.
Rabastan esitò. Fu solo un istante, ma fu abbastanza perché Evan Rosier lo spostasse indietro con un gesto impaziente.
“Intanto che il nostro principino decide se ha voglia di sporcarsi le mani, io comincio a divertirmi.”
Con un ghigno malefico dipinto sul viso, Evan cominciò a torturare Marlene. Sul viso della ragazza sorse un’espressione di dolore, dolore allo stato puro, ma lei non emise un suono. E continuò a tenere la bocca ostinatamente chiusa anche mentre gli altri Mangiamorte si avvicendavano a dar man forte a Evan.
“Se va avanti così, la distruggeranno.”-pensò Rabastan.
Si avvicinò alla ragazza e sfoderò la bacchetta. Come aveva già fatto altre volte, usando la scusa degli incantesimi non verbali e sfruttando la confusione di scintille che uscivano dalle altre bacchette, sussurrò tra sé la maledizione Imperius. Si impegnò con tutte le proprie forze per obbligare la sua amata a gridare, cercando di piegare il suo orgoglio e la sua forza di volontà, per evitare che la uccidessero a forza di cruciatus, come sarebbe successo se lei avesse continuato a non lamentarsi.
 
I singhiozzi e le lacrime interruppero quel flusso ininterrotto di parole. Quei ricordi erano troppo difficili da rievocare.
Betty lo abbracciò ancora più stretto.
“Tu hai fatto tutto il possibile per salvarla, ma a volte tutto il possibile non basta. E nessuno può chiederti l’impossibile.”
No, nessuno poteva chiedergli l’impossibile. Ma questo non significava che lui avrebbe smesso di incolparsi per non avrebbe provato a farlo.
 

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