Mad About You - Pazzo di te

di bells swan
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 15: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


(prima di lasciarvi al capitolo, ci sarà un avviso. Leggetelo, perché è molto importante)
 
 
Questo è l’ennesimo avviso, e in cuor mio spero l’ultimo.
Vi avevo detto che le mie storie cancellate (Ricatto d’amore, You changed my life, Temptation) le avrei riscritte secondo una nuova versione.
Non lo farò.
Semplicemente, le ripubblicherò così come le avevo pubblicate (inserirò anche le vecchie note, se ancora ci saranno, non cambierò nulla. Rileggendo i capitoli, le sistemerò solo grammaticalmente, ma nella forma e nella trama, ogni singolo capitolo sarà uguale a quelli che avete letto).
Mi sembra per questo ridicolo pubblicare su questo account storie simili solo perché scritte meglio.
Per quel che riguarda Light&Shadow, mi dispiace dirvelo ma sarà l’ultima storia che cancellerò. Questa storia è praticamente come ho vissuto e vivo ancora la mia vita, e pensavo che scriverla in un momento del genere aiutasse ad “esorcizzare” il dolore ma succede il contrario: me lo fa rivivere ogni singolo istante e, nella mia situazione e per come vanno le cose, non ce la faccio proprio.
Vi ho scritto una marea di avvisi, pubblicato e cancellato storie (comunque, a mia difesa posso dire che non avevano raggiunto neanche il 3° capitolo. MAY invece l’ho cancellata per errore, non per altro).
Vi chiedo scusa.
Non voglio stare qui a giustificarmi perché non c’è giustificazione che tenga.
Per quest’ultimo avviso, però, posso darvi quella più straziante per me. Ve lo giuro: non avere casa propria ti manda in tilt il cervello. “Mi sento la testa in fiamme”, dico citando Bella Swan, solo che queste fiamme non sono causate dalla trasformazione in vampiro per l’amore della mia vita, ma bensì dal non possedere una casa, una propria intimità.
Per quanto sia grata di avere un tetto su cui dormire anche se non mio, è sempre lo stesso: non hai intimità. Non conosco più il significato della parola pace, tranquillità. Non vi sto mentendo, dico il vero. Non lo auguro nemmeno al mio peggior nemico, credetemi.
Per questo non mi prendo nessun impegno di nessuna nuova storia, e preferisco ridarvi (almeno per scusarmi in parte) le mie storie (tutte quelle pubblicate e complete) che spero avete amato.
Ricatto d’amore, Temptation, You changed my life, Mad about you. Andrà tutto bene, Intervista con i coniugi, Il mio inizio sei tu.
4 long e 3 one-shot.
Vi prego, capitemi. Non voglio che mi giustifichiate (ho sbagliato e l’ho ammetto, dispiaciuta). Vorrei solo che non ce l’aveste con me.
In cambio, giuro che cercherò di mantenere questa promessa.
Vi lascio al capitolo.
 
 
 
 
 
Prima di giungere a conclusioni affrettate vi suggerisco di leggere le note a fine capitolo xP
 
 
Sembra passato un secolo da quello scontro. Invece, sono passati solo quindici mesi. Quindici mesi perfetti, fatti solo di passione e dolcezza. Anche se Edward non mi ha mai detto chiaramente ti amo, l'ho capito. O almeno, credevo di averlo capito.
Perché in quest'ultimo mese... Era cambiato.
Non mi piaceva che uscisse presto la mattina e rientrava tardi la sera. Lavorava, lo so, ma nessun uomo lavorava così tanto. Soprattutto, nessun uomo rientrava a casa tutte le sere e andava a letto per dormire quando invece la moglie era sveglia per accoglierlo fra le sue braccia.
Magari è stanco, prova a giustificarlo il mio cuore.
O magari ha un'altra, ribatte la mia testa.
Lecco le mie labbra aride a quel pensiero, testa e cuore che combattono fra di loro. È così da due mesi, da quando ho smesso di sorridere. Da quando Edward ha smesso di essere mio marito. E soprattutto, da quando, una settimana fa, ho sentito un forte profumo femminile provenire dalla sua giacca. E un bigliettino con un indirizzo.
Niente nome, niente numero telefonico. Solo un indirizzo.
Copro senza forze il mio corpo ricoperto di brividi più per il comportamento di Edward che per il freddo del clima di New York.
New York. Non mi è mai piaciuta. Mai. Troppo egoista, come città.
Avevo abbandonato la mia casa a Forks, quella piccola ma per me meravigliosa città, la mia famiglia e i miei amici per seguire Edward. Perché, dopotutto, io lo amavo. E lo amo ancora.
Non mi ero mai pentita di questa scelta perché l'avevo fatta col cuore. Ed ero stata felice, a New York. Da sola, senza Jessica o Jacob, senza i miei genitori. Ma c'era Edward, e a me bastava.
Mi basterebbe ancora se lui non avesse deciso di creare questo muro tra di noi.
Perché? Cosa gli ho fatto? Ho sempre cercato di mettere al primo posto lui, piuttosto che me, perché volevo solo renderlo felice.
Sforzo vano, lui non è felice. E io sono stanca di vedere che mi rifiuta. Rifiuta il mio sguardo, il mio tocco, rifiuta me. Tutto quello che ci univa lo rifiuta come se lo ripugnasse. Io lo ripugno.
Tento di soffocare un singhiozzo a quel pensiero, mentre delle ennesime lacrime sgorgano silenziose dai miei occhi.
Non voglio andarmene. Non voglio lasciarlo. Ma il dolore al petto diventa sempre più grande, la voragine si apre ogni giorno di più, sempre più a fondo. È talmente grande che ormai rimango a letto quasi tutto il giorno. Non mi alzo se non per andare in bagno e mangiare. Poco, ma mangio.
La porta si apre silenziosa.
Ho già vissuto questo teatrino: io a letto sconfitta dal dolore, lui che entra, che si veste silenziosamente per andare a lavorare, che esce senza nemmeno salutarmi, io che serro gli occhi maledicendomi senza motivo.
Ma stavolta è diverso. Me ne rendo conto quando parla.
«Come ti senti?» chiede, riferendosi a ieri sera, quando sono quasi svenuta ai suoi piedi.
Il fatto è che lui non ha idea del motivo, crede che sia svenuta per la stanchezza. Io però credo di sapere il motivo esatto.
Deglutisco, mandando giù il groppo di dolore che mi ha chiuso la gola. Chiudo gli occhi, riaprendoli. Li sento più umidi di prima. «Bene» sussurro con voce roca.
Serro le labbra per trattenere i violenti singhiozzi che vorrebbero uscire dalla mia gola quando sento il materasso abbassarsi per il peso del suo corpo e un forte calore si sprigiona dentro di me.
Sento la sua mano, grande e delicata, sfiorarmi la testa e scostare con dolcezza i capelli dal mio viso. Da quanto tempo non ho più sentito quelle mani addosso sfiorarmi con dolcezza? Da quanto tempo non mi toccava?
Le sue labbra si posano nel più leggero dei baci sulla mia tempia. «Chiamo il medico, se vuoi» si offre volontario. La sua voce è bassa e dolce, non c'è più traccia della freddezza con cui mi parla ultimamente.
Non riesco a parlare, se lo facessi scoppierei a piangere. E non voglio, non davanti a lui. Mi limito a scuotere la testa.
Edward non ribatte. Forse sospira, non ne sono sicura, e si muove per allontanarsi da me.
«Edward?»
Non volevo chiamarlo, non quando non gli ho fatto nulla. Se anche avessi fatto qualcosa di sbagliato nei suoi confronti, perché non parlarmene? Gli avrei chiesto scusa... l'ho sempre fatto. Sbagliare è umano e io non sono infallibile; se ho sbagliato è giusto che io gli chieda scusa.
Però ho bisogno di lui, mi fa troppo male questo suo distacco.
Voglio ritornare a come eravamo un tempo, quando Edward mi abbracciava e vedeva solo me. Quando non aveva bisogno di andare da un'altra donna se voleva fare l'amore. Quando non aveva con sé il profumo di un'altra ragazza che non fosse il mio. Quando eravamo felici e spensierati. Quando ancora non mi odiava.
Mi giro con il corpo verso di lui, ancora disteso vicino a me appoggiato su di un gomito, senza importarmene nulla del mio viso stravolto dalle lacrime.
«Bella...» sussurra dispiaciuto quando mi vede in volto. Non riesco però a capire la sua espressione. Ma mi accarezza. Accarezza la mia guancia come se a sfiorarmi fosse una piuma.
«Rimani qui» lo supplico con voce rotta per il pianto.
Un'ultima volta. Solo un'ultima volta. Non ti chiederò più niente. Ti lascerò in pace, per sempre. 
Edward sembra combattuto come mai io l'ho visto. Chiude gli occhi per poi toccare la mia fronte con la sua. E mi bacia. Un bacio che nemmeno si può considerare tale vista la leggerezza del contatto fra le nostre labbra. Ma per me è un bacio nel pieno della parola.
Mi bacia una seconda volta, e una terza.
Quando, spinta dall'amore che provo per lui e dalla mancanza del vero Edward, affondo le mie mani sui suoi capelli, lui non si tira indietro. Ricambia con smisurata passione il bacio. Vorrei piangere e ridere insieme perché finalmente mi ha toccato. Finalmente ci stiamo baciando. Finalmente riprende a vedermi. Ma alla fine si scosta.
«Devo andare.»
Due parole.Due fottutissime parole con le quali mi sta rifiutando. Come sempre. Non è cambiato assolutamente nulla. Non mi vuole più. Sono solo un peso.
Lo fisso sconvolta, non volendo credere alle sue parole.
Non sono io ad allontanare le mie braccia dal suo collo e le mie mani dai suoi capelli, è lui a spostarle con fermezza, senza tuttavia farmi male. Fisicamente. Dentro muoio.
Mi lascia un frettoloso bacio sulla fronte. Avrei preferito non l'avesse fatto.
«Ci vediamo stasera.»
Si alza dal letto velocemente, prendendo la giacca del suo completo cucito apposta per lui. Richiude la porta dietro di sé rumorosamente, il suono dei suoi passi che fa da eco al mio cuore che si infrange sotto il peso delle sue parole, dei suoi gesti. E della sua indifferenza verso sua moglie.
 
 
 
 
 
 

Spazio autrice

 
Questo è solo il prologo di una storia che spero potrà interessarvi. I primi tre veri capitoli della storia sono già pronti e abbastanza lunghi, e il quarto è quasi terminato. Tuttavia, prima di continuare ho deciso di vedere se vi piace; se vi incuriosisce, la continuerò con piacere.
Ci tengo a specificare una cosa: Edward non ha un'amante, ama disperatamente Bella ma si è allontanato da lei volutamente per un motivo che capirete in seguito.
Non so da quanti capitoli sarà composta la storia, vedremo :) Sempre se vi interessa, altrimenti è inutile che continui a scrivere xD
Perciò... fatemi sapere, se volete. Io apprezzerò sicuramente! X)

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


Erano ormai otto mesi che lavoravo al Billy's Diner, una tavola calda di Forks. Mi piaceva, di divertivo, stavo in famiglia. Non avrei scambiato la mia vita con nessuno, nessuno.
Ritorno con la mente al presente quando sento Jessica avvicinarsi.
«L'hai visto?» bisbiglia in un orecchio, facendo un discreto cenno verso il punto più privato del locale.
Piano, mi volto per guardarlo di sottecchi. Sta ancora leggendo e la tazza è ormai messa di lato. È già un mese che ordina sempre lo stesso tipo di caffè, un mese che si siede in quel tavolo, un mese che frequenta il locale, un mese che ignora tutto e tutti e si limita a leggere il giornale.
E io è da un mese che lo guardo.
«Sembra così solo...» constato soprapensiero.
«È l'unica cosa che ti viene in mente guardandolo?» chiede Jessica divertita.
Cerco di nascondere un sorriso ma senza successo.
«Perché non ti fai avanti?» domanda curiosa.
La fisso come se fosse un alieno. «Sei impazzita? Ma mi hai visto? E hai visto lui? Come potrei sperare di avere un'occasione?»
Jessica alza gli occhi al cielo. «Andiamo, Bella. Sei dolcissima. E sei carinissima. E lui non mi sembra il tipo di uomo che gioca con i sentimenti delle donne. Magari scocca la scintilla» immagina con occhi luccicanti.
«Magari» borbotto.
Jessica fa per aprire di nuovo la bocca per parlare ma viene preceduta da Jacob, il gestore del locale e il figlio del proprietario, che si avvicina a noi.
«Che succede qui? Vi pago per lavorare non per fare chiacchiere inutili» dice con un finto cipiglio scuro in volto e incrociando le braccia al petto.
Jessica ridacchia. «Non credo tanto inutili. Non se il ragazzo della nostra cara Bella è al centro di queste chiacchiere.»
Jacob inarca un sopracciglio, l'espressione divertita. «Ma allora si parla di roba buona» dice, prendendomi in giro.
Sospiro, passando un panno sul bancone per pulirlo. «Non è il mio ragazzo» ricordo loro.
«Però ti piace» aggiunge Jessica.
«Prima o poi io e Jessica ci stancheremo di questo amore platonico e vi organizzeremo un appuntamento» promette solennemente Jacob, dandosi il cinque con una Jessica entusiasta all'idea.
«Jacob, non pensarci nemmeno» sibilo minacciosa.
Si volta verso di me, dando di conseguenza le spalle a lui. «Va bene, dolcezza» mormora scoccandomi un bacio sulla fronte. «Ma ritornate a lavorare o vi licenzio» ci minaccia, prima di lasciarci per andare a lavorare.
Jessica aggrotta le sopracciglia. «Quante volte ci ha licenziate, questo mese?» chiede non ricordandosi il numero.
«Tredici minacce e sette licenziamenti. Un record anche per noi» le ricordo divertita.
Jessica scoppia a ridere. «Comunque, Chiappiette d'oro sta per mettersi la giacca e fra poco dovrà pagare. Ci vuoi andare tu, alla cassa?» domanda con espressione maliziosa.
Solitamente ci va Angela, l'altra cameriera. Al locale lavoravamo solo io, Jessica, Angela e Jacob.
«Forza Bella, non puoi rimanere tutta la vita a fissarlo da lontano.»
Eppure lo stavo facendo. Lo fisso anche in quel preciso momento. È in piedi, i pantaloni neri di cotone che coprono quelle gambe lunghe e, immagino, muscolose. Gli fasciano il fondoschiena in modo sublime, ma forse è proprio il suo fondoschiena ad essere così. Indossa una camicia rosa, cosa che mi fa impazzire. I capelli sono una massa informe di seta bronzea. La giacca, dello stesso colore nero del pantalone, completa il tutto rendendo quell'uomo irresistibile senza che lui faccia niente. Il cipiglio serio del suo viso, del suo innaturalmente bellissimo viso, lo rende ancora più sexy di quanto non sia umanamente possibile.
Come sentendosi osservato, l'uomo si volta verso la mia direzione. Immediatamente, abbasso gli occhi facendo finta di riprendere a pulire il bancone.
«Si è girato?» domanda Jessica, osservando la mia repentina azione. Non può saperlo visto perche è di fronte a me, dando di conseguenza le spalle a lui.
«Già ma non credo mi abbia visto. O forse sì... accidenti, non lo so» sussurro infelice.
Mi piace quell'uomo, forse anche troppo. Ma è troppo... troppo. Ecco, è semplicemente troppo. Troppo tutto!
«Oh, accidenti, Bella!» mi rimprovera Jessica perdendo la pazienza. «Se lo vuoi, fatti avanti! Non restartene qua impalata, limitandoti a fissarlo. Sai che c'è? C'è che qualche volta lui ti fissa. Non fissa me, non fissa Angela, non fissa la clientela. Fissa te» rivela.
La fisso sgranando gli occhi. «Che cosa?» sbotto incredula.
Non è possibile.
L'espressione sul volto di Jessica si addolcisce. «Non volevo dirtelo perché magari tifo così tanto per vedervi insieme da confondere la realtà dei fatti, però ho notato che qualche volta si gira verso il bancone quando ci sei tu. L'avrà fatto cinque volte, in questi due mesi – o almeno, sono circa così le volte in cui l'ho colto in fragrante – ma se si gira allora significa che ti vede. No?» domanda sperando di avermi convinta.
Scuoto la testa. Un mese e mi ha fissato solo cinque volte? Sarà stato un riflesso, del tipo quando ti volti e incroci una persona, e poi ti giri come se niente fosse accaduto.
«Facciamo sei. Anche adesso ti ha fissato mi hai detto» continua Jessica.
«Perché sentiva il mio sguardo addosso. Magari anche le altre cinque volte ha sentito il mio sguardo posarsi su di lui e si è voltato per vedere se era vero che qualcuno lo fissava» le dico, frenando i suoi sogni. E i miei.
Jessica sbuffa. «Sei impossibile, guarda. E comunque, quando l'ho scoperto a fissarti queste benedette cinque volte, tu non lo guardavi. O parlavi con Jake oppure prendevi le ordinazioni per un caffè. Ergo, ti vede.»
«Ergo, vedi cose che non esistono» la correggo subito. Prima che possa dirmi altro, mi copro il volto con entrambe le mani. «Per favore, Jessica, non dire altro. Mi sto solo illudendo...» sussurro disperata.
È vero, maledizione. Nonostante la mia testa abbia trovato tutte quelle giustificazioni per i cinque sguardi di lui su di me – sei – non riesco a non sperare che magari mi veda davvero e che Jessica abbia ragione.
«Io credo che tu ti stia solo sbagliando» dice dolcemente. «E vuoi rimanere col dubbio per tutta la vita?» continua dispiaciuta.
No, non voglio rimanere col dubbio tutta la vita. Ma lui è troppo per una come me, con tutta probabilità pensa che sono una povera ragazza che per pagarsi gli studi deve lavorare come cameriera mentre lui, a giudicare dalla sua eleganza e dai suoi vestiti firmati, deve essere un avvocato, un medico, un docente universitario o chissà cos'altro.
«Bella!»
Mi giro per l'ennesima volta saltando in aria per lo spavento quando sento Jacob urlare il mio nome. Lo vedo venire verso di me con una strana espressione sul volto.
«Che c'è?» chiedo agitata.
«Qualcuno ha vomitato in bagno. Puoi andarci tu?»
Sospiro; non posso certo disobbedire agli ordini. Jacob prima che il nostro capo è un nostro amico, ma rimane comunque colui che da' gli ordini.
«Vado» dico senza entusiasmo.
Quando entro nei bagni femminili, però, non vedo nessun vomito. Penso immediatamente che Jacob non mi ha specificato quale bagno fosse, per cui deve essere quello maschile. Ma visto che al momento può esserci qualcuno, esco dal bagno femminile. Quando faccio per ritornare indietro però mi scontro con un corpo solido e caldo talmente fortemente che cado indietro, finendo col sedere per terra.
E tuttavia, il cliente ha sempre ragione.
«Mi scusi» dico dispiaciuta, alzando gli occhi sulla persona con cui mi sono scontrata. Rimango a bocca aperta, sgranando gli occhi.
Lui! Mi sono scontrata con lui!
Si abbassa un poco per porgermi la mano. «Si è fatta male?» domanda con cortesia, senza che possa leggere l'espressione del suo volto. È l'espressione di una statua.
Accetto l'aiuto senza pensarci, e nemmeno voglio. Avrei voluto sospirare per il contatto con la sua mano morbida e un po' umida. Deve essersi appena lavato le mani.
Mi aiuta ad alzarmi senza difficoltà, aspettando una mia risposta.
«No, non tanto almeno. Mi dispiace comunque di essermi scontrata...»
Non so cosa dire.
Un semplice no basta, Bella, non renderti più ridicola di così!
«Non si preoccupi» si limita a dire annuendo a mo' di saluto e lasciandomi lì come un pesce lesso.
Sono ferma, immobile nella stessa posizione in cui lui mi ha messo quando mi ha aiutato ad alzarmi. Se prima mi piaceva troppo, adesso ancora di più.
Già mi immagino lui che mi aspetta all'altare mentre con un meraviglioso abito bianco lo raggiungo. Piano, con lentezza. Sorridendogli. E lui serio e tuttavia emozionato. Il nostro ballo insieme, e poi la nostra prima notte di nozze. Come sarebbe stato farsi accarezzare da lui? Ho toccato la sua mano: morbida ma decisa, grande e con dita lunghe e affusolate. Deve essere magnifico nel soddisfare le sue amanti.
«Bella? Oh, Bella, svegliati!»
Sento da lontano una voce, una voce che conoscevo bene. Mi sveglio di colpo, guardando spaesata Jessica.
Ha un'espressione di pura gioia in viso. «L'hai visto? Jacob è stato grande, quasi non ci credevo quando mi ha detto che ti ha raccontato quella cazzata solo perché lo aveva visto dirigersi in bagno prima di andare via. Com'è stato? Vi siete scontrati? Vi siete parlati? Ti ha chiesto un appuntamento? O ancora meglio, dimmi che avete fatto una sveltina contro il muro!» mi prega Jessica.
Sento le sue parole ma non ne capisco il significato. Penso solo al suo viso, a pochi centimetri di distanza dal mio.
«La mano...»
«La mano?» chiede confusa Jessica. «Ti ha masturbato con la mano? Va be', dai, è un inizio...»
«No!» dici risvegliandomi di colpo e fissandola come se avesse due teste. Che diamine le salta in testa? «Noi due ci siamo scontrati e io sono caduta e lui mi ha aiutato ad alzarmi offrendomi la mano... Oddio, Jessica, mi devi aiutare. Non ce la faccio più a resistere, è troppo bello!» piagnucolo come una bambina. Il fatto è che ho ventun'anni, quindi è anche piuttosto imbarazzante come cosa.
Jessica mi abbraccia stretta. «Spetta tutto a te. Io, Jake, Mike e Angela siamo disposti a venirti incontro ma tutto dipende da te.»
«Ma non mi conosce nemmeno. Come faccio a farmi notare? Come faccio a capire se lui è interessato a me?» domando scostandomi da lei.
«Mmh... Be', adesso ti ha avuto a pochi centimetri di distanza. Sa perfettamente chi sei. Tu sei una donna giovane e bella e la natura dice che lui è un uomo. Perché non dovrebbe essere interessato a te?»
«Oddio, e se è sposato? O fidanzato? O è un puttaniere?» chiedo spaventata.
Non ci avevo per nulla pensato.
«Se lui non te lo dice non vedo perché dovresti sentirti in colpa. E comunque non ha fede» risponde senza esitazione.
Giusto. Vero. Me n'ero dimenticata.
«Bellaaaa! Bellina? Bellucciaaaaaa!»
Entrambe ci voltiamo verso Jacob che sta correndo verso di noi. Non ho tempo per ringraziarlo per ciò che aveva escogitato perché, con un enorme sorriso in volto, parla.
«Indovina? Il tuo Jacob ha indagato a fondo con il tuo Chiappiette d'oro e ha scoperto il suo nome. Edward. Edward Masen. È questo il suo nome» rivela.
Jessica emette un gridolino di pura gioia dandosi il cinque con Jacob.
Io non ho la forza di dire nulla. Finalmente posso associare a quel meraviglioso volto un nome.
L'uomo dei miei sogni adesso ha un nome: Edward Masen.









Spazio autrice


Io non so davvero che cosa dire. Grazie? Non basta. Seriamente.
Non potete capire la mia gioia nel vedere i lettori aumentare giorno dopo giorno, insieme alle ricordate, le seguite, i preferiti. E le vostre magnifiche recensioni di incoraggiamento.
Quasi ho paura di deludervi, sul serio.
E l'unica cosa che mi posso permettere è solo questo inutile GRAZIE.

So che può sembrare prematuro che Bella pensi che Edward sia l'uomo dei suoi sogni, ma è una ragazza romantica e come tale i suoi pensieri vanno in quella direzione. È tipo come quando diciamo "Sono innamorata di Rpattz". Mica siamo davvero innamorate, specialmente le donne sposate xD Siamo semplicemente affascinate da lui e ingigantiamo la cosa, ecco. Tutto chiaro? :)
Lei è infatuata, affascinata, quello che volete e che secondo voi può rispecchiare al meglio i pensieri di Bella :) Per chi pensasse che "innamorarsi" così sia impossibile, be', voglio solo dirvi che invece è possibilissimo perché a me capita sempre ^-^" Quindi non è che scriva cazzate o roba simile... xP
Volevo anche dirvi un'altra cosa: non conosco molto bene il modo di servire di una tavola calda in America; tutto ciò che leggerete è preso dai vari film che ho visto e da cui ho preso spunto (esempio, Cinderella Story).
Infine, la cosa più importante: la storia è frutto della MIA immaginazione, non ho preso spunto da nessuna parte per la trama.
Ve lo dico non perché ci sono stati problemi ma perché Bella è cameriera e Edward il suo cliente e ci sono poche storie sul sito con questa trama (io ne ho lette in tutto 3, seguendone solo 2 – che tra l’altro sono "Someone like you" e "Friday at Noon", [ecco vedete, ve le sto pure dicendo] bellissime storie). Vorrei solo evitare problemi, ecco tutto.
Cito una frase che leggo sempre alla fine di una fiction: "riferimenti a fatti o persone reali o realmente accaduti è puramente casuale" modificandola a mio uso e consumo: "riferimenti a particolari e/o dettagli descritti nelle varie fan fiction presenti sul fandom è puramente casuale".
Bene, al prossimo capitolo :) Spero che questo vi sia piaciuto *-*

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


12 febbraio 2013 --> Prima di lasciarvi al capitolo, vi chiedo di passare nella mia pagina autore per leggere l'avviso (nulla di preoccupante, anzi!) che ho scritto oggi. Prima o dopo non importa, vi chiedo solo di farlo.
Grazie.





È passata una settimana da quello scontro con Edward. Edward. Oddio, che nome meraviglioso. Così serio, così dolce, così adatto a lui. Gli sta divinamente, non potrebbe esistere nome più perfetto per lui. Però non è successo niente: lui continua ad ignorarmi come ha sempre fatto, io lo ignoro perché non ho il coraggio di farmi avanti.
«Tesoro, so che sei sulle nuvole ma stai lucidando quel pezzo di bancone da ormai un quarto d'ora. Direi che è più che pulito» osserva Jessica inarcando un sopracciglio.
La fisso stralunata, osservando poi la mia mano. «Oh… È vero.»
Jessica sospira, strofinandosi gli occhi. «Bisogna fare qualcosa. Tu ti stai rincoglionendo, la Bella di prima non esiste più. C'è solo una gatta morta che pensa sempre a Edward.»
Mi indispettisco a quelle parole. Gatta morta? Io?
Jessica ride vedendo che la sto uccidendo con lo sguardo. «Scherzavo. Okay, non del tutto. Solo sulla gatta morta. Ma seriamente, Bella, ormai non ti riconosciamo più. Sei distratta, dimentichi le cose, prendi male le ordinazioni. Jacob in questa settimana ti ha licenziato diciassette volte. Ti rendi conto?» chiede retorica. «Non puoi continuare così. Devi parlare con Edward.»
«No!» esclamo, attirandomi l'attenzione di alcuni clienti. Riabbasso la voce. «Per favore, no… non ne ho il coraggio» le spiego supplicandola.
«Ma così ti fai solo del male. Perché non hai fiducia in te stessa? Sei bellissima, e te lo ripeto: secondo me lui ti ha già notato.»
Jessica è la mia migliore amica. Come tale, deve dirmi queste cose. È il suo compito.
Scrollo le spalle, fingendomi indifferente.
Il solito suono lievemente rumoroso che produce la porta del locale quando qualcuno entra riecheggia fra le mura del modesto e accogliente locale.
Col cuore che batte a mille sperando che sia lui vista l'ora, lancio una velocissima occhiata di sottecchi all'entrata. Non ne rimango delusa.
È Edward. Sempre serio in volto, sempre vestito elegantemente, entra nel locale senza degnare di uno sguardo nessuno. Stavolta, però, si dirige verso il bancone, poco più lontano da dove ci troviamo io e Jessica, e parla al cellulare.
Io riesco solo a vedere le sue labbra muoversi, morbide e rosse. Le più rosse che io abbia mai visto in un uomo. Ma riesco anche a notare che ha una valigetta, di quelle contenenti il pc.
Oddio, lavorerà qui? È già capitato, e quando ciò avviene rimane il doppio di quanto solitamente rimane. Un'ora. Un'ora intera per osservarlo.
Lo sto ancora fissando quando chiude la chiamata e si occupa di aprire la custodia per il suo computer.
«Oh, ma tu guarda: Jacob è in cucina ed è appena entrata una dolce coppietta di signori pronti ad ordinare. Vado io, tu va a sentire ciò che vuole Edward» mormora Jessica con tono fintamente casuale.
Ci metto un secondo per capire il significato delle sue parole. L'ha fatto apposta!
«Jessica!» la chiamo in un urlo strozzato ma lei fa finta di niente.
Accidenti! Non posso non andarci, mi prenderebbero tutti per cretina se non prendessi l'ordinazione di un uomo appena entrato nel locale.
Coraggio, Bella. Calma e sangue freddo. Non ti mangia mica – anche se lo preferiresti, lo so.
Accidenti anche ai miei pensieri!
Prendo in mano la penna e il block-notes dal taschino del grembiule lavorativo, facendo un grosso, grossissimo respiro. Stando attenta che nessuno mi noti, è chiaro.
Quando faccio il primo passo, vorrei subito correre verso la cucina e chiudermi dentro. Non lo faccio. Non lo faccio perché questo è il mio lavoro e poi… e poi voglio conoscerlo, voglio che mi conosca, voglio che mi veda.
Anche solo per pensare: "Lei è la ragazza dell’altra volta".
Veloce, Bella, veloce!
Okay: un altro respiro profondo e riprendo a camminare. Quando giungo davanti a lui, cerco di nascondere la mia agitazione dietro un leggero sorriso di cortesia. «È pronto ad ordinare?»
Edward alza gli occhi su di me. «Solo un caffè, grazie» e ritorna a parlare al telefono.
Ha parlato per due secondi, i secondi più belli della mia vita. Dopo quelli del nostro incontro/scontro, ovviamente.
Scrivo l'ordinazione, tanto per stare un altro secondo lì con lui vicino, poi con riluttanza mi giro per andare via. Cammino con sicurezza, prima di voltarmi una seconda volta quando qualcuno mi chiama.
«Mike» dico io, avvicinandomi a lui.
Mi saluta con un bacio prima di sedersi davanti a me sulla sedia davanti al bancone. «Sto dormendo in piedi» mormora chiudendo gli occhi e massaggiandosi le tempie.
Sorrido quando do un'occhiata all'orologio. «Non sono neanche le otto e tu già vuoi andare a letto?» chiedo divertita.
«Spiritosa, davvero spiritosa» dice sarcastico.
Sento due mani pizzicarmi il sedere. Jessica.
«Bella, oddio, ti stava fissando!» esclama piano al mio orecchio Jessica per non farsi sentire da Edward.
Il mio cuore accelera quando lo dice. Non voglio illudermi, però non nego che da quando Jessica mi ha detto che qualche volta mi fissa… be', il matrimonio lo sogno sempre di più anche ad occhi aperti.
«Chi ti fissa?» domanda Mike non capendo.
«Lo vedi quel bel rossiccio seduto quasi alla fine del banco? Ecco, proprio lui» rivela Jessica.
Stando attento a non farsi vedere, Mike fissa Edward di sottecchi. «Abiti eleganti, portamento fiero, sguardo da macho, figo ma non quanto me… È lui?» domanda, rivoltandosi verso Jessica.
«Sì» ridacchia.
Mike, entusiasta, si gira verso di me. «Hai fatto colpo?»
«Sì.»
«No.»
Mike fissa entrambe confuso, mentre Jessica e io ci uccidiamo a vicenda con lo sguardo.
«Perché sei convinta che non gli piaci?» chiede Jessica sull'orlo dell'esasperazione.
«E tu perché sei convinta del contrario?» domando piccata.
Una parte di me, però, gongola all'idea che Jessica possa dire la verità.
«Solitamente Jessica non sbaglia» interviene Mike, fissandoci annuendo convinto delle sue parole.
Indispettita, poso una mano sul fianco. «Ah, perché io sì invece?»
«Sì!» esclama Jessica. «Proprio ora!»
Sbuffo, chiudendo la bocca.
«Sai che facciamo?» propone subito dopo. «Tu inizi a flirtare con Mike e io vado a portargli il caffè. Vedrò così se è geloso o meno» spiega Jessica.
Scuoto la testa. «Come può essere geloso se nemmeno mi conosce? Per esserlo deve provare qualcosa per me» le faccio notare.
«Allora irritato, Bella. Anche solo irritato andrà benissimo» sbotta innervosita.
Ma prima che io possa dirle che è un'idea del cavolo, va a fare il caffè.
Fisso sconvolta Mike. «Non può farlo!» esclamo allibita.
Mike sorride. «Bella, perché non l'accontenti? Guarda che quella a cui conviene sei tu. Non ti farebbe piacere sapere che è irritato dal fatto che tu conversi con un ragazzo bellissimo?» domanda vantandosene.
Rido leggermente. «Viva la modestia.»
«Seriamente: flirta. Ti prometto che non ti costringerò a venire con me» giura solennemente toccandosi il cuore con una mano.
«Non potresti, sei il fidanzato di Jessica e lei mi prenderebbe a calci in culo» gli ricordo divertita. A parte che non ci proverei mai con il ragazzo di una mia amica, oltre a questo non è proprio il mio tipo.
La porta del locale si apre, mentre entra un altro cliente.
«Non te ne andare, rimani qui. Servo quel signore e poi mi aiuti» gli comunico.
Mike emette un urlo di eccitazione battendo forte le mani, attirando l'attenzione di alcuni clienti.
Scuoto la testa, incredula ma divertita allo stesso tempo.
Va bene: vediamo se gli piaccio.

Edward ha ordinato altri due caffè, prima di prendere le sue cose e andare via. La differenza con le altre volte, però, sta nel fatto che sono stata io a stare alla cassa.
Ho finto che fosse un cliente come un altro per quanto mi sia costato fatica e sudore. Ma alla fine sono riuscita a fingere, con i complimenti di Jessica e Mike.
«In circa un'ora ti ha fissato ben sette volte. Ha funzionato o no, il mio piano?» chiede Jessica vantandosi.
«Mmh…» Non le rispondo, ma sul mio volto c'è un sorriso che va da un orecchio all’altro.
«Ah, l'amour» sospira romanticamente Mike.
«Bella: quando vi sposerete voglio, anzi no, pretendo di essere la tua damigella d'onore» sentenzia Jessica.
Annuisco fingendomi seria. «Certo.»
«Adesso che sai che lui è interessato a te cosa farai, Bella?» chiede Mike.
Lo fisso con fare ovvio. «Il fatto che mi abbia guardato non significa che sia attratto da me…»
«Oh, ti prego, ancora con questa storia?» domanda Jessica con fare annoiato. Sorride inaspettatamente. «Se vuoi ci penso io.»
«Pensi tu a fare cosa?» mi precede Mike.
«A dirgli che può farsi avanti con Bella» risponde.
«Jessica, no» le dico immediatamente.
Stranamente, alza le mani in segno di resa. «Okay, okay… come vuoi.»
Sono piuttosto confusa, non è da lei arrendersi così velocemente. Ma forse questa è la volta buona che ha capito.

Sono ormai tre giorni che non si è fatto vedere. E più il tempo passa più vorrei solo andare a letto e dormire, cercando di sognare una vita insieme a Edward dove lui mi ama immensamente e abbiamo tre bambine, tutte femmine, ovviamente.
Perché diavolo non è venuto? Veniva praticamente ogni giorno, e mai ha saltato la colazione per tre giorni di seguito!
«Bella...»
Mi volto senza nemmeno pensarci quando sento la voce dolce di Jessica chiamarmi.
«Stai lavando quella tazza già da cinque minuti buoni...» spiega piano, come se non volesse ferirmi con le sue parole.
Ma è vero, lei ha ragione: lavo quella tazza già da cinque minuti buoni... e penso a lui. Penso sempre a lui.
Jessica sospira. «Bella, non posso vederti così... Perché non...» Si interrompe improvvisamente.
Mi volto verso di lei, osservando confusa per l'interruzione.
«È qui» sussurra nella mia direzione.
Sussulto mentre il cuore riprende a battere talmente velocemente che potrebbe uscire fuori dal petto. «Davvero?» chiedo quasi a non volerci credere.
«Sì, è qui! E... ed è insieme a un ragazzo... e una ragazza.» Dice "ragazza" come se fosse costretta.
Un'improvvisa stretta al cuore mi fa quasi piegare in due mentre non fatico a riconoscere da cosa è dipeso. Gelosia. È gelosia. Maledetta, insensata gelosia. Perché non è normale essere gelose di una persona che nemmeno sa come ti chiami. Insomma, lui ha tutto il diritto di avere una fidanzata, una ragazza, anche una moglie! Però mi rendo anche conto che mi fa male... immensamente male.
«Si sono seduti» riprende Jessica. «Vuoi... vuoi che ci vada io?» chiede titubante.
Di solito chiede sempre il contrario.
Sospirando e riprendendo a lavare quella stessa tazza di prima, annuisco.
Jessica mi rivolge un piccolo sorriso nella speranza di farmi stare bene pur sapendo che è inutile, per poi passare a sostituire la tazza che ho in mano con un'altra e andare via.
Ha un'altra. Be', mi sembrava strano non l'avesse, bello com'è. E lei è incredibilmente fortunata. Ha la fortuna di essere abbracciata da lui, di essere accarezzata, di essere baciata.
Sbatto forse con un po' troppa forza la tazza nel lavello ma fortunatamente non si rompe. Un crampo allo stomaco, dovuto al nervosismo, mi fa interrompere il mio lavoro. Mai, mai avrei potuto immaginare quanto fosse dura la gelosia. Salto in ario quando sento Jessica vicino a me.
«Bella!» Sembra eccitata.
«Cosa c'è?» chiedo, sull'orlo di piangere. Perché diavolo dovevo infatuarmi di Edward, accidenti? Perché diavolo devo starci così male?
«Sono una coppia! Intendo lei e l'amico di lui, non lui e lei!» comunica con gli occhi che le brillano.
Ci metto un po' prima che il reale significato delle sue parole mi arrivasse al cervello. «Cioè... tu vuoi dire che... la ragazza sta con l'amico di Edward, esatto?» chiedo timorosa.
«Sì!» annuisce freneticamente. «Ed è anche incinta. O almeno credo... Ha le braccia esili e le gambe ben formate, quindi non mi capacito della pancia troppo rotonda e perfetta che ha. E poi sembra pure simpatica. Ho sentito Edward chiamare Eleazar l'amico, e quest’ultimo chiamare la ragazza Carmen. E poi mi sono resa conto di un’altra cosa: entrambi hanno la fede al dito, cosa che Edward non ha. Non possono essere solo coincidenze, queste» riflette infine Jessica, quasi come se parlasse da sola.
Dal canto mio, il sollievo sta quasi per travolgermi inaspettatamente, facendomi piangere quasi. Fin quando non penso che, se anche la ragazza di oggi non sta con lui, non è detto che Edward sia single.
Devo dimenticarlo. Devo smettere di sognarlo, di cercarlo con lo sguardo, di fantasticare su di lui. Devo smettere di considerarlo una mia proprietà.
Vedendo la mia espressione seria e per nulla sollevata, almeno non più, Jessica mi fissa quasi delusa. «Non sei felice?»
Scuoto la testa, fissandola. «Jessy, non ho alcun diritto su di lui. Può fare ciò che vuole, avere chi vuole. Non sono nessuno per avere pretese su di lui.»
Jessica piega la testa da un lato, scuotendo anche lei la testa. «Non lo pensi seriamente» mi rimprovera.
«No, lo penso. Vorrei che non fosse così, è vero. Però è così, purtroppo» rispondo, chiudendo il rubinetto e asciugandomi le mani.
Jessica apre bocca per parlare ma Jacob ci interrompe con aria dispiaciuta.
«Ragazze, non voglio fare il capo guastafeste però dovreste muovermi... Con Angela a casa con la febbre ci tocca fare il doppio lavoro a tutte e tre» spiega.
Annuisco. «Hai ragione, scusami» mormoro sincera. Senza aspettare altro, riprendo il mio lavoro allontanandomi da loro due, sicura che adesso Jessica spiegherà a Jacob il perché del mio malumore.

Qualche volta lancio un'occhiata al loro tavolo.
Carmen è davvero bella. Non so se sia il fatto che è incinta, sicuramente lo è, o perché sorride. Però lo è. Non posso negare di tirare un sospiro di sollievo quando constato che le supposizioni di Jessica sono esatte quando Carmen rivolge un sorriso innamorato a Eleazar e quando lo bacia.
Oso, lanciando una veloce occhiata di sottecchi a Edward. Non sembra geloso; sorride e sembra davvero felice del loro amore.
Ma questo non cambia che devo dimenticarmi di lui. Per quanto sia difficile non pensare più a lui visto anche che viene quasi ogni giorno qui al locale, devo.
Fortuna che non ne sono innamorata, sarà più facile, no?
«Ciao, Bella.»
Sorrido inaspettatamente, gioendo veramente della visita del mio ragazzo preferito. È lui l'uomo perfetto, lo dovrei sposare. Soprattutto visto quanto lui mi ami immensamente!
«Ciao, Seth» gli sorrido mentre lui tenta con non poca difficoltà di salire su una delle sedie poste intorno al tavolo.
Rido quando sua madre lo prende in braccio mentre Seth arrossisce.
«È troppo alto» si giustifica.
Annuisco, tentando di ritornare seria.
«Come stai, Bella?» chiede Sue, sedendosi vicino al figlio di cinque anni.
Sospiro, tentando di comportarmi normalmente. «Non mi lamento. E tu come stai? Harry?»
Sue sorride. «Non potrebbe andare meglio. È l'uomo più dolce che io abbia mai conosciuto.»
Harry e Sue, anche se a soli trent'anni il primo e ventisei la seconda, avevano deciso di concedersi una seconda luna di miele lasciando il bambino a casa dei genitori, alternandoli. I due erano ritornati da poco ma si dovevano ancora abituare ai tempi della città. Le Hawaii si dimenticano difficilmente, immagino.
Inutile dire che la proposta di Harry non aveva fatto solo sospirare Sue, ma anche me, Jessica e Angela.
«Dov'è?» le chiedo. Non lo vedo da un po'.
«Sta per arrivare, doveva solo posteggiare.»
«Bella, mi porti un succo di frutta ai mirtilli?» chiede il bambino, educato.
Gli sorrido. «Jake ha fatto una torta buonissima. La vuoi assaggiare?»
Gli occhi del bambino si illuminano mentre annuisce contento.
«E a te che porto?» domando a Sue.
Sospira. «Niente. Be'... in realtà dovresti portarmi un po' di tutto. Ne ho una maledetta voglia» spiega, lanciandomi un'occhiata eloquente.
Aggrotto le sopracciglia. «Be', se hai voglia di...» Mi interrompo. Voglia? Voglia nel senso... voglia? Spalanco la bocca, mentre un sorriso prende forma sul mio volto.
Sue sorride arrossendo un poco, annuendo. «Un mese. Solitamente sono puntuale come un orologio svizzero, per cui quando ho avuto quel ritardo...» Lascia a metà la frase.
Faccio il giro del bancone, abbracciandola. «Auguri!» esclamo stringendola forte.
Sue ride deliziata.
«Che succede?» domanda qualcuno.
Mi volto per vedere chi è quando scorgo la figura di Harry appena arrivata. Capisce immediatamente. «Faccio ancora colpo, eh?» chiede divertito, pavoneggiandosi.
Scoppio a ridere buttandomi fra le sue braccia e congratularmi anche con lui.
«Grazie, Bells.»
«Ehi!» protesta Seth con un adorabile broncio sul visetto attirando la nostra attenzione. «Anche io voglio un abbraccio!»
Lo prendo in braccio sorridendo nello stesso momento in cui Jessica esce dalla cucina. «Che sta succedendo?» domanda confusa. Sgrana gli occhi quando Sue, emozionata, si indica con l'indice la pancia. Sicuramente ancora devono dirlo al bambino. «Awwww! No, non ci credo!» esclama abbracciandoli. «Jacob!» urla, nel vero senso della parola.
Gli sguardi di alcuni clienti sono su di noi, adesso, molto più di prima.
«Va tutto bene, signori, è incinta» spiega tranquilla Jessica nello stesso momento in cui spunta Jacob.
In quel preciso istante, avvengono tre cose.
«Che cosa?» strilla Jacob quasi, non credendoci.
La clientela si complimenta, sorridendo cordiale a Harry e Sue.
«Che significa che è incinta? Mamma sta male?» domanda Seth, improvvisamente triste.
«No, amore, no...» Tenta di consolarlo Harry, lanciando un'occhiata di fuoco a Jessica. Almeno sembra imbarazzata.
Fortunatamente, interviene sua madre che gli sussurra qualcosa all'orecchio per rassicurarlo.
Jacob sta abbracciando forte Harry, per poi complimentarsi con una radiosa Sue.
È il tempo delle donne incinte, forse, visto che non è l'unica.
Il sorriso scompare sul volto quando mi rendo conto che Edward è ancora qui, che ha assistito a tutto, e che forse la ragazza potrà sentirsi offesa. Anche lei è incinta, dopotutto.
Ma quando, con uno sforzo sovrumano, mi volto verso di loro mentre il locale riprende le sue abituali abitudini, mi accorgo che Carmen mi fissa. Quando i nostri sguardi si incrociano, sorride gentile.
Ricambio, sorpresa ma comunque con piacere. Non è offesa e, come diceva Jessica, sembra pure simpatica. Ma lancio un'occhiata anche a Edward, che però conversa fittamente con Eleazar, immagino per lavoro. Non si è accorto di nulla. Avrà lanciato una veloce occhiata al bancone per la confusione per poi ritornare a disinteressarsi di me. Sospiro, decidendo che non importa. Non deve importarmi.

Sue, Harry e Seth vanno via dopo circa un quarto d'ora dal loro arrivo.
Io, Jessica e Mike abbiamo fatto loro poca compagnia per via del doppio lavoro ma hanno capito, per questo se ne sono andati così presto. Solitamente, stavano un po' di più.
Prendo l'ordinazione dell'ennesimo cliente, cercando di ignorare la presenza di Edward a due tavoli di distanza anche se ci sono appena passata vicino per poter prendere quest'ultima ordinazione.
Sorrido alla coppia di signori anziani e vado verso il bancone, quando sento la mano calda di qualcuno afferrarmi dolcemente per un polso.
Il mio cuore cessa quasi di battere per un nanosecondo prima di riprendere la sua corsa furiosamente. Non è lui, cerco di convincermi, anche se sono appena passata vicino al suo tavolo. Mi giro: è lui.
«Potrei avere un altro caffè?» domanda educatamente, lasciandomi andare.
«Sì, certo» dico svelta, andandomene subito via. Mi limito ad affrettare il passo anche se vorrei correre. Purtroppo, non posso farlo, capirebbe subito.
Dio santo, mi sono perfino dimenticata di chiedere agli altri due se volevano qualcosa. Preparo il caffè, senza sapere che altro fare. Pensare? Pensare che mi ha toccato una seconda volta? La pelle che è stata sfiorata sembra bruciare grazie al suo tocco.
«Ti senti bene?» sussurra Jessica, raggiungendomi.
Il mio sguardo è posato sul caffè che riempie la tazza. «Mi ha sfiorato, Jessy. Mi ha toccato» le spiego, quasi stentando io stessa a crederci.
«Che cosa? Come? Quando?» domanda freneticamente.
Il caffè è pronto. «Ti spiego tutto dopo, adesso vado a portargli il caffè» rispondo piano.
Quando raggiungo il tavolo, Edward e Eleazar stanno ancora parlando, seri in volto. Carmen è piuttosto tranquilla anche se sicuramente si sta annoiando.
«Ecco a lei» sussurro imbarazzata, posando il caffè sul tavolo.
Edward mi lancia una veloce occhiata. «Grazie» risponde semplicemente.
«Volete qualcos'altro?» domando io, cercando di ignorare la fitta al cuore che mi ha colpito a causa della sua indifferenza. Mi rivolgo con le mie parole a Eleazar e Carmen ma guardo quest'ultima. È incredibile quanto prima la odiassi ma quanto adesso mi appigli a lei come se fosse un'ancora di salvezza.
«Una spremuta d'arancia?» chiede quasi, continuando a sorridermi gentile. Il marito non risponde, troppo presto dal lavoro.
Annuisco alla ragazza, eseguendo l'ennesimo ordine. E poi un altro. E un altro. E un altro ancora, temendo l'ora in cui se ne andranno. O meglio, il momento in cui lui se ne andrà. Ma arriva, come sempre.
«Stanno per conservare quei documenti, sicuramente andranno via. Ci pensi tu?» sussurra Jessica, raggiungendomi.
«No, no. Meglio se ci pensi tu» le rispondo, lanciandole un'occhiata eloquente.
Annuisce, mentre vado a prendere l'ennesima ordinazione della mattina.
Ascolto cercando di fare la massima attenzione, cercando di ignorare la presenza di Edward qualche tavolo più in là e cercando di non pensare al fatto che fra poco se ne andrà. Mi gratto la fronte, spostando una ciocca di capelli che mi infastidiva facendomi prudere il punto che sfiorava, alzando la testa senza accorgermene. Non l'ho fatto apposta, non ci ho nemmeno pensato, ma il mio sguardo si posa su di lui. Che fissa me. Senza pensare nemmeno stavolta, gli sorrido timidamente per non sprofondare ancor più nell'imbarazzo. Me ne pento all'istante: avrei dovuto voltarmi subito, senza sorridergli! Ma inaspettatamente, lui ricambia.
Poche volte l'ho visto sorridere, anzi solo due: questa volta e quando ha sorriso del bacio fra Carmen e Eleazar. Ma mi sono bastate queste due uniche volte per rendermi conto di quanto quest'uomo possa essere perfetto.
Distolgo subito lo sguardo, per paura che rimanga a fissarlo imbambolato e che pensi che io sia una scema. Stringo forte il block-notes in una mano e la penna nell'altra, nel disperato tentativo di trattenermi. Quando finisco di prendere l'ordinazione, vado dietro la bancone cercando di fare lo stesso lavoro che faccio da otto mesi a questa parte. Vado al bagno capendo di non potermi più trattenere. Con calma, senza fretta. Con naturalezza. Chiudo la porta alle mie spalle, prendendo un forte respiro.
«Cazzo! Cazzo, cazzo, cazzo!» esclamo in un sussurro cominciando a saltellare sul posto, uno stupido sorriso sul mio volto. Mi ha sorriso! Porca puttana, mi ha sorriso! A me! E vaffanculo, non voglio pensare che l'abbia fatto per gentilezza! Mi fermo improvvisamente quando qualcuno bussa.
«Bella? Tutto bene? Dimmi che ci ho visto male.»
Jessica. Oddio, anche lei l'ha visto.
Apro la porta, senza risponderle. L'espressione sul mio viso deve essere abbastanza eloquente.
Con un basso gridolino di gioia, Jessica si butta fra le mie braccia. Saltella insieme a me, senza pensare a quanto sia stupida la cosa. Perché sebbene sarà pure stupida, è l'unica cosa che mi posso permettere invece di gridare ai quattro venti tutta la mia gioia.
«Oddio, ti ho visto sorridergli ma non ho visto lui, e tu non gli avevi mai sorriso prima, poi sei andata via fin troppo calma, e quando lui si è alzato per andare via sembrava tranquillo, senza quell'espressione seria che ha sempre in viso...» spiega.
«Mi ha sorriso, Jessica» le rispondo come se non lo sapesse, allontanandomi e smettendo di saltellare sul posto. Sospiro, sedendomi per terra e appoggiando la testa al muro. «Mi sta facendo impazzire» ammetto ad alta voce.
«Te ne sei innamorata?» chiede sorpresa Jessica, osservandomi.
Non le rispondo. No... non credo di essermene innamorata. Nemmeno lo conosco. «Non penso» sussurro soprapensiero.
«Be'», Jessica si siede vicino a me. «Se non ne sei innamorata, ci sei molto vicina.»
Scuoto la testa, sperando che si sbagli. Non posso innamorarmi di Edward. «Sono nei guai.»
Jessica ridacchia. «Non è detto» mi corregge, scoccandomi un bacio sulla guancia e andandosene via prima che potessi chiederle che significa quella sua uscita.
Che avrà voluto dire?






Spazio autrice

Buonasera :) Sul mio gruppo  vi avevo avvertito che avrei pubblicato il secondo capitolo massimo entro domani ma eccomi qui :)
Le cose cominciano a farsi più movimentate *-*
Okay, a parte questo… mmh, come avrete notato ho cambiato titolo alla storia. Ieri notte leggevo il pdf di Fifty Shades Of Grey (*-*) e ovviamente dovevo usare il traduttore. Ho letto ad un certo punto l’espressione “pazzo di te” e me ne sono innamorata decidendo che questo è il titolo adatto alla storia *.* Così ho anche cercato l’espressione in inglese e le ho inserito entrambe ^-^
L’altro titolo è riservato per un’altra storia in fase di programmazione che è azzeccatissimo *.*
Bene, non vi trattengo un minuto di più :)
Spero che il capitolo vi sia piaciuto e, magari, di poter leggere i vostri pareri.
Alla prossima :)

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 ***


Lo so.
Lo so, ho un sorriso idiota sul volto da quando ieri mattina Edward mi ha sorriso. A me, non a Jessica, Angela, o ad altre. A me. Okay, mi ha sorriso per cortesia, anche io sorrido alle persone che vedo spesso per educazione, però è già qualcosa! Meglio che niente, no?
E il sorriso è ancora qui, sul mio viso. E tutti l'hanno notato: Jessica, Jacob, la clientela. Sorrido, un sorriso sereno e felice, e questo lo apprezzano tutti: la clientela sembra più tranquilla vedendomi così e Jacob è più felice, di conseguenza.
Mi scopro anche a canticchiare, delle volte. Attendo l'arrivo di Edward. Sperando che venga, certo.
Ho le dita delle mani incrociate. Incrocio anche le gambe e le dita dei piedi; non si sa mai che porti più fortuna! Salto in aria col cuore che batte improvvisamente più forte quando sento il solito rumore che annuncia l'arrivo di un nuovo cliente che apre la porta. È successo un sacco di volte, quindi anche questa volta potrebbe essere un falso allarme. Ma lancio un'occhiata a Jessica che mi sorride maliziosa.
Significa solo una cosa: è qui, è lui.
È quasi mezzogiorno, ma non importa. Se è qui, va tutto bene.
«Allora? Ci vai tu?» domanda Jessica, avvicinandosi a me.
Ecco... è questo il problema. Ci deve essere sempre un problema, se no è tutto troppo facile. E il problema è che adesso sono imbarazzata il doppio di quanto ero ieri.
Cosa devo fare? Posso salutarlo? O devo fare finta di niente? Se lo saluto e lui non ricambia, che figura ci faccio io? E se invece posso salutarlo ma non lo faccio per paura di sbagliare e lui pensa sempre che io sia una scema?
Dovrei sapergli leggere nella mente per non sbagliare, cosa che però non so fare.
Per cui...
«Vacci tu, Jessy. Per favore» la supplico.
Le cose non sono cambiate: continuerò sempre a essere le cameriera di quel locale e lui l'uomo serio e professionale, cliente di quella tavola calda. Certo, sogno ancora il nostro matrimonio e la nascita delle nostre tre figlie – ho anche già scelto i nomi: Catherine, in ricordo del personaggio femminile di Cime tempestose, Elizabeth, in ricordo di quello di Orgoglio e pregiudizio, e Jane, in onore di Jane Eyre. Ho anche deciso la data del matrimonio, il tredici giugno. Non lo so, mi ispira questa data.
Ritorno alla realtà sentendo Jessica sospirare. «Come vuoi. Sappi però che rischi di avere un rimorso, così facendo. E sai bene come si dice» mormora eloquente, andando via.
"Meglio un rimpianto che un rimorso." Cazzate, tutte cazzate.
Qualcuno entra piuttosto rumorosamente; voltandomi, scorgo la figura di due ragazze che ridono nel tentativo, suppongo, di farsi notare. E ci riescono: la loro risata sguainata risuona forte e chiara all'interno del calmo e familiare locale.
Sospiro, pensando che queste due sono le solite ragazzine di diciotto anni che solo perché sono belle si considerano le più fighe, comportandosi invece come povere sgualdrine in cerca di attenzione. E oltre ad essere patetiche, mi fanno anche un po' pena.
C'è poca gente, clienti ad ogni modo già serviti, per cui io e Jessica – Angela è ancora malata – decidiamo di prenderci cinque minuti di pausa.
L'argomento della conversazione sussurrata? Edward, ovviamente.
«Starei ore ad osservarlo» sussurro, prendendomi il viso fra le mani e sospirando tragicamente.
Jessica scuote le spalle. «Io te l'ho detto: provaci. Ma tu non mi vuoi stare a sentire!» esclama piccata.
Scuoto la testa, sospirando piano. «Jessica, io ti ho spiegato il motivo per cui non mi faccio avanti. Non sono alla sua portata, lui merita di meglio» le ricordo.
Jessica sbuffa. «Ma di meglio cosa? Perché diavolo ti vuoi buttare così in basso? Accidenti, se tutte fossero come te non ci sarebbero le solite seghe mentali che si fanno le ragazze sul loro aspetto esteriore. Perché non mi vuoi credere?»
«E tu perché ti ostini a dirmi certe cose?» chiedo di rimando.
«Ti dico solo la verità. Devi smetterla di vederti con gli occhi di una ragazza insicura quale sei tu, devi osservarti…»
La interrompo. «Con gli occhi di una migliore amica che cerca di tirarmi su di morale?» chiedo eloquente.
Mi fissa spazientita. «Con gli occhi di una ragazza che osserva un'altra ragazza e da' un'opinione spassionata. Se tu potessi vederti con i miei occhi, o anche solo con gli occhi di tutti i clienti, sapresti quanto sei bella.»
Non rispondo più. Non ho parole per risponderle. So bene quanto Jessica mi voglia bene, quanto sia la migliore amica per eccellenza, ma tutto ciò che sgorgo dai suoi occhi è solo sincerità.
Okay, magari sarò pure carina, ma senz'altro non hai livelli di Edward Masen…
Le donne che frequenterà lui saranno donne potenti, eleganti, femminili. Donne bellissime dai capelli biondi e gli occhi azzurri, con due gambe chilometriche e con un seno sodo, rotondo e pieno. Non saranno certo ragazzine con i capelli di un banale castano con occhi di un altrettanto color nocciola, con una seconda scarsa di seno e due gambe… senza muscoli.
Non sono formosa, sono abbastanza scialba; le donne che frequenterà lui saranno donne formose e interessanti, dalla parlantina sciolta e una mente arguta. Tutto ciò che non sono io, praticamente.
Ne ho la prova proprio in questo momento: una delle due ragazze appena entrate prende coraggio e si alza per dirigersi verso il tavolo di Edward, cosa che io non avrei mai fatto. È vero, è sicuramente più giovane di me quindi non è la donna che immagino al fianco di Edward, ma è sicura di sé e abbastanza maliziosa nei suoi movimenti. Questo dovrebbe bastare per catturare l'attenzione.
Stavolta, non provo gelosia. Provo una fitta al cuore ancora più potente, ancora più dolorosa. No, non è gelosia. È la consapevolezza che dovrò osservare scene del genere per molto altro tempo ancora; è la consapevolezza che Edward sarà solo un mio cliente; è la consapevolezza che i miei sogni sono destinati a rimanere tali e che non sentirò mai il calore della sua pelle contro la mia o il tocco delle sue grandi mani che spesso ho desiderato avere su di me.
Ieri ho visto rosso, ero arrabbiata e gelosa; adesso, invece, riesco a vedere tutto nero, mentre la tristezza invade il mio corpo e quelle stesse consapevolezze si fanno strada in me. Ed è centomila volte peggio.
Di sottecchi, osservo la scena.
«Bella, non guardare» supplica Jessica.
La sua frase sembra nasconderne un'altra: "Ti prego, non farti del male". Ma non ci riesco. Devo guardare.
Edward aveva il viso abbassato sul giornale per poi rialzarlo quando la ragazza, bionda appunto, sposta rumorosamente la sedia e si siede con un sorrisino sfrontato sul volto.
Vorrei ucciderla. Okay, forse provo pure un po' di gelosia. No, rettifico: molta gelosia.
La ragazza apre la bocca, parla ma non riesco a sentirla. Immagino si stia presentando.
Jessica, con la scusa di pulire un lato di bancone, cerca di origliare il tutto.
Grazie.
Edward scuote la testa sorridendo. Non sembra un sorriso malizioso, divertito o altro. Sembra un sorriso di circostanza. A me, ieri, ne ha riservato uno con molto più calore.
Il nervosismo mi sta facendo mangiare la pellicina del pollice di entrambe le mani, che alterno. La voglia di sapere ciò che prova lui, ciò che le dice, ciò che quella sgualdrina dice a lui, è sempre più forte. E la gelosia mi sta logorando.
Provo a lanciare un'occhiata a Jessica sperando di poter capire se devo starci male o meno dall'espressione del suo viso. Con la testa bassa perché finge di lavorare, riesco a notare che sorride. Sta sorridendo. È un buon segno, no?
Conto i soldi nella cassa, tanto per tenermi occupata. In realtà, prendo solo i soldi in mano. Non riesco a tenerne il conto. E di sottecchi, continuo a fissarli.
La ragazza sembra dispiaciuta, mentre si avvicina a lui. Il sorriso sul volto di Edward sparisce all'istante, mormora qualcosa e la ragazza, sbuffando, si alza e se ne va. Raggiunge l'amica, lascia due banconote sul tavolino e se ne va ancheggiando. Lancio l'ennesima occhiata a Edward per vedere se la fissa. No, non la sta fissando: le da le spalle nel mettersi la giacca.
Va via?
Che diamine…? Non ci ho capito nulla!
Jessica, cercando di camminare tranquillamente, va a prendere i soldi lasciati sul tavolino, costringendomi così a confrontarmi con Edward per il conto.
Oso alzare lo sguardo su di lui quando si trova davanti a me: prende del denaro dalla tasca posteriore dei pantaloni firmati – sicuro – ed è scuro in volto. Non mi degna di uno sguardo. Non dice nulla. Se ne va così come spesso mi ha lasciato.
Non so che pensare. È chiaro che la cosa mi abbia ferito, ma non capisco il perché di questo suo comportamento. È come se fosse arrabbiato anche con me.
Jessica mi raggiunge all'istante.
«Credo di essermene innamorata pure io» rivela sognante.
La fisso sconcertata. «Cosa?» esclamo.
So per certo che scherza, non mi farebbe mai un torto simile come io non lo farei a lei, ma non capisco il perché di questa frase.
«La ragazza ci ha provato. Chiaro, no? Era una troia, si vedeva abbastanza bene. Si è presentata e gli ha chiesto se gli andava di sedersi nel tavolo insieme alla sua amica. Cioè, ti rendi conto? Non solo ci ha provato, ma pure voleva includere la sua amica! Ad ogni modo, educatamente Edward le ha sorriso per rifiutare. Il mio fiuto però ha captato segni di nervosismo come se fosse seccato dalla sua presenza. La ragazza insisteva, e insisteva… fin quando lui non si è rotto i coglioni e le ha detto chiaramente "Ti ho detto di no. Ti è abbastanza chiaro oppure hai bisogno di un mio amico per capirlo meglio? Magari sposato, scommetto che a una ragazza come te piacerà molto di più".»
La mia faccia mostrerà senz'altro un'espressione di puro orrore. Non solo per la sfrontatezza di certe persone, ma anche per il modo franco con cui lui ha rifiutato la proposta.
Jessica annuisce, sgranando gli occhi. «Ti giuro, Bella. Nemmeno io ci potevo credere quando l'ho sentito. Lui non solo ha rifiutato del sesso gratuito con ben due ragazze, ma le ha anche fatto capire chiaramente che la considera alla stregua di una sgualdrina sfascia famiglie! Dimmi tu se non ci si deve innamorare di lui» ordina incrociando le braccia al petto e aspettando una mia risposta.
Che nemmeno questa volta arriva. E come faccio a risponderle? Che… che… Oh mio Dio! Lui ha rifiutato una proposta di sesso, non un semplice appuntamento! Quale uomo lo farebbe mai, soprattutto se single come mi pare di aver capito lui è?
Jessica sorride. «E ti ha fissato. Tutto il tempo in cui è stato qui. Sì, poco perché poi se n'è andato abbastanza seccato… Però ti ha fissato» rivela.
Inghiotto il nodo alla gola che mi spunta nel ripensare al suo comportamento. «Forse era arrabbiato con me» sussurro.
«Perché mai dovrebbe essere arrabbiato con te?» chiede confusa Jessica.
«Non lo so. Era strano, non mi ha degnato di uno sguardo alla cassa, ha solo lasciato i soldi per il caffè e se n'è andato» le spiego.
Aggrotta le sopracciglia. «No, non avrebbe senso avercela con te.» Il suo viso sembra pensare alla rivelazione del secolo mentre si illumina di un sorriso. «O magari sì, era arrabbiato con te perché ti voleva gelosa!»
Sbuffo, nascondendo un sorriso divertito. «Non dire scemenze.»
Ma Jessica continua imperterrita. «Oppure perché non l'hai fissato tu. Dopo il sorriso di ieri forse si aspettava… che so? Sguardi languidi e uscite sensuali di lingua, più un incontro veloce al bagno?» ipotizza.
Okay, stavolta non resisto ad immaginarmi mentre gli esco la lingua nel vano tentativo di fare la sexy. Scoppio a ridere, non potendo reggere le sue ipotesi assurde.
Anche Jessica scoppia a ridere, dandomi ragione con la sua risata. Ma apprezzo che abbia detto tutte queste sciocchezze per farmi ridere. Mi ci voleva, almeno per affrontare il resto della giornata.
 
Venerdì. Noioso, calmo venerdì. Sì, be', come tutti gli altri giorni. Ma almeno la cosa positiva del venerdì è che io, Jessica, Jacob, Mike e Angela spesso andiamo tutti insieme a cena fuori a Port Angeles.
Angela sarebbe ritornata solo lunedì, quindi questa sera saremmo usciti senza di lei. Le avevamo detto che non sarebbe stato un problema rimandare ma Angela a lei andava anche bene.
Qualcuno entra; fingendo indifferenza, mi volto per vedere di chi si tratta.
È sempre lui, ma ci sono anche l'uomo e la donna dell'altro giorno. Edward e Eleazar, se non ricordo male, si siedono al solito tavolo a differenza di Carmen, il nome lo ricordo fin troppo bene, che si dirige verso una sedia del bancone.
Non ho problemi con lei, per cui ci vado io prima che possa andarci Jessica, lasciando a lei il compito di servire Edward e l'amico.
«Buongiorno. Desidera?» chiedo educatamente, sorridendole e sperando che mi sorrida come la scorsa volta.
Desiderio avverato: Carmen alza gli occhi su di me dal menù, sorridendomi quando mi riconosce.
«Una spremuta d'arancia, per favore. Oh, e magari anche una bella fetta di torta ai mirtilli» ordina, un sorriso gentile sempre sul volto.
Mi guarda in modo strano, come se un po' fosse dolcemente divertita da me ma non riesco a spiegarmi il motivo. Non ne sono infastidita, non sembra volermi prendere in giro, piuttosto ne sono incuriosita.
«Subito» le rispondo, eseguendo l'ordine.
Non mi ci vuole molto: prendo un bicchiere e la caraffa con la spremuta, versandone fino a riempire l'orlo, poi passo a prendere un piattino e la fetta di torta dal vassoio.
Quando le porto la sua ordinazione, noto che non mi ha perso di vista un solo istante. Ha sempre quel sorriso gentile sul volto.
«Ecco a lei.»
«Grazie» risponde.
«Posso chiederle di quanti mesi è?» domando titubante, indicando con la testa il suo ventre.
Il sorriso di Carmen cambia: da gentile ed educato diventa radioso e felice. «Quattro mesi.»
«Ehi, Bella, potresti…» Jacob si interrompe vedendomi conversare con una cliente. «Oh, scusatemi. Bella, quando finisci vieni un attimo?» chiede poi.
Annuisco verso di lui, voltandomi verso la ragazza. «Scusami» mormoro imbarazzata.
Carmen scuote la testa. «Non preoccuparti, devi fare il tuo lavoro. Posso chiederti io, una cosa?» mi domanda in imbarazzo.
«Certo.»
«È il tuo ragazzo?»
«Chi?» chiedo confusa. Capisco immediatamente. «Jacob?» Sgrano gli occhi, scoppiando poi a ridere. «No! È solo un amico, fra l'altro già fidanzato con un'altra mia amica» le spiego.
Carmen arrossisce. «Oddio, scusami, io credevo…»
Scuoto la testa, sorridendole e cercando di rassicurarla. «Non preoccuparti» le dico. «Adesso scusami ma devo andare.»
«Sicuro. Ciao, Isabella» mi saluta leggendo il nome scritto sulla mia targhetta.
Non la osservo dirigersi verso il suo tavolo anche se la curiosità è grande. Vado da Jacob, che chiacchiera con Jessica.
«Allora? Che volevi?» chiedo confusa.
Jacob mi sorride prendendomi per le mani. «Indovina, tesoro» mi invita con finto accento francese. «Io, tu e Jessica oggi ce ne staremo a casuccia bella per poi fare baldoria domani sera per il ristorante più in della città di Port Angeles» comunica, Jessica che sghignazza.
Alzo gli occhi al cielo, sospirando. «Non se ne parla. Perché domani?» domando non capendo.
Il sabato sera c'è troppa confusione a Port Angeles, meglio il venerdì.
Jessica si intromette fra noi. «Non discutere, signorina. Altrimenti giuro che vado adesso da Edward e gli dico che il piatto del giorno sei tu nuda con solo una fragola a nasconderti lì sotto e due pezzi di cioccolato a coprirti i capezzoli. Non mi sfidare.»
Sgrano gli occhi. Jessica lo farebbe seriamente, sfacciata e decisa com'è.
Sbuffo. Non posso dire nulla.
Jessica e Jacob, capendolo, esultano scambiandosi il cinque.
Lo sguardo si posa involontariamente su Edward. Succede spesso, e ogni volta che i miei occhi incrociano la figura di lui mi sento quasi come se riprendessi a respirare dopo una lunga apnea. Se non rischiassi di essere scoperta e fare così la figura della scema, resterei a fissarlo per ore.
Lui, però, come al solito non mi guarda, conversa con il suo amico davanti a una tazza di caffè. Carmen, rispetto alle altre volte, fissa fuori dalla vetrata con espressione tranquilla, accarezzandosi il ventre con dolcezza.
Cosa si prova a portare in grembo tuo figlio? Le donne descrivono questa sensazione come un'emozione senza termini di paragoni e mi chiedo se anche il mio cuore scoppierà di gioia nel sentire mio figlio, nell'accarezzarmi il ventre piatto pur sapendo che lì dentro c'è il mio bambino.
Carmen si sporge verso il marito, sussurrandogli qualcosa. Eleazar controlla l'orario sul suo orologio da polso, annuendo. Mormora qualcosa a Edward, che annuisce immediatamente alzandosi.
Stanno per andare via.
Lancio un'occhiata a Jessica che capisce al volo che deve occuparsene lei, di far pagare il conto. Lo fa, come sempre. E come sempre, io resto a fissarlo mentre se ne va.
 
 
 
 
 
 

Spazio autrice

 
Buongiorno! Avete visto la copertina nuova nuova della storia? Che ve ne pare? Bella o brutta? *-* Anyway, spero davvero che il capitolo vi sia piaciuto e che questo vi sproni a lasciare qualche recensione in più, fa sempre piacere :3


 
 
 

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Capitolo 5
*** Capitolo 4 ***


Non è ancora venuto. Non so perché, magari aveva un impegno di lavoro o altro, sta di fatto che non è qui, al momento.   
La curiosità mi sta uccidendo.
E se è da un'altra donna? Se io sto fantasticando su di un uomo sposato? Se Edward avesse una vita segreta, con due mogli e quattro figli? Okay, lo so: sono impazzita. Ma è lui che mi sta facendo impazzire; lui e l'aura di mistero che ha intorno.
Sono solo le undici, magari viene un po' più tardi rispetto al solito come fa qualche volta. Ogni volta che la porta del locale si apre il cuore prende a battere all'impazzata, mentre spero che possa essere lui. Ma niente, ancora non c'è.
Servo cercando di regalare un sorriso gentile e accogliente a un altro cliente, fin quando non sento la porta del locale aprirsi. Col cuore in gola per l'emozione, mi volto con finto disinteresse verso l’entrata, apprendendo con sorpresa mista a delusione che non si tratta di Edward.
A quante siamo? Quante volte mi sono illusa oggi per rimanerne delusa? Okay, più del normale. E questo non va affatto bene.
Do' un'occhiata all'orologio. Sono ormai le dodici a trenta passate. È ufficiale, non verrà. Non è mai venuto dopo mezzogiorno e oggi non farà eccezione. Posso pure stare tranquilla, al massimo lo vedrò domani.
Mettendomi il cuore in pace, fingendo che vada tutto bene, continuo a lavorare mostrando sorrisi a destra e a manca.
Ogni volta che la porta si apre non provo più niente, solo un gran vuoto dentro me. Almeno fin quando Jessica non si avvicina a me mentre lavo i bicchieri.
«Bella, è qui!» sussurra con fervore.
«Che cosa?!» strillo lasciando cadere un bicchiere che avevo in mano mentre la fissa sconvolta. Senza aspettare risposta, lo cerco di sottecchi come sempre.
È vero, è qui!
«Ma chi è quello con lui?» domanda Jessica pensierosa.
In effetti, Edward non è solo. Ma al posto di Eleazar o sua moglie c'è un ragazzo che sicuramente è più grande di me ma molto più piccolo di Edward. È biondo con un sorrisino malizioso sul volto. Edward sembra avere un'espressione tesa sul volto.
«Ci vado io» mi ritrovo a dire a Jessica.
Voglio stargli vicino come l'altra volta anche se per poco. Non mi è piaciuto stargli lontana, e d'ora in poi cercherò di servirlo sempre io.
Jessica si limita a lanciarmi un sorriso mentre passa a lavare i bicchieri al mio posto.
Bloc-notes e penna in mano, cerco di sorridere avanzando verso il loro tavolo con sicurezza, qualcosa che da quando ho visto per la prima volta Edward non so più cosa sia.
«Salve.»
Mi concentro sull'amico di Edward che mi rivolge un sorriso dopo avermi salutato, sentendomi un po' meno in imbarazzo. È l'effetto Edward che mi rende così agitata.
«Salve» ricambio il sorriso. «Pronti ad ordinare?» chiedo, trovando il coraggio per lanciargli un'occhiata veloce.
Edward non mi fissa, né fissa il suo amico. La mascella serrata, guarda le sue dita che piega facendo scrocchiare le dita.
«Per il mio amico un caffè basta, signorina. Per me, invece, andrà bene un caffè e la torta di mele» comunica il suo amico.
Ma che ha?, mi ritrovo a pensare. Una paralisi facciale? Può pure smettere di sorridere. «Arrivano subito» mormoro girando i tacchi e avviandomi al bancone.
«Allora?» sussurra Jessica avvicinandosi a me.
Scuoto la testa, preparando il caffè. «Niente. Non mi ha proprio fissato» bisbiglio un po' delusa.
«Mmh... in effetti è vero, non ti ha fissato. Ma è anche vero che sembra parecchio nervoso» osserva.
Faccio una smorfia pensierosa, prendendo una fetta di torta alle mele e preparandola per portarla al loro tavolo. Dopo aver aspettato che il caffè fosse pronto, prendo un vassoio eseguendo l'ordinazione e portandola al tavolo di Edward. Cercando di non combinare danni, come rovesciare il caffè, servo Edward e il suo amico.
«Bel nome, Isabella. Ti si addice.»
Mi sorprendo di sentire il biondino pronunciare quelle parole. Potrebbe essere pure che l'ha detto per gentilezza, ma il sorriso che ha in volto non mi ha adito a dubbi.
Ci sta esplicitamente provando con me.
Mi irrigidisco. «Grazie, signore» rispondo educata.
Il biondo sorride. «No, non chiamarmi signore. Abbiamo più o meno la stessa età, immagino. Quanti anni hai? Così, per vedere se ho ragione o meno» spiega subito dopo.
Non posso davvero credere alla sfacciataggine di quest'uomo. Ma sta parlando seriamente?
«James, lasciala stare» si intromette Edward con sguardo di ghiaccio.
Non posso fare a meno di guardarlo e di ammirare la sua bellezza.
«Ma non sto facendo nulla di male. Credo che in una tavola calda come questa tutti conoscano tutti e si è come una famiglia, soprattutto vista la piccola cittadina che è Forks. O mi sbaglio?» continua, riprendendo a guardarmi dopo aver osservato Edward.
«La stai importunando» obbietta quest'ultimo, ringhiando quasi.
Non ho la minima idea del perché si comporti così. Cosa può fregargliene, a lui? Se Jessica lo venisse a sapere, direbbe che è geloso, senza ombra di dubbi. E, al diavolo, per una volta voglio essere io a credere che sia geloso.
Ritorno alla realtà quando vedo James sgranare gli occhi, sorpreso, verso Edward. «Importunando? Ma non è vero!» esclama, sembrando davvero sorpreso. «Ti sto importunando?» domanda poi verso di me, fissandomi indeciso.
Forse non è così cattivo, d'altronde mi aveva fatto una buona impressione, all'inizio. Forse è solo un ragazzo libertino a cui piace flirtare, e se magari fossi stata un'altra ci sarei pure stata. Ma io sono io, e sono pazza di Edward. Gli è andata parecchio male... E il fatto che Edward mi abbia protetto, pur non essendo realmente in pericolo, me lo fa adorare ancora di più.
Rivolgo al biondo un sorriso imbarazzato senza sapere che rispondergli. «Mi dispiace, però...»
Per grazia divina, Jessica mi salva. «Bella, vieni un secondo?» mi domanda avvicinandosi.
«Sì!» rispondo forse un po' troppo velocemente, scappando letteralmente via seguita subito dopo da lei.
«Servi i clienti appena entrati, poi ne parliamo del comportamento del tuo principino» mi ordina in un sussurro malizioso, facendomi l'occhiolino.
Cercando di nascondere un sorriso senza riuscirci, obbedisco.
 
Un quarto d'ora dopo, io e Jessica non abbiamo avuto modo di parlare. Il sabato è davvero impegnativo, anche in una piccola città qual è Forks. Be', questo ovviamente va a nostro vantaggio. Ma riusciamo a prendere una pausa solo in questo momento, con Jacob che ci fa compagnia. Ed è adesso che finalmente Jessica può dire la sua.
«Bella, stavolta se osi dire che mi sbaglio giuro che ti do un calcio in culo davanti a tutti. Ma ti rendi conto? Quello lì ci ha spudoratamente provato con te e lui era nero in volto!» esclama entusiasta.
Sorrido senza dire nulla stavolta. Non voglio: per una volta voglio crederci anche io.
Jacob scoppia a ridere mentre Jessica esulta. «Oddio, non stai ribattendo a ciò che dico io? Miracolo!»
Adesso sono io a scoppiare a ridere senza sapermi trattenere. Alzo le mani in segno di resa. «Quando hai ragione hai ragione» le spiego.
Jessica e Jacob sgranano gli occhi, osservandosi per un secondo.
«Quindi ammetti che era accecato di gelosia?» domanda Jessy.
Scrollo le spalle. «Credo di sì... lo spero» mi correggo.
Jacob passa un braccio sulle mie spalle, attirandomi a sé. «Stai facendo progressi» mormora con fare serio.
Fingendomi offesa, lo spingo via mentre ride insieme a Jessica, scambiandosi il cinque.
«Scusate?»
Tutti e tre ci voltiamo verso la voce che ha parlato e che riconoscerei fra mille. Edward.
«Dovrei pagare» annuncia serio in volto, fissando me.
Annuisco, prendendo coraggio e pensandoci io.
Il biondino si piazza davanti a me tutto agitato. «Senti, mi dispiace, okay? Non sono una cattiva persona e se solo avessi saputo che Edward...»
«James!» esclama Edward rimproverandolo e zittendolo con lo sguardo.
James sembra imbarazzato. «Non importa» mormora di nuovo nella mia direzione. «Volevo solo scusarmi, okay?» riprende.
Annuisco ancora, senza sapere nemmeno questa volta che dirgli. «Non fa nulla, va bene?» decido infine di chiedergli.
James sorride. «Bene. Edward ti aspetto fuori» esclama poi sorridendo e fuggendo via prima che Edward potesse dirgli altro.
Alza poi il viso verso di me, trafiggendomi con i suoi occhi color del ghiaccio. «Mi dispiace per il comportamento del mio amico» si scusa.
L'espressione dura e il tono di voce altrettanto seccata non sono affatto mutati. E i miei ormoni supplicano pietà.
Gli sorrido, cercando di fare l'espressione più naturale che posso. «Non fa nulla, davvero» rispondo.
Edward annuisce limitandosi a pagare il conto e ad andare via.
Dal canto mio, lo osservo andare via come al mio solito senza far nulla, se non saltare in aria quando Jessica mi piomba vicino.
«Ora più che mai, devi fare ciò che ti dico io senza obbiettare» sentenzia sorridendo malignamente.
La osservo con attenzione, cercando di capire che vuole dire. Ma niente, l'espressione di Jessica e impenetrabile e lei non apre bocca.
«Stasera, Bella. Aspetta solo stasera.»
Va via senza dirmi nulla e facendomi rabbrividire per quella frase piena di sottintesi.
 
Il Westside Pizza era la migliore pizzeria di Port Angeles. Il sabato sera era stra-pieno e anche questa sera non fa eccezione. La coda è lunghissima, ma le poche volte che io, Jessica, Mike, Angela e Jacob siamo stati qui abbiamo mangiato da Dio e i camerieri sono sempre abbastanza gentili, i sorrisi sui loro volti giovani. Nulla a che vedere con i camerieri che si sentono tutti fighi e che ti guardano dall'alto in basso come se fossi la peggior cosa esistente sulla faccia della terra.
Solitamente, quando entro in questa pizzeria mi incanto a fissare le luci che creano una serena atmosfera e la vista straordinaria che vi è all'interno. Questa sera, però, la prima cosa sulla quale i miei occhi si posano è la figura di una persona. Di un uomo. Di Edward.
E quando mi volto a fissare Jessica con la strana sensazione che lei sapesse che lo avremmo trovato qui, la scopro intenta a fuggire dal mio sguardo.
«Jessica» la chiamo ammonendola con lo sguardo.
«Noi andiamo a prenotare» annuncia sbrigativamente Mike, portandosi Jacob dentro il locale.
Li seguo uccidendoli con lo sguardo per poi voltarmi verso Jessica che mi supplica col suo, di sguardo.
«Sappi che io l'ho fatto per te. Dovresti ringraziarmi!» esclama improvvisamente sulla difensiva.
Emetto un gemito strozzato. «Jessica!» la rimprovero. «Penserà che io lo stia seguendo o chissà cos'altro!»
«E se invece oggi fosse la volta buona? Magari stasera finalmente riuscirete a combinare qualcosa» obbietta Jessica.
«Ma combinare cosa, Jessy?» le chiedo con tono di voce stanco. «Edward è solo un sogno, non sarà mai qualcosa di più.»
Jessica non risponde. Prendendomi per mano, si limita a portarmi dentro la pizzeria.
Jacob e Mike sono già seduti, e fortunatamente per loro mi hanno riservato un posto affinché possa dare le spalle a Edward. Da quando sono entrata, i miei occhi non si sono posati nemmeno un istante su di lui.
«Allora?» chiede titubante Mike.
Alzando lo sguardo dal menù, inarco un sopracciglio con fare intimidatorio. «Se vuoi restare vivo non parlare» lo minaccio, riportando la mia attenzione sul menù pur conoscendolo a memoria.
È chiaro come il sole che Mike e Jacob erano d'accordo con Jessica e io... io... oh, accidenti. Vorrei essere arrabbiata con loro, dovrei!, ma come faccio ad arrabbiarmi quando sono stati così dolci da organizzarmi una serata affinché possa avere un'occasione con l'uomo della mia vita?
«Bella, io...»
Blocco Jessica sul nascere sorridendo. «Va bene. Va tutto bene. E per farvi perdonare pagherete voi il mio conto.»
«Ci sto!» esclama Mike battendo le mani. «Ma se invece stasera avrai la tua occasione, dovrai essere tu a pagare la prossima cena a noi. Compresa Angela, se sarà presente. Ci stai?» domanda sorridendomi malizioso e allungando la mano.
Con decisione e forza, la stringo. «Accetto!»
«Bene» mormora entusiasta Jessica. Lancia un'occhiata alle mie spalle. «Okay, la serata ha inizio. Edward ti ha visto» comunica Jessy sorridendomi.
Il tavolo è quadrato, esattamente come tutti gli altri tavoli del ristorante, e io sono seduta in modo da dare le spalle a Edward che ha una perfetta visuale del nostro tavolo, tra Mike e Jacob. Jessica è di fronte a me. Questa disposizione, sia dei tavoli che delle sedie, mi fa pensare che sia tutto calcolato e conoscendo la mente diabolica della mia migliore amica penso proprio che sia stata lei con l'aiuto del suo ragazzo e del nostro datore di lavoro barra amico.
E io non potrei desiderare amici migliori, lo so.
«E siamo a uno, Bella, che vogliamo fare?» mi prende in giro Jacob prima di essere distratto dalla suoneria del suo cellulare.
Gli lancio un sorrisino divertito. «È Leah?» chiedo.
Annuisce sorridendo, la testa bassa nel leggere il messaggio.
Leah non viene mai con noi perché va all'università di New York, qualche volta quando può viene a Forks e Jacob ricambia il favore andando a NYC. Non sempre è possibile, oserei dire quasi mai, ma i due si amano e la cosa non sembra pesar loro.
«Vi saluta» annuncia.
Non credo proprio che nel messaggio Leah abbia scritto solo questo, ma non voglio sapere assolutamente i dettagli della loro sfera intima per cui non chiedo altro.
«Jessica, a proposito: chi sono le due figure con lui?» le chiedo incuriosita.
Mi sono voltata così in fretta per non rischiare di incrociare il suo sguardo che ho visto solo due figure, insieme a lui senza però saperle riconoscere. Possono essere Eleazar, Carmen o James, o magari altri suoi amici. O familiari. E ti prego, non la sua donna con un amico o che so io...
«Sono il biondino e Eleazar» risponde, tranquillizzandomi inconsapevolmente.
«Il biondo si chiama James» le comunico prendendo un sorso d'acqua.
«Devo ammettere che è molto carino!» Jessica sgrana gli occhi annuendo alle sue stesse parole.
Mike si schiarisce la gola, offeso, facendo trasalire la sua fidanzata e facendo ridere me e Jacob, adesso ritornato tra noi con la mente.
«Ma mai quanto te, tesoro mio» sussurra con tono innamorato Jessy avvicinandosi a Mike e prendendolo a braccetto che sorride compiaciuto.
«Ma che dolce che sei» le dice sorridendole sornione.
Sorridendo, Jessica gli da un bacio sulle labbra, tranquillizzando definitivamente Mike.
Ah, quanto vorrei poter fare la stessa cosa con Edward... Stargli vicino, toccarlo, sfiorarlo, abbeverarmi del suo profumo dolcissimo, del suo calore e assuefarmi della sua voce...
«I signori sono pronti ad ordinare?»
Non parlo, ci pensa Jessica a ordinare una Biancaneve per me. Conosce i miei gusti, soprattutto visto che prendo sempre questa pizza.
«Ehm... Bella, nell'attesa mi accompagni a fumare fuori una sigaretta?» chiede Jessica cercando di evitare il mio sguardo prendendo il pacchetto dalla borsetta. Non ha mai saputo dire le bugie.
È chiaro che sta nascondendo qualcosa ma voglio assecondarla.
«Sì, andiamo» le dico sorprendendola.
Senza indossare giacca, facendomi guardare – o almeno sperando! – esco fuori insieme a Jessica.
«Allora? Che hai intenzione di fare?» le chiedo divertita.
Jessica sorride accendendosi la sigaretta. «Segreto. Non posso dirtelo se no non vale.»
Sospiro decidendo che stavolta la asseconderò in tutto. Faccia quel che vuole, se alla fine riuscirò a parlare almeno un po' con Edward per questioni che non siano un'ordinazione o il conto da pagare, ben venga!
«Dimmi la verità, Jessy: davvero per te Mike è più carino di James?» domando sorridendo cospiratrice.
Jessica sorride, un sorriso che esprime amore. «Sì. Mike è unico. Riesco a vedere solo lui... anche se ho gli occhi per vedere tutti gli altri, certo...»
Scoppio a ridere, seguita da lei immediatamente.
Mi siedo sul muretto intorno alla pizzeria, Jessica appoggiata di fianco a me che fuma. Quando Jessica finisce la sua sigaretta, butta la cicca per terra pestandola col piede. «Andiamo?» domanda.
Scendo dal muretto, incamminandomi insieme a lei verso il ristorante.
«E dimmi un po' tu, invece. Cosa ne pensi di James?» chiede Jessy scoccandomi un'occhiata maliziosa.
Scuoto la testa, alzando romanticamente gli occhi al cielo. «Niente da fare, Jessy. Riesco a vedere solo lui...» sussurro riferendomi senza ombra di dubbio a Edward.
Anche stavolta Jessica scoppia a ridere contagiandomi. Solo che stavolta, mentre entriamo nel locale, ci scontriamo con qualcuno. O meglio, io mi scontro con qualcuno. E sinceramente non so chi sia: se il fato, il destino, Dio, o anche solo i miei amici... sta di fatto che mi scontro con Edward.
«Mi scusi» borbotta lui, riprendendo la sua camminata verso l'esterno del ristorante e continuando a parlare al cellulare.
Jessica mi prende per mano. «Dobbiamo andare all'ospedale?» si informa prendendomi in giro.
Chiudo gli occhi lasciandomi trasportare da lei. Nella mia mente, riproduco quei due secondi all’infinito.
 
La pizza è stata ottima come al solito. Ben cotta, condimento buonissimo, e bevande fresche. Contrariamente a ciò che si aspettavano i miei amici, però, non è successo nulla di eclatante con Edward. Se si esclude il nostro secondo scontro.
«Prima di andare devo andare in bagno» comunico alzandomi in piedi.
«Vai, ci pensiamo noi al conto. L'avevamo promesso» risponde Jessica, ricordando la scommessa fatta a inizio serata.
Me n'ero dimenticata.
Be', ma vista la scommessa, avrei preferito di gran lunga perderla io...
In bagno faccio una cosa veloce: pipì, sistemata ai vestiti, sistemata al trucco e sistemata ai capelli. Prendendo la borsetta che mi sono portata dietro, mi volto pronta per uscire dal bagno delle signore. Solo che quando mi ritrovo nel piccolo atrio che conduce una persona nel bagno o delle donne o degli uomini, mi trovo davanti Edward. O meglio, sta per entrare fin quando non mi nota.
«Isabella» mormora subito, avvicinandosi.
Non di troppo ma già basta per farli saltare il cuore in gola. O farmi rabbrividire per come ha pronunciato il mio nome.
No, un minuto: come fa a sapere il mio nome? A dire il vero, non mi interessa più di tanto sapere come ha fatto ma per evitare di fare la figura della scema devo chiederglielo.
«Come fa a sapere il mio nome?» chiedo, stupendomi per il mio tono di voce abbastanza neutrale.
Edward inarca un sopracciglio. «La targhetta che porta sulla sua divisa.»
Ovvio.
Brava, Bella, la figura della scema l'hai fatta ugualmente!
Annuisco, prendendomi a parolacce da sola.
«Volevo scusarmi per averla colpita stasera mentre rientrava, non mi sono nemmeno fermato a chiederle se le avevo fatto male» spiega, il tono di voce mortificato.
Per questo? Volevi sapere se mi sono fatta male? Ma io mi scontrerei con te mille volte al minuto! E tuttavia questo evito di dirglielo…
«Non si preoccupi, non mi sono fatta niente» lo rassicuro sorridendogli.
Prova a fare la sexy al naturale, Bella: sexy al naturale!
Sorride anche lui leggermente. È un sorriso leggero, appunto, ma riesce comunque a bloccarmi il respiro. Il suo sorriso come la sua figura imponente!
Questa sera i suoi capelli biondi con riflessi più scuri sono scompigliati più del solito, un leggero strato di barba copre quella mascella volitiva che vorrei semplicemente prendere a morsi mentre magari gli sto sopra – o sotto, non è un problema per me – e indossa un completo scuro con camicia bianca immacolata che gli copre il torace possente che tante volte ho sognato di poter leccare e… e… e devo smetterla. Ma lui non mi aiuta quando si infila le mani in tasca, dandomi una visione più perfetta del suo petto, la giacca aperta che peggiora il tutto.
«Posso chiederle se è fidanzata?»
Cos'ha chiesto? No, seriamente mi ha chiesto…
Non sorridere, Bella, aspetta un attimo prima di gioire!
«Affatto» rispondo alla svelta. Spero non se ne sia accorto.
«Quindi… non c'è pericolo che corra il rischio di imbattermi contro un fidanzato geloso e possessivo, giusto?» continua riportandomi alla realtà facendosi avanti di un passo.
E chi riesce a rispondere, ora? Con i suoi occhi incatenati ai miei e l'espressione seria in volto che mi fa bagnare all'istante, come potrei aprire bocca? Se l'aprissi, mica parlerei!
Edward sorride un po' più apertamente. «Bene, perché… vorrei fare una cosa» rivela, il sorriso scomparso e un'espressione che sembra volermi bruciare.
Oddio, cosa vuole fare? Vuole sbattermi contro un muro e abusare di me? Dio santo, fa che voglia questo!
«C-cosa?» riesco solo a balbettare.
Il cuore batte così forsennatamente che ho paura che lui possa sentirlo distintamente. Come fa a non sentirlo? Come fa a non accorgersi del turbamento che mi provoca?
Il battito del mio cuore incredibilmente raddoppia la sua corsa quando Edward fa un piccolo passo verso di me. E un altro. E un altro ancora, ricoprendo la distanza che ci separava. Tre passi, ecco la nostra distanza. Tre miseri passi che lui ha ricoperto.
Mi fissa come se mi stesse studiando.
Per quanto questo possa sembrare un sogno, uno dei tanti che ho fatto, non riesco a non fissare le sue labbra quando abbassa di poco la testa. E se è davvero un sogno: per favore, sveglia, non suonare come fai sempre sul più bello!
Ma non suona nulla, niente di niente. Né la sveglia, né lo squillo del mio cellulare, né un clacson fuori in strada... niente. Sento solo il rumore che produce il battito del mio cuore.
Tum, tum. Tum, tum. All'infinito. Il suono cessa soltanto quando riesco finalmente a sentire il tocco lieve e delicato delle labbra di Edward sulle mie. Non sento davvero niente. Sono morta? Oddio, che dolce morte...
Edward preme leggermente di più e nello stesso momento il suo profumo avvolge me stordendomi. Non riesco nemmeno a descriverlo. È forte e potente. Esattamente come lui.
Faccio un piccolo movimento in avanti, per sentire meglio le sue labbra e il suo profumo.
Il bacio è fatto solo di labbra, niente lingua. Ma non mi lamento di certo. Edward apre la bocca, richiudendola poi intorno alle mie labbra. Le sue sono morbide e umide e calde e io vorrei solo andarmene al più presto da questo posto per andare a casa mia. O a casa sua. O anche contro il muro di questa pizzeria se proprio devo essere sincera.
Ma il bacio finisce.
Edward allontana leggermente la sua testa, lasciandomi un ultimo bacio a fior di labbra. Si allontana definitivamente.
Sconvolta, sorpresa, eccitata, lo fisso con la bocca socchiusa. Che diavolo...?
«Devo andare. E credo che anche tu dovrai ritornare dai tuoi amici» mormora infine.
Okay. Ancora una volta: ma che diavolo...?
Salto in aria quando la potente suoneria di un cellulare ci interrompe. È il cellulare di Edward.
Richiudo la bocca, cercando di non pensare che potrebbe essere sua moglie o la sua fidanzata. Magari è la sorella, un genitore. Il lavoro.
Annuisco, andandomene via senza dirgli una parola.
Stupida, stupida, stupida! Come puoi non pensare che un uomo bello come lui possa già essere impegnato?
Però lui non mi ha detto niente, ed è stato Edward a baciarmi. Per cui...
Per cui cosa?! Dimenticatelo, non fa per te. Lo sai!
Lo so, lo so! Stupida coscienza del cavolo!
Quando esco fuori, i miei amici mi stanno aspettando impazienti.
«Bella, finalmente! Ma che hai fatto, sei caduta dentro la tazza del gabinetto?» chiede Jessica quasi sconvolta.
Fino una tranquillità che non possiedo. Non voglio dire nulla, per ora. Prima devo crederci io.
 
 


 

Spazio autrice

 
La cosa negativa dell’avere i capitoli pronti è che al momento di pubblicarli non si sa mai cosa dire .-. Io non faccio eccezioni. Forse anche perché a parte un semplice bacio non succede nulla di importante, non so… Una cosa che vi posso dire è che la storia non durerà molto. Sicuramente, meno di 20 capitoli. Forse nemmeno supereranno il 15° :) Un bacio e grazie a tutti coloro che commenteranno. Significate molto per me perché mi spronate ad andare avanti con la storia :)

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Capitolo 6
*** Capitolo 5 ***


Asciugo con violenza il bicchiere, posandolo con uno scatto sul bancone e prendendone un altro per asciugare anche questo.
«Bella...»
Come diavolo si è permesso? Mi fa impazzire per tutto un mese, mi bacia una sera e nemmeno si presenta l'indomani?
Al mio paese, quando un uomo bacia una donna il giorno dopo la chiama. Ma visto che lui non ha il mio numero di cellulare, potrebbe perfettamente passare al locale per sapere almeno come ho dormito!
«Bella.»
E invece no. Edward Masen se n'è infischiato, come se per lui fossi stata una qualunque ragazza pronta a prostrarsi ai suoi piedi. E va bene, magari lo sono, ma perché non andare oltre? Perché si è fermato? Cioè, dal suo comportamento del giorno dopo mi fa pensare che io sia una donna come un'altra però dal suo comportamento da primo bacio ufficiale mi fa credere che invece non è così...
«Bella!»
Salto in aria ansimando spaventata e facendo cadere a terra il bicchiere. «Jessica, sei impazzita? Mi fai prendere un colpo, così» la sgrido, abbassandomi per raccogliere i pezzi del bicchiere rotto.
«Si può sapere che ti prende? Sabato sera ti bacia dopo un mese dei tuoi scleri e adesso sei tipo incazzata nera. Ma perché diavolo sei così lunatica?» sbotta Jessica, le mani sui fianchi come una mamma che rimprovera sua figlia.
Sospiro, chiudendo gli occhi per un attimo. Mi alzo in piedi, gettando il vetro nella pattumiera. «Lascia stare, Jessy. Niente, sono solo pazza» sussurro, riprendendo a lavare i bicchieri sporchi rimasti stavolta però con più attenzione.
«Bella, non puoi continuare così» mormora Jessica con tono di voce esasperato. «Io sono la tua migliore amica e come tale devo sopportare le tue pippe mentali, ma tu? Tu nemmeno ti senti quando parli.»
Sorrido. Oh, come sopporta lei le mie pippe mentali nessuna mai.
Anche Jessica sorride, accarezzandomi la schiena con un movimento lento e circolare.
«Non penso che lui ti abbia preso in giro. Davvero, Bella. Prova a dargli un po' di fiducia» sussurra prima di girare i tacchi e riprendere il suo lavoro di cameriera.
Da sola, rifletto sulle sue parole. Senza saperlo, Jessica ha confermato i miei pensieri. Riepilogando: Edward mi ha solo baciato. Se per lui fossi stata una donna come un'altra da portare a letto e dimenticare la mattina dopo, non si sarebbe fermato. Sarebbe andato oltre, giusto? Quindi, potrei arrivare a pensare che quel bacio, quel meraviglioso bacio, me l'abbia dato per qualcosa di più.
Certo, non amore, ma... attrazione? Ma allora perché non si è fatto vivo? Okay, forse sono un pochino paranoica. D'altronde, lui mi ha baciato sabato sera e oggi è solo martedì mattina... e lui viene quasi ogni giorno alla tavola calda. Quasi, appunto. Cinque giorni su sette la maggior parte. Forse, ieri faceva parte dei due giorni in cui è assente.
«E buongiorno» mormora una voce fastidiosamente maliziosa, facendomi rizzare ogni singolo pelo sul mio corpo.
Sospiro senza darmi la pena di voltarmi. «Ciao, Dimitri» lo saluto senza tono.
Improvvisamente, lavare e asciugare i bicchieri è diventato interessante.
«Mi sento offeso. Nemmeno ti giri a guardarmi? Non lo sai che è maleducazione dare le spalle alla gente?» domanda Dimitri divertito.
Non rispondo. Sospiro per fargli intendere che l'ho sentito ma non voglio perdere il mio tempo con lui. Una persona normale dovrebbe capirlo e, nel più fortunato dei casi, andarsene per non fare più ritorno. Ma siccome si sa che la sfiga mi perseguita, questo non succede.
«Dai, Bella, usciamo stasera» mi invita. Più che altro mi supplica.
Decido di voltarmi per mostrargli l'espressione esasperata sul mio viso. «Dimitri, smettila. Ma non l'hai ancora capito che ormai il passato è il passato?» domando mettendomi una mano sul fianco per mostrarmi più decisa.
«Ma sono cambiato!» esclama. «Sono pronto ad aspettare i tuoi tempi.»
Quante volte l'ha detto in questo anno?
Alzo gli occhi al cielo. «Quindi... mi vuoi far intendere che in dodici mesi e poco più non l'hai più infilato in nessun buco?» chiedo inarcando le sopracciglia.
So perfettamente la risposta e la sa anche lui, ma almeno ha la decenza di arrossire.
«Be'... Sono un uomo» si giustifica.
Se prima ero solo un po' irritata dalla sua insistenza, adesso sono incazzata nera.
«È una giustificazione del cazzo, Dimitri!» sibilo avvicinandomi al suo viso pericolosamente.
Deglutisce.
Odio, odio, quando un uomo giustifica i suoi istinti dicendo quel fottutissimo "sono un uomo". E che significa? Anche io sono una donna con i suoi istinti, sicuramente non meno potenti di quelli maschili, ma non per questo la vado a sbandierare in giro come se ne andasse la mia vita!
«Bella...»
«Dimitri» lo interrompo con un tono d'avvertimento.
Alza le mani in segno di resa, sbuffando. «Va bene, va bene. Ho capito. Me ne vado.» Si alza dallo sgabello. «Però pensaci, okay?»
Ancora insiste?
Mi allontano, fissandolo ancora. «Ti ho già detto che possiamo rimanere amici ma io con te non ritornerò mai» gli ricordo, forse, per l'ennesima volta. Sperando che oggi sia la volta buona che gli entri in testa...
Sospira. «Ti ho esasperato, vero?» chiede.
Sorrido leggermente. «Direi di sì.»
Sorride anche lui, annuendo subito dopo. «Okay. Scusami, Bella. Prometto che... che cercherò di non romperti più. Tu vuoi che siamo amici? E amici saremo» decide sorridendo più apertamente.
«Vuoi che ti porti qualcosa?» chiedo cambiando discorso.
«Uhm... sì, un caffè zuccherato» esordisce decidendo in due secondi.
Promettendogli che sarebbe arrivato subito, gli volto le spalle per poter preparare il caffè.
Ho avuto solo una relazione seria nella mia giovane vita, e con Dimitri, con cui è finita l'anno scorso, a vent'anni. E in quest'ultimo anno Dimitri ogni tanto tornava a farsi vivo. Lui è il classico biondo con gli occhi azzurri che ti conquista, un po' pompato e un po' superficiale ma un bravo ragazzo, in fondo. Soltanto che con lui non ho mai fatto sesso. È per questo che ci siamo lasciati. Non mi sentivo ancora pronta non tanto per l'età quanto per la persona. Dimitri mi piaceva ma solo questo, nulla di più. E anche se sono nata in un epoca dove a quanto pare sembra che la verginità sia una scocciatura da perdere al più presto invece che un dono prezioso, sono un po' all'antica a questo proposito. Non dico di doverla perdere dopo il matrimonio, ma voglio che sia un po' speciale. Non del tutto, solo un po'.
E Dimitri non voleva più aspettare. Credo di averlo fatto impazzire ma se mi avesse davvero amato non mi avrebbe mai dato un ultimatum: ''o lo facciamo o è meglio che ci lasciamo''. E io l'ho lasciato. Forse, se l'avessi amato davvero, mi sarei concessa. Forse. Chi può dirlo?
Il problema è che la fine della storia con Dimitri non mi ha lasciato nient'altro che l'orgoglio ferito. Niente lacrime, niente cene a base di gelato sul divano, niente cuore spezzato.
Questo dovrebbe far capire quanto sia molto probabilmente giusta la scelta di aspettare la persona con la quale mi sento amata, visto come sono andate a finire le cose.
Oltre a questo, con lui ho vissuto in una specie di montagne russe. Troppo possessivo e geloso, troppo opprimente. Un pizzico di possessività e interesse va benissimo, troppo consuma il rapporto.
Il mio pensiero si sposta su Edward.
Chissà com'è lui in un rapporto... Geloso? Opprimente? O ti da libertà assoluta? Da una prima occhiata mi verrebbe da pensare che lui difenda e protegga ciò che è suo, ma posso pure sbagliare.
Mi scopro a desiderare di conoscere come potrebbe essere in un rapporto di coppia. E sogno.
Inizio a vedere me stessa con una bambina a giocare nel parco, entrambe felici e spensierate, e lui che con il suo solito cipiglio scuro all'apparenza ma tranquillo in realtà, che parla al telefono per lavoro ma nel frattempo non ci perde un attimo di vista. Lui, con un completo di sartoria grigio e camicia bianca immacolata; e noi, con un vestito floreale che rispecchia la primavera.
Vedo tutto distintamente ed è meraviglioso.
O la prima volta insieme. Come verrebbe a comportarsi se sapesse che sono ancora vergine? Sarebbe scioccato o felice di sapere che la donna con cui sta per andare a letto si sta concedendo per la prima volta a lui?
La porta si apre facendomi alzare involontariamente lo sguardo. Sono le dodici ma di lui nemmeno l'ombra.
 
È stata la giornata lavorativa più brutta di tutti i miei otto mesi di lavoro! Primo, Edward non si è fatto vedere. Secondo, l'avrà fatto pure in quei due fottutissimi giorni alla settimana però non mi aveva mai baciato prima di sabato sera! E terzo, non c'è affatto un punto terzo! Ci sono solo io incazzata nera come una donna incinta quando ha le unghie belle sistemate e poi una si spezza rovinando l'armonia. Ergo, sono davvero molto incazzata.
Sistemo le sedie e rimetto a posto i portatovaglioli. Cazzo, ma la gente dove si sente? A casa propria? Quando io vado in un bar rimetto sempre a posto ciò che sporco, perché gli altri non possono fare lo stesso?
Stupidi ragazzi di diciassette, diciotto anni che si sentono degli dei solo perché sono figli di papà.
La porta del locale si apre per l'ennesima volta in questa giornata ma, senza nemmeno voltarmi, lo invito ad andare fuori.
«Mi dispiace, è chiuso» mormoro senza tono, trattenendomi dall'impulso di chiedergli acida se non si sia soffermato per un fottutissimo secondo sul cartello bianco appeso fuori.
«So che è chiuso, Isabella.»
Sorpresa, mi volto verso la sua voce. Adesso viene?!
«Cosa fa qui? E per di più a quest'ora?» domando cauta, senza espormi troppo.
Edward richiude la porta alle sue spalle. Siamo soli al locale, oggi toccava a me chiudere.
«Volevo... scusarmi. No, in realtà non voglio scusarmi per averti baciata sabato scorso. Più che altro volevo sapere come stavi» spiega.
«Sto bene. Come dovrei stare?» domando retorica continuando il mio lavoro.
Forse sono un po' acida, ma ne ho tutto il diritto. E se anche non ne ho il diritto... sono arrabbiata. È già tanto se non lo mando fuori a calci in culo.
Edward capisce immediatamente quant'è grande la mia irritazione. Sospira facendomi più vicino. «Mi dispiace non essere potuto venire prima, Isabella. Ma non potevo» si giustifica.
Non rispondo. Come fa a non potere? Se vuole, certo che può venire!
«Sono stato fuori città» rivela infine, quasi irritato dal mio non credergli.
Mi fermo per un solo istante, ricominciando subito dopo a pulire il tavolino.
Ah.
«Sono dovuto andare a New York e poi ritornare e, mi perdonerai, ma ero troppo stanco per venire a parlare con te mentre lavoravi e servivi i clienti.»
Perché mi sembra di sentire un certo tono sarcastico provenire da lui?
Okay, forse ha fatto bene a non venire. Io sarei stata occupata a servire i clienti e se è vero che lui è andato a New York è giusto che si sia riposato.
Lo guardo senza far trasparire nulla dalla mia espressione se non un: "e da me che cosa vuoi?". Non voglio essere acida o cos'altro, è solo che... che mi è mancato, ecco. E pur sapendo che un bacio non equivale ad una promessa d'eterno amore, mi sono sentita pure un po' usata.
Sciocco da parte mia, lo so. E proprio per questo motivo, ammorbidisco la mia espressione osservandolo un po' titubante.
Sorride, un sorriso che mi blocca il respiro. «Hai impegni stasera?»
Se ho impegni stasera? Ma a parte che non ne ho mai, se anche ne avessi uno il problema non si pone visto che per lui rinvierei qualsiasi tipo di appuntamento! No, aspetta: appuntamento? Oddio, mi sta davvero chiedendo se stasera ho impegni? E se vuole... oh, Cristo!
La mia espressione deve essere abbastanza sconvolta perché sembra sempre più divertito. Ma quando mi capiterà mai più che un uomo come lui chieda a una come me se stasera ho un impegno?
«P-perché m-me lo chiedi?» riesco alla fine a chiedere. Balbettando come una povera scema, certo, ma riuscendoci comunque.
«Pensavo fosse logico il motivo della mia domanda» risponde inarcando un sopracciglio.
Sì, forse è logico arrivare subito al vero motivo, ma con il profumo di Edward così forte e mascolino che sento tutt'intorno e lui che mi scruta così a fondo, per me è impossibile.
«Ad ogni modo, credo che sia ormai chiaro che se ti ho baciato, l'altra sera, è perché vorrei approfondire la nostra conoscenza» spiega infine.
Vuole approfondire la nostra conoscenza. Vuole conoscere me. Vuole uscire con me.
Apro la bocca per parlare ma sfortunatamente escono fuori solo sillabe inutili che non rendono ciò che vorrei rispondere. "Cazzo, sì!". Okay, magari non con la prima parola inserita ma il concetto è quello.
«No.» Sgrano io per prima gli occhi quando sento finalmente la mia voce pronunciare quella parolina adesso dolcissima.
Aggrotta le sopracciglia, rendendosi inconsapevolmente più attraente ai miei occhi. «No, non hai un impegno stasera o no...»
«No, non ho impegni stasera» chiarisco emozionata, senza riuscire a contenere un mezzo sorriso.
Dio santissimo, fa che hai suoi occhi non appaia poi così scema...
Ma sorride anche lui facendomi sperare per il meglio. «Allora passo a prenderti alle otto e mezza?»
Passa a prendermi lui.
Certo che passa a prenderti lui, chi caspita volevi ti venisse a prendere?
Ma che ne so, e 'sta zitta una buona volta!
Ritorno alla realtà mettendo a tacere la mia coscienza, riuscendo però ad annuire solamente continuando a sorridere incantata da quegli occhi color smeraldo.
«Bene» risponde al mio cenno affermativo. Indica con la testa il secchio pieno d'acqua e lo straccio vicino alla finestra che da sulla strada, che avevo preparato qualche minuti prima lui arrivasse. «Ti lascio pulire in santa pace. A stasera» saluta sorridendo leggermente e voltandosi per andarsene.
«Aspetta!» esclamo prima che se ne vada. Lo so che sarà assurdo pensare a questo particolare rivelatosi adesso insensato, ma davvero la mia parte curiosa non riesce a resistere. Quando si volta e mi fissa in attesa, apro bocca per esporre la mia curiosità. «Come facevi a sapere che sarei stata da sola a quest'ora?»
Edward sorride, un sorriso enorme e divertito. Un sorriso che fa accelerare i battiti già impazziti del mio cuore. Dio santo, se fossi in una camera d'ospedale collegata ad un elettrocardiogramma e lui vicino a me li sentirebbe sicuro! Se già non li sente ora... «Le amiche servono a questo, no?» chiede ironicamente. «A stasera!» Se ne va prima che io possa dire altro.
Il mio sguardo, del tutto inavvertitamente, si posa sul suo fondoschiena.Ma è di marmo?, mi ritrovo a chiedermi. Non può essere altrimenti!
Chi lo sa, magari un giorno lo scoprirai...
Sei proprio una pervertita, comunico alla mia coscienza, non riuscendo però a trattenere un sorriso di fronte a quella prospettiva. Il sorriso scompare quando ripenso alle sue parole.
Le amiche servono a questo? E quale sua amica mi conosce? No, un momento: e come fa a venirmi a prendere se non conosce l'indirizzo? Sì che il mondo è piccolo, ma a parte Angela, Jacob, Mike e Jessica e qualche amico in più... Aspetta.
Jessica?! 
 
«Dimmi un po', Jessica, quel sorrisino è dovuto a me che sono incazzata nera o al tuo piano geniale?» chiedo battendo il piede per terra come un tamburo.
Jessica ride. «Mi dispiace, tesoro, ma ti conosco troppo bene per sapere che non sei affatto incazzata ma che anzi mi vorresti mangiare di baci.»
A quelle parole esito solo un istante prima di fiondarmi sopra Jessica seduta sul divano.
«Grazie, grazie, grazie, grazie!» ripeto baciandola dappertutto sul viso.
Mille grazie non basterebbero per rendere l'idea. Sono cotta di Edward Masen, cotta a puntino. E se non fosse stato per Jessica probabilmente continuerei a fissarlo da lontano per tutta la vita.
Certo, non è detto che l'appuntamento di stasera mi faccia magicamente restare incinta di suo figlio e che questo lo convinca a sposarmi, ma è già una bel passo avanti per me.
Jessica ride di cuore, stringendomi a sé. «Allora, spiegami come ti ha invitato» mi incita.
«No» mormoro subito allontanandomi e sedendomi bene sul divano. «Prima mi devi dire tu cosa hai fatto per invitarmi fuori» le spiego.
«Ti giuro, io non ho fatto nulla. Cioè, praticamente l'ho incontrato per strada sempre attaccato a quel benedettissimo cellulare. Mi ha vista anche lui e ha chiuso sbrigativamente la chiamata, dirigendosi verso di me. Ad essere sincera in un primo momento ho pensato ci volesse provare con me» rivela rabbrividendo come se ne fosse disgustata. E fa bene a non essere interessata al mio Edward. «Quando è venuto davanti a me mi ha chiesto come mai non fossi alla tavola calda e a quel punto gli ho spiegato molto educatamente che avevo terminato il mio turno.» Jessica si blocca sul più bello, lo sento.
«E poi?» la sprono.
«E poi mi ha chiesto di te. Mi ha chiesto di te, Bella! Capisci?» chiede entusiasta.
Sono convintissima che i miei occhi stiano brillando e che potrei pure fare una delle tante pubblicità per promuovere i dentifrici e gli spazzolini visto quanto sto sorridendo beatamente.
«Mi ha detto, testuali parole: "la ragazza mora e piccolina, invece?" e sembrava parecchio ansioso della mia risposta» mormora sorridendomi cospiratoria.
Aw, mora e piccolina. Mai come in questo momento ho amato i miei schifosi capelli scuri e il mio essere tanto nana. Lui mi fa sembrare così tenera invece che una nanetta al femminile!
«E tu?» Fremo dalla voglia di sapere cosa gli ha poi detto Jessica.
«Ho sorriso. E gli ho chiesto se gli piacevi» spiega semplicemente.
Il mio sorriso scompare. Oh Signore. «Tu hai fatto cosa?!» strillo.
«Sì, Bella, ho fatto questo e questo è quello che volevo fare da quando hai dimostrato di essere interessata a lui. Ricordati, amore mio, che se non fossi stata tanto diretta tu questa sera saresti a casetta tua come al tuo solito» mi rimprovera bonariamente la mia migliore amica.
Se non fossi stata tanto diretta... «Perché? Lui cosa ha risposto?» chiedo titubante.
Un conto è voler approfondire la conoscenza, un'altra è piacergli. Almeno credo.
Sorride divertita. «Devo dire che anche lui è stato molto diretto. La sua risposta è stata un semplice sì.»
Mi copro la bocca con entrambe le mani per non urlare. Vorrei urlare molto più di quanto non volevo quando ci siamo scambiati un sorriso alla tavola calda. Vorrei urlare di più, molto di più. Dire di più non rende nemmeno vagamente l'idea. E vorrei svenire, sì. Dalla gioia, però!
«Calmati, Bella, calma» mi ordina seria. «Pensa che stasera lo rivedrai» aggiunge ridendo perché sa perfettamente che così non fa altro che peggiorare la situazione.
Oddio, oddio, oddio! Stasera lo rivedrò! E che mi metto? E come faccio i capelli? E il trucco? Trucco leggero o molto forte? Capelli ricci o lisci come spaghetti? Vestito o jeans che risalta la mia figura con un paio di tacco dodici?
Morirò d'ansia, già lo so.
«Okay, Bella, adesso sono seria, calmati davvero. Ti ha lasciato quasi tre ore per prepararti e con il mio aiuto ci riusciremo. Stai tranquilla» mormora Jessica accarezzandomi le braccia.
Annuisco. Ha ragione.
 
 
 
Spazio autrice
 
Aw, mora e piccolina :’) Che dolce che è Edward *Q* Anyway, come vi è perso il capitolo? Io vi posso dire che scrivevo e sorridevo come una scema davanti al pc, davvero xD Cioè, le pippe mentali che si fa Bella su Edward sono come quelle che mi faccio io, giuro! E più scrivevo più pensavo “Oh, ma davvero così sono?!” LOL!
Spero apprezzerete! In compenso, io apprezzerei davvero tanto una vostra bella recensione. Lascio a voi <3
Un bacio e al prossimo capitolo!

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Capitolo 7
*** Capitolo 6 ***


Chiedo ENORMEMENTE scusa per aggiornare solo ora. Il fatto è che siamo tutti impegnati con la scuola (io) o con il lavoro… se a questo mezz’ora perché il mio pc ve un capitolo ci sto mezz’ora perché il mio pc va lento e il browser più veloce è opera, che opera non mi fa (non so perché) pubblicare l’HTML e che per pubblicare devo accedere a safari che mi blocca ancora di più il pc… passa pure la voglia. Infine, moltiplicate tutto questo per… essermene dimenticata O_O non vi scherzo, mi sono dimenticata vero di aggiornare >.<
Ma da domani fino a domenica non c’è scuola, vedrò di finire Ricatto d’amore (mancano solo 2 capitoli) e arrivare a quasi alla fine con Temptation (ne mancano sei) per farmi perdonare :)
Un bacione!
p.s.: perdonatemi se non rispondo alle vostre recensioni c.c Ma il computer va più lento del solito… (ragazze, il mio pc ha tipo… quasi 10? Sì, penso proprio di sì. Capirete bene… ._.) e vorrei pubblicarvi i capitoli delle altre storie:)
 
 
 
 
 
Guardo allo specchio il risultato del lavoro straordinario di Jessica. Ho sempre pensato che se devi conquistare un uomo devi essere te stessa perché quell'uomo si deve innamorare di te come sei sempre, non per come sei nelle occasioni speciali. E io sono una donna piuttosto semplice. Jessica ha puntato su questo.
L'abito di questa sera è un semplice tubino nero che copre la mia figura sinuosamente, facendo capire che non ho grosse forme ma che comunque le ho nei punti giusti. Specialmente il mio sedere, quello è sempre stato il mio punto forte. Ho indossato scarpe nere coordinate al tubino, anche. Per l'acconciatura, Jessica ha semplicemente piastrato i miei capelli lasciandoli ricadere sulle spalle e sulla schiena in modo sensuale e morbido al tempo stesso. Molto d'effetto. Infine, il trucco. Avendo gli occhi marroni, non ho molta scelta per enfatizzarne il colore ma Jessica è riuscita a risaltare la profondità del mio sguardo allungando le ciglia a dismisura e mettendo un po' di ombretto color perla e matita nera sotto l'occhio. Il tutto, anche se non mi piace vantarmi, lascia semplicemente senza fiato.
Lancio un'occhiata all'orologio contando quasi i minuti che mi separano da Edward. Ventiquattro minuti.
«Ti ho già detto che sei bellissima?» domanda Jessica seduta sul letto a una piazza vicino allo specchio enorme sul quale mi sto specchiando.
Sorrido. I miei occhi di riflesso brillano meravigliosamente. Sono sensuale. Mi sento sensuale.
Jessica mi aveva accompagnato a casa mia per poter così aiutarmi. Non appena sarei andata via con Edward, lei sarebbe ritornata a casa sua. Le avrei raccontato tutto il giorno dopo, per il resto della serata volevo solo rivivere le ore passate con l'uomo dei miei sogni.
Ennesima occhiata all'orologio.
Ventidue minuti.
Ancora troppi.
L'ansia, già di per sé fastidiosa durante il pomeriggio, mi serrava il respiro man mano che i minuti che mi separavano da lui diminuivano. Manca poco e potrò vederlo, andremo in un ristorante insieme, ce ne andremo insieme, ma cosa più importante è che non dovrò servirlo io. Perché sono la sua accompagnatrice, almeno per stasera.
Diciannove minuti.
Jessica è vicino a me ma io non riesco a vederla. Non riesco né a parlare né a sentire quello che dice. O magari nemmeno parla, non riesco a distinguere nulla. So soltanto che diciannove minuti mi separano da Edward.
Vado in cucina, prendendo un sorso d'acqua fresca. No, non fresca. Ghiacciata. Il calore che sentivo in me si quieta un poco facendomi rabbrividire.
Passeggio, magari se mi abituo a camminare con i tacchi evito pure di fare brutte figure.
Sedici minuti.
Il tempo passa troppo lentamente. Nemmeno a scuola, al lavoro, aspettando il bus, quando dovevo guardare un film e attendevo impaziente l'orario di inizio... Mai, mai come in questo istante il tempo mi è sembrato trascorrere tanto lentamente.
Controllo per l'ennesima volta il cellulare come se aspettassi un messaggio o una chiamata da qualcuno. Ma non l'aspetto da nessuno perciò è inutile.
«Bella, calmati» mi ordina gentilmente Jessica.
Scuoto la testa ripetutamente. «Non ce la faccio» rispondo disperata.
«È solo un appuntamento» mi comunica teneramente divertita.
No, non è vero. È qualcosa di molto di più per me.
E se capisse che siamo troppo differenti? Il sole lui, la luna io. Lontani anni luce anche se a pochi metri di distanza.
Undici minuti.
Il tempo si stringe di più, sempre di più, e il cuore mi batte velocemente. Non ci arrivo se continuo così, poco ma sicuro. Ma non capisco nemmeno perché sono così agitata. Edward potrebbe venire anche con qualche minuto di ritardo, no? O magari, ha incontrato una bella e prosperosa bionda con la quale ha appuntamento stasera stesso dimenticandosi del nostro.
Salto letteralmente in aria quando sento il campanello del mio minuscolo appartamento suonare in modo chiaro.
Jessica corre a nascondersi dentro il piccolo bagno dopo avermi lanciato un'occhiata con i pollici alzati in segno di incoraggiamento.
Respira, Bella, respira. Sì che per te è molto importante, ma alla fine è davvero solo un appuntamento! Ed è pure in anticipo! Ma non lo sa che le donne saranno sempre in ritardo? Be' è fortunato visto che per questa occasione la donna in questione sono io.
Sono come pietrificata. È Jessica a risvegliarmi.
«Bella!» strilla pianissimo, giusto per farsi sentire da me attraverso la porta socchiusa del bagno.
Okay, sono pronta.
Quando mi dirigo verso la porta lo faccio piano, senza fretta. Edward non deve arrivare a credere che fremo dalla voglia di vederlo, anche se realmente è così. E quando finalmente apro la porta, eccolo qui proprio davanti a me. Ed è come vederlo la prima volta.
A Edward sembra accadere la stessa cosa. Mi squadra dalla testa ai piedi, al contrario mio che morirei d'imbarazzo se mi scoprisse a fissarlo come incantata, rimanendo leggermente a bocca aperta. Quando riporta i suoi occhi su di me, mi sento quasi svenire dalla voglia di gettarmi fra le sue braccia e mandare al diavolo la cena.
Edward indossa una camicia bianca immacolata, pantaloni fatti su misura per lui e giacca coordinata, i capelli spettinati e il suo profumo forte e potente, proprio come lui.
«Sei... sei pronta?» chiede schiarendosi la gola.
Un improvviso desiderio si fa strada in me, lo stesso che non provavo da un po' ed esattamente dai primi tempi in cui uscivo con Dimitri.
«S-sì. Devo solo prendere la borsa» rispondo, prendendola velocemente per non rischiare di farlo entrare per poi andare in bagno.
Quando sono pronta, faccio per uscire ma a chiudere la porta ci pensa lui da vero gentlemen. Io faccio il resto, chiudendola con la chiave. Tanto Jessica ha una chiave di riserva.
Fuori, c'è la sua macchina. A voler essere oneste, non mi sono mai soffermata sul tipo di macchina che utilizza. Non ho idea di che auto sia, so solo riconoscere che è grigia metallizzata ed è bellissima.
Edward, senza dire una parola, mi apre la portiera facendomi salire posandomi una mano sulla base della schiena, facendomi fremere per quel contatto. Dentro l'abitacolo posso sentire il suo profumo.
Quella macchina sa di lui. Potrei dormire qui, stanotte. Farei sicuramente bei sogni.
«Spero non sia un problema per te viaggiare per un po' in auto» mormora improvvisamente non appena si siede in macchina accendendo il motore.
Lo fisso confusa, beandomi allo stesso tempo della sua figura. I miei occhi ringraziano. «Dove hai intenzione di portarmi?» domando piano.
Per me, anche un fast-food andrebbe benissimo. Sia perché mi piacciono i cibi spazzatura, sia soprattutto perché starei comunque in sua compagnia.
Edward sorride partendo e osservando quindi la strada davanti a sé. Ma non è un problema, anche il suo profilo è motivo di gioia per i miei occhi. «Posso solo dirti che ti piacerà» rivela cospiratorio.
Oh, su questo non ho dubbi. Con lui, mi piacerebbe di tutto e di più.
 
Edward mi ha portato a Port Angeles, per questa specie di appuntamento. Ancora stento a credere che, in effetti, questo è un appuntamento a tutti gli effetti.
Strabuzzo gli occhi quando riconosco il ristorante in cui mi ha portato, il LD's Woodfired Grill. Per un semplice appuntamento, è anche troppo.
I prezzi lì sono esorbitanti e pur non vivendo in povertà, lo stipendio di cameriera non mi potrebbe pagare la cena nemmeno con un mese di risparmio.
E ora che gli dico?
«Non ti piace?» chiede Edward affiancandomi dopo aver posteggiato, fraintendendo la mia espressione.
Scuoto la testa aprendo bocca per parlare ma richiudendola subito dopo. Sarei scortese se gli dicessi: "Portami via perché non ho abbastanza soldi per pagarmi la cena". Oltre che scortese, farei pure una brutta figura se ha intenzione di pagare lui. «È bellissimo. Non ci sono mai stata» spiego infine, sperando che mi creda.
Il sorriso che spunta sul suo volto mi da una conferma. Ci ha creduto.
Posandomi una mano sulla base della mia schiena, mi apre la porta per farmi entrare seguendomi subito dopo.
Non posso ancora credere di essere a questo magnifico ristorante con un altrettanto magnifico uomo al mio fianco.
«Edward» lo chiamo improvvisamente rendendomi conto di una cosa.
«Che c'è?» domanda confuso.
«Per poter cenare in questo ristorante non dovresti prenotare con largo anticipo?» chiedo ansiosa. D'altronde, mi ha invitata solo oggi pomeriggio.
Sorride. «No, non serve. E se anche servisse, il proprietario è un mio amico.»
«Edward!»
Ci voltiamo entrambi verso la sua sinistra quando sentiamo la voce di un uomo chiamarlo.
«Che ti avevo detto?» chiede divertito. «Ciao, James.»
Oh mio Dio. Il proprietario è lo stesso ragazzo dell'altro giorno!
Lo fisso quasi imbambolata non riuscendo a crederci.
«E tu sei Isabella, ricordo bene? Ah, è un piacere rivederti» mormora James dopo aver salutato Edward.
«Anche per me» riesco a ricambiare.
«C'è un tavolo disponibile?» chiede Edward intromettendosi.
«Certamente. Venite, vi faccio strada» ci invita James.
Okay, è ufficiale. Non credo sia poco più grande di me, no?
James ci mostra il nostro tavolo, sistemato ad arte per poter osservare il bellissimo spettacolo che la notte offre ai nostri occhi attraverso la grande vetrata. C'è una leggerissima musica di sottofondo e l'atmosfera è semplicemente stupenda. Questo ristorante è stupendo.
Edward mi scosta la sedia per invitarmi a sedere, imitandomi subito dopo sedendosi davanti a me.
Sento l'agitazione ritornare dentro di me, consapevole che fra poco James se ne andrà e saremo di nuovo soli.
«Ecco i menù. Vi servirò personalmente» mormora James rivolgendomi uno scherzoso occhiolino, andandosene subito dopo.
Lo osservo andare via senza degnare di un'occhiata il menù che ho in mano.
«Edward?» chiedo voltandomi verso di lui.
Lanciando un'ultima occhiata al menù che sta leggendo, alza finalmente gli occhi verso di me. "Sì?»
«Quanti anni ha il tuo amico?" Capendo che la mia frase può essere fraintesa, corro ai ripari. «Sì, voglio dire, sembra avere la mia stessa età, forse un po' più grande... Ma è il proprietario di un ristorante come questo e be'... dubito abbia ventun'anni o poco più.»
«James ha ventinove anni, e il ristorante è di famiglia. Suo padre ha preferito ritirarsi dagli affari e James ha ereditato il ristorante a venticinque anni» spiega semplificando il tutto.
«Lui voleva?» chiedo, sperando per lui che non abbia avuto uno di quei tanti padri che vogliono che il proprio figlio segua le loro orme.
«Sì. Ha sempre amato questo luogo e da quando è arrivato a gestirlo non ha cambiato nemmeno la disposizione dei tavoli» spiega.
«Ha un che dell'incredibile» mormoro meravigliata.
«Già.»
Riporto l'attenzione sul menù, rendendomi conto con orrore che tutti i piatti presenti sono cose che non ho mai mangiato, né mai mangerò se non voglio vomitare arrivata a casa.
«Qualcosa non va?» domanda Edward scoprendo il mio viso un po' preoccupato.
Mi lecco le labbra continuando a fissare il nome di quei cibi così raffinati senza sapere che dire. «No, è solo... sono tutti piatti molto ricercati» comunico infine.
Sembra preso alla sprovvista. «Non... non ti piacciono?» chiede non capendo.
«Non è che non mi piacciano» lo correggo. Oddio, ora faccio la figura della patetica che a parte una pizzeria non può permettersi nulla. Oh, ma chi se ne frega? Non ho nulla di cui vergognarmi, anzi! Preferisco mille volte una pizza alle lumache francesi, tedesche o spagnole!
Poso il menù sospirando. Non posso mica prendermela con Edward se voleva solo invitarmi a cena fuori. «Edward, ascoltami. Tu sei stato un vero tesoro e ti sono davvero grata per avermi portata in questo posto meraviglioso...»
«Ma?» chiede facendo una piccola smorfia.
Allargo le braccia fissandolo dispiaciuta. «Io non ho mai mangiato nulla di tutto ciò che c'è qui dentro! E a voler essere sincera non posso nemmeno permettermelo» rivelo infine.
Edward sgrana gli occhi rimanendo qualche secondo in silenzio. Apre la bocca ma la richiude subito dopo. Infine, si gratta distrattamente la nuca. «Cioè, fammi capire bene. È solo questo il problema?» domanda infine.
Solo dice?!
«Direi che è un problema abbastanza serio visto il posto in cui siamo» rispondo.
«Isabella, tu non crederai mica che io ti abbia portata qui solo per farti pagare, vero? E non è vero che non mangi nulla di ciò che c'è scritto. Hai mangiato in vita tua delle verdure grigliate, no? E anche la bistecca. E poi ci sono i dolci» spiega, un po' divertito per il mio imbarazzo e un po' offeso perché è arrivato a sapere quello che pensavo.
«Sì che mangio il dolce e la bistecca però...»
«È perfetto. Isabella, non devi ordinare cibi che non ti piacciono solo perché credi che io farò proprio questo. So perfettamente che lavori in una tavola calda per pagarti gli studi e so anche che sei una persona umile. E a me piaci esattamente così come sei» rivela, posando una mano sulla mia distesa sul tavolo.
Gli piaccio. Di tutto il discorso che mi ha fatto, solo queste due paroline mi sono arrivate al cervello. No, non sono due. Sono sette: "a me piaci esattamente così come sei".
E, come al mio solito, se non faccio la figura della scema non sono io.
«Non lavoro alla tavola calda per pagarmi gli studi» lo correggo.
L'ho corretto! Invece di dirgli che anche lui mi piace l'ho corretto per un idiotissimo sbaglio del cavolo!
Sembra preso anche questa volta alla sprovvista. «Okay. E allora cosa fai nella vita?» chiede, ritornando nella posizione di poco prima. Però non sembra offeso...
«Niente. Cioè, lavoro e basta. Mio padre è lo sceriffo e mia madre un'arredatrice d'interni. Non mi è mai piaciuto andare a scuola, ma non è detto che non riprenda gli studi un giorno. Al momento, lavoro per poter essere indipendente» spiego.
«Anche questo mi piace» rivela sorridendo.
Sorrido anche io, un po' più a mio agio dopo la figuraccia di qualche secondo prima. «Posso chiederti una cosa?»
«Dimmi» mi invita dolcemente.
«Potresti non chiamarmi Isabella? Se vuoi farlo okay,» puoi chiamarmi come vuoi, «però puoi pure chiamarmi Bella. È più corto e più moderno.»
Edward scoppia a ridere, gettando la testa all'indietro. Sento un fuoco improvviso dentro di me. Eccitazione. Dio solo sa cosa mi provoca quella risata roca e profonda e cosa mi viene in mente di fare a quel suo pomo d'Adamo che fa sali e scendi. Oddio, il sali e scendi no...
«Te la posso chiedere io una cosa, invece?» chiede subito dopo fissandomi ancora col sorriso sulle labbra. Su quelle splendide labbra.
«C-cosa?» balbetto, annegando nei suoi occhi verde smeraldo.
«Come facevi a sapere il mio nome?» si informa curioso.
Oddio, e adesso che gli dico? Non posso dirgli che è stato Jacob, si chiederebbe il perché me l'abbia detto. «La tua amica, Carmen. Non è che me l'abbia detto, è solo che l'ho sentita mentre ti chiamava» mento.
Non credo di aver mai sentito pronunciare il suo nome vicino a me.
Annuisce. «Carmen è la moglie di Eleazar, un altro mio amico» rivela.
«Lo so» gli spiego sorridendo leggermente.
«Te l'ha detto lei?» domanda aggrottando le sopracciglia.
«Allora, siete pronti ad ordinare?» si informa James interrompendoci.
Edward mi fissa inarcando le sopracciglia, chiedendomi silenziosamente se sono pronta. Annuisco sospirando piano, manco stessi per essere interrogata.
«Cose semplici, va bene?» chiede retorico Edward, rivolgendomi lo stesso occhiolino che mi ha rivolto al nostro arrivo James. Soltanto che l'effetto che mi provoca questo è tutt'altra cosa. «Allora, James. Che ne dici di portarci verdure alla griglia, la tua famosa bistecca e quel vino che mi piace tanto?» domanda.
Tutto qui? È questa l'ordinazione? Nulla di complicato, in fondo.
James si appunta tutto su un taccuino, come ho fatto io fino a qualche ora prima.
«Arrivano entro poco» promette alla fine sorridendo e andandosene via. Il perfetto lavoratore.
«Allora? Che te ne pare? Qualcosa su cui obbiettare?» chiede sorridendo Edward.
Gli rivolgo un sorriso imbarazzato. «Scusami. Sono stata una stupida a farmi venire quella specie di attacco di panico» mormoro sempre più in imbarazzo.
«Be', come ti ho detto non saresti la persona umile che sei, attacco di panico compreso. E non mi piaceresti poi così tanto» continua, sempre sorridendo.
Credo di essere un po' rossa in viso. Non solo gli piaccio, ma gli piaccio tanto. Anche con i miei attacchi di panico gli piaccio.
«Non hai risposto alla mia domanda» mi ricorda cambiando discorso. E gliene sono infinitamente grata.
«Quale domanda?» mormoro confusa.
«Ti ha detto Carmen che è solo una mia amica?» riprende.
«No. L'ho capito. Insomma, ho visto che era incinta e che Eleazar non la lasciava un minuto da sola e che lei lo fissava sorridendo e che tu invece eri concentrato solo sul tuo lavoro» spiego.
«Giusto» risponde annuendo.

«Carmen si è pure fermata a parlare con me. Ha detto che è incinta di sei mesi.»
Ricordo la conversazione con Carmen avvenuta qualche giorno prima, facendomi un rapida calcolo. Dovrebbe partorire ad agosto.
Edward sorride. «Già. Sarò io il padrino, ti ha detto anche questo?» domanda sorridendo dolcemente forse pensando al futuro nipotino. Se non di sangue, di nome.
«No. Davvero?» mormoro entusiasta. «Dev'essere bellissimo.»
Scrolla le spalle. «Immagino di sì» mormora soprapensiero distogliendo per un attimo lo sguardo.
Sembra perso in un mondo tutto suo e un'ombra ha coperto la luce meravigliosa dei suoi occhi. Non è quello che voglio.
«Come mai lavori se non vai all'università? Se tuo padre è lo sceriffo, non avrà problemi di denaro e tu potresti continuare gli studi.» Ha cambiato volutamente discorso. Non so perché l'abbia fatto, ma non importa. Voglio che sia a suo agio.
Sorridendo imbarazzata, me ne frego della buona etichetta e poso i gomiti sui tavoli, incrociando le braccia. «È vero, non avrei problemi con i soldi, ma stare tutto il giorno dentro a non fare nulla è molto noioso. O vado a scuola, o lavoro. Io ho scelto la seconda» gli spiego con tranquillità sentendomi un po' più a mio agio.
«E non la riprenderai in seguito?» chiede, bevendo un sorso d'acqua.
Le sue labbra si posano sul bordo del bicchiere mentre le sue lunghe dita circondano lo stelo di questo. Quando termina di dissetarsi, allontana il bicchiere e riesco a vedere il suo pomo d'Adamo deglutire per mandare già l'acqua e le labbra un po' umide.
Oh, Signore.
Scrollo le spalle, decidendo di ignorare la fitta d'eccitazione che mi ha invaso. «Forse. Non so ancora cosa farò della mia vita, ma non è escluso che non riprenda gli studi.»
«Non desidereresti imparare un bel mestiere?» chiede educatamente.
Piego la testa da un lato, ponderando la sua domanda con lo sguardo fisso in basso. «Mmh... Da piccola mi sarebbe molto piaciuto fare la maestra. Amo i bambini quindi... che so? Maestra d'asilo, può essere.»
Inarca le sopracciglia annuendo. «E non ti piacerebbe poter realizzare il tuo sogno?»
Scuoto la testa, ponendo con quel gesto fine a tutte le figura in mente che mi vedevano con un tailleur abbastanza giovanile seduta con attorno a me deliziosi bambini. «Dovrei fare l'università e non mi sento pronta ad abbandonare Forks. È anche per questo che ho preferito sospendere gli studi» gli spiego.
«Capisco. A New York ci sono molte università eccellenti che potrebbero aiutarti nel realizzare il tuo sogno, però. Così come in altre città negli Stati Uniti. A Seattle, per esempio, ce ne sono ed è a sole poche ore di distanza da Forks. Non devi dormire necessariamente nei dormitori, ma ti converrebbe visto che dovresti alzarti molto presto» mormora sinceramente divertito.
Sorrido anch'io, senza però esserlo davvero. Il suo ragionamento non fa una piega, lo so bene. «Forse ho troppa paura» sussurro.
Se mi ha sentito, non ne fa parola.
L'aria si è fatta più tesa, cosa che non volevo assolutamente. Cercando di alleggerire gli animi, sorrido e cambio discorso. «Oggi pomeriggio mi hai detto che sei stato a New York, ieri. È per lavoro? Se non sono troppo indiscreta» specifico.
Se vuole, sarò molto felice di ascoltarlo ma non voglio costringerlo. Ma lui annuisce.
«Sì, per lavoro. Sono il direttore di un'azienda che si trova a New York e quindi quando posso torno lì» risponde accurato.
«E come mai vivi qui a Forks?» chiedo sinceramente confusa. «Non dovresti vivere a New York?» continuo.
Apre bocca per parlare ma la richiude subito dopo. Sembra preso alla sprovvista nonostante la mia sia una più che lecita domanda. «In realtà io abito a New York. Sono qui per visita» spiega alla fine.
Una visita che dura un mese?, mi domando non capendo. Tuttavia, se mi ha dato quella risposta non mi dirà altro. Devo accontentarmi.
«E ritorni molto spesso a New York?» chiedo, cambiando la direzione del discorso.
Sembra più spigliato nel rispondere a questa domanda. «Spesso, sì. Ma alle volte mi aiuta Eleazar, per cui è tutto un po' più semplice.»
«Eccovi serviti» annuncia James facendo la sua comparsa.
Tutto ciò che ha ordinato Edward sembra buonissimo e l'odore è eccezionale.
Da perfetto gentiluomo, Edward versa il vino a me per prima e subito dopo a sé. Sorride. "Dovrei prima degustarlo, ma tanto mi fido di James. Sceglie sempre ottimi vini per tutti i suoi clienti, figurati se non lo fa per me che sono suo amico» mormora divertito.
Sorride imbarazzata. «A dire il vero nemmeno sapevo che prima dovessi degustarlo» gli rivelo arrossendo un po'.
«Buon appetito.» Con un leggero sorriso, James ci lascia soli. Non è in versione amico, è il proprietario del locale che oggi serve il suo miglior cliente.
«Non sapevo che gestissi l'azienda assieme a Eleazar» mormoro, prendendo in mano la forchetta. Dopo aver osservato quella che prendeva lui.
«L'abbiamo fondata insieme. Ed è un ottimo socio, oltre che un ottimo amico. Non avrei potuto desiderare di meglio» spiega portando alla bocca del cibo dalla forchetta. Essa scompare tra le sue labbra, facendomela invidiare un po'. No, molto.
«E lui vive a Forks?» domando cercando di distrarmi.
Secondo le sue parole, Eleazar dovrebbe vivere a New York ma io l'ho visto già due volte alla tavola calda. Non credo abbia fatto un viaggio per lavoro portandosi dietro la moglie incinta.
«No, lui vive a New York. Con sua moglie hanno deciso di prendersi una breve vacanza viste le condizioni di Carmen e si sono trasferiti nella loro casa a Forks. Tra l'altro i genitori di lei abitano qui quindi hanno pure la compagnia dei futuri nonni» risponde Edward continuando a mangiare.
Quindi è per questo che Edward è venuto un po' meno rispetto agli altri giorni. Essendo Eleazar a Forks, adesso tocca tutto a lui.
«E nel frattempo l'azienda di chi se ne occupa?» continuo ad informarmi.
«Il padre di Eleazar, anche lui un ottimo dirigente.»
Annuisco, riprendendo a mangiare. È tutto davvero ottimo, ma la compagnia di Edward lo è molto di più.
 
La serata passa meravigliosamente bene.
Edward è stato cordiale e simpatico per tutta la serata e non c'è più stato nessun momento di imbarazzo per quanto mi riguarda. Mi sono spesso persa ad osservarlo, imbambolandomi, ma non è colpa mia. La colpa è sua e del suo essere troppo bello per essere vero. Ma come tutte le cose belle, anche questa è destinata a terminare.
«Sei stanca?» chiede Edward sorridendomi gentile.
Abbiamo appena terminato di mangiare un delizioso dessert ed è giunto il momento di ritornare a casa.
Sospiro rumorosamente. «Se devo essere sincera, sì. Ma sono piacevolmente stanca» rispondo, specificando quel particolare.
Edward sorride ancora. «Allora andiamo, ti riporto a casa.»
Sapevo che il momento sarebbe arrivato. E difatti eccolo qui.
Indosso la piccola giacca che mi ha prestato Jessica, coordinata al tubino, e lascio il ristorante il compagnia di Edward. Dopo che lui ha pagato, ovviamente, anche il mio conto. Una cosa che apprezzo non tanto per l'assenza di soldi nel mio portafoglio ma per il romantico gesto.
«Senti un po' di freddo?» si informa, aprendomi la portiera della macchina e facendomi salire, richiudendola subito dopo.
È ufficialmente da sposare.
«Un po'» rispondo non appena anche lui sale in macchina. Accende il motore e il riscaldamento e subito riesco a rilassarmi. L'odore di Edward e il calore dell'auto mi cullano dolcemente.
Forks è a poco più di un'ora di strada, quindi ho ancora del tempo per godermi questo momento. Non credo che ricapiterà mai più: se Edward era interessato a me, avrà soddisfatto uno sfizio visto che nella mia vita nulla è interessante.
Ma il viaggio, così come la cena, passano troppo velocemente per i miei gusti.
La conversazione è sempre rimasta sul leggero, soprattutto quando volevo scoprire qualcosa in più su di lui. O mi rispondeva evasivo, o ponderava a fondo la risposta da darmi, o mi rispondeva confondendomi e cambiando subito dopo argomento. In pratica, non ho imparato nulla su di lui se non che ha trent'anni, che è il direttore di un'agenzia finanziaria, che ha pochi amici, che vive a New York e che non ama parlare della sua famiglia. Questo l'ho imparato da me.
Edward spegne il motore della macchina quando arriviamo a destinazione.
«È stata una bellissima serata» mi complimento, togliendomi la cintura di sicurezza.
«Abiti da sola?» chiede indicando casa mia.
«Con mio padre. Ma lui è sempre al lavoro, per cui sì, è come se abitassi da sola» gli spiego osservandolo.
Fissa ancora la casa, come incuriosito.
«È molto piccola» osserva, «ma davvero bella» riprende posando infine lo sguardo su di me.
Nell'oscurità della notte, i suoi occhi sembrano brillare ancora di più. «Hai degli occhi bellissimi» sussurra lui, accarezzandomi con un dito una guancia.
Non riesco a rispondergli nulla. Anche volendo, non ci riuscirei. Non riesco nemmeno a respirare quando improvvisamente lo vedo avvicinarsi a me. Anche stavolta si avvicina con lentezza esasperante. E io vorrei solo sbatterlo contro la portiera della sua auto e saltargli addosso. Ora mi bacia. Sta per baciarmi, è chiaro. E ricordo fin troppo bene il calore delle sue splendide labbra contro le mie... Voglio che lo faccia, adesso. Voglio che mi baci ora.
Stufa di aspettare, faccio un passo avanti quando è a pochi millimetri dal mio viso e, il mio corpo premuto contro il suo, poso le mie labbra sulle mie. So per certo che quando non sarò più così ebbra del momento arrossirò pensando alla mia sfrontatezza, ma è pur vero che se non si sarebbe sbrigato sarei impazzita.
A lui non sembra comunque disturbare la cosa visto che posa entrambe le mani suoi miei fianchi e prende a baciarmi con passionalità. Eccolo il bacio che volevo. Affondo le dita delle mie mani fra i suoi capelli, attirandolo a me con tanta forza. Se vorrà salire in casa, sarò la prima ad aprirgli la porta.
E quando inizio a sentire un qualcosa sul mio ventre, impazzisco del tutto. «Edward...» lo supplico con la voce. Vieni dentro, vorrei dirgli. Vieni dentro e fammi tua.
Se fosse stato un film, lui avrebbe rifiutato, avrebbe cominciato a piovere e la ragazza, delusa, si sarebbe voltata per entrare in casa. Poi, lui l'avrebbe richiamata a sé e la ragazza si sarebbe gettata fra le sue braccia in lacrime e si sarebbero scambiati un bacio da far rizzare ogni singolo pelo del corpo. Ovviamente, mentre continua a piovere in modo tale da creare un'atmosfera assolutamente romantica. Infine, sempre tenendola in braccio, lui l'avrebbe portata in casa – aprendo miracolosamente la porta con un calcio – e l'avrebbe portata a letto facendo l'amore con lei per tutta la notte – fantascienza.
Ovviamente, la mia vita non è un film.
«Isabella, per favore...» mi supplica lui allontanando le sue labbra dalle mie.
Ma per favore cosa? Non lo vuole anche lui, per caso? Perché non si approfitta di me come io voglio che lui faccia?!
«Se fai così...» mormora a fatica. Cosa? Se faccio così cosa? «È meglio se entri in casa» sussurra alla fine allontanandosi di un passo.
E se lo rapissi e lo rinchiudessi con me in casa con me?
«Vuoi venire?» trovo il coraggio di domandare.
Sono ufficialmente impazzita. Ma è lui a farmi impazzire, e ogni altra donna al mio posto avrebbe fatto lo stesso, se non peggio.
Velocemente annulla la distanza tra noi prendendomi il viso fra le sue mani. «Non c'è niente che desidero di più che entrare con te in casa. Ma questo è stato il nostro primo appuntamento ed è meglio aspettare.»
Ma aspettare cosa? Non ha mai fatto sesso al primo appuntamento? O magari è lui che vuole aspettare? Magari non è tanto convinto di vedermi un'altra volta? Forse ho capito: è vergine.
«Non sei il tipo di donna che va oltre già dal primo appuntamento, l'ho capito. Capisci che intendo?» sussurra, accarezzandomi i capelli.
Oh. Oh... Oh! Adesso è tutto chiaro. Non è vergine. Ma se lo vuole lui e lo voglio io di cosa si preoccupa?
«Ma...»
Mi interrompe sorridendo. «Sei bellissima, Isabella. E Dio solo sa quanto ti desidero.» Mi lascia un casto bacio sulle labbra mentre le sue parole mi penetrano fra i mille pensieri che affollano la mia mente.
Mi desidera. Edward Masen desidera una semplice ragazza come la sottoscritta.
«E quando arriverà il momento, sarà speciale per entrambi» continua in un sussurro che mi fa rabbrividire tutta. E non dal freddo.
Non riesco a resistere. Il mio sguardo non si sposta dalle sue labbra dalla forma perfetta e mi rendo conto di desiderarlo ogni giorno di più.
«Torna a casa, Bella» ordina con tono che non ammette repliche. Dovrebbe infastidirmi, invece mi eccita. Oddio... Ma che fine ha fatto la tenera e innocente Isabella, quella con gli ormoni in subbuglio ma solo in certe occasioni? Da quando conosco Edward me lo sogno ogni notte, quasi, e non sono sogni dove si corre sul prato romanticamente.
Ma com'è che si dice? "L'attesa aumenta il desiderio". Edward mi desidera come io desidero lui. Non si tratta di "sé", si tratta di "quando".
Lo fisso incantata, pregustandomi già il momento in cui ci sarà quel "quando".
Edward sorride in un modo talmente sensuale che sento brividi di piacere incresparmi la pelle. Non vedo l'ora di averlo su di me. O sotto. O di lato. Insomma ovunque basta che mi stia dentro.
«Buonanotte, Isabella» sussurra lasciandomi un ultimo bacio bollente prima di entrare in macchina.
Mi volto per entrare in casa mia quasi volando, talmente sono felice. E quando richiudo la porta dietro le mie spalle, sento la macchina di Edward sgommare rapidamente, segno che ha prima aspettato che entrassi dentro. E io non posso non adorarlo di più.
 

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Capitolo 8
*** Capitolo 7 ***


Do l'ennesima occhiata all'orologio. Sospirando, ritorno a pulire il bancone. Sono le undici e mezza, quasi, ma di Edward nemmeno l'ombra. Le mie pippe mentali della giornata sono iniziate non appena ho aperto gli occhi ancora a letto.
Oggi verrà? E se non viene? Ma perché non dovrebbe venire? Eppure è stato lui a dirmi che gli piaccio. E se pensasse che lui non piacesse a me? E se fraintendesse il mio comportamento? O se magari ha capito che voglio essere la madre dei suoi figli e lui si è spaventato?
In effetti, ieri sera mi sono addormentata subito e ho sognato di partorire due gemelli. Ora, se è un presagio – ottimo, a dire il vero – o solo la mia fissazione non lo so. Magari anche lui ha fatto lo stesso sogno e ne è stato terrorizzato.
«Oggi possiamo riposarci anche solo cinque minuti, non c'è tanta confusione» mormora Jessica avvicinandosi a me e poggiandosi contro il lato del bancone. «Allora?» continua eccitata. «Com'è andata ieri sera?»
Non ho avuto il tempo di raccontarle tutto nei minimi particolari, anche perché quando avevamo cinque minuti liberi lei rifiutava di starmi a sentire dicendo che avrebbe sentito tutto dall'inizio alla fine senza doverci mai interrompere. Credo che finalmente reputi buono un momento di pausa.
«Be'...» Come potrei iniziare? È stato stupendo? È stato magnifico? È stato spettacolare? Non rende minimamente l'idea. Forse potrei dirle che sono arrivata quasi a pregarlo di abusare di me per quanto lo volevo. Forse questo renderebbe un po' l'idea. «È stato dolcissimo» mi ritrovo a limitare parecchio.
In realtà, forse ha fatto bene a rifiutarmi. Senza il forse, a dire il vero. Ieri sera ero accecata dalla passione ed ero presa dal momento, quindi avevo una disperata voglia di lui. Adesso ho ancora voglia di lui, ma ho la mente più fredda e lucida. Se Edward avesse ceduto, forse me ne sarei pentita.
«Dolcissimo?» ripete scettica Jessica. «Solo dolcissimo?»
Scuoto la testa. «Oh, Jessy... è stato sublime. L'appuntamento migliore di sempre» comunico sognante.
«Ti ha chiamato?» chiede divertita.
«In verità...» Blocco la mia risposta quando sento la porta del locale aprirsi e annunciare l'arrivo di un nuovo cliente. «Dimmi che è lui» sussurro a Jessica. Lei, con noncuranza, da un'occhiata alla porta che per il modo in cui sono posizionata si trova alle mie spalle. Dall'espressione del suo viso capisco immediatamente. Sbuffando, riprendo a pulire il bancone tentando di trasmettere ai movimenti della mia mano l'energia che vorrei sfruttare per soffocare lui. E rispondendole. «No, non mi ha chiamato.»
 
Non è venuto. Edward Masen non è venuto i tre giorni seguenti. È un bastardo, chiaro. Bellissimo ma sempre bastardo.
«Bella, magari è andato a New York» cerca di trovare una spiegazione Jessica fissandomi preoccupata.
«No, non è andato a New York» dico con decisione. Aumento i movimenti della mano per pulire il bancone. Quella cazzo di macchia si ci mette pure lei! «Se avesse dovuto lavorare, non avrebbe fatto un viaggio di quasi mezza giornata solo per baciarmi, non credi? Sarebbe rimasto in città esolopoi sarebbe tornato ad approfittarsi di me.»
Non guardo Jessica ma dal verso che ha prodotto capisco che per poco non si è messa a ridere.
«Si è approfittato di te? È questo ciò che pensi?» chiede incredula.
Sbatto la pezza sul bancone, le mani su di questo. E la fisso, trucidandola con lo sguardo. «Sì, Jessica. Si è approfittato di me. Prima viene qui ogni benedettissimo giorno, quasi, bevendo un benedettissimo caffè e leggendo un benedettissimo giornale. Poi si veste bene, si fa vedere, mi fa impazzire, mi bacia, mi da un appuntamento; vado all'appuntamento, mi bacia ancora, per poco non lo supplico di violentarmi sul cofano della sua macchina e lui che fa? Non si fa vedere per i tre giorni a seguire?! Jessy: questo è approfittarsi di me!» mi sfogo quasi in un urlo. E fortunatamente è mattina, quindi c'è parecchia confusione alla tavola calda.
Jessica sospira, chiudendo gli occhi e passandosi gli indici sulle tempie. Alla fine sbotta: «Secondo me hai bisogno di una vacanza».
 
«Io la penso come Jessica: secondo me è ritornato a New York» mormora Jacob quello stesso pomeriggio, imboccando l'ennesima forchettata della sua torta al limone, il dolce del giorno.
In ordine, io, lei, Jacob e Angela siamo seduti in uno dei tanti tavolini quadrati del locale. È quasi ora di chiusura e sono rimasti pochissimi clienti, quindi possiamo permettercelo.
Scuoto la testa, continuando a scrivere il suo nome nel mio quaderno. Edward Masen. Edward Masen. Edward Masen. Lo scriverei in eterno. «È tornato l'altro giorno da New York, che senso avrebbe? Se davvero oggi avesse avuto un impegno non sarebbe tornato solo per cenare con me quando avrebbe potuto rinviare a un giorno qualunque della settimana» gli spiego, senza alcun tono nella mia voce, la stessa mia teoria che avevo già spiegato a Jessica.
Sono un po' meno nervosa di stamattina. Forse perché ho capito che è stato solo un bel sogno, nulla di più, e adesso dovrò ritornare alla dura realtà, quella dove ho vissuto da ventuno anni a questa parte.
Sto tentando di concentrarmi al massimo nel riuscire a fare l'ennesimo cuoricino attorno al nome di Edward, e ovviamente cerco di farlo perfettamente. Sempre meglio che pensare al fatto che sono stata sedotta e abbandonata!
«Magari sua mamma ha avuto bisogno di lui e lui, da persona dolce come mi è sembrato essere, ha preferito stare con lei» propone Angela, giocando con il suo bicchiere pieno di coca cola.
Dolce, ingenua, Angela.
«Non mi ha parlato di sua mamma, ma sicuramente non abita a Forks. A dire il vero, nemmeno lui abita a Forks. Ci sta solo per staccare la spina» spiego con noncuranza, i miei occhi sempre sul foglio, la mia mano a disegnare con la penna.
«Ho trovato!» esclama improvvisamente Jessica battendo le mani. Riesce a farmi alzare lo sguardo verso di lei. «Lui sta qui per te» spiega semplicemente, bevendo con finta aria di superiorità il suo frappé al cioccolato.
«E perché non è venuto, in questi tre giorni?» chiedo senza scompormi.
Jessica rimane delusa dalla mancanza di risposte. «Fanculo, Bella» borbotta, riprendendo a bere.
Ognuno riprende le proprie attività: Jacob mangia, Jessica beve il suo frappé, Angela la sua coca cola, io continuo a scrivere "Edward Masen" aggiungendo cuoricini di qua e di là. Se quando finirò mi piacerà, giuro che lo incornicerò sul mio comodino.
Prima che possa pensare altro, la porta si apre. Dio santo, ma non lo sanno a che ora chiudiamo? Perché devono per forza farci lavorare fino all'ultimo minuto?
«Tranquillo, Eleazar, ho già detto a Tanya di pensarci lei.»
È la voce di Edward.
Tutti e quattro sul tavolino sgraniamo gli occhi guardandoci sorpresi mentre cerchiamo di reprimere un sorriso. Loro sono felici per me, io per me e basta! Poi, però, mi incazzo di brutto quando ricordo ogni singola parola di ciò che ha detto entrando.
«E chi è Tanya?!» chiedo sconvolta.
«Stai calma, Bella, magari è la sorella. Sicuramente non è nessuno» cerca di tranquillizzarmi Angela.
«Secondo me è una biondona tutta curve» interviene Jacob portandosi l'ultimo enorme pezzo di torta al limone in bocca.
Emetto un gemito strozzato mentre Jessica, seduta vicino a lui, gli da un forte schiaffo sulla nuca.
«Ahi!» esclama stupito, massaggiandosi il punto dolente.
«Ti sta bene, coglione» lo rimbecca Jessica fissandolo con uno sguardo truce.
«No, Eleazar, per i prossimi tre giorni non mi muovo» continua Edward. Con la coda dell’occhio vedo che… oh, porca zozza, si avvicina a noi! «D'accordo, a quello ci penso io. Ti chiamo appena finisco» mormora riattaccando subito dopo.
Angela si alza nello stesso momento in cui Edward ci raggiunge. «Io devo andare un attimo al bancone» spiega sorridendo nella mia direzione.
«Io devo andare in cucina» aggiunge Jacob imitandola.
«E io vi lascio soli» annuncia Jessica sorridendo nella nostra direzione come se la commuovessimo, andando dritta al vero nocciolo della questione. Non appena se ne vanno, Jacob ricambia lo scappellotto in testa.
«Ahia, ma sei cretino?» sbotta Jessica.
Non sento altro. È ovvio che sono degli idioti, se Edward non aveva capito che loro sapevano, l'ha subito fatto dal loro teatrino involontario.
Imbarazzata al massimo, senza sapere che dire, mi volto verso di lui. «Mi dispiace... loro...»
Ma lui non sembra dispiaciuto. Sorride. «Va tutto bene. Se sono passato a quest'ora è perché ho lavorato molto, il fatto che io sia in una città differente sembra aumentarmi il lavoro.»
Annuisco. «Capisco perfettamente» mormoro convinta. Non è necessario che sappia che ho pensato fosse l'ennesimo bastardo approfittatore di vergini innocenti.
«Ma adesso sono libero e ho pensato che se anche tu non hai impegni, puoi uscire con me.»
Non rispondo immediatamente, prima mi limito a fissarlo con la bocca socchiusa e l'espressione stupita. E me lo dice così? Con tanta leggerezza? Mi invita una seconda volta e per lui è normale? Non si fa sentire per tre giorni e poi ritorna qui come se niente fosse?
Non so se essere felice per l'invito o incazzata perché pensa che io sia disponibile a uscire con lui quando ha tempo libero a disposizione. Jessica, dalla mia espressione, sembra capire tutto visto che, con sguardo preoccupato, alza verso di me un piccolo cartellone con la scritta gigante "Non fare cazzate". Fortunatamente Edward le da le spalle.
Ma sì, Jessica ha ragione. Non devo fare cazzate, d'altronde Edward è potuto non venire per molteplici motivi. Ci sarà tutto il tempo durante il fidanzamento e poi il matrimonio per fargli capire come ci si comporta, sì.
Poi, però, mi ricordo che Jessica mi ha dato tanti consigli. Ed è solo grazie a questi consigli che adesso, con Mike, sono felicemente fidanzati. Uno di questi consigli è: "fallo attendere".
Sorrido fingendomi dispiaciuta. «Mi dispiace, Edward, ma avrei un mezzo impegno. Se vieni uno di questi giorni, magari, usciamo insieme.»
Una parte di me vorrebbe urlargli contro "Sto scherzando, sto scherzando!", l'altra vorrebbe subito passare alla parte dove lui mi aspetta all'altare.
Edward sembra visibilmente colpito davanti alla mia risposta. Non se l'aspettava, forse nessuna gli ha mai detto di no.
Amore, lo faccio solo per noi. Un giorno mi ringrazierai.
«Oh... be'... va bene, nessun problema. Ci vediamo, eh?» Sorride brevemente prima di voltarsi e dirigersi verso la porta del locale.
Manco il tempo di farlo uscire che Jessica si avvicina a me e mi assale. «Che cazzo hai combinato?» strilla più piano che può.
La fisso sconvolta. Per una volta che seguo i suoi consigli mi vuole pure rimproverare?! «Ho seguito il tuo consiglio!» esclamo piccata.
Jessica è sconvolta dalla mia risposta. «Quale?» mi chiede preoccupata.
«Quello di farlo attendere!»
Più di così Jessica gli occhi non potrebbe aprirli. «Vai da lui, cogliona, muoviti, testa di cazzo!» mi rimprovera spingendomi verso la porta del locale. E quando perde il significato della parola educazione significa che l'ho fatta grossa.
«Ma... ma... ma...»
«"Ma" 'sto cazzo, vuoi muovere il culo? A Jacob ci penso io, corri!»
Finalmente, per lei e per me, sono fuori dal locale. Per lei perché vuole che vada da lui e per me perché lo volevo da subito. È colpa degli stupidi consigli di Jessica, non mia!
«Edward, aspetta!» esclamo trovandolo subito con lo sguardo.
Si volta verso di me sorpreso, aspettando che lo raggiunga correndo. «Tutto bene?» chiede incuriosito.
«S-sì, tutto bene. Senti, se l'invito è ancora valido... be', mi piacerebbe accettarlo.» Vado dritta al sodo.
Edward appare confuso. «E l'appuntamento?»
Aggrotto le sopracciglia, fingendomi confusa. Pensa a una scusa, Bella, pensa a una scusa. Idea! «No, in realtà mi sono spiegata male. Non era un appuntamento nel vero senso della parola, più che altro dovevo rimanere con Jessica al locale per pulire, capisci?»
Ti prego, credimi; ti prego, credimi; ti prego, credimi!
Edward annuisce inarcando entrambe le sopracciglia e sorridendo convinto. «Bene. Allora vieni con me?»
Oddio, se me lo chiedi così... «Sì, certo. Se mi dai solo cinque minuti per cambiarmi, sai...» Guardo la mia divisa da cameriera, spiegandogli il tutto.
E mi guarda. Come mi guarda. «Ti aspetto qui» comunica rialzando gli occhi su di me.
Non aspetto altro: corro verso il locale, togliendomi appena entrata il grembiule e avanzando.
«Allora?» chiede Jessica avvicinandosi.
«Esco.» Mi rivolgo a Jacob. «Sempre se posso» aggiungo.
Jacob apre la bocca per parlare ma Jessica lo ferma prima che possa dire qualsiasi cosa. «Certo che può uscire, no? Glielo devi dopo l'uscita della biondona tettona» lo rimprovera lei.
«A parte che le stavo già dicendo sì» spiega piccato Jacob. «Ad ogni modo stavo scherzando» si giustifica.
Sorrido intenerita dai loro battibecchi. «Grazie» mormoro, prima di girare i tacchi e andare a darmi una sistemata in bagno lasciandoli ad insultarsi.
Sciolgo i capelli dalla coda di cavallo, raccogliendoli in una treccia laterale che ricade alla fine sulla mia spalla sinistra. Il trucco leggerissimo, dopo una giornata di lavoro, è quasi scomparso. È incredibile che voglia uscire con me dopo avermi visto senza trucco, praticamente. Do' una passata di mascara alle ciglia e matita nera sotto l'occhio, una linea leggera. Nient'altro, nemmeno del blush; in presenza di Edward le mie guance si colorano già da sé. Purtroppo non posso fare molto per i miei jeans e la mia camicetta rosa infilata dentro. Almeno, questa risalta i miei piccoli seni e il mio ventre piatto.
Quando esco dal bagno, Jessica mi si avvicina. «Mi raccomando, Bella, non seguire i miei consigli. Non tutti almeno» aggiunge maliziosa.
Le sorrido abbracciandola. «Grazie. Ti chiamo io e ti racconto ogni particolare, va bene?» le dico allontanandomi.
«Oh sì» mormora con gli occhi che le brillano improvvisamente. «E vedi di raccontarmi anche particolari sconci, già che ci sei.»
Ridendo, passo poi a salutare Angela e Jacob. Quando mi ritrovo fuori il locale, non appena mi volto verso destra vedo Edward con le mani in tasca ad attendermi. E la posa assunta è altamente rischiosa. Per lui. E anche per me perché potrei essere denunciata per violenza carnale.
Con la schiena, è appoggiato al muro tenendosi su questo anche con il piede, la gamba piegata. Le mani in tasca tirano la camicia che mette in mostra i pettorali, e il vento gli scompiglia i capelli in modo deliziosamente sublime. Non mi ha ancora vista perché tiene lo sguardo puntato per terra, lo sguardo assorto. È bellissimo, ed è autentico. E forse sarà anche mio.
Mi nota solo quando mi avvicino e sono ad un passo da lui. «Tutto bene?» chiedo, tanto per non rimanere in silenzio.
Sorride, l'espressione di poco prima scomparsa. Chissà a cosa pensava. «Benissimo. Andiamo?»
 
Il viaggio in macchina è stato, se possibile, ancora più rilassante del nostro primo viaggio. Durante il primo spesso c'erano momenti silenziosi anche se non per forza imbarazzanti, ma oggi è diverso: sembra che ci siano più cose di cui parlare. Uno fra questi, la musica.
In realtà, però, a parlare è spesso e volentieri Edward. Io sono affascinata dalla sua voce bassa, dolce e roca, alle volte; dal profumo di lui di cui tutta la macchina è impregna; dalle sue mani sul volante e sul cambio. Dalle sue lunghe dita.
Edward ha viaggiato parecchio in giro per il mondo e di conoscenze femminili ne avrà a migliaia. Sarebbe strano il contrario. E certamente saprà come soddisfare una donna. Le sue mani sembrano essere fatte per accarezzare, toccare, sfiorare. E per un breve attimo le immagino su di me.
Improvvisamente, c'è caldo. Anche troppo.
Non è strano che pur avendo ventuno anni io sia ancora vergine. O meglio, lo è se abitassi in un'altra città. Ma non avendo mai lasciato Forks ed essendo rimasta sempre in questa piccola cittadina, non è che abbia avuto grandi occasioni anche volendo. Non per essere cattiva, ma qui i ragazzi non sono granché. Pochi sono carini, Dimitri era uno di questi. In effetti, è perché d'altronde è rimasto ancora un bel ragazzo. E lui mi piaceva davvero, io mi sentivo attratta da lui ma non allo stesso livello di come mi sento per Edward.
Edward è tutta un'altra cosa. Dimitri era voglia di scoprire, Edward è passione e fuoco insieme. E voglia di imparare qualsiasi cosa assieme a lui. Ho voglia di lui, di una voglia nuova che quasi mi spaventa. Fosse per me, manderei al diavolo i propositi di resistere di mercoledì e gli chiederei di farmi sua adesso, in questa stessa macchina. E quest'idea, mi ritrovo ad ammettere, mi piace più del dovuto.
 
«Ti piace, qui?»
Certo che mi piace. Il mare di La Push mi è sempre piaciuto. E con Edward accanto a me, supera ogni mia aspettativa. Dio solo sa quanto vorrei abbracciarlo e respirare il suo profumo. Ma mi limito a sorridergli.
«È perfetto.»
Edward sorride mentre dal suo sguardo intuisco che è divertito. Solo non so per cosa. «E se ti dicessi che tu sei perfetta?»
Non l'ha detto. Non può averlo detto.
Lo fisso cercando di capire se lo pensa veramente o se la sua è solo gentilezza. Ma non lo capisco, Edward si limita a sorridere aspettando una mia risposta. E sorrido pure io abbassando lo sguardo imbarazzata. «Grazie.»
Adoro i complimenti, figuriamoci. Quando una donna dice che le danno fastidio riceverli da uomini che non sono il marito o il fidanzato non le credo mai. A tutte le donne piace riceverne, non diciamo cazzate. Anche i più banali, ma ci piace. Io non sono da meno, solo che ogni volta mi imbarazzano. Perché non mi considero bella, né speciale, né tanto intelligente. Sono nella norma, non sono nulla di eclatante. Edward, però, mi fa sentire speciale. Ed è la prima volta.
«Allora...» Tento di cambiare argomento e lui non fa nulla per impedirlo. «Sei stato ancora a New York?» chiedo fingendomi disinteressata.
Appoggiati al cofano della macchina di lui, una coppetta di gelato in mano grazie alla fermata in un chiosco di poco prima, Edward sospira. «Oddio, sì» risponde quasi stremato. Il suo braccio sfiora il mio per quanto siamo vicini e mai contatto è stato così bello. «Non dormo da chissà quanto» si lamenta. «Ma purtroppo il lavoro è lavoro e non mi posso tirare indietro. Fortunatamente ho fatto in modo di delegare gran parte del lavoro a Eleazar, già a New York così da poter avere tre giorni tutti per me» spiega tranquillo.
Quindi anche questa volta non è venuto subito perché era a New York. Ed è una cosa davvero strana, il mio ragionamento non faceva una piega!
«E Carmen?» gli domando confusa.
«Entrambi hanno deciso di tornare a New York per ora che io sto qui. Tra una settimana torneranno e io prenderò posto definitivo a New York» comunica portando il cucchiaio di plastica alla bocca.
Non so se registro per prima il movimento delle sue rosse labbra o se le sue parole.
Ritorna a New York fra una settimana. In modo definitivo. Ciò significa che non lo rivedrò mai più. E chissà perché ho come la strana voglia di piangere.
Ma prima che qualcuno di noi possa dire qualcosa, il suo telefono squilla.
Alza gli occhi al cielo, rivolgendosi poi a me con sguardo mortificato. «Scusami» mormora dispiaciuto prima di rispondere con un freddo «Masen» che mi fa rabbrividire. Lo vedo aggrottare le sopracciglia e stare per un minuto in silenzio. «Non importa, Tanya, ho già comunicato a Eleazar il da farsi.» Tanya. Ancora lei. Edward riprende il suo mutismo, in ascolto delle parole della bionda. Perché ormai me la immagino bionda. «Sì, sì, ci penserà lui, tu non devi preoccuparti di nulla. E per ogni altra evenienza, rivolgiti a lui oppure a suo padre» afferma sbrigativamente prima di richiudere la chiamata senza neppure salutarla.
La cosa non mi dispiace mica. Da come ha parlato, è chiaro come il sole che Tanya è una sua dipendente, forse la segretaria. Ma Edward è un uomo molto bello, e le segretarie solitamente sono giovani e attraenti. Magari hanno una relazione sul lavoro... Non pensarci, Bella: Edward fra una settimana sparirà dalla tua vista.
La cosa non mi consola.
 
Con Edward decidiamo di andare a mangiare fuori, visto che già ci siamo. Nulla a che vedere con il ristorante di martedì. Questa volta siamo andati a casa mia.
Non mi pongo nemmeno per un istante la domanda "è troppo presto?" perché conosco Edward. O meglio, sento di conoscerlo da una vita. È tipo quando incontri per strada qualcuno e questo qualcuno, pur non avendoci scambiato più di mezza parola, ti fa subito simpatia. Con Edward la sensazione è ancora più forte, più potente. Inoltre, è come se già lo conoscessi visto che viene alla tavola calda da quasi un mese e mezzo.
So che non mi farebbe mai del male costringendomi a stare con lui in quel senso, perché se le sue intenzioni fossero da vero farabutto mi avrebbe già fatto conoscere il suo vero io martedì. Eravamo soli, perché aspettare? Soli ieri, soli oggi.
E poi sono felice. Edward è simpatico e divertente, dapprima non lo avrei mai detto per il suo essere tanto solitario al locale. Mi tiene aggiornata su ciò che succede nel mondo, visto che non guardo quasi mai la televisione, e mi racconta dei suoi viaggi.
Parigi, Roma, Venezia, Madrid, Londra... New York. New York, la città dove fra una settimana andrà a stare per sempre.
E mi ritrovo a pensare che forse mi sto innamorando di lui. Forse, in un modo del tutto irrazionale, del tutto impossibile, mi sto innamorando di Edward Masen. E io non posso permettermelo, non se lui è così tutto in confronto a me che sono niente e non se lui partirà per mai più ritornare.
È questo che penso da sola, nel mio grande letto, mentre cerco di prendere sonno.
Edward è stato un gentiluomo. Se n'è andato prima delle dieci perché sapeva che l'indomani sarei andata a lavoro, e non mi ha sfiorato se non per lasciarmi un bacio sulla fronte. Sulla fronte!
Innamorarsi di lui sarebbe così facile... e bellissimo, e perfetto. Sarebbe il paradiso amare Edward e farsi amare da lui. Ma no, non è giusto. Né per me né per lui; soprattutto se pensa che io sia solo un'amica.
No, un momento: non posso essere solo un'amica. Alle amiche non si danno baci, non le si chiedono appuntamenti. Ma non sono nemmeno la sua ragazza o roba simile. E alla fine mi chiedo: "che diavolo sono, per lui?"
 
 
 
 
 
 
Spazio autrice
 
Prima che me ne dimentichi, nel 3° capitolo ho modificato una piccola parte, quella dove Carmen diceva a Bella di essere incinta di sei mesi. L’ho modificata per esigenze di copione in quattro.
Mmh… ieri sera ho fatto una piccola scaletta e più o meno penso che non supereremo nemmeno i 15 capitoli, per questa storia. A meno che non abbia ispirazione per tipo degli extra, non so .-.
Spero che il capitolo vi sia piaciuto, a me sembra un po’ noioso ma mi serviva così >.< La parte migliore è quella durante il periodo del prologo ;D
Un bacione e alla prossima :)
 
 

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Capitolo 9
*** Capitolo 8 ***


«Mike è fissato con le tette, davvero, mi sta rompendo seriamente il cazzo» borbotta Jessica pulendo il bancone con degli scatti.
Divertita, la fisso mentre si sfoga con me.
«Cristo santo, ogni volta che ne vede un paio va in escandescenza! Lo odio, è una testa di cazzo!» esclama sempre più adirata. Notando che non lo insulto come fa lei, mi fissa incredula. «Embè? Non dici nulla?»
Alzo gli occhi al cielo, optando per la sincerità. «E cosa dovrei dire, Jessica? Guarda che fissare le tette a una donna è normale. Cioè, mi ritrovo a farlo io figuriamoci un uomo. "Guardare ma non toccare", no? È tipo come noi: siamo innamorate ma i culi dei maschi li fissiamo sempre. E non dirmi che non lo fai perché non ci credo né ora né mai.»
Sinceramente non ho mai capito molto perché la gente si fissasse con questa cosa. Guardare non significava necessariamente tradire. E il seno è una di quelle parti dove si posa lo sguardo di chiunque, uomo o donna che sia. Tutto dipende dallo sguardo: c'è modo e modo per fissare il seno di una donna.
Jessica sembra pensarci su scrollando alla fine le spalle. Sa che ho ragione. Sbuffa. «Il fatto è che lo fa davanti a me! Sì, anche io fisso il culo dei ragazzi, ma non davanti a lui!»
Ecco, questo sì che è un buon motivo per essere incazzate. Mike dovrebbe portarle rispetto e fissare altre donne con insistenza proprio quando hai la tua ragazza accanto non è carino.
«Fai lo stesso, allora» le dico. «Mettiti a fissare vari ragazzi insistentemente quando sei con lui, e se comincia gli parli chiaro e tondo.»
Jessica sorride. «Alla faccia dell'ingenua romanticona» mi prende in giro.
«Ah, che vuoi farci?» domando retorica fingendomi snob.
«E tu?» cambia discorso. «Con Edward?»
Sorrido immediatamente, estasiata. Con Edward... be', va a meraviglia. È sempre così gentile ed educato, talmente diverso quando è al locale E a me questa cosa fa impazzire perché è con me che si comporta così, non con qualcun'altra.
Edward mi piace da morire, sul serio. Potrei buttarmi da chissà quale piano per poter stare con lui. E questi giorni sono volati... fino ad arrivare ad oggi, che poi sarebbe l'ultimo giorno prima della partenza. Edward non sa quando potrà ritornare – magari anche solo per una breve vacanza – e io di conseguenza non ho idea di quando lo rivedrò. Oltre a questo, c'è un pensiero che quasi non mi fa dormire la notte...
«Tutto bene?» mi chiede Jessica notando il mio sguardo rendersi più serio.
Scrollo le spalle, decidendo di parlarne con lei, a proposito di questo pensiero. «Jessica... ecco, con lui le cose vanno bene. Anche troppo bene e io...» Faccio dei gesti confusi con le mani verso il cuore, senza sapere bene cosa dirle.
Jessica mi sorride dolcemente. «Ti sei innamorata?»
Ecco, è questo il problema. Non lo so. Non sono mai stata innamorata e ho paura di confondere un sentimento per un altro.
«Stai tranquilla, Bella. L'amore non si capisce dal momento stesso in cui ti innamori, ti ci ritrovi dentro senza che tu te ne renda conto. Non puoi svegliarti un giorno e dire "oggi ne sono ufficialmente innamorata". L'amore è il sentimento più strano, difficile e bello al mondo e non sei né la prima né l'ultima ad esserne vittima e confusa. Se ne sei davvero innamorata, lo saprai da sola. Ora sei confusa ma non ti preoccupare; è perché non distingui i segnali. Poi ti verrà più facile e, senza che tu te ne accorga, capirai di esserne innamorata. Quindi, aspetta: il tempo è la soluzione per ogni cosa.»
Alle volte avrei voluto sposarmi Jessica, e questa è una di quelle volte. Lei può sembrare la classica migliore amica un po' strafottente che si gode la vita e non pensa a nessuna conseguenza – e un po' lo è – ma quando vuole sa essere ancora più saggia di me.
«Grazie, Jessica» mormoro abbracciandola stretta. «Il fatto è che queste cose che sento mi rendono talmente confusa da... io...» Sospiro, leccandomi le labbra. «Voglio andare fino in fondo, capisci?» le chiedo eloquente.
Jessica aggrotta le sopracciglia, non capendo. Poi sembra farlo. «Fino in fondo...?»
«Sì. Fino a quel fondo. Però non ne sono tanto sicura... e se poi lui non è quello giusto?» sussurro un po' spaventata.
Non voglio che la mia prima volta sia da dimenticare. Voglio che sia speciale, accidenti.
«Bella, ascoltami: quello che provi ora per Edward l'hai mai provato per Dimitri?» chiede seria.
Risponderle è facile. «No.»
«Vedi, Bella, io lo so che tu vuoi una prima volta come quelle che ci sono nei film. Ma nella realtà le cose sono diverse: nella vita vera non ci sono candele profumate e lenzuola di seta pregiata, né ci sono rose rosse sparse per terra e luce spenta con della musica di sottofondo. Nella vita reale non c'è nulla di romantico la prima volta perché è tutto solo dolore. Non ti voglio affatto spaventare ma non voglio nemmeno mentirti. Ma è normale, poi col tempo migliorerà tutto. È anche vero che comunque dipende da persona a persona. Io, per esempio, ho sentito molto male ma una mia amica dice di aver sentito solo un leggero fastidio. Ad ogni modo, non è detto che tu debba per forza vivere tutta la vita col tuo primo uomo. Capita che le cose possono cambiare e che tu possa innamorarti di un altro. Edward, al momento, ti sta facendo impazzire seriamente e se tu vuoi andare fino in fondo, be' asseconda ciò che vuoi. Nessuno ci può dare sicurezze e garanzie, e non possiamo vivere di dubbi per tutta la vita. Dobbiamo affidarci all'istinto. Adesso, con Edward, cosa ti dice l'istinto?»
Anche questa è una domanda di facile risposta. Mi dice di buttarmi. Però... «E se lui non mi vuole?»
«Io penso che lui ti voglia, e anche tanto. Ma se non ti vuole, fa nulla. Quando ritornerà a New York tu ritornerai alla tua vita di sempre, anche se è difficile. Ma ci devi riuscire: non distruggerti per un uomo che non merita il tuo amore» mormora Jessica.
Non penso di averla mai vista così seria, come non penso di averla mai sentita fare un discorso così lungo. Prima che io possa risponderle, la porta del locale si apre facendoci girare verso di essa entrambe.
Notandomi, Edward sorride avvicinandosi a me. «Pronta?»
«Devo solo togliermi il grembiule» dico sorridendogli imbarazzata. E dopo il discorso di Jessica vorrei ben vedere.
Con un cenno della testa, Edward saluta la mia migliore amica che ricambia con un sorriso. Li lascio per andare a cambiarmi, ritornando cinque minuti dopo a causa di una veloce risistemata. È quasi orario di chiusura, quindi posso uscire con la benedizione di Jacob, che saluto insieme ad Angela.
«Andiamo?» mi chiede Edward al ritorno.
Annuisco soltanto, seguendolo. Non avrei mai dovuto fare quel discorso con Jessica visto che adesso mi sento imbarazzata a morte. Come diavolo mi dovrei comportare?
Come sempre.
Facile a dirsi, difficile a farsi.
 
No, non è vero. Non è stato difficile: è stato orribile! Ogni volta che il mio sguardo si posava sui suoi occhi immediatamente ero sul letto con lui sopra di me a fissarmi; quando guardavo le sue labbra immaginavo la sua testa fra le mie gambe; quando osservavo le sue mani le immaginavo accarezzarmi e quando i miei occhi incrociavano il sedere di Edward pensavo solo a quanto potesse essere bello da toccare e stringere! Mai uscita è stata più imbarazzante di questa, mai.
E lui si è accorto che qualcosa non andava visto che parlava solo lui e rispondevo a monosillabi. Ovviamente non volevo sprecare il nostro ultimo giorno insieme in questo modo ma era più forte di me!
Sono le nove di sera, e siamo già a casa mia.
Edward posteggia la sua auto, spegnendo il motore. «Isabella, c'è qualcosa che non va?»
Mi aspettavo questa domanda. In effetti, me l'aspettavo già da un po'.
Scuoto la testa rivolgendogli mezzo sorriso. «Nulla, davvero.» Non posso mica dirgli la verità.
«Ti ho visto strana, oggi» osserva pensieroso.
«Oggi è stata una giornata stancante, forse è per questo che mi hai visto strana. Sono solo stanca» gli spiego.
«Sei sicura?» mi chiede fissandomi seriamente.
Annuisco soltanto, perdendomi quasi nel verde dei suoi occhi. Che qualcuno mi aiuti!
Annuendo anche lui distratto, apre la portiera, scendendo dall'auto. Fa il giro venendo ad aprire a me. «Vieni, ti accompagno in casa» spiega porgendomi la mano.
L'afferro immediatamente, scendendo dalla macchina. Non so nemmeno cosa dire. "Domani ti accompagno?", "questo è un addio?", "verrai un giorno nuovamente qui?". Rimango solamente in silenzio, in attesa di non so cosa.
«Sono stato bene, stasera» mormora davanti la porta di casa mia.
Sorrido tentando di risultare il più sincera possibile. «Anche io.»
In realtà per niente. Ai miei pensieri si aggiungevano pure quelli che mi ricordavano che domani sarebbe partito per New York e non sarebbe più tornato. Io speravo ancora in un miracolo.
Mi accarezza una guancia, sorridendomi.
Non c'è stato più un bacio fra di noi. Forse oggi sarà l'eccezione visto che non ci rivedremo più. Mai più. Ed io lo voglio come non ho mai voluto nessuno in vita mia. Jessica ha ragione: non posso vivere di sé e di dubbi. Se con Edward è destino... capiterà di incontrarci anche se starà a New York. E se non lo è, rimarrà un bel ricordo.
Per questo quando mi bacia non mi tiro indietro, e quando sento la sua lingua sulle mie labbra ricambio il bacio profondamente. Se è sorpreso o meno, non lo so. Ma dopo un momento che a me pare un secolo, lui si tira indietro.
«Dovrei...»
«Rimani qui» sussurro interrompendo qualunque cosa stava per dire. «Non padre non ci sarà, rimani qui» mormoro ancora.
«Parli seriamente?» mi chiede interrogativo, tenendomi ancora stretta a sé.
«Non sono mai stata così seria in vita mia» gli rispondo stringendo la presa fra i suoi capelli. Infilo la mano nella mia tasca, cercando le chiavi che avevo precedentemente preparato. Aspetto una sua risposta, ma lo sguardo che mi lancia mi fa ben capire che anche lui vuole rimanere.
Sarà solo per una notte, ma sarà la notte più bella della mia vita. Forse me ne pentirò, ma se dovessi vivere pensando sempre al domani non sarebbe più vita. La vita non si programma, si vive. E io voglio viverla stasera più che mai.
 
Non è stato difficile raggiungere la mia camera da letto. Difficile è stato lasciarmi spogliare da mani che non fossero le mie, o farmi guardare da occhi che non fossero i miei. Sono stata in totale imbarazzo praticamente ogni minuti, ad ora.
Anche perché, non posso certamente essere considerata come la sexy di turno. Sono normale, tanto normale che più normale di me si muore. Non so se ho reso l'idea. Ma vedere nello sguardo di Edward totale approvazione e sentire il suo pene eretto contro la mia gamba è stata pura soddisfazione.
Forse non sono così brutta. Forse la mia autostima è talmente bassa da vedere difetti che per un uomo possono essere pregi. Perché io sarò secca come un manico di scopa, ma riconosco di avere le curve nei punti giusti. Forse ho solo il seno piccolo, ma c'è sempre il fondoschiena a riparare.
E devo dire che Edward sembrava parecchio preso dal mio sedere. Ma non solo: sembrava preso da tutta me.
Quando accarezzava la mia schiena, quando toccava le mie gambe, quando stuzzicava il mio microscopico seno, o quando ha sfiorato la mia intimità... Sembrava piacergli parecchio. Sembrava farlo perché gli andava e non per consolare una povera scema che domani sarà solo una fra le tante nella sua, immagino, lunga lista.
Ma non ci voglio pensare. Non voglio pensare a questo, voglio pensare alle sue parole e al suo sguardo di quando gli ho detto che sarebbe stato il primo.
Non appena ho sentito che stava per entrare, l'ho subito fermato.
«E se ti dicessi che sei il primo?»
Il modo in cui mi ha guardato mi ha fatto rizzare ogni singolo pelo sul corpo.
«Ti direi che sono l'uomo più felice sulla terra.»
Non credo che possa esserci miglior prima volta di questa.
Volto lo sguardo verso sinistra, osservando con fatica il corpo addormentato di Edward che mi stringe, la mia schiena contro il suo petto.
Non credo nemmeno che possa esistere miglior modo per addormentarsi di questo.
È praticamente perfetto. È tutto perfetto.
 
A svegliarmi è lo squillo di un cellulare.
Prima che io possa anche solo muovermi appoggiata adesso sul petto di Edward con il viso, è lui stesso a prendere il proprio cellulare dai jeans caduti per terra, ritornando al proprio posto.
«Pronto?» sussurra assonnato.
Nel silenzio della casa, sento benissimo chi è dall'altro lato del telefono.
"Si può sapere dove sei?"A parlare è un uomo parecchio arrabbiato.
Edward rimane per un istante in silenzio, imprecando subito dopo. «Sto arrivando» assicura ormai sveglio all'uomo.
"Sbrigati, hai solo due ore prima che l'aereo parta e tu avresti dovuto già essere qui."
Serro più forte gli occhi. Non voglio che parta. Non adesso che so quanto può essere bella una possibile storia con lui... Ma dopotutto, lui vuole una storia?
Forse ti stai solo illudendo, Bella. Torna nella vita reale. I belli non stanno con i normali.
«Sì, non preoccuparti. Sto venendo.»
Lo sento muoversi per allontanarsi da me e raccattare i vestiti. Mi da le spalle per cui posso osservarlo senza essere scoperta. Forse dovrei dirgli che sono sveglia ma non mi va. Meglio che creda che io stia dormendo.
Vedo i muscoli della sua schiena contrarsi per infilare i pantaloni e poi alzarsi per cercare la camicia. Chiudo gli occhi quando non è più nella mia visuale.
Fa tutto in silenzio, senza disturbarmi o altro. Non so se la cosa mi piaccia o meno.
«Eleazar?»
Sussulto dallo spavento quando sento la sua voce. Sta parlando con un'altra persona.
"Edward, dimmi tutto. Sei ancora a Forks?"
«Sì, e ti chiamo proprio per questo. Devi farmi un altro favore.»
"Se posso"lo sprona amichevole l'altro.
«Devi rimanere ancora a New York.»
Sgancia la bomba non solo a Eleazar ma anche a me. Rimanere a New York? Ricordo che la scorsa settimana ha detto che avrebbe preso il posto del suo amico a New York per poterlo farlo ritornare qui a Forks.
"Perché, Edward?"si informa curioso Eleazar.
Sento Edward sospirare. «È una storia lunga. Io oggi parto come d'accordo e ti spiego tutto. Prometto che se mi fai questo favore per ancora uno, due mesi, poi mi trasferisco in pianta stabile a New York.»
No, Edward, spiega tutto adesso. Perché vuoi rimanere ancora per un mese o due a Forks? Per chi? Per me... o un'altra?
Oh, ti prego, hai rotto il cazzo con 'ste paranoie! Certo che l'ha fatto per te!
Oddio, sì! Sono stufa di pensare che non mi voglia, che gli faccia pena, e ora che rimanga qui in città per un'altra! Voglio credere che sia per me.
"Va bene, amico. Ti do due mesi, massimo tre. Dopodiché, ti trasferirai qui per almeno un anno senza eccezioni. Intesi?"
Eleazar è un grande amico. Edward aveva promesso il "per sempre" e lui ha chiesto solo un anno. E questo anche Edward lo sa.
"Grazie, Eleazar. Grazie."
Sì, grazie Eleazar.
 
Pulisco il bancone come mai annoiata in vita mia. Diamine, Edward è partito da una settimana eppure già mi manca come se fosse stato parte della mia vita da sempre. E lo conosco da solo un mese, se escludo l'altro mese in cui semplicemente mi limitavo ad osservarlo senza parlargli
Però, a conti fatti, lui non avrà fatto parte della mia vita da molto, ma è stato parte importante di essa. È l'uomo a cui ho concesso la mia verginità, non è poco.
«Bella, svegliati» mi ordina per l'ennesima volta Jessica, affiancandomi.
Jessica mi è stata vicina, in questi giorni. Praticamente ho dormito da lei cinque giorni in questa settimana e ha sopportato i miei scleri non solo diurni ma anche notturni. Lei sa tutto, ciò che provo, come mi sento, cosa vorrei e come la vorrei. È la migliore amica che si possa desiderare.
«Sì, scusami.»
Persa nei miei pensieri, spesso mi capita di addormentarmi in piedi mentre sto svolgendo il mio lavoro. Jacob mi ha licenziato ventitré volte, in questa settimana. Mai era capitata una cosa simile.
«Perché, invece, non vai a buttare la spazzatura?» mi chiede.
Annuisco, svolgendo questo lavoro come un automa. Faccio schifo per quanto sono triste. Fortuna che ci sono Jessica, Angela e Jacob con la loro allegria a far star bene i clienti, sennò se ne andrebbero tutti. E a ragione. Solo che non riesco a sorridere, proprio no!
Chiudo il bidone della spazzatura con un sospiro, l'ennesimo della giornata, e mi volto.
«Speravo di rivedere il tuo bellissimo sorriso al mio ritorno ma a quanto pare non è così.»
Non ci credo, ho le allucinazioni. Però no, non è possibile! Edward è qui, proprio davanti ai miei occhi, giusto?
«Edward...» sussurro.
A questo punto, la visione dovrebbe sparire se fosse solo un'allucinazione, e invece lui è ancora qui, più bello che mai. E io impazzisco del tutto. Gli salto addosso con uno slancio, mentre gli sono talmente attaccata al collo da non toccare nemmeno terra con i piedi. Lui non sembra nemmeno infastidito dal mio slancio d'affetto visto che ricambia la stretta.
«Oddio, che ci fai qui?!»
Mi ero persino dimenticata quanto fosse buono il suo odore, e annuso con una grande aspirata.
«Una sorpresa» mormora divertito.
«Bella? Ciao, Edward» Jessica ci interrompe uscendo dal locale, l'espressione tranquilla.
Perché non fa i salti di gioia come me?
«Tu lo sapevi?» le chiedo, senza sapere come mi sia venuta in mente quest'idea.
Jessica sorride. «Edward mi aveva chiamato e mi aveva dato un orario in cui farti uscire.»
Mi volto verso di lui, le sopracciglia aggrottate. «Lei ha il tuo numero? Nemmeno io ce l'ho.» Cosa a cui spero di rimediare al più presto. Mi giro verso di lei. «E da quando?»
«Da quando ha capito che ha l'appoggio della tua migliore amica. Ad ogni modo, devi ritornare dentro» mi ordina divertita, ritornando al locale subito dopo.
Sospiro, voltandomi di nuovo verso di lui. «Devo andare» annuncio sconfitta.
Mi lascia un bacio sulla fronte, facendomi sciogliere senza saperlo. «Non andartene quando finisci il turno. Ti vengo a prendere io.»
 
 
 
 
Spazio autrice
 
Non ho descritto la scena di sesso approfondendola ma sinceramente non la sentivo. Non so, di solito lo faccio sempre ma stavolta non riuscivo a trascrivere questa scena. Se l'avessi fatto, il capitolo non mi sarebbe piaciuto, capite cosa intendo con "non ci riuscivo"? Ma tranquille: il rating è arancione, per cui qualche scena ci sarà ;)
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 10
*** Capitolo 9 ***


Esistono le fiabe? Sì. Il mese trascorso ne è la prova. Ed ho paura, perché la troppa felicità non dura mai per sempre.
Credo che la confusione che avevo qualche settimana fa ormai non esista più: come posso non essere innamorata dell'uomo a cui mi sono concessa per la prima volta? Lo stesso uomo che dopo l'amore mi stringe a sé, che mi bacia i capelli con dolcezza nell'attesa che io mi addormenti, che mi sveglia la mattina con piccoli baci e mi fa addormentare dopo la passione più ardente?
Praticamente impossibile, lo so.
Il punto è che io non volevo. So bene come andrà a finire: Edward mi lascerà. Perché se anche fin'ora è stato l'uomo più dolce che io abbia mai incontrato, è pur vero che è già passato un mese dal suo ritorno e ha promesso a Eleazar di stare a Forks solo per altri due. Ritornerà a New York fra trenta giorni. E non tornerà più qui in città per un viaggio di piacere, ma rimarrà nella sua per sempre. A lavorare, com'è giusto che sia.
Solo che io non voglio. Sono egoista? Sicuro, ma tanto lo siamo tutti.
"Se ami qualcuno lo lascerai andare". Chi l'ha detta questa stronzata? Io voglio Edward tutto per me!
«A che pensi?»
Le braccia di Edward mi stringono per i fianchi, il suo petto contro la mia schiena. Pensavo dormisse.
«Nulla» rispondo sussurrando.
«Mmm... non penso proprio. Sei rigida.»
Mi conosce. Dopo solo un mese mi conosce. Perché in fin dei conti solo in quest'ultimo mese abbiamo potuto approfondire la nostra conoscenza e conoscerci meglio. Ecco un altro motivo da aggiungere alla lista per cui esserne innamorata. Mi conosce come mai nessun'altro, forse nemmeno Jessica.
Ma anche se ha ragione non posso dirgli la verità, non quando mi esporrei troppo. Perciò mi volto con tutto il corpo verso di lui, accarezzandogli il viso e osservando la sua bellezza devastante rischiarata dal chiarore della luna.
Edward chiude gli occhi baciandomi il palmo della mano. Le sue morbide labbra marchiano a fuoco la mia pelle, riempiendomi di brividi in tutto il corpo.
Sono fatta per lui. Mi accendo con un solo sguardo, ed è una cosa del tutto spontanea in sua presenza. Anche questo non mi era mai capitato.
La sua grande mano si posa sul mio fianco sotto le lenzuola, scoprendomi il ventre dalla sua camicia.
Mi piace indossare qualcosa di suo, qualcosa che è impregno del suo odore. È come se l'avessi di sopra anche quando è lontano.
Piega la mia gamba per fare in modo che con questa tocchi i suoi fianchi, e si preme contro di me. Il suo membro fino a pochi secondi prima rilassato inizia a capire che siamo in alto mare e che fra poco giungerà la tempesta.
Con una mano lo spingo sul materasso per mettermi a cavalcioni su di lui. Una delle mie fantasie quando lo vedevo al bar era questa posizione. Pian piano realizzerò tutto le altre... Anche quella dove abuso di lui contro una porta, sì. Per quella non vedo l'ora.
Bacio il suo collo, aspirando con forza il suo profumo e mordendo con delicatezza. E più giù, per arrivare al suo petto dove mordicchio i capezzoli.
Edward ansima leggermente, intrufolandosi con una mano fra le mie gambe. L'indice assassino compie quel lavoro che in questo mese ha compiuto già tante volte. Non che mi stia a lamentare, ovviamente.
Mi muovo come posso contro la sua mano, assecondando il mio piacere. Ogni tanto devo allontanare le mie labbra dal suo petto per respirare a fondo e non morire soffocata. Se aprissi bocca riempirei la stanza di gemiti che al solo pensarci mi fanno arrossire violentemente.
«Non venire» mi ordina lui roco quando nota il mio fremito più forte degli altri.
Come fa? Come fa a farmi eccitare con anche solo la sua voce? E come faccio io ad assecondarlo?
Ma se davvero non vuole che venga, lo farò. Farò ciò che vuole ma anche lui dovrà fare ciò che voglio io. Con una mano, prendo il suo membro e lo accarezzo. Senza che se lo aspetti, mi intrufolo con la testa fra le sue gambe e lo prendo in bocca. Siamo arrivati anche a questo punto. In realtà, credo li abbiamo superati tutti i punti base...
Edward accarezza i miei capelli con la sua mano. Adoro questo momento, mi fa sentire speciale per lui. Se fosse solo sesso, non mi accarezzerebbe i capelli, rimarrebbe immobile a gustarsi il momento. Ma ancora di più, amo quando perde il controllo e mi da lui il giusto ritmo. E amo i suoi gemiti spezzati.
Amo tutto di lui.
«Oh, Isabella...»
Amo anche quando mi chiama per nome intero. Lui è l'unico che lo fa e in questo modo mi sento ancora più sua.
Lo sento armeggiare con i cassetti del suo comodino – casa sua è meglio di casa mia. Intuisco che sta per prendere il preservativo e mi allontano immediatamente. È arrivato il momento. Mi posiziono senza attendere un suo ordine su di lui, osservando con bramosia quelle lunghe dita che infilano il profilattico al suo en... lungo anche questo membro. E infine lo guardo. Lo guardo cercando di trasmettergli tutto il mio desiderio per lui mentre anche Edward ricambia lo sguardo, che anche solo questo basta a farmi bagnare all'istante.
Le bollenti mani di Edward si posano sui miei fianchi, spingendomi su di lui. E nonostante non sia più vergine e l'abbiamo fatto numerose volte, c'è sempre quel dolore iniziale che mi fa irrigidire. Ma Edward mi conosce anche in questo. Di nuovo, il suo indice assassino mi massaggia, facendomi rilassare all'istante. E la sua entrata viene agevolata alla grande, fin quando non è completa.
Amo anche questo momento.
Continua ad accarezzarmi e a spingere il suo bacino contro il mio seguendo il mio volere. Non fa nulla per arrivare all'orgasmo, vuole che venga prima io. E seguendo il piacere che scorre nelle mie vene, lo raggiungo con un gemito più forte degli altri. Edward non perde tempo: con un veloce movimento mi spinge sotto di sé prendendo le mie gambe, piegandomele e posandole sulle sue spalle. Lo sento fino in fondo.
Questa non è certamente la preferita fra le posizioni provate, anzi: non mi piace per niente, ma a lui sembra farlo impazzire e a me fa impazzire questo. Se Edward perde il controllo, rischio di morire di desiderio fra le sue braccia.
Gli prendo il viso fra le mani, baciandolo. Non voglio provare di nuovo piacere, voglio concentrarmi solo su di lui. E lo faccio baciandogli persino l'anima per quanto profondo è questo bacio. Quando le sue spinte si allungano di tempo e profondità, lascio andare le sue labbra e mi concentro sul suo mente e il suo collo, alternandoli. Brividi di piacere mi fanno tremare quando sento le sue mani stringere il lenzuolo, il fruscio della seta risuonare quasi come un rumore sordo, e i suoi ansimi corti e bassi dovuti all'imminente orgasmo.
Amo soprattutto questo momento.
Con una spinta più forte delle altre, Edward si lascia andare respirando affannosamente. E quando si abbassa per lasciarmi dei lievi baci senza malizia sul collo, penso che mi sono sbagliata.
È questo il momento che più amo in assoluto.
 
«Come vanno le cose con Edward?» mi chiede Jessica in una pausa mattiniera dal lavoro.
Decisamente con la testa fra le nuvole, sorrido. «Meravigliosamente bene» sussurro spensierata.
Jessica sorride. «Quel sorriso è dovuto al fatto che è Edward a farti stare bene o il sesso con lui?» mi provoca senza tentare di nasconderlo.
Cerco di nascondere un sorriso, non riuscendoci. «È lui, Jessica. Che razza di domande fai?» la rimprovero bonariamente, bevendo un sorso del mio frappé.
Scrolla le spalle con aria sbarazzina. «Non vorrai mica dirmi che non avete fatto ancora sesso dopo la prima volta...»
Mi sta provocando. Che troia. «Ti dico solo che la farmacia di Forks si sta velocemente arricchendo in quest'ultimo mese che in un anno, a forza di comprare preservativi» le comunico altezzosa.
L'espressione divertita di Jessica scompare lasciando il posto ad una incuriosita. «Ma perché non prendi la pillola?»
E anche la mia espressione divertita lascia il posto ad un'altra ben diversa, un'espressione triste. «Perché non ce ne sarebbe bisogno. Lui fra un mese partirà... è inutile prendere le pillole solo per un mese» le spiego.
«Perché non vai con lui? Stai un po' e poi ritorni» mi propone gentile.
«Perché non ho mica la sicurezza che lui voglia, Jessy. Magari questa pseudo storia per lui è solo un modo per staccare la spina.»
Jessica si gratta la testa. «Non credo, Bella. Non da come vedo che ti guarda.»
Perché? Come mi guarda? Vorrei chiederlo ma ho paura della sua risposta. Mi illuderei solo di più.
 
Nei giorni a seguire vivo in uno stato abbastanza incoerente: sempre più felice di stare con Edward, sempre più triste per il tempo insieme che diminuisce.
Partirà tra tre giorni. So già che saranno i più brutti e allo stesso tempo i più intensi di tutta la mia vita.
Con Jessica ho parlato tanto.
«Perché non glielo dici?»
«Non voglio. E se lui non mi amasse e mi rifiutasse?»
«E se invece ti amasse proprio come ami tu lui? Se non rischi, non lo puoi sapere.»
Ci vuole coraggio nella vita. Sì, coraggio. Solo che io sono nata fifona. So per certo che se gli dicessi che lo amo lui potrebbe pure decidere di cambiare la sua vita per me. Solo che non ce la faccio.
Chiudo gli occhi sentendo una sensazione di deja-vu quando Edward si muove sotto di me e, sospirando piano, mi accarezza dolcemente la schiena facendomi rabbrividire.
«Ehi... sei ancora sveglia?» sussurra contro la mia fronte.
Sì, anche se sono le tre di notte.
«Non riesco a dormire» mormoro sconsolata.
Di certo non andrà ad intuire il perché non dorma. Dopotutto, sì che questi sono gli ultimi giorni insieme ma non è detto che non prenda sonno per questo. E invece sembra capirlo.
«Andrà tutto bene, Bella. Te lo giuro» promette solennemente, stringendomi con entrambe le sue braccia.
È incredibile come mi senta al sicuro con lui che mi stringe. Fino a pochi istanti prima ero pronta a scoppiare in lacrime e ora mi sento la donna più felice del mondo. Sorrido. «Sei l'uomo da sposare.»
Maledizione a me e alla mia boccaccia. Ma se solo pensassi prima di aprire bocca!
Sento Edward esitare un istante, bloccandomi di conseguenza il respiro. Che figura del cacchio! Oh, cazzarola, e se...
«E allora fallo.»
Ci metto un istante capire ciò che vuole dire. E confusa più che mai, mi volto verso di lui. Lo scopro intento a fissarmi con tranquillità, come se mi avesse appena chiesto che ore sono. «Che cosa?» chiedo sconvolta.
Lui non può parlare sul serio. Non mi ha nemmeno detto che mi ama e vuole sposarmi? E poi ci conosciamo da così poco e vuole passare il resto della sua vita con me?
«Sposami» ripete chiaramente e come se fosse la cosa più semplice del mondo.
«Ma... noi... noi ci conosciamo solo da un mese!» esclamo.
Dovrebbe capire l'assurdità della sua proposta.
«Quattro mesi» mi corregge lui.
Scuoto la testa alzando gli occhi al cielo. «Togli due mesi, non contano visto che non abbiamo parlato così tanto. E il mese che ho passato a fissarti nemmeno» lo rimprovero.
Inarca un sopracciglio sorridendo malizioso. «Quindi mi hai fissato.»
Apro bocca per inventargli una scusa ma al momento il mio cervello è sotto shock per poterne pensare una. «Oh, andiamo, certo che ti fissavo» sbotto alla fine, arrabbiandomi.
Sotto di me, lui sorride dolcemente accarezzandomi con le dita la guancia. «Cosa pensi che si faccia, nel matrimonio? L'uomo mette la moglie sotto la sua ala protettrice e lei lo ripaga occupandosi di lui la notte...» sussurra avvicinando la sua testa alla mia e leccandomi il labbro inferiore per un momento.
«Non è vero: pulisce la casa, mette in ordine le cose, cucina, lava, stira...»
Mi interrompe. «Sono cose che già fai per te. Cosa ti costerebbe farlo anche per me?» Non riesce proprio a trattenere quell'aria divertita che mi sta portando ad odiarlo e amarlo alla follia. «Che altro serve?»
L'amore,vorrei dirgli. Ma non lo faccio. Mi tiro indietro, come sempre. Codarda. O innamorata e spaventata dalla possibilità di perderlo.
«Non voglio una risposta adesso, va bene?» riprende lui con fare più serio. Accarezzandomi i capelli, mi induce a posare di nuovo la mia testa sul suo petto. Riprende ad accarezzarli, facendomi chiudere gli occhi. «Prenditi tutto il tempo che vuoi.»
 
«Non ci credo» mormora Jessica scioccata quando le racconto cosa mi ha chiesto Edward ieri sera.
Non le rispondo. In fondo nemmeno io ci credo. Mi sembra tanto di essere in un sogno.
Gioco con sguardo assente con le mie dita, la testa bassa e le spalle curve. Sono esausta. Di pensare, perché io alla proposta di Edward ci sto pensando eccome.
«Scusa se le lo dico però è pazzo, eh? Cioè, tu hai solo ventun'anni! Come può pretendere che ti sposi così giovane? E lui quanti anni ha, trenta? Okay, magari per lui è tempo di mettere la testa a posto, però…»
Io non l'ascolto. Non perché non voglia o dica cose sbagliate – la mia età è uno dei tanti motivi per cui rifiutare quest'assurda proposta – ma perché non ci riesco. È come se le forze mi avessero abbandonato.
Io sposata? E con Edward? Praticamente un sogno che diventa realtà. Allora perché allo stesso tempo non voglio? Perché mi sento così confusa? E perché deve essere tutto così difficile?
Sento Jessica sospirare. «Bella, cosa vuoi fare?» mi chiede seriamente.
La fisso. «Non lo so» sussurro.
Sembra presa alla sprovvista. «Be', allora… cosa ti dice il tuo cuore?»
Il mio cuore? È un bastardo perché nemmeno lui ha la risposta. Mi dice solo una cosa. «Mi dice che non voglio perderlo» mormoro. Ed è vero. Non voglio perdere Edward. «E mi dice che se lui va a New York finirò per perderlo, invece» continuo sospirando e posando due dita della mano sulle tempie. Mi sta scoppiando la testa.
Jessica sorride. «Io credo che il tuo cuore abbia sempre saputo cosa rispondere a questa domanda. Solo che deve capirlo anche lei» mi dice toccando con l'indice la testa e alzandosi per andare a servire un nuovo cliente.
 
Sto andando da Jessica. Aveva ragione. Lei ha sempre avuto ragione. Quando diceva che Dimitri non era adatto a me, quando diceva che mi avrebbe deluso, quando diceva che Edward mi fissava, quando diceva che Edward era attratto da me. Quando diceva che il cuore conosceva già la risposta.
Sto piangendo come una scema nella mia auto. Piove a dirotto e non ho portato l'ombrello con me. Il tempo sembra rispecchiare il mio stato d'animo.
Sapevo che la vita sarebbe stata una serie di decisioni, una più importanti dell'altra. E ora ne ho ha conferma. Perché questa decisione cambierà radicalmente la mia vita. Lo sta già facendo.
E quando suono alla sua porta, non ho bisogno di dirle nulla quando mi apre. Perché lei mi capisce con un solo sguardo. E quando capisco che ora sa, non c'è tempo per nulla. Serve solo per un abbraccio stritolatore e un sacco di fazzolettini per le lacrime.
«Mi dispiace» singhiozzo sulla sua spalla.
«Sei una stronza» mi rimprovera stringendomi a sé.
«Sei stata tu a farmi capire» le dico sorridendo tremula.
«Non hai idea di quanto mi stia odiando!»
«Siamo in due» mormoro scoppiando finalmente a ridere insieme a lei.
Non ho idea di quanto tempo passi. So solo che sto per lasciare tutto: la mia casa, il mio lavoro, mio padre, i miei migliore amici. Lascio una vita da sogno, tranquilla ma felice. Lo faccio perché amo Edward e voglio sposarlo.
 
Quando ritorno a casa, sono le dieci di sera passate. La testa mi scoppia ma mi sento decisamente più leggera. Papà non c'è, è da un suo collega. Gli dirò tutto domani.
Al suo posto trovo Edward seduto sulla veranda. Mi ha detto che non mi avrebbe fatto pressioni. Lo so, gli credo.
Non appena mi vede, si alza per venirmi incontro. Ha smesso di piovere e la camicia bianca sembra rispecchiare nel buio della sera. È più bello che mai.
Non gli dico niente. Mi limito a sorridere stancamente, perché è questo ciò che sono. Stanca, ma felice. Forse per la prima volta in vita mia.
Jessica non è l'unica che mi capisce con un solo sguardo. Anche lui sembra capire che ho deciso di sposarlo. E quando mi sorride, mi rendo conto che lui è la mia casa. Forks, New York, o in qualunque altra città, per me l'importante è stare con lui.
Edward mi prende il viso fra le mani per lasciarmi un delicato bacio prima di stringermi fra le braccia. E io mi sento meravigliosamente bene.
Non mi sono mai pentita delle decisioni prese, e di questa sono più sicura che mai.
 
 
 
 
 

Spazio autrice
 

Al suo posto gli avrei detto: "What the fuck???" Però, diciamocelo, non le avrà chiesto di sposarlo dopo una cena al ristorante e non le avrà dato l'anello, ma cazzo se non lo sposerei subito *Q*
Abbiamo capito, in questo capitolo, due cose importanti: Bella ama Edward e adora tutto ciò che le fa a letto *Q* Lei sì che ha bei gusti, come darle torto?
Come avete visto ho fatto molti salti temporali: credetemi, anche io avrei voluto approfondire i loro incontri ma non avevo idea di come farli. Oltre a questo, semplicemente stavano intimamente insieme e parlavano. Non è accaduto nulla di importante, si sono solo conosciuti a fondo. E come autrice della storia, so cos'è meglio per essa: questa decisione è stato il meglio. Se l'avessi scritto vi sareste annoiate, credetemi ;)
Spero che il capitolo vi sia talmente piaciuto da lasciarmi una piccola recensione <3
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 11
*** Capitolo 10 ***



Sono successe tante cose da quella sera in cui ho accettato la proposta di Edward. Lui è partito come da programma due giorni dopo, allo scadere del secondo mese, e io mi sono data da fare per preparare mio padre alla notizia che non solo la sua bambina si era fidanzata, ma che si sarebbe sposata di lì a breve e che sarebbe partita per New York.
La cosa positiva è che Charlie non è mai stato un tipo geloso; abbastanza sulle sue, lavora per se stesso e per non farmi mancare nulla. E con Edward non c'è dubbio che non mi mancherà mai niente visto il suo lavoro, anche se non è certamente questo il motivo per cui ho deciso di sposarlo.
Ad ogni modo, ha reagito esattamente come io mi aspettavo reagisse: con calma e diplomazia, ma con gli occhi leggermente velati dalle lacrime. Speravo tantissimo di felicità.
Oggi sarebbe stato il mio ultimo giorno a Forks. Edward è venuto tre giorni fa e domani noi saremmo partiti insieme. In questi tre giorni mio padre ha voluto conoscere Edward senza però essere mai oppressivo e Edward è stato ben lieto di accontentarlo.
È proprio per questo motivo, la presenza di Charlie, che non abbiamo più potuto fare l'amore. Ma forse è meglio così: la prima sera a New York sarà qualcosa di magico. Il fatto è che saremo sicuramente stanchi per il viaggio, quindi è proprio per questo che ho approfittato di questa mini-vancanza per potermi riposare senza fare nulla di troppo stancante.
Mi sono licenziata, innanzitutto. Non volendo lasciare Jacob nei guai, gliel'ho detto immediatamente e così ha avuto il tempo di mettersi a cercare un'altra ragazza. Ovviamente, ho lavorato da lui fin quando non ne ha trovata una.
E poi ho fatto le valige prima. Non è che abbia un vasto assortimento di capi – jeans, felpe, magliette, converse... e basta – per cui non mi sono servite nemmeno tre valige. Anche perché ho lasciato qualche cambio per questi giorni che poi avrei messo in uno zaino.
Edward sta in casa del suo amico Eleazar. Anzi, in casa della sua amica Carmen perché lì ci abitano i genitori di lei. Ma quando gli ho detto che se voleva poteva rimanere a dormire qui, mi ha risposto che non gli dispiaceva dormire dai genitori di Carmen perché per lui sono come una famiglia. Ad ogni modo, approvo in pieno questa decisione: troppo imbarazzante svegliarsi la mattina e ritrovarsi tra tuo padre e il tuo fidanzato.
La porta di casa si apre, rivelando la figura di mio padre. Riconosco i rumori che produce con le chiavi, il fucile e il giubbotto. Mi mancherà Charlie, mi mancherà molto. Ma la decisione l'ho presa.
 
Credo di non aver mai dormito così poco in vita mia: l'emozione per la partenza che equivaleva allo stare definitivamente insieme a Edward mi rendeva talmente eccitata da dimenticare persino di respirare, alle volte.
Quello che fino a non molto tempo fa mi sembrava solo il sogno di una ragazzina con sbalzi ormonali che sbavava su di un uomo attraente che veniva alla tavola calda dove lei lavorava sta diventando realtà. Forse, dopotutto, l'immagine che mi ero fatta di noi due in un futuro prossimo potrebbe diventare realtà.
 
Nel momento stesso in cui sto per pettinarmi i capelli davanti allo specchio del mio bagno, il campanello suona.
È lui. Deve esserlo per forza visto che saremmo partiti insieme fra non molto.
Velocemente, lascio cadere la spazzola – pure per terra, chi se ne frega – e corro ad aprirgli. Lo accolgo con un sorriso, lo stesso che ha lui sul volto.
«Pronta?» chiede con un velo di malizia negli occhi.
Senza rispondergli, lo faccio entrare sorridendo eccitata. Sa come mi sento, tanto. «Devo solo prendere le valige» comunico infine.
«Sono quelle?» mormora indicando le due valige vicino al divano nel mio piccolo salotto.
«Sì. Ho pensato di non portarmi tutti i miei vestiti, magari a New York mentre lavori vado a fare un po' di restauro dei miei abiti, che dici?» Oddio: sto davvero chiedendo il permesso per fare shopping? No, non permesso: consiglio. Ecco, così è meglio.
Edward annuisce, prendendo i bagagli. «Certo. Felix ti accompagnerà e provvederò a darti la mia carta di credito» risponde tranquillamente.
Felix? Carta di credito? «Perché dovresti farmi accompagnare? E io ho i miei soldi, perché dovrei volere la tua carta di credito?»
Come se si fosse accorto solo ora delle sue parole, si ferma posando le valige per terra e si avvicina a me prendendomi le mani fra le sue. «Credimi, Bella, non volevo metterti a disagio. È solo che a New York sono molto più famoso che qui a Forks e, come mia fidanzata prima e mia moglie dopo, è meglio che tu sia accompagnata quando esci fuori. E per quanto riguarda la mia carta di credito... So che vorresti comprarti da te le cose che ti servono ma permettimi di comprarli io. D'altronde è compito mio occuparmi di te, no?» sussurra fronte contro fronte.
Sorrido. «Va bene.» Mi vuole coccolare. E a me piace essere coccolata.
«Grazie» mormora scoccandomi un bacio veloce sulle labbra. Si allontana per riprendere le valige. «Hai salutato tutti?»
Il sorriso felice si trasforma in malinconico. Sì, ho salutato mio padre, Jessica, Jacob e Angela. Ho salutato tutti e per tutti ho pianto. Ho chiesto loro di non venire a Port Angeles insieme a me. Primo, non avrebbe senso un viaggio in macchina di un'ora solo per vedermi prendere un aereo. E secondo, odio gli addii. E poi questo non è nemmeno un addio! È solo un arrivederci.
«Sì, tutto fatto» gli comunico indossando la giacca.
Edward mi rivolge un'occhiata penetrante. «Se ci hai ripensato...»
Scuoto la testa avvicinandomi a lui. «No. Per nulla.» Sorrido quando sorride. «Dai, andiamo» ordino cercando di vedere qualcosa di positivo nella mia partenza. Mi sposerò con Edward, dopotutto.
 
Il viaggio mi è sembrato passare meravigliosamente: l'ora in macchina che ci avrebbe condotti da Forks a Port Angeles è passata velocemente tra una chiacchiera, un silenzio tranquillo e l'osservazioni sul paesaggio che scorreva; il volo di una minuscola ora Port Angeles a Seattle è volato in men che non si dica; e l'ultimo volo, quello che da Seattle ci avrebbe portati in otto ore circa a New York è stato delizioso su di un sedile in prima classe, un sonnellino pomeridiano e una buona lettura. E dell'ottima compagnia, ovviamente.
La verità è che non riesco ancora a credere di essere qui, a New York con Edward. Mi sembra tanto un sogno e ho paura di svegliarmi da un momento all'altro.
Non ho mai preso un volo in vita mia e adesso mi ritrovo invece in una delle ville più grandi di New York con affianco l'uomo che sposerò a breve.
Con Edward non ne abbiamo ancora parlato e non vedo l'ora di decidere la data.
«Che te ne pare?» mi chiede Edward non appena entrati in casa sua.
L'ho vista solo da fuori e ancora non conosco neanche lontanamente le ville della città, ma davvero mi sembra la villa più grande di New York. O una tra le ville.
«Ci vivi da solo?»
Sono stupita, seriamente.
Edward mi rivolge un'occhiata confusa. «La domestica, Kate, lavora qui dalla mattina alla sera ma ritorna a casa propria, per cui in teoria sì. Non ti piace?»
Se non mi piace? «Scherzi? È probabilmente la casa più grande che vedrò mai in vita mia!» esclamo sorridendo estasiata.
Oddio, ha anche le scale e io amo le scale! Porteranno alle stanze private... e chissà quante ce ne saranno qui. Il salotto è enorme e i mobili rispecchiano l'ambiente austero che vi è intorno. Il colore predominante è il bianco. Mi piace tantissimo.
«Non hai mai visto Buckingham Palace, allora» si prende gioco di me Edward rivolgendomi un sorriso divertito.
«Ah-ah» lo scimmiotto, dirigendomi da sola e quasi con timore verso una porta.
«Sei sicuro non sia la più grande villa di New York?» gli chiedo lanciandogli un'occhiata.
«Bella, noi non siamo a New York.»
Le sue parole mi fanno fermare con la mano già sulla maniglia della porta. Confusa, mi volto verso di lui che mi ha seguito. «Che vuoi dire?»
Con aria minacciosa, mi attira a sé costringendomi ad aggrapparmi alle sue spalle. «E se ti dicessi che ti ho rapito per poterti avere tutta per me?» sussurra roco, fissandomi così intensamente che mi sento quasi sull'orlo dell'orgasmo. Alla fine fa il suo sorriso sghembo. «Siamo poco fuori New York, Bella» spiega.
Peccato. La prima teoria mi piaceva di più.
 
Alla fine ho scoperto che la casa si trova su 3 ettari di terreno e dispone di una cucina esterna con forno, ben sei camere da letto, cinque bagni, tre caminetti, un attendente a un molo per la barca e pavimenti in parquet. Mi sembra tanto di vivere in una reggia.
L'esterno è altrettanto meraviglioso: in pietra e ciottoli, il suo giardino è enorme e assomiglia tanto a quello inglese.
Non c'è nulla che non vada in questa villa, è tutta bella così come il suo padrone. Ma come Edward, è così fredda che sono felice di poterci vivere. È giusto che una villa così splendida abbia un po' di calore da dare ai futuri invitati e io sono pronta a darlo, questo calore. Sia alla casa ma, soprattutto, al mio futuro marito.
 
Edward si è comportato da perfetto padrone di casa e da perfetto fidanzato; dopo avermi fatto un resoconto dettagliato della sua villa, mi ha mostrato ogni singola stanza. Se n'è andata mezz'ora solo per l’interno, giuro. E il tutto tenendomi per mano. Lui parlava indicando le stanze, io lo fissavo osservando ammaliata quelle labbra rosse ed invitanti.
È per questo che ho accolto con sollievo la sua proposta di disfare ora le valige così da poterci poi riposare senza sollievo. Ancora un po' e l'avrei violentato nel giardino che mi avrebbe mostrato domani.
In accappatoio, dopo una veloce doccia nel bagno della stanza di Edward – oddio, il bagno è nella camera da letto! E la stanza di Edward è anche la mia! – ho già disfatto una valigia. Manca soltanto l'ultima e l'avrei fatto se lui non fosse entrato tenendo in mano un vassoio con dei... cornetti? Per cena?
Sorrido. «I cornetti, Edward?»
Edward ricambia il sorriso rendendolo però malizioso. «Non so tu...» Posa il vassoio sul comodino di fianco a me e prendendomi fra le sue braccia. «Ma io decisamente ho fame di altro» mormora improvvisamente serio lasciandomi un bacio sul collo che mi fa fremere e chiudere gli occhi.
Mi aggrappo alla sua t-shirt. Si è cambiato, i suoi capelli sono ancora bagnati dalla doccia. «Passiamo al dessert?» ansimo alzando lo sguardo al soffitto quando sento la sua lingua passare su tutta la mia gola. E non solo la punta, tutta la sua lingua... Lui non l'aveva mai fatto e io non avevo mai pensato che questa sensazione, la sua lingua bagnata e calda sul collo, potesse farmi diventare le gambe di gelatina. Senza forza, mi lascio cadere sul letto, Edward che mi segue.
«Non hai fame?» mi provoca infilando una mano sotto l'accappatoio e risalendo su per la coscia.
«Decisamente no» rispondo senza esitazione, cosa che lo fa sorridere.
La sua bocca si ritrova sulla mia, la sua lingua che cerca la mia lentamente. Non c'è fretta, abbiamo tutta la notte da ora e per sempre.
 
A svegliarmi sono i raggi di un caldo sole che filtrano dalle finestre con le tende scostate. Ancora assonnata, mi muovo per svegliare i muscoli intorpiditi dal sonno. Ho un lieve momento di smarrimento subito congedato dal primo pensiero della giornata: sono a New York, nella camera da letto di Edward. Anzi, nella nostra camera da letto.
Allungo una mano vicino a me sul letto ma tocco il vuoto. Le lenzuola sono un po' calde, segno che lui si deve essere alzato solo da poco.
La porta del bagno in camera si apre, rivelando la figura di Edward. Ha i jeans addosso ma è a petto nudo, tiene un asciugamano in testa per frizionare i capelli ancora bagnati dalla doccia.
È più sexy che mai, ed è mio.
Sorride quando nota che sono sveglia e non posso fare a meno di sorridere pure io, tranquilla.
«Pensavo che stessi ancora dormendo» mormora salendo sul letto e posando le sue labbra sulle mie.
Inalo a fondo il suo odore. Muschio, dopobarba, lui. Edward Masen, in poche parole. Dovrebbero riprodurre e vendere questa fragranza, riscuoterebbe molto successo.
Non rispondo, troppo occupata a baciarlo.
Edward, senza più sorridere, scosta il lenzuolo che copre il mio corpo nudo. L'aria condizionata ci permette di non morire dal caldo e anzi di coprirci. Ma siamo già nudi e questo basta. O almeno, lo eravamo stanotte... adesso l'unica ad essere nuda sono io.
Come comandate da volontà propria, le mie mani si posano sul suo ventre, scendendo di poco e aprendo i jeans. Lui non si oppone. E perché dovrebbe, dopotutto? Tutt'altro, mi aiuta anche a toglierli buttandoli via. Sotto non indossa nulla.
«Pensavo avessi i boxer» ansimo nell'ultimo sprazzo di lucidità, prima di finire dritta in Paradiso quando la sua bocca famelica morde il mio mento e la sua mano si intrufola fra le mie gambe.
«Speravo in un risveglio simile, Isabella» sussurra roco contro la mia gola facendomi rabbrividire di piacere.
Ho sempre odiato il mio nome per intero, ma pronunciato dalla sua bocca ha un così sensuale suono...
Senza attendere oltre, Edward allarga maggiormente le mie gambe e indirizza la sua erezione sulla mia intimità. Con un colpo secco, entra in me.
È così strano il fatto che quando sono bagnata a livelli a dir poco imbarazzanti, per quanto mi faccia sempre impazzire quando mi fa sua, non regga il confronto con quando mi prende in modo così rude e selvaggio facendomi pure assai male.
Forse perché se che con lui non devo temere nulla, che non mi farà mai male. Perché di lui mi fido ciecamente.
«Bella...» ansima riportandomi alla realtà, spingendo in profondità e con un ritmo costante e veloce.
È quasi al limite, lo capisco dal tono supplichevole della sua voce.
Con un movimento fluido, inarco la schiena sotto di lui facendolo entrare ancora più in fondo di quanto credevo possibile.
Lo sento gemere roco, aggrappandosi al lenzuolo e stringendo quasi per trattenersi. Questa è l'ultima cosa che voglio, però.
Prendo il viso fra le mie mani, baciandolo a lungo. Il tempo necessario per raggiungere il suo stesso livello. E quando il piacere inizia ad aumentare e aumentare ancora di più, mi allontano di poco stringendo la mia presa sui muscoli delle sue braccia tese.
«Edward...»
È lui a precedermi. «Insieme, Bella» mi ordina, prendendo le mie mani e intrecciandole alle sue, per poi portarle sopra la mia testa. «Così...» sussurra spingendo facendomi inarcare sempre di più ad ogni spinta.
«Oh Dio...»
«Sto venendo, piccola. Dimmi che ci sei» ansima al mio orecchio.
«Sì... sì!» esclamo colta da un improvviso fremito di piacere che annuncia l'arrivo dell'orgasmo. Nello stesso momento, sento la presa di Edward stringersi attorno alle mie mani e spingere un'ultima e decisiva volta.
Respiriamo entrambi come se avessimo corso una maratone, i nostri corpi appiccicati e madidi di sudore, ma non mi interessa nulla. Muoio dal caldo, ma poco mi importa. Non quando mi ha chiamato piccola...
Edward è ancora dentro di me, il viso sul mio seno. Spero si accontenti della mia seconda scarsa. Come avesse letto nei miei pensieri, sospira beato posando una mano sul mio seno sinistro. Lo accarezza, ci gioca, lo stuzzica... Lo prende per un giocattolo. Ma a me va bene, mi basta solo che gli piaccia.
Perché io voglio piacergli. Tutta. E sono così felice che questo non sembra essere un problema!
«A che pensi?»
Il suo fiato caldo mi solletica leggermente ma non mi muovo di un millimetro. Le mie mani si posano sui suoi capelli, accarezzando quella massa setosa che non sono altro.
«A quanto sia fortunata ad averti» mormoro senza problemi.
È la verità.
Mi lascia un bacio sul cuore, ritornando al proprio posto sopra il mio seno. «Sono io quello fortunato, Isabella.»
Non rispondo: benché la pensi diversamente, voglio godermi l'eco delle sue parole.
Dopo ciò che può essere un attimo o un secolo, Edward parla. «Oggi dovrei andare in azienda.»
Mmh... Azienda significa dipendenti. E dipendenti significa donne. E donne significa, vista la mia sfiga assurda, bionde dalle tette enormi, culo perfetto, gambe chilometriche e sorriso da far concorrenza a quelli che si vedono durante la pubblicità dei dentifrici.
È normale che io sia gelosa del suo lavoro? O meglio, di chi lavora per lui? Forse devo andare da uno psicanalista... insomma, si tratta di lavoro!
«Vieni con me?»
Prego? Se vengo con te?
No, Bella, non venire in quel senso... nell'altro!
Stupida coscienza del cavolo, l'avevo capito! Ci avevo pensato, a quel senso... ma avevo comunque capito ciò che intendeva dire lui.
«Ti faccio vedere l'azienda, conoscerai i miei dipendenti... E poi staremo insieme. Non ti piacerebbe?»
Sorrido, tentando di fare la ragazza matura. «Certo che mi piacerebbe, Edward. Dimmi solo quando vuoi che mi prepari, sarò pronta in un quarto d'ora scarso» comunico.
Edward anche questa volta mi bacia all'altezza del cuore. Ma invece che fermarsi come poco fa, continua a lasciarvi lievi baci tutt'intorno, raggiungendo poi il mio capezzolo. Lì si ferma per racchiuderlo fra le labbra e stuzzicarlo con la lingua. Niente denti, solo lingua. E so che solo per questo potrei venire all'istante. Sento già qualcosa bagnarsi...
Ma lo squillo di un telefono mi fa quasi morire dallo spavento.
Edward si allontana, ma solo con le labbra. Rimane ancora sopra e dentro di me. Riesce a recuperare il proprio telefono dal comodino accanto.
«Masen.»
Dio, quando fa quella voce da professionista, così inflessibile e duro... Oddio, duro no...
La voce di una donna all'altro capo del telefono mi fa quasi digrignare i denti. Non sento nulla visto il brusio ma ciò non significa che non riesca a distinguere la voce di un uomo o una donna. E questa è una fottutissima donna!
«Sì, sì, tranquilla, oggi vengo.» Edward mi sorride sghembo. Ah! Allora pure lui pensa al doppio senso con quella parola!
Visto, Coscienza, che non sono l'unica?!
«Va bene, a tra poco, Tanya.»
Tanya? Tanya?! Quella sgallettata che vuole prendersi il mio uomo?
Calmati, Bella, calmati. È chiaro che è solo una dipendente, no? Quel tono freddo può usarlo solo con i dipendenti, lui pareva pure scocciato di essere stato interrotto e... e... Al diavolo, chiedigli subito chi è quella sgualdrina!
«Edward...» lo chiamo.
Sssh, Bella. Ci vuole calma… e sangue freddo, calma. Yeah. No, non è tempo di cantare.
«Sì?»
Tzè, fa pure l'innocentino mentre posa la testa sul mio seno. Fra poco gliela stacco, a questo dongiovanni incallito.
«Tanya è la stessa che ti ha chiamato la prima volta che siamo usciti insieme dopo il primo appuntamento, vero?» domando cercando di mostrarmi solo curiosa, accarezzandogli i capelli.
Se la sua risposta non mi garberà per niente, potrà dire addio alla sua folta chioma. Pelato non piacerà alle donne, giusto? Potrei stare tranquilla che nessuna donna lo seduca, si faccia mettere incinta, lo costringa a sposarlo per poi lasciarmi, no?
«Sì. È la mia segretaria personale» risponde tranquillamente.
La segretaria. Lo sapevo, io. Ed è pure personale!
Edward sospira, lasciandomi un bacio sulle labbra stavolta. «Vorrei stare per sempre così ma dobbiamo muoverci» comunica uscendo da me.
Sì, Edward, dobbiamo muoversi. Voglio vedere in faccia quella zoccola.
 
L'azienda di Edward è enorme, e come in ogni azienda che si rispetti, ci sono un sacco di persone in movimento. È fantastico, adoro stare in posti come questo. Edward mi aveva presentato poche persone. Avevo conosciuto Richard, l'agente di sorveglianza; David, che lavora alla contabilità; Joseph, uno dei responsabili d'ufficio; e Michael, il responsabile del personale.
Mi ha fatto molto piacere vedere Edward presentarmi come la sua fidanzata e osservare i suoi dipendenti contenti di incontrarmi. Sono felice che lavori in un ambiente sereno e familiare quasi.
«Allora? Che te ne pare?» mi chiede Edward fermandosi alla macchinetta del caffè nei pressi del suo ufficio.
Mi da il bicchierino con tanto, tanto zucchero.
«È davvero fantastico» mi complimento sincera, dando un'occhiata in giro bevendo il caffè.
Non ho ancora visto lei.
Lo restituisco a lui, che beve nello stesso bicchierino velocemente. Lo butta nel cestino, prendendomi per mano. «Vieni, ti faccio vedere il mio ufficio.»
Ma non appena ci voltiamo, ecco che viene verso di noi una rossiccia dall'aria preoccupata. Eccola, è lei, sicuro! Be', almeno non è bionda.
«Signor Masen!»
Non mi degna di uno sguardo, ha occhi solo per Edward, ma almeno gli da del "lei". Ecco, brava, gira al largo.
«Prendi un profondo respiro, Tanya, va tutto bene» mormora divertito Edward al mio fianco.
La ragazza sospira, rilassandosi di colpo. «Non l'ho vista arrivare e la riunione inizierà fra poco...»
Ecco spiegata l'agitazione. Sta di fatto che è una sgualdrina, non mi piace neanche un po'.
«Ah, va bene.» Edward si volta verso di me. «Bella, lei è Tanya. Tanya, lei è Bella, la mia fidanzata.»
A questo punto dovrei porgerle la mano sinistra per farle vedere l'anello di fidanzamento, solo che io non l'ho, accidenti a lei!
Tanya sembra accorgersi solo in quel momento di me e arrossisce. «La prego di scusarmi, signorina.»
Eh? Si scusa?
Accetto la sua stretta di mano confusa.
«Tanya, potresti farle compagnia? Prometto che cercherò di far terminare la riunione il prima possibile» dice rivolgendosi poi a me. Prima che io possa dire qualcosa, mi lascia un veloce bacio sulla fronte e scappa via.
«Dove va?» mi ritrovo a chiedere, seguendo la sua figura fin quando non scompare.
«In sala riunioni» risponde lei. Si avvicina a me con un sorriso mortificato. Oddio, ma che ha? «Mi dispiace non averla salutata prima, è solo che ero talmente sollevata di vedere il suo fidanzato arrivare che quasi mi mettevo a piangere. La riunione di oggi è molto importante, sa? Se fosse mancato avrei dovuto giustificarlo in qualche modo per non far saltare l'accordo» mi spiega.
Ah. Okay, ora ho capito. Che carina, non mi prende a parolacce. Cosa che ho fatto io. Ma che importa? Il passato è il passato, in fin dei conti.
"Il suo fidanzato"… Aw, che dolce ragazza! Molto simpatica, sì.
 
 
 
 
 
Spazio autrice

Quindi, ricapitoliamo xD
1)Bella parla con la sua coscienza;    
2)Tanya, pur non avendola mai conosciuta prima, è già una zoccola per lei;
3)Edward, pur comportandosi da uomo perfetto praticamente, è un dongiovanni.
ODDIO! xDD Niente da fare, è pazza. Però mi piace :')
Insomma, sono anche stanca delle protagoniste perfettine che fanno sempre la scelta giusta e non commettono mai cazzate. È difficile rispecchiarsi in loro, sono inverosimili. Bella è una di noi, è umana e fa continuamente stronzate, e vorrei tanto che potesse rispecchiarvi in lei come faccio io :) Se vi chiedete come mai conosca una canzone italiana… be’, noi non ne conosciamo straniere sapendone pure il significato? Stessa situazione x)
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 12
*** Capitolo 11 ***


Scusatemi per non aver postato nulla durante questa settimana, ma è l’ultimo mese di scuola e ci stanno sommergendo di compiti che mi impediscono persino di avvicinarmi al pc, la sera vado a letto stanca morta… proprio non ho avuto il tempo. Pubblico velocemente i capitoli delle mie storie ma senza rispondere alle vostre recensioni proprio per poter mandarmi avanti coi capitoli. Sappiate però che le apprezzo tantissimo.
 
Ah, prima di lasciarvi al capitolo volevo solo specificare una cosa che nello scorso alcune hanno frainteso: Edward NON è un dongiovanni, puttaniere, quello che volete voi xD Ha avuto le sue esperienze, ma non tanto da poter essere chiamato così. È Bella a pensarlo in quel momento perché gelosa xD
 
 
 
 
 
Sono passate due settimane da quando ho visitato l'azienda di Edward. Durante questi giorni Edward è stato talmente impegnato che abbiamo potuto stare insieme solo la mattina presto e la notte.
Ora capisco cosa significa il ruolo di "direttore aziendale". Mi mancava terribilmente, ma è il suo lavoro.
La cosa buona è che abbiamo finalmente deciso la data delle nozze. Eravamo in agosto e, anche se desideravo sposarmi al più presto con Edward, non volevo certo sudare dentro al mio abito da sposa, per cui avevamo deciso di sposarci fra tre mesi, a novembre.
A letto, alzo gli occhi per controllare l'orario. Sono le dieci e mezza. A Forks sarei già sveglia da ore, mentre qui succede il contrario: ozio deliziosamente a letto dopo una notte di sesso sfrenato con il mio fidanzato.
Sorrido a ripensare alla passione con cui io e Edward stiamo insieme. No, non mi posso proprio lamentare. Decido di alzarmi per poter fare una doccia e poi scendere a fare colazione. Indosso solo dei pantaloncini bianchi che arrivano poco sotto al sedere, infradito e un top giallo senza nemmeno mettere il reggiseno. Col caldo che c'è, non sopporterei questo peso.
«Buongiorno, Kate» saluto la domestica di Edward con un sorriso felice sul volto. Lo sono.
La prima volta che ho conosciuto Kate è stato il giorno dopo il mio arrivo. Edward le aveva lasciato il giorno libero per impegni personali, così ho dovuto aspettare un po' prima di vedere com'era. Piacevolmente, ho scoperto che Kate è una dolce signora di mezz'età sposata con un uomo che fa il negoziante e con due figli maschi ormai sposati.
È piacevole anche conversare con lei.
Notandomi, mi sorride indicandomi la sedia. «Buongiorno a te, Isabella. Ti preparo qualcosa da mangiare? Cosa vorresti?»
Ignorando le sue istruzioni, noto che sul tavolo dov'era lei c'è un cruciverba. «Niente, Kate, grazie. Mi basta solo un bicchiere di latte freddo con i cereali che posso benissimo preparare da sola.»
Non sembra essere d'accordo. «Il signor Masen...»
La interrompo sorridendole. «Il signor Masen non c'è, Kate, e so bene dove si trovano latte e cereali. Stai tranquilla» le dico.
Ricordo ancora come i primi tempi si è ostinata a darmi del lei chiamandomi signora. A ventuno anni!
«Va bene, Bella. Che ne dici di aiutarmi qui, allora?» mi chiede indicandomi il suo cruciverba e sedendosi.
Annuisco, facendomi da mangiare in tre secondi. Latte freddo in un bicchiere e un pugno di cereali: nulla di più semplice. «Ehi, Kate, sai se per caso oggi pomeriggio Felix è disponibile?» le chiedo in seguito.
Felix è un omone di trent'anni dedito solo al lavoro. Non è sposato, non è un padre single, ha solo una sorella e due genitori che abitano in città. È piuttosto silenzioso ma con me non funziona. Odio il silenzio, e Felix si è dovuto abituare a sentirmi parlare. E parlare, e parlare, e parlare... Tanto che alla fine ha cominciato a parlare anche lui. Incredibile, già. Talmente incredibile che pure Edward si è sorpreso.
«Sei una donna tenace», si è complimentato malizioso.
Ho scrollato le spalle fingendo che la cosa non fosse così importante anche se dentro gongolavo di piacere.
«Per te è sempre libero, Bella. È il suo lavoro accompagnarti dove vuoi» mi ricorda.
Sorrido, riconoscendo che ha ragione.
 
«Che te ne pare di questo?» chiedo per l'ennesima volta a Felix posando su di me l'abito giallo adatto a una specie di scampagnata.
A me piace da morire.
«Bella, sei splendida.»
Sospiro stanca, gettandolo sulla pila di altri abiti provati. «Hai detto così anche per gli altri ventidue abiti. Ma non c'è niente che ti faccia dire un vero complimento, invece che di uno "splendida" solo per mettermi a tacere?» gli chiedo insoddisfatta.
Come fa a dire che sono splendida se nemmeno ha posato i suoi occhi su di me o se nelle poche volte che lo fa poi si gira immediatamente?
«Se il signor Masen venisse a scoprire che ti faccio dei complimenti, sarebbe capace di licenziarmi in tronco» mi spiega, lanciandomi una veloce occhiata.
Eh? Allora è questo il problema?
«Ma Felix, fare un complimento non è mica come uccidere una persona!» Mi volto a destra e a manca per osservare la gente e avere sott'occhio qualcuno per cui fare un esempio. «Ecco, lo vedi quel ragazzo? È stupendo, con un corpo che farebbe invidia al David di Michelangelo» mormoro.
Il ragazzo in questione è biondo, con occhi azzurri e i muscoli delle braccia che si contraggono nello stringere una bambina fra le braccia. Forse è il padre. I jeans e la maglietta nascondono una figura che farebbe sicuramente invidia a quella statua.
Mi rivolgo di nuovo a un Felix sconvolto dalle mie parole. «Tuttavia, i miei complimenti non significano nulla. Gli occhi per guardare ce li abbiamo tutti, non posso mica chiuderli per sempre. Quindi, il fatto che tu mi faccia dei complimenti non significa nulla. Che poi io ti chiedo solo di dirmi se un vestito mi sta bene, non di dirmi che sono bella o altro» lo rimprovero vagamente divertita.
Rassicurato dalle mie parole, Felix sorride. «Va bene. D'ora in poi...»
La suoneria del mio cellulare ci interrompe. Prendo in mano il mio telefono, rispondendo alla chiamata. «Pronto?»
«Bella, dove sei?» chiede la voce tranquilla di Edward.
«Volevo uscire e Felix mi ha accompagnato. Non sono sola» mi giustifico, pentendomene subito dopo.
Amo Edward e farei qualsiasi cosa per lui tranne che rinunciare alla mia indipendenza. E giustificandomi in questo modo è come se gli avessi chiesto scusa per essere uscita senza dirgli nulla.
Edward ride. «Lo so che sei uscita, non ti ho trovato a casa e quindi era più ce plausibile pensarlo. Volevo solo sapere entro quando pensi di ritornare, vorrei presentarti due persone» mi spiega.
Oh... be', allora va bene.
Do un'occhiata all'orologio. Sono quasi le sei del pomeriggio, quindi penso sia proprio l'ora di ritornare a casa. «Posso già mettermi per strada. Ma chi sono queste persone?» domando curiosa.
«Vedrai, vedrai...» mi risponde facendomi incuriosire di più. «Ci vediamo dopo» e chiude la chiamata prima che io possa dire altro.
Improvvisamente euforica, lancio il cellulare a Felix che lo prende al volo e prendo l'abito giallo. «Allora? Che te ne pare?»
Felix sorride. «Ti sta bene» risponde sincero.
Emetto un gridolino di piacere e salto sul posto. «Bene. Dobbiamo tornare a casa, Edward deve presentarmi delle persone. Allora, io prendo questo, questo e questo. Oh, e anche questo» annuncio raccattando alla svelta gli abiti che mi interessano.
Dieci minuti dopo, tra il sistemare i vestiti presi e la coda per pagare, siamo già per strada.
 
Sono da poco passate le sette di sera quando arriviamo alla villa. Felix tiene in mano il sacchetto con i miei acquisti e quando entriamo in casa sentiamo un vociare indistinto provenire dal salotto.
«Bella, io vi lascio soli. Vado a posare questi in camera tua, okay?» mi domanda Felix.
Annuisco. «Se hai fame puoi chiedere a Kate di preparare qualcosa.» Mi passo una mano sullo stomaco. «Anzi, chiediglielo a prescindere» mormoro facendolo sorridere.
Felix sale le scale e io vado a destra, entrando in salotto e scoprendo Edward e la figura di un uomo e una donna. Mi danno le spalle e non posso vederli, ma quando si voltano li riconosco all'istante.
«Ciao, Bella» mi saluta Carmen, più raggiante che mai.
«Carmen, che piacere vederti» la saluto entusiasta abbracciandola. Mi fa davvero piacere vederla. «Ciao, Eleazar!»
Eleazar mi sorride dandomi un frettoloso ma sincero abbraccio. «Tutto bene?»
«Sì.» Sorrido, posando il mio sguardo sulla pancia ormai enorme della ragazza. «A voi non chiedo nulla» dico ridendo, subito seguita da Carmen.
Si passa una mano sul ventre. «Dovrebbe partorire a inizio settembre, quindi siamo piuttosto agitati. Ma va tutto bene, non potremmo essere più felici.»
«Io e Eleazar dovremmo lavorare fino a tarda sera, quindi ho pensato di invitarli a mangiare da noi» mi spiega Edward affiancandomi.
Annuisco sorridendo in direzione di Carmen.
«Bene. Dai, amico, vieni nel mio studio» ordina tranquillamente Edward a Eleazar che lo segue annuendo.
Rimaste sole, Carmen mi sorride e ricambio il sorriso. Non c'è imbarazzo ed è bello così.
 
«Allora? Come ti è parsa Carmen?» mi chiede stanco ma soddisfatto Edward accarezzando con dita leggere la mia schiena.
E ci credo, dopo l'orgasmo appena raggiunto!
«Dolcissima e simpatica. La adoro» rispondo senza pensarci due volte.
«E lei adora te.»
«Mmh...» mugolo accarezzando il petto meraviglioso di Edward. «Ehi, Edward» lo chiamo, colta improvvisamente da un pensiero.
«Dimmi» mi invita sbadigliando.
«Quando incontrerò i tuoi familiari?»
Cala improvvisamente il silenzio nella camera da letto e mi sento improvvisamente a disagio. Noto però che lui non si è irrigidito...
«I miei sono morti, Bella. Scusami, pensavo di avertelo detto.»
Sento al posto del sangue il ghiaccio nelle vene. I suoi genitori... morti?
«Oddio... e quando?» chiedo trasalendo e alzandomi col busto per fissarlo.
«Qualche anno fa, Bella. Incidente stradale.»
Oh mio Dio... Chi cazzo me l'ha fatto fare di parlare dei suoi genitori? Perché una volta tanto non mi sto mai zitta?! Chissà come deve avermi odiato dopo quest'uscita di merda! E come mi odio io, ora!
«Ehi, Bella, tranquilla. Va tutto bene» insiste lui accarezzandomi una guancia. «Non è mica colpa tua» sussurra. «Non potevi saperlo e io ormai ho superato la cosa» continua.
Scuoto la testa. Non riesco a immaginare come debba sentirsi lui... mi sento male al pensare Charlie a Forks e Renèe in Florida, così lontano da me, figuriamoci se...
«Vieni qui» mi invita facendomi riappoggiare al suo petto. «È tutto apposto.»
È incredibile che sia lui a tranquillizzarmi. Dovrei essere io vista la situazione, invece è lui. «Oh, ho dimenticato di darti una cosa, questa sera. Ma se te l'avessi data con Eleazar e Carmen davanti, molto probabilmente saresti morta d'imbarazzo» mi dice divertito.
Prende da terra i pantaloni che gli ho tolto, estraendone un piccolo astuccio.
Capire di cosa si tratta non è difficile.
«Oh, Edward... non era necessario» lo rimprovero ma con gli occhi che brillano.
Perché sì: non era necessario, ma come può non farmi piacere?
«Sì, invece» afferma sbrigativamente prima di darmi un bacio veloce sulle labbra e poi solo in seguito l'anello di fidanzamento.
Mi riprende fra le sue braccia e io mi lascio accarezzare con tenerezza, osservando quant'è bello il mio anulare ora che ho l'anello del mio futuro marito.
Edward non mi ha preparato una cena, non mi ha bendato gli occhi e non mi ha dato l'anello inginocchiandosi davanti a me, eppure non riesco a immaginare questo stesso momento più romantico.
 
«Lui ha fatto come, ieri sera?!» esclama incazzata Jessica.
Con lei le cose non sono affatto cambiate: ci sentiamo ogni giorno quando possiamo, cercando di incontrarci in un orario decente. Fortuna che il fuso orario non è di molto...
Attraverso Skype, le cose sono più facili: oltre che ascoltare la sua voce, posso anche vedere la mia migliore amica.
«Hai capito benissimo» le dico divertita.
«Ma è assurdo! Io l'avrei lasciato, seriamente» sibila, bevendo poi un sorso dalla sua coca cola.
Scoppio a ridere sapendo che avrebbe risposto così. «Jessy, lui mi conosce, oramai. Sa che preferisco mille volte le cose semplici e spontanee a quelle classiche e organizzate. Davvero, il modo in cui mi ha dato l'anello l'ho considerato più romantico che se m'avesse portato al ristorante e me l'avesse dato lì davanti a tutti» la informo.
Jessica mi fissa senza dire nulla. Alla fine parla. «Tu sei tutta matta, credi a me» borbotta scuotendo la testa.
Ah, quanto mi manca...
 
La vita non potrebbe andare meglio di così.
Dopo quella rivelazione sulla famiglia di Edward, per rispetto al suo dolore, non ho più preso l'argomento. Non sopporto quelle persone che, anche se con la convinzione di far del bene, insistono per farci sfogare. Io, per esempio, se devo piangere devo essere sola. Non voglio nessuno accanto, sola. Edward sicuramente è come me, ho imparato a conoscerlo. E se anche così non fosse, sarebbe scoppiato già fin da subito.
Sono passate quasi due settimane da quando mi ha dato l’anello e se ripenso al modo in cui me l'ha dato sorrido come una scema per strada. Già più volte la gente mi ha fissato come se fossi pazza.
Il telefono squilla e lo prendo senza guardare chi mi chiama. «Pronto?»
«Bella, dove sei?» È Edward e sembra parecchio agitato.
«In giro, perché?» gli chiedo più confusa che mai.
«Dimmi che sei con Felix» mi prega ancora.
Okay, ora sono preoccupata. «Sì, certo che sono con lui. Ma perché, cosa c'è?»
«Digli di portarti al New York Hospital, Carmen sta per partorire» mi informa infine.
«Come?!» esclamo quasi isterica prima di sorridere e annuire come se lui potesse vedermi. «Oddio, sì, ci vediamo lì.» Blocco la chiamata prima che lui possa dirmi altro.
Sono così contenta per Carmen che quasi la invidio! Un bambino, accidenti! Ma c'era qualcosa di più bello?
«Ehi, Bella, perché stai sorridendo?» mi domanda un confuso Felix uscendo dal locale dove era entrato per andare un attimo al bagno.
Velocemente, riesco a spiegargli il tutto pur con frasi sconnesse. Sono la prima a raggiungere la macchina, lui è ancora sotto shock ma fortunatamente si decide a svegliarsi e ad accompagnarmi in ospedale.
Il resto, succede tutto così velocemente che non ricordo nulla. L'unica cosa che ricordo è quella importante, e cioè la nascita di Irina, la più bella bambina che io abbia mai visto. E, ovviamente, i volti felici e sorridenti dei nuovi genitori. La bambina non è nata prematura perché è nata tra trentasettesima e la quarantaduesima settimana di gestazione.
È stata un piacevole regalo per i genitori e una piacevole sorpresa per Edward e me, alla fine.
 
«Sai quando Carmen ha intenzione di fare il battesimo?» chiedo a Edward, la testa sulle sue gambe quella sera stessa.
Osservando interessato la televisione, mi accarezza i capelli pensieroso. «Tra due settimane. »
«Ma non è presto? »
«No, anzi. Eleazar avrebbe voluto battezzarla oggi stesso nella cappella dell'ospedale ma Carmen vorrebbe organizzare un pranzo a bordo piscina a casa loro» mi spiega.
Ovviamente vince sempre la donna.
Sorrido e mi inginocchio sul divano salendo sulle sue gambe. Sorpreso, Edward mi asseconda circondandomi i fianchi con un sorriso confuso sul bel volto. Ma che dico bello?, bellissimo.
Gli circondo il collo con le braccia e gli accarezzo quei morbidi capelli che si ritrova in testa. «Cosa si prova a fare il padrino della bambina del tuo migliore amico?» chiedo divertita.
«È bello. Ma niente in confronto all'avere la tua promessa sposa sulle gambe mezza nuda» sussurra avvicinando le sue labbra sempre di più al mio collo.
Sento la sua bocca mordicchiarmi piano la base e poi farlo con più forza, facendomi emettere un gridolino di eccitazione mista a sorpresa. Senza che io potessi averne la più pallida idea, Edward inizia a farmi il solletico facendomi dimenare sopra di lui urlando.
«Soffri il solletico, allora» osserva senza avere la minima intenzione di smetterla.
«No, ti prego, non lo soffro è che... oddio, lì no! Edward, dai, smettila!»
Parlo e rido, rido e urlo, urlo e penso a quanto sia bello stare fra le sue braccia anche solo in quel modo, senza fare nulla di malizioso o altro. Arrivata a questo punto, mi invidio da sola...
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 13
*** Capitolo 12 ***


«Buon compleanno, Isabella.»
Mi sveglio grazie a quelle parole sussurrate, mentre due labbra morbide si posano sulla mia fronte e il profumo della colazione invade le mie narici.
Sorrido affondando il volto sul cuscino. «Ehi...»
«Okay: non ho mai cucinato qualcosa nemmeno per me, tranne qualcosa al microonde, quindi... boh, se vuoi rischiare... tutto per te» mi spiega avvicinandomi il vassoio con succo d'arancia, marmellata, pane tostato, bacon fritto, uova strapazzate... e cornetti. Era fissato con i cornetti.
«Hai cucinato tutto tu, quindi?» lo sfido, inarcando un sopracciglio e sorridendo divertita.
Sembra preso alla sprovvista e, tentando di fingersi serio, risponde. «Sì! Non ti fidi di me?»
Mi metto seduta a gambe incrociate. Ho solo la sua camicia addosso. Siamo a metà settembre e inizia a fare un po' freschetto la notte, e indossare gli indumenti di Edward mi è sempre piaciuto. «Mmh» annuisco convinta. «Okay. Però la prossima volta che fingi che per te sia una prima volta non comprare i cornetti più belli in mostra. Non risulti convincente» lo informo.
I cornetti comprati sono perfetti, ed è questo che non mi convince. Se come dice lui è stata la prima volta, avrebbero dovuto essere bruciati. Un uomo che non ha mai cucinato in vita sua, non può essere stato così bravo al primo esperimento.
Edward sbuffa. «Va bene, va bene. I cornetti li ho fatti portare, contenta? Però il resto l'ho cucinato davvero io!» E sembra così tanto un bambino che non posso fare a meno di sorridere e gettarmi su di lui. Fortunatamente Edward aveva posato il vassoio sul comodino.
Cade sul letto, con me sopra, e incollo la mia bocca alla sua. Nulla di malizioso, solo tanta, tanta, tanta dolcezza. Sorride sulla mie labbra, riesco a percepire il suo sorriso. E le sue braccia sono strette alla mia vita, nel più tenero degli abbracci. Con un movimento repentino, mi trascina sotto di me.
«Dio, quanto ti a...» Si interrompe improvvisamente, sembrando a disagio.
Cosa? Quanto ti a cosa?!
«Quanto ti adoro» continua alla fine sorridendo e riprendendo a baciarmi.
Mi adora. Ma sono sicura che stesse per dire la parolina magica che aspetto da tanto. È solo che forse ha paura, o non si sente pronto. E non posso biasimarlo: io stessa non mi sento sicura. E non di quello che provo per lui, lo amo tantissimo e lo so, ma di ciò che prova lui per me. Perché magari davvero voleva dire che mi adora, non posso rovinare tutto esponendomi troppo.
Ma va bene. Mi adora, e io adoro lui. Va più che bene.
 
Credo di non aver mai vissuto mesi più impegnativi di questi ultimi: benché avessi dalla mia parte l'aiuto di Carmen, ottobre e la prima metà di novembre sono volati velocemente a causa dei preparativi per il mio matrimonio.
Un'altra fortuna è stato l'arrivo a sorpresa in città di Jessica, Jacob e Angela. Non avevo idea che sarebbero venuti, e dopo i saluti che ci hanno portati quasi a piangere, Edward mi ha spiegato che ha pagato loro il biglietto per farli venire al nostro matrimonio.
Ovviamente, c'era anche Mike all'arrivo.
Inutile dire che il modo in cui ho ringraziato Edward per questa gradevolissima sorpresa è stato... soddisfacente, ecco. Parecchio soddisfacente.
E ora mi ritrovo qui, con Jessica e Carmen ad aiutarmi per indossare l'abito da sposa. Avevo sempre pensato, da piccola, che il giorno del mio matrimonio avrebbe dovuto essere il più bello della mia vita. Non sono mai stata una persona che spende tutti i suoi risparmi in cose costose, andavo al mercatino dell'usato per i miei abiti e avevo un vecchio Nokia tutto rotto come cellulare, eppure stavo bene. Ma sull'abito da sposa... be', quello avrebbe costituito l'eccezione.
Per il mio matrimonio sarebbe stato stupendo, come la principessa che volevo essere almeno per quel giorno. Anche se non fosse stato fatto per me. Invece, grazie a Edward e al suo potere economico e le conoscenze, l'abito che indosso oggi è fatto apposta per me. Non è in commercio, è proprio mio.
Ed è meglio che nei miei sogni.
L'abito bianco aveva una scollatura non proprio osé, ma abbastanza da risaltare le mie poche forme, e le spalline erano laterali. Il busto era liscio e ricadeva morbido sul mio ventre, esaltando il mio ventre piatto. La gonna dal lungo strascico nascondeva le mie gambe e del tulle decorava il tutto.
Non smetterò mai di ringraziare Edward per avermi permesso di realizzare questo desiderio.
«Sei bellissima, tesoro» si complimenta una Jessica sull'orlo delle lacrime mentre Carmen, al suo fianco, sorride commossa.
Scuoto la testa, guardando ansiosa la mia migliore amica. «Oh no, ti prego, non piangere. Vorrei resistere almeno fino al sì prima di scoppiare in lacrime» le dico con la vista già appannata.
Con uno slancio, Jessica, vestita nel suo abito da damigella, si tuffa fra le mie braccia. «Va bene, va bene. Siamo forti!» si fa coraggio da sola.
Annuisco decisa, prendendo un forte respiro e cercando di riprendere il controllo di me. Quando sono sicura di stare bene, sorrido.
«Sei pronta?» mi chiede Carmen.
Faccio un segno d'assenso nella sua direzione. Sono pronta come mai prima d'ora.
 
C'è tutta la mia famiglia. Oltre a Jessica, Jacob e Angela, Edward ha fatto arrivare pure mio padre e mia madre con il suo nuovo marito.
«Oh mio Dio» sussurro sconvolta alla loro vista.
Mia madre viene verso di me piangendo, abbracciandomi. «Sei bellissima» mi dice.
Lei ha saputo tutto tramite una chiamata. Edward, dopo aver trascorso tanto tempo a Forks, non ha più potuto fare dei viaggi e io non me la sentivo di stare da lui lontana anche solo per il tempo necessario di dire tutto a Renèe e poi ritornare. In fin dei conti, mia madre è sempre stata uno spirito libero... ha capito tutto subito. Di questo non dubitavo.
Quando la settimana scorsa mi ha chiamato, mi ha detto che non sarebbe potuta venire perché Phil aveva avuto un incidente sul campo e gli avevano messo il gesso. Papà, invece, non poteva abbandonare così su due piedi il proprio lavoro.
Mi era dispiaciuto, ma avevo capito. E invece ora sono davanti a me, a casa mia, nei loro abiti da cerimonia.
Il mio sguardo si posa sulle gambe di Phil. Nessuna è ingessata, sembra sano come un pesce, fortunatamente per lui.
«Tu stai bene!» esclamo sorridendo felice.
«Sono un leone, io» mi dice abbracciandomi dopo che mia madre si è messa di lato.
E quando poso il mio sguardo su Charlie, rischio seriamente di rovinarmi il trucco. «Papà...» sussurro commossa.
«Sei davvero bellissima, Bells.» E non è il solito complimento che si fa tanto per fare. Mio padre è sincero. Come ogni padre, d'altronde.
Quando si avvicina a me, lo abbraccio stretto, quasi a non volerlo lasciare andare più.
Non sapevo sarebbe arrivato, per cui ad accompagnarmi all'altare ci sarebbe stato Jacob, ma penso proprio che già i ruoli siano cambiati.
«Dai, andiamo» mi sprona mio padre.
Ci sposiamo qui a casa nostra, o meglio in giardino. Carmen ha organizzato un matrimonio semplice e intimo come volevamo io e Edward. Niente reti televisive, fotografi in cerca dello scoop dell'anno – il matrimonio dell'imprenditore Edward Masen – o paparazzi. Solo noi, amici e familiari.
Mi dispiace da morire che Edward non abbia vicino la sua famiglia. Si può essere soli al mondo? I genitori morti, niente zii, né cugini... né soprattutto fratelli e sorelle. Eppure lui non sarebbe più stato solo, perché io avrei messo al primo posto la sua felicità davanti a tutto.
Lo amo con tutto il cuore e rendere mio marito felice è la mia priorità, ma anche il mio desiderio.
Quando, al braccio di mio padre, percorro la navata per andare incontro al mio ben presto marito, tutto ciò che riesco a vedere sono i suoi occhi luminosi, il suo lieve sorriso emozionato. E nonostante non mi abbia mai detto una parola a proposito dei suoi sentimenti, una parte di me è più che sicura che mi ami.
 
«E vuoi tu, Edward Masen, prendere come tua sposa la qui presente Isabella Marie Swan, per amarla, onorarla e rispettarla finché morte non vi separi?» La voce benevola del prete risuona chiara e forte in giardino, ma mai come quella di Edward in risposta al rito.
«Lo voglio.» È così deciso, sicuro, e mi guarda così intensamente da farmi fremere di desiderio nonostante gli invitati intorno a noi.
«Allora io vi dichiaro marito e moglie.»
Un enorme e involontario sorriso spunta sulle mie labbra. Edward non è da meno, però, e questo basta per rendermi la sposa più felice sulla faccia della terra.
«Può baciare la sposa» sprona in tono confidenziale il prete all'ormai, mio marito, che non se lo fa ripetere due volte.
Prendendomi fra le sue braccia, mi bacia appassionatamente davanti a tutti da farmi sentire caldo. Tanto caldo. Mi sento eccitata e imbarazzata allo stesso tempo, e l'imbarazzo non scema quando sento i fischi e gli applausi entusiasti dei nostri amici.
«Sei pronta a sentirti chiamare signora Masen da tutti?» chiede Edward sulle mie labbra, scostandosi un po' alla fine.
«Sono sempre stata pronta per questo» rivelo con fare cospiratorio facendoci sorridere di nuovo, Edward che riprende a baciarmi.
 
«Dio mio, ma voi due siete due fuochi» mi dice con aria eccitata Jessica, due ore dopo la cerimonia.
Io, che stavo mangiando la torta, la fisso a bocca aperta, con la forchetta a mezz'aria. «Che vuoi dire?»
«Cazzo era quel bacio, eh? Non voglio neanche immaginare cosa combinate la notte da soli!» esclama ridendo da sola.
«Oddio, Jessy!» la rimprovero. Non mi vergogno a parlare di sesso in generale, ma sono talmente abituata a sentire lei che la situazione mi mette un po' a disagio. Ma lei è la mia migliore amica, ha il diritto di saperlo. Certo che lo ha! «E comunque... non hai tutti i torti» sussurro maliziosa, facendola scoppiare a ridere.
«È un peccato che non andrete in luna di miele» mormora poi pensierosa.
Scrollo le spalle. «A me non importa. Edward ha il suo lavoro e l'ha parecchio trascurato per me quando eravamo a Forks. Ma mi ha promesso comunque che ci andremo, appena possibile.»
Jessica mi lascia un bacio sulla guancia. «Sei la persona più buona che io abbia mai incontrato. Se fossi maschio, ti mangerei tutta» mi dice ridendo felice e facendo ridere me.
«Se fossi maschio, non ti avvicineresti a lei nemmeno in mia presenza.»
Entrambe ci voltiamo sorprese verso un Edward con la mano nella tasca del pantaloni e un bicchiere di champagne nell'altra. Sorride e i capelli sono una massa intricata di seta bronzea. Vorrei solo portarlo in camera nostra e abusare ripetutamente di lui.
Jessica alza le mani in segno di resa. «Va bene. Diamo a Cesare quel che è di Cesare.» Jessica gira di lato la testa, osservandosi intorno. Sospira sognante quando incrocia un Mike imbarazzato alle prese con Irina, la bimba di Carmen e Eleazar di quasi quattro mesi.
«Vado ad aiutarlo, ragazzi» mormora, lasciandoci soli.
«Come ti senti?» mi chiede Edward, posizionandosi davanti a me.
I miei occhi si posano sul piatto di torta che mangiavo fino a poco fa. «Affamata» rispondo senza esitare. Ma quando mi rendo conto della parola a doppio senso, sgrano gli occhi verso di lui che ha la mia stessa espressione sorpresa ma anche divertita. Prima che io possa dire altro, mi prende fra le braccia per darmi un lungo e intenso bacio.
Ho ufficialmente bisogno di un paio di mutandine pulite.
 
Edward intrufola la mano sotto la gonna del mio vestito, messo subito dopo la cerimonia, accarezzandomi con le sue lunghe dita. «Finalmente soli» sussurra contro la sua gola.
Non mi ha dato nemmeno il tempo di chiudere per bene la porta dopo aver salutato l'ultimo ospite che mi è saltato addosso. Non che mi stia lamentando.
«Dio, quanto ti voglio» mormora prima di racchiudere le mie labbra fra le sue per baciarmi con passione e prendermi fra le braccia inducendomi a cingergli la vita con le gambe.
«Non ci arrivo in camera da letto» comunica, portandomi verso il divano.
Slaccio con frenesia la camicia, i primi due bottoni già aperti, e scuoto la testa. «Non mi importa. Fosse per me lo farei pure sul pavimento» rivelo senza pensarci, arrossendo subito dopo.
«Cristo, Isabella» ringhia gettandomi sul divano.
La ricchezza di Edward gli ha permesso, tra l'avere tante cose, di possedere uno dei divani più comodi e spaziosi in circolazione in America. Ergo, sto benissimo sopra il divano e sotto di Edward.
La sua bocca affonda sulla mia con voracità, le sue gambe che si fanno spazio sotto la gonna del vestito per toccarmi le gambe e arrivare all'apice di esse. A fatica, cerco di mettermi a sedere per spogliarmi del tutto e, comprendendo le mie intenzioni, Edward asseconda i miei movimenti pur senza allontanarsi.
Muovendomi come una contorsionista, porto le mani dietro la mia schiena, aprendo la lunga zip. Edward cerca di affrettare le cose e mi aiuta con le mani che tremano per l'attesa, e questo non fa che ritardare il momento in cui sarò finalmente senza vestito visto che le nostre dita si scontrano. Ma quando finalmente Edward riesce ad aprirmi l'abito, con uno strattone me lo fa scivolare sulle spalle fino al ventre. Mi corico sul divano mentre lui pensa a toglierlo del tutto, lasciandomi in intimo.
«Sei bellissima, Isabella» sussurra osservando famelico il mio corpo.
So che non dovrei, so che abbiamo fatto talmente tante volte l'amore che ormai non dovrei più arrossire, eppure lo faccio per l'imbarazzo. Perché lui è così perfetto, e io...
Dentro di me, però, so che a pensarla così è solo la mia scarsa autostima. Perché Edward sarà pure bellissimo, ma se adesso con il suo anello al dito ci sono io, significa pur qualcosa, no? Se non mi ama, significa che esteticamente devo piacergli.
Si toglie la camicia, rimanendo a petto nudo. «Bellissima» ripete, stendendosi su di me. «E io ti voglio così tanto.»
Quando riprende a baciarmi, le mie mani si tuffano sui suoi morbidi capelli accarezzandogli la nuca, il collo, e verso le spalle. Poi più giù, sulla schiena; sfioro il sedere coperto dai pantaloni dello smoking e porto le mie mani sul suo ventre, costringendolo ad allontanarsi con esso dal mio.
Voglio spogliarlo di ciò che gli rimane addosso e voglio farlo adesso.
Apro la patta dei pantaloni nello stesso momento in cui la bocca di mio marito si posa sul mio capezzolo, succhiandolo. E che marito, accidenti!, penso quando l'altro seno viene stuzzicato dalle sue dita abili.
So bene cosa sono in grado di fare.
Trovo il suo membro duro ed eretto, liberandolo subito dalla costrizione che rappresentano i boxer. Ci pensa Edward a fare scivolare questi e i pantaloni dalle gambe con un unico movimento agile di esse e delle mani. Per farlo, deve essersi tolto le scarpe, mentre io mi rendo conto che indosso ancora le mie dal tacco altissimo. Oltre a questo, indosso ancora il reggicalze prestatomi da Jessica.
Ritornato su di me, si posiziona in ginocchio sul divano davanti il mio corpo, prendendomi per i fianchi con una presa ferrea che mi fa contorcere lo stomaco dal desiderio. Le sue dita scivolano sulle mie cosce che apre per poi tirarmi dai polpacci verso di lui, costringendomi a circondare i suoi fianchi con le gambe. Infine, mentre una sua mano si riposiziona su una mia coscia, l'altra risale dal polpaccio verso l'interno coscia. Lentamente. E il tutto fissandomi attentamente negli occhi.
Si può morire di desiderio? Penso di sì, e io sto rischiando una morte lenta e dolorosa per quanto vorrei solo che entrasse in me.
Quando la sua mano arriva al punto di non ritorno e il suo pollice sfiora delicatamente il mio clitoride, immediatamente mi inarco sotto di lui per farmi più vicina.
Edward sorride. «Calma» mi ordina con dolcezza mista a decisione. «Abbiamo tutta la notte per noi, e molte altre nei giorni a seguire» riprende. Il suo pollice preme di più.
Mi mordo il labbro inferiore. Non supplicarlo. Al diavolo. «Ti prego...»
Sorride teneramente. «Non supplicarmi, bambina.» Il suo sguardo cambia, diventando irrimediabilmente più serio. «Non. Farlo» riprende.
In seguito a queste parole, toglie la sua mano dalla mia femminilità. Per un istante, penso che voglia sostituirla con la sua lingua, ma poi fa una cosa che mi lascia senza fiato: la mano per sostituirla la sostituisce, ma con la sua erezione.
La sua punta si struscia sul mio clitoride facendomi quasi urlare mentre mi appoggio con i gomiti al divano stringendo forte il tessuto. Non è solo la sensazione fisica, è anche lo sguardo affamato di Edward e il suo "avanti e indietro" che mi annientano.
Mi lascio ricadere sconfitta sul divano, cercando il più possibile di aumentare il ritmo. «Edward, per favore...»
«Adesso, Bella? Lo vuoi adesso?» mi domanda in un ringhio, quasi.
Prende il suo pene in mano per indirizzarlo verso il mio centro ed entrare con una piccola spinta in me con solo la punta. Ma questo basta già a farmi inarcare la schiena.
«Adesso, sì» gli rispondo decisa, trafiggendolo con lo sguardo.
Mi accontenta, entrando più in dentro. Entra facilmente per quanto sono bagnata, pur causandomi anche un po' di fastidio. Ma è normale, non mi preoccupo più di tanto, e cerco invece di concentrarmi su tutte le sensazioni positive che quel contatto mi dona.
«Oh, Isabella...» Edward chiude gli occhi quando entra del tutto in me.
Dal canto mio, non riesco a fare a meno di ansimare di piacere quando sento la sua voce pronunciare il mio nome per intero. Odio Isabella, preferisco di gran lunga Bella, ma quando è lui a chiamarmi così mi fa impazzire letteralmente di piacere.
Inizia a spingere stendendosi su di me, il suo petto a stretto contatto con il mio seno. Le mie mani afferrano i suoi capelli e la sua bocca è pronta a mangiare la mia. Allargo più che posso le gambe, facendo finire quella libera per terra. I movimenti di Edward aumentano in contemporanea alla profondità del bacio; si puntella sui gomiti e qualche volta le sue mani sfiorano di poco i miei capelli.
Cristo santo, questo è sesso. Non è fare l'amore, è scopare come due conigli sul divano nel salotto di casa nostra. E la cosa invece che farmi riflettere su com'è il nostro rapporto non fa altro che eccitarmi di più. Perché preferisco mille volte un Edward senza controllo a letto che uno che fra poco si mette a dire: "Tre... due... uno... Ti è piaciuto?". Ma che cazzo...? Non credevo possibile che esistessero ragazzi così ma tempo fa ho dovuto ricredermi. Testimonianze, eh.
Ma invece che perdermi in questi pensieri assurdi, penso solo a mio marito che mi sta facendo sua con tanta passione. Inarco il bacino, prendendo a ricambiare le sue spinte: lui spinge, io spingo; lui si tira indietro, io faccio lo stesso. Ed entra sempre più in dentro, tanto che ormai subito seriamente di essere due persone. Siamo un tutt'uno. Non era mai successo così... profondamente.
«Dio mio...» ansima Edward scostandosi di poco.
Non posso che condividere appieno.
La sua mano si posa sulle mie cosce, inducendomi a stringerle entrambe sui suoi fianchi. Getto indietro la testa in risposta a una scarica di piacere più forte delle altre e non appena Edward tuffa il suo viso fra i miei seni sento che è la fine. La sua lingua calda e bagnata non da tregua a un capezzolo, facendolo inturgidire. E come se non bastasse, intrufola una mano fra i nostri corpi intrecciati. Non sono certo una donna che urla, ma davvero questo è stato il sesso più strepitoso della mia breve vita sessuale. Posso anche giurare di aver visto le stesse per un attimo. Be', le vedo di sicuro quando Edward da una spinta più forte delle altre emettendo un gemito roco e respirando sul mio petto, stravolto. Non è sicuramente l'unico.
Passa ciò che mi sembra tanto un'eternità prima che lui parli. E comunque, è stata una bella eternità, con lui che giocava con la punta di una ciocca dei miei capelli e le mie mani ad accarezzargli i capelli, la sua testa ancora sul mio petto.
«Soddisfatta, signora Masen?»
Signora Masen. Sono sempre stata la signorina Swan. Devo iniziare a prenderci l'abitudine... e sarà un vero piacere.
«Abbastanza, sì» rispondo con tono fintamente annoiato.
Cazzata.
«Oh, Isabella, devo credere che suo marito non l'ha soddisfatta abbastanza?» Il suo tono è provocatorio. Vuole giocare? Bene. Adoro giocare.
«So che potrebbe fare di più» continuo.
Grande cazzata.
«Se fosse troppo stanco per riprendere?» So che scherza perché lui non è mai stanco. Più o meno.
«Potrei prendere in considerazione l'idea di lasciarlo.»
Enorme cazzata.
Edward si muove all'istante su di me catturandomi i polsi e posizionandomeli sopra la testa, sorreggendomi e sorridendomi malizioso. «Allora dovrò fare in modo che suo marito adempia ai suoi doveri coniugali per evitare che lei lo lasci… giusto?»
Non mi da il tempo di rispondere: le sue labbra sono già sulle mie e sinceramente, usare la bocca per parlare è l'ultimo dei miei problemi. Non è detto comunque che la bocca non la usi lo stesso…
 
 
 
Spazio autrice
 
Ed eccoci finalmente qui :D Dunque, dunque, dunque. La scena rossa… non ne parliamo che è meglio. Credo di non aver scritto una scena più rossa (anche se il rating è arancione quindi mi sono trattenuta). E meno male! >.< Non vi ho sconvolte, vero? A mia discolpa posso dire che la mia vena zozza non ha voluto darmi retta .-.
Comunque, spero che il capitolo vi sia piaciuto :) E fate attenzione perché la parte del prologo arriverà già nel prossimo capitolo che a sua volta sarà pure l’ultimo. Ma se vi fa felice saperlo, ci sarà un epilogo :) Soooooooo, altri 2 chappy e finisce la storia ç__ç Non scrivo nulla, lascio i commenti per l’epilogo v.v
A presto :)
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 14
*** Capitolo 13 ***


Dal giorno del mio matrimonio con Edward sono passati ben sette mesi. Sette mesi pieni di passione, dolcezza e divertimento. La perfezione non esiste, è vero, ma ho sempre pensato che Edward fosse perfetto per me. Ed è così.
O almeno, lo pensavo.
«Ehi, Bella? Oh, ci sei? Che hai?»
Alzo lo sguardo sul monitor del pc, osservando l'espressione confusa di Jessica davanti a me. Grazie a Skipe.
«Scusa... tutto bene, comunque» rispondo alla svelta.
Non è vero, non va tutto bene per nulla.
«Oh-oh. Che succede?»
Lei capisce sempre tutto. Anche con una sola occhiata o anche solo sentendo la mia voce, capisce se c'è qualcosa che non va o meno.
«Niente, è che...» Come spiegarle? D'altronde non c'è davvero niente. È solo mio marito che mi sembra strano, tutto qui.
«Hai provato a parlarne con lui?» mi chiede quando le spiego la mia sensazione.
«No, non ci riesco. Dovresti vederlo, è così stressato che alle volte ho pure paura di rivolgergli la parola, figurarsi accusarlo di trascurarmi» le rivelo.
Jessica scuote la testa bevendo un sorso di caffè. «Lo sai come la penso, Bella. La comunicazione prima di tutto. Comunque vedrai che è solo stress lavorativo, magari le cose in azienda non vanno tanto bene ma non ti dice nulla per non farti preoccupare. Edward è pazzo di te, lo sai» mormora sorridendomi.
Faccio un piccolo sorriso. Lo so. Ma se non lo fosse più? D'altronde ci siamo sposati così presto! Se non mi volesse più? Se non l'attirassi più come prima? Se fosse pentito?
Il fatto è che da qualche giorno le cose sono cambiate. Non in modo drastico ma in realtà... no. In realtà niente. Fiducia. Si tratta di questo. Devo dar fiducia a Edward. Poco importa che in questi ultimi giorni mi abbia trattato... no, non posso dire che mi abbia trattato male. Lui non mi ha trattato completamente! È come se m'avesse ignorato, rispondendo alle domande che gli porgevo come costretto.
Ma lui è mio marito e se, come pensa Jessica, davvero al lavoro sta passando un brutto periodo è giusto che gli rimanga vicino.
Piena di grinta, saluto velocemente Jessica e spengo il pc, dirigendomi poi verso lo studio di mio marito. Non vuole mai essere disturbato da lì, solo a me è permesso entrare. Niente telefonate, niente visite inaspettate, solo sua moglie. Ma proprio perché quello è il suo studio, io ci entro quando proprio non posso evitarlo. E questa volta non posso proprio.
Busso leggermente ma non aspetto che mi risponda. «Posso entrare?» gli chiedo sorridendogli, sperando che questo lo sciolga un poco.
Edward alza lo sguardo su di me senza muovere la sua testa, in direzione del tavolo stra-pieno di documenti, per poi riabbassarlo con un battito di ciglia. «Entra.»
Quella voce. Quella voce da: "se proprio devi". Dio, quanto la odio!
«Disturbo?» Accidenti! Non avrei dovuto chiederglielo. E se mi rispondesse di sì?
«No» risponde invece lui continuando a non guardarmi.
La grinta scema ad ogni passo che compio verso mio marito. «Edward...» Una scusa, una scusa per disturbarlo. Ma poi perché dovrei inventare qualche scusa? Se sto male io, lui non si preoccupa e cerca di scoprirlo? Lui sta male, è evidente. E non è detto che debba essere un male fisico. Già il solo avere un lavoro che va male è... stare male.
Sospiro, decidendo di comportarmi da donna coraggiosa e non da codarda. L'ho già fatto altre volte. Forse troppe.
«Edward, possiamo parlare?»
Il tono della mia voce improvvisamente seria lo distoglie dal suo lavoro, costringendolo a fissarmi. «Cosa c'è?»
Cosa c'è? Non mi calcola e vuole pure sapere che c'è?! Calma, Bella.
Mi appoggio con la schiena al tavolo da studio, così da poter essere di fronte a lui. «Va tutto bene?» gli domando finalmente.
A questa mia domanda sembra visibilmente confuso. «Perché me lo chiedi?» Non manco di notare il tono sulla difensiva.
«Sei… strano, Edward. Non so perché, però…»
«Sto bene, Isabella. Va tutto bene. Okay?» domanda brusco.
No, tutto bene nulla. C'è qualcosa sotto che non mi vuole dire.
«Edward…» provo a ritentare ma mi interrompe.
«Devi insistere su questo argomento? Perché se mi devi dire qualcos'altro, bene; altrimenti per favore lasciami lavorare» annuncia serio.
Passo la lingua sulle mie labbra secche, tentando inutilmente di ignorare la fitta di delusione che mi attraversa. Il mio stomaco è in subbuglio. Senza dire una parola, annuisco ed esco come se non mi avesse appena detto gentilmente di farmi i cazzi miei.
 
Le cose nei giorni a seguire non sono affatto migliorate. Come da Jessica consigliatomi, l'ho lasciato stare aspettando il momento in cui si fosse sentito pronto per confidarsi con me. È passato un mese, eppure non è successo nulla.
Sta sempre sulle sue, non mi guarda neppure e a letto… mi ignora deliberatamente.
Prima non era così. Ero sempre al centro dei suoi pensieri, e lui stesso mi ha detto che fin dalla nostro scontro è stato così. Il nostro scontro...
Sembra passato un secolo da quello scontro. Invece, sono passati solo quindici mesi. Quindici mesi perfetti, fatti solo di passione e dolcezza. Anche se Edward non mi ha mai detto chiaramente ti amo, l'ho capito. O almeno, credevo di averlo capito.
Perché in quest'ultimo mese... Era cambiato.
Non mi piaceva che uscisse presto la mattina e rientrasse tardi la sera. Lavorava, lo so, ma nessun uomo lavorava così tanto. Soprattutto, nessun uomo rientrava a casa tutte le sere e andava a letto per dormire quando invece la moglie era sveglia per accoglierlo fra le sue braccia.
Magari è stanco, prova a giustificarlo il mio cuore.
O magari ha un'altra, ribatte la mia testa.
Lecco le mie labbra aride a quel pensiero, testa e cuore che combattono fra di loro. È così da un mese, da quando ho smesso di sorridere. Da quando Edward ha smesso di essere mio marito. E soprattutto, da quando, una settimana fa, ho sentito un forte profumo femminile provenire dalla sua giacca. E un bigliettino con un indirizzo.
Niente nome, niente numero telefonico. Solo un indirizzo.
Copro senza forze il mio corpo ricoperto di brividi più per il comportamento di Edward che per il freddo del clima di New York.
New York. Non mi è mai piaciuta. Mai. Troppo egoista, come città.
Avevo abbandonato la mia casa a Forks, quella piccola ma per me meravigliosa città, la mia famiglia e i miei amici per seguire Edward. Perché, dopotutto, io lo amavo. E lo amo ancora.
Non mi ero mai pentita di questa scelta perché l'avevo fatta col cuore. Ed ero stata felice, a New York. Da sola, senza Jessica o Jacob, senza i miei genitori. Ma c'era Edward, e a me bastava.
Mi basterebbe ancora se lui non avesse deciso di creare questo muro tra di noi.
Perché? Cosa gli ho fatto? Ho sempre cercato di mettere al primo posto lui, piuttosto che me, perché volevo solo renderlo felice.
Sforzo vano, lui non è felice. E io sono stanca di vedere che mi rifiuta. Rifiuta il mio sguardo, il mio tocco, rifiuta me. Tutto quello che ci univa lo rifiuta come se lo ripugnasse. Io lo ripugno.
Tento di soffocare un singhiozzo a quel pensiero, mentre delle ennesime lacrime sgorgano silenziose dai miei occhi.
Non voglio andarmene. Non voglio lasciarlo. Ma il dolore al petto diventa sempre più grande, la voragine si apre ogni giorno di più, sempre più a fondo. È talmente grande che ormai rimango a letto quasi tutto il giorno. Non mi alzo se non per andare in bagno e mangiare. Poco, ma mangio.
La porta si apre silenziosa.
Ho già vissuto questo teatrino: io a letto sconfitta dal dolore, lui che entra, che si veste silenziosamente per andare a lavorare, che esce senza nemmeno salutarmi, io che serro gli occhi maledicendomi senza motivo.
Ma stavolta è diverso. Me ne rendo conto quando parla.
«Come ti senti?» chiede, riferendosi a ieri sera, quando sono quasi svenuta ai suoi piedi.
Il fatto è che lui non ha idea del motivo, crede che sia svenuta per la stanchezza. Io però credo di sapere il motivo esatto.
Deglutisco, mandando giù il groppo di dolore che mi ha chiuso la gola. Chiudo gli occhi, riaprendoli. Li sento più umidi di prima. «Bene» sussurro con voce roca.
Serro le labbra per trattenere i violenti singhiozzi che vorrebbero uscire dalla mia gola quando sento il materasso abbassarsi per il peso del suo corpo e un forte calore si sprigiona dentro di me.
Sento la sua mano, grande e delicata, sfiorarmi la testa e scostare con dolcezza i capelli dal mio viso. Da quanto tempo non ho più sentito quelle mani addosso sfiorarmi con dolcezza? Da quanto tempo non mi toccava?
Le sue labbra si posano nel più leggero dei baci sulla mia tempia. «Chiamo il medico, se vuoi» si offre volontario. La sua voce è bassa e dolce, non c'è più traccia della freddezza con cui mi parla ultimamente.
Non riesco a parlare, se lo facessi scoppierei a piangere. E non voglio, non davanti a lui. Mi limito a scuotere la testa.
Edward non ribatte. Forse sospira, non ne sono sicura, e si muove per allontanarsi da me.
«Edward?»
Non volevo chiamarlo, non quando non gli ho fatto nulla. Se anche avessi fatto qualcosa di sbagliato nei suoi confronti, perché non parlarmene? Gli avrei chiesto scusa... l'ho sempre fatto. Sbagliare è umano e io non sono infallibile; se ho sbagliato è giusto che io gli chieda scusa.
Però ho bisogno di lui, mi fa troppo male questo suo distacco.
Voglio ritornare a come eravamo un tempo, quando Edward mi abbracciava e vedeva solo me. Quando non aveva bisogno di andare da un'altra donna se voleva fare l'amore. Quando non aveva con sé il profumo di un'altra ragazza che non fosse il mio. Quando eravamo felici e spensierati. Quando ancora non mi odiava.
Mi giro con il corpo verso di lui, ancora disteso vicino a me appoggiato su di un gomito, senza importarmene nulla del mio viso stravolto dalle lacrime.
«Bella...» sussurra dispiaciuto quando mi vede in volto. Non riesco però a capire la sua espressione. Ma mi accarezza. Accarezza la mia guancia come se a sfiorarmi fosse una piuma.
«Rimani qui» lo supplico con voce rotta per il pianto.
Un'ultima volta. Solo un'ultima volta. Non ti chiederò più niente. Poi ti lascerò in pace, per sempre. 
Edward sembra combattuto come mai io l'ho visto. Chiude gli occhi per poi toccare la mia fronte con la sua. E mi bacia. Un bacio che nemmeno si può considerare tale vista la leggerezza del contatto fra le nostre labbra. Ma per me è un bacio nel pieno della parola.
Mi bacia una seconda volta, e una terza.
Quando, spinta dall'amore che provo per lui e dalla mancanza del vero Edward, affondo le mie mani sui suoi capelli, lui non si tira indietro. Ricambia con smisurata passione il bacio. Vorrei piangere e ridere insieme perché finalmente mi ha toccato. Finalmente ci stiamo baciando. Finalmente riprende a vedermi. Ma alla fine si scosta.
«Devo andare.»
Due parole. Due fottutissime parole con le quali mi sta rifiutando. Come sempre. Non è cambiato assolutamente nulla. Non mi vuole più. Sono solo un peso.
Lo fisso sconvolta, non volendo credere alle sue parole.
Non sono io ad allontanare le mie braccia dal suo collo e le mie mani dai suoi capelli, è lui a spostarle con fermezza, senza tuttavia farmi male. Fisicamente. Dentro muoio.
Mi lascia un frettoloso bacio sulla fronte. Avrei preferito non l'avesse fatto.
«Ci vediamo stasera.»
Si alza dal letto velocemente, prendendo la giacca del suo completo cucito apposta per lui. Richiude la porta dietro di sé rumorosamente, il suono dei suoi passi che fa da eco al mio cuore che si infrange sotto il peso delle sue parole, dei suoi gesti. E della sua indifferenza verso sua moglie.
È in questo preciso momento, proprio quando vedo la porta chiudersi dietro Edward che mi deciso. O parla chiaro con me, oppure... prenderò la scelta più ovvia. Lasciarlo.
 
La volta in cui ho visto quel maledetto bigliettino con scritto solo un indirizzo la ricordo come se fosse appena successo. Ero ad aiutare Kate con i vestiti, preparandoli per il lavaggio. Quando ho preso in mano la giaccia di Edward e controllato per vedere se si fosse dimenticato lì dentro qualche cosa che poi sarebbe stata irrecuperabile, ho gioito con me stessa sentendo che sì, c'era qualcosa. Dipende cosa, Edward forse mi avrebbe ringraziato mostrandomi quel minimo di interesse che ormai non scorgo più nei suoi occhi.
Ma quando ho scoperto cosa effettivamente ci fosse, non ero stata più così felice. In seguito, ho ragionato a lungo e sono arrivata alla conclusione che magari quell'indirizzo è per lavoro. Sennonché, quella sera stesso ho sentito un profumo femminile provenire da lui.
Non gli ho chiesto nessuna spiegazione. Ora, invece, pretendo mi racconti tutti. Diamine, non può comportarsi così e aspettarsi che non faccia storie!
Per amore ho messo di lato il mio orgoglio ma non voglio arrivare a perdere la mia dignità. Mi chiedo se con la richiesta di stamattina non l'abbia già persa... ma non importa: la riacquisterò stasera, quando saprò finalmente ciò che succede.
Ho già promesso a me stessa che se davvero Edward mi ha tradito... ho già la valigia pronta per essere riempita. Forse non sarà la scelta più giusta visto il mio ritardo, ma non m'importa.
Il mio ritardo... Che poi non è nemmeno detto che io sia incinta. È un ritardo di una settimana e sono un po' preoccupata perché sono sempre stata puntuale, ma l'essere quasi svenuta non mi tranquillizza affatto.
La porta di casa sbatte, segno che lui è finalmente qui. Ma non entra in sala da pranzo per cenare. Come al solito. Va direttamente al suo ufficio, restandoci alle volte anche tutta la notte.
Decisa più che mai a chiarire questa situazione, mi alzo per dirigermi verso il suo studio. Ma non appena metto mano sulla maniglia, pronta ad aprire la porta, sento la sua voce.
«Non posso più nasconderlo...»
Cosa non può più nascondere? E a chi? A me?
«È una situazione difficile. Non riesco... Non riesco più nemmeno a guardarla negli occhi.»
Sono io. Sta parlando di me. È così ovvio, dopotutto! Ma cosa gli ho fatto, accidenti? Perché non riesce nemmeno più a guardarmi negli occhi?
«Lei deve saperlo, Alice.»
Alice. Un nome di donna. E improvvisamente il significato delle sue frasi mi è chiaro: non può più nascondermi che ha un'altra donna, non mi guarda più negli occhi per il senso di colpa ed è questa la situazione difficile. Ma soprattutto, devo sapere che mio marito ha un'amante.
Lacrime mi scorrono lente sul volto, senza nemmeno sapere se per il dolore o l'umiliazione. Forse entrambe. Con un gesto rabbioso, le asciugo, allontanandomi da quell'uomo che prima mi chiede di sposarlo e poi mi tradisce. Vado fuori, in giardino. Ho bisogno di aria fresca.
Cosa fare? Cosa devo fare?
Una parte di me vorrebbe andarsene con dignità, dicendogli solo che è giusto che viva la sua vita con la donna che ama in realtà. L'altra, vorrebbe usarlo come un sacco della box e sputargli contro tutto il disgusto che provo adesso per lui e solo quando sarò finalmente soddisfatta del suo viso irriconoscibile per il sangue andarmene senza vederlo mai più.
In tutti e due casi, comunque, alla fine ci sono io con le valige in mano.
«Isabella. Cosa fai qui fuori?»
Non mi prendo nemmeno la briga di alzare il volto verso mio marito.
«Penso» rispondo fredda.
Che capisse come mi sono sentita io quando mi parlava con lo stesso tono di ora.
«Ah. E a cosa?»
«Se prendere il primo volo per Seattle e raggiungere Forks in giornata, domani, oppure rimanere un altro giorno per godere come mai prima d'ora di New York con la tua carta di credito e solo quando sarò soddisfatta tornare a casa mia» gli spiego.
Lui non può saperlo, ma fremo dalla voglia di urlare tutto il mio dolore e comportarmi con così tanta calma mi sta costando troppi sforzi.
Lui non parla. «E perché dovresti ritornare a Forks?» mi chiede con un tono di voce che non riesco a decifrare.
Vuole proprio costringermi ad ammetterlo?, penso sconvolta.
Alzo il viso verso di lui, scoprendolo più ansioso di quanto non avessi pensato. «Dimmelo tu, Edward.»
Sarà lui ad ammettere i suoi sbagli.
Aggrotta le sopracciglia. «Lo sai?» si informa incredulo.
Solo incredulo?! Sua moglie ha scoperto che ha un'amante e la sua faccia è solo incredula?
«Non pensavo l'avresti presa così male, speravo avresti compreso… e accettato.»
Ma è impazzito?, penso fissandolo sconvolta. Non lo fisserei così manco se gli spuntassero due teste in più.
Edward si inginocchia verso di me piano, prendendo poi la mia mano. O meglio, cercando di prenderla perché mi scanso velocemente, fissandolo quasi disgustata. Non può pretendere che mi faccia toccare quando so con certezza che ha un'amante. Un conto è pensarlo, un altro è averne una prova...
«Bella, ti prego. Posso spiegare...»
Mi alzo di scatto in preda alla furia. «Cosa vuoi spiegare? Cosa? Che mentre io stavo a casa tu eri a scopare con un'altra?»
Adesso non è più stupito, è sconvolto, forse più di me. Il che è assurdo. «Cosa!? Un'altra? Di che accidenti stai parlando?»
Sbuffo, cercando di calmarmi.
«Bella, io non ho un'amante! Come diavolo hai potuto pensare che...?», si interrompe mentre lo fisso con espressione imperscrutabile. Con un gesto esasperato, nasconde il volto fra le mani per poi passarle sui capelli. Il risultato finale è un uomo stravolto dalla stanchezza. «Dobbiamo parlare, Bella. E io non ho un'amante» tiene a specificare quando apro bocca per suggerirgli dove si può infilare il discorsetto che mi vuole propinare.
Ma perché insiste con questa storia? Come non ha un'amante!?
«Ma ti ho sentito, maledizione! Ho sentito che dovevi dirmi una cosa che non riuscivi più a nascondermi e parlavi con una certa Alice. Dimmi tu se non dovrei pensare che hai un'amante» lo sfido.
Non piangere, Bella, non serve a nulla.
«Alice?» sospira, scuotendo la testa e avvicinandosi poi a me di un passo. «Amore mio, dobbiamo parlare, okay?»
Perché? Perché mi deve chiamare amore mio adesso quando non l'ha mai fatto?
Scuoto con decisione la testa. «Non voglio parlare con te.»
Si avvicina fino ad essere a una spanna dal mio viso, massaggiandomi le braccia con le mani. «Sei gelata. E dobbiamo parlare. Vieni dentro.»
È vero che sento freddo. Non necessariamente che dobbiamo parlare. Ma decido che lo ascolterò. Voglio proprio sapere perché insiste nel dirmi che non ha un'amante quando c'è una cosa importante che non riesce più a tenermi nascosto. In fin dei conti, se avesse davvero un'amante a lui converrebbe che io sappia già tutto. Almeno si risparmierebbe la fatica di ammettere che mi ha tradito. Ma insiste nel dire che non ha un'amante… forse, a dispetto di tutto ciò che ho trovato, lui davvero non ha un'amante.
 
Chiude la chiamata restando per un attimo in silenzio, voltandosi verso di me con espressione seria. «Stanno arrivando.»
Quando siamo rientrati dentro, Edward mi ha promesso che mi avrebbe spiegato tutto nei minimi particolari ma solo se avesse potuto fare una telefonata.
Alzo gli occhi al cielo, stanca di questa situazione. «Chi dovrebbe arrivare, Edward?»
«La mia famiglia.»
Sgrano gli occhi fissandolo come se lo vedessi per la prima volta. Cosa? Ma mi aveva detto che erano morti!
Vedendo il mio sguardo confuso, Edward mi si avvicina, l'espressione decisa, le mani nelle tasche dei pantaloni. «Capirai non appena verranno» dice semplicemente.
Okay: si tratta solo di aspettare un altro po'.
 
Oh mio Dio. Credo d'aver bisogno di molta acqua. Alzo il viso verso Edward, scoprendolo a guardarmi. «Sei stato adottato?»
Edward si inginocchia davanti a me. «Quando Alice è venuta in azienda non sapevo neanche chi fosse. Eppure in lei notavo delle somiglianze con me che spesso mi hanno lasciato confuso. Non sapevo nemmeno perché quella ragazza mi cercasse così tanto.»
Alice interviene. «Avevo trovato la foto di un bambino nell'album di famiglia e ho voluto chiedere spiegazioni. Il bambino non era Emmett, l'altro mio fratello, lo avrei riconosciuto. Quando ho scoperto di avere un fratello è come se avessi vissuto una menzogna.»
I miei occhi sconvolto si posano sulle figure dei coniugi Cullen, come a chiedere silenziosamente delle spiegazioni.
«Non abbiamo abbandonato Edward, né scelto di lasciarlo a qualche altra famiglia solo perché non eravamo in grado di badare a lui. Semplicemente… l'avevano scambiato nella culla con un altro bambino, colui che pensavamo fosse nostro figlio. Era lui nella foto. Per noi è sempre stato nostro figlio e continua ad esserlo anche ora. Piangiamo tutt'ora la sua morte ma avevamo deciso di non rivelare nulla ad Alice del fratellino» mormora con voce rotta la signora Esme.
Un bambino morto… Il mio cuore piange per quella piccola anima.
Alice, seduta al mio fianco, riprende. «Avevo scoperto della foto ma all'inizio non avevo fatto parola a nessuno. Ho chiesto finalmente spiegazioni ai miei quando ho notato troppe cose in comune con Edward. Siamo come due gocce d'acqua! Quando mio padre e mia madre mi hanno spiegato la verità, ho chiesto a Edward di poter parlare. La prima volta che l'ho visto è stato per strada e nemmeno vi avevo fatto caso ma, dopo averlo studiato su alcune foto di giornale, mi vergogno ad ammetterlo, ho fatto delle ricerche e poi ho iniziato a seguirlo. Non sapevo nemmeno chi fosse e soprattutto, lui non sapeva nulla della mia esistenza. Per cui chiedere ad un completo sconosciuto una specie di appuntamento era assurdo. Edward ha spesso rifiutato fin quando non gli ho mandato una lettera nel quale spiegavo che non volevo in alcun modo importunarlo o altro. Dovevo solo parlargli di una questione urgente.»
«Quando Alice mi ha spiegato il tutto, all'inizio non volevo crederle. Una completa sconosciuta era venuta per sconvolgermi la vita e non mi andava affatto bene. Non avevo fratelli e sorelle e soprattutto i miei genitori erano solo quelli morti in un incidente stradale anni fa. Solo loro contavano. Ma più i giorni passavano, più il dubbio si insinuava in me. Non era stata l'unica a notare delle somiglianze, anche io l'avevo fatto. Quando l'ho ricontattata col biglietto da visita che mi aveva lasciato, non ero nemmeno più sicuro di voler scoprire la verità. Mi sembrava di star tradendo i miei genitori. Ma dovevo sapere. Se il mio cognome è Masen… o Cullen. E il test del DNA ha confermato che sono loro figlio» termina Edward indicando con un cenno del capo i coniugi Cullen.
La verità? Non ci sto capendo più nulla. Troppe informazioni tutte insieme, è troppo per me. Volevo una spiegazione? Edward mi ha accontentato fin troppo bene.
«Forse è meglio se vi lasciamo soli» sento dire dal signor Cullen.
«Sì, hai ragione. Edward…»
«Vi chiamo domani» interrompe mio marito sua sorella.
Era l'unica notizia buona della serata. Lui non mi ha mai tradito; in compenso, mi ritrovavo con dei suoceri e due cognati. Ma soprattutto, Edward si ritrovava con una famiglia al completo quando aveva vissuto per tutta la vita da solo.
Una parte di me voleva abbracciarlo e chiedergli come stesse. Un'altra era offesa per essere rimasta all'oscuro. Sono sua moglie, perché non dirmelo?
Sono talmente sconvolta che non mi rendo nemmeno conto di essere rimasta da sola in salotto. Sento però la porta chiudersi e i passi di Edward avvicinarsi sempre di più.
«Come ti senti?» mi chiede piano, quando è finalmente davanti a me.
Abbasso ancora di più lo sguardo, fissandomi i piedi. «Dovrei chiederlo io a te» ammetto controvoglia.
Non deve essere facile per lui ma non lo è nemmeno per me.
Non risponde, dandomi così conferma che dentro di sé sta soffrendo ma non vuole ammetterlo.
Alzo il viso verso il suo, scoprendo il suo volto stravolto dalla stanchezza. Da quanto tempo tiene dentro di sé un segreto più grande di noi due messi insieme? Non voglio essere arrabbiata con lui, specialmente in un momento così difficile. Voglio stargli vicina. Ma come faccio se mi ha tenuto nascosto tutto?
«Perché non me l'hai detto?»
Edward si avvicina sedendosi accanto a me. «All'inizio non ti ho detto di Alice perché non volevo che ti preoccupassi di una donna qualsiasi. Quando mi ha rivelato tutto, ho continuato a non dirti nulla per non farti preoccupare inutilmente. Non le credevo, perché farti stare male? Ma quando ho scoperto di essere un Cullen… Non lo so. Non ti ho detto nulla forse perché mi vergognavo. Mi hai conosciuto come un Masen, che avresti detto quando sarei diventato un Cullen? E l'ho scoperto da poco, il test del DNA ci è stato dato in questi ultimi giorni.»
Okay, capisco le sue motivazioni. Voleva proteggermi e una parte di me lo ama sempre di più. L'altra, capisce ma non accetta.
«Avresti dovuto dirmelo. Non sarebbe cambiato nulla. Non mi interessa il nome che porti ma come sei dentro. E per colpa tua ho quasi fatto i bagagli pronta per ritornare a Forks» lo rimprovero duramente.
Mi sento in colpa: lui sta soffrendo e mi ci metto pure io? Però non posso farne a meno. Deve capire che una moglie non serve solo per riscaldargli il letto e per divertirsi ma per condividere anche ansie, preoccupazioni e problemi.
«Come hai potuto pensare che avessi un'amante?» sbotta lui, come improvvisamente offeso.
«Cosa avrei dovuto pensare, Edward? È da un mese che sei strano, come se mi nascondessi qualcosa. Poi ti sento parlare con una certa Alice riguardo al fatto che non riesci più a mentirmi e mi devi dire la verità! Come avrei potuto pensare ciò che nascondevi per davvero?» gli domando.
Almeno io ho avuto la forza di resistere; non so se lui si sarebbe comportato come me.
Di fronte alle mie parole, annuisce. «Hai ragione. Ti chiedo scusa.»
Sospiro, avvicinandomi a lui e sedendomi sulle sue gambe. «Voglio solo che mi prometti una cosa: qualunque altra cosa che ti farà stare male, voglio che tu me la dica. Ti starò vicino come meglio posso. Sorvolerò oggi ma non lo farò una seconda volta.»
Lo faccio perché anche io gli ho nascosto il mio ritardo. Se mi arrabbiassi di brutto per questo, sarei un'ipocrita visto che desidero che prenda bene la novità.
Mi lascia un veloce bacio sulle labbra stringendomi più forte. «Te lo giuro. Non ti nasconderò più niente, ogni cosa la condividerò con te. Se non l'ho fatto in questa occasione, è perché erano semplicemente dei sospetti… Non volevo preoccuparti inutilmente.» Annuisco, capendo ciò che intende. «Anche se comunque ti ho fatto preoccupare ugualmente senza volerlo. Voglio solo che tu sappia che se ti ho trattato male senza volerlo, ero solo stressato. E che tu sei l'unica donna che voglio. Mi hai capito?»
Ed è così chiaro ciò che prova per me! Mi ama esattamente come lo amo io.
«Devo dirti una cosa. Anche io ti ho nascosto una cosa ed è il motivo per cui non ho fatto tante storie. Se mi arrabbio io, ti arrabbierai pure tu e non voglio» aggiungo improvvisamente agitata.
Cos'è più grave, che il marito nasconda alla moglie di essere stato adottato o che lei nasconda a lui di stare forse aspettando un bambino?
«Cosa c'è?» mi domanda confuso.
«Ho un ritardo, Edward.»
Lo fisso in attesa di una reazione. Sembra preso alla sprovvista.
«E… e sei andata da un medico?»
Scuoto la testa senza smettere di fissarlo. «Volevo prima parlarne con te…»
Lui sorride radioso, facendomi perdere un battito. «Sarà la prima cosa che faremo domani. Verrò anche io.»
E sorrido anche io. Non ho bisogno di altro. O forse sì.
«Ti amo» sussurro circondando il suo collo con le mie braccia.
Mio marito appoggia la sua fronte alla mia. «E io amo te. Tantissimo.»
Adesso davvero non ho bisogno di altro, non quando il suono delle sue ultime parole fa da eco al nostro bacio.
 
 
 
Spazio autrice
 
Come vedere sono riuscita a creare un po' di suspense senza dover per forza fare cornuta Bella. Sono più che convinta che alcune creino una situazione così (Edward che tradisce Bella) o perché sono troppo giovani per capire cosa significa “perdere la fiducia” o perché non sanno più che scrivere per allungare la storia. #opinioni.
Spero davvero che il capitolo vi sia piaciuto. Io vi avevo detto di non preoccuparvi ;) Lieto fine, come potete vedere, assicurato. :)
Il prossimo è l'epilogo ç__ç
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 15
*** Epilogo ***


La mia vita è cambiata radicalmente quasi cinque anni dopo.
Ricordo benissimo quanto mi sentissi solo quando non conoscevo ancora mia moglie e mi consideravo l'unico erede dei Masen. È incredibile ora avere una famiglia numerosa: dei genitori amorevoli e dei fratelli, così come una moglie e un figlio. Facciamo due.
Bella era incinta, cinque anni fa. Il suo ritardo non era dipeso dallo stress ma perché era incinta. Non poteva esserci notizia migliore di questa.
Mio figlio Garrett è nato sette mesi dopo quella scoperta, nascendo prematuro. Ero un po' spaventato dalla cosa ma non c'era nulla di cui preoccuparsi. Il bambino era la copia sputata di sua madre: sempre affamato e sempre a parlare. Che emettesse quegli adorabili grugniti tipici dei bambini o mi facesse dei veri e propri discorsi che comunque capiva soltanto lui, parlava sempre. E io gli sorridevo come uno scemo.
Bella era partita per la tangenziale.
Se non fosse stato mio figlio, con molta probabilità sarei stato geloso di quel bambino dalle adorabili fossette, gli occhi marroni e i capelli bronzei come i miei. Era l'unica cosa che ha preso da me. Ma io ero così orgoglioso quando dicevano, testuali parole: "è la tua copia sputata, Bella". Lei arrossiva, io sorridevo mostrando tutti i miei denti, quasi.
La cosa negativa, l'unica, era che quel bambino è stato viziato. Sempre in braccio a qualcuno, sempre pieno di regali da parte di chiunque, sempre al centro dell'attenzione.
Una parte di me si odiava, l'altra non riusciva a resistere al pianto disperato di mio figlio. E Bella ha sempre detto d'altronde che i suoi figli sarebbero stati viziati. Nemmeno lei riusciva a rifiutargli qualcosa.
Sapevamo che era una brutta cosa ma fino a quando sarebbe stato piccolo, non c'erano problemi. Adesso che ha cinque anni, le cose iniziano a cambiare. Anche se il pianto di un'ora di Garrett mi strazia l'anima. Alla fine è per il suo bene.
L'unica cosa su cui non ho mai cambiato idea è il farlo dormire nel nostro letto. Poteva certamente dormire nella nostra camera da letto ma nel suo lettino. Qualche volta ho ceduto solo per Bella, perché lei lo voleva vicino. Ho già detto che lei ha sempre saputo che i suoi figli sarebbero stati viziati?
La verità è che non potevo certamente lamentarmi, e neanche volevo.
Le cose con i miei veri genitori e i miei fratelli andavano sempre meglio. Era stato difficile riuscire a vedere altre figure come mamma e papà quando avevi pianto e soffrivi ancora dentro per la morte di coloro che hai sempre considerato tali, ma con l'aiuto di Bella le cose sono migliorate.
Sono stato sincero quando le ho rivelato che non le avevo detto nulla per non farla preoccupare di quelli che io consideravo semplici sospetti, ma a ben pensarci, se potessi ritornare indietro, le direi tutto.
Avevo bisogno di lei, solo non volevo che non dormisse la notte come facevo io. Non ho pensato invece che è successo l'esatto opposto di quello che volevo perché senza saperlo la facevo soffrire.
Avevo poi sempre affrontato qualsiasi problema da solo, senza l'aiuto di nessuno. Non ero ancora capace di dividere pesi e pensieri con una figura al mio fianco, anche se mia moglie.
Sono stato un'idiota ma mia moglie ha capito che l'ho fatto innocentemente e mi ha perdonato. Alle volte penso sia troppo buona, ma alla fine l'amo anche per questo.
Salto sul sedile quando giungiamo a destinazione. «Va bene, si fermi qui» ordino al tassista. Prendo dalla tasca dei pantaloni tre banconote e senza nemmeno vedere quanti soldi sono glieli lancio.
«Tenga il resto» urlo uscendo dal taxi mentre l'eco dei suoi "grazie" urlati a gran voce mi accompagnano dentro l'ospedale. Devo avergli dato parecchio ma al momento non me ne frega nulla. Non quando mia moglie sta per partorire in questo preciso momento.
Maledetto, fottutissimo traffico del lunedì mattina newyorkese.
Non prendo nemmeno l'ascensore. So che con questo arriverei prima, ma attendere mentre quella luce illumina quei numeri senza fare nulla mi farebbe pensare di aver rallentato. Corro per le scale invece. Questo mi aiuta.
Quando noto tutta la mia famiglia, la mia e quella di Bella, nella sala d'attesa, corro verso di loro. «Dov'è?» chiedo a Jessica, la prima che mi nota.
«Dentro, mancavi solo tu» mi dice alla svelta.
Noto che in braccio tiene mio figlio ma non mi soffermo per baciarlo. Lo farò con grande calma dopo. In questo momento voglio solo vedere mia moglie.
Soffre.
È questo il primo pensiero che faccio quando la sento urlare. E poi corro. Nella sua direzione, indossando in fretta e furia una mascherina e il camice che mi danno. E quando la raggiungo, sento che quello è il mio posto. Al suo fianco.
«Amore.» Voglio che sappia che sono con lei.
Non risponde; prende solamente la mia mano e stringe forte, troppo forte, quasi a rompermela. Ma nemmeno questo importa. L'ha fatto una volta e mi ha regalato Garrett. Lo potrà fare altre mille volte.
«Ancora, Bella. Spingi ancora» la incita il medico.
Vedo mia moglie scuotere la testa. Il suo viso è rosso e bagnato dalle lacrime, i capelli bagnati di sudore. «Non posso...»
Le stringo la mano cercando di infonderle tutto l'amore che provo per lei. «Ci riesci, amore mio. Mi senti? Ce la fai. Sei la donna più in gamba che abbia mai conosciuto, sei la donna di cui mi sono innamorato. Se sei riuscita a sopportare per sei anni me, riuscirai a sopportare per un po' questo dolore» mormoro cercando di farla sorridere intendendole che sono un rompiscatole.
Cosa impossibile ma non importa. Questo sembra convincerla.
«Vedo la testa. Ancora un piccolo sforzo, su!»
Bella non è l'unica ad essere sudata o a piangere. Soprattutto quando sento per la seconda volta quel pianto, il primo di tanti altri che seguiranno negli anni a venire. Mai suono è stato così bello.
«È stupenda» mormora il dottore sorridendoci.
Stupenda? Oh mio Dio, penso sorridendo e piangendo allo stesso tempo.
«È una bambina» osserva emozionata Bella, sfinita ma felice.
La sua mano stringe ancora la mia e la mia testa è attaccata alla sua.
«È bellissima, come te» le dico con la voce rotta.
Ed è vero. Perché nonostante sia così stanca, con i capelli sudati e il viso stravolto, la luce che brilla nei suoi occhi la rende la donna più bella che io abbia mai visto. Come sempre d'altronde.
Un moto d'amore, d'orgoglio e di felicità mi pervade dentro quando Bella prende in braccio la bambina.
«Amore...» sussurra mia moglie, del tutto presa dalla nostra bambina.
Come darle torto? È semplicemente stupenda, tutta piccina e piangente fra le braccia di sua madre. La mia principessa, la mia regina... entrambe mie.
«Ti amo» bisbiglio baciando Bella sulla fronte. «Ti amo, ti amo, ti amo!» ripeto con sempre più forza.
Non è mai troppo presto o tardi per ricordarglielo.
Il sorriso che mi rivolge è il più bello di sempre. «Ti amo anche io. Mi hai reso così felice!»
E si sbaglia. È stata lei a rendere felice me. Lei e i nostri due bambini.

 
Sta riposando, adesso. Io non riesco a chiudere gli occhi nemmeno se volessi. Ammiro estasiato la mia bambina fra le mie braccia mentre anche i suoi occhi sono come sgranati sulla mia figura. L'ammiro e memorizzo ogni singolo particolare del suo viso paffuto sentendo quasi dolore per la troppa felicità.
«Quanto ti amo, amore mio» sussurro per non rischiare di svegliare mia moglie.
Accarezzo con l'indice la sua manina che subito si richiude attorno al mio dito stringendo con forza. I suoi occhi sono ancora su di me e io mi sento quasi cadere per terra. Non riesco nemmeno a capire da me come mi sento. Avrei voglia di soffocarla di baci ma allo stesso tempo ho paura di farle del male. Sembra scomparire fra le mie braccia.
«È permesso?»
Mi volto quasi infastidito che qualcuno abbia interrotto questo momento solo mio e della mia bambina ma sorrido quando vedo una Jessica raggiante con in braccio mio figlio. E dietro di lei le nostre famiglie.
«Venite» li invito.
Si dirigono tutti verso di me, guardando estasiati la bambina.
«Ah, guardala. Edward, so che è presto per parlare ma assomiglia tantissimo a te» mormora mia sorella.
È strano chiamarla così, com'è strano ritrovarmi a pensare ai miei genitori con i volti di ben quattro persone – perché per me i miei veri genitori sono anche coloro che ho considerato sempre tali. O avere un fratello come migliore amico. Emmett è stato grande, mi ha aiutato moltissimo. Perché se Alice, Carlisle e Esme cercavano di farmi trovare a mio agio già subito come una famiglia, Emmett prima ha cominciato a comportarsi da amico. Il resto è venuto da sé.
«Io spero per quella bambina che abbia preso tutto dalla madre. Guardala, Eddy: è stanca morta ma è uno splendore, tu fai schifo!» esclama l'amico in questione.
Gli rivolgo un finto sorriso. «Come sei dolce.»
«Come ti senti?» sento chiedere a Rosalie, mia cognata.
«Sto bene.»
Mi volto sorpreso quando sento la voce stanca di mia moglie. Pensavo dormisse e invece no. Rosalie è vicino a lei. Anche loro due hanno legato tantissimo, soprattutto perché Rosalie è già madre e Isabella ha potuto confidarsi spesso con lei durante la sua prima gravidanza, esporle i suoi timori, chiederle qualunque cosa sui suoi dubbi.
Mentre compio quei tre passi per posizionarmi al suo fianco, gli occhi di Bella vengono catturati dalla bambina mentre un radioso sorriso compare sul suo volto.
Stando bene attento a non fare del male a lei e a non disturbare mia figlia, gliela passo con molta delicatezza. Ho tanta voglia di fare una foto e di portarla sempre con me. Mamma e figlia insieme, mentre si guardano come se fossero all'interno di una bolla indistruttibile.
Commosso, mi volto verso Jessica prendendo in braccio Garrett. È stato buonissimo nel non voler attirare l'attenzione. «Amore» sussurro mentre si stringe a me stile koala.
Non risponde. Preferisce affondare il suo volto nell'incavo del mio collo e stringere le sue piccole braccia intorno ad esso. Lo stringo forte, riuscendo a stento a controllarmi, mentre un moto d'amore si fa strada in me verso la mia famiglia, quella vera. Quella che si chiude all'interno di casa mia la sera.
E mentre osservo come incantato gli altri parlare con una Bella sorridente e felice, mi sento completo e appagato. Perché a renderla felice sono stato io, nessun'altro. Non credevo che avrei fatto qualcosa di buono dopo aver perso il mio punto di riferimento, i miei genitori. Mi ero concentrato sul lavoro, solo su questo. Non pensavo che avrei mai potuto raggiungere questa felicità: una moglie, due bambini... una famiglia numerosa. La mia vita non è stata un fallimento, dopotutto.

 

 

 

Spazio autrice

 

Ed eccoci qui, alla fine. Devo dire che non avrei mai pensato di poter concludere anche questa storia. Alla fine, sono felice di averlo fatto. Spero vi sia piaciuto leggerla, anche se gli aggiornamenti non sono stati proprio costanti, perché alla fine è soprattutto per voi che l’ho ripubblicata c:

vi ringrazio dal più profondo del cuore, un bacione a tutti <3

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