Symmetry di kannuki (/viewuser.php?uid=1781)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Dov'è, Tyler Lockwood? ***
Capitolo 2: *** Il forte di Mystic Falls ***
Capitolo 3: *** Un tisana fatta con cosa? ***
Capitolo 4: *** Titoli di coda ***
Capitolo 5: *** 1912 ***
Capitolo 6: *** L'inevitabile ***
Capitolo 7: *** L'irreparabile ***
Capitolo 8: *** Zombie ***
Capitolo 9: *** Dianna ***
Capitolo 10: *** La reginetta dell'Opera ***
Capitolo 11: *** Madmen ***
Capitolo 12: *** The Tenant ***
Capitolo 13: *** La trappola ***
Capitolo 14: *** Confini ***
Capitolo 15: *** Love Potion Number 9 ***
Capitolo 16: *** Brothers&Sisters ***
Capitolo 17: *** Remember me ***
Capitolo 18: *** Friends ***
Capitolo 19: *** Succo d'arancia ***
Capitolo 20: *** One night stand ***
Capitolo 21: *** C'era una volta... ***
Capitolo 1 *** Dov'è, Tyler Lockwood? ***
“There's
a tale about Christmas that you've all been told and a real
famous cat all dressed up in red...”
Di
schiena poteva ingannarti, ma se lo guardavi bene, il viso rivelava
la fine dell'adolescenza bloccata nella prima maturità
dell'uomo.
Se
ne andava in giro fischiettando un motivetto natalizio che aveva
udito, anni prima, da un vecchio lord inglese a spasso col cane, in
pieno Hyde Park.
Klaus
l'aveva seguito, attratto dalla calma serenità che emanava.
Era Natale, Londra era ricoperta di neve e quell'uomo poteva essere
Santa Claus. Aveva la barba bianca e corta, ben curata, un vestito di
lana pesante e calzava un cappello a cilindro con una fascia di seta.
Il guinzaglio nella mano destra e un bastone nella sinistra. Si
indovinava un incidente recente dalla sua andatura claudicante. Forse
l'uomo era caduto da cavallo. Forse zoppicava dalla nascita.
Sebbene
i suoi abiti non fossero di fattura meno squisita, era stato ben
attento a rimanere a distanza. Il clima londinese donava un'ombra di
malinconia alla sua natura già ombrosa e solitaria e in
chiunque lo incontrava, sorgeva la folle tentazione di domandare, di
conoscere, di entrare in contatto – in qualsiasi
modo, in qualsiasi modo! - con il poco più che ragazzo,
meno che uomo, Niklaus Mikealsohn. Un nome terribile da portare. Un
fardello sanguinoso.
I
capelli ricci e biondi erano raccolti in un codino e gli donavano
un'aria decadente, dandy, peccaminosa. Francese. C'erano
donne, donne di malaffare - puttane da strada - che lo
fermavano per offrire i propri servigi ma si ritraevano ammutolite,
dopo aver incontrare il suo sguardo passivo. Tornavano dentro, nelle
case, al sicuro dai predatori notturni, e c'erano ragazzette di buona
famiglia ancora all'oscuro della natura malvagia degli uomini, che
sorridevano da sotto i capellini e le velette, arrossivano – le
loro meravigliose guance di pesca, l'incarnato chiaro della gente del
Nord – mimavano un inchino e si rifugiavano sotto braccio
alle madri, non osando più alzare lo sguardo sullo straniero
che avrebbe popolato le loro notti e acceso qualche ardito desiderio
nei grembi incontaminati.
Londra
era magnifica d'inverno. L'uomo poteva essere santa Claus e forse,
una volta arrivato in Kensington High Street, sarebbe montato
sulla slitta e Klaus l'avrebbe visto volare via insieme alle sue
renne. Invece, quando lo vide alzare il bastone da passeggio su una
ragazzina cenciosa che chiedeva la carità all'angolo della
strada, Klaus si fermò e ascoltò l'urto attutito e il
gemito spaventato della piccola.
Lo
odiò.
Non
per il gesto, non per il dolore procurato alla mendicante.
No.
Lo
odiò perché aveva distrutto la fiaba mentale,
riportandolo alla cruda realtà della sua condizione.
Condannato
a vivere in eterno.
Condannato
a ricercare senza poter riposare.
Condannato
a prendere senza mai ricevere indietro.
Klaus
aspettò che si allontanasse e solo allora si avvicinò
alla bambina. Era spaventata, congelata e dolorante per il colpo
inflitto. Ne aveva viste tante da sapere che non sarebbe
sopravvissuta al gelo notturno.
Buffo.
Le
aveva viste, le povere creature abbandonate da Dio, ma non si era mai
accorto di aver registrato tante informazioni su di loro. Poteva
darle del denaro, poteva regalarle la sciarpa. Avrebbe solo
prolungato la sua agonia. Un gesto caritatevole era ben poca cosa,
diluito nell'eternità della solitudine. Le aveva rotto il
collo, c'era voluto solo un attimo. Era morta nel terrore
dell'indifferenza e nel dolore del cinismo umano. Klaus si era
allontanato quando il corpo aveva perso l'ultimo calore. Aveva
raggiunto l'uomo e l'aveva sbranato come un cane rabbioso che non si
ciba giorni.
Non
per il colpo inferto alla piccola, no.
Lei
sarebbe morta lo stesso.
Il
suo sogno, invece, non doveva morire.
“Oooooooo
Merry Christmas Saint Nick”
La
città era morta alle undici di sera. La neve finta continuava
ad essere risucchiata e di nuovo sparata dai piccoli cannoni
all'ingresso del parco di Mystic Falls. La donna non era scivolata
nella fontana. Anche se lo stomaco era pieno di champagne, c'era
voluto un piccolo accorgimento per far sì che respirasse
l'acqua nei polmoni. E un minuto per toglierle la vita. Klaus non
provava alcuna compassione, quella sera. Aveva stretto tredici
piccole vite nelle mani e tutte avevano urlato, quando avevano
abbandonato il corpo.
“She's
candy-apple red with a ski for a wheel”
La spada era pesante,
molto più pesante di quella abituato a maneggiare in duello
con i fratelli. La lama era svanita e aveva dovuto forzare sulla gola
della lupa per entrare. Lo schizzo di sangue gli aveva imbrattato il
viso. Il problema delle spade, era il reflusso di sangue che
trascinava uscendo dalle ferite. Ti sporcava i vestiti. Era difficile
passare inosservato, dopo.
Rosso su bianco.
Klaus si sentì
molto natalizio. Portò la spada dietro la testa, come se fosse
un bastone su cui abbandonare il peso delle braccia, fece un passo
avanti, un saltello e atterrò su un piede, canticchiando ora
un ritornello che aveva udito provenire dallo stereo di
un'automobile, la mattina stessa.
“He
don't miss no one and haulin' through the snow at a frightenin'
speed...”*
“Che cosa hai
fatto...”
Il secondo piede si unì
al primo e la musica si interruppe bruscamente. Klaus sollevò
lo sguardo sulle candide vesti di Caroline Forbes. Il suo splendore
lo abbagliava. Il terrore che trapelava dagli occhi verdi, lo
riconduceva a terra. Fra i miseri e gli abbandonati da dio. Se li
sentiva addosso, i suoi occhi. Colpevolizzanti, spaventati. Non
voleva sapere. La domanda le era sfuggita di bocca.
“Cosa ho fatto
con questa spada?” domandò riportandola davanti a se. “O
cosa ho fatto con le mie mani?”
Caroline risalì
dalle dita lorde di sangue ai polsini fradici. Attonita, non si
mosse. “Che cosa hai fatto?”
“La fiducia è
tutto, dolcezza. Mi sono liberato dei traditori.”
Klaus alzò la
spada, puntandola alla sua gola. Caroline non guardò l'arma ma
il braccio di chi la impugnava. Pian piano i suoi occhi si spostarono
dalla camicia schizzata di sangue al viso disteso del vampiro. La
spada fu riportata verso il fianco con un movimento troppo disinvolto
per essere studiato. Caroline si chiese quante volte l'avesse fatto,
in passato. Klaus piantò la lama nel terreno e Caroline lo
guardò. Anche quello non era studiato.
“Dov'è,
Tyler Lockwood?”
“Se lo sapessi,
non te lo direi.”
Klaus estrasse un
fazzoletto dalla tasca e si pulì le mani. Caroline lo fissò
in viso per tutto il tempo. Sotto la maschera di disillusione e
sangue, vide rassegnazione.
“Ho ucciso sua
madre, devo anche prendermi la sua donna, per stanare quel
vigliacco?” ronzò a bassa voce bloccando la coscienza di
Caroline per un lungo secondo. Aveva ucciso il Sindaco?! Caroline
spostò il peso all'indietro e il tacco destro affondò
nel terreno. Seguì lo sguardo del vampiro fino alla fontana,
dove giaceva il corpo senza vita della donna. Caroline batté
le palpebre per ricacciare indietro le lacrime. Klaus aveva perso la
sua famiglia surrogata e aveva distrutto quella di Tyler. “Dov'è,
Tyler Lockwood?” sussurrò una voce molto vicina al suo
orecchio. Caroline alzò le sopracciglia, cercando di
distendere la fronte al tempo stesso. Lo sforzo le stirò le
labbra e il suo viso divenne una maschera di dolore e paura. “Non
sporcarmi i vestiti...”
Klaus la vide formarsi
all'angolo dell'occhio, la lacrima. Non aveva paura per se stessa,
soffriva per la morte della donna.
Ma tutto quel candore
lo abbagliava.
Girò il braccio
attorno alla sua vita e la voltò verso di se. La tristezza fu
soppiantata dall'incredulità. Klaus sapeva cosa stava
pensando: come si permetteva di toccarla con le sue manacce luride di
sangue? “E' la tua ultima possibilità per rispondere.
Dov'è, Tyler Lockwood?” insistette registrando tutte le
contrazioni dei suoi muscoli. Schiena dritta, stomaco in dentro,
collo teso. Klaus la schiacciò contro di se. La seta bianca si
macchiò del sangue dei dodici ibridi e Caroline lo guardò
con un lampo omicida negli occhi. L'odore le infiammava i sensi e
sebbene fosse bravissima a controllarsi, per un istante - punibile
con la morte – allentò la guardia e Klaus ne
approfittò: le tirò indietro la testa e conficcò
lo sguardo nel suo. “Dov'è, Tyler Lockwood?”
sussurrò con un impercettibile movimento delle pupille.
“Non lo so”
rispose aggrottando la fronte. “Ti mando il conto della
lavanderia.”
“E' seta, è
da buttare.”
“Lasciami i
capelli, bifolco.”
Bifolco, dal latino
classico bubulcum, 'guardiano di buoi'. Non era quella la
parola che cercava, pensò con un mezzo sorriso che non arrivò
gli occhi ma deturpò le labbra con un ghigno debole.
“Chiamalo.”
Caroline vide le
proprie mani rovistare nella borsetta, le dita comporre il numero e
quando Tyler rispose, chiuse gli occhi e sospirò. Klaus le
sottrasse il telefono, fissò lo sguardo sul corpo rovesciato
nella fontana e lo salutò, semplicemente.
Caroline studiò
il proprio vestito.
Rosso su bianco.
Molto natalizio.
Aprì di nuovo la
borsetta e cercò un kleenex. Non ne trovò. Klaus la
lasciò andare, sfoderò un fazzolettino candido e
ricamato con le proprie iniziali e glielo porse con un gesto galante
del polso. Caroline lo fissò, attonita. Non aveva smesso un
secondo di mormorare minacce al suo fidanzato. Lo vide estrarre la
spada dal terreno e trascinarla come un antico guerriero stanco della
battaglia.
Klaus chiuse la
telefonata con poco entusiasmo. Se avesse messo in pericolo la vita
di Caroline, si sarebbe precipitato al primo rintocco della
mezzanotte, ma era da vigliacchi farsi scudo con una donna. “Sei
ancora qui?”
“Tieni in
ostaggio il mio cellulare” gli ricordò tenendo il
fazzoletto ancora piegato fra le dita.
Klaus alzò un
sopracciglio. Tendeva a non far caso a certe piccolezze. “Pardon.”
“E ora?”
“Prego?”
Caroline si guardò
attorno, perplessa. “Rientro nella vendetta o posso andarmene a
casa a fare una doccia?”
“Va a casa,
Caroline” mormorò riportando lo sguardo a terra. “Ho
appena ucciso tredici persone, mia cara. Non posso concedermi
un'altra vita.”
Caroline lo spiò
finché non sparì dal parco. Guardò il vestito
macchiato e il corpo del sindaco nella fontana. Si morse le labbra,
prima di chiamare sua madre. Arrivò a conficcarci i denti
dentro, quando dovette avvertire Stefan del problema. Il
sangue si allargò sulla lingua e Caroline lo inghiottì,
rispondendo a monosillabi alle domande del vampiro. Certo che stava
bene. No, era stato ucciso solo il suo vestito e no, non voleva
passare la notte da sola. Caroline tirò su col naso e una
zaffata di sangue la raggelò, dandole la nausea. Quando si
accorse che era il profumo di Klaus a stordirla, scaraventò il
cellulare a terra.
*Little
Saint Nick – The Beach Boys
|
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Capitolo 2 *** Il forte di Mystic Falls ***
Perché la
verità, era che a Mystic Falls non succedeva mai niente. Era
un sobborgo che viveva di regole proprie: le villette a schiera, il
prato perfettamente curato, il cane e il recinto elettrificato
invisibile. Un visitatore che provenisse dalla città sarebbe
rimasto incantato dalla rilassatezza del luogo, dal Municipio dalla
faccia imbiancata, dalla Chiesa e il suo reflusso di fedeli. Se ne
sarebbe deliziato, ma al tramonto gli avrebbe rivolto le spalle per
non farvi più ritorno.
Per lei, era il luogo
in cui tutto avrebbe avuto inizio e fine. Caroline Forbes non sarebbe
mai uscita dai suoi confini e li avrebbe visti appassire, uno dopo
l'altro, mascherando l'eterna giovinezza col trucco e le acconciature
elaborate.
A Mystic Falls non era
mai successo nulla, fino all'arrivo dei fratelli Salvatore. Katherine
era stata la diretta conseguenza di un amore fallito. Klaus, la
vendetta di un amore inespresso tramutato in odio. E poi sì,
c'era il fatto del sacrificio, del rituale, le maledizioni, etc.
Caroline non voleva
essere puntigliosa – non troppo! – ma se risaliva la
scala dei danni, sfrondava le amicizie e le inclinazioni amorose, se
si arrampicava fino alla cima e ricercava il cartello con su scritto
'colpevole', avrebbe trovato una freccia che puntava dritta
dritta all'unico fratello Salvatore presente nella stanza.
“Vuoi un'altra
coperta?”
Un'altra coperta non
cancellava l'orrore della mattanza. Un'altra coperta non le avrebbe
tolto di dosso l'odore del sangue e di Klaus. Un'altra coperta
avrebbe solo scaldato le spalle mentre il fuoco del camino le
bruciava la faccia.
Caroline lo fulminò
con un'occhiata velenosa e scosse la testa.
Aveva insistito per
accompagnare Stefan nel bosco ed era entrata nella cerchia dei dodici
cadaveri. L'aveva fatto apposta, per imprimersi bene nella mente quel
che era capace di fare, per cancellare le risate della giornata
dell'elezione di Miss Mystic Falls.
Si era sforzata di
immaginare Klaus in altre vesti, l'aveva decontestualizzato e
inserito in un universo parallelo in cui lui era dalla parte dei
buoni. Avrebbe potuto innamorarsi di una persona del genere? Avrebbe
potuto diventare il suo migliore amico? Che fosse affascinante non lo
negava, aveva senso dell'umorismo ed era galante. Per fortuna, Klaus
era sempre Klaus... e ora Klaus se ne andava in giro con una
spada sporca di sangue come un vecchio guerriero che tornava dalle
Crociate.
Caroline aveva avuto
l'impressione che fosse orgoglioso del sangue che gli schizzava il
viso. La sua fantasia continuava a sfornare immagini di lande
desolare, campi di battaglia insanguinati e ruscelli rossi che si
riversavano nei fiumi. Aveva affrontato l'orda ed era rimasto in
piedi. La sua vittoria era stata facile: dopo il primo ibrido morto,
gli altri avevano avuto troppa paura, ed invece di reagire come
branco, l'avevano affrontato singolarmente od erano fuggiti. Non
c'era unione, fra i licantropi. I piani che intessevano con i
fratelli Salvatore, Bonnie e gli altri, erano di gran lunga
superiori. Anche se fallivano quasi tutti, alla fine.
Caroline si riscosse
con un movimento delle spalle. Infilò i mani fra i capelli,
grattò il collo e posò i gomiti sulla ginocchia
piegate. “Ho quasi perso il controllo...”
“Quasi. Un tazza
di tè?”
Caroline annuì e
posò la schiena contro il divano, muovendo i piedi sotto la
coperta. Il corpo di Rebekah era sparito. Non poteva essere stato
Klaus, lui non voleva la sorella fra i piedi. Allora chi? Sgranò
gli occhi e il suo gemito lo udì anche Stefan dalla stanza
adiacente. Il ragazzo si affacciò per monitorare la
situazione: se avesse perso il controllo, avrebbe dovuto sedarla?
Come agivano le maniache della perfezione?
“Jeremy ha dato
ad April il suo braccialetto alla verbena, io ho provato a
soggiogarla ma non ha funzionato e lei è filata dritta nella
cripta a resuscitare quella... uuuh, mi vengono i nervi solo a
pensarci!” esclamò battendo i pugni sul divano. “Alla
sua età pensavo solo a diventare popolare e passavo la maggior
parte del tempo di fronte allo specchio! Questa ragazze d'oggi
guardano troppa tv! Sono diventate intraprendenti e noi ne paghiamo
le conseguenze!”
Stefan le passò
la tisana rilassante, divertito dallo scoppio indignato. Caroline
grugnì e colpì un cuscino, infilando il naso fra le
spire che risalivano dalla tazza. Aggrottò la fronte e la
guardò, perplessa. “Ma che strano odore, cos'è?”
“Non so... era
nel barattolo in cucina” ammise assaggiandone un sorso. “Sa
vagamente...”
“Stefan, è
erba!” sussurrò tirandogli via la tazza dalle
mani. “Ti scagiono da ogni accusa. E' sicuramente roba di
Damon!”
“Damon non usa
sostanze psicotrope.”
Caroline lo fissò
e trasalì nuovamente, diventando rossa un attimo dopo.
“Ehm...”
“La festa che
avete dato tu, Elena e Bonnie” concluse inclinando la testa.
“Questo spiega il disordine il mattino dopo.”
Caroline alzò le
spalle e tornò ad infilare i piedi sotto la coperta,
incrociando le braccia sullo stomaco. “Le erbe di Bonnie ti
sballano a modo loro.”
“Sei fin troppo
agitata per assumere droghe.”
“Sono erbe
magiche, ti rilassano e basta” mormorò bevendo un sorso
di mistura troppo poco zuccherata. “Ti aprono la mente, basta
non unirci lo champagne.” Non aveva bisogno di aiuti esterni,
era fin troppo cosciente dei problemi che si accumulavano ogni ora.
“Non mi ero mai accorta di quanto fosse triste.”
April era stranamente
solare, per essere una ragazza che aveva appena perso il padre.
“Era così,
quando vi siete conosciuti?”
Stava parlando di
Klaus? Nel suo desiderio spasmodico di controllare il mondo che la
circondava, era arrivata al punto di desiderare di 'guarirlo'? Stefan
non rispose, la guardò a lungo, affondando nel divano accanto
a lei. “Non farlo.”
“Cosa?”
“Non cercare di
entrare nella mente di Klaus e non cercare di controllarlo.”
Caroline allargò
le mani e batté rapidamente le ciglia. Lo faceva sempre quando
veniva smascherata.
“Era solo una
domanda!”
Stefan la guardò
e alzò un sopracciglio.
“Ho parlato con
lui, ho visto il suo quadro e quello sguardo rassegnato che aveva
negli occhi, stasera! Non posso farci niente, mi incuriosisce!”
“Ti piace.”
“No!”
“Ti piace perché
incarna l'iconografia del vampiro tormentato...”
“Andiamo! Damon è
molto più tormentato di lui!”
“... e lui te lo
sei portato a letto” concluse, tacendola. “Siamo stati
amici per molti anni, so che effetto fa alle donne.”
“Beh, non a
questa donna!” esclamò arrossendo. “Non ricordarmi
tuo fratello...”
“Guardami negli
occhi e prova a negare.”
Caroline li girò
verso il soffitto, sbuffò e lo fissò, inclinando la
testa. “Non nego sia affascinante...”
“... e...”
“Stef, smettila.
Non mi farai ammettere qualcosa che non voglio ammettere!”
sibilò, abbassando la voce. “Non è ancora
definito nella mia mente e mi sto sforzando di ignorarlo per il bene
dell'umanità. Non possiamo alterare le coalizioni. Non ci sono
solo io, in questa guerra!” Caroline abbandonò il
divano, girando su se stessa. Il bagliore del fuoco le illuminò
i capelli, lasciando in ombra il viso. “Ho avuto paura. Per la
prima volta in vita mia, ho avuto davvero paura! Mi sono
sentita...” Caroline inspirò ed espirò, fissando
il vuoto. “Dobbiamo pensare a Tyler. Hai idea di dove sia
finito? Non risponde più alle mie chiamate da quando...
quando....”
“Siediti.”
Caroline si lasciò
condurre di nuovo sul divano, piegò le gambe e restò a
fissare il camino. La sua espressione era indecifrabile. “Ti è
mai capitato di leggere un libro e di immedesimarti nei personaggi?”
Stefan annuì e
Caroline si umettò le labbra, infilando le mani fra le gambe.
Insaccò le spalle e si piegò un po' in avanti. “Siamo
nel ventunesimo secolo, la pirateria è quasi del tutto estinta
ed ancora riusciamo a guardare al passato e a crederci principesse
intrappolare in torri d'avorio...” bisbigliò
inghiottendo la saliva. “Non mi piace, non voglio più
sentirmi così debole, non sono un trofeo di guerra e non ho
bisogno... ehi... che fai...” Caroline restò rigida per
molti secondi, poi ricambiò l'abbraccio, un po' impacciata.
“Sto per dirti
una cosa che non ti piacerà.”
“Allora non
dirmela...”
“Non c'è
niente di male...”
“Alt, stop!”
esclamò spingendo via il vampiro. “Eccome, se è
un male!”
“... a sentirsi
deboli, puoi lasciarmi finire una frase?”
Caroline mugolò
e tirò indietro i capelli. “Scusa.”
“Puoi dormire
nella mia stanza, se vuoi.”
“Resto qui,
grazie” bisbigliò tornando a rifugiarsi sotto la
coperta. “Noi siamo amici, vero?”
“Credo di sì.”
“Come mio amico,
mi diresti se sto sbagliando?”
“Se lo ritenessi
estremamente necessario...” mormorò restando a
guardarla. “Care, sono stato in guerra. So come funzionano le
emozioni umane.”
Caroline si morse la
lingua per non interromperlo.
“Di fronte un
grosso pericolo, reagiamo istintivamente e quando la minaccia è
passata, abbiamo bisogno di conferme.”
Non aveva bisogno di
conferme, ma Klaus doveva restare molto lontano da lei, da quel
momento in avanti.
“Non credo di
aver mai avuto tante relazioni amorose come sotto le armi”
rivelò strappandole un'occhiata sorpresa. “Di fronte
alla morte, reagiamo scegliendo la vita.”
Vita?! Aveva avuto una
paura fottuta che se la prendesse anche con lei, altro che storie!
Quando l'aveva toccata, lo stomaco le era sceso nei calzini ed era
incredibile che fosse riuscita a fare del sarcasmo sul suo vestito!
“Prova la tisana alle erbe magiche” sussurrò per
troncare l'argomento scomodo. “Buonanotte, Stefan.”
Stefan sistemò i
ciocchi in maniera che il fuoco li bruciasse lentamente fino al
mattino e ricambiò la buonanotte. Ora avevano un vampiro
Originale incazzato, un secondo vampiro Originale furioso col primo,
dodici morti da giustificare e un licantropo orfano e in fuga. Guardò
la tazza fumante e odorò una seconda volta le nuvolette che si
alzavano dalla superficie. Forse era meglio gettare quella brodaglia
giù per lo scarico della cucina. Scaraventò il
contenuto del barattolo nel cestino dei rifiuti, si chinò a
raccogliere il braccialetto d'argento che aveva visto molte volte al
polso di Elena e lo girò fra le dita, sopraffatto da un'ondata
di malinconia. Prima che se ne rendesse conto, aveva fatto fuori
mezza tazza di erba magica. Mugolò e scaricò il resto
nel lavandino. Se avevano steso una sovreccitata Caroline, avrebbero
avuto lo stesso effetto su di lui?
***
Aprire la mente
non era il termine adeguato. Ogni singolo poro del suo corpo
traspirava e respirava e gli sembrava che la superficie
dei polmoni si fosse espansa fino a raggiungere il triplo del volume.
Le lenzuola avevano una strana consistenza sotto i polpastrelli.
Stefan si rizzò a sedere e la stanza cambiò di
prospettiva. Era drogato. Strafatto. Ghignò per l'assurdità
e ripiombò sulla schiena. Perché non riusciva a
dormire? Stefan tornò a sedere e ciondolò il capo
avanti. Era ghiacciato. La sua pelle era congelata e il contatto del
marmo freddo sotto i piedi gli trasmetteva uno strano calore. Duro.
Pungente come uno spillo arrugginito. Aveva bisogno di nutrirsi.
***
Le novità erano
il forte di Mystic Falls. L'ultima cosa che ti aspetti, è di
trovare una Caroline Forbes seminuda sul divano del tuo vecchio
amico, l'unica sera che decidi di averne abbastanza della solitudine.
Klaus afferrò la
coperta finita sul tappeto e la distese sul corpo della ragazza, non
prima di aver osservato le forme illuminate dal fuoco. Era bellissima
e del tutto inaccessibile. Poteva aver giocato bene le sue carte alla
festa, ma l'exploit sanguinoso del parco l'aveva riportata
mille miglia lontano da lui. A pensarci bene, non barava mai
quando era con lei. Quel che vedeva, era la pura verità.
Caroline si voltò, spingendo il bacino contro la testiera del
divano e infilò le mani sotto il cuscino. Klaus si sedette
nello spazio lasciato vuoto dal suo corpo e le accarezzò i
capelli cercando di non svegliarla. Quanto poteva averla spaventata,
vederlo ridotto in quel modo? L'ironia sul vestito era la diretta
conseguenza della sua paura? Caroline Forbes aveva paura di lui?
Quando l'aveva afferrata, non aveva mostrato cedimenti e non aveva
tremato, neppure per un istante. Era bella, forte. La stronzata della
spada aveva risvegliato la sua virilità sopita dalla calma
placidità del luogo e lo scontro con gli ibridi l'aveva
ricondotto sul campo di battaglia, accelerandogli il sangue nelle
vene. Da secoli non provava un entusiasmo del genere. Da secoli non
desiderava tanto una donna come desiderava Caroline Forbes.
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Capitolo 3 *** Un tisana fatta con cosa? ***
Ragazzeeee!
Grazie grazie grazie!! ^^ sono felice che la storia vi piaccia, ho
una passione smodata come la coppia e anche se mi concedo
'distrazioni', torno a bomba sui nostri 'eroi'. Vi chiedo scusa per
il continuo cambio di titoli, rating, avvertimenti etc, ma la storia
si evolve ogni giorno in maniera diversa e mi costringe a rivedere
sempre tutto all'ultimo minuto. In questo capitolo appare anche
Rebekah e si ride un po'. Buona lettura! ^^
Klaus
arrossì di piacere genuino. Quale sarebbe stata la prossima
mossa? Svegliarla con un bacio o sollevarla fra le braccia e condurla
nel suo castello incantato? L'immaginazione era l'arma più
astuta creata dagli uomini. Se fossero stati in ben altri tempi, ora
Caroline Forbes starebbe giacendo nel suo letto, arrabbiata,
illividita di piacere e senza più voce, pronta a tranciargli
di netto i testicoli per l'onta subita. Era più facile
immaginarla in groppa ad un cavallo selvaggio lanciata verso il
nemico, che in una torre sorvegliata da un drago. Klaus accostò
la coperta alle spalle e si rialzò lentamente. Non era lì
per crogiolarsi nel pensiero di una conquista impossibile, ma per
proporre una bevuta scacciapensieri ad un vecchio...
Un
corpo lanciato contro una superficie fragile ad accelerazione
vampiresca, produce un urto anelastico, un sacco di vetri rotti e
qualche osso fratturato. La vetrata del soggiorno andò in
mille pezzi quando Stefan vi fu scagliato attraverso, portandosi
appresso una ululante e rabbiosa Rebekah. Si indovinavano parecchi
morsi sulle superfici corporee esposte e un numero imprecisato di
brandelli di vestiario. Rebekah rotolò sul pavimento, scalciò
scivolando sul tappeto, sguainò le zanne e si avventò
sul vampiro che mostrava una lunga ferita sul torace. Stefan
l'afferrò per la gola, la ribaltò a terra e la
immobilizzò, digrignando i denti.
“Lasciami
lasciami lasciami!”
“Basta?!”
“Sì!”
Stefan
la lasciò andare di scatto e restò inginocchiato fra le
sue gambe. “Ti ha dato di volta il cervello?!”
“Mi
hai aggredito tu!” ululò con voce singhiozzante. “Siete
tutti uguali, voi uomini! Tu e quel porco di mio fratello!”
“Pensavo
ci fosse un intruso in giardino, mi sono solo avvicinato e tu
mi sei saltata addosso!”
“Sei
un bugiardo e un traditore! Hai lasciato che si prendesse gioco di
me! Non te la perdonerò mai, Stefan!”
Klaus
era rimasto seduto accanto a Caroline, privo di parole. Senza entrare
nel merito della resurrezione di Rebekah, quello scoppio d'ira in
Stefan presupponeva il ritorno dello Squartatore? Klaus ne fu
deliziato. Sarebbe stato un magnifico Natale.
Caroline
batté le palpebre due o tre volte e giacque languidamente fra
le coperte, mugolando di piacere. Aveva le forze azzerate e il sogno
le aveva risucchiato il cervello. Sembrava che qualcuno l'avesse
messo sotto spirito e bevuto con la cannuccia. Non faceva più
quei sogni da anni. Lo stupro, la lotta, l'inseguimento, erano tutte
tematiche che riconducevano alla perdita di controllo, ad un problema
di difficile soluzione e alla mancanza di serenità. Non si
aspettava di riviverle, ma non si stupiva che si fossero palesate
dopo l'incontro traumatico nel parco. Le erbe di Bonnie aprivano
davvero la mente. Forse anche troppo. Caroline ansimò,
gli occhi velati, stordita da quella che sembrava una classica
carenza di sangue post aggressione vampiresca. Era intontita,
intorpidita e aveva freddo. Il camino era spento e la coperta non
riscaldava più granché. “Mh...”
Klaus
si preparò alla reazione di sorpresa e Caroline non tardò
ad accontentarlo. Trasalì, il gemito fu stroncato nel palmo
della mano e Klaus le fece cenno di tacere spingendo un dito sulle
labbra. L'effetto rilassante delle erbe magiche di Bonnie era
svanito. Era rimasto il languore che, sommato alla sorpresa, stavano
agendo nella parte più primitiva del cervello. Aprì le
labbra e lo fissò dritto negli occhi. Ricordò la
propria mise ridotta e un altro gemito imbarazzato si schiantò
contro la mano del vampiro.
“Siamo
in una brutta situazione. Non gridare e non fare movimenti bruschi,
rischiamo la pelle” sussurrò piegandosi su di lei e
spostando piano piano le dita. “Ciao.”
“Ciao...”
miagolò, schiarendosi la voce un attimo dopo. “Quale
brutta situazione... e tu cosa ci fai...”
“Amico
mio, non sapevo ospitassi donzelle nel cuore della notte!”
esclamò baldanzoso, ignorando Caroline e perdendo subito il
sorriso di fronte alla sorella. “Tu come hai fatto ad uscire
dalla bara?”
“A
differenza tua, ho un'amica che si preoccupa per me!” esclamò
Rebekah avvicinandosi a larghi passi al divano. Appena vide Caroline,
emise un gemito e spostò lo sguardo su Stefan. Sembrava
disgustata. “Scusate se ho interrotto la vostra cosa a tre!”
Caroline
aprì bocca per insultarla ma Klaus le fece cenno di ignorarla,
scuotendo la testa. La ragazza allargò le mani, indignata, e
il vampiro sollevò le spalle, noncurante. Chissà perché
le venne da ridere. Forse era la situazione. Forse gli atteggiamenti
del tutto umani di Klaus. Forse il decotto non aveva ancora finito di
sballarla.
Stefan
lo fissò, tracimando una rabbia sorda che gli faceva
digrignare i denti senza alcuna spiegazione. “Stai violando il
mio territorio!”
Quella
era una frase che nessuno aveva mai udito provenire dalla bocca di
Stefan. Caroline tirò indietro la testa e lo fissò,
basita. “Hai bevuto la tisana?”
Il
vampiro grugnì in risposta e si avvicinò.
“Sta
lontano, Squartatore” sussurrò Klaus in tono
cantilenante. “Ho visto cosa sei capace di fare quando sei...
agitato.” Stefan era ben più letale di lui perché
non agiva in base al freddo calcolo. “Un tisana fatta con cosa,
cara?”
“Erbe
magiche di Bonnie. Sono molto rilassanti.”
“Quanta
ne hai bevuta?”
“Un
sorso o due...”
“E
tu quanta ne hai bevuta?” domandò diretto a Stefan che
non rispose. “Noi ce ne andiamo!”
Caroline
gelò e restò immobile: quel noi si riferiva a
lei?
“Stefan
non è in forma e mi dispiacerebbe vederti con qualche arto in
meno, domattina” disse attirando il suo sguardo perso. Klaus le
sorrise, ma Caroline lo guardò appena. Stefan non faceva
quelle cose. Stefan era un bravo ragazzo. Era lui, il cattivo della
storia.
“Cristo
santo, Nik! La stai spaventando!” Rebekah girò intorno
al divano, afferrò un cuscino e lo abbatté sulla nuca
del fratello. Il gesto l'avrebbe fatta ridere, l'espressione di
dubbia rabbia di Klaus anche, se non fosse stata... così... a
contatto col vampiro.
“Caroline
non ha paura, ha solo avuto un brusco risveglio. Non è vero,
cara?”
La
ragazza annuì, chinandosi lateralmente in cerca dei jeans e
dei calzini. Una carezza risalì dal collo alla mandibola e si
fermò sulla guancia. La immobilizzò come un topo di
fronte al serpente.
“Seriamente,
Caroline. Sei ospite di un killer efferato!” sussurrò
incredulo, alzandole delicatamente il mento. “Non scherzavo
sugli arti mancanti. Io mi limito ad ucciderla, la gente. Lui ci
sfoga le frustrazioni!”
Era…
assurdo! Completamente fuori dallo schema dell'universo!
“Non
mi piace saperti sua ospite. Su, vestiti, ti riporto a casa. Al
sicuro!” esclamò diretto al padron di casa che lo
guardava con una smorfia incredula. Klaus ricambiò lo sguardo
e mancò poco che tirasse fuori la lingua come un bambino
dispettoso.
***
La
porta sbatté dietro la sua schiena e Caroline inciampò
sui piedi di Klaus. La teneva con tanta forza da impedirle di
camminare correttamente. Alla fine del vialetto, la lasciò
andare di scatto e girò su se stesso, arrabbiato. “Perché
non sei a casa con tua madre, Caroline?!”
“Vuoi
uccidere anche lei?” domandò svagata, finendo di
allacciare le scarpe.
“Lo
stai consolando della recente perdita?”
Ok,
ora aveva detto qualcosa di troppo! “Stefan ed io siamo sono
amici!”
“La
storia dell'umanità dimostra che uomini e donne non possono
essere amici” annunciò, un po' petulante. “C'è
sempre un'attrazione fisica, cosciente o meno.” Il velo era
sparito dagli occhi. Era di nuovo padrona di se. Però gli era
piaciuto, per pochi istanti, vederla perdere il controllo. Un
buffetto sotto il mento le strappò un altro gemito indignato.
Caroline singhiozzò, irrigidì la schiena e le braccia e
pestò un piede a terra. “Sei l'essere più...
più... uh! Non mi viene la parola, ma sappi che non c'è
nulla di lusinghiero in quello che...”
“..
e tu sei la donna più seducente, forte ed intelligente che
abbia mai incontrato” la interruppe con un sorriso appena
accennato. “Cosa c'era in quella tisana?”
“Te
l'ho detto! Semplici erbe magiche! Quando le abbiamo fumate, non
abbiamo avuto quell'effetto, ci siamo fatte solo molte risate”
mugugnò malmostosa, allacciando la felpa sullo stomaco ed
infilandoci le mani dentro. “Posso andare a casa, ora?”
Klaus
stese il braccio verso la strada aperta e Caroline lo fissò,
imbronciata. “Sei troppo impulsivo.”
Il
braccio ricadde lentamente lungo il fianco e Klaus si voltò di
nuovo verso di lei. “A cosa ti riferisci, mia cara?”
“Non
potevi semplicemente alzare la voce, abbaiare un po' e passarci
sopra? Non avevano la più pallida idea di quel che stavano
facendo! Sono stati ingannati, compreso Tyler! Posso darti nome e
cognome della puttanella che ha combinato il casino!” esclamò
tutto d'un fiato mentre Klaus si scuriva sempre di più.
“Hayley!”
“Le
avevo detto e ripetuto di farsi gli affari suoi...” ringhiò
scambiando un'occhiata sostenuta con Caroline. “Questo non
cambia il fatto...”
“...
che hai ucciso tredici persone innocenti e hai messo una gran paura a
me!” esclamò indicandosi. “Dove hai preso quella
spada? Non siamo mica nel Medioevo! Non puoi andartene in giro a
spiccare le teste dai busti!”
“Non
esagerare, mi sono limitato a strappare qualche cuore.”
“Ah
beh, perdonami!” esclamò battendo le mani sui
fianchi. “Questo cambia tutto!”
“Avere
un debole per te, non ti mette al riparo dai cambiamenti di umore”
l'avvisò avanzando verso di lei. “Sto cominciando ad
arrabbiarmi, quindi modera le parole!”
“Minacciarmi
non serve ad un bel niente!” insistette facendo un passo avanti
a sua volta. “Sei e resterai un ragazzino viziato!”
“In
altri tempi e in altri luoghi ti avrei fatto frustare, Caroline
Forbes” sibilò piegandosi su di lei. “Mi sarei
assicurato di farlo di persona!”
“Oh,
i miei complimenti! Anche maschilista!” insistette, lanciata e
senza paracadute di riserva. Il sangue le pulsava in testa e nelle
guance e non riusciva a tener chiusa la bocca. “Buonanotte!”
Klaus
la bloccò, riportandola verso di se. Non le faceva male, ma lo
stesso la spaventava. Caroline alzò il mento e lo sfidò
a continuare.
“Ti
avrei fatta frustare... e poi ti avrei portata nelle mie stanze e
fatta gridare tutta la notte...” ansimò, abbassando la
voce, la bocca secca.
Caroline
sgranò gli occhi e aprì impercettibilmente le labbra.
Fu
più un urtare di denti che un bacio passionale. Era il
peggiore della sua vita, completamente privo di ritmo, impacciato...
e lei non gli rispondeva! Aveva raggiunto il picco del fallimento,
quella sera. Klaus la lasciò andare e sospirò, passando
una mano fra i capelli. “Scusa...”
“Quando
sei arrabbiato, conta fino a dieci, invece di dare di matto...”
bisbigliò sentendo le labbra pesanti e infiammate.
“Non
è un buon momento di sgridarmi, sono prostrato dalla mia
inettitudine.”
Caroline
mugolò, lo sguardo fisso sulla sua maglietta. “No,
non... preoccuparti... mi hai solo... colto di sorpresa...”
Klaus
la guardò, speranzoso. Una seconda chance? No, eh?
“Mi
accompagni a casa?”
A
casa. Certo. Dalle il braccio.
Caroline
lo guardò perplessa e Klaus ebbe tanto l'impressione che lo
stesse classificando come lo scemo del villaggio. Arrossì e la
prese per mano. Caroline si lasciò tirare per qualche metro,
poi uniformò il passo al suo, gettandogli occhiate di tanto in
tanto. Aveva la mano calda e asciutta. Intrecciò le dita fra
le sue e dondolò il braccio. Lo vedeva, il sorrisetto
imbarazzato. Anche se cercava di nasconderlo!
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Capitolo 4 *** Titoli di coda ***
Casa
Mikealsohn
Strofinastrofinastrofinastrofina.
“Uhm...”
Strofinastrofinastrofinastrofina.
“Sono su Whatsapp con
Elijah. Vuole sapere se per Natale deve ordinare una dopplergänger
su Amazon.com o se basta una cravatta...”
Klaus soffiò sulla spada,
mugolò e continuò a strofinare il panno,
concentratissimo sul suo lavoro.
“Mi regali una bicicletta?”
“Fottute incisioni...”
“Tu sai andare in bicicletta?”
“Mi congratulo con Elijah per
il suo enorme senso dell'umorismo. Non indosso cravatte, no, non so
andare in bicicletta, ma per la legge di transizione, è come
fare sesso.”
“A-ah” dichiarò
scandendo bene le parole. “Ti ho mai confessato quale enorme
disagio mi provoca udire la parola sesso uscire dalla bocca di
mio fratello?”
“Quale fratello?”
Rebekah lo scrutò di
sottecchi e riprese a scrivere sul telefono che trillò poco
dopo. “Oh!” La vampira saltò via dalla sedia e
saltellò fino alla porta, strillando come un'aquila.
Che altro aveva ordinato su Ebay e
quando aveva avuto tempo di farlo, se era appena scappata dalla
tomba?
“Ciao, fratello.”
“Tu cosa ci fai qui?”
L'occhiata gelida di Klaus si infranse contro il muro di sarcasmo di
Kol. Tutto, in quel ragazzino, l'aveva sempre infastidito. “Non
stavi frequentando un college o qualcosa del genere?”
“Ero nascosto in un
college. Ho finito le ragazze da scopare.”
“E non potevi trasferirti in
un altro?”
Kol sogghignò indicando la
spada col mento. “E' quella spada...”
“Non perderci il sonno”
sibilò rifilando un'occhiataccia a Rebekah. “L'hai
chiamato tu?”
La ragazza alzò le spalle e
mise i piedi sul tavolo. Klaus batté le palpebre, infilando la
spada nel fodero. “Mi urtate il sistema nervoso, voi due.”
“Ho un mucchio di bagagli.
Qual è la mia stanza?”
Scherzava? Certo che scherzava!,
pensò con un cenno negativo del capo. “Non sei il
benvenuto!”
Kol sgranò gli occhi con
un'espressione ridicola e sarcastica al tempo stesso. “Ma
davvero?!”
***
Doveva essere proprio scema, per
infilarsi nella tana del serpente al calare della notte! Caroline si
fermò all'inizio del vialetto di casa Mikealsohn e tirò
indietro i capelli. Fare da paciere non le era mai sembrato più
complicato. Ehi, era tutto illuminato! Stavano facendo una festa? E
quel rumore metallico? Ma quanto tenevano la tv alta, quei due?
***
“Sei peggiorato!”
Non era mai stato un drago con le
armi da taglio, ma era imbattibile quand'era l'unico armato. Klaus
scartò lateralmente, evitò un affondo e rotolò a
terra.
“Devi stare attento a dove
metti i piedi!”
Dove aveva messo...
“Stupido!”
Stupido sì. Il giardino della
sua abitazione non conteneva trappole... e quel moccioso aveva
acquisito una velocità... “Urgh!”
“Toccato!”
Rebekah si morse le labbra: Kol era
sempre più abile nel combattimento e quella ferita doveva fare
proprio male. “Non potete finirla qui?”
“Scherzi? Mi sono appena
riscaldato. Ora cominciamo a fare sul serio.” Kol ritirò
la spada lasciandola scivolare dolorosamente sul fianco di Klaus che
gemette e bloccò l'uscita del sangue spingendovi la mano
sopra.
“Uh!” Caroline sgranò
gli occhi e si ritirò dietro il muro. Una folata di vento
l'avvertì che era stata scoperta, ma quando si ritrovò
il fratello più giovane di fronte, restò inebetita a
guardarlo. “Salve...”
“Ti conosco, ti ho vista ad
una festa.”
“Ehm...”
“Chi c'è?!”
Caroline inspirò e stirò
le labbra. “Vengo in pace!” esclamò sporgendo
appena la testa. Rebekah mugolò, rivolgendole un'occhiataccia
e Klaus non mascherò la sua sorpresa. Gli occhi della ragazza
percorsero l'intero corpo del vampiro, si fermarono sulle lacerazioni
sanguigne che correvano sulla maglietta e i jeans, e risalirono
spaventate al viso, per ridiscendere troppo velocemente sull'arma che
impugnava. “Posso organizzare un incontro con Tyler se prometti
di non ucciderlo, non staccargli la testa, ne strappargli il cuore”
rantolò. Ma che cavolo aveva da fissare, quel ragazzino?!
Caroline lo fulminò, conficcando lo sguardo nel suo. Kol
l'afferrò per il braccio e la spinse avanti. “La tua
ammiratrice necessita di un posto d'onore. Bekah, falle spazio.”
“Per favore.”
“Muoviti!”
Rebekah si spostò sulla
panchina in legno cesellato e Caroline fu sospinta a sedere.
Attorniata da tre vampiri Originali, pensò bene di tenere la
bocca chiusa e attendere la fine dello spettacolino. “Perché
stanno litigando?”
“Vecchie rivalità...”
Kol sembrava appena uscito dalla
doccia, Klaus era un ammasso di nervi e Caroline non riusciva a stare
seduta. La sua agitazione si rese palese Rebekah che la studiava di
sottecchi. “Klaus non l'ha mai battuto” annunciò
dondolando una gamba. “Sai andare in bicicletta?”
“Sì” bisbigliò
girando subito la testa verso i due combattenti.
Rebekah sollevò le
sopracciglia e sorrise, accarezzandosi i capelli. “Attenta, ti
stai scoprendo.”
Caroline ci mise un po' a capire.
“Ero venuta per parlamentare, non capita tutti i giorni di
assistere ad un duello!” replicò, stizzita.
“E' quasi finito, Kol ha vinto
un'altra volta” mormorò indicandoli con un cenno della
testa. “Non dire che tutto questo non ti fa effetto.”
“Che... effetto...”
“Il combattimento. Il sangue.
I corpi sudati” bisbigliò spostandosi verso di lei.
“Quando ero una fanciulla pura e innocente, le mie amiche ed io
assistevamo di nascosto ai combattimenti fra i ragazzi.”
“Non c'era internet, a quei
tempi” mormorò Caroline inghiottendo la saliva. Era così
stupida da lasciare che quei bifolchi… che quel bifolco
le accelerasse il respiro per un po' di tric trac con una
spadaccia che aveva visto tempi migliori? “Argh!”
Caroline trasalì quando la
spada di Kol lo trapassò da parte a parte. Klaus si aggrappò
al braccio del fratello e con un sogghigno crudele, il ragazzo girò
il polso. Caroline vide distintamente il dolore sbiancargli il viso e
la spada cadere a terra. Kol lo spinse via e, allo stesso tempo,
estrasse la lama strappandogli un altro grido. Klaus crollò in
una pozza di sangue e Caroline attese, col cuore in gola, che si
rialzasse.
“Il vincitore si prende la
ragazza!” Kol piantò la spada a terra e sospirò,
allargando le braccia. “Vieni da me, tesoro.”
Ma scherzava?! Caroline si alzò
e camminò lentamente verso il moribondo. Faceva male solo
nell'orgoglio, pensò analizzando l'entità delle ferite.
Sorrise a Kol, certa che la sua ironia trapelasse da ogni gesto.
Klaus cominciò a
sghignazzare. Non era così dolorante da non capire che suo
fratello stava per essere punito. Sperava solo di non svenire
per non perdere lo spettacolo.
“Come funziona? Devo mostrare
ammirazione, svenire, sospirare...” cantilenò muovendo
una mano nel vuoto, l'altra puntata contro il fianco. “Ma credi
davvero alle stronzate che dici?” Sparare in faccia ad un
idiota troppo montato una dose abbondante di spray antistupro al
peperoncino, l'avrebbe certamente ridimensionato. Caroline sentì
i muscoli del viso cedere e le braccia abbassarsi lungo i fianchi.
L'aveva soggiogata... figlio di puttana...
La bomboletta di spray cadde dalla
tasca e Kol si chinò a raccoglierla. “Prevedibile”
dichiarò, intascandola. “Vieni con me.”
Cavolo, pensò
scavalcando il corpo di Klaus che li fissava, ammutolito. Caroline si
voltò a guardarlo con espressione supplice. Rebekah smise di
mandare messaggi e guardò il fratello minore con aria
interrogativa. Fissò Caroline e per ultimo si dedicò
allo sconfitto che arrancava per tirarsi in piedi. Schizzò
verso Klaus, lo afferrò per i corti riccioli sulla nuca,
lacerò il polso e lo spinse contro la bocca. Il vampiro ci si
attaccò immediatamente e dopo due secondi, la ragazza sentì
le forze cedere di colpo, la testa girare e un singhiozzo svanire
sulle labbra e perdersi nell'immobilità dell'attimo. “Me
ne devi una grossa come questa casa” sibilò con uno
scappellotto alla nuca.
Klaus grugnì in risposta.
Rebekah lo seguì con lo sguardo, restando inginocchiata a
terra e chissà perché non si stupì, quando lo
vide prendere alle spalle il fratello e rompergli il collo. I colpi
bassi erano la specialità della famiglia Mikealsohn.
Caroline ricominciò a
respirare, libera dalla malia. A ripensarci, forse quel momento
era stato uno dei più paurosi della sua vita.
“Ora possiamo parlare”
dichiarò scavalcando il corpo del ragazzo, lo sguardo
rassegnato di Rebekah incollato alla nuca.
“L'hai preso alle spalle,
almeno lui ha combattuto correttamente...”
“Non è importante come
si vince. Solo chi vince” dichiarò con un sorriso
furbo, sbirciando Caroline che aveva perso colore. “Le scuse
del licantropo dovranno essere molto sincere, molto
sentite e non posso assicurarti che uscirà incolume dal nostro
incontro.”
Caroline annuì, si piegò
sulle gambe e frugò nella tasca del ragazzo, riappropriandosi
del suo spray. Era pallida come un cencio e aveva la lingua incollata
al palato.
“Ehi...”
Caroline risalì lo sguardo
sui vestiti ormai inutilizzabili e macchiati di sangue, sulla mano
che stringeva l'elsa lavorata e finì dritta nei suoi occhi.
Le aveva appena sfiorato la guancia
con le dita e aveva visto la domanda che si allargava nella sua
mente: come osava il villico toccarla con le sue manacce
sporche?
“Grazie” bisbigliò,
espirando come se avesse trattenuto il fiato per troppo tempo.
“Stabiliamo che la donna alfa prende il comando e decide
per il bene collettivo. Incontrerai Tyler, accetterai le sue scuse e
scaglierai la tua vendetta contro quella puttanella di Hayley. Siamo
d'accordo?”
Magnifica, pensò
ammirato. “Sì, mia signora.”
“Non fare lo stronzo”
miagolò dolcemente stampandosi in faccia un bel sorriso. “Ci
vediamo!”
Era magnifica. Klaus la seguì
con lo guardo finché non svanì dietro la casa. Si
poteva innamorare di una donna del genere. “E tu cos'hai da
guardare?”
Rebekah spostò i gomiti dalle
ginocchia e scosse la testa, il mento appoggiato sui palmi delle
mani. “E' come stare al cinema” dichiarò con un
sorrisetto. “Posso restare fino ai titoli di coda?”
“Perché, che succede
alla fine?” domandò svagato raccogliendo le armi e
rinfoderandole una alla volta.
“Si baciano, alla fine.”
Magari,
pensò rientrando in casa con un altro sorrisetto scemo
stampato in faccia.
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Capitolo 5 *** 1912 ***
Ciao
ragazze, buona Vigilia! ^^ Capitolo incentrato su Rebekah, spero non
vi dispiaccia. Mi piace inventare passati agli Originali, è
una specie di droga. ^^ Buona lettura!!
Era accaduto nel 1912.
Rebekah era a Londra,
suo fratello era sparito dietro una donnina di poco conto e lei si
sentiva sola. Aveva conosciuto Willbourgh, passeggiando per Holland
Park, lui le aveva parlato del nuovo transatlantico della White
Star Line, e lei aveva dovuto decidere in fretta se lasciar
cadere i guanti, per studiare meglio quella piccola vena che si
intravedeva dal colletto della camicia, o accettare il suo braccio e
concedergli di accompagnarla a casa. Il clima di Londra la
immalinconiva e lei voleva tornare nel Nuovo Mondo. Il biglietto
l'avrebbe pagato Klaus, non si sarebbe accorto dell'ammanco nella
cassaforte e le loro strade si sarebbero finalmente divise.
Willbourgh era un borghese che aveva creato la propria fortuna,
cercava una moglie dolce e bella da sposare e lei, che non era ne
dolce ne bella - a sentire il fratello - se n'era innamorata
all'istante. Al momento dell'imbarco, non c'era nessuno a salutarla.
Il Titanic offriva molte comodità, Willbourgh era
affettuoso, le portava lo scialle quando aveva freddo – le
altre signore della nave avevano sempre freddo e lei doveva
mescolarsi con la folla per non apparire diversa – la imboccava
a colazione e la coccolava, facendola sentire unica e speciale.
Progettava una famiglia, una bambina dai capelli color del grano da
inserire nell'alta società e un bambino robusto a cui
insegnare ad andare a cavallo. Rebekah non sapeva nuotare e
Willbourgh inserì le lezioni per la mogliettina nella
sua enorme agenda di lavoro. Trovava sempre uno spazio per lei, a
qualsiasi ora del giorno e della notte. Rebekah si svegliava col
sorriso e si coricava felice fra le braccia del marito. Era stato
stupendo, per qualche giorno. Poi c'era stato il boato. E
quella stupida regola. Prima le donne e i bambini. Al diavolo,
potevano anche crepare, quelle vecchie rancide e i loro grigi
consorti! Willbourgh era rimasto a bordo per aiutare i passeggeri e
Rebekah era stata caricata a forza sulla scialuppa. E lì aveva
pensato 'l'ho perso'. Avrebbe dovuto trasformarlo la notte prima,
quando le aveva detto che sarebbe morto per lei. Rebekah sapeva che
erano cose che gli uomini dicevano e non vi aveva dato troppo peso.
Non troppo. Quando la nave si era inabissata, alcune scialuppe si
erano rovesciate e il desiderio di vedere le antiche mummie sparire
nelle acque gelide e scure, era stato esaudito. Willbourgh non
l'aveva più visto. Si era nutrita di alcuni sopravvissuti per
mantene alto il calore corporeo e quando la Carpathia aveva
individuato il canotto A, l'ultimo disperso, l'ex signora
Willbourgh aveva finalmente aperto gli occhi. Era tornata Rebekah
Mikealsohn, residente a Londra. No, i genitori erano defunti anni
prima per cause naturali. Sì, avrebbe avvertito suo fratello,
residente nel Nuovo Mondo. No, non aveva altro con se. Solo i vestiti
che indossava e l'anello di Willbourgh. Quando Elijah si era
presentato al porto, Rebekah l'aveva salutato con un cenno del capo,
infilato la mano sotto il suo braccio e marciato compita ed eretta
fino alla carrozza. E poi, Elijah aveva detto la cosa più
stupida della sua vita.
“Hai freddo,
cara?”
Rebekah l'aveva fissato
con un'espressione assente, l'unghia del pollice impegnata a roteare
l'anello di Willbourgh.
Se aveva freddo.
Se aveva freddo.
Ora Rebekah desiderava
che Stefan non fosse in casa. Stefan le ricordava Willbourgh, quando
non se ne andava in giro a strappare arti alla gente. Era stato
facile innamorarsene. Ora, lui era preso da Elena e grazie alla sua
azione avventata, sarebbero rimasti insieme per sempre. Klaus si
umiliava ai piedi di Caroline e lei era di nuovo sola. Una costante
della sua vita. Rebekah batté una seconda volta la nocca
contro la porta, poi notò il campanello e ci posò sopra
il dito. Ogni volta che tornava dall'altra parte, dimenticava
qualcosa e forse sarebbe arrivato il giorno in cui avrebbe
dimenticato il proprio nome. Eccolo, Stefan. Sempre così
serio! “Sai andare in bicicletta?”
Rebekah non si
comportava come tutte le altre ragazze. C'era qualcosa di
altisonante, nel suo carattere, e forse un giorno sarebbe impazzita.
Stefan la fissò in viso. Empatia assente, calore umano pari
allo zero. Gli unici sentimenti che provava, li mostrava solo quando
Klaus la faceva arrabbiare o la deludeva.
“Non ho mai
imparato neppure a nuotare, se è per questo.”
Era vendicativa,
immatura e pestifera. Ed era da tenere sotto controllo. “Vuoi
che ti insegni a nuotare?”
“Magari scegliamo
un posto dove nessuno possa vederci, non voglio fare figure ridicole”
mormorò, arrossendo.
Avrebbe avuto tempo per
pentirsene, ma almeno lo distraeva dal pensiero di Elena e Damon
insieme. “D'accordo. Con cosa cominciamo?”
***
“Uahhhhhhhhh!”
Rebekah allargò le gambe e la bicicletta andò avanti da
sola. Era facile in discesa, doveva solo ricordarsi di frenare... e
di mantenere... “uah!” L'equilibrio! “Ahio!”
“Le mani sul
manubrio e i piedi sui pedali. Ti sei fatta male?”
Malissimo, ma era così
contenta che, anche se aveva le ginocchia sbucciate sotto i jeans,
continuava a rialzarsi e a rimontare in sella. Stefan le corse dietro
per un po', e quando vide che stava dritta da sola, la lasciò
andare incontro al proprio destino. Sperò che non fosse un
camion... e che non sbucasse dal nulla proprio nel momento in cui...
“Becky!”
“Non mi sono
fatta niente!” urlò, ruzzolando sul prato. “Ora
riprovo! Ci sono quasi.” Rebekah frenò piano piano fino
a fermarsi, e quando mise i piedi a terra gli regalò uno dei
sorrisi più belli della sua vita. “So andare in
bicicletta!”
Damon avrebbe detto che
era pazzo a perderci tempo. “Vediamo se hai anche i polmoni...”
Rebekah si rabbuiò,
tormentò le marce del cambio e sussurrò che sarebbero
andati un'altra volta, alla piscina comunale.
Quello era
un'interessante cambio di umore. Stefan tornò indietro e frenò
accanto a lei. “Hai cambiato idea?”
“Non vado molto
d'accordo con l'acqua dal 1912” mormorò stringendo le
labbra.
“Cosa è
successo nel 1912?”
“Uhm...”
Rebekah spinse sul pedale e andò avanti di qualche metro. “Ho
preso un sacco di freddo.”
“Una volta ti
confidavi con me.”
“Una volta mi
fidavo di te” borbottò, gelida. “Non è un
evento privato. Collegati ad Internet, cerca '1912' e 'disastro
imbarcazione' e guarda cosa esce fuori.”
“Eri a bordo del
Titanic?”
Se avesse saputo che ci
avrebbero fatto un film, avrebbe dato qualche dritta al regista. “In
viaggio di nozze” sussurrò giocherellando col
campanello.
Stefan si avvicinò,
posò le braccia sul manubrio e inclinò la testa per
guardarla meglio. “Eri sposata?”
“Sì,
Stefan. Ero sposata ed ora sono vedova. Lo conoscevo appena. Non
ricordo neppure il suo nome.”
Il nome nell'anello che
portava al collo, quando l'aveva conosciuta, mascherato fra le
collane di perle in voga all'epoca? L'anello che aveva giurato essere
di sua madre e troppo largo per il suo dito?
“Sta tramontando
il sole. Torniamo a casa?” Rebekah non attese risposta e
pedalò, un po' traballante, per le vie di Mystic Falls. Ora
sapeva andare in bicicletta e prima o poi avrebbe sfidato l'enorme
vasca da bagno di Klaus. Avrebbe trattenuto il fiato e avrebbe
ficcato la testa sott'acqua.
Prima o poi.
Casa
Mikealsohn
“Chi è
'per sempre tuo, Willbourgh'?”
Brutto impiccione! “Non
so, l'ho trovato per strada.” Rebekah si tolse la felpa e la
gettò su una sedia. Aveva le ginocchia sporche di sangue sotto
i jeans e nessuna voglia di spiegare all'irritante fratello minore il
matrimonio... naufragato. “Sloggia!”
Kol scivolò via
dal letto e gettò l'anello alle sue spalle. Rebekah lo osservò
rotolare a terra e fermarsi all'incontro del tappeto. Continuò
a slacciare le scarpe e solo quando la porta si chiuse, si chinò
a raccoglierlo. Lo infilò all'anulare sinistro e strinse la
mano. Per sempre tuo. Molto romantico, tesoro.
“Rebekah è
innamorata!”
La porta si spalancò
di colpo e la ragazza trasalì e gli lanciò
un'occhiataccia. “Comincio a pensare che Klaus abbia ragione a
non volerti qui!”
“Me ne andrò
domattina. Questo posto è noioso e le ragazze non vincerebbero
una gara di bellezza neppure a corrompere la giuria” dichiarò
sporgendo la testa “non sei nuda, vero? Mi impressiona vedere
mia sorella nuda.”
“Ricordati di
bussare, la prossima volta.”
“Avrei perso
l'effetto sorpresa!” si giustificò con un alzata di
spalle. “Quella ragazzina bionda di ieri sera...”
“Ricorda il tuo
aspetto esteriore, Kol. Caroline ha diciotto anni, tu appena sedici.”
“Novecentosedici!”
“Buttati al
vento” sospirò cercando della biancheria intima pulita.
“Non razzolare in quel campo.”
“Ha un interesse
per Niklaus. Non è del tutto sana di mente, vero?”
“E' intelligente
e lo tiene a distanza. Nik ti strozza se ci provi con lei.”
Kol si illuminò
e un sorriso maligno gli allargò le labbra. Rebekah scosse la
testa e si caricò di accappatoio e detergenti personali. “Io
non lo farei, se fossi in te!”
“Ma tu non sei
me!” le urlò dietro la porta del bagno. Solo quando aprì
l'acqua della doccia, Rebekah si accorse che indossava ancora
l'anello di Willbourgh. Lo posò su un ripiano e accese la
radio, canticchiando a bassa voce. Quando uscì dalla doccia,
era sparito. Rebekah impallidì e lo cercò sul
pavimento, fra le creme, nelle tasche dell'accappatoio e addirittura
nel portadentifricio. Ruggì, di fronte l'ineluttabile verità.
“Kooooooooooooolll!”
“Sono in cucina!”
Lo sentiva ridere, era
ben più che colpevole! “Ridammelo!”
“Non so di cosa
stai parlando.”
E rideva. Che faccia da
schiaffi! “Il mio anello, l'anello di Willbourgh!”
“Non l'avevi
trovato per terra?”
“Non hai alcun
rispetto per la proprietà altrui” sibilò portando
il cappuccio a coprire i capelli bagnati.
“Lo dico da una
vita e nessuno mi da retta. Bekah, non sgocciolare sul parquet, per
favore.”
“Kol ha rubato un
oggetto a me caro” rispose ad un sopraggiunto Klaus con due
sacche della spesa per braccio. Il vampiro li guardò appena e
scaricò il cibo sul tavolo della cucina. “Non voglio
entrarci.”
“Tu sai chi è
'per sempre tuo, Willbourgh'? Sembra tanto un anello nuziale.”
Klaus aprì la
confezione delle uova e le sistemò nel frigo, strappò
l'anello dalle mani del fratello e lo lanciò a Rebekah.
“Problema risolto.”
“Ti sei sposata e
non ci hai invitato?”
La vampira impallidì
mentre lo infilava al dito. Esitò e l'anellino cadde per
terra, rotolò fin sotto la credenza e Rebekah pensò di
lasciarlo lì. “Non dire scemenze!” sbottò
girando su se stessa con gli occhi gonfi di lacrime. “E' una
bella giornata e non voglio rovinamela! Ho imparato ad andare in
bicicletta!”
“Sai che
conquista” soffiò Kol leggendo l'etichetta della
maionese. “Non è dietetica.”
Klaus lo guardò,
chiedendosi se scherzava o meno.
“Le ragazze di
questa città sono fissate con l'aspetto fisico” spiegò
parlando lentamente come se si trovasse di fronte ad un bambino
deficiente. “Se le inviti a cena, non puoi servir loro
condimenti ipercalorici. A meno che non sia una mossa per metterle
all'ingrasso. Ti ricordo che la quantità di sangue varia a
seconda del peso corporeo... ehi, sei un genio!” esclamò
Kol schioccando le dita e colpendolo su una spalla. “Imparo
sempre qualcosa dal mio fratellone! Aveva ragione papà, gli
anziani sono portatori di verità.”
Oppure, la verità
era che avevano solo quella, al drugstore, e i tramezzini gli
piacevano ben conditi. “Quando te ne vai?”
“Domattina!”
Lode al cielo e agli
dei in cui non credeva. Klaus sospirò, si chinò sotto
la credenza, intascò l'anellino e finì di mettere a
posto la spesa. La sorella la vide con la coda dell'occhio,
inginocchiata a terra in cerca del monile. “Toh.”
“Grazie...”
bisbigliò con la faccia arrossata. “I fratelli minori
sono una scocciatura!”
Klaus non commentò,
anche se aveva pronta la battuta sulla punta della lingua. “Ricordi
la casa di Londra?”
Come no. Bellissima,
enorme e triste. “L'hai venduta?”
“Se un giorno ti
andasse di fare un viaggio e capitassi casualmente da quelle
parti...”
Rebekah si attrezzò
con coltello, pane e aprì una confezione di affettati,
lanciandogli un'occhiata gelida. Si era vestita, ma aveva ancora i
capelli bagnati. “Nik, non girarci intorno.”
“Le lettere di
condoglianze per Willbourgh sono nel cassetto in alto a destra del
mio scrittoio.”
Il barattolo della
maionese schizzò in avanti di tre centimetri. Rebekah arrossì
e affettò il pane. “Lo sapevi...”
“L'ho saputo
quando un notaio ha bussato alla mia porta, recando un testamento con
se. Willbourgh aveva l'occhio lungo e si era messo in affari con
Charles Henry Harrod... il nome non ti dirà niente, ma alla
fine del racconto capirai a cosa mi sto riferendo” continuò,
laconico. “Il notaio credeva che anche tu fossi morta
nell'affondamento del Titanic perché il nome che hai
rilasciato al porto, non combaciava con i registri di bordo.”
Rebekah annuì,
continuando a infarcire il tramezzino.
“Ti sei sposata
in segreto e quando Elijah ti è venuto a prendere, ti sei
guardata bene dal confessarlo.”
“Non erano affari
vostri” dichiarò, secca. “L'eredità l'hai
sperperata o c'è rimasto ancora qualcosa?”
Klaus batté le
palpebre e la fissò. “Sono stato costretto a cederla,
nel 1959. L'offerta era tale da non poter rifiutare.”
“Parliamo di una
casa, un terreno, una botteguccia?”
“Parliamo di
Harrod's, mia cara.”
Rebekah trasecolò
e la maionese cadde dal coltellino. Klaus la raccolse con un dito e
la ficcò in bocca. “Sei stata co-proprietaria dei
magazzini Harrod's fino al 1959. Ho agito per tuo nome,
nell'ombra, infiltrandomi in tutti i consigli d'amministrazione
delle società coinvolte. Li ho mossi a mio piacimento finché
non mi sono scontrato con un dio ben più potente di me. Li ho
salassati e ora sei proprietaria di 600 milioni di sterline,
calcolando gli interessi maturati negli anni. Li ho depositati su
vari conti per evitare la mannaia del Fisco.”
“Sono ricca...”
bisbigliò muovendo appena le labbra. “Come Creso...”
“Vuol dire che
comincerai a fare la tua parte, in casa? Quelle fragole costano un
occhio, sorella.”
Klaus detestava le
fragole, quando erano piccoli aveva rischiato di morire di reazione
allergica. Le comprava solo per lei. Rebekah scivolò dalla
sedia e gli abbracciò la schiena. “Questo non vuol dire
che ti perdono per avermi trafitto un'altra volta...”
“Smetti di
abbracciarmi” le ordinò, a disagio. “Ti devi
fidare di me! Ti ho resa ricca, ti renderò anche felice.”
Niklaus la fregava
sempre. Abbaiava, isterizzava e poi faceva qualcosa di tremendamente
carino. “Tieni d'occhio Kol, ha puntato Caroline” gli
suggerì abbassando la voce. “Probabilmente non farà
niente, ma è sempre meglio guardarsi le spalle.”
“Anche questo lo
dico da una vita” le fece notare, afferrandole il naso e
scrollandola. “Chi ti ha insegnato ad andare in bicicletta? Era
un onere mio e mio soltanto!”
“Non
te lo dico!”
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Capitolo 6 *** L'inevitabile ***
Ciao, ragazze!
Divaghiamo un po' e raccontiamo i sogni di Caroline... attente alla
melassa, ne sta per arrivare a quintali! ^^ Buona lettura!
Casa
Forbes, notte.
“Non abbiamo
tempo per il ponte, passeremo dalle fognature!”
“Dalle
fognature, Maestà?!”
“Vedi una
soluzione migliore?” gridò e già si spogliava
dell'armatura, i gambali, l'elmo, e assicurava la spada alla schiena.
“Ci vediamo dall'altra parte!”
Carin si gettò
nel fossato e annaspò fra i liquami, il sangue e l'acqua
putrida che si riversavano dalla città. Individuò la
grata semi divelta e adoperandosi con il coltello, cercò di
allargare la rete. Si ferì nell'attraversamento e dalle belle
gambe solcate di cicatrici, spillò qualche traccia di sangue.
Se ne sarebbe occupata dopo. Prima sottometteva il bastardo.
La lama era stata
intaccata e lo scudo che lo proteggeva era pregno di sangue del
nemico. Nikopol lo gettò via, sbarazzandosi a sua volta
dell'armatura. Carin impugnò la sua fida alleata e scrollò
la treccia bionda che continuava a finirle sulla spalla destra.
“Dobbiamo
proprio combattere, mia adorata?”
“L'onore lo
richiede” annaspò, consapevole del suo sguardo stanco e
di quella guerra che andava avanti da mesi. “Hai preso qualcosa
che non ti apparteneva.”
“E tuo padre
ha massacrato la mia famiglia in un agguato” concluse
abbassando la voce. “Eri la mia promessa sposa, ho solo
anticipato i tempi.”
“Le nozze
erano state stabilite, che diritto avevi di penetrare in camera
mia...”
“Il tuo
sguardo, mia amata. Lo stesso che mi rivolgi in questo momento!”
esclamò allargando il braccio armato. “La mia promessa
per te: fino alla morte, Carin.”
“Fino alla
morte ed oltre” sussurrò puntando la spada sotto il
mento. “Io ti amavo e tu hai distrutto il mio sogno!”
°°/°/°°
“Ah!”
Caroline saltò nel letto e gridò una seconda volta.
Quel maledettissimo sogno per la terza notte di fila! Leggere qualche
racconto di cappa e spada, e finire a sognare interi scenari di
guerra non era salutare, nelle sue condizioni! Caroline tirò
via i capelli aggrovigliati e posò il braccio sulla fronte. La
sua mente continuava a sfornare filmini medioevali a luci rosse e la
colpa era-tutta-di-quella-dannata-spada! Non poteva andarsene
in giro a sbandierarla come un'estensione della propria virilità,
era un'incapace, a conti fatti! Se avesse dovuto affrontare il drago,
sarebbe morto bruciato nel fossato del castello, rantolò
colpendo il materasso con il pugno. Era nell'età del
romanticismo, non aveva un ragazzo fisso e Klaus le dava la botta
allo stomaco. Con o senza attrezzatura sportiva. Si meritava
tutto il dolore che gli aveva provocato Kol... anche se... il suo
istinto da crocerossina aveva gridato fino a lacerarle i timpani,
quando l'aveva visto stramazzare a terra.
Che ore sono? Solo
le tre. Caroline posò la sveglia e guardò la
finestra, la scrivania e le ciabattine nuove. Il sogno non era sempre
lo stesso. Lo scenario non cambiava mai eppure ogni volta aveva
qualcosa di diverso. Aveva anche rimaneggiato i loro nomi per creare
gli avatar. La Carin che si introduceva di soppiatto nel
castello di re Nikopol (Tzè! Re, addirittura!) in cerca
di vendetta, era la stessa che apriva la porta al suo amante
notturno, conducendo il regno alla rovina. Quel sogno voleva indurla
a prendere maggiori distanze da Klaus? A ricordarle il suo
schieramento nella battaglia contro di Originali? Carin cedeva alle
insistenze di Nikopol non per debolezza ma per amore – era
sempre una debolezza, ma veniale – e la metteva in guardia dal
seguire lo stesso... ooooh, lei non era innamorata di Klaus!, pensò
spingendo la testa contro il cuscino. Era incapace a baciare,
figurarsi il resto.
…
No, il resto era meglio
non immaginarlo. Che rumore strano... Caroline sollevò
il saliscendi e sporse la testa. Per un attimo, pensò che le
sarebbe arrivato un sassolino nell'occhio, ma appena apri la
finestra, il visitatore notturno abbassò il braccio e le
sorrise.
Non
poteva capitare lì casualmente,
quando aveva la guardia ridotta uno straccio. Era uno scherzo
crudele! “Sono le tre di notte” annunciò,
sollevando una spallina del top scivolata sul braccio.
“E' l'ora
migliore.”
“Per cosa?”
“Una
passeggiata.”
Era fuori di testa! “Va
a casa, Niklaus.”
Kol sorrise e le fece
segno di scendere. Si era allenato nell'inganno mentale e aveva
scoperto che più la vittima era coinvolta sentimentalmente,
più cedeva all'illusione. Spacciarsi per Niklaus gli avrebbe
causato non pochi problemi, ma l'indomani mattina si sarebbe trovato
molto lontano da Mystic Falls, tanto valeva non procrastinare
l'inevitabile.
Casa Salvatore,
nello stesso istante
“Chiedo
asilo politico. Fratello minore in visita.”
Non
poteva fare quello che faceva di solito? Pugnalarlo e infilarlo in
una bara? Stefan gli lasciò oltrepassare la soglia
sottolineando l'orario non proprio consono ad una visita di cortesia.
“Siamo predatori
notturni. Le tre di notte è l'ora di punta, per quelli come
noi. Passato, il matto?”
“Passato.”
“C'è
qualcosa da bere, in questa casa?”
“C'è.”
Klaus sfoderò
una bottiglia e inclinò la testa. “Tanto per esserne
sicuri.”
Stefan lesse
l'etichetta, pescando due bicchieri dalla credenza. “Questo non
vuol dire che siamo di nuovo amici.”
“Ferisci i miei
sentimenti ma ti perdono. Non sono qui per chiacchierare, ma per bere
con un vecchio compagno di sbronze...”
“... e per
parlare di Caroline.”
E la bottiglia stava
per cadere. Klaus lo guardò di traverso, riempì i
bicchieri, si sedette sulla poltrona e fissò il caminetto
spento. “Tu sai cosa succede alla fine di un film?”
“Scorrono i
titoli di coda.”
“Questa è
una risposta sensata ma non è la stessa risposta che darebbe
una donna.”
E sì, forse
dovevano cominciare a bere forte.
***
“Grazie,
Pris. Vai pure.”
Che
fosse promessa a Nikopol lo sapeva fin dalla nascita... ma le sue
nozze non erano affrettate? Aveva solo diciassette anni! Carin finì
di vestirsi per la notte e quando guardò fuori della finestra
non vide nulla che non avesse già visto in precedenza. Il suo
reame, le guardie che stazionavano nel cortile, la vecchia cuoca che
camminava rasente i muri. Eppure c'era qualcosa di diverso, quella
sera. Era la sera prima dell'annuncio formale delle nozze, anche se
il patto era stato siglato e suggellato in privato. Aveva incontrato
Nikopol solo quattro volte, in diciassette anni, e tutte le volte si
era trovato di fronte un ragazzino diverso. Solo gli occhi restavano
identici: azzurri e profondi. Sua madre affermava che avrebbe
imparato a conoscerlo e amarlo, ma non aveva bisogno di aiuto, in
quel senso. Le aveva rubato il cuore, nella sua ultima visita. Era
primavera e...
Stonk
– Clic.
“Pris,
sei impagabile!” sussurrò, certa che la sua
distrattissima cameriera personale avesse perso un fermaglio o un
pettine d'osso... “C-chi è?” Carin arretrò
verso la finestra, la gola chiusa dalla paura. Chi era e come aveva
fatto ad eludere la sorveglianza?
“Shhh!”
Nikopol?!
Nikopol nelle sue stanze prima del matrimonio e senza farsi
annunciare? Carin lo fissò mentre scivolava via la cappa dalle
spalle.
“La
lontananza non mi è mai parsa più insopportabile, mia
cara.”
Carin
vagò nella solitudine interrotta della stanza. Le bastava
urlare e sua madre e tutta la guardia reale sarebbe accorsa. “Mio
adorato, l'annuncio verrà dato domattina...”
“Mezzogiorno
è un tempo troppo lungo!”
No,
mezzogiorno era perfetto per un evento in grande stile. “Se ti
trovano qui...”
“Le
nozze sono state decise, chi ci impedisce di passare del tempo
insieme?”
“Il
buonsenso” sussurrò avvicinandosi. “Se mio padre
ti scopre, ti farà frustare a sangue!”
Il
ragazzo congiunse le mani di fronte a se e inclinò la testa.
Carin sorrise. “Non posso infilarmi nei vestiti buoni con la
schiena in fiamme e marciare compito ed eretto davanti a tutti!”
La
ragazza abbassò la guardia ma gli occhi rilucevano al fuoco
delle candele. “Fallo per me. Ti prego...”
“E
sia ma voglio un pegno d'amore!”
Carin
arrossì. Il suo primo bacio. “Posso concederti un
bacio.”
“Uno
solo?!”
°°/°/°°
Non
aveva idea di quel che era successo da quando aveva oltrepassato la
porta di casa, ma era ben chiara la sensazione del selciato sotto la
schiena. Caroline si sollevò a fatica, priva di forze.
Continuava a fare quel sogno... brutto segno. Le era passato sopra un
camion? Che ci faceva sdraiata in mezzo alla strada? Fissò le
cime infuocate degli alberi e batté forte le palpebre.
Albeggiava. Che freddo... Caroline
rabbrividì nella giacchetta e infilò le mani in tasca
per scaldarle e cercare il cellulare. Non aveva idea di dove fosse,
come avrebbe fatto a trovarla? Col GPS,
pensò.
“Frena!”
Damon inchiodò
la macchina a tre metri da Caroline che fissò la targa,
spaventata. Ci mise un po' a mettere a fuoco gli occupanti dell'auto
e quando lo fece, il sollievo la travolse. Era ben più
spaventata di quel che credeva.
“Il trucco sta
nel fingere di essere morti, non cercare di essere investiti di
proposito!” urlò Damon spingendosi fuori del finestrino.
“Non puoi fregarmi il copyright, Barbie! Ma porca vacca...”
Il vampiro smontò dall'auto, seguito da una preoccupatissima
Elena che si precipitò dall'amica. “Che cosa è
successo?!”
Non aveva più
bisogno del GPS. Inoltre, aveva la batteria scarica. “Niente.”
Damon batté le
mani sui fianchi e la tirò su di peso. “Niente!
Te ne stai seduta in mezzo a due corsie, se non te ne fossi accorta!”
“Me ne sono
accorta.”
“Damon,
finiscila. Care, che ci fai qui?”
“E voi?”
sussurrò spazzolando i jeans. Ahio, il collo..
“Chi ti ha
morso?”
Caroline si incupì
e il mento le tremò. “Stefan sa che state tornando a
casa?”
“Basta
avvertirlo.” Damon sospirò e inoltrò la chiamata.
“Jeremy è rimasto al lago.”
Quindi Elena tornava a
casa sua. O... lui si trasferiva da Elena? Solo lei lo trovava
orribile e vomitevole?
“Abbiamo quasi
investito Caroline sulla statale 16. E' in stato confusionale e con
un bel morso sul collo. Il tuo amichetto ne sa niente? Na, la
portiamo a casa noi. Tornatene a dormire, ma prima getta la
spazzatura. Sono di buonumore e non voglio rovinarmi la
giornata!”
Caroline lo guardò
di sottecchi, si lasciò condurre alla macchina e salì
sul sedile posteriore, restando buona e silenziosa. Quando Damon
saltò in macchina, udì distintamente le sospensioni
cigolare. “L'ha passata, la revisione?”
“Se se...”
sbuffò. “Sembra che Stefan abbia trascorso metà
della notte a rinverdire i vecchi tempi con il principe dei demoni.
Sono ubriachi e del tutto inutili, in questo momento. Ti porto a
casa, stella?”
Metà della
notte? La prima o la seconda? Caroline batté le ciglia,
scacciando le lacrime. “Sì, grazie...”
“Vuoi che resti
con te?”
Che
tono dolce. Ci avevano dato sotto, quei due. Caroline scosse la
testa, affondando nel sedile. Chissà cosa si provava ad essere
loro. “Me la
cavo da sola.”
Casa
Forbes
Non gliel'avrebbe fatta
passare liscia. Avevano un cacciatore di vampiri testosteronico che
mordeva il freno, ed erano tutti d'accordo che un Originale in meno
al mondo, non avrebbe nociuto all'ambiente. Il difficile era
coglierlo di sorpresa... e forse a quest'ora aveva già
lasciato la città.
Caroline batté
la palpebre e guardò i fornelli spenti. La doccia calda e il
pigiamone in pile non l'aiutavano a scacciare il freddo. Aveva
acceso il riscaldamento ma aveva ancora i piedi e le mani fredde. Se
poi la smetteva di piagnucolare sulla colazione, e riacquistava la
sua lucidità, le sarebbe venuto in mente un buon piano per...
Toc
toc toc toc
Caroline trasalì
e il cucchiaino finì nella tazza, rovesciando qualche goccia
di latte. Passò le dita sotto gli occhi, uno straccetto sul
tavolo e aprì la porta senza prestare attenzione al
visitatore.
“E' stato Kol,
vero?”
Quello che le piaceva
di Klaus. Andava dritto al punto senza perdersi in chiacchiere. “Gli
faccio passare la voglia di fare lo stronzo. Dove tieni i pugnali da
bara?”
“Non puoi toccare
il pugnale senza morire, me ne occuperò io.”
La sua aggressione gli
aveva dato un altro motivo per fare baruffa col fratello minore e
cercare di apparire un eroe ai suoi occhi. Cascava male, non era così
debole da lasciargli prendere il comando. “L'ultima
volta ci hai rimesso il fegato e la dignità. Sono sempre la
femmina alfa, non metterti strane idee in testa e smetti di
guardarmi in quel modo” mormorò conficcando lo sguardo
in quello preoccupato di Klaus. “Me la cavo da sola.”
“Mai avuto dubbi,
dolcezza. Come ti ha attirato fuori casa?”
“Mi ha chiesto di
fare una passeggiata.”
Il cuore gli finì
in gola. Doveva monitorare le sue insonnie, da quel momento in
avanti? “E tu hai acconsentito?”
Eccolo, lo schiaffo di
realtà. Caroline trasecolò al ricordo e per la prima
volta, in presenza del vampiro, balbettò. “C-credevo
fossi tu...”
“Non ci
somigliamo per niente, come hai fatto a scambiarlo per me?!”
Caroline chiuse per un
attimo gli occhi e sospirò, preda degli strascichi della
nottata, del sogno... e buongiorno, confusione! Quando cercava
di mettere a fuoco la distanza intercorsa fra la porta di casa sua e
la statale 16, cadeva in un buco bianco. Non ricordava assolutamente
niente. E la cosa la spaventava a morte.
“Ti ha soggiogato
spacciandosi per me?”
“A quella
distanza era impossibile...”
“Mio fratello è
pieno di talenti, non sottovalutarlo. Ha trovato un altro modo per
farmi sapere che può arrivare a te in qualsiasi momento”
dichiarò irrigidendo la mascella. “Rebekah mi aveva
messo in guardia ma non le ho dato peso. Non è cresciuto, è
rimasto il solito immaturo!”
“Dovevo capirlo
che c'era qualcosa di strano... tu non sei mai comparso sotto casa
mia alle tre di notte...”
“Mezzanotte è
per le streghe. Le tre, orario da vampiri. Abbiamo dovuto dividerci
la giornata per evitare di pestarci i piedi” scherzò
facendo una veloce analisi del suo stato d'animo. Klaus smise di
sorridere e tornò serio, appoggiandosi alla cornice della
porta. “Carol, sei al sicuro con me.”
Caroline assimilò
l'informazione e si umettò le labbra secche. Quell'aria fredda
stava congelando tutta la cucina. “Sei ubriaco?”
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Capitolo 7 *** L'irreparabile ***
Elena le rimproverava un sacco di
cose. Di essere puntigliosa, di non saper tenere la bocca chiusa, di
smontare la gente. Era quello che aveva appena fatto con Klaus: era
corso da lei, informato del problema, e per non cedere alle sue
premure, l'aveva seppellito di sarcasmo. Ma se lo lasciava entrare,
succedeva l'irreparabile. Caroline si scusò con se
stessa: aveva passato una nottata all'addiaccio, un cedimento era
giustificato. Erano gli strascichi del sogno che le impedivano di
alzare la guardia... oltre il solito livello di guardia? Lo sguardo
che scambiarono fu terribile e caricò l'aria di elettricità.
“Perché non ricordo più
niente?”
“Ti ha soggiogato per fartelo
dimenticare. Posso riportarlo alla luce, se vuoi.”
Mancava solo che Klaus le scavasse
la testa! Era l'attrazione principale del suo parco giochi privato...
“vorrei prenderti a schiaffi, ma non posso farlo perché
non è stata colpa tua...”
“Un inganno mentale è
difficile da smascherare. Kol riesce a farlo perché è
un vampiro Antico che lascia le mutande i calzini in giro per casa.”
Se voleva farla sorridere, ci era
riuscito. “Tu sai farlo?”
“Non ho mai provato”
ammise, abbassando la voce. “Preferisco che le mie vittime
siano coscienti fino all'ultimo.”
Caroline gli scoccò
un'occhiata gelida. Vittima? Adesso era la vittima?!
Klaus glissò il fulmine muto
che balenò dai suoi occhi e sorrise, seducente. “Nessuno
pensa questo di te.”
Bugiardo. “Non hai visto la
faccia di Damon ed Elena.”
“Se offri troppe certezze, un
momento di bassa non ti verrà perdonato.”
“Preferisco essere odiata che
compatita. Entra, stai congelando tutta la cucina e non ho finito la
colazione.” Caroline girò gli occhi e sospirò: la
lotta si era conclusa con la sconfitta dell'intelletto.
Una cucina molto femminile, piena di
robot domestici. Doveva essere una cosa da donne, anche Rebekah ci
impazziva. Klaus si guardò attorno. La lavagnetta con la lista
della spesa, le bollette spillate in un vassoio di legno quadrato, le
tendine con un decoro floreale e il bordo di pizzo. C'era tutta
Caroline, là dentro. “Ti occupi della gestione
domestica, vero?”
“Da quando avevo tredici anni.
Liz è sempre a lavoro. Apri la marmellata, io non ci riesco”
borbottò passandogli la conserva.
Voleva essere aiutata senza una
richiesta palese, pensò quando la vide saltellare per
raggiungere la confezione di biscotti su uno scaffale troppo alto
della dispensa.
Caroline allungò il braccio e
afferrò il sacchetto, fu riportata a terra e per un lungo
momento non parlò. “Stavo per prendere lo sgabello”
l'avvisò, con un filo di voce. Ecco, appunto. L'irreparabile.
Klaus l'avvolse fra le braccia,
accarezzandole la guancia con la propria. Caroline serrò le
palpebre, trattenendo il respiro, mentre le ricopriva di piccoli baci
un angolo del viso. Doveva essere lineare fino all'ultimo. Non poteva
accusarlo di approfittarsene, perché lei non era una vittima.
Aveva solo le difese un po' basse rispetto al solito... e non
c'era bisogno di stringerla in quel modo... non andava da nessuna
parte... e comunque, non sarebbe riuscita... a muoversi....
Caroline si lasciò
accarezzare i capelli, il viso e sollevò la fronte dietro sua
sollecitazione, quando la baciò al di sotto della frangetta.
Prima provò il contatto morbido della sua bocca, poi si sentì
invadere dalla lingua, con una delicatezza che l'ammutolì. La
carezza umida accese la miccia cortissima del desiderio. Caroline si
aggrappò alle sue spalle, sollevandosi sulla punta dei piedi.
Klaus continuava a baciarla e ad accarezzarla senza essere invadente
o aggressivo. Era lei a stringere un po' troppo, a mordere e a
spingerlo verso il tavolo della cucina. Caroline lo lasciò
andare, facendo un rapido passo indietro. Klaus barcollò e si
appoggiò alla superficie legnosa con un'espressione di
desiderio misto a incredulità. Restò solo lo stupore,
quando vide il suo sguardo liquido e bramoso. Le faceva male lo
stomaco e i polmoni non riuscivano a riempirsi del tutto di ossigeno.
La letteratura avvertiva sulla confusione dei ruoli. Non finiva mai
bene, quando il cosiddetto Male e il tanto celebrato Bene si
mescolavano.
Piscina
comunale di Mystic Falls.
“Devi battere i piedi...”
“Così?!” Rebekah
annaspò nell'acqua, affondò e tornò a galla solo
quando Stefan la sospinse verso l'altro. “Sput... grazie...
anf...” rantolò aggrappandosi al ragazzo. “Devo
bere per forza tutta quest'acqua?!”
“Prova a tenere la bocca
chiusa.”
“Ma entra nel naso!”
miagolò soffiandola fuori. Stefan le tappò il naso con
due dita e la scrollò. “Eppure ne hai avuto tempo, per
imparare.”
“Elijah ha provato ad
insegnarmi, ma ogni volta che cominciavamo le lezioni, Klaus iniziava
a ridere, Kol mi rubava i vestiti ed ero troppo spaventata da mio
padre per chiedere una mano” si giustificò con voce
nasale. “Dai, smettila... Stef...” Rebekah lo schizzò
con l'acqua e mugugnò di gola. “Devo muovere le gambe e
le braccia, quello l'ho capito... ma perché vado a fondo? Sono
pesante, devo mettermi a dieta?”
“Abbandonati. Chiudi gli occhi
e lasciati andare. Galleggia.”
Per lasciarsi andare, doveva
fidarsi. E lei non si fidava più di Stefan. Rebekah lo fissò
e Stefan sentì il dovere di giustificarsi. “Si fa così,
non me lo sto inventando.”
“Tanto non posso morire, a
cosa mi serve imparare?” mormorò annaspando fino alla
scaletta.
“Soddisfazione personale.
Acquisire nuove abilità risolleva il morale e fa sentire
sicuri di se stessi”
“Se avessi saputo nuotare,
Willbourgh non sarebbe morto” sussurrò issandosi sul
bordo e strizzando i capelli. “Se l'avessi trasformato, non
sarebbe morto di certo.”
Stefan nuotò fino alle sue
gambe e si appoggiò al mattonato azzurrognolo. “E'
andata come nel film?”
“Non puoi nemmeno immaginare
il freddo dell'aria o dell'acqua... pensavo di morire... se mi
sveglio di colpo, la notte, sento ancora il rumore dell'iceberg che
squarcia lo scafo... immagina mille unghie su una lavagna e non ci
andrai neppure vicino” rantolò, rabbrividendo. “Il
quartetto d'archi ha suonato davvero fino alla fine. Fino a che la
nave non si è inclinata...”
“Tu dov'eri?”
“Nel primo canotto calato in
acqua. Siamo stati i primi a fuggire e gli ultimi ad essere
ritrovati. I miei compagni non sono morti di ipotermia, ma per
sfamare me. Se Willbourgh non fosse stato così stupido da
cedere il suo posto...”
“Forse voleva apparire un eroe
agli occhi della moglie.”
“Lasciandola vedova ad una
settimana dal matrimonio?!” esclamò con gli occhi gonfi
di lacrime. “Lui mi voleva bene e non ci sarà mai nessun
altro in grado di amarmi per come sono!” urlò. Rebekah
raccolse l'accappatoio e si infilò nello spogliatoio delle
donne, sbattendo la porticina.
Stefan guardò le luci in
alto, sospirò e si immerse. Klaus si innamorava e anche
Rebekah mostrava di avere sentimenti ben nascosti dentro di se. Erano
capaci di innominabili crudeltà, asettici alle suppliche e
finivano tutti, regolarmente, per perdere la ragione.
“... e vuoi sapere un'altra
cosa?! Tu me lo ricordi, per quello mi sono innamorata di te! Ha
ragione Nik, non so scegliermi gli uomini neppure dopo secoli di
delusioni e fallimenti!” esclamò indicandosi. “Dovrei
giacere in quella bara, non stare qui ad urlare a te!”
“Smetti di urlare, allora.”
“Non ci riesco!” gridò.
“Sono frustrata!”
“Anche io, ma cerco di
controllarmi.”
“Sono stufa marcia di
controllarmi!” esclamò con un gran sospiro. “Perché
sei frustrato?”
“Sei l'unica a non sapere la
novità” mormorò risalendo la scaletta. “Elena
è asservita a Damon e fa tutto quel che vuole, per
compiacerlo.”
Rebekah aprì bocca e la
richiuse, emettendo solo un piccolo 'Oh'. “Può
capitare?!”
“Tuo fratello dice di sì.”
“Oh... quindi... loro.”
La vampira fece una smorfia e alzò le sopracciglia. “E
tu come stai?”
Stefan sorrise, ironico. “Sto
attrezzando una parete.”
Simpatica. Macabra ma simpatica.
“Ehi, ti va di cenare insieme? Ho scoperto di essere ricca e
posso smettere di rubare soldi dalla cassaforte di Klaus quando è
distratto. Ah, questo non vuol dire che mi aspetto un dopocena.”
“Hai mai pensato che forse
sono i tuoi soldi quelli che tiene in cassaforte?”
Rebekah allargò gli occhi e
si fermò all'ingresso degli spogliatoi. “Ecco perché
non si arrabbiava mai...”
Casa
Gilbert
“Tu che frequenti una persona
riprovevole, devi consigliarmi in merito!”
E buonasera, Caroline! Aveva
espresso la sua opinione sul rapporto con Damon in meno di tre
secondi. Elena sussurrò un 'ok', presa in contropiede e la
lasciò entrare. La ragazza si guardò attorno e la fissò
con aria da cospiratrice. “E' qui?”
“No, è a casa sua”
mormorò facendole cenno di accomodarsi. “Questa persona
riprovevole è Klaus?”
“Leggi nel pensiero, ora? È
una capacità di voi asservite?”
“Un'altra parola e ti caccio
di casa” l'avvisò con sguardo gelido. “Damon non
mi ha costretto a fare niente che non volessi.”
“Come funziona? Lui ti...
suggerisce cosa fare...”
“Hai pensato 'ordina',
vero?”
Caroline annuì, a disagio.
“Sei la sua schiava del sesso?”
“Ti assicuro che l'interesse
in materia è reciproco.”
“Ma ti senti spinta a
compiacerlo...”
Elena inclinò la testa e non
fiatò.
“Detesto essere donna, a
volte” borbottò andandole dietro. “Per quanto mi
sforzi di essere forte, c'è sempre quel momento che
invalida anni di duro lavoro.”
Elena aprì l'armadio della
propria camera, sfilò un vestito dalla stampella e lo piegò
sul braccio. “Si chiama istinto di sopravvivenza. Il tuo
corpo sa quando fermarsi anche se la mente dice il contrario. Non
puoi controllarlo come controlli il catering e l'orchestra.”
“Posso farlo eccome. Sono la
femmina alfa di Mystic Falls!” esclamò allargando
le braccia. “Eccola, la cattiva influenza di cui parlava mia
madre...” bisbigliò subito dopo, premendo le tempie con
due dita. “La mia lealtà alla causa non in
discussione.”
“Quale causa? Non stiamo tutti
cercando la stessa cosa?” domandò scorrendo la zip e
scegliendo la biancheria intima.
“Ora. Quando l'avremo trovata,
dovremo decidere da che parte stare.”
“Mi piace questo lato, scelgo
questo.”
Caroline si voltò mentre
Elena si cambiava. Osservò gli oggetti sulla scrivania, il
diario aperto su una pagina vuota e spostò lo sguardo sulla
finestra.
“Hai paura che proseguendo –
qualunque cosa sia – con Klaus, tu perda l'obbiettività?”
“Per quello non ci vado a
letto.”
“Il sesso non ha mai offuscato
la tua capacità di giudizio.”
Prima di baciarlo, la pensava così.
Caroline la osservò di sottecchi. Elena era cambiata o
aveva le traveggole? Prima sembrava un uccellino spaurito. “Damon
ti rende felice e più sicura di te stessa.”
Elena finì di litigare con il
braccialetto e la guardò, sorpresa. “Mi sento meglio
da quando... stiamo insieme.”
E lei si sentiva meglio
quando smetteva di tenere Klaus a distanza. “Sei bellissima.”
“Trovi? Avevo dubbi sul
vestito...”
“Tu sei bellissima”
puntualizzò strappandole un'altra occhiata. “E' vero che
le persone peggiori tirano fuori il lato migliore di noi.”
“Care, dovresti lavorare sulla
compassione.”
“Ne hai in abbondanza per
tutte e due. Io devo essere razionale.”
Elena infilò le scarpe e la
guardò, ironica.
“Tesoro, sono a casa!”
Un fottuto incubo anni 50, ecco
cosa, pensò prima che Damon cominciasse a sghignazzare in
salotto ed Elena facesse eco con un risolino. Caroline li osservò
di sottecchi. Erano in sintonia.
“Ohi, Barbie, ti sei ripresa?”
Caroline annuì, individuò
la rosa nascosta dietro la schiena e si chiese se esistesse qualcuno
al mondo che fosse meno prevedibile.
“Abbiamo un teoria in merito
all'aggressore.”
“Ed io ho un'identità”
dichiarò incrociando le mani dietro la schiena. “Sono
avanti, Damon.”
“A forza di frequentare il
principe delle tenebre...” borbottò baciando Elena sul
collo. “Il fratello, eh?”
“Potresti evitare di farlo
davanti a me? Sono ancora nel team Stefan.”
L'irritazione passò sul viso
di Elena e si conficcò nella testa di Caroline. “Scusa”
bisbigliò girando gli occhi su Damon, impassibile. Era
riuscita a rovinare la loro serata?
Casa
Mikealsohn
“Un'esplosione atomica, dici?
Non lo so... forse...”
Rebekah guardò il soffitto e
spinse la testa contro quella di Klaus. “Saremmo così
sfortunati da restare in vita e morire per carenza di sangue.”
“Quello sarebbe un
problema...”
“Ce l'hai ancora quel paletto
di quercia bianca?”
“Sì e lo userò
su Kol la prossima volta che metterà piede in città.”
“Ti avevo detto di stare in
campana. Ehi, cos'è questa storia che Elena è asservita
a Damon?!” Rebekah si sollevò sui gomiti e girò
sullo stomaco. “Come funziona?”
“Credo si tratti di una
fortunata serie di coincidenze. E' morta col suo sangue nelle vene, è
stata nutrita da lui...” Klaus sollevò le spalle,
portando le braccia dietro la testa. “Non avrebbe funzionato se
non avesse provato amore per Damon.”
“Tu hai liberato gli ibridi
dal dolore e loro ti offrono obbedienza.”
“Mi odiano e
obbediscono se li costringo” sospirò. “E'
ben diverso dal possedere una persona come Damon possiede
Elena. E' totalitario... terribile” sussurrò fissando le
tende della stanza. “La persona che ami non può avere
tutto questo potere su di te.”
Rebekah lo sbirciò. Quando
entrava nel mood malinconico, era meglio togliere le tende.
Gli arruffò i capelli e scivolò via dal letto. “Vado
a cena con Stefan, ti porto una pizza?”
“Non ho fame. Passami il
telecomando dello stereo, prima di andartene.”
Rebekah obbedì e appena fuori
dalla stanza si fermò. Dal tipo di musica che sceglieva
capitava tante... Jazz, porca vacca! Era proprio giù di
morale.
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Capitolo 8 *** Zombie ***
Autumn in New York
That brings the
promise of new love
Era arrivato a New York
il 18 dicembre alle 18:30 precise. Klaus si era guardato intorno e
aveva lasciato cadere la borsa con i vestiti. La città era
enorme, caotica si estendeva in altezza e ovunque volgesse lo
sguardo, non vedeva altro che cartelloni pubblicitari. Le persone
avevano l'espressione assente di chi ha visto e udito troppo. Klaus
le aveva fissate una ad una e aveva pensato 'zombie'.
New York era un
cimitero di morti viventi.
Come lui.
La sera stessa era
entrato in un jazz club. Ella Fitzgerald cantava Autumn In New
York con Louis Armstrong. Era il 1957 e Klaus indossava il suo
cappotto di cammello e il cappello a tesa rigida grigio piombo.
Autumn in New York
Is often mingled
with pain
Klaus aveva ordinato
una scotch doppio ad una cameriera carina e si era innamorato
del suo sorriso. Allora, le donne erano donne. Si vestivano da donne.
Si comportavano da donne. Lasciavano che un uomo aprisse loro la
porta od offrisse una cena, senza fare tutte quelle storie ridicole
che gli toglievano la voglia di essere cortesi.
Dreamers with empty
hands
(They) All sigh for
exotic lands
Klaus l'aveva aspettata
all'uscita del locale, e le aveva offerto una sigaretta. A quel
tempo, fumava ancora. Aveva smesso quando essere salutisti aveva
cominciato ad andare di moda. E il tabacco aveva smesso di sapere di
qualcosa. Yvonne era originaria della Carolina del Sud. Era bionda e
aveva gli occhi azzurri, le sopracciglia quasi bianche che disegnava
con una matita marrone. Il suo odore gli ricordava il vento che batte
le scogliere. Per un momento, si era illuso. Il sogno si era infranto
quando Yvonne gli aveva chiesto di andare a casa sua. Non aveva
parlato di tariffe, ma Klaus sapeva ci sarebbe stata, a fine serata.
Non era per i soldi ma per la delusione. Yvonne era stata la sua
prima vittima, a New York. Per tutto il tempo, un sax lontano aveva
continuato a suonare e non aveva smesso neppure mentre nascondeva il
corpo fra i bidoni della spazzatura. Klaus si era acceso una
sigaretta e il sapore del sangue si era inasprito. L'aveva
schiacciata sotto il tacco, infilando le mani in tasca. Aveva
dimenticato i guanti nel locale. Succedeva sempre qualcosa di brutto
quando faceva freddo. Poi la neve aveva cominciato a cadere e Klaus
era rimasto a guardarla, sentendosi incredibilmente solo.
(But) It's autumn in
New York
It's good to live it
again
La solitudine che
provava in quel momento, scavava dentro come un coltello arrugginito.
Caroline non si sarebbe mai fidata di lui... mh? Klaus si alzò
dal letto con un balzo, aprì la finestra e guardò in
basso. Un istante dopo, sorrise sinistramente.
Piscina
Comunale di Mystic Falls.
Aveva mentito a Klaus.
Aveva disdetto la cena ed era tornata in piscina. Galleggiava e anche
se le entrava l'acqua nelle orecchie, Rebekah era soddisfatta. Mosse
piano le braccia e si spostò in avanti. La spinta dell'acqua
premeva sulla scriminatura centrale dei capelli e le faceva il
solletico. Sorrise e mosse piano piano le gambe. Stava nuotando! Non
era un granché, ma era un inizio. Ehi, che idea! Poteva
diventare una nuotatrice con tutti i crismi e forse un giorno,
gareggiare alle Olimpiadi! Rebekah sorrise e si aggrappò alla
scaletta. L'avrebbe fatto per il puro gusto di farlo. Per una propria
soddisfazione personale. Aveva tutto il tempo del mondo, pensò
aprendo la prima birra del pacco da sei rubato un'ora prima dal frigo
del fratello.
Casa
Forbes
Aveva dimenticato di
fare la spesa. Caroline rilesse la lista aggiornata da Liz poco prima
di uscire, prendendo al contempo i soldi dalla biscottiera.
Non aveva nostalgia di
Tyler.
Infilò la
giacchetta e il denaro nella tasca anteriore dei jeans.
Era una persona
orribile.
Le chiavi dell'auto?
Caroline le ripescò dalla ciotola di legno all'ingresso. Non
le andava di camminare fino al supermarket notturno. Anche se a
Mystic Falls non succedeva mai niente, era meglio essere...
“Tyler...”
… sicure.
Il ragazzo abbassò
il braccio, l'indice puntato sul campanello. Sorrise e Caroline si
sentì in colpa.
“Mi mancavi.”
La smorfia sorpresa si
trasformò in un gridolino umido. Caroline lo investì
con tutta la sua forza e il ragazzo spostò un passo
all'indietro, abbracciandola e sollevandola contro di se. “C'è
una novità” sussurrò nel suo orecchio. “Il
grande lupo cattivo è morto.”
Casa Salvatore
Quale dei fratelli
Mikealsohn suonava alla sua porta in un orario indegnamente normale
per gli standard di un vampiro? Stefan sorrise ancora prima di aprire
la porta. Profumo inconfondibile. “Ce l'hai fatta?”
Rebekah sollevò
le braccia al cielo e dalle dita dondolò il pacco da sei di
birre. Due anelli di plastica erano vuoti. “Pensi che potrei
vincere le Olimpiadi?”
“Come la mettiamo
con i controlli medici?”
“Non smorzarmi
l'entusiasmo!” esclamò scaricandogli fra le braccia il
take away del ristorante cinese. “Già staccati, i
quadri?”
“Mi accingevo
nell'impresa.”
Rebekah sorrise e
spezzò le bacchette in due parti quasi perfette. “L'angolo
del buonumore anche stasera, eh? Deve essere il periodo, anche Nik è
giù di morale.”
“Non riesce a
tradurre i disegni?”
“Non mi interesso
delle sue ossessioni. Raviolo al vapore?”
“Passa.”
“Fai 'aaah'.”
Stefan tirò
indietro la testa e Rebekah abbassò le braccia. “Non sto
flirtando, hai il piatto pieno” mormorò, laconica.
“Facciamo così. Me ne vado, goditi la cena.”
“Bex...”
La ragazza alzò
le mani e infilò la porta e la giacca al volo. “Buona
serata!”
Stefan restò col
piatto sulle ginocchia. Non si fidava di Rebekah e non aveva alcuna
voglia di darle una seconda chance. La nave era salpata da molto
tempo e stava soffrendo come un cane per aver perso Elena... e non
gli andava di restare solo. Alzò gli occhi al cielo e la
richiamò, uscendo sul vialetto. Rebekah era ferma vicino alla
cassetta della posta e li guardava. Erano in quattro e non sembravano
minacciosi. Stefan l'affiancò, toccandole la mano.
“Cosa credete di
fare, con quei paletti?” soffiò dolcemente la ragazza.
“Bex, non credo
siano paletti di frassino.”
“Oh...”
“Oh.”
Casa
Forbes
Caroline trasecolò.
Il grande lupo cattivo... “Che sta succedendo?”
“Ho portato i
rinforzi.” Tyler si spostò dalla soglia e dietro di lui,
Caroline individuò tre personaggi che avevano tutta l'aria di
essere... “licantropi?”
“Tutti quelli che
sono riuscito a trovare. Non hai idea di che organizzazione c'è
dietro, Care! Questa gente sa di Klaus e degli altri Originali da
molto più tempo di noi e si prepara da secoli per
affrontarlo.”
Caroline annuì,
pallida come un cencio. “E come pensano di intrappolarlo?”
Tyler cambiò
espressione e non rispose subito.
Non si fidava di lei,
pensò guardandolo negli occhi.
“Carol, è
arrivato il momento di scegliere da che parte stare.”
“Da quella
giusta!” esclamò, in difficoltà.
“Ma tu non sei un
licantropo...”
“... e tu non sei
un vampiro! Si parla di Bene e Male, qui!”
“Il tuo giudizio
è offuscato quando si tratta di Klaus.” Tyler sorrise ma
non stava divertendosi.
Caroline lo guardò
con aria di superiorità. “Fa pure. Provaci. Provateci!”
esclamò in direzione dei tre lupi mannari. “Giocherà
a bowling con le vostre teste sul suo pratino all'inglese!”
“Non stavolta.
Siamo preparati e siamo in tanti.”
Preparati come?
Caroline sciolse le braccia e gli arti crollarono lungo i fianchi.
“Se lo uccidete, moriremo tutti. Noi due compresi.”
“Non lo
uccideremo, ci atterremo al piano precedente”
“Ha funzionato,
il piano precedente!” esclamò sarcastica. “Ha
ucciso tua madre, il piano precedente!”
Tyler si scurì e
si fece distante. “Non capisco da che parte stai!”
esclamò facendole sgranare gli occhi. “O sei con noi o
sei contro di noi. Scegli bene e scegli in fretta perché
dobbiamo farlo stanotte.”
Perché? Che
succedeva quella notte? Caroline alzò gli occhi al cielo. Le
nuvole si erano diradate e la luna piena era apparsa, maestosa e
splendida, fra le ultime nubi.
Bliss
Lounge Bar, parcheggio interno.
“Ehm... abbiamo
un proble.... anche tu? Ma non mi dire!”
Damon sorrise al nulla
e passò il braccio sulle spalle di Elena che restò
rigida e in allerta. “C'è un branco di lupi mannari
assetati di sangue a Mystic Falls...”
“Davvero?”
esclamò con voce tremula e ironica. “Non l'avrei mai
detto!”
“Chiedi alla
strega se può resettare tuo fratello e riprogrammarlo contro i
licantropi.”
Elena lo guardò,
dubbiosa, ma obbedì. “Comincio a credere che la storia
dell'asservimento sia vera” sussurrò chiamando
rapidamente Bonnie.
“Ma sei libera di
fare tutto quello che vuoi, mia adorata!” esclamò
alzando le mani quando i licantropi si avvicinarono. “Potremmo
dover correre.”
“Ho i tacchi
alti” gli ricordò con un filo di voce “e il
vestito è stretto.”
“Capito.”
Elena lanciò un
gridolino quando Damon la caricò fra le braccia e cominciò
a correre. “Mi fai cadere il cellullareee!”
Casa
Salvatore. Esterno giardino.
“Bex, se è
quercia bianca...”
“Non rompere,
Stef. Non ho paura di loro” soffiò, lanciandogli
un'occhiata vacua. “Avanti, hai una parete da decorare!”
Stefan sorrise sotto i
baffi e l'affiancò. “Chi comanda qui?”
“Non comanda
nessuno. Siamo un branco, Vampiro.”
Rebekah alzò gli
occhi al cielo. “Stupido! Dov'è il tuo Alfa?
Portaci da lui.”
“Sei impazzita?”
“Voglio farla
finita il più presto possibile” bisbigliò
camminando dietro al lupo mannaro. “Attento ai denti. Il loro
morso è letale.”
“Non sono uno
sprovveduto.”
“Solo un
traditore!” gridò spingendolo verso il quartetto.
Stefan si raddrizzò,
assumendo una posizione d'attacco. Già mostrava i denti e
aveva gli occhi iniettati di sangue.
“Datti da fare,
Squartatore!” urlò arretrando e fuggendo a tutta
velocità.
Casa
Mikealsohn
“Capisco la tua
riluttanza a lasciare le bellezze del Nord, ma è Natale e
siamo sotto attacco... lupi mannari, Elijah. In quantità. Oh,
non ho idea da dove provengano, ma sono certo che abbiano trovato una
foresta di quercia bianca, data la quantità di paletti che
vedo brandire ai pulciosi. Ma grazie, troppo gentile! Richiama Kol e
digli che lo perdono – lui sa per cosa - ma che se non porta le
terga qui nell'immediato, lascerò colare a picco i suoi
investimenti. Planet Hollywood. Ti basta nominarlo. Grazie!”
sibilò lasciando ricadere al tempo stesso la tendina della
finestra.
Klaus finì di
allacciare le scarpe, infilò la giacca di pelle e sospirò,
chinandosi a frugare sotto il letto. E i proiettili?, si domandò
grattando la fronte. Ah già. La donna delle pulizie doveva
finirla di spostargli le cose, pensò caricando i proiettili
d'argento e chiudendo il fucile con un movimento agile del polso. Con
la spada faceva schifo, ma al tiro al fagiano non lo batteva nessuno.
E quelli erano un po' di grandi, pensò accecato per un istante
da un bagliore esterno. Luna piena. Diventava romantico con la luna
piena.
Toc
toc toc.
Che gentili, evitavano
di abbattere la porta. Klaus sorrise e la spalancò.
Caroline saltò
dallo zerbino al primo gradino. “Parlè!”
esclamò con voce tremante. “Vengo in pace.”
“Tu sì, ma
loro?”
Caroline scosse la
testa e lo fissò dritto negli occhi muovendo solo le labbra.
Cosa?! Non capiva, cosa
cercava di dirgli?
“Scappa, idiota!”
Scappa?
Klaus si accigliò
e quando Caroline fu sospinta con decisione a sinistra, tutti i suoi
desideri si avverano in un colpo solo: un Cacciatore di Vampiri!
Mingherlina, rispetto al primo. “Tu quale sei?”
“Il Terzo.”
Un nome no, eh? Klaus
sorrise sinistramente e abbassò il fucile. Era inutile contro
di lei. “E cosa pensi di farmi, esattamente?”
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Capitolo 9 *** Dianna ***
Ciao
ragazze, buon anno!!! Torniamo a bomba con un personaggino che sta
conquistando capitoli su capitoli. Da questo in poi, ci saranno molto
POV in prima persona. Cominciamo con Klaus e andiamo avanti con gli
altri. Gli aggiornamenti saranno un po' più lenti, dovete
perdonarmi, ma far interagire Dianna con tutti i protagonisti –
senza perdere il plot principale – non è semplice! Visto
che nella saga originale sono tutti brutti&cattivi, portiamo un
po' di buonumore e allegria. Immaginatela come Zooey
Deschanel in 'New
Girl' e avrete l'immagine perfetta di Dianna... e chissà
a chi farà girar la testa, tutta la sua innocenza&purezza...
^^ Buona lettura!
Il Cacciatore di
Vampiri potrebbe avere l'età di Caroline o tre anni di più.
Abbasso il fucile, le pallottole d'argento non avrebbero alcun
effetto su di lei. Me le tengo per dopo. Per Tyler. “Ti ho
fatto una domanda.”
La ragazza mi studia a
lungo, infila la mano in tasca ed estrae un cellulare, sfiorandone la
superficie col dito. “Oh, quello giusto!” sorride
aggiustando gli occhiali sul naso e chiude la porta dandomi le spalle
(quale idiota che vuole ucciderti, ti da le spalle?!). Posso sentire
il gemito sbigottito di Caroline. E' preoccupata per me?
“Ciao, sono
Dianna. Come la Arbus, non come la principessa, con due 'n'.”
Le lancio uno sguardo
dei miei. Freddo, calcolatore e malfidato. Dianna abbassa la mano. Ha
le unghie smaltate di una strana tonalità di rosa che brilla
sulla pelle chiarissima. I suoi occhi sono neri come i capelli
ondulati. La frangetta sugli occhi ha un taglio all'ultima moda che
ho visto in tv. Non fa così freddo fuori, eppure indossa un
dolcevita di un colore che ti ammazza la vista. Due margherite come
orecchini. Un fermaglio simile nei capelli. Scommetto che le scorre
zucchero filato nelle vene. “Sai chi sono, se sei venuta qui.”
“Sono distratta,
confondo i nomi e spesso faccio brutte figure, quindi carico i pdf e
ci do un'occhiata prima di cominciare il lavoro” ridacchia,
imbarazzata.
Che razza di cacciatore
di vampiri ti piomba in casa per fare amicizia? Dianna ha le labbra
rosse naturali, grandi e un po' lucide. Mi distraggono. Le mie difese
personali fanno schifo, stasera.
“Ci possiamo
sedere?”
Mentre lo dice,
arrossisce. Questa ragazza è strana. Sono gli occhiali? Tutti
quei capelli? Il suo sguardo fiducioso? Corrugo la fronte e
meccanicamente la invito a sedersi.
Dianna guadagna la
poltrona e al contempo sfila la giacca e il cellulare dalla tasca,
incastrandosi con le maniche. La borsa piatta che porta a tracolla
scivola in terra e la chiusura si apre di scatto. E' imbarazzante
per quanto è imbranata. “Ehm... scusa, mi succede
sempre...” farfuglia accorgendosi solo in quel momento che sono
rimasto in piedi di fronte a lei, a guardarla. E a giudicarla. E'
ridicola.
“Se ti siedi
anche tu, diventa meno imbarazzante. Per favore.”
Le gambe si piegano da
sole e quando piombo a sedere sul tavolino, davanti alla sua
poltrona, sento il legno scricchiolare. Mi rivolge un altro sorriso.
“Ma è uno scherzo?”
“Magari lo fosse,
sono tre anni che me ne vado in giro tatuata come una motociclista
psicopatica” sussurra sollevando la manica del maglione.
I tatuaggi di Jeremy
Gilbert sono invisibili. Perché su di lei sono così
evidenti? “Meravigliosi” sussurro sollevando la manica
ben oltre il gomito. “Fin dove arrivano?”
Dianna arrossisce e non
risponde. Fruga nelle tasche del giubbotto con una buffa espressione
e dopo poco sventola una chiavetta usb a forma di maialino. Un
maialino.
“Hai un pc?”
“Sei davvero
un cacciatore di vampiri?”
“Eh sì.”
“Quanti anni
hai?”
“Ventiquattro.
Sono diplomata ed insegno...”
“Non ti ho
chiesto il dettaglio del curriculum. Perché sei qui e cosa
vuoi da me?”
Dianna si china a
raccogliere la borsa piatta. Estrae delle fotocopie e me le tende.
Disegni. Disegni simili a quelli di Jeremy Gilbert. Ci perdo gli
occhi sopra e anche un po' di ragione.
“Tu vuoi la cura
e quel che cura te, cura anche me e il resto dei ragazzi. Io sono
contraria alle armi ed iscritta ad Amnesty International. Insegno
ai bambini alle scuole materne, non posso andarmene in giro ad
ammazzare la gente. Tutte le volte è un dilemma etico. Mia
nonna pensa sia una drogata, sei lì con un ragazzo e
improvvisamente – bum! - devi lasciare tutto per correre
dietro ad un vampiro! E' frustrante e la mia vita sentimentale ne sta
risentendo.”
Scommetto che dona il
sangue un paio di volte l'anno. “Prendo il pc.”
“Grazie, sei
molto dolce.”
Dolce?
Dianna risponde alla
mia occhiataccia con un innocente battito di ciglia e un sorriso
imbarazzato che mi fa venire la pelle d'oca. Questa ragazza è
strana.
***
“Scusa... non
avevo più inchiostro nella stampante e non potevo andare in un
Internet Point.”
Continua a scusarsi e
ad arrossire una parola sì e una no. Sembra abbia incontrato
un vecchio amico e non un pericoloso predatore. Una così, non
la morderei neppure pagato. “Non sei abituata a trattare con
gli adulti, vero?”
“Preferisco i
bambini.”
“Stai cercando di
mandare in stampa i files nella periferica sbagliata.”
Dianna sposta le mani
dalla tastiera. Finalmente si è arresa. Mi sento il suo
sguardo addosso, quando giro il pc dalla mia parte e mi connetto alla
rete wireless. “Adesso funziona.”
“Oh, c'era il
trucco.”
Sorride, dietro gli
occhiali. Sorride sempre. E non è isteria.
“Ti mostro un
trucco anche io. Se sovrapponi i fogli così... guarda un po':
magia!”
I vecchi disegni di
Jeremy completano i tatuaggi di Dianna. Se li metto in controluce, la
pazza ha ragione.
“Il Quinto
dovrebbe essere apparso quando il Primo è morto. Tu sai dove
posso trovarlo? Dobbiamo completare la mappa per andare avanti.”
“I tatuaggi sono
invisibili. Credo sia legata alla sua capacità di vedere gli
Spiriti. E' un cacciatore riottoso, da quando ha provato ad uccidere
la sorella, è scomparso.”
“Noo e ora come
faccio?!”
Ha miagolato o l'ho
immaginato? “Lo troviamo e lo costringiamo.”
Dianna mi lancia uno
sguardo di rimprovero.
“E' protetto da
una strega, potrebbe essere un problema.”
“Mi piacciono
quelle stronze, sono facilmente corruttibili.”
Pollyanna divide i
capelli in tre parti e li torce su se stessi, fermando la treccia con
un elastico formato da coppia di ciliege rosse. No, neppure se stessi
morendo di fame. “Ti organizzo l'appuntamento al buio se
prometti di liberarmi della tua presenza.”
Dianna mi guarda e
perde il filo del discorso. O forse non si aspettava la rispostaccia.
“Sì,
certo...” balbetta, mordendo il labbro inferiore. “Non ti
ho fatto niente, perché ce l'hai con me?”
Non lo so. Però
vorrei sbranarla per farla stare zitta. “Mi irriti.”
Un'altra risposta che l'anima candida non si aspettava. “Dì
ai tuoi amichetti di togliere le tende dal mio giardino.”
“Non sono miei
amici” sussurra mettendo il broncio. “Posso riavere il
mio maialino?”
“Prego.”
Dianna intasca la penna
usb e spalanca gli occhioni dietro le lenti impolverate. “I
licantropi fanno parte della coreografia. Abbiamo usato quel povero
scemo per farci condurre a Mystic Falls. Nessuno ha intenzioni
bellicose. Vogliamo tutti la stessa cosa.”
Mi guarda speranzosa.
Crede davvero di portare la pace nel mondo con i suoi fiorellini
sulla maglietta.
“Senti, non sono
stata addestrata da Nonna Papera. Sono brava e sono veloce. No, non
fare quell'espressione sufficiente. Non mi conosci per niente.”
Io mi chiedo come
faccia quell'impiastro anche solo a respirare senza strangolarsi con
l'ossigeno. “Dovrai risolvere il dilemma etico, tesoro”
l'avviso cercando il numero di Elena. Come sono arrivato ad averlo?
Devo spiegarlo? “Ciao, dolcezza. Passami il tuo fratellino.”
***
Erano passati quasi
trenta minuti, ma che stavano facendo? Caroline girò su se
stessa, nervosa e si morse un'unghia. I licantropi sembravano
tranquilli, solo Tyler faceva avanti e indietro, irritato. Continuava
a guardare il cielo e a sollecitare i suoi 'compagni' a darsi una
mossa. C'era qualcosa di strano in quel gruppo.
Rebekah fu la prima ad
arrivare. Si soffermò guardare i tre lupi mannari, spostò
lo sguardo su Tyler e sorrise, come faceva Klaus quando voleva
uccidere qualcuno. Lo salutò con voce melodiosa. Caroline sudò
freddo e sciolse le braccia che teneva incrociate sullo stomaco.
“Sei qui anche
tu. Mio fratello?”
“Dentro... con un
cacciatore di vampiri...”
Rebekah ebbe una lieve
esitazione. “Da quanto tempo...”
“Venti minuti.”
La vampira infilò
la mano in tasca e pescò le chiavi. Caroline si umettò
le labbra e la seguì all'interno dell'abitazione.
***
Dianna tira indietro la
frangetta e si toglie gli occhiali, posandoli sulla scrivania.
Scioglie la treccia e scrolla i capelli, passandoci le dita in mezzo.
E poi mi guarda, con le labbra socchiuse e l'aria sognante. Si mette
a sedere sulla scrivania dopo aver spostato la pila di disegni,
prende gli occhiali e ci guarda attraverso. Soffia sulle lenti e mi
spara di nuovo in faccia uno sguardo lungo. Compongo il numero di
Jeremy e la fisso a mia volta. Somiglia ad un'attricetta delle
sitcom. “Parlaci tu.”
Dianna sbuffa più
volte facendo volare i capelli in alto. Non è casuale, sta
proprio giocando. Mio dio. Sento la voce di Rebekah chiamarmi
dall'ingresso. E' agitata. E poi sento qualcun altro e mi illudo che
sia Caroline. Mfp! Caroline sarà con Tyler, a fare sesso nei
boschi! Rebekah irrompe nella stanza, preoccupata. Guarda prima me,
poi la ragazza che dondola le gambe come una bambina sull'altalena ed
urla nel telefono.
“Ti sto dicendo
che il problema può essere risolto! Torna subirlo a casa o ti
vengo a prendere di persona e non ti piacerà quando ti metterò
le mani addosso, poppante!”
Rebekah sussurra 'ma
chi è?' a fior di labbra e non sono molto sicuro della
risposta. “Una cacciatrice di vampiri.”
“Quella
sarebbe....” Rebekah aggrotta la fronte e alza subito un
sopracciglio. “Le cose sono cambiate.”
“La spada non
serve a niente. Il tuo bello ti ha mentito.”
“Sai che novità,
gli uomini mentono sempre. Ehi, ho imparato a nuotare!”
Rebekah fa un piccolo saltello, e un sorriso enorme le arriva alle
orecchie. Alzo il pollice in segno affermativo e poi la vedo,
appoggiata alla parete che aspetta con lo sguardo fisso nel vuoto.
Non è andata via e non sta facendo sesso col licantropo.
“Carol.” Appena sente il suo nome, si riscuote.
“Va tutto bene?”
Ora sì. “Sei
la luce della razionalità in un tunnel di follia. Ma l'hai
vista?!”
“E' carina.”
“E' pazza!”
“Può
permetterselo, con il suo look.”
“No, è
pazza” ripeto più lentamente. Lei sorride ed mi arriva
un incudine sul petto.
“A voi uomini
piace un po' di follia femminile, non farla lunga. Quel Warhol
è originale?”
“Sì.”
“E' orribile.”
“Lo penso anche
io.”
“Allora perché
l'hai comprato?”
“Me l'ha
regalato. Quel tipo era schizzato perso, avevo paura a rifiutare.”
“Potevi
soggiogarlo.”
“Era strafatto di
droghe, non pensavo avrebbe funzionato.”
Caroline scoppia a
ridere e azzera tutto il mio malumore.
“C'è
qualcosa da bere, in questa casa? Muoio di sete.”
Ha finito di urlare,
miss Pace&Amore? “Sicura di avere l'età
legale per bere?” Dianna mi ignora ma la battuta arriva a
destinazione. La vedo da come fissa il vuoto un attimo prima di
stringere la mano di Caroline. “Sono astemia. Ciao, io sono
Dianna, sono un cacciatore di vampiri e sono in affari con tuo
fratello.”
“Lei non è
mia sorella.”
Dianna la scruta
perplessa, scioglie la mano da quella di Caroline e smanetta il
cellulare. “Ah sì. Scusate. Gli altri due dove sono?”
“Stanno
arrivando.”
Caroline mi lancia
un'occhiata preoccupata. “Anche Kol?!”
“Un'invasione di
lupi mannari richiede uno spiegamento in forze. Se siamo fortunati,
Kol cadrà su un paletto di quercia bianca. Ne hanno tanti, là
fuori.”
Caroline non apprezza
la battuta, si allontana da me e si scurisce. “Allora... io
torno a casa... state tutti bene e non devo fare niente, qui...”
“Carol...”
“Non posso
combattere contro tuo fratello, gioca sporco” ringhia a bassa
voce e Dianna mi guarda cercando di capire. Non ho voglia di
spiegarle le implicazioni sentimentali di tutta la città.
Caroline se ne va, sbattendo la porta ed io mi accorgo di stringere i
pugni. Non si fida di me. Non si fiderà mai di me.
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Capitolo 10 *** La reginetta dell'Opera ***
Ciaooo!
Dianna ce la tiriamo appresso in tutti i prossimi capitoli, ho
deciso. Mi piace troppo questo personaggio positivo e 'squilibrato' a
modo suo. Se amate New Girl, vi
consiglio di vedere 'Whitney',
fa morire dal ridere. Le canzoncine che fanno da intro vogliono
suggerire un'idea del ritmo allegro e/o melanconico dei capitoli. Se
non trovare i riferimenti nel testo, li riporto a piè pagina,
casomai vogliate trovarle su Youtube. Che altro da dire? Cercherò
di essere chiara al massimo per non farvi confondere. Tento sempre di
evitare la 'lista della spesa' – quello ha detto, quello ha
fatto – perché lo trovo sgraziato e interrompe il ritmo
della lettura... brrr, non mi piace proprio. Che altro dire? Buona
lettura!
Now
you say you're lonely
You
cried the long night through
Dianna
aveva incontrato il suo primo vampiro a diciannove anni. Lei non
sapeva ancora che esistevano, e la sua cultura si poggiava su alcuni
racconti reperibili in rete e i soliti film al botteghino. Lui
l'aveva fatta ballare tutta la notte e all'alba, Dianna ricordava
vagamente un ragazzo dai capelli dorati e gli occhi azzurri ridenti
che l'aveva condotta sul tetto ad ululare alla luna come il vecchio
cane pazzo del vicini. Dianna ci aveva perso il cuore, su quel tetto,
sulle note di Nina Simone, sul baciamano nell'alba grigia.
Now
you say you're sorry For being so untrue Well, you can cry me a
river, cry me a river I cried, cried, cried a river over you
A
ventuno, si era svegliata sul prato che circondava la confraternita,
intontita e affamata, un strano tatuaggio che saliva lungo il braccio
sinistro. Aveva giurato mai più feste alcoliche e aveva pianto
una settimana sul disegno. Poi aveva cominciato a vederli dappertutto
e a sentire la necessità di ucciderli. E si era ricordata di
lui, di Chris. Chris che l'aveva fatta ballare e ridere e aveva
soppresso ogni sua velleità anti-romantica, con quel baciamano
perfetto. Dianna sperava ancora di incontrarlo. L'avrebbe
riconosciuto, avrebbero ballato ancora una volta insieme e Dianna non
sarebbe riuscito ad ucciderlo, no. Ci credeva nell'amore immortale.
Era una romantica senza speranza.
Now
you say, you say you love me
Well,
just to prove that you do
Come
on and cry me a river
Quella
cittadina pullulava di vampiri. Ne poteva contare due, seduti alla
sua destra e una terza in conversazione con la cameriera della tavola
calda. Dianna succhiò il pollice sporco di cioccolata e
aggiunse altro zucchero nel caffè, le cuffiette spinte nelle
orecchie e la musica jazz ad un buon volume. Sfogliava una rivista di
pedagogia infantile e si guardava attorno. La ragazza bionda della
sera prima attraversò il locale dirigendosi verso la brunetta
dai capelli lunghi. Dianna smise di raccogliere le briciole dal
piatto e le osservò. La biondina era evidentemente in crisi e
quella era una specie di migliore amica. Era interessante osservare i
vampiri. Ti aspetti che siano muri di ghiaccio, inamidati fino alle
orecchie ed ogni volta hai una novità inaspettata. E quello
era proprio bello. Moro, occhi chiari, pelle di alabastro. Eh, ci
facevi i pensieri sopra... i vampiri li preferiva ai lupi mannari,
erano meno attaccabrighe. Dianna fece una panoramica del locale e
tornò a guardare fuori della finestra. Vide Rebekah
attraversare il parcheggio e quando entrò, non la degnò
di un'occhiata. Una così bella doveva fare la modella. Dianna
fissò la chioma lucente della ragazza e le punte dei propri
capelli. Sbuffò e si diede della scema. Appena Rebekah si
fermò al tavolo dei due vampiri, quello bello si defilò
con l'espressione di chi preferirebbe un ago rovente in un occhio
alla compagnia della ragazza. Dianna lo osservò avvicinarsi
alla brunetta dai capelli lunghi, baciarla sulla testa e sparire in
una nuvola di dopobarba costoso.
Dianna
finì il caffè, spingendo avanti la tazza. Occhieggiò
la biondina che sembrava inconsolabile, invidiò l'udito
perfetto dei vampiri e girò la pagina. Klaus le strappò
la rivista dalle mani, lesse due righe e la gettò sul tavolo,
annoiato. Era apparso dal nulla e non aveva fatto alcun rumore.
“Cosa
stai ascoltando?”
Buongiorno
no, eh? “Dov'è, il Quinto?”
“Chiedilo
alla sorella” mormorò indicando Elena, voltata a
guardarli con aria pensosa. Caroline no, lei guardava fissa in terra
cercando di nascondersi. “Voi due fate amicizia mentre sbrigo
una faccenda.”
Era
troppo agitato per i suoi gusti. Dianna sospirò ed eliminò
le cuffiette, occhieggiando la giacca del nuovo arrivato. Lo sguardo
salì rapidamente al viso e il mondo le crollò addosso.
“La
visita alla nonna, eh?”
“Mia
nonna abita davvero nel Maine!” Dianna batté le palpebre
e quando Elijah le tolse gli occhiali, grattò la radice del
naso.
“Queste
lenti non hanno gradazione. Perché li indossi?”
“Perché
sono più carina e mi fanno somigliare a Zooey Deschanel”
dichiarò infilandoli e inclinando la testa. “Uh, stanno
venendo qui. Fa il serio.”
Lui,
eh?
“Posso
presentarti l'assassina del Primo?”
Elena
gli rifilò un'occhiataccia e sussurrò il suo nome,
mentre Dianna la guardava a bocca aperta. “Sei ancora viva? E
la maledizione?!”
“Elena
è una novellina e ha ucciso un cacciatore di vampiri.”
Klaus si sentì in dovere di sottolineare la frase. Elena alzò
gli occhi al cielo e posò le mani sui fianchi.
“Lo
rimarchi per mettermi paura?”
Klaus
sorrise seducente e di nuovo Dianna lo fissò, dimenticandosi
di battere le palpebre.
“Jeremy
sta arrivando.” Elena si sedette al tavolo e intrecciò
le dita fra loro. “Tu sai come liberarlo da quella
maledizione?”
“Ci
serve una strega e una cavia.”
“La
cavia te la trovo io.”
Elena
seguì lo sguardo di Klaus fino a Stefan e sospirò. “Non
è una buona idea.”
“Ma
Stefan è abituato ad ammazzare la gente!” esclamò
a bassa voce, sedendo accanto a lei. Elena lo fissò,
sfidandolo a ripetere la sciocchezza appena detta. “Possiamo
usare il tuo sire?”
“Non
sono asservita a Damon!”
“No,
eh? Guardami in faccia e ripetilo lentamente. Tu fai tutto quello che
lui ti chiede senza fare storie e sei anche contenta di farlo”
disse picchiettando un dito sul tavolo. “Cercalo, si trova su
Internet alla voce 'contratti BDSM'.”
Elena
passò attraverso varie tonalità di rosso fino a
fermarsi a quello più intenso. “Io me ne vado.”
“Ma
tu parli davvero così alle donne?!” Dianna si tolse gli
occhiali e li posò sul tavolo, Elijah li raccolse e li infilò.
“Ma tu parli davvero così alle donne?”
ripeté facendole il verso.
Perché
la pazzia di quella ragazza contagiava suo fratello? “No, non
lo dice in quel modo.”
Elijah
gli passò gli occhi e Dianna sorrise, sarcastica. “Ho un
sacco di paletti di quercia bianca nella mia stanza d'albergo.”
“Ho
un sacco di paletti di quercia bianca nella mia stanza d'albergo”
squittì con un movimento
del capo.
“Come
fate a conoscervi? Siete compagni di 'sbronze'?”
“E'
mio fratello!” Elijah si voltò completamente dalla sua
parte, incredulo. “Ti rendi conto di quanto sei distratta?! Mi
hai mostrato i files della mia famiglia e c'era un mio ritratto, non
ti sei accorta della somiglianza?”
“Ma
quello del ritratto aveva i capelli lunghi! Lo sai che soffro di
brevi perdite di memoria, è come in quel film... di cui non
ricordo il nome. Credevi fossi una patita degli appunti sui post it?”
“Non
sono mai stato a casa tua. Non mi hai mai invitato!”
“Ah,
no? E chi ha riparato la perdita del lavandino?!”
“L'idraulico.”
“Oh...”
Dianna sporse le labbra, masticando un angolo della guancia.
“Sicuro?”
Elijah
sospirò arreso e le afferrò la testa, scrollandola.
Dianna lanciò un urletto e stette allo scherzo, ridendo. “Non
scuotere l'acqua dei pesci!”
“E'
tutto vuoto, qua dentro. E' impossibile arrecarti un danno vero!”
Dianna
sillabò una parolaccia muta e singhiozzò fino a
calmarsi. Elijah era il vicino vampiro più simpatico che
avesse mai abitato nel suo stabile.
*/*
Avevano
iniziato la conversazione di fronte alla cassetta della posta, era
proseguita per le scale e si era conclusa sul divano di un'amica di
Dianna, ad una festa di Halloween. Lei era vestita da Dottor Who ed
Elijah da Hobbit.
Qualcuno
aveva fatto notare loro che, nella notte di Ognissanti, si doveva
interpretare un personaggio spaventoso. Elijah aveva brasato il
malcapitato dichiarando che trovava spaventoso che un adulto
sopra i ventitré anni se ne andasse in giro sfoggiando
permanente e piedi pelosi. Dianna aveva riso fino alle lacrime e gli
aveva presentato tutte le sue amiche. Era forte, quel tipo. E le
impediva di scendere a prendere la posta in ciabattine e pigiama,
quando faceva freddo.
*/*
Klaus
alzò le sopracciglia e si schiarì la voce per attirare
l'attenzione. “Una cacciatrice di vampiri che esce con un
vampiro? Lo trovo divertente solo io?”
“Noi
non usciamo insieme!”
“Abitiamo
sullo stesso pianerottolo.”
Klaus
alzò le mani, chiedendo venia. “Un caffè doppio e
qualcosa per dimenticare!” ordinò alla cameriera che si
era avvicinata per ritirare mancia e tazza sporca. Caroline aveva
fatto finta di non vederlo. Non se ne stupiva, ma aveva fatto male. E
perché quella sciocchina gli tirava la manica della giacca?
“Smettila.”
“Smettila!”
borbottò arrochendo la voce. “Sei come i vecchi
malmostosi che mostrano il bastone e urlano contro i bambini. Al
campo estivo insegnavo a ragazzini ben più difficili di te.”
“Ma
lui non è un bambino. E' un adulto di quasi mille anni”
le fece notare Elijah con un sorrisetto.
“Sono
i tuoi capelli o è una permanente?!”
Mh,
si credevano spiritosi, quei due. Klaus piantò gli occhi in
quelli di Dianna e fece una smorfia, spingendo indietro la sedia. Le
era passata la timidezza. La ragazza lo seguì con lo sguardo,
girando pian piano la schiena. “Non sai stare agli scherzi!”
gli urlò dietro. “E' sempre così?”
Elijah
scosse la testa e tamburellò le dita sul tavolo. “E'
peggiorato.”
“E
ti è bastata un'occhiata per capirlo?”
Quella
e una telefonata di Rebekah. “Non è salutare girargli
intorno quando è in quello stato d'animo.”
La
ragazza alzò le spalle infilando la giacca e schioccandogli un
bacio sulla guancia. “I casi disperati sono il mio forte.
Trixie ti ha più chiamato?”
“Usciamo
insieme venerdì.”
“Non
farla ubriacare. Diventa molesta quando beve.”
Eh
sì. Sarebbe stato proprio un problema.
Casa
Mikealsohn
“Gerbera,
fiore dell'amicizia. Ravviva un po' l'ambiente.”
Osservo
il mazzo di fiori e le lanciò un'occhiata poco convinta.
“Oggi
non si lavora. Andiamo fuori, c'è un bel sole.”
Sposto
un disegno sull'altro e inclino la lampada. “Rivolgi le tue
attenzioni ad Elijah. Ho da fare.”
“Non
hai niente da fare” ripete sottraendomi la matita.
Poco
male. Apro il cassetto e ne tiro fuori un'altra. L'avviso che ne ho
altre quarantotto a disposizione e che potrei conficcarle in
quarantotto parti diverse del suo corpo, se continua a stuzzicarmi.
“Ti
lascio giocare con i miei occhiali se la smetti di tenere il muso.”
Li
frantumo e li getto nel cestino. Se andrà in giro barcollando,
sarà solo colpa sua.
“Erano
un regalo. Ci tenevo!”
“Dovevi
pensarci due volte.”
Danna
sposta tutta la scrivania e per un istante mi coglie di sorpresa.
“Andiamo,
forza. Arrabbiati.”
“Non
litigo con una donna.” Rimetto a posto la scrivania e le intimo
di uscire.
“Dammi
un buon motivo per lasciar perdere” sussurra posando le mani
sulla superficie ingombra di fogli.
“Non
hai niente da fare, tipo... scopare mio fratello?”
“Siamo
vicini di casa!”
“E
lo sottolinei perché?”
Dianna
arrossisce – di nuovo, ma non si stanca mai? – e si
solleva dalla scrivania, portando i fiori al naso. Strappa un paio di
petali e biascica qualcosa di intellegibile che suona come 'non
sei carino con me'. Cosa posso fare per togliermela di torno, a
parte morderla e/o storpiarla? “Facciamo questa passeggiata!”
esclamo con un lungo sospiro. “Il tuo cadavere verrà
ritrovato in brutte condizioni, sei avvertita.”
Dianna
non mi prende sul serio, saltella e singhiozza un 'grazie' che mi fa
alzare un sopracciglio. Non ha paura di me. Molto male. Rimedio
subito.
“Si
può avere voglia di un gelato, a Dicembre? Conosci una
gelateria... urgh!”
Aahh,
il gemito della paura. La trattengo per la gola e la sollevo contro
il muro. Dianna scalcia e mi afferra il polso. La schianto sulla
scrivania e i fogli volano da tutte le parti. Fortuna che sono
numerati.
Se
faccio una cosa, la faccio bene e la porto fino in fondo. Chissà
se questo c'è scritto sui suoi files. I vampiri non
hanno artigli. Questo ibrido qui, sì. Quasi non ricordo come
si fa, poi le unghie si allungano piano piano. “Ti scorticherò
fino all'osso e banchetterò con la tua carne, miss Punti
Perfetti” sussurro tirando indietro il braccio.
Un
lampo passa nei suoi occhi e all'improvviso sento un dolore atroce
nel collo. La lascio andare ed estraggo la matita. La mia
matita! Le ringhio contro ma non la intimorisco. Sta a vedere che
tira fuori le palle... eh, no. Perché piange?!
“Ho
dovuto prendere l'aspettativa al lavoro per finire quello che altri
hanno cominciato e sono in sindrome premestruale! Non ho dormito
perché il cuscino era scomodo, eppure mi sforzo di essere
gentile con gli estranei! Sono stata scortese con te da quando sono
arrivata?”
“No...”
“Ti
sono antipatica?”
“No...”
“Allora
che accidenti ti salta in mente di aggredirmi?!”
“Scusa.”
Dianna
spinge le dita sotto gli occhi e singhiozza ancora. Mi fa sentire un
verme. “Smetti di piangere. Per favore.”
“Non
lo controllo, sono gli ormoni! Anche io vorrei starmene a casa,
avvolta da una coperta a guardare una lacrimevole storia d'amore,
però ho lasciato tutto per venire qui, da te, a
portarti quegli stupidi disegni! Non li potevo spedire col corriere,
sai?! Ti chiedo il minuscolo favore di organizzare un rendez vous col
Quinto e te la tiri come una reginetta all'Opera. E' per questo che
preferisco i bambini, non sanno cosa sia la perfidia e l'inganno!”
“Anche
i bambini mentono.”
“Ma
loro non ti aggrediscono alle spalle dopo averti promesso un disegno
per il tuo compleanno!”
Non
fa una piega. Questa ragazza ha un modo di vedere le cose diverso
dagli altri. “E' il tuo compleanno?”
“No...”
“Il
disegno te lo faccio ugualmente.”
“Grazie...”
“Ora
smetti di piangere?”
Dianna
annuisce, come una bambina e si allontana da me. Stavolta non mi da
le spalle. Ha imparato che non bisogna mai fidarsi di un vampiro?
|
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Capitolo 11 *** Madmen ***
In
arrivo rivelazioni dal mondo dei cacciatori, Stebekah in sottofondo e
Klaroline a bomba, signore! Bisognerà alzare il rating, eh...
sì...
Tenete
d'occhio 'Chris'... Dianna potrebbe averlo già ritrovato ;)
Casa
Mikealsohn
Rebekah
si era sentita un po' in colpa per aver lasciato Stefan da solo, ad
affrontare i licantropi. Ma la famiglia era la famiglia e anche se
Nik erano uno stronzo, il cacciatore di vampiri era ben più
temibile di uno stupido lupo mannaro.
L'aveva
rivista, quella ragazza con tanti capelli, seduta accanto alla
finestra a disegnare su una rivista. Avrebbe voluto farle delle
domande, ma quando aveva notato i fratelli Salvatore, aveva tirato
dritto fino a loro. Damon si era premunito di lasciarli soli –
perché non la sopportava, non per altro – e Rebekah
aveva capito subito che Stefan era alterato con lei. Non avevano
parlato più di cene insieme e avevano interrotto il flusso di
pensieri positivi e ricordi che si era creato in piscina. Rebekah
l'aveva capito e cercato di metterci una pietra sopra. Doveva andare
così. Andava sempre così fra loro.
Spiò
il fratello col blocco per disegni sulle gambe e la matita in bocca e
pensò che stava facendo un altro ritratto di Caroline. “Ti
ho ricomprato le birre.”
“Grazie.”
Klaus
che ringraziava. Pazzesco. “Mi fai un ritratto?”
“Te
ne ho fatti un sacco.”
“Quando
avevo dodici anni. Poi hai smesso.”
“Non
ho smesso, sono stato privato dei materiali da nostro padre” le
ricordò prendendo un foglio pulito.
Rebekah
affondò nel divano e si appoggiò ai cuscini, pensosa.
Uh, la stava ritraendo? Così, senza trucco e con i capelli
raccolti? “Fammi carina. Niente caricature.”
“Disegno
solo quel che vedo.”
“E'
per quello che mi preoccupo” sussurrò chiudendo gli
occhi. “Sono riuscita a rintracciare Kol e gli ho detto di
tornarsene a casa.”
Klaus
non rispose e la sorella lo guardò. Stilettate veloci alla sua
persona e movimenti sempre più rapidi con la matita. Era
entrato nel mood giusto. Rebekah tacque e pensò agli
affari suoi per circa mezz'ora. Finché non suonarono alla
porta. Ci sperò un po', ma quando si trovò di fronte
una semi sconvolta Caroline con un cartone di pizza fra le mani,
abbassò le spalle e le fece cenno di entrare. “Nik, io
esco.”
“Non
parlare con i lupi mannari” mormorò allontanando il
disegno da se. “Questo lo vuoi o lo butto via?” Il
vampiro spostò lo sguardo sulla biondina dietro di se e
raggelò.
Caroline
lo indicò col mento sussurrando che era molto bello. Che si
scusava dell'orario e del disturbo. Se si poteva nascondere lì
per qualche ora.
“Il
licantropo ti tampina?”
Caroline
mugugnò e abbassò lo sguardo a terra. Tyler era tornato
e la prima cosa che aveva fatto, era stato accusarla di avere una
relazione con lui. Non era riuscita a mentire del tutto, aveva
ammesso il bacio e negato il resto. Tyler si era permesso di
dare di matto: scompariva per mesi e quando tornava, si aspetta che
nulla fosse cambiato!
*/*
C'è
sempre un odore strano qui. Vernice fresca, colla da tappezzeria,
legno e incenso. Appendo la giacchetta ad un gancio infisso nel muro
e lo sbircio mentre solleva il coperchio della pizza di due
centimetri. “Ricordavo di averti visto fare la spesa una
volta. Avevi comprato il dentifricio, i popcorn da microonde, un
mucchio di frutta e verdura e il mastice. Che diavolo ci fate con il
mastice, voi uomini, è un mistero. In base all'analisi del tuo
carrello, ho optato per una quattro stagioni con un surplus di
carciofini.”
“Sei
una che osserva molto.”
Klaus
socchiude le palpebre, studia la pizza e ne addenta una fetta,
mugolando qualcosa di intellegibile. Ogni volta che si comporta in
maniera normale, me ne stupisco. Si è già sporcato il
mento. Trattengo il suggerimento di un bavaglino e raggiungo l'altro
lato del tavolo. “Lasciami l'angolo con le olive.”
Klaus
sussulta, come se ricordasse all'improvviso i doveri di un padron di
casa. Mi chiede se voglio una birra e infila la testa nel frigo.
“April
ha bisogno di una mano con l'organizzazione della sua prima festa e
non posso abbandonarla. Ho buttato giù qualche idea: il
McCarthysmo e la guerra fredda, James Dean e Marlon Brando, Ray
Charles e Jerry Lee Lewis.”
“Puoi
fare di meglio.”
Già,
non è questo granché. Dopo quel bacio ho un po' di
difficoltà a rialzare le difese. Sono qui per questo, per
capire se è stato un errore in un momento di debolezza o se
Klaus mi piace davvero quanto suggerisce il mio stomaco.
“Posso...”
“No.”
Mi è uscito senza volerlo e ora lui mi guarda, dubbioso.
“Scusa...”
“Che
ne pensi di usare riferimenti a Madmen per la tua festa?”
Ogni
volta che ho una domanda, lui ha la risposta. Allargo le braccia e le
lascio ricadere lungo i fianchi. “Ecco perché vengo
qui... sei un maledetto genio...”
*/*
Si
dice che un essere umano non possa smettere di pensare neppure per un
secondo. Invece, ci sono solo due momenti nella vita di un uomo, in
cui il cervello va completamente in bianco: un attimo prima di
morire, un istante prima di baciarla.
Non
è romantico.
E'
spaventoso.
Caroline
spinge le labbra contro le mie, il suo sapore mi riempie e fa
scattare la leva nel cervello che mi grida di prenderla. E' mia,
dalla prima volta che l'ho vista. E' mia. Mia mia mia.
Caroline
si stacca da me, mi guarda con gli occhi lucidi e soffusi di piacere,
le labbra gonfie e umide, ingoia e cerca di dire qualcosa, ma le sue
labbra... le sue labbra perfette... oh dio... non posso smettere di
baciarla, non adesso! La stringo contro di me, un braccio a bloccare
la vita e l'altra mano attorno al suo collo per impedirle di
lasciarmi, perdo il controllo e la spingo contro il muro. Caroline
geme, per l'urto o forse perché l'ho spaventata, ma non perde
la presa, mi stringe e chiama il mio nome. Sssh, sono qui, fidati di
me... farfuglio cercando di ingannare il me stesso che vorrebbe
suggerirle di scappare a gambe levate. Lasciala andare, Nik. Fa il
bravo, ora smettila...
*/*
E'
come se fosse strisciato sotto la mia pelle e ogni punto di contatto
risuonasse dalla parte opposta, facendomi tremare. Penso alle accuse
di Tyler e rabbrividisco. Lo allontano e lui mi riacciuffa in un
istante, togliendomi la voglia di riprovarci. Non c'era il muro qui,
prima! “Nik...”
“Fidati
di me...”
“Fa
l'amore con me...” sussurro e sento solo la pressione del suo
corpo e il desiderio che appesantisce il basso ventre. Batte le
palpebre una sola volta e quando mi bacia è più accorto
di prima, più esitante, più dolce. Io invece sono
aggressiva e lo mordo per costringerlo a reagire e a smetterla, con
tutta quella dolcezza. Non la sopporto, voglio solo che mi strappi i
vestiti e mi prenda, qui adesso!
*/*
Il
sangue defluisce nei lombi, la pressione del suo seno sul torace mi
fa girare le testa e dopo un istante mi ritrovo in camera mia, con
Caroline sdraiata sotto di me. E' famelica e mi strappa i vestiti di
dosso, ma non mi toglie il gusto di fare lo stesso con i suoi. Le sue
mutandine sono di raso e giuro su dio, vorrei davvero farle
scivolare via, vorrei essere carino con lei, ma se solo ci provassi,
Caroline mi prenderebbe a schiaffi. Le lacero e per un attimo ha
paura e chiude gli occhi, gemendo. No no no, va tutto bene, sei al
sicuro, faccio il bravo...
*/*
E'
il rumore del raso strappato che mi riporta indietro. Sussulto. Per
un istante, ho paura di mandare tutto in vacca con la mia isteria. Lo
abbraccio e la frustrazione sopita lentamente svanisce, portata via
dalle sue carezze. Per la prima volta, c'è qualcuno più
forte di me su cui poter contare. Mi fido di lui e questa sarà
la mia rovina.
Mystic
Falls... da qualche parte.
“Lo
mangi tutto?”
“Ne
vuoi un po'?”
Dianna
tende il cono quattro gusti con rinforzo di doppia panna montata ad
un dubbioso (e alquanto disgustato) Elijah. Ha esagerato, ma alla
gola non si comanda. “Lo sai che posso mangiare tutto quello
che voglio senza ingrassare.”
“E'
spaventoso quel che riesci a fare quando sei in sindrome
premestruale.”
Dianna
arrossisce e gli pianta una gomitata nel fianco. “Non parlare
del mio ciclo, vampiro.”
“Non
ne parlo. Mi vedi girarti intorno quando sei... oppressa dal peso
della tua femminilità?”
“Ti
eclissi e fai bene: se perdessi il controllo e mi mordessi, ti
incasinerei le bollette per un mese. Uh uh! Dilemma: comincio dalla
cioccolata o dalla panna montata?”
“Ti
sei sporcata il naso.
“Puliscimi.”
Dianna solleva il viso e un fazzoletto le struscia sul naso. “'zie!”
“A
forza di stare con i bambini, sei diventata come loro. Cadi, ti
sporchi... perché hai i pattini?”
“Porto
sempre i pattini con me. Non si può mai sapere.” Dianna
gli gira intorno, allargandosi in centri concentrici. La strada è
libera e non ci sono macchine all'orizzonte.
“Non
farti investire.”
“Non
c'è nessuno!” grida provando un doppio incrocio che la
fa finire per terra e cosa ben più grave, fa crollare la
montagna di gelato. Dianna la guarda, dispiaciuta. Due dollari
buttati.
“Ti
sei fatta male?”
“No,
no...” borbotta imbarazzata, cercando di rimettersi in piedi
senza continuare a scivolare. “Tutto a posto! Ho salvato il
cono!”
Il
giorno in cui la vedrà sciogliersi in lacrime per le
ingiustizie della vita, crollerà il mito. “Quel che mi
piace di te, è che vedi sempre il lato ottimista delle
situazioni.”
Dianna
lo minaccia col cono sporco di cioccolato e finisce in mezzo alla
strada, trasportata dai pattini che scivolano sulla discesa appena
accennata. “Uau! Guarda come vado giù!” Si
accuccia sui pattini e acquista velocità. L'inclinazione è
ottimale e... oh, cavolo!
La
macchina che sopraggiunge non tiene una velocità esagerata ma
ha i fari puntati nella sua direzione e Dianna non ha mai imparato a
frenare. Buttati a destra, pensa un attimo prima di venire
tirata via e finire sull'aiuola, avvinghiata al vampiro. La macchina
frena e due ragazzi saltano giù dall'abitacolo.
“Grazie...”
Elijah
le schianta un'occhiataccia e tanto per rimarcare la scemenza che ha
appena fatto, l'accompagna ad uno scappellotto educativo.
“Ahio!”
“Non
devi giocare in mezzo alla strada!”
“Ma
sono sbucati dal nulla!”
“Quella
curva fa schifo. L'abbiamo detto al Consiglio Comunale ma hanno fatto
orecchie da mercante. Stai bene?”
Dianna
si volta verso il ragazzo e lo guarda da capo a piedi. Due volte.
Carino. “Non mi sono fatta nulla...” borbotta pulendo i
jeans dall'erba. Solleva la manica per controllare il gomito che
sente dolere e i tatuaggi spiccano improvvisi sulla pelle candida.
“Mi sono sbucciata...”
“Quei
tatuaggi...”
La
ragazza tira giù la manica e si schiarisce la voce. “Uno
sbaglio di gioventù.”
“Jeremy,
è lei.” Elena la indica col dito e sposta lo sguardo su
Elijah. “E' il Terzo.”
***
Elena
succhia la sua aranciata dalla cannuccia e Jeremy continua a
fissarla, come se provenisse da un altro pianeta. Dianna slaccia il
primo pattino, lasciandolo cadere a terra con un tonfo e quando alza
la testa, ha il viso arrossato. “Dove sono i tuoi tatuaggi?”
“Sono
invisibili.”
“Ho
bisogno che li riporti su carta, in qualche modo. Sai disegnare?”
“L'ho
già fatto, li hanno presi”
“Chi
è stato?!”
“Klaus.
Tu non lo conosci...”
“Oh
dio...” Dianna si insacca nelle spalle e sospira, stringendo le
tempie. “Sento il Grande Occhio di tuo fratello puntato su di
me, in questo momento...”
“L'ha
già incontrato.” Jeremy sussurra alla sorella, indicando
la ragazza che sta infilando le scarpe estratte dallo zainetto che
aveva con se.
“Non
importa. Affronterò il viaggio nella terra di Mordor, ma tu
verrai con me, Smeagol. Quello voleva spolparmi la carne della ossa,
oggi pomeriggio. Non è salutare stuzzicare una donna in
sindrome premestruale. Quando avremo finito, implorerà pietà!”
esclama battendo il pugno sul tavolo. “Muahahahah!”
Elena
si china verso Elijah, sussurrando di farla ragionare. Il vampiro la
calma, con un gesto minuscolo che non passa inosservato alla
cacciatrice. “Se hai qualcosa da dire, dilla ad alta voce... ma
attento: se vuoi continuare ad uscire con le mie amiche, non dire
niente di sgradevole.”
“Non
mi interessano le tue amiche. Mi interessi tu.”
E'
suonato in quel modo solo a lei? Elena lo guarda, incuriosita.
“Non
ingaggiare giochetti mentali con Niklaus. Prendi i disegni e
vattene.”
“Li
deve tradurre, i disegni!” esclama, esausta. “Ti spiego
come funziona: ogni secolo compare un Cacciatore che ha il compito di
completare parte della mappa. Dopo averlo fatto, i tatuaggi
scompaiono. La mia parte è quasi conclusa, ci servono i
disegni del Quinto per andare avanti, ma se quest'idiota non fa
quello per cui è nato, dovremo sopprimerlo e cercare un altro
Cacciatore! Connor è morto e Jeremy ha preso il suo posto.
Siamo due nello stesso secolo! E' un'anomalia che non si verificherà
mai più, secondo le nostre streghe.”
“Perché
Klaus deve tradurre i disegni? Non può farlo qualcun altro?”
“Perché
è stato lui a cominciare tutto. E' la sua eredità.”
“Il
suo fardello” rettifica Elijah, pensoso. “E' stata nostra
madre...”
“Vostra
madre ha provato a rimediare all'abominio creato e lui l'ha
assassinata. Ha ucciso sua madre ed è giusto che ne
paghi le conseguenze. Resterà in vita finché la mappa
non sarà completa, troverà la cura e morirà.
Così doveva essere e così sarà.” Dianna
espira e tira su col naso. “Scusate, questa parte mi rattrista
sempre. Me lo immagino triste e solo, rinchiuso nella sua torre
oscura, circondato da cadaveri dissanguati a grattare le pareti come
un cane pazzo...”
“Fortuna
che non può sentirti” sussurra Elena risucchiando le
labbra. Elijah ride sotto i baffi ma non distoglie l'attenzione da
Dianna. “Nel mio ufficio.”
La
ragazza tira indietro la testa, mugugna e pesta i piedi
allontanandosi col vampiro in direzione del bagno. I due fratelli si
guardano, incuriositi e si pretendono sulle sedie per spiare meglio.
***
“Non
sbuffare.”
“Prrrr!”
“E
non fare le pernacchie. Smettila!”
Dianna
incrocia le braccia e alza gli occhi al cielo. “Perché
mi stai rompendo le palle?!”
“Appena
capirà cosa avete in mente per lui, si adopererà in
tutti i modi per farvela pagare.”
“Tesoro,
ha provato a fare lo stronzo come me e gli ho piantato una matita nel
collo. Non sono una sprovveduta, ho un sacco di tatuaggi che lo
dimostrano.”
“Ti
ammazzerà per il solo fatto d'aver respirato la sua stessa
aria.” Elijah sorride e Dianna scrolla una mano con una vecchia
regina. “Ma dai!”
“Certe
volte rimpiango non poterti soggiogare per accedere alla verità.”
“Io
non ti mento mai!”
E'
indignata ma c'è un'ombra in quella verità. “Sei
davvero pura e innocente come appari? No, riformulo la domanda: sei
davvero così stupida e squinternata ogni singolo giorno
dell'anno?!”
“Sono
come mi vedi” Dianna arrossisce e guarda l'omino disegnato
sulla porta. “Forse se avessi i capelli splendenti come queste
ragazze, la mia vita sarebbe diversa.”
“Tu
non hai il ragazzo perché ti vergogni a farti vedere nuda.”
“Ora
come ora potrei piacere solo ad un motociclista tatuato
birra-dipendente...” mugugna, imbronciata. “Esci con le
mie amiche tutte le sere, che ne sai tu, dell'astinenza sessuale? A
te basta guardare una negli occhi e bum, la stendi!”
“Non
l'ho mai fatto!”
Dianna
inclina la testa e lo guarda, colma di ironia.
“D'accordo...
nell'ultimo secolo molto meno.”
“Allora
mutismo e lasciami fare il mio lavoro. Ti dico forse come succhiare
meglio da una vena, io? Cerca di convincere il ragazzino a finire
quel che ha cominciato o trovate una strega per il trasbordo
dell'essenza in un altro beccamorto facilmente manipolabile. Voglio
tornare ad indossare il bikini!
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Capitolo 12 *** The Tenant ***
Via ai commenti, che
stamattina ho sonno... Cindernella: dove l'hai letto?! :) Klaus è
intoccabile come al solito, deve continuare l'opera di traduzione
fino alla fine dei secoli! La frase 'affronterò il viaggio
nella terra di Mordor, ma tu verrai con me, Smeagol', rivela che
Dianna si è spaventata alla reazione di Klaus e si illude che
la presenza di un altro cacciatore (Jeremy... ma viene da ridere solo
a me?!) lo possa 'intimorire' in qualche modo. La sciocchina pensava
di appioppargli la commissione, trovare il Quinto, spiegargli cosa
'fare da grande' e tornarsene a casa. Giulia_97: grazie!! volevo
fare una cosina un po' sexy e un po' tenera senza scadere nel volgare
^^ Reine Margot: e non lo so se 'sti due shippano, dipende tutto
da Dianna e dalla sua strana 'attrazione odio/amore' per Klaus... ^^
Rebekah e Stefan hanno un rapporto teso con punte di rilassatezza...
vedremo quanto durerà =) Poppococco: Elijah e Dianna hanno
un altro tipo di rapporto, sono compagnoni. Immagino più un
avvicinamento progressivo che uno strapparsi di vestiti come nel
Klaroline ;)
Cripta
dei Lockwood.
Agli
amici dovresti poter dire tutto, ma è pure vero che certe cose
non dovrebbero mai essere chieste.
“Devi
solo rimetterlo dove l'hai trovato.”
La
piccola elsa del pugnale non si è scaldata fra le mie mani e
quando April lo prende, rabbrividisce. Guarda prima la lama tagliente
e subito dopo i miei occhi. Le sfugge di mano e cade fra le foglie
morte e la sporcizia che imperversa nella cripta dei Lockwood. I
corpi sono stati portati via, ma non le bare.
“Ma
ti farò male...”
“Non
più di un buco alle orecchie.”
“A
me ha fatto un male noia...”
“Ho
una soglia del dolore molto alta.”
“Ma
perché...”
Perché.
Ci sono tanti perché e nessuna spiegazione accettabile, per
lei. “Non mi piace questo secolo. Se non vuoi farlo, troverò
qualcun altro.” Rivolgermi ad April è stata una cattiva
idea. Avrei dovuto scegliere Matt. Mi odia dopo la storia di Elena.
April guarda la bara aperta, guarda me, spaventata, e di nuovo
mormora quel perché che mi deprime. “Se ti
trovassi in una brutta situazione e ti dessero la possibilità
di dormire cento anni e di risvegliarti in un mondo migliore, tu lo
faresti?”
“Qualunque
sia il problema, ti aiuto io” mormora speranzosa.
E'
veramente dolce. Cerco di sorridere ma mi è esce solo una
smorfia.
“Ti
prometto che lo farò, ma tu pensaci altre ventiquattro ore.”
Fra
ventiquattro ore troverà un'altra scusa. Torno a casa e mi
accorgo che la macchina di Caroline è ancora parcheggiata
dall'altro lato della strada. Oh. Ma allora... oh. Rallento il passo,
incerta, e mi accorgo di una persona seduta sui gradini del portico
che non dovrebbe essere lì. Stefan non dovrebbe essere lì,
a far fuori il mio latte. Quando mi vede, schiocca le labbra e
riavvita il tappo. Poi sorride. “Sei stupita quanto me?”
“Di
più” ammetto sedendomi a poca distanza da lui.
“Sei
andata a nuotare?”
“No.”
“Hai
gli occhi rossi.”
“Non
ho dormito. Non pensavo fosse il caso di restare e ho girovagato un
po'” ammetto, abbracciando le gambe. “Hanno avuto tempo
per stare insieme. Ora vado dentro...”
“Te
la rischi?”
No,
non me la rischio. E a dirla tutta, la cosa mi mette a disagio.
Preferisco aspettare sotto il portico per altre tre o quattro... e
questa novità? Stefan mi circonda con il braccio e mi tira
verso di se. Faccio resistenza. “Non mi interessa più
fare pace con te.”
“Non
dovrei essere io a perdonarti di avermi abbandonato in mezzo ad una
muta di lupi mannari?”
Alzo
le spalle e mi scrollo il suo braccio di dosso. “Me ne vado
oggi, Stefan. Saluta Nik da parte mia.”
Lui
mi guarda, una gamba piegata e una distesa, l'espressione di chi non
ci crede veramente. Non ho bisogno dell'aiuto di April per fare
quello che devo fare. Ho avuto un attimo di vigliaccheria. Frugo
nella tasca dei jeans e infilo le istruzioni per Nik nella cassetta
della posta. E' come bucarsi le orecchie. Fa male solo per poco.
Casa
Mikealsohn
… come
gli amanti di un dipinto, nudi sopra le lenzuola...
Perché
la prima cosa che ti viene in mente dopo una notte del genere, è
sempre una stronzata? Forse perché siamo saturi della follia
commessa. Caroline è sveglia e mi sta studiando fra le
palpebre socchiuse. Ho fatto tutto quello che ha voluto, finché
ho potuto. Finché il suo respiro non è diventato troppo
corto e le sue richieste non sono svanite. Ho fatto tutto quello che
ho voluto, finché lei me l'ha lasciato fare. E niente è
stato troppo.
Mi
sollevo su un gomito e lei mi viene incontro, baciandomi con un certo
ardore. Dice piano che deve andare via. So che non vuole ma una nota
di ritardo alla fine dell'anno rovinerebbe la sua media perfetta.
Dice che deve andare via, che non ha molto tempo, ma si infila piano
sotto di me e il suo odore mi annebbia. La pelle si surriscalda e la
voce si spezzetta in piccoli gemiti. Mi vuoi, Caroline? Prendimi.
Devi tornare nel mondo, devi mostrare il tuo lato forte. Prendimi.
Decidi il ritmo, non ti costringo. Danza su di me. Le notti sono mie,
le mattine solo tue. Sei bella da ferire quando il tuo viso si
increspa di piacere.
Ti
accompagno alla porta perché voglio un altro bacio, sono
drogato dei tuoi baci e adoro il modo in cui mi guardi. Torno a letto
e mi sdraio sullo stomaco, fissando la poca luce che scivola sotto le
tende tirate. Non ci credo che è stata qui, afferro il suo
cuscino e ci infilo la faccia dentro. Io ti amo, Caroline, ma non
posso dirtelo e non posso dirlo ora che abbiamo fatto l'amore e ho
ancora l'impronta del tuo corpo addosso. Impiego un mucchio di tempo
a fare la doccia e mi chiedo se questo detergente ti piacerebbe o se
è troppo maschile per te. Altrettanto ne passo a rimuginare
sul colore delle lenzuola, se il bianco è troppo bianco o
l'azzurro deprimente. Se l'illuminazione è adeguata o se hai
bisogno di un certo tipo di musica per lasciarti andare. Mi rendo
conto che sono solo cazzate inventate dagli uomini per sedurre donne
che non gliela darebbero neppure sotto tortura e mi mando al diavolo
da solo. I resti della pizza sul bancone della cucina mi provocano un
brivido dritto... ehm! Ora mi ecciterò di fronte ad una
quattro stagioni per il resto della mia vita? “Bekah, hai
finito tu, il latte?!”
Rebekah
non risponde, la bottiglia del latte è vuota e la scorta
d'emergenza è in emergenza. Finisco di vestirmi e raccolgo le
chiavi della macchina. Vi ho mai detto che non ho bisogno di chiudere
la porta a chiave, da quando abito in questo posto? Raccolgo la posta
e la poso sul sedile del passeggero. Il biglietto non lo trovo
subito, ci metto un sacco di tempo per capirlo e non sono certo di
interpretarlo nel modo giusto. Quella ragazza mi rende un completo
idiota.
Mystic
Grill
If
I was a flower growing wild and free
All
I'd want is you to be my sweet honey bee.
C'era
un motivo per cui Elijah era pazzo di lei. Dopo secoli passati a
procurare sofferenza alle persone e a sistemare i casini di Klaus,
Dianna aveva sistemato i suoi. Come ogni vampiro che si rispetti,
aveva i suoi momenti di sconforto e di insonnia e se ne andava in
giro come un'anima in pena, scontroso e senza uno scopo nella vita.
La
prima volta che l'aveva vista, indossava una gonna di un verde
accecante e un golfino con le toppe colorate sui gomiti, i capelli
raccolti in una coda alta e canticchiava a bassa voce una canzoncina
straniera. L'esplosione di colori l'aveva accecato ed Elijah era
rimasto attonito a guardarla. Lei l'aveva saluto con un 'ciao,
vicino!' e gli aveva stretto la mano con forza mandandola su e
giù. Elijah aveva risposto con un mugolio, Dianna si era
scusata ed era schizzata via, saturando l'aria del pianerottolo di
arancia e qualcosa che gli ricordava l'infanzia perduta. Elijah aveva
sentito una crepa formarsi dentro e si era rinchiuso in casa per una
settimana.
If
you were the wood, I'd be the fire.
If
you were the love, I'd be the desire.
Due
settimane dopo, l'aveva raccolta da terra. Lei, la sua pianta, i
libri di Jules Verne della biblioteca comunale e i occhiali finti da
cui non si separava mai. Si era sbucciata una mano, scatenato la
bicicletta ma aveva continuato a schermirsi, imbarazzata e
sorridente. Quando pontificava sulle ingiustizie della società
moderna, sembrava uscita da un racconto di Zadie Smith, ascoltava
Kimya Dawson e Antsy Pants, si vestiva come Isabelle Adjani nel film
'The Tenant' e leggeva favole per bambini prima di andare a
dormire. Che fosse una cacciatrice di vampiri con una scorta di
paletti di quercia bianca sotto il letto, ci aveva messo un po' a
scoprirlo. Lei, invece, se n'era accorta subito e gliel'aveva detto
dritto in faccia, alla festa di Halloween, dopo l'inopportuno
commento sulle loro maschere.
“Non
si può chiedere ad un vampiro di vestirsi da vampiro, nella
notte di Ognissanti! Avete bisogno di una pausa anche voi, che
diamine! Vado a prendere una Coca Cola, ne vuoi una anche tu?”
Elijah
aveva declinato l'offerta, preoccupato. Era lui a doversi preoccupare
di non farla entrare in casa? Dianna era tornata a mani vuote e gli
aveva sussurrato all'orecchio che non l'avrebbe detto a nessuno, ma
che doveva smetterla con quel broncio, forse doveva stare di più
in mezzo ai vivi. E gli aveva presentato tutte le sue amiche. Tutte
matte come cavalli.
All
I want is you, will you stay with me?
Hold
me in your arms and sway me like the sea.
“Che
c'è?! Non ti piace la mia armonica?”
Elijah
scosse la testa e la guardò, prima di rivolgere la sua
attenzione alla coppia che si avvicinava a grandi passi al Mystic
Grill. Spiò i pochi avventori presenti nel locale a
quell'ora. Avevano tutti l'espressione rilassata e il cameriere alto
e biondo continuava a tenere il tempo con la testa, quando Dianna
suonava le sue scale. Elijah si accorse di battere il ritmo solo
quando Elena e Bonnie entrarono nel suo campo visivo. La scala si
concluse con un svolazzo e qualcuno applaudì. Dianna si
inchinò scherzosamente e rivolse un sorriso festoso alle
ragazze. Bonnie la fissò, prima di sedersi. “Mi avevano
detto che eri diversa dagli altri...”
“Tutti
sono diversi dagli altri. Sai che noia, se fossimo solo fotocopie.”
Una
risposta del genere era tipica di Dianna. Elijah si addossò
allo schienale, incrociando le braccia in atteggiamento di chiusura.
Di protezione, pensò mentre le ragazze confabulavano.
“Certo
che posso farlo. Qualunque cosa pur di rendere la vita di Klaus un
inferno. Ma dobbiamo parlarne di fronte a lui?”
“Sarò
l'unico a sopportarlo quando voi sarete morte” ricordò a
Bonnie con un filo di voce.
“Oh,
tesoro! Ti ucciderò molto prima. Puoi sempre contare sulla tua
amica festaiola!”
“Tu
pensi che io sia un abominio...”
“Però
carino. Pausa toilette!”
Bonnie
li seguì con lo sguardo finché non scomparirono dietro
il divisorio. “Perché vanno a parlare in bagno?”
Elena
si irrigidì e socchiuse le palpebre, abbassando la voce.
“Klaus è appena entrato. Muro di silenzio.”
Il
vampiro attraversò il locale senza accorgersi di loro. Sedette
ad un tavolino, ordinò un caffè e aprì le
bollette. Rilesse il bigliettino di Rebekah ed improvvisamente si
sentì osservato. Era paranoia? Klaus alzò lo sguardo e
le sorprese a fissarlo. Già lo sapevano?! Perché non
erano a scuola come Caroline?
Elena
trasalì, colta in fragrante reato e gli diede la schiena. “E'
strano” bisbigliò a fior di labbra.
“Sono
tutti strani per te, oggi” bisbigliò Bonnie di rimando.
“Il sesso ti ha offuscato. Hai fatto altre porcate col tuo sire
nella Stanza Rossa, sporcacciona?”
Elena
la frustò col tovagliolo e l'amica le fece la linguaccia,
tornando subito seria.
“Avete
visto mia sorella?”
Le
due ragazze singhiozzarono all'unisono e Klaus picchiettò le
bollette nel palmo della mano. “Ma non dovreste essere a
scuola?”
Elena
inclinò la testa, sgranando gli occhi. Bonnie decise che sì,
era strano. “A quelli dell'ultimo anno è permesso uscire
per pranzo.”
Quindi
Caroline lo stava evitando. Bene, pensò raccogliendo
l'armonica da bocca. Ci soffiò dentro e le note presero
improvvisamente vita.
***
“Ti
sei adombrato. Sono empatica, percepisco tutti i tuoi malumori... e
chi sta suonando la mia armonica?!” Dianna marciò fuori
dal bagno con espressione battagliera. Chi sta riempiendo di
saliva... hai capito, il vampiro! “Sai solo suonare... o sai
anche sparare?” recitò picchiando le scarpe da
ginnastica a terra e mimando la camminata di un cowboy strafottente.
Klaus
interruppe il lungo monologo sonoro e la guardò, ammirato.
“Aspettavi me?”
“Da
molto tempo” recitò alzando il mento e ficcando i
pollici nei passanti dei jeans. “Ehi, sei bravo davvero!”
Klaus
posò l'armonica sul tavolo, ignorandola. Le endorfine da
buonumore stavano portandolo a rispondere a quel sorriso. “Elijah,
hai visto Rebekah?”
“Vado
a cercarla.”
Dianna
si scurì quando si rese conto che gli aveva fornito la scusa
per fuggire. “Un aiuto dalla regia, tu che sei suo fratello?
Che vuol dire quando smette di favellare senza una ragione?”
“La
gente come lui ha dentro qualcosa, qualcosa che sa di morte. Quello
lì, se è ancora vivo, entra da quella porta, piglia la
sua roba e dice addio.” Klaus
le afferrò la mano e ne baciò il dorso, con un
sardonico inchino. “Io invece resterei, se potessi.”
Dianna
lo fissò, attonita. “Aspetta un attimo...”
“Non
ho tempo!” esclamò dandole le spalle e gettando
un'ultima occhiata ad Elena. “Meriteresti di meglio.”
“L'ultimo
che me l'ha detto è sepolto là fuori.”
L'ha
visto anche lei, quel film. Klaus sghignazzò correndo dietro
al fratello con la sua andatura nervosa e veloce. Gli era tornato in
mente qualcosa accaduto molto tempo prima, in una notte di luna
piena, sul tetto di una vecchia abitazione. Come si chiamava, la
ragazzina grassa? Hanna?
Cripta
dei Lockwood
Rebekah
continua a giocare col pugnale per non portare a termine quel che si
è prefissata. Non la obbliga nessuno, ma è la soluzione
più veloce e indolore. Fra cento anni sarà tutto
diverso, pensa spingendo il polpastrello contro la punta. E se avrà
fortuna, ci sarà stata una seconda glaciazione. O una
guerra atomica.
“Se
ci stai ancora pensando, non vuoi farlo davvero.”
April,
brutta traditrice! Rebekah ficca il pugnale nel terreno e fissa lo
sguardo su Stefan. “E' proprio vero: trattali male e correranno
da te! Perché non mi lasci in pace?”
“Perché
non è la soluzione.”
“Tu
cosa ne sai di me?!” esclama allargando le braccia con
espressione incredula. “Io non ho nessun problema. Non mi piace
stare qui e non mi piace questo secolo! E' tutto fuori forma, fuori
tempo... il traffico, Internet, il bancomat che ti mangia la carta...
quell'assurda regola di non bere da sola dopo le dieci di sera...”
Rebekah sospira e lascia penzolare le mani fra le cosce. “Posso
avere un po' di intimità, ti dispiace?”
“Sì.”
Stefan si appoggia al muro scrostato ed invaso da piante rampicanti e
scuote la testa. “Ho sempre voluto guardare negli occhi un
suicida.”
“Fa
come ti pare. Chiudi la bara quando te ne vai” sospira
slacciando la giacchetta sul torace. L'ha visto fare nei film di
samurai. Rebekah aggiusta la mira e lo guarda con espressione
annoiata. Gli strizza l'occhio e si accorge che è più
difficile farlo da sola. O la va o la spacca, come dice
sempre... ma che cavolo è, quel rumore?! Chi sta scendendo le
scale?
“Ah,
voleva dire questo, il biglietto!” Klaus elimina una pianta
rampicante che gli sfiora i capelli e alza le spalle. “Fa come
ti pare, la vita è la tua.”
“E'
vita, questa?!”
Klaus
alza gli occhi al cielo e sospira, occhieggiando Stefan.
“Sono
un innocente spettatore” si difende senza abbandonare la sua
posizione. “E qualcuno deve chiudere la bara, dopo... sai....”
“Visto
che ci sei, da anche una sistemata. Ogni volta che entro qua dentro,
inciampo sui resti.”
“Zi,
bwana. Dove volere che io sgarigare balla di godone?”
Stronzi!
Rebekah getta il pugnale a terra, scocca un'occhiataccia ad entrambi
e fugge dalla cripta. Appena è lontana, le risatine cessano.
Klaus intasca il pugnale e guarda Stefan, pieno di dubbi. “Sto
sbagliando qualcosa?”
“No”
sospira pensieroso. “Sto sbagliando io.”
Dianna
suona All I Want Is You di Barry L. Polisar (Film Juno) Le
citazioni in corsivo sono prese dal film C'era
una volta il West. Klaus si diletta con questa versione (
http://www.youtube.com/watch?v=CecyX_f_rtM) dal minuto 3:25 in poi
|
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Capitolo 13 *** La trappola ***
Via
alla demenza... i commenti nel prox capitolo!
Casa
Forbes
Caroline
si era trattenuta. Sapeva per esperienza che affogare nelle
ossessioni e abbuffarsi di sesso&sentimento ti lasciava
spesso col culo per terra. Perciò, voleva andarci cauta. Tanto
cauta. Talmente cauta che era impegnatissima ad aspettare una
telefonata del Presidente o un piccione viaggiatore direttamente
dallo scorso secolo. Non avrebbe ceduto per prima. Avrebbe fatto
l'adulta... oh, oh, il campanello! Caroline si precipitò
ad aprire e restò delusa per cinque secondi. Poi si vergognò.
“Non capita spesso che un Salvatore bussi alla mia porta...”
“Sei
impegnata?”
“Per
te sono sempre libera. Vuoi entrare?”
“Vorrei
fare una passeggiata.”
Caroline
annuisce, afferra le chiavi di casa dalla ciotola di legno e si
chiude la porta alle spalle. La giornata sta finendo e di Klaus
neppure l'ombra. Eppure, non era uscita a pranzo con le ragazze per
non incontrarlo. Voleva stare sola, magari affrontare Tyler –
si era guardato bene dal presentarsi a scuola, il verme! - e
dirgli una volta per tutte che era sempre stata fedele. Anche se
considerava il bacio l'anticamera del tradimento, era certa ci
sarebbe voluto più tempo per deporre
le armi. La loro attrazione sarebbe potuta rimanere in
stand by per mesi, ma quella minaccia improvvisa aveva accelerato le
cose. Aveva ragione Stefan, di fronte al pericolo aveva reagito in
maniera istintiva e quello 'scappa, idiota!', era suonato ad
entrambi come un 'ci tengo a te'. Tyler le aveva rovesciato
addosso una montagna di accuse false e il suo corpo aveva detto
basta. Esattamente come aveva predetto Elena. Forse doveva
ascoltarli di più e magari smetterla di giudicare la sua
amica. Erano tutti colpevoli di qualcosa – Klaus più di
altri – e alla fine erano tutti fragili sullo stesso lato che
Klaus non aveva esitato a mostrarle. Ci aveva sguazzato, nella sua
dolcezza. Se n'era riempita le mani e sì, l'aveva usato,
all'inizio. Non era intimorito dalla sua forza; aveva giocato con
lei, le aveva cavato fuori la paura di non potersi appoggiare a
nessuno, le aveva sbattuto in faccia le sue debolezze senza tradurle
in difetti e l'aveva fatta sentire al sicuro. E pensare che il loro
primo bacio era stato un completo fallimento. Niente male davvero!
“Stef...”
“Lo
so.”
Caroline
arrossisce e alza il mento, ferma in mezzo al giardino. “Te
l'ha detto lui?”
“Nik
non parla dei suoi affari privati. Ho visto la macchina, stamattina.”
“Non
sono sicura di voler spargere la notizia. Non voglio mentire ai miei
amici... però...” Caroline s'interrompe, intimidita.
“Tyler va dicendo in giro cose non vere...”
“E'
arrabbiato, gli passerà.”
Sì...
prima o poi. “Il tuo problema?”
“Non
riesco a dire ad una ragazza che ho voglia di passare del tempo con
lei.”
“Uh!
Hai sublimato?”
“Non
è un rimpiazzo.”
“La
conosco?”
“E'
Rebekah.”
E
glielo diceva così, senza neppure prepararla alla botta?!
Caroline tace ma si morde le labbra per non aggredirlo verbalmente.
Niente giudizi. Neppure uno. “Cosa ti piace di lei?”
“Potrei
farti la stessa domanda. Sapresti rispondermi?”
Lei,
figurarsi. Ce l'aveva ancora addosso, stampato come un francobollo.
“Posso dirti cosa mi spaventa. Arrivare al sesso è
facile, è quello che succede dopo che... non prendermi in
giro, ma l'idea che sia finita così...”
“Non
ti fa respirare” conclude con un lungo sguardo consapevole.
“Bex non mi fa respirare...”
Stanza
13, Car Park Motel
Se
lo porta sempre appresso, l'identikit. Dianna spiana i fogli sul
letto rifatto e li dispone uno accanto all'altro. Avere tanti amici
ti arricchisce la vita, se poi sono diplomati all'Accademia delle
Belle Arti, è ancora meglio. In base ai frammenti dei ricordi,
è riuscita a dare un volto a Chris. Forse ricorda male. Forse
i capelli sono meno lunghi e il mento meno appuntito. Apre un
fascicoletto e altri fogli cadono a terra, assieme a polvere di
stelle rossa e un paio di coriandoli della festa di Carnevale
dell'anno precedente. Scartabella i files stampati e si rende conto
che Elijah ha ragione, è troppo distratta. Guarda tu che
somiglianza col tipo dai capelli lunghi del ritratto del tardo
ottocento... occappero! Dianna porta le mani alla bocca e si
rifiuta di credere che sia vero.
Casa
Mikealsohn
“Che
vuoi, ragazza stramba?”
Dianna
vorrebbe sgozzarlo. Ecco, cosa vorrebbe. E' di malumore da quando i
sogni di rivedere Chris sono andati in fumo. “Hai capito
qualcosa di quei disegni?”
“Ci
sto lavorando.”
“Ehi,
ciao!”
“'ao...”
“Brutta
serata?”
Rebekah
alza le spalle e spinge il cuscino sotto la gola. Gioca con la punta
dei capelli e li annoda su se stessi più e più volte.
Anche
lei stava così, quando il suo ex l'ha mollata. Dianna tira
indietro i capelli, risistemando il cerchietto rosso. “Cioccolata
calda?”
“Non
sono una bambina.”
“Non
devi avere cinque anni per bere la cioccolata calda” la
rimprovera posando i gomiti sulla testiera del divano e puntando le
mani sotto il mento.
“'k...”
“Dov'è,
la cucina?”
La
vampira stende il braccio in una direzione che le sembra casuale.
“Prima
porta a destra” rettifica il padron di casa disponendo un
foglio sull'altro. Klaus ha deciso di avere pazienza: Rebekah ha
bisogno della sua presenza, altrimenti se ne starebbe rintanata in
camera con le cuffie nelle orecchie. E' terribile che un'adulta di
novecento e passa anni si comporti come un adolescente di quattordici
anni, pensa guardandola apertamente. Sta morendo di ignavia.
Dianna
torce il collo in due direzioni e si alza sulla punta dei piedi.
Klaus ha riportato tutto su carta semitrasparente. Ehi, che
lavoretto! “Non si capisce niente. Manca l'angolo in alto a
destra...”
“...
e manca tutta la parte inferiore.”
Klaus
la guarda, in quel momento. La guarda dritto negli occhi e poi si
sposta sul volto, accigliato. “Potresti ammazzarlo un vampiro,
ogni tanto. Dobbiamo completare la tua metà.”
“Niente
di più facile, resta fermo.”
“Non
fa ridere.”
“Tanto
più che non posso ucciderti.”
“Eh
no. Non avresti più uno scopo nella vita.”
“Non
sei la mia priorità, vampiro.”
Qual
erano, le sue priorità? Raccogliere fiori di campo e
saltellare nel tramonto, mano nella mano col grande amore? “Non
ti è stato affidato un compito, donna?” Klaus la segue,
per tenerla d'occhio. Non gli piace, ma non ha alcun motivo per non
piacergli. E' una bella ragazza, gli ha procurato lavoro in un
momento di 'bassa' e sembra ci capisca qualcosa di psicologia
femminile. Può tornare utile.
“Che
ha, tua sorella?”
Appunto.
“Problemi esistenziali.”
“Soffrite
di depressione, in famiglia?” domanda pescandolo pentolino e
cioccolata dalla credenza.
“Quale
problema ti viene, se vivi così a lungo.”
“Fossi
in lei, sarei contenta. Avrei più tempo per fare quello che
amo” sussurra distratta, cercando di calcolare le giuste
quantità ad occhio e croce.
“Uccidere
vampiri?”
“Insegnare
ai bambini!” esclama con tono di rimprovero. “Voi non
contate niente nella mia vita.”
“E'
un lavoro par time?”
“Verticale.”
Dianna
sorride e gli strizza l'occhio. Klaus gratta un angolo della bocca
per non darle la soddisfazione di aver apprezzato la battuta. “Il
motivo della visita?”
“Il
ragazzino fa resistenza e non voglio passare il resto della mia vita
ad aspettare che si decida a completare la sua mappa. Hai parlato di
un tipo abituato ad ammazzare la gente. Trasportiamo l'essenza del
cacciatore dentro di lui e scateniamo il mastino della guerra.”
Oh,
il ritorno dello Squartatore! Klaus sospira, ripensando ai vecchi
tempi. “Stefan è sanguinario e perde facilmente il
controllo. Uccide per il puro gusto di farlo... è perfetto.”
Ora
sorride come se fosse il suo compleanno e avesse ricevuto una
montagna di regali. Dianna versa la cioccolata in due tazze e lo
guarda, ironica. “Siete grandi amici, eh?”
“Naa,
mi odia. E la cioccolata?”
“La
cioccolata è solo per chi si comporta bene e non minaccia di
spolpare la carne dalle ossa altrui!” dichiara con un'occhiata
di sufficienza abbassando il braccio quando Klaus cerca di
impossessarsi della tazza. “Come si chiama, tua sorella?”
Casa
Forbes
Gli
stavano facendo uscire il sangue dalle orecchie, quelle due, e la
voglia di rivedere Caroline lo faceva ballare sulle gambe. Si era
ritrovato a tirar sassolini alla sua finestra, quando Caroline
disponeva di un campanello perfettamente funzionante. Perché?
Perché era romantico e poteva anche farla, la figura
dell'idiota. Caroline gli aveva sorriso e quando era sgusciata dalla
porta di servizio, era sembrata sollevata di vederlo. Aveva sentito
il suo sospiro durante l'abbraccio, e la tensione dei muscoli mentre
lo stringeva. E Klaus aveva deciso 'niente sesso', quella sera. Non
si sarebbero incontrati solo di notte come amanti clandestini.
L'aveva presa per mano e condotta a fare una passeggiata. Caroline
gli aveva passato il braccio attorno alla vita. Il predatore dentro
di lui l'aveva insultato per la decisione presa, e spesso Caroline lo
sentiva approfondire i baci come se volesse divorarla. Ci era
cascata, come una stupida. Se si fosse presentato solo per 'quel
motivo', le avrebbe dato la scusa per 'tenerlo a distanza'. Sapeva
giocare, il bastardo.
“Te
la senti di affrontare il pubblico ludibrio e di uscire con me,
domani sera?”
“Come
una coppia?” Caroline lo fissa, chiedendosi se fa sul serio...
“fai sul serio?”
Klaus
annuisce e si avvicina, indurendo la mascella. “Carol...”
“Sì.”
Sì,
cosa? Dove lo portava?
***
Resta
finché vuoi. Finché tua madre non torna a casa,
pensa ciondolando in strada. Klaus sospira e guarda la luna che sta
calando. E' una nottata fresca, deve chiudere il giubbotto per non
rabbrividire ma è così rilassato che non fa caso alle
piccole cose. Spera ardentemente che quella stramboide sia tornata a
casa sua. Dianna lo mette a disagio. Sempre lì a fissarlo,
sempre sul punto di chiedergli qualcosa di orribile. Tipo adottare
una cucciolata di volpini di Pomerania. E' disdicevole pensare ad
un'altra quando sei appena uscito dal letto della tua ragazza?
Anche i dubbi cretini, ora? Dovrebbe concentrarsi solo su Caroline,
non...
Il
sangue è una scia sottile che si infila nelle narici e
all'inizio Klaus non ci fa caso, poi l'odore si espande e una nuvola
rossa cala di fronte agli occhi. La segue, ipnotizzato. Non è
sangue animale, ma umano. È tratti è liquido e leggero,
troppe volte risalta corrotto e marcio. Rabbrividisce fin nelle ossa
e le gambe cambiano direzione. Sente dei
gemiti, dei fruscii e non capisce, non capisce finché non la
vede. Klaus non ha mai fatto caso a quanti vampiri vivano a Mystic
Falls. Dianna ne ha scovati due e ci sta giocando.
Klaus resta nascosto e la osserva. E' veloce davvero e domattina avrà
due tatuaggi in più a completare il disegno. Quando uccide
l'ultimo, si avvicina e si accorge che sta piagnucolando. L'odore di
sangue è penetrante e Klaus si servirebbe volentieri del corpi
straziati ma le vittime le preferisce vive ed agitate. Hanno più
sapore. E' come bollire viva un'aragosta. Dianna
struscia una mano sotto gli occhi e lo guarda, rapace. Per un attimo,
una fitta di desiderio gli attraversa il ventre. Poi, di nuovo il
disgusto.
“Ah,
sei tu. Hai preso il gelato?”
Ora
l'odore è insopportabile. Klaus si ritrae, infastidito.
“Che
c'è, ti disturba la vista?”
Fa
anche la sarcastica oltre ad avere un odore nauseabondo?
“Aiutami
a nasconderli.”
“Non
ti avvicinare a me, stai andando in putrefazione.”
Dianna
ammutolisce e lo fissa, attonita. “Sei una persona orribile!”
“Non
metterti a piangere” l'avvisa, seccato. Ma quella sindrome
premestruale non finisce mai? Klaus assottiglia le palpebre e la
guarda, allontanandosi di un passo. La verità, puttana come
sempre. “Tu non vai a cercarli. Aspetti che vengano da te,
attirati dall'odore di sangue.”
“Lavoro
solo cinque giorni al mese, allora? La mattina insegno, non posso
andarmene in giro tutte le notti. I bambini assorbono un sacco di
energie e mi piace dormire!”
“Sagace.
Hai trovato il modo di sfruttare un evento naturalmente fastidioso
per la maggior parte degli uomini, trasformandolo in una trappola
sessuale per vampiri.”
“Non
parlare del mio ciclo!” sbotta, indignata.
“Ma
è ammirevole. Sono affascinato, dico sul serio!”
“Stai
ghignando” sibila, acida. “Indovina chi mi aiuterà
a disegnare il nuovo tatoo?”
“Fra
qualche giorno, eh...”
Dianna
sorride, maliziosa. “Oh, non credo proprio, tesoro.”
Casa
Mikealsohn
Sapevo
che la punizione sarebbe giunta, ma non pensavo nelle vesti colorate
di una femminella mestruata dall'odore insopportabile. Mi sta venendo
mal di testa! Chiunque abbia riportato su carta i suoi tatuaggi,
dovrebbe essere frustato a sangue e cosparso di sale. La maggior
parte sono incompleti o sbagliati. Sembra siano stati corrotti
appositamente per combaciare con gli altri. “Tira su i
capelli.”
Dianna
obbedisce e li lega con tante mollettine colorate. Con quel
cerchietto rosso in testa e i tatuaggi, sembra uscita dal sito di
Suicide Girls. Se non
fossi nauseato, sarebbe una bella vista. “Pausa.”
“Ne
hai fatta una dieci minuti fa! Di questo passo, finirà il
secolo.”
“Io
non ho fretta!” sbotto, avvicinandomi alla finestra. L'aria
fresca che invade la stanza fa rabbrividire Dianna provocandole la
pelle d'oca lungo la schiena. Caroline è meravigliosa e
bellissima, ma questa ragazza ha qualcosa...
“Quando
si uccide un vampiro Antico, tutta la sua linea di sangue muore con
lui. E' come fare strike con un colpo solo. Hai un parente antipatico
che possiamo sacrificare al piccolo Jeremy?”
Kol,
penso occhieggiandola da sopra la spalla. “Se ti procuro il
vampiro, ti togli dai piedi subito?”
“Vedremo.
Ora torna al lavoro.”
“Fra
qualche giorno ti pentirai di avermi stuzzicato” l'avviso
riprendendo il blocco e la matita.
“Ehi,
chiudi la finestra!”
“Non
soffrirò solo in questo viaggio, donna.”
***
E
quell'odore nauseante?! Avevano lasciato marcire il sangue della
scorta d'emergenza?! Stefan
coprì il naso col braccio ed esitò a suonare il
campanello. All'inizio ti
attirava e quando capivi che era sbagliato,
l'emicrania ti aveva già steso. Era lo stesso odore che
permeava un cimitero di cadaveri smembrati e lasciati all'aria per
giorni. Rebekah spalancò la porta in quel momento, finendogli
addosso. Aveva gli occhi vacui e lucidi e respirava a malapena.
“Stef...”
“Che
sta facendo Klaus, là dentro?!” esclamò
allontanandosi insieme alla ragazza. “E' terribile, fa venire
voglia...”
“...
di uccidersi per non sentirlo più. Non so come faccia a
resistere” bisbiglia prendendo grandi boccate d'aria. “E'
quella ragazza, Dianna...”
“Mandatela
via! Rinchiudetela nello scantinato!” sbotta perdendo il
controllo. “Sta attirando tutti i vampiri di Mystic Falls!”
“Lo
so, li vedo girare attorno alla casa da ore.” Rebekah si guarda
attorno, perplessa. “Ho sentito un certo discorso e penso tu ne
debba essere messo al corrente. Stanno tramando per trasferire
l'essenza del cacciatore dentro di te. Bonnie si occuperebbe del
trasbordo, come l'ha
chiamato lei...”
“Posso
farlo.”
Tutto
per non far piangere Elena, pensò con una smorfietta. “Ok,
allora andiamo dalla strega e organizziamo la cosa.”
“Dopo.
Sono venuto per te.”
“Oh...”
“Ti
va di uscire con me, stasera?”
Rebekah
batte le palpebre e lancia un'occhiata alla casa. “Ti va se
anticipiamo l'appuntamento?”
Stefan
segue il suo sguardo e annuisce, deciso. “Togliamoci di qui.”
“Non
proporre cene, sto per vomitare... o per mettermi a piangere, non ho
ancora deciso come perdere il controllo” mormora rendendosi
conto che Stefan la sta tenendo per mano. Non dice niente e stringe
le dita nelle sue. “Dove andiamo?”
“Metti
il casco.”
Il
casco. Niente macchina? Niente bici? Rebekah indossa il casco e sale
sulla Vespa lucida di Stefan. “Molto Vacanze Romane.”
“Ci
sei mai stata, a Roma?”
“No.”
“Andiamo.”
“Col
motorino?!”
Non
ha bisogno di voltarsi per capire che sta sorridendo. “Perché
no?”
|
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Capitolo 14 *** Confini ***
Tutte di parte, eh?!
:D Lasciatemi fare il mio lavoro! Kannuki sa chi deve fare cosa, con
chi e quando! Ogni 'cooosa??!' e 'perchè!!!' avrà la
sua risposta! =D Buona lettura!
Stanza
13, Car Park Motel
“Ehi,
che buon odore! Biscotti?”
Prima
o poi capirò se prende per il culo o meno. Lavorare,
sopportare i mugugni di Klaus e fare gli straordinari con l'ironia
per non mostrare il mio imbarazzo nel farmi ritrarre senza neanche un
Cuore dell'Oceano attorno al collo, mi devasta. Seriamente,
come fa Elijah a starmi vicino senza diventare verde? Funziona con
tutti i vampiri tranne che con lui? L'olfatto è
bruciato con i secoli? “Sua Maestà non riceve visite,
stasera” annuncio stravaccata sul letto a leggere una rivista.
“Ti
ho portato una cosa.”
Il
gelato?
Elijah
brandisce un altro paio di occhiali finti e me li infila. “I
bambini non ti avrebbero riconosciuto senza.”
“E
il gelato?”
“E
il gelato” sussurra sfilando dalla tasca una confezione di
Häagen-Dazs alla vaniglia e noci Macadamia caramellate.
La salivazione sale a bestia, scatto in avanti per rubargli il
vasetto, lui gira le braccia dietro la schiena e sghignazza,
guardando il soffitto. Te la faccio vedere io! Rido stupidamente e lo
avvolgo in una presa da wrestling che non sortisce molto
effetto quando si lascia cadere all'indietro e mi ritrovo soffocata.
Ridiamo entrambi, ognuno a modo suo.
“Sei
pesanteee!”
“Non
sento. C'è una cosa fastidiosa.... no, il solletico no!”
Ah,
ora ci siamo! Mi siedo sul suo stomaco e gli strappo il barattolino
dalle mani, tenendolo alto sopra la mia testa. Elijah da uno
strattone e mi cade il cucchiaino di mano. Lo mangio anche col dito,
cosa crede?! “Assaggia, è buonissimo!”
“Non
lo metto quel dito in bocca, chissà dov'è stato... no!”
Una
bella sporcata al naso così impara a fare il malizioso!
“Sei
peggiore dei bambini a cui insegni” borbotta tirandolo via con
l'indice e portandolo alla bocca.
“Ne
ho sorpreso uno a mangiare la colla” biascico con la bocca
piena di saliva. Raccolgo il cucchiaino di plastica finito vicino al
cuscino, e do il via alla grande opera di sterminio. “Tua
sorella è depressa” annuncio masticando un pezzetto di
noce “e tuo fratello ha un problema di fiducia.”
“Il
pensiero non fa dormire neanche te?” domanda allegro,
sdraiandosi sullo stomaco e sfogliando la mia rivista. Carico un bel
po' di gelato e faccio l'aeroplanino con un 'ahhhhh' che sorvola lo
spazio fra noi. Elijah sospira e si concentra sulla rubrica di
fitness, ignorandomi. “Uh, senti questa!” sbotto
ingurgitando una gran quantità di vaniglia. “Sembra che
la maggior parte dei disegni sia sbagliata e tuo fratello debba
rifarli da capo, ma non riesce a starmi vicino e ha quasi vomitato!
Era del colore del latte scaduto, sai quel bel bianco virato al
verdognolo...” rido e mi fa male la pancia, ma è troppo
divertente per non raccontarla. “Dovevi vederlo! Quando ho
sfilato i pantaloni, si è quasi messo a piangere!”
Elijah
mi guarda con l'occhio dell'Inquisitore. E quella vena? Ma si sta
gonfiando?
“Ti
vergogni a farti vedere nuda e ti sei spogliata di fronte a lui?!”
Alzo
le spalle, ficcando il cucchiaino in bocca. “E' un artista! Non
vede donne nude, solo forme. Ha odiato ogni singolo minuto del tempo
passato insieme... ehi, ma è venerdì... e il tuo
appuntamento con Trixie?”
Elijah
continua a fissarmi con l'intento di squagliarmi la testa. “Quando
ha provato a farti fuori, ti ha mandato un messaggio ben preciso.
Seguilo.”
“Naaa!
Era solo una dimostrazione di forza. Si fa quando qualcuno più
forte di te invade il tuo territorio...” mugugno per niente
preoccupata. “Va tutto bene, rilassati. Sono ancora viva.”
Elijah
espira e volta un'altra pagina. “Inusuale” ammette,
guardandomi in maniera strana. “Nonono! Mi cade il
gelato!” urlo nel suo orecchio quando mi 'aggredisce'. Quando
l'ho conosciuto era ombroso e guastafeste, come ha fatto a
raggiungere un simile livello di idiozia? Cerco di disincastrarmi
dall'intrico di braccia e gambe, i capelli mi vanno in bocca e gli
occhiali scivolano per terra. “Mi soffochi!” rido
cercando di colpirlo con la nuca sul naso. Soffio via i capelli che
continuano a ricadere sugli occhi, Elijah li tira indietro usando
un'inusuale delicatezza e mi volta dolcemente. Le ossa si sciolgono
tutte insieme, riducendomi ad un mucchietto informe. Un istante di
pausa e parte la pubblicità nella mia testa.
“Non
voglio seppellire il tuo cadavere, ok?”
“A-ah...”
sussurro con cuore che batte come il percussionista di una band
metal.
Elijah
mi bacia sulla tempia e forse è solo la mia impressione, ma
esita a lasciarmi andare. Mi sa che dobbiamo rivedere i confini di
quest'amicizia. Quando mi saluta, passo una ciocca di capelli dietro
l'orecchio e faccio un cenno di saluto con la mano. Ricapitoliamo per
amor di chiarezza: ci conosciamo da due anni, io gli racconto i miei
problemi e lui esce con le mie amiche. Esce con tutte le mie
amiche. Tutte, nessuna esclusa.
Mystic
Grill, la mattina dopo
“Tu
mi hai usato!”
Chi
rompe le palle a quest'ora del giorno? Tiro indietro la testa e il
cappuccio dai capelli, raddrizzando gli occhiali. E' mattina, ho fame
e una gran voglia di tornare ad appoggiare la testa sul tavolo. Il
lupastro che ci ha condotto a Mystic Falls. Cosa vuole, delle scuse?
“Sì, allora?” Tyler – Tyler, giusto? - mi
guarda a bocca aperta. Forse non si aspettava la risposta. “L'ufficio
reclami è chiuso, oggi. Ripassa un'altra volta.”
“Mi
sono fidato di te...”
“...
e hai fatto male!” rantolo, alzandomi in piedi. “Senti,
coso: quel che cura i vampiri, cura anche te. Klaus sta facendo tutto
il lavoro, devi solo restare seduto ad aspettare che il piatto sia
pronto. Qual è, il problema?!”
“Lo
voglio morto!”
“Sono
cazzi tuoi!” rantolo con la voce roca che stento a riconoscere
come mia. Di solito non dico parolacce. Davvero, sono una brava
ragazza! Stare qui mi rovina l'umore e non capire che sta succedendo
fra me e Elijah, mi stressa da morire. “Se ti rode perché
ti ha fregato la ragazza, va da lui e fate a pugni.”
Tyler
mi guarda come... ops. Solo lui non lo sa? Piombo a sedere e afferro
la tazza di te, scaricandoci dentro un po' di zucchero. “Scusa.”
Tyler
scolpisce la sedia davanti al me con un piede quando si volta. Non
l'ha fatto apposta, ma è fuori di se. Non è che ho
causato un guaio a quella ragazza? “Il conto, per favore.”
Casa
Mikealsohn
“Resta
dove sei!”
Eh,
ma perché tutti urlano stamattina? “Sta a sentire,
vampiro...” soffio muovendo una mano in aria. “Ho già
avuto uno scontro con un licantropo incazzato e dio solo sa quanto mi
stressano quei cagnacci randagi pieni di testosterone...” Klaus
mi guarda con la sua solita aria odiosa ma appena capisce di chi sto
parlando, alza un sopracciglio. “Potrei aver parlato troppo.”
“Troppo
quanto?”
“Gli
ho detto di... Éowyn.”
“Caroline”
rettifica. “Detto cosa?”
“Che
state insieme. Scusa.”
La
porta si apre di più e la biondina mette la testa fuori, gli
occhi di due taglie più grandi del normali.
“Scusa”
ripeto. Certo che è bella. E' luminosa e non credo sia
merito della crema idratante. “Sentite, io devo tornare a
lavoro. Il mio lavoro principale! Dov'è la strega e dov'è
il prescelto?”
“Prescelto?”
Caroline sussurra a bassa voce nell'orecchio di Klaus. “Cosa mi
sono persa?”
“Il
piccoletto non vuole uccidere vampiri e noi abbiamo un vampiro a cui
non piace fare altro. Trasportiamo l'essenza del Cacciatore da uno
all'altro, così sono tutti felici e contenti” spiego
velocemente, accompagnando il discorso con un gesto delle mani.
“Devo tornare a casa. Vi prego, non resisto più in
questo posto assurdo!
“Te
l'ho detto che Mystic Falls non piace a nessuno.” Caroline
sgomita leggermente Klaus che continua a fissarmi sperando che mi
disintegri in loco. “Scusate, ho passato la nottata in
bianco...”
“Tu
ti scusi troppo.”
Pure
la ramanzina dal vampiro stronzo! “Si chiama educazione,
qualcosa che nessuno ti ha mai insegnato!”
Caroline
saetta lo sguardo fra noi, me ne accorgo con la coda dell'occhio
visto che sono impegnata a sfidare la linguaccia di Klaus. Perché
non ti ricordi di me?
***
“Frena...
piano, brava...”
La
Vespa si ferma con un piccolo saltello e Rebekah mette i piedi
per terra, emozionata. Sorride con tutta la faccia, ultra
soddisfatta. Il casco di Stefan batte lievemente contro il suo quando
smonta, e lei lo guarda come se le avesse fatto il più bel
regalo della sua vita. “Posso fare un altro giro?”
“Abbiamo
finito la benzina.”
“Oh...”
borbotta stringendo il manubrio fra le mani e accarezzando la vernice
lucida. “Che peccato...”
“Facciamo
così: te lo lascio usare quando vuoi...”
Rebekah
allarga gli occhi, sorpresa e risucchia il labbro superiore,
sorridendo.
“...
ma in cambio voglio una cosa.”
La
ragazza si toglie il casco e vi scivola le mani sopra, come se avesse
paura di romperlo.
“L'anello
di Willbourgh. Non puoi vivere legata al passato.”
Rebekah
passa la mano fra i capelli scompigliati sul collo e li risistema,
senza dire una parola.
“Guarda
cosa hai fatto in questi giorni.” Stefan si appoggia al
manubrio e Rebekah lo guarda, silenziosa. “Ora sai nuotare,
andare in bicicletta e condurre un motore a due tempi. Non è
poco.”
“A
me non sembra un granché.”
“Posso
dirti il numero esatto dei motori fusi e/o ingolfati da Klaus mentre
cercava di capire il funzionamento del freno e della frizione.”
Rebekah
sorride e Stefan ammicca, facendole cenno di scendere. “Le
ragazze in moto sono sexy. Il casco tienilo. Ci vediamo stasera?”
Anche
quella sera? Rebekah lo guarda, indecisa e poi rivolge un'occhiata
alla casa. La macchina di Caroline è di nuovo lì. Ma è
un trasloco permanente? “Sono ricca, posso permettermi un posto
tutto mio” annuncia, posando le mani sui fianchi. “Morirò
di fame e i panni sporchi arriveranno al soffitto...”
“Te
la caverai benissimo.”
E'
più fiducioso di lei, sulle sue possibilità.
“Chiedi
della signora Bell, gestisce l'unica agenzia immobiliare di Mystic
Falls.”
Era
solo un'idea, ma ok... andrà dalla signora Bell dopo una
doccia e una dormita. “Grazie, Stef.”
Stanza
13, Car Park Motel
Jeremy
continua a disegnare a rotta di collo, ha provato a seguire i tratti
di Klaus ma ha dichiarato che era più semplice ricominciare da
capo. Ha detto sì e no due parole, ha infilato le cuffiette
nelle orecchie e si è messo al lavoro.
“Ha
davvero vomitato?” domanda di punto in bianco, sovrastando la
musica che urla dagli auricolari.
“Come
una ragazzina alla sua prima sbornia.”
Dianna
mangia cioccolata al latte e saltella fra i canali dei cartoni
animati, tenendo il volume basso per non disturbare il lavoro
dell'artista.
“Finito.”
“Vedere!
Uau, sei davvero bravo!”
“Sono
molto belli.”
“Magari
potrei chiedere alla vostra strega di renderli invisibili.”
“Scherzi?
Le ragazze tatuate sono ultra sexy. Hai un look fantastico.”
“Davvero?”
Dianna batte le palpebre e sorride, imbarazzata. “Mi
definiscono estrosa, non ultra sexy!”
“Ma
tu come fai a resistere?”
Dianna
allaccia la felpa e tira il cappuccio fino a metà faccia,
infilando le mani nelle maniche opposte. “Tutto sta
procedendo come avevo previsto”* borbotta con voce
profonda. “Sono persone come noi, solo con una dieta diversa.
Puoi controllarti per la maggior parte del tempo, ma quando
l'ossessione diventa pressante, non c'è modo di sfuggirgli.”
“Ho
cercato di uccidere mia sorella due volte. Se Stefan accetta, faccio
cambio volentieri.”
“Jer,
quel che vi ho raccontato alla tavola calda, deve restare
circoscritto.”
“Ma
se lo sa Elijah, lo sa anche Klaus.”
Dianna
sorride e gli porge la barretta di cioccolata a metà. “Se
prova ad aprire bocca, gli riempio la lavatrice di candeggina. A
proposito...” la ragazza si piega e tira fuori la sacca 'da
lavoro' nascosta sotto il letto. “Nascondilo ed usalo solo in
caso di estrema necessità” mormora furtiva, passandogli
un paletto di quercia bianca sottobanco. Jeremy non fa una piega e lo
occulta nel borsone dei libri. “Ci vediamo stasera.”
***
Jeremy
mi lascia gli ultimi disegni da consegnare a Klaus. Non voglio
privarmi della soddisfazione di nausearlo un'altra volta. Uh, Jeremy
ha dimenticato qualcosa?, mi chiedo quando sento bussare alla porta.
“Ciao, Kermit!” Scoppio a ridere e il burattino mi saluta
con voce nasale.
“Ohhh
Miss Piggy! È radiosa, stamattina!”
“Scemo!”
Afferro il braccio di Elijah e lo tiro dentro, chiedendomi come
faccia anche lui a raggiungere simili vette di stupidità.
Penso di aver sbagliato il momento in cui la scossa elettrica parte
dalla contrazione dei suoi muscoli e finisce nelle mie dita. Lui mi
guarda e sorride. All'inizio non voleva neppure essere sfiorato. Era
cortese e più chiuso di un riccio di mare. Ci ha messo due
anni per abbassare le difese. Mi siedo a gambe incrociate sul letto e
gli mostro i disegni. “Li ha fatti Jeremy... belli, vero? Basta
solo trasportarli su carta semitrasparente e sovrapporli agli altri.
Ovviamente” sussurro con una lunga occhiata “mi
assicurerò di portarli a Klaus di persona. Voglio
vederlo in ginocchio!”
“Ma
lei è perfida, miss Piggy!”
“E'
lui, il vampiro che ha ballato con me sul tetto.” Gli metto
davanti l'identikit di Chris e anche lui deve ammettere che una
somiglianza c'è. Kermit sta mangiando il foglio. Mi viene da
ridere. Elijah si sbarazza del fantoccio e lo getta casualmente
dietro di se. “Perciò devo supporre che tu sia
innamorata di mio fratello.”
Non
diciamo stronzate. “Ricordare con affetto un tipo che non ti ha
fatto sentire una balenottera spiaggiata, non vuol dire essere
innamorata!” lo rimprovero, un po' indignata.
“Eri
grassa?!”
“Sono
dimagrita quando ho preso la mononucleosi... e neppure per il motivo
giusto! Nessuno bacia le ragazze grasse!”
“E
la tua scusa attuale?”
Ci
rimango talmente male che lo degno di risposta.
“Dove
vai?”
“Indosso
le scarpe da rituale e vado a fare un giro in bicicletta”
dichiaro infilando le trainer. “Sei in giro da troppo
tempo per ricordare cosa significhi, essere innamorati!”
Elijah
ha di nuovo quella faccia che non riesco ad interpretare. Giro la
sciarpa due volte attorno al collo e chiudo il giubbotto. Credo
nell'amore romantico, nel corteggiamento e nelle risate sotto le
lenzuola. E' da troppo tempo che sono fuori dal giro, per questo ho
le allucinazioni. “Ciao.”
“Dianna...”
Mi
fermo sulle punte dei piedi e mi volto con la faccia interrogativa.
Sorrido, anche se non ho voglia di farlo. Elijah afferra i lembi
della sciarpa e li tira da parti opposte, mimando uno strangolamento
che mi fa subito ridere.
“Guarda,
prima di attraversare!”
Visto?
Solo un amico farebbe una cosa del genere. Già... solo un
amico. Uhm...
*
Dianna cita l'imperatore Palpatine (Star Wars)
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Capitolo 15 *** Love Potion Number 9 ***
Casa
Mikealsohn
“Un
sottofondo tranquillo ma allegro...”
“Seducente.”
Caroline
scrive e sottolinea. “Torna indietro.”
Dio
benedica l'inventore dei cd.
“Troppo
languido per un ballo studentesco. Il Comitato della scuola passerà
la serata a dividere gli adolescenti pruriginosi ed io farò
una pessima figura.”
“Non
sei tu, l'organizzatrice della festa.”
Caroline
alza la penna dal foglio e lo guarda, perplessa. “Sto dando una
mano a April.”
“Il
tuo spirito di sacrificio è ammirevole.”
La
ragazza tira indietro la testa, strofina la nuca sul petto del suo
'ragazzo' e si sbarazza del blocco. Eh sì. Forse è
troppo.
Il
vampiro l'avvolge in un abbraccio morbido e languido e la bacia sui
capelli. E' stata carina a passare prima della scuola, ma mettersi a
lavorare mentre sono a letto insieme...
Sembra
che Caroline non possa fare a meno di toccarlo. E' il suo primo
pensiero la mattina e l'ultimo la sera, e per una che non ha mai
messo il partner davanti ai propri bisogni, è un brutto segno.
Caroline batte le palpebre, le labbra socchiuse, sdraiata addosso al
vampiro. Klaus lascia scivolare le mani lungo il corpo, risale
lentamente e Caroline sospira, di nuovo eccitata. “Nik...”
“Mh?”
Al
sesso è facile arrivarci. Il difficile viene dopo. Si nasconde
dietro il lenzuolo, così come nasconde i suoi pensieri al
vampiro. “E' perfetta, hai ragione...”
La
confessione di una donna, nasconde sempre un angolo di silenzio. Chi
l'ha detto, deve averne conosciute, di donne. Klaus la spinge sul
letto, bloccando metà del corpo col proprio. “C'è
qualcosa che vorresti dirmi... qualcosa che non ha niente a che fare
con questo?”
Ogni
volta che parla in quel modo dolce, la mette in ginocchio. Si è
fatta incantare da due occhioni blu. “Devo andare...”
bisbiglia alzandosi sui gomiti e baciandolo su una guancia. Klaus
aggrotta la fronte, gira il braccio dietro il collo e la divora con
un ultimo bacio finale che la 'sveglia' un'altra volta. Non è
più la reginetta di Mystic Falls e non sta a lei occuparsi
della festa. “Fra poco...”
I
The Searchers raccontano la loro storia in Love Potion
Number 9, e Klaus si raccomanda di trovare una strega in gamba
che gli prepari una pozione d'amore funzionante. Potrebbe addirittura
pagare per averla, invece di minacciare sempre...
Mystic
Falls, Wickery Bridge
Un
lato positivo di quel posto: traffico zero! Dianna allargò le
gambe e la sciarpetta colorata che aveva attorno al collo frustò
l'aria alle sue spalle. “Uaaaa!” La tortura stava per
finire, sarebbe tornata dai suoi bambini… uh, il curvone prima
del ponte! Dianna riportò i piedi sui pedali per avere
maggiore stabilità e strinse il manubrio. Non c'era nessuno,
poteva anche provare la mossa segreta 'senza mani'. Uhhhhmmmm, no,
non aveva tanta stabilità su quel catorcetto noleggiato
all'emporio vicino il giocattolaio. Oh... ma che fa quel matto?!
Il
conducente del veicolo sterzò frenando, e la macchina falciò
la bicicletta, prendendola in pieno. Dianna provò la strana
sensazione di mancanza d'ossigeno nel naso, volò per un lungo
tratto e quando atterrò, l'unica cosa che udì
distintamente fu un crack che proveniva dalla sua spina
dorsale.
***
Era
il 1996, i Creedence Clearwater suonavano a tutto volume e il
suo vestitino campagnolo svolazzava nella calda notte settembrina.
Dianna si era tolta le scarpe e il fuoco della festa le scaldava il
viso. Aveva sedici anni, le margherite fra i capelli e la luna
brillava bassa all'orizzonte. A sedici anni, la vita era crudele con
le ragazze grasse.
Ora,
tutto quello che prova è dolore alla testa e alle mani
graffiate. Non sente la parte inferiore del corpo. Crede di essere
sdraiata - ha effettivamente la faccia premuta contro il sedile –
ma quando cerca di sollevarsi dalla posizione che le provoca la
nausea, non riesce a muoversi.
La
stazione radio cambiò all'improvviso, e i Gipsy Kings
esplosero dalle casse posteriori. Il guidatore accompagnò il
ritmo sincopato tenendo il tempo sulla leva del cambio. Frenò
poco dopo e si voltò a guardarla. Aveva un qualcosa di
familiare. Qualcosa nel taglio degli occhi o nella curva della
mascella. Il ragazzo aprì lo sportello dalla sua parte, la
prese in braccio e Dianna si chiese il perché della sensazione
ovattata che le toglieva sensibilità agli arti. Gentile, però.
L'aveva investita e invece di lasciarla sul ciglio della strada, la
stava portando all'ospedale. Però non sembrava l'ospedale ma
l'ingresso di una casa privata.
“Passi
a salutare il tuo fratellone e guarda un po' che cosa investi! Un
regalino per scusarmi dello scherzo alla biondina!”
Dianna
sentì il collo ciondolare all'indietro e quando fu scaricata
sul pavimento, giacque inerme a fissare le crine del tappeto. Li vide
apparire contemporaneamente, con la coda dell'occhio. Uno dei due,
voltò il suo viso verso sinistra. Klaus non tradì
alcuna emozione. “Non devi portare a casa tutte le bestiole
ferite” mormorò inginocchiandosi accanto alla sua testa.
“Che ha di tanto speciale?”
“I
tatuaggi. Ci sono cinque nuovi cacciatori di vampiri in attesa di
essere smembrati.”
Dianna
capì che le aveva sollevato il maglione sullo stomaco, ma non
sentì nulla. Non provò nulla. Il tatto sembrava
svanito.
“Potevi
ucciderla, perché l'hai portata qui?”
Dianna
aveva cominciato a fare due conti. I cacciatori erano longevi ma
venivano feriti come tutti. L'urto doveva aver provocato un danno
alla schiena. Il ragazzino l'aveva riconosciuto. Lo stesso sguardo di
Klaus, la stessa mascella di Elijah. Non ricordava i dettagli, ma
poco importava. Non deponeva a suo favore.
“Eh,
avete parlato di un'orda di licantropi e mi sono precipitato!”
“E'
successo cinque giorni fa!”
“Come
passa il tempo... beh, io mi faccio una doccia. Bekah è in
casa?”
“Piscina
comunale, sta prendendo lezioni di nuoto.”
“Posso
usare il tuo bagnoschiuma?”
“No.”
Appena
la porta dietro di lui si chiuse, Klaus morse il polso e lo spinse
contro la bocca di Dianna, costringendola a bere. Il dolore scoppiò
in testa e si propagò lungo la spina dorsale, fino a
scomparire con un sospiro di liberazione. “Grazie...”
bisbigliò con un'occhiata sorda ai palmi delle mani intonse
“Sparisci.”
Dianna
tirò indietro la treccia sfatta e sorrise, alzando appena un
angolo della bocca. Il risultato fu una brutta smorfia di paura che
Klaus ignorò volutamente. Se avesse mostrato empatia, sarebbe
scoppiata a piangere. E poi non voleva farlo, quella ragazza era
sempre insopportabilmente felice. Non poté invece ignorare il
bacetto che gli scaraventò sul bordo della mandibola. Inspirò,
strusciò la mano sul punto incriminato e rabbrividì,
contraendo tutti i muscoli. “Fila!”
Liceo
di Mystic Falls, palestra.
“La
prima lettera del nome è come se non ci fosse. Apparirà
una B o una F o una M quando dico Bo, aggiungi una B … uah!
Me la ricordo!” *
E
se la ricorda... Caroline sospira e gratta la nuca con la penna. “Il
tuo contributo è tutto qui? Provare i cd?” Stefan le ha
chiesto di trovare qualcosa da fare a Rebekah e non ha potuto negare
un favore ad un amico. “Sei la nostra nuova dj, contenta?
Aaron, falle un corso accelerato. Matt, quelle decorazioni devono
sparire. Voglio vedere Don Draper, sigarette e cappelli di feltro.
Siamo in Madmen, dolcezza, non c'è spazio per Grease!”
Caroline ha parlato a raffica, ricalcando un tono che ha sentito
troppo spesso. Si schiarisce la voce, gira il foglio e sospira di
nuovo. “Ok. Chi si sta occupando dei rinfreschi?”
Una
violenta onda sonora le drizza i capelli. Caroline spalanca gli
occhi, ficca un dito nell'orecchio e lancia un'occhiataccia alla
vampira che sta facendo pratica con le mille levette della postazione
musicale. Un Originale contento, è un Originale che non
attenta alla tua vita. O alla sua, pensa con un altro enorme
sospiro, spostando il peso da una gamba all'altra.
“Come
va?”
“Lavoro
sempre e non mi diverto mai. Disturbami di nuovo e troverò
qualcosa da fare anche a te.”
Stefan
sorride e indica la vampira col mento. “E' brava?”
“Se
la cava. Va dai ragazzi e aiutali ad appendere quel tendaggio, Sembra
che i giocatori di football pompati di anabolizzanti non abbiano la
forza sufficiente per sollevarlo...” sospira di nuovo spuntando
un'altra voce. “Non ho ancora trovato il vestito, porca
miseria!”
“Hai
un fidanzato che invia fiori e poesie...”
“Io
non ho un fidanzato!” esclama sollevando la testa di scatto. “E
non sono innamorata di lui!”
Stefan
sorride e annuncia che si occuperà del tendaggio. Caroline
annuisce bruscamente e si immerge nelle disposizioni che essa stessa
ha scritto e che conosce a memoria.
“Ah,
è così? E' solo una scopata?”
La
penna le cade in terra e quando Caroline si china a raccoglierla,
Rebekah vi poggia il piede sopra. Per favore, non ora. Per
favore!, pensa strappandola da sotto la scarpa della ragazza. “Va
a fare pratica o ti tolgo l'incarico.”
Rebekah
la studia, pensierosa. “Se avessi un ragazzo che tenesse a me,
sarei felice.”
“Trovati
un ragazzo e poi ne riparliamo.” Caroline si umetta le labbra,
lanciandole un'occhiata. Non ha cambiato posa e la sta ancora
studiando. “Non volevo essere sgarbata...”
“Stefan
ti ha raccontato cosa ho fatto.”
“Se
posso esprimere un parere in merito, l'ho trovato davvero stupido”
ammette, incrociando le dita, il blocco premuto contro lo stomaco.
“Chi pensavi di impressionare? Una che tenta di suicidarsi non
lascia un bigliettino d'addio al fratello con le istruzioni su dove
trovarla! Hai coinvolto April in una cosa più grossa di lei, e
reputati fortunata che Stefan si sia preso il disturbo di venire da
te, bellezza! Poteva fregarsene e lasciarti marcire nella
cripta dei Lockwood per il resto dei secoli!”
“Care,
stai gridando...”
“E'
inaccettabile che una donna moderna si comporti così! Noi non
ci disperiamo se un ragazzo non ci guarda, noi ce lo prendiamo!”
ribatte, secca. “Tu sei una che prende?!”
Rebekah
la fissa, ipnotizzata. Caroline si avvicina, assottigliando le
palpebre. “Sì o no, dolcezza? Non ho tempo da
perdere con te!”
“Parli
come Nik.”
“Hai
chiamato la signora Bell?!”
“Ho
un appuntamento nel pomeriggio...”
“Bene!”
Caroline scioglie le braccia e la guarda in malo modo. “Voglio
vederti volteggiare su quella pista con un bel vestito. Parrucchiera,
manicure. Devi prenderti cura di te stessa. Un uomo non è mai
la soluzione, ma un piacevole passatempo. Stefan!”
Il
vampiro salta dalla scala verso di loro e stira le labbra, allegro.
Caroline è sempre la soluzione a tutti i problemi di natura
comportamentale. “Presente!”
“Portatela
via, mi sta infastidendo e devo ancora contattare Jeremy per il
rinfresco. Rebekah non ha il cavaliere. Sarai tu il suo cavaliere!”
“Credevo
di essere il tuo.”
Caroline
lo fissa, sfidandolo a ripetere la sciocchezza appena detta.
“Agli
ordini” sussurra con un saluto militare, prendendo Rebekah
sottobraccio che lancia un'ultima occhiata spaventata alla ragazza.
Avrebbe rimesso in riga anche il fratello, con quell'atteggiamento da
sergente maggiore!
Stanza
13, Car Park Motel, pomeriggio
Dianna
non era mai stata morsa da un vampiro in tutta la sua vita e non
avrebbe lasciato impunito il mocciosetto che l'aveva investita e data
in pasto al vampiro cattivo. Continuare a frignare era un modo
per sfogare la tensione prima della battaglia, perciò
finì un pacchetto di fazzoletti mentre preparava
l'attrezzatura e rinforzava il parco 'paletti'. Si chinò sotto
il letto e sfoderò l'artiglieria pesante. Prese un paletto di
quercia bianca e lo fece roteare con decisione. Con un colpo
avrebbero ammazzato cento indiani, pensò e disfò la
treccia, lisciando i capelli aggrovigliati con le dita. Gli occhiali
erano andati perduti. Aveva perso il regalo di Elijah. Il viso
scivolò fra le mani e Dianna tirò indietro i capelli,
fissando la tv spenta. Eliminò la sciarpa dal collo e la posò
in un mucchietto sul letto. Fece la stessa cosa col resto dei vestiti
e quando l'acqua della doccia fu bella calda, lavò via il
sangue raggrumato sulle ginocchia, il brecciolino dai capelli e la
brutta esperienza dalla testa.
Toc-toc-toc
– toctoc!
Dianna
si risvegliò con un sussulto, il fon in mano e
l'asciugamano attorno al seno. Gridò 'un attimo' e infilò
l'accappatoio caldo e asciutto. Un abbraccio da Elijah era quello che
ci voleva, in quel momento. “Ah!”
“Posso
entrare?”
“No!
Come mi hai trovato?!”
Klaus
sbuffò, già spazientito. “Vuoi parlare in
corridoio del sacrificio umano?”
Dianna
lo afferrò per il braccio e lo tirò dentro, sbirciò
il corridoio e chiuse la porta. “Non è un argomento da
sbandierare ai quattro venti!” sibilò agitata. “Shhh!”
Klaus
alzò gli occhi al cielo, mostrando disinteresse. “Tu sei
paranoica.”
“Anche
tu o non saresti rimasto in vita per tutti questi secoli!”
“Touchè”
ridacchiò sorvolando la stanza con lo sguardo. “Quelli
sono nuovi?”
“Jeremy
li ha finiti al posto tuo.”
“Bene.”
Klaus li arrotolò su se stessi e li strinse nel pugno,
guardandola al contempo negli occhi. “Non sono famoso per la
mia pazienza, dolcezza. Cosa vuoi che faccia, a parte tradurre
i disegni e trovare la cura?”
Dianna
alzò le spalle e scosse la testa, le ciocche ancora umide. “Ho
un gattino, se vuoi dargli da mangiare...”
“Se
ti uccido adesso, tornerai come vampiro” l'avvisò,
tremendamente serio.
Dianna
lo guardò, per niente spaventata dalla minaccia. Elijah
l'aveva messa in guardia sui malumori del fratello. Sbirciò la
sacca aperta e sorrise, ironica. “Tu non dovresti essere vivo.
Tua madre...”
“Non
nominare quella donna!”
Mai
nominare Esther. Mai nominare la donna che li aveva condannati alla
vita eterna e che lui stesso era stato così stupido da
uccidere... per non morire. Klaus l'afferrò, furibondo. “Non
ho più una madre, e non ho più un padre. Li ho uccisi e
farò la stessa cosa con te se non risponderai alle mie
domande!”
Dianna
mantenne il sangue freddo anche se il cuore batteva veloce. “Se
mi uccidi dovrai trovare un altro Cacciatore ed impiegherai secoli a
finire il lavoro.”
“Non
è un problema tuo!” Klaus inspirò e mille odori
lo sommersero. Pelle, bagnoschiuma, sandalo, ricordi. Ricordi che non
aveva mai pensato sarebbero tornati. “Ma chi sei?”
Un
veloce sorriso balenò sulle labbra rosse della ragazza. “Un
nessuno che ti ricorda qualcuno.”
Klaus
la lasciò, di nuovo calmo. Rimirò le sue mani. Dita
lunghe, ben formate, smalto rosso corallo che spiccava sulla pelle
chiara. Girò il dorso e lo baciò, spingendovi a lungo
le labbra sopra. Hanna. Gli ricordava Hanna. La tenera ragazzina
grassa che nessuno voleva baciare. Hanna che aveva un fuoco dentro,
un'energia che scoppiettava dagli occhi e un'attrazione per la vita
che lui invece cercava di sfuggire, subendo il passar del tempo senza
mai poter riposare. Strofinò la barba cortissima sulla pelle
delicata del polso, arrossandola per un lungo attimo. Il suo cuore
batteva sempre più in fretta.
Klaus
lasciò cadere i disegni a terra, rifiutando la possibilità
di essere attratto da lei. Il suo odore era sempre più
avvolgente e la sua pelle profumava di peccato. L'aveva messo in
ginocchio. Fissò i fogli sparsi sul pavimento. Li raccolse uno
ad uno, trattenendo la saliva in bocca. Trattenendo l'impulso di
scostare quei lembi candidi e accarezzare lascivamente ogni singola
piega del centro caldo del suo corpo. Trattenendo l'impulso di
affondare la lingua nell'interno umido delle cosce. Era l'essenza
pura del sesso e l'aveva sentita poche volte nella vita. “Dianna...”
“E'
la prima volta che mi chiami per nome” disse, sorridendo. “Mi
correggo: è la prima volta che non lo sbagli, il mio nome.”
*
The Name Game, S. Hellis
|
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Capitolo 16 *** Brothers&Sisters ***
Non
siete sazie del Klaroline? No, neanche io! :D Diamo un po' di spazio
al Elijanna (oh mio dio, che mi scopro ad inventare...) e ad un po'
di litigi di 'famigghia'... (Per lo Stebekah, tocca spettare un
capitolo o due ;) ) Ho notato reazioni allibite al precedente
capitolo. CALMA! Il fatto che Klaus sia innamorato (ehhhhh!!!) di
Caroline, non lo tiene al riparo da eventuali attrazioni fisiche. E'
un uomo, un essere inferiore, suvvia... ;)
Liceo
di Mystic Falls, palestra
Caroline
si guardò attorno e un brivido di piacere le passò
lungo la schiena. Forse aveva ragione Elena, forse aveva scavalcato
April ma la ragazzina avrebbe imparato dalla migliore: quella sarebbe
stata la sua ultima festa.
“Sono
impressionato, mia cara.”
Caroline
omaggiò Klaus con un sguardo di superiorità ma non poté
mascherare la contentezza.
“Ora
puoi rilassarti e ballare con me?”
Oh
dio, sì! Non vedeva l'ora di lasciare tutto sulle spalle di
April! Organizzare feste era divertente e stancante insieme. Mettere
d'accordo tante teste e impartire i giusti ordini, sempre un'agonia.
“Tua sorella sta ballando con Stefan” sussurrò.
“Ti ho detto quando sono brava a formare coppie?”
Klaus
sorrise e l'avviluppò in un abbraccio inadatto al luogo e al
tema musicale. Caroline pensò che sarebbe stato evidente a
tutti e che non le importava un fico secco.
“Spero
tu abbia tenuto conto dei miei suggerimenti per la scaletta.”
Caroline
girò lo sguardo sulla sala per capire le eventuali reazioni
del pubblico al suo nuovo 'fidanzato' e si immobilizzò addosso
al vampiro. Perse il sorriso e - se il suo cuore fosse stato vivo -
anche una manciata scarsa di battiti. “C-c'è tuo
fratello...”
Kol
era già arrivato? Klaus lo guardò di sottecchi, sbirciò
in direzione di Elijah in stretta conversazione con Dianna e una
fiammata di oscuro desiderio gli attraversò l'inguine.
“Rilassati” sussurrò a Caroline, tenendola
stretta. “Sei al sicuro.”
***
“Dobbiamo
sviluppare i tatuaggi di Jeremy. Posso uccidere tuo fratello?”
“Quale
dei due?”
Dianna
fece un gesto con la mano indicando l'altezza non proprio esaltante
di Kol ed Elijah ingoiò un vol-au-vent. “Dovremo
metterla ai voti ma non credo che Rebekah sarà d'accordo.”
“Mi
sa che non posso più essere tua amica. Io li devo ammazzare,
quelli come te.”
“Ok.
Dove tieni i paletti di lusso?”
Dianna
ghignò e gli allungò un buffetto. “Non arriverai
neanche a toccarli, quei paletti.”
“Ah,
no?”
“Potresti
farti male.”
“Devi
piantarmelo nel cuore per farmi male” le ricordò
sollecitandola piano con un colpetto della spalla.
“Resterei
di merda se ti succedesse qualcosa.”
“Permette
un ballo, madamigella?”
Dianna
sorrise, divertita. Gettò lo stuzzichino nel piattino e pulì
le mani. “Mi hai visto ballare, sono ridicola.”
“Qua.
Mano sulla spalla. Segui i miei passi e cerca di non calpestarmi.”
“Più
facile a dirsi che a farsi” borbottò guardando in basso.
“Devo limitarmi a mettere un piede davanti all'altro?”
Elijah
la fece girare su se stessa e Dianna finì un metro indietro,
disorientata. “E' troppo complicato per me...” mugolò
tornando dal suo partner. “Non ho neppure il vestito giusto.”
Lui invece era ultra sexy e Dianna era certa che fossero personali,
quegli abiti d'epoca. Sorrise sotto i baffi, incuriosita. “Hai
ballato con molte ragazze?” domandò senza riuscire a
frenare la lingua. Due anni le aveano insegnato a non fare mai
domande personali al vampiro. Non amava ne parlare di se, ne del
passato.
“Qualcuna.”
Qualcuna,
pensò distraendosi e guardando in giro per la sala.
“La
risposta non ti soddisfa.”
“Possiamo
smettere di pestarci i piedi? Ti sto rovinando le scarpe”
soffiò tamburellando le dita sulla sua spalla.
Dianna
tracciò una lunga panoramica che finì dritta nei suoi
occhi e il vampiro la strinse di più, irrigidendo la
mandibola. Non era la prima volta che accadeva... o che vedeva
quell'espressione ansiosa. Il suo cuore era abituato a fare gli
straordinari da quando era lì, ma un simile concerto non
l'aveva mai tenuto.
“Sai
che non mi piace parlare...”
“Lo
sappiamo tutti!” esclamò alzando gli occhi al cielo. “Tu
non mangi, tu non dormi, tu non racconti niente di quello che ti
passa per la testa... da quando sei qui, sei tornato indietro.
Mi sembra di averti appena incontrato. Parli a malapena con tuo
fratello, Rebekah è adorabile ma non la degni di attenzione,
quell'altro piccoletto lo tieni a distanza... c'è qualcuno
della tua famiglia a cui sei legato?”
“Sono
legato a tutti loro in modo diverso” spiegò, prendendo
le distanze sia fisiche che emotive dalla cacciatrice.
“Ti
sei mai confidato con qualcuno?” insistette. Il vampiro le
rispose con uno sguardo di ghiaccio. “Un'amante, un amico di
sbronze... il barbiere!”
“No,
se posso evitarlo.”
“Bene.
Stasera non potrai evitarlo” mormorò portando le braccia
di Elijah attorno alla vita e allacciando le sue al collo. “Sono
tutta orecchi.”
“Mentirò.
Ti racconterò una frottola per farti contenta”
irrigidendo i muscoli e tirandola a se. “E' questo, quello che
vuoi?”
“Fammi
contenta” sussurrò avvicinando il viso al suo. “Una
cosa che ti piace e una cosa che non ti piace.”
Elijah
inspirò ed espirò, in difficoltà. “Non mi
piace sapere che giri intorno a mio fratello.”
“Sei
paranoico...”
“Sono
sempre paranoico quando si tratta di Niklaus.”
Dianna
espirò, sorridendo. “Una cosa che ti piace?”
Il
vampiro non rispose e quando irrigidì la mandibola, la
cacciatrice inclinò la testa, incoraggiante. “Una
canzone. Un film. Un libro!”
“Sei
insopportabile.”
“Ma
mi vuoi bene e risponderai alla mia domanda” sussurrò
dondolando dolcemente. “Cosa piace al nostro sexy vampiro e
vicino di pianerottolo?”
“Sexy...”
sogghignò come se lo trovasse assurdo.
“Sei
un fico e quel cappello... mh... gli uomini dovrebbero tornare ad
indossare il capello, è così retrò! Ti vedessero
le mie amiche...”
“Non
mi interessano le tue amiche, mi interessi tu.”
Dianna
trattenne l'aria nei polmoni, inebetita. Elijah sembrava imbarazzato…
ed ora che ci pensava, non era la seconda volta che le diceva una
cosa del genere? Il vampiro la lasciò appena la musica finì
e Dianna gli corse dietro, tagliandogli la strada, ma una volta di
fronte a lui, non seppe cosa dire. Non andava forte nei discorsi con
gli adulti. “Come, ti interesso?!”
“Sei
bellissima, sei piena di vita come potresti non piacermi?”
“Ma
se critichi ogni straccetto colorato che metto indosso!”
“Sei
spiritosa, dolce. Quando entri in una stanza, la illumini col tuo
sorriso. Sei una persona buona e il tuo cuore è colmo di
amore. Questo intendo, quando dico che sei bellissima.”
Strappo
della puntina sul giradischi. Silenzio. Pausa pubblicitaria. “Salta
la parte smielata e va al punto.”
“A
te piace la parte smielata. Mi hai costretto a vedere 'La casa sul
lago del tempo' tre volte.”
“Mi
piaceva l'idea dello scambio epistolare su piani temporali diversi!”
si difende con una certa foga.
“No,
ti piaceva l'idea di un amore impossibile e di una felicità
inarrivabile.”
La
conosceva troppo bene. “E tu con 'Sliding Doors'?”
“Universi
alternativi e seconde possibilità. Mi piacciono le seconde
possibilità. Mi piacerebbe avere anche una con te, ora.”
“Lo
sai in cosa ti vai a cacciare?” sussurrò senza capire il
suono delle proprie parole. “Elijah, io non so neppure ballare!
Nessuno bacia le ragazzine grasse e quando sono dimagrita, sono
comparsi i tatuaggi e sai che sono timida con i ragazzi che mi
interessano!” Era color porpora, lo sentiva dalle guance.
Avevano parlato troppo, per quella sera.
“Non
hai mai ballato...” bisbigliò, incredulo. “Mai?”
Dianna
mugolò un 'no' e passò le mani sui fianchi. Come
rovinare una serata ben avviata, pensò facendo tintinnare un
braccialetto. Le dovevano limitare, le confessioni.
Elijah
alzò le sopracciglia, soffiando un debole 'ah' e Dianna
dondolò sulle gambe, irrequieta. “Prendo da bere!”
***
La
ragazzina grassa che nessuno voleva baciare. No, aveva udito male.
Klaus girò di un passo per tenere d'occhio la coppia.
E'
la prima volta che non lo sbagli, il mio nome.
Dianna.
Hanna.
La
piccola Hanna che lo vedeva per come era davvero e non aveva paura
del vampiro. Klaus strinse Caroline alla vita e posò la testa
contro la sua. Una cacciatrici di vampiri, per di più vergine.
L'avevano tesa bene, la trappola. Ci era quasi caduto.
“Però
ha ragione. Il capello dovrebbe tornare di moda.”
Aveva
udito tutto anche lei. Klaus lo adagiò sull'acconciatura di
Caroline, stando attento a non rovinarla. “Sexy.”
Caroline
mimò una rivoltella col dito, schioccò la lingua e gli
sorrise, abbagliandolo. Un istante di pura perfezione e le ultime
barriere crollarono. “Ti amo.”
Le
labbra di Caroline si rilassarono piano piano. “Mi ami...”
“Con
tutto il mio cuore, con tutta la testa, con tutto il mio corpo.”
La
ragazza esalò un 'ah', attonita. “E lo dici qui...”
“...
dove sono impossibilitato a fare l'amore con te. Ho imparato che il
letto non è il posto migliore per dire ad una donna che sei
innamorato di lei.”
“Oh...”
Doveva
darle tempo di assimilarlo, pensò stringendo la mano fra le
sue e portandola alle labbra. “Potresti occuparti di mio
fratello mentre riscuoto una piccola vendetta?”
“Lascia
stare quella ragazza! Niklaus!” soffiò abbassando la
voce. “Non essere inopportuno!”
Inopportuno?!
Klaus si fregò le mani. La casualità e la lingua lunga
delle donne gli fornivano sempre un sacco di idee!
***
Mi
fermo di fronte al ponce e riempio il bicchiere, bevendo a
piccoli sorsi. Tirò giù la manica salita oltre il polso
e compro un tatuaggio. La botta è arrivata. Per lo
shock, c'è tempo.
“Permetti
un ballo, cara?”
“Non
tediarmi, ho cose ben più importantiiiii.....!” miagolo
quando mi trascina sulla pista, impossibilitata a fare scenate. Ma
che vuole questo rompipalle?
“Non
ho potuto fare a meno di ascoltare il vostro sfogo adolescenziale!
Sei anacronistica in tutto e stupida come cinque anni fa.”
Non
solo ha ascoltato la conversazione ma si permette di dare giudizi?
“La
ragazzina grassa che non credeva all'amore” sussurra, maligno.
“Non è sventolandogli sotto il naso la tua purezza che
lo metterai con le spalle al muro. Anche se...” Klaus si ferma
e sorride con tutta la faccia. “Il personaggio che interpreta
non poteva trovare preda migliore!”
Non
sventolo niente, credo non lo sappia nessuno, a parte il gatto. Ed
Elijah, ormai. Che croce, sto vampiro! “Sposta la mano a
sinistra.”
“Sei
contenta di vedermi?” sussurra tastando un'arma inconfondibile.
“La
migliore quercia bianca che puoi trovare in giro.”
Non
avrebbe fatto tanto la sarcastica, senza quello stuzzicadenti. “Ho
ripensato a ciò che hai raccontato. I tatuaggi sono comparsi
su Jeremy quando Connor è morto. Per nostra fortuna, la strega
da cui ci serviamo ha una certa predisposizione al portare in punto
di morte e resuscitare all'ultimo momento, così non dovrà
impazzire a studiare altre formule magiche... ciononostante, abbiamo
bisogno di un piano B.”
E
lei era il suo piano B. Se l'essenza di Jeremy fosse andata persa
durante il trasferimento, sarebbe toccata a lei. “I miei
tatuaggi non sono ancora completi. Io ti servo viva.”
“Mi
assicurerei di lasciarti una piccola scintilla di vita necessaria a
muovere il braccio e giornalmente ti porterei un vampiro da uccidere.
Che te ne pare?”
“Tu
sei tutto scemo.”
Klaus
sorride di nuovo. E' fastidioso.
“Sei
mai stata tormentata da un vampiro?”
“No,
sono brava nel mio lavoro.”
“Obbedisci
o ti tormenterò fino alla fine dei tuoi giorni. Ucciderò
e storpierò ogni singola persona che incontrerai sul cammino e
chissà, potrei anche decidere di porre fine alla tua astinenza
sessuale nel modo più squallido, doloroso e antipatico
possibile.”
Ma
dice sul serio? È proprio serio serio? “Non devi essere
questo granché, nudo” mugugno con un'occhiata di
superiorità. “Il mio insegnante gay di yoga ha più
muscoli di te.”
“Va
a prendere Kol, ci vediamo qua fuori.”
Klaus
mi lascia andare di scatto e inciampo su una coppia ferma alle mie
spalle. Una mano gentile mi raddrizza. Li guardo di soppiatto e stiro
le labbra. Anche Rebekah e Stefan stanno venendo verso di noi, e
posso sentire i denti della biondina digrignare dietro la mia testa.
Hai proprio un ragazzo stronzo, carina.
“Cosa
vuol dire la scena a cui abbiamo appena assistito?”
Klaus
sollevò gli occhi al cielo e si voltò verso Elijah.
“Vuoi la cura o no?”
“Siamo
tutti sacrificabili quando si tratta dei tuoi interessi.
Tutti, compresi i tuoi fratelli.”
Al
solito. Dianna aveva le idee ma se la prendevano con lui. Klaus
strofinò i polpastrelli sulla fronte e sospirò. “Ho
sostenuto la sua idea.”
“Ma
sei scemo?!” Rebekah puntò i pugni sui fianchi, livida
di rabbia. “Sacrificare nostro fratello?”
“Quale
fratello? Parlate di me?” Kol finì di divorare il
tramezzino che aveva rubato dal settore rinfreschi e li guardò,
sorpreso. “Che cosa ho fatto?”
“Fattelo
dire da Niklaus” sussurrò Rebekah, arrabbiata,
voltandosi verso Dianna. “Vi meritate a vicenda!”
“Ehi,
io devo fare il mio lavoro!”
“Altre
domande sulla mia famiglia?”
Comincio
a farmi un'idea del perché Elijah non ami parlare di loro.
Scuoto la testa e gli chiedo scusa sottovoce. Per fortuna, non sembra
arrabbiato con me.
“D'accordo,
Kol ce lo teniamo!” urlò Klaus, frustrato. “Quanto
vorrei essere figlio unico...”
Rebekah
saltò come un grillo, abbandonando di nuovo il fianco di
Stefan. “Dopo tutto quello che abbiamo fatto per te! Abbiamo
sacrificato le nostre vite e i nostri interessi per te!”
“Non
stavo dicendo...”
“Fa
silenzio, Niklaus. Non dire un'altra parola.”
Kol
spostò lo sguardo da un fratello all'altro, mascherò un
minuscolo ruttino provocato dalla Coca Cola e alzò le
sopracciglia. “Nessuno vi costringe a farlo. Se vuole rovinarsi
la vita in cause impossibili, affari suoi. Perché perdete
ancora tempo con i suoi farneticamenti?”
Rebekah
guardò Elijah che la fissò a sua volta.
“Voi
due scegliete sempre le soluzioni peggiori. Di cosa dovete punirvi,
esattamente?”
Rebekah
arrossì e anche Elijah si sentì punto sul vivo. Guardò
Klaus che spiava le loro reazioni inconsce. “Abbiamo udito la
tua minaccia.”
Klaus
alzò gli occhi al cielo, esausto. “Una così non
la morderei neppure pagato! Le scorre lo zucchero filato, nelle
vene!”
“Non
dirlo a me.”
Klaus
si accorse solo in quel momento di Caroline e della sua espressione
cupa. “Era una vuota minaccia per ottenere...”
“Tu
non minacci mai a vuoto” mormorò la ragazza
passando la clutch da una mano all'altra e risistemando
l'acconciatura dopo essersi sbarazzata del cappello.
Ma
perché litigano sempre? “Ehm... rinunciamo al sacrificio
e andiamo avanti con lo scambio?” Propongo per allentare la
tensione. No, eh? Devono restare tutta la serata a litigare? Mi
guardo attorno, individuo Bonnie e Jeremy che ballano scomposti ai
bordi della palestra e faccio un cenno a Stefan che si allontana ben
volentieri. “Dopo il rituale, ti spiegherò cosa dovrai
fare fino alla consumazione dei tempi e quale sarà il tuo
obbiettivo finale.”
“Posso
tirarmi indietro?”
“No.”
“Democratica.”
“Alle
due, nel bosco.”
“Perché
le due?”
Sollevo
le spalle. “Mezzogiorno è meglio?”
|
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Capitolo 17 *** Remember me ***
Attenzione:
qualcuno finirà nei guai e non per colpa del rituale! ;)
Stanza
17, Car Park Motel
Toctoctoc
– toctoc
Dianna
tirò indietro i capelli, seduta sul letto, le gambe sotto la
coperta. Aveva cambiato stanza, appena tornata al motel, ma
evidentemente i vampiri erano peggiori dei lupi mannari, in fatto di
fiuto. “Va via, chiunque tu sia.”
Toctoctoc
– toctoc
Quel
suono martellante le stava spaccando la testa. Gettò da un
lato le coperte e spalancò la porta, furibonda, uscendo sul
corridoio. Uh? Nessuno? L'aveva sognato? Dianna trasalì quando
qualcuno l'afferrò, reagì con la solita prontezza di
riflessi ma chi la bloccava era ben più forte e veloce di lei.
Inspirò per preparare uno di quegli urlacci che tirano giù
mezzo quartiere, ma si ritrovò una mano spinta contro la
bocca.
“Ottimo,
il trucchetto di cambiare stanza per impedirmi di entrare, ma ahimè,
ho qualche anno sulle spalle più di te e questi giochetti li
ho visti tutti. Abbiamo del lavoro da fare. Vestiti.”
Dianna
si voltò, ancora impaurita. Le stava uscendo il cuore dal
petto. “Non potevi mandare un sms?!”
“Non
ho il tuo numero” annunciò, scrutandola da capo a piedi.
“Tu mi stai causando un problema, dolcezza.”
“Te
li tiri addosso, i problemi!” esclamò tornando in fretta
al di là della barriera invisibile. “Minacciarmi va
bene, ma non farti sentire dalla tua ragazza! Ricordati che Éowyn
ha staccato il braccio al Re Stregone!”
Klaus
arrivò a filo con la porta. Non ce l'aveva, l'attitudine della
vittima. “Vestiti e facciamola finita.”
Bosco
di Mystic Falls, 02:25
“Bene,
ci siamo tutti. Che ore sono?”
Rebekah
pinzò la radice del naso e sospirò. Fissato. “Le
due e mezza.” Klaus guardò Bonnie che sbadigliava e
sfogliava il libro di incantesimi, svogliatissima. “Te l'ho
detto, va bene un orario come un altro... ma non potevamo farlo a
mezzogiorno?!”
“La
notte ha tutto un altro fascino” replicò, spingendo
avanti Dianna. “Lei è il nostro piano B.”
“Non
ci serve il piano B, l'ho fatto un sacco di volte” borbottò
schiaffeggiando leggermente le proprie guance. “Gli fermeremo
il cuore e bla bla.”
Dianna
si sedette sull'erba accanto a Jeremy. Era piuttosto preoccupato,
pensò stringendogli la mano. Il ragazzo tornò in se e
ricambiò la stretta, ma quando la guardò, si fece
cauto. “Che ti è successo?”
“Hanno
tirato giù dal letto anche me.”
“Hai
le mani gelate e la stessa espressione di mia sorella quando cerco di
trafiggerla.”
Beh,
era più o meno quello che sarebbe successo a lei, se Klaus
avesse portato la minaccia fino in fondo. Dianna strofinò i
polpastrelli sulla fronte e tirò indietro i capelli. Guarda un
po'. Aveva ragione Elijah un'altra volta. “Va tutto bene.”
“Ti
hanno mai detto che menti da far schifo?”
“E'
per questo che dico sempre la verità” sussurrò
passandogli un braccio attorno alle spalle.
“Quanti
siamo? Sei. Mi piace. Simmetrico.” Klaus batté le mani e
persino Stefan sussultò insonnolito. “Sei iperattivo,
datti una calmata!”
“Cerimonie
magiche, luna piena... lascia stare. Potrei diventare romantico.
Allora, strega! Cominciamo?!”
***
“Ti
stanno bene.”
“Sì,
sei un fico.”
Stefan
strofinò i palmi delle mani. Erano sudate e faceva fatica a
concentrarsi. Rebekah fissò i tatuaggi che si intravedevano
dal collo della maglietta e capì che era finita un'era.
“Dianna, puoi insegnargli a controllarsi? Tu ed Elijah siete
amici e non ti ho mai visto attentare alla sua vita.”
Lei
avrebbe lasciato la città il più velocemente possibile,
l'indomani mattina.
Stefan
smise di respirare. Se lo faceva, l'impulso ad uccidere lo
sopraffaceva. “Ehi, posso cacciare di casa Damon con una buona
scusa...” rantolò grattando le cuciture dei jeans sulle
tasche.
“Poi
stare da noi. Elena ha già traslocato.” Jeremy lesse il
sms e lo mostrò velocemente. “Ti cedo la mia camera.”
“Grazie...
ma ora... potreste...”
Klaus
gli strinse una spalla e si allontanò dopo una lunga occhiata
felice. Rebekah girò su se stessa un paio di volte. “Mi
accompagni a scegliere i mobili, domattina?”
“Non
credo... non nell'immediato...”
La
vampira annuì e sorrise, mesta. “Te l'avevo detto che
sarebbe cambiato tutto.”
“Ci
vorrà solo più tempo...”
E
chi glielo spiegava al suo cuore? “Non c'è alcuna
fretta” sussurrò allontanandosi con un altro minuscolo
sorriso.
Bonnie,
Jeremy e Dianna restarono accanto al nuovo cacciatore di vampiri.
Dianna si guardò bene dal manifestare qualsiasi emozione,
Bonnie stappò una bottiglia e la passò a Stefan. “Da
parte di Damon.”
“Non
voglio perdere il controllo. Ora sto meglio, senza quell'oppressione
alla testa.”
Oppressione,
aveva detto la parola giusta. Dianna rubò la bottiglia e ne
bevve un piccolo sorso. Pensò che non aveva mai bevuto niente
di così disgustoso e che, di certo, era ottimo per
dimenticare. La sua mente rievocò l'immagine della propria
abitazione, della gabbietta con gli uccellini che giaceva
inutilizzata in un angolo del balcone, delle piantine che
necessitavano di acqua e Dianna pensò 'a casa', due o
tre volte. “D'ora in poi, il tuo compito sarà
questo...”
Casa
Mikealsohn, la mattina dopo.
Toh!
C'era la discoteca a casa Mikealsohn, quella mattina. Caroline suonò
il campanello sbirciando attraverso i vetri e quando la porta si
aprì, Rebekah le diede il benvenuto allo Studio 54.
“Cosa
mi sono persa?”
La
vampira sollevò le spalle e sedette al tavolo del salotto,
sommersa dalla pratiche burocratiche per la nuova casa. “Nik,
quando sono nata?”
“1994!”
“In
che giorno e in che mese? Ce l'ho, la previdenza sociale?”
Caroline
strinse le palpebre e mosse la testa a tempo di musica. Erano folli,
quei due.
“I
got passion in my pants, and I ain't afraid to show it... ciao,
amore. Certo che ce l'hai, ce l'abbiamo tutti. I'm sexy and I know
it...”*
Caroline
si inclinò da un lato quando la baciò sulla tempia, le
affibbiò una tazza di caffè e ne lasciò un'altra
alla sorella, ancheggiando lontano da loro.
“Stefan
è il nostro nuovo cacciatore di vampiri. Sta festeggiando a
modo suo” spiegò la ragazza, sentendo il suo sguardo
addosso.
Caroline
batté le palpebre e si sporse in avanti. “Quando è
successo?”
“Stanotte.”
“E
nessuno mi ha avvertito?!”
“Eravamo
in sei... gli piaceva il numero... sai come è fatto. E' matto”
sussurrò girando la penna vicino alla tempia.
Caroline
si voltò sulla sedia. Non era sano ma era sexy. “Torno
subito.”
“Fate
con comodo ma lasciate la musica accesa” borbottò
riempiendo le caselle con i propri dati. “E chi la ricorda, la
targa della macchina...”
***
“Mi
stai dicendo che non vuole vederci?!”
“Stefan
ha messo l'embargo” annunciò, alzando in modo comico le
spalle. “Chi siamo noi per andare contro la sua volontà?”
“Tu
vai sempre contro tutti. Voglio vedere il mio amico e lo vedrò!”
annunciò Caroline, caparbia. “Prova ad impedirmelo”
“Non
ci penso proprio. Ho più paura di te che di lui.”
“Per
questa bugia ti cadranno le zanne!”
“Gradirei
ti astenessi dal visitarlo. Fa un po' di fatica a controllarsi e non
voglio vederti con un arto in meno.”
Klaus
si preoccupava a modo suo, ma doveva sempre infilarci una battuta
ironica in mezzo per non apparire protettivo, pensò
indirizzandogli un sorriso dolce. “Bonnie ha insegnato il
controllo a Jeremy, Jeremy può insegnare a Stefan... e poi c'è
sempre la tua amichetta, non è vicina di pianerottolo
di Elijah? Mi sembra goda di ottima salute.”
Ecco
un nome che non avrebbe dovuto pronunciare. Klaus guardò il
soffitto e lo sguardo cupo di Caroline entrò nel suo campo
visivo. “Cosa hai fatto?!”
“Potrei
aver esagerato.”
“L'hai
minacciata di nuovo?”
“Non
si muoveva ed era tutto pronto per il rituale!” esclamò,
in sua difesa. “Ho calcato la mano!”
“L'hai
terrorizzata!”
“Eh...”
“Non
riesci a comportarti in maniera normale?”
“Non
ti piacciono i tipi normali. Ti annoiano.”
“Ora
tu vai da lei e le chiedi scusa!”
“Non
ci penso proprio!”
“Ci
andrai ed io verrò con te” ringhiò mostrando i
denti. “Tuo fratello non merita di perdere la ragazza per colpa
della tua linguaccia!”
“Lo
difendi sempre” sussurrò, indagatore. “C'è
qualcosa che vorresti dirmi...”
Caroline
alzò gli occhi al cielo e lo tirò per il braccio.
Car
Park Motel, sala ristorazione
“Una
settimana di esposizione a mio fratello e hai perso tutta la tua
gioia di vivere.”
“Gioia
di vivere...” soffiò stringendo la testa fra le mani.
“Per aver bevuto un po'...”
“La
tua droga è la menta piperita, non lo scotch. Non sapevo ci
fosse l'open bar alle cerimonie occulte. Mi giunge nuova.”
“Era
disgustoso...”
“E
perché l'hai bevuto?”
“Per
dimenticare...”
“Cosa?”
Dianna
alzò un angolo della bocca e sogghignò. “Non lo
so. Ha funzionato, vedi?”
“Non
ti fidi di me.”
“Non
dire stronzate” soffiò affondando le dita nei capelli e
allargando piano piano i gomiti. Dianna scivolò con la faccia
sul tavolino e ci appoggiò la fronte. “Ignorami o dammi
il colpo di grazia...”
“Mangia,
hai un calo di zuccheri.”
“Hai
idea dell'entità delle minacce che ho dovuto sopportare da
quello stronzo di tuo fratello?!” sibilò alzando uno
sguardo pesto di sonno e doposbronza. “Ora capisco perché
non torni mai a casa per il Ringraziamento! Ti fa venir voglia di
ingozzarlo di verbena come un tacchino e ficcarlo nel forno della
strega di Hansel e Gretel!”
Elijah
sogghignò e annunciò che aveva davvero un calo
di zuccheri e che dovevano ingozzare lei, al posto di Klaus.
“Mi
urta il sistema nervoso solo udire il suo nome! Ti tormenterò
fino alla fine dei tuoi giorni, mutilerò i tuoi
amici... voi nosferatu bevete anche il sangue delle
vergini?!”
“Il
sangue è sangue, bellezza! Da qualsiasi vena provenga...
ahio!”
“Smettila!”
Dianna
mugugnò una parolaccia dentro di se e si accomodò sulla
sedia. Caroline minacciò Klaus con un'occhiata gelida,
spingendolo avanti. “Sei qui per scusarti, non fare lo
stronzo!”
“Sono
contrario alle scuse false e non sentite.”
“Un
po' di legno su quella linguaccia ti farebbe un gran bene.”
Ci
si metteva pure il fratello. Klaus alzò gli occhi al cielo.
“Scusa!”
“Fottiti!”
Oh,
finalmente aveva perso il sorriso! Klaus dichiarò conclusa la
sua missione. “Le ventiquattro ore non sono ancora passate”
le ricordò, allegro. “Attenta, gli incidenti
capitano...”
Dianna
gli fece il verso, nervosa. “Mi rammarico solo di non poter
assistere alla tua morte.”
“Quanto
ti sbagli, dolcezza...”
Dianna
comprese la minaccia di un futuro decesso appena Caroline sbiancò
e lo spinse via. Il vampiro camminò all'indietro omaggiandola
di un buffo inchino, uscì dalla saletta e sparì,
lasciando un silenzio attonito dietro di se.
Dianna
sospirò e dondolò istericamente una gamba. Tre,
due...
“Mio
fratello ti morde e non senti la necessità di confessarmelo?!”
Uno.
Che palle! “Non mi ha morso. Ho avuto un incidente e
lui mi ha curato.”
“Hai
anche avuto un incidente?!”
“Il
piccoletto mi ha investito con la macchina.”
“Kol?”
La
cacciatrice annuì e allontanò le frittelle da se. “Ho
qualche segreto anche io.”
“Una
cosa è non voler parlare di se stessi, un'altra è
omettere dettagli fondamentali della propria vita. Sono venuto qui
per te, per proteggersi da Niklaus e scopro che metà
delle volte in cui sono stato assente, è accaduto qualcosa di
orribile!”
“Non
farla lunga, non mi sono mai spaventata.”
“Perché
hai cambiato stanza?”
Dianna
tacque ancora una volta.
“E'
stato in albergo?!”
“Voleva
solo insultarmi e prendere i disegni... le solite balle”
esclamò muovendo una mano nel vuoto. “Sono viva, sto
bene! Possiamo andarcene?”
Elijah
la guardò, sempre più scuro.
“Non
nascondo niente. Lo sai, non so mentire.”
“Non
posso soggiogarti ma posso morderti e leggere la verità nel
sangue” l'avvertì, sottovoce.
“Ti
faccio saltare i denti, se ci provi” sussurrò,
minacciosa. “Vado a pagare il conto e poi prendo la corriera.
Da sola!”
“Non
ti muoverai di qui finché le ventiquattro ore non saranno
passate.”
“Beh,
sono già passate” mentì lasciando i soldi sul
tavolino. “Vuoi legarmi al letto fino a stasera?!”
“Sei
l'unica persona che conti davvero qualcosa, per me. Se sarà
necessario, lo farò.”
Elijah
lo fissò e per un lungo attimo Dianna restò sospesa.
Lei non conosceva, quella persona. Oh, ma erano zanne quelle?!
La stava minacciando? “Ma fanno male quando escono?”
domandò, spingendoci il dito contro. “Ti mordi mai da
solo?”
***
Doveva
imparare a tacere, in presenza di Caroline. Ora l'avrebbe assillato
di domande...
“L'hai
morsa?!”
Ecco.
“Se l'avessi fatto, l'avrei uccisa e mi sono bastati
cinquantadue anni di tormenti per capire che è meglio restare
lontano dai Cacciatori. Dopo che te ne sei andata, Kol è
arrivato con una novità. L'aveva investita e riconoscendo i
tatuaggi, ha deciso di non ucciderla per non scatenare la
maledizione. L'ho curata e le ho detto di tornarsene a casa. Da
quando è arrivata, non fa che scherzare e ridere con Elijah!
Non ha neanche l'atteggiamento della vittima...”
“...
e la cosa ti sta facendo impazzire” concluse, abbassando la
voce. “Perché cerchi di farle del male?”
I
suoi stessi comportamenti lo lasciavano senza parole, a volte. “L'ho
conosciuta molto tempo fa. Era una ragazzina grassa che non credeva
all'amore. All'inizio decisi di prendermi gioco di lei, mi presentai
con un nome falso ma mentre eravamo insieme, seduti sul tetto di una
casa abbandonata, al chiaro di luna, mi resi conto che vedeva solo il
lato bello di me... non vedeva il vampiro... Hanna... Dianna mi
vedeva per come ero davvero ed io l'ho soggiogata per costringerla a
dimenticarmi. Era un brutto momento e lei mi ha aiutato ad uscirne.
L'ho ripagata strappandole i ricordi e facendo finta che non fosse
mai successo... che non fosse mai esistita. Tutto qui” mentì
e il senso di colpa lo frustò sulla nuca. Certe persone non
dovrebbero girare a piede libero. Non dovrebbero essere così
felici. E non dovrebbero aver quell'effetto su di lui. “Non ti
ho tradito.”
Caroline
arrossì all'accusa. “Ti accalori quando c'è
lei...”
"Non
ti fidi di me e vieni a letto con me? Ti sei lasciata prendere in
sette modi diversi, perché non ti fidi di me?!"
Caroline
raggelò in un istante e Klaus pensò di aver detto
qualcosa di troppo, ad un tono troppo alto.
*
LMFAO - I'm Sexy And I Know It
|
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Capitolo 18 *** Friends ***
Era
bellissima... ed era tutta sua!
Rebekah
voltò su se stessa un paio di volte, sorridendo come una
bambina. Divise i capelli in due codine e li legò con elastici
colorati, indossando una vecchia maglietta bianca che si sarebbe
presto macchiata di mille colori. Aprì le latte di vernice e
prese il pennello che l'imbianchino le aveva indicato essere il
migliore per quel tipo di lavoro. Le aveva anche mostrato come fare.
Rebekah aveva ringraziato con un sorriso a trentadue denti e per un
momento le era sembrato che l'uomo sorridesse del suo stesso
entusiasmo. Era strano che una ragazzina ricca decidesse di fare quel
lavoro faticoso da sola, ma se proprio ci teneva... doveva solo
ricordarsi di cominciare dal soffitto. Rebekah aveva guardato in alto
e scosso la testa, adducendo una certa paura nel trovarsi al centro
della stanza senza nulla a cui appoggiarsi. L'uomo l'aveva
accontentata, provvedendo al posto suo, e ora le restavano quattro
pareti da riempire di colori. Per la camera da letto doveva farsi
un'idea, ma Rebekah non aveva dubbi sul salotto e la cucina.
Rimescolò l'azzurro e sospirò, accendendo lo stereo
rubato a casa del fratello.
***
Quel
quartiere aveva vissuto in tranquillità fino all'arrivo di
Rebekah. Ora la musica che proveniva dalle finestre aperte, giungeva
fino in strada. Stefan attraversò il vialetto gettando
un'occhiata al pratino. Aveva rasato quello di Caroline, poteva
occuparsi anche del suo. Girò attorno alla casa e si affacciò
all'entrata della cucina, spiandola mentre saliva e scendeva dalla
scala, macchiata di vernice come lei.
“Give
me boots and boys Give me boots and boys, boys...”
La
faceva più da Rihanna. Stefan dondolò la testa
contagiato dalla cantante e dal suo entusiasmo e avanzò piano
fino ad arrivarle alle spalle. “Bel colore!”
Rebekah
trasalì e girò su se stessa, puntandogli il pennello
contro. Non solo i vestiti erano macchiati. “Stef! Non pensavo
di vederti prima di trenta giorni!”
“Mi
mancavi” gettò lì, noncurante, togliendo un
fazzoletto di tasca. “Spero che sia lavabile. Se aspetti
ancora, avrò difficoltà a non scambiarti per Puffetta.”
“Non
so se è lavabile... non me l'hanno detto” borbottò
alzando il mento per permettergli di pulirle la gota destra dalla
vernice. “Come stai?”
“Agitato,
grazie.”
“Ti
concedo di sfogare l'ansia sulla mia parete.” Rebekah sorrise e
si chinò sulle gambe, rovistando fra i pennelli. “Toh!
Ma ti sporcherai.”
“Sempre
meglio che tirare pugni al tronco di un albero. O a mio fratello.”
“Ti
cedo il mio. Ha detto qualcosa di troppo e Caroline l'ha piantato.”
Stefan
fece una smorfia e si avvicinò alla parete. “Hai già
attrezzato un sacco a pelo per dormire qui?”
“Ho
anche le birre nel frigo portatile” dichiarò
rimettendosi al lavoro. “Se non avessi creduto in me, non ce
l'avrei mai fatta...”
“E'
tutto merito tuo.”
“Caroline
mi ha dato il calcio finale. Il suo sfogo è stato illuminante”
sussurrò insistendo su un punto particolare. “Non so
cosa ha fatto Nik per farsi piantare, ma ho visto come lo guarda,
quando sono insieme...”
“Voglio
crogiolarmi nell'ignoranza.”
“E'
innamorata di lui. Strano, no?”
“Perché?”
Stefan si fermò e fece due passi indietro per osservare il
proprio lavoro. “Io non riesco a starti lontano.”
Rebekah
lo guardò, mesta. “Non funziona mai fra noi... e ora che
sei un cacciatore...”
“Non
cambia niente. La vernice rossa la vuoi sopra con un effetto
Pollock?”
Rebekah
sbiancò e gli tolse la latta dalle mani. “Sei pazzo?!
Questa va... non lo so dove va... ma sai che non è una cattiva
idea?”
“Scherzavo.”
“Io
no! Prendi la vernice bianca!”
Entrare
in casa sua, sarebbe stato come entrare in un incubo. O in un asilo
nido. “Sicura di voler rovinare il tuo bel lavoro?”
“Lo
miglioriamo e se non ci piace, possiamo sempre ricominciare da capo”
dichiarò intingendo il pennello piccolo nella vernice chiara.
“Pronto? Al tre!”
***
“E'
proprio una bella parete.”
Rebekah
batté la birra contro quella di Stefan e sorrise. “Ora
come stai?”
“Stanco
morto.”
“Mancano
solo... quindici pareti?” domandò a se stessa con una
smorfietta. “Mi fa piacere se passi, ogni tanto...”
Il
ragazzo sorrise e l'aiutò a rialzarsi. “Posso restare a
farti compagnia?”
Rebekah
scosse la testa e infilò la birra vuota in un sacchetto. “Puoi
riciclare questa, se vuoi.”
L'aveva
messo elegantemente alla porta, pensò nel momento stesso in
cui la vampira si sollevò sulle punte per baciarlo. Stefan non
fece neppure in tempo a sfiorarla che era già sgusciata via.
“Accendi
lo stereo, per favore.”
Donna
crudele. Stefan obbedì e si incamminò fuori
dell'abitazione. Rebekah ripensò al bacio e la vernice le
schizzò addosso, quando tornò ad aggredire la parete
con meno entusiasmo di prima.
Casa
Mikealsohn
Faceva
troppo rumore, il silenzio di quell'abitazione. Erano le undici e
Rebekah non era ancora tornata. Klaus guardò l'orologio, tirò
giù le gambe dal bracciolo della poltrona e posò il
bicchiere, ripensando alla scena di qualche sera prima.
“Quando
traslochi?”
“Presto
e tu non sarai invitato all'inaugurazione!”
“Fa
come ti pare, ma il sistema di allarme lo scelgo io. Non voglio
vedere licantropi intrufolarsi in casa tua mentre dormi.”
“Rebekah
è l'unica fra noi che conti apparentemente qualcosa, per te.”
Sbagliava,
Elijah. Teneva a tutti loro in maniera diversa, e proprio perché
conosceva il sacrificio che avevano affrontato, che non poteva fare a
meno di loro. Lui non poteva fare a meno di loro.
***
“La
tua parete ha avuto un incidente?”
Rebekah
si voltò inclinando pericolosamente la scala e Klaus fu lesta
ad afferrarla, prima che cadesse malamente. Peccato per la vaschetta
di colore che rovinò sui jeans fino alle scarpe appena
comprate. “Mi devi 300 sacchi, sorella...”
Rebekah
sorrise e gli strizzò la guancia, sporcandogli il viso.
“Prendili dal mio conto.”
Il
vampiro la scaricò a terra, guardandosi attorno. “Hai
fatto tutto da sola?”
“Il
soffitto è merito dell'imbianchino... Stefan è passato
oggi pomeriggio e mi ha dato una mano a deturpare la parete”
spiegò mostrando il capolavoro. “Cosa ne pensa
l'artista?”
“Non
è male” ammise avvicinandosi all'opera d'arte. “Il
tema centrale?”
Rebekah
scrollò allegramente le spalle. “Pensa a qualcosa che ti
rende felice, prendi un pennello e scegli una parete.”
Alternativa,
pensò guizzando lo sguardo in giro. “C'è spazio
per un ritratto, nel tuo salotto?”
Rebekah
finì di rimestare il colore e lo guardò, incredula.
“Vuoi farmi un ritratto con la tuta da ginnastica?”
“No,
ce l'ho in testa da un po'” ammise, vagamente imbarazzato. “Mi
servirà questa parete e molti più colori.”
La
ragazza annuì e lo fissò pensosa. “Nik...”
“Mh?”
E
Caroline?, domandò dentro di se. “Fammi carina.”
***
“Che
nasconde, quel lenzuolo?”
“Non
chiedere. E' un ritratto, opera di Niklaus. Non vuole che lo veda
nessuno finché non è pronto.” Rebekah stappò
un'aranciata e la versò in due bicchieri. “Come va,
oggi?”
“Pizzica.”
La
vampira sorrise e gli mise davanti un catalogo di mobili. “Pensavo
a questa composizione. Ho preso le misure, dovrebbe entrarci...
Elijah dice che centra...”
“Non
posso concentrarmi sul lavoro intellettuale, devo muovermi. Dove
tieni la falciatrice?”
“Vuoi
rasare il prato?”
“Il
movimento fisico mi aiuta a smaltire l'adrenalina. Con te ce la
facevo, ma ora che tuo fratello ha deciso di decorare la cappella
Sistina, è ben più difficile restare calmo.”
“Ok...”
sussurrò cauta. “Non toglierti la maglietta mentre lo
fai.”
“Bex,
siamo a Gennaio.”
“...
ed io ho in fratello che dipinge a torso nudo. I vicini mi cacceranno
con i forconi, appena vedranno un altro uomo seminudo in giardino...”
borbottò chiudendo la rivista d'arredamento. “Cos'è?”
“Il
campanello. Te l'hanno allacciato ieri. Credo sia Caroline con un
dolce.”
Rebekah
batté le palpebre, adocchiando il lenzuolo che celava la
presenza del vampiro. “Dobbiamo avvertirlo?”
Stefan
alzò le spalle e imboccò il corridoio.
“Congratulazioni!
Oh, Stef... che ci fai qui? Non dovresti essere nei boschi ad
abbattere alberi a mani nude?” Caroline avanzò nel
salotto ingombro di colori, scale e pennelli e li aggirò con
accortezza.
“Non
funziona per combattere l'impulso ad uccidere vampiri.”
“Quindi
metti in pericolo Bekah? Non è carino da parte tua... uau! Ma
che bella!” esclamò di fronte alla parete schizzata.
Mollò il ciambellone fra le mani del ragazzo, il collo
inclinato per capire meglio il frattale e quando notò la
vampira con la coda dell'occhio, sorrise con tutta la faccia. Rebekah
indicò il lenzuolo con gli occhi e col mento, più
volte.
Caroline
non capì, aggrottò la fronte e si diresse verso di
esso. Rebekah scosse vigorosamente la testa e le tolse ogni dubbio.
“Ciao, Nik...”
Aveva
terminato il nero e ci voleva un bel po' di giallo per completare la
rifinitura del vestito. Klaus la ignorò, infilò la
maglietta e la manciata di tubetti vuoti in tasca e le passò
accanto senza degnarla di uno sguardo.
Caroline
lasciò ricadere il lenzuolo e chiuse gli occhi per
riacquistare la padronanza di se. Sì, aveva esagerato. La sua
reazione era stata eccessiva ma era andato a toccare un settore off
limits. Caroline gli corse dietro. Per la prima volta in vita
sua.
***
“Che
fanno?”
Rebekah
spiò oltre la finestra e sospirò. “Se lo
riprende” annunciò passando le mani sulle braccia nude.
“Non credo di avere la falciatrice.”
“Non
importa, faccio un salto a casa.”
“Stef...”
Rebekah morse l'interno della guancia, indecisa. “Resta a casa,
me la cavo da sola. Devo andare al negozio di mobili con Elijah e
devo cambiarmi.”
Non
lo voleva fra i piedi. “L'attrezzatura per il giardino.”
“Certo...”
bisbigliò. Rebekah saltellò in avanti, quando Stefan la
prese fra le braccia. Mantenne il sangue freddo durante il bacio, ben
più lungo e passionale del precedente, e appena si accorse di
stringere le maniche della sua maglietta, lo allontanò da se.
“Noi non funzioniamo, insieme, ed io non voglio stare di nuovo
male. Elena ti ha spezzato il cuore lasciandoti, e Willbourgh ha
infranto il mio, morendo. Un dolore non può anestetizzare
l'altro. Finiremmo per odiarci.”
“Bex...”
“Lo
vedo che ti costringi a venire qui per stare con me, mentre
imbianco pareti e urlo a Nik di finirla con la musica house, ma
hai bisogno di concentrarti solo su te stesso, questo momento. Dianna
è ancora in città. Elijah l'ha incatenata nella torre
per impedirle di farsi male. Fa pratica con lei.”
“Torre?”
“A
Mystic Falls non ci sono grattacieli. Nik ha comprato l'ultimo piano
dell'edificio più alto e quando ha le manie di onnipotenza, ci
va per osservare la città dall'alto e stabilire quale nuova
piaga scagliare sui poveri abitanti...” sospirò,
allegra. “Lo sai, è matto.”
La
'Torre'
Le
ventiquattrore erano passate e quel citrullo era sparito! Non c'era
l'ombra di un allaccio telefonico, Elijah le aveva sequestrato il
cellulare... e l'aveva anche privata delle schifezze che mangiava
giornalmente, pensò sbattendo l'anta del frigo. Come
sopravviveva senza gelato e mashmellows rosa?! Dopo cinque
anni di onorata carriera, scopriva che toccare i canini di un
vampiro, lo faceva incazzare... che cosa curiosa, pensò
uscendo sul balcone illuminato dal debole sole invernale. Tirò
indietro la testa e stese le braccia, reggendosi alla ringhiera. Era
strano forte, Elijah. Potevano passare del tempo insieme e invece...
ooohhh!
Dianna
trasalì e arretrò un po' troppo. Klaus l'afferrò
per il collo del maglione e la tirò in avanti, fermandone
l'evitabile caduta.
“Cerca
di fare un po' di rumore, cribbio!” sospirò come un
drago arrabbiato, spaventata dal volo scongiurato.
“Le
ventiquattro ore sono passate. Perché non sei sulla corriera
delle due?” Klaus guardò l'orologio e pensò che
il tempo aveva cessato di scorrere. “Puoi uscire, se vuoi.”
“Perché
sei triste?”
Ma
che diavolo...? Ma si accorgeva di tutto, quella ragazza? “E'
la stessa domanda di cinque anni fa.”
“Sei
triste come allora?”
Non
avrebbe dovuto. Caroline aveva argomentato il suo sfogo, spiegando lo
stato d'animo al momento del litigio. E poi gli aveva detto una cosa
che l'aveva lasciato senza parole. “Torna a casa, prima che si
accorga che ti ho scarcerato senza autorizzazione. Io devo finire un
ritratto.”
Dianna
lo seguì con lo sguardo. “Ehi, vampiro...”
Klaus
si fermò ma non si voltò.
“Non
vuoi sapere cosa succederà, quando avrai completato la mappa?”
“Tutto
avrà un termine.”
“Già...”
“Il
tuo tempo è limitato, non sprecarlo” sussurrò
voltandosi di qualche grado. “Non subirlo e non ignorarlo,
perché quando sarai sul letto di morte, ti chiederai se quello
che hai fatto potevi farlo meglio, e rimpiangerai di non aver detto a
quella persona che tenevi a lei più della tua stessa
vita.”
Dianna
batté le palpebre e sorrise debolmente. “Siamo sempre in
tempo per rimediare.”
Forse
sì. Se metteva da parte l'orgoglio e la paura. “Ci
vedremo ancora, vero?”
“Sono
sempre disponibile con gli amici.”
Loro
erano amici?
“Mi
fai vedere quel ritratto?”
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Capitolo 19 *** Succo d'arancia ***
“Abbiamo
bisogno di un insegnante di disegno all'asilo...”
“Non
sono bravo ad insegnare. So solo dare ordini.”
Dianna
pensò che un po' di polso non faceva mai male. Giocò
con i capelli, seduta in terra a gambe incrociate mentre l'artista
dava gli ultimi ritocchi. “Lascia senza parole.”
“Mh...”
“Le
piacerà di certo.”
“Mh...”
“Ti
imbarazzi sempre, quando ti fanno un complimento?”
“Mh...”
rispose picchiettando il bordo duro del pennello contro la mandibola.
Quel
'mhh' stava per 'finito?' “Sei davvero bravo e pensare che a
guardarti non ti davo due soldi.”
Klaus
le regalò uno sbuffo di vernice sulla punta del naso.
“A-ah!
Molto spiritoso!” esclamò rubando una ditata di colore
dalla tavolozza e minacciandolo apertamente. “Vediamo se questo
ti fa ridere!”
Rebekah
lo sentì irrigidirsi appena messo piede nel salotto. Provò
a dire qualcosa ma l'occhiata di Elijah l'ammutolì e la fece
tacere. Il vampiro tirò via il lenzuolo e Rebekah restò
a bocca aperta: non seppe dire se era per il quadro o per i due
'bambini' che si facevano i dispetti dietro il paravento.
“Ma
che fai? Era una sorpresa!” esclamò Dianna cercando di
coprire l'immenso quadro con le braccia. Klaus scosse la testa e la
ragazza lo sgomitò, incitandolo a ricalcare il gesto.
“Nascondilo, dai!”
“Hai
idea di quanto è grosso quest'affare?” sospirò
mollando la tavolozza a terra.
“Non
lo so. Dimmelo tu.” Dianna sollevò rapida le
sopracciglia e Klaus scoppiò a ridere. Oh, aveva raggiunto il
suo scopo, pensò sorridendo a Elijah che continuava a
guardarli in riprovevole silenzio.
Klaus
provava a darsi un contegno, ma ogni volta che smetteva di ridere,
riprendeva più forte di prima. Se ci fosse stata la benché
minima possibilità di una voragine improvvisa al centro della
sala, Elijah ce l'avrebbe spinto dentro con un calcio.
Dianna
scavalcò la montagna di tessuto e si avvicinò alla
ragazza che era rimasta raggelata di fronte il proprio ritratto.
“Dovrebbe togliere ogni dubbio, circa il suo affetto per te.”
Rebekah
la guardò, attonita e sul punto di piangere. Dianna le passò
il braccio sulle spalle e sorrise. “Te ne commissiono uno. Ce
la fai per il mese prossimo, imbrattatele?”
“Non
so fare le caricature, mi dispiace!” esclamò riponendo
pennelli e tubetti di colore. Alzò gli occhi su Elijah che lo
fissava con l'intento di ucciderlo e si schiarì la voce. “A
te l'ho già fatto!”
Elijah
l'afferrò e lo sbatté contro il muro. Porca puttana,
la vernice fresca! “Ma se devo, te ne faccio un altro...”
Elijah
lo lasciò di scatto e il vampiro si voltò per osservare
l'entità del danno. In alcuni punti, il tratto aveva perso di
consistenza. Non era un gran danno, poteva rimediare. “Ce l'hai
con me, va bene. Ma non rovinare il regalo di Bekah” sibilò
a bassa voce.
“Modigliani
diceva che avrebbe dipinto gli occhi di Jeanne solo dopo aver
conosciuto la sua anima. Mi chiedo come fai a 'vederla' dopo tutto
quello che hai fatto.”
Klaus
pulì un pennello e gli rivolse un sorriso di sufficienza.
“Elijah,
basta.”
Il
vampiro spostò lo sguardo sulla cacciatrice e si incupì.
“Tu non immischiarti!”
Dianna
batté le palpebre e il discorso che aveva preparato, svanì
in un attimo.
“Non
entrare nelle faccende di questa famiglia. Non chiedere, non
scavare nel nostro passato e soprattutto sta lontano da
quest'individuo!”
Klaus
alzò le sopracciglia e non commentò. Era evidente che
Elijah non avesse alcun bisogno di lui.
“Se
spremi un'arancia cosa ottieni?” domandò la ragazza,
seria seria. “Succo d'arancia. Ne latte, ne limone. La gente
mostra solo quello che ha dentro e non puoi prendetela se il succo
d'arancia non ti piace.”
“Rifiuto
la tua argomentazione sotto ogni punto di vista.”
“E'
un poveraccio condannato all'infelicità! Devi imparare ad
avere pazienza con le creature inferiori!” sospirò
alzando gli occhi al cielo.
Inferiore?
Klaus la guardò male e riprese a dipingere la parete, sentendo
lo sguardo di Rebekah addosso. La sbirciò dal basso e quando
si rialzò, la ragazza lo abbracciò di slancio. Il
vampiro sospirò e la circondò con un braccio picchiando
la testa contro la sua.
Dianna
li indicò con entrambi gli indici e sorrise, altezzosa. “Sei
l'unico a spandere energia negativa, qui dentro.”
“Sono
l'unico con una memoria funzionante” sbottò prendendo la
strada più breve per il giardino.
Gli
uomini e i loro ormoni impazziti! Dianna gli corse dietro. “Quando
ti ho conosciuto eri esattamente come lui! Arrabbiato, annoiato,
frustrato e rompicoglioni! Ci hai messo un mese solo per ricambiare
il mio saluto.”
“Non
farti imbambolare da quattro schizzi su una parete!” ringhiò,
seccato per essere stato paragonato al fratello. “L'ha sempre
fatto e continuerà a farlo per paura di perdere le uniche
persone...”
“Perché
sei così arrabbiato con lui?” lo interruppe, abbassando
la voce e fissandolo negli occhi. “Il suo destino è
segnato, quando morirà voi sarete già morti. L'ultimo
volto che vedrà, sarà quello del cacciatore che gli
toglierà la vita.”
“Stefan?”
“...
che morirà dopo di lui, discendendo dalla sua linea di sangue”
concluse, mesta. “Lo sa senza saperlo, e questo pensiero lo
tormenterà per il resto dei suoi giorni. Ce n'è
abbastanza per ucciderlo lentamente.”
La
sua abitudine di scusare sempre tutti, le avrebbe rovinato la vita.
“Sono
fatta così, trovo il buono nel peggiore degli esseri umani. Vi
vuole bene a modo suo ma non ti puoi arrabbiare, se non lo sa
dimostrare. Tu dici di volermene ma non l'hai mai detto chiaramente.
Lo capisco quando mi accompagni a prendere il gelato a mezzanotte o
mi compri un paio di occhiali finti perché i miei sono andati
persi” continuò avvicinandosi. “Perché non
sei rimasto con me? Mi avrebbe fatto piacere passare in po' di tempo
insieme.”
Insieme
come? Capiva l'insieme pre-confessione, ma l'insieme
post-confessione accendeva la lucetta del free entry che
dimorava nel cervello di tutti gli uomini. Nel suo caso, invece,
poteva significare qualsiasi cosa tranne quello. “Klaus
non si sforza di dimostrare niente. Ti ha fatto uscire lui?”
“Sì”
sussurrò dondolando sulle gambe come una bambolina. “Sei
ancora arrabbiato?”
“Non
ti devi fidare di lui” bisbigliò prendendola da parte.
“Credo sia bipolare.”
“Potevi
farlo controllare. Eppure ne hai avuto, di tempo!” sussurrò
colpendo su un braccio. “Riusciamo a prendere la corriera delle
quattro per andarcene da questo posto?”
“Ho
la macchina” rispose automaticamente, indicando la vettura
parcheggiata nel vialetto.
“Tu
sì che sai come conquistare una ragazza. Vado a prendere le
mie cose.”
“Sono
nel portabagagli.”
Dianna
lo abbracciò di slancio. “Sei il migliore!”
esclamò baciandolo forte su una guancia. “Ce ne andiamo,
ce ne andiamo!” cantilenò saltellando verso l'auto.
E
ora gli toccava un viaggio di sei ore (senza contare le pause pipì)
con un doppio cheeseburger al sangue sotto il naso. L'avrebbe morsa
prima del calar del sole. “Ehi, siamo invitati ad una festa.”
“Lo
so. Zelda mi ha mandato l'invito via sms.”
“Cosa
regaliamo ad una coppia di narcisisti che ha tutto?”
“Un
soggiorno forzato a Mystic Falls.”
Casa
Gilbert
Sai
cosa succede quando due individui alfa si incontrano?
Si
sbranano.
O
si feriscono a morte.
Ti
amo...
Perdonami
se non ti credo.
Aveva
toccato il fondo.
“Jeremy
è in casa?”
“E'
andato a lavoro.”
Caroline
si fermò sullo zerbino di casa Gilbert, infilò la mano
in tasca ed estrasse un sacchetto pieno di erba magica. “L'ho
rubata a Bonnie. Se entro, ce la fai a non uccidermi?”
“E'
la stessa roba...”
“La
stessa.”
Il
vampiro le fece cenno di accomodarsi. Caroline, per sicurezza, si
guardò le spalle. “Non sono un esempio da seguire,
meglio che Jer non mi veda indurti alla consumazione delle droghe...”
sospirò sfilando la giacca. “Giura sul tuo onore che
tutto quello che verrà detto in questa stanza, non sarà
riportato ad anima viva o sovrannaturale per il raggio di cento
chilometri.”
“Giuro.”
“Bene”
esclamò con finta allegria. “Klaus mi ha piantato.
Comincia ad accenderla e poi falla girare.”
***
“Piantato...
non ti ha piantato...”
Era
strafatta. Caroline storse gli occhi e cercò di mettere a
fuoco Stefan. Vedeva la bocca muoversi e non afferrava le parole.
Aveva tutta la lingua impastata di erba e scotch. Caroline fece le
boccacce e si trascinò in cucina per riempire un bicchiere
d'acqua.
“Rebekah
mi ha piantato... non mi vuole più vedere...”
“Non
è un buon motivo per ammazzarsi di alcool!” esclamò
tutto insieme gettando un po' di acqua sui vestiti. Uff, che caldo!!
“Passa...”
“E'
acqua... credo... fa schifo...”
“So
dove trovare un sacco di acqua...”
Caroline
smise di sventolarsi con la rivista di fitness di Jeremy e barcollò,
rimettendosi in piedi. “La-go la-go!”
Stefan
la prese per il polso e la trascinò fuori, nel giardino.
L'aria era ben fredda e Caroline strizzò forte gli occhi. Gli
riaprì quando qualcosa di gelido la colpì sulla spalla
fredda e sulle gambe. Aveva acceso gli innaffiatori... perché?
La vampira crollò sull'erba gelida, zuppa da capo a piedi e lo
prese in giro mentre si toglieva la maglietta, fradicio come lei.
Cominciarono a ridere come stupidi e non smisero neppure quando il
lampeggiante della polizia si fermò all'entrata del vialetto.
“Va
bene, ragazzi. Chiudete quel rubinetto!”
Il
poliziotto avanzò placido verso di loro, i due vampiri si
guardano e scoppiarono a ridere finché non smisero,
accarezzati entrambi dalla stessa idea.
Casa
Mikealsohn
L'orario
non era adatto alle visite. Forse agli amanti, sperò
indossando la giacca da camera e stringendo il nodo sulla vita.
Caroline? Fradicia d'acqua e sporca di sangue? Che magnifica visione!
La ragazza lo guardò con aria ferocemente trasgressiva, Klaus
se ne deliziò finché non gli saltò addosso e lo
mandò lungo disteso. Caroline si strappò la camicetta
facendo saltare i bottoni e dichiarò senza tanta delicatezza
che 'era suo, cosa credeva di fare, evitandola?' Klaus non
replicò. Non ne aveva ne la forza, ne la voglia. Aveva voglia
d'altro.
Villa
Rebekah
Ma
chi cavolo rompeva le scatole a quell'ora? Era stanca morta...
Rebekah sbuffò e uscì dal sacco a pelo. “Stef...
ti ho detto... che hai fatto?!” esclamò svegliandosi
completamente. Era bagnato e i suoi vestiti recavano tracce di
sangue. “Vieni dentro, qualcuno ti ha visto?” sussurrò
un attimo prima di essere 'aggredita'. Stefan l'abbrancò, la
sollevò e la spinse contro il muro ancora da dipingere. La
baciò e Rebekah sentì il sapore di sangue sulla lingua.
Oppose resistenza solo per qualche secondo, poi lo abbracciò.
Ma prima lo tastò per sentire se aveva armi addosso. La
pressione lo eccitò e gli fece perdere il controllo. Sì,
ora ricordava perché erano stati insieme per gran parte degli
anni Venti.
In
un'altra città, alcune settimane dopo. Appartamento 4 B*
E
lo zucchero?
Dianna
aprì la dispensa e mugolò, adocchiando l'orologio. Il
drugstore era chiuso, a quell'ora, ma non poteva presentarsi
senza torta a scuola. I suoi bambini ne sarebbero rimasti delusi.
Sbuffò, infilò le scarpe e prese la giacca pesante.
Lanciò uno sguardo alla 4 A mentre scendeva le scale,
saltellò negli ultimi gradini e planò addosso
all'oggetto dei suoi desideri lanciando un singhiozzo per la
sorpresa. Quello era stato il contatto più intenso degli
ultimi due anni. Nessuno dei due
aveva più toccato l'argomento
e anche le uscite infrasettimanali si erano diradate. Dianna aveva il
folle desiderio di toccarlo proprio di brutto, l'argomento.
E il vampiro. “Ehi... ciao...”
Era
inutile evitarla, se la pensava tutto il giorno. Elijah rispose al
saluto, ringraziando la sua mania di correre per le scale. Aveva
avuto la scusa per abbracciarla. Dianna sorrise, imbarazzata, e si
chinò a raccogliere un tubo piuttosto grande che aveva sotto
braccio e che era caduto nell'urto. “Cos'è?”
“E'
per te. Un regalo di Klaus.”
La
torta l'avrebbe comprata già fatta, prima di entrare a scuola.
“Perché tuo fratello mi invia regali? Devo aspettarmi di
vederlo comparire all'improvviso?”
“Niklaus
è pigro, da quando ha scoperto il sintetizzatore vocale non
digita neppure un sms” mormorò lasciandola di mala
voglia. “Le visite a sorpresa le riserva alle vittime.”
“Grazie
di avermelo detto...” borbottò salendo le scale dietro
di lui. Ruppe la carta e stappò il tubo da disegno. C'era un
foglio arrotolato, dentro.
Il
disegno te lo faccio ugualmente.
Gliel'aveva
promesso ma non credeva se ne ricordasse ancora. Dianna arrossì
e restò a bocca aperta. Le aveva detto che disegnava solo
quello che vedeva, e se il dipinto di Rebekah mostrava una
giovane altera magnificamente abbigliata con lo sguardo lucente e
ingenuo, il suo la ritraeva languidamente abbandonata fra le lenzuola
di un letto ingombro di cuscini. Guardava dritto in faccia il suo
osservatore e chiedeva di essere raggiunta. Dianna abbassò
le braccia col cuore che batteva ferocemente. Elijah
lo percepì chiaramente, il tumulto improvviso del sangue nelle
vene. Sbirciò il disegno da sopra la sua spalla e come
previsto, si arrabbiò. Aveva timore che la gioia di vivere di
Dianna lo urtasse al punto di pensare di farle del male... ma a
quanto sembrava, l'aveva conquistato.
“Dammi
il suo numero, devo insultarlo” sussurrò la ragazza,
sventolandosi col foglio.
“Insultalo
di persona. Rebekah ci ha invitato alla festa di inaugurazione della
casa, questo week end.”
Tutti
gli inviti che avevano ricevuto ultimamente, erano doppi.
Chi aveva deciso che stavano insieme?
“Portati
un bikini, la festa è in piscina.”
“A
Gennaio?”
“E'
riscaldata.”
Ah,
beh. Non rischiava una polmonite fulminante. “Sta cercando di
dirmi qualcosa?” insistette indicando il disegno.
Klaus
riusciva sempre a lasciarle a bocca aperta, le donne. Elijah la
guardò e un miscuglio di sentimenti contrastanti lo dominò
per un buon minuto. “Cosa vorresti che dicesse?”
“'Mi
sto sposando con la bionda e adotterò una nidiata di bambini'”
sussurrò, a disagio. “E' il tipo che fraintende?”
Elijah
scosse la testa, assottigliando le labbra.
“Ah,
bene...” sospirò, sollevata. “Devo fare una torta
ai bambini. Ti avanza dello zucchero?”
“Nella
dispensa.”
“Perché
uno che non mangia ha sempre il frigo pieno?”
“Perché
ha una vicina che dimentica di fare la spesa. Una torta fatta di
cosa?”
“Cioccolato”
sussurrò come se si trattasse di un segreto di stato. “Con
una montagna di panna e le ciliegine come decorazioni.”
“Ci
sono molti maschietti nella tua classe?”
“Un
buon cinquanta per cento.”
“Le
ciliegine sono robe da femmine. Smarties, vai sul sicuro.”
Perché?
Erano dure. Però colorate! Dianna sorrise e gli
scaraventò un bacio sulla guancia. “Genio! Corro a
comprarle!”
Ora
basta, pensò trattenendola e riportandola verso di se. Dianna
inciampò sui propri piedi e gli finì addosso. A
prescindere dai suoi desideri, c'era un motivo per cui lo teneva a
distanza. Elijah la baciò ma la sensazione piacevole durò
poco. Dianna abbassò il mento, esalando un sospiro combattuto.
Qualunque decisione avesse preso, l'avrebbe fatto soffrire.
Elijah
tirò indietro la testa e la guardò. Dianna aveva una
montagna di segreti... ed ora che ci pensava, non l'aveva mai
invitato ad entrare in casa sua.
“Scusa,
devo occuparmi della torta...” sussurrò, picchiettando
il pugnetto chiuso sul suo braccio. “E devo cercare quel
bikini...”
“Di...”
“E'
un mio problema e non puoi aiutarmi a risolverlo” concluse,
umettandosi le labbra ed Elijah fu certo che non si riferisse ne alla
torta, ne al 'problema' confessato nel corso della festa.
*citazione di The
Big Bang Theory. Penny è nell'appartamento 4B e
Leonard nel 4A :)
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Capitolo 20 *** One night stand ***
Villa
Rebekah, Mystic Falls
“Trentotto
gradi, signore. Come alle terme.”
“Mh...
meraviglioso...”
“Non
dovevo comprare quella maledetta wii...” sbuffò
Rebekah tirando indietro la testa. “Ma che hanno, gli uomini,
contro le piscine riscaldate?”
Caroline
sorrise, piacevolmente rilassata. “Se fossero tutti qui,
parlerebbero.”
“Avete
fatto caso a quanto parlano, quando sono insieme?” Elena
sistemò la spallina del reggiseno e fissò meglio le
forcine che tenevano alti i capelli.
“Non
parlano, tirano frecciatine...”
“O
si insultano.”
“Ve
ne è toccato uno a testa, io devo sopportarne tre.”
Rebekah sventolò una brocca di soluzione alcolica mista ad un
liquido arancione e prese quattro bicchieri di cartone spesso. Uno,
due, tre... e la quarta? La vampira si guardò attorno,
perplessa.
“E'
rimasta dentro con gli altri.”
“Sta
giocando anche lei?!”
Caroline
batté le ciglia e lanciò uno sguardo gelido.
***
“Sei
un maledetto cheater!”
“Non
sai perdere!”
“Io
non perdo a Modern Warfare! Io ti fotto con il lanciagranate,
se provi ad appostarti di nuovo su quel tetto irraggiungibile per
spararmi addosso, ogni volta che torno in gioco!” Dianna si
strappò la cuffia dalla testa con un sibilo arrabbiato e mancò
poco le lanciasse in testa a Kol. “Baro!”
“Dichiariamo
concluso il Deathmatch a squadre prima che scorra il sangue!”
Elijah ammortizzò l'occhiataccia di Dianna, si frappose fra
lei e il fratello, Kol rispose con un doppio dito medio e Klaus
sbuffò. “Mi avete rovinato il divertimento. Fanculo, mi
butto in acqua.”
Dianna
fissò Kol un'ultima volta, prima di slacciare la felpa con un
gesto violento. “Ti seguo.”
“La
tua ragazza se la prende parecchio. In fondo, è solo un gioco.
Si chiama infiltrazione tattica....”
“Si
chiama barare.”
Il
ragazzo alzò le spalle e portò le mani dietro la testa.
“La conosci da molto?”
“Due
anni.”
“Due
anni” ripeté, incuriosito. “Nasconde qualcosa.”
Era
il 'cane da caccia' della famiglia. Senza di lui, non avrebbero mai
trovato Katherine. Elijah pensò di assumerlo seduta stante.
“E' solo riservata.”
“Nasconde
qualcosa.”
E
quando era convinto di una cosa, non c'era verso di sbagliare. “Il
tuo prezzo?”
***
“E'
un maledetto baro!”
“L'abbiamo
capito, ora tappati la bocca!” Klaus sollevò gli occhi
cielo e si sbarazzò della maglietta. “Dov'eri mentre
morivo sotto i colpi del mitragliatore? Dovevi coprirmi le spalle
mentre assaltavo la baita!”
“Io
non copro le spalle. Io assalto!” esclamò
ignorando le occhiate in tralice delle ragazze ferme a bordo piscina.
Caroline
lanciò uno sguardo ad Elena e sorrise fra se, appollaiandosi
sulla spalla del vampiro che la baciò sulla punta del naso,
abbracciandola. Dianna li sbirciò con la coda dell'occhio e si
voltò verso l'interno della casa. Elijah era in dirittura
d'arrivo. La ragazza si scurì e il cambiamento d'umore non
passò inosservato. Rebekah nuotò fino a lei e si issò
sul bordo gelido, stupenda nel suo costume bianco. “Dove hai
preso quel bikini? Mi piace da morire!”
“Un
regalo” borbottò immergendosi fino al mento. Il bikini
era nero e con le borchiette sulle spalline e il bordino degli slip.
Solo Trixie poteva regalarle qualcosa di tanto estroso e sexy. Guardò
le unghie smaltate di rosso che contrastavano con il lucido del
tessuto del bikini e si morse le labbra, anch'esse rosse e pregne di
gloss. A sentire le amiche, era una bomba sexy. Dianna nuotò
verso il centro della vasca quando sentì il vampiro entrare in
acqua. Se si fosse voltata in quel momento, li avrebbe visti tutti
scambiare occhiate interrogative.
***
Eccole,
le cattive compagnie di cui parlava mia madre... ho bevuto troppo...
“Signore,
la bumba!”
Ogni
volta che lo vedo, vorrei chiedergli i documenti per attestare la
maggiore età. Kol è il bizzarro incrocio fra i fratelli
maggiori. Il fratello di Stefan, invece... è innaturalmente
bello, sembra fatto di vetro. Damon mi rivolge appena uno sguardo con
i suoi occhi di ghiaccio e sussurra sottovoce qualcosa alla ragazza
che annuisce, allunga le braccia e lo bacia... oh, che palle! Sembra
che tutto il mondo non faccia che baciarsi di fronte a me! E non
siamo ancora a San Valentino! Che succederà, fra una
settimana? L'ape regina ha colto la palla al balzo quando è
stata sollevata la questione del barbecue. Si è portata via il
fidanzato in tutta fretta. Mi sa che non le è andata giù,
la partita. Rebekah agguanta la brocca e ci guarda dentro. E'
leggermente più chiara della precedente. Kol
alza il volume dello stereo, inondandoci dell'ultimo tormentone di
MTV. “Ve l'ho detto che organizzo le feste migliori?”
Rispetto
a chi e dove? Mi sono quasi slogata una caviglia per imparare a
ballare questa scemenza del Gangnam
style, non crederà...
“Quel
coreano è un fottuto copione! Dovresti chiedere i diritti!”
Rebekah
scivola, sollevando un sacco di acqua e scoppia a ridere, incurante
della pelle d'oca e dei capelli fradici. E' fatta come una pigna.
'Spetta un po'. “L'hai inventata tu?”
Kol
mi guarda con aria di superiorità e dopo mezzo secondo attacca
lo stupido balletto. Non ci posso credere!
***
Sono
stordita dall'alcool e a forza di ridere mi è venuta la
nausea, ma mi sto divertendo da matti e la nostra coreografia
migliora ad ogni bicchiere scolato. Quando la musica finisce, ci
scambiamo un cinque a mano aperta. Sento odore di carne cotta sul
barbecue e mi si apre lo stomaco. Sto per fiondarmi nel settore
cibarie quando Kol gira un braccio sulle mie spalle e mi tira verso
di se. “Non hai freddo?”
E'
quel tipo di ragazzo con cui non puoi spuntarla con la logica. Devi
usarlo fino alla morte e buttarlo fuori dal letto appena hai finito.
“Ehm... no.”
“Tranquilla,
non pensavo di chiederti un impegno a lungo termine. Ero lanciato in
una one night stand
senza alcuna implicazione sentimentale...”
Oddio,
ma è vero, questo?! Scoppio a ridere e copro le sue ultime
parole. “Con me non funziona, ma continua pure su questa
strada, tesoro!”
“Ragazzi...
oh!”
Caroline
si ferma di colpo e ci guarda, spaventata. O meglio... guarda me e il
suo viso si fa di pietra. “Scusate l'interruzione, ma stiamo
cuocendo le bistecche ed Elijah non ricorda se sei vegetariana.”
Mi
ha fornito la scusa che cercavo per andarmene. “Non mi nutro di
animali morti, se non sono ben bruciati!” Esco dall'acqua e
infilo l'accappatoio colorato. “Vengo a darti una mano.”
Caroline
non replica e sposta lo sguardo da me a Kol. “Il grado di
cottura della tua bistecca?”
“Al
sangue” risponde, ammiccando e mostrandole i denti. E' successo
qualcosa fra questi due. Per quanto ammiri il fegato di una donna
cazzuta, mettersi a litigare con un vampiro Antico ti accorcia la
vita. “Ci ha provato anche con te?”
“Sì.”
E
Klaus non l'ha sbrindellato? Appena raggiungiamo il gruppo, la prima
cosa che fa, è mettersi a trafficare con la sua amica e i
piatti di carta. Davvero, perché nessuno l'ha pestato? Che
cavolo ce l'ha a fare il fidanzato incazzoso se non interviene
quando...
“Chi
stai guardando con aria omicida?”
“Tuo
fratello” rispondo a bassa voce, girando il collo verso Elijah.
“Avevi promesso di restarmi attaccato alle chiappe e mi hai
mollato subito dopo il tour panoramico della casa.”
“Non
hai l'aria di una che ha voglia di compagnia, stasera.”
Touchè.
Il suo sorrisetto lascia intendere uno scoppio di sarcasmo. Odio,
quand'è sarcastico. “Tuo fratello ci ha appena provato
con me. Ma ce l'ha l'età legale per baciarla, una ragazza?”
La
notizia lo tramortisce. All'inizio sposta lo sguardo su Klaus che sta
pungolando una bistecca con aria bellicosa e poi si rivolge alla
piscina.
“Lascia
stare” sussurro rabbrividendo nell'accappatoio. “Vado a
cambiarmi.”
“Ti
accompagno. Sembra che non possa lasciarti sola cinque minuti, quando
sei in presenza della mia famiglia.”
“Dov'è
Stefan? Non è stato invitato?” Dov'è l'uomo a cui
ho rovinato la vita di proposito?
“Sta
lavorando.”
Già.
Il suo lavoro. Aggrotto le sopracciglia ed Elijah entra
intenzionalmente nel mio campo visivo.
“Che
cosa nascondi?” domanda prendendomi per i fianchi e
protendendosi verso di me. Batto le ciglia, le labbra tese e
incollate fra loro. Quando lo vedo arrivare, mi sento in colpa.
“Ciao, Stef...”
Lui
non sorride, non saluta nessuno e si pianta in mezzo al giardino,
arrabbiato.
“Stai
morendo, vero?”
***
Bel
modo di interrompere una festa. Tutti i vampiri che si erano voltati
a salutare Stefan, ora stanno guardando me.
“Quanto
ti resta? Qualche anno?”
Dipende
dalla concentrazione dei vampiri morti sulla mia strada. Gli invitati
alla festa stanno aspettando una reazione da parte mia, così
mi servo di un piatto di patatine fritte e le sgranocchio in
silenzio. Ma sì... ormai... “Tutti i cacciatori
sono malati. Noi moriamo per due cause principali: voi e un veleno
nel sangue. A quanto pare, ogni volta che uccidiamo un vampiro,
perdiamo un po' della nostra vita. Quando la mia mappa verrà
completata, morirò.”
“E
Stefan?”
La
sfortuna sentimentale di Rebekah è qualcosa di sconosciuto al
genere umano. “Lui è un discorso diverso. E' un vampiro,
si rigenera... sembra assurdo, ma sono i candidati migliori per
questo lavoro. Non morirà... non nell'immediato.”
Rebekah
è attonita, solo Stefan non fa una piega. Lode al suo sangue
freddo.
“Lo
sapevi quando sei venuta a Mystic Falls?”
“Lo
so dal primo vampiro caduto.”
“Stultorum
mater sempiter gravida.”
Bravo,
Nik. Hai fatto i compiti di latino.
“Per
quello non avevi paura di me.”
“Sapere
che ti restano pochi anni da vivere, ti fa vivere al massimo... ed io
voglio andarmene col botto, lasciando un cadavere stupendo”
mormoro, cercando di essere leggera. “Sapevo della maledizione
e francamente non mi intimorisci. Spiacente di deluderti.”
“Stai
morendo. E quando pensavi di dirmelo?”
Merda,
mi sono scordata di Elijah. Sollevo le spalle, visto che non posso
fare nient'altro. “Mai?”
Elijah
trasecola e mi guarda come se l'avessi tradito. “Gli
amici si confidano, se hanno un problema. Gli amici te lo dicono, se
stanno morendo!”
“Mi
chiami lamentina!”
“Hai
rovinato la festa con la tua stupida confessione. Niente cibo alla
morente!”
Klaus
mi tira via il piatto. E' pazzo a togliermi il cibo? “Ehi, non
mangio niente da stamattina!”
“Come
fai ad essere così grassa, allora?”
“E'
ritenzione idrica!” esclamo, offesissima e con lo stomaco che
gorgoglia. “Verrò a tirarti le coperte tutte le notti,
se non molli subito quella bistecca!”
“Potete
curarla.”
“L'avvelenamento
riprenderà appena ricomincerò ad uccidere” spiego
ad Elena che tace,
dispiaciuta. “Ci hanno già provato, in passato.”
Li vedo bloccarsi tutti, soprattutto Klaus assume un'aria con non
vorresti vedere due volte. “D'accordo, non era il sangue di un
vampiro Originale...” gli concedo con calma quasi zen “...
ma è stato fatto il tentativo.”
“Quanti
tentativi?”
Scrollo
le spalle, non conosco il numero preciso. “Non possiamo tornare
alla festa e dimenticare...”
“No.”
Che
palle! “Elijah...”
“Parla
con me, non parlare con lui. Con me non funziona la tua trappola
sessuale.”
Oh
dio, ma chi me l'ha mandato, questo?! “Ma cosa ve ne frega, se
vivo o muoio?! Siamo in due squadre diverse... ahia!” Mi ha
dato uno scappellotto, questo stupido!
“Qualcuno
estrapoli il numero di Meredith dalle profondità del proprio
cellulare!” tuona Klaus rifilandomi un'occhiataccia che non
capisco. Sbircio Elijah con la coda dell'occhio. A che sta pensando
con quell'aria concentrata?
“Se
non funziona, abbiamo l'alternativa” borbotta strusciando il
mento.
Mh,
è sexy quando lo fa. 'Spetta 'spetta. Che alternativa? Non
voglio diventare un vampiro! Vivere nell'ombra, nutrirsi di sangue...
bleah! Mi piace mangiare e mi piace prendere il sole. “Si parla
di anni, non agitatevi. Sono viva, sto bene!”
“Cosa
avevamo detto di quel 'non
è successo niente, va tutto bene?”
“Che
mi avresti morso il culo” borbotto sovrappensiero,
intercettando lo sguardo divertito di Elijah. “Non ci provare!
Non andrà a finire come in quei filmini che mandano a tarda
notte, sulle reti scadenti!”
“Piantala
di schiamazzare, sono al telefono!”
“Se
muoio, sono cinquantanni di tormenti a testa!” gli ricordo
saltellando il dito fra Klaus ed Elijah.
“Tieni
a bada la pazza” sibila ed Elijah mi tira via, diretto verso il
buffet. Mi conosce bene, sa che divento dispettosa quando sono
affamata. C'è un unico problema: non ho fame, ho lo stomaco
chiuso e preferirei davvero che mi mordesse il culo. Un
contatto fisico fra noi sarebbe ben gradito, a questo punto della
storia.
“Per
una volta, permettici di ricambiare il favore.”
Che
favore? Non capisco. Guardo lui e sposto lo sguardo su Klaus che
parla al telefono. “Tu sai di cosa stanno parlando?”
domando al più innocente dei tre.
Kol
scuote la testa, stirando le labbra. “Mio fratello maggiore si
presenta con una dea shiksa
dal costume borchiato, e l'altro mio fratello si prende il disturbo
di risolverle un problema? Spero che il favore sia stato di carattere
sessuale e spero di rientrarci, dopo questa serata.”
Dea
shiksa?
Addirittura?! “Non funzionerà, mi deprimerò
e la mia sindrome premestruale vi sembrerà...”
“Qualcuno
la morda o la faccia stare zitta!” esclama Klaus ad alta voce.
“Se devo morire per mano di un cacciatore, voglio scegliermi il
cacciatore che mi toglierà la vita!”
Comincio
a capire il suo modo di preoccuparsi. Abbaia un sacco quando tiene a
qualcuno. “Ci vorranno centinaia d'anni, mica crederai che
resterò ad aspettarti per tutto quel tempo?”
“Peccato.
Avrei avuto qualcosa di bello da guardare, mentre la mia vita si
spegneva” mormora, raggelandomi. Mi fermo di colpo, cercando
l'ape regina con lo sguardo. Se l'ha udito, mi sa tanto che non ci
arrivo viva, all'ospedale.
Per cause di forza maggiore sono costretta a cancellare gli ultimi due capitoli, presto posterò il VERO capitolo finale (che avevo scartato piena di dubbi) che chiuderà definitivamente la storia. E' una cosa mai successa prima e spero non capiti mai... Scusate ancora! =(
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Capitolo 21 *** C'era una volta... ***
Chiudiamo col capito
'scandalo' che non volevo postare... alla fine capirete perché.
Fatemi sapere cosa ne pensate. Io l'ho scritto con 'All is full of
love' di Bjork in sottofondo, nell'ultima parte e mi sono ritrovare a
frignare come una scema... ringrazio tutti quelli che hanno
commentato e quelli che hanno solo letto... alla prossima! =)
Ospedale
di Mystic Falls
“Ahia!”
“Non
muoverti.”
“Non
mi sto muovendo!”
Sto
tremando, infatti. Meredith mi guarda, incuriosita. “E' la
prima volta che quattro vampiri Originali piombano nel mio
ambulatorio per aiutare qualcuno...”
“L'idea
è tutta di quel pazzo laggiù!” esclamo indicando
Klaus che sta monitorando i movimenti della dottoressa con aria
annoiata. Sembra che sia l'unico che non possa donare sangue alla
'causa' per via del fatto che è mezzo licantropo. Credo ci sia
rimasto male.
“Ti
ho collegato ad un macchinario per la dialisi. Sostituiremo il tuo
sangue ma ci vorrà del tempo.”
“Quanto
tempo?”
“Tre
o quattro ore. Potrai avvertire nausea e cefalea. Se hai bisogno di
me, spingi questo pulsante.”
“Ok...”
“Non
preoccuparti, andrà tutto bene.”
“Ok...”
sussurro ed Elijah mi guarda. Si sente che sono terrorizzata? “Mi
raccontate una storia? Una storia carina, che inizi col 'c'era
una volta' e abbia un
bel finale romantico.”
***
“...
tu hai... hai ascoltato l'interna conversazione con nostra madre?!”
“Ho
origliato. Dovevo capire chi castrare e quanto dolorosamente farlo.”
“E
lo dici dopo tutto questo tempo?!”
“Speravo
di portarmelo nella tomba!”
Rebekah
boccheggia, Elijah ha l'aria terrorizzata e disgustata. L'occhiata di
Klaus è in commentabile e mi fa morir dal ridere. Smetto
quando la testa si apre in due e il senso di nausea mi blocca lo
stomaco. Quando si intromette Kol, è un nuovo diluvio di
risate.
“Per
te l'onore è questo?”
“Soddisfare
una donna? Certo! Ti elogerà alle sue amiche e la strada si
aprirà come il portone di un palazzo reale colmo di indicibile
ricchezze...” annuncia allargando le braccia con un gesto
solenne. “Il genio, signori.”
“Ma
se le vedi una sola volta! Scappi come un ladro alle prime luci
dell'alba!”
“Sono
i particolari che rendono leggendari. Non sei tu, il primo a dirlo?”
“Io
uscivo con le ragazze prima che tu imparassi a camminare!”
“Poi
hai dimenticato come si fa?”
Avevo
chiesto una storia romantica, non le pagine della nostra vita.
Ma questa nausea non passa mai? Finalmente la macchina fa bip e
Meredith compare all'orizzonte. Mi sento bruciare... mi sa che
neanche il sangue di vampiro Antico funziona.
“Tu
resti per le coccole, ammettilo!”
“Sono
abbastanza uomo per farlo!”
Meredith
li guarda di sfuggita, sembra davvero sorpresa dei discorsi
intavolati. Sfila l'ago dal braccio e appena mi tocca si rende conto
che non ha funzionato. “Stai bruciando.”
“Ma
va?!” urlo in preda a dolori lancinanti. “Riprendetevi il
vostro sangue, dannazione!”
I
tre vampiri smettono di ciarlare e mi guardano, solo Rebekah
salta verso di me e mi azzanna il polso. Urlo per il dolore e la
sorpresa, rattrappisco sul lettino e penso che la loro cattiva idea
mi porterà alla tomba prima di subito.
“Volete
darmi una mano? Non posso farlo da sola!”
Kol
mi afferra il braccio destro e mi scopre il polso. Poi sospira. “Te
l'avevo detto che saremmo diventati intimi...”
Stupido
ragazzino! Almeno è più delicato della sorella che mi
sta lacerando la carne. Ma se
muoio per cause naturali, la maledizione a chi tocca? Se ne va
sprecata? Il bruciore comincia a svanire, la pressione si abbassa di
colpo e vedo macchie nere davanti agli occhi. Rebekah smette di bere
e tossisce, nauseata. Elijah mi passa un braccio dietro il collo e
gli ciondolo addosso, stordita. Sarà la debolezza, ma il
contatto con lui mi rilassa da matti. Kol mi lascia andare a sua
volta e schiocca la lingua, compiaciuto. Ma non la smette mai? Lo
scappellotto di Klaus e il 'beh?'
di sorpresa del fratello mi fa sorridere.
“Non
perdi mai il sorriso” sussurra Elijah spostandomi i capelli dal
collo. Vorrei quasi fargli notare che secondo me è
sufficiente, ma le sue labbra sul collo sono come un bacio e la pelle
d'oca mi corre addosso. Ansimo e stringo debolmente le dita attorno
alla sua maglia. Se mi eccito, il cuore pompa di più. Il
dolore è maggiore ma in pratica glielo sto sparando dritto in
bocca, il sangue. Lo vedi che va a finire come nei filmini?!
“I
tatuaggi stanno sparendo!”
Se
i tatuaggi stanno sparendo, io sto morendo. Klaus tira via il
fratello e mi spinge qualcosa di bagnato e caldo contro la bocca. Ma
che... ma è sangue? Ma è deficiente?!
“Fallo
o ti uccido!”
Non
capisco, con chi sta...
***
Mi
sveglio di soprassalto, toccandomi il collo. Ritiro le dita ma non ci
sono tracce di sangue. So che è successo, non me lo sono
inventato! Vado nel panico per dieci secondi e quando Meredith mi
posa una mano sulla spalla, spingendomi giù, un freddo
indicibile sale lungo il corpo. Non l'hanno fatto davvero... non
l'hanno... Una sacca di sangue mi viene sbattuta sul torace con poca
delicatezza. Sollevo gli occhi su Klaus che mi fa un cenno col mento.
Non sembra felice neppure lui. “Sei rimasta svenuta dieci
minuti. Hai fino all'alba per decidere se vuoi vivere o morire.”
Sollevo
la felpa sul braccio. I tatuaggi sono spariti. Sono spariti e tutto
il nostro lavoro è scomparso con essi. “E' stata una tua
idea, vero?!” urlo buttando per terra la sacca e lanciandomi
addosso a Klaus che mi afferra e mi tiene ferma, ma non replica e non
inventa bugie. Mi spinge indietro ed inciampo sul lettino,
aggrappandomi ai bordi.
“Gli
incidenti capitano” mormora, stringendo gli occhi. “Ho
esaudito il tuo desiderio. Adesso potrai vedermi morire.”
Sono
talmente arrabbiata che potrei ucciderlo in questo istante! Sento il
cigolio della porta che si apre e nello stesso momento in cui appare
Stefan, Klaus gli finisce addosso. Lo riempio di pugni e chissà
perché lui si lascia colpire e nessuno interviene a fermarmi.
Continuo finché gli occhi mi si riempiono di lacrime e solo
allora, qualcuno mi prende per le ascelle e mi tira via.
“Perché
l'hai fatta smettere? Finalmente qualcuno gli dava il fatto suo...”
“Molto
spiritoso, Salvatore.”
Damon
sorride, prendendo Klaus in giro. Elena gli molla una gomitata
leggera e Caroline gira attorno all'amica, raggiungendo il fidanzato.
Elijah
sembra un cane bastonato e ha la stessa espressione lontana e
sofferente che aveva la prima volta che l'ho incontrato. E la
maledizione? A chi tocca, stavolta? Lui è stato l'ultimo a
mordermi! “La maledizione...”
Elijah
batte le palpebre e mi stropiccia i capelli come fa sempre.
“Meredith”
Oh
dio, grazie! Non l'avrei mai sopportato! Gli getto le braccia al
collo e lo stringo come una pazza. Ci mette un po' a ricambiare la
mia stretta e quando lo fa, sento le ossa scricchiolare.
“Potete
uscire, per favore?”
Quando
rimaniamo soli, lui siede accanto a me e mi passa un braccio sulle
spalle. “Sei in transizione. Questo vuol dire...”
“Lo
so cosa vuol dire” bisbiglio nel suo orecchio. Elijah posa la
testa contro la mia, piega il braccio come se volesse strangolarmi e
mi tiene stretta stretta. “Non lo farai, vero?”
Villa
Rebekah
Rebekah
è rimasta a farmi compagnia, indossiamo entrambi pigiamini
colorati ma lei ha una tazza di cioccolata in mano. Io non riesco ad
inghiottire nulla, ho ancora la terribile sensazione del sangue di
Klaus in bocca. La sacca è stata travasata in una bella tazza
colorata. Rebekah ha pensato di renderla un po' più attraente.
“Com'è,
questa vita?”
“Lunga.
A volte dolorosa. Devi imparare a vivere alla giornata e non
programmare nulla.”
“La
mia aspettativa di vita si fermava ai ventisette anni... come Janis
Joplin o Edie Sedgwick...”
Rebekah
mi stringe la mano, comprensiva. “Devi fare solo quello che
pensi sia un bene per te.”
“Avessi
avuto la scelta, mi sarebbe piaciuto tornare come zombie...”
“Lo
zombie che corre o lo zombie che barcolla?”
Ottima
domanda.
***
“Passa...”
Luna
magnifica, quella sera. Un quarto calante, uno spicchio in mezzo al
cielo. Klaus beve un sorso dalla bottiglia e la passa al fratello.
“Non lo farà.”
“No.”
Elijah
annusa il liquore e fa una smorfia. “Potevi trovare qualcosa di
meglio, in cantina.”
“Per
festeggiare la sua dipartita?” domanda girando lo sguardo su di
lui. “Perché non sei con lei?”
“Non
voglio vederla morire.”
“Che
cazzo di discorso è? Nessuno vuole morire solo!”
“Ehi,
guardate che vi sento!”
Dianna
sale le scale che portano sul tetto e quando mette la testa fuori,
torna immediatamente ai suoi diciannove anni. Il vampiro sul tetto.
La luna in cielo. Ha la musica pronta sul cellulare. “Un ballo,
signori?”
***
“Vederti
morire è la punizione per averti rotto le palle, vero?”
“E'
così.”
Ha
un fratello per braccio e adesso non ha più freddo. Dianna
sorride e solleva la testa dalla spalla di Elijah. Fa una linguaccia
a Klaus e torna ad appollaiarsi contro il vampiro.
“Non
trovi sia egoista da parte tua? Non pensi ai bambini?”
“I
tempi sono stati accorciati, ma sta andando tutto come previsto...”
“Mi
fai incazzare!” sbotta, sbattendo la bottiglia accanto a se.
“Ti facciamo il dono della vita eterna e tu lo getti via!”
“Nik,
non ho mai voluto essere un vampiro! Non fa per me. Sono nel team dei
buoni, faccio la raccolta differenziata e la domenica vado a trovare
la nonna e le porto i biscotti a forma di coniglietto...”
“Non
pensi neppure alla nonna?”
“Soffre
di Alzheimer, non mi riconosce da quando avevo dieci anni!”
Klaus
mosse la mascella, a corto di argomenti e Dianna gli indicò
Elijah con la punta del dito e l'espressione comica. “Non pensi
a lui?”
“Conosce
le mie ultime volontà, chi pensi l'abbia scritto, il mio
testamento?”
“L'ho
scritto perché tu dimentichi le cose. Posso tenermi la tua
collezione di calamite da frigo?”
“Sono
tutte tue” sussurra strusciando la testa contro la sua. “Non
guardare, sto per baciare tuo fratello!”
“Ti
butterei giù dal tetto, altroché...” borbotta
Klaus girando il collo. “E tu la lasci andare così?”
“Non
senti qualcosa? E' come un fastidioso rumore di fondo...”
“Ignoralo.
E' quasi l'alba.”
Dianna
segue il consiglio di Elijah e sospira, abbracciata al suo vampiro
preferito.
“Se
i tatuaggi scompaiono sempre, arrivare alla cura è pressoché
impossibile.”
Non
demorde! “Sei intelligente, ce la farai... ci vorrà solo
un po' di tempo...”
“Quanto
tempo? Centinaia d'anni?”
“Hai
qualcosa di meglio da fare?”
Klaus
ci pensa un po' e poi scuote la testa. La bottiglia è vuota
come il suo cuore. “No...”
Dianna
sospira e passa il braccio sulle spalle del vampiro. “Ti voglio
bene, lo sai?”
“A
chiacchiere! Se mi volessi bene, non mi lasceresti solo su questo
tetto con quel brutto tipo laggiù.”
Dianna
sorride di più e gli tira una guancia giocosamente. “Sei
così carino e disturbato!”
“E
tu un'amica stronza” sussurra gonfiando la guancia.
Dianna
sogghigna e allunga le gambe in avanti. “Guarda l'orizzonte e
falla finita...”
Casa
Forbes, la mattina dopo
Din
don
“Ehi,
ciao! Che ci fai a quest'ora...”
“Dianna
è morta, non hai più nulla da temere... non ne hai mai
avuto...”
Caroline
mi guarda, attonita. Non sa cosa dire e credo che per un breve
momento si vergogni della sua gelosia.
“Mi
dispiace...”
“No,
non è vero.”
Arrossisce
e capisco che in parte è vero. “Era l'unica amica che
avevo.” Me ne vado perché non ho voglia discutere le
dinamiche della nostra strana relazione. Mi piaceva, lei e la sua
strana ansia di vivere. Ci sono persone che ti rendono migliori solo
orbitando nella loro area. Allungo il passo, pensando che passerà
anche questa. Metto il piede su qualcosa che scricchiola duramente e
quando lo alzo, raccolgo un maialino di plastica tutto graffiato. Il
giocattolo di un bambino. Siamo vicino al parco giochi.
Posso
riavere il mio maialino?
You'll
be given love You'll be taken care of You'll be given love You
have to trust it It's all around you All is full of love All
around you
Lo
giro fra le dita e lo metto in tasca. Fa freddo. Fa sempre freddo
quando succede qualcosa di brutto...
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