Inseguendo un sogno

di black 91
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** prologo ***
Capitolo 2: *** Comincia la scuola ***
Capitolo 3: *** La band ***
Capitolo 4: *** Il passato non si scorda mai ***
Capitolo 5: *** Sentimenti ***



Capitolo 1
*** prologo ***


zoe

Inseguendo un sogno

 

 

 

PROLOGO

 

Era buio.

Una villa enorme, tutte le luci erano accese, tutte tranne una.

Colei che si muoveva nell’oscurità della stanza sapeva bene che cosa fare, lo aveva architettato da molto tempo ormai, troppi scandali, troppe incomprensioni, era impossibile vivere soffocati da tutta quella gente che andava e veniva quotidianamente.

Lo zaino era pronto, non c’era tutto, giusto il minimo indispensabile e qualche soldo, non se ne sarebbe accorto nessuno. Aveva lasciato un biglietto sulla scrivania: “vado da papà, non cercarmi. Saori”.

Aprì l’armadio e tirò fuori tutte le sue lenzuola e le legò una dopo l’altra facendo diventare la sua opera lunga quanto bastava, l’aveva visto fare in alcuni film, di solito funzionava.

Buttò la fila di lenzuoli giù dalla finestra, nell’aprirla venne investita dalla leggera brezza d’inizio Settembre, sospirò, era l’ultima volta che vedeva quel panorama, che era stato negli ultimi anni la sua unica fonte di conforto, c’erano mille luci colorate appartenenti alle insegne dei bar e locali della grande metropoli in cui abitava, le scese una lacrima, l’ultima goccia di malinconia se ne stava andando, la stava lasciando in quella casa troppo grande per una ragazza come lei, salutò le sue luci e si girò per legare un’estremità dell’ultimo lenzuolo al letto su cui non avrebbe mai più dormito.

Fece tre saldi nodi, no, quattro è meglio, per stare sicuri, poi si mise lo zaino in spalla e buttò la lunga corda di coperte dalla finestra, erano giuste giuste, poi si mise degli occhiali da sole nerissimi e un cappello che racchiudeva tutti i capelli, non doveva assolutamente farsi riconoscere da nessuno. Dopo ciò si aggrappò alla corda da lei fatta e cominciò a scendere dalla finestra, passo dopo passo la tensione aumentava, anche perché i nodi si stavano sciogliendo, mancava poco quando:

-porca…-.

Non disse altro, il volo fu breve, cadde di sedere, in quel momento invidiò con tutta se stessa i gatti e la loro innata abilità di cadere sempre in piedi.

Rimase con in mano un lenzuolo che buttò a terra e cominciò a correre a perdifiato per quel cortile che conosceva molto bene, era riuscita a non farsi vedere dai sorveglianti, ora si trovava davanti ad un muro, oltre il quale c’era la libertà, lei conosceva un passaggio nascosto da un cespuglio, lo aveva creato lei anni prima, ma non si era mai decisa ad usarlo, fino a quella notte.

Passò attraverso la muraglia e si trovò in strada, ricominciò a correre verso la fermata più vicina, una volta lì aspettò il pullman, con lei c’erano dei loschi individui ubriachi che ridevano per ogni cazzata che sparavano, li guardò con disgusto, uno di quelli si avvicinò:

-ciao ragazzina… ti va di divertirti insieme a noi?- aveva l’alito che odorava di tutte le porcherie possibili e immaginabili e una voce per niente rassicurante.

-toccami e te ne pentirai- lei era impassibile, era abituata a gente simile.

-ma davvero?- disse lui toccandole la spalla col dito, la ragazza fece una mossa fulminea,  gli infilò il gomito in pancia, facendolo cadere sul marciapiede, dolorante.

Poco dopo arrivò il bus e ci salì da sola, finalmente.

Era l’unica sul mezzo, si sedette all’ultimo posto, non voleva altri contatti con persone.

-dove ti porto ragazzina?- chiese il guidatore assonnato.

-in stazione… ho l’abbonamento- rispose lei.

Guardò fuori dal finestrino, quelle stesse luci che vedeva dalla sua stanza, da vicino facevano tutto un altro effetto, erano meno rassicuranti, forse era per i barboni che vi sostavano perennemente fuori? Non ci credeva nemmeno lei, non avrebbe più rivisto quei posti, non ci sarebbe mai più tornata, la vita di città non faceva per lei, era troppo stressante, troppo piena di gente e lei aveva bisogno di tranquillità.

Il pullman la scaricò davanti alla stazione, entrata dentro le sembrò di essere sotto a milioni di riflettori, socchiuse gli occhi nonostante gli occhiali scurissimi.

Andò in biglietteria e chiese un biglietto di sola andata per un paesino lontano, poi si diresse verso il suo binario, decise finalmente di accendere il suo mp3 e mettersi le cuffie.

Il treno arrivò dopo qualche minuto e lei salì, trovandosi un posto in uno compartimento da sola, non voleva contatti con nessuno.

Puntò la sveglia del suo cellulare per le dieci del mattino, non doveva perdere la fermata.

Erano ormai le undici di sera, le si chiudevano gli occhi, così si sdraiò sul sedile tutto per lei e si addormentò cullata dalla sua musica.

Passarono le ore, l’mp3 si scaricò, la luce entrava nello scompartimento furtiva, come se volesse far svegliare lei, ma non bastava così poco per farla tirare su, ma dopo poco la sveglia del telefono suonò facendola sobbalzare.

-maledetta sveglia… ti imbavaglio subito- detto ciò la fece smettere di suonare, mentre dormiva le si era tolto il cappello e le era caduto a terra, era proprio sotto il sedile, la ragazza lo raccolse di malavoglia e poi si ravvivò un po’ i capelli corvini lunghi fino alle scapole.

-chissà dove sono…- si disse ad alta voce.

Si diede della pazza, come poteva parlare da sola? Ma non era da biasimare, non era una gran chiacchierona, ma una parolina di tanto in tanto le faceva bene.

Rimase ad aspettare, dopo un po’ il treno si fermò in una stazione, ma non era la sua.

Si rese conto di quanto fosse cambiato il panorama rispetto a quella notte, ora davanti a lei c’erano innumerevoli campi, campi a perdita d’occhio, era giunta in campagna.

Dopo un’oretta il treno si fermò ancora in un paese, la passeggera solitaria lesse il nome, era arrivata, prese lo zaino e si precipitò fuori.

Appena scesa dal treno fu avvolta da un’aria diversa da quella della città, era pulita, pura, si mise avidamente a respirarla, come se volesse togliere ogni minimo residuo della città dal suo organismo.

Poi riprese a camminare verso una meta che conosceva bene, non guardava la gente che inevitabilmente veniva attratta dalla sua presenza.

“accidenti… ma che hanno da guardare… e io che volevo passare inosservata” pensò tra sé e sé.

Si mise a correre, non sopportava quegli sguardi, voleva fuggirli, ma se li sentiva sempre alle calcagna, come se la perseguitassero, svoltò l’angolo andando in una via che sembrava priva di gente ma…

-ops… scusami… non l’ho fatto apposta, aspetta che ti aiuto- le disse il ragazzo dal capelli neri con cui aveva avuto lo scontro. I suoi occhi erano neri come la pece, ma trasmettevano tranquillità alla ragazza, che rimase per un attimo paralizzata da quello sguardo così… amichevole. Anche il ragazzo rimase colpito da lei, aveva degli occhi castani, scurissimi, in quel momento sembravano spaesati, persi, ma gli fecero uno strano effetto.

La magia durò poco.

-scusami tu… non ho bisogno d’aiuto…- disse lei con tono distaccato e fece per superarlo.

-non ti ho mai vista, sei nuova?- le chiese lui con aria interrogativa.

-sono appena arrivata, scusami, ma devo andare…- lei non lo aveva neanche guardato in faccia, e se ne andò, allontanandosi da lui, che la osservò sparire, si era accorto che lei aveva bisogno d’aiuto, ma non osava seguirla, era stato rapito dal suo sguardo, poi si girò davanti e vide per terra un cappello, il cappello della ragazza. Lo raccolse e decise di tenerlo, era sicuramente un segno, l’avrebbe senz’altro incontrata di nuovo, il paese era piccolo e si conoscevano tutti, prima o poi l’avrebbe trovata, così continuò per la sua strada, un amico lo salutò per strada.

-ciao Goten!-

-ciao Trunks! Pronto per l’inizio della scuola?-

-abbastanza, tu?-

-non molto, l’estate è sempre così corta…-

-capisco…-

-tu non puoi immaginare quello che mi è appena successo-

-racconta…-.

Così Goten cominciò a narrare all’amico il bizzarro incontro con la ragazza sconosciuta.

Intanto lei era arrivata davanti ad una casa, titubante se bussare o no, alla fine si decise, salì le poche scale di legno e suonò il campanello.

Aspettò per pochi secondi una risposta, sentì dei rumori provenire dall’interno e un uomo le aprì la porta.

-ciao papà, scusami se mi presento così… ma sono qui per restare, se non è un problema-

-ciao Saori, entra pure… mi aspettavo che arrivasse questo giorno, sei sempre la benvenuta dal tuo papà, ricordalo sempre-.

La ragazza sorrise ed entrò, per lei stava per cominciare una nuova vita in un paesino in mezzo alle campagne.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Eccovi il prologo della mia nuova ff, ho una vaga idea di quello che succederà poi, ma a me piace, spero anche a voi, anche se da questo primo pezzo non si capisce molto. Fatemi sapere se devo continuarla o se fa proprio pena, badate che aggiornerò solo dopo aver ricevuto abbastanza recensioni, quindi sta a voi decidere.

Kiss!!! By black 91

 

 

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Capitolo 2
*** Comincia la scuola ***


zoe

CAPITOLO 1: COMINCIA LA SCUOLA

 

Una governante stava salendo, passo dopo passo, gradino dopo gradino, aveva un vassoio in mano e il latte nella tazza traballava un po’, ne cadde una goccia, ops… non importa, non lo noterà.

Percorse il lungo corridoio, ancora buio anche se erano ormai le nove del mattino, ma da quelle parti, il sole non filtrava mai.

Bussò alla porta, su di essa erano attaccati malamente dei cartelli che certamente non invogliavano chi li leggeva ad aprirla, ma erano solo un esempio di quello che c’era dentro alla camera: le pareti erano colorate di grigio, i poster raffiguravano cantanti tatuati fino ai capelli e gran parte dei soprammobili erano dei teschi dall’aria poco amichevole, la governante rabbrividiva sempre quando entrava, ma non aveva scelta, colei a cui apparteneva la stanza nell’ultimo anno si era rifiutata di scendere per mangiare, così lei le doveva potare sempre un vassoio in camera.

Ma quel giorno non trovò nessuno nella stanza, che era stata lasciata miracolosamente in ordine, ma non badò molto a questo, piuttosto, dov’era lei? Perché non era nella sua stanza? Fece per appoggiare il vassoio sulla scrivania per muoversi più liberamente, ma notò un foglio scritto, lo lesse e sperò con tutta se stessa che non fosse vero.

-SIGNORA SHAROOON!!!!!-.

La governante urlò con tutto il fiato che aveva in gola, la signora Sharon era la padrona di casa, anche se ci stava dentro molto poco.

-che vuole?- rispose una donna molto alta, dai capelli biondi e gli occhi azzurri, era arrivata lì senza una scarpa e con delle sarte che le stavano ancora addosso per cucirle il vestito, ecco la signora Sharon.

-lo sa vero che io non le darei mai un dispiacere…- cominciò la povera donna balbettante.

-arrivi al dunque, dov’è mia figlia?- rispose la bionda con fare scocciato.

-… io non lo vorrei mai dire… ma credo che sia…-

-che sia…-

-ecco… credo che sia scappata, signora-.

La signora fece uno sbuffo, come se non ne fosse turbata o sorpresa.

-le ha lasciato un biglietto, dice: “Vado da papà, non cercarmi. Saori”-.

La signora non cambiò espressione e disse solo:

-dalle tempo, prima o poi tornerà, non c’è da preoccuparsi, ora mi scusi ma ho la giornata piena, non posso perdere tempo con queste sciocchezze-.

Così si allontanò dalla camera e percorse il buio corridoio, seguita dalle sue fedeli sarte, lasciando dietro di se una scia di fumo proveniente dalla sua sigaretta.

 

Era passata una settimana dalla “grande fuga” e Saori si era ambientata piuttosto bene nella sua nuova dimora, aveva cominciato ad aiutare suo padre a badare ad un bar di sua proprietà da generazioni, ma faceva in modo di non farsi notare, per esempio quando doveva andare ai tavoli per le ordinazioni si calava la visiera del cappello fino agli occhi, così nessuno l’aveva mai guardata in faccia e nessuno la conosceva.

Era stata felice, serena come non lo era da tanto tempo, sì, quella vita le piaceva veramente e poi suo padre era una persona simpaticissima, riusciva sempre a strapparle un sorriso, anche quando di voglia di ridere ne aveva ben poca.

Ma ora la pacchia era finita, era finito il tempo di nascondersi dietro un cappello con l’insegna del bar, ora doveva cominciare a mostrarsi, perché era cominciata la scuola.

Suo padre, Joe, l’aveva accompagnata in macchina fino all’edificio ed erano ancora lì, in macchina, a guardare i ragazzi che entravano, alcuni avevano una faccia allegra e salutavano gli amici come se non si vedessero da una vita, quando invece il loro ultimo incontro era stato il giorno prima.

Altri invece sembrava che portassero già tutto il peso dell’anno sulle spalle, il primo giorno di scuola è pesante per tutti.

Saori li guardava, uno ad uno e cercava di inquadrare le persone da tenere a debita distanza, Joe la guardò.

-che fai? Non entri? Vuoi che ti accompagni?-

-no, non è necessario, me la caverò benissimo…- rispose lei sorridendo, in realtà le avrebbe fatto comodo suo padre di fianco, ma che figura ci avrebbe fatto? No, non il primo giorno, doveva farcela da sola, così diede un bacio sulla guancia al padre, aprì la portiera e uscì finalmente dalla macchina, incamminandosi al di là del cancello.

Non passò inosservata come avrebbe voluto, tutti si chiedevano chi fosse, non l’avevano mai vista in giro, molti storcevano il naso dal modo in cui era vestita: aveva una maglietta nera, abbinata a jeans dello stesso dolore, aveva due collane, una con un teschio e l’altra con uno strano simbolo, ai polsi aveva delle borchie abbastanza appuntite e al collo, oltre alle collane, un collare anch’esso borchiato, sul retro della maglietta c’era scritto “the end of the world” (so che sapete che significa, ma ve lo metto lo stesso: la fine del mondo), insomma, era quel che si dice “una ragazza allegra”.

Appena entrata nell’edificio adocchiò subito i tabelloni con le classi, di terze liceo c’era solo una sezione, la C, in classe erano in diciassette, il paese era piccolo e i ragazzi pochi e quella scuola ospitava un liceo scientifico e una scuola professionale.

“sarà anche piccolo questo paese, ma è ben organizzato” pensò tra se e se.

Ora il problema più grande sarebbe stato trovare la classe, lei non era mai andata a scuola, aveva sempre avuto l’insegnante personale che andava da lei tutti i giorni, quindi questa era un’esperienza nuova per lei.

Era ancora assorta nei suoi pensieri quando un ragazzo si avvicinò per guardare anch’egli i tabelloni e cominciò a parlarle.

-hey, ciao! Tu sei quella della settimana scorsa!- disse lui con un sorriso solare.

-ciao, non pensavo che mi avresti riconosciuta…- disse lei nel modo più amichevole che conosceva.

-non dimentico facilmente una faccia come la tua- le disse facendole l’occhiolino.

Il cuore della ragazza sussultò, era la prima volta che una persona praticamente sconosciuta le si rivolgeva in quel modo.

-ah… ed è una cosa brutta?-

-no, affatto… quando ci siamo scontrati, ti era caduto il cappello, l’ho conservato, tieni- lui le porse il suo cappello nero e lei lo ringraziò con un sorriso.

-dimmi, come ti chiami?- le chiese lui.

-Saori, Saori Cheti- (cognome puramente inventato, se poi esiste… nn lo so).

-ah, ma allora sei quella nuova, siamo in classe insieme, piacere, io sono Son Goten-.

-piacere…-

-visto che siamo della stessa classe, allora andiamoci insieme, così ti faccio conoscere gli altri-

-sei molto gentile, grazie per l’accompagnamento, ma non ti scomodare per le presentazioni, non mi piace conoscere tanta gente in un giorno solo-

-ok… sei un tipo solitario eh? Ma comunque sono tutti bravi ragazzi, ti piaceranno-.

I due si diressero verso l’aula, che era ancora mezza vuota.

-grazie…- Saori faticava a ricordarsi il nome di quel ragazzo tanto simpatico.

-Goten, mi chiamo Goten, cerca di non dimenticarlo- le disse con fare amichevole.

-ok… grazie Goten-.

Saori non fece caso ai compagni che la guardavano e andò subito a sedersi in un banco libero in ultima fila, attaccato al muro, diciamo il più distaccato di tutti.

Goten non fece in tempo a respirare che tutte le altre ragazze gli corsero incontro abbracciandolo.

-vicino a me c’è un posto, vieni?-

-no, vieni vicino a me, me lo avevi detto l’anno scorso!-

-non è vero, l’aveva promesso a me!-.

Tutti le ragazze se lo litigavano, Saori guardava la scena divertita, possibile che quel ragazzo fosse così popolare? In fondo non c’era da stupirsi, era così solare e sociale, anche con lei, che faceva di tutto per non farsi notare, che mentre percorreva il giardino prima dell’entrata a scuola si nascondeva dietro ai pochi cespugli, lei, la cui unica compagnia nell’ultimo anno era stata se stessa.

Era felice per quel ragazzo, si meritava veramente tutte quelle attenzioni, ma successe un fatto che non si seppe spiegare.

-scusate ragazze, davvero, io vorrei essere il compagno di banco di tutte, ma ho già deciso vicino a chi mi siederò- detto questo si avvicinò all’ultimo banco dell’ultima fila contro il muro, spostò la sua sedia e si sedette, Saori si girò di scatto verso di lui.

-guarda che non devi venire vicino a me perché ti faccio pena, non ho bisogno della compassione di nessuno, sono pienamente autonoma-

-non metto in dubbio questa cosa, ma non voglio che una ragazza carina come te se ne stia da sola-

-ti annoierai, io non parlo molto, come avrai ben capito-

-allora staremo in silenzio, ma vedrai che io ti farò parlare-.

Le altre ragazze erano rimaste di stucco, come poteva Goten andarsi a sedere vicino a quella ragazza? Non ispirava molta simpatia. Una si avvicinò ai loro banchi.

-Goten… non vorrai mica dire che intendi veramente stare vicino a lei, non vedi, sembra una scaricatrice di porto con quelle… cose, che indossa…-.

Saori non sopportava il fatto di venire giudicata e non potè fare a meno di rispondere.

-senti bella, non gli ho detto io di venire qui! E per tua informazione, meglio essere una scaricatrice di porto che va in giro con le borchie, piuttosto che una smorfiosa con i rotoli di ciccia che le escono da tutte le parti! Ti consiglio una dieta!-

-che cosa mi hai detto!? Io ti…-

-che cosa mi fai, vuoi schiaffeggiarmi, avanti allora ma sappi che…-

-finitela voi due! Sandra, per favore, vai al tuo posto…- disse Goten che non le sopportava più.

-scusa… ma io perdo completamente il controllo quando le persone si credono superiori- rispose Saori in preda ad una crisi di nervi.

-cavoli, che caratterino, poche ragazze riescono a tener testa a Sandra!-

-è che io quelle come lei non le sopporto… sono delle vipere-

-hai ragione, a volte può sembrare insopportabile, ma se la prendi dal verso giusto non è poi così male, credimi-

-fai in fretta a parlare tu, che vai d‘accordo con tutti, io non piaccio alle persone, lo so, ma non ho più intenzione di faticare per cercare di piacere alla gente, non ne vale la pena-

-certo che se parti da questo presupposto… sai una cosa? È come se io ti conoscessi già da tempo, ho capito che la tua vita non è stata facile, me ne vuoi parlare?-

-pretendi un po’ troppo… non mi va molto di parlare del mio passato, è meglio se continui a non sapere, credimi-

-se lo dici tu… ma prima o poi riuscirò a tirarti fuori tutto quello che voglio, ottengo sempre quello che voglio-

-allora preparati a faticare, non cederò facilmente- il tono della ragazza cominciava a cambiare, forse quel ragazzo stava riuscendo a scalfire quel cuore di pietra che si era creato in tutti quegli anni?

Poco dopo una voce si intromise tra la discussione, un ragazzo dai capelli lilla diede una pacca alla schiena di Goten.

-hey amico! Non mi fai conoscere la tu amica?-

-hey! Te la posso presentare solo se lei mi da il permesso, allora, vuoi che ti presenti questo bel ragazzo che poi è il mio migliore amico?-

-hai il mio permesso- rispose lei stando al gioco.

-io sono Trunks Briefs…-

-… ed è il secchione di tutta la classe!- aggiunse Goten.

-non è vero che sono un secchione!- disse Trunks quasi offeso.

Saori abbozzò un sorriso, quei due ragazzi erano simpatici, ci sarebbe andata d’accordo.

-io invece sono Saori…-

-… la ragazza dal passato ignoto- aggiunse di nuovo Goten come se fosse su un palcoscenico.

-sei incorreggibile!- gli disse l’amico.

Il discorso continuò ancora per alcuni minuti, fino a che non entrò la professoressa in classe e si sedette alla cattedra, tutti erano seduti ai loro posti, in silenzio.

-buon giorno ragazzi, come avete passato l’estate?-.

Come succede sempre, risposero solo in quattro o cinque con la scontata parola “bene”, ormai è un classico.

-ne sono contenta, facciamo l’appello…-.

La professoressa cominciò a chiamare gli alunni uno per uno, fino a che non arrivò alla fine, al none di Saori.

-Cheti Saori!-.

La ragazza alzò timidamente la mano senza dire nulla, la professoressa la vide.

-tu sei quella nuova, che si è iscritta la settimana scorsa, ecco perché ti hanno messa per ultima…-

-così sembra…- rispose Saori, non capiva il comportamento di quella donna, non sapeva se se lo stava dicendo da sola o alla classe.

-bene bene… ci vuoi dire qualcosa di te? Così ti conosciamo meglio-

-non c’è molto da dire sul mio conto…-

-dai, qualcosina, per esempio, che cosa ti piace fare?-

-mi piace… sa che non lo so nemmeno io…?-

-ah… perfetto… pratichi qualche sport?-

-ho praticato il karate… non mi chieda altro-

-va bene, come vuoi… va bene ragazzi, cominciamo a fare lezione sul serio-.

È sempre così, già dal primo giorno le professoresse pretendono di cominciare a spiegare e parlano, parlano, ma le teste degli alunni sono altrove, sono rimaste nei ricordi estivi, alle feste sulla spiaggia, alle scappatelle notturne, ai bagni con gli amici, alle sveglie non prima delle undici del mattino.

Per molti l’impulso di parlare è troppo forte e non possono farne a meno.

-senti Saori… ma che fai? Stai ascoltando?- le chiese Goten stupito.

-certo, altrimenti poi come faccio se non studio sugli appunti?-

-fregatene! Ripetono solo quello che c’è scritto sui libri, ti basterà studiare quelli o farti un bigliettino per far andare bene la verifica-

-bigliettino? Intendi copiare le cose dal libro su un foglietto?-

-ehm… esatto… perché me lo chiedi? Non hai mai fatto un bigliettino? E non hai mai visto nessuno farne uno? Ma in che razza di scuola andavi?-

-io ne ho visti solo nei film… non sono mai andata a scuola… avevo l’insegnante che veniva a casa mia solo per me… sai già troppo della mia vita…-

-interessante, ogni giorno si scoprono cose nuove, vedi? Andando avanti così scoprirò tutta la tua vita in meno di una settimana-

-non ci contare…- gli rispose lei con aria di sfida, lui le sorrise malizioso.

-e va bene, visto che io so delle cose su di te, tu devi sapere delle cose su di me-

-se vuoi, raccontarmi…-

-certo! Mia madre si chiama Chichi ed è una donna assillante, pretende il massimo da me, mio padre si chiama Goku, è un contadino, teniamo una fattoria verso la fine del paese, vuole che anche io da grande prenda la fattoria, ma non mi va, voglio vedere il mondo, come mio fratello, lui si chiama Gohan e ora è all’estero, lui sì che ha una bella vita. A me piace molto la musica rock, infatti io Trunks e altri due ragazzi che ti farò conoscere abbiamo formato una band, ci manca un cantante perché quello che avevamo si è trasferito alla fine della scuola, ci chiamiamo “enjoy the party” ma a me non convince molto come nome…-

-e quindi hai una band tutta tua, bello… ti posso aiutare a trovare un nome un po’ più decente…-

-sarebbe una grande idea, che ne dici se ci troviamo con il resto della band alle tre dopo la scuola per decidere?-

-bhè…-

-dai, non puoi rifiutare, ti piaceranno gli altri! Per caso, tu sai cantare?-

-no, affatto, sono negata- disse lei quasi sospirando, un groppo in gola le impedì di dire altro, cercò di mascherare in tutti i modi il suo stato d’animo.

-peccato, ma vieni lo stesso, essì, perché l’ho deciso io-

-e da quando in qua quello che dici tu è legge?-

-da quando ho deciso di aiutare un’amica ad uscire dalla sua tana e farle conoscere il mondo- Goten sembrava seriamente convinto, Saori non potè rifiutare, era felice di avere nuovamente un amico, dopo tanto tempo poteva contare su qualcuno che le era amico, dopo un’esperienza che le aveva segnato idelebilmente il cuore un anno prima e dalla quale non era riuscita a riprendersi, ma forse la sua vita stava cominciando a girare il per il verso giusto.

La campanella di fine lezioni era suonata, tutti gli alunni si precipitarono fuori raccattando in qualche modo i libri e gli astucci che avevano messo sul banco durante la lezione.

Goten, Trunks e Saori stavano uscendo dal cancello, Joe stava aspettando in macchina la figlia.

-c’è mio padre, devo andare-

-aspetta, ma, lui è tuo padre…- cominciò Goten.

-cioè, tu sei la figlia di Joe, quello del bar…- continuò Trunks.

-esatto, vi sorprende?-

-no, è che noi lo conosciamo bene Joe, ma non ci aveva mai detto di avere una figlia…- cominciò Trunks.

-non c’è da andarne fieri…- disse lei un po’ triste.

-non dire così… allora so dove abiti, ti passiamo a prendere alle tre, fatti trovare pronta eh?- le disse Goten.

-ok, ciao ragazzi!-.

La ragazza salì in macchina sorridendo, suo padre la squadrò dalla testa ai piedi.

-ma… sbaglio o quello che vedo è un sorriso?-

-no papà, non sbagli… oggi avrò il mio primo appuntamento con degli amici-

-chi? Goten e Trunks?-

-sì-

-e brava, sono dei bravi ragazzi, sono contento che sei loro amica-

-lo sono anche io papà… come non lo ero da tanto tempo-

-bene, ora andiamo a casa, che ho lasciato il fuoco della pasta acceso, altrimenti la mangi anche tutta molle eh?-

-che schifo! Corriamo allora!-.

La vecchia macchina partì alzando un po’ di polvere.

Se c’era una cosa di cui Saori non si pentì mai, fu la decisione che prese quando decise di scappare dalla grande villa.

 

 

 

 

 

 

 

Eccomi! Scusate il ritardo colossale, ma faccio fatica a trovare il tempo di farmi una doccia ultimamente... che bello! 5 rece!! Me commossa!!! Vi rispondo subito!

dbvane92: lo sai che hai ragione sul fatto che non dovrei molto guardare le recensioni per pubblicare? è che aggiornare è più bello se sai che c'è qualcuno che ti segue, capitoo per capitolo, che ti supporta. Ma credo che anche se non troverò molte rece aggiornerò lo stesso, almeno io ci provo. Sper che ti sia piaciuto anche questo capitolo e che continuerai a seguirmi. ciao!

dianatabo: spero di averlo scritto giusto il tuo nome... ho fatto apposta nel prologo a non essere molto esplicita per "invogliare il lettore e continuare", se è lecito dire... spero che mi commenterai ancora, le vostre rece sono importanti per me, dimmi un po' come ti sembra. ciao!

eledevil: sono felice che ti sia pisciuto lìinizio, piano piano svilupperò la storia sperando di renderla sempre più interessante, alla proxima! ciao!

LORIGETA: ciao! Mi fa piacere trovarti anche qui! Mi è venuta questa ispirazione e non potevo ignorarla, ma tu questo lo sai bene, visto che di idee te ne vengono un sacco e sono tutte fantastiche, mi chiedo come fai... 6 grande! tvttttb

sirenis: spero che anche dopo questo capitolo la storia prometta ancora bene, anche se devo ammettere che fa molto meno effetto del prologo, spero che continuerai a seguirmi perchè tutte le vostre rece sono importanti per me! ciao!

Kissoni! By black 91

 

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Capitolo 3
*** La band ***


CAPITOLO 2: LA BAND

 

Fuori splendeva il sole, un leggero venticello faceva fremere le foglie, alcune si staccavano, erano secche, si stava avvicinando l’autunno.

In questo pomeriggio di metà settembre una ragazza era seduta sul divano del salotto a guardare la televisione, trasmettevano un bel telefilm poliziesco e Saori non ne perdeva mai una puntata.

-allora, quand’è che devi uscire?-

-verso le tre… a momenti sono qui-

-ah, bene, lo sai che Goten e Trunks fanno parte di una band rock?-

-sì, vado appunto ad un loro incontro, devo aiutarli a trovare un altro nome per il gruppo-

-bene… loro stanno cercando anche una voce, hai intenzione di diventare la loro cantante, so che canti benissimo…-.

L’uomo non riuscì a finire la frase che venne interrotto bruscamente.

-no! accidenti, NO! Non ho intenzione di cantare! Io non canterò mai più! Ma lo volete capire?!-.

Joe rimase interdetto, non aveva mai visto la sua Saori così furiosa, si pentì di quello che aveva detto, avrebbe dovuto saperlo, quello era uno dei suoi punti deboli e lui, come uno stupido era andato a tastare proprio lì.

-scusami Saori, non l’ho fatto apposta…-

-non fa niente, sono stata esagerata, non volevo prendermela con te. Scusa, ma ora vado in camera mia-.

La ragazza fece le scale di corsa, le lacrime minacciavano di scendere, si chiuse la porta alle spalle. Ora era appoggiata con la schiena all’uscio, come aveva potuto prendersela con l’unica persona alla quale importava veramente di lei? Con suo padre, l’unico essere intelligente di tutta la sua famiglia, l’unico che l’aveva accolta senza fare domande, perché in fondo sapeva già le risposte.

Ma lui le aveva riportato alla mente uno dei fatti più brutti della sua vita.

Si mise le mani sul volto e cominciò a piangere, in silenzio, la schiena scivolava sempre più in basso, finché la ragazza si ritrovò seduta sul pavimento, mentre mille ricordi le assillavano la mente.

Lei era fuggita dalla villa per allontanarsi il più possibile da quella vita, per allontanarsi da quei flashback che, come in un filmato, le si presentavano davanti, ma il fato è crudele, non sarebbe mai potuta sfuggire dalla sua vecchia vita, doveva metterselo bene in testa, poteva solo metterla in uno dei più reconditi spazi della sua anima e lasciarla lì, doveva imparare a conviverci, solo così sarebbe stata più serena.

La sua nuova camera era molto diversa di quella che aveva alla villa, ora non aveva più poster alle pareti, voleva allontanare la musica da lei, aveva ancora le lacrime agli occhi quando cominciò a ridere amaramente, come poteva allontanare la musica se i suoi nuovi amici facevano parte di una banda? E lei si era addirittura offerta di aiutarli.

Ma si era ripromessa che non avrebbe mai più cantato e nessuno sarebbe riuscito a smuoverla da questa sua decisione.

Poco dopo qualcuno bussò alla sua porta, Saori si alzò di colpo, aveva ancora gli occhi arrossati dal pianto, doveva rimediare in qualche modo, così corse in giro per la sua stanza alla ricerca di qualcosa simile ad un fazzoletto.

-ehi Saori?? Ma ci sei?- disse la voce dall’altra parte della porta, era Goten.

-sì… un momento!!!- gli rispose la ragazza che si stava guardando allo specchio, era tutto a posto.

Così uscì dalla sua camera e si ritrovò davanti a uno dei più bei sorrisi che avesse mai visto, la luce naturale che emanava quel volto era accecante per i suoi occhi abituati più che altro al buio.

In pochi minuti furono in un capannone, era distaccato dal resto del paese, era quasi immerso nella campagna, intorno c’erano delle spighe di grano dorato, un ambiente che trasmetteva serenità.

-benvenuta a casa mia- disse Goten ammirando quel panorama.

-ma che bel posticino…- rispose la ragazza guardando si attorno e avanzando nel capanno, in fondo c’erano altri tre ragazzi, uno dei quali era Trunks, aveva delle cuffiette in testa e stava davanti ad un macchinino pieno di tasti, gli altri due erano ancora degli sconosciuti.

-ehilà ragazzi, sono tornato!!-

-alleluia!!!- disse uno dei ragazzi nuovi.

-allora, passiamo alle presentazioni, lei si chiama Saori, trattatela bene… è qui per aiutarci-

-allora molto piacere, il mio nome è Rick, sono il batterista- un ragazzo dai capelli biondi e dagli occhi color del miele le prese la mano, lei dovette per forza sorridergli, in quel posto sembravano tutti felici.

-invece quel ragazzo coi capelli castani è Chez, il nostro bassista, è un po’ solitario, ti assomiglia-

-ma quando ha in mano i suo contrabbasso è un vero ciclone, è bravissimo- aggiunse Rick.

-Trunks è il nostro DJ, mentre io suono la chitarra elettrica- disse Goten indicandosi.

-siete proprio una bella banda, gli strumenti ci sono tutti- disse la ragazza un po’ amareggiata, le sarebbe piaciuto cantare con loro, sembrava che avessero bisogno di lei, ma qualcosa la fermava.

-vuoi sentire l’ultima canzone che abbiamo scritto?- le chiese Goten.

-sì certo… ma se non avete un cantante…-

-questa la canto io… anche se non ho proprio una voce bellissima… almeno ci provo-.

Dopo poco nella stanza si diffuse un suono di chitarra, il ritmo era trascinante e Goten non cantava male, ma secondo Saori non andava bene come voce primaria.

-siete stati bravi, avete una bella fantasia…- disse lei alla fine della canzone. Il loro modo di suonare era particolare, allegro, ma in alcuni punti drammatico, come per soffermarsi sulla realtà, piaceva alla ragazza dai capelli corvini, le era quasi venuta voglia di cantare.

-grazie dolcezza…- disse Rick allontanandosi dalla sua batteria.

-ora dobbiamo decidere un nome per la nostra band- disse Trunks sedendosi su una balla di fieno.

-mi è venuta in mente un’idea… ma non so se…- Saori era titubante, stare in mezzo a così tante persone le metteva soggezione.

-dai, diccela- le disse amichevolmente Goten.

-io pensavo, visto che nel vostro vecchio nome c’era dentro la parola “party”, credo che sia carino chiamarvi “Rock Party”, vi va?-

-umm… Rock Party…- disse Goten pensoso.

-dai, è carino, senti un po’: “ehi ragazze!! Ci sono i Rock Party!!!!”- disse Rick cercando di imitare la voce di una ragazza, ciò strappò il sorriso a tutti.

-suona bene…- disse Chez.

Grande Saori, abbiamo trovato un nome perfetto!!- disse Trunks esultando, la ragazza era felice, era bello sentirsi utili qualche volta.

La band provò per tutto il pomeriggio, erano un gruppo affiatato, meritavano davvero di diventare famosi e questo Saori lo sapeva bene.

Verso sera tutti cominciarono a tornare nelle loro case, erano rimasti solo Goten, Saori e Trunks.

-è meglio che vada, posso chiedervi un favore?-

-Certamente-

-potrei avere una copia del foglio con le parole della vostra ultima canzone?-

-ok, non so che cosa possa fartene…- disse Goten un po’ perplesso, porgendole il foglio.

-oh, nulla…-.

A dire la verità non lo sapeva nemmeno lei che cosa potesse farsene, le era venuto spontaneo avere una copia, quella canzone l’aveva stregata.

Goten non riusciva a comprendere il comportamento della ragazza, era così riservata, così misteriosa, voleva sapere che cosa nascondeva.

Gli ultimi due ospiti si congedarono e si avviarono per la strada.

Ora erano soli, Trunks e Saori, camminavano uno di fianco all’altro.

-è stato bello averti con noi oggi, cerca di venire anche altre volte-

-anche io mi sono divertita, siete proprio simpatici-

-posso farti una domanda? Anche se so che non mi risponderai-

-certo…-

-ma tu come fai a sapere tante cose sulla musica? Ci hai dato molti consigli, come se tu fossi un’esperta-

-ma che dici? Io non sono affatto un’esperta- disse lei.

-è che ho come l’impressione che tu ci stai nascondendo qualcosa…-

-io… non nascondo niente…-

-sei un vero mistero, lo sai? Scusa, dobbiamo separarci, io abito là in fondo-

-va bene, allora a domani-

-a domani- un sorriso caloroso, ecco che cosa ci voleva per concludere in bellezza la giornata.

La ragazza procedette per la sua strada, prima non aveva mai notato di quanto fosse bello quel ragazzo dagli occhi azzurri, cavoli, toglieva il respiro il suo volto mezzo illuminato dalla luna, la sua voce era sensuale, per un attimo aveva sentito il suo respiro accarezzarle il naso, le era venuta voglia di baciarlo… ma che pensieri stava facendo? Lei non era come quelle troiette che se la fanno con tutti, lei stava sempre al suo posto, aveva il pieno controllo delle proprie emozioni, ma quel Trunks era così… forse se ne stava innamorando.

Aprì la porta di casa sua e venne avvolta da un profumino invitante, suo padre era veramente bravo ai fornelli.

-ciao tesoro!! Ti ho cucinato lo spezzatino-

-grazie papà-

-allora, ti sei divertita?-

-sì, abbastanza…-

-non fingere con me, guarda che ti ho capito eh? Non devi essere fredda con le persone, cerca di aprirti-

-dici che dovrei?-

-assolutamente, ora vieni che è pronto-

-papà…-

-sì? Che c’è-

-sai che il gruppo di Trunks ha fatto una canzone davvero bella?-

-sul serio?, non l’ho ancora sentita, è da tanto che non si esibiscono nel mio bar-

-ha un ritmo travolgente, sono veramente molto bravi, meritano di diventare famosi-

-tu le sai bene come funzionano queste cose…-

-esatto, potrei dargli un vero aiuto, farebbero una fortuna…-

-ma qualcosa ti trattiene… dovresti andare avanti e tralasciare il passato, devi vivere come meglio credi, non trattenerti da quello che vuoi fare-

-hai perfettamente ragione, questa canzone mi piace veramente tanto, il testo è straordinario-

-stai cercando di dirmi qualcosa?-

-ecco… ti va se te la canto?-.

 

 

 

 

 

 

 

Eccomi tornata col secondo capitolo!!! Non mi è venuto molto bene però, non avevo l'ispirazione giusta... vabbè, passo ai ringraziamenti...

gloglo: anke io voglio il collare borchiato, ma non se ne vedono più in giro... uffa... spero che la mia storia continui a piacerti!!!!

Bunny 90: spero che anche questo capitolo ti sia piaciuto e che continuerai a seguirmi, per me ogni lettore è importante!!!

LORIGETA: è sempre bello ricevere una tua rece, soprattutto perchè mi chiedo come possa una scrittrice del tuo calibro leggere le mie storielle stupide... mi sento onorata!! tvttbxs

1 kissone!!!

                                              

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Capitolo 4
*** Il passato non si scorda mai ***


CAPITOLO 3: IL PASSATO NON SI SCORDA MAI

 

Saori si svegliò, era di buon umore perché anche quel giorno a scuola avrebbe rivisto i suoi amici e soprattutto lui, Trunks, del quale si stava prendendo una bella cotta, quel ragazzo era dolce e il suo sguardo era come una calamita, la ragazza non riusciva a non guardalo negli occhi, era così bello perdersi in quel mare azzurro, naufragare e andare alla deriva, anche solo col pensiero.

Lei, Trunks e Goten erano diventati amici, ormai era circa un mese che si conoscevano e i due ragazzi avevano imparato che la loro nuova amica non era forte come voleva dimostrare, c’era qualcosa di lei che avrebbero voluto sapere, ma avevano anche compreso che Saori non voleva parlarne, così si erano arresi.

Le prove della band andavano bene, mancava sempre il cantante, ma a questo ci pensava Goten per il momento.

La ragazza entrò in classe e vide davanti a se la solita scena, ovvero il suo amico moro circondato dalle ragazze, lui sì che era un ragazzo allegro e spensierato, avrebbe dovuto prendere esempio da lui e invece andò al suo posto, direttamente dietro a Trunks, che stava ripassando la lezione.

-ciao Trunks! Sei pronto per l’interrogazione?-

-abbastanza, tu?-

-sì… anche io, pensavo di offrirmi, così poi e lo levo dalle palle-

-pensavo di fare così anche io, almeno non salto le prove con la band-

-ci tenete veramente alla band, vero?-

-certo, è uno dei pochi modo che noi abbiamo per esprimerci, per stare insieme, non è solo questione di musica, almeno… per quanto mi riguarda è molto di più, non so se mi spiego…-

-certo… posso capire… è ke…-.

Saori venne interrotta da un vulcanico Goten che irruppe nella conversazione.

-ehi piccioncini, che ci fate qui soli soletti?-

-ma che razza di idee ti vengono, Goten?!-.

La ragazza notò il modo in cui Trunks aveva detto quelle parole, non sembrava essere interessato a lei, le sue guance non avevano cambiato colore, per lui era solo un’amica, il cuore della ragazza dai capelli corvini si chiuse in una morsa, faceva male, terribilmente, Goten notò la sua espressione spaesata.

-cos’hai? Ti senti male?-

-no… non è niente… pensavo di offrirmi all’interrogazione e sono un po’ agitata…-

-grande! Così ci sono meno probabilità che esca io interrogato!!-.

Goten esultava, non aveva studiato, come al solito, ma in qualche modo se la cavava sempre.

La professoressa entrò in classe qualche minuto dopo il suono della campanella, si sedette alla sua cattedra, squadrò per bene la sua classe e chiese:

-c’è qualche volontario?-.

Trunks si voltò verso Saori, era il loro turno, la ragazza intese e insieme alzarono la mano.

-bene bene, Briefs e Cheti… venite alla cattedra-.

Dopo di loro furono chiamate altre due persone, tra le quali non era incluso Goten che tirò un sospiro di sollievo, l’aveva scampata.

La ragazza borchiata aveva intenzione di tirare fuori il meglio di se stessa, doveva fare colpo su Trunks, voleva che lui si accorgesse che lei era una ragazza e non una semplice amica a cui chiedere consigli sulla musica, cominciò a sparare risposte a raffica, sapeva tutto molto bene, il giorno prima era stata tutto il tempo a studiare quelle stramaledette crociate e ora ci teneva a prendere un bel voto, chissà, magari vedendo che non era una scansafatiche, Trunks potesse mai vederla con occhi diversi.

Alla fine dell’ora la professoressa diede i voti e gli interrogandi tornarono ai loro posti.

-Trunks, che cosa hai preso?-

-io ho preso 8, e tu?- (io 8 in un’interrogazione di storia non l’ho mai preso… sigh… massimo 7 e mezzo…)

-io 8+, siamo stati bravi!-

-mi sa che la nostra piccola Saori ti sta superando amico- intervenne Goten.

-questa volta sì, ma la prossima prenderò io il voto più alto!- disse Trunks guardando la ragazza con finta aria di sfida.

-cos’è, vuoi una gara? E va bene, ci sto, ma non illuderti, prenderò io il voto più alto- ribatté lei rispondendo alla sua richiesta di sfida.

Da allora si sarebbero impegnati a fondo, l’uno per superare l’altro, per loro era come un gioco, ma Goten non ci trovava nulla di divertente, ma pensava: contenti loro, contenti tutti.

Finalmente la campanella suonò segnando la fine delle lezioni, all’uscita i tre amici stavano parlando come al solito ma Goten notò una strana intesa tra gli altri due, non sapeva spiegarselo, ma ciò non gli piaceva affatto, si sentiva un po’ escluso, lui, che era abituato ad essere sempre al centro dell’attenzione, ma forse non era solo quello.

-senti Saori- cominciò a dire.

-sì? Che c’è?-

-non è che… mi potresti dare delle ripetizioni di matematica?-

-ma siamo all’inizio dell’anno…-

-ma io sono già indietro… e se non capisco le cose adesso, come potrò capire gli argomenti che faremo poi?-

-e va bene… quando facciamo?-

-oggi pomeriggio vero le tre e mezza, vengo io da te-

-ok… è arrivato io padre, forse dovrei cominciare a tornare a casa a piedi… allora ci vediamo dopo Goten, ciao Trunks, a domani!!- detto questo entrò in macchina e sparì dalla vista dei due ragazzi.

-Trunks? Ma che cosa sta succedendo con Saori?-

-ma che cavolo dici? Siamo amici e basta-

-davvero? A me pare tutt’altro-

-non sarai mica geloso…-

-geloso io?? Con tutte le ragazze che ho dietro la porta? Guarda che sei fuori strada-

-se lo dici tu…-

-la sai una cosa? Fosse per me voi due potreste mettervi insieme subito, non me ne importerebbe niente-.

In realtà Trunks non credeva alle parole dell’amico, stava covando qualcosa; neanche Goten era convinto della veridicità di quello che aveva appena detto ma non aveva intenzione di darlo a vedere.

-senti Goten, non so il motivo di questo tuo delirio, ma sappi che io non ho nessuna intenzione di mettermi con lei, hai capito?-

-ahahah!! Ci sei cascato come un pollo!!!! Ma si può essere così scemi?? Io stavo scherzando!- il ragazzo dai capelli neri si stava scompisciando dalle risate, anche se queste erano molto tirate, doveva rimediare al danno che aveva fatto e ci riuscì, l’amico dal capelli lilla cominciò a ridere a sua volta perché quella era proprio una mossa da Goten.

-me la sarei dovuta aspettare da uno come te!! Razza di mascalzone…- gli diede una leggera pacca sulla nuca, come fanno gli amici fra loro e poi tornarono nelle loro case.

Saori era nella sua camera sdraiata sul letto a pensare, aveva ripreso ad ascoltare musica, piano piano si stava riprendendo, in quel momento aveva masso nello stereo un cd dei “Gotica” la canzone che stava udendo s’intitolava “the cliff of suicide” le piaceva quella melodia, a dispetto del titolo, le infondeva serenità.

Poco dopo la sua attenzione venne attirata dal foglio che aveva sulla scrivania, si alzò e lo andò a prendere, era il testo della canzone del gruppo di Goten, spense la musica, le era venuta voglia di cantare, la sua voce si espanse in tutta la stanza, ogni oggetto fremeva in modo impercettibile per la sua voce bellissima, una voce diversa dalle altre, una voce particolare, che non poteva essere paragonata a nessuna di quelle conosciute delle cantanti famose e poi quella canzone era come se fosse stata scritta perchè lei la intonasse, in quel momento c’erano solo lei e la sua voce, il mondo esterno non esisteva, si trovava nell’infinito spazio della sua musica dove si era sempre rintanata nei momenti tristi della sua vita e dove aveva trovato conforto.

Ma il mondo non si era realmente fermato, era solo una sua sensazione, esso continuava a girare e la nostra ragazza non si accorse di quando la sua porta si aprì, il misterioso individuo rimase ad ascoltare, rapito dalla voce della ragazza, e aspettò che finisse per dire qualcosa.

-brava Saori, complimenti, meno male che eri negata…-.

La ragazza in questione sobbalzò, non si era accorta che fosse entrato, così si girò lentamente e con un’espressione spaventata.

-c… ciao Goten… uh, sono già le tre e mezza, non me n’ero accorta- disse cercando di cambiare discorso.

-perché non mi hai mai detto che sai cantare così bene?-

-io… è complicato…-

-certo, è facile dire così-

-ascolta, tu non puoi capire, tu non sai…-

-infatti! Io non so niente di te! Mi sembra di avere davanti una sconosciuta certe volte- Goten aveva un’espressione leggermente alterata, a Saori faceva paura, ma non aveva intenzione di cedere.

-quello che riguarda la mia vita è affar mio-

-bene, scusami, io ultimamente non ti facevo più domande, ma tu non sai quanto è mortificante non sapere nulla di una persona a cui vuoi bene!-.

L’ultimo pezzo della frase risuonò numerose volte nella testa della ragazza, solo allora capì di essere una persona ingrata, non poteva tenersi tutto dentro, era una cosa opprimente, doveva sfogarsi e quella era la sua occasione.

Goten stette a guardare la ragazza che aveva davanti, la sua espressione (di lei) era indecifrabile, lui non capiva a che cosa stesse pensando, pensava solo di aver esagerato e di averla persa per sempre, come amica e forse…

Così si girò e fece per uscire dalla stanza, che stava diventando stretta, ma una mano lo bloccò per il braccio, girò la testa e vide Saori, i suoi occhi erano lucidi, stava sicuramente per piangere e questo Goten non poteva sopportarlo, perché era colpa sua, ma non disse nulla, aspettò che fosse lei a proferire parola per prima.

-scusami Goten, io speravo che non parlandone avrei potuto lasciarmi tutto alle spalle, ma a quanto pare non è così, io sono un’ingrata nei vostri confronti, tuoi, di Trunks e del resto della band- lei lo stava guardando fisso negli occhi e lui ascoltava incantato, non aveva mai notato che da quegli occhi così scuri potessero trasparire così tante emozioni.

-scusami tu, Saori, sono stato esagerato…-

-no, hai fatto bene, ho intenzione di dirti tutto, la tua amicizia è importante-

-grazie, anche la tua, allora, ci sediamo sul letto?-.

Una volta che si furono accomodati, Saori appoggiata al muro con le ginocchia strette al petto e Goten a gambe incrociate dall’altra parte, la ragazza tirò un sospiro e cominciò a parlare.

-tu sai bene che io vengo dalla metropoli, vivevo in una villa enorme con mia madre e la nostra servitù, ero molto ricca, mia madre la conosci di sicuro, si chiama Sharon Marcy…-

-coosa! Non mi dirai mica che sei la figlia di Sharon Marcy, la popstar!!!- esclamò Goten sbalordito.

-esatto, è lei e se non mi vuoi credere sei libero di fare quello che vuoi-

-ma che dici, io ti credo, lo giuro- le disse con un’espressione seria e dolce allo stesso tempo.

-ecco… io ero timida, non volli mai farmi vedere in televisione o sui giornali, così uscivo poche volte dalla villa, giusto la sera all’insaputa di mia madre, ma questo quando ero già grande-

-non uscivi mai? E non ce li avevi gli amici?-

-amici… se così si possono chiamare gli omaccioni che c’erano nei locali in cui mi rifugiavo e che mi avevano presa in simpatia… a parte loro io ce l’avevo un’amica, era la figlia di una nostra governante, ci siamo trovate subito in sintonia e siamo cresciute insieme, avevamo la stessa età. Abbiamo cominciato a studiare musica insieme, lei sapeva suonare benissimo la chitarra, aveva un talento naturale, io invece cantavo, anche se sapevo suonare il pianoforte, il violino, la chitarra elettrica e la batteria, ma prediligevo il canto-.

Goten l’ascoltava in silenzio, stentava a credere a quello che l’amica gli stava dicendo, ma dalla sua espressione si poteva capire che era tutto vero.

-noi eravamo sempre insieme, io cantavo solo se c’era lei a suonare, eravamo una bella coppia, pensavamo di scappare un giorno dalla villa e di fare carriera noi soltanto, senza l’aiuto di nessuno, eravamo al settimo cielo a questo pensiero, ma…-.

Saori si fermò all’improvviso, la sua voce era diventata roca, non riusciva più a parlare, il groppo che aveva in gola glielo impediva.

-ma è successo qualcosa di brutto, ho forse ragione?- chiese Goten.

-esatto… lei… era uscita con sua madre per le solite commissioni, ma… si sa come sono fatte le città grandi, ci sono sempre dei pazzi in giro e lei… è…-.

Copiose lacrime la bagnavano le guance non riusciva a trattenersi, era come se stesse rivivendo quel giorno, ed era doloroso, Goten si avvicinò a lei a gattoni e l’abbracciò senza dire niente, Saori si lasciò andare in quell’abbraccio così sincero, che solo un vero amico poteva dare.

-… lei è stata vittima di una stupida sparatoria e non si è potuto fare nulla per salvarle la vita…- Goten la zittì, non voleva che soffrisse ancora, aveva sbagliato a reagire così, come aveva fatto prima, accidenti a lui e al fatto che fosse così testardo da voler ottenere sempre quello che voleva, certo, ora sapeva qualcosa sulla vita di Saori, ma a che prezzo? Ora lei piangeva tra le sue braccia e non accennava a voler smettere, era solo un egoista, ecco cos’era.

Rimasero così per molti minuti, a poco a poco la ragazza si stava calmando e Goten la guardava in silenzio, non avrebbe mai pensato che la sua Saori fosse così vulnerabile, era sempre così sicura e faceva sempre la faccia da dura, ma era solo una maschera che voleva coprire quello che provava veramente… aveva detto “sua”? Gli era venuto quasi spontaneo, lei era speciale e lui doveva solamente ammetterselo.

La ragazza smise di piangere, le lacrime non c’erano più e i suoi occhi stavano perdendo quel rossore tipico di chi ha appena pianto, alzò lo sguardo e questo si incontrò con quello di Goten, che le sorrise, lei si stava rasserenando, le sue braccia la facevano sentire a suo agio e ora non voleva più piangere.

-scusami…- disse lei dopo un po’.

-e di che cosa?-

-ti ho bagnato tutta la maglietta…- rispose lei posando gli occhi sulla macchia disegnata sul petto del ragazzo.

-non fa niente, l’importante è che tu stia meglio-

-sì, ora sì che va bene-.

I due ripresero a guardarsi, poi qualcosa scattò e si allontanarono.

Il ragazzo, imbarazzato cercò di iniziare un discorso, il silenzio lo divorava.

-se non te la senti di cantare, io non ti costringo…-

-no… io ho preso la mia decisione, domani verrò alle prove con i Rock Party e prenderò in mano quel microfono-

-davvero? Grazie!! Sei un’angelo!!!-.

La ragazza lo guardò storto e disse.

-regola numero 1: non chiamarmi mai più “angelo”!-.

Goten la guardò confuso, poi cominciò a ridere, mentre la ragazza lo guardava con uno sguardo, dapprima offeso e poi confuso.

-ma… che c’è da ridere?-

-sei troppo buffa quando cerchi di fare la dura!!-.

E fu così che cominciò un battibecco che durò ancora per un pezzo.

Ora Saori si era sfogata e le aveva fatto proprio bene, Goten era un amico speciale e forse si stava rendendo conto che i suoi sentimenti verso di lui erano diversi di quelli che credeva.

 

 

 

 

Ho aggiornato prestissimo!!! è che avevo un po' di tempo in questi giorni e, da non credere, ho già cominciato il prossimo capitolo!!! Comunque devo dire che questo capitolo mi è venuto abbastanza bene... ero finalmente ispirata... ringrazio tantissimo le ragazze magnifiche che mi hanno recensito la scorsa volta:

LORIGETA: grazie 1000 per i tuoi complimenti riguardo al mio modo di scrivere!! Ma anche tu ti meriti tutte le lodi possibili... tvb

CamyllaSsj5: cavoli!! TU che leggi una mia storia e dici pure che è bella???? Wow!!! Sto seguendo alcune tue ff e sei veramente brava!!! Ti meriti un sacco di complimenti!!! tvb

Stella: grazie tantissime per i complimenti, anche se non credo di meritarli tutti, eccoti il capitolo nuovo, spero che ti piaccia!!! tvb

Alla prossima!!! Kissoni...

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Capitolo 5
*** Sentimenti ***


CAPITOLO 4: SENTIMENTI

 

Nella grande metropoli era calata la notte, il cielo era scuro e le stelle si accendevano come lampadine, ma dalla strada non si potevano vedere, perché il suolo che ospitava la metropoli era illuminato a giorno, tra lampioni e macchine in corsa la vita era frenetica come al solito.

Tra le automobili che solcavano l’asfalto nero delle strade c’era anche una limousine dello stesso colore della strada, anche se questa era molto lunga ospitava solo tre persone: il guidatore, una popstar e il suo bodyguard.

Poco dopo l’auto si fermò davanti ad una villa enorme e lì la donna scese accompagnata dalla sua guardia del corpo, non salutò nemmeno il guidatore, per lei era solo un uomo come un altro, neanche degno di essere visto da una persona del suo rango, invece quell’uomo conosceva bene la cantante, lavorava per lei da qualche anno e gli era piaciuto, già, ma questo era tempo fa, infatti l’unica persona che lo aveva trattato da uomo era la figlia della star, una ragazza deliziosa, completamente diversa dalla madre, per sua fortuna, ma ora lei sembrava scappata, l’uomo fece un ghigno, in fondo la sedicenne non era da biasimare, la vita lì dentro era un po’ come la prigionia, una prigione lussuosa con ogni tipo di comodità, ma pur sempre una prigione.

La donna dai lunghi capelli platinati si fece aprire la porta d’ingresso e appena fu dentro lasciò la giacca in mano a una delle inservienti che le erano corse incontro, una di esse cominciò a parlarle.

-salve signora Sharon- la star rispose con un verso scocciato e andò per la sua strada verso la sua camera.

-la signorina Saori non è ancora tornata… è passato più di un mese dalla sua scomparsa… forse dovremmo andare a prenderla…-

-non si preoccupi, la mia piccola Saori in questo momento è al settimo cielo, pensa di avere la propria vita nelle sue mani, ma presto si accorgerà che quel paesucolo di campagna dove si è andata a rintanare è troppo piccolo e tornerà a casa da sola, dobbiamo solo aspettare-.

Detto questo Sharon andò nella sua stanza e si sdraiò sul suo spazioso letto, troppo grande per una persona sola, poco dopo sentì il rumore di acqua scrosciante provenire dal suo bagno personale, sembrava proprio che qualcuno avesse aperto la doccia.

-ehi, Oscurità! Guarda che lo sapevo che eri lì-.

Un uomo giovane, sui venticinque anni, apparve alla vista della donna, che lo guardò dall’alto in basso, aveva proprio un bel fisico, con gli addominali scolpiti e i muscoli ben distribuiti, non era per niente sproporzionato come gli atleti che si vedono in giro, lui aveva i capelli neri e scompigliati e dei bellissimi occhi azzurri.

-allora sai anche quello che devi fare- rispose il ragazzo malizioso.

-dai, sono appena tornata da un concerto-

-vorresti dire che preferisci dormire piuttosto che fare la doccia con me?-

-non stavo dicendo questo… lasciami prendere un po’ di fiato-

-e va bene, ti aspetto dentro-.

Il ragazzo sparì chiudendosi la porta del bagno alle spalle.

Sharon stava pensando al suo sguardo, era triste, come quello di sua figlia e a volte non lo riusciva a sostenere perché quella sedicenne era l’unica persona che la spaventava veramente, perché quella ragazzina non aveva paura di niente, riusciva sempre a farla sentire una merda e aveva mandato a monte molte interviste, sì, era felice di non averla più tra i piedi e non si sentiva per niente in colpa riguardo a quello che pensava, era stato un errore, solo un errore, una cazzata giovanile, infatti era rimasta incinta ad appena diciassette anni, nei primi momenti della sua carriera.

Alla fine decise di raggiungere il ragazzo con cui aveva una storia da un po’, non lo sapeva neanche lei che cosa provasse per lui, ma era uno svago che poteva permettersi.

Si tolse il costosissimo vestito che aveva, mostrando un seno invidiabile, ma non del tutto vero, infatti anni prima aveva deciso di rifarselo, come anche gli zigomi e il naso, né più né meno delle sue colleghe.

Entrò nel bagno e vide il ragazzo dentro la doccia, l’aprì e vi entrò, sotto lo sguardo estasiato di lui, subito si baciarono e mentre lei schiacciava le sue mani sugli addominali di lui, quest’ultimo le palpeggiava il sedere in modo poco ortodosso.

Ormai era l’alba, ma il ragazzo era sveglio, nel letto insieme alla popstar, non riusciva a chiudere occhio da un bel po’ di tempo, si sentiva meschino e soprattutto un traditore nei confronti di Saori, si girò dall’altra parte, dando le spalle alla donna, la quale si voltò verso di lui, era sveglia.

-hai notizie di Saori?- chiese lui senza voltarsi a guardarla.

-che te ne frega, ora per te basto io- disse lei con voce suadente e mordicchiandogli il lobo dell’orecchio.

-che cosa stiamo facendo?- chiese lui.

-ci divertiamo-

-già…- rispose lui poco convinto.

 

Nel piccolo paese di campagna era una mattina come tutte le altre, il sole era alto e le foglie cadevano una dopo l’altra, la temperatura si era abbassata in modo notevole, non si poteva uscire senza almeno una giacca, ormai eravamo a metà ottobre.

Saori uscì di casa e stranamente vide Trunks ad aspettarla.

-ciao Trunks, che ci fai qui?- disse lei sorpresa come poche volte.

-volevo chiederti una cosa-

-dimmi…-

-ieri Goten è venuto a casa mia verso sera ed era felicissimo, dice che finalmente abbiamo una cantante, non dirmi che sei proprio tu?-

-esatto… non sono riuscita a separarmi dalla mia musica-

-sono contento che tu faccia parte dei nostri, ma non ho capito il motivo che ti tratteneva-

-è una storia lunga…-

-ok, non me ne vuoi parlare… non fa niente-

-scusami, ma ho avuto un passato difficile e non parlarne mi aiuta ad allontanarlo-

-non ti devi scusare, ho capito-.

Quel ragazzo era veramente complicato, Saori non sapeva mai come prenderlo, non capiva se era interessato a lei oppure no, ma anche lei era molto confusa, prima credeva di avere una cotta per il ragazzo dai capelli lilla, ma ora non ne era più molto sicura, perché il giorno prima, nella sua stanza, con Goten era successo qualcosa che non si sapeva spiegare.

-lo sapevi che nel nostro paese c’è un altro gruppo?- disse ad un certo punto Trunks.

-sul serio?-

-sì, ma è composto da sole ragazze, fanno musica pop-

-che orrore!-

-è quello che penso anche io, ma nel gruppo c’è anche mia sorella Bra-

-è quella ragazza dai capelli turchini…-

-che fa un po’ la troia? Esatto… oltre a lei ci sono le sue amiche Marron e Pan-

-queste due non le ho mai sentite-

-loro sono delle ragazze normali, non si fanno molto notare-

-soprattutto una biondina di nostra conoscenza, vero?-.

I due si girarono di scatto e videro Goten tutto sorridente.

-scusate ma non ho potuto fare a meno che ascoltare il vostro discorso-

-GOTEN!!! Ti avevo detto di non spifferare ai quattro venti che mi piace Marron!!-

-ohoh… vacci piano amico, perché sei stato tu ora che l’hai urlato a metà paese- disse il moro con gli occhi semichiusi e indicandolo.

Trunks diventò rosso come un pomodoro e si tappò immediatamente la bocca per paura che potesse dire altre cose che non avrebbe mai voluto divulgare.

Saori si mise a ridere, stranamente non le aveva fatto male questa rivelazione, anzi, le aveva messo addosso una curiosità tremenda.

-bhè, allora se è la ragazza che piace a Trunks, la devo proprio vedere- disse la ragazza dagli occhi color pece.

-è una ragazza non molto alta, dai capelli biondi e gli occhi azzurri, gentile, timida e intelligente, fa il liceo classico nella nostra stessa struttura ed è riuscita a conquistare il cuore del nostro Trunksino- disse il moro facendo gli occhi dolci all’amico disgustato verso il finale del discorso.

Saori si divertiva un sacco con i suoi nuovi amici e non ci pensava neanche lontanamente di tornare alla sua vecchia vita.

Quel giorno avrebbe avuto le prove con il resto della band, ormai conosceva bene tutti i componenti, si era integrata alla grande come consigliera, ma quel giorno era tesa, avrebbe dovuto prendere il microfono e cantare al ritmo delle note che suonavano loro e aveva paura di non essere all’altezza, ma non voleva darlo a vedere, perché lei era conosciuta come una ragazza forte che non si spaventa davanti a niente e le piaceva che le persone avessero tale considerazione di lei.

Nel tragitto per la casa di Goten le tremavano le gambe, difatti andava pianissimo, ma era in buon orario, non poteva permettersi di arrivare in ritardo proprio quel giorno.

Si era vestita di nero (che strano… in tono ironico…) ma oltre alle immancabili borchie, al polso sinistro portava una piccola catenina d’argento, che aveva un forte valore affettivo per Saori: un giorno di quattro anni prima lei e la sua amica, che si chiamava Dalila, erano andate a fare shopping, o meglio, la mora ci era stata trascinata dall’amica, così erano passate davanti ad un oreficeria e avevano visto questi due bracciali d’argento, erano come delle catene, gli anelli erano uno attaccato all’altro, non potettero non prenderli, perché credevano che la loro amicizia fosse come una catena, indissolubile, nulla avrebbe potuto romperla; se le mettevano soprattutto quando facevano musica insieme Saori indossava il suo sul polso sinistro, Dalila sul polso destro, perché loro due si completavano a vicenda, finché erano insieme erano una squadra imbattibile, ma purtroppo una forza più potente di loro ha distrutto questo equilibrio così perfetto e mentre una abbandonava la vita per andare in un mondo migliore, l’altra sprofondava sempre più in basso, poiché non c’era nessuno in grado di tirarla su, perché la sola persona che poteva farlo era la causa di questo suo precipitare. (che frase contorta…)

Dalila era una ragazza solare, sempre allegra ed ottimista, riusciva sempre a tirare su il morale a Saori anche dopo una sfuriata della madre, di corporatura era esile, come una spiga di grano, ma come questa, se infuriava la tempesta si piegava soltanto senza mai spezzarsi, i suoi capelli erano di un colore castano chiaro mentre gli occhi erano anch’essi castani, ma scuri e luminosi, come quelli di una cerbiatta.

La ragazza dai capelli corvini non si accorse neanche del suo arrivo a casa dell’amico, tanto era presa dai suoi pensieri, così rimase una manciata di secondi fuori dalla porta del capanno, luogo dove si svolgevano le prove, aveva quasi paura ad entrare, poi prese un bel respiro e aprì la porta, scoprì che dentro c’erano già tutti, mancava solo lei.

Le corsero in contro Rick e Goten.

-mancavi solo tu!!- le disse l’amico dai capelli neri, come i suoi.

-eggià… vediamo un po’ come te la cavi al microfono- le disse l’altro.

Ormai tutto il gruppo era in posizione, Chez al basso, Rick alla batteria, Trunks con le cuffiette da DJ, Goten alla chitarra e in mezzo al palchetto improvvisato c’era Saori.

La melodia cominciò, la canzone era quelle che piaceva tanto alla ragazza, quella che l’aveva conquistata dalla prima volta che l’aveva sentita, tutti gli strumentisti erano al lavoro, stavano andando alla grande, poi arrivò il suo momento, quello in cui mise la sua voce per intonare quella canzone fantastica, le note si susseguivano e le parole uscivano dalla sua bocca, Trunks era quello che dirigeva un po’ il tutto e si accorse che la voce dell’amica era semplicemente perfetta, senza incrinature e molto rock, finalmente comprese l’impazienza di Goten nel fargliela sentire, quella ragazza era come un angelo piovuto dal cielo per aiutarli, era la loro salvezza, era certo che con lei al microfono avrebbero fatto strada, lo sperava con tutto il cuore, perché quello era il suo sogno e lo stava inseguendo insieme al resto della band, alla quale si era appena aggiunta Saori, una vera rivelazione.

Alla fine della canzone tutti si complimentarono con lei, era ufficialmente entrata a far parte dei “Rock Party”! Lei era felicissima, non avrebbe potuto sperare di meglio.

Poi inevitabilmente tutti tornarono nelle loro case, tranne Saori, che era stata trattenuta da Goten.

-tu sei semplicemente fantastica a cantare, il nostro sogno di sta per avverare- disse Goten ancora entusiasta.

-grazie, non merito tutti questi complimenti-

-te li meriti tutti invece! Allora ci vediamo domani per le prove?-

-va bene, alla solita ora?-

-sì… vuoi restare qui a mangiare?-

-non saprei… devo chiedere a mio padre…-

-no problem! Vieni in casa che c’è il telefono-.

La ragazza acconsentì, in fondo, per quanto adorasse suo padre, in quel momento non aveva molta voglia di tornare a casa, le piaceva la compagnia di Goten.

-mamma!!-

-Goten? Sei tu?-

-certo che sono io!! Può stare un’amica a mangiare?-

-va bene, tanto una porzione in più o una in meno non fa differenza, con tutto quello che vi mangiate tu e tuo padre!-.

Joe acconsentì, gli piaceva che sua figlia frequentasse Goten, quel ragazzo gli era molto simpatico, come anche suo padre, che andava spesso al suo bar, erano brava gente.

-allora cara, tu devi essere Saori, Goten ci ha parlato di te- disse Chichi mentre erano tutti a cena.

-sì esatto…- rispose lei un po’ imbarazzata.

-sei la figlia di Joe, mi ha parlato di te anche lui e poi mi sembrava di averti già visto al suo bar verso l’inizio di settembre- le disse Goku, il padre di Goten.

-sì, ho voluto dargli una mano per ricambiare il grosso favore che mi stava facendo-

-sappiamo che vieni dalla metropoli, ma per quale motivo ti sei trasferita qui?- chiese la donna.

-mamma!! Ma ti sembra il caso?- Goten aveva un’aria severa e Saori ne aveva assunta una triste, Chichi capì di aver fatto una terribile gaffe.

-scusami, effettivamente non sono affari miei…-

-allora, Saori, qual è il tuo cibo preferito?-.

Goku se ne veniva sempre fuori con una delle sue, era per cambiare discorso quando la moglie straparlava.

-papà, sei sempre il solito, pensi sempre a mangiare- gli disse scherzosamente Goten.

-che posso farci, a me piace un sacco il cibo- rispose lui con aria seria, sembrava un bambino e di questo se ne accorse anche Saori che non potè fare a meno di sorridere, il suo amico aveva una famiglia invidiabile.

Per tutta la sera i due rimasero in compagnia di Goku che sprizzava simpatia da tutti i pori, come il figlio, per certi versi erano molto simili.

Si fece tardi e Joe passò a prendere Saori, salutando anche la famiglia di Goten.

-lo sai, mi sono davvero divertita stasera, tuo padre è troppo forte…-

-anche io mi sono divertito in tua compagnia, mia madre oggi ha dato il meglio di se a cucinare, dovresti venire più spesso-

-molto volentieri, ciao! A domani!!-

-a domani!!-.

La guardò allontanarsi e andare con suo padre verso casa, come faceva una sola ragazza a provocargli tutte quelle emozioni? Lei era diversa da tutte le altre, lei non lo desiderava, lei non puntava tutto sull’aspetto esteriore, era bellissima anche così com’era e lui non le avrebbe cambiato neanche un capello.

Sentì una mano posarsi sulla sua spalla.

-è proprio una bella ragazza, non trovi?- gli chiese Goku.

-sì… è fantastica, ma noi siamo solo amici-

-andiamo… non vorrai farmi credere che non ti piace neanche un po’-

-bhè… è speciale-.

Tornò a posare lo sguardo laddove prima camminava Saori, ma ormai lei non c’era più, quella ragazza era riuscita a penetrargli nel cuore, come avrebbe voluto rivelarglielo, provare con lei sensazioni che non aveva mai provato con nessuna, aveva già dato più di un bacio, ma questi non significavano nulla, era convinto che se fosse riuscito ad impossessarsi delle sue labbra avrebbe provato un’emozione almeno un milione di volte più forte rispetto alle volte precedenti, lei era Saori, la Sua Saori.

 

 

 

 

Sono tornata!!!! Il capitolo l'avevo finito da un po', ma non lo so nemmeno io perchè non l'ho pubblicato... chi mi capisce è bravo... allora, passo ai ringraziamenti:

LORIGETA: Saori è una persona con le idee chiare, certo, quei due figoni da paura l'hanno messa in difficoltà, ma penso che tu già intuisca per chi batte maggiormente il suo cuore... tvttttb

Stella: O_____O' Accidenti... spero che non ti abbia fatto troppo male leggere un fatto che ti ricorda uno dei momenti più tristi... io non so che dire... mi dispiace troppo... PERDONAMI!!!! Ma spero che continuerai a leggere la mia ff... anche se non mi stupirei se non vedessi più le tue recensioni... me tanto dispiaciuta!!!! tvttttb

CamyllaSsj5: ahah!! Fortissima la storia dello sternocleidomastoideo!! (sapevo che cos'era, sembro scema ma c'è qualche neurone nella mia testolina.. hihi). Effettivamente la cosa poteva somigliare a un triangolo, ma ora non lo sembra più, visto che Saori non è più molto convinta di quello che prova per Trunks... sono contentissima che segui ancora la mia ff e spero che ti sia piaciuto anche questo capitolo, anche se un po' insulso e con un titolo che... lasciamo perdere... tvttttb

Kissoni!!!! 

 

 

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