Inseguendo un sogno di black 91 (/viewuser.php?uid=21414)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** prologo ***
Capitolo 2: *** Comincia la scuola ***
Capitolo 3: *** La band ***
Capitolo 4: *** Il passato non si scorda mai ***
Capitolo 5: *** Sentimenti ***
Capitolo 1 *** prologo ***
zoe
Inseguendo un sogno
PROLOGO
Era
buio.
Una villa enorme, tutte le
luci erano accese, tutte tranne una.
Colei che si muoveva
nell’oscurità della stanza sapeva bene che cosa fare, lo aveva architettato da
molto tempo ormai, troppi scandali, troppe incomprensioni, era impossibile
vivere soffocati da tutta quella gente che andava e veniva
quotidianamente.
Lo zaino era pronto, non c’era
tutto, giusto il minimo indispensabile e qualche soldo, non se ne sarebbe
accorto nessuno. Aveva lasciato un biglietto sulla scrivania: “vado da papà, non
cercarmi. Saori”.
Aprì l’armadio e tirò fuori
tutte le sue lenzuola e le legò una dopo l’altra facendo diventare la sua opera
lunga quanto bastava, l’aveva visto fare in alcuni film, di solito
funzionava.
Buttò la fila di lenzuoli giù
dalla finestra, nell’aprirla venne investita dalla leggera brezza d’inizio
Settembre, sospirò, era l’ultima volta che vedeva quel panorama, che era stato
negli ultimi anni la sua unica fonte di conforto, c’erano mille luci colorate
appartenenti alle insegne dei bar e locali della grande metropoli in cui
abitava, le scese una lacrima, l’ultima goccia di malinconia se ne stava
andando, la stava lasciando in quella casa troppo grande per una ragazza come
lei, salutò le sue luci e si girò per legare un’estremità dell’ultimo lenzuolo
al letto su cui non avrebbe mai più dormito.
Fece tre saldi nodi, no,
quattro è meglio, per stare sicuri, poi si mise lo zaino in spalla e buttò la
lunga corda di coperte dalla finestra, erano giuste giuste, poi si mise degli
occhiali da sole nerissimi e un cappello che racchiudeva tutti i capelli, non
doveva assolutamente farsi riconoscere da nessuno. Dopo ciò si aggrappò alla
corda da lei fatta e cominciò a scendere dalla finestra, passo dopo passo la
tensione aumentava, anche perché i nodi si stavano sciogliendo, mancava poco
quando:
-porca…-.
Non disse altro, il volo fu
breve, cadde di sedere, in quel momento invidiò con tutta se stessa i gatti e la
loro innata abilità di cadere sempre in piedi.
Rimase con in mano un lenzuolo
che buttò a terra e cominciò a correre a perdifiato per quel cortile che
conosceva molto bene, era riuscita a non farsi vedere dai sorveglianti, ora si
trovava davanti ad un muro, oltre il quale c’era la libertà, lei conosceva un
passaggio nascosto da un cespuglio, lo aveva creato lei anni prima, ma non si
era mai decisa ad usarlo, fino a quella notte.
Passò attraverso la muraglia e
si trovò in strada, ricominciò a correre verso la fermata più vicina, una volta
lì aspettò il pullman, con lei c’erano dei loschi individui ubriachi che
ridevano per ogni cazzata che sparavano, li guardò con disgusto, uno di quelli
si avvicinò:
-ciao ragazzina… ti va di
divertirti insieme a noi?- aveva l’alito che odorava di tutte le porcherie
possibili e immaginabili e una voce per niente
rassicurante.
-toccami e te ne pentirai- lei
era impassibile, era abituata a gente simile.
-ma davvero?- disse lui
toccandole la spalla col dito, la ragazza fece una mossa fulminea, gli infilò il gomito in pancia,
facendolo cadere sul marciapiede, dolorante.
Poco dopo arrivò il bus e ci
salì da sola, finalmente.
Era l’unica sul mezzo, si
sedette all’ultimo posto, non voleva altri contatti con
persone.
-dove ti porto ragazzina?-
chiese il guidatore assonnato.
-in stazione… ho
l’abbonamento- rispose lei.
Guardò fuori dal finestrino,
quelle stesse luci che vedeva dalla sua stanza, da vicino facevano tutto un
altro effetto, erano meno rassicuranti, forse era per i barboni che vi sostavano
perennemente fuori? Non ci credeva nemmeno lei, non avrebbe più rivisto quei
posti, non ci sarebbe mai più tornata, la vita di città non faceva per lei, era
troppo stressante, troppo piena di gente e lei aveva bisogno di
tranquillità.
Il pullman la scaricò davanti
alla stazione, entrata dentro le sembrò di essere sotto a milioni di riflettori,
socchiuse gli occhi nonostante gli occhiali
scurissimi.
Andò in biglietteria e chiese
un biglietto di sola andata per un paesino lontano, poi si diresse verso il suo
binario, decise finalmente di accendere il suo mp3 e mettersi le
cuffie.
Il treno arrivò dopo qualche
minuto e lei salì, trovandosi un posto in uno compartimento da sola, non voleva
contatti con nessuno.
Puntò la sveglia del suo
cellulare per le dieci del mattino, non doveva perdere la
fermata.
Erano ormai le undici di sera,
le si chiudevano gli occhi, così si sdraiò sul sedile tutto per lei e si
addormentò cullata dalla sua musica.
Passarono le ore, l’mp3 si
scaricò, la luce entrava nello scompartimento furtiva, come se volesse far
svegliare lei, ma non bastava così poco per farla tirare su, ma dopo poco la
sveglia del telefono suonò facendola sobbalzare.
-maledetta sveglia… ti
imbavaglio subito- detto ciò la fece smettere di suonare, mentre dormiva le si
era tolto il cappello e le era caduto a terra, era proprio sotto il sedile, la
ragazza lo raccolse di malavoglia e poi si ravvivò un po’ i capelli corvini
lunghi fino alle scapole.
-chissà dove sono…- si disse
ad alta voce.
Si diede della pazza, come
poteva parlare da sola? Ma non era da biasimare, non era una gran chiacchierona,
ma una parolina di tanto in tanto le faceva bene.
Rimase ad aspettare, dopo un
po’ il treno si fermò in una stazione, ma non era la
sua.
Si rese conto di quanto fosse
cambiato il panorama rispetto a quella notte, ora davanti a lei c’erano
innumerevoli campi, campi a perdita d’occhio, era giunta in
campagna.
Dopo un’oretta il treno si
fermò ancora in un paese, la passeggera solitaria lesse il nome, era arrivata,
prese lo zaino e si precipitò fuori.
Appena scesa dal treno fu
avvolta da un’aria diversa da quella della città, era pulita, pura, si mise
avidamente a respirarla, come se volesse togliere ogni minimo residuo della
città dal suo organismo.
Poi riprese a camminare verso
una meta che conosceva bene, non guardava la gente che inevitabilmente veniva
attratta dalla sua presenza.
“accidenti… ma che hanno da
guardare… e io che volevo passare inosservata” pensò tra sé e
sé.
Si mise a correre, non
sopportava quegli sguardi, voleva fuggirli, ma se li sentiva sempre alle
calcagna, come se la perseguitassero, svoltò l’angolo andando in una via che
sembrava priva di gente ma…
-ops… scusami… non l’ho fatto
apposta, aspetta che ti aiuto- le disse il ragazzo dal capelli neri con cui
aveva avuto lo scontro. I suoi occhi erano neri come la pece, ma trasmettevano
tranquillità alla ragazza, che rimase per un attimo paralizzata da quello
sguardo così… amichevole. Anche il ragazzo rimase colpito da lei, aveva degli
occhi castani, scurissimi, in quel momento sembravano spaesati, persi, ma gli
fecero uno strano effetto.
La magia durò
poco.
-scusami tu… non ho bisogno
d’aiuto…- disse lei con tono distaccato e fece per
superarlo.
-non ti ho mai vista, sei
nuova?- le chiese lui con aria interrogativa.
-sono appena arrivata,
scusami, ma devo andare…- lei non lo aveva neanche guardato in faccia, e se ne
andò, allontanandosi da lui, che la osservò sparire, si era accorto che lei
aveva bisogno d’aiuto, ma non osava seguirla, era stato rapito dal suo sguardo,
poi si girò davanti e vide per terra un cappello, il cappello della ragazza. Lo
raccolse e decise di tenerlo, era sicuramente un segno, l’avrebbe senz’altro
incontrata di nuovo, il paese era piccolo e si conoscevano tutti, prima o poi
l’avrebbe trovata, così continuò per la sua strada, un amico lo salutò per
strada.
-ciao
Goten!-
-ciao Trunks! Pronto per
l’inizio della scuola?-
-abbastanza,
tu?-
-non molto, l’estate è sempre
così corta…-
-capisco…-
-tu non puoi immaginare quello
che mi è appena successo-
-racconta…-.
Così Goten cominciò a narrare
all’amico il bizzarro incontro con la ragazza
sconosciuta.
Intanto lei era arrivata
davanti ad una casa, titubante se bussare o no, alla fine si decise, salì le
poche scale di legno e suonò il campanello.
Aspettò per pochi secondi una
risposta, sentì dei rumori provenire dall’interno e un uomo le aprì la
porta.
-ciao papà, scusami se mi
presento così… ma sono qui per restare, se non è un
problema-
-ciao Saori, entra pure… mi
aspettavo che arrivasse questo giorno, sei sempre la benvenuta dal tuo papà,
ricordalo sempre-.
La ragazza sorrise ed entrò,
per lei stava per cominciare una nuova vita in un paesino in mezzo alle
campagne.
Eccovi il
prologo della mia nuova ff, ho una vaga idea di quello che succederà poi, ma a
me piace, spero anche a voi, anche se da questo primo pezzo non si capisce
molto. Fatemi sapere se devo continuarla o se fa proprio pena, badate che
aggiornerò solo dopo aver ricevuto abbastanza recensioni, quindi sta a voi
decidere.
Kiss!!! By
black 91
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Capitolo 2 *** Comincia la scuola ***
zoe
CAPITOLO 1: COMINCIA LA SCUOLA
Una governante stava salendo,
passo dopo passo, gradino dopo gradino, aveva un vassoio in mano e il latte
nella tazza traballava un po’, ne cadde una goccia, ops… non importa, non lo
noterà.
Percorse il lungo corridoio,
ancora buio anche se erano ormai le nove del mattino, ma da quelle parti, il
sole non filtrava mai.
Bussò alla porta, su di essa
erano attaccati malamente dei cartelli che certamente non invogliavano chi li
leggeva ad aprirla, ma erano solo un esempio di quello che c’era dentro alla
camera: le pareti erano colorate di grigio, i poster raffiguravano cantanti
tatuati fino ai capelli e gran parte dei soprammobili erano dei teschi dall’aria
poco amichevole, la governante rabbrividiva sempre quando entrava, ma non aveva
scelta, colei a cui apparteneva la stanza nell’ultimo anno si era rifiutata di
scendere per mangiare, così lei le doveva potare sempre un vassoio in
camera.
Ma quel giorno non trovò
nessuno nella stanza, che era stata lasciata miracolosamente in ordine, ma non
badò molto a questo, piuttosto, dov’era lei? Perché non era nella sua stanza?
Fece per appoggiare il vassoio sulla scrivania per muoversi più liberamente, ma
notò un foglio scritto, lo lesse e sperò con tutta se stessa che non fosse
vero.
-SIGNORA
SHAROOON!!!!!-.
La governante urlò con tutto
il fiato che aveva in gola, la signora Sharon era la padrona di casa, anche se
ci stava dentro molto poco.
-che vuole?- rispose una donna
molto alta, dai capelli biondi e gli occhi azzurri, era arrivata lì senza una
scarpa e con delle sarte che le stavano ancora addosso per cucirle il vestito,
ecco la signora Sharon.
-lo sa vero che io non le
darei mai un dispiacere…- cominciò la povera donna
balbettante.
-arrivi al dunque, dov’è mia
figlia?- rispose la bionda con fare scocciato.
-… io non lo vorrei mai dire…
ma credo che sia…-
-che
sia…-
-ecco… credo che sia scappata,
signora-.
La signora fece uno sbuffo,
come se non ne fosse turbata o sorpresa.
-le ha lasciato un biglietto,
dice: “Vado da papà, non cercarmi. Saori”-.
La signora non cambiò
espressione e disse solo:
-dalle tempo, prima o poi
tornerà, non c’è da preoccuparsi, ora mi scusi ma ho la giornata piena, non
posso perdere tempo con queste sciocchezze-.
Così si allontanò dalla camera
e percorse il buio corridoio, seguita dalle sue fedeli sarte, lasciando dietro
di se una scia di fumo proveniente dalla sua sigaretta.
Era passata una settimana
dalla “grande fuga” e Saori si era ambientata piuttosto bene nella sua nuova
dimora, aveva cominciato ad aiutare suo padre a badare ad un bar di sua
proprietà da generazioni, ma faceva in modo di non farsi notare, per esempio
quando doveva andare ai tavoli per le ordinazioni si calava la visiera del
cappello fino agli occhi, così nessuno l’aveva mai guardata in faccia e nessuno
la conosceva.
Era stata felice, serena come
non lo era da tanto tempo, sì, quella vita le piaceva veramente e poi suo padre
era una persona simpaticissima, riusciva sempre a strapparle un sorriso, anche
quando di voglia di ridere ne aveva ben poca.
Ma ora la pacchia era finita,
era finito il tempo di nascondersi dietro un cappello con l’insegna del bar, ora
doveva cominciare a mostrarsi, perché era cominciata la
scuola.
Suo padre, Joe, l’aveva
accompagnata in macchina fino all’edificio ed erano ancora lì, in macchina, a
guardare i ragazzi che entravano, alcuni avevano una faccia allegra e salutavano
gli amici come se non si vedessero da una vita, quando invece il loro ultimo
incontro era stato il giorno prima.
Altri invece sembrava che
portassero già tutto il peso dell’anno sulle spalle, il primo giorno di scuola è
pesante per tutti.
Saori li guardava, uno ad uno
e cercava di inquadrare le persone da tenere a debita distanza, Joe la
guardò.
-che fai? Non entri? Vuoi che
ti accompagni?-
-no, non è necessario, me la
caverò benissimo…- rispose lei sorridendo, in realtà le avrebbe fatto comodo suo
padre di fianco, ma che figura ci avrebbe fatto? No, non il primo giorno, doveva
farcela da sola, così diede un bacio sulla guancia al padre, aprì la portiera e
uscì finalmente dalla macchina, incamminandosi al di là del
cancello.
Non passò inosservata come
avrebbe voluto, tutti si chiedevano chi fosse, non l’avevano mai vista in giro,
molti storcevano il naso dal modo in cui era vestita: aveva una maglietta nera,
abbinata a jeans dello stesso dolore, aveva due collane, una con un teschio e
l’altra con uno strano simbolo, ai polsi aveva delle borchie abbastanza
appuntite e al collo, oltre alle collane, un collare anch’esso borchiato, sul
retro della maglietta c’era scritto “the end of the world” (so che sapete che
significa, ma ve lo metto lo stesso: la fine del mondo), insomma, era quel che
si dice “una ragazza allegra”.
Appena entrata nell’edificio
adocchiò subito i tabelloni con le classi, di terze liceo c’era solo una
sezione, la C, in
classe erano in diciassette, il paese era piccolo e i ragazzi pochi e quella
scuola ospitava un liceo scientifico e una scuola
professionale.
“sarà anche piccolo questo
paese, ma è ben organizzato” pensò tra se e se.
Ora il problema più grande
sarebbe stato trovare la classe, lei non era mai andata a scuola, aveva sempre
avuto l’insegnante personale che andava da lei tutti i giorni, quindi questa era
un’esperienza nuova per lei.
Era ancora assorta nei suoi
pensieri quando un ragazzo si avvicinò per guardare anch’egli i tabelloni e
cominciò a parlarle.
-hey, ciao! Tu sei quella
della settimana scorsa!- disse lui con un sorriso
solare.
-ciao, non pensavo che mi
avresti riconosciuta…- disse lei nel modo più amichevole che
conosceva.
-non dimentico facilmente una
faccia come la tua- le disse facendole
l’occhiolino.
Il cuore della ragazza
sussultò, era la prima volta che una persona praticamente sconosciuta le si
rivolgeva in quel modo.
-ah… ed è una cosa
brutta?-
-no, affatto… quando ci siamo
scontrati, ti era caduto il cappello, l’ho conservato, tieni- lui le porse il
suo cappello nero e lei lo ringraziò con un
sorriso.
-dimmi, come ti chiami?- le
chiese lui.
-Saori, Saori Cheti- (cognome
puramente inventato, se poi esiste… nn lo so).
-ah, ma allora sei quella
nuova, siamo in classe insieme, piacere, io sono Son
Goten-.
-piacere…-
-visto che siamo della stessa
classe, allora andiamoci insieme, così ti faccio conoscere gli
altri-
-sei molto gentile, grazie per
l’accompagnamento, ma non ti scomodare per le presentazioni, non mi piace
conoscere tanta gente in un giorno solo-
-ok… sei un tipo solitario eh?
Ma comunque sono tutti bravi ragazzi, ti
piaceranno-.
I due si diressero verso
l’aula, che era ancora mezza vuota.
-grazie…- Saori faticava a
ricordarsi il nome di quel ragazzo tanto simpatico.
-Goten, mi chiamo Goten, cerca
di non dimenticarlo- le disse con fare amichevole.
-ok… grazie
Goten-.
Saori non fece caso ai
compagni che la guardavano e andò subito a sedersi in un banco libero in ultima
fila, attaccato al muro, diciamo il più distaccato di
tutti.
Goten non fece in tempo a
respirare che tutte le altre ragazze gli corsero incontro
abbracciandolo.
-vicino a me c’è un posto,
vieni?-
-no, vieni vicino a me, me lo
avevi detto l’anno scorso!-
-non è vero, l’aveva promesso
a me!-.
Tutti le ragazze se lo
litigavano, Saori guardava la scena divertita, possibile che quel ragazzo fosse
così popolare? In fondo non c’era da stupirsi, era così solare e sociale, anche
con lei, che faceva di tutto per non farsi notare, che mentre percorreva il
giardino prima dell’entrata a scuola si nascondeva dietro ai pochi cespugli,
lei, la cui unica compagnia nell’ultimo anno era stata se
stessa.
Era felice per quel ragazzo,
si meritava veramente tutte quelle attenzioni, ma successe un fatto che non si
seppe spiegare.
-scusate ragazze, davvero, io
vorrei essere il compagno di banco di tutte, ma ho già deciso vicino a chi mi
siederò- detto questo si avvicinò all’ultimo banco dell’ultima fila contro il
muro, spostò la sua sedia e si sedette, Saori si girò di scatto verso di
lui.
-guarda che non devi venire
vicino a me perché ti faccio pena, non ho bisogno della compassione di nessuno,
sono pienamente autonoma-
-non metto in dubbio questa
cosa, ma non voglio che una ragazza carina come te se ne stia da
sola-
-ti annoierai, io non parlo
molto, come avrai ben capito-
-allora staremo in silenzio,
ma vedrai che io ti farò parlare-.
Le altre ragazze erano rimaste
di stucco, come poteva Goten andarsi a sedere vicino a quella ragazza? Non
ispirava molta simpatia. Una si avvicinò ai loro
banchi.
-Goten… non vorrai mica dire
che intendi veramente stare vicino a lei, non vedi, sembra una scaricatrice di
porto con quelle… cose, che indossa…-.
Saori non sopportava il fatto
di venire giudicata e non potè fare a meno di
rispondere.
-senti bella, non gli ho detto
io di venire qui! E per tua informazione, meglio essere una scaricatrice di
porto che va in giro con le borchie, piuttosto che una smorfiosa con i rotoli di
ciccia che le escono da tutte le parti! Ti consiglio una
dieta!-
-che cosa mi hai detto!? Io
ti…-
-che cosa mi fai, vuoi
schiaffeggiarmi, avanti allora ma sappi che…-
-finitela voi due! Sandra, per
favore, vai al tuo posto…- disse Goten che non le sopportava
più.
-scusa… ma io perdo
completamente il controllo quando le persone si credono superiori- rispose Saori
in preda ad una crisi di nervi.
-cavoli, che caratterino,
poche ragazze riescono a tener testa a Sandra!-
-è che io quelle come lei non
le sopporto… sono delle vipere-
-hai ragione, a volte può
sembrare insopportabile, ma se la prendi dal verso giusto non è poi così male,
credimi-
-fai in fretta a parlare tu,
che vai d‘accordo con tutti, io non piaccio alle persone, lo so, ma non ho più
intenzione di faticare per cercare di piacere alla gente, non ne vale la
pena-
-certo che se parti da questo
presupposto… sai una cosa? È come se io ti conoscessi già da tempo, ho capito
che la tua vita non è stata facile, me ne vuoi
parlare?-
-pretendi un po’ troppo… non
mi va molto di parlare del mio passato, è meglio se continui a non sapere,
credimi-
-se lo dici tu… ma prima o poi
riuscirò a tirarti fuori tutto quello che voglio, ottengo sempre quello che
voglio-
-allora preparati a faticare,
non cederò facilmente- il tono della ragazza cominciava a cambiare, forse quel
ragazzo stava riuscendo a scalfire quel cuore di pietra che si era creato in
tutti quegli anni?
Poco dopo una voce si
intromise tra la discussione, un ragazzo dai capelli lilla diede una pacca alla
schiena di Goten.
-hey amico! Non mi fai
conoscere la tu amica?-
-hey! Te la posso presentare
solo se lei mi da il permesso, allora, vuoi che ti presenti questo bel ragazzo
che poi è il mio migliore amico?-
-hai il mio permesso- rispose
lei stando al gioco.
-io sono Trunks
Briefs…-
-… ed è il secchione di tutta
la classe!- aggiunse Goten.
-non è vero che sono un
secchione!- disse Trunks quasi offeso.
Saori abbozzò un sorriso, quei
due ragazzi erano simpatici, ci sarebbe andata
d’accordo.
-io invece sono
Saori…-
-… la ragazza dal passato
ignoto- aggiunse di nuovo Goten come se fosse su un palcoscenico.
-sei incorreggibile!- gli
disse l’amico.
Il discorso continuò ancora
per alcuni minuti, fino a che non entrò la professoressa in classe e si sedette
alla cattedra, tutti erano seduti ai loro posti, in
silenzio.
-buon giorno ragazzi, come
avete passato l’estate?-.
Come succede sempre, risposero
solo in quattro o cinque con la scontata parola “bene”, ormai è un
classico.
-ne sono contenta, facciamo
l’appello…-.
La professoressa cominciò a
chiamare gli alunni uno per uno, fino a che non arrivò alla fine, al none di
Saori.
-Cheti
Saori!-.
La ragazza alzò timidamente la
mano senza dire nulla, la professoressa la vide.
-tu sei quella nuova, che si è
iscritta la settimana scorsa, ecco perché ti hanno messa per
ultima…-
-così sembra…- rispose Saori,
non capiva il comportamento di quella donna, non sapeva se se lo stava dicendo
da sola o alla classe.
-bene bene… ci vuoi dire
qualcosa di te? Così ti conosciamo meglio-
-non c’è molto da dire sul mio
conto…-
-dai, qualcosina, per esempio,
che cosa ti piace fare?-
-mi piace… sa che non lo so
nemmeno io…?-
-ah… perfetto… pratichi
qualche sport?-
-ho praticato il karate… non
mi chieda altro-
-va bene, come vuoi… va bene
ragazzi, cominciamo a fare lezione sul serio-.
È sempre così, già dal primo
giorno le professoresse pretendono di cominciare a spiegare e parlano, parlano,
ma le teste degli alunni sono altrove, sono rimaste nei ricordi estivi, alle
feste sulla spiaggia, alle scappatelle notturne, ai bagni con gli amici, alle
sveglie non prima delle undici del mattino.
Per molti l’impulso di parlare
è troppo forte e non possono farne a meno.
-senti Saori… ma che fai? Stai
ascoltando?- le chiese Goten stupito.
-certo, altrimenti poi come
faccio se non studio sugli appunti?-
-fregatene! Ripetono solo
quello che c’è scritto sui libri, ti basterà studiare quelli o farti un
bigliettino per far andare bene la verifica-
-bigliettino? Intendi copiare
le cose dal libro su un foglietto?-
-ehm… esatto… perché me lo
chiedi? Non hai mai fatto un bigliettino? E non hai mai visto nessuno farne uno?
Ma in che razza di scuola andavi?-
-io ne ho visti solo nei film…
non sono mai andata a scuola… avevo l’insegnante che veniva a casa mia solo per
me… sai già troppo della mia vita…-
-interessante, ogni giorno si
scoprono cose nuove, vedi? Andando avanti così scoprirò tutta la tua vita in
meno di una settimana-
-non ci contare…- gli rispose
lei con aria di sfida, lui le sorrise malizioso.
-e va bene, visto che io so
delle cose su di te, tu devi sapere delle cose su di
me-
-se vuoi,
raccontarmi…-
-certo! Mia madre si chiama
Chichi ed è una donna assillante, pretende il massimo da me, mio padre si chiama
Goku, è un contadino, teniamo una fattoria verso la fine del paese, vuole che
anche io da grande prenda la fattoria, ma non mi va, voglio vedere il mondo,
come mio fratello, lui si chiama Gohan e ora è all’estero, lui sì che ha una
bella vita. A me piace molto la musica rock, infatti io Trunks e altri due
ragazzi che ti farò conoscere abbiamo formato una band, ci manca un cantante
perché quello che avevamo si è trasferito alla fine della scuola, ci chiamiamo
“enjoy the party” ma a me non convince molto come
nome…-
-e quindi hai una band tutta
tua, bello… ti posso aiutare a trovare un nome un po’ più
decente…-
-sarebbe una grande idea, che
ne dici se ci troviamo con il resto della band alle tre dopo la scuola per
decidere?-
-bhè…-
-dai, non puoi rifiutare, ti
piaceranno gli altri! Per caso, tu sai cantare?-
-no, affatto, sono negata-
disse lei quasi sospirando, un groppo in gola le impedì di dire altro, cercò di
mascherare in tutti i modi il suo stato d’animo.
-peccato, ma vieni lo stesso,
essì, perché l’ho deciso io-
-e da quando in qua quello che
dici tu è legge?-
-da quando ho deciso di
aiutare un’amica ad uscire dalla sua tana e farle conoscere il mondo- Goten
sembrava seriamente convinto, Saori non potè rifiutare, era felice di avere
nuovamente un amico, dopo tanto tempo poteva contare su qualcuno che le era
amico, dopo un’esperienza che le aveva segnato idelebilmente il cuore un anno
prima e dalla quale non era riuscita a riprendersi, ma forse la sua vita stava
cominciando a girare il per il verso giusto.
La campanella di fine lezioni
era suonata, tutti gli alunni si precipitarono fuori raccattando in qualche modo
i libri e gli astucci che avevano messo sul banco durante la
lezione.
Goten, Trunks e Saori stavano
uscendo dal cancello, Joe stava aspettando in macchina la
figlia.
-c’è mio padre, devo
andare-
-aspetta, ma, lui è tuo
padre…- cominciò Goten.
-cioè, tu sei la figlia di
Joe, quello del bar…- continuò Trunks.
-esatto, vi
sorprende?-
-no, è che noi lo conosciamo
bene Joe, ma non ci aveva mai detto di avere una figlia…- cominciò
Trunks.
-non c’è da andarne fieri…-
disse lei un po’ triste.
-non dire così… allora so dove
abiti, ti passiamo a prendere alle tre, fatti trovare pronta eh?- le disse
Goten.
-ok, ciao
ragazzi!-.
La ragazza salì in macchina
sorridendo, suo padre la squadrò dalla testa ai
piedi.
-ma… sbaglio o quello che vedo
è un sorriso?-
-no papà, non sbagli… oggi
avrò il mio primo appuntamento con degli amici-
-chi? Goten e
Trunks?-
-sì-
-e brava, sono dei bravi
ragazzi, sono contento che sei loro amica-
-lo sono anche io papà… come
non lo ero da tanto tempo-
-bene, ora andiamo a casa, che
ho lasciato il fuoco della pasta acceso, altrimenti la mangi anche tutta molle
eh?-
-che schifo! Corriamo
allora!-.
La vecchia macchina partì
alzando un po’ di polvere.
Se c’era una cosa di cui Saori
non si pentì mai, fu la decisione che prese quando decise di scappare dalla
grande villa.
Eccomi!
Scusate il ritardo colossale, ma faccio fatica a trovare il tempo di farmi una
doccia ultimamente... che bello! 5 rece!! Me commossa!!! Vi rispondo
subito!
dbvane92: lo sai che hai ragione sul fatto che non dovrei
molto guardare le recensioni per pubblicare? è che aggiornare è più bello se sai
che c'è qualcuno che ti segue, capitoo per capitolo, che ti supporta. Ma credo
che anche se non troverò molte rece aggiornerò lo stesso, almeno io ci provo.
Sper che ti sia piaciuto anche questo capitolo e che continuerai a seguirmi.
ciao!
dianatabo: spero di averlo scritto giusto il tuo nome... ho
fatto apposta nel prologo a non essere molto esplicita per "invogliare il
lettore e continuare", se è lecito dire... spero che mi commenterai ancora, le
vostre rece sono importanti per me, dimmi un po' come ti sembra.
ciao!
eledevil: sono felice che ti sia pisciuto lìinizio, piano
piano svilupperò la storia sperando di renderla sempre più interessante, alla
proxima! ciao!
LORIGETA: ciao! Mi fa piacere trovarti anche qui! Mi è
venuta questa ispirazione e non potevo ignorarla, ma tu questo lo sai bene,
visto che di idee te ne vengono un sacco e sono tutte fantastiche, mi chiedo
come fai... 6 grande! tvttttb
sirenis: spero che anche dopo questo capitolo la storia
prometta ancora bene, anche se devo ammettere che fa molto meno effetto del
prologo, spero che continuerai a seguirmi perchè tutte le vostre rece sono
importanti per me! ciao!
Kissoni! By
black 91
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Capitolo 3 *** La band ***
CAPITOLO 2: LA BAND
Fuori splendeva il sole, un
leggero venticello faceva fremere le foglie, alcune si staccavano, erano secche,
si stava avvicinando l’autunno.
In questo pomeriggio di metà
settembre una ragazza era seduta sul divano del salotto a guardare la
televisione, trasmettevano un bel telefilm poliziesco e Saori non ne perdeva mai
una puntata.
-allora, quand’è che devi
uscire?-
-verso le tre… a momenti sono
qui-
-ah, bene, lo sai che Goten e
Trunks fanno parte di una band rock?-
-sì, vado appunto ad un loro
incontro, devo aiutarli a trovare un altro nome per il
gruppo-
-bene… loro stanno cercando
anche una voce, hai intenzione di diventare la loro cantante, so che canti
benissimo…-.
L’uomo non riuscì a finire la
frase che venne interrotto bruscamente.
-no! accidenti, NO! Non ho
intenzione di cantare! Io non canterò mai più! Ma lo volete
capire?!-.
Joe rimase interdetto, non
aveva mai visto la sua Saori così furiosa, si pentì di quello che aveva detto,
avrebbe dovuto saperlo, quello era uno dei suoi punti deboli e lui, come uno
stupido era andato a tastare proprio lì.
-scusami Saori, non l’ho fatto
apposta…-
-non fa niente, sono stata
esagerata, non volevo prendermela con te. Scusa, ma ora vado in camera
mia-.
La ragazza fece le scale di
corsa, le lacrime minacciavano di scendere, si chiuse la porta alle spalle. Ora
era appoggiata con la schiena all’uscio, come aveva potuto prendersela con
l’unica persona alla quale importava veramente di lei? Con suo padre, l’unico
essere intelligente di tutta la sua famiglia, l’unico che l’aveva accolta senza
fare domande, perché in fondo sapeva già le
risposte.
Ma lui le aveva riportato alla
mente uno dei fatti più brutti della sua vita.
Si mise le mani sul volto e
cominciò a piangere, in silenzio, la schiena scivolava sempre più in basso,
finché la ragazza si ritrovò seduta sul pavimento, mentre mille ricordi le
assillavano la mente.
Lei era fuggita dalla villa
per allontanarsi il più possibile da quella vita, per allontanarsi da quei
flashback che, come in un filmato, le si presentavano davanti, ma il fato è
crudele, non sarebbe mai potuta sfuggire dalla sua vecchia vita, doveva
metterselo bene in testa, poteva solo metterla in uno dei più reconditi spazi
della sua anima e lasciarla lì, doveva imparare a conviverci, solo così sarebbe
stata più serena.
La sua nuova camera era molto
diversa di quella che aveva alla villa, ora non aveva più poster alle pareti,
voleva allontanare la musica da lei, aveva ancora le lacrime agli occhi quando
cominciò a ridere amaramente, come poteva allontanare la musica se i suoi nuovi
amici facevano parte di una banda? E lei si era addirittura offerta di
aiutarli.
Ma si era ripromessa che non
avrebbe mai più cantato e nessuno sarebbe riuscito a smuoverla da questa sua
decisione.
Poco dopo qualcuno bussò alla
sua porta, Saori si alzò di colpo, aveva ancora gli occhi arrossati dal pianto,
doveva rimediare in qualche modo, così corse in giro per la sua stanza alla
ricerca di qualcosa simile ad un fazzoletto.
-ehi Saori?? Ma ci sei?- disse
la voce dall’altra parte della porta, era Goten.
-sì… un momento!!!- gli
rispose la ragazza che si stava guardando allo specchio, era tutto a
posto.
Così uscì dalla sua camera e
si ritrovò davanti a uno dei più bei sorrisi che avesse mai visto, la luce
naturale che emanava quel volto era accecante per i suoi occhi abituati più che
altro al buio.
In pochi minuti furono in un
capannone, era distaccato dal resto del paese, era quasi immerso nella campagna,
intorno c’erano delle spighe di grano dorato, un ambiente che trasmetteva
serenità.
-benvenuta a casa mia- disse
Goten ammirando quel panorama.
-ma che bel posticino…-
rispose la ragazza guardando si attorno e avanzando nel capanno, in fondo
c’erano altri tre ragazzi, uno dei quali era Trunks, aveva delle cuffiette in
testa e stava davanti ad un macchinino pieno di tasti, gli altri due erano
ancora degli sconosciuti.
-ehilà ragazzi, sono
tornato!!-
-alleluia!!!- disse uno dei
ragazzi nuovi.
-allora, passiamo alle
presentazioni, lei si chiama Saori, trattatela bene… è qui per
aiutarci-
-allora molto piacere, il mio
nome è Rick, sono il batterista- un ragazzo dai capelli biondi e dagli occhi
color del miele le prese la mano, lei dovette per forza sorridergli, in quel
posto sembravano tutti felici.
-invece quel ragazzo coi
capelli castani è Chez, il nostro bassista, è un po’ solitario, ti
assomiglia-
-ma quando ha in mano i suo
contrabbasso è un vero ciclone, è bravissimo- aggiunse
Rick.
-Trunks è il nostro DJ, mentre
io suono la chitarra elettrica- disse Goten
indicandosi.
-siete proprio una bella
banda, gli strumenti ci sono tutti- disse la ragazza un po’ amareggiata, le
sarebbe piaciuto cantare con loro, sembrava che avessero bisogno di lei, ma
qualcosa la fermava.
-vuoi sentire l’ultima canzone
che abbiamo scritto?- le chiese Goten.
-sì certo… ma se non avete un
cantante…-
-questa la canto io… anche se
non ho proprio una voce bellissima… almeno ci
provo-.
Dopo poco nella stanza si
diffuse un suono di chitarra, il ritmo era trascinante e Goten non cantava male,
ma secondo Saori non andava bene come voce
primaria.
-siete stati bravi, avete una
bella fantasia…- disse lei alla fine della canzone. Il loro modo di suonare era
particolare, allegro, ma in alcuni punti drammatico, come per soffermarsi sulla
realtà, piaceva alla ragazza dai capelli corvini, le era quasi venuta voglia di
cantare.
-grazie dolcezza…- disse Rick
allontanandosi dalla sua batteria.
-ora dobbiamo decidere un nome
per la nostra band- disse Trunks sedendosi su una balla di
fieno.
-mi è venuta in mente un’idea…
ma non so se…- Saori era titubante, stare in mezzo a così tante persone le
metteva soggezione.
-dai, diccela- le disse
amichevolmente Goten.
-io pensavo, visto che nel
vostro vecchio nome c’era dentro la parola “party”, credo che sia carino
chiamarvi “Rock Party”, vi va?-
-umm… Rock Party…- disse Goten
pensoso.
-dai, è carino, senti un po’:
“ehi ragazze!! Ci sono i Rock Party!!!!”- disse Rick cercando di imitare la voce
di una ragazza, ciò strappò il sorriso a tutti.
-suona bene…- disse
Chez.
Grande Saori, abbiamo trovato
un nome perfetto!!- disse Trunks esultando, la ragazza era felice, era bello
sentirsi utili qualche volta.
La band provò per tutto il
pomeriggio, erano un gruppo affiatato, meritavano davvero di diventare famosi e
questo Saori lo sapeva bene.
Verso sera tutti cominciarono
a tornare nelle loro case, erano rimasti solo Goten, Saori e
Trunks.
-è meglio che vada, posso
chiedervi un favore?-
-Certamente-
-potrei avere una copia del
foglio con le parole della vostra ultima canzone?-
-ok, non so che cosa possa
fartene…- disse Goten un po’ perplesso, porgendole il
foglio.
-oh,
nulla…-.
A dire la verità non lo sapeva
nemmeno lei che cosa potesse farsene, le era venuto spontaneo avere una copia,
quella canzone l’aveva stregata.
Goten non riusciva a
comprendere il comportamento della ragazza, era così riservata, così misteriosa,
voleva sapere che cosa nascondeva.
Gli ultimi due ospiti si
congedarono e si avviarono per la strada.
Ora erano soli, Trunks e
Saori, camminavano uno di fianco all’altro.
-è stato bello averti con noi
oggi, cerca di venire anche altre volte-
-anche io mi sono divertita,
siete proprio simpatici-
-posso farti una domanda?
Anche se so che non mi risponderai-
-certo…-
-ma tu come fai a sapere tante
cose sulla musica? Ci hai dato molti consigli, come se tu fossi
un’esperta-
-ma che dici? Io non sono
affatto un’esperta- disse lei.
-è che ho come l’impressione
che tu ci stai nascondendo qualcosa…-
-io… non nascondo
niente…-
-sei un vero mistero, lo sai?
Scusa, dobbiamo separarci, io abito là in fondo-
-va bene, allora a
domani-
-a domani- un sorriso
caloroso, ecco che cosa ci voleva per concludere in bellezza la giornata.
La ragazza procedette per la
sua strada, prima non aveva mai notato di quanto fosse bello quel ragazzo dagli
occhi azzurri, cavoli, toglieva il respiro il suo volto mezzo illuminato dalla
luna, la sua voce era sensuale, per un attimo aveva sentito il suo respiro
accarezzarle il naso, le era venuta voglia di baciarlo… ma che pensieri stava
facendo? Lei non era come quelle troiette che se la fanno con tutti, lei stava
sempre al suo posto, aveva il pieno controllo delle proprie emozioni, ma quel
Trunks era così… forse se ne stava innamorando.
Aprì la porta di casa sua e
venne avvolta da un profumino invitante, suo padre era veramente bravo ai
fornelli.
-ciao tesoro!! Ti ho cucinato
lo spezzatino-
-grazie
papà-
-allora, ti sei
divertita?-
-sì,
abbastanza…-
-non fingere con me, guarda
che ti ho capito eh? Non devi essere fredda con le persone, cerca di
aprirti-
-dici che
dovrei?-
-assolutamente, ora vieni che
è pronto-
-papà…-
-sì? Che
c’è-
-sai che il gruppo di Trunks
ha fatto una canzone davvero bella?-
-sul serio?, non l’ho ancora
sentita, è da tanto che non si esibiscono nel mio
bar-
-ha un ritmo travolgente, sono
veramente molto bravi, meritano di diventare
famosi-
-tu le sai bene come
funzionano queste cose…-
-esatto, potrei dargli un vero
aiuto, farebbero una fortuna…-
-ma qualcosa ti trattiene…
dovresti andare avanti e tralasciare il passato, devi vivere come meglio credi,
non trattenerti da quello che vuoi fare-
-hai perfettamente ragione,
questa canzone mi piace veramente tanto, il testo è
straordinario-
-stai cercando di dirmi
qualcosa?-
-ecco… ti va se te la
canto?-.
Eccomi
tornata col secondo capitolo!!! Non mi è venuto molto bene però, non avevo
l'ispirazione giusta... vabbè, passo ai ringraziamenti...
gloglo: anke io voglio il collare borchiato, ma non se ne
vedono più in giro... uffa... spero che la mia storia continui a
piacerti!!!!
Bunny 90: spero che anche questo capitolo ti sia piaciuto e
che continuerai a seguirmi, per me ogni lettore è
importante!!!
LORIGETA: è sempre bello ricevere una tua rece, soprattutto
perchè mi chiedo come possa una scrittrice del tuo calibro leggere le mie
storielle stupide... mi sento onorata!! tvttbxs
1
kissone!!!
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Capitolo 4 *** Il passato non si scorda mai ***
CAPITOLO 3: IL PASSATO NON SI SCORDA
MAI
Saori si svegliò, era di buon
umore perché anche quel giorno a scuola avrebbe rivisto i suoi amici e
soprattutto lui, Trunks, del quale si stava prendendo una bella cotta, quel
ragazzo era dolce e il suo sguardo era come una calamita, la ragazza non
riusciva a non guardalo negli occhi, era così bello perdersi in quel mare
azzurro, naufragare e andare alla deriva, anche solo col
pensiero.
Lei, Trunks e Goten erano
diventati amici, ormai era circa un mese che si conoscevano e i due ragazzi
avevano imparato che la loro nuova amica non era forte come voleva dimostrare,
c’era qualcosa di lei che avrebbero voluto sapere, ma avevano anche compreso che
Saori non voleva parlarne, così si erano arresi.
Le prove della band andavano
bene, mancava sempre il cantante, ma a questo ci pensava Goten per il
momento.
La ragazza entrò in classe e
vide davanti a se la solita scena, ovvero il suo amico moro circondato dalle
ragazze, lui sì che era un ragazzo allegro e spensierato, avrebbe dovuto
prendere esempio da lui e invece andò al suo posto, direttamente dietro a
Trunks, che stava ripassando la lezione.
-ciao Trunks! Sei pronto per
l’interrogazione?-
-abbastanza,
tu?-
-sì… anche io, pensavo di
offrirmi, così poi e lo levo dalle palle-
-pensavo di fare così anche
io, almeno non salto le prove con la band-
-ci tenete veramente alla
band, vero?-
-certo, è uno dei pochi modo
che noi abbiamo per esprimerci, per stare insieme, non è solo questione di
musica, almeno… per quanto mi riguarda è molto di più, non so se mi
spiego…-
-certo… posso capire… è
ke…-.
Saori venne interrotta da un
vulcanico Goten che irruppe nella conversazione.
-ehi piccioncini, che ci fate
qui soli soletti?-
-ma che razza di idee ti
vengono, Goten?!-.
La ragazza notò il modo in cui
Trunks aveva detto quelle parole, non sembrava essere interessato a lei, le sue
guance non avevano cambiato colore, per lui era solo un’amica, il cuore della
ragazza dai capelli corvini si chiuse in una morsa, faceva male, terribilmente,
Goten notò la sua espressione spaesata.
-cos’hai? Ti senti
male?-
-no… non è niente… pensavo di
offrirmi all’interrogazione e sono un po’ agitata…-
-grande! Così ci sono meno
probabilità che esca io interrogato!!-.
Goten esultava, non aveva
studiato, come al solito, ma in qualche modo se la cavava
sempre.
La professoressa entrò in
classe qualche minuto dopo il suono della campanella, si sedette alla sua
cattedra, squadrò per bene la sua classe e chiese:
-c’è qualche
volontario?-.
Trunks si voltò verso Saori,
era il loro turno, la ragazza intese e insieme alzarono la
mano.
-bene bene, Briefs e Cheti…
venite alla cattedra-.
Dopo di loro furono chiamate
altre due persone, tra le quali non era incluso Goten che tirò un sospiro di
sollievo, l’aveva scampata.
La ragazza borchiata aveva
intenzione di tirare fuori il meglio di se stessa, doveva fare colpo su Trunks,
voleva che lui si accorgesse che lei era una ragazza e non una semplice amica a
cui chiedere consigli sulla musica, cominciò a sparare risposte a raffica,
sapeva tutto molto bene, il giorno prima era stata tutto il tempo a studiare
quelle stramaledette crociate e ora ci teneva a prendere un bel voto, chissà,
magari vedendo che non era una scansafatiche, Trunks potesse mai vederla con
occhi diversi.
Alla fine dell’ora la
professoressa diede i voti e gli interrogandi tornarono ai loro
posti.
-Trunks, che cosa hai
preso?-
-io ho preso 8, e tu?- (io 8 in un’interrogazione di storia non l’ho
mai preso… sigh… massimo 7 e mezzo…)
-io 8+, siamo stati
bravi!-
-mi sa che la nostra piccola
Saori ti sta superando amico- intervenne Goten.
-questa volta sì, ma la
prossima prenderò io il voto più alto!- disse Trunks guardando la ragazza con
finta aria di sfida.
-cos’è, vuoi una gara? E va
bene, ci sto, ma non illuderti, prenderò io il voto più alto- ribatté lei
rispondendo alla sua richiesta di sfida.
Da allora si sarebbero
impegnati a fondo, l’uno per superare l’altro, per loro era come un gioco, ma
Goten non ci trovava nulla di divertente, ma pensava: contenti loro, contenti
tutti.
Finalmente la campanella suonò
segnando la fine delle lezioni, all’uscita i tre amici stavano parlando come al
solito ma Goten notò una strana intesa tra gli altri due, non sapeva
spiegarselo, ma ciò non gli piaceva affatto, si sentiva un po’ escluso, lui, che
era abituato ad essere sempre al centro dell’attenzione, ma forse non era solo
quello.
-senti Saori- cominciò a
dire.
-sì? Che
c’è?-
-non è che… mi potresti dare
delle ripetizioni di matematica?-
-ma siamo all’inizio
dell’anno…-
-ma io sono già indietro… e se
non capisco le cose adesso, come potrò capire gli argomenti che faremo
poi?-
-e va bene… quando
facciamo?-
-oggi pomeriggio vero le tre e
mezza, vengo io da te-
-ok… è arrivato io padre,
forse dovrei cominciare a tornare a casa a piedi… allora ci vediamo dopo Goten,
ciao Trunks, a domani!!- detto questo entrò in macchina e sparì dalla vista dei
due ragazzi.
-Trunks? Ma che cosa sta
succedendo con Saori?-
-ma che cavolo dici? Siamo
amici e basta-
-davvero? A me pare
tutt’altro-
-non sarai mica
geloso…-
-geloso io?? Con tutte le
ragazze che ho dietro la porta? Guarda che sei fuori
strada-
-se lo dici
tu…-
-la sai una cosa? Fosse per me
voi due potreste mettervi insieme subito, non me ne importerebbe
niente-.
In realtà Trunks non credeva
alle parole dell’amico, stava covando qualcosa; neanche Goten era convinto della
veridicità di quello che aveva appena detto ma non aveva intenzione di darlo a
vedere.
-senti Goten, non so il motivo
di questo tuo delirio, ma sappi che io non ho nessuna intenzione di mettermi con
lei, hai capito?-
-ahahah!! Ci sei cascato come
un pollo!!!! Ma si può essere così scemi?? Io stavo scherzando!- il ragazzo dai
capelli neri si stava scompisciando dalle risate, anche se queste erano molto
tirate, doveva rimediare al danno che aveva fatto e ci riuscì, l’amico dal
capelli lilla cominciò a ridere a sua volta perché quella era proprio una mossa
da Goten.
-me la sarei dovuta aspettare
da uno come te!! Razza di mascalzone…- gli diede una leggera pacca sulla nuca,
come fanno gli amici fra loro e poi tornarono nelle loro
case.
Saori era nella sua camera
sdraiata sul letto a pensare, aveva ripreso ad ascoltare musica, piano piano si
stava riprendendo, in quel momento aveva masso nello stereo un cd dei “Gotica”
la canzone che stava udendo s’intitolava “the cliff of suicide” le piaceva
quella melodia, a dispetto del titolo, le infondeva serenità.
Poco dopo la sua attenzione
venne attirata dal foglio che aveva sulla scrivania, si alzò e lo andò a
prendere, era il testo della canzone del gruppo di Goten, spense la musica, le
era venuta voglia di cantare, la sua voce si espanse in tutta la stanza, ogni
oggetto fremeva in modo impercettibile per la sua voce bellissima, una voce
diversa dalle altre, una voce particolare, che non poteva essere paragonata a
nessuna di quelle conosciute delle cantanti famose e poi quella canzone era come
se fosse stata scritta perchè lei la intonasse, in quel momento c’erano solo lei
e la sua voce, il mondo esterno non esisteva, si trovava nell’infinito spazio
della sua musica dove si era sempre rintanata nei momenti tristi della sua vita
e dove aveva trovato conforto.
Ma il mondo non si era
realmente fermato, era solo una sua sensazione, esso continuava a girare e la
nostra ragazza non si accorse di quando la sua porta si aprì, il misterioso
individuo rimase ad ascoltare, rapito dalla voce della ragazza, e aspettò che
finisse per dire qualcosa.
-brava Saori, complimenti,
meno male che eri negata…-.
La ragazza in questione
sobbalzò, non si era accorta che fosse entrato, così si girò lentamente e con
un’espressione spaventata.
-c… ciao Goten… uh, sono già
le tre e mezza, non me n’ero accorta- disse cercando di cambiare
discorso.
-perché non mi hai mai detto
che sai cantare così bene?-
-io… è
complicato…-
-certo, è facile dire
così-
-ascolta, tu non puoi capire,
tu non sai…-
-infatti! Io non so niente di
te! Mi sembra di avere davanti una sconosciuta certe volte- Goten aveva
un’espressione leggermente alterata, a Saori faceva paura, ma non aveva
intenzione di cedere.
-quello che riguarda la mia
vita è affar mio-
-bene, scusami, io ultimamente
non ti facevo più domande, ma tu non sai quanto è mortificante non sapere nulla
di una persona a cui vuoi bene!-.
L’ultimo pezzo della frase
risuonò numerose volte nella testa della ragazza, solo allora capì di essere una
persona ingrata, non poteva tenersi tutto dentro, era una cosa opprimente,
doveva sfogarsi e quella era la sua occasione.
Goten stette a guardare la
ragazza che aveva davanti, la sua espressione (di lei) era indecifrabile, lui
non capiva a che cosa stesse pensando, pensava solo di aver esagerato e di
averla persa per sempre, come amica e forse…
Così si girò e fece per uscire
dalla stanza, che stava diventando stretta, ma una mano lo bloccò per il
braccio, girò la testa e vide Saori, i suoi occhi erano lucidi, stava
sicuramente per piangere e questo Goten non poteva sopportarlo, perché era colpa
sua, ma non disse nulla, aspettò che fosse lei a proferire parola per
prima.
-scusami Goten, io speravo che
non parlandone avrei potuto lasciarmi tutto alle spalle, ma a quanto pare non è
così, io sono un’ingrata nei vostri confronti, tuoi, di Trunks e del resto della
band- lei lo stava guardando fisso negli occhi e lui ascoltava incantato, non
aveva mai notato che da quegli occhi così scuri potessero trasparire così tante
emozioni.
-scusami tu, Saori, sono stato
esagerato…-
-no, hai fatto bene, ho
intenzione di dirti tutto, la tua amicizia è
importante-
-grazie, anche la tua, allora,
ci sediamo sul letto?-.
Una volta che si furono
accomodati, Saori appoggiata al muro con le ginocchia strette al petto e Goten a
gambe incrociate dall’altra parte, la ragazza tirò un sospiro e cominciò a
parlare.
-tu sai bene che io vengo
dalla metropoli, vivevo in una villa enorme con mia madre e la nostra servitù,
ero molto ricca, mia madre la conosci di sicuro, si chiama Sharon
Marcy…-
-coosa! Non mi dirai mica che
sei la figlia di Sharon Marcy, la popstar!!!- esclamò Goten
sbalordito.
-esatto, è lei e se non mi
vuoi credere sei libero di fare quello che vuoi-
-ma che dici, io ti credo, lo
giuro- le disse con un’espressione seria e dolce allo stesso
tempo.
-ecco… io ero timida, non
volli mai farmi vedere in televisione o sui giornali, così uscivo poche volte
dalla villa, giusto la sera all’insaputa di mia madre, ma questo quando ero già
grande-
-non uscivi mai? E non ce li
avevi gli amici?-
-amici… se così si possono
chiamare gli omaccioni che c’erano nei locali in cui mi rifugiavo e che mi
avevano presa in simpatia… a parte loro io ce l’avevo un’amica, era la figlia di
una nostra governante, ci siamo trovate subito in sintonia e siamo cresciute
insieme, avevamo la stessa età. Abbiamo cominciato a studiare musica insieme,
lei sapeva suonare benissimo la chitarra, aveva un talento naturale, io invece
cantavo, anche se sapevo suonare il pianoforte, il violino, la chitarra
elettrica e la batteria, ma prediligevo il canto-.
Goten l’ascoltava in silenzio,
stentava a credere a quello che l’amica gli stava dicendo, ma dalla sua
espressione si poteva capire che era tutto vero.
-noi eravamo sempre insieme,
io cantavo solo se c’era lei a suonare, eravamo una bella coppia, pensavamo di
scappare un giorno dalla villa e di fare carriera noi soltanto, senza l’aiuto di
nessuno, eravamo al settimo cielo a questo pensiero,
ma…-.
Saori si fermò all’improvviso,
la sua voce era diventata roca, non riusciva più a parlare, il groppo che aveva
in gola glielo impediva.
-ma è successo qualcosa di
brutto, ho forse ragione?- chiese Goten.
-esatto… lei… era uscita con
sua madre per le solite commissioni, ma… si sa come sono fatte le città grandi,
ci sono sempre dei pazzi in giro e lei… è…-.
Copiose lacrime la bagnavano
le guance non riusciva a trattenersi, era come se stesse rivivendo quel giorno,
ed era doloroso, Goten si avvicinò a lei a gattoni e l’abbracciò senza dire
niente, Saori si lasciò andare in quell’abbraccio così sincero, che solo un vero
amico poteva dare.
-… lei è stata vittima di una
stupida sparatoria e non si è potuto fare nulla per salvarle la vita…- Goten la
zittì, non voleva che soffrisse ancora, aveva sbagliato a reagire così, come
aveva fatto prima, accidenti a lui e al fatto che fosse così testardo da voler
ottenere sempre quello che voleva, certo, ora sapeva qualcosa sulla vita di
Saori, ma a che prezzo? Ora lei piangeva tra le sue braccia e non accennava a
voler smettere, era solo un egoista, ecco cos’era.
Rimasero così per molti
minuti, a poco a poco la ragazza si stava calmando e Goten la guardava in
silenzio, non avrebbe mai pensato che la sua Saori fosse così vulnerabile, era
sempre così sicura e faceva sempre la faccia da dura, ma era solo una maschera
che voleva coprire quello che provava veramente… aveva detto “sua”? Gli era
venuto quasi spontaneo, lei era speciale e lui doveva solamente
ammetterselo.
La ragazza smise di piangere,
le lacrime non c’erano più e i suoi occhi stavano perdendo quel rossore tipico
di chi ha appena pianto, alzò lo sguardo e questo si incontrò con quello di
Goten, che le sorrise, lei si stava rasserenando, le sue braccia la facevano
sentire a suo agio e ora non voleva più piangere.
-scusami…- disse lei dopo un
po’.
-e di che
cosa?-
-ti ho bagnato tutta la
maglietta…- rispose lei posando gli occhi sulla macchia disegnata sul petto del
ragazzo.
-non fa niente, l’importante è
che tu stia meglio-
-sì, ora sì che va
bene-.
I due ripresero a guardarsi,
poi qualcosa scattò e si allontanarono.
Il ragazzo, imbarazzato cercò
di iniziare un discorso, il silenzio lo divorava.
-se non te la senti di
cantare, io non ti costringo…-
-no… io ho preso la mia
decisione, domani verrò alle prove con i Rock Party e prenderò in mano quel
microfono-
-davvero? Grazie!! Sei
un’angelo!!!-.
La ragazza lo guardò storto e
disse.
-regola numero 1: non
chiamarmi mai più “angelo”!-.
Goten la guardò confuso, poi
cominciò a ridere, mentre la ragazza lo guardava con uno sguardo, dapprima
offeso e poi confuso.
-ma… che c’è da
ridere?-
-sei troppo buffa quando
cerchi di fare la dura!!-.
E fu così che cominciò un
battibecco che durò ancora per un pezzo.
Ora Saori si era sfogata e le
aveva fatto proprio bene, Goten era un amico speciale e forse si stava rendendo
conto che i suoi sentimenti verso di lui erano diversi di quelli che
credeva.
Ho
aggiornato prestissimo!!! è che avevo un po' di tempo in questi giorni e, da non
credere, ho già cominciato il prossimo capitolo!!! Comunque devo dire che questo
capitolo mi è venuto abbastanza bene... ero finalmente ispirata... ringrazio
tantissimo le ragazze magnifiche che mi hanno recensito la scorsa
volta:
LORIGETA: grazie 1000 per i tuoi complimenti riguardo al
mio modo di scrivere!! Ma anche tu ti meriti tutte le lodi possibili...
tvb
CamyllaSsj5: cavoli!! TU che leggi una mia storia e dici
pure che è bella???? Wow!!! Sto seguendo alcune tue ff e sei veramente
brava!!! Ti meriti un sacco di complimenti!!! tvb
Stella: grazie tantissime per i complimenti, anche se non
credo di meritarli tutti, eccoti il capitolo nuovo, spero che ti piaccia!!!
tvb
Alla
prossima!!! Kissoni...
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Capitolo 5 *** Sentimenti ***
CAPITOLO 4: SENTIMENTI
Nella grande metropoli era
calata la notte, il cielo era scuro e le stelle si accendevano come lampadine,
ma dalla strada non si potevano vedere, perché il suolo che ospitava la
metropoli era illuminato a giorno, tra lampioni e macchine in corsa la vita era
frenetica come al solito.
Tra le automobili che
solcavano l’asfalto nero delle strade c’era anche una limousine dello stesso
colore della strada, anche se questa era molto lunga ospitava solo tre persone:
il guidatore, una popstar e il suo bodyguard.
Poco dopo l’auto si fermò
davanti ad una villa enorme e lì la donna scese accompagnata dalla sua guardia
del corpo, non salutò nemmeno il guidatore, per lei era solo un uomo come un
altro, neanche degno di essere visto da una persona del suo rango, invece
quell’uomo conosceva bene la cantante, lavorava per lei da qualche anno e gli
era piaciuto, già, ma questo era tempo fa, infatti l’unica persona che lo aveva
trattato da uomo era la figlia della star, una ragazza deliziosa, completamente
diversa dalla madre, per sua fortuna, ma ora lei sembrava scappata, l’uomo fece
un ghigno, in fondo la sedicenne non era da biasimare, la vita lì dentro era un
po’ come la prigionia, una prigione lussuosa con ogni tipo di comodità, ma pur
sempre una prigione.
La donna dai lunghi capelli
platinati si fece aprire la porta d’ingresso e appena fu dentro lasciò la giacca
in mano a una delle inservienti che le erano corse incontro, una di esse
cominciò a parlarle.
-salve signora Sharon- la star
rispose con un verso scocciato e andò per la sua strada verso la sua
camera.
-la signorina Saori non è
ancora tornata… è passato più di un mese dalla sua scomparsa… forse dovremmo
andare a prenderla…-
-non si preoccupi, la mia
piccola Saori in questo momento è al settimo cielo, pensa di avere la propria
vita nelle sue mani, ma presto si accorgerà che quel paesucolo di campagna dove
si è andata a rintanare è troppo piccolo e tornerà a casa da sola, dobbiamo solo
aspettare-.
Detto questo Sharon andò nella
sua stanza e si sdraiò sul suo spazioso letto, troppo grande per una persona
sola, poco dopo sentì il rumore di acqua scrosciante provenire dal suo bagno
personale, sembrava proprio che qualcuno avesse aperto la
doccia.
-ehi, Oscurità! Guarda che lo
sapevo che eri lì-.
Un uomo giovane, sui
venticinque anni, apparve alla vista della donna, che lo guardò dall’alto in
basso, aveva proprio un bel fisico, con gli addominali scolpiti e i muscoli ben
distribuiti, non era per niente sproporzionato come gli atleti che si vedono in
giro, lui aveva i capelli neri e scompigliati e dei bellissimi occhi
azzurri.
-allora sai anche quello che
devi fare- rispose il ragazzo malizioso.
-dai, sono appena tornata da
un concerto-
-vorresti dire che preferisci
dormire piuttosto che fare la doccia con me?-
-non stavo dicendo questo…
lasciami prendere un po’ di fiato-
-e va bene, ti aspetto
dentro-.
Il ragazzo sparì chiudendosi
la porta del bagno alle spalle.
Sharon stava pensando al suo
sguardo, era triste, come quello di sua figlia e a volte non lo riusciva a
sostenere perché quella sedicenne era l’unica persona che la spaventava
veramente, perché quella ragazzina non aveva paura di niente, riusciva sempre a
farla sentire una merda e aveva mandato a monte molte interviste, sì, era felice
di non averla più tra i piedi e non si sentiva per niente in colpa riguardo a
quello che pensava, era stato un errore, solo un errore, una cazzata giovanile,
infatti era rimasta incinta ad appena diciassette anni, nei primi momenti della
sua carriera.
Alla fine decise di
raggiungere il ragazzo con cui aveva una storia da un po’, non lo sapeva neanche
lei che cosa provasse per lui, ma era uno svago che poteva
permettersi.
Si tolse il costosissimo
vestito che aveva, mostrando un seno invidiabile, ma non del tutto vero, infatti
anni prima aveva deciso di rifarselo, come anche gli zigomi e il naso, né più né
meno delle sue colleghe.
Entrò nel bagno e vide il
ragazzo dentro la doccia, l’aprì e vi entrò, sotto lo sguardo estasiato di lui,
subito si baciarono e mentre lei schiacciava le sue mani sugli addominali di
lui, quest’ultimo le palpeggiava il sedere in modo poco
ortodosso.
Ormai era l’alba, ma il
ragazzo era sveglio, nel letto insieme alla popstar, non riusciva a chiudere
occhio da un bel po’ di tempo, si sentiva meschino e soprattutto un traditore
nei confronti di Saori, si girò dall’altra parte, dando le spalle alla donna, la
quale si voltò verso di lui, era sveglia.
-hai notizie di Saori?- chiese
lui senza voltarsi a guardarla.
-che te ne frega, ora per te
basto io- disse lei con voce suadente e mordicchiandogli il lobo
dell’orecchio.
-che cosa stiamo facendo?-
chiese lui.
-ci
divertiamo-
-già…- rispose lui poco
convinto.
Nel piccolo paese di campagna
era una mattina come tutte le altre, il sole era alto e le foglie cadevano una
dopo l’altra, la temperatura si era abbassata in modo notevole, non si poteva
uscire senza almeno una giacca, ormai eravamo a metà
ottobre.
Saori uscì di casa e
stranamente vide Trunks ad aspettarla.
-ciao Trunks, che ci fai qui?-
disse lei sorpresa come poche volte.
-volevo chiederti una
cosa-
-dimmi…-
-ieri Goten è venuto a casa
mia verso sera ed era felicissimo, dice che finalmente abbiamo una cantante, non
dirmi che sei proprio tu?-
-esatto… non sono riuscita a
separarmi dalla mia musica-
-sono contento che tu faccia
parte dei nostri, ma non ho capito il motivo che ti
tratteneva-
-è una storia
lunga…-
-ok, non me ne vuoi parlare…
non fa niente-
-scusami, ma ho avuto un
passato difficile e non parlarne mi aiuta ad
allontanarlo-
-non ti devi scusare, ho
capito-.
Quel ragazzo era veramente
complicato, Saori non sapeva mai come prenderlo, non capiva se era interessato a
lei oppure no, ma anche lei era molto confusa, prima credeva di avere una cotta
per il ragazzo dai capelli lilla, ma ora non ne era più molto sicura, perché il
giorno prima, nella sua stanza, con Goten era successo qualcosa che non si
sapeva spiegare.
-lo sapevi che nel nostro
paese c’è un altro gruppo?- disse ad un certo punto
Trunks.
-sul
serio?-
-sì, ma è composto da sole
ragazze, fanno musica pop-
-che
orrore!-
-è quello che penso anche io,
ma nel gruppo c’è anche mia sorella Bra-
-è quella ragazza dai capelli
turchini…-
-che fa un po’ la troia?
Esatto… oltre a lei ci sono le sue amiche Marron e
Pan-
-queste due non le ho mai
sentite-
-loro sono delle ragazze
normali, non si fanno molto notare-
-soprattutto una biondina di
nostra conoscenza, vero?-.
I due si girarono di scatto e
videro Goten tutto sorridente.
-scusate ma non ho potuto fare
a meno che ascoltare il vostro discorso-
-GOTEN!!! Ti avevo detto di
non spifferare ai quattro venti che mi piace
Marron!!-
-ohoh… vacci piano amico,
perché sei stato tu ora che l’hai urlato a metà paese- disse il moro con gli
occhi semichiusi e indicandolo.
Trunks diventò rosso come un
pomodoro e si tappò immediatamente la bocca per paura che potesse dire altre
cose che non avrebbe mai voluto divulgare.
Saori si mise a ridere,
stranamente non le aveva fatto male questa rivelazione, anzi, le aveva messo
addosso una curiosità tremenda.
-bhè, allora se è la ragazza
che piace a Trunks, la devo proprio vedere- disse la ragazza dagli occhi color
pece.
-è una ragazza non molto alta,
dai capelli biondi e gli occhi azzurri, gentile, timida e intelligente, fa il
liceo classico nella nostra stessa struttura ed è riuscita a conquistare il
cuore del nostro Trunksino- disse il moro facendo gli occhi dolci all’amico
disgustato verso il finale del discorso.
Saori si divertiva un sacco
con i suoi nuovi amici e non ci pensava neanche lontanamente di tornare alla sua
vecchia vita.
Quel giorno avrebbe avuto le
prove con il resto della band, ormai conosceva bene tutti i componenti, si era
integrata alla grande come consigliera, ma quel giorno era tesa, avrebbe dovuto
prendere il microfono e cantare al ritmo delle note che suonavano loro e aveva
paura di non essere all’altezza, ma non voleva darlo a vedere, perché lei era
conosciuta come una ragazza forte che non si spaventa davanti a niente e le
piaceva che le persone avessero tale considerazione di
lei.
Nel tragitto per la casa di
Goten le tremavano le gambe, difatti andava pianissimo, ma era in buon orario,
non poteva permettersi di arrivare in ritardo proprio quel giorno.
Si era vestita di nero (che strano… in tono ironico…) ma oltre
alle immancabili borchie, al polso sinistro portava una piccola catenina
d’argento, che aveva un forte valore affettivo per Saori: un giorno di quattro
anni prima lei e la sua amica, che si chiamava Dalila, erano andate a fare
shopping, o meglio, la mora ci era stata trascinata dall’amica, così erano
passate davanti ad un oreficeria e avevano visto questi due bracciali d’argento,
erano come delle catene, gli anelli erano uno attaccato all’altro, non potettero
non prenderli, perché credevano che la loro amicizia fosse come una catena,
indissolubile, nulla avrebbe potuto romperla; se le mettevano soprattutto quando
facevano musica insieme Saori indossava il suo sul polso sinistro, Dalila sul
polso destro, perché loro due si completavano a vicenda, finché erano insieme
erano una squadra imbattibile, ma purtroppo una forza più potente di loro ha
distrutto questo equilibrio così perfetto e mentre una abbandonava la vita per
andare in un mondo migliore, l’altra sprofondava sempre più in basso, poiché non
c’era nessuno in grado di tirarla su, perché la sola persona che poteva farlo
era la causa di questo suo precipitare. (che frase
contorta…)
Dalila era una ragazza solare,
sempre allegra ed ottimista, riusciva sempre a tirare su il morale a Saori anche
dopo una sfuriata della madre, di corporatura era esile, come una spiga di
grano, ma come questa, se infuriava la tempesta si piegava soltanto senza mai
spezzarsi, i suoi capelli erano di un colore castano chiaro mentre gli occhi
erano anch’essi castani, ma scuri e luminosi, come quelli di una
cerbiatta.
La ragazza dai capelli corvini
non si accorse neanche del suo arrivo a casa dell’amico, tanto era presa dai
suoi pensieri, così rimase una manciata di secondi fuori dalla porta del
capanno, luogo dove si svolgevano le prove, aveva quasi paura ad entrare, poi
prese un bel respiro e aprì la porta, scoprì che dentro c’erano già tutti,
mancava solo lei.
Le corsero in contro Rick e
Goten.
-mancavi solo tu!!- le disse
l’amico dai capelli neri, come i suoi.
-eggià… vediamo un po’ come te
la cavi al microfono- le disse l’altro.
Ormai tutto il gruppo era in
posizione, Chez al basso, Rick alla batteria, Trunks con le cuffiette da DJ,
Goten alla chitarra e in mezzo al palchetto improvvisato c’era
Saori.
La melodia cominciò, la
canzone era quelle che piaceva tanto alla ragazza, quella che l’aveva
conquistata dalla prima volta che l’aveva sentita, tutti gli strumentisti erano
al lavoro, stavano andando alla grande, poi arrivò il suo momento, quello in cui
mise la sua voce per intonare quella canzone fantastica, le note si susseguivano
e le parole uscivano dalla sua bocca, Trunks era quello che dirigeva un po’ il
tutto e si accorse che la voce dell’amica era semplicemente perfetta, senza
incrinature e molto rock, finalmente comprese l’impazienza di Goten nel
fargliela sentire, quella ragazza era come un angelo piovuto dal cielo per
aiutarli, era la loro salvezza, era certo che con lei al microfono avrebbero
fatto strada, lo sperava con tutto il cuore, perché quello era il suo sogno e lo
stava inseguendo insieme al resto della band, alla quale si era appena aggiunta
Saori, una vera rivelazione.
Alla fine della canzone tutti
si complimentarono con lei, era ufficialmente entrata a far parte dei “Rock
Party”! Lei era felicissima, non avrebbe potuto sperare di
meglio.
Poi inevitabilmente tutti
tornarono nelle loro case, tranne Saori, che era stata trattenuta da
Goten.
-tu sei semplicemente
fantastica a cantare, il nostro sogno di sta per avverare- disse Goten ancora
entusiasta.
-grazie, non merito tutti
questi complimenti-
-te li meriti tutti invece!
Allora ci vediamo domani per le prove?-
-va bene, alla solita
ora?-
-sì… vuoi restare qui a
mangiare?-
-non saprei… devo chiedere a
mio padre…-
-no problem! Vieni in casa che
c’è il telefono-.
La ragazza acconsentì, in
fondo, per quanto adorasse suo padre, in quel momento non aveva molta voglia di
tornare a casa, le piaceva la compagnia di Goten.
-mamma!!-
-Goten? Sei
tu?-
-certo che sono io!! Può stare
un’amica a mangiare?-
-va bene, tanto una porzione
in più o una in meno non fa differenza, con tutto quello che vi mangiate tu e
tuo padre!-.
Joe acconsentì, gli piaceva
che sua figlia frequentasse Goten, quel ragazzo gli era molto simpatico, come
anche suo padre, che andava spesso al suo bar, erano brava
gente.
-allora cara, tu devi essere
Saori, Goten ci ha parlato di te- disse Chichi mentre erano tutti a
cena.
-sì esatto…- rispose lei un
po’ imbarazzata.
-sei la figlia di Joe, mi ha
parlato di te anche lui e poi mi sembrava di averti già visto al suo bar verso
l’inizio di settembre- le disse Goku, il padre di
Goten.
-sì, ho voluto dargli una mano
per ricambiare il grosso favore che mi stava
facendo-
-sappiamo che vieni dalla
metropoli, ma per quale motivo ti sei trasferita qui?- chiese la
donna.
-mamma!! Ma ti sembra il
caso?- Goten aveva un’aria severa e Saori ne aveva assunta una triste, Chichi
capì di aver fatto una terribile gaffe.
-scusami, effettivamente non
sono affari miei…-
-allora, Saori, qual è il tuo
cibo preferito?-.
Goku se ne veniva sempre fuori
con una delle sue, era per cambiare discorso quando la moglie
straparlava.
-papà, sei sempre il solito,
pensi sempre a mangiare- gli disse scherzosamente
Goten.
-che posso farci, a me piace
un sacco il cibo- rispose lui con aria seria, sembrava un bambino e di questo se
ne accorse anche Saori che non potè fare a meno di sorridere, il suo amico aveva
una famiglia invidiabile.
Per tutta la sera i due
rimasero in compagnia di Goku che sprizzava simpatia da tutti i pori, come il
figlio, per certi versi erano molto simili.
Si fece tardi e Joe passò a
prendere Saori, salutando anche la famiglia di
Goten.
-lo sai, mi sono davvero
divertita stasera, tuo padre è troppo forte…-
-anche io mi sono divertito in
tua compagnia, mia madre oggi ha dato il meglio di se a cucinare, dovresti
venire più spesso-
-molto volentieri, ciao! A
domani!!-
-a
domani!!-.
La guardò allontanarsi e
andare con suo padre verso casa, come faceva una sola ragazza a provocargli
tutte quelle emozioni? Lei era diversa da tutte le altre, lei non lo desiderava,
lei non puntava tutto sull’aspetto esteriore, era bellissima anche così com’era
e lui non le avrebbe cambiato neanche un capello.
Sentì una mano posarsi sulla
sua spalla.
-è proprio una bella ragazza,
non trovi?- gli chiese Goku.
-sì… è fantastica, ma noi
siamo solo amici-
-andiamo… non vorrai farmi
credere che non ti piace neanche un po’-
-bhè… è
speciale-.
Tornò a posare lo sguardo
laddove prima camminava Saori, ma ormai lei non c’era più, quella ragazza era
riuscita a penetrargli nel cuore, come avrebbe voluto rivelarglielo, provare con
lei sensazioni che non aveva mai provato con nessuna, aveva già dato più di un
bacio, ma questi non significavano nulla, era convinto che se fosse riuscito ad
impossessarsi delle sue labbra avrebbe provato un’emozione almeno un milione di
volte più forte rispetto alle volte precedenti, lei era Saori, la Sua
Saori.
Sono tornata!!!! Il
capitolo l'avevo finito da un po', ma non lo so nemmeno io perchè non l'ho
pubblicato... chi mi capisce è bravo... allora, passo ai
ringraziamenti:
LORIGETA: Saori è una persona con le idee chiare,
certo, quei due figoni da paura l'hanno messa in difficoltà, ma penso che
tu già intuisca per chi batte maggiormente il suo cuore...
tvttttb
Stella:
O_____O' Accidenti... spero che non ti abbia fatto troppo male leggere un fatto
che ti ricorda uno dei momenti più tristi... io non so che dire... mi dispiace
troppo... PERDONAMI!!!! Ma spero che continuerai a leggere la mia ff... anche se
non mi stupirei se non vedessi più le tue recensioni... me tanto dispiaciuta!!!!
tvttttb
CamyllaSsj5: ahah!! Fortissima la storia dello
sternocleidomastoideo!! (sapevo che cos'era, sembro scema ma c'è qualche neurone
nella mia testolina.. hihi). Effettivamente la cosa poteva somigliare a un
triangolo, ma ora non lo sembra più, visto che Saori non è più molto convinta di
quello che prova per Trunks... sono contentissima che segui ancora la mia ff e
spero che ti sia piaciuto anche questo capitolo, anche se un po' insulso e con
un titolo che... lasciamo perdere...
tvttttb
Kissoni!!!!
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