It's just a vacation!

di MissdontMissaWord
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologue ***
Capitolo 2: *** Premier chapitre ***
Capitolo 3: *** Deuxième chapitre ***
Capitolo 4: *** Troisiéme chapitre ***



Capitolo 1
*** Prologue ***


Disclaimer:
nessun personaggio di questa fanfic mi appartiene ma,
se state pensando al mio regalo di Natale, mi farebbe piacere Sebastian.

 




Prologue



 

Il Dottore: vacanze speciali per tutti i gusti.
Così recitava il volantino che Kurt aveva trovato sul parabrezza della propria auto uscendo dal suo amato lavoro alla Vogue.com
E perché no? Aveva subito pensato. Rachel sarebbe partita il giorno seguente per una crociera con i suoi padri, e lui sarebbe rimasto nella loro casa di Bushwick, in completa solitudine. E aveva il brutto presentimento si sarebbe annoiato a morte. Decise quindi di recarsi all'indirizzo indicato sul pezzo di carta. Che mete turistiche gli sarebbero state proposte? Non aveva mai viaggiato molto, non perché non potesse permetterselo ma perché nessun luogo l'aveva mai attirato veramente. Quando il navigatore dell'auto indicò che aveva raggiunto Fort Lee, il ragazzo si guardò intorno perplesso. Aveva inserito l'indirizzo corretto, eppure tutto ciò che vedeva era un tendone, come quelli da circo ma di dimensioni molto ridotte rispetto ad essi. Era nel posto giusto?
Scese dalla macchina e si recò in direzione del padiglione. Un drappeggio di tessuto era leggermente scostato, lasciando intravedere l'interno.
“Entra pure.” lo invitò una voce maschile. Nonostante l'anzianità conferitagli dalla voce, l'uomo che Kurt poteva intravedere nel buio non doveva avere più di una trentina d'anni.
“Salve... Lei è il Dottore?” domandò cortesemente.
“Sono il Dottore, e sono peggio di qualsiasi zia.*” si presentò questo.
“Prego?” rimase basito.
“Oh, nulla. Nulla. Stavo solo ripassando il copione, non badare a me.” si scusò. “Dunque... In cosa posso servirti, ragazzo?”
L'adolescente inarcò un sopracciglio. Quel tipo era decisamente bizzarro.
“Ecco, ho visto uno dei suoi volantini... E beh, non ho alcun programma per Natale, quindi vorrei sapere se ha qualche località... Possibilmente il cui prezzo sia accessibile – da consigliarmi. Nessuna vacanza mi ha mai entusiasmato, ma vorrei fare un ultimo tentativo.”
L'uomo sembrava non averlo ascoltato. Mentre Kurt parlava, lui aveva preparato un caffè su un fornello elettrico e si era pettinato i capelli; sembrava dar segno di essersi dimenticato della presenza di qualcuno nella sua dimora, e improvvisamente diventato sordo. Dopo un solo istante che il silenzio aleggiava nella stanza però, si voltò verso l'ospite con entusiasmo.
“Ti trovi nel posto giusto, allora! Non ti preoccupare dei soldi. Le mie vacanze sono per tutti, paghi quando torni, e solo se sei soddisfatto... E la somma è naturalmente a tua discrezione!”
Costui verso il caffè in tre tazzine, offrendone una a Kurt.
“Strano, aspettavo un cliente per quest'ora, ma è in ritardo.” mormorò rivolgendosi a sé stesso, sotto gli occhi esterrefatti dell'altro. “Comunque,” proseguì con un gran sorriso “Mi dai un paio di indicazioni sul tipo di vacanza che vuoi, e io ti spedisco subito nel posto perfetto per te. Semplice, rapido e indolore. Non trovi?”
“Ma...” balbettò spiazzato “Non ho portato i bagagli né nulla...”
“Non ti serviranno!” lo interruppe con uno strano entusiasmo. “Giuro, se ritarda un altro minuto lo faccio rimanere qui.”
Un colpo di tosse fece tremare il polso di Kurt, che rischiò di rovesciarsi il caffé addosso.
“Sebastian?” esclamò perplesso, osservando l'ultimo arrivato.
“Checca.”
Nella voce del vecchio nemico il ragazzo scorse un pizzico di meraviglia. Era strano scorgere alcuna emozione in lui, ma dovette ritenere che si trattasse del momento opportuno: anche lui, infatti, era decisamente stupito dal vederlo lì a New York o, più precisamente, in un luogo così ambiguo com'era quello dove si trovavano in quel momento.
“Eccoci qui.” ricominciò a blaterare il Dottore. “Allora, signor Smythe... Avevi detto Parigi, no? E tu invece... Una vacanza stimolante. Quanto stimolante?”
Il francesino guardò Kurt come a volerlo sfottere. Ma certo, stimolante per lui doveva avere un significato totalmente diverso da ciò che intendevano lui e il Dottore.
“Qualcosa di insolito, ma piacevole... Non saprei.”
“Quei pantaloni sono di Christian Lacroix, vero?” lo interruppe nuovamente. Sebastian quasi scoppiò a ridere, seccando definitivamente l'altro della situazione.
“Mi ha sempre affascinato, e aver l'opportunità di conoscerlo mi ha fatto davvero piacere.” continuò.
“Lei ha conosciuto Lacroix?” ripeté incredulo.
“Certamente. E hai presente il vestito di Helen Mirren ai premi oscar del 2007? L'ho aiutato io, a idearlo.”
Kurt non era sicuro che fosse vero, ma decise di concedersi il beneficio del dubbio con quell'uomo che, a dirla tutta, ispirava fiducia.
“Lei, signore, è un genio.*” disse ammirato.
“Lo so.” rispose questo con un sorriso garbato. “E' un mio hobby.*
“Bando alle ciance.” si intromise stufo Sebastian. “Posso partire?”
“Ah, Paris, Paris... Sei così impaziente di incontrare l'amore della tua vita?” domandò il Dottore facendogli l'occhiolino e poi porgendogli il caffè che, inverosimilmente, era ancora fumante.
“Mia madre mi aspetta per cena.” lo corresse freddamente, per poi sorseggiare la bevanda.
“Solo un attimo allora, sto pensando a dove spedire il tuo amico.”
“Non è...” iniziò la mangusta.

Io sono il dottore, fa' tutto quello ti dico, non fare domande stupide e non ti allontanare.*” lo zittì subito, per poi voltarsi e andare a sbattere contro qualcosa che non c'era... O non era visibile, più che altro.
“Tutto bene?” lo interrogò preoccupato Kurt.
“E' soltanto l'inizio, poi migliorerà.*” ribatté, estraendo dalla tasca un piccolo telecomando con due unici pulsanti: uno verde e uno rosso. Premette il primo. “Non ricordavo dove l'avevo lasciata, e non funziona se sono troppo distante.” spiegò con un sorriso genuino, mentre una cabina telefonica blu si materializzava proprio di fronte a lui.
I due ospiti si guardarono sbigottiti. Cos'era appena successo?
“Mi dispiace deludervi ragazzi, ma purtroppo questo aggeggio ha troppo carburante per fare tre viaggi... E io devo andare via più tardi, quindi farete il viaggio insieme. Non preoccupatevi, arriverete ognuno alla propria meta in men che non si dica... Si tratta solo di stringervi un po' per qualche istante. Allora...” rifletté introducendosi nel piccolo spazio. “Smythe a Parigi... E il suo amico... Dunque... Oh, sì.” sembrava piuttosto deciso. “E' perfetto. Signor...”
“Checca.”
“Hummel.”
“Signor Checca Hummel,” disse divertito “le posso assicurare che sarà la vacanza più insolita e divertente della sua vita. Ora prego, entrate.”
I due ragazzi fecero come era stato loro detto nonostante l'incertezza. Dopo tutto, quell'uomo sembrava sapere ciò che faceva. Come avrebbero dovuto ammettere poco più tardi, sembrava.
Li salutò calorosamente e chiuse lo sportello.
“Sai... Non abbiamo chiesto come tornare indietro.” constatò con terrore nella voce Kurt.
“Mi farò comprare un biglietto aereo dai miei.” alzò le spalle l'altro.
“Io non so nemmeno dove sto andando!” esclamò allora, sempre più spaventato. Non aveva idea di come avrebbe potuto farlo, ma in ogni caso quella cabina non dava segno di essersi ancora mossa. Erano ancora nell'ufficio del Dottore, quindi. Cercò di aprire la porta senza riuscirci un paio di volte. Le diede una spallata, ma nulla. Solo uno scossone che fece tremare i vetri. Alla seconda spallata, lo sportello si aprì con inconsueta facilità, facendo cadere Kurt a terra e Sebastian liberarsi in una grassa risata. Il ragazzo accasciato al suolo imprecò mentalmente, per poi rendersi conto che non si trovavano nello stesso luogo di qualche minuto prima. Anche la risata dell'altro si spense.
“Okay, potrebbe anche essere che questa sia la tua destinazione... Ma perché io sono qui con te?” chiuse lo sportello con decisione. Kurt si rialzò, ma vide che la cabina non si era ancora mossa. Aspettò, osservandola. Dopo una decina di minuti, aprì lo sportello.
“Sebastian... Sei ancora qui.” gli fece notare.
Quello sbuffò nel rivedere il volto del suo acerrimo nemico.
“Carburante esaurito, sembrerebbe.” sbuffò con risentimento. Perché non aveva preso un aereo? Ora era sconvenientemente bloccato da qualche parte con quella brutta copia della vecchia Betty White.
“Vedo delle luci, dietro la collina. Magari siamo fuori da Parigi, e sono io quello che non avrà la vacanza desiderata.” tentò di risollevarlo. Sembrava davvero abbattuto e poi, anche se non conosceva la famiglia di Sebastian, sapeva che Carole si sarebbe lamentata per giorni se lui o Finn non si fossero presentati ad una cena importante, come sembrava quella del ragazzo. Figuriamoci la madre di un signorino perbene, avrebbe fatto ancora più scene.
Sebastian uscì dalla cabina. Non appena sbattè la porta alle sue spalle, questa svanì.
“Stiamo scherzando?” esclamò, facendo seguire un elenco di imprecazioni irriverenti.
Tirò un calcio ad un sasso e prese a camminare verso quello che sembrava un centro abitato di dimensioni piuttosto grandi.
“Ehi, aspetta!” strillò Kurt, inseguendolo.
Dopo aver camminato silenziosamente sotto la neve che cadeva per una decina di minuti, giunsero sul limitare della città.
Molte persone chiacchieravano tra loro. Erano vestite in modo piuttosto inusuale, anche a detta di Kurt.
“Questa non sembra Parigi.” affermò Sebastian.
“Certo che è Parigi.” lo rimbeccò l'altro. “C'è la tour eiffel, non l'hai notato?”
“Non ho detto che non è. Ho detto che non sembra, Hummel.” ribatté stizzito. “E non sembra nemmeno il ventunesimo secolo.
Grazie dell'acuta intuizione, Sebastian.” disse freddamente Kurt. “Mi scusi?” tentò di indirizzarsi ad una donna. “Excusez-moi?” Quella si voltò.
Oui?
Sauriez-vous me dire quelle journée sommes-nous?
Bien sur, nous sommes le 23 Decembre 1912.
Merci.” ringraziò cortesemente, per poi voltarsi e rivolgere un'occhiata disperata a Sebastian. Erano finiti cent'anni nel passato! A meno che non si trattasse di una rievocazione storica... Ma era tutto troppo realistico per questa opzione.
“Lo so, quando hai detto journée mi sono sentito morire anch'io, Hummel. E poi, la tua pronuncia mi ha fatto venire i brividi. E' davvero pessima, credimi, e ho sentito parlare anche Thad Harwood.
“Non ho bisogno delle tue offese per demoralizzarmi, Smythe. Hai sentito quella signora? Siamo nel 1912!”
“Oh-” disse sconfortato, sembrando realizzare il fatto solo in quel momento.
Stettero in silenzio ad osservarsi per qualche istante. Non erano più nei pessimi rapporti che avevano caratterizzato l'anno precedente, ma perché proprio loro due dovevano essersi trovati in quella sconveniente situazione?
“Okay.” fece il punto Kurt, tentando di dimostrarsi positivo nonostante l'occhiataccia che gli rivolse il ragazzo. “Importa dove siamo? Una vacanza è una vacanza. Divertiamoci e basta.”

 




Angolo della pazza sclerata logorroica autrice
Buona domenica a tutti! Nonostante abbia già una long in corso su Glee, me ne vengo fuori con queste cose assurde.
Allora.
No, non è una cross-over con il doctor Who, ma questo compare nel prologo e nell'epilogo (anche se non si tratta proprio di lui, in questo caso).
Sì, perché dovete sapere che io non scrivo come le persone normali (credo); io quando scrivo una storia ho già ben in mente cosa succederà in ogni singolo capitolo, anche i dettagli insignificanti (soprattutto quelli). Poi è solo un lavoro di mettere insieme tutte le frasi (sembrerebbe facile, vero?).
Ovviamente non vi serve sapere chi sia il doctor Who né seguire la serie per leggere questa storia. Vi basta sapere questo:

(da wikipedia) 
Il misterioso Dottore (Who in inglese significa "chi") è in realtà un extraterrestre, un Signore del Tempo (Time Lord), presunto ultimo superstite del pianeta Gallifrey, che compie viaggi spazio-temporali a bordo del TARDIS, un'astronave che all'esterno presenta l'aspetto dimesso e le dimensioni di una vecchia cabina telefonica della polizia britannica, ma in realtà ha uno spazio interno di enormi dimensioni. Il TARDIS (Time And Relative Dimension In Space, ovvero "tempo e relativa dimensione nello spazio", volutamente ambiguo) è il veicolo del Dottore e costituisce una delle tante creazioni dei Signori del Tempo, razza di cui l'ultimo esponente è il Dottore. Il TARDIS però non è una macchina, non completamente almeno: il Dottore infatti afferma che i TARDIS venivano "allevati", ed in più nella parte finale della prima stagione della nuova serie si parla del fatto che il TARDIS abbia una "propria volontà".

Ecco, detto questo, abbiamo detto tutto sul Dottore.
Ah, se qualcuno segue la serie ha riconosciuto qualche citazione, prese precisamente dalla 5x01 e dalla 6x01. Sono quelle con l'asterisco.
Ora, punto cruciale. Come nasce questa fanfiction? In un freddo sabato pomeriggio di molto tempo fa (vedi: ieri), c'era una volta il mio cervello insano che ha visto queste immagini (no, non è il mio tumblr) e ha deciso di scassare a tutti con una bella storiella (10 capitoli + prologo + epilogo, se i miei calcoli sono giusti... Avrebbe potuto essere peggio). Nel mio caso però il Dottore è rimasto nel presente, perciò tanti saluti.
La traduzione delle frasi. Mi sembra inutile, ma in ogni caso:


Scusi?
“Sì?
Sapreste dirmi che giornata siamo?
“Certamente, siamo il 23 Dicembre 1912.
“Grazie.


Infine, la storia di Lacroix. E' lì per caso, ora come ora. Inizialmente pensavo di mandare quei due poveri sfigati nel 1951, che era appunto l'anno di nascita di Lacroix, ma poi il TARDIS ha deciso di fare i suoi capricci perché secondo lui cinquant'anni nel passato erano troppo pochi. Anche cento forse, ma vabbé. La storia di Lacroix è rimasta perché la citazione che ne deriva mi piaceva troppo, e ormai non sarei riuscita a trovarvi un altro contesto.
Ecco tutto, ho finito.
Un bacio,

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Capitolo 2
*** Premier chapitre ***


Disclaimer:
nessun personaggio di questa fanfic mi appartiene,
ma vi ricordo che siete ancora in tempo per regalarmi Sebastian.

 




Premier chapitre



 

 

Non era mai stata davvero attratta da un uomo.
I suoi genitori, nonostante non l'avessero mai obbligata ad impegnarsi con nessuno, le avevano presentato molti uomini. Naturale, per una ragazza in età da marito.

Sebbene ne avesse rifiutati molti, da qualche tempo nella vita di Noelle ne era entrato uno che le aveva fatto perdere la testa. Egli era lo scapolo più ambito della città, oltre che il cugino di secondo grado di Aristide Briand, l'attuale primo ministro. Era una personalità decisamente influente nell'alta società.
Per ragione ignote a tutti, non aveva mai espresso il desiderio di ammogliarsi.
Noelle l'aveva incontrato per la prima volta due mesi prima, ad un ricevimento. Aveva scoperto che alle sue dipendenze lavorava una vecchia conoscenza, Rachelle. Aveva così ripreso i contatti con lei, sperando di poterne approfittare per avvicinarsi all'uomo dei suoi sogni. Con il passare del tempo tuttavia, l'amicizia tra le due era cresciuta e diventata sincera, ma la ragazza non era ancora riuscita a farsi notare dal 'padrone'.
“Oh, Rachelle cara, come farò?” si lamentava spesso. “Il mio amore è così grande, mi duole il cuore. Sento che sta per scoppiare, non posso reprimere i miei sentimenti ancora a lungo.”
La donna cercava di consolare l'altra, confortandola con parole affettuose. Ma lei non riusciva a capire gli inghippi nei quali un cuore poteva cadere, almeno a quanto si diceva. Lei non si era mai innamorata, e non riusciva ad immaginarsi quella dolce meraviglia. Il suo padrone era certamente un uomo di bell'aspetto, agiato economicamente, ma non suscitava in lei lo stupore descritto dall'amica. E come lui, nessun altro uomo che avesse mai incontrato.


“Rachelle, portami una nuova bottiglia di Courvoisier. E' terminato, e sai che ai miei ospiti piace berlo nel caffè.”
La donna annuì silenziosamente. Sapeva che il suo signore si riferiva ad un ospite ben preciso, solito intrattenersi per ore ed ore in quella casa... E durante questo arco di tempo nessuno doveva osare disturbare i due. A Rachelle non era mai stato simpatico il Conte -così veniva comunemente chiamato l'ospite-. Contrariamente a come appariva, era un uomo rude e maleducato in maniera ineccepibile. Lei non lo sopportava, e altrettanto faceva il resto della servitù. Eppure, sembrava essere così intimo con il padrone, e nessuno si permetteva quindi di aprir bocca.
 

***


“1912...” balbettò per l'ennesima volta, osservandosi intorno.
“Guarda che non sono scemo, Sebastian.” lo rimproverò Kurt. “Siamo cent'anni nel passato, va bene. Cerchiamo di trovare un modo di tornare al nostro tempo, invece di stare qui a compiangerci.”
Sebastian si riscosse. “Per quanto mi secchi ammetterlo, hai ragione.”
I due si incamminarono per le strade semi-deserte.
“Ehi!” esclamò Sebastian ad un certo punto, rivolgendosi ad un nuovo che correva nella loro direzione stretto nel suo cappotto. Questo non rispose, passò loro di fianco urtando anche la spalla del ragazzo che l'aveva richiamato.
“E' uscito da lì.” affermò Kurt, indicando un palazzo di dimensioni modeste. “Proviamo a bussare, magari siamo fortunati e troviamo un posto per dormire questa notte... E forse sapranno aiutarci.”
“Certo, Hummel.” lo criticò duramente. “Cosa pensi di fare? Bussare e presentarti come il ragazzo del futuro che non sa come tornare a casa? Sarai sicuramente accolto a braccia aperte... In manicomio.”
“Fingiamoci due turisti.” propose allora, e prima che l'altro potesse replicare era di fronte al portone, con la mano sul battente.
“Non pensavo che avrei mai fatto questo in vita mia.” sbuffò sdegnato Sebastian raggiungendo a sua volta la soglia.
“Signor Conte.” disse una ragazzina dai capelli biondi in direzione del più alto dei due. “Ha scordato qualcosa? Le vado subito a chiamare il padrone, entri... Lei e il suo amico.”
“Conte?” rise divertito Kurt. “C'è per caso qualcosa che non mi hai detto?”
Io...” mormorò stupito l'altro. “Non capisco.”
“Il padrone si domanda perché è tornato, signor Conte.” lo informò la ragazza corsa via qualche minuto prima, ora di ritorno. “Tuttavia l'attende nelle sue stanze per poter conferire in privato.”
Di ritorno? pensò Sebastian. Ma se era la prima volta che si trovava in quel posto in vita sua!
“Faccia strada.” disse nascondendo il suo stupore.
Kurt si apprestò subito a seguirli, ma la ragazza gli rivolse un'occhiataccia.
“In privato.” ripeté puntualmente.
Il ragazzo guardò l'altro come supplicando aiuto.
“E' con me.” affermò Sebastian.
La cameriera abbassò lo sguardo colpevole.
“Certamente.” asserì.
Il palazzo era molto più grande di come appariva dall'esterno. Le pareti erano affrescate da vari dipinti, oppure vi erano appesi dei quadri. Il soffitto era altissimo, e da esso pendeva un lampadario dall'aspetto molto prezioso. Tutto, in quella villa, faceva presagire la ricchezza del proprietario.
Sebastian si soffermò a pensare che, se davvero credevano fosse un amico del proprietario di quella reggia, avrebbe avuto difficoltà a spiegare il perché, improvvisamente, si ritrovava a non avere un posto dove passare la notte. E perché poi la ragazza l'aveva chiamato conte? Sembrava che questo avesse una certa familiarità con quella casa, ma allora com'era possibile che la cameriera avesse sbagliato persona? A meno che non avesse un fratello gemello di cui non conosceva l'esistenza, nessuno con la sua faccia avrebbe potuto trovarsi a Parigi in quel momento. E poi erano cent'anni nel passato, per Dio!
Terminata l'immensa scalinata, i tre proseguirono per ancora qualche metro, fino a quando la ragazza si fermò.
“Eccoci.” sentenziò.
Sebastian le rivolse un breve cenno e questa si congedò in fretta.
“Pensi che dovremmo entrare?” chiese incerto Kurt.
“Sembrano conoscermi, qui...”
“Non è possibile, e lo sai.” affermò con decisione.
“Appunto per questo.” ovviò alzando le spalle. “Ma abbiamo bisogno di passare la notte al caldo, tu soprattutto. Non credere che non abbia visto come tremavi, prima. E qui mi chiamano conte, e visto questo posto credo non sia un semplice appellativo. Quindi, denuncerò per furto di copyright chiunque mi abbia rubato la faccia, ma intanto vediamo chi è il mio caro amico che vive qui.”
Tirò un lungo sospiro e bussò alla porta della stanza del 'padrone'.
“Avanti!” esclamò una voce dall'interno.
Aprì lentamente la porta, timoroso di ciò che si celava dietro di essa.
Sébastien, mon cher!

***

Chi era quel bellissimo ragazzo che era arrivato con quell'antipatico del conte? Rachelle aveva spiato Anne-Marie aprire la porta agli ospiti e, quando li aveva lasciati soli qualche istante, era stata tentata di recarsi da loro. Ad impedirla era stato il cuoco che le aveva rifilato una cassa intera di patate da pelare.
Erano bastati pochi istanti a far crollare tutte le sue convinzioni. Tutto ciò che aveva sempre affermato era crollato come un castello di carte con un soffio di vento. Quel ragazzo dalla pelle candida come la neve e gli occhi azzurri come l'acqua più limpida l'aveva letteralmente incantata. Il suo cuore si sarebbe volentieri tuffato in quelle meravigliose pozze azzurrine. Quasi non riusciva a crederci, ma per un attimo le era parso di intendere tutto ciò di cui Noelle le aveva parlato per ore e ore, per giorni e giorni, mesi e mesi... In quel momento, aveva sentito il cuore in festa, aveva sussultato come se questo si fosse dilettato in un triplo salto mortale. Poteva esistere tanta bellezza in una sola creatura?
Appena Anne-Marie tornò in cucina, affibbiò a lei il compito di pelare le patate. Per quanto la riguardava, aveva certamente di meglio da fare. Corse per la casa fino alle stanze del padrone, sperando di raggiungere quell'uomo. Se era un amico del conte non l'avrebbe mai considerata, non era di certo al suo livello. Ma in cuor suo, coltivava la speranza che magari, forse, era un suo dipendente. Un suo servo. O forse un lontano parente a cui non interessava la posizione sociale. O... Chissà.
Ma Rachelle arrivò troppo tardi. Vide il conte aprire la porta ed entrare, seguito dall'altro.
Ora avrebbe soltanto potuto aspettare che i tre terminassero il colloquio, e poi forse avrebbe potuto rivolgersi a tanto angelica creatura. Sospirò tristemente, appoggiandosi al muro.

 




Angolo della ragazza che ha ancora tutta la vita davanti e non vuole morire, quindi risparmiatela autrice
Salveee :D
Okay, spero ci siate ancora tutti.
Scommetto che leggendo le prime righe vi siete chiesti se era la stessa storia, vero? Ebbene, sì: lo è.
Questo primo capitolo è più corto del prologo, scusatemi. Si tratta di una piccola introduzione per introdurre Sebastian e Kurt nel contesto, ma dal prossimo capitolo tutto sarà più movimentato. Spero comunque che l'abbiate apprezzato e non ne siate rimasti delusi.
I più attenti di voi avranno certamente notato che tra i vari paragrafi c'è una differenza nel registro linguistico. Questo è ovviamente dovuto al fatto che Kurt e Sebastian pensano e parlano come due ragazzi del nostro tempo, al contrario di tutti gli altri.
Gli altri. Beh, per introdurli: Anne-Marie, la comparsa inutile. Il nome viene dalla ragazza che stanno cercando (o l'hanno già trovata?) per interpretare la nemica di Rachel alla NYADA (sto facendo spoiler? >.<), ma ovviamente non ha niente a che vedere con lei.
Poi ci sono Rachelle e Noelle, che forse potrete immaginare, ma rimandiamo le presentazioni ufficiali alla prossima volta.
Poi c'è il padrone. Mi sa troppo da figo chiamarlo così, boh. Lui è un personaggio abbastanza importante nella storia, direi, ma per la sua identità dovrete ovviamente attendere il prossimo capitolo. (non azzardate ipotesi, che se poi ci azzeccate mi sento una sfigata!)
Okay, c'è altro da dire? Uhm, anche se io sono il Grinch in persona, buon Natale a tutti.
Aggiornamento massimo domenica prossima, come al solito.
Un bacio,

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PS: Recensite, è un'ordine! :D

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Capitolo 3
*** Deuxième chapitre ***


Disclaimer:
nessun personaggio di questa fanfic mi appartiene,

e scrivo senza scopo di lucro.

 




Deuxième chapitre



 

 

 

Avanti!” esclamò una voce dall'interno.
Aprì lentamente la porta, timoroso di ciò che si celava dietro di essa.
Sébastien, mon cher!
Quello si bloccò con lo sguardo sbarrato a causa della figura seduta sul letto. Kurt, da dietro di lui, si alzò in punta dei piedi per sovrastare la spalle del ragazzo e poter vedere chi fosse il famoso 'padrone'.
Per poco non fece un infarto.
“Blaine?!” esclamò stupito.
L'uomo guardò Kurt inarcando un sopracciglio.
Non, monsieur. C'est Blaise. Et vous êtes...?” domandò curioso. Il Conte aveva lasciato la villa solo una decina di minuti prima, come mai era di ritorno? E soprattutto, chi era l'uomo che l'accompagnava?
“Kurt Hummel.” si presentò cordialmente fingendo un sorriso e tendendo la mano in direzione del padrone, che si era alzato avvicinandosi a loro. Era sbalordito. Quell'uomo era la copia esatta del suo ex fidanzato... Okay, forse a guardarlo meglio era molto diverso, ma a primo impatto... Il ragazzo si ritrovò a ragionare sul perché Blaine, o forse un suo antenato, si trovava lì a Parigi. Ma il dubbio che lo assalì subito dopo, e con sempre maggiore urgenza, era perché il padrone sembrava essere così contento di ricevere la visita del Conte? Conte che, guarda il caso, era niente meno che Sebastian? E se...
“Sébastien, posso sapere come ti sei vestito? Sembri un mendicante.”
La voce di Blaise risveglio Kurt dai suo pensieri e scosse l'altro dallo stato di trance in cui era precipitato.
Courage, ti darò qualcosa con cui cambiarti. Non puoi certo andare in giro conciato in quel modo. Monsieur Hummel, se vuole scusarci...” lo invitò ad uscire dalla stanza.
Quello non poté far altro che obbedire, rimuginando ancora su cosa stesse succedendo.
Dopo aver chiuso a chiave la porta, fece accomodare Sebastian sul letto, sedendosi al suo fianco.
Alors, Sébastien, dimmi: perché sei qui? Ti mancavo già così tanto? E dimmi... Il tuo amico non sa di noi due, vero?”
Noi due? si interrogò quello perplesso.
Entrando, era rimasto sconvolto da quell'uomo. Aveva una certa somiglianza con un moretto di sua conoscenza, ma non si trattava di certo della stessa persona. Innanzitutto, per il fatto che si trovavano cent'anni nel passato, oltre che a Parigi... E poi, Blaine non avrebbe mai ignorato Kurt in quel modo per dedicare attenzioni a lui. Neanche ora che si erano lasciati.
Sébastien?” lo richiamò. “Stai bene?”
“Blaise...” disse accentuando il nome. “Cosa siamo, noi due?”
Sébastien, sei sicuro di sentirti bene?” ripeté. “Mi hai fatto la stessa domanda un paio d'ore fa.”
Il ragazzo deglutì rumorosamente. C'era davvero qualcuno con la sua faccia, con quasi il suo stesso nome, che se la faceva con Blaine Anderson... O chi per lui? Se solo si fosse trovato in quella situazione un anno prima, ne avrebbe subito approfittato. Ma ora il moretto non lo interessava più.
Blaise, nel frattempo, aveva appoggiato una mano sulla coscia dell'altro, e la stava accarezzando dolcemente.
Sébastien, ti voglio.” gli sussurrò avvicinandosi al suo orecchio, per poi mordicchiarne il lobo.
Sebastian si paralizzò completamente. Per quanto tempo aveva aspettato di sentire quelle parole uscire dalla bocca di Blaine in una situazione simile?
Il moro lo fece abbassare sul letto fino a quando non ebbe appoggiato la testa sul cuscino; gli passò una mano tra i capelli e avvicinò il suo volto per baciarlo. Premette le labbra su quelle dell'altro con passione, e mentre le leccava languidamente per farle schiudere, portò la sua mano sul membro di Sebastian.
C'era tanta passione in quell'atto, ma anche tanta dolcezza. Dovevano essere gli amanti più folli della storia, costretti a nascondersi dalla società ancora più che Romeo e Giulietta. Sebastian trovava quel momento estremamente eccitante, e sebbene non fosse più attratto da Blaine non avrebbe mai rifiutato una scopata.
Ma quello non era Blaine, era Blaise. E lui non era il suo Sébastien.
“No.” lo fermò, mettendosi a sedere e allontanando quel corpo estraneo.
Blaise gli rivolse uno sguardo interrogativo.
“Devo dirti una cosa.” iniziò, titubante. “Io... Non sono chi credi che io sia.”
“Cosa dici mai, Sébastien?”
“Ecco, appunto... Io non sono Sébastien... Io sono Sebastian, Sebastian Smythe.”
“Prego?”
“Sono Sebastian Smythe, e vengo dall'Ohio...” spiegò omettendo il particolare di provenire dal futuro. Non voleva certo essere preso per matto!
“Sébastien, devi aver battuto la testa... Vado a chiamare il dottore.”
Il dottore, la causa di tutto! Quanto lo stava odiando.
“Blaise, ascoltami...”

***


“Signore, mi scusi?” una voce femminile l'aveva intercettato appena uscito dalla stanza del padrone.
Si voltò, per trovarsi a faccia a faccia con...
“Uhm, Rachelle?” provò ad azzardare. Era ovvio. Blaise, Sébastien, e allora perché non Rachelle? Probabilmente avrebbe incontrato anche sé stesso, di lì a qualche giorno. Ma era il passato o un universo alternativo?
“Lei... Sa il mio nome?” domandò la ragazza arrossendo vistosamente.
E cosa poteva raccontarle, ora? La osservò. I tratti erano simili, ma la donna portava i capelli legati maldestramente e non aveva un'aria molto curata. Rachel non si sarebbe mai maltrattata così. E poi, quella aveva il naso minuto e carino, al contrario della sua amica. Era inoltre vestita semplicemente, e portava un grembiule. Che fosse una dipendente di Blaise, l'addetta alle cucine? Probabile, a vederne l'aspetto. Ma assurdo, pensando che la Rachel che conosceva lui riusciva a malapena a cuocere delle uova al tegamino senza bruciarle.
“Ho tirato ad indovinare.” disse alzando le spalle.

***


Bussò tremante alla porta. Le sere parigine diventavano sempre più fredde, o si trattava solo di una sua impressione?
“Signore!” esclamò Anne-Marie. “Ma lei non era già...”
L'uomo ignorò la cameriera e si incamminò per la scalinata. Dopo aver attraversato la villa, giunse di fronte alle stanze del padrone.
“Spostati.” ordinò maleducatamente a Rachelle. “E torna a lavorare.”
Stava per entrare nella stanza, ma si trovò un nuovo ostacolo davanti.
“E voi sareste il nuovo sguattero?” chiese con un ghigno derisorio.
“In realtà sono... Uhm, non importa. Il signor Blaise non può riceverla al momento, signor Conte.” si giustificò impacciatamente. Quell'uomo, che doveva ammettere essere identico a Sebastian, non poteva certo irrompere nella stanza e trovarsi di fronte il suo clone venuto cent'anni dal futuro. Come avrebbero potuto spiegare?
“Mi fa piacere che tu sappia chi sono.” replicò il Conte. “In tal caso credo tu sappia che il padrone non rifiuta mai una mia visita, per quanti impegni debba posticipare. Quindi, levati.”
Prima che Kurt potesse proferir parola questo lo scansò rudemente, ed entrò nella stanza.

Merda!
Lo seguì subito all'interno.
“Cosa sta succedendo? Blaise, chi è costui?” lo sentì imprecare in modo acido. Decisamente si trattava di un parente di Sebastian, seppur alla lontana.
Blaise era altrettanto incredulo. Il suo sguardo vagava rapidamente da un volto all'altro. Ad osservarli così vicini, le differenze erano molte. Sébastien era decisamente più basso di Sebastian, e anche più corpulento. Tuttavia, a detta di Kurt, sapeva almeno come vestirsi.
“Ma allora avevi ragione!” si illuminò Blaine. “Ma allora... Voi due chi siete.”
“E' ciò che vorrei sapere anch'io.” sopraggiunse il Conte.
Sebastian sospirò afflitto.
“Siamo due turisti... Americani.” spiegò Kurt. “Vorremmo chiedere asilo per la notte.”
“E naturalmente siete venuti qui fingendovi me!” li accusò.
“Niente affatto, signor Conte!” si giustificò subito Sebastian. “Noi... Non sapevamo nemmeno di chi fosse questa... casa. Siamo capitati qui solo per sbaglio!”
“Beh, se hanno solo bisogno di un posto dove passare la notte credo di poterli accontentare...” disse cortesemente. “Rachelle!”
Oui, monsieur?”squittì questa, affacciandosi sull'uscio.
“Prepara una stanza per i nostri due ospiti. Su, muoviti: non stare lì impalata.”
La ragazza si era infatti soffermata a fissare incantata il volto di Kurt. Dopo il richiamo, abbassò lo sguardo e sgattaiolò via.
“Sebastian Smythe?” lo richiamò Blaise, mentre lui e Kurt si apprestavano a seguire la cameriera.
“Mi dica.” si voltò.
“Ciò che è successo non dovrà uscire da questa stanza.”
“Cos'è successo?” domandò indispettito il Conte.
“Io...
Mon amour, pensavo fossi tu e...”
Il gesto dell'uomo fu fulmineo. In meno di un battito di ciglia, Sebastian si ritrovò con un coltellino puntato alla gola. Impallidì.
“Ehi, non si deve preoccupare!” si intromise Kurt per difendere il compagno di viaggio. Il Conte lo guardò diffidente, e Kurt prese per mano il ragazzo ansimante dal terrore.
“Vedete, anche noi due...” balbettò, avvicinandosi alle labbra di Sebastian. Questo sbarrò gli occhi, quando capì le intenzioni dell'altro. Ma nella sua posizione, non osò opporsi.
Le loro labbra si scontrarono dolcemente.
“Andate.” ordinò loro Blaise, rosso in volto.
“Un bacio, Kurt?” chiese Sebastian una volta richiusa la porta alle loro spalle.
“Nel caso non l'avessi notato, avevi un coltello puntato alla gola.” farfugliò imbarazzato.
Sebastian rimase in silenzio per qualche istante. “Grazie.” mormorò poi.
“Ecco, signori. La vostra stanza.” li raggiunse Rachelle. “Prego.”
Entrando, i due si guardarono sconcertati. Avrebbero accettato di tutto, anche di dormire per terra... Ma non avevano di certo pensato a quell'eventualità. Non avevano di certo pensato ad un letto matrimoniale.

 




Angolo dell'autrice
Buona domenica!
Ecco qui svelato l'arcano, il perché nelle coppie era segnata anche la Seblaine.
Scusate se oggi dico poco niente, ma ho un mal di testa atroce. Mi sono svegliata un'ora fa, alle tre. Capiamoci.
Spero che il capitolo vi sia piaciuto, lasciatemi tanteeeee recensioni, grazie! *-*
Buon anno a tutti quanti, spero che i vostri desideri si realizzino. <3
Per l'aggiornamento non prometto niente questa volta.
Sono piena di studio per le prossime due settimane, e devo ancora tradurre due shot e mezzo per una mia amica da tipo un secolo.
Quindi boh, mi dispiace. Al prossimo aggiornamento, quand'esso sarà!
Un bacio,

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Capitolo 4
*** Troisiéme chapitre ***


Disclaimer:
nessun personaggio di questa fanfic mi appartiene purtroppo,

ma vi assicuro che se così fosse ne farei sicuramente miglior uso di "Pelatone" Murphy.
(sì, la 4x11 mi ha fatto schifo -eccetto la scena Kitty/Puck al ballo-)

 




Troisième chapitre



 

 

Villa Conchiglia, così usavano chiamarla gli abitanti del posto, si ergeva su una collina appena fuori da Parigi. I coniugi Fabrienne, i suoi abitanti, erano la coppia più inusuale che si fosse mai vista in città fin da quando se ne poteva avere memoria.
La signora Fabrienne era una donna di classe, dai lunghi capelli rossi e gli occhi verdi. Una donna bellissima, a quanto si diceva. Già, perché la signora non usciva mai di casa, e pochissimi avevano avuto il privilegio di vederla.
Il marito, al contrario, era spesso in città. Il cosiddetto Conte, sebbene conte non fosse, si vedeva spesso gironzolare nei pressi di villa Feuille, la residenza Anderson. Affari, si giustificava lui davanti ai pettegolezzi, che però insinuavano continuamente che sotto ci fosse sì qualche affare, ma piuttosto losco, di cui tutti parlavano ma nessuno aveva realmente conoscenza.
Ciò che invece le chiacchiere sussurrate in quel di Parigi non dicevano, era perché la signora Fabrienne, la stupenda Lucie, non uscisse mai di casa. La donna, infatti, aveva una grave malattia.
“Lucie, potresti anche venire a messa con me, ogni tanto. E' questione di poco tempo, potresti chiamare qualche serva e farti scortare con un ombrellino da passeggio...”
La donna sbuffò.
“Guarda che ci sono moltissime donne che lo fanno, è segno di prestigio.”
Un altro sbuffo.
“Le altre donne lo fanno per sembrare migliori di quanto non siano... La loro è tutta questione di apparenza, o di superbia. Il mio problema è che se mi colpisse un raggio di sole la mia vita sarebbe finita.”
“Stai esagerando, cara.”
“Affatto. Tu non sai cosa significa. Tu non sei cresciuto sotto un ponte, non sei rimasto orfano di entrambi i genitori, non sei cresciuto dovendo badare ad una sorellina che porta la tua stessa malattia, non hai i capelli rossi, non hai idea di come io mi senta con tutti quei pettegolezzi sul fatto che io sia una strega.” elencò lamentosa.
“La maggior parte di quei pettegolezzi verrebbero sfatati se tu uscissi alla luce del giorno.” replicò con innaturale calma il marito.
“Sono allergica al sole, Sébastien!” esclamò. “Tu non hai vissuto la mia vita, non sai cosa significa.”
“Ma tu sei stata salvata, Lucie. Io ti ho salvata. Se io avessi vissuto la tua storia, non mi avrebbe salvato nessuno.”
“Tu credi che non avrei preferito salvarmi da sola? Piuttosto che ottenere la compassione di un uomo benestante che ho sposato senza amare?”
“Era nel contratto, Lucie. E io non ti ho mai proibito di avere un amante.”
“Un amante, Sébastien? Non c'è già abbastanza scandalo, in giro? Già si vocifera della tua relazione con Blaise, se si venisse a sapere di un mio amante la nostra vita sarebbe finita.”
“Non che la tua vita, ora come ora...”
“Silenzio.” lo zittì irritata la donna. “E vattene, ora. Voglio restare sola.”
Dopo che il marito si chiuse la porta della stanza alle spalle, uscendo silenziosamente, Lucie si accasciò sul suo letto, mentre lacrime di rabbia mista a tristezza le sgorgavano dagli occhi.
Sébastien l'aveva salvata dalla sua misera condizione, l'aveva portata a splendere. La sua vita, se non fosse stata per la sua sconveniente malattia, sarebbe stata perfetta. Quello che, all'inizio, era l'uomo che più odiava al mondo, ora era diventato il suo migliore amico, l'uomo a cui sarebbe stata grata per tutta la vita.
No, a lei non interessava particolarmente la sua vita. Forse, pensava, se si fosse conclusa insieme a quella dei suoi genitori, sarebbe stata migliore. Più breve, ma più intensa e felice. Certamente. Ma poi c'era Katherine... La sua unica ragione di vita. Sua sorella, di cinque anni più piccola di lei. La persona che davvero doveva la vita a Sébastien. Entrambe gli sarebbero state grate tutta la vita, e un matrimonio di copertura era il minimo che potesse fare Lucie, la più grande delle due, per sdebitarsi. E in fondo, andava bene. Amava Sébastien come un fratello, e visto che praticamente viveva solo con Katherine, oltre che con la servitù, a causa delle lunghe assenze del Conte, le andava molto più che bene.

***


“Stiamo... scherzando, vero?” esalò Kurt come in fin di vita. “Io non ci dormo, con te.”
“Assolutamente.”
“Ma signori...” disse timorosa Rachelle. “E' una disposizione precisa data dal Conte... Suo fratello, signore.”
Sebastian inarcò un sopracciglio. Prima erano la stessa persona, e poteva andare... Almeno ne avrebbe ricavato qualche agio. Ma ora, sentirsi definire fratello di quella brutta copia? Non era possibile. Il suo unico fratello era Julian, che per quanto fosse stressante non avrebbe scambiato con nessun altro.
“Immagino che dovremo farcelo andare bene così.” sbuffò costretto.
“Perfetto.” sentenziò Rachelle, ritrovando un po' di coraggio. “Conte.” si congedò. “Signor Hummel...”
Durante quei pochi metri che la separavano dall'uscio, la donna si voltò svariate volte in direzione di Kurt, sospirando. L'amore la riempiva.
“E' quasi peggio della Rachel del nostro tempo.” sentenziò derisorio Sebastian. Il compagno di viaggio annuì, per poi buttarsi sul letto. Era stata veramente una giornata sfiancante.
Sebastian, dopo qualche minuto, si accomodò nel letto, di fianco a lui.
“Cosa staresti facendo?” lo interrogò.
“Vado a letto?” domandò retoricamente.
“Oh, no. Assolutamente no. Io vicino a te non ci dormo.”
“Se preferisci il pavimento, accomodati.”
“Forse... dovremmo tornare di là e chiedere un'altra stanza.” concluse esitante Kurt.
“Vai pure, io non ci tengo a ritrovarmi con altro coltello puntato alla gola.”

Intanto che parlavano, Sebastian si era accomodato sotto le coperte.
“Non farti strani pensieri.” sbuffò contrariato Kurt, per poi decidere di farsi andare bene la situazione e mettersi a dormire.
Ma se Kurt dormì beatamente per tutta la notte, parendo addirittura un angelo, per Sebastian fu un travaglio addormentarsi. Per ore ed ore ripensò all'intensa giornata vissuta, cercando di dare un senso cronologico, e in seguito logico, agli eventi. Eppure, quel bacio non trovava mai posto.
Era stato quasi un bacio costretto, si diceva, Kurt l'aveva fatto per non avere una gola tranciata sulla coscienza... Ma allora perché il suo stomaco era in subbuglio, a ripensarci? Si tastò le labbra, ci passò la lingua. Sentiva ancora quel sapore così sconosciuto, ma allo stesso tempo così... perfetto. Per lui. Mentre era perso nelle sue congetture, sentì un corpo caldo accoccolarsi contro il suo petto. Kurt, dormendo, si era spostato nella sua metà del letto.
Sebastian ne fu inizialmente irritato, ma poi decise che il ragazzo era troppo tenero per svegliarlo e sgridarlo, e poi aveva un buon odore. Gli passò una mano tra i capelli, e poi, finalmente rilassato, riuscì a prendere sonno.

 

***


Dopo essersi beato le orecchie dell'ultimo di una serie di gemiti usciti dalla bocca di Blaise, Sébastien fece per alzarsi dal letto e rivestirsi. Il moro però lo fermò, afferrandolo per un polso.
“Sébastien, amore. Per piacere, resta. Solo questa notte.”
Il Conte rimase perplesso, in silenzio, per qualche istante. Spesso si era sentito fare quella richiesta, ed ogni volta aveva dato a Blaise una risposta negativa. Perché quell'uomo continuava ad insistere, ogni volta che si vedevano?
“Va bene.” replicò quasi sussurrando, così piano che il padrone non fu sicuro di aver sentito bene.
“Va bene?” ripeté, incerto. L'aveva detto sul serio? O era uno scherzo della sua fervida immaginazione?
“Resto.” fu l'ultima risposta che giunse al suo orecchio prima che Sébastien si distendesse nuovamente al suo fianco, abbracciandolo. Blaise, inizialmente, fu un po' stordito dall'atteggiamento. Sébastien non abbracciava. Non lui, almeno. Abbracciava i suoi genitori, abbracciava Katherine e Lucie, ma non aveva mai abbracciato lui. E non aveva mai accettato nessuna sua proposta che non riguardasse il sesso.
Poi Sébastien alzò il capo, percependo il disappunto dell'uomo, e gli lasciò un piccolo bacio sulle labbra. Nuovamente, il padrone di casa venne scosso. Ma quando vide quanto rapidamente il conte prese sonno al suo fianco, le sue labbra si aprirono in un sorriso, e si addormentò a sua volta.

 




Angolo dell'autrice
Buongiorno a tutti!
Ebbene sì, signori e signore, sono ancora viva. Non ci speravate più, vero? Scusatemiiiiiii! D:
Okay, comunque per consolarvi eccovi finalmente il capitolo, e vi avviso che ho già iniziato a scrivere il prossimo.
Quindi, al massimo domenica prossima lo pubblicherò!
Un bacio per voi, e tante recensioni per me (fatemi questa grazia <3)

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PS: Sì, oggi sono davvero di poche parole, scusatemi anche per questo.
PPS: Qualcuno lo avrà di certo notato, villa Conchiglia è un riferimento ad Harry Potter. <3

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