I Gemelli Maledetti

di Arwen297
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Notte di Sangue ***
Capitolo 2: *** Un Macabro Campeggio ( Parte Prima ) ***
Capitolo 3: *** Un macabro Campeggio ( Seconda Parte) ***
Capitolo 4: *** Rientro Anticipato ***
Capitolo 5: *** Il Debutto di Ottavia ***
Capitolo 6: *** Il Ritorno di Helios ***
Capitolo 7: *** La Scomparsa ***
Capitolo 8: *** Inutili ricerche, crolli emotivi e strani incubi. ***
Capitolo 9: *** La zona dei cicli Infiniti ***
Capitolo 10: *** La guerriera dell'infinito ***
Capitolo 11: *** Fantasmi del Passato ***
Capitolo 12: *** Domare il Vento ***
Capitolo 13: *** Luce e Tenebra ***
Capitolo 14: *** Tempesta di fulmini, situazioni critiche e duelli. ***
Capitolo 15: *** Draghi, Fiamme e tizzoni ardenti - Prima parte - ***
Capitolo 16: *** Draghi, fiamme e tizzoni ardenti - seconda parte ***



Capitolo 1
*** Notte di Sangue ***


Desclaimer: I personaggi di Sailor Moon appartengono a Naoko Takeuchi e a tutti coloro che ne detengono i diritti. Altri appartengono a Licia Troisi, e alla saga “Le Cronache del Mondo Emerso” da cui ho preso qualche persona malvagia ma anche spunto per l’aspetto dei gemelli.

Note dell’Autrice: La presente fanfic è legata con la trama ad altri tre miei scritti: “Unite per l’Eternità”, “Abenteuer in Wien”, “You were a dream in my heart” di cui consiglio la lettura propedeutica per capire da dove escono fuori questi gemelli =) Ma anche altri personaggi.

Come sempre preferirei non ricevere recensioni dal pubblico maschile perché sono fidanzata. Buona lettura!

Dove eravamo rimasti(riassunto per chi si approccia alla serie per la prima volta)?

Cinque anni dopo la sconfitta di Galaxia ritroviamo le nostre eroine alle prese con la vita di tutti giorni, vita che vede Bunny alle prese con un nuovo lavoro in negozio, Amy alle prese con gli studi di Medicina e Milena con i concerti e le mostre d’arte. Per un concerto il Manager della violinista organizza un duetto con un ragazzo proveniente dall’Europa di nome Adrien. Costui dimostra subito un interesse evidente nei confronti della guerriera di Nettuno, che inizia al contempo a sentire la voce del ragazzo nella sua mente come se fosse sotto una sorta di ipnosi che permette all’Europeo di controllare le sue azioni, facendo si che ella si allontani da Heles e vada proprio nel covo del nemico. Qui viene a scoprire che Adrien non era altro che il promesso sposo che i sovrani di Nettuno le avevano riservato quasi mille anni prima, ma il cui fidanzamento era stato rotto da un amore improvviso che aveva colto la Principessa di allora e che la legò indissolubilmente al Principe di Urano.

Durante la Battaglia finale, l’essenza del Principe di Urano che alberga in Heles prende il sopravvento, e sfida a duello Adrien per salvare l’amata. Ben presto però la bionda ha la peggio nel duello, e vedere l’amata soffrire risveglia in Milena – resa malvagia dal nemico – la parte buona che alberga in lei che la spinge a fare da scudo con il suo corpo rischiando così la vita. Tornate a casa nei panni dei regnanti del rispettivo pianeta le due si lasciano andare a una Notte di amore.

Qualche giorno più tardi la violinista riceve una proposta di Lavoro dall’Orchestra filarmonica di Vienna, a cui da risposta positiva. Lei e la Bionda partono alla volta della capitale Austriaca. Qui troveranno a dar loro filo da torcere un ex della motociclista, ma il tempo passa veloce e la pittrice inizia ad accusare strane nausee, dopo aver compiuto un test di gravidanza scopre che quell’unica notte d’amore condivisa con l’amata quasi un mese prima ha portato al concepimento di un figlio.

Le due vanno in visita facendo uso di una moto a noleggio al palazzo della Principessa Sissy, il pomeriggio passa in fretta e al ritorno hanno un incidente che si scoprirà essere causato proprio dalla ex fidanzata di una delle due. Arrivate in ospedale, a seguito di un’ecografia si scopre che il bambino non è uno, ma ben si sono due.

Tornate a Tokyo danno la notizia al loro gruppo di amiche, ai genitori di Heles e anche a quelli di Milena che come entrambe immaginano non prendono bene la notizia, soprattutto il padre. Sidia intanto ha qualche brutto presentimento. Grazie a Sailor Cosmo, sorella di Bunny comparsa ai tempi della lotta con Adrien insieme alle Sailor Season si scopre che vi è una profezia che alleggia intorno ai gemelli. Rea e le altre dicono chiaramente alle Outer che sono disposte a togliere la vita ai gemelli piuttosto che rischiare di far cancellare l’intero universo. Questa affermazione fa si che tra i due gruppi venga a crearsi un forte attrito da parte di entrambe le parti, e genera anche un forte litigio tra la guerriera dei mari e quella dei venti, che per fortuna si risolve nel giro di uno o due giorni.

Il giorno del ventiduesimo compleanno di Milena la bionda le chiede di sposarla e lei dice si. Quattro mesi più tardi vengono alla luce i bambini.

 

1^Capitolo: Notte di Sangue

Era una notte buia e senza Luna, le luci di Tokyo splendevano ancora di più rispetto al solito per mancanza dell’illuminazione naturale. Una notte perfetta per iniziare ad agire per chi come loro era figlio dell’oscurità. Cinque figure avvolte da un mantello nero camminavano una accanto all’altra attenti a non rompere la formazione: l’essere al centro procedeva tre passi più avanti degli altri, nella via nessun rumore, non si sentivano neanche i loro passi. Procedevano lenti e silenziosi come la morte.

“Ricordatevi cosa ha detto il Tiranno” disse uno di loro, colui che camminava poco più avanti degli altri, un uomo con i capelli lunghi biondi dal viso spigoloso e dagli occhi rossi come due tizzoni ardenti, la pelle di un pallore quasi innaturale. “Cercate di vedere se le due vittime designate sono coloro che stiamo cercando, e trattenete i vostri istinti, ci pensiamo dopo alla cena” la sua voce era autoritaria e profonda.

“Meinir siamo affamati sono tre notti che non mangiamo, come faremo a tenere a bada il nostro istinto con dei bocconcini così succulenti” mormorò una donna alla sua destra, alta un metro e settanta circa dai capelli color rame liberi di caderle sulle spalle, mossi. Gli occhi dello stesso colore di quelli dell’uomo, la pelle ancora più candida di quella di quest’ultimo, a prima vista vellutata e perfetta.

“Cerys mia cara sappiamo entrambi quanto sia importante il compito che ci è stato affidato, certamente non vorrai deludere il sottoscritto vero?” rispose lui sollevando leggermente le labbra, mettendo così in evidenza la sua dentatura affilata come un rasoio, una dentatura che non aveva niente da invidiare a quella di leopardo. Perfetta e letale.

“Niente affatto mio signore, ma non so se io così come gli altri riusciremo a trattenerci” rispose lei gelidamente. Guardando davanti a loro la strada deserta.

“Sarà il caso che vi tratteniate per non dare troppo nell’occhio…o che in qualunque caso facciate le cose in modo pulito e il meno sospetto possibile. Ci vediamo poco prima dell’alba esattamente qui” dopo aver pronunciato queste parole scomparve all’improvviso, di lui rimase solamente lo spostamento d’aria a testimoniare il movimento compiuto. I quattro si guardarono per qualche istante, poi come se avessero ricevuto un ordine invisibile scomparvero esattamente nello stesso momento, diretti verso le proprie vittime.

Cerys comparve dopo pochi secondi dalla parte opposta della città, con lei come sempre la sua compagna di squadra Aereon che dimostrava di avere diciassette anni, dai capelli neri come la notte e due occhi blu che però come per tutti loro in quel momento erano rossi e spietati. Erano comparse sul pianerottolo del quarto piano di un palazzo davanti a una porta d’ingresso di una casa che sapevano appartenere alle persone che cercavano, come se avessero avuto un tacito accordo scomparvero di nuovo prima di comparire all’interno dell’appartamento con un fruscio causato solamente dai loro scuri mantelli. A quel punto si divisero per raggiungere le due vittime di sesso maschile che cercavano, stando alle informazioni elaborate da Meinir uno era decisamente più giovane dell’altro, dovevano essere padre e figlio”.

Aereon scelse di occuparsi dell’ragazzo che dormiva da solo nella sua stanza e visto la sua giovane età era una preda più facile, la donna sua amica si sarebbe occupata dell’altro che dormiva con la moglie.  Entrò nella stanza senza fare il minimo rumore, come un gatto che tendeva un agguato ad un piccolo e ignaro topolino, silenziosa e spietata. Tirò fuori dal mantello un cristallo viola dalla forma allungata, che in teoria avrebbe dovuto rilevare la presenza del ricettacolo predestinato a divenire il corpo in cui si sarebbe incarnato il Tiranno. Il corpo del giovane però non reagì affatto alla stimolazione del cristallo. La donna allora si mosse in direzione del letto pronta a gustarsi la sua cena, andò a sbattere contro il comodino e il rumore secco e improvviso fece svegliare il giovane, che dopo aver visto i suoi occhi color rubino brillare nell’oscurità si mise a sedere di scatto prima di alzarsi e cercare di sfuggire al suo destino. La bionda in millesimo di secondo gli fu addosso sbattendolo con violenza contro il muro della stanza, il viso a pochi centimetri da quello di lui, poteva sentire il suo respiro sopra il suo viso, aveva gli occhi color cioccolato così come i capelli che gli cadevano arruffati ai lati del viso.

“È proprio un peccato che debba uccidere un bel giovanotto come te…” mormorò lei sulle sue labbra passando un unghia affilata sulla guancia del ragazzo, gesto che provoco sulla sua pelle delicata una scia rosso sangue. Sul suo volto uno sguardo pieno di terrore, nel vedere quegli occhi rossi a pochi centimetri da lui, dalle pupille improvvisamente più dilatate che mai, somiglianti a quelle dei gatti durante il giorno. Una figura decisamente demoniaca. Adorava giocare con le sue vittime, gustarsi quell’odore di paura che li caratterizzava negli istanti immediatamente precedenti alla loro morte.  Lei era il gatto, loro erano il topo.

“Chi sei…che c-cosa v-vuoi d-da me?” mormorò lui spaventato bloccato nella sua posizione dalla mano destra della cacciatrice contro il muro.

“Purtroppo per te ciò che cercavo non è stato trovato…” dopo aver pronunciato quelle parole, scoprì i denti molto simili a quelli di un gatto selvatico e avvicinò la bocca al collo di lui, e fu un attimo: il suo istinto da cacciatrice prevalse sulla ragione e la sua arma letale si chiuse sulla giugulare del ragazzo recidendola con un colpo netto e preciso, per mezzo di una ferita insignificante che però iniziò subito a perdere una quantità di sangue che avrebbe fatto impallidire chiunque. Dalla preda si alzò un lamento strozzato che fu messo immediatamente a tacere dall’incombenza della morte, dando così la possibilità a Aereon di consumare il suo pasto.

Nella stanza accanto lo spettacolo non era molto diverso, c’era sangue in ogni dove, soprattutto sui muri e sul letto, gli occhi della donna da rossi erano divenuti  di una calda tonalità di nocciola,  mentre si puliva il viso dal liquido vermiglio di cui era intriso.  Un’espressione soddisfatta sul suo viso, mentre usciva dalla stanza con un fruscio del mantello che si muoveva sinistramente dietro di lei.

“Allora?” chiese gelidamente alla compagna che usciva proprio in quel momento dalla stanza del figlio delle sue vittime.

“Niente il cristallo purpureo non ha reagito, il tuo?” chiese di rimando l’altra puntando le iridi blu in quelle dell’altra.

“No niente anche a me. Abbiamo fatto male i nostri calcoli, hai reso la cosa il più normale possibile?” chiese ben sapendo che l’altra avrebbe capito a cosa si riferisse.

“Si direi che mi sono trattenuta fin troppo, era veramente un bel bocconcino il mio” mormorò lei “Sarà il caso di tornare dove abbiamo l’appuntamento con Meinir” l’altra annuì e scomparirono entrambe.

I loro due compagni erano comparsi in una villa poco fuori città abitata solamente da un donna sui quarantanove anni e dai suoi servitori, si mossero entrambi diretti alla camera di costui e giunti al loro obbiettivo accesero le luci . La donna si svegliò di soprassalto con una mano sconosciuta alla bocca.

“ Kirabo il cristallo” mormorò uno dei due uomini, dai capelli biondo chiarissimo quasi bianchi, proprio come le sue iridi quando non era affamato che erano sulla tonalità dell’azzurro molto chiaro, il compagno, moro con gli occhi neri quando era tranquillo, tirò fuori una copia esatta del cristallo in possesso delle loro due compagne di squadra, che anche con loro non diede i risultati sperati. “Maledizione anche questa qua non è la persona che stavamo cercando, è un vero peccato doverti togliere di mezzo mademoiselle” disse poi, la donna cercò allora di liberarsi dalla stretta ferrea di chi aveva davanti, una mano che si agitava frenetica alla ricerca dello spray al peperoncino che per sicurezza teneva sul comodino e sempre con se.

“Tesoro cercavi mica questo?” chiese il bruno sfoderando i suoi denti accuminati “Mi spiace deluderti ma purtroppo con noi non sarebbe servito a niente” la sua vittima fu percorsa da un tremito di paura, era ormai consapevole che quelli non facevano per finta, anzi proprio il contrario, fece appena in tempo a vedere tutta la sua vita che le scorreva davanti e poi senti un dolore fortissimo a collo e petto, degli schizzi sanguigni caddero sul letto e sui muri circostanti, un ultimo guizzo di vita nei suoi occhi e poi più niente silenzio totale.

Dall’altra parte della città si alzò contemporaneamente un pianto di neonato.

 

*    *    *

Si svegliò all’improvviso con il cuore in gola, i suoi occhi cobalto che vagavano nell’oscurità alla ricerca della fonte di tutto quel rumore improvviso, e soprattutto cercando di darsi una calmata a causa del sogno che stava facendo, non molto piacevole. Ma d’altronde aveva imparato a convivere con quella dote ormai da quando aveva vestito per la prima volta i panni da guerriera. I numeri bianchi della sveglia segnavano le quattro di notte. Tre ore. Aveva dormito solamente tre misere ore. Allungò la mano verso il comodino alla ricerca del filo della lampada nel tentativo poco misurato di accenderla, un chiarore si diffuse nella stanza, si mise a sedere sul letto e contemplò la compagna poco lontana da lei coperta solamente da un lenzuolo, così come lo era lei poi realizzò il motivo del suo abbandonare l’incubo così all’improvviso: i gemelli stavano piangendo, anzi era più corretto dire che il loro secondogenito stesse piangendo, la bambina sembrava dormire o comunque essere molto tranquilla anche se doveva dividere il lettino con un inquilino così poco incline al sonno. La ragazza tirò un forte sospiro e dopo essersi coperta con una sottile vestaglia di seta lasciata cadere sul pavimento poco distante dal letto poche ore prima e si diresse verso il lettino dove il bambino urlava a tutti polmoni con il visino arrossato e gli occhi verdi colmi di lacrime, la sorella era sveglia ma agitava le manine verso i giochi sospesi sopra di lei emettendo un verso allegro quando nel suo campo visivo comparve la madre. Milena prese in braccio il bambino, e iniziò a cullarlo e intonando una ninna nanna che ricordava provenire dalla sua infanzia, cantata dalla domestica che aveva fatto le veci di sua madre fin da quando era piccola, la stessa con cui era cresciuta anche Ottavia. Erano passati solamente due giorni da quando avevano fatto rientro a casa dall’ospedale, ma i bambini dimostravano già di avere sei mesi. Come avevano fin da subito sospettato avevano la stessa velocità di crescita della guerriera di Saturno.

“Sshh dormi cucciolo, è tutto a posto” mormorò sotto voce al piccolo, mentre guardava il mare d’altra parte della città, aveva un brutto presentimento non che avvertisse il suo elemento particolarmente agitato, ma il suo istinto di guerriera non sbagliava mai. Qualcosa la fuori non andava. Tornò a letto e vi adagiò delicatamente Kazeshi, prima di tornare a prendere la bambina dai capelli blu oltre mare che la guardava seduta nel lettino con i suoi vivaci occhi viola, decisa a tutto fuorché dormire.

“Mpf…che succede?” borbottò la motociclista sentendola sveglia.

“Niente amore… i bambini si sono svegliati, dormi”  le rispose lei dolcemente accarezzandole il viso. Prima di spegnere la luce e provare a dormire durante le ore che le restavano.

 

Heles fu svegliata verso le otto del mattino dalla figlia che giocava con le ciocche dei suoi capelli allegra e fresca come una rosa, come se avesse dormito per tutta la notte. La motociclista si girò su un fianco e si appoggiò sul gomito poggiando il suo viso sul palmo della mano per guardare interamente la sua famiglia, Kazeshi dormiva a pancia in giù sopra alla sua compagna con una manina che arrivava a sfiorare il materasso, mentre Umiko si era seduta con una punta di sicurezza perdendo l’equilibrio subito dopo e andando a sbattere sul materasso con un piccolo tonfo che scateno in lei un ridere sincero. “E’ presto per stare seduta da sola piccolina” mormorò lei facendola sedere contro di lei per reggerle il busto con il bacino. “Che dici svegliamo la mamma e il tuo fratellino?” disse poi con gli occhi luccicanti della bambina che aveva un espressione perplessa e leggermente imbronciata, un broncio che ricordava lontanamente quello della madre quando faceva la finta offesa. La pittrice era poco distante da lei ragion per cui non dovette compiere movimenti che avrebbero richiesto lo spostamento anche della piccola che in quel momento si ciucciava bella convinta un dito della manina paffuta.

La motociclista mosse la mano sulla quale non era appoggiata per accarezzare il viso di lei e la vide immediatamente piegare le labbra in un lieve sorriso.

“Ma sei già sveglia?” le disse sorpresa di non averlo capito subito.

“Certo sono rimasta immobile per ascoltare ad entrambe” rispose lei “E i vostri discorsi altamente filosofici” il silenzio degli istanti successivi fu interrotto da un’agitatissima Ottavia che piombo in camera loro senza neanche bussare o chiedere se poteva irrompere in quel modo.

“Ma che cazzo succede!!???!! Vi siete tutte rinconglionite in sta casa?” sbottò infastidita la guerriera di Urano coprendosi meglio che poteva con il lenzuolo, la brunette arrossì vistosamente notando le spalle nude dei suoi genitori adottivi. Umiko che nel tentativo di girarsi andò a sbattere con il faccino sul materasso.

“Heles modera il linguaggio ci sono i bambini!!!” la riprese severa la pittrice con uno sguardo che non ammetteva neanche una replica.

“Ragazze venite di la in cucina, al telegiornale nei titoli introduttivi hanno accennato a una strage che è avvenuta in due abitazioni diverse qui a Tokyo, parlano di animali per come sono ridotte le vittime” rispose ansiosa la guerriera della distruzione. A quelle parole le due si fecero molto serie.

“Arriviamo ci vestiamo e arriviamo immediatamente” le rispose la guerriera di Nettuno. Dopo che ebbe pronunciato queste parole la diciottenne chiuse la porta lasciandole da sole con i loro pensieri. La violinista spostò delicatamente suo figlio nel lettino e gli rimboccò le coperte, poi si infilò la camicia da notte molto simile a un vestitino che le arrivava poco sopra il ginocchio con il corpino ricamato in corrispondenza del reggiseno, il tutto di color pesca, si infilò in seguito le ciabatte e dopo aver preso figlia in braccio si diresse verso la cucina dove Sidia era seduta su una sedia e Ottavia appoggiata alla credenza.

“Una delle mie nipotine preferite come sta?” disse la guerriera di Plutone nel vedere la bambina arzilla seduta su una gamba della madre che agitava le manine verso di lei, segnale con cui la piccola comunicava la sua voglia di cambiare persona da cui farsi coccolare. Aveva sviluppato un interesse ossessivo per i lunghi capelli della bruna con cui amava giocare per ore, usandoli come un mantello fatto su misura per lei, e la donna la lasciava fare volentieri. Dopo circa cinque minuti Heles fece la sua comparsa con in braccio Kazeshi ancora assonnato e si sedette su una delle tre sedie rimaste ancora libere, la ragazza dai capelli verde acqua intanto era dietro alla preparazione dei due biberon per la colazione, solo dopo che avessero messo a tacere i bambini avrebbero potuto fare la colazione in santa pace, altrimenti avevano imparato nei due giorni precedenti Umiko a vederli mangiare iniziava a lamentarsi perché aveva fame e voleva prendere a tutti i costi la pappa dei grandi.  La guerriera dei mari stava provando la temperatura del latte facendone cadere qualche goccia sul dorso della mano quando la giornalista iniziò a introdurre la strage di cui la bruna aveva parlato poco prima mentre erano ancora a letto. Nel servizio fu intervistato il maresciallo della polizia cittadina, che però non aveva ancora nessuna idea del mandante di una strage così, sempre che si trattava di carnefici umani perché i corpi trovati nelle due abitazioni erano in condizioni che avrebbero fatto invidia a qualsiasi film horror che si rispetti, anche a uno del grande Stephen King. I corpi infatti erano martoriati, e il sangue riempiva buona parte della scena del delitto, ed era l’unico punto di contatto tra i tre omicidi avvenuti quella notte nella Megalopoli. Milena senza staccare lo sguardo dalla tv passò i biberon alle sue due compagne di squadra in modo che facessero fare colazione ai bambini. Dopo di che si concentrò, sempre con l’udito rivolto alla televisione, alla preparazione dei loro quattro cappuccini.

Alla fine del telegiornale la prima ad aprire bocca fu Sidia.

“Ragazze cosa ne pensate?” chiese senza tradire alcuna emozione. Fredda e distaccata come sempre quando si trattava di eventuali nemici. Faceva quasi paura, ma loro tre sapevano che non vi era nulla da temere.

“Dite che siano i nostri nuovi nemici?” mormorò la violinista girandosi a guardare il trio, con un moto di apprensione nella voce. Appoggiandosi alla credenza mentre aspettava che fosse pronto il caffè da aggiungere al latte, le mani incrociate al petto.

“Secondo me è prematuro fare un’affermazione del genere, potrebbe essere una banda di spostati che non aveva niente da fare ieri notte…sarebbe meglio stare ad aspettare l’evolversi degli eventi” intervenne Ottavia, e la custode del tempo non poté far a meno di pensare che aveva ragione.

“Che avete intenzione di fare con il resto del gruppo?” chiese Pu.

“Che domande fai? Per me possono anche morire nelle prossime notti come queste persone innocenti, con me hanno chiuso chi ci dice che non vogliono fare del male ai gemelli? Io mi dispiace ma non mi fido assolutamente di loro” sbottò Heles con una nota nervosa nella voce.

“Sono d’accordo con te amore, ma se questo nemico è così devastante come è scritto nella profezia non possiamo farcela solamente noi quattro a proteggerli, abbiamo bisogno dell’aiuto di Sailor Moon e anche delle altre. La situazione Necessita una collaborazione forse ancora più intensa tra i due gruppi” controbatté la violinista, mentre i suoi occhi viravano in un blu cupo divenendo determinati e soprattutto calcolatori. Le parole della ragazza furono accolte da un silenzio che man mano che passarono i minuti divenne fin troppo pesante da sopportare; tutte, la motociclista per prima, sapevano che aveva ragione. Quella battaglia non avrebbero mai potuto combatterla da sole, avevano voluto fare le solitarie già una volta e tutte sapevano come era andata a finire la questione.

“Mamma” mormorò ad un certo punto Ottavia indicandole un punto imprecisato dietro di lei “Il caffè sta uscendo” le parole della bruna sembrarono interrompere quello stato di sospensione in cui erano cadute mentre i bambini succhiavano avidamente il latte dal biberon.

“In ogni caso come ha detto prima Ottavia, se non abbiamo l’assoluta certezza che questi morti tra la popolazione siano causate da eventuali nemici credo sia inopportuno affrontare anche questa questione” disse Sidia afferrando la tazza che le porgeva la compagna prima che quest’ultima portasse a tavola le fette biscottate e la marmellata ai frutti di bosco. La guerriera di Urano si limitò ad annuire duramente mentre finiva di dare la colazione a suo figlio, che gli sembrava decisamente più pesante di circa un’ora prima quando erano arrivati in cucina segno che la crescita non si era ancora fermata.

*    *    *

Una struttura in cristallo viola dalle guglie alte e affilate galleggiava pigramente sopra la città di Tokyo, invisibile grazie a un insieme di incantesimi proibiti e malvagi. Nonostante sembrava essere trapassata da parte a parte dalla luce solare, al suo interno le stanze erano sommerse dalla penombra più completa, i suoi abitanti, i cinque demoni amavano il buio soprattutto quando dovevano riposarsi, non che la luce arrecasse loro qualche danno, anzi.

Nella stanza centrale del castello si ergeva un trono di marmo nero con degli intagli appartenenti a una lingua sconosciuta, da questo partivano dei cristalli del medesimo colore  di quello dello scranno. Poco più sopra un fumo violaceo.

“Mio signore” disse Meinir con un tono fermo, fissando la nuvola violacea, con rispetto ma senza tradire una qualche sorta di timore nei confronti del loro capo. Abbassando lievemente il capo in segno di saluto. A quelle parole la nube violacea si mosse a livello del terreno prendendo una forma vagamente umana, ma al quanto indefinita.

“Meinir, a cosa devo la tua visita? Avete già compiuto l’assalto tu e i tuoi sottoposti?” disse la nube.

“Si mio signore, ma il cristallo violaceo in possesso della mia squadra non ha rivelato la presenza del ricettacolo, abbiamo fallito. Ma continueremo a cercare finché non scoveremo la persona adatta” rispose l’uomo.

“Avete già idea delle prossime vittime?” chiese l’uomo di fumo.

“Si un’idea c’è, abbiamo individuato due ragazze, ora vedremo se procedere durante la notte con l’attacco oppure rischiare e condurre un assalto diurno.” Rispose il biondo platino. “Se ho il vostro permesso andrei a parlare con il resto della squadra” concluse.

“Certo vai pure” rispose la massa informe prima di tornare a levitare sopra al trono della sala. Un attimo dopo la figura in nero era già scomparsa.

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Capitolo 2
*** Un Macabro Campeggio ( Parte Prima ) ***


2^Capitolo: Un Macabro Campeggio ( parte prima)

“Tia, tia!!” Umiko si muoveva traballante attaccata al divano per raggiungere la guerriera di Plutone intenta a ultimare la preparazione delle cose necessarie per andare in campeggio come avevano deciso il giorno precedente. I piedini ancora incerti nel compiere i piccoli passi, e un’espressione concentrata sul visino incorniciato da corti spaghetti blu mentre la guardava dal basso dei suoi cinquanta centimetri scarsi di altezza, sperando di essere presa in braccio.

“Non posso ora prenderti in braccio, la zia è occupata vedi?  Prepara le cose per andare sui prati” rispose la bruna “Vieni ti metto sul divano con Artù” disse prima di prenderla in braccio per adagiarla accanto  al gatto di sei mesi che la violinista aveva ricevuto in regalo per i suoi ventidue anni. L’animale puntò i suoi magnetici occhi azzurri sulla bambina prima di spostarsi e sdraiarsi sulla piccola emettendo un brontolio soddisfatto.

“Sidia, Umiko è qui?” esclamò la pittrice emergendo dalla sua camera con in braccio il figlio che aveva un’espressione piuttosto imbronciata.

“Si Mile, e qui con Artù che la usa come cuscino” rispose l’altra, chiudendo la borsa frigo mentre Ottavia raggiungeva la bambina sul divano in attesa di partire. All’appello mancava solamente la bionda, che si era svegliata piuttosto in ritardo, quando ormai Milena era già pronta e con lei anche i bambini.

“ok allora manca solo Heles all’appello” mormorò lei, sparendo nuovamente all’interno della loro camera per vedere a che punto fosse la bionda con i preparativi, la trovò che si sistemava il colletto della polo blu, indosso aveva già i pantaloncini in jeans. Lei invece indossava un top rosso legato dietro la nuca e gonna che le arrivava poco sopra il ginocchio bianca come borsa e scarpe. Sopra la testa a mo di cerchietto gli occhiali da sole. “Amore manchi solo tu siamo tutti pronti” mormorò appoggiata allo stipite della porta.

“Si arrivo sono pronta” rispose la motociclista, prima di afferrare i ray ban e le chiavi della macchina.

 

Erano dirette nell’entroterra verso un prato in riva a un lago dove vi era anche la possibilità di fare un bagno nell’acqua limpida e cristallina, era un luogo che apparteneva all’infanzia di Heles, luogo prediletto delle gite all’aria aperta organizzate periodicamente durante la bella stagione, erano state in quella radura nascosta ai più tempo addietro quando ancora Ottavia era poco più che una bambina. In città il caldo era soffocante, quasi insopportabile, le spiagge sembravano un enorme serpente di carne umana.

Arrivarono a destinazione dopo circa un’ora e mezza di viaggio, Heles parcheggiò la macchina nei pressi di un ampio sentiero che attraversava un piccolo boschetto in riva ad un lago, dopo aver scaricato e chiuso la macchina si avviarono sul sentiero. Furono accolti da una luce smeraldina frutto dei raggi solari che filtravano tra il fogliame, nell’aria risuonava il canto di una moltitudine di uccellini.

“Attù attù” la vocina squillante di Umiko interruppe l’atmosfera quasi magica che si era creata intorno a loro, mentre con la manina indicava una famiglia di tassi da sopra la spalla della madre. Kazeshi osservava la famigliola da sopra le spalle di Ottavia, con uno sguardo piuttosto truce.

“No tesoro quello non è Artù non è un micio… sono dei tassi” le rispose la madre voltandosi appena per farglieli vedere, la piccola sembrò pensarci un attimo con un ditino vicino al viso e un espressione pensierosa sul faccino rotondo. “Asso” esclamò dopo qualche minuto.

“Assi… ci conviene darci una mossa o arriveremo stasera, non manca tanto massimo una decina di minuti” Disse Heles avviandosi in testa al gruppo, il sentiero man mano che andavano verso la radura nascosta tra gli alberi era divenuto sempre più stretto fino a morire poco prima dell’ingresso alla radura in un rigoglioso manto erboso. In cinque anni la radura non era cambiata in modo significativo, anzi a parte la vegetazione più rigogliosa che la circondava era pressoché identica.

“ Vuoi che ti aiuti a montare le tende?” chiese la violinista alla compagna dopo aver adagiato la bambina sopra a un plaid nelle tonalità dell’azzurro e del rosa. Ottavia fece lo stesso con il fratello che  iniziò immediatamente a guardasi intorno alla ricerca di qualcosa d’interessante da fare.

“No faccio da sola sono capace non temere”  mormorò lei tirando fuori il materiale necessario “Voi occupatevi del pranzo, così appena finisco mangiamo” rispose la bionda.  A quelle parole le altre iniziarono ad aprire da prima il tavolo pieghevole e, dopo  aver apparecchiato, tirarono fuori i contenitori con il pranzo, lasciando nella borsa le provviste per i due giorni e mezzo di campeggio nella borsa, i preparativi occuparono un’oretta buona, tempo durante il quale  la guerriera di Urano si era cimentata con le tende riuscendole a montarle senza non poche difficoltà.

“Senti un po’ posso ritenere sicura la tenda? O devo considerarlo un attentato alla mia incolumità?” chiese dopo aver finito di preparare il pranzo Sidia.

“O non rompere Sidia, se non ti andava bene potevi benissimo montarla tu la tua, anzi se vuoi te la smonto e te la rimonti te” sbottò innervosita la motociclista con uno sguardo assassino nei confronti della bruna.

“Amore Sidia stava scherzando mica diceva sul serio sappiamo tutti che tu sei la grande esperta nel montaggio delle tende da campeggio” si intromise Milena con un tono ironico e con un espressione angelica.

“Ti ci metti anche te?” sbuffò l’altra risentita mollando sul prato le istruzioni e andando verso la riva del lago, con un passo che tradiva il suo nervosismo. La violinista dal canto suo si limitò a guardarla allontanarsi sorpresa per quella reazione, che non era nata assolutamente per offenderla ma solamente per scherzare un po’. Si avviò anche lei verso l’acqua roteando gli occhi in un espressione esasperata, arrivata sul lago trovò le scarpe dell’altra abbandonate sulla riva e la bionda seduta su uno scoglio poco lontano con i piedi nell’acqua la raggiunse anche lei dopo essersi tolta i sandali, rabbrividì leggermente al contatto della pelle con l’acqua fredda, ma piacevole vista la calura estiva.

“Siamo proprio permalose oggi…guarda che stavo scherzando ma a quanto pare possiedi la stessa ironia di un bradipo” esclamò la pittrice sedendosi al suo fianco, e ottenendo un brontolio quasi intraducibile da parte dell’altra che si limitò a osservare la superficie dell’acqua, senza prestarci molta attenzione, mentre nella sua testa prendeva sempre più forma un’idea in merito a uno scherzo da fare a colei che si era seduta poco prima accanto alla sua persona. Il pensiero le fece salire un sorriso poco celato sul volto che si tramutò velocemente nella sua espressione sghemba che la caratterizzava.

“Certo che sei strana, ora che hai da ridere?” sbottò l’altra innervosita dallo strano comportamento della bionda.

“O niente, mi chiedevo se ti facesse piacere fare un bel tuffo nell’acqua gelida” mormorò ironica, tendendosi con uno scatto repentino contro la compagna nel tentativo di sollevarla, tentativo che andò a vuoto in quanto l’altra intuendo le sue intenzioni si era prontamente alzata dopo aver sentito quelle parole, pronta a correre via se ce ne fosse stato il bisogno, consapevole che però Heles le sarebbe stata addosso in brevissimo tempo: la sua velocità nella corsa non era certamente un mistero. La motociclista però decise di lasciarle un ampio margine di vantaggio prima di lanciarsi all’inseguimento lungo la riva del lago, azione che lasciò totalmente sbigottite Ottavia e Sidia che osservavano le due con un espressione tra il sorpreso e il divertito. “Quanto vuoi che ci metta a raggiungerti?” disse alla violinista mentre le correva dietro “Ti consiglio di arrenderti onde evitare pessime figure” la punzecchiò.

“Tu prova solamente a buttarmi in acqua e poi vedi cosa ti combino” rispose l’altra ansante, giusto pochi attimi prima di sentire le braccia della bionda che la imprigionavano bloccandole qualsiasi via di fuga. Era in trappola. Ciò voleva dire che da li a massimo cinque minuti avrebbe fatto un volo in acqua.

“Non vedo l’ora, magari dandoci alla pazza gioia nella tenda” mormorò maliziosamente l’altra “Pronta a farti un bel bagno?” le chiese prima di piegarsi per afferrarle anche le gambe.

“Heles te lo ordino per l’ultima volta, mettimi giù immediatamente” iniziò a strillare l’altra cercando di liberarsi dalla presa, mentre la bionda avanzava nell’acqua “Hai sentito stronza??? METTIMI Giù SUBITO HAI CAPITO?” urlò provocando una risata nell’altra che si stava divertendo un mondo.

“Ok Michi, ricordati però che me lo hai chiesto tu” rispose divertita mentre allargava le braccia, e la lasciava letteralmente cascare in acqua con un sonoro tuffo. Quando la nuotatrice riemerse con il viso e la faccia a dir poco adirata dalla superficie dell’acqua, aveva i capelli tutti spettinati che le ricadevano in modo scomposto sul suo viso angelico. Doveva dire che l’aveva incastrata alla perfezione, ma era uno scherzo idiota e al quanto inutile che non avrebbe portato assolutamente a niente, ben decisa a farsi porre delle scuse dall’altra, si alzò e si diresse verso la riva tutta impettita senza degnarla di uno sguardo. Reazione che lasciò la sua compagna basita, in quanto si aspettava una reazione molto più isterica.

“O ma ti sei offesa?” chiese dopo averla bloccata per il braccio.

“Mah…tu che dici? Ti sembra uno scherzo da fare? I vestiti erano nuovi, lo sai anche tu!!!” sbottò l’altra irritata più per i vestiti rovinati che per altro. Il top rosso bagnato lasciava vedere più del necessario e la motociclista non poté non far a meno di far cadere uno sguardo di troppo sul corpo dell’altra.

“Sei ancora più sexy quando sei arrabbiata e…. bagnata” le mormorò all’orecchio  dopo averla tratta verso di se, in modo tale che i loro corpi aderissero alla perfezione come sempre, ora la bionda dava le spalle al prato, mentre la guerriera di Nettuno riusciva a mala pena vedere le loro amiche da sopra la sua spalla, mentre veniva percorsa da un migliaio di brividi a causa delle mani dell’altra che si muovevano maliziose sulla sua pelle.

“Heles” mormorò cercando di staccarsi dall’altra che era passata con la bocca sul suo collo occupata in un’azione che non avrebbe lasciato incolume il collo della compagna “Heles maledizione!! Staccati Kazeshi è sparito!!!” ripeté, questa volta con convinzione e con un moto di preoccupazione nella voce, spingendola lontana da se per interrompere quel contatto intimo appena accennato. La bionda si voltò verso le tende e non poté che dare ragione all’altra, il plaid sul quale avevano adagiato i bambini rimaneva dietro i ricoveri che lei stessa aveva inalzato per la notte, e quindi le loro compagne non potevano vederli da dove erano, sedute sulle sedie intorno al tavolino.

“Ma come cavolo ha fatto? Non si regge neanche in piedi, come può aver attraversato l’intera raduna da solo” disse la bionda sorpresa per ciò che aveva appena compiuto il figlio.

“Non sa camminare bene ancora ma a gattonare eccome se è capace!! E poi quando siamo partiti da casa stamattina non sapeva camminare bene ma vista la crescita potrebbe esserne in grado” rispose la Guerriera di Nettuno afferrando i sandali lasciati sulla riva e raggiungendo a piedi nudi la coperta con la figlia per indossarli. Umiko la osservava con un’espressione di chi, a dispetto dell’età, è in grado di capire più del necessario, mentre mordeva un mazzo di chiavi in plastica per bambini.

“Ragazze Kazeshi è sparito!!” esclamò poco dopo “sarà meglio dividerci le zone di ricerca, io perlustro il bosco a sinistra della radura voi mettetevi d’accordo con Heles” concludendo poi in modo autoritario.

“Ma scusa com’è possibile?” chiese sbalordita Ottavia, che molto probabilmente la pensava come il suo papà adottivo: era troppo piccolo.

“Non lo so, direi che lo chiediamo direttamente a lui quando sarà un po’ più cresciuto, quindi oserei dire che fra due o tre giorni sapremo come ha fatto” rispose mentre si avviava verso gli alberi, chissà per quale motivo aveva una strana sensazione di inquietudine che si era impadronita di lei nel momento stesso in cui si era accorta della scomparsa del suo secondogenito. Una sensazione molto simile a quando stava per verificarsi qualche attacco dalle entità malvagie. Eppure a occhio e croce le sembrava tutto molto tranquillo. Doveva comunque mantenere alta la guardia per essere pronta a qualsiasi evenienza.

Le sue compagne intanto si erano suddivise l’area rimanente in tre parti pressappoco uguali e avevano iniziato anche loro le ricerche, lasciando Umiko dentro la tenda in modo che non potesse svanire da un momento all’altro come aveva fatto il fratello. La bambina infatti sembrava a prima vista aver ereditato il carattere della madre. Anche le altre tre avevano avvertito la strana sensazione di inquietudine che solitamente annunciava un attacco nemico entro poco tempo, e proprio come la guerriera dei mari avevano i nervi a fior di pelle, pronte a scattare al minimo segnale di pericolo che potesse in qualche modo mettere a repentaglio la vita del bambino, o di ciascun membro della squadra. Il nome del piccolo risuonava ad intervalli regolari da quattro diversi punti all’interno della coltre di fogliame. Tutte e quattro avevano le ricetrasmittenti al polso per comunicare il ritrovamento agli altri membri della squadra, ma di fatto quello strumento non era ancora servito a distanza di mezz’ora dalla scoperta della scomparsa.

Milena, come di rado capitava, stava cadendo vittima del panico, quell’energia negativa non la rincuorava affatto, e sembrava che solamente lei se ne fosse accorta visto che nessuna delle altre tre l’aveva ancora avvisata ricetrasmittente. O molto probabilmente era così forte solamente nella zona dove lei stessa si stava muovendo. All’improvviso sentì un movimento dietro a un cespuglio che continuò a muoversi anche dopo, decise quindi di rischiare e andare a vedere che cosa potesse essere la causa di tutto quel trambusto, annoverando tra le ipotesi più accreditate la presenza di qualche innocuo animaletto del boschetto. Magari proprio la famiglia di tassi che avevano incontrato al loro arrivo, si avvicinò compiendo gesti misurati in modo tale da fare il minor rumore possibile, anche se da dietro la coltre di foglioline proveniva un mugolio che a lei risuonava stranamente familiare. Ciò che però non si sarebbe mai aspettata però è lo spettacolo che avrebbe trovato dietro all’ampio arbusto.

Heles iniziava ad innervosirsi, era giunta più volte fino alla loro macchina parcheggiata al di la del piccolo bosco ma di suo figlio nemmeno l’ombra, sembrava essersi volatilizzato nel nulla, come se avesse potuto compiere alla sua giovane età un viaggio spazio temporale senza che la custode del tempo e dello spazio se ne potesse accorgere. Stronzate. Era tecnicamente impossibile.

Sidia invece si interrogava sulla probabilità che il bambino potesse essere svanito nel nulla utilizzando un varco di qualsiasi tipo, ma non temporale: sarebbe stato difficile per chiunque attraversare il varco senza che lei non venisse a conoscenza dei movimenti all’interno di esso, roba ben lungi dall’essere alla portata di un bimbo che per quanto particolari fossero i suoi genitori, aveva pur sempre nove mesi di vita. No era tecnicamente impossibile, o almeno così sperava perché altrimenti era decisamente impossibile ritrovarlo almeno che non compiesse qualche passo falso. La gravità di ciò che sarebbe potuto accadere la investì in pieno, portandola a un grandissimo senso di colpa che non fece altro che aumentare la sua agitazione.

Quando la guerriera di Nettuno si affacciò al di la del cespuglio, la scena che si presentò ai suoi occhi era degna dei peggiori film horror, e ciò che era più raccapricciante e che suo figlio era in mezzo a quello scempio che cercava di unire parti non appartenenti alle stesse specie.  Nel piccolo spiazzo all’interno del fogliame infatti erano presenti innumerevoli carcasse di animali delle più diverse specie: conigli, scoiattoli, uccellini, tassi. Alcuni ancora nel loro stato normali, alcuni senza una zampa, l’altri totalmente sventrati con le interiora in bella mostra, quasi fossero su un banco di macelleria. Kazeshi sembrava particolarmente assorto, anzi quasi divertito dal piccolo mostro che era riuscito a creare: armeggiava con il corpo di topolino, al quale con dei piccoli legnetti aveva attaccato sulle ali le ali di qualche malcapitato uccellino, mentre in quel momento cercava di far rimanere attaccato a tutto ciò la testa di uno scoiattolo. La ragazza rimase scombussolata da quella visione, che in breve le provocò un doloroso crampo allo stomaco, che aveva imparato essere un avvisaglia di vomito imminente nei primi mesi della gravidanza.

“Kazeshi cosa stai facendo me lo spieghi?” esclamò rompendo il silenzio surreale che si era creato intorno a lei. Il bambino sorpreso si spaventò quasi, sembrava decisamente più cresciuto da quel mattino, in quel momento avrebbe potuto avere circa un anno e mezzo di vita. Il suo sguardo che da spaventato per l’interruzione al macabro gioco, passò a un espressione fredda, quasi adulta, e soprattutto che aveva un retrogusto malvagio. Sembrava provare piacere da quella moltitudine di cadaveri che aveva intorno. La guerriera di Nettuno si sbrigò a prenderlo in braccio facendo attenzione che lui non le lasciasse delle impronte insanguinate sul top, quasi asciutto. E si avviò con un ansia che l’assaliva verso la radura. Prima però schiaccio il piccolo tasto sulla loro ricetrasmittente che corrispondeva ad una comunicazione a “reti unificate” e avvisò le compagne di squadra dicendo loro che stava rientrando verso la radura con il bambino in braccio e che si sarebbero quindi riviste li. Appena giunse sul prato dove erano state piantate le due tende portò immediatamente il bambino in riva al lago per fargli lavare il viso sporco e le mani intrise di liquido vermiglio.

Fu proprio mentre cambiava i vestiti di Kazeshi che le sue amiche emersero dalla fitta boscaglia, anche se avrebbe voluto stare sola per ore: quella visione che aveva avuto al ritrovamento di suo figlio l’aveva turbata molto, trasudava malvagità da tutti i pori. E il punto di partenza di quell’aurea malvagia era proprio il luogo dove aveva trovato suo figlio. Era suo figlio.

“Dove lo hai trovato?” chiese Ottavia curiosa, senza notare lo sguardo pensieroso della madre. Domanda alla quale non ricevette nessuna risposta da parte della violinista.

“Mile hai sentito? Dov’era?” richiese Heles, guardandola mentre chiudeva i piccoli pantaloncini puliti al figlio.

“Non ho voglia di parlarne scusatemi” mormorò senza alzare lo sguardo dalla sedia sulla quale il bambino era sdraiato. Non voleva alzare gli occhi dal figlio perché sapeva che la bionda avrebbe capito in un batter d’occhio che vi era qualcosa che non andava, e a lei non sarebbe riuscita a resistere. Preferiva dire tutto quella sera nella loro tenda, prima di addormentarsi, Ottavia e Sidia infatti si erano prese l’incarico di badare ai bambini durante la notte in tenda in modo di lasciare loro un po’ di tempo da dedicare a loro stesse.

“Michi guardami per favore” disse Heles afferrandola delicatamente dal mento con la mano destra in modo da portare i suoi occhi smeraldo a contatto di quelli cobalto di lei nella quale sempre più spesso in quel periodo era costretta ad annegare. “Mi vuoi dire che è successo? Non dire niente quando non è così” disse precedendola.

“Non ho voglia di parlarne ora, dopo mangiato, o forse stasera in tenda… ora no ti prego. Pensiamo a pranzare che sono già le due e mezza” rispose la ragazza dai capelli mossi con un tono quasi supplichevole.

“Come vuoi ma sappi che stasera voglio sapere veramente tutto capito?” chiese l’altra nuovamente, facendola annuire in tono poco convinto. Alla violinista dopo quella scena era passata anche la fame, era disgustata e si chiedeva come potesse aver fatto suo figlio a fare una strage di creature innocenti nonostante la sua giovane età. Non riusciva a capacitarsi, lei che non era capace a far male ad un animale neanche con una pistola puntata alla tempia, aveva donato al mondo un bambino con quelle inclinazioni. E poi cosa stava facendo? Qual’era il suo obbiettivo, che lo portava a reagire in tale maniera? No riusciva a farsene una ragione, e tutto quel pensare provocò un grandissimo calo dell’appetito, facendo si che assaggiasse veramente poco e niente durante quel pranzo all’aperto.

Mancanza che non sfuggì ad Heles che la guardava con un espressione decisamente preoccupata, certa che la compagna le stava nascondendo qualcosa  che aveva visto mentre cercava loro figlio, ma doveva solamente capire che cosa aveva visto. In attesa che lei parlasse poteva solamente fare delle mere ipotesi, una più stramba e pazzesca dell’altra. Ma nessuna era vicina al motivo reale che aveva causato un turbamento così visibile nella persona che amava. Non era normale, assolutamente no! Lei era come il mare: rimaneva calma e bellissima in superficie mentre nelle profondità più nascoste era percorso da un centinaio di tempeste, un migliaio di correnti che però non riuscivano a giungere in superficie se non vi era il vento che stimolava il moto ondoso. Quella volta invece il mare era agitato, e il vento almeno per quanto le riguardava non aveva affatto messo zampino nel morale dell’altra. Anzi a voler esser sinceri non ci aveva capito proprio un cazzo dell’agitazione che sembrava emanare la regina degli abissi profondi. Ciò che le dava più sui i nervi era che, fino a quella sera almeno, l’altra non avrebbe assolutamente parlato.

Note dell'Autrice: Allora come emerso dal capitolo Kazeshi sembra avere delle strane e macabre inclinazioni, cosa ne pensate? Fatemi sapere ^^

Avviso inoltre che ho ricominciato a studiare per gli esami di Settembre e quindi probabilmente il ritmo di aggiornamento delle due fanfic che ho in corso rallenterà un pochino. Ahimè le vacanze dopo neanche un mese di vacanza sono finite -.-"

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Capitolo 3
*** Un macabro Campeggio ( Seconda Parte) ***


Note dell'Autrice: Eccoci al terzo capitolo, volevo avvisarvi che la One Shot: "L'Estate che mi cambiò la vita" ha subito delle modifiche con l'aggiunta di passaggi e l'eliminazione di altri. A fine capitolo si verificherà un evento improvviso e innaspettato, fatemi sapere quali sono i vostri pensieri a riguardo, voglio vedere se qualcuno ci azzecca xD
Vi auguro una buona Lettura e un Buon fine settimana =)


3^Capitolo: Un macabro campeggio (Seconda Parte)

Finito di pranzare stesero i plaid che si erano portati da casa sotto gli alberi in modo da godere della frescura che derivava dal fogliame smeraldino, i bambini tra loro quattro in modo da tenerli d’occhio. Ottavia si era messa il reggiseno del costume per approfittare del sole cocente e accentuare ancora di più la sua abbronzatura, Sidia preferiva tenere solo le gambe al sole mentre con la testa all’ombra leggeva un giornale di Gossip con fare poco attento conscia di quanto i giornalisti gonfiassero le notizie. Milena era appoggiata ad un tronco d’albero con la schiena e con il quaderno appoggiato sulle gambe eseguiva degli schizzi a carboncino che molto probabilmente avrebbe trasformato in quadri su tela nei giorni successivi al campeggio, Heles invece era sempre appoggiato alla stessa pianta della compagna, ma aveva gli occhiali da sole calati sugli occhi e le mani dietro alla testa mentre fissava gli alberi sopra di lei cullata dal dolce cinguettio degli uccellini.

“Uh…Mile perdona l’indiscrezione ma i tuoi genitori li hai più sentiti?” chiese ad un certo punto la Custode del tempo alzando lo sguardo dal giornale, l’altra ragazza che la fissava da sopra il quaderno degli schizzi con un espressione di una persona alla quale non fa ne caldo ne freddo la domanda che gli è stata posta.

“No è da Natale che non li sento…ma non vedo cosa ci sia di nuovo, in effetti mi ha anche sorpresa il fatto che mia madre si sia sprecata a mandarmi un messaggio a Capodanno, perché questa domanda?” rispose lei continuando ad osservarla, questa volta concentrando tutta l’attenzione nell’altra, ignorando quindi i suoi schizzi mentre anche la motociclista prestava attenzione al discorso.

“Beh… stando a questo giornale, i tuoi si sono separati da poco…cioè forse è più corretto dire che abbiano divorziato sai?” mormorò l’altra sollevando il giornale quel tanto che bastava per permettere all’amica di leggere il titolo dell’articolo dalla posizione in cui si trovava. Un espressione sorpresa e incredula si dipinse sul viso della violinista, com’era possibile? I suoi genitori divorziati? No era sicuramente qualche informazione sbagliata giunta alle orecchie dei giornalisti, loro erano uniti. Si amavano. Tutto ciò era assurdo, quasi frutto di un film fantasy.

“Mah… mi sembra decisamente strano se non assurdo…cioè voglio dire potrebbe benissimo essere così però mi sono sembrati molto uniti quando io e Heles siamo, purtroppo, dovute andare a Novembre per dire che sarebbero divenuti nonni. Ma credo sia opportuno che faccia una telefonata a casa per sapere se la notizia è veritiera oppure no. Nel caso credo che debba darmi una mossa per andare a recuperare Midnight, non oso immaginare in caso contrario cosa potrebbe succederle visto come l’ho trovata grazie a mio padre quando siamo arrivati a casa” disse lei ripensando alla ferita enorme che attraversava la coscia del suo cavallo nero, provocata da suo padre e dai suoi subordinati nel tentativo di cavalcarla, tentativi che si rivelarono vani in quanto l’animale aveva un carattere particolare, e permetteva solamente a lei di cavalcarlo. Gli altri se la sua cavallerizza non era presente non erano autorizzati a compiere un tale affronto. “Chissà che non torni a gareggiare a cavallo anche” aggiunse dopo qualche istante di silenzio: in fondo l’equitazione le mancava e anche parecchio, quando era a cavallo si sentiva libera, un tutt’uno con il cavallo. Una sensazione bellissima, sembravano una cosa sola, si muovevano insieme, contemporaneamente quasi fossero in contatto mentalmente, le bastava un piccolo e impercettibile gesto per far compiere alla frisona nera come la notte i vari passi del dressage, e un leggero colpo con la staffa per farle saltare l’ostacolo più difficile. “Almeno che hanno svolto una bellissima messa in scena per non far trasparire nulla, come se fossi una perfetta estranea e anche questo non mi sorprende affatto” disse nuovamente, con una nota di risentimento nella voce.

“Bo Mile…onestamente non so cosa dirti, mi spiace solo che se fosse vero tu lo abbia saputo dai giornali, non dev’essere affatto bello” mormorò Sidia sinceramente dispiaciuta.

“E’ la prassi in famiglia Kaioh questa” rispose l’altra amaramente, prima di alzarsi e andare a recuperare il telefono dalla borsa con l’obbiettivo di chiamare sua madre e sentire cosa aveva da dire. Più che altro era veramente curiosa di come lei potesse giustificare il fatto di averla tenuta all’oscuro di tutto,  quando sembrava che si fosse sinceramente pentita del rapporto che avevano instaurato negli anni della sua infanzia. Palle. Solamente Palle. E non capiva neanche il perché lei si fosse talmente illusa da dover ammettere che c’era rimasta male ad apprendere dai giornali quella notizia, quando in casa non si respirava aria da divorzio. Compose il numero sullo schermo del telefono e andò vicino al lago per parlare, voleva affrontare la pseudo chiacchierata, che molto probabilmente si sarebbe risolta in una fragorosa litigata, da sola.  Il cellulare della madre squillava, ma dopo quattro squilli ancora la donna non aveva risposto. Anche di questo non vi era da stupirsi. Penso la violinista mente guardava la massa d’acqua di fronte a se.

“Pronto” la voce di Miku Kaioh risuonò all’improvviso al di la della cornetta telefonica.

“Giorno Mamma” rispose lei in tono piatto, era stata decisamente impulsiva nel chiamarla, e ora che era al telefono con lei non sapeva bene cosa dire. Frequentare Heles aveva influenze negative anche sul suo carattere pensò sorridendo lievemente.

“O ciao Milena… come va? I Bambini?” chiese la donna.

“Va tutto bene mamma. Piuttosto tu e papà? C’è per caso qualcosa che dovrei sapere e che non avete avuto la premura di dirmi?” chiese la pittrice.

“Va tutto bene perché questa domanda?” rispose l’altra sulla difensiva, aveva capito dove voleva andare a parare la figlia ma per non farla stare in pensiero voleva a tutti i costi tenerla allo scuro del divorzio e del motivo per cui era avvenuto.

“Mamma senti… non sono più la bambina di otto anni a cui le poche volte che parlavi raccontavi solamente un mucchio di idiozie per farla stare buona per poi ignorarla 355 giorni l’anno se potevo ritenermi fortunata. Quindi non dire che va bene quando non è così, e quando soprattutto sui giornali di gossip c’è un titolo grosso quanto un grattacielo che a caratteri cubitali recita: “ Tempesta e Divorzio nell’antica casata dei Kaioh, esponenti di rilievo del panorama mondano di Kyoto”. Se tu dici che non è successo niente le possibilità sono due: La prima vede la possibilità che tu mi stia raccontando solamente l’ennesima falsità chissà per quale motivo. La seconda contempla il fatto che i giornalisti si siano inventati tutto, ma a che pro? Capisco che si possano essere inventati i motivi che vi hanno spinti a divorziare, ma non penso proprio che si inventino addirittura un divorzio inesistente. Inutile precisare che io credo più alla prima opzione” disse con una calma disarmante, una calma che la caratterizzava e anche troppo bene.

“Milena senti ok io e tuo padre abbiamo divorziato, ma non credo sia necessario che tu sappia i motivi che ci hanno portati a questo. Ecco per quale motivo non ho detto nulla quando sei venuta e non ti ho mai detto nulla in seguito ok? Se permetti anche noi abbiamo il diritto di vivere la nostra vita.” Rispose la donna più grande.

“ O be si ovvio, come se per ventidue anni non l’abbiate vissuta la vostra vita vero? Non c’eravate mai in casa, comunque ok. Visto che non ritieni giusto che io sappia almeno a grandi linee il motivo per cui tu e papà vi siate separati, non vedo perché tu debba sentire me per telefono. Quindi considera questa telefonata una specie di addio, e torniamo all’indifferenza in cui sono vissuta per sedici anni della mia vita. Per mia fortuna da cinque anni a questa parte ho delle persone che mi vogliono bene al mio fianco. Addio mamma”

“Milena aspe..” Miku non fece in tempo a dire niente che sentì il suono della chiamata interrotta. Decisa a spiegare le proprie ragioni provò anche a richiamare la figlia ma a solo un minuto di distanza il telefono era già spento. E chissà per quanto altro tempo lo sarebbe stato. Si maledisse per quanto fosse stata stupida, aveva faticato sei mesi e più solamente per riuscire a stabile un piccolo contatto telefonico con la figlia, e ora aveva mandato tutto a rotoli per una cosa del genere, tornando al punto di partenza, questa volta però sembrava per sempre.

La guerriera di Nettuno appena ebbe spento il telefono si diresse verso la tenda e le sue amiche cercando di mascherare la delusione che sentiva ammontarle dentro, delusione che lentamente si trasformava in nervosismo.  Giunta agli alberi abbandonò sulla coperta il telefonino e si rimise a disegnare sul quaderno lasciato poco prima, i tratti pesanti e tracciati con movimenti fin troppo veloci per essere suoi che tradivano il nervosismo che stava provando.

“Che ha detto?” le chiese la motociclista guardandola da sopra gli occhiali da sole.

“Solite. “ Un tratto pesante sul foglio. “Inutili” Secondo tratto con la stessa intensità del primo “Idiozie” Terzo tratto sovrapposto ai due precedenti di uguale intensità, che provocò uno strappo sul foglio andando a segnare irreparabilmente anche quello sottostante. “Al diavolo” rispose la nuotatrice stizzita.

“Capisco…” mormorò Heles timorosa di pronunciare anche solamente una parola in più o fuori posto che potesse far esplodere la compagna in un attacco di isterismo acuto. Manco fosse in meno pausa, le due brune del gruppo che guardavano entrambe, spostando lo sguardo da una all’altra più volte.

 

Quella sera cenarono verso le otto quando la temperatura iniziò man mano a farsi più fresca e fu più sopportabile il calore dei raggi del sole, avevano portato un piccolo fornello elettrico alimentato da un generatore facilmente trasportabile in campeggio e dall’ampia potenza, al quale potevano anche attaccare i cellulari di giorno per farli ricaricare. La violinista man mano che scendeva l’oscurità della sera si era fatta man mano sempre più silenziosa, complice la preoccupazione per ciò che poteva significare il comportamento di Kazeshi scoperto qualche ora prima nella boscaglia. Non aveva per niente voglia di parlarne e sapeva che prima o poi la sua compagna l’avrebbe messa a ferro e fuoco, glielo leggeva negli occhi mentre cenavano, a lei non riusciva proprio a mentire, era questa la fregatura. Sospirò rumorosamente mentre dava quelli che molto probabilmente sarebbero stati gli ultimi biberon di latte a Umiko, vista l’età che aveva raggiunto circa l’anno e qualche mese in quella giornata, lo stesso si poteva dire del fratello, che però le provocava una strana sensazione. Non era un segnale di allarme ne tanto meno uno di allerta, ma il suo istinto le diceva di prestargli molta attenzione. Della sua cena invece si limitò a ingerire qualche boccone tanto per non dare troppo nell’occhio, altrimenti le sue compagne si sarebbero allarmate, e viste le occhiate che le rivolgevano ogni tanto non era decisamente una buona idea. Proprio per niente.

Erano già le nove e mezza quando terminarono di mettere a posto il tutto nella tenda in più, molto più piccola delle altre che aveva il ruolo di custodire le vivande al riparo dall’attacco di qualche animale o insetto, senza escludere la pioggia che poteva scatenarsi da un momento all’altro, decise quindi che la cosa migliore sarebbe stata mettersi a dormire presto in modo tale da evitare tutta la tempesta di domande che sicuramente la guerriera di Urano le avrebbe posto su quel pomeriggio. Emerse dalla tenda con i pantaloncini del pigiama e una canotta di seta.

“Ragazze scusatemi ma sono un po’ stanca, e credo che la cosa migliore sia andarmene a dormire” disse alle altre.

“Sei sicura di stare bene?” chiese la custode del Tempo preoccupata da quell’improvviso cambio di umore avvenuto nell’amica dal termine delle ricerche del bambino, cambio di umore accentuato ancor di più dalla chiamata che lei stessa aveva fatto alla madre per chiedere spiegazioni alla madre.

“Si davvero…non preoccupatevi sto benissimo” mentii lei, dal punto di vista psicologico si sentiva veramente uno straccio, ma dopo tutto visto che da quello fisico stava bene non era poi una risposta non veritiera no?

“Puoi venire un attimo?” le chiese Heles ben decisa a farsi dire tutto fino all’ultima goccia, al costo di far scoppiare una litigata. Perché ne era sicura, il malumore della guerriera di Nettuno non era provocato solamente dalla discussione avuta con la madre, perché mai poi? Avevano passato cinque anni ignorandosi completamente, non avrebbe avuto senso prendersela così tanto per una svista del genere. Decisamente no, le cose non quadravano.

“E’ urgente? Sono davvero stanca” mormorò lei ignorando il fatto che l’altra la fissasse dritto negli occhi.

“Si è urgente, ma prometto che facciamo presto, così poi puoi dormire quanto vuoi” le sorrise, e come avrebbe potuto resistere a quel sorriso perfetto, coronato da denti bianchissimi? Avrebbe proferito bruciare viva.

“Come vuoi..”

A quelle parole la guerriera di Urano le fece cenno di seguirla ed entrò nel bosco penetrandolo di tre o quattro file d’alberi in modo da essere abbastanza lontani dalle altre due per non farsi sentire, la ragazza dagli occhi blu si sentiva decisamente a disagio anche se la luce della radura e delle tende era ben visibile da dov’erano. Quel bosco non le piaceva, si appoggiò a un grosso tronco d’albero con la schiena, un piede contro la corteccia e le braccia incrociate sotto il seno.

“Cosa devi dirmi?” sussurrò guardando la bionda davanti a se.

“Mi spieghi che cosa ti prende? Sei diversa… Stamattina eri più…come posso dire…più allegra” le rispose la motociclista  senza celare l’apprensione.

“Non ho niente Hel veramente…non è successo veramente nulla… sarà per il mezzo litigio di mia madre” in fondo poteva essere una scusa plausibile no?

“Non dire cazzate Michi, non è la prima volta che litighi con i tuoi genitori e non sei mai stata così di malumore per tutto il resto della giornata, e poi eri così fin da prima della telefonata” rispose l’altra.

“Ti giuro che non è successo nulla”

“Altra cazzata, allora vuoi dirmi cosa è successo nella foresta con Kazeshi si o no?” rispose lei appoggiando le mani ai lati della testa dell’altra sulla corteccia ruvida, la stava decisamente sovrastando. Sentiva il suo fiato pochi centimetri al di sotto del suo viso.

“Heles ti prego non ne voglio parlare, è così difficile da capire?” si stava iniziando a innervosire, perché insisteva così tanto? Cosa le stava succedendo. Era tremendamente egoistico da parte sua non metterla al corrente delle inclinazioni del loro bambino, però… era troppo innaturale per poterci credere, e lei era troppo scossa per ammetterlo anche solo con se stessa.

“Allora vedi che è successo qualcosa?uh?” un ghigno sul volto “Ti sei fregata da sola”

“A Kazeshi piace giocare con i cadaveri… aveva tante di quelle carcasse intorno…era sporco di sangue…e e ci giocava… aveva non so quanti pezzi di animali in mano…ne creava di nuovi… e… e” si bloccò agitata.

“Si ma adesso calmati… qualche soluzione ci sarà sicuramente no?” mormorò cercando di capire quale potesse essere quella soluzione, facendo però un buco nell’acqua.

“E quale? Poi non so se voi l’avete avvertita, ma… c’era anche un’energia negativa piuttosto forte nel punto in cui era… si insomma non vorrei che... lui possa essere il nostro nemico” esclamò dopo qualche istante “non lo sopporterei”

“O Michi ora non piangere eh! Non c’è ne alcun bisogno, quando torniamo a Tokyo parliamo con Bunny e Akane e troviamo una soluzione a sta faccenda”

 

***

Ceyris camminava poco più avanti dei suoi tre compagni di squadra, erano in un piccolo bosco alla ricerca della loro cena, certo non sarebbe stata come quella di poche sere prima quando lei e Aereon avevano messo a tacere per sempre una famiglia intera. Ma Meinir si era infuriato per i loro gesti da sconsiderati, ragion per cui almeno per quella notte avrebbero dovuto accontentarsi di animali. Il quartetto si muoveva con una leggerezza innaturale, quasi fosse una brezza mattutina che rinfresca senza apportar danni, ma loro di guai ne portavano e anche tanti.

“Che strazio Cey ma non possiamo dirigerci verso quell’abitazione di esseri umani che abbiamo visto mentre venivamo qui? Dava l’aria di essere un covo saporito” sibilò Kirabo. Fu una questione di secondi e si ritrovò contro un albero, gli artigli della donna conficcati nelle spalle che lo tenevano fermo mentre lei avvicinava il viso con i denti scoperti a quello di lui.

“Forse non mi sono spiegata bene prima. In assenza di Meinir dovete portare rispetto alla sottoscritta, e farmi riprendere da lui perché voi dovete fare i ragazzini viziati a tavola non ci penso neanche. Quindi se non vuoi che vada a finir male taci capito?” gli ringhiò contro mentre i suoi occhi color rubino modificavano la forma della sua pupilla per farli sembrare simili a quelli di un gatto.

“Ok Cey però siamo proprio permalose stasera” mormorò lui sorridendo nel buio, ottenendo un ringhio soffocato dalla compagna di squadra, mentre Aereon e l’altro membro maschile del gruppo osservavano la scena senza battere ciglio.

Pochi minuti più tardi la marcia delle quattro figure demoniache si rimise in moto, di animali in quella foresta sembra non ce ne fossero, sembrava completamente disabitata, eppure di notte gli alberi divengono un riparo per numerose specie, sia di mammiferi che di uccelli.

Ad un certo punto alle orecchie dei quattro giunsero due risate umane, che fecero accrescere la fame che sentivano ormai da un giorno attanagliare le loro viscere, quelle persone così ignare del pericolo in quello spazio illuminato dalla luna e dalle luci create da loro erano un invito a banchetto fin troppo invitante, per non parlare poi dei bambini  che sembravano essere in compagnia delle due, che costituivano un pasto veramente succulento. Anche Ceyris si ritrovò a tentennare, non sapeva se disubbidire agli ordini di Meinir oppure fregarsene e non farsi sfuggire un banchetto di quella portata, in effetti avrebbero potuto non mangiare per almeno una settimana.

“Cey, ce ne sono altre due negli alberi, sento sei odori diversi” mormorò la sua compagna di squadra“Non so se anche tu riesci a distinguerli ma io li sento”

“Si lo so, sono tra gli alberi dall’altra parte della radura”

“Che facciamo?” chiese Kirabo con gli occhi eccitati dalla cena imminente.

“Gli ordini sono ordini, è anche vero che qui sarà difficile che i corpi vengano ritrovati quindi…” rispose.

 

***

Sidia aveva appena finito di leggere ciascun articolo dei due giornali che si erano portate in campeggio, i due bambini giocavano poco distante da lei nella piscina gonfiabile che un tempo era stata di Ottavia senza acqua, specialmente Umiko era entusiasta di quei giochi appartenenti alla sorella maggiore.

“Sidia…” sussurrò Ottavia improvvisamente in guardia “Mi sa che abbiamo ospiti, sento dei focolari di energia negativa” dopo si spostò vicino ai bambini pronta a richiamare la sua falce di Saturno.

“Vado a chiamare quelle due che secondo me la dietro staranno facendo i fuochi d’artificio” le disse la Guerriera di Plutone.

“No Sidia ferma credo che ce ne sono due anche dietro di noi oltre che davanti” mormorò la ragazza con i sensi all’erta più che mai.

***

“O Michi ora non piangere eh! Non c’è ne alcun bisogno, quando torniamo a Tokyo parliamo con Bunny e Akane e troviamo una soluzione a sta faccenda” sbottò seccata Heles, piangere non aveva nessun senso. “Andiamo dalle altre dai” disse pochi istanti dopo, staccandosi dal tronco d’albero in modo da liberarla dalla prigione che le aveva eretto attorno al suo corpo, movimento che fu bloccato dalla violinista che ad un certo punto si era irrigidita.

“Aspetta, avverto nuovamente l’energia negativa di oggi, non è uguale ma è molto simile” disse la Guerriera di nettuno costringendola a mantenere la posizione in cui era, in lei stava maturando una sensazione di terrore mai provata prima, le sembrava di essere un topolino con davanti un gatto, in trappola e senza via d’uscita. Si era il paragone giusto, poco lontano dietro di loro si sentì un veloce fruscio, segno che quegli animali, o quelle nuove essenze malefiche si stavano avvicinando sempre più. I suoi occhi spaventati incrociarono quelli all’erta della compagna, che non sembrava provare terrore per le creature che si muovevano furtive senza fare quasi alcun minimo rumore intorno a loro. Non avevano neanche le formule a portata di mano, erano tutte nella tenda che in quel momento era veramente troppo lontana, non sapevano cosa li osservava dalla coltre d’alberi e di conseguenza neanche quanto veloce potesse essere quella cosa sconosciuta. Il cuore le batteva a mille, e non riusciva a darsi una calmata, la mente fredda, calcolatrice e non emotiva che l’aveva sempre contraddistinta dove era finita?

“Heles i bambini…” mormorò

“Ci sono Ottavia e Sidia con loro, sono in buone mani, loro almeno possono difendersi perché hanno le lip road a portata di mano” era nervosa, non sapere che muso avesse l’animale che le aveva scambiate per un pasto succulento era una cosa snervante. E anche molto.

Poi fu un attimo, le quattro presenze si mossero come era loro abitudine nello stesso millesimo di secondo per stringere la trappola a ciò che avevano deciso doveva essere la loro cena per quella notte, la guerriera di Nettuno vide solo due occhi rossi che sembravano umani ma che allo stesso tempo avevano un qualcosa di diabolico e terrificante. Chiuse gli occhi pronta a essere cancellata dalla faccia della terra grazie a quella strana creatura.

Tre millesimi di secondo dopo che iniziò l’attacco una luce bianca e accecante al pari di quella del sole si alzò dalla radura, era un’energia fredda, che non emanava calore ma che sembrava tuttavia potentissima, e soprattutto nuova e allo stesso tempo familiare. Dopo un paio di minuti, quella misteriosa quanto improvvisa luce si affievolì poco a poco, facendo piombare la radura nella sua naturale oscurità notturna, dell’energia negativa avvertita fino a pochi istanti prima neanche l’ombra. Il cuore di Milena che lentamente diminuiva di battito, ritornando alle condizioni normali. Cos’era stato a sprigionare tutta quell’energia positiva?

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Capitolo 4
*** Rientro Anticipato ***


Note dell'Autrice: Alla fine dello scorso capitolo qualcuna aveva ipotizzato la natura della luce che aveva cacciato i demoni dalla radura, qualcuna ci ha azzeccato. Mentre questa è la foto di Artù trovata su internet. Come vedrete i misteri aumentano, ci sarà una fugace e nuova comparsa in questo capitolo, chissà chi sarà? Buona Lettura. Ora passo a rispondere alle recensioni. Inoltre per chi segue l'altra mia long, non sono sparita solamente sarà la terza volta che scrivo il capitolo e non mi soddisfa mai -.-" 

4^Capitolo: Rientro Anticipato

Gli istanti immediatamente seguenti alla luce misteriosa furono caratterizzati da un silenzio quasi surreale, tutte e due non avevano il coraggio di muovere un muscolo, non sapevano in effetti se era prudente nel caso che quelle presenze misteriose si fossero nascoste. Poco lontano da loro si sentivano i movimenti delle loro due amiche.

“Non è possibile” gli occhi viola scuro della guerriera di Saturno fissavano la piscina gonfiabile ai suoi piedi, le sue pupille si fissarono su due paia di piedi intrecciati, ma non era quello il problema, il reale motivo del suo sgomento era che appartenevano a due persone ben più grandi di un anno e sei mesi. La sua bocca si aprì in un espressione stupefatta.

“Be allora? Che hai da guardare si può sapere?” la voce arrogante di un ragazzino la riportò alla realtà.

“No niente è solo che…” la loro crescita aveva subito un incremento veloce, ma causato da cosa? Per quanto la riguardava, la sua crescita era stata causata da Galaxia in persona cinque anni prima, ma loro? Come cavolo poteva essere che erano cresciuti così.

“Sono un essere umano esattamente come te, cos’è non hai mai visto un ragazzo mezzo nudo?” la incalzò lui sorridendo in modo beffardo, i capelli mossi e un po’ scompigliati che gli incorniciavano il viso. Lo sguardo di Ottavia si posò sulla ragazzina accanto a lui, o meglio sotto di lui incastrata a pancia sotto e con il fratello comodamente seduto sulla schiena.

“Uhm…forse sarà il caso che tu ti sposta, tua sorella credo che non sia molto contenta della sua posizione” fu l’unica cosa che riuscì a dire al fratello.

“HELES, MILENA VENITE UN PO’ QUI” urlò Sidia, sorpresa da quei “nipotini” cresciuti in fretta almeno quanto la sua nipote prediletta.

Nel bosco a sentire quell’urlo a dir poco disumano e decisamente isterico le due temettero il peggio, cosa aveva da urlare in quel modo? Rompendo quel silenzio che si era venuto a creare.

“Io l’ho sempre detto che quella ha bisogno di un uomo, troppo isterica. L’aiuterebbe sicuramente a calmarsi credimi, un pò di ginnastica a letto non le farebbe affatto male” sbottò Heles  avviandosi verso la radura, provocando un’espressione esasperata sul volto della pittrice che tuttavia si limitò a seguirla senza ribattere. Arrivate sul prato, spuntarono dagli alberi proprio dietro alla Custode del Tempo che si ritrovò a fare un salto, non essendosi ancora totalmente rilassata dagli eventi avvenuti poco prima.

“I bambini?” chiese preoccupata Milena, senza porre attenzione alle altre persone presenti sul prato poco lontano da loro.

“Ehm mamma…” il discorso tra lei e la bruna fu interrotto da una voce alle sue orecchie sconosciuta, la violinista voltò leggermente la testa per dare modo ai suoi occhi di posarsi sulla figura di una ragazzina di circa quindici anni dai capelli di un blu cupo dritti come spaghetti e dagli occhi identici ai suoi, solamente viola. Il fisico minuto e i lineamenti assolutamente perfetti.

“Umiko???” mormorò lei stupita, mentre la sua vista periferica registrò un’altra presenza a fianco della figlia,  che si rivelò essere Kazeshi. Dimostrava di avere la medesima età di lei, era solamente poco più alto di sua sorella e anche della madre, ma rimaneva comunque più basso del “padre”. Il fisico complessivo era piuttosto robusto e nonostante la giovane età aveva delle spalle piuttosto ampie.

“A quanto pare” sorrise la ragazzina.

“Senti un po’, signorino saresti così gentile da illuminare me e tua madre su ciò che stavi facendo nel bosco?” intervenne all’improvviso Heles ben decisa a sapere il più possibile su quel macabro passatempo.

“Non era niente d’importante, e poi non vedo cosa ve ne possa fregare a voi non stavo mica ammazzando qualcuno no?” rispose con il medesimo tono strafottente con il quale si era rivolto alla guerriera della Distruzione.

“O bè certamente, perché sai costruire nuovi animali con pezzi di cadaveri e il passatempo più comune sulla faccia della terra.” Ribatté la bionda sprezzante iniziando a innervosirsi per quel piccolo insolente che fino ad un’ora prima era un tenero poppante. Oddio, tenero neanche tanto, visti tutti i pannolini che sporcava con ciò che produceva, neanche fosse una discarica abusiva. Le sue parole furono accolte da un silenzio glaciale da parte del figlio, quasi rimbalzassero su un muro di gomma.

“Non mi sembra il caso di litigare ragazzi, sarebbe forse il caso di andare a dormire” cercò di mediare Milena.

“No è il caso di fare rientro a Tokyo, in modo tale da far chiarezza su tutti questi avvenimenti, ora smonto le tende e torniamo a casa” sbottò Heles, senza staccare il suo sguardo carico d’ira dalle pupille del figlio, due sguardi dal medesimo colore, ma in quel momento diversi più di qualsiasi altra cosa intorno a loro.

“Sono le undici di sera Hel,non c’è nessuna fretta” disse Sidia, le sembrava talmente tutto affrettato, avrebbero potuto formulare delle ipotesi anche li a contatto con la natura, rientrare a quell’ora era totalmente inutile: non potevano mica sbattere giù dal letto Akane e Bunny. Quindi prima di domani mattina non sarebbero giunte a niente, conscia che la sua opposizione non avrebbe comunque fatto cambiare idea alla bionda.

 

Un’ora più tardi erano in macchina, dietro erano in quattro e il silenzio pervadeva l’abitacolo, le quattro guerriere ripensavano di continuo a quell’esplosione di energia alla quale avevano assistito.

“Umiko senti, ma la luce che ha pervaso la radura è opera tua?” si decise a chiedere la guerriera di Nettuno, fissandola attraverso lo specchietto retrovisore mentre nascondeva dietro alla mano un grande sbadiglio.

“Non lo so mamma, vedi io ero piccola, e un attimo dopo invece ero grande non so se sono stata io… non è ho la minima idea, e non so se ne sarei in grado” rispose la ragazzina. “Dici che avrei potuto?” chiese dopo pochi istanti.

“Be non saresti la prima in effetti, cinque anni fa a me successe la stessa identica cosa, solo che nel mio caso dopo qualche mese scoprimmo che la mia crescita improvvisa fu causata da un fattore esterno molto potente” intervenne Ottavia mentre guardava la strada al di fuori del finestrino.

“Che fattore esterno?” intervenne Kazeshi, sinceramente interessato a qualsiasi cosa che potesse essere una fonte di energia di qualunque tipo.

“Galaxia, la guerriera custode della Via Lattea, corrotta da Caos che minacciò la Terra poco più di quattro anni fa” spiegò la bruna, ottenendo il silenzio da parte del ragazzino, che a quanto sembrava non sprecava più parole del necessario nei discorsi. “Tornando a te Umiko, non vedo quale sia la causa che ha provocato la vostra crescita repentina”

 

***

In una radura dall’erba bianca e dall’atmosfera ovattata, sospesa in qualche limbo dimensionale sconosciuto, faceva bella mostra un altare di marmo bianco che luccicava  sotto i raggi tiepidi e azzurrini di una stella non troppo lontana. Seduta ai piedi dell’altare una figura femminile dalla carnagione diafana, quasi trasparente aveva gli occhi chiusi e sembrava essere immersa in qualche sconosciuta meditazione, intorno a lei il suo vestito disegnava un cerchio quasi perfetto sul quale i suoi capelli lilla erano liberi di adagiarsi interrompendo quella monotonia con lunghi ciuffi di colore. Tra le mani uno strano medaglione.

Aspettava una presenza, colui che era custode di Illusion, il bel destriero bianco che più volte aveva visto in passato dopo che aveva fatto ritorno nella dimensione a cui era destinato, alla fine della guerra contro Nehellenia. Aveva lasciato il suo regno svariati mesi prima alla ricerca della custode delle Galassie senza ottenere risultati, era in effetti come cercare un ago in un pagliaio. I pensieri della donna furono interrotti da una luce improvvisa seguita da un nitrito piuttosto forte e dalla comparsa del cavallo che stava aspettando.

“Helios, porti nuove notizie?” chiese, spalancando i suoi occhi color rosa per fissare l’animale dal corno dorato.

“No, non sono riuscita a trovarla e per me è tempo di fare la mia comparsa sulla Terra” rispose lui.

“A proposito di questo, oggi si sono risvegliati. Devi portarli qui il prima possibile” disse la donna sistemandosi una ciocca di capelli dietro la schiena, quella era una questione di massima importanza. “L’equilibrio si sta già lievemente incrinando Helios, non so quanto impiegherà per rompersi ma non possiamo rischiare aspettando tanto”concluse.

“Vedrò cosa potrò fare, ma non sarà facile da quanto ho capito… da ciò che mi ha raccontato la figlia di Neo Queen Serenity ci sono degli attriti da svariati mesi” spiegò lui mentre apriva le ali “Tuttavia farò veramente il possibile, sono perfettamente conscio che sia una corsa contro il tempo”

“Sapere che darai il massimo mi fa stare già molto tranquilla, conviene che tu vada”

“Ci vediamo appena posso” rispose lui per poi sparire in un bagliore accecante diretto sul pianeta Terra, e soprattutto diretto ad abbracciare la sua Chibiusa, nella speranza che lei lo perdonasse, si era fatto nuovamente avanti nei suoi sogni qualche giorno terrestre prima, ma da Natale non si era più fatto sentire e non sapeva quale sarebbe stata la reazione della ragazza.

 

***

Nella struttura violacea sospesa in cielo avevano fatto la loro comparsa le quattro figure demoniache, i mantelli strappati e qualche taglio sul viso, gli occhi ancora rossi e affamati. Ceyris si interrogava ormai da qualche minuto sull’energia che li aveva allontanati in quel modo dalla radura e da quelle sei persone, era un’energia fortissima ma che stranamente aveva fatto brillare il cristallo, aveva sentito il suo calore sotto al mantello, e quello significava solamente una cosa: che in quella radura si erano trovati vicini al Ricettacolo che stavano cercando, più di quanto non lo fossero stati nel loro pellegrinare in quel schifoso pianeta Terra.

“Che è successo?” la voce fredda, dura di Meinir la riportò alla realtà come una doccia fredda, nella sua voce si sentiva una forte rabbia, ma quella voce, con quel tono, era estremamente sensuale.

“Abbiamo trovato il Ricettacolo mio signore” rispose lei con il suo sguardo fiero puntato davanti a se.

“Dove? “ ringhiò lui sul suo viso.

“Non lo sappiamo..”

“Cos’è? Mi stai prendendo per il culo eh?!!?” l’uomo scoprì i suoi denti acuminati.

“No e che eravamo in una raduna a cacciare, c’erano sei umani e all’improvviso si è alzata una luce, e io avevo il cristallo con me sotto al mantello e l’ho sentito attivarsi, ma non sappiamo quale sia di quelle sei persone il ricettacolo e non sappiamo neanche dove sia, dove abiti”

“Vedete di trovarlo il più velocemente possibile, il Tiranno inizia ad innervosirsi, e io sto perdendo seriamente la pazienza, fate un casino dopo l’altro anche se devo ammettere che questo ennesimo problema ha portato a qualcosa” sibilò “Domani vengo anche io, questa sera mi sono dovuto occupare di altre questioni”

“Che questioni?”

“Non ti devono riguardare, quando il Ricettacolo sarà al suo posto lo scopriremo tutti.. ora levati dai piedi” concluse voltandosi con il mantello  che seguiva i suoi movimenti alle sue spalle.

“Come desidera mio signore” detto questo la donna scomparve nel nulla per riapparire in quella che era la sua stanza all’interno del castello, dall’arredamento essenziale ridotto al minimo necessario: un letto, e una scrivania sul quale c’erano tutti i fogli che aveva compilato in quei mesi per le sue ricerche, tutte andate miseramente a vuoto. Frutto del tentativo di farsi notare da Meinir che non la considerava più che la sua immediata sottoposta. E basta.

 

***

La temperatura in casa Outer era al di la di quella sopportabile, appena aprirono la porta d’ingresso videro due occhi azzurri puntati sulla porta con fare molto sospettoso.

“Ma che caldo fa?” esclamò Sidia la prima ad entrare in casa mentre allungava la mano nel buio alla ricerca della presa della corrente, dopo qualche istante la luce illuminò la sala, a vedere una delle padrone di casa Artù saltò giù dalla spalliera del divano dove era sdraiato e si avvicinò alla guerriera di Plutone facendole una sorta di fusa di benvenuto.

“Sidia che succede?” sussurrò alle spalle della donna Heles, era quasi l’una di notte e non le sembrava proprio il caso di rimanere nel pianerottolo con i bagagli e il resto.

“Niente Artù ci sta dando il benvenuto a modo suo”

“E cazzo però, levati dall’ingresso!” sbottò innervosita la bionda.

“HELES!!” la riprese in un sussurro Milena stizzita dall’espressione usata dalla motociclista.

Quando Milena entrò nella sala vide Umiko appoggiata con le braccia conserte contro il divano, nello stesso punto esatto ove era seduta quella stessa mattina con il gatto che la usava alla mercé di un cuscino, Ottavia e Kazeshi fecero il loro ingresso poco dopo della violinista e il gatto che si stava strusciando beatamente sulle gambe della Custode del Tempo alla vista del ragazzino si esibì in una trasformazione nel giro di un millesimo di secondo: schiena inarcata, coda dritta e pelo gonfio prima di iniziare a soffiare contro di lui incattivito.

“Stupido animale” mormorò lui ignorando quello strano comportamento che Artù non aveva mai avuto con nessuno, prima che il gatto si dirigesse verso la camera di Milena per acciambellarsi sulla poltroncina di fronte al letto. “Dove dovrei dormire scusate?” sbottò dopo qualche secondo facendo salire i nervi alla guerriera di Urano, mai possibile che lei era così irritante nei suoi modi strafottenti come suo figlio? No non era possibile, altrimenti non si capacitava di come la sua compagna riuscisse a non spaccarle il muso.

“In camera tua e di tua sorella, quella che fino a poco tempo fa era la camera degli ospiti, ci sono due letti dentro” rispose la violinista.

“Io con quella non ci dormo” rispose lui facendo un cenno ad Umiko.

“E di grazia quale sarebbe la causa di questo tuo rifiuto?” chiese la motociclista, con i nervi a fior di pelle sentendo dopo qualche istante la mano di Milena sulla spalla, quasi ad intimarle di mantenere la calma.

“Semplice è una femmina”

“Papà io ho un posto in camera mia, Umiko può dormire con me non vi è nessun problema” si intromise Ottavia in modo tale da non sedare sul nascere ciò che si sarebbe rivelata una grossa litigata tra “padre” e figlio. “Se per Umiko va bene intendo” aggiunse dopo qualche istante guardando la sorella.

“Si per me non vi è nessun problema”

“Ok allora va bene così ma…” si mise sotto di muso al figlio poco più basso di lei “ Che questa storia finisca qui perché mi hai già rotto le palle con il tuo atteggiamento”

“Amore… forse è il caso di andare a dormire, siamo tutte stanche e provate dagli avvenimenti di oggi, per quello che c'è così tanto nervosismo nell'aria.” mormorò Milena, ottenendo solamente un borbottio dall’altra che si diresse in camera loro a prepararsi.

“Buona notte ragazze” disse Sidia prima di avviarsi verso la sua stanza.

Arrivata in camera la pittrice trovò la compagnia già con il pigiama addosso e non poté non trattenere un sonoro sbadiglio, mentre una questione di massima importanza prese il soppravvento nei suoi pensieri, da li a quattro giorni avrebbe dato il concerto che avrebbe sancito il suo ritorno sui palcoscenici dopo nove mesi di innatività e si era totalmente scordata di chiedere alla bionda  di entrarne a far parte con il pianoforte, e soprattutto, si era scordata di chiedere a Ottavia che - ormai diplomata-  poteva iniziare a isibirsi sul palcoscenico come una musicista professionista, appena giunta in camera quindi fece dietro front ignorando l’altra che le chiedeva cosa le fosse preso, e si diresse verso la stanza di sua figlia. Arrivata davanti alla porta busso chiedendo il permesso per entrare.

“Si mamma entra pure”

Umiko era già sotto le coperte a pancia in giù che leggeva un giornale della sorella, mentre Ottavia stava finendo di prepararsi per andare a dormire.

“Ottavia senti, hai programmi per Martedì sera?” chiese lei.

“Non ancora perché? Tu non hai il concerto?” chiese lei incuriosita.

“E’ proprio di questo che ti voglio parlare, mi chiedevo se vuoi farmi d’accompagnamento con il flauto traverso o con l’ottavino, Heles sarà al piano, non gliel’ho ancora chiesto ma sicuramente avrò risposta positiva, che ne dici?” chiese, godendosi l’espressione sorpresa che si dipingeva sul volto della bruna al sentire quelle parole.

“Cioè tu mi stai chiedendo di dare il mio primo concerto con te?”  non ci poteva quasi credere, e soprattutto non si sentiva decisamente all’altezza di ciò che la sua mamma adottiva le stava chiedendo. Era un’ottima occasione per farsi conoscere sul panorama musicale, tuttavia però… sarebbe stata in grado di non deludere le aspettative? E se rovinava il concerto della violinista? “Mamma non so se sia il caso, metti che ti rovino il concerto? No davvero non ne sono in grado” a sentire quelle parole la guerriera di Nettuno poggiò le mani sulle spalle della ragazza e si abbasso lievemente per guardarla negli occhi.

“Ottavia stammi bene a sentire, se ti ho chiesto di suonare con me è perché sono perfettamente cosciente delle tue qualità e so con certezza che non mi deluderai ok?”  sorrise dolcemente “ Lo prendo per un si” detto questo si avviò verso la sua camera ben decisa a dormire, lasciando la Guerriera di Saturno inebetita davanti alla porta chiusa della sua camera. Era incredibile. Al solo pensiero di quel concerto si sentiva agitata, e per poco non sentiva salirle il mal di pancia.

“Tua mamma è matta” mormorò alla sorella.

“Mia? Nostra semmai!” esclamò Umiko soffocando una risata  nel cuscino.

Nel frattempo la ragazza dai capelli verde acqua era giunta nella sua camera e dopo aver acceso il condizionatore impostandolo sui ventidue gradi si mise il pigiama e si infilò sotto le lenzuola.

“Sei sveglia?” sussurrò all’orecchio della compagna.

“Si, stavo pensando a ciò che è successo nel bosco…” mormorò l’altra girandosi per guardarla dritta negli occhi “Domani mattina la prima cosa da fare è chiamare Bunny e vedersi con lei per capire come muoversi, sicuramente quelle cose sconosciute che volevano farci fuori erano i nemici”disse “Tuttavia ora non ci voglio pensare, devo recuperare questi quasi quattro mesi che mi hai mandata in bianco, a causa del pancione e storie varie” esclamò con un sorriso divertito e allo stesso tempo malizioso mentre con un colpo di fianchi la sovrastava.

“Sei sempre la solita” mormorò prima di farsi cullare dalle emozioni  che le provocava l’altra nel sfiorare le corde più recondite della sua anima.

 

“Milena… mi fai il solletico” mormorò la bionda, adorava quando la violinista la coccolava in quel modo mentre lasciando una scia di baci delicati sulla sul suo viso. A giudicare dalla luce che sentiva arrivare dall’esterno anche se era a occhi chiusi erano circa le undici del mattino, sentiva il corpo della compagna beatamente sdraiato sopra il suo e il profumo di vaniglia dei suoi capelli verde acqua così simili al mare, mentre le disegnava sulle spalle dei piccoli cerchi con le unghie, perdendosi in quell’idilio. Quella scia di sensazioni roventi che solo l’altra sapeva donarle.

“Hel ma non sono io…a farti il solletico” la sentì mormorare appena sotto il suo mento, con la voce appena impastata dal sonno.

“Come non sei tu?” rispose lei, chi cavolo era allora a prendersi una simile libertà, concessa solamente a colei che stringeva tra le braccia. Aprì un occhio, e poi subito dopo l’altro, a pochi centimetri dal suo viso c’erano due fanali azzurri, di un azzurro chiaro ma intenso, tra i quali faceva capolino un muso che terminava con una nasino rosa. “COME TI PERMETTI DI LAVARMI LA FACCIA IN STO MODO ARTU’” disse con un tono molto simile ad un urlo, la violinista che soffocava una risata nel suo petto divertita, mentre l’animale rispondeva al tono stizzito di una delle sue strambe padrone con un soave miagolio innocente. “Allucinante sto animale mi prende per il culo” sbottò stizzita.

“Sarà il tuo fascino femminile” la prese in giro la violinista, spostando il gatto e sedendosi al suo fianco, beccandosi un’occhiataccia dalla bionda. “Sarà meglio alzarsi sono le undici passate, dobbiamo anche chiamare Bunny e Akane, e io devo chiamare il mio Manager per dare le ultime indicazioni sul concerto di Martedì. Suonerà anche Ottavia con noi”

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Capitolo 5
*** Il Debutto di Ottavia ***


5^Capitolo: Il debutto di Ottavia.

“Uhm, quindi se non ho capito male pensate che Umiko e Kazeshi siano come lo yin e lo yan?” disse Milena mentre ruotava la cannuccia nera e rossa del suo frappé alla fragola, adornato da delle foglie di menta e dal frutto rosso. Avevano chiamato Bunny la Domenica mattina stessa, ma solamente quel Martedì pomeriggio la bionda dai buffi codini e la sorella avevano trovato un po’ di tempo libero per incontrarsi. Si erano dati appuntamento in una pasticceria che d’estate produceva anche gelati e altri deliziosi dolci adatti a quella stagione. La loro principessa aveva scelto una coppa gelato dove svettavano due palline di variegato alla nutella, due di crema e due di cioccolato bianco. Akane si era accontentata di una brioche mentre Heles sorseggiava il suo adorato caffè, le guerriere di Ridel invece avevano preferito rimanere fuori dal locale, quasi fossero delle guardie del corpo, per intercettare in anticipo eventuali attacchi nemici.

“Si esattamente, il senso di quello che ho appena finito di dire è proprio quello” le rispose la ragazza dai capelli bianchi.

“E quindi? Cosa si può fare per evitare ciò?” intervenne la guerriera di Urano.

“Possiamo solo aspettare il corso degli eventi, di altro purtroppo non so. Non ho la minima idea, come del resto non l’avete voi, di ciò che vogliono i nemici…mi spiace ragazze” concluse Akane abbassando lo sguardo senza saper bene cosa dire.

“Non ti preoccupare…in fondo lo si sa da qualche mese che con la loro nascita si sarebbero susseguiti eventi del genere” la rassicurò la violinista mentre terminava quel poco della bevanda rimasta nel bicchiere, cercando di ridurre al minimo il rumore del risucchio, appena ebbe finito vedendo sullo schermo dell’orologio che si erano fatte già le cinque prese la borsa appoggiata al suo fianco sul divano del locale.  “Bunny puoi venire un momento?” chiese poi, doveva parlarle a quattro occhi perché sapeva che la compagna non avrebbe mai approvato ciò che stava per fare con la loro Principessa, onde evitare discussioni davanti a lei si vedeva quindi le mani totalmente legate.

“ehm si ok arrivo” mormorò lei seguendo l’amica verso l’uscita, senza capire il motivo di quella richiesta, arrivate all’ingresso poco lontano dalle compagne della gemella della Luna, la pittrice cercò qualcosa nella borsa, e ne tirò fuori una busta.

“Tieni, questa sera ho il concerto che sancisce il mio rientro sulle scene musicali, e suonerò accompagnata sia da Heles che da Ottavia, ci sono i biglietti per tutto il gruppo mi farebbe piacere se veniste tutte” spiegò la guerriera dei Mari fissando la strada prima di guardarla nuovamente in viso.

“Grazie, io Marzio e Chibiusa ci saremo sicuramente, Akane pure le altre chiedo…ma Heles lo sa?” chiese curiosa l’altra, nella speranza che anche la pianista avesse messo da parte l’orgoglio in vista della difficile battaglia che si profilava all’orizzonte.

“No Heles non lo sa, ma questo non è un problema me la vedo io con lei, ma non dire nulla ora che vai di la, se non di raggiungermi.. si è fatto tardi e dobbiamo prepararci per stasera” mormorò l’altra. Erano già le sei di sera.

“Ok come vuoi, grazie per l’invito”

“Di niente figurati” rispose lei, ripensando a ciò che Akane aveva detto loro: ovvero al fatto che i gemelli rappresentavano il bene e il male del mondo e come tale erano destinati a combattere contro di loro, fino alla prevalenza di uno dei due. Rimaneva dunque da scoprire il ruolo che i nemici avrebbero avuto in tutta quella situazione. Sospirò appena, mentre nel suo campo uditivo entrò il passo familiare della sua compagna.

“Andiamo?” la sentì chiedere alle sue spalle, prima di sentire il braccio della bionda sulle spalle “Che hai detto a Bunny? Era raggiante quando è tornata di la” chiese incuriosita mentre uscivano dal locale dirette alla loro macchina.

“Le ho dato i biglietti per il concerto di stasera, per tutto il gruppo quindi anche per Rea e le altre” rispose con un tono gelido, cercando in questo modo di sedare l’eventuale discussione sul nascere.

“Ma ti ha dato di volta al cervello? Dovremo pure avere l’ansia che quelle non sgozzino i bambini mentre suoniamo” esclamò indignata la motociclista.

“Suvvia Heles, sai benissimo che non ne sarebbero mai capaci! E comunque ormai le ho invitate quindi è anche inutile litigare” rispose sfoderando il suo miglior sorriso, ben sapendo che la persona al suo fianco non sarebbe riuscita a resisterle. L’altra si limitò a emettere un borbottio incomprensibile mentre apriva lo sportello della macchina. Quella sera sarebbe stata molto difficile per i suoi nervi. O se lo sarebbe stata.

 

Mezz’ora più tardi erano davanti all’ingresso del appartamento che condividevano con le altre, suonarono e attesero che andassero ad aprire, dopo qualche istante nel loro campo visivo comparve Sidia con i capelli tutti spettinati e fuori posto come non li avevano mai visti, lo sguardo assassino di chi era incavolata nera.

“Ora, prima di dire qualsiasi altra cosa andate a vedere la camera di vostro figlio per piacere” sibilò affannata contro di loro, la guerriera dei mari che alzava vistosamente il sopraciglio incredula, come se l’arrabbiatura della Custode del Tempo fosse qualcosa di incredibile, innaturale e proprio per questo da fissare bene nella mente. Quando mai la calma e riflessiva bruna aveva perso la pazienza in quel modo?

“Capisco la tua arrabbiatura ma se non togli il tuo brutto muso dall’ingresso, come potremmo entrare in casa?” le rispose Heles sarcastica. Voleva proprio vedere che cosa aveva combinato Kazeshi nella camera che fino a qualche giorno prima era degli ospiti. La violinista seguì la sua compagna verso la stanza degli ospiti, e trovò sulla porta della camera un foglio recante la scritta: “'Per me si va ne la città dolente,per me si va ne l'etterno dolore, per me si va tra la perduta gente.” Il legno che da rossiccio era divenuto nero. “Giuro su non so cosa che questa volta gli spacco la faccia” commentò la bionda con dietro la sua compagna che si chiedeva come avesse fatto suo figlio a colorare la porta senza farsi notare da nessuno. “KAZESHI APRI IMMEDIATAMENTE QUESTA PORTA” urlò la guerriera di Urano, bussando furiosamente. Dall’interno nessuna risposta, dopo qualche istante sentirono il rumore metallico della serratura, e subito dopo il ragazzino comparve nel buio della sua stanza che improvvisamente aveva i muri neri e sullo sfondo così scuro vi erano strane scritte in un linguaggio che poteva sembrare elfico o celtico. Sicuramente non si trattava di ideogrammi giapponesi. La figura del loro secondogenito in tutto quel buio aveva un non so che di inquietante.

“Mi spieghi cosa significa tutto questo?” sbottò la bionda alterata mentre la compagna era persa a vedere  la stanza: era quasi irriconoscibile anziché il bianco ora regnava il nero, la serranda era abbassata e da quel che poteva scorgere c’erano dei fogli neri appiccicati ai vetri per chiudere il passaggio a qualsiasi raggio di luce, unica fonte d’illuminazione una lampada rossa poggiata sul comodino.

“O come la fate lunga non mi piaceva la camera e l’ho cambiata non credo di aver fatto niente di male” sorrise beffardo nel buio.

 “E ti sembra normale non averci avvertite”

“Si perché non ho fatto nulla di male” rispose lui, a quella risposta la mano della motociclista schizzò in aria per infliggere un ceffone al ragazzino, ma fu prontamente bloccata da Milena. “Che ti prende anche a te?” chiese dunque alla guerriera di Nettuno, che tuttavia preferì non rispondere, ma che al contrario continuò a fissarla intensamente negli occhi, sperando che in qualche modo capisse come spesso succedeva tra loro. “Vedi di prepararti, tra quaranta minuti si esce e sarà bella cosa se non ci fai arrivare in ritardo al concerto, dato che è segna il debutto di tua sorella” sibilò Haruka, chiudendo poi la camera. Quando furono entrambe in camera loro a prepararsi, il silenzio regnava sovrano in quella stanza.“Perché mi hai bloccata prima?” si decise a chiedere mentre abbottonava i bottoni della camicia.

“Hai visto la stanza? O eri troppo impegnata a fare il lavaggio di capo a tuo figlio” chiese di rimando lei, mentre tirava fuori dall’armadio il vestito, di colore bianco molto semplice dalla gonna lunga che aveva come unico decoro un nastro nero che andava legato dietro la schiena all’altezza dei reni.

“Non ci ho fatto molto caso perché?” ottenne come risposta mentre l’altra si girava a guardarla.

“C’erano delle strane scritte opalescenti sui muri, scritte mai viste in una lingua sconosciuta” mormorò lei “Mi tiri su la cerniera per favore?”

“E cosa pensi che siano queste scritte?” il silenzio interrotto dal rumore della cerniera che si chiudeva.

“Non lo so, forse sarà il caso di parlarne con Akane quando abbiamo finito il concerto che dici?” la violinista si spostò davanti allo specchio per vedere come gestire il capelli per quella sera, optò alla fine per raccoglierne una parte lasciando gli altri di cadergli liberi sulle spalle.

“Bo vediamo ora credo sia utile concentrarsi sul concerto, credo che Ottavia sarà molto agitata” le sorrise attraverso lo specchio.

“Mm..temo che tu abbia ragione” rispose lei girandosi per darle un casto bacio sulle labbra.

“Io ho sempre ragione” le rispose a fior di labbra.

“Ma smettila!” la ribeccò dandole uno spintone sulla spalla per allontanarla da se, prima di andare a prendere il violino dalla scrivania accanto al portatile “Dai andiamo”.

Quando giunsero in sala Umiko era già presente, vestita graziosamente con un vestito rosa, e il giusto filo di trucco sugli occhi viola, al suo fianco c’era Ottavia che indossava un vestito rosso a piccoli puntini bianchi che stringeva tra le braccia la custodia del flauto traverso, stretta che tradì il suo nervosismo.

“Ottavia hai mangiato qualcosa?”

“Ho lo stomaco chiuso, e se dovessi stonare o perdermi per l’agitazione?” mormorò la bruna sollevando lo sguardo verso la violinista.

“Non accadrà, e non aiuta lo stomaco vuoto, te lo dico per esperienza dovresti cercare di mangiare qualcosa”  ben sapendo quanto fossero inutili le sue parole, si ricordava il suo primo concerto, era stato uno sfacelo dal punto di vista emotivo: appena finì di esibirsi corse in bagno a vomitare per l’estremo nervosismo. Mentre i suoi genitori incuranti della sua reazione emotiva parlavano con le maggiori autorità presenti. La guerriera di Saturno si limitò ad annuire senza non troppa convinzione. Da li a pochi minuti apparvero anche Sidia e Kazeshi.

“Sentite credo sia necessario che qualcuno di voi venga in moto con la sottoscritta, Milena è da escludersi per il vestito troppo lungo che andrebbe a finire bruciato nella marmitta” esclamò la guerriera di Urano.

“Papà vengo io, il mio vestito non è molto lungo riuscirò a gestirlo nel modo corretto” esclamò Umiko.

“Ok, allora vieni  tu… queste sono le chiavi e fate attenzione alla mia bambina” concluse la pianista dando le chiavi alla compagna.

“Si non ti preoccupare, sai benissimo che con me è in ottimi mani” rispose la pittrice prima di seguire le due ragazze imitata dalle altre persone nella stanza per dirigersi in garage.

 

Il Concerto si sarebbe svolto all’aperto nel giardino di un’antica villa ora sede di un club di carte, l’area verde si apriva davanti all’edificio su di una terrazza a picco sul mare. Durante l’estate a seconda del periodo era teatro di concerti, balletti classici e proiezioni cinematografiche, alle otto e mezza parte del pubblico riempiva le sedie davanti al palcoscenico sul quale spiccava un pianoforte a coda nero e lucido, e al suo fianco due sedie con due leggii davanti, posizionati li su insistenza dell’organizzatore di quella serie di eventi nella villa, il Manager della Kaioh sapeva fin troppo bene che la sua assistita avrebbe suonato in piedi come aveva sempre fatto.  Sul lato destro della struttura erano stati allestiti dei camerini provvisori per permettere agli artisti di cambiarsi e prepararsi a riparo da sguardi indiscreti.

“Mile non puoi annullare la mia presenza all’ultimo minuti? Non me la sento, sul serio” si lamentò la guerriera di Saturno mentre montava il flauto in metallo argentato, con il suono dello strumento ad arco della sua mamma adottiva nelle orecchie. Dopo una decina di minuti passati in assoluto silenzio la ragazza finì di accordare ogni singola nota. Mancavano solamente dieci minuti e poi sarebbero dovute salire sul palco.

“Ottavia non sarà diverso da un normale saggio della Muken sta tranquilla davvero!” mormorò lei, in tono rassicurante.

“Ma non ero con te sul palcoscenico!!” esclamò con un tono decisamente isterico la brunetta.

“O capirai come se fosse la prima volta che suoniamo insieme, ignora il pubblico e pensa solamente a me ed a Heles. Solo nei tre  e basta, vedrai che appena Hel attacca la prima nota ti isolerai e non vedrai più nulla che non siano le note e noi due”

“Se lo dici tu” mormorò la ragazza più piccola decidendo di ignorare il morso che sentiva allo stomaco. Avrebbe di gran lunga preferito guardare il concerto tra il pubblico piuttosto che farne parte.

“Signorina Kaioh” una voce maschile di una certa età si fece largo tra i camerini improvvisati, la ragazza la riconobbe come quella del suo manager. “Tra quattro minuti sul palco”

“D’accordo Amane andiamo subito” rispose lei. Preparandosi ad entrare nella parte della talentuosa violinista che la seguiva ormai da quindici anni, detto questo si avviò verso le scale che davano accesso al palcoscenico sul prato, nell’aria una leggera brezza che trasportava con se il profumo di fiori delle aiuole vicine. Ottavia dietro alla pittrice sentiva il cuore batterle all’impazzata per l’agitazione, anzi meglio dire per l’adrenalina che stava sentendo a causa dell’emozione che iniziava a salirle. Sperava con tutto il suo cuore che ciò che la sua mamma adottiva le aveva detto si fosse verificato, perché altrimenti avrebbe fatto veramente una figuraccia di quelle difficili da mandare giù, davanti a tanti esponenti del panorama musicale era sicuramente da evitare, quel concerto poteva rappresentare un buon trampolino di lancio. Fu riportata alla realtà dalla voce del Manager di colei che le stava davanti che diceva loro che potevano fare la loro comparsa sul palcoscenico. Come prevedibile appena entrarono si sollevò un fragoroso applauso, che cessò immediatamente appena tutte e tre assunsero le posizioni consone per suonare.  Dai Ottavia. O la va o la spacca. Pensò tra se e se, mentre con il flauto vicino alla bocca e le dita sui fori dello strumento argentato aspettava uno scambio di sguardi con la pianista segno che poteva iniziare a suonare. Sentiva le mani decisamente sudate, fin troppo per i suoi gusti. Poi il momento di soffiare la prima armonica nello strumento arrivò, e con lei tutto il resto sparì,proprio come le aveva detto Milena mentre suonava esistevano solamente lei, il flauto traverso e lo spartito. Nient’altro. L’agitazione iniziale con il progredire del concerto sfumo lasciando il posto alla tranquillità che da sempre la pervadeva quando suonava.

Era passata più di un’ora ed erano quasi alla fine del concerto, quando una sorta di inquietudine pervase sia la guerriera di Urano che la compagna, tanto da spingere quest’ultima ad aprire gli occhi e a sondare il pubblico alla ricerca di qualcosa che non rientrasse nella norma, tuttavia a prima vista non trovò nulla di suo interesse. Eppure quella strana sensazione non se ne andava, che fossero nuovamente quelle strane creature del bosco? Pensò mentre eseguiva l’ultimo accordo per quella sera. Appena si spensero le note dei tre strumenti il silenzio fu colmato dal pubblico che non perse un secondo per battere le mani, mentre la pittrice guardava a un lato del palcoscenico alla ricerca di uno dei tecnici che le doveva porgere un microfono e che apparve poco dopo. Dopo aver afferrato il microfono, ritornò al centro del palco tra le sue due compagne.

“Solo due parole, non voglio tediarvi con discorsi troppo lunghi e noiosi anche perché non sono il mio forte, solo un ringraziamento a ognuno di voi per essere qui presente. Chi ha già assistito a qualche mio concerto sa già in parte da chi sono stata accompagnata, per chi non è mai stato ad un mio concerto.. alla mia destra Heles Tenou al pianoforte, mentre alla mia sinistra avete avuto l’onore di sentire per la prima volta Ottavia Tomoe. Detto questo vi posso lasciare andare tranquillamente, sul programma della serata vi sono gli altri appuntamenti della stagione, e spero di ritrovarvi numerosi. Buona serata a tutti” disse prima di fare un ultimo inchino e dirigersi così con le altre dietro le quinte. Arrivate nel camerino mise a posto il suo amato violino così come la Guerriera di Saturno fece con il flauto.

“Signorina Kaioh, c’è una persona che chiede di parlarvi” il suo manager comparve da dietro la tenda “A proposito, volevo fare i complimenti a Tomoe”

“Grazie signore, molto gentile” mormorò la bruna con un lieve rossore sulle guance. Guardando interra per l’imbarazzo.

“Amane di chi si tratta?” chiese allora la violinista, con un moto d’inquietudine: la sensazione che aveva sentito sul finire del concerto ancora non si era assopita, anzi! Se possibile era aumentata ancora di più.

“Dice di conoscerla” mormorò l’uomo rendendosi conto di quanto fosse stupido a non aver chiesto il nome alla donna che gli aveva chiesto di vedere la sua assistita, poteva veramente essere chiunque.

“La faccia entrare” il manager sparì al di fuori della tenda e lo sentirono dire ad una donna che poteva entrare e parlare con la Kaioh. La donna che varcò la soglia pochi attimi dopo fece rimanere di stucco sia Ottavia che l’aveva vista per foto, che Heles. Sul volto della pittrice invece all’espressione di stupore si sostituì un’espressione carica di rabbia. “Cosa ci fai qui?” chiese.

“Ottavia vieni, raggiungiamo Sidia tra il pubblico” esclamò Heles intuendo che le due donne avevano bisogno di chiarirsi senza orecchie indiscrete intorno, la bruna annuì e la seguì con la custodia del suo strumento in una mano, rimasta sola con la madre Milena si limitò a fissarla con uno sguardo gelido e distaccato in attesa della risposta.

“Sono venuta a parlarti, visto che non riesco a rintracciarti sul telefono da Domenica pomeriggio” mormorò la donna, con una nota di tristezza nella voce.

“ Potevi risparmiarti le quattro ore di viaggio da Kyoto, non ti porteranno a niente.” Rispose in un sibilo.

“Sono venuta a parlarti, ho sbagliato a non dirti il motivo del divorzio, ho commesso un errore per non darti altri pensieri vista la maternità, io e tuo padre abbiamo divorziato poiché avevamo idee totalmente divergenti su di te. E per cercare di recuperare agli errori da me commessi quando eri piccola, ho preferito rinunciare al patrimonio dei Kaioh. Ti chiedo solamente perdono per tutto il male che ti ho inflitto in questi anni. Se non vuoi perdonarmi ti capirò” rispose tutto in un fiato Miku, quella rivelazione sorprese la ragazza che non sapendo bene cosa dire, preferì dedicarsi alla chiusura della custodia del violino, nel tentativo di recuperare le idee. Si sentiva male ad essere la causa della rottura dei suoi genitori, ma soprattutto per aver trattato così male sua madre l’ultima volta che l’aveva sentita, non se lo meritava.

“Scusami tu mamma” mormorò mordendosi un labbro per impedire alle lacrime di uscire mentre un boato improvviso risuonò nella radura spargendo polvere in ogni dove, fu un attimo e tutto sembrava essere avvolto dalla nebbia, una nebbia fatta di calce e altri materiali edili. “Rimani qui ok? Non ti muovere per nessun motivo al mondo” urlò alla madre mentre l’energia negativa aumentava, alle sue orecchie sentì arrivare l’eco delle trasformazioni del gruppo di Bunny e quello di Akane. Bene è il momento di tornare a combattere.

“Potere Cosmico di Nettuno vieni a me!”

Lo spettacolo che si mostrò agli occhi delle guerriere Sailor alla fine della trasformazione era al quanto desolante: la villa era stata distrutta per metà, da quella che poteva sembrare una meteorite gigantesca, davanti a loro si ergeva un mostro dalle sembianze animali, sembrava a prima vista un leone, aveva la criniera nera e gli occhi rossi ma il suo corpo anziché essere coperto di pelo era ricoperto di squame che luccicavano sinistramente sotto i raggi lunari, sulla schiena della fiera due ali di pipistrello, sulla sua fronte un simbolo celtico. Era enorme. Enorme e spaventosa. A cavallo della bestia una donna dalla pelle pallida e il mantello nero occhi rossi anch’ella. Aveva i capelli color rame e uno sguardo assassino.

“Ferma dove sei!” Sidia era comparsa poco distante dal mostro.

“Chi siete pulci?” ringhiò Ceyris.

“Sono la Guerriera dei Cambiamenti, colei che ha la protezione di Plutone pianeta dello spazio tempo, Sailor Pluto” rispose la bruna.

“La guerriera della Rinascita e della Distruzione, colei che ha la protezione di Saturno il pianeta del silenzio Sailor Saturn” continuò Ottavia.

“La guerriera dell’Abbraccio, colei che ha la protezione di Nettuno, il pianeta dei Mari Sailor Neptune”

“E infine, La guerriera dei venti, colei che ha la protezione di Urano pianeta dell’Aria, Sailor Uranus” concluse Heles.

“Mentre noi siamo le guerriere del Sistema solare Interno, e siamo venute qui per Punirti, In nome della Luna”.

La presentazione dell’intero gruppo ebbe come unico effetto quello di provocare una risata sincera in quella creatura misteriosa.

“E tu perdon, chi saresti?” chiese Heles accigliata.

“Ceyris, prima sottoposta dei quattro demoni oscuri” la sua figura era al quanto demoniaca in effetti, ma era di una bellezza fuori dal comune “Dato che devo fare delle ricerche vi lascio in compagnia del mio cucciolo, buon divertimento” detto questo scomparve, e la videro apparire dopo pochissimi secondi dall’altra parte della radura, in mano aveva uno strano cristallo viola. Il ruggito della bestia riportò velocemente le ragazze alla realtà.

“Corde floreali azione!” la prima ad attaccare fu Yumiko, alias Sailor Spring, dal terreno spuntarono delle corde di luce verde che andarono a legare il mostro bloccandolo al suolo, con grande sorpresa della ragazza però quella creatura iniziò a tirare vistosamente per cercare di liberarsi “Ragazze non riuscirò a tenerlo fermo per molto” esclamò, giusto qualche istante che il leone squamato sputasse un getto di fuoco dalle fauci, costringendole ad attaccare.

“ Rivoluzione di Giove azione!” i fulmini di Morea si abbatterono su di esso senza sortire alcun effetto, se non quello di farlo imbestialire ancora di più dandogli un motivo valido per compiere uno sforzo estremo liberandosi con un ruggito raccapricciante dalla prigione che la guerriera della Primavera aveva eretto attorno a lui. La sua coda si divise in più parti che iniziarono ad allungarsi contro le ragazze, giungendole ad incatenarle in pochi secondi.

“Maledizione!” esclamò Heles, avvolta come un salame “Bomba di Urano Azione” il colpo riuscì a far si che lei si liberasse, chiamò il talismano proprio nel momento esatto in cui Milena le piombava ansimante alle sue spalle per aver tentato più volte di scappare ai tentacoli, fu imitata anche dalla guerriera dei Mari che richiamò il suo.

“Riflesso di Nettuno Azione!” dallo specchio si liberò una sorta di polvere color acqua marina che andò a posarsi sul mostro, scomparendo al contatto con esso per qualche istante prima di rivelare il suo punto debole: il simbolo celtico che aveva sul cranio.

“Cosmica tempesta infuocata di Marte Azione!” una pioggia di fiamme si abbatté sul nemico. “Sailor Moon tocca a te” esclamò la guerriera di Marte.

 

***

Poco lontano dalla battaglia, Ceyris era alle prese con il cristallo che aveva iniziato nuovamente a brillare, mentre le persone presenti terrorizzate erano bloccate al suolo per opera sua. Doveva trovare la persona che attivava il potere del cristallo purpureo, era li.

Umiko era nascosta dietro ad una sedia insieme al fratello, con il cuore in gola per gli eventi che stavano precipitando così velocemente, lo sguardo fisso sulla battaglia che stava avvenendo poco lontano da loro, mentre sentiva il pericolo che quella figura della notte costituiva per loro, e la tranquillità di quel pianeta. Una mano poggiata sulla spalla destra del fratello accucciato accanto a lei, da quando avevano fatto la loro comparsa i nemici era divenuto stranamente freddo, le metteva quasi paura. Certamente la ragazzina non poteva immaginare ciò che Kazeshi stava provando: la voglia ossessiva di andare da quella donna, da quel cristallo che trasudavano malvagità pura. Sentiva che li era il suo posto, che a fianco di quella donna avrebbe trovato tutto ciò di cui lui aveva bisogno, sentendosi accettato e non rimproverato come i suoi genitori aveva fatto in quei giorni per le sue strane abitudini che lui considerava normali. Fece l’atto di muoversi per uscire allo scoperto.

“Fermo Kazeshi non ti muovere!” gli sussurrò la sorella.

“Lasciami, stupida” l’aggredì lui spingendola per farla andare in terra, lo sguardo assente e cattivo, non era più lo sguardo del ragazzino che era stato fino a pochi secondi prima, dopo di che andò al centro dei posti a sedere, e si posizionò in linea retta con quella donna misteriosa che tanto lo attraeva, intorno a lui l’erba appassiva velocemente.

“Eccoti, finalmente ti ho trovato” i canini che brillavano nell’oscurità scoperti in un sorriso trionfante, mentre quel ragazzino compieva i passi che lo separavano da lei.

Umiko rimase immobile per qualche istante, terrorizzata da ciò che stava avvenendo, guardò verso la battaglia che i loro genitori stavano combattendo, e vide sua madre usare lo specchio, non aveva altra scelta, doveva salvare lei suo fratello, e quindi si decise di uscire allo scoperto.

“Arpia prima di lui veditela con me se ne hai il coraggio” urlò saltando fuori dal suo nascondiglio, con gli occhi viola che lampeggiavano nell’oscurità.

“E tu cosa vorresti farmi? Sei patetica ti stacco la testa con un solo morso fanciulla” mormorò Ceyris, quella distrazione però le costò l’annullamento dell’energia del cristallo per via della mancata concentrazione. “Maledetta ficcanaso ora te la devi vedere con me, e dopo che ti avrò usata per cena, porterò via il tuo amichetto” La demone scomparve dal punto in cui era, per colpirla con la velocità di cui la sua natura era proprietaria. Umiko seguì il suo istinto: chiuse gli occhi e all’ultimo millesimo di secondo, complice lo spostamento d’aria riuscì a schivare abilmente la sua avversaria, Ceyris che andò avanti per circa due metri sorpresa dalla mancata cattura, un ringhio rabbioso che uscì dalle sue labbra, prima che lei sferrasse un altro attacco. A vuoto anche il secondo.

“MI HAI ROTTO LE PALLE MALEDETTA!!” L’urlo della donna attirò l’attenzione delle guerriere del sistema solare esterno.

“UMIKO NO!!” l’urlo di Milena risuonò nel silenzio della radura, mentre per una terza volta la figlia schivava l’attacco fisico del nemico. Poi all’improvviso nell’aria apparve una luce accecante, molto simile a quella comparsa nella radura, ma questa volta accompagnata da un nitrito che le inner conoscevano molto bene, a quel bagliore si aggiunse un’altra energia, questa volta identica a quella sentita nel bosco da Heles e le sue compagne. Le dita della loro secondogenita strinsero una superficie ruvida, simile all’elsa di una spada, abbassò il suo sguardo e vide con sua sorpresa una lama di cristallo nero dai riflessi blu-violacei. Poi buio.

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Capitolo 6
*** Il Ritorno di Helios ***


Note dell'Autrice:  Capitolo un pò corto, ma se andavo avanti diveniva troppo lungo e quindi ho preferito spezzarlo in due parti. Dal prossimo almeno - se non cambio idea - si inizierano a delineare alcune cose. Grazie a tutti quelli che hanno recensito, prima o poi risponderò alle recensioni, purtroppo è periodo di esami. E ho scritto una One Shot i giorni scorsi che pubblicherò questa domenica, e se fate caso a che data è potete intuire facilmente di cosa possa parlare.
Buona Lettura.

6^Capitolo: Il ritorno di Helios

Il bagliore nel cielo calò pian piano rivelando la sagoma di un cavallo alato dal candido mantello che contrastava vistosamente con il nero della notte, quella visione fece sorridere Bunny e provocò un battito furioso del cuore di Chibiusa. La calma che si venne a creare diede modo alle guerriere del Sistema solare esterno di raggiungere Umiko che giaceva all’apparenza inerme sul manto erboso.

Ottavia fu la prima a raggiungere la sorella che a prima vista sembrava profondamente addormentata, adagiata su un fianco con la mano poggiata sopra all’elsa della misteriosa spada nera, la guerriera di Saturno si inginocchiò al fianco della ragazzina dai capelli blu.

“Come sta?” la voce preoccupata di Milena giunse da qualche punto imprecisato alle sue spalle.

“Respirare,respira” mormorò la brunetta “Umi mi senti? Umiko” iniziò a chiamare, scuotendo la sorella, senza ottenere poi troppi risultati, probabilmente la stava muovendo troppo piano  ma aveva paura di farle male.

“Ragazze se posso, forse ho un metodo che si è sempre rivelato efficace” ad aver parlato era Sailor Winter che ancora non aveva dismesso i suoi panni da guerriera così come le sue compagne “E soprattutto è indolore” aggiunse poi vedendo lo sguardo non troppo convinto di Heles che la fissava sospettosa.

“Be direi che tentar non nuoce sicuramente no?” azzardò Bunny, l’unica tra loro del suo gruppo: Chibiusa era in disparte che abbracciava Pegasus, mentre per quanto riguarda le guerriere del sistema solare esterno, osservavano la scena da lontano Rea aveva uno sguardo truce almeno quanto quello di Marta. La paladina dell’amore inizialmente era rimasta neutra rispetto al litigio tra i due gruppi, ma poi in un secondo momento aveva dovuto ammettere che per quanto immaturo, il ragionamento della Guerriera di Marte non faceva veramente una preda e quindi si era dovuta ricredere sulla sua decisione. Ami era l’unica che come Bunny si era mantenuta totalmente neutrale fin da quando era iniziata la crisi, e come la loro Principessa pensava che rimanere divisi in un momento simile era un’idea al quanto sciocca.

“Si Bunny in fondo a ragione” a quelle parole la guerriera dell’Inverno si avvicino alla ragazza che dormiva beatamente, quasi fosse caduta in un sonno eterno e senza sogni, e si limito dopo qualche minuto di concentrazione, a soffiare sul viso della quattordicenne, solo che invece che aria dalla sua bocca uscirono solamente dei minuscoli cristalli di ghiaccio molto simili alla neve, che vista l’alta temperatura  si sciolsero in acqua gelida sul viso della destinataria. Dopo qualche istante con il viso esposto al gelo, Umiko sembrò riprendersi e spalancò i suoi occhi viola sul mondo.

“Kaze..Kazeshi dov’è?” mormorò passandosi una mano sul viso per togliere quel poco d’acqua creato in un certo senso da Kristel. La domanda fece gelare fino al midollo le Outer che prese dal membro femminile più piccolo si erano totalmente dimenticate di quello maschile.

“Bella domanda, chissà dove si è cacciato, dev’essere proprio un vizio quello di sparire” sbuffo stizzita Heles passandosi una mano tra i capelli, guadagnandosi in tal modo un’occhiataccia dalla compagna.

“Piuttosto che sparare cavolate direi che potremmo cercarlo” mormorò la violinista, con il terrore di dover assistere ad un altro scempio di cadaveri.

“Ragazze temo che non ci sia bisogno di cercarlo” disse Akane “Lui è proprio lì” indicò con un gesto della mano il corridoio nel centro dei due gruppi dei posti a sedere, qui Kazeshi era sdraiato con le gambe divaricate e le braccia stese, tipo uomo di Vitruvio e pareva non accorgersi di tutto ciò che lo circondava, neanche di loro.

“Chissà cosa si è inventato questa volta” commentò la motociclista. In quel momento Milena si ricordò di sua madre, ancora confinata in quello che rimaneva dei camerini e sgranò gli occhi. Se ne era totalmente scordata, accidenti a lei.

“Cavolo, mi sono scordata di mia madre” esclamò all’improvviso facendo alzare un sopraciglio a Ottavia e a Sidia, la pittrice si diresse verso il punto in cui vi era il suo camerino, e dopo essersi guardata un po’ intorno scorse sua madre vicino a un albero, visibilmente scossa da tutto ciò che aveva visto. “Mamma tutto bene?” Miku tremava come una foglia.

“Si…però… tu hai sempre avuto a che fare con questi…fenomeni?” al solo pensiero che la sua bambina dovesse lottare con creature del genere rabbrividiva, e tutto questo era la normalità di colei che fin da piccola aveva sempre trascurato.

“Si, ho a che fare con queste cose quando ci sono pericoli che incombono sulla Terra, e sulla nostra Principessa. Una maledizione.” Spostò lo sguardo sul suo gruppo, vide la sua compagna dirigersi da suo figlio, il nervoso tradito dal suo passo. “Ma anche la più dolce delle benedizioni, in quanto grazie ad essa ho incontrato la persona che amo” sorrise dolcemente, tornando a guardare la signora Kaioh, un luccichio negli occhi blu, lo stesso che la pervadeva ogni qual volta parlava della persona che amava. “Piuttosto mamma dove dormi stanotte? A casa purtroppo non c’è più posto” disse.

“Ho preso una stanza d’albergo per circa quattro giorni, poi credo che troverò qui una casa in affitto, i soldi sicuramente non mancano visto che avevamo conti separati io e tuo padre, così come il tuo è separato da entrambi” rispose la donna.

“Ok a posto, vieni che ti faccio conoscere gli altri membri del gruppo” rispose lei facendole strada sul prato per ricongiungersi al resto della squadra.

 

***

Heles intanto era giunta nel punto in cui suo figlio se la cantava con parole al quanto incomprensibili sul letto beatamente sdraiato, rimase ad osservarlo per qualche istante nella speranza che quello strazio di cantilena, per quanto intonata fosse, finisse velocemente. Anche perché non sapeva proprio dove poteva aver imparato quelle parole arcane, non si trattava di Giapponese e tanto meno di Inglese.

“La finiamo con sto canto funebre o devi farmi cadere le braccia” esclamò esasperata, a quelle parole lui spalancò gli occhi, e quello sguardo sembrò pietrificare la guerriera di Urano, in quelle orbite non vi era niente di conosciuto, non l’iride verde gemella delle sue, non un sentimento pari all’amore ma l’esatto opposto: era uno sguardo gelido, senza sentimenti. Il ragazzino si alzò dal prato e puntò i suoi occhi, gli occhi che Heles classificò come quelli di un estraneo non come quelli del frutto del proprio sangue.

“Lasciami in pace” rispose freddamente Kazeshi, sorridendo maligno.

“Non dire sciocchezze dobbiamo tornare a casa, e finché non verrai anche tu io non mi muovo da qui” controbatté la donna. In fondo, chi l’ha dura la vince no?

“Fai quello che vuoi, ah per la cronaca quella non è casa mia…la mia dimora risiede la dove le tenebre regnano sovrane” mormorò lui, poi così come si era alzato, improvvisamente cadde rovinosamente al suolo, quasi fosse una marionetta alla quale vengono tagliati improvvisamente tutti i fili che fanno si che ella si muova. Vedendo il figlio svenire in quel modo la bionda decise che la cosa migliore era prenderlo in braccio e portarlo a casa, per farlo riposare, intanto avrebbero cercato di capirci qualcosa in modo da sapere come agire, se fosse stato possibile. Doveva ancora capire di chi fosse quella spada comparsa tra le mani di sua figlia, lei era aggraziata come sua madre, ma da quanto aveva potuto capire nutriva una passione innata per le moto: nonostante quella sera era salita su una di esse per la prima volta l’aveva sentita morbida, e non rigida. Spontaneità che neanche sua madre sebbene fossero ormai cinque anni che andava in moto più o meno di frequente, aveva acquisito.

 

***

Quando la motociclista si ricondusse al gruppo, Milena aveva appena finito le presentazioni di regola tra le loro compagne e sua madre, Helios aveva preso la sua forma umana e stava parlando di qualcosa che non fece in tempo a captare poiché appena si accorsero della loro vicinanza il ragazzo a lei sconosciuto tacque.

“Heles, permettermi di presentarti Helios, custode di Illusion e del Cristallo d’Oro” disse Bunny appena la vide. La guerriera di Urano spostò il suo sguardo sul loro nuovo acquisto, o almeno così sembrava, indossava un vestito totalmente bianco, così come i suoi capelli. Al collo portava una strana collana che sembrava fatta in fil di ferro, e che si attorcigliava tutta intorno ad esso, sull’anello più basso un pendente color oro. Gli occhi erano di una calda tonalità che spaziava dal marrone al rosso.

“Sei la guerriera di Urano giusto?” chiese il giovane.

“Esattamente, piacere di fare la tua conoscenza” mormorò lei “

“Helios ha avuto una parte determinante nel combattimento contro la Regina Nehellenia, lui è il custode dei sogni” continuò Bunny.

“Ragazze vista l’ora credo che sarà meglio aggiornarci domani al tempio di Rea” disse il custode del Cristallo d’Oro, con un tono sufficientemente alto da essere ben udibile anche da Rea e le altre parte che erano sempre in disparte, pur origliando i discorsi, ben pronto a sedare qualsiasi protesta che si sarebbe alzata da parte dei due gruppi. Loro non lo sapevano, ma in seguito sarebbe stata necessaria una collaborazione anche stretta tra loro e le scemate, perché di scemate si trattava che avevano portato a quella divisione dovevano essere superate, e anche subito.

“Senza offesa ma questo è fuori discussione, io con quelle non voglio più avere niente a che fare” esclamò Heles.

“Visto che il tuo ruolo, così come quello di Sailor Mars” alzò leggermente la voce per farsi sentire dalla bruna poco distante da loro e dalle Inner, ponendo così l’attenzione sul nome della guerriera del pianeta della guerra. “ è quello di proteggere il Sistema solare, e vista la gravità della situazione anche l’Universo intero, sarà decisamente meglio se andaste d’accordo e anche velocemente.” Il tono con cui il  ragazzo rispose non ammetteva repliche.

“No forse tu non hai capito, e probabilmente non sai neanche le cose quelle la” indicò le quattro “Hanno avanzato l’idea di ammazzare mio figlio e mia figlia, per salvare il mondo” sbottò la Guerriera di Urano adirata.

“Si da il caso che però non lo abbiano ancora fatto” Le fece notare Helios sempre con la calma che lo caratterizzava.

“Ci credo è dal Compleanno di Milena a Marzo che non ci siamo più viste! Come avrebbero mai potuto farlo?” rispose nuovamente, quello scambio di opinioni con quello sconosciuto che però sembrava molto legato a Sailor Moon, e in particolare a Chibiusa la deliziava.

“Il punto è, cara la mia guerriera Sailor, che l’unica soluzione possibile a questa situazione di gravissimo pericolo risiede nelle mie mani, anzi no forse è meglio dire che è al collo di un’altra persona a voi sconosciuta, ma ogni cosa a suo tempo quindi o fate come vi dico, oppure da questa situazione non se ne esce vivi” rispose Helios con gli occhi puntati in quelli verdi della ragazza, e tutte Sidia per prima si meravigliarono di come una persona così gentile e delicata come il Custode dei Sogni fosse riuscita a mettere in riga Sailor Uranus con così tanta calma, senza urlare ne metterle le mani addosso.

“Amore Helios ha ragione, se vogliamo salvare i bambini e poi la Terra e l’Universo dobbiamo affidarci a lui non abbiamo altra scelta, non sappiamo da che parte cominciare altrimenti” intervenne Milena, e a quelle parole vedendo che la sua compagna era convinta di quello che diceva il ragazzo, come del resto era sempre stata visto che fin dal primo momento non aveva approvato quella divisione tra i due gruppi e aveva cercato quando possibile di porvi rimedio come quella sera, Heles non poté fare a meno di abbassare l’ascia di guerra.

“Devo solo chiedervi una cosa, ancora” ricominciò il custode di Illusion “Dovrei chiedervi il favore di lasciare a casa vostro figlio e portare solamente Umiko domani alla riunione” gli sguardi che si puntarono su di lui erano molto interrogativi “Non posso dire altro adesso” concluse.

“Helios hai già un posto dove dormire?” chiese allora Bunny cercando di distendere l’atmosfera un po’ ansiosa che si era venuta a creare.

“Avevo intenzione di far ritorno su Illusion e tornare sulla Terra domani mattina” rispose lui.

“Non se ne parla neanche, abbiamo un posto per dormire da noi, sarai nostro ospite” lo ribeccò Bunny ben consapevole di fare la felicità della loro futura figlia “E se ti fermerai sulla Terra per qualche giorno se sempre nostro ospite” continuò sorridente “Così voi due passerete un po’ di tempo insieme” mise le mani sulle spalle di Chibiusa che arrossì vistosamente, imbarazzatissima. Era così evidente che si piacessero?

“Be allora credo che ora possiamo andare e ci aggiorniamo domani mattina” disse Akane trattenendo uno sbadiglio, era già l’una passata, e il giorno dopo sia lei che la sua sorella gemella avrebbero dovuto lavorare, la sua proposta fu accolta positivamente da tutte loro, proprio mentre Kazeshi sembrava rivenire tra le braccia di suo “padre”.

“Dove, dove mi trovo?” mormorò confuso con gli occhi che si guardavano intorno, mentre la motociclista lo metteva giù.

“Davvero non ricordi nulla?” chiese lei sorpresa e al quanto sospettosa nei confronti del figlio come del resto lo era stata dalla scoperta della modifica della camera fatta senza neanche avvisarle.

“Si io… mi scoppia solamente la testa” mormorò.

“Sarà il caso di andare a casa, che domani sarà una lunga giornata” mormorò  Sidia “A che ora dal Tempio?”  chiese poi.

“Direi verso l’una, io e Akane finiamo di lavorare a mezzogiorno circa, il tempo di passare da casa a mangiare qualcosa… e poi fino alle quattro siamo libere” le rispose Bunny.

“Ok allora alle 13 dal tempio, buona notte a tutte ragazze” disse Sidia prima di dirigersi verso l’entrata della villa, seguita dal suo gruppo e da Miku. Arrivate vicino alla moto e alla macchina delle Outers,la madre della violinista fu costretta ad allontanarsi per raggiungere la sua macchina parcheggiata poco lontano.

“Ci sentiamo allora, non so quando ma mi farò sentire” mormorò Milena “Buona notte” più affettuosa di così non riusciva proprio ad esserlo anche se normalmente con le persone a cui voleva bene era diversa. A chi voleva bene appunto.

“Milena mi sono dimenticata di dirti che con me ho portato anche Midnight a Tokyo, tuo padre altrimenti non so cosa ne avrebbe fatto, lo conosci fin troppo bene” le disse la donna.

“In quale Maneggio l’hai portata?” chiese lei, forse iniziava a vedere quella donna sotto un’altra luce, tra una cosa e l’altra si era totalmente scordata di tornare a Kyoto per prenderla e portarla lontano da quegli idioti degli stallieri al servizio di suo padre, che pur di leccargli il culo erano disposti a fare del male a quei poveri cavalli.

“All’imperiale, la direttrice è una mia conoscente, e sarà trattata con tutti i riguardi” rispose Miku.

“Ok grazie mamma, buona notte” rispose lei, ben sapendo a quel punto quali fossero i programmi per la giornata dell’indomani dopo la riunione.

 

Quando rientrarono a casa Kazeshi senza dire una parola si chiuse in camera sua sbattendo la porta, il foglio con i versi della Divina Commedia di Dante che si alzò leggermente per il movimento d’aria causato dal suo passaggio e dalla chiusura della porta.

Si sentiva confuso, ricordava benissimo ciò che era accaduto, ma aveva tuttavia mentito a suo padre perché ne sentiva il bisogno, come sentiva il bisogno di trovare nuovamente quella donna comparsa così all’improvviso, si sentiva attratto da quel cristallo viola che aveva tra le mani, era più forte di lui gli sembrava di essere della polvere di ferro in balia di una calamita. Si questo era ciò che sentiva nei confronti di lei, un attrazione impossibile da ignorare, era sicuro che lei avrebbe capito la sua vera natura senza giudicarlo. Doveva trovarla, quando era sdraiato sul prato aveva sentito un enorme energia negativa prendere possesso del suo corpo, tuttavia per quanto oscuro potesse essere questo evento, in quegli istanti mentre dalle sue labbra usciva quella cantilena si sentiva in pace con se stesso. Quel tormento di tenebra era parte di lui. E doveva trovarlo per farlo suo, fino in fondo.

Un sorriso malvagio si aprì sul suo volto.

Umiko in camera sua invece era taciturna, appena entrarono in camera loro mise la spada contro il muro, quella lama di cristallo l’affascinava, e poi era estremamente leggera si adattava perfettamente alla sua mano, e le sembrava solamente che il suo braccio era poco più lungo. L’elsa era finemente intagliata, e formava un rovo che andava fino in cima all’impugnatura, sulla quale si apriva una bellissima rosa. Tuttavia gli avvenimenti di quella sera la stavano facendo pensare, cosa avrebbe dovuto fare con quella spada? Il comportamento di suo fratello invece l’aveva segnata, a lei quella rabbia mista a dolore che sentiva provenire da quella demone donna l’aveva ferita, non poteva sopportarlo ma sapeva che doveva porvi rimedio. Per lui invece no, quella stessa aurea scura era oggetto di immane attrazione, sembrava che lui provasse esattamente ciò che provava lei per la luce, l’amore e tutto ciò che in qualche modo era il bene. Sospirò lievemente mentre fissava il pavimento vicino ai suoi piedi mentre era seduta ancora sul letto.

“C’è qualcosa che non va Umi?” le chiese Ottavia che si era appena infilata sotto le coperte.

“No è solo che, non capisco come Kazeshi possa essere attratto da quella quantità immane di dolore” mormorò la ragazzina.

“Te lo dico per esperienza, il male ti divora dentro, ti consuma. E’ quasi come un cancro, sai che c’è che ti sta divorando, ma non puoi fare a meno di evitarlo. Ti annienta totalmente” mormorò Ottavia mentre alla mente le tornavano le tremende sensazioni che aveva provato quando era prigioniera in un corpo che non aveva mai sentito così  estraneo come allora, quando era stata la Despota 9.

“Si lo so, però per me è impensabile, i nostri genitori ci vogliono bene, come può essere così cattivo”

“Anche mio padre mi voleva bene, Chibiusa poi? Tra noi nonostante l’età di differenza c’è un’amicizia  profonda, ma questo non basta credimi. Altrimenti non sarei stata quella che sono stata” mormorò tristemente.

“Ma perché cosa ti è successo? Magari ci può aiutare in qualche modo con Kaze” mormorò curiosa la ragazzina.

“Un tempo sono stata un nemico, il peggior nemico dei tuoi genitori e di Sailor Moon…anzi se non fosse stato per lei io a quest’ora non ci sarei più e molto probabilmente neanche il pianeta Terra” perché le faceva così male parlare di quel periodo? Aveva un nodo alla gola.

“Capisco…ma alla fine sei diventata buona, cioè sei una guerriera Sailor Ottavia e questo vuol dire che nel tuo cuore risiede del bene” esclamò la sorella sorridente. “Magari anche per nostro fratello è così no?” chiese speranzosa.

“Non lo so Umiko…lo spero enormemente…ora possiamo dormire per favore?” chiese la bruna.

“Si ok va bene, alla buona notte!” rispose l’altra un po’ più sollevata da quella chiacchierata: se anche sua sorella era stata malvagia un tempo, allora suo fratello aveva qualche possibilità di salvezza, e loro dovevano solamente capire come fare per tirarlo fuori dal male e dalle tenebre. E la luce facilmente riesce a fare questo, basta solamente trovare la fessura dalla quale entrare.

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Capitolo 7
*** La Scomparsa ***


7^Capitolo: La Scomparsa.

“Ottavia allora se succede qualcosa di qualsiasi tipo chiama, sai dove trovarci” era Sidia che si era appena finita di preparare per andare all’incontro fissato la sera prima al Tempio, la Guerriera di Saturno invece sarebbe rimasta a casa come deciso per fare la guardia a Kazeshi, anche se tutte dubitavano fortemente che uscisse visto che sembrava odiare la luce del giorno più di qualsiasi altra cosa.

“Papà andiamo in moto?”  mormorò Umiko anche se sapeva che essendo in quattro sarebbero andate alla riunione in macchina che per la stagione estiva aveva il tetto abbassato.

 

Mezz’ora più tardi avevano parcheggiato in fondo alla scalinata del tempio. Per  la più piccola del quartetto era la prima volta che saliva quella lunga scalinata in cima alla quale c’era un arco in pietra, il classico per un tempio scintoista. Si sentiva in qualche modo agitata per ciò che quello strano tipo comparso la sera prima  avrebbe rivelato loro, e soprattutto aveva paura che dicesse che per forza di cose non ci sarebbe stato nulla da fare per suo fratello. Era molto unita a lui  e se avesse chiesto di toglierlo di mezzo con la spada non era sicura di riuscire ad assolvere al proprio compito, sempre che i loro genitori avessero fatto si che tutto ciò si avverasse, e ne dubitava moltissimo conoscendo il suo “papà”.

Quando giunsero in cima alle scale trovarono già Marzio e la restante parte della sua futura famiglia a parlare con Rea, mentre Helios e Chibiusa chiacchieravano allegramente seduti sulle scale poco distanti. La guerriera di Marte appena fecero la loro comparsa si zittì e come era sua abitudine quando era nervosa prese a spazzare in modo convulso con la scopa l’area del piazzale intorno a lei per allontanare quelle poche foglie che per il vento erano cadute nonostante fossero ancora verdi. Luna e Diana invece sonnecchiavano al sole.

“Giorno ragazze, giorno Marzio e Helios” esordì Umiko allegra, ottenendo un caloroso saluti da tutti meno che dalla bruna padrona di casa che si limito a sibilarlo tra i denti, per il dispiacere della ragazzina ma anche di quello di Bunny. Le Outer si sedettero vicine a Diana e Luna, Heles sul quarto scalino, mentre Milena sul terzo poco più in basso, Sidia invece come prevedibile si appoggio a una colonna e rimase in piedi. Prima che tutto il numeroso gruppo fu al completo passò una mezz’oretta buona, man mano che le loro compagne di squadra arrivavano però, la tensione era sempre più palpabile.

“Ragazze scusate il ritardo ma ho avuto un contrattempo improvviso” una Amy accaldata e agitata fece la sua comparsa in cima alle scale del tempio, mancava solo lei all’appello.

“Di niente Amy, per una volta almeno non è Bunny quella in ritardo” mormorò Rea beccandosi un’occhiataccia dalla biondina.

“Ok ora che ci siete tutti possiamo iniziare” disse Helios “Allora avete tutte visto quella demone ieri sera giusto?” le altre annuirono “Lei non è il vostro peggior nemico, il vostro nemico principale non ha forma, e dobbiamo riuscire a sconfiggerlo prima che riesca a raggiungere il corpo che sta cercando” continuò lui.

“Fammi indovinare, il corpo che sta cercando è…è quello di mio fratello?” mormorò raggelata Umiko, sentendo poi una mano sulla spalla di uno dei suoi genitori, impossibile dire chi dei due.

“Cosa te lo fa pensare Umiko?” chiese il ragazzo.

“Kazeshi ieri sera sembrava molto attratto dal…dal cristallo che aveva quella donna, gli avrebbe fatto qualcosa sicuramente se non fossi intervenuta distraendola, e poi…poi è scomparsa quando sei comparso tu e la spada” mormorò agitata. Non voleva essere l’artefice della morte di suo fratello.

“Esattamente credo sia proprio lui quello che i nostri nemici stiano cercando, non si spiegherebbe l’uso del cristallo purpureo,ma non è questo di cui volevo parlarvi ragazze. Come detto prima bisogna agire prima che il nostro vero nemico possa trovare un corpo dove prendere forma, e l’unico strumento che potrebbe darci una mano, è il Talismano del Potere” appena ebbe finito di parlare intervenne Artemis.

“Helios ma non diciamo sciocchezze, con tutto il rispetto ma sappiamo benissimo che la sua custode è frutto solamente di una leggenda, non sappiamo neanche se esiste il Talismano del Potere” il gatto bianco era decisamente scioccato da quell’affermazione del custode del Cristallo d’oro.

“Dove sarebbe questa ipotetica custode?” chiese allora Sidia, sapeva di chi stava parlando, un’anima costretta alla solitudine almeno quanto lei quando ancora era rilegata alle porte del tempo, erano le due guerriere costrette ad un esistenza solitaria, e anche intorno a colei di cui stavano parlando si era accresciuta una specie di leggenda poiché nessuno da generazioni l’aveva mai incontrata.

“Nella zona dei Cicli Infiniti, nonché appendice Sud-Orientale dell’Elision” spiego in tono calmo lui. “Qui appunto vi è una persona, che custodisce questo talismano, questo talismano potrebbe darci una possibilità in più contro il nemico, a patto però che…” era il punto che temeva di più questo, non sapeva come l’avrebbero presa le guerriere del Sistema Solare Esterno.

“A patto di cosa?” chiese Milena, deglutendo chissà per quale motivo il suo istinto le sussurrava che in quella parte del piano c’entrasse sua figlia.

“A patto che a portare il Talismano, sia Umiko. Una volta attivato sarà lei a dover combattere contro il nemico, e spero con tutto il mio cuore che non sia annidato nel corpo del fratello per quel tempo e distruggerlo. Se sbaglierà qualcosa, alimentando il potere del cristallo con l’odio verso il nemico, potrebbe addormentarsi senza potersi mai più risvegliare” quelle parole gelarono il sangue nelle vene della ragazzina, no non poteva essere era qualcosa di campato in aria, decisamente impossibile da svolgere quello aveva sicuramente bevuto.

“Sei fuori di testa spero?” sbottò Heles con un groppo in gola, praticamente entrambi i suoi “bambini” correvano il rischio di soccombere in quella battaglia. Il caldo dava sicuramente alla testa di quel manichino dai capelli bianchi quasi fosse un albino.

“No Heles, è l’unica opzione che abbiamo, mi dispiace credetemi dare questa notizia, e anche colei che mi ha mandato era affranta per questo destino ma è veramente l’unica strategia che abbiamo al momento” sospirò. Aveva immaginato che non sarebbe stato affatto semplice convincerle.

“E il potere di questo cristallo come lo si attiva?” chiese dunque Milena, meritandosi un’occhiata addolorata dalla compagna.

“Questo non lo so dovremmo fare un viaggio all’Elision ragazze la custode del Talismano vuole parlare con alcune di voi, per questo è di essenziale importanza che mettiate da parte i vostri rancori, perché la squadra dovrà per forza spaccarsi in due.  La custode del Talismano a chiesto espressamente di portare al suo cospetto coloro che hanno la protezione di: Nettuno, Urano, Plutone, Saturno, Mercurio, Venere, Marte e Giove. “continuò a spiegare.

“Ma è una follia, così la terra sarà totalmente indifesa!!!” Rea non poteva credere alle sue orecchie, non solo dovevano stare insieme al Gruppo del Sistema solare esterno, quando tutti i problemi nascevano da due di loro, ma lui pretendeva pure che lasciassero indifesa la Terra.

“Rea è qui che ti sbagli, Bunny e Akane, non che le Sailor Star Light rimarranno qui, e con loro Chibiusa, la Principessa Kakyuu e ovviamente il sottoscritto. Accompagnerò il gruppo designato solamente da questa persona, poi farò ritorno su questo pianeta, poiché per viaggiare da quel momento in poi vi basteranno solamente i varchi spazio temporali di Sailor Pluto, tutto comunque vi sarà più chiaro quando saremo a cospetto della custode del Talismano”  quelle parole furono accolte da un silenzio di tomba.

“Non credi che sia molto pericoloso dividersi? E poi fammi capire una cosa Helios, i problemi nascono tutti dalle Outer perché mai noi dovremmo mettere in pericolo la Terra lasciandola indifesa per rimediare a un problema che hanno causato loro” a quelle parole Heles non ci vide più.

“A siamo arrivati a questi punti?” esplose la guerriera di Urano “Ora fare dei figli è una colpa irrimediabile, anzi una condanna a morte? Quando ne io, ne lei – e se non sbaglio neanche voi - sapevamo a cosa andavamo incontro, ti sei fumata le tue pergamene?” sbottò con rabbia.

“Hel stai calma” mormorò Milena poggiandole una mano sulla spalla.

“Se moderiamo le parole e i bollenti spiriti da entrambe le parti sarebbe meglio. Vi ricordo così come ho fatto ieri sera che è l’unica possibilità che abbiamo. Ergo fareste bene ad andare d’accordo. E le frecciate potete anche risparmiarvele, soprattutto se basate su argomenti così sterili” gli occhi del ragazzo fissarono severamente le iridi d’inchiostro della Sacerdotessa che fu costretta ad abbassare lo sguardo arrossendo. “Direi che si può partire domani stesso in modo tale da non perdere tempo”

“Se è necessario certamente” gli rispose Milena. Umiko invece aveva una paura tremenda, di ciò che avrebbe passato di li a poche ore, cos’era questo Elision? Sulle cartine di Geografia non esisteva, ma forse poteva essere una cittadina oppure un palazzo di Tokyo del quale non era a conoscenza. Però se così fosse, cosa c’entravano i varchi spazio- temporali che avrebbe dovuto utilizzare sua zia?

“Se non fosse necessario non ve lo avrei detto, o sbaglio?”ribatté Helios.

Pochi istanti dopo si sentirono dei piccoli trilli, provenienti da qualche ricetrasmittente del gruppo,  a un controllo più accurato scoprirono che era proprio quello di Sidia a emettere il suono, con una lucina color granato sul coperchietto nero che si illuminava.

“Ottavia dimmi” rispose la Custode del Tempo.

“Sidia…io… io non so come possa essere successo, davvero non me ne capacito” la ragazzina al di la dell’orologio era molto agitata, parlava veloce, troppo veloce per capirci qualcosa di sensato in mezzo a quel fiume di parole.

“Stai calma, o non riusciamo a capire niente ok? Cosa è successo?” cercò di tranquillizzarla la guerriera di Plutone mentre sentiva tutti gli occhi puntati sopra di se, sensazione al quanto snervante. Odiava sentirsi osservata.

“Sidia… Kazeshi è sparito, non so come possa essere successo, devi credermi ero in sala e non l’ho sentito uscire eppure sono sempre stata sveglia” sentiva un groppo in gola, provocato più dal nervoso che da altre cose.

“Ora stai tranquilla io e le altre arriviamo subito ok?” le rispose la bruna, chiudendo poi la telecomunicazione.

“Ragazze se dovete andare andate pure, vi chiamo stasera per dirvi cosa è stato deciso” disse loro Bunny, Milena sorrise dolcemente all’amica, le era infinitamente grata per aver proposto quella soluzione, sentire che suo figlio era scomparso così improvvisamente da casa loro senza aprire la porta, o almeno questo era ciò che risultava dall’unica presente nella loro abitazione, la faceva stare male. Se lui era uscito, anche solamente per andare a fare un giro, e fosse caduto nelle grinfie dei nemici era solamente colpa loro, erano i suoi genitori e avrebbero dovuto proteggerlo.  Non lasciarlo alla mercé di quelle creature che trasudavano male e nient’altro.

 

***

“Ottavia allora se succede qualcosa di qualsiasi tipo chiama, sai dove trovarci” le disse Silvia poco prima che Umiko chiedesse ad Heles di andare in moto, incredibile come sua sorella fosse un autentico miscuglio tra sua madre e suo “padre”, i lineamenti e i modi erano sicuramente della violinista, ma la passione per le moto era senza alcun dubbio del padre. Almeno per quel momento però non aveva dato modo di pensare che oltre alle moto, avesse ereditato anche un linguaggio poco consono e decisamente sboccato, la bruna sorrise lievemente al pensiero di quanto sarebbe salita alle stelle la sopportazione della Guerriera di Nettuno se anche la figlia si fosse abituata a dire le parolacce di frequente. Appena le quattro uscirono di casa lei rimase nel più assoluto silenzio, non si sentiva nessun rumore eccetto per le battute di qualche film che stava vedendo il fratello chiuso in camera sua come era ormai abitudine, si sedette sul divano poco distante da Artù che sonnecchiava tranquillamente e preso il libro che aveva abbandonato poco prima si mise a leggere, uno dei suoi hobby preferiti se si escludeva la musica in primo luogo, e in terzo il collezionismo di lampade da comodino che però si era decisamente assopito in quei tre anni che erano trascorsi dalla sconfitta di Galaxia. Si immerse totalmente nella lettura, cercando comunque di prestare attenzione a qualsiasi rumore inusuale che provenisse dalla stanza poco lontana.

Kazeshi nel frattempo era seduto a gambe incrociate davanti a un disegno formato da sei sassolini che a un primo sguardo sembravano messi così a caso, per un gioco normalissimo magari lanciate così per puro divertimento, ma ponendo attenzione alla loro  posizione si poteva intuire che quelle pietre quasi completamente identiche erano poste in realtà ai vertici di una stella a sei punte. Il ragazzo aveva gli occhi chiusi nel buio, le mani appoggiate sulle ginocchia, si stava concentrando mormorando una cantilena che gli usciva dal cuore, dal lato più profondo di se stesso, senza che nessuno gliel’avesse mai insegnata. Dopo qualche minuto durante il quale la cantilena andò via via aumentando sempre più d’intensità, una luce violacea partì dal sassolino che definiva la punta più lontana da lui, andando a colpire pian piano tutti gli altri finché sul pavimento non si venne a disegnare una stella ebraica. Aprì gli occhi di scatto, le sue iridi erano senza luce, sembrava essere entrato in trance come la sera prima quando il cristallo purpureo della demone lo richiamava a se in modo assai convincente. Il suo istinto gli diceva che quella stella sarebbe stata la porta per la sua libertà, lontano dai pregiudizi dovuti alle sue abitudini, sarebbe riuscito a scappare solamente compiendo qualche passo verso il centro della stessa. Ed era giusto ciò che avrebbe fatto, una volta libero e senza scocciatrici a presso poteva raggiungere ciò che stava cercando. Fece due passi all’interno della stella luminosa nel buio. Appena raggiunse il centro della figura, un bagliore violaceo si sprigionò intorno a lui, mentre sentiva una sorta di energia negativa crescere, dopo qualche secondo si sentì un forte risucchio, e anche il nero della stanza sparì lasciandola immacolata così com’era stata fino a pochi giorni prima.

Quel rumore provocato da Kazeshi fu perfettamente udibile dalla sala dove Ottavia leggeva tranquillamente un libro, tanto da insospettirla e farle abbandonare la lettura da cui era presa, la guerriera di Saturno abbandonò il libro sul divano e andò a controllare in camera. Giunta nei pressi della stanza fu subito colpita dal colore della porta: era tornata in legno di ciliegio come era sempre stata e non aveva più niente di corvino, anche il foglio sul quale erano scritti i versi della Divina Commedia di Dante erano spariti. Con il cuore in gola aprì la porta senza neanche chiedere il permesso perché l’istinto le diceva che all’interno di quella stanza non c’era nessuno. E il suo istinto non sbagliava mai. Ciò che trovò infatti era la stanza degli ospiti com’era sempre stata, ma purtroppo di suo fratello neanche l’ombra.  Stai calma Ottavia potrebbe essere in bagno. Si rassicurò da sola anche se nel profondo sapeva che non sarebbe stato li, non avrebbe avuto senso altrimenti il fatto che la stanza fosse tornata normale. Spalancò la porta del bagno e trovo anche quella stanza vuota, e ora chi glielo diceva alle altre che lui era uscito senza che lei se ne accorgesse? Andò velocemente verso la sua camera dove era sicura di trovare il suo orologio ricetrasmittente. Schiacciò i tasti per chiamare Sidia, ripetendo a se stessa di rimanere calma, anche se non era per niente facile farlo. Dopo qualche minuto che a lei parve durare un eternità sentì dall’altra parte la voce di Sidia.

“Sidia…io… io non so come possa essere successo, davvero non me ne capacito”partì a mitraglia senza porsi il problema di farsi capire,  mentre era in preda a una forte ansia. Se quel ragazzino così strano si fosse congiunto ai nemici cosa poteva accadere? Qualcosa che sicuramente avrebbero potuto evitare se avessero capito fino in fondo di cosa era capace quel ragazzino.

“Stai calma, o non riusciamo a capire niente ok? Cosa è successo?” le rispose Sidia senza tradire come era sua abitudine nessuna emozione. La guerriera di Saturno si costrinse a fare un respiro profondo prima di rispondere, nel tentativo di calmarsi.

“Sidia… Kazeshi è sparito, non so come possa essere successo, devi credermi ero in sala e non l’ho sentito uscire eppure sono sempre stata sveglia”

“Ora stai tranquilla io e le altre arriviamo subito ok?” concluse la Custode del Tempo prima di chiudere la telecomunicazione, lasciandola sola con il suo nervosismo, poteva sicuramente iniziare a cercarlo, ma sarebbe stata una buona idea la sua? Se nelle sue ricerche avrebbe incontrato i nemici da sola cosa poteva fare? Niente. Erano fin troppo veloci per essere tenuti a bada da solamente una persona. Si disse allora che la cosa migliore fosse cercare qualche indizio nella camera del ragazzino, anche se dubitava fortemente che lui ne avesse lasciato qualcuno, giunta nella stanza oggetto delle sue ricerche si guardò attentamente intorno, ma niente tradiva la presenza del fratello, o almeno questo era ciò che poteva intuire osservandola dalla soglia si decise quindi ad entrare, e i suoi piedi si scontrarono contro un piccolo oggetto, i suoi occhi si abbassarono sul pavimento e trovarono quello che sembrava un normalissimo sasso, guardando meglio però non era l’unico a essere stato abbandonato nella stanza, anzi quasi identico a quello che stringeva ora nella mano, ve ne erano altri cinque del medesimo colore e all’incirca delle stesse dimensioni del primo. Osservò attentamente la sua posizione, poi afferrò una matita che era rimasta abbandonata sulla scrivania e provo a collegarli, ripercorrendo all’incirca lo stesso percorso che la luce violacea aveva fatto un quarto d’ora prima. Quando arrivò alla fine noto che la forma che si era formata sul pavimento era una stella a sei punte, di quelle formate da due triangoli sovrapposti in testa coda, e che il sasso che lei stringeva tra le mani andava a delineare quindi la posizione del sesto ed ultimo spigolo della figura.

Ma tutto ciò che cosa poteva dire? Sembrava tanto che si trattasse di una setta satanica. Decise di lasciare quella specie di disegno sul pavimento in modo da farlo vedere alle altre componenti del gruppo, e continuò quindi a cercare altri indizi anche se, stella a parte, erano pressoché inesistenti. Sospirò frustrata per non aver trovato niente di interessante,decise quindi di tornare dal divano e leggere per cercare di dare un contegno all’agitazione che sentiva.

Passo poco più di mezz’ora prima che la restante parte del gruppo del Sistema Solare esterno fece rientro a casa.

“ Hai scoperto dove potrebbe essersi diretto?” le chiese Sidia.

“No nella sua camera non vi è più niente di suo, è tornata normale eccetto per sei sassi che se collegati tra loro da delle righe portano a formare una stella a sei punte”mormorò la brunetta.

“Maledizione!!! Dobbiamo trovarlo prima di domani!” esclamò Heles “Prima che arrivi ai nostri nemici altrimenti sarà troppo tardi per tutto” il nervosismo della bionda fu tradito da un pugno sferrato con potenza contro il muro.

“Amore agitarsi non serve a nulla, ci vuole lucidità nei momenti come questo, e comunque oltre a un significato religioso e satanico la stella a sei punte secondo alcune leggende è anche una figura che potenzialmente può accumulare energia” mormorò Milena

“ Tu come fai a saperlo?” mormorò Ottavia.

“Internet, può tornare molto utile sai” rispose mentre si guardava in torno “ Qui non caveremo un ragno dal buco ragazze, conviene cercare in giro per la città” la sua voce non tradiva alcuna emozione, ma in realtà dentro di lei si agitava un maremoto, tuttavia ciò che aveva detto alle sue compagne era la verità: dovevano rimanere lucide, altrimenti con l’agitazione avrebbero solamente perso tempo, e vista la situazione era da evitare.

“Direi di dividerci, io e Umiko andiamo in macchina, Ottavia in bici e tu e Heles andate in moto che forse farete anche prima, lui ora ha mezz’ora di vantaggio su di noi, e sperando che non sia troppo tardi, converrà iniziare a cercarlo immediatamente” si intromise la Custode del Tempo, a sentire quelle parole si prepararono per agire. E nel giro di una quindicina di minuti erano tutte e quattro in strada alla ricerca disperata di quella testa calda.

 

***

Kazeshi dopo aver sperimentato per la prima volta la sensazione di essere risucchiato dentro un cono di bottiglia che non ti permette di respirare, si trovò con suo grande piacere a poca distanza da un castello in cristallo. Sospeso a chilometri di altezza su Tokyo, pareva che poggiasse i piedi su un pavimento di vetro,  sentiva già di amare quella costruzione, meravigliosa alla luce del sole quanto scura e minacciosa al calar delle tenebre, protetta da un aurea malefica che ne impediva la localizzazione a chi non doveva entrare in contatto con essa, con estremo piacere lui scoprì che era il benvenuto. Dalla struttura si abbasso infatti una scala sempre in cristallo, e lui prese come un invito al quale era impossibile resistere, il materiale simile a cristallo era gelido sotto il tocco delle sue mani.

Spostò lo sguardo verso l’ingresso a livello del quale la sua scalinata sarebbe finita e vide quella stessa donna che tanto l’aveva affascinato aspettarlo, non era sola però: dietro di lei c’erano altre cinque di quelle misteriose e meravigliose creature della notte, ed era certo che stavano aspettando lui. Accelerò il passo, e man mano che si avvicinava a loro il luccichio delle sue iridi si trasformò in qualcosa di gelido e spietato.

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Capitolo 8
*** Inutili ricerche, crolli emotivi e strani incubi. ***


Note dell'Autrice: Eccomi qui prima del previsto con a postare dal portatile nuovo, il vecchio è ancora funzionante ma può morire da un momento all'altro, per via di un cortocircuito causato dalla batteria mal funzionante che ha danneggiato sia il processore che l'hard disk -.-". Bando alle ciance, vi lascio con questo capitolo forse un pò più corto del solito ma se lo continuavo diveniva troppo lungo. Entro l'otto di Ottobre posterò anche sulla'altra long fic.
Buona lettura.


Capitolo 8: Inutili ricerche, crolli emotivi e strani incubi.

Appena la guerriera di Urano diede gas alla moto sentì la presa della compagna che si irrigidiva intorno ai suoi fianchi le venne da sorridere nello scoprire che, nonostante fossero passati anni da quando vi era salita la prima volta, non si sentiva ancora totalmente al sicuro. Più che altro non riusciva a capire come una che cavalcava a livelli tutt’altro che bassi  non potesse essere a suo agio sulla sua “bambina” a due ruote: un cavallo era sicuramente più pericoloso, era pur sempre un essere dotato di vita propria e, soprattutto, di volontà propria, che poteva imbizzarrirsi da un momento all’altro procurandoti un biglietto di sola andata per gli inferi. Al contrario la moto era un oggetto le cui azioni erano decise da colui che le stava in groppa, e lei non era una spericolata che compieva gesti azzardati quando aveva un passeggero dietro. Quando era sola era un altro discorso.

La violinista invece era stretta a lei, con il corpo totalmente aderente a lei, e il volto girato verso il marciapiede di destra, il più vicino a loro alla ricerca del figlio, senza del resto ottenere molti risultati, anche perché a ogni cambio di direzione il suo istinto le suggeriva di chiudere gli occhi e rafforzare la presa intorno alla bionda, era più forte di lei: in moto si sentiva troppo vulnerabile, anche se sentiva il vento entrarle fin sotto i vestiti a raggiungere un contatto intimo con il suo corpo che non poteva assolutamente sperare di avere in altri posti, non con l’elemento almeno. Con la sua guardiana era tutt’altra storia.

“Amore se mi stringi così mi soffochi” la sentì mormorare da sotto il suo casco integrale.

“Scusami”  le rispose sforzandosi di non stringere molto le braccia attorno alla persona che amava. Perdendosi dopo poco a guardarla, la tuta da motociclista nera, era perfettamente aderente al suo corpo donandole un aria tremendamente sexy risaltandone le forme, le sue iridi blu lo percorsero per l’ennesima volta andandosi a fermare la dove c’era il casco. Prima di concentrare nuovamente la sua attenzione sulle persone che camminavano incuranti di ciò che stava succedendo sui marciapiedi.

 

***

Ottavia era ormai arrivata da qualche tempo  nella zona che era solita frequentare in bicicletta, dove c’era un parco, le batteva forte il cuore per l’agitazione e l’assurdità della situazione che si era venuta a creare a causa sua. Si perché la colpa era solamente sua, avrebbe dovuto costringere suo fratello ad andare con lei in sala, magari abbassando le serrande e rinunciando alla lettura di un buon libro, ma almeno lo avrebbe tenuto d’occhio. Cosa che non aveva fatto, e che aveva portato a quegli eventi.

E ora chissà dove e cosa stava facendo Kazeshi, e soprattutto era forse caduto in balia dei nemici? Cosa gli avrebbero fatto? Sapeva per esperienza quanto fosse brutto divenire un involucro entro il quale si muove un entità malvagia, e se ci fossero state poche speranze di salvarlo? Come avrebbero fatto? Avrebbero salvato il mondo o la vita del ragazzino? E sopratutto lui voleva essere strappato dalle tenebre? Lei, o meglio Sailor Saturn aveva lottato con tutte le sue forze per uscire alla luce, sconfiggendo al contempo l'essenza malvagia della Despota 9, questo perché aveva attinto la sua forza dall'amicizia che Chibiusa e Bunny le avevano sempre dimostrato, ma lui? Pensava che tutta la sua famiglia fosse contro di lui, e non aveva neanche stretto amicizia, con nessuna componente del gruppo di Akane, ne con la sua migliore amica di cui era coetaneo. E quindi? A cosa si sarebbe potuto aggrappare per tornare ad essere quello che era? Per lei era impossibile capirlo, sapeva solamente che si sentiva in colpa. Troppo per i suoi gusti. Alla fine ai suoi due fratellini ci si era affezionata, anche se all'inizio non aveva accettato di buon grado la notizia della loro nascita.

Frenò di colpo quando arrivò a una delle entrate del parco, era stanca e affannata per la pedalata appena finita che l’aveva impegnata in un ritmo piuttosto sostenuto. Le sue iridi viola caddero sull’orologio che portava il polso facendole così notare che era passato più di un’ora da quando le ricerche erano iniziate, e la cruda e pura verità colpì la sua mente: ormai le speranze di trovarlo erano veramente poche, almeno che non si trattasse di una bravata bella e buona, e in quel caso era meglio che lei fosse andata a casa in modo che lui trovasse qualcuno al suo ritorno pronto a fargli una bella lavata di capo. Anche se non dubitava di Heles, che anche quando era piccola gliene aveva fatte a bizzeffe di lavate di testa quando si era rivelato necessario, non  in troppe occasioni comunque perché lei non aveva fatto una quantità innumerevole di gesti per guadagnarseli.

Scese  dalla bici e mantenendo le mani sul manubrio decise di riposarsi un quarto d’ora in modo tale da riuscire a calmarsi. Dopo di che sarebbe ripartita verso casa, si sedette su una panchina e rivolse lo sguardo verso il cielo sopra di se, che lentamente virava dal rosso acceso del tramonto al colore della sera imminente, uno spettacolo piuttosto malinconico.

 

***

Era passata quasi un’ora da quando l’automobile era uscita dal garage, e da quel momento in poi era calato un silenzio di tomba, Umiko fissava costantemente la strada alla sua destra senza in realtà vedere niente a causa dei troppi pensieri che le affollavano la mente. Pensava a ciò che aveva detto quello strano ragazzo dai capelli bianchi che sembrava avere un rapporto piuttosto stretto con Chibiusa, a quel famigerato Cristallo del potere di cui aveva parlato, e soprattutto pensava all’eventualità del dover uccidere suo fratello.

Si sentiva sporca.

Sarebbe divenuta un’assassina solamente a quasi quattordici anni.

L’assassina di suo fratello.

Quei pensieri le provocavano un’angoscia immensa, e se avesse fallito? Avrebbe avuto sulla coscienza la distruzione dell’universo intero, sempre che lei stessa fosse sopravvissuta alla catastrofe.

La Guerriera di Plutone invece era immersa in altri pensieri, sospettava infatti che colei che avrebbero incontrato il giorno dopo durante la loro visita all’Elision e alla zona dei Cicli Infiniti era la guerriera che controllava tutte le entità da cui loro altre erano protette, e per tanto era la più potente in assoluto. Ma anche la più solitaria, forse anche più di lei. Per lo meno durante la permanenza alle porte del tempo nel suo caso Chibiusa andava spesso a trovarla, rompendo quel silenzio che la circondava eternamente, ma i Cicli Infiniti erano una zona invalicabile se non si aveva il permesso di entrarvici.

“Zia ma se io non ce la facessi?” mormorò ad un tratto voltandosi a guardare la donna al volante.

“Riguardo a cosa?” le rispose Sidia senza distogliere lo sguardo dalla strada per evitare di causare qualche danno alla macchina della sua compagna di squadra, in caso contrario chi l’avrebbe sentita? Non voleva neanche pensarci!

“Riguardo a ciò che ha detto Helios” mormorò con tono triste la ragazzina.

“Non ti preoccupare, andrà tutto bene, non sei da sola ad affrontare tutto ciò, ci siamo noi ma cosa più importante c’è Sailor Moon e anche sua sorella quindi stai tranquilla e andrà tutto bene” rispose lei.

“Si ma se mio fratello fosse più potente, e si insomma  se mi distruggesse, se distruggesse me e l’intero pianeta?” chiese nuovamente lei .

La bruna approfittando di un semaforo rosso si volse a guardarla, con uno sguardo comprensivo .

“Non pensare una cosa del genere, noi saremo al tuo fianco e non lo permetteremo” le disse prima di stamparle un bacio sulla fronte. “Sarà meglio tornare a casa, sono quasi passate due ore e di lui non vi è traccia, chissà dove si è cacciato. Magari poi è anche a casa che se la ride” disse poi, tornando la Sidia chiusa e distante di sempre. Detto questo appena scattò il verde voltò nella prima traversa utile per fare marcia indietro e tornare a casa.

***

Erano quasi due ore che la Ducati Desmo 16 girava senza sosta per le vie cittadine catalizzando su di se gli sguardi di chi la vedeva passare dai marciapiedi, Heles quando poteva guardava anche lei i marciapiedi ormai da troppo tempo senza trovarvi alcun risultato, le speranze di ritrovare suo figlio erano sempre più scarse man mano che il tempo passava e in lei si fece strada l'idea che forse era meglio tornare a casa, nella speranza che lui ve ne facesse ritorno. Si maledisse per quanto era stata stupida a dargli addosso, e sopratutto per non aver captato a pieno le sue capacità e i suoi poteri, quando ora che ci pensava ne avevano avuto prova per tutti quei giorni, a partire dalla macabra scoperta che la sua compagna aveva fatto nella radura. Dopo aver raggiunto la rotonda a metà della strada che stavano percorrendo compì un giro di trecentosessanta gradi e tornò indietro.

“Hel ma che fai dobbiamo arrivare fino alla torre televisiva!!!” sentì protestare la violinista da sotto il suo casco nero, un pezzo unico con dei piccoli disegni argentati dal tema floreale che aveva disegnato lei stessa.

“Amore è inutile, se non vuole farsi trovare non lo troveremo, torniamo a casa” le urlò da sotto la visiera, mentre fissava i suoi occhi attraverso lo specchietto retrovisore. L'altra non le rispose, sentiva solamente una parte di lei rompersi, portandosi dietro tutta la speranza che aveva animato le ricerche in quelle due ore, mai possibile che la Guerriera di Urano non capisse il suo stato d'animo? Era così dannatamente difficile?

Heles non ottenne nessuna risposta ma sentì poco dopo un tremore che conosceva fin troppo bene, pervadere il corpo della sua ragazza, che nonostante non volesse farsi sentire tradiva i singhiozzi che la stavano percuotendo mentre si stringeva a lei sulla moto. Si sentì decisamente in colpa per averle fatto del male, ma d'altronde cosa potevano fare? Il giorno dopo sarebbero partite per una missione che poteva rivelarsi dura e pericolosa e non sapevano quando avrebbero potuto dormire, era da stupide passare in bianco la notte prima della partenza. Decisamente stupido. Anche se il motivo era la ricerca del loro secondogenito ciò non ammetteva scuse, dovevano anche pensare ad Umiko, che da li a qualche ora avrebbe intrapreso un viaggio quasi più grosso di lei, e della sua giovane età.

 

Quaranta minuti più tardi fecero il loro ingresso nel garage del palazzo, la bionda notò con piacere che sia la bicicletta che la macchina erano al loro posto, segno inconfutabile che le loro compagne di squadra, non che Umiko fossero già rientrate a casa. Scese dalla moto, e aiutò la violinista, scoprendo che aveva la visiera del casco appannata, molto probabilmente a causa delle lacrime. L'aiuto a toglierselo perdendosi poco dopo negli occhi umidi dell'altra che tuttavia non disse niente, rompendo il contatto delle loro iridi poco dopo, per dirigersi in silenzio verso la porta che dava accesso diretto al portone, e che si apriva proprio di fronte all'ascensore. Heles la raggiunse poco dopo, proprio in tempo per infilarsi tra la porta scorrevole della cabina prima che l'ascensore partisse, tra le due regnava un silenzio di tomba. Da parte sua provava un grandissimo nervoso per la situazione che si era venuta a creare. O meglio, per come si erano lasciate sfuggire di mano gli avvenimenti. Arrivate in casa trovarono le loro due compagne e la figlia in sala, nella stanza un silenzio di tomba mentre la pittrice si diresse senza salutare verso il balcone che univa la sala e la cucina, unico punto della casa dal quale poteva osservare il suo elemento nella baia di Tokyo in lontananza, inquinato dai liquami di scarico delle industrie certo, ma era pur sempre il suo elemento che in quei giorni era stato una silenziosa e dolorosa presenza ai lati della sua coscienza.

“Si sa qualcosa per domani?” chiese Heles alle altre, cercando di domare il suo nervosismo, non sapeva cosa fare, e soprattutto come prendere colei che amava; in tutti quei giorni non aveva mai avuto un crollo emotivo, ed era pertanto naturale che quella sera crollasse, ma come poteva confortarla se non sapeva neanche come tenere su di morale se stessa?

“Non ancora…” mormorò la Custode del Tempo.

“Maledizione!!” l’imprecazione da parte della motociclista fu accompagnata da un pugno tirato contro il muro con inaudita violenza, e che le provocò un discreto dolore al polso.

“Non serve a niente farsi prendere dalla rabbia Heles” la rassicurò la bruna “piuttosto Milena come sta?” in realtà lo aveva intuito da come era avvenuto il loro ingresso in casa, aveva avvertito un lieve gelo tra le due del quale però non conosceva la causa anche se poteva provare a indovinare.

“Credo che abbia un crollo emotivo” mormorò l’altra in risposta, continuando a dare le spalle all’amica. Sentì dopo qualche istante una mano appoggiarsi sulla spalla.

“Vai da lei” la Guerriera di Urano sapeva che quella era la cosa giusta da fare, ma era come se aspettasse una sorta di permesso da qualcuno, improvvisamente si sentiva più insicura di quanto non fosse, soprattutto per quanto riguardava la comunicazione con la compagna, e in tutti quei cinque anni non era mai successo.

Trovò la violinista in un angolo del terrazzo che fissava il mare davanti a se, con le braccia conserte al petto, non diede segno di aver avvertito la sua presenza, anche se lei sapeva che era tutto il contrario.

“Come va?” che domanda stupida. Pensò immediatamente dopo, ma infondo cosa poteva dirle, stava male anche lei in quel momento.

“Come deve andare?... potevamo evitare ciò che è successo oggi…” deglutì “Se solo avessimo fatto più attenzione potevamo evitare tutto” esplose con la voce rotta dal groppo alla gola che minacciava di arrivarle agli occhi. “E invece? Invece prese da tutto ciò… ci siamo dimenticati di lui…sono tale e quale ai miei genitori” a quell’affermazione non ci vide più.

“Michi guardami” come poteva anche solamente pensare una cosa simile, la sua affermazione cadde nel vuoto, costringendola a farla voltare prendendola per le spalle. “Non dire mai più una cosa simile, tu non sei uguale a loro. Sei una mamma meravigliosa, e sono sicura che Ottavia confermerà ciò che dico” la riprese bruscamente, quelle parole ebbero l’effetto di un’ondata di piena su una fragile diga, le lacrime iniziarono a rigarle il viso copiose, acqua che come sempre si trasformava in punte di ghiaccio acuminate per l’altra che non sopportava vederla in quello stato. “Se vuoi ulteriori conferme oltre ad Ottavia c’è Umiko e poi anche quella capra di Sidia” le disse ponendo un tono di voce più elevato in corrispondenza delle ultime quattro parole, nel tentativo di farla sorridere.

“ VACCI PIANO HAI CAPITO? GUARDA CHE TI SENTO!!!” sentirono urlare entrambe dalla sala, urlo che provocò un live sorriso che andò a increspare il viso della guerriera dei Mari, per un veloce e quasi impercettibile instante per poi essere nuovamente sommerso dallo sconforto e dall’angoscia che stava provando.

“Mi spieghi che cos’ho di diverso…ri..rispetto ai miei genitori? In fondo ho il loro stesso sangue!!!” esclamò dopo qualche istante di silenzio.

“Cazzo Mile di nuovo? Tu con quelle persone hai in comune solo il sangue, non il modo di essere, il fatto stesso che sei voluta andartene da quell’ambiente ti fa essere diversa. Non dire mai più una cosa del genere quando ci sono. Siamo intesi?” si era notevolmente innervosita, e forse aveva pronunciato quelle parole con troppa durezza vista la situazione, ma non era riuscita a farne a meno. In quel momento sicuramente la sua compagna la stava maledicendo per la sua insensibilità, ma doveva reagire, e soprattutto non farsi una colpa per quello che era successo.  La trasse a se per abbracciarla mentre i singhiozzi e il pianto ricominciarono a scuoterle il suo esile corpo, tuttavia al suo contatto la sentì irrigidirsi.

“Las…Lasciami” mormorò cercando di opporre una lieve quanto ridicola resistenza a riguardo, senza ottenere però il risultato sperato. Odiava essere in quello stato emotivo, le sembrava di essere tornata indietro nel tempo quando era molto più insicura di se stessa, a quando l’unica cosa che la spingeva a  non arrendersi era solamente la presenza della compagna al suo fianco. Tutto ciò in quei quasi sei anni si era notevolmente affievolito facendo emergere molto spesso la grinta e la determinazione di quando combatteva anche nella vita di tutti i giorni. Quel giorno invece quei lati del suo carattere erano andati tutti in sciopero, lasciando campo libero al suo lato più fragile. “E se…n..non…riusc…riusciremo a salv..salvarli?” chiese con il viso nascosto nel petto dell’altra.

“Non ti preoccupare ce la faremo…ne sono sicura” la rassicurò la bionda prima di stringerla forte a se e affondare il viso nei suoi capelli per perdersi nella fragranza di rose che emanavano. E che ne era sicura: avrebbe riconosciuto tra mille.

 

Quando rientrarono in casa un quarto d’ora più tardi trovarono Sidia al telefono, e a giudicare dalle sue risposte al di la della cornetta c’erano o Bunny o Helios, quello strano tipo alla motociclista  rimaneva indifferente, più che altro la innervosiva ma non quanto Seiya, e molto probabilmente la sua irritazione nei confronti del ragazzo dell’Elision era dovuta solamente al fatto che riusciva a zittirla con le parole senza neanche alterarsi, come se stesse parlando del più e del meno con qualsiasi altra persona che vi era su quel pianeta.

Il fatto stesso però che egli sembrava avere un fortissimo legame con la loro principessa e soprattutto con Chibiusa la rassicurava, non sapeva che ruolo avesse avuto lui in passato, ma se le due ragazze si fidavano non vedeva perché non avrebbe dovuto farlo lei.

Seguì la compagna sul divano affianco alla figlia e alla Guerriera di Saturno,  e non appena la violinista si sedette, il loro gatto le saltò in grembo producendo delle sonore fusa.

“Mamma hai fatto colpo su Artù” esclamò Umiko.

“Mi spiace piccolino ma credo che tu sia veramente poco dotato, per sperare di conquistarla” mormorò la bionda con un espressione maliziosa dipinta sul volto.

“Heles!!!” la pittrice la fulminò con lo sguardo, più per l’allusione che aveva appena compiuto in quella frase visto che la figlia era ancora troppo piccola per sentire certe cose, e poi voleva evitare che diventasse sboccata quando suo “padre”.

“Che ho detto? A te piacciono le cose un po’ più grosse o sbaglio?” le rispose la motociclista, godendosi il rossore che le pervase il viso tingendolo di un rosso paonazzo.

“Non mi sembra il caso di fare questi discorsi!!!” rispose impettita, puntando lo sguardo in direzione di Sidia che aveva appena concluso la chiamata.

“Quando avrete finito con i doppi sensi io avrei qualcosa di decisamente più urgente da dirvi riguardo a domani” decretò la bruna fulminando con un solo sguardo la replica della Guerriera dei Venti, che così dovette starsene buona ad ascoltare, dopo averle deliziate con un grandissimo brontoli; dopo aver ottenuto il silenzio, iniziò a parlare. “Al telefono c’era Bunny, ha detto che domani mattina alle nove dobbiamo essere al tempio di Rea, per la partenza. Sarebbe meglio essere puntuali in modo tale da sfruttare a pieno il tempo a nostra disposizione poiché è veramente poco, sarà una corsa contro il tempo vi avviso, una corsa contro il tempo in cui io almeno che non vi siano condizioni estremamente particolari non potrò interferire perché sapete a cosa vado incontro quando compio gesti di simile portata. Che in qualunque caso avrebbero un effetto piuttosto limitato. In qualunque caso, credo che il piano di Helios sia molto valido, anche se decisamente pericoloso”

“Ma perché tu lo sai? Che cos’ha in mente intendo” chiese Umiko agitata, in fondo era lei quella che doveva viverlo in prima persona.

“Si stranamente ho avuto un flash sul futuro imminente, dopo mesi di silenzio da parte del Tempo” mormorò “Ma non posso dirvi altro, verrà tutto a tempo debito”  le rispose la bruna, aumentando i dubbi e l’insicurezza della ragazzina, mentre le altre tre guerriere rimanevano in assoluto silenzio, senza sapere bene cosa dire, ne cosa pensare.

“Be che volete per cena?” esclamò dopo svariati minuti di silenzio Ottavia per smorzare la tensione che si era venuta a creare dopo quell’annuncio. Erano giunte all’inizio di un percorso di cui non si conosceva il finale.

 

***

 

"Qualcosa le diceva di correre, o meglio qualcuno al suo fianco glielo imponeva nonostante lei non ne avesse voglia, nonostante il suo istinto le dicesse di tornare indietro ad aiutare la persona per lei più importante, cercava di fare dietro front ma non ci riusciva. Non si capacitava di come l’angoscia non l’avesse fatta esplodere per quanto era forte.  Intorno a lei il terreno era nero, pervaso da file di cristalli viola che emergevano dal terreno come fossero radici, e il calore era disumano, l’aria era calda, e dentro ad essa erano sospese milioni di piccole particelle di fuliggine che andava a formare una cappa scura che impediva ai raggi del sole di illuminare quel terreno che sapeva di malvagità e di morte. Per qualche istante tutto nero, e poi improvvisamente era su una collina dove l’erba era di un bel verde brillante, e dove il sole sembrava arrivare con la sua normale intensità, poco lontano, a circa novecento metri da loro, un edificio fagocitato dai cristalli notati prima era in fiamme.

Lacrime salate iniziarono a scorrerle lungo le guance, perché quella visione pareva un inferno? Perché lei non era ancora uscita da quell’inferno, doveva fare alla svelta, permettere al loro gruppo di salvarsi, e quindi non capiva il motivo di quel ritardo.

Poi un esplosione assordante, da far esplodere i timpani e spaventare chiunque, e quell’edificio era esistente per metà, dentro il di lei insieme all’edificio era andata in pezzi la sua anima."

Aprì gli occhi, affannata per quell’incubo che l’aveva colta di sorpresa, si voltò verso il comodino per vedere l’ora, erano quasi le sette e mezza del mattino. La paura e la sensazione di quel brutto e terribile sogno non la voleva abbandonare, quella scena dove le fiamme la faceva da padrone appariva nella sua mente ogni qual volta cercava di chiudere gli occhi, rendendole impossibile continuare a dormire per ancora una mezz’oretta. Ma poi anche se quelle immagini non fossero rimaste impresse nella sua mente, come avrebbe potuto chiudere occhio dopo un sogno premonitore di quel tipo? Cercò di respirare profondamente, in modo da riportare alla normalità il suo respiro e il suo battito cardiaco che sembrava impazzito per il terrore. Ben decisa a non porci molto peso, non quel giorno in cui dovevano essere pronte a tutto.

 

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Capitolo 9
*** La zona dei cicli Infiniti ***


Note dell'Autrice: Eccomi qui con il nono capitolo, grazie per le recensioni, questo week risponderò a tutte. Forse anche domani. Purtroppo per voi ( o forse no ) il mio orario Universitario è un inferno per questi primi sei mesi del secondo anno ( 8.30 - 18.30 o 8.30 -19.30 con un'ora per il pranzo dal Lunedì al Giovedì ) per cui riuscirò a scrivere solamente Venerdì, Sabato e Domenica perchè sono sicura che tornerò distrutta dalle lezioni e non avrò sicuramente la testa. Inutile dire che quindi il ritmo credo che rallenterà notevolmente dalla prossima settimana =( .
Vi auguro buona lettura, e si accettano scommesse sulla voce dell'ultima battuta finale chi sarà?
Vi dico solo che è presente in un'altra fanfic di questo fandom, con lo stesso nome ma con aspetto diverso, è il personaggio di un'altra autrice che segue sempre le mie pubblicazioni - e che ringrazio mille volte per avermi concesso il nome del personaggio - e che ovviamente crediterò nel prossimo capitolo dove verrà svelato anche il proprietario della voce. Indicherò anche la fanfic da cui è stato tratta. Ma se fate caso al titolo del capitolo, c'è un piccolo indizio ( ovviamente per i lettori in comune).
Stop Non dico altro. Spero vi piacca questo capitolo.

9^Capitolo: La zona dei cicli infiniti

Alle nove in punto erano tutte presenti davanti al tempio, mancavano solamente la “famiglia” di Marzio e Helios che in quei giorni era stato loro ospite, l'atmosfera era tutt'altro che allegra. Erano tutte in silenzio senza avere la voglia, e molto probabilmente neanche la forza, di proferir parola. Il pensiero rivolto al viaggio che stavano per affrontare, e all'apprensione per chi invece sarebbe dovuto rimanere a difendere il pianeta Terra. La paura di non rivedere più le persone che amavano era forte dentro di loro, ma anche uno spunto da cui trarre la forza necessaria per affrontare quell'ennesima battaglia. Rea si lasciò sfuggire un sonoro sbadiglio, la sera precedente si era intrattenuta fino a notte fonda davanti al fuoco cercando di trovarvi conforto o qualche indizio o premonizione, senza però ottenere risultati soddisfacenti se si escludevano quelli che le comunicavano che la Terra era in grave pericolo. Il tutto si era tradotto in una pessima cera quella mattina e una lite al quanto nevrotica con la sua lunga chioma che era rimasta tutta arruffata a causa della notte insonne, sbadigliò sonoramente proprio mentre i ritardatari facevano la loro comparsa in cima alla scalinata.
“Eccoli” esclamò ottenendo così l'attenzione delle compagne, che fino a quel momento sembravano essere immerse in un limbo.
“Giorno ragazze” le saluto Marzio cordialmente, come se quello fosse uno dei soliti raduni che avevano tappezzato  i loro pomeriggi almeno una volta a settimana in quei cinque anni di pace. Bunny al suo fianco non era dello stesso avviso, sembrava triste e preoccupata. E in realtà lo era. Era in pensiero per il suo pianeta, ma sopratutto per loro, le sue amiche. Ognuna diversa dall'altra, ma importanti e indispensabili proprio per questo, insieme si completavano e si erano fatte coraggio sempre e in ogni occasione. Il suo sguardo si posò sul suo gruppo, le guerriere che l'avrebbero protetta a costo della loro stessa vita, ma sopratutto le ragazze con cui aveva condiviso ogni attimo della sua adolescenza, con cui era cresciuta, lamentandosi per eventuali problemi in amore, o semplicemente per un brutto voto preso a scuola, con loro aveva condiviso mille difficoltà e l'ansia degli ultimi esami prima del diploma, la gioia nell'apprendere che tutte li avevano superati. Le guardò una per una.
Il suo sguardo si posò per primo su Amy, la dolce e studiosa Amy. La ragazza isolata da tutta la scuola perché con la media più alta in assoluto. Ma che sapeva donare tutto il suo cuore a chi sapeva dimostrarle che le voleva bene. In seconda battuta su Morea, forte e coraggiosa, con un lato da maschiaccio ma che in realtà era una grande sentimentalista. Poi su Marta, colei con la quale aveva condiviso i ritardi a scuola, le distrazioni dai pomeriggi di studio e la pigrizia; la principessa dell'amore che però su questo campo era al quanto sfortunata. In fine su Rea, la testarda e antipatica Rea. Con la quale più volte aveva litigato, ma l'unica che forse era stata in grado di aprirle gli occhi nelle occasioni in cui tutto sembrava perduto. Si voltò appena in modo che le sue iridi blu si posassero su coloro che inizialmente avevano creduto nemiche, di cui non riuscivano a capire lo scopo e la cattiveria gratuita contro una vittima innocente delle loro battaglie: le guerriere del Sistema solare esterno. Guardò Sidia, misteriosa e solitaria che raramente si lasciava andare alle emozioni, ma che in realtà avrebbe fatto qualsiasi cosa per le persone che amava. Poi i suoi occhi si posarono sul maschiaccio del gruppo, Heles, impulsiva e spavalda ma che in realtà, ne era sicura, nascondeva dietro a quella fortezza un carattere fragile. Venne il turno di Milena, la dolce ed eccelsa violinista di cui in passato era stata gelosa per le attenzioni che aveva rivolto a Marzio, prontamente declinate da lei stessa; dal carattere tranquillo, dolce e riflessivo ma che all'occasione si tramutava in una determinazione fuori dal comune. In ultimo venne il turno della sensibile e fragile Ottavia, segnata da un brutto passato ma che era capace di donare un amore sconfinato a chi le era intorno, colei di cui non aveva mai dubitato neanche quando il suo corpo era stato trasformato dal male.
“Bunny sei sicura che sia tutto a posto?” la voce di Marta la riportò alla realtà da tutti quei pensieri, sentiva gli occhi pizzicarle, deglutì velocemente per cacciare indietro le lacrime. Non voleva sembrare la solita piagnucolona, in quei cinque anni era cresciuta, e maturata. Sicuramente non sarebbe stato quell'arrivederci a farla crollare.
“Si scusate ragazze stavo solamente pensando” mormorò.
“Ok allora se è tutto a posto e non ci sono intralci direi che potremmo partire” esclamò Helios per poi voltarsi verso il resto del gruppo in cerca di assenso che prontamente gli venne dato da un annuire generale delle ragazze. Qualche istante dopo nell'aria echeggiarono le frasi per la trasformazione che tanto avevano gridato anche in passato, svariate luci avvolsero i loro corpi permettendo alla guerriera che era in loro di manifestarsi. Dopo pochi istanti una moltitudine di piume avvolse il custode dei Sogni che riprese le sembianze del bel destriero bianco.
“Ragazze state attente” disse loro Bunny, tradendo la sua preoccupazione per quel distacco che poteva anche rivelarsi definitivo per quanto ne sapeva lei.
“Puoi contarci” le fece l’occhiolino Marta “Devi solamente avere fiducia in noi e vedrai che si risolverà tutto” in realtà però era molto preoccupata anche lei.
“Ragazze e meglio andare” la voce di Pegasus echeggiò sul piazzale mentre lui apriva le ali.
“Ok siamo pronte” a quelle parole di Morea, Bunny e la parte del gruppo che doveva rimanere sulla terra si allontano da loro proprio pochi istanti prima che si sentisse un rumore molto simile al gong di una campana prima che dal corno del destriero si sprigionasse una luce bianco che avvolse le guerriere destinate al viaggio. Umiko quasi abbracciata alla madre. Poi più niente.
“Marzio c’è la faremo vero?” mormorò la biondina con le mani al petto, prima di sentire il braccio del bruno attorno alle spalle.
“Si c’è la faremo,  e sono sicura che loro riusciranno a portare a termine la loro missione” mormorò lui.


***

Quando la luce si attenuò permettendole di guardare ciò la circondava, il tempio della miko era sparito, e a giudicare dal paesaggio non si trovavano nemmeno a Tokyo ma in qualche altro punto del loro pianeta.
Intorno a loro si estendeva un prato di un bel verde smeraldo, dove i più strani animali correvano e giocavano allegri senza essere intimiditi dalle loro ospiti, dal prato qua e la spuntavano dei cristalli quasi trasparenti,  mentre alberi rigogliosi e con molte probabilità centenari regalavano un po’ di sollievo dalla luce accecante che avvolgeva quell’angolo sospeso nello spazio dimensionale, molto simile ad un giardino dell’Eden. Sulla loro destra un fiume cristallino scorreva tranquilli ai limiti di un bosco all’ombra del quale spuntavano gli stessi cristalli del prato. Helios ripresa la sua forma umana, ripensò ai primi incontri avuti con la sua Chibiusa proprio in quel bosco che era riuscito a introdurre nei sogni di lei anni addietro.
“Benvenute nell’Elision ragazze” disse loro, mentre iniziava a camminare verso una struttura in marmo bianco molto simile a un gazzebo, finemente ricamata quasi ad assomigliare un merletto di pietra, all’interno della quale sembrava esserci una sfera luminosa che però pareva essere senza consistenza: agli occhi delle ragazze era individuabile solamente per il contorno luminoso che la delimitava.
“Te la passi bene Helios qui” mormorò Morea affascinata da tutte quelle piante mai viste ma che l’appassionavano ancor di più di quelle terrestri, mentre si guardava intorno per non perdersi neanche un fiore di quelli li presenti. Averlo saputo si sarebbe portata la macchina fotografica per poter fotografare tutta quella meraviglia.
“ E’ un luogo perfetto per pregare e proteggere l’equilibrio tra Terra e Luna, come ben sai” rispose lui continuando ad avanzare.
“Ma scusate fatemi capire, che ruolo hai avuto in passato te?” esclamò ad un certo punto Heles, era ormai dalla riunione della sera prima che quella domanda le alleggiava nella mente, ma non aveva ma non si era mai verificato il momento adatto per chiedere e sfamare la sua curiosità a riguardo. Il ragazzo dai capelli bianchi si voltò per guardarla dopo aver interrotto il suo cammino imitato dalla restante parte del gruppo.
“Be in effetti è piuttosto complicata la storia, tuttavia vedrò di riassumerla nel modo più breve possibile” rispose lui “ Penso che voi guerriere conosciate la Regina Nehellenia giusto?”
“Altroché!! Un’arpia del genere chi se la scorda?” esclamò la bionda facendo volgere gli occhi verso il cielo alla compagna.
“Diciamo che durante la sua prima comparsa ha lanciato una maledizione sul sottoscritto, e sono riuscito a fuggire dalla maledizione solo sotto forma di cavallo, quindi mi sono rifugiato nei sogni di Chibiusa e li l’ho conosciuta, il mio corno è il Cristallo d’Oro, ovvero il cristallo della Terra, ciò che per le Principesse della Luna sono il Cristallo d’Argento e il Cristallo d’Argento illusorio” rispose lui.
“ A ok adesso ho capito” mormorò la guerriera di Urano in tono di assenso. Umiko si era intanto seduta su una roccia poco lontana in preda a un fortissimo mal di pancia causato dalla forte agitazione che stava provando in quei momenti, da li a poco avrebbe incontrato quella strana persona che aveva annunciato il custode del Cristallo, e sarebbe venuta finalmente a sapere che cosa l’umanità si aspettava da lei.
“Va tutto bene?” sobbalzò appena nel sentire la voce della sorella dietro le sue spalle, si girò per guardarla senza risponderle, anche perché poteva mai dirle che se la stava facendo sotto dalla paura? Se lo avesse raccontato a qualcuno l’avrebbero presa per pazza e l’avrebbero sicuramente fatta rinchiudere in un centro psichiatrico come se fosse un soggetto affetto da una patologia rara. Era in un mondo staccato dalla Terra, chissà quanto lontano da essa. Sospesa chissà dove e come poteva stare tranquilla. Poi doveva adempiere a un compito importante, che se possibile era ancora più allucinante.
“Insomma” si limitò a mormorare, in modo da non sembrare una pazza isterica.
“Guarda lo so benissimo che sei un po’ scossa, la prima volta è difficile per tutti, figurati che io una volta nella villetta dove abitavamo cinque anni fa ho fatto comparire un sistema solare in camera mia” le sorrise “ E avevo solo circa sei anni all’epoca, non ti dico come sono rimasti Sidia e i tuoi genitori”
“Nostri…” mormorò lei, mai possibile che ogni volta diceva tuoi e non loro? Era sua sorella diamine!
“Cosa scusa?” chiese confusa la bruna.
“Nostri Genitori Ottavia…non miei ma nostri” rispose lei sorridente.
“Come vuoi…” fece spallucce mentre si appoggiava alla falce per riposarsi in attesa che le altre finissero di parlare. Tanta fretta di partire e ora si parlavano in parole al quanto inutili e senza senso. Com’erano strane!


***

Davanti alla sala del trono in marmo  nero era comparso un altare del medesimo materiale circondato da cristalli che fuoriuscivano dal pavimento formati dallo stesso materiale che formava il castello sospeso nel vuoto sopra Tokyo a svariati chilometri di altezza. Appena Kazeshi aveva varcato la soglia della struttura era stato colpito da una strana quanto innaturale stanchezza, aveva iniziato a girargli la testa ma si sentiva in qualche modo finalmente a casa. Poi aveva visto tutto buio.
Era passato quasi un giorno intero da quando era arrivato nel castello, e dal suo arrivo il suo corpo giaceva addormentato davanti al trono. Intorno a lui i quattro demoni sottoposti erano eccitati per l’ormai imminente rito di ricezione, e con loro anche la nuvola di vapore sospesa sopra allo scranno nero, impaziente di entrare a far parte di quel corpo per governare ogni sua reazione, e divenire così il signore incontrastato di quel pianeta. Dal corpo di quel ragazzino proveniva una  strana aurea di energia negativa mai sentita in nessun essere vivente che avevano incontrato nel loro girovagare per quel pianeta alla sua ricerca. E questo era senz’altro molto positivo.
“Mio signore credo che tutto sia pronto” Meynir fece la sua improvvisa comparsa seguito dalla sua squadra, i denti luccicanti nel buio messi in mostra da un sorriso più ampio del dovuto. Nell’aria solamente il fruscio determinato dalle vesti in movimento degli altri quattro dietro di lui, impercettibili ad un orecchio umano, ma chiarissimi a quelli della loro stessa specie.
“ E’ tutto a posto? Ne siete sicuri?” chiese la nuvola, con una voce profonda e che entrava fin dentro le ossa mettendo i brividi.
“Si anche la sua tunica” mormorò lui facendo un cenno a Ceyris di avanzare alla sua destra “Eccola” disse poi facendogliela vedere, era nera anch’essa ma sul petto vi era un inquietante occhio viola che spiccava sull’inchiostro del restante tessuto di cui era composta. Un cenno di assenso sembrò derivare dalla nuvola che aveva preso una forma vagamente umana
“Ok iniziamo allora” disse la voce. A quelle parole i quattro demoni cambiarono posizione in un batter di ciglio, andandosi a disporre ai vertici di una stella a cinque punte, tutti e quattro con un cristallo purpureo sospeso tra le mani e gli occhi chiusi, il quinto vertice era occupato dal loro capo squadra vicino al quale c’era ancora colui che avevano aiutato a raggiunger i propri scopi in tutti quei mesi di vane ricerche negli angoli più remoti del pianeta Terra prima di giungere sopra a quella stupida città che incurante di tutto conduceva la sua vita sotto di loro.
Quanto erano ingenui gli essere umani, e quanto era stato ingenuo quel ragazzino a concedersi di sua spontanea volontà nelle loro mani, senza neanche aver lottato un secondo, ma per il semplice fatto di aver percepito un’energia a lui familiare.
Il silenzio fu interrotto da una sorta di rumore proveniente dai cristalli che iniziavano pian piano ad aumentare la loro luminosità, un sibilò risuono nel silenzio mentre da essi partirono cinque raggi che andarono a congiungersi in un unico punto perpendicolare al corpo addormentato. Dal punto di contatto dei cinque raggi viola ne usci un sesto che andò a colpire proprio il petto del ragazzino, senza provocargli all’apparenza nessun dolore. Passarono cinque minuti di attesa in quelle condizioni prima che la nuvola viola sempre mantenendo le sue sembianze vagamente da umano, mosse i suoi passi diretta verso l’altare. Si sedette come se si trattasse di un letto, e poi si sdraiò andando a sovrapporsi al corpo di Kazeshi. Nell’esatto momento in cui avvenne la sovrapposizione, il Tiranno andò a prendere possesso del sistema nervoso del corpo che lo ospitava, sentì pian piano la sua essenza prendere il controllo di quell’organismo a lui sconosciuto, sentì i tendini prima irrigidirsi e poi rilassarsi, i neuroni fargli una certa resistenza ma poi arrendersi impotenti a quella conquista, lo stesso per la restante parte della materia celebrale alla quale seguirono apparati, sistemi, organi, tessuti, muscoli fino alla minima cellula tutto all’interno di quel corpo trasudava malvagità e energia nera.
I raggi uniti sopra di lui scomparvero frantumandosi i miliardi di piccole schegge luminose, lui spalancò i suoi occhi verdi, malvagi e freddi e la prima cosa che vide fu il soffitto della stanza in cui era stato confinato tutto quel tempo, senza finestre e luce per evitare che la sua essenza andasse persa. Mosse le dita sentendo il marmo freddo sotto i polpastrelli, si mise a sedere e si guardò intorno, la sua vista più potente di quella di un terrestre normale, intorno a lui i demoni non poterono fare a meno di inchinarsi a quell’essenza malvagia che avevano davanti, soffocando un ringhio carico di gioia per ciò che era appena avvenuto sotto i loro occhi.
Prima di quel momento, di quella rinascita avevano solamente giocato alla caccia come il gatto con il topo, ora le cose sarebbero cambiate tornando a ciò a cui erano abituati, avrebbero creato delle creature utili alla conquista di quel pianeta del sistema solare, in modo tale che quelle noiose mosche chiamate guerriere Sailor potessero essere schiacciate come dei moscerini insignificanti.
Un sorriso affiorò sugli occhi di Ceyris durante quegli istanti, ma non solo su quello di lei, tutti avevano un’espressione quasi pari a quella di una persona felice. Meynir soprattutto, e lei non poteva che esserne più felice, covava per lui qualcosa che andava ben oltre all’ammirazione e il rispetto che gli doveva quale sua sottoposta e vederlo così contento per l’esito positivo della ricerca, portato in un certo senso a compimento da lei stessa la rendeva felice. Più di qualsiasi altra cosa.
“Mio signore” mormorò il primo tra i demoni in segno di rispettoso saluto.
“Avete fatto un ottimo lavoro, chi ha trovato questo mortale?” la sua voce era come quella del ragazzino di cui stava controllando e sfruttando il corpo, ma era intrisa da un sincero moto di curiosità.
“Io mio signore” la demone compì qualche passo avanti mantenendo il suo sguardo basso per non compiere qualche offesa nei suoi riguardi.
“Molto bene Ceyris” mormorò lui iniziando a camminare avanti e indietro sotto lo sguardo dei cinque “…molto bene” aggiunse quasi tra se e se. Alle sue due affermazioni seguì qualche minuto di silenzio. “Direi che possiamo ridare la vita alle restanti pareti del castello e creare i mostri come tanto tempo fa.” Setenziò puntando i suoi occhi smeraldo in quelli ora rossi di Meynir, il demone si limitò ad annuire.
“Bene allora cominciate subito, dobbiamo agire velocemente per non permettere a quelle stupide ragazzine di metterci i bastoni tra le ruote. Prima sono pronte le creature e prima inizieremo la nostra conquista del Sistema Solare.
“Agli ordini mio signore” rispose lui “Se non le dispiace noi andremmo a svolgere il nostro ruolo, compiendo la missione che lei stesso ci ha appena dato”
“ Si andate pure” disse lui voltando loro le spalle e dirigendosi sul suo trono, che da troppo tempo gli era mancato, si sedette e si appoggiò sul poggia gomito destro con il braccio, dopo di che fece lo stesso con il viso ma quest’ultimo sulla mano destra. Pregustava già il sapore del terrore che avrebbe percorso quella città e la Terra intera appena il suo esercito fosse stato pronto, quegli insulsi esseri umani sarebbero crollati uno per uno sotto le sue truppe. Ne era certo. Un sorriso sghembo mise in vista i suoi denti bianchissimi.

***

Il gruppo nell’Elision nel frattempo aveva raggiunto la struttura dentro alla quale vi era il cerchio di luce che avevano notato poco prima da lontano, ciò che vi era di strano che in quel momento non era trasparente, anzi tutto il contrario! Era di un bianco etero, della consistenza del fumo, ma pur sempre con il bordo luminoso, da esso le guerriere sentivano provenire un’enorme energia.
“Che cos’è Helios?” chiese Amy non riuscendo a capacitarsi di ciò che aveva sotto gli occhi, era qualcosa di inspiegabile persino dalle più complicate teorie della fisica che aveva studiato come approfondimento al Liceo. Incredibile. Decisamente soprannaturale. Be in effetti dopo più di cinque anni che aveva la protezione di Mercurio ne aveva viste di cose strane.
Fin troppe per i suoi gusti.
“E’ l’ingresso per l’Area dei Cicli Infiniti” rispose lui mentre il cerchio si disponeva parallelo al suolo “Ora statemi bene a sentire, una volta varcato questo ingresso spazio temporale avverrà un cambiamento, che non posso anticiparvi ma che non è grave. In ogni caso non vi agitate non è grave, e non vi procurerà ferite capito? Basta mantenere la calma” disse loro, prima di riprendere le sembianze del bel cavallo bianco. Dopo di che le guardò prima di librarsi in volo sopra al cerchio e gettarvisi in picchiata senza porre attenzione a ciò che faceva, adorava quell’ingresso nella zona dei Cicli, era decisamente spassoso.
“Cioè lui vuole che ci lanciamo nel vuoto?” mormorò contrariata Heles con uno sguardo pieno di stizza.
“Credo che non abbiamo altre alternative ragazze” rispose lei la guerriera di Mercurio “Quindi sarà meglio darci una mossa altrimenti rimarremo indietro” detto questo con una determinazione che non era da lei compì i passi che la separavano dal cerchio luminoso e chiuse gli occhi prima di lasciarsi cadere dentro di esso.
“Dai ragazze non facciamoci prendere dal panico” disse Rea battendosi un pugno sul petto, le altre tre annuirono e anche la restante parte del gruppo del sistema solare esterno scomparve poco dopo. Loro decisero di essere più prudenti e per non perdersi a causa del cambiamento che il guardiano di quella dimensione aveva accenato, si diedero tutte e quattro la mano e si lanciarono.
Intorno a loro era tutto di un bianco innaturale, e luminoso, la loro caduta sembrava non arrestarsi mai, e a causa del vento furono costrette a lasciarsi la mano.
“SE CONTINUA COSì MORIREMO SCHIANTATE” urlò Heles. Che modo stupido di morire. Sotto di loro, infatti, pian piano si andò delineandosi qualcosa di molto simile ad un prato, identico a quello che avevano appena lasciato solamente di colore bianco.
Arrivarono a pochi metri dal suolo e tutte chiusero gli occhi pronte a sfracellarsi contro di esso. L’impatto non avvenne, ma al contrario la loro caduta fu bloccata di colpo prima di riprendere all’improvviso.
“Ahia che botta!!” si lamentò Milena, che tuttavia soffocò con una mano una risata sincera nel vedere come erano atterrate le sue compagne. Ottavia era con il sedere per aria, ma poco importava, sua figlia era caduta quasi seduta come lei. Ma Sidia e Heles no! Per qualche strano motivo loro erano cadute proprio…
“Sidia belle le mutande con gli orsacchiotti” disse la guerriera di Urano.
Per qualche strano motivo la guerriera di Urano in quel momento si trovava stesa a pancia in su e sopra di lei poco lontana dal suo viso era caduta seduta la Custode del Tempo, regalandole una panoramica che non avrebbe mai sospettato.
“Sei una maniaca schifosa!!!” ruggì la bruna con il volto rosso dall’imbarazzo, per la posizione fin troppo equivoca in cui si trovava, provocando una risata cristallina nella violinista “Che ti ridi te? Dovresti essere gelosa!!”
“ Ma la mia donna è gelosa, ma credo che una cosa a tre non gli dispiacerebbe” rispose la motociclista con un tono malizioso.
“ Ma finiscila!! Sei una pervertita allucinante!!” continuò lei rabbiosa.
“Mmm..si mon amour” le piaceva da impazzire farla arrabbiare in quel modo con poche e mirate parole. Il volto della guerriera di Plutone, solitamente indecifrabile ora era rosso per la vergogna. “Per quanto sono convinta che tu possa desiderare qualcosa di più intimo con la sottoscritta, farai meglio a togliere il tuo culo da sopra la mia cassa toracica!!” la riprese la bionda cercando di staccarsela di dosso.
Solo in quel momento l’attenzione di Milena si posò sulla sua mano, non era più presente il suo guanto bianco da guerriera, posò quindi lo sguardo sul suo corpo per scoprire che a rivestirla c’era un vestito blu, lo stesso che l’aveva vestita quasi un anno prima. Dopo la battaglia con Adrien, solo in quel momento registrò anche la lunghezza spropositata dei suoi capelli mossi che le incorniciavano morbidamente il volto scendendo giù verso la restante parte del corpo, intorno alle braccia una sorta di nastro di tulle libero di caderle sul vestito quando si fosse alzata.
I suoi occhi si posarono quindi sulla sua compagna, e non furono smentiti, niente affatto. Lei…o meglio lui era nuovamente davanti ai suoi occhi. Come quella notte da cui era partita tutta la sua faccenda. A causa della posa imbarazzante in cui la sua compagna, ora compagno, era caduta nessuna delle presenti ci aveva fatto caso, ma la voce non era più quella di donna.
“Benvenute nella Zona dei cicli Infiniti guerriere Sailor” una voce dolce e soave le fece voltare, un espressione stupita sui loro volti.

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Capitolo 10
*** La guerriera dell'infinito ***


Nuova pagina 1

Ringrazio infinite volte Shadow_84 per avermi concesso il permesso di utilizzare il nome di un suo personaggio creato appositamente per la sua long - fic dal titolo: "Il cristallo dell'Oscurità" che consiglio se amate l'horror e volete farvi quattro sane risate senza perdere di vista il romanticismo. Il personaggio in questione è Sailor Infinity, ovvero Sara nella sua fanfic. vi auguro buona lettura. Per le note sulla fanfiction vi rimando a fine capitolo.

10 Capitolo: La guerriera dell’Infinito.

Il tempo sembrava essersi fermato nel momento esatto in cui erano state interrotte da quella misteriosa voce femminile, non che in quella strana dimensione si avesse l’impressione che il tempo scorresse come avrebbe dovuto.

Gli occhi di Umiko si posarono sul gruppo che era stato scelto per accompagnarla, tutte stavano indossando i loro abiti normali, di tutti i giorni. Tutte tranne i suoi genitori. Si perché poteva dire che erano proprio loro. Ed erano bellissimi.

Fu distratta da una sorta di battito d’ali intermittente che si ripresentava dopo una specie di risucchio, solo in quel momento si accorse che nell’aria levitavano delle sfere trasparenti, che all’apparenza erano fermi ma che al loro interno recavano qualsiasi cosa ciclica che ci fosse in natura. Fissò la sfera che aveva attirato la sua attenzione mediante il suo udito: all’interno vi era un piccolo colibrì rosso che svolazzava per qualche minuto, prima di svanire in un risucchio prima che comparisse un uovo minuscolo di colore azzurro verdognolo, da questo dopo il medesimo tempo nasceva un pulcino che si trasformava nuovamente nel volatile iniziale. Per le altre sfere la faccenda era molto simile: in una era rappresentato su un albero il ciclico alternarsi delle stagioni. Poco lontano l’alternarsi del giorno e della notte, poi le maree del mare e tante altre cose.

Il prato su cui poggiava i piedi era bianco, i pochi alberi che c’erano avevano la corteccia nera e le foglie parevano quasi gelate piene di neve, o almeno quello era ciò che pensava lei.

“Qualcuno gentilmente può spiegarmi che caspiterina ci è successo?” la voce di Marta ruppe il silenzio che si era venuto a creare, la bionda fisso la ragazza in piedi davanti a lei poco lontano presso a un altare in marmo bianco finemente ricamato, aveva un vestito bianco, gli occhi azzurri e i capelli di un colore tra il rosa e il lilla, molto lunghi, che ravvivano il vestito perfettamente candido, come tutto ciò che le circondava in quel momento. Sidia sapeva perfettamente al contrario delle sue compagne chi avevano davanti, lo aveva capito fin da subito e la certezza che Helios avesse un buon piano era confermata da quell’incontro.

“Mi presento il mio nome è Sailor Infinity, guerriera dell’Infinito e dell’equilibrio” lo sguardo delle altre era stupito, non avevano mai sentito parlare di quella misteriosa guerriera, Luna non l’aveva mai nominata. L’unica che non era stupita ma piuttosto pensierosa era la Custode del Tempo.

“Cioè sei un’altra guerriera Sailor?” chiese Rea senza mascherare il grandissimo sospetto che nasceva in lei.

“Esattamente Rea” mormorò la sconosciuta con la sua voce soave.

“Come fai a sapere il mio nome?” non gli aveva decisamente detto come si chiamava come poteva essere così informata.

“Sono al corrente di più cose di quanto potete immaginare”

“Ad esempio potresti spiegarci perché abbiamo nuovamente i nostri vestiti, come se i nostri poteri fossero stati annullati?” chiese pensierosa Amy.

“Certamente, vedete qui hanno accesso a mia indiscrezione, le principesse di ciascun pianeta, essendo un luogo di assoluto equilibrio tra le forze naturali e non, non posso permettere che venga alterato. Per questo non potete vestire i vostri panni di guerriere entro questa sospensione spazio temporale, ma solo quello di Principesse. Perché come guerriere siete pronte a compiere violenza. E’ una sorta di meccanismo di difesa” rispose la Custode dell’Equilibrio.

“Si e allora perché non siamo in questi panni, non tutte per lo meno” la interruppe la guerriera di Giove stizzita.

“Perché Urano e Nettuno sono gli unici, a parte il satellite della Terra, ad avere raggiunto il massimo risveglio, ormai quasi un anno fa” spiegò.

Già era passato quasi un anno da quando tutto aveva avuto inizio, come era volato in fretta il tempo. Fu il pensiero immediato che si delineò nella mente della violinista. “Finché non riuscirete a raggiungere una comunione completa con il vostro elemento guida sarà impossibile che voi riusciate a risvegliarvi, almeno che non siate messe in situazioni particolari come le vostre due compagne” concluse la ragazza dai capelli violacei “in ogni caso, se non credete che io sia una combattente, come penso che sia visto i vostri sguardi guardinghi, questa “ mosse la mano da destra a sinistra, e i suoi abiti cambiarono, lasciando lo spazio a una fuku completamente nera, con le righe del colletto del medesimo colore dei suoi capelli così come una piccola righina sul bordo della gonna, la tiara era dorata con la pietra sempre color pece “E’ la manifestazione della guerriera che risiede in me” detto questo riprese le sembianze che la vedevano avvolta nel vestito bianco con uno schiocco di dita. “Comunque non è per far conoscenza con me, che siete venute qui. Vi aspetta a breve l’inizio di un viaggio molto lungo, e a tratti anche difficile ma è l’unica soluzione che vi porterà ad avere una minima possibilità di salvare l’intero Universo che avete a disposizione in questo momento” a quelle parole l’attenzione del gruppo crebbe a dismisura, non potevano permettersi di sbagliare le indicazioni, avevano troppo poco tempo a disposizione.

“Dimmi cosa devo fare” intervenne Umiko con voce decisa compiendo qualche passo in avanti verso la ragazza con fare deciso, quasi spavaldo come quello del padre.

“Per il momento tu niente, la prima parte della faccenda devono svolgerla tutta le altre, tu entri in gioco solo sul finale come forse ti è già stato accennato da Helios” ottenne come risposta, tutti quei misteri le stavano facendo salire i nervi. Suo fratello era in pericolo maledizione!! Perché a tutti sembrava più importante la salvezza dell’intero Universo e non quella di sua fratello? Guardò i suoi genitori negli occhi, certa che gli unici che la potessero capire in quel momento erano proprio loro. La mano di sua madre era appoggiata alla spalla di suo padre come a tranquillizzarlo anche se era tesa almeno quanto lui.

“Cosa dobbiamo fare allora?” questa volta fu Ottavia ad intervenire, più decisa che mai a riportare a casa quel fratellino un po’ sbandato che aveva odiato tanto quando aveva ricevuto la notizia che era in arrivo, ma alla quale non aveva potuto fare a meno di affezionarsi.

“ Come accennato prima, sono la Custode dell’Equilibrio, ovvero colei che detiene la facoltà di togliervi i vostri poteri a piacimento. Tutti infatti fanno parte di cicli che vanno avanti dalla nascita del mondo, e che non finiranno mai se non con il mondo stesso” deglutì appena.

“Ma è impossibile!” mormorò Morea.

“No, pensateci bene e vedrete che non è così, il ciclo dell’acqua per Mercurio: la pioggia cade al suolo, per poi raccogliersi nei fiumi e giungere al mare. Da qui evapora per andare a formare le nubi e ritornare nuovamente sotto forma di pioggia sul terreno. Il mare sotto sta alle maree che sono comunque cicliche e non si interrompono mai. I fulmini stessi sono frutto di un accumulo di tensione ciclico che avviene nelle nubi quando vi è un temporale. Il vento con i suoi tornadi, i suoi monsoni nuovamente sono ciclici. Il tempo è ciclico, si ripete sempre basta vedere l’orologio. La morte e la rinascita sono sempre dei cicli, come potete vedere dalla sfera poco lontano da voi. Poi Le stagioni delle Sailor Season sono comunque e sempre cicliche” rispose. Ciò che aveva detto senza perdere la pazienza era terribilmente vero, tutto prendeva parte a un ciclo infinito e nessuno dei loro elementi era escluso da ciò. Le iridi azzurre della Custode dell’Infinito le scrutò una per una in cerca di qualche dissenso che tuttavia non arrivò. “ Stavo dicendo che i vostri elementi fanno parte tutti degli eterni cicli naturali, il cui equilibrio è custodito dalla sottoscritta, bene credo che avrete notato questo medaglione che ho al collo” gli occhi di Umiko si posarono sull’oggetto, era agganciato a una catena d’oro e lui stesso era in questo materiale. Rotondo con dei fori che sembravano essere la montatura per alcune pietre che molto probabilmente erano andate perse nel corso del tempo, al centro di esso un occhio senza iride faceva bella mostra. “Bene questo è il Talismano del Potere, noterete senz’altro che sembra che siano saltate delle pietre da esso, ma in realtà non è così. Il talismano genera un enorme potere si, ma solo nel momento in cui ogni pietra tornerà al suo posto. E qui entrate in gioco voi, su ogni pianeta del sistema solare è custodita una pietra, o meglio un cristallo che fa parte di questo Talismano. E che è collegato a ciascuna di voi, solo dopo aver permesso al vostro elemento di entrare intimamente in contatto con il lato più recondito di voi stesse potete raggiungerlo. I cristalli sono sette. Nel centro verrà alloggiato il Cristallo della Luna, Unione tra il Cristallo d’Argento e il Cristallo d’Argento Illusorio in possesso di Bunny e Akane. Solo quando quest’ultimo sarà al suo posto avverrà l’attivazione del Talismano.“ il silenzio regnava nel gruppo attento a captare ogni informazione utile per poter portare a termine la loro missione.

“ Noi come possiamo fare per entrare in sintonia profonda con il nostro elemento?” chiese Heles.

“Questo non posso dirvelo, è una cosa talmente intima che dovete trovare voi il modo giusto per comunicare con il vostro elemento. Solo una di voi fino ad ora, inconsapevolmente ci è riuscita, a Natale.” Gli sguardi puntati su Sailor Infinity si fecero via via più interrogativi. “Vero Milena?”

La guerriera di Nettuno era arrivata a collegare tutti gli avvenimenti avvenuti a Natale pochi attimi prima di sentirsi chiamata in causa, il ricordo di quella notte durante la quale aveva sfidato il mare impetuoso nel tentativo di salvare Ottavia nonostante fossero a Dicembre, era vivido nella sua mente. La sua mano destra si alzò verso il collo dove era da poco comparsa la catenina sottilissima alla quale era appeso il Cristallo del Mare che le aveva donato Nettuno mesi addietro. Heles si volse a guardare la compagna stupito, si era perso qualcosa. Si decisamente.

“ Si esattamente “ mormorò lei, con la mano sul ciondolo che portava al collo.

“Ehm, scusa ma quando è successo tutto questo?” mormorò il Principe di Urano.

“Heles quando Ottavia si è cacciata giù dalla scogliera, solo che mi è passato di mente e probabilmente non te l’ho detto o, se l’ho fatto, ho dato troppo poco peso all’incontro con Nettuno erroneamente” rispose lei.

“Grazie del chiarimento” le disse Infinity. “ Il Cristallo di Nettuno, in realtà si chiama Sareph, poi ci sono Ael – l’acqua - su Mercurio, Glael – la luce - su Venere, Thoolan - il tempo - su Plutone, Goriar – l’Oscurità – su Saturno, Mawas – l’aria – su Urano, Flar – il fuoco – su Marte, Sairon – il fulmine – su Giove. Ciascuno di loro è protetto dal dio a cui voi fate affidamento, il dio del Mare Nettuno nel caso della vostra compagna di squadra “ continuò la guerriera leggendaria “ Umiko ora veniamo a te” a quelle parole la ragazzina si mise subito sull'attenti, doveva capire subito quale sarebbe stato il suo ruolo nei minimi particolari per sapere come agire quando fosse arrivato il momento, fece qualche passo avanti verso la ragazza dai capelli rosa violacei.

“Si stavo appunto aspettando di sapere cosa avrei dovuto fare, voglio in qualche modo salvare mio fratello” mormorò lei con gli occhi lampeggianti di una determinazione fuori dal comune.

“Come ti avrà detto già Helios una volta che il talismano sarà attivato dovrai stare molto attenta a non alimentarlo con il tuo odio verso i nemici, altrimenti ti annienterà, e con te tutto il resto dell'Universo. L'energia in esso custodita farà incrinare l'equilibrio che io stessa custodisco, per questo devi essere piuttosto attenta per quanto riguarda le motivazioni che ti porteranno ad agire. Per quanto riguarda la spada ti è già comparsa giusto?” chiese poi.

“Si esatto ma io non so come possa essere successo” mormorò la ragazzina con un espressione quasi dubbiosa.

“Quella spada è l'unica arma con cui potrai batterti con tuo fratello in attesa che il momento propizio per attivare l'energia del talismano si presenti, per questo devo chiedere a tuo “padre” di darti qualche lezione di scherma durante il viaggio. “ lo sguardo azzurro della guerriera incrociò quello verde smeraldo del Principe di Urano.

“Si può fare si” rispose lui, anzi sarebbe stato anche divertente istruire la figlia di scherma, finalmente qualcuno in quella famiglia sembrava capire la sua passione per le moto e per i tiri di spada.

“Ok questo è tutto” rispose l'altra, sganciando la chiusura della catenina del talismano per dar modo al ciondolo di staccarsi da lei, dopo di che fece cenno ad Umiko di avvicinarsi e la ragazzina fece come le era stato detto, permettendo alla custode dell'Equilibrio di chiuderle la catenina al collo. In quel medesimo istante il Cristallo del Mare al collo di Milena iniziò a brillare per poi scomparire dalla mano che lo avvolgeva e andarsi a incastonare nel ciondolo al suo posto.

“Ma per spostarci da un pianeta all'altro come faremo?” chiese Rea sempre scettica, la sua idea iniziale su quella missione non era affatto mutata. Anzi!!

“A quello ci penso io Sailor Mars, al momento attuale è l'ultimo dei nostri problemi se mi posso permettere” rispose immediatamente Sidia, con uno sguardo gelido e impenetrabile. “Anzi direi che se non vi è altro possiamo anche metterci in viaggio” aggiunse più come un pensiero ad alta voce che come una vera e propria domanda.

“Si direi che sia la cosa migliore Sailor Pluto” intervenne Helios che fino quel momento era rimasto in disparte “Per fare questo però dobbiamo ritornare nell'Elision, qui non potete usare i vostri poteri” esplicò poco dopo.

“Buona fortuna guerriere Sailor” esclamò la donna che avevano conosciuto poco prima. La custode dell'Infinito non poteva che pregare affinché tutto andasse nel momento giusto da quel momento in poi, ciò che dovevano affrontare le altre sue compagne dalle quali era stata separa secoli or sono era importante ma allo stesso tempo difficile, e lungo. Troppo lungo rispetto al poco tempo che rimaneva loro prima che l'equilibrio si rompesse. Lo sapeva perché ogni giorno che passava sentiva la sua energia diminuire, e quando questa fosse terminata il buio avrebbe avvolto tutto. Lei per prima. Osservò il gruppo entrare nel cerchio luminoso che li avrebbe riportati nel regno del Custode dei Sogni, la superficie della circonferenza tremò appena mentre le loro figure si facevano via via più sbiadite fino a scomparire del tutto.

La luce dell'Elision e il verde dei suoi prati colpirono gli occhi delle ragazze, ferendoli quasi dopo tutto quel tempo passato nella dimensione dai toni diafana, quasi impalpabile dove era custodito l'equilibrio dell'intero universo.

Erano tutte molto pensierose, e i loro pensieri erano quasi del tutto uguali: come avrebbero fatto ad entrare in totale comunione con il loro elemento? Sailor Infinity era stata chiara: ognuna di loro doveva trovare la sua chiave di lettura in modo da ottenere il cristallo del proprio pianeta. Ma tutte si sentivano spaesate, non avrebbero mai pensato di trovarsi in quella situazione, l'unica che forse era un po' più tranquilla su quel punto di vista era giusto Milena perché era l'unica ad aver compiuto in qualche modo il suo ruolo per far si che la Terra si salvasse, ma non dovevano dimenticare che in lei stava albergando una lotta più grande e dolorosa: mamma e guerriera, due volti della stessa medaglia che difficilmente sarebbero potuti andare d'accordo alla perfezione, la violinista era perfettamente cosciente che nel momento stesso in cui la lotta fosse iniziata, non sarebbe stata lucida. Per la prima volta avrebbe sicuramente dato retta all'istinto, e non era sicura della guerriera che era in lei.

“Ragazze temo che noi dobbiamo salutarci” la voce di Helios la riportò alla realtà, si era dimenticata che il Custode dei Sogni avrebbe fatto ritorno sul pianeta per dare man forte alle loro compagne rimaste a difendere ciò che più amavano al mondo.

L'intero gruppo si volse verso il ragazzo con un'aria piuttosto triste e insicura, come avrebbero compiuto quel viaggio senza la sua guida? Le guerriere del Sistema solare interno non erano affatto abituato a non avere un punto di riferimento e si sentivano indifese senza Sailor Moon tra loro, le loro compagne al contrario erano fin troppo abituate a lavorare per se stesse e consideravano la presenza delle Inner un ostacolo.

Un ostacolo che tuttavia era necessario.

“ok Helios se proprio devi vai pure” prese la parola Amy.

“Preferirei starmene qui credimi, vista la situazione critica” rispose lui “Mi raccomando cercate di essere il più veloci possibile”

“Faremo il possibile” intervenne Sidia “O meglio farò il possibile per far si che questo avvenga” il tono della sua voce era al quanto severo, mentre cercava la concentrazione necessaria per aprire il varco spazio temporale per permettere al gruppo di raggiungere il pianeta in questione.

“Ottimo, in bocca al lupo ragazze, tornate tutte intere che noi abbiamo bisogno di voi sulla Terra” rispose lui facendo loro l'occhiolino prima di riprendere le sembianze del destriero bianco. Pochi istanti dopo la luce bianca e accecante le costrinse a coprirsi gli occhi per preservarli. Dopo di che tutto tornò come prima e loro erano sole, d'istinto guardarono tutte la Custode del Tempo in attesa di una sua mossa, che non tardò ad arrivare.

“Ragazze direi che potremmo iniziare dal pianeta più vicino al Sole e poi man mano andare verso Plutone” propose lei senza pensare al fatto che Rea avrebbe mosso obiezione anche in quel frangente.

“Scusa ma perché dobbiamo per forza iniziare da un pianeta Interno? Ricordo che sta situazione e causa del tuo gruppo Sidia, non vedo perché noi dobbiamo iniziare a rimediare per prime” sbottò con gli occhi neri che sfidavano quelli amaranto dell'altra senza abbassarli.

“Non è una questione di codardia, o chissà che! Era la cosa più logica da fare, ma a quanto pare cara la mia Miko sei così accecata dall'odio verso i gemelli che il tuo cervello ha smesso di funzionare già da un bel pezzo. Comunque non volete essere le prime perché ve la fate sotto? Ok Andremo su Plutone. Io non ho nessun problema di sorta a tornare al mio castello. Sicuramente non muoio di paura correndo il rischio di farmela nel perizoma come te” la reazione della guerriera di Plutone le sorprese, mai avrebbero sospettato che anche la bruna fosse capace di provare ira nei confronti di qualcuno.

“Chi sei tu? Cosa ne hai fatto di Sidia?” chiese sorpresa Heles, tornata alla sua forma normale, con la fuku da guerriera.

“O cara, non sei mica l'unica ad avere le palle” rispose con un finto tono stizzito. “In senso figurato ovviamente” aggiunse dopo pochissimo tempo prima di girarsi e chiudere gli occhi per concentrarsi, passarono alcuni istanti di assoluto silenzio prima che la tiara della guerriera di Plutone scomparve lasciando posto al simbolo del pianeta sulla fronte della ragazza, la sfera di granato che aveva preso a illuminarsi di bagliori al quanto sinistri. La guerriera fece allora roteare sopra di lei lo scettro, mentre aveva tutti gli occhi puntati addosso, dopo di che improvvisamente lo appoggio al terreno provocando un rumore sordo, quasi metallico.

Dal punto di incontro tra talismano e prato iniziò ad allungarsi una luce violacea che prese ad allungarsi davanti a Sailor Pluto, raggiunta una distanza di circa quaranta centimetri si divise in due raggi che si alzarono verso il cielo andando a definire una forma che si rivelò essere quella di una porta.

Una porta che le inner conoscevano fin troppo bene.

La porta che divideva il loro mondo dal futuro.

La porta davanti alla quale l'avevano incontrata la prima volta.

Così fredda e chiusa in se stessa, un'anima solitaria.

Così diversa da quella che avevano davanti in quel momento.

I passi di Sidia risuonarono sul terreno, mentre ella si avvicinava alla porta da cui era mancata per troppo tempo nonostante la capacità di vedere il tempo nella mente non l'aveva abbandonata un attimo. Sentì un brivido, quella struttura in marmo violaceo significava per lei solitudine, una solitudine eterna da cui non avrebbe mai potuto sottrarsi se non ci fosse stato bisogno anni prima sulla terra per far comparire la Coppa del Potere Supremo per via del suo talismano.

Grazie a quella missione aveva incontrato coloro che per lei si erano trasformate in breve tempo in una famiglia, alleviando quel senso mancanza che si era impropiato di lei fin dalla più tenera età.

“Sidia tutto bene?” chiese Ottavia notando il tentennamento della compagna.

“Si pensavo solamente, sarà meglio andare, molto probabilmente tirerà un po' di vento nel varco spazio-temporale mi raccomando prendetevi per mano e non lasciatemi per nessun motivo, in teoria non dovreste perdervi ma non si può mai sapere” disse lei, mentre la porta svaniva lasciando solamente l'arcata che le faceva da contorno, rivelando un percorso scuro costellato da una miriade di luci che a prima vista sembravano stelle.

Umiko seguì i suoi genitori. Quel lungo viaggio aveva ufficialmente inizio.

Note dell'Autrice: Il capitolo era già stato pubblicato in una fanfic apposta in attesa del ripristino di questa, per fortuna tutto è tornato alla normalità spero che vi sia placiuto anche se corto. Buon week and a tutte.

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Capitolo 11
*** Fantasmi del Passato ***


Nuova pagina 1

Note dell'Autrice: Ecco per voi l'undicesimo capitolo, dodici pagine...wow!! E' il capitolo più lungo che io abbia mai scritto, visto che la mia media è di sei pagine, spero che non sia troppo noioso per voi leggerlo. E' dalle dodici di questa mattina che ci lavoro, fatemi sapere cosa ne pensate. E se ci sono errori ditemelo perché l'ho riletto ma sono stanca e quindi potrebbe essermi sfuggita qualche castroneria linguistica. Probabilmente ci sarà uno speciale di Halloween, si accettano proposte per la trama. Ovviamente se ne sceglierò una o più di una metterò una citazione a inizio del capitolo =)

Buona lettura e Buon Sabato Sera

 

11 Capitolo: Fantasmi del Passato

 

Era impossibile stimare il tempo che era trascorso da quando avevano varcato la porta per entrare nel passaggio spazio-temporale.

Intorno a loro il paesaggio era sempre uguale, sembrava di camminare in un corridoio di vetro sospeso nel sistema solare, in ogni direzione solo il buio del cielo e il luccichio delle stelle. Nel silenzio che regnava sovrano si udivano solamente i loro passi mentre procedevano il più velocemente possibile facendo attenzione a non rompere la catena di mani che le teneva tutte unite a Sailor Pluto. La custode del tempo procedeva silenzio un poco più avanti del resto del gruppo, si limitava a camminare, e nessuna di loro sapeva se realmente sapeva dove stava andando oppure se si erano perse e non lo voleva dare a vedere, cercando di mantenere la calma che aveva perso in un non qualificabile tempo passato prima di iniziare ad avvicinarsi a Plutone.

La realtà e che l'istinto e il legame che aveva con il suo pianeta facevano si che Sidia sentisse fin troppo bene dove stessero andando. Non che la meta le faceva particolarmente piacere, i ricordi risalenti a quasi novecento anni prima erano, per lei che era la signora incontrastata del tempo, molto vividi e sopratutto incancellabili.

Così si ritrovò a pensare a quel castello che spesso le andava a far visita nei suoi ricordi anche se era ben conscia che di quella struttura dove molti anni prima aveva vissuto la principessina di Plutone prima di venire chiamata dalla Regina Selene per adempiere al suo ruolo, era sicuramente molto diversa da ciò che le si sarebbe parato davanti una volta giunta a casa, dopo tanto tempo. Da quel momento aveva dovuto rinunciare alla sua infanzia, ai giochi e ai divertimenti per vivere in solitudine, condannata a vedere il futuro, il passato e tutto ciò che riguardava il presente senza intervenire. Perché il tempo doveva fare il suo corso.

E lei non doveva permettersi di fermarlo a suo piacimento.

E in effetti aveva dovuto osservare impotente la distruzione del Regno Argentato a causa dell'invasione della Malvagia Regina Berilia. E aveva mantenuto la sua condotta in modo esemplare, rassegnata al suo destino di guardiana con l'unica compagnia che le offrivano i pensieri, e ogni tanto la Piccola Lady, proveniente dal futuro.

Tra loro era nato un rapporto speciale, la piccola era l'unica persona che le offriva un po' di calore umano dopo anni e anni di solitudine, non aveva proprio potuto fare a meno di affezionarsi.

Questo fino a cinque anni prima, quando aveva dovuto abbandonare la sua postazione ai confini del Tempo e dello Spazio per scendere sulla Terra e permettere ai tre Talismani di Ritrovarsi, e con loro aveva trovato ciò che era più simile ad una famiglia.

La sua famiglia.

Ed in fondo era proprio per loro che aveva deciso di partire da Plutone per terminare il più presto possibile quella corsa contro il tempo.

Sospirò flebilmente prima di fermarsi e sentire le sue compagne poco dietro di lei che facevano lo stesso, il gruppo vide dunque partire dalla punta dello scettro della guerriera la luce viola che avevano visto quando nell'Elision aveva fatto la sua comparsa la porta del Tempo che ormai era familiare a tutte. Questo si allontanò dalla sua sorgente per andare a costituire poco lontano nuovamente la porta violacea. Sailor Pluto si avvicinò ad essa, la sfera di granato che luccicava sinistramente al suo posto sulla punta terminale del lungo bastone della guerriera. Poi spinse leggermente il portone, che scomparve in pochissimi istanti lasciando il posto solamente all'arco della porta che si apriva su un paesaggio piuttosto desolante.

Il gruppo mosse i passi che lo dividevano dalla superficie gelida del pianeta, costituita da qualcosa di molto simile a una roccia di colore grigio, che sembrava ricoperta di ghiaccio. L'atmosfera era calma, quasi piatta. Il freddo si faceva sentire più di quanto avessero immaginato e in breve qualche brivido percorse la schiena di tutte.

"Qualcuno mi spiega perché non siamo ancora morte soffocate?" la voce di Heles risuonò nel silenzio opprimente.

"Perché è così, siamo le regnanti dei pianeti, noi vivevamo su di essi...è...è normale..." rispose la guerriera di Plutone senza girarsi a guardarla, stava cercando di fare mente locale sulla zona in cui erano arrivate, non vi era più nessun punto di riferimento, sembrava di stare in un deserto glaciale terrestre. Eppure il suo regno non era così, certo era freddo. Il sole li non arrivava con facilità, ma era pur sempre rigoglioso, pieno di vita.

Quello che aveva davanti era solamente lo spettro di ciò che era stato.

"Uhm hai la minima idea di dove sia il cristallo?" chiese Amy alla loro guida.

"Ho solo un piccolo sospetto della locazione del cristallo, ma non so se è quello esatto" E spero di sbagliarmi di grosso. Avrebbe voluto aggiungere, pensando al luogo meta del loro primo viaggio all'interno del Sistema solare.

"Cioè?" chiese Marta

"Dovrebbe esserci una piccola cappella sotto quello che era il castello dei Regnanti di Plutone, dobbiamo quindi raggiungerlo e poi arrivate li si vedrà" rispose lei, cercando di fare mente locale sul luogo in cui si trovavano. Gli occhi di ametista scrutavano il paesaggio intorno a loro per scorgere anche solamente un piccolo punto di riferimento che potesse indicarle la via da seguire, a parte le rocce non vedeva niente d'interessante.

Almeno non fino a quell'istante.

I suoi occhi si fermarono sopra a quelle che sembravano due colonne, di ordine corinzio o simili le cui sommità giacevano spezzate sul terreno.


 

"Principessa, vede quelle sono le colonne che sanciscono la fine della città più importante di questo pianeta, non deve mai avventurarsi da sola oltre quel limite, è molto pericoloso" una bambina di circa sette anni con i capelli già lunghi e dei grandi occhi ametista annuì, la carnagione un po' scura che risaltava a contatto della stoffa violetta che costituiva il suo vestito nuovo; annuì pensierosa guardando la ragazza di circa vent'anni che era al suo fianco, prima di volgere la sua attenzione altrove attratta da una farfalla dalle ali luminose che spiccava sul nero del cielo. Amava quelle piccole creature che spesso le facevano visita fin in camera sua.


 

Uno dei suoi ricordi d'infanzia fece prepotentemente ingresso nella sua mente solitaria e impenetrabile ai più, richiamato dalla visione che aveva riempito i suoi occhi. Il castello era sicuramente molto vicino, quel giorno appartenente a un passato ormai dimenticato, lei era nel giardino della reggia, ne era sicura.

Dovevano muoversi in quella direzione.

Sarebbe finalmente tornata a casa, e molto probabilmente avrebbe dovuto fare i conti con i fantasmi del suo passato.

"Ragazze andiamo" mormorò cercando di mantenere la calma anche se sentiva una sorta di agitazione crescere in lei man mano che si avvicinavano alla città capitale di Plutone.

Il silenzio non aiutava.

Anzi se possibile peggiorava ancor di più la situazione.

Odiava il silenzio.

Aveva vissuto in compagnia di esso troppo tempo.


 

Poco tempo dopo, appena ebbero passato le due colonne spezzate e abbandonate al terreno, un espressione stupefatta si dipinse sui volti del gruppo, non molto lontano su una collina rialzata si ergevano i resti di quello che doveva essere stato in passato il Castello di Plutone.

Charon Castle. Il pensiero che si formò nella mente di Milena fu immediato, molto probabilmente la Principessa che dormiva in lei non aveva perso la sua memoria, anzi. Le pareva all'improvviso di conoscerlo anche molto bene. Chissà come mai, non ricevette ulteriori risposte da quella che doveva essere la sua memoria. Fece spallucce.

Ciò che si poteva intuire dalle rovine in un materiale molto simile ad un marmo traslucido dello stesso colore degli occhi della sua ultima proprietaria era che in giorni migliori aveva posseduto una forma molto simile a una spirale, al centro della quale si ergevano due colonne più alte. Dopo le colonne lungo il percorso che le divideva dalla struttura reale il terreno era cosparso di quelli che erano i resti dell'antica città, che ai loro occhi sembrava fuori uscita da un libro fantasy.

E in fondo non sembravano le eroine di uno di quei libri che ti permettono di viaggiare con la fantasia? In fondo erano molto simili, solo che loro non erano frutto della mente di nessun autore.

A giudicare dal materiale simile al marmo di cui erano composti i mattoni e non solo, ogni parte finemente decorata, quel luogo doveva essere un vero splendore.

Il gruppo procedeva in fila, a coppie di due mentre le ragazze che non erano di Plutone si guardavano intorno mentre nella loro mente vorticavano svariate domande, sopratutto tra le Inner, reincarnazione delle principesse che meno di tutte avevano frequentato quei luoghi novecento anni prima. I loro pianeti sarebbero stati veramente così?

Sidia invece aveva un groppo in gola, nella sua mente vorticavano le immagini di quella stessa strada, quando la vedeva nei suoi occhi di bambina.

Volse l'angolo della strada dirigendosi sulla via a destra della precedente che ricordava in qualche modo portare alla piazza principale del cittadina, sulla quale si apriva il cancello – che lei ricordava essere dorato – che dava l'accesso alla tenuta dei regnanti.

Man mano che avanzava seguita dalle compagne però avvertiva qualcosa di strano, l'empatia che l'aveva guidata fino a quel punto stava mutando in qualche cosa di più conosciuto e più terribile da un certo punto di vista.

Energia negativa.

Man mano che procedevano aumentava.

L'aria ne era intrisa.

"La sentite anche voi?" chiese sotto voce per non attrarre eccessivamente l'attenzione di qualsiasi creatura potenzialmente pericolosa ci fosse sulla piazza.

"Si energia negativa, ma non è la solita. Sembra antica. Sembra avere migliaia d'anni" mormorò Rea continuando a guardarsi intorno. Ci mancava anche quella, non bastavano tutti i casini che quelle avevano provocato, ora pure combattere su Plutone dovevano.

Sailor Pluto compì gli ultimi passi che la dividevano dalla piazza con molta cautela, i nervi pronti a scattare per radere al suolo qualsiasi entità malvagia le si fosse parata davanti.

I secondi che la dividivano dall'agorà sembravano essersi dilatati all'infinito.

Lo spettacolo che le si parò davanti era terrificante.

Degno dei più cruenti film horror.

Morea e Rea si erano fermate al suo fianco pietrificate, senza sapere bene cosa dire. Le altre che le seguivano andarono a sbattere contro di loro, prima di cercare di vedere cosa aveva causato un arresto così improvviso.

All'improvviso Umiko si trovò stretta al petto della madre, il perché non le era molto chiaro, anche se era probabilmente collegato a ciò che non riusciva a vedere al di la delle sue compagne.

Era per caso il fratello?

Stava bene? O era....morto?!?!? Era forse giunta in ritardo per adempiere alla sua missione? No era impossibile, l'universo non sarebbe già esistito da un bel pezzo se i suoi pensieri coincidevano con la realtà.

"Tesoro non guardare" sentì la voce di sua madre provenire da qualche posto imprecisato sopra la sua testa a qualche centimetro di distanza.

"Perché?" chiese senza cercare di sciogliere l'abbraccio materno che l'avvolgeva, infondendole quel calore che solo una madre sa dare.

La violinista invece era sbiancata visibilmente, nauseata dalla scena che era riuscita a vedere per qualche secondo prima che l'istinto la portasse a fermare la figlia per stringerla a se. Ed era grata alla natura per averle dato la sua bambina, perché altrimenti era sicura che il suo stomaco non avrebbe retto.

Davanti a loro la piazza sembrava essersi fermata a novecento anni prima, nel momento esatto in cui l'esercito di Berilia aveva lasciato Plutone diretto a conquistare Nettuno, uno dei due giganti azzurri del sistema solare.

Il suolo di pietra bianca era coperto dal ghiaccio reso purpureo dal sangue che era stato sparso, sul terreno i corpi di quelli che avevano abitato il Charon Castle. Cadaveri martoriati dalla resistenza che avevano cercato di porre contro la malvagia regina, cercando di indebolire il più possibile il suo esercito in modo che non riuscissero ad arrivare alla Luna troppo forti.

Tutto si era rivelato inutile.

E quella visione stava devastando una persona più di tutti.

Gli occhi ametista erano passati da un volto all'altro, in un percorso doloroso che le spezzava il cuore ad ogni cambio, i suoi occhi si appannarono quando scorse al centro di quella carneficina coloro che erano stati i suoi genitori. Giacevano insieme , la donna dalla carnagione identica a quella della figlia, aveva un volto sereno di chi dopo tante sofferenze aveva trovato la pace. Il padre era accanto a lei, con la mano sull'elsa della spada.


 

"Piccola vai alle porte del tempo come ti è stato ordinato da Selene. Non ti muovere per nessun motivo al mondo, vedrai che andrà tutto bene" la Regina diede un piccolo buffetto sulla guancia della ragazzina di quindici anni che la guardava preoccupata mentre i rumori della battaglia giungevano fino alla camera da letto dei regnanti. Doveva essere forte, lei era l'erede del Tempo, non poteva permettersi di piangere in un momento come quello.

"Vostra maestà il Re vi chiama" il braccio destro di sua madre aveva fatto la sua comparsa improvvisa sullo stipite della porta, aveva l'aria di chi aveva corso molto ed era in preda ad una profonda agitazione.

"Vai piccola" disse la donna riassumendo l'aspetto freddo e distaccato che doveva avere una Regina in momenti critici come quello che stavano vivendo, poi si alzò e dopo averle donato l'ennesimo sorriso, uscì dalla stanza.

Non avrebbe mai immaginato che quello fosse l'ultimo.


 

"Mamma..." mormorò guardando quel viso che per tutti quei quindici anni era stato oggetto del suo vantarsi coi coetanei. Con la mano destra si asciugò una lacrima ribelle che era sfuggita al controllo della palpebra. Non voleva diventare piagnucolona come la loro Principessa, lei era la persona più fredda e distaccata in assoluto.

O forse non lo era mai stata? E il suo carattere era solamente frutto di tutto quel tempo passato in solitudine?

Il senso di colpa era forte in lei, poteva fermare il tempo, evitare che si compiesse una strage simile e dare l'opportunità agli eserciti del sistema solare di distruggere Berilia proprio sulla soglia, sul suo pianeta. Non sarebbe più potuta tornare a casa? Pazienza! Avrebbe vagato nello spazio come un'anima errante, ma con la consapevolezza che i suoi genitori, il suo regno erano salvi.

Che la Luna era salva.

Eppure tutte quei pensieri, quelle parole le sembravano così privi di senso. Se era andata così un motivo c'era. Anche se non riusciva a capirne il senso, se non fosse andata così loro in quel momento non sarebbero state li, il sistema solare sarebbe stato pieno di vita su ogni pianeta. La causa di tutto quello che stavano vivendo era solamente sua.

Questa era la cruda e pura verità.

Lei avrebbe potuto impedire tutto ciò

E non l'aveva fatto.

Perché era stata solamente una codarda.

Perché la paura di ciò che poteva provocare l'infrazione dei tabù che le erano stati posti dalla Regina della Luna, aveva preso il sopravvento.

E quel giorno di quasi cinque anni prima, quando aveva interrotto lo scorrere del tempo per permettere ad Heles e Milena di salvarsi dall'esplosione che aveva colpito il loro elicottero, aveva anche scoperto che l'esilio non era neanche così terribile.

Non per lei che era cresciuta nella solitudine più totale.

E che per tanto le sue paure erano tutte infondate.

"Sidia va tutto bene?" sentì una mano sul suo braccio sinistro. Si volse appena per comprendere che era Ottavia a parlarle, la falce era nel suo campo visivo al contrario della proprietaria che era poco più indietro, senza neanche accorgersene aveva compiuto qualche passo in avanti verso quella strage.

Declutì rumorosamente, per cacciare indietro quelle poche lacrime che minacciavano di fuori uscire a rigarle il viso.

"Si tutto a posto... sarà meglio andare" rispose in modo più freddo di quanto avesse voluto iniziando poi a camminare in direzione del castello, seguita dalle altre e da Ottavia che era rimasta decisamente male per il tono della risposta che aveva ricevuto da quella che per lei rappresentava una zia non che un'amica.

In quel momento le era sembrata tanto come Heles, entrambe non volevano farsi vedere fragili in quei momenti nei quali avrebbero avuto tutta la sua comprensione, e molto probabilmente anche dalle altre. La scena che avevano ancora sotto agli occhi avrebbe turbato chiunque, ed era comprensibile che avessero ferito colei che era la Principessa di quel regno alla visione di quelli che dovevano essere i suoi genitori.

Raggiunsero il cancello che delimitava la tenuta del castello, ormai pieno di ruggine, metà della ringhiera abbandonata sul terreno, l'altra metà appesa solamente per una delle tre cerniere cigolava producendo un lamento disperato.

Metteva i brividi.

Man mano che si avvicinavano al castello la tensione cresceva in tutto il gruppo, la guerriera di Plutone infatti non le aveva messe a conoscenza degli eventuali pericoli che poteva incrociare lungo il cammino. E poi ci sarebbero stati dei sistemi di sicurezza ancora attivi a distanza di così tanti anni? Se non era lei a dirlo loro non avrebbero mai potuto saperlo.

Arrivate lungo il perimetro del palazzo scorsero i resti del pavimento decorato da quelli che nonostante l'usura del tempo erano riconoscibili come mosaici. Davanti a loro vi era una scalinata spezzata al raggiungimento del trentesimo gradino circa che probabilmente collegava il pian terreno a quelli superiori ormai inesistenti.

Sidia passo oltre come guidata da una forza invisibile, e ciò fece saltare i nervi a Heles. Non sopportava il silenzio in cui la loro guida era piombata all'improvviso, non poteva e non voleva rimanere ancora zitta.

"Puoi renderci partecipi di quello che sta producendo la tua testa? Visto che vorremmo almeno essere pronte ad affrontare alcuni pericoli??" l'aggredì irritata. La tensione non era mai andata d'accordo con i suoi nervi. No, quella erano affari di Milena.

"Non ce ne sono" fu la risposta che ottenne "Non per voi, e non in questo momento per lo meno" concluse dopo qualche secondo.

"Che vuoi dire non per noi, per te invece?" chiese nuovamente la bionda.

"Per me è un altro discorso che tuttavia devo affrontare da sola, una volta che entriamo nella cappella sotterranea. Sarà meglio darci una mossa." riprese a camminare diretta all'ala est del vecchio castello, dove ricordava esserci una scala che portava al tempio sotterraneo.

Il paesaggio che vedeva le scale scendere era tutt'altro che invitante, era buio e sembrava essere molto profondo. Umiko sentì dei brividi di paura scorrerle lungo la schiena. Non fare la bambina queste sono solamente le prime difficoltà che devi affrontare. Si disse tra se e se nel tentativo di farsi coraggio. Sulle scale che portavano nei sotterranei del castello c'era qualche macchia di muschio qua e la, stranamente sembrava che nessuno fosse morto in quella zona del castello.

I loro passi rimbombavano mentre scendevano le scale, l'aria da fresca e pulita era divenuta più umida, soffocante e con l'odore di muffa.

"Che schifo chissà quanti insetti ci saranno qua sotto" mormorò Marta ben attenta a non toccare niente che non fosse il pavimento ove poggiava i piedi.

Dopo circa una mezz'ora di discesa giunsero finalmente in piano, la luce si generò non appena Sailor Pluto toccò il suolo, rivelando una struttura dalle dimensioni gigantesche, era quasi impossibile pensare che un edificio di tali dimensioni fosse custodito sotto terra, come poteva non giungere in superficie?

Il costruito era formato da una sorta di accozzaglia di forme di tutti i tipi: piramidi, cubi, parallelepipedi uscivano dalla superficie piana tagliando lo spazio, compenetrandosi tra loro . L'effetto finale faceva pensare ai dipinti cubisti, anzi se fosse stato sul pianeta Terra lo avrebbero sicuramente attribuito a un grande pittore come Picasso oppure Cézanne.

La superficie in pietra recava su di se superfici decorate senza un criterio ben preciso: si susseguivano affiancati tratti coperti da affreschi favolosi, poi vetrate in stile liberty e ancora mosaici simili a quelli che avevano intuito coprire il pavimento dell'ingresso. E il tutto non sembrava essere stato segnato dallo scorrere inarrestabile del tempo che aveva colpito tutto su quel pianeta.

Non lui.

"Forse è meglio se voi aspettate qui" disse loro la Custode del Tempo.

"Ma non se ne parla proprio zia, sopratutto per me. Non ti lascio andare da sola!" la rimbeccò Ottavia.

"Be, volendo potreste andare voi del Sistema Solare Esterno, noi potremmo fare la guardia qui fuori no?" propose Rea cogliendo la palla al balzo. Per lo meno non ci avrebbero lasciato la pelle, li dentro.

"E perché noi dovremmo fidarci del fatto che fate la guardia qui fuori?" le disse Heles guardandola male. Era più forte di lei, non riusciva a fidarsi di lei, ne del suo gruppo. L'unica che era riuscita a mantenere intatto il loro rapporto era Bunny e con lei la sorella. Le altre invece le vedeva tutte come possibili nemiche.

Essere padre voleva dire questo?

Non lo sapeva, ma non era certo una novità che il suo istinto protettivo per le persone a cui voleva bene non tardava mai a manifestarsi nei momenti di necessità. Nella vita così come nelle battaglie.

"Mi dici dove potremmo andare? Visto che non sappiamo come aprire un passaggio spazio- temporale? Il vento mi sa che ti ha mandato in tilt i neuroni" rispose acida la bruna.

"A te li ha bruciati il fuoco pensa che culo, sei proprio irrecuperabile, ti ha cremato il cervello!!!" l'attaccò la guerriera di Urano arrabbiata.

"Hel non è il momento ne la situazione adatta nella quale mettersi a litigare " intervenne la violinista fulminando con un'occhiataccia Rea che stava rincarando la sua dose di frecciate nei confronti della sua compagna. "Se loro vogliono rimanere qui, e ciò non mi sorprende affatto andremo noi, non sarà la prima ne l'ultima volta che agiamo da sole." concluse volgendo i suoi occhi cobalto in direzione di quelli verdi che tanto amava. "Ci vediamo tra un po'"

"Occhio a non farvela nelle mutande nell'attesa" aggiunse la motociclista prima di raggiungere la figlia, e le loro due compagne di squadra che le attendevano vicino all'ingresso del tempio gigantesco. Appena mise piede in quel luogo, perse tutta la sicurezza e la spavalderia che aveva ostentato fino a quel momento.

L'interno era al quanto sconcertante, Milena lo guardò attentamente anche se guardare era un dolce eufemismo visto che ci sarebbe voluto un manuale di istruzioni per capire come impostare il punto di vista per poterlo guardare nel modo giusto.

Davanti a lei, intorno a loro c'era un intricato intreccio di scale che salivano, scendevano, svoltavano a destra, sinistra giungendo ovunque.

Non si riusciva a capire dove conducessero e dove esse finissero.

Il basso e l'alto non esisteva: vi erano porte sul soffitto, lampadari di antica fattura pendevano dal pavimento. Erano capitati in un labirinto.

In confronto quello di Arianna e il Minotauro sembrava una barzelletta.

"E ora che si fa?" chiese sconcertata Ottavia.

"Non ne ho la minima idea" mormorò Sidia, non era mai stata all'interno di quella struttura. Quando il suo regno era stato distrutto era infatti troppo piccola per essere iniziata al cospetto di colui che abitava quel tempio.

Già perchè non erano sole.

Proprio per niente.

E doveva solamente capire come farlo uscire allo scoperto, come mettersi in contatto con Chronos. Il padre supremo della sua gente, il custode del Cristallo del Tempo.

"Beh... io proporrei di tentare" avanzò Umiko "Non possiamo certamente stare qui in eterno no?" quindi prese la prima scala davanti a se e iniziò a salire, le altre la seguirono con i muscoli all'erta pronte a scattare al minimo segnale di pericolo. La salita parve essere senza fine, e alla fine di essa trovarono solamente un muro ad accoglierle.
Costringendole a tornare indietro.

Iniziarono a scendere, la scala che però stavano percorrendo, però, non aveva niente a che fare con quella che avevano percorso per salire. Era la stessa eppure era diversa, arrivarono quasi subito alla sua base, e scoprirono di essere in una stanza totalmente diversa da quella che le aveva viste partire.

"Ma scusate ma non eravamo salite percorrendo questa strada?" mormorò confusa Ottavia.

"Si io appena ho trovato il muro mi sono girata così come avete fatto voi e siamo scese" rispose con un espressione corrucata e le braccia intrecciate al grembo Umiko.

Dinanzi a loro c'era solamente una porta. Sailor Pluto prese l'iniziativa prima di loro e vi si infilò dentro, trovandosi di fronte ad un'altra stanza, con un altra porta.

Questa conduceva ad una seconda stanza con solo una porta anch'essa. L'attraversarono ma ne trovarono un'altra, e un altra ancora, e poi ancora. Dopo averne aperte un'infinità giunsero in una stanza più grande delle precedenti tempestata da una miriade di scale.

Senza porte.

Heles imboccò la salita della prima, nervosa. Aveva la sensazione che qualcuno la dentro si divertisse a prenderle per il culo. E ci stava riuscendo egregiamente. La percorsero fino in cima, ma non trovarono niente, solamente un baratro che sembrava veramente essere senza fondo e furono assalite dalla frustrazione.

"Ragazze aspettate, mi sembra di aver letto da qualche parte che non bisogna mai perdere il contatto con un muro del labirinto, credo sia scritto in qualche storia mitologica. Ma magari funziona, non ricordo bene quale fosse ma ne sono sicura" fu Milena a prendere in mano la situazione, mettendo da parte l'angoscia di non sapere se e quando sarebbero uscite da quel labirinto tremendo. Ma dovevano riuscirci. E sopratutto dovevano trovare il cristallo. Appoggiò dunque una mano sulla parete più vicina e iniziò nuovamente a camminare con Sidia che era dietro di lei sempre più tesa e volta a stabilire un contatto con colui che stava cercando e che era sicura le stesse osservando fin dal loro ingresso.

Perché non ti mostri? Sono l'erede di questa terra perchémi riservi questo trattamento? Perché?Non ne sono forse degna? Hai anche ragione tu. Si domandava in preda alla disperazione di quella situazione della quale non riusciva a intravedere una conclusione.

Scesero nuovamente una serie di scale, varcando altrettante porte; e giunsero in fine in un grande salone senza porte. Si voltarono proprio nell'istante in cui l'unica porta di accesso a quella stanza svanì lasciandole in trappola.

Come dei topi.

Sidia si guardò intorno sperduta.

E adesso? Come sarebbero uscite da li?

"Bomba di Urano, azione!!!" vide la sfera arancione disegnare un solco profondo nel pavimento fino a schiantarsi con la parete dove fino a pochissimo tempo prima c'era l'ingresso. "Ora c'è una porta" disse poi la motociclista con il suo sorriso sghembo, facendo alzare gli occhi al cielo alla sua compagna.

Ripresero a camminare per un tempo indefinibile, si innervosirono, cercarono la concentrazione, Sidia provò svariate volte a entrare in contatto con il suo elemento.

Non ottenne risultati.

Alla fine crollarono esauste sul pavimento scuro.

"Io non so più che potremmo fare" mormorò Ottavia sconsolata almeno quanto loro.

Sidia teneva la testa tra le ginocchia, guardava il pavimento mentre la mano destra stringeva il suo scettro, nell'ennesimo tentativo di trovare un contatto con quello che era il suo elemento, senza ottenere nessun risultato.

Fu assalita dalla disperazione.

Ancora una volta era impotente, e non poteva fare niente.

Niente per salvare le persone che amava.

"Quanta strada avremmo fatto fino ad ora?" mormorò Umiko.

"Non lo so tesoro, saranno massimo due o tre ore che giriamo, ma dobbiamo trovare velocemente una soluzione o credo che staremo qui in eterno" le rispose dolcemente la madre.

"Mile ma che stai dicendo saranno tre giorni che stiamo vagando" la riprese Heles stupita dall'idiozia appena sparata dalla compagna.

"Ma figurati!!!Non abbiamo neanche mai mangiato, ne dormito. E poi ho contato le stanze che abbiamo superato...saranno una quarantina - è impossibile - saranno massimo quattro ore non di più" rispose ancora più convinta la pittrice.

"Quaranta? Io ho perso il conto a duecento" rispose la bionda, mentre sentiva un sudore freddo scivolarle lungo la schiena.

"Hai contato le sale o le scale?" mormorò l'altra.

"Le scale, ma ho perso il conto ieri sera"

"Heles non c'è stata nessuna sera"

"Si che c'è stata abbiamo dormito nella sala quella triangolare, quella con tutti gli orologi" esplose arrabbiata.

"Amore io non ho dormito" era sicura di quello che diceva.

"L'hai fatto Michi!!! Mi hai usata come cuscino anche se eravamo sedute ne sono sicura!!" esclamò la motociclista " E Ottavia e Umiko hanno dormito vicine a Sidia, tra noi e lei..."

"Abbiamo mangiato?" chiese allora Ottavia, lei non aveva mangiato nulla.

"Si!!!"

"E che cosa?" mormorò la brunetta.

" Dei biscotti Umiko li ha tirati fuori dal suo zaino" mormorò.

In effetti sua figlia aveva uno zaino con del mangiare, la ragazzina se lo tolse dalle spalle e vi guardò dentro, cercando la confezione dei biscotti che in effetti aveva messo al suo interno. La spiacevole scoperta fu che era chiuso. Nuovo, senza essere stato mai aperto.

"Io sono sicura che abbiamo mangiato, che abbiamo dormito" continuò a insistere la bionda.

"Io sono altrettanto sicura che siamo sempre state sveglie, tutte e non abbiamo mangiato niente" le rispose la compagna. A quelle parole la guerriera di Urano scattò in piedi, un luce aranciata illuminò tutto intorno a loro mentre nella mano destra della bionda compariva la sua spada. "C'è qualcuno che si sta divertendo a prenderci per il culo!!!" esclamò furente guardandosi intorno. A quelle parole Sidia si alzò dal pavimento strisciando con la schiena sulla parete.

"E' Chronos ragazze" mormorò avilita "Il problema e che...non riesco a farmi ascoltare da lui, non riesco a ottenere un contatto"

Heles si voltò di scatto.

"Cosa c'è?" chiese agitata la violinista. Ok che i suoi nervi erano sempre stati molto saldi, forse troppo, ma quella situazione la metteva a dura prova anche a lei.

"Ho avvertito un rumore, meglio se mi seguite" rispose l'altra.

La motociclista iniziò a salire le scale imitata dalle altre, corsero su e giù per altre innumerevoli scale, alla ricerca di quel qualcosa che potesse tirarle fuori da quell'incubo in cui si erano dovute cacciare per tentare almeno in parte di salvare l'umanità intera.

"Niente da fare..." mormorò la bionda con il fiatone alle compagne, fermandosi dopo essersi accorta che non avevano più fiato. Si voltò e guardò le altre.

Ne mancava una.

Erano in quattro.

Dovevano essere in cinque.

E mancava la guerriera di Plutone.

***
 

All'ennesima svolta del percorso le aveva perse, aveva girato verso destra e loro non c'erano più.

Scomparse nel nulla.

E lei era rimasta sola, circondata solamente dalla tenue luce che vi era in quel luogo che per lei avrebbe dovuto essere sacro.

Ma che invece le appariva tremendamente maledetto.

Dove mi trovo? E loro dove sono?

Che cosa ne era delle sue compagne? Non avrebbe potuto reggere all'idea che per colpa sua, per proteggerla e non lasciarla andare da sola fossero morte anche loro.

Erano la sua famiglia.

Era fuori di se, guidata solamente dal panico che provava in quel momento, iniziò a correre senza una meta precisa, e senza notare neanche che man mano che procedeva lungo la sua strada la luce si faceva sempre più fioca, sempre più debole. Lasciando il passo al buio più totale che in breve tempo l'avvolse.

Quando si fermò, sentiva il cuore risuonarle nelle orecchie per quanto aveva corso. Era esausta. Non sapeva dove si trovava, ne che cosa c'era intorno a lei, come se fosse fatto l'ambiente. Se fosse pericoloso o meno, doveva cercare una parete, un punto di appoggio sicuro e in minima parte conosciuto. Tese quindi le mani nel buio, e fu abbracciata solamente dall'aria, a breve distanza da lei non c'era niente.

Poteva rischiare di cadere nel vuoto muovendo qualche passo?

"Ragazze mi sentite?!!!? Dove siete?!? Ragazze!!!" urlò con le lacrime agli occhi. Avvertì in quella sala una presenza sconosciuta, afferrò lo scettro spostandolo davanti a se. "Chi sei?" la sua voce assunse un tono bisbetico.

Una debole luce comparve davanti a lei, illuminando in parte lo spazio che la circondava, e infondendole in tal modo un po' di coraggio e sopratutto tranquillità.

"Benvenuta" una voce profonda, che sembrava appartenere ad un uomo di età avanzata risuonò intorno a lei.

"Dove sono le mie compagne? Cosa gli hai fatto?" fu la prima domanda che raggiunse le labbra della bruna: se erano salve loro, lei poteva anche morire. L'importante e che loro erano sane e salve.

"O tranquilla, stanno vagando nella mia dimora come facevate fino a poco tempo fa insieme" rispose l'uomo, senza rivelare il suo aspetto.

La Custode del tempo si guardò intorno, presa dall'agitazione. Sembrava di trovarsi in una cattedrale gotica, il soffitto era costernate di arcate e volte a costoloni, nei muri le vetrate colorate lasciavano intravedere tratti di galassia, e in lontananza poteva vedere persino la sfera blu di Nettuno e quella sull'azzurrino di Urano.

"Portami da loro ti prego" lo implorò con un nodo in gola.

A quelle parole avvertì un rumore, un movimento provenire da sopra la sua testa, e l'istinto le fece volgere lo sguardo verso l'alto. Dalle arcate del tetto stava prendendo forma una figura umana, sembrava quella di un vecchio saggio, i lunghi capelli bianchi ricadevano sulle spalle, e coprivano parte della tunica che egli indossava. Il suo volto aveva un espressione serena e al contempo severa, l'abito del medesimo colore della sfera di granato della ragazza, era tenuto stretto in vita da una corda dorata. Gli occhi di un bordeaux profondo, impenetrabile. Molto simile ai suoi.

"Sono al sicuro, e questo può bastare per il momento. Piuttosto...perchè non facciamo una chiacchierata, a quattro occhi Principessa?" rispose lui alla proposta della donna, scomparendo e ricomparendo entro un'altra arcata.

"Sei Chronos giusto?"

"Sono Chronos, il padre del Tempo, colui che custodisce la pietra che tu tanto brami, perchè è per questo che tu sei qui giusto?" le rispose indicando una pietra perlacea incastonata nella sua tunica quasi fosse un bottone.

La guerriera di Plutone si sentì improvvisamente più sollevata. "Si esatto, mi serve per aiutare una mia compagna di squadra a salvare il Sistema Solare e le galassie tutte"

"O l'avrai, l'avrai eccome non temere. Questa pietra in realtà è tua di diritto. Fin da quando sei nata" rispose lui.

"Ok allora dammela, e lasciaci andare, abbiamo assai poco tempo a disposizione" rispose lei impulsivamente. Anche se poi si trovò a dubitare di riuscire ad averla così velocemente.

"E poi... mi innervosisce sto posto"

Una risata gutturale si alzò dalle corde vocali dell'uomo che aveva davanti, e che le imprimeva una grandissima soggezione anche se non voleva darlo a vedere.

"O ti capisco, ma vedi qui e tutto come io desidero...il tempo, lo spazio e anche la vita" rispose lui. Sapendo bene cosa fare, per far si che la pietra la riconoscesse come sua legittima proprietaria.

"Cosa vuoi dire?" a quelle parole l'ambienta intorno a lei mutò velocemente, si ritrovò nella camera che era stata sua ormai tanti anni prima, la camera dove aveva visto per l'ultima volta sua madre salutarla prima di andare via. La camera dalla quale poteva osservare la frenetica vita della popolazione nella piazza centrale sulla quale si affacciava l'ingresso alla sua dimora. Era tutto come ricordava. E quella consapevolezza le faceva male. Troppo male. Sentì bussare alla sua porta, un battito familiare.

"Avanti" mormorò incerta che la persona al di la della porta in legno di ciliegio finemente decorata fosse in grado di sentirla. Pochi istanti dopo questa si aprì, lasciando che le sue iridi si posassero su una donna che le assomigliava molto. Troppo per i suoi gusti.

Al fianco del quale c'era un uomo dalla barba bruna e lo sguardo austero.
Le stesse persone che aveva visto giacere ore prima nella piazza.

I suoi genitori.

Lacrime calde presero a scorrerle in viso, mentre non sapeva cosa fare, come comportarsi. Poteva abbracciarli? Si mosse nella loro direzione.

Aveva un estremo bisogno di essere abbracciata da loro, tornare bambina.

"Vieni piccola" la voce di sua madre era come se la ricordava, calda delicata e carica d'amore, fece qualche passo verso quella donna.

Non è possibile che siano qui. Loro sono morti. Quel pensiero la riportò alla lucidità necessaria per portare al termine la missione per cui si trovava li.

La donna che aveva davanti allungò la mano per accarezzarle il viso, tocco che lei sfuggì improvvisamente.

"Che ti succede hai paura di me?" le chiese.

"Tu non sei mia madre, sei solamente una sporca illusione" mormorò la guerriera di Plutone.

"Perchè dici che siamo delle illusioni? Siamo le persone che hai amato e che hai perso troppo presto, hai l'occasione per stare con noi. Per sempre" il volto dell'uomo si illuminò al pronunciare quelle parole.

No non sarebbe mai riuscita a vivere in illusione creata a posta per lei, e lontano dalle sue compagne, non avrebbe tradito loro per una famiglia che non esisteva più e non sarebbe mai esistita.

"Non siete reali" mormorò lei anche se quelle parole le facevano male. "Lasciatemi in pace, andatevene" urlò presa dalla rabbia di ciò che stava vedendo. Non voleva che anche i suoi ultimi ricordi di quelle persone meravigliose che l'avevano messa alla luce fossero deturpati da quella prova stupida e incomprensibile che le si pareva davanti.

Ad un suo ordine tutto scomparve e si ritrovò a cadere nel buio, un buio soffocante, che le opprimeva la cassa toracica impedendole quasi di respirare come avrebbe dovuto fare in realtà. Dalla compagnia delle persone a lei care era andata a finire in un pozzo nero e senza fondo. Chi poteva dire se la realtà sia quel mondo di dolore che c'era fuori, o le consolanti visioni che abitavano quel posto strano? E lontano da qualsiasi forma di vita? Nessuno se non lei. E' vero li avrebbe trovato la pace, ma era realmente lei ciò che cercava?Si la voleva. Era quello che desiderava, iniziare nuovamente tutto da capo? Si voleva anche quello.

Non li.

Non lontana dalla sua vita da comune terrestre.

Quella era la pace, quella vera. Perchè avrebbe dovuto dire no a quel sogno sul Pianeta Terra? Aveva già patito abbastanza, sofferto la perdita delle persone a cui era legata. Non avrebbe mai potuto rinunciare a quella che in quel momento era la sua famiglia per quella vecchia. Sarebbe stato troppo meschino da parte sua.

Doveva arrestare lo scorrere del tempo, dirgli di fermarsi. Di far si che tutto quello scomparisse, doveva riuscire a comunicare con il lato più recondito del suo essere e ritornare nella stanza delle arcate, e se fosse stato necessario avrebbe lottato e sconfitto Chronos. Con l'aiuto del suo elemento.

Chiuse gli occhi per cercare di ignorare l'oscurità che sentiva intorno, il freddo che le comunicava si fece all'improvviso meno insistente. Mentre sentiva un'energia familiare provenire da lei stessa, l'energia che sentiva quando si trasformava per vestire i panni della guerriera della giustizia, solamente più forte, più potente e sopratutto più suadente. Era impossibile non resisterle, non lasciarsi andare mentre essa prendeva finalmente possesso del suo corpo. Intorno a lei una leggera brezza. Aprì gli occhi e vide la pietra opalescente un tempo proprietà di Chronos levitare davanti a lei, prima che il piccolo oggetto sprigionasse un'energia potente che squarciò le tenebre d'inchiostro. Prima che le sue vesti da combattente lasciassero il posto a un vestito color granato, semplice ma elegante, i guanti del medesimo colore. Alle orecchie degli orecchini a cerchio dorati, dello stesso oro della collana che aveva al collo. Lo scettro ancora nelle mani.

Si guardò da capo a piedi. Era tornata nuovamente nella stanza delle arcate.

"Brava mia principessa. Fanne buon uso" furono le parole che rimbombarono intorno a lei prima che tutto quel tempio scomparisse in un esplosione di mille frammenti violacei. Poco distante da lei comparvero le restanti guerriere del sistema solare esterno. Visibilmente sollevate, anche se abbastanza provate dalla stanchezza.

Più lontano, le guerriere del Sistema solare interno, la guardavano stupefatte per l'apparizione improvvisa.

"Zia Sidia" urlò Umiko visibilmente sollevata mentre correva ad abbracciarla, facendole perdere per qualche attimo l'equilibrio.

Dopo di che tirò fuori il medaglione, e richiamato Thoolan, il cristallo del Tempo, esso andò spontaneamente al suo posto.

"Certo che ce ne avete messo di tempo" commentò stizzita Rea. "Se ci mettiamo un secolo ognuna di noi facciamo in tempo a venir trasformate in fossili.

"Rea non rompere le palle!!! Se pensi che sia semplice hai proprio sbagliato missione. Piantala. Sei ridicola con quello che dici hai capito?" l'aggredì Heles, che ancora aveva la spada in pugno. "Vedi di non farmi fare cose di cui potrei pentirmi" la minacciò. "Ho giusto del nervoso da scaricare, quindi conviene che non scherzi in mia presenza siamo in tesi? " aggiunse poi. E in effetti era vero. Contando che Milena era già entrata in possesso spontaneamente del suo talismano senza neanche sapere che esso esistesse, il prossimo pianeta sul quale avrebbero dovuto mettere piede, era Urano.

E in parte era timorosa, non sapeva che cosa aspettarsi. Sarebbe riuscita nel suo intento? Se non ci fosse riuscita cosa sarebbe successo? Si sentiva insicura, come non lo era da anni. Si allontanò leggermente dal gruppo per cercare di calmare i nervi prima dell'imminente partenza. Trovato un tronco mollò contro di lui un fendente anche troppo potente per i suoi gusti. Ma si sentì subito meglio, almeno in parte. Sentì delle braccia familiari cingerle la vita.

"C'è qualche cosa che non va amore?" la voce cristallina della violinista risuonò sulla sua schiena.

"Ho paura, il prossimo pianeta è Urano." sussurrò a denti stretti, confidarle di aver paura di ciò che l'attendeva le costava una grossa forza di volontà, lei non ammetteva mai di aver paura. Anche quando doveva farlo. Ma non poteva tenersi tutto dentro.

"Io credo in te, vedrai che andrà tutto bene...e quando tutto sarà finito penseremo al nostro matrimonio" le sussurrò lei facendola girare per guardarla negli occhi. Con tutto quel trambusto e l'attesa per la nascita, l'organizzazione del matrimonio era passata in secondo piano.

"Si ma non organizzarlo troppo sdolcinato" mormorò, immaginando ciò che avrebbe potuto escogitare la mente decisamente malata da quel punto di vista della sua compagna.

Sul viso dell'altra si dipinse un adorabile broncio.

"Ma io volevo festeggiarlo come nelle favole" mormorò

"Mmh si poi vediamo" disse prima di catturarle le labbra in una dolcissima danza. Di cui solo loro conoscevano i passi e il ritmo.

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Capitolo 12
*** Domare il Vento ***


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12^Capitolo: Domare il Vento

Erano rimaste su Plutone il tempo necessario per dar modo a Sidia di recuperare un po' di forze prima di dover riaprire nuovamente il varco nello spazio e nel tempo che le avrebbe condotte verso la loro prossima meta.

Non avevano minimamente idea di quanto tempo fosse passato, fatto sta che anche se Urano era perfettamente visibile da Plutone come una sfera azzurrina neanche poi troppo lontana, da quando erano entranti nel varco erano state nuovamente circondanti dal buio del cielo corvino interrotto solamente dal luccichio delle stelle. Avevano nuovamente perso la condizione del tempo che scorreva, quanto lento o quanto veloce non lo potevano sapere.

E forse non avrebbero voluto neanche, consce che ogni secondo che passava l'equilibrio tra bene e male stava andando a incrinandosi verso la parte più oscura. La Custode del Tempo si sentiva nuovamente più sollevata, e da quando si era nuovamente appropriata del Cristallo del Tempo, aveva recuperato totalmente la memoria, ora tutta la sua vita prima dell'arrivo di Berillia era chiara come uno specchio. E sapeva che Urano non era uno dei pianeti più ospitali del sistema solare.

Proprio per niente. Sospirò sperando che la sua compagna riuscisse a far proprio il Cristallo che era sul suo pianeta il prima possibile. La guerriera di Plutone si fermò all'improvviso imitata dal gruppo, e come già aveva fatto all'arrivo sul suo pianeta evocò la porta del tempo per aver accesso ad uno dei giganti azzurri del sistema solare. Così erano chiamati i due pianeti che si influenzavano l'uno con l'altro tramite le loro orbite.

E non solo le orbite erano influenzate dalla loro dipendenza.

A causa loro molto probabilmente doveva condividere con due coinquiline al quanto diverse, delle quali una le fracassava decisamente i così detti quando ci si metteva a rompergliele.

E proprio colei alla quale erano rivolti i suoi pensieri in quel momento stava lottando per vincere la morsa che si era appropriata del suo stomaco. Non era mai stata brava a sconfiggere gli ostacoli, ciò che temeva maggiormente, alla fine se aveva superato tutte le difficoltà che l'aveva colpita in passato era stato grazie a Milena. Quella volta invece sarebbe stata sola.

E non era sicura di riuscire a portare a termine il compito che le era stato affidato.

Se avesse potuto sarebbe scappata, sarebbe tornata a casa il prima possibile, ma era consapevole che una volta tanto nella vita avrebbe dovuto prendersi le sue responsabilità.


 

Non pensavo che tu fossi così egoista!

Ma cosa credi, che salvare il mondo mi piaccia?

Il mio sogno è di diventare una famosa violinista,

ma il mio destino è quello di portare a termine la missione! “


 

Doveva piantarla di assumere l'atteggiamento di una ragazzina di sedici anni quale era all'inizio della sua missione, doveva prendersi le sue responsabilità. Quello che non voleva fare quella sera di cinque anni prima sulla nave da crociera. Doveva farlo.

Per la Terra e i suoi abitanti.

Ma sopratutto per la sua famiglia.

Altrimenti come poteva pretendere di essere un bravo genitore? Sarebbe stata una cazzata, un'unica e grandissima cazzata.

Stranamente il suo pianeta non lo sentiva come casa, eppure era certa che avrebbe dovuto sentire almeno un minimo di legame con quel luogo, eppure man mano che si erano avvicinate, man mano che la porta del tempo aveva preso forma davanti alle sue iridi verdi, non aveva sentito niente. E invece avrebbe dovuto sentire. Avrebbe dovuto sentirlo il suo pianeta. Perché invece era così muto? Lo sentiva in quantità maggiore quando era sulla Terra, e ora che era a qualche passo da lui era divenuto muto, indifferente.

Distante.

E solo lei sapeva quanto.

Il gruppo aveva già varcato la soglia, ma lei non riusciva a muoversi. Compiere quei pochi passi che la separavano dalla superficie del pianeta che era la sua casa, quella vera. Quella da cui tutto aveva avuto inizio. Sentì una mano sulla spalla, si voltò appena e trovò gli occhi blu cobalto della guerriera di Nettuno, che la fissava rivolgendole una domanda silenziosa. Deglutì rumorosamente.

Non sono sicura di potercela fare...” mormorò abbassando lo sguardo verso il suolo “Devo affrontare tutto senza di te...sta volta”

Sai benissimo che non sono io a fare da colonna portante, quindi smettila. Quella che ha dei seri cali di autostima sono io non te. E puoi farcela benissimo da sola, ci sono riuscita io e non vedo perché tu non dovresti riuscirci. E di nostro figlio che stiamo parlando non dell'eschimese dall'altra parte della Terra” la fissava negli occhi, con le iridi di un blu cupo e determinato. Già lei era quella determinata, quella che affrontava le cose senza tirarsi indietro.

Avete intenzione di rimanere li ancora per molto?” la voce di Morea un po' spazientita le raggiunse, i capelli leggermente spettinati per il vento che le sferzava, potente. Inarrestabile.

Stiamo arrivando” mormorò la violinista spingendo in avanti la compagna che sembrava un tronco d'albero.

Su Urano la situazione era molto diversa da Plutone, la superficie del pianeta era ricoperta da un erba scura tra la quale facevano capolinea piccoli fiorellini opalescenti, altri più grossi erano proprio luminosi, brillavano di una luce verdolina che donava all'ambiente un'atmosfera spettrale ben diversa da quella terrestre. Proseguendo con lo sguardo saltavano all'occhio zone brulle, nelle quali il manto erboso lasciava il posto a chiazze di roccia di uno strano colore blu notte.

Umiko si guardava intorno meravigliata, le sembrava di camminare in una di quelle immagini che aveva visto su internet dal computer di sua sorella qualche giorno prima e che l'avevano affascinata perché sembravano appartenere alla fantasia del migliore dei disegnatori. Eppure ciò che aveva davanti non era una finzione ne un film, era ugualmente straordinario.

I passi del gruppo iniziarono a risuonare nell'atmosfera spettrale che lo circondava, pronto a sfoderare le armi appena ce ne fosse stata l'occasione.

Il vento stava dando il meglio di se per dare loro il benvenuto, perché speravano che il suo sferzare il loro corpi non fosse un brutto presagio o un invito a non entrare, le loro narici furono invase dall'odore dell'ammoniaca, pungente.

Soffocante.

Sopra di loro le nubi si muovevano veloci, fissarle in alto sopra di loro avrebbe portato sicuramente alla nausea, il cielo cambiava velocemente sfumatura passando dall'azzurrino al verdolino tenue.

Heles pian piano si stava riscoprendo a casa, alla sua memoria tornarono i giorni di festa che caratterizzavano il suo bellissimo pianeta in tempi ben migliori di quello in cui era abbandonato a se stesso, con l'unico compito di fornire a lei i poteri di cui aveva bisogno per combattere per salvare l'umanità intera.

Hel hai una minima idea di dove dobbiamo andare per ciò che stiamo cercando?” chiese Ottavia poco più avanti a lei, era anche inutile proseguire e camminare se non avevano una meta.

Io...io...non ne ho la minima idea” mormorò la bionda.

Perfetto” commentò sarcastica Rea, spostando in malo modo i capelli che le erano piombati davanti al viso a causa del vento che non sembrava voler cessare. Non ho mai visto un pianeta più inospitale di questo. Pensò la guerriera di Marte. Per fortuna che non vivo qui, in ogni modo che cosa c'era d'aspettarsi di diverso visto il carattere della sua protetta? La sua frase fu accolta da uno sguardo assassino da parte di Milena, i cui nervi erano messi a dura prova dal comportamento della bruna dagli occhi di brace che aveva davanti.

La guerriera di Urano intanto osservava il paesaggio intorno a se, convinta che come per Plutone il cristallo sarebbe dovuto essere custodito in qualcosa di molto simile ad un Tempio. Molto probabilmente nei pressi di quello che era stato il suo castello in passato. Lo ricordava ancora, come se fosse stato ieri.

Il Miranda Castle era stato da sempre una struttura resa il più possibile impalpabile all'occhio di chi aveva il piacere di osservarlo almeno una volta nella vita, la struttura formava una rete in cristallo sulla quale si aprivano le finestre, il cristallo stesso provvedeva all'illuminazione degli ambienti interni che non potevano essere osservati dall'esterno. Non ricordava niente per quanto riguardava la presenza di un eventuale Cristallo. I suoi genitori mille anni prima non lo avevano mai menzionato. Ne era sicura.

E allora come avrebbe fatto a rintracciarlo senza sapere nemmeno dove dirigersi.

Direi che si potrebbe seguire questa strada” mormorò Milena facendo un cenno verso quella che era una vita antica di secoli. Una parte di lei stessa sentiva che quella era una strada familiare, possibile che colei con la quale condivideva la sua vita da cinque anni non avesse nessun sentore? O forse era troppo agitata e demotivata per provare solamente a cercare un contatto con il suo pianeta.

La motociclista si limitò ad annuire procedendo davanti al gruppo mentre cercava qualche indizio, qualche punto che le parlasse come avrebbe dovuto.

Dannazione. Fu il pensiero frustrato della bionda mentre si guardava intorno avvertendo un senso di nervosismo crescente. Non sapere cosa fare ed avere l'assoluta certezza che bisogna fare qualcosa era una cosa angosciante per lei che era abituata a portare a termine i propri obbiettivi senza difficoltà alcuna.

Se puntava al podio nelle gare che da sempre facevano parte della sua vita, non vi era volta in cui non conquistava il primo posto lasciando basiti tutti quelli che avrebbero scommesso. In quel momento l'obbiettivo era chiaro davanti a lei, ma al quanto difficile da raggiungere.

Dopo un tempo che si rivelò lungo e imprecisato raggiunsero quelli che sembravano i vecchi resti di un arco in marmo, che a differenza di quello incontrato su Plutone era in perfetto stato, attaccato a qualche metro di muro della medesima pietra che formava le rocce che ogni tanto uscivano dal terreno. Sulla chiave di volta dell'arco era presente il simbolo di Urano, che sembrava essere stato in color oro per via dei pezzi di smalto che ancora erano visibili sul ricamo.

Sulla restante parte della struttura vi erano altri bassorilievi dai motivi floreali.


 

I suoi genitori lo avevano pregato di mettere l'uniforme che ci si aspettava dal principino del pianeta. E il tutto da cosa era nato? Doveva dare il benvenuto ad una stupida femmina, che poi neanche era del suo pianeta. No era di Nettuno, e sapeva già che lui non avrebbe mai avuto in comune nulla con un vestito e una trinolina messa li giusto per affascinare i maschi.

Era diverso LUI.

A lui interessava solamente le cose veloci, e anche il vento. Si loro erano le uniche cose che stimolavano la sua mente di bambino di otto anni di età. E quella cerimonia lo aveva decisamente stufato ancora prima di iniziare. Dovevano aspettare i regnanti di Nettuno davanti all'arco, come se non sapessero raggiungere da soli il castello.

Sbuffò scocciato mentre i suoi occhi verdi si posavano sui ragazzini del popolo sporchi di fango, che correvano di qua e di la riempiendo l'aria di gridi e risa.

Ecco quelle erano cose che gli garbavano. Altro che tutte queste cose inutili e barbose.

Si passò la mano tra i capelli color grano mentre emetteva un sonoro sbadiglio.

Sbadiglio che fu subito ripreso da sua madre che lo fulminò con lo sguardo.

Al diavolo le buone maniere.

Fosse stato per lui si sarebbe espresso a parolacce, e non si sarebbe neanche coperto la bocca quando sentiva che doveva digerire rumorosamente.

Doveva anche aggiungere il fatto che il vestito che indossava non era proprio fatto per lui, i damerini erano cose che piacevano a sua madre.

Lui li odiava, odiava essere vestito di tutto punto.

Odiava dover sottostare a restrizioni. Era uno spirito libero.

Come il vento.


 

Il ricordo irruppe nella sua mente con la potenza di un uragano, senza chiedere il permesso in nessun modo. Senza preavviso. Scombussolandola come solo la sua dolce metà sapeva fare nei ritagli di tempo più intimi che le donava.

Era senza fiato. Non amava viaggiare con la mente nei ricordi, lo riteneva inutile. Ormai i ricordi erano cose passate e lei riteneva che doveva concentrarsi sull'immediato presente e sul futuro più prossimo. Il passato non le piaceva, non le era mai piaciuto in realtà. Eppure incurante di questa repulsione lui era andato a farle visita.

Per quale motivo poi? Non sentiva decisamente il vento più di quanto lo sentisse prima, anzi forse lo sentiva addirittura di meno, il cristallo poi non aveva ancora palesato un minimo la sua presenza e lei si stava muovendo nel buio più totale.

Eppure per qualche strano motivo quella porta, quell'arco rappresentava qualcosa di importante. Non sapeva se solamente a livello personale, oppure rappresentava qualcosa di rilevante anche per il suo popolo, la sua terra ormai abbandonata.

Sapeva solamente che li era successo qualcosa che sentiva appartenerle più di qualsiasi altra cosa, chiuse gli occhi, e nel momento stesso in cui la Guerriera di Nettuno le posò la mano sulla spalla notando il suo smarrimento improvviso davanti a quell'arco che doveva essere stato anticamente l'ingresso alla città più importante del pianeta, un altro ricordo dal sapore dolce si fece largo nel suo essere.


 

Heles non posso, lo sai. Io...i miei genitori mi hanno promessa ad un altro” i suoi occhi blu sono persi altrove, sono tristi, distanti. Appannati. Diretti persi in un orizzonte lontano, verso il cielo pigolante di stelle, alla ricerca della sfera blu del suo pianeta di origine che si vede bene. Troppo bene. È solamente una mia impressione o la sua voce è sofferente?

Ma non ti sei ancora fidanzata...se vuoi...noi possiamo lottare Milena. Se tu lo vuoi non credo che i tuoi genitori creino problemi” le dico, e sappiamo entrambi che è la verità. Lei non è ufficialmente fidanzata, non appartiene a quel pallone gonfiato di Even. Non ancora.

I miei genitori no, ma io devo pensare al mio popolo...non sappiamo come reagiranno i genitori di Even...” mi risponde lei. Non posso fare a meno di prenderla per la nuca e donarle uno di quei baci intensi, profondi, passionali. Spingendo il mio e il suo cuore a mille, senza ritegno. Senza qual si voglia pudore. Cercando un contatto talmente agognato, per poterci appartenere.

Allontano leggermente le labbra dalle sue e la guardo negli occhi, le sue iridi blu sono piene di desiderio, e questo mi basta per capire che è giusto lottare per il nostro amore. Le appoggio la mano sul cuore.

Finché reagisce così, credo che...la cosa giusta per noi sia lottare” le sussurro, prima di darle un secondo bacio questa volta meno profondo, più tranquillo. Meno bramoso. “Ti amo principessa”


 

Il suo cuore batteva forte per la vividezza delle emozioni che erano state evocate in lei da quel ricordo, l'inizio di tutto. Una scelta di due adolescenti che aveva avuto ripercussioni addirittura a novecento anni di distanza su di loro. Se non avessero scelto insieme di imporre il loro amore, in quel momento non si sarebbe trovata sotto quell'arco senza sapere cosa fare.

Sentiva prepotente il bisogno di sbattere la testa contro il muro. Sferrò un pugno contro le mura che un tempo circondavano la cittadina in un primo crollo di nervi.

Maledizione!!!” ringhio tra i denti continuando a guardare i mattoni scuri che caratterizzavano le costruzioni della sua città di origine.

Che succede?” sentì la voce cristallina di colei che era stata protagonista del suo ricordo vicino al suo orecchio destro.

Niente, solo tanto nervoso. Sarà meglio continuare altrimenti non caveremo un ragno dal buco” rispose lei con la voce carica di nervosismo, mosse i passi che le permisero di varcare l'ingresso secolare seguita dalle sue compagne che aspettavano solamente un segnale, un suo cenno, anche minimo.

Il cenno che aspettavano non arrivò, rimpiazzato da un vento di inaudita violenza che soffiava in senso contrario rispetto a quello della loro marcia. Nella sua furia, per lei che parlava con questo elemento invisibile, una sorta di voce. Un lamento carico di rabbia.

Gli stranieri non possono passare.

Era questo il messaggio del vento, possibile che non l'aveva riconosciuta? Oppure semplicemente non voleva riconoscerla di proposito? E perché? Le sue domande furono troncate da un urlo proveniente da dietro di lei, si voltò di scatto e la visione che si presentò ai suoi occhi verdi la fece piombare nel panico, più di quanto già non lo fosse.

Le sue compagne erano cadute vittima di qualcosa di molto simile a un tornado. La visione che si presentava ai suoi occhi le ricordava il ciclo infernale dantesco dei lussuriosi, solo che non vi erano anime che volavano leggere trasportate dalla bufera, ma le sue compagne. E sopratutto c'erano loro, la sua famiglia.

Chi sei? Sono l'ultima erede della dinastia di Urano, palesati ai miei occhi” urlò nel vento con quanto più fiato aveva in gola. Eppure la sua voce si perse velocemente nella furia del suo elemento che era incontrollabile, indomabile, impazzito.

L' ultimo erede di questo pianeta se ne andato perché le sue priorità erano altre. Non riconosco nessun altro erede da allora.

Le disse la voce tra il vento.

 

Intorno a lui c'era solamente fuoco e fiamme nere, corvine che trasudavano malvagità. Nell'aria le urla dei pochi soldati e della popolazione ancora in vita che cercava di lottare e vender cara la pelle fino all'ultimo contro l'esercito delle Tenebre che avanzava inarrestabile verso la Luna. Dalle ultime notizie ricevute su Plutone, aveva intuito che la Principessa di Plutone era bloccata alle porte del Tempo poiché era li che era stata mandata. Era il suo ruolo.

Non gli rimaneva che radunare le sue guardie più fidate e abbandonare il pianeta, cercando di fermare l'avanzata nemica sul pianeta del Mare. Ma sopratutto di colei che gli aveva stregato il cuore.

 

Il suo pianeta stava crollando e la decisione per quanto lo riguardava era la migliore. Nei suoi la distruzione che stava avvolgendo i luoghi in cui era cresciuto, in cui si era innamorato, in cui aveva imparato a prendersi le sue responsabilità, responsabilità che però in quel momento erano state superate da altre, da quelle dettate dal cuore. E che avevano accantonato in un angolo la poca ragione che albergava nella sua materia grigia: non erano di certo una novità le voci popolari che lo volevano decisamente impulsivo.


 

Se lui se ne andato lo aveva fatto perché aveva le sue buone ragioni, no? Non puoi covare rancore nei suoi confronti ancora dopo così tanto tempo” rispose lei. Ci mancava anche il guardiano che covava rancore nei confronti del su principe.

Che poi lei che cazzo ci poteva fare? Niente!!!

Non importa per quali ragioni lo ha fatto. Ha compiuto un simile gesto e questo basta. Per un regnante il suo popolo dev'essere la prima priorità nella lista delle cose da fare, per lui invece le priorità erano ben altre.

Infondo aveva ragione, il suo comportamento si era rivelato essere al quanto irresponsabile, ben diverso da quello che aveva intuito essere dal ricordo precedente all'ultimo in cui la Principessa di Nettuno aveva pensato al bene del suo popolo prima che al loro rapporto. Lei no, aveva messo avanti il destino di quella sfera blu che splendeva nel cielo del suo pianeta. E si rendeva conto di quanto fosse stato imperdonabile il comportamento del principe, ma lei era un'altra persona. Molto probabilmente avrebbe reagito diversamente. O forse no? Forse pur di mettere in salvo la sua dolce metà sarebbe stata portata a fare la stessa identica cosa? Tanto valeva giocare sporco anche se non era sicura della decisione che avrebbe preso nel caso che una situazione simile si fosse riproposta sulla Terra di li a poco.

Magari ho capito di aver sbagliato, di essere stato molto impulsiva e di non essere affatto una regnante degna del nome e della dinastia di cui costituisco l'ultima erede in vita. Ma tutte le persone possono fare i loro errori e nessuno è morto per questo. L'importante e capire dove si è sbagliato per non ripeterli in futuro” disse nuovamente urlando nella furia del vento che le arruffava i capelli. Girata di lato per vedere il ciclone alle sue spalle quanto basta per accertarsi dello stato fisico ed emotivo delle sue compagne. “Per favore mi serve il Cristallo del Vento, mi serve per proteggere la Terra, e li che ora devo svolgere il mio ruolo. E li che devo proteggere la Principessa Serenity non che futura Regina della Terra. Non puoi vietarmelo sapendo che il Cristallo mi appartiene di diritto.”

A quelle parole della ragazza davanti a lei si formò una figura umana maschile, formata dalla polvere e dalle pietre portate in alto dal vento. E quindi quasi totalmente trasparente oltre che piuttosto inquietante e ricca di carisma.

Hai rinunciato a tutto questo molto tempo fa” mormorò la figura in continuo mutamento davanti ai suoi occhi “Non ti appartiene niente, puoi solo provare a riconquistare ciò che era tuo” rispose gelidamente il “vento”

Dimmi come devo fare” rispose lei, infastidita da quella che sembrava sempre più una bufera. Non ottenne nessun genere di risposta. La figura polverosa si disperse nel forte vento lasciandola sola, gli unici rumori le grida che ogni tanto giungevano alle sue orecchie e che provenivano dalle sue compagne.

Sentì la rabbia ammontarle dentro, nessuno. E dico nessuno si era mai permesso di metterle i piedi in testa in quel modo trattandola come la prima ragazzina piagnucolona che aveva incontrato per strada, e sicuramente non sarebbe stato il suo elemento il primo ad avere questo onore. Assolutamente no. Non aveva il diritto di trattarla così solamente per via di uno sbaglio giovanile, che poi neanche si trattava di sbaglio giovanile, visto che non lo aveva fatto lei in prima persona ma solamente quello che beatamente se la dormiva all'interno del suo corpo, magari divertendosi pure nel vederla così in difficoltà per le marachelle che lui aveva deciso di compiere.

L'unica cosa che aveva fatto di buono il Principe di Urano era stata solamente lottare per il suo amore, anche se non era a lui destinato. E questo gli faceva onore, ma non poteva non pensare che per il resto, il padrone incontrastato di quel pianeta avesse ragione. Solamente come avrebbe fatto a prendere le sue vere sembianze? Doveva riuscirci. Doveva riuscire a piegare la sua essenza più potente al suo volere, in modo da farla palesare quando ella stessa lo riteneva necessario.

Tra dire e il fare c'è di mezzo il mare.

Stai calma. Non serve a nulla agitarsi. Peggiori di più la situazione.

Fosse facile non agitarsi mentre sopra di lei a svariati metri di altezza distingueva fin troppo bene la chioma di Milena e quella di Umiko che passavano a intervalli regolari.


 

***


 

Svariati metri più in alto, sopra la testa della motociclista la situazione era piuttosto critica, oltre al gruppo il vento forte stava portando con se svariate piccole pietre acuminate che erano impossibili da schivare dalle ragazze.

Umiko era riuscita per pura fortuna ad afferrare la mano della violinista e non se ne era più staccata, badando bene a non fare come Paolo e Francesca nell'Inferno Dantesco.

Gli occhi viola puntati verso il suolo per vedere come se la stava cavando suo padre, in quel Pianeta che era molto meno confortevole di quanto aveva immaginato. Sulla sua guancia si dipinse improvvisamente una striscia purpurea, che bruciava fastidiosamente.

Ci mancavano anche i detriti” sentì urlare dalla madre, urla che si persero dopo pochi secondi nel tornado in cui erano imprigionate.

Le loro compagne non erano messe meglio, le vedeva passare mentre cercavano di non interrompere la catena che erano riuscite a formare, e alla quale stavano cercando di attaccarsi anche loro, senza ottenere risultati soddisfacente visto che ogni qual volta si incrociavano erano di svariati metri più alte o più basse rispetto al gruppo.

Sembrava che il guardiano del Cristallo del Vento si stesse liberamente divertendo a vederle attendere con speranza il momento più propizio per formare e chiudere la catena umana.

La situazione più in basso non sembrava decisamente volgere a svolte decisive visto che la Guerriera di Urano era ferma immobile mentre lasciava che il vento si prendesse gioco di lei. Per quanto conosceva poco il suo papà non gli sembrava decisamente un comportamento consono al suo carattere.

No, lei era impulsiva come il vento.

Non era riflessiva, ne era tranquilla, tanto meno quando si trovava in situazione di estremo pericolo.

Sentì le ennesime schegge ferirle la pelle. Inoltre mantenere la presa che la teneva unita alla madre era sempre più complicato per via dei guanti che le coprivano entrambe le mani. Iniziava anche a sentire una certa dose di freddo, che grazie al contribuito del vento riusciva arrivarle dentro la carne, prendendo pian piano possesso delle ossa.

Se Heles non si dava una mossa avrebbero avuto dei grossi problemi a far si che i loro corpi non si congelassero.

Ci mancava anche questa, che stai facendo Hel? Era il pensiero di Milena che osservava tutto d'alto mentre lottava per non perdere il contatto con la figlia, la vedeva in difficoltà, e non poterla aiutare in qualche modo perché bloccata lassù la faceva stare male. Il tempo passava inesorabile e la situazione doveva pur sbloccarsi in qualche modo!! Prima che le ferite divenissero troppo grosse da guarire da sole. Non so cosa ti sta bloccando così ma per favore. Torna in te.


 

***


 

Non riuscirai mai ad avere il cristallo, sei la prima a non volerlo veramente.

Il messaggio del vento era chiaro, e probabilmente aveva ragione, lei non lo voleva veramente. O meglio non era sicura di riuscire ad ottenerlo, era la prima volta che doveva affrontare un ostacolo che le sembrava più grande di lei. E non si sentiva in grado.

Hai paura, e provarla non fa di te una regnante.

Era più forte di lei, aveva paura ma era consapevole che quello era il suo pianeta, il suo pianeta che si stava ribellando e volente o nolente doveva fare qualsiasi cosa in suo potere per riuscire a calmarlo. Doveva riuscire a farsi accettare, e per farlo doveva fargli capire che aveva capito i suoi errori, commessi in un moto di amore sconfinato e di apprensione verso la sua dolce metà, che già allora era dolce violinista del grande pianeta azzurro scuro. Anche se in cuor suo non condivideva la rabbia del vento poteva provare a capirlo.

Io non ho paura. Non di te. Capisco ciò che muove la tua rabbia, la tua frustrazione. Ma non sono responsabile di ciò che è stato fatto in passato. Permettimi di fare tutto ciò che è in mio potere per il presente.

Si sentiva alquanto idiota. Anzi parlare con il vento era veramente da pazzi. Ma lei non era una persona normale...quindi.

Che cosa ti spinge a voler utilizzare il Cristallo che custodisco, quando non è stato utilizzato per secoli e secoli.

Poteva rischiare di dire tutta la verità dall'inizio alla fine? Era il suo elemento ma poteva fidarsi veramente di lui? E se avesse mentito sarebbe stato molto palese? Sospirò. Meglio dire una verità che non convince che sbagliare a raccontare una palla. Sopratutto con l'essenza che muoveva il vento sulla Terra e dentro di lei.

Mi serve per salvare mio figlio, e con lui l'Universo intero, deve andare a ricomporre il Talismano del Potere...

Chi ti ha parlato del talismano? È un oggetto sacro, più sacro della tua spada e dello Specchio delle Acque profonde, più potente della sfera di Granato e più distruttivo della falce di Saturno. Le rispose il vento con un tono piuttosto adirato.

Sailor Cosmo ha affidato a me e alle altre guerriere questa missione. In nostro possesso vi sono già i Cristalli del Tempo e del Mare. Non che quelli delle due gemelle della Luna.

Mi meraviglio che i Guardiani degli altri pianeti abbiano ceduto così in fretta, senza far penare le loro Principesse prima di lasciare a loro il proprio cristallo. Se non sbaglio tra loro c'è anche colei per cui hai tradito il tuo popolo.

Si ma anche lei non ha colpa di quello che è successo in passato. Siamo solamente colpevoli per il nostro presente. E stiamo cercando di risolvere il più presto possibile.

Fu colpita da un colpo di vento meno forte di quelli precedenti, mentre la bufera lentamente andò calmandosi, il vento diminuì di intensità trasformandosi man mano in una lieve brezza che sapeva di stelle.

Una luce luminosa apparve davanti a Heles, che tese la mano d'istinto per afferrarla, ben conscia che finalmente era riuscita a ottenere la fiducia del suo elemento ma sopratutto del suo pianeta, lo sentiva nella lieve carezza che le riservava soffiando lentamente, quasi fosse un padre con la propria figlia. E lei questo era: figlia del vento.

Si volse con la pietra opalescente che levitava sul palmo della sua mano verso il gruppo, erano tutte ridotte male per via della bufera in cui erano state costrette fino a quel momento. Alcuni ciuffi selvatici uscivano dal chignon della Guerriera di Plutone che aveva le braccia piene di taglietti, così come la restante parte del gruppo.

Temevo che non ci saresti riuscita” esclamò la violinista abbracciandola “C'è stato un momento che avrei voluto poter scendere giù per infonderti coraggio”

Ma che coraggio e coraggio... riesco a farcela da sola senza di te se voglio” esclamò la bionda spettinandola ancora di più, accogliendo anche la figlia nell'abbraccio. “Senti un po' signorina questo credo che abbia fretta di tornare al posto al quale è stato destinato” mormorò.

Ok” con i grandi occhi viola sorridenti. Erano già a tre cristalli, la prossima meta vedeva come punto di atterraggio Saturno, il pianeta di sua sorella. E poi una volta finito quello tutta la sua famiglia sarebbe stata al sicuro.

Poteva solamente sperare che anche le altre si impegnassero come i suoi genitori per portare a termine il viaggio il più velocemente possibile.

A dire la verità non vedeva l'ora di poter ritagliare un po' di tempo in tutta quella faccenda per riuscire a duellare con la spada con suo padre. Amava tirare di scherma, sentiva che era molto dotata per farlo, così come sentiva un'emozione norme quando le sue orecchie erano raggiunte dal rombo del motore della moto della Guerriera dei Venti.

Sarebbe mai stata una ragazza normale per indossare un casco e sfrecciare per le strade cittadine?

Note dell'Autrice: Eccomi qui con il dodicesimo capitolo, anche il vento è stato conquistato e siamo già a tre cristalli, cosa dovrà affrontare Ottavia nel prossimo capitolo? Staremo a vedere. Se non cambio idea, il capitolo sarà incentrato sulla trivalenza del personaggio che viene sviluppato nella terza serie, sperando di non fare una schifezza. Non dovrei, le scemate e gli obrobri me li tengo per le Inner con cui non mi sento affine. Buona Notte oppure - nel caso - buona giornata.

Arwen


 


 


 

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Capitolo 13
*** Luce e Tenebra ***


Attenzione la fine del capitolo potrebbe risultare traumatica per alcune lettrici.


 

Note dell’Autrice: Ciao, scuse infinite per l’enorme ritardo con cui posto questo capitolo. Non credo di aver ritardato mai così tanto con una storia appartenente a questa serie. Prima dei problemi in famiglia, e poi una consegna per un contest mi hanno tolto il poco tempo a disposizione e soprattutto ho dovuto rivedermi l’episodio 123 dove si ha il risveglio della Despota 9 per trascrivere tutti i dialoghi.

Sulle altre sorvoliamo u.u spero che non risulti troppo noioso leggere questo capitolo, che si è rivelato più difficile di quello che pensavo. Non me lo aspettavo semplice visto che è tutto incentrato sulla trivalenza che risiede nel corpo di Ottavia, però ho incontrato diversi intoppi nello scrivere. E non mi aspettavo neanche il finale che ne è venuto fuori.

Ad ogni modo, i dialoghi dei/del flash back sono tutti proprietà della Toei Animation.

Fatemi sapere che cosa ne pensate mi raccomando. Dal prossimo capitolo sarà un parto trigemellare scrivere visto che iniziano le Inner -.-“ e sapete cosa ne penso di loro.

Grazie infinite per tutte le recensioni che mi sono arrivate alle ultime One-Shot e alle quali purtroppo ancora non ho avuto il tempo di rispondere, durante le vacanze di Natale recupero sicuramente. Almeno spero! ( Se crediamoci, ho tre esami da preparare per Febbraio…happy me .-. )

Ora vi lascio al capitolo.

Ciao a tutte.


 

13^Capitolo: Luce e Tenebra.

L'uomo è due uomini contemporaneamente: solo

che uno è sveglio nelle tenebre e l'altro dorme nella luce.

[Kahlil Gibran]


 

Gli anelli dell’ultimo dei grandi pianeti del sistema solare esterno vorticavano a velocità sostenuta sopra le loro teste. Intorno a loro il panorama era intriso in un’atmosfera molto simile a quella dei film d’epoca dalle pellicole ingiallite.

Il terreno era di un beige sporco, antico e polveroso che ai loro occhi risultava opprimente, senza senso. Saturno era uno dei pianeti più aridi del sistema solare in quel momento, chissà come era secoli addietro.

Ottavia procedeva in testa al gruppo, impaurita per ciò che avrebbe dovuto affrontare, l’angoscia era aumentata a dismisura, temeva di doversi confrontare con ciò che odiava di più.

La verità era che non era mai riuscita a superare del tutto la trasformazione della quale era caduta vittima anni addietro, se non fosse stato per Sailor Moon che aveva creduto in lei fino alla fine non osava pensare dove potesse essere in quel momento.

Più che altro era difficile realizzare dove fossero tutte loro.

La Terra molto probabilmente avrebbe cessato di esistere già da un bel pezzo.

E loro con lei.

Scosse la testa energeticamente per spazzare via quei pensieri: non era ne il luogo ne il tempo di stare a dar corda ai suoi complessi.

Che strazio sembra di essere nel deserto del Sahara” esclamò Marta con un tono stufato “Ma che razza di Pianeta è? Non ci sono neanche degli indizi intorno come in quelli delle altre” sospirò pesantemente, sapeva che non era colpa di Ottavia se quel pianeta era ridotto in quello stato, ma la cappa nebulosa che vi si respirava la faceva uscire di se.

Non so che dirvi ragazze… io… io ero convinta che in questa direzione ci fosse la capitale di Saturno, il castello dovrebbe essere poco lontano da qui…ma non si vede nulla a causa della polvere che aleggia nell’aria” mormorò Ottavia senza voltarsi.

Quel paesaggio le metteva decisamente i brividi, figure spettrali di alberi secchi emergevano dalla polvere come demoni immobili che le osservavano silenziosi.

La guerriera del Silenzio fu improvvisamente invasa da una strana inquietudine di fondo che, era sicura, non dipendeva dal fatto di non riuscire ad orientarsi, ne dalla paura di non riuscire a trovare il Cristallo di Saturno in tempo utile per la missione che era stata loro affidata.

Il problema era un altro, era la sua pace interiore che aveva acquisito con fatica durante quegli anni in cui aveva formato una famiglia con le guerriere del sistema solare esterno che si era incrinata, e la sensazione che ne derivava era tutt’altro che tranquillizzante.

Che cosa sarebbe successo?

Sentite anche voi quest’aura maligna?” la voce di Rea echeggiò guardinga poco dietro di lei, aumentando la sensazione stranissima che avvertiva.

Si credo di si…il problema e che non si riesce a capire da dove essa provenga” rispose Sidia alla guerriera di Marte. E in effetti era vero, l’energia malvagia stava lentamente crescendo ma non si sapeva quale fosse il suo punto di inizio, ne da che cosa fosse provocata.

Ciao Ottavia non mi dire che ti sei già scordata di me.

Una voce femminile riecheggiò nella testa della ragazza, come se fosse la sua stessa coscienza a parlarle, ma non si trattava di essa. Magari lo fosse stata, sarebbe stata decisamente una presenza più gradita di quella che si era appena palesata nel suo cranio.

I ricordi risalenti a qualche anno prima irruppero con una potenza inaudita nella sua testa.


 

Era nella dimensione parallela nascosta presso l’Istituto Mugen Gakuen, seduta nuovamente su quel trono verde acido che tanto aveva odiato nei mesi a seguire, indossava nuovamente quel tanto detestato vestito viola con la stella nera poco sopra il petto, davanti a lei un altare in pietra sopra al quale Chibiusa dormiva sogni tranquilli, abbandonata in un sonno che presto si sarebbe trasformato in morte certa.

Aveva bisogno del cristallo, aveva bisogno del suo cuore puro. La bestia malvagia che covava all’interno del suo corpo lo voleva. Perché grazie ad esso sarebbe divenuta più forte.

Sarebbe riuscita a prendere il sopravvento su di lei, distruggendo ogni cellular, ogni frammento di DNA, ogni molecola del suo organismo con la sua essenza trasudante di malignità. La sentiva, che premeva ai lati della sua coscienza.

Costantemente.

Il suo corpo non avrebbe resistito al lungo. La sua malattia era progredita velocemente, sfiancandola come mai aveva fatto in precedenza.

Ma lei non avrebbe voluto fare del male all’unica creatura - dopo sua madre - che le aveva donato un senso di calore agognato per troppi anni. A lei che era l’unica amica che aveva mai avuto.

Non voleva essere la causa della distruzione di quel meraviglioso pianeta in cui era nata.

Non voleva uccidere Bunny e neanche Ami, Marta, Morea, Rea le uniche persone che avevano creduto in lei fin dall’inizio; fidandosi fin dal loro primo incontro.

E lei avrebbe tutta quella fiducia l'avrebbe ripagata nel modo più subdolo che poteva esistere.

Si sarebbe trasformata nel peggiore dei loro nemici, e non avrebbe potuto fare nulla per evitarlo.

Il suo corpo soffriva, stava male ormai da giorni e sicuramente stava per crollare sotto un peso troppo grande per la sua giovane età. Suo padre dove era andato a finire? Non lo riconosceva più, non era più il ricercatore ligio al dovere. Sembrava piuttosto un folle. Da quando aveva fatto la sua comparsa Katia insieme alle Cinque Streghe era così cambiato.

Non lo riconosceva più.

Eppure non riusciva ad odiarlo per tutto il male che le stava provocando, era pur sempre suo padre.

Un dolore improvviso al petto la fece contrarre dolorosamente mentre stringeva la stoffa a livello del cuore. Il respiro affannato.

Doloroso.

Stanco.

Quando sarebbe finita quell’agonia? Avrebbe tanto voluto trovare un modo per sacrificarsi solo lei, prima che la situazione precipitasse. Ma sapeva che era impossibile.

Era troppo debole e consumata.

Posò le braccia sui braccioli della grande sedia, mentre dei passi divenivano sempre più nitidi, sempre più vicini, rivelando pochi istanti dopo due figure che emergevano dall’oscurità.

Sailor Uranus e Sailor Neptune.

Quelle che l’avrebbero adottata da li a pochi giorni e che in quel momento la reputavano un nemico.

Quelle che avrebbero fatto il possibile per ucciderla, spazzarla via dal loro mondo, il tutto per una stupida missione che era stata loro affidata da chissà chi e chissà dove.

Una risata folle squarciò l’aria davanti a lei, mentre si sforzava a guardare sue padre che rideva di gusto nel avvertire la presenza delle due guerriere dei pianeti esterni.

Eccovi finalmente vi stavo aspettando con ansia guerriere Sailor” disse l’uomo voltandosi appena a fissarle, gli occhiali rotondi che brillavano nell’oscurità.

Sei uscito allo scoperto eh..” gli rispose di rimando Sailor Uranus con un tono leggermente strafottente. La sua affermazione fu accolta da una seconda e fragorosa risata.

Una risata odiosa.

Che la feriva nel profondo. Come poteva ridere in quel modo la persona che l’aveva messa al mondo, quando era perfettamente a conoscenza di ciò che stava sentendo la figlia in quel momento?

Che stupida che era, ormai nella figura maschile che aveva davanti non era rimasto più niente dell’uomo che l’aveva coccolata e amata.

Era tutto scomparso il giorno di quella terribile esplosione in laboratorio.

Siete fortunate, avrete la possibilità di presenziare al rito che sta per cominciare” affermò nuovamente lo scienziato girandosi a guardare la ragazzina che era distesa quasi inerme davanti a lui.

Ma è Sailor Chibiusa!!!” la voce di Sailor Neptune era allarmata, tradiva l’agitazione che la muoveva nel profondo per la paura di non riuscire a completare ciò per il quale si erano

nuovamente svegliate dopo tanti anni.

Ottavia vide nuovamente come cinque anni prima Heles che compieva il suo ennesimo gesto impulsivo, corre nel tentativo di salvare la sua migliore amica.

Invano.

Il suo urlo di dolore risuonò nuovamente nell’aria, come se stesse rivedendo a distanza di anni lo stesso identico film. Dallo stesso punto di vista. Il corpo della bionda che veniva lanciato a qualche metro di distanza laddove Milena era con i nervi tesi, pronti a colpire appena se ne sarebbe reso necessario.

Sailor Uranus!!” la sentì esclamare con la voce leggermente incrinata.

Un’altra risata, tremenda più della precedente alle sue orecchie risuonò nella stanza. Mentre altri passi, questa volta appartenenti a un gruppo più folto di persone risuonarono per qualche istante prima che alle sue orecchie giungessero le voci delle guerriere del Sistema Solare Interno.

Sailor Uranus” dissero in coro.

Sailor Neptune” fu l’unica cosa che riuscì a dire Bunny.

A quanto pare vi siete date appuntamento qui” si intromise con un tono odioso il Dottor Tomoe.

Ma chi sei?” Sentì domandare da Bunny, prima di vederla volgere più indietro le sue iridi azzurre, soffermandosi su colei che era distesa poco lontana da lei. “Sailor Chibiusa”

Perdonami Bunny, non è colpa mia. Non avrei mai voluto farle questo, ma non posso decidere. Non posso cambiare tutto ciò. Pensò la brunetta sofferente, quanto ci sarebbe voluto?

Voleva quel cuore,

voleva essere libera.

Voleva conquistare quel maledetto pianeta.

Ennesima risata che come una pugnalata la colpì al petto già ferito dalle pene della mente e del fisico.

Vieni Katia” mormorò l’uomo.

Eccomi” La rossa dalla pelle diafana fece la sua comparsa dietro lo scienziato, dall’altro lato dell’altare. “La creatura del silenzio si risveglierà tra pochi istanti. Il cuore puro di Chibiusa le offrirà le energie necessarie per rinascere.” Il tono non era folle come quello che sentiva provenire dalle labbra di suo padre.

Era peggio.

Era intriso di malvagità.

Di puro piacere nell'infliggere una pena così grande.

Era ciò che di più sadico aveva mai sentito nella sua giovane esistenza.

Sentì le sue labbra muoversi, mentre recitavano le battute di un copione già scritto tempo addietro. Battute che sapeva a memoria. Che le uscivano dalla necessità di porre fine a quell’atroce sofferenza che occupava il suo corpo. E che erano tornate una volta cresciuta velocemente a farle visita come un mantra ossessionante che non riusciva a non ignorare.

Adesso...voglio dei cuori puri” rispose con quella voce che tanto odiava, mentre l’energia del male iniziava a palesarsi in un’aurea viola intorno alle sue membra.



 

NOOOOOOOO BASTA!!! BASTA!!” urlò quasi in preda ad un attacco di follia ingiustificata agli occhi della restante parte del gruppo, portandosi una mano alla tempia.

Ottavia che cos’hai?” sentì la voce ansiosa di Umiko poco distante da lei, quei ricordi erano troppo dolorosi, ed era bastata una voce a provocarli, a far si che la diga contenitiva che aveva con così tanta difficoltà eretto intorno a loro cedesse permettendo ad essi di invaderla.

Permettendo loro di sconquassare la sua psicologia.

Ma d’altronde quella voce non era una voce qualsiasi.

Era la sua voce.
La voce di colei che in tutti quegli anni aveva albergato silenziosa nel suo corpo fino a crescere a sopraffarlo come se nulla fosse, spazzando via la sua anima come un chicco di grano sopraffatto dal vento.

Ho sentito lei… lei è qui. Con noi…” rispose la bruna crollando in terra, abbandonando la falce sul terreno al suo fianco.

Per quanto ti conosciamo se non ci dici a chi ti riferisci credo sia veramente impossibile capire di chi stai parlando” commentò Heles con una nota di sarcasmo nella voce. Quella missione l’avrebbe portata sull’orlo di un esaurimento nervoso. Ne era certa.

Il problema e che non le sembrava proprio il caso di arrivare proprio alla battaglia con i nemici più esaurita di quanto lo fosse normalmente Sidia.

Una risata squillante come un campanello, risuonò nella mente della guerriera della distruzione, spingendola a urlare nuovamente nel tentativo disperato di metterla nuovamente a tacere, convinta che fosse solamente un miraggio provocato dai ricordi che l’avevano nuovamente catturata pochi minuti prima.

Ignorando il fatto che ciò che in realtà avveniva era esattamente il contrario.

E’ bastato poco a risvegliarti la memoria. Io sono con te. Siamo due volti della stessa medaglia.

Ma che cazzo le prende, sembra morsa da una tarantola!!” esclamò sbigottita la Guerriera dei Venti.

Non lo so ma… credo che qualcuno ci stia osservando. Ottavia tesoro puoi dire a chi ti riferivi prima?” le richiese dolcemente Milena abbassandosi al livello della figlia adottiva.

La…la desp…Despota 9” rispose tremante la ragazza, aveva diciotto anni ormai, ma in quel momento pareva essere una bambina di quattro anni, spaventata da un incubo e dal buio.

Loro erano come lo yin e lo yang.

Tenebra e Luce.

Male e Bene.

Distruzione e Creazione.

Quella che era diventata era solamente il precario equilibrio due forze che erano in perenne lotta tra loro.

Erano le sole essenze messe in gioco nell’armonia custodita dalla guerriera dell’Infinito.

Sei sicura?” mormorò scioccata l’altra, ottenendo come unica risposta uno scuotere di capo in senso affermativo.

Ah be non vedo l’ora che salti fuori per spaccarle quel bel faccino che si ritrova” commentò la Guerriera dei Venti scroccando le dita della mano destra chiusa a pugno con la sinistra.

Se solo ripensava a come le aveva trattate durante il loro ultimo incontro le andava il sangue al cervello.

Sailor Uranus certo che sei proprio incorreggibile” commentò piatta Sidia.

Perché che ho detto? Vorrei vedere te legata come un salame a una statua di pietra come staresti” borbottò piccata.

Vorrei riportare alla tua mente da pervertita che la sottoscritta ha “solamente” evitato che tu e la tua concubina saltaste in aria con il vostro elicottero” controbatté la bruna inviperita.

Potete darci un taglio per piacere voi due?” sbottò Milena “Pensate piuttosto a capire dove cavolo dobbiamo andare per allontanarci da questo pianeta il più velocemente possibile”

Non puoi sbarazzarti di me. Prima o poi sarai sopraffatta da tutto questo.

Continuò a dirle la voce, provocando una rabbia sorda alla diretta interessata.

La Guerriera di Nettuno sentì improvvisamente un calore sconosciuto invadere la sua mano destra, poggiata sulla spalla della brunetta, mentre continuava a fissare con uno sguardo glaciale le sue compagne di squadra, quasi a fulminarle al minimo cenno di movimento.

Voltò lentamente il viso verso la guerriera della rinascita, intorno a lei la stessa luce viola che le avevano visto intorno in passato.

Che sta succedendo?” la domanda di Marta irruppe il silenzio carico di tensione che venne a crearsi negli istanti immediatamente seguenti alla comparsa dell’energia intorno a Ottavia, mentre la violinista si era allontanata prudentemente dalla “figlia”.

Zitte” mormorò Rea “Sto sentendo un’energia fortissima che procede nella nostra direzione ad una velocità che va molto al di là dell’umana comprensione” la guerriera del fuoco fece appena in tempo a pronunciare quelle parole, furono avvolte in pochi secondi da un'oscurità totale.

Avevano la sensazione di poggiare i piedi nel vuoto più nero, l'unica luce presente era quella che proveniva dal corpo della guerriera di Saturno ancora in terra che respirava affannosamente nel tentativo di riconquistare un minimo di calma.

Invano.

Il terrore si impadronì nuovamente di lei non appena vide il contorno di una figura delinearsi nell'oscurità, fino a formare la figura di una donna dal fisico longilineo, gli occhi neri come la pace, i capelli lunghissimi che sembravano essere parte di quell'oscurità.

Il vestito altrettanto scuro, una stella nera sulla fronte. Un paio di orecchini dalle tre perle pendenti alle orecchie, il rossetto nero come l'atmosfera che le circondava.

Non vedevo l'ora di vederti per spaccarti quel bel faccino” l'attaccò verbalmente la motociclista.

Oh taci moscerino, questa battaglia riguarda solo me e lei” rispose maligna la Despota 9 “Dovrà sconfiggermi da sola” concluse mentre osservava il suo opposto che lentamente si alzava facendo leva sulla falce.

Sailor Saturn fece roteare lo scettro sopra la testa prima di direzionare la lama in direzione di quella parte di se stessa che avrebbe dovuto abbattere tanto tempo prima.

Così sia” mormorò la ragazza “Bada, non sarò leggera” la minacciò, era ben decisa di toglierla per sempre dalla faccia dell'Universo, se avrebbe dovuto usare la soluzione finale, che non avrebbe lasciato scampo nemmeno a lei lo avrebbe fatto.

Doveva far si che quel cristallo comparisse, e per far ciò era pronta a sacrificarsi.

Ottavia non fare pazzie!!” sentì gridare Ami dietro di se “Sai che Sailor Moon non ce lo perdonerebbe mai” non poteva fare quello che avevano intuito tutte.

Troveremo un'altra soluzione, insieme possiamo batterla, con i poteri che ci ha donato Sailor Cosmo siamo molto più forti di allora” disse sua volta Milena. No non poteva sacrificarsi per la loro causa, non voleva perderla. Non dopo tutti quegli anni che l'avevano vista girare per casa.

Ha ragione lei questa battaglia è solo nostra, e come tale dovrò affrontarla solamente io, non voi. Ne Sailor Moon.” I suoi occhi viola erano virati in un colore più scuro, più determinato. Era consapevole che quella volta si era salvata solamente perché Sailor Moon aveva creduto in lei, facendo si che la sua vera essenza si risvegliasse.

In quel momento era un compito solamente suo.

Era l'occasione giusta per togliersi il peso dalla coscienza.

Non dire sciocchezze!!” ribatté per una seconda volta. Non ottenne risposta, sentì solamente Umiko che si stringeva impaurita contro di lei, stava per crollare ma non doveva farlo. Ottavia aveva fatto una scelta, e per quanto sbagliata era la sua.
Per quanto dolorosa fosse non poteva vietarle di vivere la sua battaglia. Non voleva cadere negli stessi errori che i suoi genitori avevano commesso con lei.

Anche se l'avevano adottata, non cambiava nulla.

Dalla mano destra della Despota 9 partirono improvvisamente dei fulmini neri, gli stessi di tanti anni prima, fulmini che si andarono ad abbattere con altissima potenza contro la barriera richiamata dalla guerriera, che reggeva con difficoltà lo scettro davanti a se. Non si ricordava di aver posseduto mai un'energia di quella portata. La pressione sulla barriera cresceva ad ogni secondo, ad ogni istante.

Arretrò di qualche metro prima che la barriera si infrangesse in mille pezzi, il contraccolpo fu violento, si ritrovò nel giro di qualche secondo in terra, lo scettro lontano da lei.

Pensavo fossi migliore nella battaglia, sempre questi attacchi difensivi che fanno ridere. Ti polverizzo moscerino” la provocò la donna mentre si avvicinava alla ragazza.

Il corpo era pieno di tagli che si erano aggiunti a quelli provocati dal tornado su Urano.

Non svegliare can che dorme” sibilo tra i denti la guerriera di Saturno, rialzandosi a fatica, la spalla le faceva una male cane. Non ci voleva.

Se mi permetti il cane che dorme sono proprio io, te sei solo lo spettro di quello che potresti essere se solo mi accettassi dentro di te” ribatté la Despota 9. Afferrandola per il collo, sollevandola più in alto del suo viso.

La guerriera della Distruzione sentì immediatamente i polmoni che bruciavano alla ricerca di ossigeno o di qualsiasi cosa le permetteva di respirare in quell'atmosfera ben diversa da quella del pianeta Terra. La presa della sua parte malvagia la stava consumando, la stava annientando come se fosse un semplice insetto, senza alcuna fatica.

La risata intrisa di follia risuonò su Saturno mentre le dita si stringevano sempre di più attorno all'esile corpo.

E' finita, non vali niente, se non fosse stato per Sailor Moon tutto questo sarebbe già accaduto tempo fa. Tutto sarebbe finito tempo fa”

La seconda risata risuonò nell'aria.

Le altre guerriere fecero l'atto di raggiungere le due per soccorrere la loro amica, tutto si rivelò essere inutile: si scontrarono contro una barriera che generò immediatamente dei fulmini neri simili a un milione di piccole schegge acuminate.

La brunetta sentì che le forse la stavano abbandonando, non sarebbe riuscita a reggere ancora per molto il peso dello scettro.

Iniziava a girarle la testa. Non aveva altra scelta, doveva ancora una volta sacrificarsi, ma non le pesava farlo.

Non le era pesato in passato e nemmeno in quel presente le pesava, avrebbe aiutato ancora una volta con il suo gesto a salvare il Sistema Solare, per Umiko e per coloro che l'avevano sempre amata come una figlia avrebbe fatto quello e altro ancora.

O la va o la spacca.

Scusami mamma, se ti provocherò un male atroce.
E anche te papà.

Scusa Umiko se non condivideremo ancora la stanza.

Ma sono una guerriera e il mio ruolo è questo.

Non posso fare finta di niente, devo annientare anche questa parte di me stessa.

La porterò con me nella tomba.

Strinse più forte la presa intorno alla sua arma, chiuse gli occhi.

Distruzione cosmica di Saturno, azione!!!”

Dei raggi viola ferirono l'oscurità in cui erano piombate nel momento in cui la Despota 9 aveva palesato la loro presenza ai loro occhi. Un crescendo di energia pervase l'aria prima di generare un fragoroso boato, una quantità esagerata di polvere.

Le ragazze iniziarono a tossire, per colpa delle piccole particelle simili a fuliggine che si erano alzate nuovamente nell'aria. Davanti a loro il terreno sembrava essere stato bruciato da un enorme incendio, le striature carbonizzate convergevano tutte verso un centro che al loro contrario sembrava essere rimasto intatto, qui aleggiava un cristallo luccicante di un violaceo scuro, brillava davanti a loro. A circa un metro da quello che sembrava essere il corpo di Ottavia. Avvolto in un vestito viola, quasi identico a quello della Principessa di Nettuno, i capelli neri e lunghi tirati in una complicata acconciatura.

Ottavia!!!” gridò Umiko sull'orlo delle lacrime, non poteva lasciarle. Non poteva lasciarla sola, era sua sorella. Non se lo sarebbe mai perdonato. Doveva salvarsi, senza di lei non sarebbe più stata la stessa cosa, la vittoria avrebbe avuto un sapore diverso.

La ragazzina fu la prima a raggiungere la sorella, la pelle pallida era più fredda del normale al tatto. Pochi secondi dopo avverti la presenza della madre alle sue spalle che irruppe nel suo cono visivo per cercare di far rinsavire la brunetta.

Ottavia maledizione, svegliati non puoi abbandonarci così!!” le lacrime disegnavano striature più chiare, portando via con loro la terra che copriva il viso della violinista. Per quanto era partita credendo in quello che diceva, le speranze che covava dentro se stessa iniziarono a sfumare pian piano.

Sfumarono con l'opalescenza che stava pervadendo il corpo della bruna sul terreno, quella trasparenza che tanto tempo prima aveva visto impadronirsi anche del suo corpo e della persona che amava.

Ma non doveva finire in quel modo su quel pianeta così tanto ostile, possibile che Saturno fosse così crudele? Continuò a scrollarla, finché perse la consistenza sotto le dita.

La figura della ragazza era appena distinguibile alle loro iridi. Attraverso di essa potevano vedere il terreno brullo, secco.

La consapevolezza della perdita le colpì in pieno petto mentre il gruppo del Sistema Solare Interno decise di rimanere in disparte. Si sentivano di troppo, per loro Ottavia era solamente un'amica, ma sapevano che i legami all'interno dell'altro gruppo erano decisamente più forti di quelli del loro.

La guerriera dei mari sentì Umiko abbracciarla prima che iniziasse a singhiozzare rumorosamente, lei non riusciva come la figlia a lasciarsi andare. Il dolore che stava sentendo era troppo grande.

Non si capacitava del perché il destino avesse voluto metterle così alla prova. Sarebbero riuscite ad andare avanti?

Perché mamma... perché” disse la ragazzina tra le sue braccia.

A volte succedono queste cose....ma, non devi essere triste. Ottavia sarà sempre con noi” mormorò, anche se in realtà non ci credeva nemmeno lei. Erano le solite frasi fatte. Che non sentiva nemmeno essere sue.

I suoi occhi blu si incrociarono con due paia di iridi verdi, dolorosamente silenziose. Il viso contratto nel tentativo di non lasciar trasparire niente.

Odiava quando faceva così, non riusciva a tollerare quella sua freddezza che celava malamente un desiderio di lasciarsi andare.

Avrebbe voluto sentirla accanto a lei, sentire le sue braccia che la confortavano, e invece la bionda si limitava a fissarla. Uno sguardo che valeva più di mille parole certo.

Ma era pur sempre uno sguardo.

Solamente uno sguardo.

Sidia si asciugò velocemente le lacrime che erano sfuggite alle sue lunghe ciglia con un guanto, facendo ben attenzione a non portare nell'occhio della terra. Era tempo di andare, era venuto il momento di rimettersi in viaggio. Ma come poteva solamente dire una cosa del genere?

Ragazze...e meglio se andiamo” mormorò con la voce rotta dal nodo che le attanagliava la gola.

A Umiko fecero tremendamente male quelle parole. Non riusciva a lasciare quel pianeta, il cristallo andò da solo al suo posto come animato da una propria coscienza. Lasciare quella superficie avrebbe dato un taglio decisivo al rapporto breve che aveva avuto con quella che aveva considerato fin da quando aveva pochi giorni una sorella vera e propria.

Avrebbe mai superato mai una perdita del genere? Ma sopratutto i suoi genitori ci sarebbero riusciti? Si sentiva tremendamente in colpa per tutto quello che era successo. Avrebbero salvato suo fratello, ma non sarebbe stata la stessa cosa.

E sopratutto, come avrebbe potuto fare per non farsi guidare dall'odio dopo un avvenimento del genere una volta che il talismano sarebbe stato attivato? Era solamente colpa di quel cretino di suo fratello se avrebbero dovuto dire addio a una persona come la guerriera di Saturno.

Quando si aprì il portale il gruppo si lasciò guidare da Sailor Pluto, avrebbero lasciato quel pianeta. Separandosi da un pezzo del loro cuore.

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Capitolo 14
*** Tempesta di fulmini, situazioni critiche e duelli. ***


Note dell'autrice: Eccomi qua come promesso a pubblicare in questa data importante. Per chi non segue la mia pagina di facebook, raggiungibile dal mio profilo autore, e si sta chiedendo che giorno è oggi rispondo subito: un anno fa ho pubblicato il primo capitolo di questa serie. "Unite per l'eternità" compie un anno. 

Forse sarà una ripetizione per chi già lo ha letto sulla pagina, ma vi ringrazio tutte di cuore per seguirmi e per il supporto che mi date. 

Detto questo, il capitolo è lungo tredici pagine, non so spero che non sia confusionario, leggendo capirete perchè. Fatemi sapere cosa ne pensate e spero vi piaccia.

Non l'ho riletto quindi se trovate errori per favore segnalateli. Specie se non sono di battitura.

Buona Lettura

13^Capitolo: Tempesta di fulmini, situazioni critiche e duelli.

 

Via Lattea.

Sistema Solare.

Pianeta Terra.

Giappone, Tokyo.

 

Un ragazzo dai capelli bianchi si svegliò di soprassalto nel pieno della notte infuocata di fine Agosto, accanto a lui dormiva la creatura che gli aveva fornito un dolce rifugio nei suoi sogni. Qualcosa era accaduto nello spazio, qualcosa era andato storto incrinando l'equilibrio. Doveva avvertire Bunny e Marzio del nuovo avvenimento.

Si mosse appena posando i piedi sul pavimento freddo, unico sollievo al caldo opprimente, senti la ragazzina al suo fianco muoversi nel sonno.

“Helios” mugugnò lei nel sonno senza avere la forza di aprire gli occhi.

“Dormi Chibiusa... torno subito, devo parlare con Marzio e Bunny, non ti preoccupare non scappo” le disse lui dolcemente dandole un bacio sulla guancia.

Pochi istanti dopo era già nel corridoio che portava alla stanza dei futuri regnanti terrestri che sembravano dormire profondamente un sonno senza sogni ne incubi, era il minimo che poteva garantire loro in cambio dell'ospitalità che gli avevano offerto. Bussò abbastanza forte per non sembrare invadente.

Nessuna risposta.

Si decise ad entrare, accendendo la luce; si avvicinò poi al letto e svegliò Marzio il quale svegliò la sua amata, con qualche difficoltà.

“Che succede?” rispose assonata la bionda, incredibile quando assomigliasse a sua figlia. “Che ore sono?” si mise a sedere sul letto, i capelli biondi che la circondavano morbidi, liberi dagli odango che li incatenavano ogni giorno, lo sguardo lucido di chi ha appena sbadigliato.

“Sono le quattro di notte, anzi mi scuso in anticipo per avervi svegliato” disse lui abbassando lo sguardo verso il lenzuolo.

“Non preoccuparti, figurati recuperiamo il sonno con un'ora in più domani mattina, piuttosto cosa ti porta nella nostra stanza?” chiese Marzio divenendo improvvisamente serio. Così simile al Re che sarebbe diventato in un futuro non troppo lontano.

“ Ho la sensazione che qualcosa nel Sistema solare sia andato storto, l'equilibrio si è incrinato pericolosamente ad un certo punto, ora sembra essersi nuovamente calmata la situazione. Ma è stato comunque qualcosa di forte, dall'energia potente perché la sua percezione mi ha svegliato” rispose lui.

“Che cosa può averlo generato?” chiese la ragazza davanti ai suoi occhi.

“Non lo so, non vorrei creare allarmismi Bunny, ma potrebbe essere stato causato da qualcosa che hanno provocato le altre” rispose lui.

“Qualcosa di che tipo?” chiese di getto la Principessa della Luna, mentre sentiva il panico attanagliarle le viscere, se fosse successo loro qualcosa e non fossero riuscita a conquistare qualche cristallo come avrebbero fatto? Sarebbero riuscite a sconfiggere i loro nuovi nemici? Forza ragazze, noi crediamo in voi. Pensò. Sperava di poterle abbracciare tutte una per una quando tutta quella storia fosse giunta al termine. Da sempre custodiva in cuor suo il timore che non le avrebbe più riviste. E la loro partenza alla volta di una missione che neanche loro sapevano come svolgere l'aveva inquietata parecchio. Erano passati la bellezza di tre giorni dalla loro partenza, e non avevano ancora dato notizie di loro. La situazione sulla Terra invece si era fatta sempre più critica, spingendo lei e le altre che combattevano al suo fianco allo stremo delle forze.

Il nemico ogni qual volta palesava la sua presenza era sempre più potente, sempre più inquietante. Del bambino che era non era rimasto più niente, solamente il corpo ridotto a un involucro senza anima alcuna.

“Non lo so Bunny, bisogna comunque prepararsi all'eventualità che esse falliscano, e nel caso bisogna trovare qualche altra soluzione.” rispose il ragazzo.

“Che assurdità Helios, sai meglio di noi che questa è l'unica soluzione che può portare alla risoluzione del problema” Luna era saltata agilmente sopra al letto, svegliata dal trambusto  che i tre stavano facendo in camera della sua protetta.

“Si ma se non dovesse funzionare?” Mormorò pensierosa Bunny

“Che non funzioni è impossibile, piuttosto bisogna chiedersi se tutti i cristalli verranno ritrovati” rispose il ragazzo.

“Dobbiamo aver fiducia nelle nostre amiche” disse in tono deciso Marzio “Non si arrenderanno mai, Heles e Milena non glielo permetterebbero. Giustamente del resto”

“Speriamo...” disse la guerriera della Luna in un sussurro.

“Si testolina buffa vedrai, torneranno tutte sane e salve, direi che è meglio dormire se domani vogliamo essere riposati per fronteggiare un altro attacco dei nemici” disse il bruno.

Helios si sentì congedato e si alzò per tornarsene silenziosamente in camera sua, sperando che colei che amava non si fosse svegliata per tutto il rumore che avevano fatto parlando, aveva un brutto presentimento a riguardo dell'improvvisa scarica di energia. E non voleva che Chibiusa soffrisse a causa di quello che aveva percepito, inutilmente se non ne aveva la conferma.

 

***

 

Via Lattea

Sistema Solare

Pianeta Giove.

 

Il dolore per la perdita di quella che considerava una figlia a tutti gli effetti si era impossessato della sua psiche, ben presto si era costretta a mantenere un contegno perché l'unica persona a cui doveva pensare in quel momento era Umiko. Rimasta scossa dalla perdita di colei che vedeva come una sorella prima ancora che un'amica. Gli occhi arrossati per le lacrime ormai finite la facevano sembrare tremendamente fragile e – soprattutto – piccola. I suoi grandi occhi viola non erano più gli stessi. Aveva riconosciuto fin troppo bene il mutuo silenzio in cui si era chiusa la ragazzina, perché era il medesimo nel quale si era chiusa lei ai tempi della sua adolescenza, quando era prima di tutto l'artista per i suoi genitori. E sapeva che dietro quella facciata di diamante, in fondo, il tormento e il senso di colpa erano veramente ampi. Di misura simile se non uguale a ciò che stava provando lei da madre.

Svariati passi più indietro Heles camminava un po' lontana dal gruppo, non aveva voglia di stare con loro, lacerata tra il rimorso e l'assoluta certezza che quella era l'unica via d'uscita per la situazione che si era venuta a creare sul pianeta dagli anelli.

Ciò che non capiva era il motivo, il perché della scelta della grande sfera; ultimo baluardo prima del sistema solare più interno, di sacrificare la sua protetta, la sua figlia prediletta a pro di quale risultato? La comparsa del cristallo.

Tirò un calcio a un sasso color verde scuro che si era trovato malauguratamente sul suo cammino quasi ad auto convincersi che lei era abbastanza forte, e che avrebbe superato anche quella perdita. Anche perché non poteva sicuramente impazzire per il dolore che sentiva dentro e al quale non voleva darla vinta.

Se avesse perso sarebbe crollata in lacrime.

E le lacrime erano cose da donne. Non per lei. O almeno era ciò che cercava di pensare in quel momento. Si era comportata veramente male nei confronti della sua compagna, lo riconosceva ma non poteva reggere anche il suo di dolore.

Anche se vederla rivolgerle quello sguardo implorante, quasi sperduto, non sapeva quanto tempo prima, l'aveva turbata. Da quando avevano ripreso il viaggio la sentiva distante, non avvertiva più quell'unione che da sempre le caratterizzava, che permetteva loro di intendersi con uno sguardo, senza una minima parola. Non avvertiva i loro elementi parlarsi come avevano sempre fatto.

Che fosse merito del suo comportamento sconsiderato? L'idea per quanto le facesse male non era campata in aria.

Si fermò appena raggiunse il gruppo fermo da qualche minuto. Morea era tra le sue compagne alla ricerca di qualche indizio che poteva indicarle la presenza del cristallo in quel pianeta non sapeva affatto di casa ed era così irriconoscibile da permetterle di non sentirlo suo.

Il suolo gioviano che ella rimembrava nella memoria era molto simile ad una foresta pluviale, folte foreste formate da piante particolari e sconosciute ai terrestri e alla maggior parte degli abitanti degli altri pianeti trovavano nel clima piuttosto umido del pianeta il luogo ideale per uno sviluppo ottimale.

Ricordava la moltitudine di rose e altri bellissimi fiori che adornavano il sontuoso giardino del suo palazzo.

Palazzo di cui non era rimasta traccia alcuna.

Gli animali che vi abitavano erano i più strani e disparati e davano l'idea di essere usciti dalla mente fantasiosa di qualche scrittore fantasy.

Eppure la guerriera dei Fulmini era perfettamente cosciente del fatto che tutto ciò che stava tornando a galla nella sua mente era nient'altro che un passato ormai dimenticato da tempo.

I suoi occhi verdi vagarono alla ricerca della loro meta. Pochi attimi dopo come spinta da una forza misteriosa le parve di saper dove andare, anche se nella sua mente niente gli comunicava la direzione da seguire.

 

Dopo un tempo imprecisato giunsero su una collina sulla quale si alzava un piccolo tempio molto simile a quello già visto su Plutone, solo i muri sembravano essere formati da cristallo verde all’interno dei quali sembrava risplendere una luce sinistra e decisamente verdastra che non invogliava a proseguire oltre la sua soglia, ma che costituiva un richiamo fortissimo per la Guerriera di Giove.

“Andate voi con lei?”  chiese Sidia rivolgendosi alle guerriere del Sistema Solare interno con uno sguardo interrogativo.

“Scusa fammi capire e perché voi dovreste rimanere qua fuori senza fare nulla?” le rispose irritata Rea.

“Mi sembra che noi abbiamo già dato abbastanza in questa missione, e poi voglio ricordarti che voi siete state fuori su Plutone lavandovi le mani? Forse non è il caso che ora stiamo noi a riposarci senza fare nulla?” la fulminò la Custode del Tempo.

“Sidia ha ragione” intervenne Heles in tono deciso, cercando con lo sguardo la violinista per chiederle un muto appoggio in quella decisione.

“Ragazze io non sono d’accordo” fu ciò che riuscì a dire la guerriera dei mari, alzando lo sguardo quasi in tono di sfida verso la bionda. “Alla fine se ci troviamo in questa situazione non è di certo per colpa loro”

Gli occhi smeraldo della motociclista si sgranarono stupiti.

Ma che cavolo stai dicendo? Ora di chi sarebbe la colpa…mia?!?

“ E di chi sarebbe la colpa?” chiese innervosita, cercando con tutta se stessa di non dire parole di cui si sarebbe nuovamente pentita.

“Beh…mi sembra palese…” ottenne come unica risposta allusiva. Si morse il labbro per cercare di pensare due volte a quello che le usciva di bocca prima di peggiorare ancor di più la situazione.

“Senti ti voglio ricordare che quel pomeriggio famoso non ero l’unica a divertirmi a letto!!” sbottò dopo qualche secondo.

“Si ma magari si potevano usare delle cose a posta…. E tutto questo non sarebbe esistito”

“Io non sarei esistita mamma…” mormorò Umiko con un groppo in gola. Si sentiva in colpa… tremendamente in colpa e ora la persona che avrebbe dovuto essere per lei un saldo punto di riferimento le diceva che era stato un errore farla nascere. Avrebbe voluto sprofondare, forse sarebbe stato meglio se invece che Ottavia fosse scomparsa lei su Saturno.

“Complimenti!! Siete due deficienti!!!” esplose Sidia, ma dove stava la maturità? Quei discorsi sarebbero dovuti venire a galla in sede separata,  e soprattutto non davanti alla diretta interessata. Guardò le sue compagne prima che il suo sguardo fosse catturato da Umiko che senza dire altro si allontanò di qualche metro dal gruppo.

Voleva stare da sola.

E sperava che le sue compagne rispettassero quel suo desiderio.

Sapere che in realtà era stata frutto solamente di un errore, e che non era per nulla al mondo stata messa in programma la faceva sentire ancora più sbagliata di quanto non fosse già.

Le parole di sua madre le avevano fatto terribilmente male. Sentiva che gli pizzicavano gli occhi, ma non voleva piangere.

Era una guerriera o no? E le persone come lei, non potevano permettersi di piangere. E allora perché le era così difficile smettere di piangere? Quella frase detta dalla violinista molto probabilmente era stata la goccia che aveva fatto traboccare il vaso.

Vaso ormai pieno di una responsabilità troppo grande e del senso di colpa per quella situazione che si era creata a causa sua e del fratello, non che per la morte di Ottavia che l’aveva segnata nel profondo.

Sailor Infinity le aveva più volte ripetuto all’inizio di quella missione che quando il talismano si fosse attivato non avrebbe dovuto lasciarsi guidare dalla rabbia e dall’odio nell’utilizzarlo altrimenti sarebbe stata la sua fine e quella dell’Universo intero. Ma come avrebbe potuto non dare retta alla sua sete di vendetta contro colui che le aveva portato via parte della sua famiglia? Sospirò sconfortata mentre la discussione a pochi metri da lei continuava imperterrita.
Avrebbe voluto solamente che stessero zitte, che non parlassero più. Che la lasciassero in pace senza tutte quelle inutili parole che non facevano altro che accrescere il suo malessere interiore.

 

“Ragazze scusate se mi intrometto ma non mi sembra il luogo ne il momento adatto per affrontare queste discussioni” intervenne Ami nel tentativo di sedare quella lite che era scomoda un po’ a tutti i presenti.

Ma soprattutto per una come lei, ferma sostenitrice dell’idea che i panni sporchi si lavano in casa propria.

“Cara le cose si fanno in due!! Abbiamo sbagliato entrambe, non sono io quella che non ha la testa sulla capoccia. Mi sembrava pure che ti piacesse parecchio quel pomeriggio” ribatté furiosamente Heles ignorando totalmente il richiamo della guerriera dell’acqua. Caricando la frase con una punta di malizia laddove era richiesta.

“Voi uomini siete tutti uguali. È inutile. Il fatto che sei una donna sulla Terra non fa che peggiorare la situazione!!” le grido l’altra sul muso senza interrompere il contatto con quelle iridi verdi che in quell’istante erano cariche d’ ira.

La Custode del Tempo declutì  rumorosamente, se non la facevano immediatamente finita rischiavano di rovinare tutto, il loro rapporto e la loro storia, aveva come la sensazione che da quella discussione sarebbero uscite parole troppo grandi, troppo pesanti per essere poi dimenticate. E doveva fare qualcosa per evitarlo… si ma cosa? Le sue coinquiline quando iniziavano a litigare erano peggio di una bomba atomica, e li la guerriera di Urano non poteva come suo solito scappare in moto per smaltire la rabbia.

“Ragazze è meglio se il nostro gruppo si divide, magari io e Milena andiamo con le altre, mentre tu stai con Umiko così fate qualche tiro di scherma insieme che ne dite?” provò a proporre, conscia che la risposta sarebbe sicuramente stata negativa.

“No guarda Sidia forse non hai capito che vogliamo andare fino in fondo alla questione, è meglio se le altre vanno a recuperare il cristallo” rispose furente la violinista.

“Ok come volete allora noi andiamo, ci aspettate qui” mormorò Marta senza sapere bene cosa dire vista la situazione. Rea la fulminò con gli occhi “ E la soluzione migliore Rea, non ci fa perdere tempo e loro hanno il tempo di chiarirsi quindi niente storie” concluse la bionda senza ottenere nessun cenno di risposta muta dalla bruna che si limitò a sbuffare stizzita prima di seguire il resto del suo gruppo verso il tempio gioviano.

 

***

 

Via Lattea.

Sistema Solare.

Pianeta Terra.

Giappone, Tokyo.

 

Erano le dodici passate quando si svegliarono, dalle fessure delle tapparelle filtravano i raggi del sole che apparivano ancora più accecanti vista l’oscurità che regnava nella stanza. Sarebbe iniziata sicuramente una nuova giornata di lotta estenuante contro le creature che il nemico aveva deciso di mettere in campo con l’unico scopo di distruggere la megalopoli e coloro che la proteggevano.

Non sembravano infatti avere altri scopi primari.

Ne si stancavano mai, non erano ancora riusciti a individuare la loro base operativa, ne erano riusciti a capire come facesse Kazeshi a creare esseri tanto mostruosi, che parevano usciti da un laboratorio di vivisezione in cui operava uno scienziato crudele e folle.

Bunny sbadigliò rumorosamente, il pensiero rivolto al discorso che aveva fatto loro Helios quella stessa notte.

Non le era piaciuto per niente, e nonostante Marzio avesse cercato più volte di rassicurarla nel buio della loro camera una volta concluso il discorso con il Custode dell’Elision, l’agitazione si era impossessata di lei.

E come avrebbe potuto stare calma? Non sapere cosa era successo nel Sistema Solare era la peggiore delle torture a cui il destino aveva voluto sottoporla dopo il rapimento del suo amato da parte di Galaxia.

Sospirò appena, prima di alzarsi e lasciarsi guidare dalla fragranza che sprigionava la colazione che qualcuno stava preparando in cucina. Il suo naso captò la presenza delle brioche calde ancor prima della sua vista.

Il custode del cristallo d’oro era davanti a lei che si dava da fare nel preparare qualcosa di buono, Chibiusa lo guardava con quello sguardo tipico di chi vede la propria vita nella persona che ha davanti. Era sognante. Sognante e innamorata.

Sorrise dolcemente prima di palesare la sua presenza alla dolce coppietta.

“Helios non dovevi disturbarti davvero” mormorò spostandosi i capelli ancora sciolti dalla spalla.

“E’ il minimo che posso fare, vista la vostra ospitalità. Voglio rendermi utile mentre sto qui, e non solo facendovi dormire sogni tranquilli e senza incubi” mormorò il ragazzo senza voltarsi a guardarla.

“Lo facciamo volentieri, non è proprio il caso che ti senti di peso” intervenne Marzio che si stava asciugando i suoi capelli corvini con un asciugamano, disperdendo la fragranza del bagno schiuma nell’aria prima di abbassarsi a dare il bacio del buongiorno alla biondina poco lontano da lui.

“Stanotte che aveva da parlare?” mormorò Chibiusa guardando il trio, mentre addentava con eccessiva malvagità il suo cornetto dentro al quale aveva spalmato della marmellata di ciliegia.

“Niente tesoro c’è solamente stato un cambio di energie nel sistema solare  ma non possiamo saperne la causa, non al momento almeno”  le spiegò il Custode dei Sogni. Dopo tutto era una mezza verità, anche se aveva qualche idea sulla causa non voleva dirla. Non avrebbe sopportato l’idea di vedere la sua dolce creatura piangere. E poi dovevano ancora verificarla quell’ipotesi, quindi perché avrebbe dovuto farlo?

Si concentrò su Banny che al contrario della figlia stava mangiando in modo tutt’altro che composto, e ben poco educato.

E chi lo crederebbe che il suo futuro la vede con una corona in testa. Fu il pensiero del giovane mentre la vedeva portare la tazza con il cappuccino alle labbra con un avidità fuori dal comune  in altre persone.

Poi il silenzio che si era creato fu interrotto da uno squillo forte e udibile.

Era una delle ricetrasmittenti presenti in quella casa.  E quel suono poteva significare solamente una cosa: guai in arrivo.

Marzio si alzò dirigendosi nell’ampio salotto, lasciandosi guidare dal suono proveniente dal piccolo dispositivo che brillava quasi fosse impazzito.

Lo prese in mano intuendo già l’interlocutrice dall’altra parte.

“Pronto dimmi tutto” rispose il ragazzo.

“Marzio?” la voce al di la dell’oggetto era quella di Akane.

“Si sono io” sorrise al pensiero che la ragazza confondesse sempre la sua voce con quella di Helios “E’ successo qualcosa?”

“Non avete acceso il telegiornale ancora? Sembra che ci sia un’emergenza in corso in una cittadina della provincia, e parlano di creature mai viste prima credo siano i nostri nemici” rispose l’altra con una voce molto ferma. Non era sicuramente come Bunny che si faceva prendere dal panico per un non nulla.

“No non abbiamo ancora acceso, ci siamo svegliati veramente da poco” mormorò il ragazzo “In ogni caso avviso immediatamente le altre e si raggiunge il posto, se poi non si tratta di ciò che pensiamo torniamo a casa non vi è alcun problema, ci vediamo tra mezz’ora alla torre televisiva” concluse.

“Ok a più tardi allora, avviso anche i Three Light e la loro principessa così ci vengono a dare man forte” gli rispose Akane, con un cipiglio battagliero.

Si non assomigliava per niente al mondo alla sua amata testolina buffa.

 

***

 

Via Lattea

Sistema Solare

Pianeta Giove.

Esterno tempio dei fulmini.

 

Nel momento esatto in cui il Gruppo del sistema solare interno varcò la soglia del Tempio tra le quattro rimaste fuori scese un silenzio tombale, Sailor Pluto si decise a lasciare le sue due compagne da sole nella speranza che potessero far pace per dedicarsi a sollevare il morale ad Akane che si era allontanata di qualche metro prima di sedersi mortificata sotto quello che poteva essere qualcosa di molto simile a un albero terrestre.

I suoi passi risuonavano nel silenzio mentre cercava le parole giuste da dire alla ragazzina che considerava un po’ come una nipotina vista la forte amicizia che la legava ai suoi genitori. Con Chibiusa non aveva mai avuto problemi, ma con lei sarebbe stata la stessa cosa? Tanto valeva buttarsi, e al massimo avrebbe ottenuto solo silenzio in risposta. Ben convinta a svolgere un monologo.

“ Umiko, non dare peso alle parole di tua mamma, stanno affrontando un momento difficile i tuoi genitori e quando si litiga si dicono cose che non si pensano. Sono anche in pensiero per tuo fratello. Purtroppo questa situazione non è stata generata da nessuno di noi” mormorò la guerriera di Plutone. Ottenendo solamente uno scuotimento di capo dalla ragazzina seduta poco lontano dai suoi piedi.

Dopo pochi secondi i suoi grandi occhi viola si alzarono per guardare quelli ametista nel tentativo di provare a dire qualcosa. Ma il male che le aveva provocato quell’affermazione fatta sua madre era troppo forte.

“Non è vero…se non ci fossi stata insieme a mio fratello…” singhiozzò “ non sarebbe successo tutto questo. Lo sai bene anche tu. La causa di tutto questo siamo solamente io e Kazeshi, mamma ha ragione.”

“Non diciamo sciocchezze, era destino magari sarebbe accaduto comunque che ne sai? Ciò che importa e che riusciamo a uscire fuori da questa situazione e non fartene una colpa. Ottavia non aveva altra scelta, non poteva fare altrimenti e lo sai bene anche tu. Lei è la guerriera della Distruzione, ma anche della Rinascita, non smetterei mai di sperare che si palesi sotto qualche altra forma a noi prima o poi…ricordatelo.” Cercò di consolarla anche se lei per prima credeva molto poco nelle sue parole, la bruna si abbassò al livello della ragazzina “Allora me lo fai un sorriso si o no?”

“Ma se io non ci riuscissi? Se non riuscissi a mettere da parte l’odio che nutro per il nostro nemico quando il Talismano del Potere si attiverà con i due cristalli d’argento?” chiese spaventata.

“Sono sicura che sarai bravissima e ci riuscirai, stai tranquilla e non crucciarti troppo sulle parole che sono volate dai tuoi genitori oggi; ne sull’esito della missione mi raccomando. Sailor Moon non permetterà mai ai nemici di distruggere il nostro pianeta.” Le sorrise.

“Se lo dici tu” mormorò la portatrice del talismano.

“Si vedrai, anzi se vuoi sconfiggere questo grande nemico converrà che inizi ad esercitarti con la spada con Heles sai? Altrimenti che razza di duello affronterai? Dai su! Forza e coraggio che niente è andato perduto!” esclamò Sidia allegramente prima di rialzarsi facendo leva sul suo fedele scettro. Si voltò verso le altre due sue compagne, per vedere com’era la situazione, e le vide distanti. Anche fisicamente. La cosa non le piacque per niente, avrebbe dovuto fare da mediatrice sicuramente per cercare di salvare la situazione prima che divenisse insostenibile anche in vista di uno scontro impegnativo con i nemici.

Appena si allontanò la donna, la ragazzina si alzò in piedi per seguirne i consigli. Non si capacitava di come lei potesse essere capace a tirare di spada quando le armi non sapeva neanche cosa fossero.

Lei era per le moto anche se la faccenda non andava molto giù a sua madre. Non che avesse ripudiato la musica, ma quelle erano faccende che non la riguardavano e non l’attraevano più del necessario.

Raggiunse la guerriera di Urano seduta in terra che stringeva con un nervosismo accentuato la polvere del terreno segnandolo con solchi piuttosto profondi. Aveva quasi il timore di parlare, il suo “papà” non le era mai piaciuto quando era arrabbiato. E sicuramente non avrebbe iniziato in quel momento.

“ Sidia ha detto che forse sarebbe il caso che mi insegni a tirare di scherma, non credo di esserne capace…” mormorò la ragazzina guardando uno dei suoi genitori.

“Certo, ora iniziamo subito dammi solo qualche istante per smaltire il nervoso” ottenne come risposta dalla bionda che si stava sforzando di non cedere alla rabbia cieca che aveva sentito ammontarle dentro poco prima per via della litigata avuta con la violinista. Una discussione al quanto sterile e che non avrebbe portato alla soluzione dei problemi, anzi contribuiva solamente ad avvantaggiare il loro nemico perché creava fratture a livello del gruppo che erano certamente da evitare nella situazione.

Fatto sta che il mare le sembrava troppo lontano e distante per provare qualsiasi tipo di approccio. Chiuse gli occhi e respirò profondamente per ritrovare il contegno perso prima di alzarsi in piedi e posare le iridi sugli occhi della figlia ancora un po’ arrossati per il pianto appena finito.

“ Dai mettiamoci al lavoro” le disse sorridendole mentre una luce aranciata dalla forma allungata si formava tra le sue dita, dando vita pian piano alla forma del suo talismano che comparve dopo pochi secondi. La figlia sguainò la spada di cristallo dal fodero.

Non sapeva nemmeno come muoversi, o almeno era quello che ella pensava. Ebbe presto modo di capire che non era affatto così.

 

***

Via Lattea

Sistema Solare

Pianeta Giove.

Interno Tempio di Giove

 

L’interno del Tempio era immerso in una luce spettrale e verdognola che creava inquietanti giochi d’ombre che assecondavano i movimenti dei fulmini all’interno delle pareti.

I passi delle ragazze risuonavano nel grande ambiente immerso nella semi oscurità, Morea si guardava intorno spaesata, cercando di ricordare come fosse fatta la piantina del tempio, perché ne era certa. Qualcuno tanto tempo prima aveva cercato di insegnaglielo quando ancora era una bambina indifesa.

Ma ovviamente a otto anni i suoi interessi erano ben diversi dall’imparare a memoria una planimetria di un tempio che ai suoi ingenui occhi verdi pareva inutile.

Quanto si odiava in quel momento poteva saperlo solamente lei.

“Questo posto mi mette i brividi, mi da l’idea che potremmo rimanere folgorate da un momento all’altro” mormorò Marta guardandosi intorno cercando di ignorare il brivido di paura che avvertiva percorrerle la spina dorsale misto a sudore freddo.

“No loro non ci farebbero mai del male, ci sono io con voi ragazze. E loro vogliono sfidare me non voi, il mio popolo è sempre stato molto coerente e non ha mai fatto guerra a chi non gli aveva causato nessun danno. E fino a prova contraria, l’unica colpevole per tutto sto sfacelo sono io. Che l’ho abbandonato troppo presto per correre in salvezza della nostra Principessa quando ormai era già tardi per fare anche quello” rispose la castana.

“Sai benissimo che tutte noi abbiamo messo la nostra Principessa davanti a tutto invano, non devi farti una colpa per questo” la consolò Amy con fare bonario poggiandole una mano sulla spalla.

“Si ma il problema e che ora non ho la minima idea di dove andare per raggiungere la sala centrale." Rispose la Principessa dei Fulmini. “E anche le mie amate piante non sembrano comunicare nulla…in fondo si sono seccate tutte, non avete idea di com’era questo tempio negli anni di massimo splendore” continuò, guardandosi intorno, facendo rivivere nella sua mente i ricordi di bambina. Si, se la ricordava bene la prima volta che aveva varcato quella soglia, le mura erano tutte rigogliosamente ricoperte dalle piante più strane e particolari, alcune producevano anche fiori luminosi, altre impregnavano la struttura con il loro dolce profumo. Il tutto immerso nella tremolante luce dei fulmini danzanti.

Di quello che era stato non le rimanevano che i ricordi, e su questi doveva fare affidamento per trovare ciò che cercava e sfidare colui che sapeva si sarebbe materializzato al suo cospetto. Anche se non sapeva in che forma precisa. Perché l’elettricità ha diverse forme, ed è molto mutevole. E questo la inquietava più di qualsiasi altra cosa.

“Il mio computer non rileva nessuna forza maligna o pericolosa, non me ne capacito” mormorò Ami agitata, non poter tenere la situazione sotto controllo per lei era frustrante, anche troppo. Lei era quella che doveva analizzare tutto dei nemici e delle situazioni più strambe con cui avevano a che fare…perché non ci riusciva in quel frangente?

Il gruppo continuò per un tempo indefinito a camminare lungo il corridoio verdognolo, pronto a scattare al primo accenno di pericolo, dovevano ammetterlo il fatto che le guerriere del Sistema Solare esterno non erano con loro non le tranquillizzava minimamente. Per non parlare poi del litigio a cui avevano dovuto assistere prima di fare il loro ingresso nel cuore dell’essenza gioviana.

Giunsero in un’ampia sala dai muri verde scuro e il marmo del pavimento nero, sulle colonne che reggevano le volte finemente lavorate vi erano ancora i rami secchi delle piante che un tempo le avvolgevano.

La luce spettrale faceva intravedere un ampio disegno che formava una rosa circondata da fulmini nel pavimento inciso con una precisione mai vista sulla terra. Intorno a quello che sembrava essere lo stemma dei sovrani di Giove un cerchio pieno di strani simboli che parevano rune.

“Eccoci arrivate” mormorò Morea guardandosi intorno alla ricerca del meccanismo per rischiarare l’ambiente, perché era sicura che ci fosse. Ma non ricordava la sua posizione precisa, e un passo falso poteva mettere a repentaglio la vita di tutte loro per via dei meccanismi di sicurezza. In teoria avrebbero dovuto essere disattivati in quanto aveva fatto ingresso l’ultima discendente della casa, ma come faceva a sapere se era ben accetta dal pianeta? Finché Giove non palesava la sua presenza poteva solamente supporre.

All’improvviso dei fulmini invasero lo spazio davanti alle guerriere del Sistema solare interno con una potenza inaudita.

 

***

 

Via Lattea

Sistema Solare

Pianeta Terra.

Tokyo e dintorni.

 

Quando giunsero sul luogo trovarono quella che poteva essere tranquillamente definita una scena da film horror. Una nebbia polverosa impregnava l’aria rendendola difficile da respirare, intorno a loro diversi corpi umani. Inermi. E con i visi dipinti da espressioni di puro terrore, causato probabilmente dall’essere che aveva osato tanto.

Il alcuni punti il terreno era crudelmente purpureo e intriso da un liquido vermiglio facilmente classificabile.

Bunny senti gli occhi bruciarle per le lacrime che rischiavano di salire copiose a bagnarle il volto, per quanto ancora avrebbe dovuto andare avanti una strage simile? Possibile che l’essere a capo di tutto di quello scempio non si stancasse mai di colpire?

Un lamentoso ruggito scosse improvvisamente l’aria, e il piccolo arsenale di guerriere si mise sull’attenti, pronto ad attaccare appena il bersaglio si fosse palesato ai loro occhi attraverso la coltre nebulosa.

Ormai erano abituati tutti al tipo di creature che erano costretti ad affrontare, frutto di accostamenti che andavano lungi lontani dalla fantasia del miglior scrittore  macabro in circolazione. Ciò non bastò per non rimanere ancora una volta allibite di fronte alla follia del loro nemico.

La creatura che avanzava lentamente verso di loro possedeva una testa ti leone munita da zanne che potevano molto probabilmente essere quelli di un tricheco, il corpo su cui essa era stata impiantata invece sembrava appartenere a un bufalo, le zampe da tigre e la coda da coccodrillo.

La criniera specie dove si univa al corpo non suo era incrostata di sangue, negli occhi di quel mostro invece si leggeva una sofferenza disumana.

Possibile che esistesse qualcuno di tanto crudele in grado di fare un collage simile? Un ruggito squarciò l’aria riportando la Guerriera della Luna alla realtà, giusto in tempo per librarsi in volo e sfuggire a un attacco della creatura che si era girata repentinamente su se stessa per colpirle con la coda usata come se fosse una frusta.

Una luce azzurra molto pallida iniziò a formare una spirale intorno a Sailor Winter  ben presto circondata da stalagmiti di ghiaccio affilatissime, pronta a  colpire non appena se ne fosse presentata l’occasione, lo sguardo gelido e spietato.

“Ragazze aspettate, magari riusciamo a farlo tornare come prima, con i poteri miei e di Sailor Cosmo” esclamò con un nodo in gola Sailor Moon. Era stanca di vedere tutti quei morti e tutte quelle creature maledette. A pensare che tutto quello che aveva davanti era frutto di un capriccio di un bambino le venivano i nervi per quanto era ingiusto il destino.  A contrario di quello che faceva Rea non riusciva ad odiare i gemelli, non era colpa loro e poi come avrebbe potuto? Lei era mamma, e aveva la fortuna di conoscere sua figlia ancor prima che nascesse. Non avrebbe mai sopportato di infliggere un dolore tanto grande a Milena, e per quel motivo nonostante la stanchezza dovuta alle miriade di ore di lotta affrontate in quei quattro giorni trascorsi dalla partenza delle loro compagne, trovava ancora la speranza che presto tutto sarebbe finito.

“Sailor Moon non dire sciocchezze!!! Si sprecherebbe troppa energia, lo sai anche tu. Dobbiamo conservarla per quando ritorneranno le altre,  lo sai!!” le rispose sua sorella gemella, e come avrebbe mai potuto darle torto? Gli occhi di quella creatura però le sembravano così tristi e indifesi da non riuscire a farle del male.

“Hai ragione, ma guarda i suoi occhi. Sta soffrendo…sono buoni” mormorò la bionda “Non è come tutti gli altri” disse nuovamente.

“Non abbiamo altra scelta, non possiamo fare nient’altro per lui…l’unica cosa che possiamo fare è lasciarlo andare, sperando che perdoni gli umani per tutta questa sofferenza” disse Sailor Spring. Speriamo che tutti gli animali maltrattati e usati per gli esperimenti lo facciano, non siamo tutti cattivi verso di loro. Si ritrovò a pensare la guerriera della Primavera, quella che sentiva un’affinità più stretta con la natura e le sue creature.

Un sibilo nell’aria e nuovamente dovettero saltare con la loro solita agilità per schivare la coda del mostro, che ruggì frustrato da quell’ennesimo tentativo andato a vuoto. Prima di cercare di raggiungerle con quello che poteva essere definito un balzo felino, anche se le zampe non erano affatto adatte allo scopo.

Assistettero ad una rovinosa caduta in terra della creatura, che si limitò ad emettere l’ennesimo grido disperato.

La guerriera della Primavera sentì un colpo al cuore a vedere la scena, non potevano permettergli di soffrire in quel modo così a lungo. Mossa da chissà quale motivo iniziò a camminare verso l’animale, passo che divenne via via più veloce fino a trasformarsi in corsa. Voleva fargli capire almeno in quegli ultimi istanti che non tutte le persone erano cattive come quelle che aveva incontrato fino a quel momento.

Si avvicinò lentamente alla testa dalla folta criniera, si specchio negli occhi languidi del fiero felino che era un tempo, quando allungò la mano per accarezzarlo ottenne in risposta un brontolio acuto e quasi stizzito; accompagnato da un movimento guizzante della coda.

Bunny aveva ragione a dire che lui non era come tutti gli altri, che qualcosa nella trasformazione applicata dai loro nemici era andato storto.

Quegli occhi non erano ricchi di malvagità, erano solamente molto tristi. Di una tristezza che ti toccava il cuore senza darti la possibilità di cacciarla via.

“Maledizione allontanati Sailor Spring!!!” sentì urlare, era Akane preoccupata per la sua sorte, e come darle torto? Quelle zanne a pochissimi centimetri dal suo corpo erano letali.

“Non mi farà del male…ha solo bisogno di sentirsi amato prima di fare la sua fine” mormorò lei con un tono appena udibile dalle altre.

La guerriera dell’Inverno alzò gli occhi al cielo, mai possibile che Yumiko doveva sempre regalare l’amore a tutti? Ok che era la guerriera della Primavera, ma non poteva essere che era sempre disposta a far sentire bene chiunque.

Anche chi era nato per distruggere e fare del male a ciascun essere vivente che gli fosse capitato a tiro.

“ Yuki dai finiamola con sta solfa!!” esclamò infastidita Kristel, mentre le sue stalattiti di ghiaccio portavano a termine il loro vorticare prima di puntare contro l’esperimento fatto dal loro nemico. Il suo comportamento poteva sembrare malvagio, ma in realtà sapeva benissimo di fare la cosa più giusta, e anche le sue compagne l’avrebbero capita. Ne era sicura. Per quanto fosse crudele toglierlo dalla faccia dell’Universo.

Kristel schioccò le dita, nel medesimo istante sapendo a cosa andavano incontro guardando, sia Bunny che Chibiusa si strinsero forte a Marzio per non guardare, non sarebbero mai riuscite a dimenticare tutto, era già abbastanza difficile così.

Il mostro fu percorso da uno spasimo, gli occhi puntanti in quelli color fucsia della guerriera della Primavera che gli accarezzava il muso coperto da pelo ispido, che lentamente si spegnevano.

Passarono alcuni minuti di assoluto silenzio.

“Dovevi per forza farlo Kri?” mormorò dopo essersi alzata dal suo ed essersi voltata verso la sua compagna di squadra.

“Sai benissimo anche tu che non vi era nessuna scelta, fa male anche a me non ti credere ma come potevamo lasciarlo in vita? Avrebbe sofferto inutilmente lo sai anche tu” mormorò la brunetta puntando i suoi occhi azzurri in quella dell’altra.

“Non è giusto… dobbiamo mettere fine a tutto questo il prima possibile” mormorò Bunny “Sono tutte persone innocenti, non meritano di fare questa terribile fine…” sentì la mano di Marzio stringerle la spalla.

“Stai tranquilla vedrai che finirà tutto prestissimo, le ragazze saranno sicuramente a buon punto” le disse per tranquillizzarla il bruno.

Akane non poté ignorare quella scena così dolce, e il suo pensiero andò a Ridel. Ai sovrani e soprattutto al suo grande amore, chissà se tutti erano ancora vivi e se l’emergenza era passata. Avrebbe tanto voluto poterli sentire.

Improvvisamente sentì una fortissima nostalgia di casa, erano ormai passato un lasso di tempo relativamente lungo da quando era giunta sulla Terra, e con tutti quegli avvenimenti non aveva avuto il tempo di pensare a loro. La sua famiglia.

Fissò le sue quattro migliori amiche negli occhi, ed ebbe l’estrema sicurezza che anche loro pensavano la stessa identica cosa.

 

***

Via Lattea

Sistema Solare

Pianeta Giove.

Esterno tempio dei fulmini.

 

Aveva impiegato qualche minuto per lasciarsi andare completamente, diventando un tutt’uno con la spada, ma quando ci riuscì capì perché le era comparsa un’arma tanto potente, se pur all’apparenza fragile. Era stata poco dopo attraversata da una sorta di adrenalina, che la spingeva a non voler mai smettere, continuare a lottare finché l’avversario non era sfinito.

I suoi sensi erano divenuti all’improvviso più acuti, non vi era fruscio che non era captato dalle sue orecchie, ne movimento che sfuggisse ai suoi occhi viola. Riusciva a prevedere le mosse del suo avversario grazie al vento che gliele suggeriva. Le due lame cozzavano con violenza l’una contro l’altra, spargendo scintille bluastre intorno a loro.

 

Poco lontano Sidia aveva raggiunto Milena per vedere che cosa era successo per farle pronunciare parole tanto crudeli come quelle che aveva udito poco tempo prima insieme alla restante parte del loro gruppo e non solo.

L’aria intrisa dai rumori derivanti dal duello, la trovò seduta su quella che poteva sembrare una roccia che fuoriusciva dal terreno, parve ignorarla anche se sapeva che aveva avvertito i suoi passi.

“Che ti è preso prima?” chiese a brucia pelo senza porsi troppi problemi, era già tanto che non le facesse il lavaggio del cervello per ciò che era successo. Non ottenne nessuna risposta ne nessun movimento da parte della guerriera dei Mari che continuava a darle le spalle come se niente fosse.

Essere ignorata la urtò e non poco, anche perché non era da lei far finta di niente se qualcuno le rivolgeva la parole. Decise quindi di fare il giro del masso per pararsi davanti alla compagna. “Hai intenzione di far finta di niente ancora per molto?”

“Che cosa ti dovrei dire scusa?” fu la risposta gelida dell’altra che le puntò gli occhi nei suoi.

“ Ad esempio perché hai detto cose talmente brutte prima?” mormorò la bruna.

“Ti sembra giusto che colei che stai difendendo su Saturno non ha saputo dire una parola… una sola. Fredda come il ghiaccio. Avevamo bisogno di lei, e lei non c’era” mormorò abbassando lo sguardo.

“Sai benissimo che Heles quando sta male tende a non farlo vedere e inghiotte tutto solo per il suo orgoglio, ormai dopo tutti questi anni dovresti conoscerla alla perfezione così come io conosco voi se non di più. “ la vide scuotere appena la testa, segno che non era d’accordo con le sue parole mentre si mordeva nervosamente il labbro inferiore.

“Non sto mettendo in dubbio questo, ma l’ho sentita distante. Troppo. Quando invece avrebbe dovuto starci più vicina, avevamo bisogno di lei. Ne abbiamo ancora.” Mormorò con il nodo in gola. In fondo era quello che pensava, era solamente stata capace di fissarla gelidamente dall’alto della sua altezza come se niente fosse, come se non fosse anche in parte una figlia adottiva sua. Possibile che non sentisse un minimo di senso di colpa per tutto ciò che stava succedendo? Lei lo sentiva. Avrebbero forse fatto meglio a fare più attenzione quel pomeriggio di quasi un anno prima, quelle emozioni avevano reclamato un prezzo molto caro. E probabilmente la Terra intera. Il pianeta che le aveva viste crescere.

Possibile che tutto questo non avesse un senso per la sua compagna? Si probabilmente si. Ma solo il fatto di non averla sentita vicina in quel momento di bisogno, e non sentirla nemmeno in quel momento l’aveva ferita profondamente.

“Si ok ma che cosa c’entra vostra figlia? L’hai distrutta con quella frase” chiese nuovamente la Custode del Tempo.

“Non lo so, mi è uscita…perché se noi ci fossimo trattenute tutto questo pandemonio non sarebbe scoppiato e soprattutto Ottavia sarebbe ancora qua..e ora come glielo diciamo a Tomoe che sua figlia non c’è più?” gli occhi le si riempirono di lacrime.

“Lui sa benissimo che sua figlia è una guerriera e sa a cosa andava incontro, in un certo senso penso che se lo aspetti… e non è colpa vostra Milena ok?”

“Si come no, resta il fatto che se noi non ci lasciavamo andare così incautamente non saremmo a questo punto, e lo sai benissimo anche tu!” rispose secca, voltandosi a guardare le due duellanti.

Umiko si muoveva con una fluidità pari a quella dell’acqua, imprendibile come il vento.

Compiendo dei movimenti così aggraziati e precisi che sembrava compiere una danza.

Ci fu un bagliore improvviso di colore blu e la guerriera di Urano era in terra, la spada a qualche metro di distanza da lei. Con l’espressione di chi non ci aveva capito niente di ciò che era successo.

 

***

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Sistema Solare

Pianeta Giove.

Interno tempio dei fulmini.

 

L’elettricità era palpabile anche nell’aria,  i capelli spettinati di Rea e Marta erano divenuti improvvisamente elettrici, come se a muoverli vi era il vento più secco in assoluto. Davanti al gruppo i fulmini andavano via via prendendo forme più definite, ben presto capirono: erano di fronte a un branco di lupi elettrici.

Le movenze attente, pronti a scattare ad un comando che sicuramente sarebbe arrivato di li a poco da qualcuno più in alto.

“Ami conviene che tu non li attacchi, rischiamo di perderti sempre che  non attacchino loro tutte…” mormorò Morea.

E ora?
Cosa avrebbe dovuto fare?

Giove non sembrava intenzionato a palesare la sua presenza, ed era consapevole che quei lupi erano uno dei dispositivi di difesa per raggiungere l’altare poco più avanti dello stemma inciso nel pavimento. Non si ricordava però come doveva disattivarlo, e sapeva per esperienza che quei lupi avrebbero attaccato. Quando non poteva prevederlo, ma lo avrebbero fatto. E doveva cercare di richiamare a se i ricordi.

Sentì un grido acuto dietro di lei, proprio nell’istante in cui uno dei lupi attaccò le sue compagne, prendendo di mira Ami e facendo esplodere il piccolo computer con il quale era solita tener sotto controllo ogni situazione gli capitasse sotto mano.

La forma da lupo si trasformò in una specie di bozzolo elettrico, che si divertiva a torturare la guerriera di Mercurio senza pietà.

Pensa Morea. Pensa. Sai come fare, certo che lo sai.

Si disse la Guerriera di Giove sforzandosi di fare mente locale a qualche secolo prima, nella speranza che la Principessa che era dentro di lei assopita. Si guardò intorno alla ricerca di qualche indizio, i suoi occhi verdi si posarono sul disegno inciso nel marmo del pavimento, qualcosa le diceva che quel disegno doveva svolgere la sua parte, ma non capiva in che modo. Prese a fissarlo con attenzione estraniandosi completamente da tutto il resto.

“Morea attenta!!” non fece in tempo a realizzare niente che sentì qualcosa che la tirava giù in terra, a contatto con il viso vide solo una chioma bionda lunghissima e un fiocco rosso, poi un altro grido atroce percosse la sala. Questa volta vittima dei sadici fulmini era stata Marta. Aveva fatto da scudo con il suo corpo per evitare che lei venisse precocemente ferita. Erano entrambe cadute nel punto d’incontro delle saette che circondavano la rosa laddove iniziava in elegante calligrafia il nome della casa.

 

“Principessina può recare attenzione a ciò che le sto dicendo? E’ importante presti attenzione” una delle vestali che aveva in consegna il tempio, guardia di Giove che appariva solamente ai sovrani in carica, le stava spiegando come disattivare il sistema di sicurezza. I capelli biondi formavano dei morbidi boccoli elegantemente lasciati liberi di cadere, mentre ripeteva a se stessa che doveva essere paziente con la bambina pestifera e dai grandi occhi smeraldo che aveva la mente solo piena di giochi e favole.

Sospirò e la prese per mano prima di accucciarsi alla base di quello che agli occhi della Principessa appariva come uno strano disegno senza un significato preciso, alcune parevano pure lettere.

Quanto era noiosa sta qua. Pensò, a lei tutte quelle cose non le interessavano, lei voleva solo giocare e basta. Con le sue amiche piante e anche con i buffi animali delle serre di corte. Tutto il resto – studio compreso – era superfluo.

“Vede deve mettere il sigillo dei sovrani in questo punto, se fa attenzione c’è il negativo della rosa che hanno i suoi genitori sull’anello e che lei ha sugli orecchini, ha capito principessa?” la ragazza alzò lo sguardo per vedere che la piccola aveva già smesso di prestarle attenzione, per dedicarsi a una farfalla luminosa che incautamente si era avventurata fin li, che rincorreva proprio in quel preciso istante.

Sospirò.

 

I suoi occhi le si posarono su quella che sembrava una piccola rosellina intagliata proprio nel punto di contatto delle saette, cercando di ignorare le urla delle sue compagne e facendo il più in fretta possibile, sfilò uno dei suoi orecchini dall’orecchio e provò  a inserirlo nell’intaglio.

Le due parti combaciarono alla perfezione.

Dal punto d’incontro inizio a diramarsi una luce verde che in brevissimo tempo fece risplendere e risaltare il disegno intero sotto ai suoi occhi. Quando  il tutto fu riempito i lupi di fulmini divennero improvvisamente più tranquilli, emettendo un sibilo molto simile al pianto dei cani, prima che la ragazza li vedesse compiere una specie di inchino rivolto a lei.

Si volse per guardare come stessero le altre, sperando che avesse agito abbastanza velocemente da non arrecare loro troppi danni.

Erano le sue amiche, le sue compagne, coloro con cui aveva condiviso belle e brutte esperienze.

Essere la causa delle loro sofferenze la faceva sentire male.

Erano tutte in terra con i vestiti un po’ sgualciti e i capelli molto più spettinati di quanto non fossero già a seguito del vento di Urano.

“Come state?” mormorò.

“Elettrizzate” cercò di scherzare Marta anche se l’esperienza non era stata per nulla piacevole dal suo punto di vista.

“Ragazze il mio computer….come faremo ora?” mormorò Ami affranta, premendo il suo orecchino per ritrarre la mascherina.

“Ci penseremo quando si porrà il problema ora dobbiamo solamente darci da fare” le rispose Marta confortandola.

La luce del tempio cambiò improvvisamente, divenendo più intensa che mai, e rivelando la presenza di un altare a forma di mano, all’interno della quale levitava un cristallo verde molto luminoso.

“Eccolo…” mormorò Morea avvicinandosi. Tese poi la mano per afferrarlo e stranamente il marmo che formava la mano gigante rimase immobile, quando ricordava dalla sua vita precedente che creava problemi anch’esso. Appena lo strinse nella mano sentì un calore liquido percorrerle tutto il corpo.

Un calore rassicurante.

Un calore che sapeva di casa.

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Capitolo 15
*** Draghi, Fiamme e tizzoni ardenti - Prima parte - ***


Note dell'autrice: Eccomi qua dopo mesi e mesi di silenzio a pubblicare il nuovo capitolo di questa serie. Ho scelto di dividerlo in due per non farlo diventare eccessivamente lungo, e anche per darvi un pò di sollievo a voi. Spero vi sia piaciuto. Pareri, consigli e quant'altro sono sempre ben accetti. Chiedo ancora scusa per la lunga attesa, ma è stato un periodo particolare a cui si è aggiunto alla fine anche la sessione estiva. Spero di tornare a pubblicare con la regolarità che avevo.

Grazie anche a chi mi ha scritto in privato in questi mesi in cui sono sparita.

15^Capitolo: Draghi, Fiamme e tizzoni ardenti.


Via Lattea

Sistema Solare

Pianeta Giove.


Nel momento stesso in cui Morea sfiorò il cristallo del suo pianeta di origine, il gruppo fu circondato da una moltitudine di fulmini verdi e luminosi, mentre la struttura del tempio intorno a loro divenne in breve della costituzione dell'acqua, man mano che i raggi verdi entravano nel piccolo frammento.

Si ritrovarono in breve fuori dal tempio, a una ventina di metri dalle loro compagne di viaggio. Sulla destra le due duellanti continuavano senza dar segno di voler cedere a tirar di scherma. Sul viso della guerriera di Urano qualche perla di sudore, dovuta alla concentrazione nel parare i tiri della figlia che si era rivelata molto più abile di quanto la bionda avesse immaginato.

Da ciò che potevano constatare però, non sembrava che le acque all'interno del gruppo del sistema solare esterno si fossero calmate.

La rottura ai loro occhi era ancora più assurda, la litigata che c'era stata poco prima che entrassero nel tempio era senza una base di fondo. Ottavia aveva scelto lei stessa di ricorrere alla distruzione di Saturno, nessuno glielo aveva imposto con una pistola puntata alla tempia, se lei aveva deciso così loro non potevano farci niente. Un sospiro stizzito abbandono le labbra sottili della guerriera di Giove.

Come è andata?” la voce di Sidia risuonò nell'aria mentre la Custode del tempo alzava lo sguardo verso il gruppo, il tintinnare delle spade delle due duellanti trovo pace, mentre Umiko si voltava anche lei nella stessa direzione della bruna. Pronta ad accogliere nel medaglione uno degli ultimi cristalli. Ne mancavano solo tre, eppoi potevano tornare sulla Terra. E allora in quel momento sarebbe dipeso solamente da lei, e da nessun altro.

Se alla partenza che le aveva viste dirigersi su Plutone il tutto la spaventava, in quel momento dopo la perdita di quella che era per lei una sorella seguita dalla frase di sua madre; aveva raggiunto la consapevolezza che quella battaglia sarebbe stata la loro. Sua e di Kazeshi. Di nessun'altro. Non poteva permettere che altri ci lasciassero le penne al suo posto. Se si rendeva necessario, l'unica a dover morire era solamente lei.


* * *


Via Lattea

Sistema Solare

Pianeta Terra

Tokyo. Base nemica.


Nella sala principale del castello sospeso nel vuoto il silenzio assoluto, interrotto solo dal ticchettio nervoso delle unghie di colui che sedeva sull'ampio scanno in pietra nera finemente decorata da simboli che parevano celtici. Un ticchettio che traduceva il nervosismo crescente, dopo che uno delle sue creazioni era stato sconfitto da un insignificante gruppo di ragazzine fastidiose quasi quanto dei moscerini.

Doveva toglierle di mezzo il prima possibile. E doveva rintracciare il corpo che ospitava in se lo stesso DNA di quello in cui si era annidato, altrimenti i suoi progetti di potere non sarebbero mai arrivati a compiersi.

La verità era che non aveva la minima idea di dove si era rifugiata la portatrice degli immensi poteri ai quali tanto ambiva.

MEINIR” urlò senza ritegno, ben consapevole che l'udito dei demoni della notte era ben superiore a quello di qualsiasi altra creatura.

Pochi secondi dopo la figura dell'uomo dai capelli biondi e chiarissimi comparve nell'ombra, le iridi rosse che lampeggiavano sinistre. Dietro di lui Ceyris, la sua guardia del corpo, anche se Kazeshi sospettava che ciò che legava la demone al suo capo era molto di più che un semplice legame di sottomissione. Dovrò tener conto di questo legame. Si appuntò mentalmente per qualsiasi evenienza futura.

A che punto sono le ricerche?” chiese con un tono gelido, alzando lo sguardo malvagio sul suo sottoposto.

Mio signore, non abbiamo notizie certe sulla portatrice dei poteri. Ma abbiamo una possibile traccia, qualche ora fa abbiamo registrato un esplosione di energia nel sistema solare, pensiamo che possa essere collegata con la portatrice” disse il demone, mentre la donna dai capelli rossi osservava ogni minima sfumatura dello sguardo del Tiranno. Pronta a scomparire con il capo non appena la situazione fosse pericolosamente degenerata.

AVETE INDIVIDUATO UNA POSSIBILE TRACCIA? SONO GIORNI CHE INVENTATE SCUSE!!!” urlò il ragazzino in preda a un moto di rabbia nervosa. Doveva finire quella storia nel più breve tempo possibile. Quegli stolti di demoni avevano impiegato fin troppo tempo nella ricerca di un corpo in grado di ospitarlo in modo dignitoso, non poteva rischiare di fare lo stesso. E per fortuna il ragazzino di cui si era impossessato aveva dimostrato di avere una spiccata tendenza ad assaporare la magia oscura.

Le ricerche sono più complicate di quello che si pensava mio signore, la mia squadra esce ogni notte. Ma dobbiamo anche stare attenti a non catturare troppo l'attenzione” disse Meinir, facendo un breve cenno affinché la demone alle sue spalle gli passasse quel mucchio di cellulosa senza un perché, che gli uomini chiamavano “giornale”. Prima di lanciarlo con un gesto fulmineo a Kazeshi che lo bloccò nell'area a un millimetro dal suo viso alzando solamente la mano. Osservò con un espressione annoiata la prima pagina dove veniva data la notizia che il killer seriale aveva colpito ancora, con una barbaria e una lucidità spaventose.

SE PENSASTE A SVOLGERE IL VOSTRO COMPITO E NON AL CIBO NON CI SAREBBERO QUESTI PROBLEMI!!!” tornò ad urlare. Possibile fossero così stupidi? Così inclini a lasciarsi andare alla sola vista di un essere umano. Non potevano cibarsi di bestie? Gli sarebbe tornato anche utile a lui per creare il suo esercito.

Il volto della demone alle spalle di Meinir si piegò in un lieve sorriso nel vedere il loro superiore così in difficoltà, non condivideva molto il suo modo di agire, di cercare. Sopratutto non condivideva affatto il metodo con cui si ostinava a combattere le guerriere Sailor, sarebbe bastato mandare loro in campo. E oltre ad avere un lavoro pulito, e veloce. Avrebbe permesso che la loro sete di sangue e carne umana fosse messa a tacere per un bel po' di tempo.

Signore se non ci cibiamo non possiamo fare nessuna ricerca, il nostro fisico perisce molto più velocemente che quello di qualsiasi altra creatura esistente e mitologica” provò a giustificarsi il capo dei demoni.

Giustificazione che portò ad un ennesima ondata d'ira nel Tiranno, una sfera di luce viola e fulmini blu che si formava nel palmo della mano a una velocità disarmante. Prima di essere lanciata verso le creature della notte, che in un millesimo di secondo scomparvero per ricomparire in un ala più sicura della dimora. Sotto di loro a diversi chilometri di distanza, il brulicare intenso di Tokyo.


* * *


Via Lattea

Sistema Solare

Pianeta Marte.


Il pianeta del dio della Guerra si presentò ai loro occhi molto più arido di quanto pensassero. La sfera ardente del sole che riempiva buona parte della volta celeste, grande come mai l'avevano vista. Nell'aria un area densa e calda, quasi impossibile da respirare.

Il portale aperto dalla Guerriera del Tempo, forse per la prima volta in quel viaggio si era aperto al centro della città principale, dell'antica capitale un tempo immersa in un'atmosfera grandiosa e senza eguali.

I resti delle abitazioni della città facevano pensare a una aglomerato orientale, sui muri diversi ricami in rilievo, che decoravano le facciate con il loro gioco di luce e ombra. Più in alto a copertura delle strutture resti di cupole arabe.

Rea si guardava in torno con sguardo attento, alla ricerca dell'ingresso a una caverna, sapeva infatti che il cristallo era custodito al sicuro, e che per riuscire a prenderlo avrebbero dovuto scontrarsi con qualcuno di non molto piacevole, uno spirito solitario almeno quanto il corpo in fiamme.

Il guardiano non aveva mai tollerato intrusi nel suo regno sotterraneo, avevano accesso alla caverna senza correre pericolo solo i sovrani dopo un'accurata iniziazione che andava a buon fine senza tante storie. Perché il fuoco, scorreva nelle vene dei sovrani e dei loro discendenti, almeno quanto quello sul suo corpo.

E nel profondo del suo essere Rea sapeva che l'iniziazione l'aveva passata, ma come avrebbe fatto a far capire al guardiano che non correva pericoli, e sopratutto che a lei serviva il cristallo di Marte? L'essere a cui andava incontro come tutti quelli della sua specie era molto geloso dei tesori che custodiva. E ciò che cercava era proprio uno di quelli.

Fa troppo caldo, ma un condizionatore roba dell'altro mondo?” borbottò Heles, non sopportava più l'aria soffocante che aveva intorno, ma era cosciente che più si avvicinavano al sole, e più quella calura opprimente sarebbe stata forte.

E per loro che erano abituate alla gelida aria dei loro pianeti era una tortura. Sembrava di essere un ghiacciolo in forno.

Eccola!!!!” esclamò improvvisamente la bruna, correndo verso un punto imprecisato alla destra del gruppo che aspettava un segnale, un comando per iniziare a muoversi. La guardarono sorprese, non riuscendo a capire la meta della sua corsa. Si stava muovendo verso un'area che all'apparenza era vuota, anche in lontananza. Nessun segno tangibile di qualche tempio in cui cercare. Continuarono a seguire i suoi movimenti con l'iride senza muoversi, convinte che nel giro di qualche minuti si sarebbe accorta che si stava dirigendo verso il nulla più totale.

Fu un secondo.

E Rea sparì inghiottita dal suolo.

REA!!!” urlarono le Inner iniziando a correre seguite dalla restante parte del gruppo. Il cuore delle Outer in gola per la paura che si fosse fatta male ancor prima di arrivare a stringere tra le mani il cristallo del fuoco.

Quando arrivarono nel punto in cui la loro compagna di squadra era sparita, notarono una spaccatura irregolare nel suolo,molto simile a un pozzo ma dall'aspetto molto poco rassicurante, dal quale fuoriusciva un'aria più umida di quella da cui erano circondate.

Che si fa?” chiese Marta, ben poco incline a entrare in quello che sembrava un antro puzzolente, preoccupata di come si sarebbero ridotti i suoi bellissimi capelli biondi a contatto con muschio e acqua fetida.

Non penso ci siano molte soluzioni all'orizzonte, per quanto mi faccia ribrezzo scendere...credo sia l'unica opzione disponibile per ritrovare Rea” rispose la guerriera di Urano.

La guerriera dell'amore si voltò a guardarla schifata da quell'opzione, anche se sapeva benissimo che era l'unica possibile, i suoi occhi azzurri poi tornarono nuovamente alla spaccatura del terreno.

Chi vuole andare per prima?” chiese Sailor Pluto.

Vado io altrimenti credo che tutte voi abbiate la paura di sporcarvi il vostro bel faccino” rispose seccamente Umiko, sua madre di sicuro era compresa nella categoria, e se aveva un po' inquadrato il carattere anche la biondina dal fiocco rosso. Compì i pochi passi che la separavano dalla caduta, e fu inghiottita dal buio.

La discesa verso il cuore del pianeta durò meno di quanto si aspettasse. Trovo ad accoglierla al suo arrivo un terreno umido, viscido e tiepido. L'odore acre della muffa riempiva l'aria intorno a lei.

Si guardò intorno, i suoi occhi riuscivano a vedere più di quanto un essere umano riuscisse a fare normalmente nell'oscurità. Scrutando le tenebre si accorse a uno sguardo più attendo che davanti a lei vi era una zona leggermente più chiara.

Volse la testa verso l'alto.

MUOVETEVI A CACCIARVI GIU' PER PIACERE, REA E' GIA' AVANTI” urlò con le mani vicino alla bocca con l'unico scopo di rendere più forte ancora il suo grido; nella speranza che arrivasse fino in superficie, senza perdersi nei meandri di quella galleria da cui era piombata giù.

Sentiva i pantaloni umidi sul fondo schiena, il terreno scivoloso sotto i piedi, e il tutto le faceva salire un senso di ripugnanza che le attanagliava lo stomaco. Che schifo. Pensò Umiko.

Pochi istanti dopo si senti un lungo fruscio seguito da un enorme tonfo.

Amy ho il tacco nel naso spostati, che pesi” senti mormorare da Morea.

Non e che tu sia un peso piuma Morea, ho le tue gambe sul mio stomaco” esclamò Heles.

Che schifo, ma cos'è bava di lumaca?” la voce di Marta si alzò con qualche tono di troppo dal gruppo che cercava di uscire dal suo stesso groviglio nel più breve tempo possibile. La bionda aveva avvertito l'umido del terreno sul braccio, a pensare che i capelli biondi erano a contatto di quella schifezza dovette trattenere un conato di vomito.

Come facciamo a vedere dove andare?” Umiko trasalì sentendo la voce della guerriera di Plutone così vicino a se, era talmente sovra-pensiero da non aver percepito la sua presenza “ E' buio totale”.

No.. non è vero, io riesco a vedere una zona più chiara...” mormorò la ragazzina “Credo che il medaglione stia cercando di aiutarmi, credo che mi stia dando delle capacità sovrannaturali che non dovrei avere” rispose decisa. “ La mia vista si è fatta tutto ad un tratto più acuta”

Interessante, Sailor Infinity non ci aveva parlato di questo effetto sulla portatrice del medaglione” rispose la bruna. “Ci riusciamo la dietro? O ci vuole una gru per tirarvi su?” alzò un minimo il tono della voce.

Si siamo pronte” brontolò Heles “ Non è colpa nostra se Marta è andata a finire in terra ed era la prima della fila dopo di te Sidia”

Non è colpa mia se il terreno è viscido” protestò la biondina dagli occhi azzurri.

Ci date un taglio? Sembrate delle bambine dell'asilo!!! Abbiamo un cristallo da recuperare, e il più presto possibile se non vogliamo fare la sauna!!” intervenne Umiko alterata da tutte quelle parole inutili. Devo trovare un modo per fare un po' di luce nel corridoio, altrimenti imbranate come sono si perdono.

Non fece in tempo a terminare il suo pensiero che sopra la sua mano destra comparvero dei piccoli fulmini verdi, che illuminavano il passaggio lo stretto necessario per far vedere a tutto il gruppo dove stavano andando. La cosa eccezionale e che i suoi occhi sembravano ignorare la luce dei fulmini, e continuavano ad essere concentrate sul chiarore davanti a se.

Il gruppo iniziò a camminare cercando di ignorare il rumore delle scarpe sul terreno molle, ben attento a non perdere di vista la portatrice del talismano, altrimenti non sarebbero più riuscite a trovare una via di uscita in quel labirinto di gallerie.


Era impossibile determinare quanto fosse stato lungo il cammino, ma alla fine del tunnel lo scenario che si presentò agli occhi del gruppo faceva gridare ai loro sensi la parola: pericolo.

Il piccolo corridoio era sbucato a circa quattrocento metri dal suolo, davanti a loro una lingua di pietra sospesa nel vuoto collegava i due fronti di quello che sembrava essere il cratere di un vulcano millenario. Intorno a loro la luce aveva un colore rossastro che quasi feriva gli occhi.

Lo sguardo delle ragazze vagò disperso fin sotto i loro piedi, la sensazione di essere in bilico le pervase: sotto il sottile ponte di pietra, alla distanza di duecento metri ribolliva il magma, un rumore sordo saturava l'aria, simile a quello dell'acqua che bolle sul fuoco ma molto più forte.

Un ruggito.

Feroce.

Acuto.

Improvviso.

Che ti entrava fin dentro le ossa.

L'attenzione di Umiko si focalizzò alla metà del ponte, laddove la figura di Rea sulle ginocchia si ergeva poco distante dalla creatura che aveva emesso quel suono così straziante per i loro timpani.

La loro amica sembrava ricoperta di fuliggine, come se fosse stata avvolta dal fuoco più volte senza mai morire carbonizzata. I capelli neri che vorticavano dietro di lei le donavano un aspetto spettrale.

Cio che più c'era di mostruoso però era il drago che era davanti a lei.

Squame di un nero fulgore. Venature che sembravano di lava pura lungo tutto il corpo, occhi rossi come la brace incandescente. Denti talmente bianchi da dare fastidio se accostati al nero delle sue membra.

Cavolo...” mormorò Heles a quella visione “E ora sto lucertolone come lo facciamo fuori?”

Credo sia compito di Rea, non possiamo fare niente noi” le rispose Morea, per quanto l'idea non le piacesse per niente. La sua compagna era inginocchiata davanti alla creatura.

Che cosa volete intrusi” la voce gutturale del drago vibrò nell'aria, facendo venire i brividi a ogni membro del gruppo. “A questo posto hanno accesso solo i discendenti della famiglia reale e voi non lo siete” un ruggito sovra-umano squarciò l'aria per la seconda volta, le ali della creatura si aprirono producendo un morbido rumore di velluto che sfregava. Le vene delle ali ampiamente visibili contro la luce rossastra che illuminava l'area.

Sembra una visione demoniaca. Pensò Umiko.

Viaggiamo insieme alla discendente dei regnanti di Marte, per una missione di estrema importanza” rispose la ragazzina puntando i suoi occhi viola in quelli rossi del rettile.

Le parole della portatrice del talismano, scatenarono l'ira della creatura, costringendo Rea a fare marcia indietro per cercare di riunirsi al gruppo.

Come osa, una discendente della famiglia cui offro il mio servizio, a dare il permesso di scendere nella mia grotta senza prima avermi consultato”

Pallone gonfiato. Fu l'unico pensiero che occupò la mente della guerriera di Urano.

Guardiano del Cristallo, ti pongo le mie scuse ma non sapevo che la loro presenza potesse urtarti, purtroppo il nostro Regno è stato distrutto molto tempo prima che io completassi l'addestramento per poter usufruire dei tuoi saggi consigli. E non potevo saperlo” disse Rea, ricordando che i draghi vengono compiaciuti dai complimenti e dalle adulazioni gratuite.

Il drago compì una semicirconferenza intorno all'esile ponte di pietra, guardando l'intero gruppo.

Non possiamo aspettare i suoi porci comodi, non abbiamo tempo, se non collabora non ci resta che attaccare” sussurò Heles alle altre, per quanto quella prospettiva non le piacesse per niente. Gli unici attacchi che potevano rallentare il drago, infatti, erano quelli acquatici. Ciò voleva dire che in un eventuale battaglia servivano realmente a qualcosa solamente la sua compagna e la guerriera di Mercurio. Tutte le altre sarebbero state più di intralcio che di utilità.

Non facciamo sciocchezze e manteniamo la calma, c'è troppo poco spazio per combattere, questo ponte di roccia è troppo fragile” mormorò Sidia.

Il tempo passava, e loro non ne avevano da buttare.

Da quando erano partite non avevo notizie del loro pianeta.

La stanchezza si iniziava a far sentire, e non sapevano da quanto tempo non dormivano.

Erano sull'orlo di una crisi di nervi.

La bestia mitologica si posò sulla roccia di fronte a loro, come se fosse una piccola e tenera lucertola su un muretto al sole. Ma non smetteva di fissarli.

Lo sguardo di Umiko vagò dal drago all'altra attaccatura del ponte contro il cratere del vulcano, di fronte a lei c'era una caverna, e il talismano premeva per farla muovere in quella direzione. Laddove un piccolo rubino luminoso emergeva a tratti dall'oscurità della grotta.

Doveva raggiungerlo.

Costi quel che costi.

I terrestri sono sempre stati stupidi esseri senza un minimo di protezione per il loro pianeta, la Principessa Serenity è stata ancora più stupida a innamorarsi di Endymion. Il loro rapporto ci ha portati tutti alla rovina. Sono più di 900 anni che sono da solo, a guardia di questo cristallo, dentro a questo foro senza la possibilità di uscire. Senza la possibilità di vagare altrove. Il tutto perché? Per lo stupido amore di due ragazzini” disse il drago, con una voce carica di risentimento.

Mi dispiace contraddirti lucertolone ma non sono d'accordo!!! Non è stato il rapporto dei principi a mandare il sistema solare alla rovina” esplose Heles “Non potevamo prevedere l'attacco di Metallia, ne del suo esercito”

Credo che voi guerriere del sistema solare esterno siete le ultime che potete mettere voce in capitolo, visto che siete sempre state a crogiolarvi nel vostro limbo, senza mai partecipare attivamente alla vita a corte sulla Luna” le rispose il drago, senza nascondere l'irritazione che lo percuoteva.

Se non sai le cose perché non tieni quella tua boccaccia chiusa?”esclamo la guerriera di Urano.

HELES NO!!!” l'urlo strozzato di Rea risuonò nella montagna.

Mai offendere un drago, se vuoi conservare la tua pellaccia. Pensò la bruna.

Le voci sulla vostra arroganza sono arrivate fino a Marte, siete più spocchiose e insopportabili di quello che si narrava in passato” ruggi il drago.

La guerriera di Marte si volse verso le sue compagne, gli occhi che lampeggiavano per l'ira provocata dall'affermazione del membro del sistema solare esterno, le avrebbe fatte morire tutte e a quel punto per la Terra non ci sarebbe stato nulla da fare...era così difficile da capire? Con i draghi ci vuole una certa dote all'adulazione, non aveva mai aperto un libro di mitologia? A quanto pare la risposta era no.

Heles puoi chiudere quella boccaccia? O peggiorerai la situazione in modo irreparabile!!” urlo la guerriera di Marte, sperando di essere ancora in tempo a calmare il drago, per poi convincerlo a donarle il cristallo che cercavano.

Uscite dalla mia tana, subito!!” sentirono la roccia tremare sotto i loro piedi, mentre il drago si posava senza porre attenzione al fatto che il ponte non potesse reggere il suo peso se caricato così all'improvviso.

Orth te ne prego, è una questione di vita o di morte per il pianeta Terra, potrebbe ripercuotersi sul nostro sistema solare ma anche su altre galassie...non puoi stare a guardare mentre svanisca tutto sotto il dominio di un folle” provò a convincerlo la guerriera “Se il cristallo non giace più in questa grotta tu sarai libero di andartene” doveva giocarsi quella carta.

HO DETTO DI USCIRE DALLA MIA TANA, INTRUSI. NON CONSTRINGETEMI A FARVI DEL MALE. I MALI CHE AFFLIGONO LA TERRA NON SONO AFFAR MIO”

Non è una questione di salvare il pianeta Terra, ma tutto l'Universo” ripeté Rea.

Per tutta risposta il drago spalancò le fauci, i denti bianchi e affilati furono visibili solamente per qualche secondo, prima che un'ondata di fuoco incandescente fu lanciato nella loro direzione.

Il calore si faceva sempre più intenso man mano che la lingua infuocata si faceva più vicina, più pericolosa.

Le due guerriere dell'acqua si scambiarono un'occhiata di intesa prima di entrare in azione.

Sinfonia acquatica di Mercurio” urlò Amy sentendo la forza dei nuovi poteri donati loro da Sailor Cosmo.

Corrente abissale” la seguì Milena.

Azione!!” urlarono all'unisolo, mentre due potenti getti d'acqua, il primo più chiaro e cristallino e il secondo più cupo e color verde mare si univano per cercare di arrestare la corrente di fuoco.

I tre getti si scontrarono poco oltre Rea, e l'impatto tra i liquidi iniziò a formare una nebbiolina di vapore che aumentò in breve tempo l'umidità dell'aria.

REA PRENDI IL CRISTALLO MUOVITI NON SO QUANTO RIUSCIREMO A RESISTERE” urlò Amy rimanendo sempre in posizione, anche se sentiva velocemente che le sue forze fisiche diminuivano.

Se l'acqua fosse terminata, sarebbero state bruciate vive dal drago, e la loro missione si sarebbe interrotta, così come segnato sarebbe stato il destino del pianeta Terra.

La guerriera di Marte approfittò della distrazione del drago per correre il più velocemente possibile a recuperare il cristallo, il piccolo oggetto luminoso la stava chiamando verso di se da quando erano atterrate sul pianeta. Sentiva la sua brama di riunirsi alla sua legittima proprietaria, troppo stufo di rimanere chiuso in una caverna.

Non ce la faranno mai, devo fare qualcosa per aiutarle. Pensò Umiko. Non posso usare il talismano, ma forse il Cristallo di Mamma si.

Appena la ragazzina fece questi pensieri, un bagliore azzurrino avvolse il cristallo. Sul suo viso comparve un'ombra scura simile a due ali di pipistrello che circondava gli occhi, finendo nel centro della fronte con un complicato ricamo elfico.

Si sentì un ruggito più cristallino, meno terrificante ma dai toni più acuti. Il gruppo si volse a guardare dietro Umiko. Una colonna d'acqua dall'aspetto serpentiforme, dal colore cupo del mare in burrasca torreggiava sopra di lei. I denti affilati parevano formati da ghiacci.

La ragazzina ora era avvolta dallo stesso bagliore azzurrino del talismano, i suoi grandi occhi viola erano divenuti freddi e aggressivi.

Fatevi da parte” urlò prima di volgere il braccio verso l'ondata di fuoco, proprio nel momento esatto in cui la potenza dell'attacco della guerriera di Mercurio e della madre avrebbe cessato di esistere.

Rea era riuscita a raggiungere il cristallo che le si avvicinò emettendo dei raggi rossastri che dipinsero strane figure sulle pareti del buio antro in cui era stato custodito per novecento anni, in attesa del ritorno della guerriera.

Si volse, per vedere i due draghi che si fronteggiavano inferociti, ben decisa ad arrivare al di la del ponte mentre Orth era ancora occupato dal suo simile e da Umiko.

Devo farcela.

Intorno a lei i due ruggiti delle creature mitologiche facevano tremare tutto, pietroni più o meno grossi cadevano nella lava che scorreva sotto di loro.

La bruna tirò un sospiro prima di iniziare a correre verso le sue compagne, non vedeva l'ora di essere al sicuro tra di loro, nella speranza che Sailor Pluto riuscisse ad aprire un portale proprio all'interno del vulcano.

Era quasi a metà del ponte di pietra, nel punto in cui la lingua di roccia si faceva più sottile e fragile.

Un rombo, una strana nebbia attorno eppoi la terra che si sgretola sotto i piedi, trascinandola verso il basso, nella marea di fuoco.

REA!!” 


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Capitolo 16
*** Draghi, fiamme e tizzoni ardenti - seconda parte ***


Note dell'autrice: Rieccomi qui con un nuovo capitolo, scusandomi nuovamente per la lentezza, ma purtroppo l'Università mi assorbe. Colgo l'occasione di augurarvi Buon Natale e un Felice 2013, nel caso non riuscissi ad aggiornare entro queste due date. Non penso che amerete particolarmente questo capitolo, ma alcune cose scelte si sono rivelate necessarie. Non odiatemi.

Fatemi sapere come vi sembra, spero che queste lunghe attese non facciano calare le recensioni :(


16^Capitolo: Draghi e tizzoni Ardenti – Seconda parte


Il rumore della pietra che si frantumava echeggiò attraverso la nebbia avvolgendole alcuni secondi, dopo avvertirono il rumore dei massi che cadevano nel fuoco svariati metri più in basso.

Nessun suono tradiva la presenza di qualcuno in difficoltà. Tesero le orecchie per cercare di captare qualche movimento dal quale presumere che Rea si era salvata, ma ai loro timpani non giungeva alcun suono.

Dall'altra parte del ponte tra la nebbia scorsero l'ombra  del drago che giaceva inerme, le ali abbandonate lungo il grande corpo, gli occhi vitrei, spenti ma aperti.

Nessuna di loro si azzardava a battere ciglio nel timore di far crollare un'altra parte di ponte. Tra i due moncherini un brillio rosso attirò la loro attenzione, in particolare quella di Umiko che fino a quel momento era pensierosa.

"Il cristallo" mormorò la ragazzina compiendo qualche passo verso il centro del ponte, tenendo tra le mani il medaglione.

L'essenza del fuoco si avvicinò alla portatrice del talismano, andandosi a inserire nel suo posto, gli occhi di lei si posarono sui due cerchi vuoti in attesa dei cristalli di Venere e Mercurio. Ultime due tappe e poi sarebbero stati tutte pronte a fare rientro sulla terra, nella speranza di potersi riposare un minimo prima di combattere contro i nemici.

Quella ricerca però aveva già mietuto troppe vittime, e sicuramente la battaglia che le attendeva avrebbe fatto anche di peggio, suo fratello era troppo forte. E sopratutto la rabbia che provava per la morte di sua sorella lo era ancora di più; rischiava di trasformarsi in odio puro il suo. Sopratutto in quel momento in cui anche Rea sembrava non avercela fatta.

Gli occhi iniziarono a bruciarle al solo pensiero, le altre dietro di lei erano in assoluto silenzio uno di quelli che pesano ancor di più dei rumori.

Ragazze...” mormorò con poca convinzione Sidia, nell'intento di far capire loro che per la loro compagna di squadra probabilmente non vi era più alcuna possibilità.”Forse è meglio se apro il portale per Venere, mancano solo due pianeti bisogna fare in fretta”

fissò le guerriere del sistema solare interno, Marta con le lacrime che le segnavano il volto. Morea tirò un bugno contro la parete rocciosa, mentre Amy aveva il respiro affannoso a causa dell'impegno con cui cercava di trattenere le lacrime.

Non possiamo lasciarla qui...” mormorò la guerriera di Venere, immersa nell'incapacità di rassegnarsi all'idea che Rea era caduta con le rocce nella lava.

Marta non Rea non tornerà più” mormorò la Custode del Tempo, per quanto anche a lei facesse male pensarlo. Nonostante la focosità del carattere, la testardaggine e l'indomabilità del fuoco, la bruna era una bravissima ragazza che non meritava di fare una fine simile.

Nonostante nell'ultimo periodo era stata tutt'altro che cortese nei loro confronti e in quelli dei gemelli, si conoscevano ormai da più di cinque anni, ed anche se faceva squadra con le Inner, le era sempre stata simpatica. Se non altro per il fatto che Bunny era molto legata a lei.

Gli occhi viola di Umiko si riempirono anch'essi di lacrime salate mentre la ragazzina si mordeva il labbro. Una piccola goccia di sangue fece capolinea nel punto in cui i denti ferivano la carne. Il lieve dolore la spinse a non piangere, i pugni serrati con le unghie che lasciavano il segno sulla pelle candida.

Sentì la presenza di Heles dietro di se, si irrigidì appena per sembrare più forte di quello che era, cercando di ingannare la bionda.

Andrà tutto bene” la rassicurò la Guerriera di Urano. Anche se lei non ci credeva molto, e non sapeva nemmeno lei se quelle parole erano rivolte alla figlia scossa da quella seconda perdita. O se, al contrario, erano rivolte alla sua compagna, di cui non sentiva più la presenza ai lati della sua coscienza. Gli occhi blu cobalto freddi e distanti, senza che essi generassero un sorriso confortante.

Senza darle modo in realtà di capire come mai avevano così tanta difficoltà a riappacificarsi dopo la litigata portata dalla morte di Ottavia.

Non era mai successo che si tenessero il muso per così tanto tempo, forse perché in realtà non si erano mai trovate nella situazione di non avere un letto disponibile dopo una litigata. Un letto dove poter far pace e lasciare le lenzuola disordinate, circondate dai loro vestiti.

E forse quella mancanza faceva si che l'astio perdurasse più a lungo del necessario, o era solamente una questione di fottutissimo orgoglio da parte di entrambe?

Cazzate papà non andrà tutto bene, e tu lo sai benissimo!!” la voce squillante della portatrice del talismano risuonò nelle sue orecchie, un tono più alto del normale. Segno che era in preda a una crisi di nervi “Ogni volta che qualcuno si fa male, o peggio ci lascia la mia rabbia aumenta. Sailor Infinity è stata ben chiara su questa cosa, e io non sono sicura di essere pronta. Sento troppa rabbia ammontare dentro di me. Non andrà proprio un cazzo bene!!” continuò ancora prima di lasciarsi andare ad un pianto liberatorio.

Finché ci saremo noi con te non ti succederà nulla, non permetteremo che succeda qualcosa a te e a Kazeshi” mormorò la guerriera di Urano abbracciando la figlia. Non era mai stata brava a consolare, quello era un ambito operativo della violinista, con le smancerie non c'era mai andata d'accordo.

Lei era la dura della situazione, sempre e comunque.

Conviene muoverci...” sussurrò Amy passandosi una mano ad asciugarsi le lacrime “Rea non avrebbe voluto che noi perdessimo tempo” tirò su col naso “ E' inutile rimanere qui, Sidia ha ragione..mancano solo due pianeti. Bisogna fare in fretta”

Nel sentire le parole della guerriera di Mercurio, il gruppo sembrò ritrovare un po' di forza per non lasciarsi andare proprio quando erano così vicini al loro primo obbiettivo. Non potevano crollare emotivamente proprio ora, non con lo scontro finale sempre più vicino. In fin dei conti erano delle guerriere, e ciascuna di loro aveva già sfidato la morte più e più volte in passato. Una volta in più non avrebbe cambiato nulla, sarebbero sempre state li per lottare e salvare il pianeta. Perché quello era il loro destino fin dalla notte dei tempi.

La guerriera di Plutone disegnò un cerchio luminoso intorno ai suoi piedi, dalla circonferenza partirono delle lettere cirilliche che arrivarono fino al centro, prima di dar forma al portale che avevano attraversato ormai in tantissime occasioni anche passate.


***


Sistema solare.

Pianeta Terra.

Giappone.

Tokio.

Casa Tsukino.

Camera di Bunny.


Bunny si svegliò di scatto dal sonno in cui era caduta appena rientrata a casa. Dei brividi gelidi le percorrevano la spina dorsale, un sudore freddo le imperlava la fronte. Aveva un brutto presentimento. Doveva essere successo qualcosa alle ragazze.

Si stropicciò gli occhi mettendosi a sedere sul letto, i codini che la incorniciavano in una morbida corona dorata.

Dal piano di sotto della sua abitazione provenivano le risate di Marzio, Chibiusa, della sorella e delle Sailor Season.

Possibile che sia solo una mia sensazione? Eppure è così nitida.

Scese dal letto, ignorando il brivido di freddo che la percorse. Infilò le ciabatte rosa con i coniglietti bianchi, le sue preferite.

Il non avere notizie delle sue amiche la inquietava e non poco, non vedeva l'ora di abbracciarle nuovamente tutte, e di averle al sicuro a Tokyo, per quanto fosse stupida quell'idea. Visto che al loro rientro forse avrebbero dovuto affrontare una delle battaglie più impegnative della storia. E finché il nemico non fosse stato sconfitto, non poteva sapere chi sarebbe stata con lei in futuro.

Scosse leggermente la testa mentre si avviava nel corridoio, stringendo le spalle nella speranza di scaldarsi un poco.

Quando raggiunse il salotto Chibiusa si rotolava sul tappeto in preda a una risata convulsiva della cui causa era allo scuro.

Bunny” esclamò Sailor Cosmo, non appena scorse la figura della sorella sulla porta del salotto. I presenti si voltarono a guardarla.

Bunny tesoro ti senti bene? Sei così pallida” fu la reazione di Marzio, nel vedere il viso della ragazza, prima di alzarsi per andarle vicino.

Si amore tutto bene” lo rassicurò dolcemente lei “E' solo che ho un brutto presentimento, mi sono svegliata di scatto e sento freddo, improvvisamente freddo. Come se fossi stata davanti a un camino il cui fuoco si è spento all'improvviso” mormorò “Voi non avete avvertito nulla di simile?” chiese poi.

No Bunny io non ho avvertito nulla di simile” le rispose Akane, guardando con uno sguardo interrogativo le sue compagne di squadra.

Boh magari sarà solo una coincidenza, però... sono preoccupata per le ragazze... ci fosse solamente un modo per mettersi in contatto con loro” sospirò.

Vedrai che torneranno tutte intere, sono o non sono le guerriere Sailor?” la consolò Chibiusa sorridente. Nel futuro loro erano presenti al loro fianco, quindi quella battaglia non sarebbe andata male. Altrimenti le altre non ci sarebbero mai state in seguito. Ne era sicura.

La Principessa della Luna cercò di rassicurarsi, ma non si convinse del tutto.

Piuttosto sarebbero da fare alcune ricerche per cercare di individuare la base nemica, in modo tale da iniziarla a studiare per non farci cogliere impreparate quando dovremo attaccare i nostri nemici” propose Yumiko guardando la sua principessa in cerca di supporto.

Yumi ha ragione Bunny, dobbiamo cercare di individuare la base nemica” disse la gemella della bionda. “Anche se non sarà affatto facile”.

Quanto vorrei poter usare i dispositivi che ho sul mio amato pianeta. Pensò.

Non abbiamo proprio nessun indizio per individuarli?Non so un edificio da cui sono comparsi per fare i loro attacchi...” avanzò dubbiosa Kichi. Grattandosi il mento con un'espressione molto pensierosa.

No niente di niente, compaiono e scompaiono nel nulla, sembra che non usino nessun varco temporale ne niente, non avvertiamo nessun cambiamento nel magnetismo terrestre. E' come se la base fosse sulla terra, è come se fossero già qui a Tokyo” fu il pensiero di Misako.

Intanto che voi discutete io vado a fare della cioccolata calda, così ci rimettiamo in forze” propose Bunny dirigendosi verso la cucina, cercando di ignorare il malessere che le opprimeva il petto. Il freddo è il sudore non l'avevano abbandonata, anzi! Se possibile erano anche peggiorati, e lei non ne capiva perché.

Prese il pentolino da dentro l'armadio della cucina, poi le bustine di cioccolata e infine il latte. Non era mai stata una cima nel preparare pietanze, ma era sicura che quelle bustine sortivano un effetto miracoloso.

Versò la dose di latte nel pentolino e accese il fuoco sotto di esso mentre apriva tutte le bustine e afferrava il mestolo di legno per girare il tutto.

Fu un attimo, una miriade di stelline le apparsero davanti agli occhi mentre la luminosità della stanza calava vorticosamente.

Buio.


***


Sistema Solare.

Pianeta Venere.


Appena misero piede sul pianeta dell'amore, furono accolte tutte da una luce accecante, mentre il sole occupava buona parte del cielo visibile ai loro occhi. La temperatura era decisamente più calda degli altri pianeti, ma il terreno era ricoperto di una strana erbetta sui toni dell'arancione, in mezzo alla quale ogni tanto facevano capolino dei fiori blu intenso o viola, che contrastavano con il colore dominante.

Gli alberi avevano la corteccia nera, e le foglie che parevano fatte di oro puro, il vento che le accarezzava donava alle loro orecchie una debole e quasi rilassante melodia che riscaldava i loro cuori.

All'improvviso tutto sembrava molto meno doloroso, e anche la perdita delle loro compagne perdeva il motivo per cui stavano così male.

Marta il tuo pianeta è favoloso” mormorò Morea.

Ed era vero, forse Venere era il Pianeta che era stato meno distrutto dallo scontro con l'Esercito di Berillia, probabilmente perché troppo dopo la Terra e sopratutto troppo vicino al sole per delle creature che facevano del buio la loro essenza vitale.

Davanti a loro, alla distanza di circa duecento metri si ergeva in tutta la sua maestosità il palazzo dei regnanti del Regno.

Le mura in marmo bianco splendevano alla luce del sole, le guglie quasi orientali erano dorate e luccicanti, il tutto dava l'impressione di un antico sfarzo senza eguali che non aveva mai lasciato scampo alla povertà.

Nemmeno a distanza di novecento anni.

Marta era sicura che la guardiana del cristallo abitava nel castello, era sempre stata così. Vanitosa com'era non lo avrebbe mai lasciato, per quello il castello e il Regno erano custoditi così bene.

Ricordava ancora quando I regnanti di Venere chiedevano una riunione con il consiglio: la Custode era sempre presente, sprizzando vanità da tutti I pori, e ammaliando I rappresentanti del sesso maschile presente in sala.

In fondo si trattava di Venere, la dea dell'amore e della belezza, colei che aveva inspirato milioni di pittori, tra cui Botticelli.

Colei che si divertiva a provocare gli uomini, facendo finta che le interessasse qualcosa di loro, per poi lasciarli a bocca asciutta senza troppi rimpianti.

Hai idea di dove possa essere il custode?” chiese una voce dietro la guerriera del sistema solare interno.

Si sono sicura che si crogiola tra le bellezze del nostro castello, ha troppa sete di vezzi per allontanarsi troppo da esso” mormorò la bionda, continuando a fissare il palazzo davanti a loro.

Improvvisamente, dopo tanto tempo si sentiva a casa.

Ed era una sensazione semplicemente meravigliosa.

La Guerriera dell'amore si incamminò lungo la strada che le guidava verso il cancello in ferro battuto dorato che dava accesso alla lussuosa dimora.

Questo appena ella allungò la mano per aprirlo si fece da parte da solo, come animato da uno spirito capace di prevedere le azioni di un semplice umano.

Un cigolio fastidioso si dipinse nell'aria grazie al movimento.

La porta era in legno finamente intagliato con motivi floreali dalla massima precisione, la cura nei dettagli era minuziosa e non lasciava nulla al caso.

La cornice del portone invece era di marmo scolpito, il tutto dava la sensazione che fosse circondata da fini merletti. Bianchissimi e luccicanti.

Dopo che la porta si fu aperta, il gruppo entrò nel palazzo, nell'aria aleggiava un profumo di rose e incenso che inebriava i sensi di ciascuna di loro, portandoli alla deriva verso mete più felici e sogni proibiti.

Profumo che risvegliò in loro la memoria di quando erano le principesse di quei pianeti ormai abbandonati a loro stessi.

Quel profumo era impossibile da dimenticare.

La guerriera di Venere fece strada alle sue amiche lungo la scalinata principale in cima alla quale si ergeva orgoglioso un portale in cedro sopra, tra le decorazioni, lo stemma della famiglia reale. Un cuore con le ali avvolto da un edera verdissima, che contrastava moltissimo con il rosso purpureo del simbolo dell'amore.

La sala del trono è in cima alla scala, sono sicura che la troviamo li” mormorò, sperando di riuscire a incontrare qualche consigliere. Ne dubitava, in fondo erano passati troppi anni. Ma la speranza era pur sempre l'ultima a morire. Si lasciò sfuggire un sospiro prima di aprire la porta della sala del trono.

Al loro ingresso furono avvolte da una miriade di riflessi color dell'arcobaleno prodotti dai raggi solari che filtravano attraverso le vetrate colorate, il pavimento era di un marmo roseo e lucente. Le colonne ai lati invece erano dorate.

Marta si guardò intorno alla ricerca di Venere, ma sembrava che la dea non fosse presente, nessuna risata cristallina tradiva la sua presenza. Eppure ricordava che adorava stare da sola nella sala del trono quando i suoi genitori non avevano impegni amministrativi.

Le aveva fatto compagnia un sacco di volte novecento anni prima.

Che strano, sembra non esserci...” disse voltandosi verso le altre “Eppure sono sicura che ama stare in questa sala” concluse.

Tutto questo sfarzo è da vomito” constatò Heles, con un espressione disgustata. Avrebbe però scommesso ad occhi chiusi che a Milena tutti quei merletti unite all'oro e alla ricchezza piacevano molto. Dopo tutto era abituata agli ambienti aristocratici molto più di lei. Sidia guardò verso l'alto in un espressione esasperata per il commento dell'amica convinta che poteva essere risparmiato.

Non si tratta di sfarzo o non sfarzo, si tratta di trovare Venere il prima possibile” la voce della guerriera di Nettuno si elevò melodiosa da infondo al gruppo. Lasciando stupite le altre, dalla litigata non aveva più proferito parola. In quel momento era appoggiata con le spalle a una delle colonne. La sua espressione era al quanto gelida, gli occhi avevano il colore degli abissi agitati. Cupi e tempestosi.

Ragazze ero sicura che fosse qui, non so dove altro cercare; sono sicura che non può avere accesso alle altre ali del castello...” mormorò la bionda apprensiva.

Come fai a esserne estremamente sicura?” chiese curiosa Amy.

Perché Venere all'epoca della guerra contro Metalia era umana, era l'unica custode del cristallo a possedere questa forma. Mi ricordo che per salvare il regno si è sacrificata lei... e so che i miei genitori mi avevano detto che era da quel momento costretta a rimanere nei luoghi che più aveva amato in vita” spiegò l'altra “Per questo ho speranza di incontrare qualche vecchio abitante del castello, perché di fatto Venere è ancora abitata, solamente sono tutti addormentanti e non ho idea di come io possa svegliarli..”

Dici che è legata per sempre ai luoghi che aveva amato in vita giusto?” chiese Morea nuovamente.

Si esatto!” esclamò l'altra.

E se questa sala non fosse l'unico luogo che amava in vita? E se ce ne fosse qualcun altro che le permette di spostarsi e non essere rinchiusa qui in eterno a vegliare sul regno?” propose senza troppa convinzione Amy. L'istinto in qualche modo le aveva suggerito che era la considerazione giusta da fare, anche se non aveva ben chiaro in mente su quali basi scientifiche era basta quella sua stramba affermazione.

Il problema è dov'è questo luogo” la voce di Umiko si fece strada tra di loro, dovevano cercare di capirlo il prima possibile. Non avevano tempo da perdere, per il pianeta Terra poteva già essere troppo tardi. “Non hai idea su dove poter cercare qualche indizio Marta?” mormorò la ragazzina.

No non ho idea... potremmo andare a vedere in quella che era la sua camera tanto tempo fa, ma dubito che caveremo il ragno dal buco. Nonostante la sua estrosità era molto riservata sui suoi fatti personali.” Poche volte si era confidata con lei la Custode del Cristallo di Venere.


Principessa” una ragazza sui ventisette anni si inchinò in segno di rispetto al cospetto della diciottenne con cui era praticamente cresciuta insieme dai dieci anni in poi. I capelli mossi e dorati le incorniciavano la pelle color miele. Le labbra piegate in un leggero sorriso. Indossava un bellissimo vestito color crema, sul quale spiccavano delle rose color porpora. Nell'aria la fragranza di questi fiori che riempiva ogni stanza quando lei era presente.

Venere non serve tutto questo rispetto, lo sai che per me sei come una sorella maggiore, siamo praticamente cresciute insieme, considerati sollevata dall'inchino quando siamo tra noi. A me dell'etichetta non importa.” le rispose l'erede al trono di quel pianeta.

Erano nella stanza della futura Regnante di Venere. Un gatto dal pelo color beige sonnecchiava tranquillo tra le lenzuola di seta bianca, coperte in parte dal vestito azzurro indossato dalla Principessa, sul quale si riflettevano i raggi del sole dando luce alla miriade di piccoli cristalli che ne impreziosivano il corpetto. “Cosa mi devi dire? Mi avevi accennato qualcosa quando ci siamo incrociate ieri mentre facevo ritorno nelle mie stanze dopo cena”

Sai che sono dovuta andare su Mercurio con i tuoi genitori qualche giorno fa?” rispose lei, gli occhi ambrati che luccicavano.

Si come un sacco di altre volte, cosa c'è di nuovo?” mormorò l'amica, un po' delusa dal fatto che a quanto pare non vi era niente di nuovo di cui chiacchierare per lasciarsi andare ai pettegolezzi.


Tentare non nuoce no?” la voce di Morea la riportò nel suo presente, mentre una dose immensa di malinconia la pervase.

Si tentare non nuoce, ma sapete stare qui. In questa sala che è stata parte della mia dimora per anni e anni in passato..ha fatto si che io ricordassi qualcosina, io e Venere eravamo ottime amiche o quasi. E non so per quale motivo, tra tutte le cose che abbiamo condiviso, poco fa ho vissuto nella mia testa un momento ben preciso” la interruppe Marta. “ Non so per quale motivo, lei mi stava dicendo che qualche giorno prima era stata su Mercurio, ed era quasi euforica ed eccitata per questo motivo. Il che mi pare molto strano...perché in effetti capitava molto spesso che dovesse accompagnare i miei genitori su Mercurio” concluse.

Non sei riuscita a scoprire, o vedere nient'altro nei tuoi ricordi?” le chiese Amy “Nessun particolare per risalire a una data o a qualcosa di simile? Potrebbe essere utile per riuscire a capire dove potrebbe essere”

E se fosse per qualche motivo su Mercurio ora?” esclamò Milena guardando l'altra dai capelli blu.

Impossibile cosa ci sarebbe andata a fare su Mercurio? Eppoi che razza di luogo potrebbe amare li?” disse incredula Marta. Non era proprio il tipo Venere, lei amava il loro pianeta.

Ragazze tentar non nuoce direi che magari possiamo andare prima su Mercurio, se siamo fortunati prendiamo due piccioni con una fava. Se Venere invece non è li, torneremo qua dopo avere recuperato il Cristallo dell'Acqua” sentenziò Sidia. Cercando di non cedere alla debolezza che sentiva nascere per colpa della stanchezza e dell'energia prosciugata ogni qual volta apriva un varco spazio temporale. L'idea di aprirne uno in più nel caso che la sua idea fosse risultata errata non la entusiasmava, ma almeno avrebbero messo prima le mani su un altro cristallo.

Direi che Sailor Pluto ha ragione” l'appoggiò rapidamente la Guerriera dei Mari, fissando la bruna negli occhi.

Heles fissava la compagna alla ricerca di un contatto dei loro occhi che mancava da troppo tempo, l'idea della Custode del Tempo le sembrava azzardata e molto simile a un brancolare senza meta nel buio.

Sperava che le altre non le dessero retta. Ma sopratutto desiderava ritrovare il mare ai lati del suo essere, per lasciarsi cullare dal suo moto.

Per quanto tempo ancora avrebbe ignorato il vento che cercava di ritornare ad accarezzarlo?

Si direi che è un'ottima idea, magari Mercurio sa qualcosa a proposito e può aiutarci”esclamò allegra Amy, contenta di aver trovato una soluzione a quella situazione che ad un tratto era apparsa come irrisolvibile.



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