Smile, you're not alone.

di Stylesconverse
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** This is me... ***
Capitolo 2: *** Diamonds ***
Capitolo 3: *** That Day... ***
Capitolo 4: *** I'm Alone ***
Capitolo 5: *** Fall ***
Capitolo 6: *** Faith ***
Capitolo 7: *** far awey ***
Capitolo 8: *** His lips ***
Capitolo 9: *** Indecision ***
Capitolo 10: *** Error ***
Capitolo 11: *** Arms ***
Capitolo 12: *** Dark. ***
Capitolo 13: *** Cry. ***
Capitolo 14: *** chills. ***
Capitolo 15: *** Blue. ***
Capitolo 16: *** Fly. ***
Capitolo 17: *** I love you. ***
Capitolo 18: *** Lost ***



Capitolo 1
*** This is me... ***


Da piccola sognavo di avere una vita felice, la immaginavo come una bambina di 6 anni può farlo. Ma ora mi ritrovo qui, in una stanza che mi gela il cuore, le lacrime che macchiano il mio viso come il mascara che la mattina metto per coprire la stanchezza dei miei occhi, per non aver dormito ancora una volta. Le lacrime cadono tra le mie labbra, muoiono come vorrei fare io, lasciando quel sapore cosi salato, rendendo la mia vita, più salata e il mio mondo, più crudele. Nessuno ti aspetta, ho imparato a capirlo.Nessuno ti tende la mano più volte, nessuno è disposto a farlo, nessuno è come te o me, troppo ingordi della loro felicità, per accorgersi del dolore che provocano, in me.
Un giorno mia nonna mi disse: -nipotina mia, quando sarai triste, gira l’angolo, la felità è li.-
Scusami nonna se te lo dico, ma ho girato tante volte quell’angolo, e trovo solo più motivi per odiare questo mondo, ma soprattutto me stessa.
Non prendetemi per pazza, o depressa, è solo come io vedo il mondo, è solo come ho imparato a vivere, o almeno ho provato a fare, troppo dura e crudele per come se l’era immaginata una bambina di 6 anni, che la sera usciva fuori, si sedeva sul prato e fantasticava sul futuro, per poi sorridere, un sorriso innocente, inconsapevole di quello che sarebbe potuto accadergli qualche anno dopo. So che quella bambina è ancora viva, dentro di me, ma ormai debole come è, si trova in un angolo con i pugni chiusi, aspettando il suo turno di felicità.
Sono passati 11 anni ormai, da ora, vi racconterò la mia vita, la vita di una ragazza che non ne può più, ma che il giorno in cui decise di morire, il destino gli mandò il suo angelo custode.
Ogni mattina mi alzo con la matita colata sulle mie guance rosse, non per il freddo di Dicembre, che si fa sentire,ma è la rabbia oppressa in me. Mi alzo dal letto sperando di non sentire i miei litigare, almeno per una mattina, lo spero. Ho sonno, non ho chiuso occhio.. Infondo non è una novità per me. Passo davanti il mio specchio, odio la mia figura di riflessa, odio il mio stupido corpo, Odio quel dannato mascara colato. Comincio a strusciare la manica della felpa, sotto i miei occhi, da piano a veloce, cosi veloce, che la pelle diventa rossastra, la guancia è dolorante. Ma quel dolore, non è paragonabile allo schifo che provo nei miei confronti, sono sola a questo mondo. Sola e indifesa. Il getto d’acqua della doccia, cade sul mio corpo, inizialmente è fredda, e rabbrividisco, ma poi mi abituo. Sono davanti il mio armadio, e odio farlo, odio aprirlo. Cerco ogni mattina, di sembrare alla altezza delle persone li fuori, ma non sarò mai alla loro altezza, anche mettendoci tutto l’impegno che possiedo. Il mio corpo me lo impedisce, o almeno cosi penso. Delusa, abbasso il capo e prendo la prima cosa sotto mano. Mi guardo allo specchio, “per oggi andrò meglio” mi ripeto, ma mento solo. Non ci sono le urla dei miei oggi, sono a lavoro sicuramente.
Scendo le scale, ed ecco il solito post-it sul frigo di mia madre.
-Tornerò alle 4, la colazione è in frigo, insieme al pranzo.-
Lo prendo e lo strappo. Mi siedo, prendo un cornetto, e vado alla fermata del bus.
Mi chiamo Allison Smith, e qui, vi racconterò la mia storia.
 
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Questa è la mia prima storia quindi andateci piano hahah. spero vi piaccia e mi piacerebbe se lasciaste una recensione. Cercherò di aggiornare la storia molto velocemente quindi non perdetevi i capitoli hahahaha. BACI! ♥

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Capitolo 2
*** Diamonds ***


Salgo sul bus, le gente mi fissa, mi sento giudicata quando lo fanno. Prendo le cuffie dalla borsa e le metto,poco prima che devo scendere si libera un posto, infondo, e mi siedo. Mille voci girano nella mia testa,alzo il volume per coprirle, sono intrappolate nella mia testa, non escono. Dovrei essere io stessa ad avere il possesso di me, ma mi accorgo che sono debole sotto quelle voci prepotenti che si ammassano nella testa, creando cosi tanta..confusione. La prossima fermata è la mia, scendo, nascondo il viso gelido tra la sciarpa, dentro di me, una parte di me, lo sa che non lo faccio per il freddo. E’ solo un coprirsi per non essere guardata da tutti. Fa davvero freddo, mi stringo nelle spalle, torturando le mani sperando si riscaldino. Avete mai provato a vedere il mondo diversamente? Io si. Avete presente quei film in cui la protagonista vede ciò che la circonda andare avanti, ma piano, come se lei guardasse da un altro posto, come se i passanti non la notassero, perché lei,li, non c’era? Ecco, avvolte cosi me lo immagino il mondo, ponendomi una domanda, una sola. “Se io non fossi nata, questa sofferenza sarebbe cessata?” Chiudo gli occhi, ritorno a quella bambina di 6 anni,la realtà che mi circondava è ben diversa da ora. Per le persone era più facile sorridere e andare avanti,ora tutti si abbattono al primo ostacolo. Era tutto, si più semplice. Ho un segreto, non l’ho mai detto a nessuno. Resti tra noi. Ho piccole cicatrici sul corpo, e righe su i miei polsi. Si..ho usato un paio di forbici, nessuno se ne è mai accorto. Sono brava a nascondere quelle cicatrici che circondano i miei polsi, per metà. Il mio migliore amico Louis, lui lo ha scoperto,e quel giorno ricordo prese un pennarello nero indelebile e sopra le cicatrici mi scrisse “Smile, you’re not alone.” E piansi, si lo feci.Lui, almeno lui c'era’ e ci sarà sempre. E parlando di lui, eccolo. “Ciao cucciola” mi disse posandomi un bacio sulla guancia, riscaldandola. “Domani arrivano dei miei amici, frequenteranno questa scuola” mi disse, mentre io mi strinsi nel suo cappotto grande e caldo. “Voglio conoscerli” dissi accennando un sorriso. MI baciò la fronte e continuò “Quel coglione di tuo fratello?” io cominciai a ridere “Non so, preferisce sempre dormire di più” Louis era fatto cosi, sapeva illuminare la mia giornata, mi sapeva far sorridere anche se il momento prima stavo piangendo. Lui è la cosa a cui tengo di più, so che io avrò bisogno lui sarà li, che mi tende la mano, e per me, è lo stesso. Liam finalmente è arrivato, cosi entriamo in quel manicomio, chiamato scuola. Mi salutarono con un cenno di capo, e salirono un piano in più del mio. Matematica e chimica? Cosa può esserci di peggiore?... Non ho amiche, o per meglio dire non le ho vicine a me. Prendo posto, all’ultimo banco, vicino la finestra che aperta per una fessura faceva entrare qualche piccolo fiocco di neve. Sorrisi. La giornata passò abbastanza velocemente. E come ogni sera, mi rifugiavo nel letto di Liam, che mi calmava e rassicurava che quelle voci, le urla dei miei, sarebbero finite. La mattina dopo mi risveglio nel mio letto, deve avermi portata Liam. Mi alzo e la routine ricomincia. Ma quel giorno, quel 18 dicembre, le cose stavano per cambiare, totalmente. --------------------------------- continuo al più presto :)

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Capitolo 3
*** That Day... ***


Quel 18 dicembre, me lo sarei ricordato, quel 18 dicembre quel minimo di felicità che mi rimaneva si sarebbe dissolto tra le parole fredde e taglienti della gente, dei miei genitori. “Davvero vuoi finirla? Bene, quella è la porta.” Disse urlando mia madre. Corsi ancora scalza, rimasi sull’ultimo scalino, vidi mio padre prendere la giacca, girarsi verso le scale e accorgersi della mia presenza, si avvicinò, mi diede un bacio sulla fronte e uscì, senza dire niente. Mia madre in cucina, buttò un piatto atterra, per poi scoppiare a piangere. La guardai, con odio, profondo odio. Rimasi su quello scalino, per non so quanto tempo, con lo sguardo perso nel vuoto.Corsi in camera, buttandomi sul letto. Eccomi qui, consapevole del fatto che non posso sfuggire dall’ennesimo pianto. Sono sola. Vorrei un abbraccio, lo aspetto, ho paura a chiederlo, un no farebbe cosi male. So che quell’abbraccio non arriverà però. “Sono delle belle parole” mi direte. Già, forse lo sono, ma sono parole che macchiano un foglio, parole in nero scritte su un foglio bianco, vecchio, rovinato e stropicciato, come un cuore, il mio,Le ferite su di esso, causate da le taglienti parole delle persone. Ferite su ferite, le ferite si cureranno, ma le cicatrici serviranno a ricordarti. E per questo,la paura di restare male di nuovo, ti porta a chiuderti in te. Ad avere un confronto con le persone li fuori, fuori la mia stanza. Mi vesto e scendo, passo davanti mia madre. “Allison io..mi dispiace.” Dissi afferrandomi il braccio. “..devo andare.” Dissi, e lei lasciò la presa. Corsi in macchina, non avevo voglia di prendere il bus, quella mattina, sarei andata con Liam. Arrivati a scuola, trovai Louis, poggiato al cancello dell’entrata, che appena mi vide, sfoggiò uno dei suoi sorrisi, quello che mi avrebbe rallegrato la giornata, ma non oggi, no. “Buongiorno piccola” disse abbracciandomi. Sorrido, ma è finto, però sono brava a nasconderlo,in questi anni ho fatto pratica. Ho finto cosi tante volte un sorriso che non ricordo neanche l’ultima volta che l’ho fatto veramente. Perché mi sentivo di farlo. Sincero. “Vieni ti faccio conoscere i ragazzi.” “Scusami Louis…non me la sento ora.” Dissi, salutandolo e correndo verso l’armadietto. “Quando vorrà ti racconterà lei..” Disse Liam, dopo che Louis lo guardava. Anche all’uscita, lo salutai prima che lui potesse aprire bocca, non me e andava di parlare. Tornata a casa, c’era mia madre, sorridente, che posava il portafoglio nella borsa, pronta per uscire. “Andiamo, voglio passare del tempo con mia figlia.” “Ti ricordi solo ora di avere una figlia?” le dico fredda. “Non mi trattare in questo modo, non me lo merito.” “Perché io mi merito quello che mi hai, avete fatto? Siete solo degli ipocriti.” Dissi, buttando la borsa sul pavimento. “Piccola…” io la interruppi. “Non chiamarmi in quel modo..non lo sono mai stata, e non lo sarò ora.” Abbassò lo sguardo e io salì le scale,passandole accanto. Sentì il portone chiudersi, feci un respiro e continuai a salire le scale. Quella sera, il destino sarebbe venuto a bussare alla mia porta, o meglio, al ponte dei ricordi, come lo chiamavo io.

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Capitolo 4
*** I'm Alone ***


La mattina successiva, ero a pezzi, non avevo chiuso occhio, neanche per niente. Quando mi alzai, passai davanti lo specchio, ma questa volta diversamente dal solito, mi fermai a osservare quella che ero io, riflessa in quello specchio, mi sedetti a gambe incrociate davanti a lui. Perché sono arrivata fino a questo punto? Il viso stanco, ridotto come quello che può essere un volto di una donna, i polsi con cicatrici che sono il segno del mio dolore. Se i miei fossero stati più presenti, se invece di pensare a lavorare e litigare tutto il tempo, avessero osservato un po di più, se ne sarebbero accorti, ma guardatemi odio il mondo, odio me stessa, odio il mio stupido corpo. Ma sapete se ci penso veramente non ricordo perché ho cominciato ad odiarmi, e odiare le cose che mi circondano. Scuoto la testa per mandare via quei pensieri, e mi vesto, scendo le scale insieme a Liam, quel giorno non sarei andata a scuola, ero troppo..stanca. La tensione in cucina si poteva tagliare con un coltello. “Alloora…” disse Liam, rompendo il silenzio. “Come va in questi giorni?” disse mia madre. La guardai, oh davvero gli interessava? E poi faceva la finta tonta? Bah. “Perché ora ti interessa se stiamo bene o male?” dissi io, posando la forchetta sul tavolo. “Allison..” mi disse Liam. “Ti prego non avercela con me..” aggiunse mia madre, posando la sua mano sulla mia. “….io esco.” Dissi, posando bicchiere e piatto nel lavandino. Stavo camminando per la strada, quando una macchina grigia con i vetri oscurati si avvicinò a me, mi voltai, e il finestrino si abbassava sempre più, era mio padre. Aprì lo sportello e una volta entrata lo abbracciai stretto, come non mai. “mi manchi..” disse lui. “Anche a me..torna a casa.” Dissi io. “Allison..non tornerò a casa.” Disse, appoggiando le mani sul volante. “Perché? Ti prego papà..” dissi ancora. “Ally, piccola mia..mi trasferisco a Mullingar tra qualche settimana.” “Perché cosi lontano, perché mi vuoi lasciare?” dissi io, ormai sul punto di un nuovo pianto. “Ally io..non posso tornare con tua madre.” “Siete solo due egoisti, e basta.” Dissi urlando, e uscendo. Corsi il più lontano possibile, sapete forse ero io l’egoista della situazione, a volere qualcosa che ormai tra di loro era svanito, ma io..avevo bisogno di loro, insieme. Sapete Nessuno conosce la vera me. Nessuno sa quante volte mi sono seduta nella mia stanza e ho pianto, quante volte ho perso la speranza, quante volte sono stata delusa. Nessuno sa quante volte ho dovuto trattenere le lacrime, quante volte sono stata sul punto di scattare, ma non l’ho fatto per il bene degli altri. Nessuno sa i pensieri che sono passati nella mia mente quando ero triste, quanti orribili fossero. Nessuno mi conosce veramente. Nessuno è a conoscenza di quante volte ho preso in mano un coltello e lo premevo contro i miei polsi, nessuno è a conoscenza, sono brava a nasconderlo con del trucco, ormai sono anni, e le cicatrici neanche si vedono, restano quelle sul mio corpo. Quelle saranno macchie che mi ricorderanno il mio passato. Prima o poi so che io sarò felice, so che troverò la felicità girando quel maledetto angolo, so che mi addormenterò pensando, domani sarà un nuovo e bellissimo giorno.

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Capitolo 5
*** Fall ***


Mi fermo, li in mezzo alla strada, da cosa stavo scappando? Alzo lo sguardo, e in un pezzo di vetro, davanti a me, mi vedo riflessa, ecco la risposta. Stavo scappando da me stessa. Sapete lo so, posso sembrare egoista a volere un rapporto inesistente tra i miei, e si sono egoista a prendermela con loro, quando loro sono solo stanchi di soffrire, come me d’altronde. E ora, ho deciso una cosa. Io non trattengo nessuno, non perché non ci tenga, anzi. Ma lascierò a gli altri scegliere se rimanere o andarsene, se restarmi accanto o andarsene, Perché so che chi vuole restare, resterà senza che tu glie lo chieda. Sono ore che cammino per questa strada, è buio ormai, la mia pelle è fredda, rabbrividisce al tocco del vento che ancheggia su di me. La testa è cosi leggera, vorrei sdraiarmi sull’asfalto umido della strada e dormire, finalmente. Sapete basta, stop tutto quanto. Sofferenze. Tristezza. Cicatrici. Oggi basta. Sono cosi stanca di stare male, e andare avanti quando non riesco. Ho deciso, è la volta buona. Voglio morire, so già dove andare. Forse, da dove è iniziato tutto. Prendo il cellulare dalla tasca dei pantaloni, mandò un semplice e conciso messaggio a Louis. “Sono stanca di tutto, scusami..Addio.” inviato. Sono le due di notte, nessuno si sarebbe accorto della mia presenza, e poco dopo, della mia assenza. Corro verso il “ponte dei ricordi” mi ci portava sempre mio padre, mi prendeva in spalla, e correvamo fino al ponte, dove ammiravamo le lucciole che brillavano nel cielo, intorno a me, e sorridevo. Davvero, lo facevo perché mi sentivo la bambina più felice del mondo in quel momento. Mi sporsi ancora, le punte dei piedi erano nel vuoto, le mani scivolavano sulla neve bagnata. Forse lasciandomi morire le cose sarebbero andate meglio. Uno stop alle mie sofferenze. Lasciai una mano, sporsi un piede e girandomi di schiena, stavo per lasciarmi quando una voce prese la mia attenzione. “Non è la giornata ideale per morire.” Disse,prendendo la sigaretta dalla bocca e gettandola sotto il suo piede. “A te cosa interessa?” dissi io. “beh è una notte bellissima, io se avessi avuto scelta, penso avrei scelto una giornata piovosa..” “Ma cosa vuoi?” dissi io, può che arrabbiata. “ Nulla, io starò qui, se vuoi morire, lasciati andare” disse sedendosi a gambe incrociate davanti a me. “Non è un gioco questo..” “Non sto scherzando” disse lui, accendendo una nuova sigaretta. Innervosita, volevo prenderlo a schiaffi, cosi tornai sul ponte e mi diressi verso di lui, stavo per dargli uno schiaffo, quando lui sorrise. “Cosa hai da sorridere?” dissi io, nervosa. “Ti ho salvato, senza che tu te ne accorgessi.” Si lasciò andare sulla strada e cominciò a ridere. Ed era vero, la voglia di dargli uno schiaffo, mi aveva salvato, lo aveva fatto apposta, perché lo aveva fatto? Infondo neanche lo conosco, mi ha salvata. Un angelo dagli occhi color cioccolato.

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Capitolo 6
*** Faith ***


Qualcuno aveva deciso che non dovevo morire, qualcuno o qualcosa li su, mi voleva bene. “Sono su una giostra di emozioni, il mio cuore vola tra le parole.” Vorrei provare l’emozioni di quella frase almeno una volta, e forse, il destino si è messo di mezzo dandomi qualcuno con cui provarle. Lo guardo divertita, e mi stendo anche io sull’asfalto umido e freddo, ridendo come non ricordavo di avere mai fatto. “Perché volevi farlo..” disse diventando serio, e sedendosi. “…sai, neanche ce l’ho una ragione precisa.” “è una cosa stupida..intendo quella che stavi per fare” Lo guardo, in volto era davvero serio.. “Dentro di me, lo sapevo anche io.” Dissi abbassando lo sguardo. “Oh..piacere Zayn.” Disse passandosi una mano dietro la nuca, imbarazzato. Sorrisi. “Piacere Allison.” Il mio cellulare cominciò a suonare, e una parte di me sapeva già chi fosse. “Hai risposto, Dio, mi hai fatto spaventare con quel messaggio, ma cosa volevi fare? Farmi prendere un infarto, non provarci mai più capito? Mi sono spaventato a morte, dove sei stai bene…” “Louis, calmo sto bene.” “Sono sotto casa tua, tu dove cazzo stai?” si okay, era arrabbiato. Mi alzai e mentre correvo via, urlai “Ci rivedremo angelo occhi color cioccolato” e me ne andai, arrivata sotto casa c’era Louis, seduto su i gradini di casa. Impaurita dalla sua reazione mi avvicinai, lui alzò lo sguardo e dopo avermi osservato un po, mi corse incontro, aveva gli occhi lucidi, mi prese e mi abbracciò forte a lui. “Non farlo mai più ti prego, mi ha fatto male leggere quelle parole” Stavo piangendo, non lo avevo mai visto cosi, aveva sempre il sorriso sul volto, mai una lacrima, e ora vederlo in quello stato..mi faceva male, si. Lui era sempre stato quel debole sorriso sul mio volto, lui era sempre stato la mia forza, lui era sempre stato..la parte felice di me stessa. Sono stesa sul mio letto, lo sguardo rivolto sul soffitto bianco e freddo. Sono le tre passate e non riesco a dormire, non ci riesco per quanto voglio. Il pensiero di farla finita, continua a torturare ogni mio singolo pensiero, li sovrasta, quella dannata voce dentro la mia testa, me lo dice. “Dai, ancora vuoi soffrire? Ancora vuoi stare qui la mondo quando nessuno ti vuole?” odio quella voce, e odio il fatto che abbia cosi tanta ragione, e di più odio il fatto che lascio che lei prevalga su ogni mio ragionamento. Mi alzo nel bel mezzo della notte, scendo le scale, attenta a non fare rumore. Apro il frigo e prendo la bottiglia dell’acqua, un bicchiere, e sedendomi sul tavolino, come facevo da piccola, cominciai a bere, piano. “Non riesci a dormire è..” disse Liam. “No, non ci riesco, ma neanche tu.” Dissi, poggiando il bicchiere affianco a me. “Ho preso una decisione.” Disse. Anche lui, tutti volevano fare una decisione, e sapevo che quella che ci avrebbe rimesso sarei stata io.

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Capitolo 7
*** far awey ***


“Andrò via di casa..mi trasferisco da Louis.” Sputai per istinto l’acqua sul suo viso. “Stai scherzando?” “Non è sicura, è una opzione.” “Perfetto. Io vado a dormire” dissi amareggiata dalla situazione. Allungo la mano per fermarmi, ma la abbassò, insieme al capo. La mattina seguente, solita routine, una volta scesa dal bus, vedo Louis che mi sorride, faccio lo stesso, prima di corrergli incontro, e lui mi faceva volteggiare per poi stringermi a lui, come sempre. “Eccoli finalmente cosi potrai conoscerli” “Ma di chi parli” dissi, guardando il suo viso. “Loro..*li indica* quelli che dovevo farti conoscere, i miei amici.” Disse, mentre io mi voltai a osservare. “Lui è Harry e lui Zayn” lo osservai, era il ragazzo del ponte. “Piacere…” dissi sorridendo. Zayn stava facendo lo stesso. “Cosa avete da ridere voi due?” disse Louis, quasi irritato. “Nulla..” continuammo. “Ma vi conoscete?” “In un certo senso.” Aggiunse lui. Entrammo in classe e poco dopo con me entrò Zayn. “Lei è Zayn Malik, mi sbaglio?” chiese la professoressa guardando alcuni fogli che gli aveva consegnato Zayn. “Si..prendi posto, dove vuoi” aggiunse. Si avvicinò a me, sorridendo. Durante la spiegazione di matematica, lui si girò verso di me. Gli sorrisi, per poi rigirarmi, quando.. “Non dimenticherò mai quella notte.” Sorrise. Lo guardai con stupore, mentre lui riprese a seguire la lezione. Un’ombra di un sorriso comparve sul mio volto, lasciando trasparire quel poco di divertimento, che provavo molto probabilmente. Per il resto della lezione, tra me e Zayn c’erano sguardi di sfuggita, sguardi svelti, e sorrisi estesi come non mai. Ad un certo punto, la professoressa comincia a fare le coppie per il progetto di scienze. “Bene allora Smith starà con…” Metto la mano della scatola con i biglietti, lo prendo e estraggo un biglietto. “Zayn Malik.” Pronunciai leggendo. In quel momento suonò la campanella, la professoressa ci disse il giorno che dovevano consegnare il progetto e poi io uscì. Camminavo verso il mio armadietto quando mi sentì prendere da dietro, e stringermi a lui. “ Oggi a casa tua..?” chiese con un sorrisetto malizioso. “Per cosa..?” ero un blocco di nervosismo. “Il progetto..ci si vede, alle 4 a casa tua.” Disse sfiorando le mie labbra con il pollice e poi baciarmi la guancia. Il pomeriggio arrivò più velocemente di quanto mi aspettassi, sistemai le cose che occorrevano sul pavimento della mia camera, guardando le lancette dell’orologio che camminavano, aspettavo solo le 4 per vederlo, ma non capisco perché voglio vederlo tanto, perché vorrei essere ancora stretta tra le sue braccia.

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Capitolo 8
*** His lips ***


Il campanello cominciò a suonare, ancora e ancora. Scesi le scale con il cuore in gola, e torturando le mie mani, non capendo il motivo di tale reazione. “Grazie di essere venuta ad aprire..” disse mentre giocava con una ciocca dei miei capelli. Ero completamente immobile, in quel momento non ricordavo neanche si muovesse un muscolo, ero tesa. E ancora una volta non capivo il motivo. Innamorata? No..mai. Non posso essermi innamorata, ne faccio a meno da anni, faccio di tutto per fare in modo che i ragazzi si allontanino da me, odio l’essere vulnerabile davanti a loro, odio essere me stessa davanti loro, e pure guardatemi ora sta succedendo, ma non voglio che succeda, Perché se mi innamoro è la fine. Devo cominciare la tattica -Sono fredda, allontanati.- Saliamo su in camera, e io mi siedo a gambe incrociate sul pavimento, e lui sul letto. “Allora cominciamo..” dissi prendendo il libro di scienze e aprendolo. *Parla Zayn* La guardo, la osservo in ogni suo movimento, è stupenda. Non sto ascoltando quello che mi dice, l’unico argomento che mi interessa è lei. Quella notte, sul quel ponte, ricordo ancora il suo sguardo sul suo viso, che splendeva all’1:58, vedendo che si stava per spegnere, ricordo che quando i nostri sguardi si sono incontrati, era lei, il brivido che percorreva sulla mia pelle, ma lei non poteva vederlo. Spostavo gli occhi nel vuoto, quando ho incontrato il suo volto, rigato da lacrime cosi pesanti, che lasciavano solchi su quel viso cosi puro.Tutto quello che posso dire, che è stato incantevole incontrare lei, in quel posto cosi incantato. La nostra conversazione cominciò tra una risata e un volto piegato in basso, le sue osservazioni veloci, e il suo stare sulle sue solo,credo, per paura di stare male ancora. Non ne sono completamente certo, ma credo che quella notte, il mio cuore sia passato alle sue mani, per proteggerlo, mi sono innamorato, troppo presto per dirlo con certezza. *Parla Allison* Sono venti minuti che io parlo e lui non fa altro che fare si con la testa, non mi sta ascoltando. “Zayn hai capito quello che ho detto?” “…certo.” Disse lui. “Okay, allora adesso fai tu la prima parte, e io la seconda” “ma di cosa?” disse lui, cadendo dalle nuvole. “Ho parlato per 20minuti, e tu non mi hai ascoltata? Che rabbia.” Dissi io, buttando le mani sul libro chiuso. “Io mi sto impegnando..dovresti farlo anche tu.” Aggiunsi, con il volto basso. “ma mi stai ascoltando..?” chiesi. “………” “Ehi, ma ci sei?” chiesi, avvicinandomi. “……..” Ancora nessuna risposta, okay mi stavo innervosendo, seriamente. “Zayn rispondi, mi sto inne….” Non finì di parlare, perché venni interrotta, non da una sua parola, ma dalle sue labbra che si fiondarono sulle mie, come un bisogno, come una necessità. Per quanto sbagliato fosse, non riuscivo a tirarmi indietro, quel bisogno di essere sua, mi tratteneva li, tra le sue braccia.

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Capitolo 9
*** Indecision ***


Quella parte in me, sapeva che forse quel bacio era sbagliato, e la mi coscienza mi veniva contro. Mi staccai violentemente da lui, cercando di non incontrare il suo sguardo, che continuava a scrutare ogni mio movimento. “Meglio che vada…” disse afferrando il suo giacchetto, e uscendo. Una parte di me, lo sapeva che quella sarebbe stata la sua reazione,il suo andarsene da qualcosa di cosi felice, da fare male. Mi distesi sul letto, chiusi gli occhi addormentandomi. Mi svegliai che ormai era sera tarda, mi alzai dal letto ancora con la debolezza del sonno, scesi gradino per gradino fino ad attraversare il corridoio, sentì delle urla provenire dalla cucina. Feci una corsa, non entrai, ma ascoltai. “Queste sono le carte firma.” Disse mio padre. “molto volentieri.” Continuò mia madre. Una lacrima dopo lacrima scendeva lungo il mio viso, un singhiozzo dopo l’altro mi bloccava il respiro. Era finito realmente tutto. Le mie paure, si erano affacciate rovinando la mia felicità. Tutto finito. Tutto chiuso con una firma su uno stupido foglio. Corsi su in camera, buttando la faccia sul cuscino, affogando i pianti su di esso. Fanculo tutto. Attraversai la distanza tra la mia camera e il bagno, per lavarmi il viso. Rieccomi a fissare una persona allo specchio che fino a poco tempo fa neanche ero. Mi faccio schifo, ogni singola parte di me, la odio.Spostando lo sguardo poco più in là, vidi quella maledetta lametta. E si, la presi tra le mani. La strinsi cosi tanto da provocarmi dolore e la mano rossa. Con il volto coperto dalle lacrime, stringo la lametta tra le mani, e vado nella mia camera. Mi siedo sul letto, la impugno fino a poggiarla su i miei polsi, spinsi senza forza. Spinsi ancora ma con forza, una riga, del sangue comparvero sul mio polso. Una lacrima, del nero sul mio viso. Un altro taglio, e un altro ancora. Ogni volta che mi taglio sento un sollievo, si brucia ma non è niente confronto ha tutto il dolore che ho dentro, tagliarmi è un modo per sfogarmi, il peggiore forse, ma il migliore che io abbia trovato. Entrò Louis con un sorriso stampato sul volto, ma appena mi girai e notò il mio viso, il mio polso, il suo sorriso scomparve, corse verso di me, strappò un pezzo della sua maglia, per fasciarmi i polsi, passò il pollice sotto entrambi gli occhi, e mi abbracciò. “Sto bene.” Dissi. Mi guardò mentre stava, forse, per sorridermi. “Ma non oggi..” continuai. “Credevo avessi smesso..” continuò lui. “Lo sai bene, che dentro di te, mentivo.” Dissi io, passano una mano sul polso dolorante. “Speravo non ricominciassi..” continuò. “Oh Louis..non ho mai smesso.” “Ti prego, promettimi che non lo farai più.” Disse lui, mentre mi guardava con i suoi grandi occhi azzurri colmi di lacrime. Non posso promettere qualcosa che non manterrò, se non mi taglierò oggi, forse lo farò domani. Non posso promettere qualcosa di cui non ne posso fare a meno. Perché quel taglio mi uccide dentro, ma allo stesso tempo mi fa sentire libera, bene.

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Capitolo 10
*** Error ***


Il polso è ancora dolorante, ma non ci faccio più di tanto caso. Louis è davanti ancora a me, che aspetta che io dica “Promesso..” ma io non ci riesco. “Non posso..” dissi alzandomi dal letto. “…non posso promettere qualcosa che non manterò.” Aggiunsi io. Si avvicinò dietro le mie spalle, mi abbracciò dicendomi “Sei forte, credo in te.” Come potevano 5 parole farmi sorridere? Come potevano illuminare il mio cuore scuro. Mi girò non dandomi il tempo di accorgermi di niente, mi stava baciando. Mi staccai subito abbassando lo sguardo. “Non penso sia il momento..” disse lui. “Ho sbagliato scusa..” continuò. Uscì dalla porta, senza salutarmi o niente. Perfetto. Dissi tra me e me. Sapete cos’è l’amore? Amore. Tante volte ho provato a pensare cosa fosse veramente. Forse il motivo per cui quasi sempre non mi sono data un risposta è perchè in fondo non so cosa sia. A volte azzardo che per me l'amore sia come due piccoli micini che non si vedono per una giornata intera e che appena possono stare insieme non parlano, ma si coccolano. Credo che l'amore non si possa esprimere veramente in banali aggettivi, o in frasi fatte. Si può solo far capire il vero significato con i gesti più semplici. Con le piccole cose che creano questo sentimento di cui tutti parlano. Amore, neanche il dizionario può esprimere questo grande significato. Solo un volta provato, si può sapere cos'è.E credo che questo sentimento io non possa provarlo per Louis, lo conosco da quando sono piccola e riesco a vederlo solo come un fratello, un grande fratello che amo come una sorella può amare suo fratello. Tutto qui. Il giorno successivo. La giornata era piovosa, come suo solito d’altronde. Si vede che quei giorni il cielo aveva voglia di piangere, per non lasciare qualcuno farlo da solo. La solitudine è la peggior bestia, ma anche la migliore amica. Diciamo che io e lei andiamo molto spesso sotto braccio a farci una passeggiata, fino sotto le coperte. Ritornando a noi, quella mattina faceva anche freddo, le mie mani non le sentivo più, il fatto di reggere 4 libri, non mi aiutava. A metà strada, incontrai Louis, che appena mi vide salutò i suoi amici, credevo si dirigesse da me, ma cambiò totalmente strada. “Fanculo Louis.” Imprecai. Ripresi a camminare, fino davanti il cancello di scuola dove vidi Harry venire verso di me. “Ehi..” disse notando i libri tra le mie mani. “Vieni dammi a me, che ti aiuto” continuò sorridendomi. E quel sorriso, era cosi bello. “Grazie..” dissi io, restando sulle mie. “Sai piaci molto a Zayn.” Continuò lui. Il mio viso si piegò in una espressione di stupore e felicità, un viso che ne anche io so spiegare. Ma una cosa posso dirvi, il mio cuore batteva cosi forte, come se volesse uscire dal mio petto da un momento a l’altro. Mi stavo innamorando di lui, ma non dovevo.

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Capitolo 11
*** Arms ***


Lo so può sembrare un po contorta come cosa, ma ecco la paura di stare male, di nuovo, mi porta a chiudermi cosi tanto in me stessa, che opprimo ogni piccolo sentimento che comincio a provare, dentro di me, fino a soffocarlo. Creo un muro davanti a me, allontano tutto.
E’ più forte di me, una protezione.

“Personalmente sto cercando di convincermi che sia stata solo una cotta passeggera” dissi con gli occhi sui miei piedi.
“Perché lo stai facendo? Se, ecco si, ti piace fatti avanti.” Disse lui, molto probabilmente guardandomi.
“Lo faccio sempre Harry, sono fatta cosi.” Dico, facendo spallucce e mentre presi i libri, entrai in classe.
“ Ci si vede in giro..” disse baciandomi delicatamente la guancia.
Sorrisi. Entrando in classe notai subito l’assenza di Zayn. “Strano..” dissi tra me e me.

Vorrei tornare bambina. Un ginocchi sbucciato fa meno male, di tutto questo.
“Smith..” richiese la mia attenzione la professoressa.
Alzai il capo dal disegno o quello che poteva sembrare, ascoltando.
“Visto che tu e Malik state facendo il compito di scienze insieme, e oggi manca, saresti cosi gentile da portagli questi fogli tu?” chiese con gentilezza.
“Certo professoressa..” dissi io, posando la matita e andando verso di lei, prendendo quei fogli.

Nel pomeriggio.

Mi guardo allo specchio, arrabbiata e delusa. Al diavolo i miei capelli, che non vogliono saperne di stare a posto, e al diavolo anche Zayn. Dovrei studiare per domani, invece sono qui che mi preparo per andare a casa Malik, ma i miei capelli di stare bene non ne vogliono proprio sapere niente, inutile domare questa chioma ribelle. Mi accontenterò di una coda, sperando di essere almeno presentabile. Esco di casa, prendendo il primo bus che passò, sperando portasse davanti casa di Zayn. Dopo alcune fermate, in cui non speravo più di arrivare, finalmente scendo a qualche isolato prima. Mi incammino fino ad arrivare davanti casa sua, suonai il campanello e una donna, molto bella direi mi apre sorridendomi.
“Sono una comp…” 
“So chi sei, zayn ci parla spesso di te..” disse ancora lei sorridendomi.
Devo dedurre che sia la madre quella donna. Salgo su nella camera di Zayn busso a lungo alla porta, alla fine apro di colpo la porta e cosa vedo?! Lui che ancora dorme.
Lo presi per il piede buttandolo atterra e sbatté la testa sul pavimento.
“Eh..cosa succede?” domandò stordito dalla botta e dal sonno.
Poi si alzò camminando verso di me, massaggiandosi la testa dolorante, mi strinse i fianchi tra le sue braccia, ma io mi distaccai dalla presa e da lui.
“La professoressa mi ha dato dei fogli da darti ..tieni.” dissi allungando la mano verso di lui.
“oh..Grazie.” disse per poi poggiare i fogli sulla scrivania.
“Torniamo a noi.”
“Non c’è un noi..” continuai io a braccia strette.
Si avvicinò pericolosamente al mio viso, sapevo cosa stava per succedere e vi giuro lo volevo con tutta me stessa, ritoccare le sue labbra, assaporarle ancora.
Mi strinse ancora una volta i fianchi, per poi fiondarsi sulle mie labbra. Ancora una volta mi lasciai andare li tra le sue braccia, li in quel momento, c’eravamo io e lui, le nostre labbra e basta.

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Capitolo 12
*** Dark. ***


Per quanto difficile mi è ammettere che ormai sono pazzamente, incondizionatamente innamorata di lui, a questo punto è stupido continuarlo a negare a me stessa.
Butto le mani al suo collo, lo stringo ancora a me, non voglio che quel bacio finisca, e non succede.
Siano passati attimi, secondi, minuti non importa il tempo è come bloccato dal nostro bacio come se dipendesse tutto da noi. Sciocco? Forse.
Non mi sono mai innamorata di qualcuno in questo modo, nel modo in cui non vedo l’ora di vederlo, nel modo che voglio che mi stringa e mi faccia sentire sua, nel modo in cui quando manca, sento un tale vuoto dentro. In modo che è inutile non dire che lo sto amando come nessun altro a mai fatto.

Ci stacchiamo e sento il rumore delle lancette, un sorriso spontaneo e vero sul mio viso, siamo ancora li stretti come prima.
“Sei bellissima quando sorridi..” disse lui, accarezzandomi il viso.
“Non me l’hai mai detto nessuno a parte…Louis.” Dissi io sincera.
“Ah…” una nota di dispiacere in quella voce, un battito spento del suo cuore.
“Grazie…” dissi baciandogli la guancia.
“Ora è meglio che vada..” aggiunsi io, staccandomi.
Me ne stavo andando, ma lui mi prese per un braccio.
“Ti prego resta.”
Mi voleva, mi voleva con lui in quel momento, tutta la sera. Ero incerta ma poi feci la cosa giusta, quella che sentivo di fare.
“Resterò.” Dissi sorridendo, sincera.
Silenzio e buio regnavano in quella camera. Eravamo distesi sul letto, viso a viso.Mi accarezzò la guancia più volte, e io stringevo la sua mano. Parlammo a lungo, fino a quando non ci addormentammo tutti e due.

Due settimane dopo.

La mia amicizia/relazione, non saprei come definirla al momento, andava bene, ero felice, come non lo ero da tanto. Lui mi faceva stare bene. Con Louis non ho ancora chiarito, ogni volta che voglio farlo, lui se ne và. Ma questa volta, questa mattina sono decisa a parlagli a tutti i costi, anche di inseguirlo per strada o fino a sopra un albero, non mi importa.
Lo vedo e io sono pronta. Lo chiamo, si gira e come suo solito saluta i suoi amici e se ne va. Ma stavolta io lo seguo, lo chiamo ma lui non mi sente forse per il rumore delle macchine che passavano in strada, il semaforo diventa rosso, e attraversa a passo veloce, controllo il semaforo è ancora rosso, attraverso ma succede qualcosa di diverso. Una macchina nera passa con il rosso e mi prende. Cado atterra, alcuni sportelli delle macchine ferme sento che si aprono, c’è la voce di Louis che mi chiama mentre, credo, stia venendo verso di me. Un leggero sorriso sulla mia bocca. La testa era cosi pesante, avevo cosi sonno, volevo chiudere i miei occhi, mi dicevano di non farlo, dovevo rimanere sveglia, ma non ci riuscì. Persi i sensi.

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Capitolo 13
*** Cry. ***


L’asfalto freddo a contatto con la mia schiena, il mio corpo ricoperto dalla neve che delicata come non mai, scendeva lasciando piccole macchie di acqua sul cappotto, avevo freddo, tanto. Il mio corpo ne risentiva ma poco dopo mi sentì sollevare da li, per passare a qualcosa di morbido e caldo, una coperta mi riscaldava, sento qualcosa avvicinarsi al mio viso, la bombola dell’ossigeno. Sembrava che il tempo non passasse più dentro quel furgoncino ma devo dire che erano passati solo 20 minuti. Qualcuno mi teneva la mano, lacrime che scendevano su di essa, a bagnarla. Lacrime cosi salate da bruciare la pelle, il dolore di Louis in quel momento non si può misurare a parole. Con la poca forza che ho ancora, gli stringo la mano, serve a calmarlo quel poco. Sento voci di dottori accavallarsi in cosi fretta, che non mi sono chiare le parole pronunciate. Una luce fortissima mi attraversa la palpebra chiusa, accecandomi. Si attenua il dolore alle gambe, ma non le sento. Provo a muoverle, ma non ci riesco. Poco dopo non capisco più nulla.

Dopo un’oretta.

(Parla Louis.)
Stringo la testa tra le mani, la tiro indietro, stressato dalla situazione. Un’ora o poco più, lei è ancora dentro. Dio.Sento qualcuno correre, è Liam insieme a Zayn, cosa diamine ci fa qui Zayn? Mi domando a lungo prima di ritrovarmelo a due passi da me, con aria persa, e sapete forse la risposta l’ho trovata.
“Lei dove sta?” chiede Liam, preoccupato è dire poco.
“è dentro, la stanno ancora operando.” Dissi, poggiando la testa sul muro esausto.
“Ma come è successo?” chiese Zayn.
“Ha attraversato la strada di corsa, e una macchina passando con il rosso, l’ha investita.” Dissi.
“Aspetta…perché correva in mezzo alla strada? Allison è sempre stata molto prudente.” Disse Liam interrogativo(?).
“Stava correndo dietro di me.” Dissi abbassando il capo.
“E’ colpa tua se si trova li? È colpa tua se rischia di morire?!!” disse Zayn prendendomi per il collo della camicia, per poi sbattermi al muro.
“Non doveva accadere, me ne prendo la colpa.” Dissi ancora.
Zayn mi diede un pugno in pieno viso, e ormai era chiara la risposta alla domanda di prima, era li perché era innamorato di Allison, e molto probabilmente questo sentimento era ricambiato.
“Zayn basta.” Disse Liam.
“No, lascia. Me lo merito.” Dissi io.

Ma in quel momento arrivò il medico, e Zayn ci mise poco a lasciarmi andare per avere notizie.
“Allora l’intervento è riuscito, ma abbiamo riscontrato un problema che purtroppo non è operabile.” Disse il medico guardando la cartella nella sua mano.
“Si spieghi.” Disse Liam.
“E’ un suo familiare?” chiese.
“Si…” continuò Liam.
“Bene..il problema è alla colonna vertebrale, mi dispiace ma molto probabilmente non potrà tornare a camminare.”
Non poteva andare a finire cosi, lei doveva camminare ancora. Lei aveva tutta la vita davanti, e non la deve passare su una sedia a rotelle, no.

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Capitolo 14
*** chills. ***


L’asfalto freddo a contatto con la mia schiena, il mio corpo ricoperto dalla neve che delicata come non mai, scendeva lasciando piccole macchie di acqua sul cappotto, avevo freddo, tanto. Il mio corpo ne risentiva ma poco dopo mi sentì sollevare da li, per passare a qualcosa di morbido e caldo, una coperta mi riscaldava, sento qualcosa avvicinarsi al mio viso, la bombola dell’ossigeno. Sembrava che il tempo non passasse più dentro quel furgoncino ma devo dire che erano passati solo 20 minuti. Qualcuno mi teneva la mano, lacrime che scendevano su di essa, a bagnarla. Lacrime cosi salate da bruciare la pelle, il dolore di Louis in quel momento non si può misurare a parole. Con la poca forza che ho ancora, gli stringo la mano, serve a calmarlo quel poco. Sento voci di dottori accavallarsi in cosi fretta, che non mi sono chiare le parole pronunciate. Una luce fortissima mi attraversa la palpebra chiusa, accecandomi. Si attenua il dolore alle gambe, ma non le sento. Provo a muoverle, ma non ci riesco. Poco dopo non capisco più nulla.

Dopo un’oretta.

(Parla Louis.)
Stringo la testa tra le mani, la tiro indietro, stressato dalla situazione. Un’ora o poco più, lei è ancora dentro. Dio.Sento qualcuno correre, è Liam insieme a Zayn, cosa diamine ci fa qui Zayn? Mi domando a lungo prima di ritrovarmelo a due passi da me, con aria persa, e sapete forse la risposta l’ho trovata.
“Lei dove sta?” chiede Liam, preoccupato è dire poco.
“è dentro, la stanno ancora operando.” Dissi, poggiando la testa sul muro esausto.
“Ma come è successo?” chiese Zayn.
“Ha attraversato la strada di corsa, e una macchina passando con il rosso, l’ha investita.” Dissi.
“Aspetta…perché correva in mezzo alla strada? Allison è sempre stata molto prudente.” Disse Liam interrogativo(?).
“Stava correndo dietro di me.” Dissi abbassando il capo.
“E’ colpa tua se si trova li? È colpa tua se rischia di morire?!!” disse Zayn prendendomi per il collo della camicia, per poi sbattermi al muro.
“Non doveva accadere, me ne prendo la colpa.” Dissi ancora.
Zayn mi diede un pugno in pieno viso, e ormai era chiara la risposta alla domanda di prima, era li perché era innamorato di Allison, e molto probabilmente questo sentimento era ricambiato.
“Zayn basta.” Disse Liam.
“No, lascia. Me lo merito.” Dissi io.

Ma in quel momento arrivò il medico, e Zayn ci mise poco a lasciarmi andare per avere notizie.
“Allora l’intervento è riuscito, ma abbiamo riscontrato un problema che purtroppo non è operabile.” Disse il medico guardando la cartella nella sua mano.
“Si spieghi.” Disse Liam.
“E’ un suo familiare?” chiese.
“Si…” continuò Liam.
“Bene..il problema è alla colonna vertebrale, mi dispiace ma molto probabilmente non potrà tornare a camminare.”
Non poteva andare a finire cosi, lei doveva camminare ancora. Lei aveva tutta la vita davanti, e non la deve passare su una sedia a rotelle, no.

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Capitolo 15
*** Blue. ***


I giorni scorrevano veloci tra freddo e lacrime.
Liam era al telefono era alterato, mi chiedo con chi sta parlando..ma arrivò subito la risposta, perché Liam fece il suo nome, molto probabilmente gli aveva attaccato ancora una volta.
L’orario delle visite anche oggi è finito, e non mi rimane che stare sdraiata in questo letto a pensare, non so neanche bene a cosa.
Una debole, fiocca luce entrava dalla porta semichiusa, qualcosa però la copri, la figura di qualcuno si avvicinava al mio letto, accese la luce chiudendo la porta, mi dava le spalle, ma lo riconobbi.
“Ciao piccola..” disse lui.
“non voglio vederti Louis.” Dissi girando il capo dall’altra parte del letto.
“Ti prego ascoltami, poi mi dirai tu se rimanere o no.”
“Non pensavo che sarebbe stato cosi facile dirti ciao, non pensavo che tutte le cose che abbiamo passato sarebbero andate perse, per una testa di cazzo che sono.” Disse.
Io lo ascoltavo, ma non lo guardavo.
“Mi manchi, davvero.” Continuò.
“Se ti mancassi veramente mi saresti venuto a trovare in queste tre fottutissime settimane. Ma non ti importa niente, molto probabilmente.” Dissi sincera guardandolo.
“Sono qui ora.” Replicò lui.
“Io volevo ci fossi anche prima..” dissi non rivolgendogli sguardo.
“Allison avevo paura.” Disse.
“..Di cosa?” 
“Di averti persa..che tu mi odiassi per quello che ti ho fatto.”
Lo guardai era sincero, aveva gli occhi lucidi, lo strinsi al mio petto.
“Non mi hai persa, e non mi hai fatto niente” dico e un’ombra di un sorriso aleggia sulla mia bocca.
Si alzò in piedi, credevo se ne andasse ma no.


Si alzò dallo sgabello, e tenendomi ancora la mano si avvicinò al mio viso, poggiando le sue labbra sulle mie. Mi sentì strana, come se aspettassi quel momento da tanto tempo. Forse in fondo, bastava me ne accorgessi, che provavo qualcosa per lui. Appoggiò la testa sul lenzuolo e cominciò a piangere, mi avvicinai, gli accarezzai dolcemente la testa e poi gli diedi un dolce bacio sulla testa. Ma non potevo provare tale sentimento. “Opprimilo” diceva la mia vocina che veniva a torturarmi i pensieri, fastidiosa.
Dovevo capire di chi, veramente, ero innamorata.
“Aiutami..”
“A fare cosa?” disse lui.
Spostai il lenzuolo da sopra le mie gambe, spostandole fuori il letto.
“No Allison, non puoi..”
“Camminare..lo so, è solo una prova.” Dissi guardandolo.
Poggiai le mani bene strette al cassettone affianco al mio letto, poggiai i piedi atterra, barcollanti.
Provai a fare qualche passo verso Louis ma finì accasciata sul pavimento.
Nella collisione con il pavimento, sbattei la testa, perdendo i sensi.
Louis mi prese in braccio rimettendomi al letto. Ero cosi debole.

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Capitolo 16
*** Fly. ***


Quel giorno, questo giorno mi avrebbe cambiato la vita. L’avrebbe sconvolta, mi avrebbe portata in un posto cosi lontano da casa mia, che a fatica riesco ancora a crederci.
Ero distesa con lo sguardo fuori dalla finestra, come ogni giornata che passavo li, d’altronde.
Entra mio padre torturandosi le mani, gli sorrido debolmente e lo seguo con lo sguardo fino a quando non si siede accanto a me, mi prende la mano e la stringe tra la sua.
“Piccola come stai?”
“Meglio..” sorrisi ancora.
“Il dottore ha detto che tra qualche ora potrai uscire.”
“Non ce la faccio più a stare su questo letto, ma ora non so come affronterò la questione li fuori.” dissi io guardando le mie gambe.
“Piccola Ally, ascoltami..”
Quando mi chiamava Ally o piccola c’era qualcosa che doveva dirmi. E la sua espressione mi dava la certezza di questo.
“Ho parlato con tua madre, dove andrò ad abitare io a Mullingar, ci sono dei centri specializzati per aiutarti a camminare, e cosi abbiamo deciso…”
Si ferma, come se avesse un groppo in gola dalla paura.
“Verrai ad abitare a Mullingar con me Allison.” Disse tutto di un colpo.
“Non potete farmi questo, è la mia vita.” Dissi.
“Lo facciamo per il tuo bene.” Aggiunse lui.
“Il mio bene è stare qui con la mia famiglia, quella che voi ostinati avete rovinato, il mio bene sono i miei amici, il mio bene è il ragazzo di cui mi sono innamorata.” Conclusi.
“Ma a voi sta a cuore solo che vi fa comodo a voi..” aggiunsi.
Si alzò e se ne andò, prima di chiudere la porta mi guardò ma abbassò il capo e uscì. Il mio bene, non glie ne mai fregato nulla. Penso tra me e me.

Qualche ora dopo.

Sono uscita da quel manicomio di pazzi, e sono pronta ad entrare nell’altro. Lasciare l’ospedale con una sedia a rotelle, demoralizza e non poco.
Mio padre mi prese in braccio, mettendomi in macchina, non apprezzi il fatto che cammini fino a quando lo perdi, di questo ne sono certa. Girai lo sguardo e vidi due valigie affianco a me, ormai avevano deciso e da quanto vedevo non importava loro se io ero d’accordo o no. Pensavo che almeno avrei salutato i miei amici, ma non fu cosi. Volevo solo scappare ma qualcosa me lo impediva, ah si. Camminare.

All’aeroporto.

Aspettai il nostro volo, con il capo abbassato tutto il tempo, mio padre si ostinata a cercarmi di parlare, forse non aveva capito che non gli avrei parlato per un bel po. Sentì qualcuno correre, era Liam e Louis..ma Zayn non c’era.
Li salutai, chiesi di Zayn ma non sapevano niente del perché non fosse venuto, delusione su delusione. Salì su l’aereo, mentre partiva guardando dalla finestrella lo vidi era li, allungai la mano al vetro, e il mio viso si bagnò lacrima dopo lacrima.

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Capitolo 17
*** I love you. ***


Il vetro era leggermente appannato cosi cominciai a scrivere sotto l’occhio vigile di mio padre che non capiva cosa stavo facendo.
I love you.” Scrissi e mormorai.

Zayn lo lesse e la sua risposta? Quella che mi fece comparire un sorriso enorme in viso.
“Anche io.” Mimò con la bocca, lo stava urlando forse ma non potevo sentirlo. Cominciò a diventare piccolo, ancora di più, l’aereo era decollato.
-Addio- dissi tra me e me, ormai arresa alla realtà di non poterlo più vedere.
Mio padre capì, o almeno lo spero, tanto che mi strinse in un abbraccio di apprensione, in quel momento desideravo solo abbracciare Zayn, niente più, niente meno.

3 ore dopo.

Mancavano ancora 2 ore di viaggio ed ero veramente stanca, cosi spensi il mio Ipod, chiusi gli occhi e mi addormentai. Sentivo scuotermi la spalla, mi svegliai di soprassalto, eravamo arrivati.
Con l’aiuto di mio padre e un altro uomo, scesi dall’uccello volante, come lo chiamavo da piccola.

Passammo in un lunga strada pieno di ville lussuose, la mia famiglia non ha mai avuto un situazione tale da permettersi casa del genere, quindi non credevo che una di quelle era proprio la nostra, ma quella non fu l’unica novità della giornata. Imboccò in un vialetto, era enorme il giardino, come d’altronde la casa.

Mio padre non mi portò con la sedia a rotelle, essendoci una dozzina di scalini, cosi mi prese in braccio, fino alla porta, ad aprirci fu una donna molto bella, mora, due grandi occhi verdi, e un sorriso davvero da togliere il fiato quasi, ma non ci badai più di tanto.

Mi fece sedere sul divano, e prese posto davanti a me, insieme a quella donna.
“Non credevo potessimo permetterci tutto questo e anche una donna delle pulizie.” Dissi guardando in fine lei.
La guardò. “ Ally, lei non è la donna delle pulizie.”
“E allora chi sei tu?” dissi rivolgendo lo sguardo su di lei ancora.

“Allison, piccola..lei si chiama Elena, la mia nuova compagna.” Disse stringendole la mano, per poi baciarla, davanti a me.
Ero disgustata dalla situazione.
“Come nuova compagna? Mi fai schifo.” Dissi, per poi avvicinarmi la sedia a rotelle, salirci e chiudermi in quella che poteva, forse, essere la mia camera.
Neanche un mese che si sono lasciati e lui ha una nuova compagna, non ho parole.

Mi misi davanti la finestra, osservando il panorama mozzafiato che c’era, era davvero bellissimo e per un momento, un solo momento, non stavo più pensando a nulla.

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Capitolo 18
*** Lost ***



Qualcuno bussò alla porta, speravo non fosse quella donna, ma purtroppo era lei.
“Posso parlarti…”
Nessuna risposta da parte mia, e se aspettava ad averla, beh se ne poteva anche andare.
“Ti prego Allison..”
“Puoi anche andartene, io e te abbiamo chiuso prima di iniziare. Ciao.” E me ne andai passandogli accanto.
“Lasciami spiegare..” disse poggiandomi una mano sulla spalla. 
Guardavo fisso davanti a me, una parte di me stava per fermarsi ad ascoltare, ma quando vidi mio padre guardare lei, la rabbia saliva, cresceva dentro me, cosi me ne andai.
Dietro la casa, c’era una specie di laghetto, con un ponte. Arrivai fino l’inizio del ponte, per poi mettere un piede sulle tavole fredde di quel vecchio ponte, che era in contrasto con tutto il resto cosi nuovo, cosi troppo perfetto. Le gambe cedettero, e io caddi come da mie aspettative. Mi sdraiai poggiando la schiena su quelle fredde tavole vecchie e scolorite. Il cielo scuro, in tutte le sue sfumature grigie. Le nuvole bianche quasi rincorse da quelle nere, facendo quasi un gioco, semplice nascondino. Il cielo si aprì facendo uscire i colori pazzi dell’arcobaleno che lo tingeva di colori pastello.
“Perché sei distesa li?..” chiese una voce dolce e delicata.
“Volevo guardare il cielo meglio.” Dissi ironica ma con tono duro.
Non facevo caso a lui, si era un ragazzo. Si distese affianco a me, e insieme osservavamo il cielo.
“Non vedo nulla..” disse lui, guardandomi.
Mi girai verso di lui, incontrando quei grandi occhi azzurri, meravigliosi. Gli sorrisi.
“Chiudi gli occhi e poi riaprili.”
“Ma non ha..”
“Fallo” gli dissi dolcemente.
Alzai il dito verso il cielo, e cominciai a dirgli le forme più strane.
“Guarda dei bambini che si rincorrono, uno ci sta sorridendo, guarda quel prato..”
“Continuo a..Li vedo, hai ragione.”
Un pensiero riaffiorò nella mia mente, lo facevo sempre quando ero piccola con mio padre, lui mi diceva le forme e io non vedevo nulla, a volte pensai che lui mi prendeva in giro, ma poi bastava solo che osservavo meglio, ed era tutto davanti i miei piccoli occhi, gli occhi di una bambina con tanti, troppi sogni.

DUE ORE DOPO.

Eravamo ancora li, parlammo per davvero tanto, e solo dopo ci accorgemmo che io non sapevo chi fosse lui, e neanche lui sapeva chi fossi io.
“Abbiamo parlato cosi tanto, ma non so ancora il tuo nome..” disse lui.
“Mi chiamo Allison.” Dissi con tono dolce e rilassato.
“Io Niall, il figlio della compagna di tuo padre.” Disse quasi preoccupato.
Ero senza parole, ma se ci penso non so neanche il perché, non risposi più nulla.

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