Rebekka

di dragon_queen
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Begin ***
Capitolo 2: *** Appeared in a light blue... ***
Capitolo 3: *** The convening ***
Capitolo 4: *** Glimpses of memory ***
Capitolo 5: *** Checkmate the king ***
Capitolo 6: *** You will be defeated... ***
Capitolo 7: *** You have to choose me... ***
Capitolo 8: *** The solitude of a cold-hearted ***
Capitolo 9: *** The end of a dream of conquest ***
Capitolo 10: *** The judgment ***
Capitolo 11: *** Hard to digest ***
Capitolo 12: *** Cohabitation ***
Capitolo 13: *** In his hand ***
Capitolo 14: *** Will be mine ***
Capitolo 15: *** Dreams and nightmares ***
Capitolo 16: *** Strange meetings and appearances ***
Capitolo 17: *** So many word ***
Capitolo 18: *** A long-awaited celebration ***
Capitolo 19: *** Love means to protect what's important to you ***
Capitolo 20: *** I've missed you ***
Capitolo 21: *** Finally mine ***
Capitolo 22: *** An old master ***
Capitolo 23: *** It's all my fault ***
Capitolo 24: *** The task that was entrusted... ***
Capitolo 25: *** Only a mounth ***
Capitolo 26: *** Metamorphosis ***
Capitolo 27: *** I am... ***
Capitolo 28: *** Come back to me ***
Capitolo 29: *** Now you're dead ***
Capitolo 30: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Begin ***











Non ricordo come arrivai su questo pianeta, terra ostile e vuota, nera come le notti che a volte ingoiavano il mio bel mondo. Già, la mia casa.

Sapevo di averne avuto una, a tratti riuscivo quasi a vedere i volti di coloro che negli anni mi avevano voluto bene, ma per qualche ragione non riuscivo a capire il perchè del mio esilio. Non ricordavo di aver fatto nulla per meritarmi quella condanna, ma, probabilmente, me lo avevano semplicemente cancellato dalla memoria.

Mi alzai dolorante, guardandomi intorno: l'impatto con il suolo aveva formato un cratere profondo un paio di metri. La terra attorno a me ancora fumava, mentre tentavo di ritrovare equilibrio sulle gambe doloranti. Solo allora notai di indossare solo dei logori stracci, resti degli abiti che nel passaggio si erano consumati. La pelle era sporca e annerita e non volli pensare ai miei lunghi capelli rossi. L'odore che si propagava nell'aria sapeva di terra bruciata e di sangue.

I miei occhi scesero ancora una volta lungo il mio corpo pressocchè nudo, sino ad intravedere due strani simboli impressi su entrambi i miei polsi, all'interno. Li riconobbi, erano marchi magici, utilizzati per tenere qualcosa sigillato. Si, ma cosa?

Feci viaggiare lo sguardo per il cielo scuro, sul quale spiccavano tante e infinite stelle. Conoscevo l'astronomia, il vecchio Einar me l'aveva insegnata. Fissando quindi la posizione degli astri, riuscivo ad intuire il nome del pianeta sul quale in quel momento mi trovavo, a quel punto più che sicura che non fosse il mio: Midgard.

D'improvviso delle luci in lontananza, segno che gli abitanti di quel mondo non avevano tardato ad accorgersi del mio arrivo. Che avrei dovuto fare?

Combattere e proteggermi o arrendermi e aspettare di scoprire il mio destino?

Dentro di me intuivo che per il momento il portale per il mondo non si sarebbe riaperto, quindi, se volevo sopravvivere, avrei semplicemente dovuto adattarmi. Speravo solo che quelle creature mi lasciassero in vita.

Alfheimr*, di te non mi dimenticherò mai.

 

* * *

 

-Rebekka, avanti, giù dal letto-

Per poco non caddi sul serio, aggrappandomi al materasso in tempo per non impattare contro il pavimento.

-Nicole, ma sei impazzita?!?- ringhiai, fissando in cagnesco la bionda con cui condividevo la stanza.

-Sei sempre la solita. La sera te ne vai per i locali con quello scapestrato di Nick e la mattina non riesci ad alzarti per il lavoro-

-Solo perchè tu sei più impegnata a scaldare le lenzuola di quel viscido di Brian anziché venire con noi, non c'è bisogno di tentare di uccidermi-

-Sei sempre la solita acida stronza-

-E tu la solita scaldaletti senza pudore-

Dopo un lungo sguardo di sfida, ci mettemmo entrambe a ridere. Ormai da un paio d'anni le nostre mattine erano sempre in quel modo. Ci insultavamo, ci urlavamo contro, ma alla fine ci volevamo un gran bene.

Balzai a quel punto giù dal letto a castello della nostra piccola stanza, atterrando con eleganza sul pavimento. Mentre tentavo di entrare in bagno, Nicole, mentre usciva per lasciarmi il posto, mi fissò per qualche secondo.

-Tesoro, faresti meglio a farti una doccia e coprirti quelle orribile occhiaie sotto gli occhi con un po' di correttore. Sembri uno zombie appena uscito dalla tomba-

Io, di fretta, mi posi davanti allo specchio, rendendomi conto di quanto la mia amica avesse ragione. Lanciai un grido che probabilmente avvertì persino il direttore dal suo ufficio all'ultimo piano dello stabile e presi ad imprecare contro Nick e qualcosa che assomigliava forse all'elenco dei drink che mi ero scolata la sera prima, mentre rapida mi infilavo sotto la doccia.

Nel giro di qualche minuto ero lavata, vestita e truccata, anche se i miei capelli rossi grondavano ancora. Così, non avendo il tempo di asciugarli, li appuntai in uno stretto chignon.

-Sono pronta- dissi, uscendo dalla stanza.

Nicole mi aspettava fuori, la tuta dello S.H.I.E.L.D. che le aderiva perfettamente al corpo snello. Fissava fuori dalla finestra e si riscosse solo quando io la chiamai.

-Finalmente. Siamo attese nel sottosuolo-

-Perchè?-

-Segreto-

 

Ma quanti piani c'erano in quell'edificio?

Mentre fissavo i numeri che si avvicendavano sulle schermo digitale dell'ascensore, mi poggiai alla parete d'acciaio, abbassando lo sguardo e incrociando le braccia sul petto. Sospirai.

Erano passati quasi tre anni da quando mi ero risvegliata in quel cratere in mezzo al deserto e gli agenti dello S.H.I.E.L.D. mi aveva trovato.

Dopo numerosi esperimenti sul mio corpo e interrogatori sulla mia provenienza, finalmente incontrai Fury, il direttore. L'uomo con un occhio solo mi offrì di unirmi alla loro agenzia, che combatteva per proteggere quel mondo da ogni tipo di minaccia.

Io accettai, anche perchè in alternativa mi si dava la segregazione a vita e il vivisezionamento per scopi scientifici.

Fui addestrata, mi fu insegnata la cultura di quel mondo e io apprendevo ad una velocità sorprendente, tanto che in poco tempo quasi mi dimenticai della mia storia prima del mio arrivo su quel pianeta.

Un paio di anni prima avevo incontrato Nicole durante un seminario dello S.H.I.E.L.D. per i nuovi agenti. Da quel momento non ci separammo mai. In lei aveva trovato una sorta di sorella, con hobby un po' particolari, ma le volevo comunque bene.

Finalmente l'ascensore raggiunse il sottosuolo, emettendo una petulante musichetta. Alzai gli occhi al cielo, sconvolta, appuntandomi nella mente prima o poi di disattivare quel dannato aggeggio acustico.

Non appena le porte si aprirono, ci trovammo entrambe in ambiente scuro, illuminato solo da luci artificiali, alcune delle quali non funzionavano neanche tanto bene.

Eravamo letteralmente nelle cantine dell'edificio e l'odore di marcio e stantìo non tardò ad arrivare.

-Perchè siamo dovute scendere fin quaggiù?- chiesi a Nicole, la quale, al contrario di me, pareva la più calma del mondo.

-E' stato Fury a richiedere la nostra presenza. Io non ho semplicemente discusso. Sai che quando il gran capo chiama ci conviene rispondere-

-Si, lo so-

Dopo aver camminato per alcuni minuti arrivammo finalmente ad una sorta di anticamera, nella quale ci attendeva il tanto temuto direttore dello S.H.I.E.L.D., affiancato da quello che doveva essere Clint Barton, chiamato anche Occhio di Falco, capace di colpire con una sua freccia una mosca a parecchi metri di distanza con la precisione di un chirurgo.

Avevo sentito parlare di lui, dei suoi meriti nelle missioni, ma a vederlo di persona non mi sembrava poi un granchè.

Quando arrivammo, il biondo ci accolse con un sorrisetto divertito, mentre Fury con la sua solita aria sofferente e perennemente incazzata.

-Agente Bell e agente Newborn, benvenute. Vi stavamo aspettando-

Noi accennammo un segno di saluto, poi fu Nicole a parlare.

-Signore, il motivo della nostra convocazione?-

-Dobbiamo compiere un trasporto e voi mi siete sembrate le più adatte-

Notai distintamente che puntava insistentemente l'unico occhio che aveva su di me, come se da me si aspettasse molto di più.

-Cosa deve essere trasferito?-

Fury lanciò un'occhiata a Barton, il quale si voltò e recuperò una valigietta da un tavolo dietro di loro, il quale notai solo in quel momento.

La valigietta venne aperta davanti ai nostri occhi increduli. All'interno stava una sorta di cubo, grande forse come due pugni, illuminato da una luce blu accesa.

Mentre guardavo l'oggetto, mi parve che dei ricordi mi riaffiorassero alla memoria, ma mi abbandonarono quasi all'istante.

-Dobbiamo portare l'oggetto ad una nostra base della NASA. Questo è il Tesseract-


*Uno dei Nove Mondi uniti da Yggdrasill. Per esattezza quello della luce.


NdA
Salve a tutti. Ultimamente mi sono appassionata di alcune fan fiction sugli Avenger, soprattutto quelle che vedono come protagonista Loki e un nuovo personaggio.
So che può sembrare un pò mieloso, ma credo sul serio che quel povero disgraziato di un asgardiano si meriti un pò di affetto e non solo da parte del fratellone Thor.
Quindi Rebekka sarà la protagonista di questa storia. La farò intrecciare nella trama del vero film, cambiando la trama unicamente per far in modo che la ragazza si faccia valere al fianco dei nostri Vendicatori.
Fatemi sapere se la storia vi piace o anche se non fosse così. Un saluto, Marty.

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Capitolo 2
*** Appeared in a light blue... ***






-Ripetimi il perchè abbiamo accettato questo incarico noiosissimo?- dissi, mentre stavo a cavalcioni sul bordo di acciaio di una delle terrazze esterno, sospesa ad almeno una trentina di metri dal suolo.

-E tu ridimmi come mai ogni volta devi sempre tentare di romperti l'osso del collo?- mi rispose Nicole, mentre, poggiata a quella stessa balaustra, stava fumando una sigaretta.

-Voglio solo sentire il brivido del rischio ogni tanto. Ultimamente è stato sempre una noia mortale- risi io, continuando a dondolarmi.

-Comunque per rispondere alla tua domanda, avevamo bisogno di staccare un po' la spina-

-E lo abbiamo fatto facendoci spedire in mezzo al nulla a sorvegliare un gruppo di secchioni che studiano un pezzo di acciaio che brilla?-

-Esatto-

-D'accordo- risposi, stringendomi nelle spalle e lasciandomi scivolare lontano dalla balaustra.

-Dove vai?- mi chiese Nicole, mentre gettava il mozzicone della sigaretta che aveva appena finito.

-A farmi un giro e vedere se quei secchioni hanno scoperto qualcosa di importante da comunicare a quel simpaticone di Fury- e, salutandola con un cenno della mano, feci per andarmene.

-E io cosa faccio?-

-Vedi se trovi qualcuno in questa base per fare quello che di solito ti riesce meglio- sorrisi maligna ed rientrai.

 

Percorsi lentamente i corridoi di quella base sotterranea, la quale mi metteva una tristezza che non riuscivo quasi a spiegare a parole. Inoltre avevo come una strana sensazione che mi partiva dallo stomaco e finiva nel petto. Era come se fosse dovuto succedere qualcosa di grave.

In silenzio entrai in una delle stanze che avevo scoperto essere adibite all'addestramento. Con calma mi sfilai i guanti che tenevo sempre e sollevai piano le maniche della giacca, scoprendo i due simboli che avevo sui polsi. Sorrisi: neanche Nicole era mai riuscita a vederli e, a parte Fury e qualche altro agente, nessuno era a conoscenza della mia origine extraterrestre.

Durante il mio primo anno di addestramento ero riuscita a risvegliare qualcuno dei miei vecchi poteri, ma erano davvero una piccola percentuale rispetto a quelli che possedevo nel mio mondo, o almeno questo pensavo di ricordare.

Mi fermai nel centro della stanza, chiudendo gli occhi. Mi concentrai, riuscendo a focalizzare in poco tempo la sagoma del bersaglio che stava davanti a me. Iniziai a sentire l'energia fluire in me, dalla punta dei piedi sino alla cima dei capelli. Il mio intero corpo era puro potere.

Riaprii gli occhi, fissandomi le mani con i palmi verso l'alto. Due piccole sfere di luce si erano concentrate su di essi e brillavano come due piccoli soli.

Con movimenti veloci e calcolati le scagliai entrambe verso il fantoccio. Con la prima lo centrai, con la seconda bucai il muro dietro di esso.

-Accidenti- sospirai scocciata.

Ancora non ero in grado di gestirle pienamente, in quanto il tempo per allenarmi era veramente poco, dato che non dovevo farmi scoprire.

Mi voltai, recuperando i guanti dal piccolo tavolo a fianco alla porta e riabbassai le maniche. Per il momento era abbastanza. Era necessario semplicemente un piccolo assaggio ogni giorno, tanto per non dimenticarmi come si faceva.

Sempre in silenzio uscii dalla stanza, attenta che nessuno avesse sentito il rumore dell'impatto, e mi incamminai con le mani in tasca per un altro di quei tristi corridoi dalle pareti di acciaio, monotone e silenziose.

Dopo qualche minuto e il decimo angolo svoltato, mi ritrovai in un ambiente dai soffitti molto alti e molto più ampio di qualsiasi stanza della struttura. Era il laboratorio dove lavoravano i secchioni ai misteri nascosti nel cosiddetto Tesseract.

Lo vidi incastonato in uno strano macchinario, separato da una pedana sopraelevata a qualche metro di distanza. Dietro il cubo che brillava stavano le postazioni degli studiosi.

Fu allora che lo vidi, indaffarato come sempre e anche all'apparenza preoccupato. Mi avvicinai silenziosa alle sue spalle, le mani dietro la schiena come una bambina curiosa, ed esclamai:

-Allora Doc, come vanno le cose?-

L'uomo sobbalzò, voltandosi poi a guardarmi furente.

-Rebekka, mi hai fatto prendere un infarto-

Lui era uno dei pochi che mi chiamava con il mio nome. Io stessa glielo avevo concesso, in quanto fin da subito mi era rimasto molto simpatico e soprattutto mi aveva permesso di sbirciare tra gli appunti delle sue scoperte.

-Scusa Doc, non ho resistito. Comunque cosa avete scoperto?-

-Prima ti chiedo io una cosa: perchè sei ancora qui? Non hai sentito il segnale di evacuazione?-

-A dir la verità no, ma adesso mi spiego cos'era quel suono insopportabile che si diffonde per i corridoi-

-Non dovresti rimanere qui. Il Tesseract si sta comportando in modo strano. Ha continui sbalzi di energia e si attiva senza che nessuno lo porti a farlo. È pericoloso-

-Andiamo Doc, non penserai che abbia paura di un aggeggio che brilla- sogghignai.

-Se il Tesseract collassa, nessuno si salverà. Te ne rendi conto?- mi rispose lui serio.

A volte si comportava proprio come un padre iperprotettivo, ma non gliene facevo un torto. Da una parte mi provocava uno strano torpore che lontanamente assomigliava a quello che un tempo provavo per qualcun'altro di cui a malapena ricordavo il volto.

-D'accordo, adesso me ne vado, ma se la situazione è davvero critica come dici, allora anche voi secchioni dovreste togliere le tende-

Girai i tacchi e, sempre con le mani in tasca, mi diressi tranquillamente verso l'uscita. A bloccarmi la strada però si parò Fury, visibilmente agitato, seguito dall'agente Coulson, il quale mi salutò frettolosamente e si allontanò.

-Dottore, mi dica...- disse Fury dirigendosi verso lo scienziato.

Io mi fermai, curiosa di saperne di più. Per sicurezza però mi nascosi un po' dietro una delle colonne.

-Direttore...- rispose Selvig.

-Che succede?-

-Il Tesseract si comporta male. Non solo è attivo, ma sembra stia agendo-

Rimasi stupita da quelle parole. Doc parlava di quell'aggeggio come se avesse una volontà propria e questa parte del progetto non mi piaceva neanche un po'. Cosa stava architettando Fury? Come poteva pretendere di incanalare un'energia che non sapevano neanche mantenere stabile?

-Beh, staccate la spina- continuò il direttore.

-E' inutile. Il Tesseract è una forma di energia indipendente. Noi stacchiamo la spina e lui si riattiva. Se raggiungesse il picco massimo...-

-Ma noi siamo preparati a questa eventualità, non è vero? Imbrigliare l'energia dallo spazio...-

-Si, ma non abbiamo le briglie. I calcoli non sono ancora completi. Per il momento però sta solo emettendo bassi livelli di radiazioni gamma, niente di dannoso-

-Ma può diventarlo. Dov'è l'agente Barton?-

Selvig indicò un punto sopraelevato, dove io intravidi la figura di un uomo che osservava la scena dall'alto. Adesso capivo come mai lo chiamavano Occhio di Falco, non solo per la sua mira infallibile, ma anche per il suo eccentrico comportamento così simile a quello del volatile.

Vidi Fury parlare nell'auricolare e in pochi secondi Barton fu in piedi davanti a lui. Seguii con lo sguardo i due che camminavano per il laboratorio, parlottando di qualcosa che non riuscii bene a sentire da quella distanza.

Non mi sfuggì però una degli scienziati che chiamò Doc dietro uno dei computer e pareva parecchio preoccupata. Lo sguardo dell'uomo cambiò non appena si trovò a fissare lo schermo, iniziando a digitare frettolosamente sulla tastiera chissà quale astruso algoritmo.

In quel momento il Tesseract ebbe uno sbalzo, un picco, e una strana sensazione si impossessò di me, facendomi quasi star male. Sentivo che stava per succedere qualcosa.

Dimenticando il fatto che mi ero imposta di rimanere nascosta, mi diressi svelta al fianco di Doc, il quale mi lanciò un'occhiata ammonitrice. Non ebbe però il tempo di dire niente, in quanto la terra ebbe un'improvvisa scossa e dal cubo partì un raggio luminoso che si abbattè sulla pedana lontana qualche metro.

Il raggio si ampliò, andando a formare una sorta di strano portale, mentre nessuno dei presenti osava muoversi. I contorni erano instabili e più mi sforzavo di vedere cosa mai ci fosse dall'altra parte, più mi pareva di fissare la notte più nera che avessi mai visto.

-Non prevedo niente di buono- sospirai.

Poi un'esplosione ci investì tutti, provocando la perdita dei sensi della maggior parte dello staff. Io mi inginocchiai, proteggendomi il viso con le mani, ma cercando di mantenere lo sguardo vigile, in modo da stare pronta in caso di un attacco improvviso.

L'energia che formava il portale si andò a coagulare in una parte del soffitto, rimanendo attiva e pericolosa. Finalmente lo vidi.

Era in ginocchio, il corpo che fumava in modo innaturale, la testa bassa che nascondeva il volto. Era apparso dal nulla e non accennava a muoversi. La strana sensazione di pericolo mi colpì di nuovo, facendomi portare la mano destra alla fondina della pistola e, sganciato il laccio che la teneva ferma, ne afferrai il calcio, pronta ad estrarla in caso di bisogno.

Notai un paio di soldati dello S.H.I.E.L.D. avanzare verso il presunto nemico, il quale, lentamente, mostrò finalmente il suo volto.

Quando notai i suoi occhi, così chiari e glaciali, la presa sulla pistola si fece per un attimo flebile, per poi tornare rigida. Di colpo la mente prese a pulsare, come se i miei ricordi premessero per venir fuori, tornare a galla. Credevo di aver già visto quello sguardo tanto tempo prima, ma non ricordavo né il come né il perchè.

Lo sconosciuto si alzò in piedi e tra le mani aveva uno strano bastone, uno scettro, un'arma che probabilmente non avrebbe esitato ad usare contro di noi. Così, a mia volta, anch'io mi rialzai in piedi, con l'intenzione di fronteggiare il nuovo arrivato.

Quando però mossi un passo, Doc mi bloccò con una mano, non rivolgendo però neanche lo sguardo ad incontrare il mio. Così, sospirando, decisi di aspettare.

-Signore, la prego, metta via quell'arma- udii dire alla voce di Fury ed ebbi la tentazione di spalmarmi una cinquina in piena fronte.

Ma si poteva essere più stupidi e carenti nella negoziazione di quel ciclope?

Di tutta risposta quello abbassò lo sguardo sul suo bastone e, in un battito di ciglia, aveva già sparato un proiettile di energia contro il direttore e Barton, i quali però si erano spostati in tempo.

Doc mi si parò davanti, proteggendo entrambi dietro la postazione dei computer, mentre udivo gli spari dei soldati e, subito dopo, i loro corpi che cadevano a terra. Poco lontano da me e Doc uno dei computer esplose sotto un altro degli attacchi dello straniero, mentre continuavo a sentire gli spari, ma per fortuna nessun corpo che cadeva.

-Rebekka, te ne devi andare- mi disse allora Selvig, abbassando la testa per evitare un'altra scarica di energia.

-Doc, non puoi chiedermi di abbandonarvi. Posso farcela-

-Ragazzina, ti parlerò come se fossi mia figlia: quell'uomo è pericoloso, te ne devi andare-

-No- risposi io risoluta.

In quel momento i suoni si acquietarono ed io ebbi il coraggio finalmente di liberarmi della presa di Selvig e rialzarmi in piedi.

Vidi lo sconosciuto fermo al centro della stanza, il fiato corto, circondato dai corpi di coloro che aveva ucciso a sangue freddo senza una minima traccia di risentimento. Intorno a noi i macchinari erano pressocchè distrutti e inutilizzabili, mentre coloro che ne avevano ancora la forza stavano cercando di rimettersi in piedi.

Mi chinai verso uno degli agenti poco lontano da me, aiutandolo ad alzarsi e sorreggendolo, mentre ancora tenevo lo sguardo fisso sul nemico.

Notai Barton tentare di alzarsi sorreggendosi ad una delle pareti di acciaio. Lo straniero scattò veloce verso di lui, bloccandogli la mano che impugnava la pistola. Era stato così veloce che nessuno avrebbe avuto la possibilità di prevederlo. Disse però qualcosa che mi lasciò perplessa.

-Tu hai cuore- e puntò il suo bastone contro il petto dell'uomo.

Quello, con un gemito strozzato si irrigidì, mentre notavo delle striature bluastre risalirgli fino agli occhi per poi scomparire, lasciando le iridi di Occhio di Falco di uno scintillante colore blu. Inaspettatamente, quello ripose la sua arma nella fondina, rimanendo poi fermo in posizione, come se stesse aspettando degli ordini.

Nel frattempo Fury si era ripreso e, di nascosto, aveva estratto il Tesseract dal congegno, riponendolo nella stessa valigetta che aveva mostrato a me e Nicole. Decisi che era il momento di agire, anche solo per permettere al direttore di allontanarsi con il cubo senza essere disturbato.

Così, ignorando gli ammonimenti di Doc, mi feci avanti:

-Ehi tu!!- dissi risoluta, puntandogli contro la pistola.

Lo straniero si voltò e una strana sensazione si propagò in tutto il mio corpo quando quegli occhi color del ghiaccio si puntarono nei miei. Lo vidi avanzare, inclinando leggermente la testa come se fosse perplesso.

-Chi sei donna? Come osi parlarmi così?-

Io non risposi, mentre notavo che le mie mani si erano messe a tremare. Perchè? Non avevo mai avuto paura di nessuno in vita mia, quella non poteva certo essere la prima volta.

Quello era ormai a pochi passi da me e continuava ad osservarmi con strana curiosità.

-Mi sei familiare umana. Perchè?-

Era ormai a pochi passi da me, con la canna della pistola potevo quasi sfiorargli il petto. Ma non sparai, qualcosa me lo impediva. Le sue parole me lo impedivano.

D'un tratto l'attenzione dello sconosciuto fu attirata dal direttore che tentava di allontanarsi con il Tesseract.

-Dannazione...- esclamai dentro di me.

Prima però che potessi muovere un solo passo, quello, senza neanche guardarmi, mi puntò contro il suo strano bastone, bloccando ogni mio tentativo di colpirlo. Non volevo certo fare la fine dello zombie come Barton.

Poi rivolto a Fury, disse:

-Ti prego, no. Mi serve ancora-

Allora lo squilibrato era lì proprio per il cubo. Lanciai una rapida occhiata a Fury, che ricambiò.

-Non rendiamo la cosa più complicata- disse il direttore.

-Invece si. Vengo da lontano con un incarico-

Ascoltavo con attenzione, mentre la mia mente elaborava un modo per togliermi da quella dannata situazione. Odiavo sentirmi in trappola e quel capellone mi stava facendo realmente incazzare. Poi però quello che disse dopo mi portò a continuare ad ascoltarlo.

-Io sono Loki, da Asgard, e sono ricolmo di gloriosi propositi-

D'un tratto sentii la voce di Doc poco lontano da me:

-Loki, il fratello di Thor-

Notai una chiara occhiata di dissenso sul volto dell'apparente dio. Poi però fu di nuovo Fury a parlare:

-Non abbiamo dispute con il tuo popolo-

-Una formica e uno stivale hanno dispute?-

Ma chi si credeva di essere? Se non fosse per quel dannato coso che avevo ancora puntato contro, gli avrei tirato tanti di quelli schiaffi da farlo diventare biondo. Eppure, quando aveva nominato Asgard qualcosa dentro di me si era come sbloccato. Avevo già sentito quel nome durante la mia vita sul mio mondo, ma sicuramente non come un nemico.

-Il tuo piano è di calpestarci?- chiese il direttore.

-Giungo a voi con la lieta notizia di un mondo reso libero-

-Libero da cosa?-

-Dalla libertà. La più grande menzogna della vita. Una volta che accetterai questo, nel tuo cuore...-

Con uno scatto allontanò da me il suo bastone e lo puntò sul petto di Doc. Volevo impedirglielo, ma lui fu veloce e per di più il mio corpo non riusciva a muoversi.

In pochi secondi anche le iridi dello scienziato avevano assunto il colore blu acceso.

-Conoscerai la pace- concluse, come se le sue parole fossero state quelle di una sorta di sermone.

-Parli di pace, ma tu intendi il suo contrario-

Quando ebbe pronunciato quelle parole, Fury spostò lo sguardo su di me e io presi ad arretrare senza essere vista. Sapevo cosa stava tentando di fare il direttore e con la coda dell'occhio notai l'agglomerato di energia sopra la sua testa stava iniziando a collassare.

Dovevo avvertire il resto degli agenti prima che Loki si accorgesse dell'imbroglio. Purtroppo, quando ormai era all'uscita, Barton dette voce alle segrete intenzioni del direttore:

-Signore, il direttore Fury prende tempo. Stiamo per essere travolti da trentacinque metri di roccia-

Dannato bastardo doppiogiochista. Ma si poteva essere più deboli? Era bastato uno stupido bastone magico per tramutarlo in un traditore.

Sentii anche Doc mentre informava l'asgardiano delle condizioni del portale.

Fury si rivolse di colpo verso di me.

-Rebekka!!- mi chiamò, ma non fece in tempo a dire altro che fu colpito da un proiettile di Barton.

Non avevo tempo di recuperare il Tesseract, ma sapevo cosa Fury stesse per dirmi. Così presi a correre più in fretta che potevo, mentre sentivo i proiettili di una pistola scalfire le pareti d'acciaio del corridoio che stavo percorrendo.

-Oltre che il cervello in pappa, si è giocato anche la mira- dissi tra me, mentre le gambe stavano bruciando.

D'un tratto però avvertii una fitta ad un fianco, ma non mi fermai.

Dovevo avvertire lo S.H.I.E.L.D. e nel frattempo salvarmi la pelle da quella tomba di roccia. Mentre giungevo al garage sotterraneo, incrociai l'agente che aveva accompagnato Fury quel giorno.

-Che succede?- mi chiese la donna.

Avevo il fiato mozzo, quindi ci misi qualche secondo per tentare di parlare. Non feci però in tempo, in quanto la vidi distratta da dei passi nel corridoio, al di là di una saracinesca aperta.

-Aspetta qui- mi disse, mentre si dirigeva verso il garage per vedere che stava succedendo.

Sentii la voce di Barton che comunicava la necessità di prendere uno dei veicoli, così mi alzai in piedi e tentai di raggiungere l'agente, ma il fianco mi mandò un'altra fitta. Poggiai una mano sul punto dolorante e vidi il palmo macchiato di rosso. Quel bastardo di Occhio di Falco era riuscito a colpirmi.

Mentre notavo la donna tornare verso di me, incrociai nuovamente lo sguardo dell'asgardiano, seduto sul retro del veicolo. Anche lui mi fissava, pensando chissà cosa.

D'un tratto sentii la radio dell'agente gracchiare e la voce di Fury, che per fortuna era ancora vivo, la mise finalmente al corrente della situazione.

Sapevo cosa sarebbe successo di lì a poco, quindi rapida mi riparai dietro un angolo. In pochi secondi iniziarono a volare altri proiettili, mentreil suono degli spari si propagava per il garage.

Vidi la mora saltare su un veicolo, mentre la voce alla radio le dava l'ordine di inseguire i fuggitivi. Sentii la terra tremare di nuovo, mentre dei detriti di roccia cadevano sul pavimento. Se non mi fossi allontanata da lì, l'unica a rimanere sotto le macerie sarei stata io.

D'un tratto avvertii la porta alle mie spalle spalancarsi di colpo. A causa della ferita e della perdita di sangue, la vista mi si era annebbiata, quindi non vidi chi stava correndo verso di me urlando il mio nome.

Mi sentii sollevare, mentre un'altra fitta mi colpì al fianco. Tentai di rimanere in piedi e trascinarmi le gambe, ma la stanchezza stava prendendo campo sul mio corpo.

-Credo che per oggi tu abbia provato abbastanza l'ebbrezza del rischio-

Dopo di che non ricordo più nulla.

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Capitolo 3
*** The convening ***






Mi risvegliai in una stanza dalle pareti completamente bianche, stesa in un letto dalle lenzuola del medesimo colore. Sul petto avvertii la sensazione degli elettrodi e nel silenzio della camera si udiva solo il suono ripetitivo dell'apparecchio che misurava i battiti cardiaci.

Con un movimento impacciato e lento me li staccai dal petto e tentai di alzarmi.

-Fossi in te non lo farei. Non ci tengo a raccattarti da terra un'altra volta-

Mi voltai, incontrando lo sguardo di Nicole. Non mi ero resa conto della sua presenza sino a quando non aveva parlato.

-Come sono arrivata qui?- chiesi, rimettendomi a letto.

-La base è stata evacuata in tempo, per fortuna, e il direttore ha rischiato anche di rimetterci l'osso del collo, ma se l'è cavata. Io, non vedendoti al punto di raduno, ti sono venuta a cercare e ti ho ritrovato nel garage mentre stavi quasi per morirmi dissanguata-

Sorrisi. Sapevo che non rischiavo un'emorragia, in quanto la mia capacità di rigenerazione dei tessuti era molto più elevata e veloce rispetto ad un normale essere umano. Ero comunque grata a Nicole per essermi venuta a cercare.

-Rebekka, cosa è successo in quel laboratorio?- mi chiese a brucia pelo.

Io abbassai lo sguardo. Di colpo mi ricordai degli eventi in cui ero stata coinvolta, ma soprattutto mi ricordai di Loki. Quel pazzo era a piede libero, con il Tesseract dalla sua, uno scienziato tra i più bravi e uno dei migliori agenti, chissà dove e chissà con quali intenzioni.

Strinsi forte tra i pugni le coperte, poi dissi:

-E' successo che per l'ennesima volta lo S.H.I.E.L.D. ha pensato di poter gestire qualcosa più grande di lui, avendo come unico risultato una dichiarazione di guerra da parte di uno squilibrato proveniente da un altro universo-

-Stai scherzando?- mi chiese Nicole, staccandosi dalla parete alla quale era stata poggiata fino a quel momento e sedendosi su un lato del letto, al mio fianco.

-Purtroppo no. Fury è stato un'idiota solo a poter pensare di ingabbiare un potere come quello del Tesseract, rischiando la vita di troppe persone. E adesso il cubo è in mano di uno che si dichiara un dio-

-Cosa possiamo fare?- mi chiese la mia amica.

-Non lo so- risposi.

-Beh, per il momento comunque siamo in licenza-

-Come?-

-Si. Dopo che sei stata ferita mi hanno detto di comunicarti che sei momentaneamente “sospesa” dal lavoro e che io posso benissimo accompagnarti-

Fissai la bionda al mio fianco, incredula. Dove mai sarei potuta andare? Fin dal mio arrivo sulla Terra la mia dimora era stata unicamente lo S.H.I.E.L.D., quindi non avevo altro posto dove andare.

Senza rispondere, mi sdraiai e voltai le spalle a Nicole, chiaro modo per dirle che volevo rimanere sola.

Quando sentii i suoi passi allontanarsi, chiusi di nuovo gli occhi.

 

* * *

 

Doveva ammettere che i due umani che aveva soggiogato in quell'edificio in cui era giunto si erano rivelati più utili del previsto. In pochissimo tempo erano riusciti ad allestire un laboratorio degno di nota e recuperato uomini che lui aveva soggiogato per seguirlo.

Mentre intorno a lui si stava lavorando per continuare i progressi sul Tesseract, Loki se ne stava seduto in una stanza vuota, gli occhi chiusi e il capo basso, il bastone in grembo.

In pochi secondi si ritrovò sul pianeta di ghiaccio e dinnanzi a lui stava uno dei Chitauri, coloro che l'avrebbero appoggiato in quella guerra.

-I Chitauri sono irrequieti- disse l'incappucciato, nascosto quasi interamente dietro un agglomerato di roccie e ghiaccio.

-Che si preparino all'azione. Io li condurrò nella gloriosa battaglia-

-Battaglia? Contro la misera potenza della Terra-

-Gloriosa, non lunga. Se la tua forza sarà formidabile come affermi-

-Dubiti di noi? Dubiti di lui, che ha messo lo scettro nelle tue mani, che ti ha donato l'antica sapienza e un nuovo proposito quando sei stato bandito, sconfitto...-

-Io ero un re, il legittimo sovrano di Asgard, tradito-

-La tua ambizione è gretta, nasce da un bisogno infantile. Noi guardiamo oltre la Terra, mondi più grandi che il Tesseract rivelerà. Noi aspiriamo alla fonte del potere stesso, alla scintilla che ha dato inizio all'energia capace di distruggere universi interi*-

-Non avete ancora il Tesseract-

Veloce quasi come uno spiro di vento il Chitauro gli fu di fronte, minaccioso e arrabbiato.

-Non è una minaccia- disse Loki impassibile, come se la creatura davanti a lui non gli incutesse alcun timore.

-Ma finchè non aprirò il portale, fin quando la tua forza sarà al mio comando, sei solo parole-

-Avrai la tua guerra, asgardiano. Se fallirai, se il Tesseract non ci verrà consegnato, non esisteranno regni, né lune deserte, né crepacci, dove lui non verrà a trovarti. Credi di conoscere il dolore? Lui ti farà capire quanto quel dolore sia niente!!-

 

* * *

 

-Andiamo Rebekka, un po' di brio. Dopo quasi due anni di lavoro ci viene concessa una vacanza e tu te ne stai sdraiata su quel letto come qualcuno che sente sopraggiungere la morte. Sei noiosa, dico davvero- mi schernì Nicole, in piedi sulla porta della nostra stanza.

-Bionda, non hai da andare a trovare Pitt, o Chad, o Steven, per qualcuno dei tuoi giochetti perversi? Io non ho voglia di fare un bel niente, quindi rassegnati-

Non avevo dormito bene la notte prima e neanche quelle precedenti. Nella mia testa continuavano ad avvicendarsi degli strani flash, i quali mi mostravano un luogo deserto e ricoperto di ghiaccio, un cielo sterminato con costellazioni che solo in sogno mi ero immaginata. Poi avevo visto anche lui, Loki. Pareva sofferente, diverso da come lo avevo incontrato.

Una continua nausea mi colpiva lo stomaco, impedendomi di pensare ad altro che non fosse quello che era accaduto quella notte alla base. Volevo rendermi utile, ma lo S.H.I.E.L.D. faceva di tutto per tenermi fuori.

In più ci si metteva Nicole con quella sua fissa di divertirsi.

-D'accordo, il fatto che tu non voglia svuotare un po' la mente dalle preoccupazioni non significa che lo stesso debba fare io. Quindi ciao, ti lascio alla tua depressione. Ci vediamo più tardi- e detto questo se ne andò sbattendo la porta.

Tornai a fissare il soffitto, sospirando. Mi spiaceva trattare la mia amica in quel modo. In fondo non era colpa sua quello strano malessere che mi aveva colpito.

D'un tratto sentii bussare alla porta.

In un primo momento pensai che fosse di nuovo Nicole, quindi mi rifiutai di andare ad aprire, dato che, se voleva, aveva le chiavi. Poi però i colpi si fecero più insistenti, quindi, sbuffando, scesi dal letto e, a piedi scalzi, andai ad aprire.

Sulla soglia, intento a tirare l'ennesimo pugno, trovai l'agente Coulson, il quale, quando mi vide, rimase per qualche secondo a fissarmi. In effetti ero andata ad aprire solo con un paio di pantaloncini e una canottiera leggera, i capelli sciolti sulle spalle che formavano soffici onde rosso fuoco.

-Rebekka...- disse poi, cercando di togliersi dall'imbarazzo.

-Phil...- risposi io, poggiandomi con una spalla allo stipite e incrociando le braccia sul petto.

Coulson era uno dei pochi al corrente della mia provenienza e delle mie strane capacità, quindi gli era permesso chiamarmi per nome e io facevo lo stesso con lui.

-Qual buon vento? Sei venuto per riferire a Fury come sto passando la mia licenza forzata?- chiesi con un sorrisetto sarcastico.

-A dir la verità il direttore mi ha mandato per consegnarti questo- e mi porse un fascicolo dalla copertina nera che aveva tra le mani fino a quel momento e che io invece non avevo ancora notato.

Io, rimasta per un attimo stupida, afferrai il blocco, voltando poi le spalle all'agente e rientrando nell'appartamento. Lo sentii entrare titubante, chiudendosi poi la porta alle spalle.

Mi sedetti pesantemente sul piccolo divanetto del mini salottino e, incrociando le gambe, vi poggiai sopra il fascicolo.

-Si hanno notizie di Loki?- chiesi, prima di aprirlo.

-Ancora niente, ma siamo sicuri che stia architettando qualcosa di pericoloso-

-Che intuito...- sospirai e finalmente presi a leggere i documenti che Coulson mi aveva consegnato.

Rimasi per un attimo interdetta: erano le schede relative ad elementi con speciali capacità in campo tecnologico o strategico, una sorta di supereroi in chiave realistica.

-Vendicatori?- lessi il titolo della scheda.

-Si. Fury ha ottenuto il permesso di radunare un gruppo di “eroi”, chiamiamoli così, atti alla difesa del pianeta. Li abbiamo chiamati appunto Vendicatori-

-Ed io cosa c'entro?-

-Rebekka, sia io che Fury siamo a conoscenza delle tue capacità e anche della tua provenienza non proprio terrestre. Il tuo potere farebbe comodo a questo gruppo-

-E perchè dovrei accettare?-

-Noi possiamo aiutarti a conoscere il tuo passato, a scoprire da dove vieni-

-Cosa ti fa pensare che mi interessi? Dopotutto, se sono qui, significa che dove sono nata non mi volevano più tra i piedi. Quindi grazie, ma no grazie. Mi avete mandato in licenza, ricordate?- risposi, alzandomi e andando verso la porta per aprirla e invitare Coulson ad uscire.

L'agente sospirò e, recuperato il fascicolo, si diresse verso l'uscita. Poi però si fermò nuovamente, dicendo:

-Ormai ho imparato a conoscerti Rebekka e so che odi rimanere nel buio mentre il mondo rischia di venire distrutto. Inoltre sia io che il direttore siamo sicuri che saresti un ottimo elemento per i Vendicatori e che molti potrebbero imparare da te. Se però questa è la tua decisione, la comunicherò a Fury- e se ne andò.

Guardai la sua schiena mentre percorreva il lungo corridoio del palazzo per raggiungere l'ascensore. Una morsa mi chiuse lo stomaco: aveva ragione, dannatamente ragione. E io, povera fessa, volevo fare la superiore. Quando mai mi sarebbe ricapitata un'occasione del genere?

Così mi affacciai nuovamente alla porta, gridando:

-Phil, aspetta!!-

 

Vidi il sole albeggiare da uno dei finestrini dello strano jet sul quale mi aveva portato Coulson.

Avevo avvertito Nicole della mia partenza semplicemente con un biglietto e mi aspettavo che la mia amica, quando mi avesse rivisto, se mai sarebbe successo, mi avrebbe letteralmente strappato ogni ciocca di capelli solo ad urlarmi in faccia tutta la mia stupidità.

Sorrisi debolmente, per poi tornare seria. In quel momento sentii qualcuno schiarirsi la voce.

Mi voltai, incontrando gli occhi chiari di un ragazzo, al quale, fino a quel momento, non avevo dato molta considerazione. Quando lui era arrivato sul velivolo io già ero presente, ma talmente assorta dai miei pensieri da non degnarlo neanche di uno sguardo.

-Problemi di raucedine?- chiesi sarcastica, avendo capito benissimo che il suo gesto era unicamente per catturare la mia attenzione.

-Non ci hanno presentati, signorina...-

Vidi il suo sguardo slittare su tutta la lunghezza del mio corpo, messo in risalto da un'uniforme in alcuni punti fin troppo aderente. Non mi era mai piaciuto quell'abbigliamento, in quanto, a mio parere, era un chiaro esempio della mentalità maschilista dell'agenzia.

-Mi chiamo Rebekka Newborn e sono un'agente dello S.H.I.E.L.D., quindi niente “signorina”, prego- risposi, fissandolo in cagnesco.

Odiavo chi mi trattava come una sorta di damigella indifesa e quel bell'imbusto, del quale io sapevo già nome e passato, era abituato ad un'educazione fin troppo antiquata per me.

-Mi scuso allora se ti ho offesa, Rebekka- mi rispose lui, un sorrisetto divertito sulla faccia.

-Accetto le scuse- risposi.

-Comunque io sono Steve Rogers-

-Lo so- sorrisi di rimando e mi scappò anche un'occhiata furba.

Dopodichè mi isolai dalla conversazione che Mister buone maniere ebbe con il presente Coulson, il quale mi aveva guardato storto per tutto il tempo. Non mi interessava fare conversazione, quindi non ci tenevo a partecipare a quei falsi convenevoli.

D'un tratto, all'orizzonte, vidi apparire un enorme portaerei. Era la base principale dello S.H.I.E.L.D., ma io ne avevo sempre e solo sentito parlare.

Con un po' di fortuna, a causa del vento contrario e alla velocità della nave, i piloti riuscirono ad atterrare sul ponte principale. Scesi dal mezzo, io dopo il palestrato e Coulson. Ad accoglierci giunse Natasha Romanoff o, come altri la conoscevano, la Vedova Nera.

Phil la salutò come di circostanza, poi la rossa si presentò a Rogers con un'occhiata fredda e un cenno del capo. Dopodichè, quando mi vide, si schiuse in un sorriso.

-Becky, da quanto tempo non ci vediamo-

-Nat, un'altra delle tue missioni impossibili nella fredda e gelida Russia?-

Natasha era stata una delle persone a starmi più vicine durante la mia prima permanenza allo S.H.I.E.L.D. e quindi anche una delle poche a sapere del mio passato. Mi aveva insegnato lei a combattere. Non era certo al suo stesso livello, ma potevo stendere tranquillamente chiunque mi avesse fatto un torto, o almeno fino a quel momento era successo così.

Ci abbracciammo come due vecchie amiche. Coulson poi sparì, in quanto la rossa gli aveva detto che la sua presenza era desiderata sul ponte, mentre Rogers rimase con noi, fissandoci entrambe di sottecchi dopo la nostra accesa rimpatriata.

I due presero a confabulare sul passato del soldato e roba così, mentre io, annoiata, mi guardavo intorno, camminando svogliatamente dietro di loro. Ad un tratto vidi un uomo, impacciato e all'apparenza restìo anche solo ad un sfioramento con un altro essere umano. Era abbastanza alto, sicuramente più di me, capelli ricci e scuri, corti, e occhi scuri allo stesso modo. Indossava un vestito elegante, un completo, ma si vedeva che nella sua vita c'era carenza di un tocco femminile.

E, grazie ai fascicoli, non mi fu difficile sapere perchè: quello era Bruce Banner, alias Hulk. Nella sua forma umana sembrava tutt'altro che la bestia di cui raccontavano.

-Dottor Banner- lo chiamò Rogers.

Appunto, avevo ragione.

-Salve...- rispose lo scienziato, andando a stringergli la mano.

-Dicono che lei troverà il cubo-

-E' questa l'unica voce che gira su di me?-

-L'unica che può interessarmi-

Andiamo, la parte del bello e invincibile non ti dona, caro Steve.

-E lei è?-

La domanda mi allontanò momentaneamente dai miei pensieri. Vidi Banner che mi tendeva la mano.

-Agente Rebekka Newborn, lieta di conoscere una grande mente come la sua-

In realtà sapevo già chi fosse Bruce Banner, in quanto avevo letto alcuni dei suoi saggi, prima che Nicole, scocciata, me li buttasse nella tazza del gabinetto.

In quel momento Natasha ci arrivò alle spalle, avvertendoci che dovevamo sbrigarci ad entrare, in quanto a breve l'aria sarebbe diventata irrespirabile. Così lasciai i due maschietti a discorrere del più e del meno, mentre io seguivo la rossa all'interno della base.

-E così hanno coinvolto anche te in questa follia- mi disse mentre mi teneva la porta aperta.

-Già. Non so neanche perchè, dato che mi è sempre stato raccomandato di tenere le mie capacità nascoste agli stessi agenti-

Lei non rispose.

-Hai saputo di Barton?- le chiesi e Natasha si irrigidì per un attimo.

-Si, ho saputo. Brutta storia-

Non le chiesi altro, dato che sapevo del suo rapporto con Occhio di Falco e immaginavo come avesse preso la notizia della sua diserzione.

Giungemmo finalmente sul ponte principale, mentre i suoni che avvertivo mi fecero capire che la base aveva letteralmente preso il volo. In quel mentre ci raggiunsero anche Rogers e Banner. Fury ci dava le spalle mentre fissava fuori dalla grande vetrata dinnanzi a noi, impettito come i vecchi capitani di vascello.

Dopo una serie di ordini impartiti, concluse:

-Possiamo svanire-

Cavolo, quella bambina era dotata anche di congegni di mimetizzazione? Fatto le cose in grande, ciclope!!

Dopodichè si voltò verso di noi che nel frattempo ci eravamo sistemati attorno ad un tavolo rotondo con alcune sedie ancora vuote. L'unico a non riuscire a rilassarsi era Banner, il quale continuava a guardarsi intorno come un animale in trappola.

Il direttore si diresse proprio verso di lui, mentre notai Rogers che, mentre lo superava con sguardo allucinato, gli allungava dieci dollari.

-Dottore, grazie per essere venuto- disse in direzione di Banner.

-Grazie a lei per averlo chiesto con cortesia. Ma...per quanto dovrò restare qui?-

-Una volta messe le mani sul Tesseract sarà libero di andare-

Lo vidi rilassarsi un poco.

-A che punto siete?- chiese il dottore.

-Siamo collegati ad ogni telecamera wireless o fissa dell'intero pianeta. Se è connesso con un satellite, lo vediamo e lo sentiamo-

-Non è sufficiente per trovarlo in tempo- disse Natasha, piegata su uno dei computer del ponte.

-Dovete restringere il campo. A quanti spettrometri si può avere accesso?- chiese il dottore.

-Quanti ne servono-

-Chiamate tutti i laboratori che conoscete. Fate piazzare gli spettrometri sui tetti e calibrateli per i raggi gamma. Butterò giù un algoritmo di localizzazione, un riconoscimento di insiemi, almeno possiamo eliminare alcuni luoghi- concluse Banner.

-C'è un posto dove posso lavorare?- chiese poi.

A Natasha allora fu ordinato di accompagnare il dottore, mentre io, Fury e Rogers rimanemmo sul ponte. Non avevo ancora detto una parola. Mi limitavo a rimanere seduta a fissare fuori dall'immensa vetrata dalla quale si intravedeva solo un mare di nuvole.

Ad un tratto avvertii la presenza di qualcuno incompere su di me. Mi voltai, trovando il palestrato con una mano poggiata sul tavolo proprio davanti al mio posto e l'altra ficcata nella tasca dei pantaloni.

-Allora ragazzina, tu cosa fai? Porti i caffè?-

Lo fissai in cagnesco. Ragazzina? Ma come si permetteva? Da quello che potevo ricordarmi probabilmente avevo più anni di lui. Stavo per dire qualcosa, quando fu Fury ad intervenire:

-Capitano, io starei attento. La ragazzina potrebbe friggerti il cervello con il solo tocco della mano-

-Sul serio? Allora perchè non ci dai una dimostrazione o sei semplicemente un bluff?-

-Attento bell'imbusto, potrei convincere il tuo cervello di essere un uccello e farti gettare giù da questa nave, di testa- ringhiai.

-Rebekka, ti prego. Rogers, la smetta di infastidirla- ci riprese il direttore come se fossimo due ragazzini litigiosi.

Mi alzai e mi diressi verso uno dei corridoi. Avevo bisogno di allontanarmi dal capitano “so-tutto-io” altrimenti gli avrei fitto sul serio il cervello.




*In questo discorso del Chitauro faccio intravedere un pò le modifiche che apporterò alla storia. Per il resto i dialoghi sono pressocchè uguali al film.



            

                * * *REBEKKA* * *                                                           * * *NICOLE* * *


Nda
Vi piacciono le mie due belle OC???

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Capitolo 4
*** Glimpses of memory ***






Rebekka, piccola mia, sai qual'è il tuo compito, non è vero?”

Una bambina dai capelli rosso fuoco e profondi occhi ghiaccio fissava l'uomo di fronte a sé, del quale però non intravedeva i tratti del volto, come se fossero sfuocati.

Si, padre”

Vuoi ripensarci?”

Perchè?”

Se farai questo passo, non potrai più tornare indietro. Sarai braccata da coloro che bramano la scintilla”

Non importa. Questo e altro per il bene della mia casa”

Nonostante fosse solo una bambina aveva già una saggezza che andava al di là della sua età. Il vecchio Einar le aveva raccontato la profezia della sua nascita e lei aveva accettato il destino che l'attendeva di buon grado.

Protese le piccole mani in direzione dell'uomo e questo, lentamente, le afferrò entrambi i polsi. Di colpo la pelle prese a diventare bollente, sino a bruciare letteralmente. La bambina gridò, ma oramai l'incantesimo era in atto.

Quando l'uomo staccò le sue mani da lei, su entrambi i polsi aveva due simboli marchiati a fuoco.

Da questo momento il tuo corpo diverrà la chiave. Mi spiace, piccola mia”

 

* * *

 

Mi svegliai di colpo, sospirando profondamente come se fino a quel momento avessi smesso di respirare. Mi resi conto di trovarmi nella mia stanza, sulla base volante dello S.H.I.E.L.D.

Quindi quello che avevo visto era stato solo un sogno. Eppure pareva più un ricordo.

Quell'uomo poi, quello di cui non riuscivo a ricordare il volto, era importante, lo sapevo.

Mi alzai lentamente, asciugandomi la mente madida di sudore e entrai in bagno. Mi sciacquai il viso, cercando di portare via il sonno che ancora mi intontiva.

Decisi allora che sarebbe stato meglio informarsi sugli sviluppi. Mi faceva innervosire stare con le mani in mano.

Così mi infilai sotto la doccia e, una volta lavata e vestita, mi diressi sul ponte principale. Giunta nella grande sala scoprii però una grande agitazione. L'occhio allora mi cadde su uno dei comuter al livello inferiore, sul quale lampeggiava un probabile riscontro con il volto di Loki a Stoccarda, Germania.

Sentii una presenza dietro di me e mi voltai, trovando Fury che mi fissava, serio.

-Sei pronta?-

-Non chiedevo di meglio-

 

* * *

 

La gente correva fuori dall'edificio, mentre lui avanzava tranquillo indossando la sua armatura asgardiana che riluceva nella notte tedesca. Guardare quelle deboli creature che fuggivano da lui lo fece sentire realizzato, come se quello fosse da sempre stato il suo destino. Lui era un re, i deboli dovevano scappare dinnanzi a lui, gli sconfitti inchinarsi al suo cospetto.

Sorrise malignamente: forse avrebbe potuto concedersi un po' di divertimento, giocare con loro come il gatto con il topo.

Usando i suoi poteri divini si sdoppiò, bloccando così la strada a quel branco di pecore che osavano definirsi uomini.

-Inginocchiatevi- disse solenne.

Quelli, troppo spaventati per dargli ascolto, continuarono ad osservarlo senza obbedire.

-In ginocchio...ORA!!- sbraitò e stavolta fu ascoltato.

Come se fossero stati una cosa sola, ogni umano presente si prostrò, abbassando il capo, più per timore che per rispetto.

Sorrise soddisfatto e prese a dire:

-Non vi sembra...semplice? Non è questo il vostro stato naturale? È la verità taciuta dell'umanità. Voi bramate l'asservimento. Il luminoso richiamo della libertà riduce la gioia della vostra vita ad un folle combattimento per il potere, per un'identità. Voi siete nati per essere governati. Alla fine vi inginocchierete sempre-

Fu in quel momento che uno dalla folla, un vecchio, si rialzò, proprio dinnanzi a lui, fissandolo con rimprovero. Lui rimase un attimo stupito da tale comportamento: come potevano quelle creature dimostrarsi risolute e continuare a rialzarsi anche quando era palese la loro misera debolezza e inutilità?

-Non davanti a uomini come te- disse il vecchio, il quale, a malapena si reggeva in piedi.

-Non esistono uomini come me- rispose il dio risoluto.

-Esistono sempre uomini come te-

Alzò il suo scettro, continuando a sorridere.

-La voce saggia del popolo. Che lui sia d'esempio-

 

* * *

 

Quando la luce blu partita dal bastone stava per colpire l'anziano, il bell'imbusto lo protesse con il suo scudo.

-Devo ammettere che il tempismo non gli manca- pensai con un sorrisetto.

Al palestrato avevano dato un costumino attillato blu con una buffa maschera che gli nascondeva il viso. Pensai di non aver mai riso così tanto in vita mia quando l'avevo visto poco prima.

Rimbalzando sullo scudo, il colpo tornò al mittente, facendo cadere Loki in ginocchio.

-Sai, l'ultima volta che sono stato in Germania e ho visto un uomo innalzarsi su tutti gli altri, abbiamo scelto il dissenso-

Ma perchè doveva essere così teatrale ed egocentrico?

-Il soldato- fece di tutta risposta il dio, rialzandosi in piedi facendo leva sul suo scettro.

-L'uomo senza tempo-

A quel punto anch'io mi feci avanti, mimetizzata fino a quel momento tra la folla. Fissai i due fronteggiarsi solo con lo sguardo, attenta al momento in cui sarei dovuta intervenire. Fury mi aveva raccomandato di non fronteggiare apertamente Loki, ma solo di proteggere i possibili innocenti che fossero finiti in mezzo.

Così attesi.

-A te ne è rimasto poco di tempo-

In quel momento, alle spalle di Rogers giunse Natasha a bordo del jet, cannoni spianati contro il nemico.

-Loki, getta l'arma e arrenditi-

Da quando Nat era diventata così diplomatica? Ero sicura ci fosse lo zampino di Fury.

Di tutta risposta, quello sparò un colpo contro il velivolo, il quale però lo evitò. Distratto, fu facile bersaglio da parte di Rogers, il quale lo colpì in pieno volto con il suo scudo, non provocandogli però alcun danno.

Sapevo che Loki non era un normale nemico. Avevo visto i proiettili rimbalzare sul suo corpo senza neanche scalfirlo. Persino in pugni in faccia che il vendicatore gli stava dando non sembravano fargli neanche il solletico.

Nel frattempo il mio compito era evacuare i presenti, quindi mi stavo sgolando per farli allontanare il più in fretta possibile.

Quando reputai che i civili fossero ormai abbastanza lontani e al sicuro, tornai a guardare lo scontro: il bell'imbusto ne stava prendendo di santa ragione. Loki era nettamente superiore.

Lo mise in ginocchio, puntandogli lo scettro alla nuca.

-In ginocchio- ripetè.

Ma era fissato? Aveva forse qualche grave carenza di autostima? Ero sicura però che il capitano non si sarebbe mai abbassato a tanto, soprattutto davanti ad uno come Loki.

-Non oggi!!- esclamò l'altro, assestandogli un calcio in pieno viso.

Ecco, appunto...

Il dio arretrò, lasciando la traiettoria libera per il colpo che Natasha stava preparando dal jet. Ma quando l'energia stava per colpirlo, quello la deviò, facendo rimbalzare su una sorta di barriera e abbattere sulla folla che ancora si stava allontanando. Non ebbi molto tempo per pensare: veloce come mai lo ero stata mi parai dinnanzi alla gente e, concentrandomi più che potevo, innalzai una barriera che inglobò il colpo. Era la più alta e la più potente che avessi mai fatto, in quanto il colpo era potente e ravvicinato. Inoltre non avevo avuto molto tempo per concentrarmi, quindi mi ci era voluto ancora più potere.

I presenti di pietrificarono alla vista della muraglia luminosa che avevano davanti, mentre io, non abituata ad un simile dispendio di potere, ero già provata. Misi tutta me stessa per non cadere in ginocchio.

Quando il polverone che si era alzato all'impatto iniziò a diradarsi, vidi gli occhi dei presenti puntati su di me, compresi quelli di Loki. Sentivo che qualcosa aveva intuito, ma speravo fosse sulla strada sbagliata.

In fondo non per forze le mie capacità dovevano avere origini aliene. Potevo anche essere un brutto esempio di cosa provoca giocare con provette sbagliate. Mi detti internamente della stupida: come poteva uno con un cervello come il suo credere a quelle boiate?

Rogers invece era stupefatto e io, sorridendo malignamente, gli feci un rapido occhiolino.

Mentre l'avversario stava per scagliare un altro fascio di energia, qualcosa piombò giù dal cielo, colpendo Loki in pieno petto, facendolo volare indietro, schiantandosi contro un paio di scalini.

Nel piazzale atterrò quella che pareva una cyber-armatura, la quale riconobbi immediatamente: Tony Stark, alias Iron man.

Ma quanto aveva aspettato prima di farsi vedere?

Si alzò in piedi, sfoderando una buona parte del suo arsenale contro un Loki alquanto sofferente per il colpo subito.

-Fai la tua mossa, piccolo cervo- disse con fare canzonatorio.

Di colpo l'armatura asgardiana sparì e il dio alzò lentamente le mani in segno di resa, continuando a fissare Stark e Rogers in piedi davanti a lui.

-Bella mossa- disse Stark, riponendo tutte le sue armi.

Io, con passo incerto raggiunsi i due, una mano premuta sul fianco, ricevendo sostegno da un Rogers alquanto sconcertato.

-Allora ragazzina è vero che puoi friggermi il cervello-

-Pensavi ti raccontassi cazzate?- risposi sorridendo, ma dentro di me sentivo la stanchezza avanzare.

Con la coda dell'occhio notai che Loki non mi aveva staccato gli occhi di dosso. Mi osservava con un misto di curiosità e incredulità, come se non avesse mai visto niente del genere, o forse si. Dovetti distogliere lo sguardo, in quanto quegli occhi mi mettevano una certa agitazione all'altezza dello stomaco.

 

Risaliti sul jet, partimmo alla volta della base volante. Rogers e Stark davanti, ad osservare Natasha alla guida del velivolo, voltandosi qualche volta a guardare un silenzioso Loki. Non aveva aperto bocca da quando era stato catturato.

Io, seduta davanti a lui, non lo guardavo, intenta a quietare il dolore al fianco per la ferita che, nonostante si fosse richiusa, con lo sforzo di poco prima, aveva ricominciato a darmi fastidio. Strinsi i denti all'ennesima fitta. Possibile che, nonostante i tessuti si fossero risanati, all'interno sentissi male come se fosse ancora riaperta?

Quando presi il coraggio per volgere lo sguardo verso il prigioniero, lo vidi assorto in chissà quali pensieri. Poi anche lui mi guardò, soffermandosi sulla mia mano premuta sul fianco.

-La pallottola speciale di Barton allora ti ha colpito quella volta- disse, lasciandomi per un attimo stupita nel risentire la sua voce.

-Che vuoi dire con “speciale”?-

-A dir la verità il fatto che tu sia ancora in piedi mi convince sempre più del fatto che non sei una semplice umana. Chi sei, ragazzina?-

Eccone un altro che voleva fare il grande dinnanzi ad una femmina poco più alta di un metro e sessantacinque, all'apparenza di soli diciotto anni.

-E perchè dovrei dirlo proprio a te?- sorrisi maligna, camuffando l'ennesima fitta.

-Invece a noi vuoi dircelo, ragazzina?-

-Ma insomma, vi siete per caso messi tutti e tre d'accordo?!? Fino a prova contraria, nonostante il mio aspetto sia quello di una diciottenne, ho più anni di te e lui messi insieme e...-

Mi fermai, premendomi una mano sulla bocca. I tre mi stavano guardando interrogativi. Avevo parlato troppo, accidenti a me.

Prima però che anche solo uno di loro potesse chiedere spiegazioni, un fulmine sguarciò il cielo. Notammo Loki irrigidirsi di colpo.

-Cosa c'è? Paura di un paio di fulmini?- gli chiese Rogers.

-Io non apprezzo quello che ne seguirà- rispose l'altro, enigmatico come al solito.

In seguito all'ennesimo fulmine che parve sfiorarci, un rumore sordo sopra di noi, come se qualcuno fosse letteralmente atterrato sul velivolo.

Natasha tentava di mantenere il controllo, mentre Rogers e Stark si prepararono ad accogliere l'eventuale ospite. Dal canto mio, rimasi a fissare il dio, vedendolo per la prima volta preoccupato.

Chi poteva essere costui da mettere paura persino a lui?

Con un rumore metallico il portellone anteriore si aprì e in un primo momento ci trovammo tutti a fissare solo un cielo che minacciava pioggia.

Di colpo, come fosse comparso dal nulla, un gigante biondo vestito con eccentrici abiti, molto simili a quelli di Loki, piombò sulla passerella, fissandoci tutti in silenzio e soffermandosi particolarmente sul nostro prigioniero. Prese ad avanzare e non appena Stark tentò di fermarlo, quello lo colpì con unn grosso e pesante martello che aveva in mano, facendolo planare quasi in collo a Natasha.

Prima che sia io che Rogers potessimo muovere un solo passo, il nuovo arrivato acchiappò il dio degli inganni per la collottola e saltò letteralmente fuori dal velivolo.

Ci eravamo fatti sfuggire Loki da sotto al naso come dei pivelli.

-Pure lui adesso- sospirò Iron man mentre si rialzava e si dirigeva verso il portellone ancora aperto.

-Un altro asgardiano?- chiese Natasha e io avevo la chiara sensazione che la risposta non mi sarebbe piaciuta.

-Sarebbe un alleato?- chiese invece Rogers.

-Non importa. Se libera Loki o lo uccide il Tesseract è perduto-

-Stark, ci occorre un piano d'attacco!!-

-Io ho un piano: attacco- e detto questo saltò giù.

 

Rimasi a fissare il cielo nero dopo che anche Rogers aveva afferrato un paracadute e si era buttato. E io cosa ci facevo ancora lì impalata? Ero un vendicatore quanto loro, quindi avrei agito di conseguenza.

Così afferrai anch'io un paracadute, me lo infilai e camminai sino al ciglio della piattaforma.

Alle spalle mi giunse la voce di Natasha:

-Becky, cosa vuoi fare?!?-

-Devo aiutarli a riportare Loki alla base. È troppo importante per la missione-

-Non sei stata addestrata per questo!! L'aria non è come la terra, rischi di ritrovarti a molti chilometri dal bersaglio a causa di questo tempo-

-Non preoccuparti Nat!! Imparo in fretta. Dopotutto, senza Loki non possiamo riportare indietro il tuo caro Barton- e con un sorrisetto, mi lanciai.

In un primo momento le correnti d'aria mi impedirono anche solo di aprire gli occhi. Una volta superato però lo strato di nuvole, il vento si quietò improvvisamente, dandomi la possibilità di vedere il terreno sotto di me.

Stavo letteralmente cadendo nel bel mezzo di una fitta foresta e se fossi sopravvissuta all'atterraggio, probabilmente mi avrebbe ucciso qualcuno dei rami. Tirai la cordicella del paracadute appena in tempo, ricevendo un rinculo non indifferente che quasi mi mozzò il respiro.

Purtroppo però con il buio e gli occhi arrossati dalla discesa senza protezioni, non riuscivo a vedere dove fossero finiti i maschietti carichi di testosterone.

D'un tratto, con la coda dell'occhio, notai una scintilla di luce seguita da un rumore da impatto poco sotto di me. Poi una scarica di fulmini che cadde a pochi metri da dove mi trovavo.

Sfortunatamente uno di quello colpì di striscio il mio paracadute, facendomi cadere al suolo ad una velocità troppo elevata perchè nell'atterraggio non rischiassi di rompermi entrambe le ginocchia.

Di colpo però, quando stavo ormai per schiantarmi al suolo, qualcosa arrestò la mia corsa. Il pezzo di tela, ormai inutilizzabile, si era incastrato tra i rami di un grosso albero, facendomi rimanere a penzoloni come un pesce preso all'amo.

Imprecai per qualche secondo contro le cinghie dello zaino, le quali cedettero d'improvviso, facendomi cadere a terra di schiena, imprecando in tutte le lingue che conoscevo.

Dolorante mi alzai in piedi, i capelli arruffati e la divisa sporca di terra e chissà quale altra schifezza.

In quel momento sentii delle voci poco lontane, quindi decisi di andare a vedere, sperando che fossero quei tre deficienti che pensavano a combattere piuttosto che riprendere sotto custodia Loki.

Così, incazzata e dolorante, a passo quasi marziale, mi ritrovai su di un pezzo di roccia sopraelevato rispetto al bosco, mentre sotto di me vidi l'asgardiano e Stark che se le davano di santa ragione.

Incrociai le braccia sul petto, sbuffando:

-Uomini, sono così bambini-

Poi, senza neanche voltarmi, dato che riuscivo distintamente a percepire il suo sguardo su di me, continuai:

-Tu non fai certo eccezione, quindi risparmiati le battute taglienti. Con loro puoi fare anche il dio figo e senza paura, ma io riesco a guardare oltre. Quindi adesso, da bravo, ti fai rimettere le manette e ce ne torniamo alla base dello S.H.I.E.L.D., dato che ho anche bisogno di una doccia-

-Sei un soggetto interessante, umana- rispose lui.

-Guarda che io ho un nome ed è Rebekka- aggiunsi io, stanca di essere chiamata “creatura”, “umana” o in altro modo che faceva apparire tutto alquanto razzista.

-Già, in fondo sono sicuro che tu neanche sei di qui, non è vero?-

-Basta scervellarsi. Sono solo frutto di un esperimento andato male. Quindi non considerarmi qualcosa di interessante. Adesso, visto che anche i maschietti a terra hanno finito di litigare, alzati e porgi le mani-

Inaspettatamente il dio si alzò, ubbidendo al mio ordine. Io, fissandolo sospettosa, portai una mano dietro la schiena per recuperare le manette e gliele misi ai polsi. Quando però le mie dita sfiorarono le sue mani, accadde qualcosa di imprevedibile: davanti ai miei occhi presero a passare stani flash, di persone, di luoghi, di parole sussurrate.

La testa mi doleva a vedere quelle immagini e notai il sorriso divertito di Loki davanti a me. Interruppi immediatamente il contatto, portandomi una mano alla tempia e gemendo. Fui costretta a chiudere gli occhi e indietreggiare di qualche passo.

-Sai, Rebekka, credo di avere appena scoperto il tuo segreto-

 

Non attesi che Loki fosse prelevato dal jet, ma mi allontanai immediatamente dopo l'atterraggio per raggiungere il dottor Banner in laboratorio. Avevo bisogno di saperne di più su di una cosa che da tempo sospettavo.

Così aprii la porta della stanza, interrompendo il dottore durante un'esame di quello che pareva lo scettro di Loki.

-Agente Newborn, come mai da queste parti-

-Mi chiami pure Rebekka, Bruce, dopotutto facciamo parte della stessa squadra. Comunque sono qui per chiederle un favore: ho bisogno di un'analisi del sangue-

-Come? Perchè?-

-A dopo le domande. È una cosa che dovrà tenere nascosta anche a Fury. Ho necessità di far chiarezza su una cosa. Per favore, mi aiuti-

Lo fissai intensamente: ero davvero pronta alle conseguenze che avrebbero portati i risultati di quell'esame?

Così, arrendendosi, il dottore mi fece accomodare su di una sedia e mi alzò una manica, notando quasi immediatamente il simbolo marchiato sul mio polso.

-Cos'è questo?- mi chiese, sfiorandolo appena con due dita.

-Una delle cose che devo scoprire- risposi seria.

L'uomo mi osservò per un attimo, combattutto sul fidarsi di me, era evidente. Ma se Fury aveva deciso di coinvolgermi, allora significava che ero una persona affidabile, o quasi.

Avvertii a malapena l'ago che mi entrava nel braccio e fissai il mio sangue che entrava in un paio di boccette di Banner provvide a cambiare.

Mentre lui mi pose un pezzo di cotone disinfettato per il piccolo foro che non immaginava fosse già pressocchè richiuso, notammo un gruppo di persone che passava all'esterno del laboratorio. Tra di loro stava proprio Loki, il quale si voltò verso entrambi e sorrise trionfante.

-Giuro che prima o poi lo prenderò a schiaffi talmente forti da fargli perdere la memoria- sospirai, cercando lo sguardo del dottore per un appoggio in quella vendetta.

Lo vidi dietro il tavolo sul quale stava lo scettro. Si era tolto gli occhiali e si stava strusciando gli occhi con due dita. Pareva frustrato.

-Tutto a posto?- chiesi, perplessa e sospettosa.

-Sto bene. Solo stanchezza-

Tutti o quasi erano a conoscenza della creatura che si nascondeva nel corpo del dottore. Sapevamo anche che ogni comportamento sospetto o che gli avesse arrecato qualche tipo di stress sarebbe stato nocivo per tutti. Se Banner si fosse arrabbiato sarebbero stati guai seri.

Non so il motivo, ma quando vidi come Loki fissava il dottore i sospetti nacquero in me.



NdA 
Nonostante non arrivino recensioni, io continuo imperterrita a scrivere. Spero che prima o poi qualche commento arrivi :). Un saluto Marty

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Capitolo 5
*** Checkmate the king ***






Loki fu rinchiuso in una cella di massima sicurezza, la quale, in caso di bisogno o tentata manomissione, sarebbe stata espulsa dalla base volante. In realtà non era stata costruita per ospitare l'asgardiano, ma per una creatura molto più pericolosa di lui.

Ma l'emergenza aguzza l'ingegno, quindi imbottigliammo il dio in quella sorta di acquario gigante.

Noi, reduci dallo scontro avuto con quello che scoprii essere Thor, fratello dello squilibrato, ce ne stavamo seduti attorno al solito tavolo rotondo, ascoltando il discorso tra il prigioniero e Fury.

Sentendo le sue parole, non potei fare a meno di irrigidire la mascella in una smorfia di dissenso: come poteva qualcuno pensare di sterminare un'intera razza senza neanche battere ciglio o sentirsi in colpa?

-Diventa sempre più simpatico- sentii dire al dottore, portandomi a scollare gli occhi dallo schermo che riportava le registrazioni della telecamera della cella.

-Loki la manderà per le lunghe- aggiunse Rogers, anche lui visibilmente provato.

Poi, rivolto a Thor, chiese:

-Qual'è il suo gioco?-

-Ha un esercito, i Chitauri. Non sono di Asgard o di altri mondi conosciuti. Intende condurli contro il vostro popolo. Loro sconfiggeranno la Terra in cambio, immagino, del Tesseract-

-Un'esercito...dallo spazio...- ripetè incredulo e con una punta di scetticismo il palestrato.

Io, come al solito, mi ero isolata dai loro discorsi, avendo la capacità di carpire solo le informazione base alla missione ed eliminare ogni discorso superfluo. Come quello che intrapresero Banner e Stark all'arrivo di quest'ultimo qualche minuto più tardi. L'unica cosa che mi interessò fu la funzione stabilizzante dell'iridio rubato in Germania.

Ancora però non riuscivo a capire come Loki, colui che era riuscito a sfuggire anche alla giustizia asgardiana, si fosse lasciato catturare così facilmente da un gruppo di umani, straordinari certo, ma pur sempre umani.

-Becky, tutto a posto?- mi chiese Natasha, posandomi una mano sulla spalla.

-Si,“Becky”, noi ci aspettiamo qualche spiegazione- disse Stark, il quale, a quanto pareva, non si era ancora dimenticato della mia dichiarazione poco chiara circa la mia età.

-Non credo che sia importante in questo momento- risposi, continuando a tenere lo sguardo sulla superficie del tavolo.

-Non è importante? Hai mandato in tilt i miei sistemi di navigazione con quella barriera che hai innalzato, visibile anche dal cielo. Ditemi se solo io sono un invasato o se anche voi avete visto cosa ha fatto- continuò Stark con la sua solita geniale eccentricità.

-Qualcuno vuole spiegarmi?- chiese un confuso Thor, seguito anche da Banner.

-La signorina qui presente ha ammesso che, nonostante sembri avere solo diciotto anni, in realtà ne ha molti più di noi messi insieme. Ora io mi chiedo: perché?-

Alzai finalmente gli occhi, puntandoli su ognuno dei presenti. In particolare mi fermai su Natasha, unica tra tutti a sapere il mio segreto, e lei, in qualche modo, mi fece capire che era meglio raccontare la verità, o almeno quella che conoscevo.

Non l'avevo però messa al corrente delle analisi che avevo chiesto al dottore e un po' mi sentii in colpa per questo.

-Bene, innanzi tutto il mio nome è davvero Rebekka, ma il cognome mi è stato dato solo tre anni fa, quando giunsi su questo pianeta-

-Newborn? Ovvio...-

Questo era Stark.

-Vuoi dire che sei un'aliena?- chiese Rogers, balzando in piedi.

-Diciamo che assomiglio molto sia a Thor che a Loki, in quanto ho usato, o almeno credo, lo stesso portale che hanno loro per giungere qui-

-Da quale pianeta?- mi chiese l'asgardiano serio.

-Non sono una minaccia, se questo volevi intendere, biondo. Non ho molti ricordi della mia vita prima di questa, compresi i volti di quelli che dovrebbero essere i miei genitori. Sono sicura però che fossimo alleati di Asgard, in quanto ne ho sempre sentito parlare in chiave molto positiva-

Il gigante biondo parve rilassarsi, poi tornò alla carica:

-Ancora però non mi hai detto da quale dei Nove Mondi provieni-

-Alfheimr- risposi con un filo di voce.

-Non è possibile- disse l'asgardiano, guardandomi confuso, sedendosi per la prima volta da quando era salito a bordo.

-Cosa ti prende?- chiesi allora, curiosa di sapere il perchè del suo strano comportamento.

-Il sovrano di quel mondo è sempre stato un ottimo alleato di mio padre e ricordo che veniva a trovarci molto spesso, portando con sé la figlia, la quale, ora che ti guardo meglio, ti somigliava davvero. Eravamo diventati amici con la bambina, sia io che Loki. Purtroppo, esattamente tre anni fa, Alfheimr è stato distrutto, implodendo su se stesso e sparendo come se non fosse mai esistito-

Io lo fissai, per la prima volta in vita mia completamente sconvolta. Thor conosceva il mio passato e adesso che potevo farvi luce, lui mi diceva che tutto il mio popolo era stato letteralmente distrutto. Quindi io ero letteralmente l'unica sopravvissuta.

-Chi è stato?- chiesi tra i denti.

-I Chitauri-

Non lasciai che aggiungesse altro, in quanto mi alzai e abbandonai la sala, sapendo benissimo dove mi sarei diretta.

 

Attraversai come una furia i corridoi che mi avrebbero portato nella stanza dove avevano rinchiuso Loki. Lo vidi ancor prima di arrivare, seduto su di una fredda panca, unico arredamento nella sua prigione.

-Guarda chi si vede- disse nella mia direzione, allargandosi in uno strafottente sorriso.

-Non fare lo spiritoso, razza di stronzo!! So quello che hai fatto-

-Ho fatto tante cose. Rinfrescami la memoria- rispose, poggiandomi i gomiti sulle ginocchia e fissandomi intensamente.

-Tu sai ormai che non sono umana e hai anche capito qual'è il mondo dal quale vengo-

-Può darsi- rispose.

-Perchè?!? Cosa hai ottenuto distruggendo quel mondo?!?-

-Non ho dato io quell'ordine se è questo che intendevi-

Notai il suo sguardo farsi serio per un attimo.

-Cosa cercavano i Chitauri? Come hai potuto spazzare via un alleato del tuo stesso padre?-

Stranamente, dopo tanti anni, sentivo gli occhi bruciarmi e a poco a poco inumidirsi. Era come se d'un tratto dei ricordi mi stessero tornando a galla, ma erano confusi e mi facevano solo male. Perchè la mia memoria era stata cancellata? Cosa volevano che non ricordassi?

Lo vidi alzarsi dalla branda di metallo e incamminarsi verso il vetro che ci divideva. Quegl'occhi, li ricordavo, ma quelli che vedevo io avevano una scintilla diversa, folle, perversa. Distolsi lo sguardo, arretrando di qualche passo. Non volevo la sua vicinanza, neanche se eravamo separati da quel vetro all'apparenze infrangibile.

-Sei sempre stata una mocciosa piagnucolosa e petulante, anche quando giungevi ad Asgard con quel miserabile di tuo padre e ci costringevano a passare del tempo con te. Quei capelli rossi come il fuoco legati in due ridicole trecce e quegli occhi così chiari e spenti che non scatenavano interesse. Immagina il mio disgusto quando mi comunicarono che eravamo stati promessi-

Una lampadina mi si accese nel cervello, come se fossi appena uscita da un sogno.

-Come scusa?- chiesi, stavolta muovendo un passo nella sua direzione.

-Quello che ho detto. Io e te, carina, siamo promessi. Non che la cosa mi piaccia, sia chiaro. Immagina la faccia di tuo padre quando mi trovò dinnanzi a sé ad assestargli il colpo di grazia piantandogli il mio scettro in mezzo al petto. Sfortuna volle che tu non fossi più lì, altrimenti mi sarei divertito anche con te- concluse, aprendosi in un odioso sorriso.

-Sei un bastardo, Loki!! Giuro che ti ucciderò con le mie mani- ringhiai, sbattendo un pugno contro il vetro, facendolo stavolta arretrare di un passo.

-Non crederai mica di farmi paura, ragazzina? I tuoi poteri non sono niente in confronto ai miei-

-Oh, non hai ancora visto niente, asgardiano- conclusi e, lasciandolo mentre mi fissava, mi allontanai.

 

Fu Thor a trovarmi, nascosta tra i bauli della stiva. Non so come fece, ma lui mi disse che era stato l'istinto a guidarlo. Fatto stà che me lo ritrovai davanti mentre mi fissava con chiaro dispiacere nello sguardo.

-Perchè sei qui?- gli chiesi, alzando un poco quello sguardo che fino a quel momento era rimasto nascosto.

-So che hai parlato con Loki. Cosa ti ha detto?-

-Ogni cosa. Mi ha confermato che sono stati realmente i Chitauri ad attaccare Alfhreim, che lui stesso ha ucciso mio padre a sangue freddo e che se anch'io fossi stata presente, avrebbe provveduto anche a me. Inoltre ha parlato anche di un'altra cosa, ma non gli ho voluto credere-

Vidi il biondo abbassare lo sguardo e voltarmi le spalle. Io, sospettosa, mi alzai in piedi e mi feci dietro di lui.

-Tu sai quello che Loki mi ha detto, non è così?-

-Rebekka, potrai non crederci, ma è la verità-

-Ma perchè proprio lui?-

-Avevate circa la stessa età, caratteri compatibili. Stavate volentieri assieme e vi volevate bene. Inoltre io ero quello meno affidabile e in fondo, con quel patto, mio padre puntò tutto su mio fratello-

-Stai scherzando? Un meteorite ti ha colpito in pieno facendoti perdere il senno? Come puoi pensare che io e Loki fossimo compatibili? Come potevamo andare d'accordo se lui mi ha appena definito petulante e piagnucolona?-

-Quello non è più il fratello che ricordo, Rebekka. Qualcosa in lui si è rotto, ma forse è rimasto ancora il vero Loki dentro quell'essere-

-Pensala come ti pare Thor, ma io giuro su qualsiasi entità alta e somma che esista, che se ne avrò l'occasione ucciderò quell'asgardiano con le mie mani-

 

Non ebbi più occasione di parlare con Thor, semplicemente perchè ci ignoravamo ogni volta che incrociavamo il nostro cammino. Scoprii presente sulla base volante un'intera sala dove potermi allenare, non senza il permesso di Fury ovviamente. In questo modo poteva scaricare la tensione e la rabbia senza che qualcuno ci andasse di mezzo.

Stavo percorrendo il corridoio che passava di fianco al laboratorio di Banner, notandolo mentre parlava con Stark e Rogers. Parevano tutti e tre alquanto tesi, come se stessero discutendo di qualcosa di realmente grave.

A mio parere avevano scoperto qualcosa sul cubo o sulle intenzioni dell'asgardiano, ma non volli intromettermi. Se mai avessero avuto intenzione di comunicarlo alla squadra, allora sarei stata presente. Prima di allora mi sarei fatta gli affari miei.

Senza volerlo mi trovai a passare proprio per la zona in cui si trovava la cella di Loki. Non avevo intenzione di vederlo, quindi decisi di tornare indietro. In quel momento però sentii una voce familiare che stava parlando proprio con il prigioniero, o meglio, lui stava letteralmente dado fondo al suo vocabolario di offese. Mi affacciai dall'angolo, notando Nat voltata di spalle rispetto alla cella, con il dio schiacciato contro il vetro che imprecava contro di lei.

Stavo per intervenire, quando notai sul volto della mia amica un sorrisetto soddisfatto. Accidenti, aveva quasi ingannato anche me.

Era tipico di Natasha: mostrarsi debole per lasciar dire all'interrogato quello che voleva. Che volpe...

Mi divertii a vedere la faccia di Loki una volta scoperto di essere stato raggirato. La seguì con lo sguardo mentre veniva verso di me. Io, nel frattempo ero uscita dal mio nascondiglio e sorridevo.

-Ottimo lavoro, rossa-

-Umani o divini, sono comunque uomini. Non possono competere contro la psicologia femminile- rispose Natasha di rimando, battendo la sua mano contro la mia alzata a mezz'aria.

-Ti aspetto in laboratorio- mi disse poi e se ne andò.

Rimasi per qualche secondo a fissare un Loki furente, poi, rivolgendogli un sorrisetto strafottente, me ne andai.

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Capitolo 6
*** You will be defeated... ***






Giunsi al laboratorio già a discussione iniziata. Erano tutti presenti, anche Fury, mentre Banner stava mostrando su uno degli schermi del computer quello che parevano i progetti per la costruzioni di missili con l'aiuto del Tesseract.

Proprio quella domanda stava ponendo il dottore al direttore ed ero curiosa anch'io di sentire la risposta. Fin da quando avevo visto per la prima volta il cubo avevo iniziato a sospettare qualcosa, ma la costruzione di armi non l'avrei mai immaginato.

Il direttore però disse qualcosa che ci lasciò tutti senza parole.

-Per causa sua- rispose, indicando proprio Thor, il quale era giunto assieme a Natasha qualche secondo prima di me.

-Mia?- rispose l'asgardiano, forse più stupito di tutti noi.

-Circa tre anni fa* un visitatore di un altro pianeta ha scatenato uno scontro tra rivali che ha raso al suolo una cittadina. Abbiamo imparato che oltre a non essere soli, siamo miserabilmente e ridicolmente inadeguati-

Quel discorso non mi piaceva affatto. Cominciai ad agitarmi, scansandomi dalla parete dalla quale mi ero appoggiata e raggiunsi il resto dei membri.

-Il mio popolo vuole la pace con il vostro pianeta-

-Ma voi non siete l'unico popolo- rispose Fury, spostando lo sguardo su di me.

-Non mi guardi così. Io ho appena scoperto che il mio intero mondo è stato disintegrato, quindi...-

-Il mondo si sta riempiendo di esseri fuori dal comune che non possiamo controllare-

-Ho un'obiezione. Fino a prova contraria, sino a questo momento questi “esseri fuori dal comune” hanno fatto comodo allo S.H.I.E.L.D. non è vero?- intervenni io, sentendomi indirettamente tirata in causa.

-Becky, non è il momento- intervenne Natasha.

-Nat, ti voglio bene, ma qui ne va del mio orgoglio personale. Fury ci sta trattando come una specie di mostri, quando almeno io ho sempre combattutto per questo mondo che neanche è mio-

-Il vostro lavoro con il Tesseract ha attirato qui Loki e i suoi alleati. E' un segnale a tutti i regni che la Terra è pronta per nuove forme di guerra più evolute-

-Dovevamo inventarci qualcosa...-

-Deterrente nucleare. Perchè quello calma sempre tutto, all'istante- intervenne Stark.

La situazione stava degenerando e non andava bene. Nonostante fin dall'inizio non mi andasse molto a genio quell'accozzaglia confusa di individui per niente compatibili, quello era il momento più sbagliato per litigare come un gruppetto di prime donne.

Tentai quindi di intervenire, ma nessuno mi dava retta. Stavo cominciando ad incazzarmi sul serio.

Di colpo notai qualcosa che nessuno degli altri era riuscito a cogliere: il cristallo sullo scettro di Loki aveva preso a brillare. Una fitta alla testa mi fece gemere, come se un martello stesse operando dentro il mio cervello. Sentivo una strana energia scorrere in me e i due marchi sui polsi presero a bruciare.

Avevo una strana sensazione, come se stesse per succedere qualcosa e fino a quel momento, sfortunatamente, non mi ero mai sbagliata.

Quando riaprii gli occhi notai che sia Fury che Natasha avevano inaspettatamente portato la mano destra alle pistole. Non capivo il perchè di tale reazione così alzai lo sguardo: Banner aveva impugnato lo scettro di Loki.

D'istinto anche io feci un passo avanti, nonostante ancora la testa mi martellasse.

-Dottor Banner, metta giù lo scettro- disse Rogers.

Quello ci fissò tutti confuso, come se non si fosse accorto del gesto che aveva compiuto. In quel momento il computer che stava rintracciando i segnali gamma del Tesseract emise un bip sospetto.

-Beccato- intervenne Stark, rimettendosi però poi a discutere con Rogers.

-Non è possibile- sentii dire a Banner, poco dietro di me.

Prima che qualcuno di noi potesse realizzare quello che il dottore aveva scoperto, un'esplosione scosse l'intera base. Attraverso i condotti d'aerazione si propagò sino alla stanza dove ci trovavamo, senza darci la possibilità di reagire. Vidi solo il fuoco, il fumo, Natasha e Banner che sfondavano i vetri di protezione, cadendo entrambi al piano di sotto.

Rogers e Stark sparirono poco dopo, pronti all'azione.

Gli orecchi mi fischiavano, mentre la testa ancora doleva. Perchè dovevo avere sempre ragione?

 

Il caos si scatenò per l'intera base, mentre era evidente che stavamo perdendo quota e potenza. Probabilmente era stato colpito uno dei motori.

Era ovvio che l'attacco non era stato casuale, in quanto, grazie al congegno di mimetismo, nessuno avrebbe potuto trovarci. Qualcuno aveva attivato un segnale dall'interno e cominciavo a sospettare che fosse lo scettro ad emanare l'impulso. Quindi la conclusione poteva essere solo una: erano lì per liberare Loki.

Mentre sentivo la voce di Fury che chiedeva l'entità dei danni e contattava i vari membri per organizzare la difesa, mi alzai lentamente. Mi portai una mano ad una gamba quando una fitta mi scosse: un pezzo di vetro mi era penetrato nella coscia, costringendomi ad un'andatura zoppicante e limitando di parecchio i miei movimenti.

Ma non potevo arrendermi, dovevo raggiungere l'area di detenzione. Non avrei permesso a quel bastardo di Barton di liberare l'asgardiano, avessi raggiunto la prigione sui gomiti.

Nei corridoi era pressocchè impossibile camminare, in quanto, di continuo, andavo a sbattere contro persone che correvano ad armarsi o solamente al riparo. A causa della ferita non potevo mantenere bene l'equilibrio, quindi rischiai più di una volta di essere sbattuta a terra.

I rumori provenienti dall'esterno non erano un granchè rassicuranti. Voltato l'ennesimo angolo, mi poggiai con un sussurro ad una delle pareti per riprendere fiato, dato che la ferita alla gamba non pareva certo una sciocchezza e mi stava consumando parecchie energie. Se non estraevo il vetro, la pelle non si sarebbe rimarginata.

Ricominciai a camminare, o meglio, a zoppicare, quando l'ennesimo scossone rischiò di farmi cadere a terra. Mi sorressi alla parete del corridoio e per poco non venni travolta da un gruppo di soldati diretti al magazzino inferiore.

Da quello che riuscii a capire erano sorti altri problemi e tra le grida agitate sentii parlare di qualcosa che somigliava ad una creatura dalla pelle verde e dalla forza smisurata.

-Cazzo, Hulk si è risvegliato. Momento sbagliato, situazione sbagliata- dissi, mentre continuavo ad avanzare senza che nessuno facesse caso a me.

Quando fui a pochi passi dall'obiettivo la mano mi scese automaticamente al calcio della pistola, sperando che non fosse troppo tardi. Non che sperassi di poter fare qualcosa con quella, ma almeno mi infondeva un po' di sicurezza in più.

Di colpo, quando ormai ero arrivata all'area di detenzione, la base prese ad inclinarsi pericolosamente, segno evidente che anche il resto dei motori era stato messo fuori uso. Evitai per un pelo una cassa pesante che scivolava giù per il corridoio con una pendenza di ormai quasi venti gradi. Vidi il panico dilagare tra l'equipaggio, mentre, come era prevedibile, nessuno era rimasto a sorvegliare il prigioniero.

-Se la sono proprio ingegnata bene- pensai, prima di riuscire a riprendere equilibrio.

Degli spari poco lontani: il nemico stava prendendo campo. Mi guardai avanti, per poi voltarmi indietro, nella direzione dalla quale avvertivo le scariche di mitra.

Cosa avrei dovuto fare? Salvare gli agenti o impedire a Loki di andarsene?

Ero combattuta e purtroppo stavo perdendo tempo prezioso. Sentivo il sangue scendere dalla coscia sino alla caviglia e ormai avevo la divisa inzuppata. Le gambe stavano cedendo, ma io non avevo tempo per pensare ad estrarre la scheggia. Decisi: avrei pensato all'asgardiano.

Una volta sventata la sua fuga, poi avrei potuto occuparmi del resto.

D'un tratto sentii un grido. Pareva la voce di Thor.

Misi ogni mia energia in quello scatto, parandomi dinnanzi all'entrata dell'area detenzione proprio nel momento in cui il dio biondo veniva sbattuto dentro la cella, attraversando letteralmente quella che pareva un'illusione di Loki, il quale lo fissava da fuori, sorridendo.

-Possibile che tu ancora non abbia imparato?-

Accidenti, dovevo ammettere che per essere un essere superiore, Thor era veramente impulsivo e poco calcolatore. Doveva aspettarsi uno scherzo del genere da parte del maestro degli inganni.

Così, cautamente, avanzai alle spalle di uno degli uomini armati penetrati nella base, stordendolo con un colpo solo, colpendolo con la pistola all'altezza della collottola.

Prima che il dio potesse rendersene conto, gli puntai la canna dell'arma alla nuca.

-Non ti muovere- dissi tra i denti.

-Rebekka, sapevo che saresti venuta. Sei prevedibile-

Vidi l'immagine di Loki tremare, come se fosse stata l'ennesima illusione. Prima però che potessi reagire, un colpo al polso mi fece mollare la presa sull'arma. Tentai di voltarmi per contrattaccare, un altro colpo alle ginocchia me le fece piegare bruscamente, mentre il braccio destro mi veniva portato dietro la schiena, facendomi gemere.

-Anche tu non hai imparato, ragazzina- sentii dire alla voce di Loki poco lontano dal mio orecchio.

Rabbrividii e tentai di sottrarmi, ma più mi dimenavo, più il braccio mi veniva piegato.

Poi, di colpo, sentii qualcun'altro che mi afferrava e mi teneva ferma. Se non fosse stata per la ferita alla gamba mi sarei liberata da quell'energumeno, almeno immaginai fosse così, che mi teneva ferma, ma con quella ferita che mi martellava non riuscivo neanche a muovermi decentemente.

Vidi Loki riavvicinarsi al vetro, attraverso il quale Thor fissava me e lui in alternanza. Tentavo di elaborare la situazione per trovare una soluzione abbastanza veloce per reagire, ma la mia mente si era come bloccata, non riusciva a carburare.

Vidi l'asgardiano moro muovere qualche passo verso il pannello dei comandi della prigione e intuii quali fossero i suoi piani. Tentai ancora di dimenarmi, ma un braccio mi si chiuse attorno al collo, quasi soffocandomi.

-Gli umani ci ritengono immortali. Vogliamo verificarlo?-

D'un tratto sentii il peso dell'energumeno alle mie spalle venire meno, lasciando la presa che aveva su di me. Mi spostai per non farmelo cadere addosso, ma non riuscii comunque a rimanere in piedi: ormai la ferita alla coscia mi faceva troppo male.

Mi voltai, trovando Coulson con una strana arma puntata contro Loki.

-Per favore, indietro- disse e il dio non potè fare a meno di obbedire.

-Ti piace? Abbiamo lavorato sul prototipo dopo che hai mandato il Distruttore. Neanch'io so cosa faccia. Vogliamo verificarlo?-

Incredibile, Phil che faceva una battuta? Cosa mai vista né sentita. Ormai avevamo la situazione in pugno. Mi poggiai alla parete per alzarmi in piedi, quando però accadde l'inevitabile: vidi la punta di quel maledetto scettro attraversare da parte a parte il petto di Coulson, facendogli emettere un gemito soffocato.

-Noooo!!- gridai e Thor mi fece da eco.

Come se non mi importasse nulla del dolore che sentivo, mi gettai al fianco dell'uomo, il quale, nel frattempo, era caduto sino a terra contro una delle pareti.

Loki, comparso dietro di lui, camminò lentamente verso il pannello comandi, non prima però di aver lanciato uno sguardo soddisfatto sia a me che al fratello.

Mi avvicinai a Coulson, premendo d'istinto una mano sulla ferita. Il sangue stava già macchiando la camicia bianca.

-Phil, mi senti?- sussurrai, mentre le lacrime mi salivano agli occhi.

-Rebekka, sei tu? Te ne devi andare, è pericoloso-

-Stai scherzando vero? Io non ti mollo, mio caro. Mi devi ancora un pranzo dall'ultimo favore che ti ho fatto, quindi vedi di non tirare le cuoia-

-Credo che per stavolta dovrai dimenticarti del pranzo- sorrise debolmente lui.

-Ascoltami bene Phil, se adesso muori, giuro che verrò a ripescarti in qualunque posto tu sia finito solo per prenderti a schiaffi-**

In quel mentre sentii una forte corrente d'aria spandersi per la stanza, scorgendo il bocchettone al di sotto della cella di contenimento aprirsi. Lanciai uno sguardo a Loki, il quale stava fissando Thor, mentre la mia mano era ancora premuta sulla ferita insanguinata di Coulson.

Di colpo la capsula venne sganciata a Thor precipitò nel vuoto. Mi lanciai contro il parapetto, fissando la cella che spariva tra le nuvole.

-No...- mormorai, prima di cadere in ginocchio, le mani ancora incollate al parapetto di metallo.

Ero sola, stavolta davvero. Phil era morto davanti ai miei occhi, mentre Thor si stava schiantando chissà dove.

Avvertii dei passi alle mie spalle e una mano che mi afferrava i capelli, facendomi inclinare la testa all'indietro, gesto seguito dalle mie imprecazioni.

Portai entrambe le mani su quella di lui, tentando di fargli mollare la presa, ma senza risultato. Così mi ritrovai a fissarlo negli occhi:

-Allora? Cosa aspetti a farmi fuori? Non era quello che desideravi?-

Lo vidi schiudersi in un sorrisetto divertito.

-Non dopo che ho scoperto interessanti cose sul tuo conto, cara Rebekka-

Sentii un'improvvisa fitta alla schiena, poi la spossatezza impossessarsi di me.

-Tu sarai sconfitto...- sussurrai.***

Dopodichè delle parole lontane che non riuscii a capire mi accompagnarono sino alla perdita dei sensi.




*Modificato un pò il tempo passato dalla prima visita di Thor sulla Terra per adattarlo alla storia di Rebekka.
**Coulson muore prima che Thor venga espulso con la cella. Inoltre ho eliminato la parte in cui Loki sfonda la parete dopo essere stato colpito dal prototipo. Volevo dare una visione un pò più figa del dio dell'inganno, quindi credo che eliminerò anche quando viene batostato da Hulk.
***La battuta che Coulson fa poco prima di morire l'ho fatta dire a Rebekka.

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Capitolo 7
*** You have to choose me... ***






 

Fury era arrabbiato, ma più che altro deluso. Continuava a fissare all'esterno della grande vetrata, mentre il resto dello S.H.I.E.L.D. si stava impegnando per riportare i sistemi online e provvedere ai danni causati dall'inaspettata incursione.

Avevano perso Coulson, un agente capace e di grande onore, per un errore fatto dagli stessi eroi che lui aveva personalmente selezionato. Si era sbagliato, sperava di riuscire a far collaborare individui all'apparenza diversi, ma tutti con grandi potenziali. Invece si era messo per le mani un ammasso di persone con comportamenti infantili e tendenze alquanto individualiste. Si era letteralmente giocato la faccia in quell'impresa e il pensiero di aver fallito non faceva che aumentare il suo malumore.

Dietro di lui, seduti al solito tavolo circolare, erano rimasti solo Stark e Rogers, entrambi abbastanza afflitti dal fallimento. Nessuno dei due aveva parlato da quando tutto il marasma era finito. In particolar modo Stark pareva alquanto segnato dalla scomparsa di Coulson e probabilmente, se non fosse stato così egocentrico e cinico, avrebbe forse versato anche qualche lacrima. La realtà era comunque una sola: Loki era scappato, Banner era introvabile, Thor pure, e il direttore era sicuro che anche Rebekka si fosse ficcata in qualche guaio, dato che non erano stati capaci di trovarla da nessuna parte.

Gli agenti che avevano esaminato il luogo nel quale Coulson era morto avevano affermato che il sangue non apparteneva tutto all'agente, ma anche ad un individuo di sesso femminile. I dati di Rebekka non erano mai stati registrati negli archivi dello S.H.I.E.L.D., per paura che qualcuno che fosse riuscito a superare le barriere informatiche scoprisse la reale natura della ragazza. Fury però era certo che quel sangue appartenesse proprio a lei e questo non lo faceva certo star tranquillo.

L'unica cosa positiva in tutta quella situazione era che forse sarebbero riusciti a riportare Barton dalla loro parte, ma le percentuali non erano certo dalla loro. Se ne stava occupando Natasha e lei era la sola in grado di far salire le loro probabillità di successo.

Adesso quale sarebbe stata la prossima mossa?

 

* * *

 

Vedeva in lontananza un imponente palazzo che svettava contro il cielo, luminoso come se le stesse mura emanassero luce.

Camminava dietro al padre, del quale riusciva a scorgere solo il lungo mantello  porpora che gli fluttuava sulle spalle, mentre lunghi capelli bianchi legati in una treccia gli dondolavano sulla schiena. Per lei era sempre stato l'unico uomo nella suavita che avesse reale importanza, il solo che fosse degno della sua ammirazione e del suo rispetto.

Come ogni volta, prima di varcare una grande porta color dell'oro che conduceva chissà dove, ad accoglierli giungeva una donna dai lunghi capelli castani, gli occhi grandi e dolci, alla quale suo padre si inchinava leggermente in segno di rispetto.

Poi quella, sorridendole, le porgeva la mano, invitandola a seguirla. Lei lanciava uno sguardo all'uomo come per ottenere un muto permesso, dopodichè afferrava la mano della donna e veniva condotta lontano, in un'altra ala del castello, senza però staccare gli occhi dal padre che le sorrideva. Quella volta era stato un gesto diverso, come se ci fosse nascosta una scintilla di tristezza.

La parte del palazzo dove veniva ogni volta portata era formata da una stanza circolare, una grande terrazza dava visione del paesaggio, mentre l'interno era nascosto da pesanti tende del colore dell'oro. Era là che ogni volta incontrava i due principi.

Quella volta il maggiore gironzolava con un altro gruppo di ragazzini, tre maschi e una femmina, i quali però a lei non piacevano. Facevano giochi in cui ci si faceva male e le poche volte che aveva partecipato era sempre tornata a casa piena di lividi. Preferiva rimanere in disparte, lontano dagli sguardi, aspettando con calma che suo padre avesse concluso l'incontro con il sovrano del palazzo.

Quella volta però c'era qualcosa di diverso: nell'angolo dove era solita mettersi stava il minore dei fratelli, i capelli mori leggermente lunghi sulle orecchie, gli ricadevano sul volto, lo sguardo  nascosto impegnato nella lettura di un libro.

Sentì il sorriso nascerle sul viso e, con passo sicuro, lo raggiunse, sedendosi a fianco a lui. Quello alzò a malapena gli occhi per vedere chi mai fosse che lo disturbava.

Che cosa vuoi?” chiese scontroso, ma lei non si allontanò.

Non avevano mai parlato seriamente. Quel bambino era scontroso, a volte cattivo, ma lei riusciva a scorgere un'immensa tristezza e solitudine in quello sguardo così freddo. Per quel motivo non si allontanò.

Ti ho visto solo, volevo farti compagnia”

Non ho voglia di giocare”

Neanch'io ne ho voglia”

Lui alzò un po' lo sguardo, facendo attenzione che nessuno li stesse ascoltando.

"Sai mantenere un segreto?"

Lei fece un cenno di assenso con la testa.

"Credo che i nostri padri stiano decidendo qualcosa che ci riguarda”

Che intendi?”

Lo vedrai”

 

* * *

 

Socchiusi gli occhi, ricevendo come un'improvvisa fitta alla testa, tanto che pensai di essere stata colpita dal Mjolnir di Thor.

Che cavolo mi aveva fatto quell'invasato di Loki? Mi aveva per caso drogato? Mi aveva soggiogato con il suo stupido scettro?

Eppure sentivo di possedere ancora tutte le mie facoltà, quindi non ero sotto il suo incantesimo. Giurai che lo avrei preso a schiaffi non appena me lo fossi ritrovato davanti. Per il momento, però, potevo io darmi della stupida, in quanto mi ero fatta catturare come una novellina.

Ma dove mi trovavo? Non ero più sulla base volante, lo sapevo, ma allora dove?

Tentai di alzarmi, ma le gambe e le braccia mi dolevano terribilmente. Fu allora che notai la coscia, adesso fasciata. Chi mi aveva curato? Pensai fosse impossibile che fosse stato Loki, quindi giunsi alla conclusione che o aveva soggiogato qualche medico per le eventuali ferite riportate dai suoi adepti o era stato Selvig, l'unico che conoscessi in grado di curare una ferita come quella senza problemi, nonostante non fosse un dottore. Al solo pensiero mi venivano i brividi.

Mi fissai i polsi, attorno ai quali avevo delle strane manette. Pareva quasi che mi stessero risucchiando ogni forza.

-Ti sei svegliata- disse una voce, la quale riconobbi all'istante.

-Che cosa vuoi da me? Perchè sono qui?- dissi, senza neanche alzare lo sguardo, tentando nel frattempo di liberarmi delle catene.

Sentii i suoi passi risuonare sordi sull'acciaio del pavimento, mentre con la coda dell'occhio riuscivo a vedere il chiarore azzurro del suo scettro.

-Ti sei rivelata un'interessante pedina, donna, tutto qui. Non credevo saresti stata così sciocca da volere un prelievo di sangue, cara Rebekka. Perchè?-

-Non sono cose che dovrebbero interessarti e poi non so cosa c'entra con il fatto che io sia qui- risposi acida.

-E' stato il tuo errore più grande, una mossa poco furba. Quando mi sono liberato dalla prigione, prima di tendere la trappola a quello stolto di mio fratello con un mio clone, mi sono recato al laboratorio di Banner per recuperare lo scettro. Uno dei computer, stranamente ancora in funzione, mi ha mostrato i risultati che il dottore non è riuscito a comunicarti. E allora ho capito-

-Che cosa, di grazia?- chiesi, mentre tentavo di dare una spiegazione alle sue parole.

Me lo vidi comparire davanti, piegato sulle ginocchia in modo da fissarmi negli occhi. Sulle labbra un sorrisetto divertito.

-Nel tuo sangue ci sono traccie della stessa energia del Tesseract. Perchè?-

Rimasi impietrita, non sapendo cosa pensare o cosa dire. Non ricordavo ancora molti degli avvenimenti della mia vita su Alfheimr, ma a poco a poco i pezzi stavano tornando al loro posto.

-Cosa nascondi, piccola Rebekka?- disse lui, con tono strano.

Che cosa gli prendeva? Perchè mi stava così vicino? Perchè io non riuscivo a muovermi o a reagire in nessun modo? Perchè in qualche modo venivo attratta da quel suo sguardo?

-Non so di cosa tu stia parlando- risposi, distogliendo lo sguardo, a disagio.

Lui, senza rispondermi, si alzò, camminando verso l'uscita.

-Lo dirai a loro?- chiesi in quel momento, fissando la sua schiena.

Loki si fermò, continuava a darmi le spalle. Sperai mi rispondesse, qualsiasi cosa, invece lui si limitò ad uscire, senza parlare.

 

Avrebbe dovuto farlo, avrebbe dovuto comunicare la sua scoperta, ma qualcosa glielo impediva. Cosa poteva mai essere?

Iniziava a ricordare, a brevi tratti, la sua vita ad Asgard in compagnia di quella ragazza combinaguai e pensò che non era mai riuscito a soffrirla. Eppure guardare nei suoi occhi aveva scatenato in lui qualcosa di strano.

Non qualche strano umano sentimento, sia chiaro. Aveva imparato ad abbandonare quella parte di lui tanti anni prima, quando finalmente si era reso conto di essere da sempre vissuto all'ombra di quella capra di suo fratello, o almeno, quello che aveva sempre considerato tale.

Eppure anche nei suoi confronti non riusciva pienamente a provare odio. Certo, lo voleva in ginocchio, sconfitto, meglio se morto, ma qualcosa ogni volta gli impediva di andare fino in fondo.

Prima di entrare in quella che era diventata la sua stanza si fermò, poggiandosi alla parete fredda e spoglia, in una mano lo scettro, l'altra a sorreggergli la fronte che, inaspettatamente, aveva preso a sudare. Poi, in un moto di strana rabbia e frustrazione, battè il pugno contro il muro, serrando la mascella e chiudendo gli occhi.

Doveva riuscire a cancellare quella sua parte sentimentale, diventare un assassino freddo e calcolatore, capace finalmente di ottenere la sua tanta agoniata vendetta. Era in gioco la sua testa, Lui non avrebbe mai permesso un fallimento.

Per prima cosa doveva eliminare coloro che lo ancoravano ancora a quella parte della sua vita.

 

Me se ne stavo seduta contro la parete di quella sottospecie di prigione, le gambe leggermente rannicchiate, le mani lasciate andare in grembo con le dita a sfiorare il pavimento, la testa poggiata contro l'acciaio freddo.

La ferita alla gamba, nonostante fosse stata medicata, mi pulsava, ma sapevo che nel giro di poco si sarebbe cicatrizzata.

Una goccia che filtrava dal soffitto provocava un suono snervante e ripetitivo, il quale mi stava dando alla testa, sino a farmi quasi impazzire.

Pensavo alle immagini che avevo visto prima di svegliarmi. Non era un vero e proprio sogno, ma ricordi che piano piano stavano tornando a galla. Avevo visto un Loki diverso, innocente, forse altezzoso e arrogante come da adulto, ma per il quale sentivo di provare una specie di affetto. Forse Thor aveva ragione, forse un tempo andavamo realmente d'accordo, forse quello davvero non era più il fratello che ricordava e che qualcosa lo aveva cambiato.

Più però ci pensavo, più giungevo alla conclusione che quel posto mi stesse facendo impazzire. Come potevo solo pensare che il dio dell'inganno potesse essere diverso da come si presentava in quel momento? Probabilmente era il suo passato ad essere stato tutta una finzione, un velo che copriva la realtà del suo esistere.

Eppure in quel momento non riuscivo a provare l'odio profondo per lui che prima credevo, era come se qualcosa si fosse bloccato tale sentimento, avesse aperto una porta che adesso era difficile da richiudere, una consapevolezza che prima non avevo.

D'un tratto avvertii la porta riaprirsi, mentre uno spiraglio di luce tagliava la semioscurità nella quale ero stata immersa sino ad allora. Con una mano mi coprii gli occhi, feriti dall'intensità di quella luce improvvisa.

Vidi la sua figura stagliata sulla soglia che mi fissava. Cosa voleva ancora da me?

-Hai deciso di liberarmi?- chiesi, strafottente.

Sapevo di star giocando con il fuoco, che nelle condizioni in cui ero non sarei mai stata in grado di tenergli testa, ma non riuscivo a mostrarmi debole davanti a lui. Ogni qualvolta incontravo i suoi occhi una strana furia mi montava dentro, la tentazione di saltargli al collo per strangolarlo.

-Non credo che questa sia un'opzione che per il momento posso prendere in considerazione- rispose lui freddo, avvicinandosi a me.

Io continuai a fissarlo, senza muovermi di un centimetro. Dove sarei potuta andare in fondo? L'unica cosa era aspettare. Era attenta ad ogni suo movimento, il pugno ben serrato in attesa di colpire, nel caso avesse fatto qualche gesto all'apparenza sconveniente.

In quel momento il mio pensiero andò al resto degli Avengers, ma poi cancellai ogni proposito. Probabilmente non si erano neanche accorti della sua assenza. Allora perchè ogni qualvolta alzavo gli occhi speravo di vederli comparire sulla soglia di quella cella con l'intento di salvarmi?

Loki si fermò finalmente davanti a me.

-Che cosa vuoi ancora?- chiesi, fissandolo dal basso verso l'alto.

La sua figura era imponente da quella posizione innaturale e per un attimo un brivido mi scosse. Avevo passato la vita a mostrarmi forte, dimostrare che in fondo, anche se ero una donna, sarei stata in grado di reggere il governo di un mondo come il mio nel momento in cui avessi succeduto a mio padre. La presenza di Loki, invece, rendeva nullo ogni mio buon proposito fino a quel momento.

Anche quando ero stata spedita sulla Terra non avevo mai dato spazio alla ragazza indifesa e spaesata che in realtà ero, ma mi ero imposta di innalzare un spessa corazza per tenere gli altri lontani e tenere me al sicuro.

Quegli occhi però, color del ghiaccio, così freddi e distaccati, riuscivano in maniera sconosciuta a far uscire adesso la vera me.

Non avvertii risposta alla mia domanda, ma nel buio risuonò solo lo scatto meccanico delle manette che mi circondavano i polsi.

D'improvviso avvertii l'energia ricominciare a fluire nuovamente in me, facendomi sospirare come se avessi trattenuto il fiato fino a quel momento.

Poggiai una mano alla parete alle mie spalle, rimettendomi goffamente in piedi, scivolando con la schiena sull'acciaio freddo.

Tornai a fissarlo, ancora in piedi davanti a me, il quale stava facendo altrettanto.

-Sai di aver commesso un errore, non è vero?- dissi, un sorriso strafottente sul viso.

-Vedremo- rispose lui, arretrando di un passo e allargando le braccia in una sorta di inchino reverenziale, ma non mostrando paura.

Mi sottovalutava in tale misura? Lasciai che il sorriso mutasse in un ghigno, abbassando nuovamente lo sguardo sul pavimento.

Sentivo il potere che mi scorreva nelle vene, raggiungendo veloce la punta dei piedi e la cima dei capelli, irrorando tutto il mio corpo.

C'era però qualcosa che non mi convinceva, che non mi faceva stare tranquilla. Per il momento però non ci badai. Avevo la mia occasione per fermarlo, rispedirlo ad Asgard in catene o, anche meglio, liberare l'intero universo dalla sua fastidiosa e boriosa presenza con la mia sola forza.

Da quando avevo saputo la verità non aspettavo altro che quel momento, ma, non appena alzai lo sguardo per tornare a guardarlo, colsi un'inaspettata nota di titubanza nei miei piani.

Aprii le mani, palmi verso l'alto, e subito due sfere di energia si formarono su di esse. Lo vidi muoversi, afferrando lo scettro con entrambe le mani, ma senza compiere altro gesto. Sembrava stesse aspettando per vedere quali mai fossero le mie intenzioni come se non fossero già abbastanza ovvie.

Un campanello d'allarme si accese nel mio cervello, ma non gli detti ascolto, presa com'ero nel vortice di libidine che avrei ottenuto togliendo dal quel viso dai tratti così particolari quel sorriso così beffardo che mi stava rivolgendo.

Senza attendere oltre, allungai il braccio destro di fronte a me, scagliando il mio attacco. Lo colpii in pieno, provocando il sollevamento di una nuce di polvere, tanta da non riuscire più a vederlo. Per sicurezza scagliai anche il mio secondo attacco, il quale perforò la coltre di nebbia e provocò l'ennesima esplosione.

-Mai sottovalutare il nemico- dissi, con un sorrisetto.

-Non potrei essere più d'accordo- sentii dire alla sua voce.

Mi impietrii: come era possibile che non si fosse fatto niente?

Prima ancora che la nuvola si diradasse, intravidi un bagliore azzurro più intenso e un attacco per poco non mi prese in pieno. Riuscii a spostarmi in tempo, intravedendo la parete alle mie spalle: aveva sfondato almeno un paio di strati di acciaio, lasciandone i contorni completamente neri e bruciati. Se mi avesse colpito mi avrebbe sicuramente fatto un buco nello stomaco grande quanto la mia testa. Al solo pensiero presi a sudare.

Frammenti di metallo erano schizzati durante l'impatto, costringendomi a coprire il volto per evitare che mi offuscassero la vista.

D'improvviso avvertii una ginocchiata nella schiena che mi fece gemere, poi un colpo alle ginocchia che mi costrinse a terra. Alzai gli occhi: su di me svettava il dio che se la rideva divertito.

-Dannato...- dissi tra i denti e, voltandomi sulla schiena, scagliai un'altra sfera.

Quella lo attraversò, facendo tremare per un attimo l'immagine.

-Un'altra illusione- pensai, venendo attirata da un rumore alle mie spalle.

Un colpo mi raggiunse al viso, facendomi volare sul pavimento per qualche metro. Quando riuscii a alzare nuovamente la testa sentii un piccolo rivolo di sangue scendermi dal lato della bocca e me lo asciugai velocemente con il dorso della mano.

-Rebekka, mi deludi- disse Loki mentre camminava verso di me, lo scettro in pugno illuminato dall'intensa luce azzurra.

Non sapevo che fare. Non riuscivo a colpirlo né arrivare ad una portata tale da lui anche solo per tirargli un pugno. Eppure mi ero sempre considerata all'altezza, potente abbastanza da affrontare ogni difficoltà, altezzosa e strafottente quando si trattava di imparare e dimostrare.

Reputavo le persone che mi circondavano, a parte qualche rara eccezione, solo delle nullità, compresi i membri mal assortiti dei Vendicatori. In quel momento però, dolente di ammetterlo, avrei tanto voluto che i miei compagni venissero a portarmi via da quella situazione.

Mi sentivo come una bambina, inutile e indifesa, mentre fissavo il dio dell'inganno avanzare verso di me senza la minima esitazione. Sentii il mio corpo muoversi per puro istinto, arretrando di qualche passo con solo l'ausilio dei gomiti.

-Hai paura?- mi chiese Loki, ghignando sadico.

Al suono di quelle parole sentii la volontà risvegliarsi in me e, con fatica, riuscii a ralzarmi in piedi e tornare pronta all'attacco.

-Non certo di te- risposi risoluta.

-Fai male, dato che in questo momento sono io a possedere il diritto di vita e di morte su di te-

Era vero. A seconda di quello che avrebbe deciso, mi sarebbe stata data la possibilità di vivere o morire.

Strinsi i denti e pugni, sapendo che in fondo aveva ragione.

-Si può sapere a cosa ti serve tutta questa messa in scena?- chiesi seria.

-Dovevo accertarmi di una cosa e pare avessi ragione. Tuo padre è stato furbo, anche se fino a questo momento non avevo ancora capito il segreto che nascondeva-

-Come? Non capisco-

-Non dirmi che non hai notato le due rune sui tuoi polsi-

D'istinto premetti entrambe le mani sui polsi, come a voler nasconderle nonostante le maniche abbassate.

-Non hai ancora capito? Accidenti, non sei proprio cresciuta per niente. Sei sempre la ragazzina alla quale bisognava spiegare ogni cosa. Che noia-

Di colpo ricordai il sogno che avevo fatto e una nota di tristezza prese possesso di me. Spostai le mani sulle braccia e me le strinsi al petto.

Lo sentii avvicinarsi, sino ad avvertire la sua presenza incombere su di me. Di colpo una strana paura prese possesso del mio corpo, costringendomi ad arretrare sino ad avvertire nuovamente la parete alle mie spalle.

Loki stava in piedi davanti a me, lo scettro basso, ma lo sguardo più minaccioso e serio di prima.

Vidi la sua mano libera alzarsi e muoversi verso il mio viso e, credendo volesse colpirmi di nuovo, chiusi gli occhi. Quello che sentii dopo però mi fece rabbrividire ancora di più: sentii le sue dita, stranamente fredde, sfiorarmi la guancia e infilarsi tra i miei capelli rossi. Riaprii gli occhi di scatto, spaventata da quell'improvvisa confidenza.

Lo fissai mentre pareva concentrato su ciò che stava facendo: pareva quasi che quel gesto lo stesse riportando indietro con i ricordi.

-Loki...- sussurrai, riportando la mia attenzione su di me.

-Sai, avessi saputo che quella tappetta con le codine sarebbe finita per diventare quella che adesso sei, giuro, ci avrei fatto un pensierino. Intendiamoci, ho visto di meglio- rispose lui, fissandomi intensamente negli occhi.

Impietrii, mentre avevo la sensazione che il suo viso si stesse avvicinando al mio. Nel petto sentivo il cuore che batteva all'impazzata, ma che alla frase appena pronunciata si era come fermato.

Il peso del dio quasi mi soffocava, mentre le mani che ero riuscita a posare sul suo petto tentavano invano i far forza per spingerlo via.

-Allontanati razza di deficiente!! Non ti avvicinare a me!!- gridai poi, in una ritrovata furia.

-Credevo non ti dispiacessero le mie attenzioni quando venivi trascinata ad Asgard durante quelle noiose sedute a palazzo da tuo padre- sorrise divertito, mentre non accennava a volersi allontanare.

Cosa voleva dire? Cosa era successo che io non riuscivo a ricordare?

Di colpo, come guidata da un'altra volontà, riuscii con un notevole sforzo ad allontanarlo e, veloce, alzai la mano, colpendogli il viso con uno schiaffo. In quel momento sentii anche delle lacrime scivolarmi sulle guance. Era tanto tempo che non provavo quella sensazione ed era come se il cuore stesse per scoppiarmi. Il petto si alzava e abbassava a ritmo irregolare, mentre sentivo le ginocchia deboli.

Lo fissavo, il volto ancora girato con la guancia lesa in bella mostra, la quale, nonostante la sua resistenza divina, si era leggermente arrossata. Dovevo averlo colpito forte per sortire quell'effetto. Il silenzio che si era creato fu rotto da una sua risata.

-Cosa ti succede, Rebekka? La verità fa male? Pensare di esserti concessa ad uno come me ti fa così ribrezzo?-

Io non parlai. In quel momento, vinta dalla tensione, scivolai a terra, poggiando i palmi sul pavimento e lasciando uscire le mie lacrime senza freni. Non era vero, me lo sarei ricordato, anche solo dei flash. Se davvero fosse accaduta una cosa simile neanche un incantesimo sarebbe stato capace di farmelo dimenticare.

Sentivo i suoi passi mentre si avvicinava di nuovo e stavolta non ebbi la forza di respingerlo. Avvertii la sua voce vicino al mio orecchio sussurrare:

-Io so perchè ti hanno bandita. Vuoi saperlo anche tu? Allora vieni dalla mia parte...-

-Vattene...-

-Rebekka...-

-Vattene!!-

Non disse più una parola, ma si limitò a voltarmi le spalle ed andarsene, senza che io alzassi lo sguardo per vedere se se ne stava realmente andando.

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Capitolo 8
*** The solitude of a cold-hearted ***











Ero sconvolta, letteralmente. Cosa era appena successo?

Non riuscivo ancora a rendermi conto che Loki si fosse mostrato, come dire...gentile. Certo, prima mi aveva malmenato ben bene, forse avevo anche una costola inclinata, ma poi, all'improvviso, era cambiato.

Era come se in lui convivessero due personalità distinte, tra le quali la parte più debole era quella buona, quella che io a sprazzi riuscivo a ricordare.

Ero certa che in fondo quella volta Thor avesse ragione: suo fratello, colui che aveva vissuto la sua l'infanzia ad Asgard, con lui, con me, era ancora presente nell'essere che adesso era il dio degli inganni che si accingeva a schiavizzare un intero pianeta solo per un recondito desiderio di vendetta.

Rimasi seduta contro la fredda parete d'acciaio, rannicchiata come una bambina, mentre sulle guance ancora portavo i segni delle lacrime che avevo appena finito di versare.

Quale sarebbe stato il mio destino? Sarei morta in quella cella? Mi sarei dovuta arrendere e diventare un burattino del dio? No, quello mai.

In fondo la Terra non era la mia casa, ma nonostante tutto era l'unica che mi era rimasta. In quel momento avvertii come una fitta alla testa, lo stesso che mi accadeva ogni volta che i ricordi tornavano a bussare alla mia memoria. Chiusi gli occhi e calmai il respiro.

Nel buio in cui mi ero rifugiata ricomparve la familiare luce dorata delle mura di Asgard.

 

* * *

 

Parevano passati degli anni, in quanto, anche se impercettibilmente, qualcosa era cambiato, compresa lei.

Era cresciuta, trasformandosi a poco a poco in quella principessa che avrebbe sostituito il padre sul trono di Alfheimr. C'era però qualcosa che non la convinceva, come una sensazione.

Negli ultimi tempi non si erano recati molto spesso ad Asgard come gli anni precedenti. Prima di allora, stranamente, nonostante i continui scontri, lei aveva finito con il legare molto con il secondogenito, tanto che ultimamente si erano scambiati un gran numero di lettere.

Lei gli raccontava dei suoi monotoni giorni a palazzo in attesa dell'incoronazione, mentre lui le raccontava delle stupide imprese di suo fratello e della pazienza che doveva impiegare per non sbattergli la testa contro il muro. Ultimamente aveva anche cominciato a confessarle le sue preoccupazioni riguardo l'ormai confermata ascesa di Thor al trono di Asgard.

L'aria al castello era tesa, si riusciva a toccare la tensione quasi con mano.

Stavolta, stranamente, fecero entrare anche lei nella sala del trono e, per la prima volta, vide Odino, seduto sul suo trono, visibilmente preoccupato.

Al suo fianco i due figli, ognuno su di un lato del trono, impettiti e solenni, anche se il maggiore pareva alquanto teso e frustrato.* Quando incontrò quegli occhi chiari, i quali fino a quel momento erano stati fissi sul padre, lei si trovò a sorridere.

Doveva ammetterlo: le era mancato.

Vide le labbra del moro inarcarsi in un accennato sorriso, che però scomparve non appena il padre prese a parlare, rivolto al padre.

Amico mio, siamo in guerra. Il testardo di mio figlio maggiore ha agito senza cognizione, scatenando la furia dei giganti di ghiaccio. Abbiamo bisogno del potere del cubo”

Notò gli sguardi confusi di entrambi i figli.

Ne abbiamo già parlato, vecchio mio. Nonostante si tratti di te, non posso risvegliare l'intero potenziale. Dovrai accontentarti di quello che hai già, il quale, a mio parere, è più che sufficiente”

L'occhio buono del padre degli dei scorse su entrambi, soffermandosi per un momento su di lei, prima che il padre le si parasse davanti.

Sai che se i Jotunn avranno la meglio su di noi, voi sarete i prossimi in quanto nostri alleati?” continuò Odino.

Lo so”

Bene, se sei pronto alle conseguenze...” e detto questo si alzò, facendo cenno a suo padre di seguirlo.

Lei rimase sola nella sala, continuando a fissare il pavimento. Le mani, giunte in grembo, tremavano, mentre si mordeva insistentemente il labbro inferiore. Lo sguardo che Odino le aveva rivolto aveva avuto il potere di farle abbandonare ogni certezza accumulata negli anni, come se avesse voluto che lei capisse qualcosa che però nessuno le aveva mai raccontato.

D'un tratto vide una mano afferrare il suo polso, costringendola a rialzare lo sguardo, incontrando quello di Loki.

Possiamo parlare?” le chiese, gentile.

Rimase per un attimo spiazzata dal tono, in quanto raramente lo usava con lei. Così, facendo un solo e semplice cenno di assenso, lo seguì su una delle tante terrazze.

Si fermarono, uno di fronte all'altra, il dio che non aveva ancora lasciato la sua mano.

-Rebekka, quello che sto per dirti non è per me facile, men che meno naturale, in quanto mai mi è capitata una simile situazione da affrontare”

Lei deglutì, tentando di non abbassare lo sguardo, ma impercettibilmente strinse un poco la mano di lui. Sembrò notarlo, in quanto lo vide sospirare impercettibilmente.

Stiamo per entrare in guerra. Potremo non tornare. Prima però di chiudere i cancelli di Asgard e impedire a chiunque di entrare, voglio fare l'ultima promessa”

Lei avvertì una strana sensazione di freddo attorno al dito della mano e abbassò lo sguardo. Un piccolo anello d'oro con una pietra verde stava ora attorno al suo dito medio, il quale brillava alla luce del sole.

Non sapeva cosa dire, portandosi semplicemente una mano alla bocca per reprimere un singhiozzo di inaspettata commozione.

Vide il moro avvicinarsi, poggiando lentamente la fronte contro la sua e incontrando i suoi occhi.

Promettimi solo che quando tutto sarà finito tu sarai solo mia”

 

* * *

 

Era seduto sul letto, non certo adatto ad un principe del suo calibro, ma comunque essenziale per riposare. La stanza era immersa nella semioscurità, ad eccezione di una lampada sistemata su un tavolinetto poco lontano dal giaciglio. Si stava rigirando qualcosa tra le mani, qualcosa che pensava di aver ormai perduto e dimenticato.

Per un attimo la testa aveva lanciato una fitta per poi cessare, lasciando una sensazione di profonda liberazione. In quel momento i ricordi erano tornati a galla, immagini che aveva pensato di aver dimenticato. Non poteva però fare a meno di provare rabbia.

Rivedeva Rebekka, la ragazzina che aveva vissuto con lui praticamente tutta l'infanzia, sorridergli dopo la sua impacciata proposta. Poi il suo sguardo triste mentre si sfilava l'anello che lui le aveva appena regalato a posarglielo sul palmo.

Infine di nuovo il buio. In quel momento era piombato nello sconforto, rinchiudendo tutto ciò che poteva essere considerato un sentimento e divenendo la creatura fredda e insensibile che adesso era. Dopo la notizia dell'incoronazione di Thor al suo posto, quella era stata la batosta finale.

Strinse il pugno attorno al piccolo oggetto: perchè non lo aveva buttato? Perchè non se ne era liberato se tanto dolore aveva portato in lui?

L'unica persona che lo avesse realmente apprezzato, a parte sua madre, lo aveva palesemente rifiutato, spegnendo in lui anche l'ultima scintilla di buon senso e autostima.

Era colpa sua se lui era diventato quello che era ora, colpa sua se aveva dato il via a tutto quel desiderio di conquista e vendetta verso il fratello.

In quel momento qualcuno bussò alla porta.

Si alzò velocemente dal letto, afferrato lo scettro e nascosto il piccolo anello in una delle tasche dell'abito, tuonò in un ordine a chiunque fosse di entrare.

Sulla porta apparve l'astrofisico, Selvig, il quale gli comunicò che il macchinario per l'apertura del portale tramite il Tesseract era ultimato. Mancava solo un posto dove piazzarlo.

In quel momento il volto di Loki tornò la solita maschera di sempre, inarcando le labbra in un sorriso di vittoria.

 

Riaprii gli occhi, lentamente, confusa come se fossi appena uscita da un sogno. Mi portai una mano al viso, avvertendo una sensazione di umido sulla guancia, notando in quel momento che un paio di lacrime mi stavano cadendo dagli occhi.

Mi meravigliai di quella reazione, ma ancora di più lo fui dei ricordi che mi erano appena stati restituiti. Thoraveva ragione: io e Loki ci volevamo bene. Ma cosa era successo poi? Cosa lo aveva cambiato a tal punto? Sapevo che a quel ricordo mancava qualcosa e per un attimo ebbi la certezza di sapere quale. D'improvviso mi sentii in colpa: che fosse per quell'evento che l'animo di Loki era mutato così profondamente?

Avvertii il cuori calmare i battiti, mentre dei passi si udivano nel corridoio. Mi guardai per un attimo i polsi, notando che non mi erano state rimesse le manette.

Sciocchi...

Sentii la porta aprirsi e, immaginando si trattasse di lui, mi alzai in piedi alla velocità che le mie gambe mi consentivano, pronta ad affrontarlo.

Sulla soglia però non apparve la sua solita figura, ma quella di un semplice mercenario che teneva tra le mani un vassoio di cibo.

Non appena mi vide si schiuse in una risata maligna, gelida quasi quanto quella del dio, poggiando il vassoio a terra e facendolo strusciare rumorosamente sul pavimento d'acciaio.

-Loki ha dato ordine che non ti sia fatto del male durante la sua assenza. Quindi mangia-

Assenza? Dove era andato?

Tentai di chiederlo al soldato.

-Non sono affari tuoi- mi rispose lui, facendo l'atto di andarsene.

-Andiamo, non vuoi accontentarmi? Sono sicura che possiamo metterci d'accordo- dissi languida, avvicinandomi alla porta e saltando il vassoio con una poco invitante minestra e un tozzo di pane.

-Che intendi, ragazzina?- mi chiese quello, facendosi attento, avendo però intuito chiaramente quello che intendevo.

Perchè gli uomini dovevano essere così incredibilmente stupidi? Forse solo Loki non poteva cadere in un trucco così vecchio, in quanto aveva il desiderio sentimentale pari solo a quello di un comodino.

Mi avvicinai con passo cadenzato al soldato, fingendo di inciampare sui miei stessi piedi a pochi centimetri da lui, cadendogli addosso.

-Oh, scusami...- mormorai.

-Figurati- mi rispose l'uomo, mentre sentivo la mano che non imbracciava l'arma scendermi lungo la schiena e fermarsi sul mio sedere.

Porco!!

Feci però finta di starci e continuai:

-Allora, me lo dici dove è andato Loki?- gli chiesi ancora, nascondendo il fastidio del suo tocco insistente sul mio corpo.

-Se ne è andato a Manhattan, non so bene a fare cosa. Adesso, vuoi assecondare la mia di richiesta?-

-Volentieri...- risposi.

Quello non si rese conto di niente. Veloce alzai un ginocchio, andando a colpire proprio il suo basso ventre, liberando un gemito del soldato prima che si piegasse in due, imprecando come un animale. Senza lasciargli il tempo di riprendersi, un gancio lo colpì dritto al viso, stavolta stendendolo per almeno un paio d'ore.

-E anche questa è fatta...- pensai, mentre mi spolveravo le mani in un gesto teatrale.

Afferrai il fucile che l'uomo aveva lasciato cadere e mi lanciai a rotta di collo per il corridoio alla ricerca dell'uscita.

Stranamente non trovai nessuno in quella base, la quale, a giudicare dalle pareti, doveva essere sotterranea. L'unica fonte di illuminazione erano delle lampade tutte uguali attaccate al soffitto. A farmi compagni solo il rumore dei miei passi.

Finalmente la vidi: una porta antipanico di metallo. Senza rallentare la mia corsa la spinsi, venendo abbagliata dalla luce del sole già alto nel cielo. Il forte vento mi fece intendere la mia posizione, ossia su un rilievo a picco su uno sconfinato deserto.

Quando stavo ormai disperando su come raggiungere Manhattan, un rumore delle eliche di un elicottero mi costrinse a guardare verso il basso. In pochi secondi un velivolo con uno stemma familiare mi si parò davanti, mentre il pilota mi faceva un cenno di saluto.

Io sorrisi trionfante. In fondo l'idea del chip sottocutaneo per rintracciare gli agenti dispersi non era stata una cattiva idea.



NdA
Capitolo alquanto breve, ma diciamoci la verità: le recensioni sono poche e la voglia di scrivere questa storia mi sta un pò passando, dato che penso non sia molto piaciuta. Ringrazio comunque i pochi che l'hanno fatto fino ad ora.
Sto continuando solo per il fatto che la storia appassiona me e mi fa piacere scriverla.
Comunque in questo capitolo si inizia a scoprire qualcuno sul vissuto di Rebekka e Loki. Siamo quasi alla fine della prima parte della storia.
Sperando di vedere qualche commento, un saluto Marty.

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Capitolo 9
*** The end of a dream of conquest ***









Camminava tranquillo, o così pareva, mentre osservava il dio degli inganni che gli sorrideva beffardo dal terrazzo del suo appartamento all'ultimo piano della Stark Tower. Aveva tentato di disattivare il Tesseract che Selvig aveva attivato sul tetto dell'edificio, ma la barriera di pura energia aveva rispedito il suo tentativo al mittente, danneggiando ulteriormente la tuta di Iron man.

Entrò nell'attico, ormai spogliato dell'armatura, incontrando il suo sguardo con quello di Loki.

-Ti prego, dimmi che farai appello alla mia umanità- disse il moro, mentre percorreva con passo cadenzato l'ultimo tratto di corridoio.

Ma come si permetteva? D'accordo, la sua vittoria era pressocchè confermata se lui e gli altri non si fossero messi in testa di collaborare, ma non tutto era perduto.

-Ah, in realtà intendo minacciarti- rispose Stark con sarcasmo.

-Avresti dovuto indossare l'armatura-

-Ha fatto qualche chilometro di troppo. E poi tu, hai la bacchetta del destino-

Con la calma apparente che per il momento riusciva ancora a mantenere, si diresse dietro il bancone del piano bar.

-Ti va un drink?- disse Tony.

-Prendere tempo non cambierà niente-

-No, no, minaccio. Niente drink, sicuro?-

Scocciato, Loki gli voltò le spalle, affacciandosi alla grande vetrata che dava su tutta Manhattan.

-I Chitauri stanno arrivando. Nulla può cambiare. Cosa dovrei temere?-

-I Vendicatori- disse con leggerezza Stark, mentre si versava il drink di cui in fondo aveva immensamente bisogno.

Il dio lo fissò, confuso.

-Ci facciamo chiamare così. Una specie di squadra, gli eroi più forti della Terra, o roba simile-

-Si, li ho conosciuti-

-Già, ci mettiamo un po' a riscaldarci, questo te lo concedo. Ma facciamo la conta dei presenti: tuo fratello, il semidio; un super soldato, una leggenda vivente che vive nella leggenda; un uomo con grossi problemi nel gestire la propria rabbia; un paio di assassini provetti; una ragazzina proveniente da chissà dove capace di fare giochi di luce con le mani in grado di mandare in tilt i sistemi di navigazione di mezza America, e tu, bell'imbusto, sei riuscito a far incazzare tutti quanti-

-Era questo il piano-

-Non è un granchè. Quando verranno, e lo faranno, verranno per te-

-Ho un esercito-

-Noi un Hulk-

-Il bestione non si era perso?-

-Ti sfugge il punto. Non c'è nessun trono. Non esiste una versione in cui tu ne uscirai trionfante. Forse verrà il tuo esercito e forse sarà troppo forte per noi, ma ricadrà su di te. Se non riusciremo a proteggere la Terra, stai pur certo che la vendicheremo...-

 

* * *

 

Anche a diversi chilometri di distanza riusciva a scorgere il grande passaggio che il Tesseract aveva aperto. Pareva che il cielo fosse stato perforato come avrebbe fatto un raggio laser con un tocco di burro. Dall'enorme gorgo, i cui contorni parevano fatti di fiamme, stava uscendo l'esercito più numeroso e spaventoso che occhio umano avesse mai visto e si stava abbattendo completamente sull'indifesa città di Manhattan.

Io, ancora a bordo dell'elicottero, osservavo la scena con rinnovato timore, non sapendo seriamente come avremo fatto noi poveri mortali ad affrontare una simile minaccia.

-Signorina, non possiamo andare oltre!!- disse in quel momento il pilota, voltandosi appena verso di me.

-Fino a dove potete portarmi?- chiesi.

-Forse a qualche chilometro dalla Stark Tower, ma più in là potrebbe diventare rischioso-

-Andrà bene. È là che devo andare-

In pochi minuti ero a terra, gli occhi rivolti verso il cielo a guardare l'elicottero che si allontanava, mentre tentava di non venire colpito dagli attacchi volanti dei Chitauri. Pregai perchè il pilota tornasse a casa tutto di un pezzo.

Poi mi riscossi: non avevo tempo da perdere. Dovevo trovare Loki e fermare quella stupida campagna di conquista.

Nonostante mi sentissi ancora fiacca e sfiancata dalle mie ore di prigionia e dalle batosta che il dio mi aveva rifilato, presi a correre a per di fiato, scansando le persone che scappavano dal centro della città. Più di una volta rischiai di cadere a terra a causa di una spallata o una sgambetto, ma non mi lasciai perdere d'animo.

Continuavo ad osservare ciò che l'enorme voragine vomitava fuori, compresi dei grandi mostri corazzati assomiglianti alle nostre balene, molto più grandi e molto più brutte, dalle quali spuntavano Chitauri armati come margherite.

Ogni tanto notavo delle nuvolette di fumo e fiamme, segno che, amici o nemici, qualcuno cadeva colpito dall'avversario.

D'un tratto mi imbattei in un posto di blocco della polizia. In quel momento l'auricolare che ancora portavo all'orecchio prese a gracchiare, segno che le comunicazioni tra i Vendicatori si erano riaperte.

Sentii Stark scherzare con la solita ironia sul ritardo di Natasha e Barton, i quali avevano appena abbattuto una ventina di quei cosi che sfrecciavano sulla città. Alzai gli occhi verso la torre, notando il jet dei due assassini puntare contro il terrazzo più alto. Stava per sparare quando una delle ali scoppiò, facendogli perdere quota.

-No...- sospirai.

Con uno scatto tentai di superare una delle macchine, ma mi sentii afferrare mentre scavalcavo il primo cofano. Mi voltai, incontrando lo sguardo di uno dei poliziotti.

-Ragazzina, dove credi di andare?!?- mi disse, mentre mi dimenavo per liberarmi.

-Mi lasci andare!! Devo andare a combattere. Faccio parte dei buoni, maledizione!!-

-Credo che gli eventi ti abbiano dato alla testa. Devi andartene-

-Lei non capisce...-

D'un tratto il cielo fu invaso dai velivoli dei Chitauri, i quali presero a spararci contro, costringendo l'agente a lasciarmi finalmente andare. Senza esitare cominciai a correre verso la cima del blocco, ma fui bloccata da una delle macchine che, colpita, mi esplose davanti, gettandomi a terra.

Mi rialzai a sedere, mentre sentivo del sangue scendermi lungo la fronte e il sapore della polvere in bocca. Presi a tossire e provai a rialzarmi, avvertendo una fitta al costato, ma imposi al mio corpo di cancellare quella sensazione.

Finalmente udii una voce che, inaspettatamente, fui felice di sentire.

-Rogers!!- chiamai e Steve, vestito nel suo completo, piombato su una delle macchine della polizia, si voltò a guardarmi.

-Rebekka? Stai bene?-

Inaspettatamente sentii il cuore riempirsi di una strana gioia a quelle parole e trattenni a stento un sospiro. Allora non mi avevano dimenticato.

-Potrei stare meglio, ma non mi lamento. Com'è la situazione?-

-Non buona. Finchè non chiuderemo quel passaggio, non potremo sperare di avere la meglio-

-Dov'è Loki?-

-Non lo so. L'ultima volta l'ho visto sulla torre-

-Grazie- dissi, mentre saltavo la macchina su cui si trovava e prendevo a correre in quella direzione.

Sentii Rogers tentare di fermarmi, ma ero ormai lontana. A quel punto era solo una questione di tempo e mi sarei ritrovata nuovamente faccia a faccia con lui.

 

Loki osservava la città dall'alto della Stark Tower. Era ricapitato lassù dopo la distruzione del suo velivolo a causa di una freccia di quell'Occhio di Falco. Doveva ammettere che i cosiddetti Vendicatori se la stavano cavando bene contro i suoi Chitauri, ma non avevano certo speranza di vincere. Doveva trovare il modo di tornare in battaglia, ma per il momento non vedeva trasporti che potessero fare al caso suo. Non voleva certo che si dicesse che il grande dio degli inganni fosse un codardo.

Strinse i denti in una smorfia di disappunto, maledicendo mentalmente tutti coloro che avevano osato mettersi contro di lui e le sue mire. Si portò una mano al fianco, punto dove Thor l'aveva colpito con il Mjolnir, rompendogli forse anche qualche costola.

D'un tratto, nella confusione della battaglia, riuscì a percepire il suono di passi alle sue spalle, anche dovuto alla distesa di vetri rotti che ricopriva il pavimento.

Si voltò, incontrando gli occhi di qualcuno che non doveva certo essere lì.

-Rebekka, non pensavo di rivederti così presto. Come sei riuscita a scappare?- disse, un sorriso strafottente che gli si allargava sul viso.

-Sai, ho dovuto farmi palpare il culo da uno dei tuoi mercenari. Non sai lo schifo, ma ne è valsa la pena se questo vuol dire che finalmente posso prenderti a schiaffi-

Per un attimo mi sembrò di intravedere una scintilla di disappunto nello sguardo di Loki, ma pensai di essermelo immaginata.

-Non hai ancora imparato? Eppure pensavo che la scorsa volta la lezione ti fosse servita- rispose il dio.

-Sono un po' dura di comprendonio. Vuoi farmi un ripasso?-

Il dio mi fissò. Non aveva lo scettro con sé, ma dai suoi occhi sapevo che aveva la certezza di poter vincere ugualmente. Balzai su di lui come un leone su di una preda, ma quello, con una spinta, mi mandò schiena a terra. Mi rialzai, incurante dei dolori che si propagavano nel mio corpo, mentre sentivo la rabbia crescere in me.

-Non penserai davvero di vincere- disse, mentre evitava un mio pugno.

-Ti smentirò, divinità dei miei stivali- dissi e finalmente, con un calcio in pieno petto, lo feci volare contro il piano bar, frantumandolo.

-Tony non me ne vorrà- pensai, mentre avanzavo verso Loki.

Strinsi i pugni, caricandoli di energia. In bocca avvertivo l'odore del sangue e, in un gesto assolutamente poco femminale, ne sputai un po' sul pavimento. Il dio si stava rimettendo in piedi, ma lo colpii di nuovo, avvertendo un debole gemito fuoriuscire dalle sue labbra.

-Sei una stupida!!- sbraitò, mentre si rimetteva in piedi dopo l'ennesimo pugno.

Grazie al mio potere, ne avevo incrementato la potenza, facendo in modo che il dio avvertisse come una colonna di cemento in pieno viso ogni volta che lo colpivo.

Camminai verso di lui, mentre notavo un rivolo di sangue scendergli dalla fronte. Nonostante fossi riuscita a ferirlo, lui continuava a sorridere.

Una cosa simile stava accadendo anche al mio zigomo, ma me lo pulii con una veloce passata con il dorso della mano.

-Sei contento di ciò che hai ottenuto? Volevi la guerra e ti è stata data. Volevi la rivincita su tuo fratello e colpendo il pianeta che lui protegge, l'hai avuta. E adesso? Cosa provi?- ringhiai, mentre mi preparavo a colpirlo di nuovo.

Un calcio però mi colpì allo stomaco, facendomi crollare a terra. Chiusi gli occhi e strinsi i denti, mentre una forte voglia di vomitare mi invadeva.

-Era meglio per te rimanere in quella cella, Rebekka. Ti saresti risparmiata tutte queste sofferenze. Dovevi scegliere me e non loro-

-Perchè? Perchè la prima volta non lo feci?-

Lo vidi impietrire, tornare serio di colpo, se avessero potuti gli occhi gli sarebbero scappati dalle orbite da quanto li aveva spalancati.

-Tu...come...-

-Mi ricordo tutto di quel momento, ogni cosa, ogni parola- risposi, mentre con fatica tentavo di alzarmi, tenendomi una mano sull'addome.

-Allora ricorderai anche quando mi hai palesemente rifiutato, comportandoti come si addice ad una femmina di Alfheimr: da puttana-

Non ci vidi più. Con un grido mi alzai, dandogli una spallata nell'addome. Lui crollò a terra, io sopra, in ginocchio. Senza lasciargli il tempo di replicare, afferrai uno dei pezzi di vetro più grande che trovai, poggiandoglielo sulla carotide.

-Avanti, fallo- disse lui tra i denti.

La mia mano tremava, mentre avvertivo il palmo ferito dal vetro che tenevo con troppa forza. L'altra mano era poggiata sul petto del dio, il quale si alzava e abbassava ad un ritmo irregolare, segno che anche lui era giunto quasi al limite.

-Loki, dimmi che non hai combinato tutto questo a causa di quello che è avvenuto quella volta- dissi.

Lui scoppiò a ridere.

-Tu mi hai distrutto, letteralmente. Hai infranto quel poco di umanità che ancora la notizia dell'incoronazione di Thor non aveva fatto. Non ho versato lacrime quando ho saputo del tuo mondo distrutto-

Abbassai lo sguardo, pensando a cosa mai ricordasse lui di quel giorno, se davvero rammentasse ogni singola parola che ci eravamo detti come facevo io.

-Tu ricordi realmente cosa avvenne, non è vero?- chiesi, senza guardarlo.

-Ogni cosa-

-E invece io penso di no- continuai risoluta, tornando a fissarlo e notando la sua improvvisa confusione.

Il vetro era tornato a premere sulla sua gola, mentre anche il mio respiro si era fatto improvvisamente affannato e irregolare. Lo guardai con compassione, mentre sentivo le lacrime mi salivano agli occhi.

-In fondo, io ti perdono-

Quelle parole mi uscirono di getto, dettate dal cuore e non dalla testa. Non sapevo neanch'io con esattezza come fosse possibile per me ammetterlo, ma lo feci.

-Che stai dicendo?- disse lui, un misto tra irritazione e sorpresa.

-Ti perdono. Ho compassione di te, della tua mancanza di affetto, della tua sempre accesa rivalità con Thor. Ti perdono il fatto che mi disprezzi, che hai disprezzato mio padre e lo hai addirittura ucciso, che indirettamente hai distrutto il mio mondo-

Mi avvicinai al suo viso, sentendo la sua pelle rabbrividire quando le nostre guance si sfiorarono. Poi gli sussurrai all'orecchio:

-Ti perdono perchè in fondo non è colpa tua-

Mi allontanai, facendo lo stesso anche con il vetro alla sua gola. Lui tentò di dire qualcosa, ma fu interrotto:

-Ragazzina, vuoi toglierci il divertimento?-

Mi voltai, trovando tutti i miei compagni che ci fissavano. Erano mal ridotti, ma tutti vivi. Mi alzai in piedi, fissandoli commossa, mentre il vetro insanguinato che avevo in mano ricadeva a terra, frantumandosi. Camminai con passo malfermo verso Natasha, la quale mi sorrideva, mentre un brutto taglio le si apriva sulla fronte e ad un lato delle labbra.

La abbracciai di getto. Mi era mancata. Tutti mi erano mancati.

Poi mi rivolsi verso gli altri, i quali mi guardavano e sorridevano.

-Abbiamo vinto?- sussurrai.

I loro sguardi mi fecero capire di si. Sentii come se all'improvviso fossi svuotata di ogni energia, le gambe farsi deboli e per poco non caddi a terra, sfinita.

Poi i Vendicatori fissarono Loki, ancora steso a terra, senza aver detto una parola. Fissava il soffitto, abbandonato su quei due scalini dei quali rimaneva ben poco, come se in quel momento la sua mente stesse viaggiando chissà dove. Thor sollevò il fratello, sorreggendolo in modo che rimanesse in piedi e si avviò verso un velivolo che ci aspettava sul terrazzo.

Mentre gli altri seguivano i due asgardiani, qualcosa che luccicava tra i vetri rotti attirò la mia attenzione. Mi inginocchiai, raccogliendo un piccolo anello d'oro con una pietra verde che brillava alla luce del sole.

Dopo un attimo di incredulità, sorrisi. L'aveva tenuto, l'anello che mi aveva regalato e che io gli avevo restituito. Allora non era tutto perduto.

Fissai davanti a me il gruppo che se ne andava, mentre mi stringevo al petto il piccolo gioiello. Intuivo quale sarebbe stato il destino di Loki riportato ad Asgard, ma prima di allora aveva il diritto di sapere.

 

* * *

 

I telegiornali non facevano che parlare di quello che era avvenuto in quei giorni, di come i cosiddetti Vendicatori avevano salvato la Terra dall'invasione aliena. Tutti ringraziavano gli eroi del loro intervento, del coraggio dimostrato, chiedendosi se mai l'avrebbero rivisti.

Spensi il televisore con decisione: per fortuna nessuno mi aveva ripreso o collegato agli altri, altrimenti non avrei avuto la possibilità di fare quello che avevo in mente. Entrai in bagno, cercando di darmi un aspetto all'apparenza decente, anche se le ferite alla fronte e al lato della bocca, ormai quasi richiuse, ancora si vedevano. Un paio di lividi mi solcavano ancora l'addome e la spalla, ma per il resto mi potevo considerare guarita.

Rivolsi un finto sorriso alla mia immagine allo specchio, poi decisi che era il momento per me di andare.

Afferrai la giacca e mi diressi al parco dove avevo appuntamento con gli altri, dove Loki e Thor avrebbero fatto ritorno ad Asgard con il Tesseract, sotto lo sguardo vigile dei Vendicatori.

Quando arrivai, di corsa come al solito, i miei compagni erano già tutti presenti. Banner stava inserendo il cubo in un tubo di contenimento sorretto da Selvig, sotto gli occhi vigili di Rogers.

Natasha e Barton erano poco distanti, anche loro gli sguardi cupi, ma rilassati per la prima volta dopo tanti giorni. Pensandoci, erano rare le volte in cui avevo visto quei due ridere sul serio.

Stark, gli occhiali da sole calati sugli occhi, probabilmente per nascondere le occhiaie provocate dalle notti insonni, stava poggiato ad una lussuosa decappottabile, le braccia incrociate sul petto.

-Non sono ancora arrivati?- gli chiesi, affiancandolo.

-Ancora no, ragazzina-

Sorrisi appena. Mi ero abituata a quel soprannome. Ormai era diventato un suo modo per dimostrarmi affetto. Più lo conoscevo, più pensavo che non fosse male come persona. Forse un po' egocentrico, ma poteva risultare simpatico e disponibile.

Staccai lo sguardo da Stark, facendolo viaggiare per il parco deserto, probabilmente perimetrato dagli agenti dello S.H.I.E.L.D.

Fu allora che li vidi, entrambi nei loro abiti asgardiani, fermarsi al centro del piazzale. Thor mi osservò, un cenno di intesa con il capo, un sorriso appena accennato, mentre io spostavo lo sguardo su Loki, i polsi chiusi in un paio di manette, la bocca tappata da una sorta di museruola. Degradante e all'apparenza inutile, ma non me la sentii di contestare quelle precauzione.

Mentre il dio dei fulmini si avvicinava con il tubo che conteneva il Tesseract, io feci lo stesso, fermandolo.

-Dammi due minuti- gli chiesi.

Quello non mi negò quel desiderio, così si fermò lì dov'era.

Sotto lo sguardo perplesso dei presenti mi avvicinai al dio degli inganni. Anche lui mi guardava senza capire. Quando fui a pochi centimetri dal suo petto, mi alzai in punta di piedi e avvicinai la bocca al suo orecchio.

-Quando mi desti quell'anello, io te lo restituii, vero. Ma non ricordi cosa ti dissi dopo?-

Mi allontanai per vedere la sua reazione, la stessa che in fondo mi sarei aspettata.

-Ti dissi che me lo avresti ridato quando fossi tornato da me e saresti stato mio come io sarei stata tua-

Vidi le sue pupille dilatarsi dallo stupore e il suo corpo muoversi impercettibilmente, come se volesse avvicinarsi.

Io però arretrai, sorridendo tristemente.

-Mi dispiace- sussurrai, prima di voltargli le spalle.

Sentii solo i passi di Thor avvicinarsi, poi il rumore dei loro corpi che sparivano, ricondotti ad Asgard dal Tesseract. Quella sarebbe stata l'ultima volta in cui avrei rivisto l'unico uomo che, dopo mio padre, era stato realmente importante, ma che, stupidamente, avevo lasciato che un incantesimo mi facesse dimenticare.

Mi sentivo vuota, come se avessi perso una parte di me. Nonostante Loki avesse combinato tutto quel finimondo, rischiando di ucciderci in più di un'occasione, non riuscivo a provare per lui semplice pena, mista a rabbia, certo, e anche a qualcos'altro.

Sentii qualcuno che mi si avvicinava. Era Natasha.

-Becky, cosa significa?- mi chiese, riferendosi probabilmente alla scena appena vista.

Io però non mi voltai a guardarla, ma continuai a camminare.

-Un giorno te lo racconterò- risposi solo.

-Dove vai adesso?-

-A continuare la mia vita- dissi, mentre con nostalgia, mi giravo al dito l'anello che lui mi aveva regalato.




NdA
Aggiorno con un altro capitolo per ringraziare chi con i nuovi commenti non mi ha fatto abbandonare questa fan fiction.
Qui si conclude la prima parte della storia, diciamo quella che si rifaceva al vero e proprio film. Da qui in poi inizia la storia di mia pura fantasia. Diciamo che darò più spazio a Loki e Rebekka, anche se quest'ultima non sarà molta contenta dei futuri eventi :3 :3
Un saluto a tutti. A presto Marty.

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Capitolo 10
*** The judgment ***











PIU' DI SEI MESI DOPO...

 

Seduto nella sua cella, solo, quasi al buio, pensava. Solo quello gli era rimasto, occupare la mente in qualcosa che non fosse la commiserazione e la volontà di uscire da quel buco nel quale l'avevano rinchiuso.

Non aveva perdonato, non era passato sopra a niente di ciò che gli avevano fatto, alle bugie che gli erano state raccontate, ai torti che aveva dovuto subire, neanche quando si era ritrovato di fronte ad Odino, colui che sempre aveva considerato un padre e che in fondo, tuttora, vedeva come tale. Il re l'aveva fissato con rimprovero, misto non a disprezzo, ma compassione. La stessa che aveva intravisto negli occhi di Rebekka quell'ultima volta.

Strinse i denti al suo ricordo, ferendosi l'interno della bocca e avvertendo il sapore ferroso del sangue che per un attimo gli fece capire di essere ancora vivo.

La sua punizione era ancora da decidere, nonostante fosse già molto tempo che aveva fatto ritorno nella città eterna. L'avevano lasciato semplicemente con quel dubbio, rinchiudendolo poi come un comune criminale.

Ricordava gli sguardi che la corte gli aveva lanciato quando si era inginocchiato di fronte ad Odino. Erano carichi di disprezzo e rimprovero. Davvero speravano che lui potesse tornare a vivere tranquillamente in quel palazzo come se niente fosse successo?

Sua madre lo andava ancora a trovare, ma lui si rifiutava anche solo di parlarle. Quella donna, quella alla quale aveva donato il suo affetto in tutti quegli anni, era l'unica, assieme a quell'idiota di suo fratello, a chiedere che la sua vita fosse risparmiata.

Illusi...

Ma in fondo cosa gli importava di rimanere vivo? Se doveva rimanere in quella cella e venire consumato dal desiderio di vendetta allora tanto valeva che lo uccidessero subito. Era stanco, sconfitto e vuoto di ogni volontà. In fondo, se non ci avesse pensato Odino, probabilmente Lui non avrebbe tardato a trovarlo dovunque l'avrebbero spedito ed eliminarlo, non prima però di avergli fatto soffrire le più agghiaccianti torture.

Al buio, tastando l'abito che ancora indossava, cercò la tasca nella quale aveva nascosto il suo ultimo tesoro. La trovò, ma, infilandovi due dita all'interno, la trovò vuota.

Imprecò sottovoce, maledì anche il destino che si era messo contro di lui. Poi un flash.

L'ultima volta che l'aveva rivista, quando lei gli aveva rivelato quella parte dei suoi ricordi che per qualche assurdo motivo non riusciva a ricordare, gli era sembrato di scorgere un piccolo bagliore verde al suo dito.

Rebekka aveva trovato l'anello e l'aveva tenuto. Perchè?

Un sorriso si allargò sul suo viso, sporco e smagrito a causa della prigionia. Nonostante la odiasse, provava anche un profondo desiderio di rivederla, di passare con lei il tempo come facevano in quei pomeriggi ad Asgard.

Era pronto a giurare che fosse solo quel pensiero a mantenerlo ancora lucido e lontano dalla pazzia.

Chinò la testa, poggiando i gomiti sulle ginocchia, mentre osservava con poca attenzione le manette che ancora gli chiudevano i polsi. Per lo meno avevano avuto il ritegno di togliergli quella stupida museruola.

D'un tratto avvertì dei passi nel corridoio. Erano giorni che nessuno veniva in quell'ala del palazzo, neanche suo fratello si era azzardato dopo l'ultima volta in cui avevano discusso. Era curioso.

Con uno scatto nella serratura, vecchia e poco oliata, la porta si schiuse. Sulla soglia si stagliarono due figure, le quali parevano indossare le divise delle guardie di Asgard. Era forse giunto il momento?

 

Thor osservava il vasto cielo di Asgard da una delle terrazze del palazzo. Era turbato, il suo volto dai tratti spigolosi, diversi da quelli di Loki, ma ugualmente affascinanti, era teso in un'espressione insofferente. Poggiava entrambe le mani sul davanzale di marmo, facendo talmente tanta pressione che per poco non ne sbeccò la superficie.

Non riusciva a darsi pace, non poteva credere che il fratello che aveva sempre creduto di avere al suo fianco si fosse rivelato un tale insensibile, soprattutto per quanto riguardava il suo futuro.

In quel momento avvertì dei passi dietro di lui, ma non si voltò. Abbassò un poco il capo, sospirando.

-Pensieri, figlio mio?-

La voce di sua madre risuonò in quel silenzio quasi snervante e ebbe la capacità di farlo sentire un poco meglio. La regina era una donna forte, valorosa, degna di stare al fianco di un uomo come Odino e come madre amava i suoi figli in ugual misura. Nonostante sapesse che Loki non era realmente suo, non aveva smesso di volergli bene neppure per un attimo.

Lei era l'unica sulla quale in quel momento Thor contasse per far cambiare idea al padre degli dei.

-Tanti madre- rispose.

Avvertì una mano calda e rassicurante sfiorargli la capigliatura bionda e per un momento si rivide bambino quando veniva rimproverato e lei lo consolava. Chiuse gli occhi.

-Sei cambiato tanto, figlio mio. Adesso sei un guerriero forte e coscienzioso, degno del rispetto dell'intera Asgard-

-Madre, è colpa mia se Loki è arrivato a tanto. Era per fare un torto a me che ha attaccato la Terra, che si è macchiato di tutte le colpe di cui lo accusano-

-No, Thor. Il cuore di tuo fratello si è perso molto tempo prima. Io e tuo padre non siamo stati capaci di vederlo e così lo abbiamo perduto-

-Rebekka c'entra, non è vero?-

-La figlia di Alfheimr? Perchè parli di lei?-

-Madre, lei non è morta nell'esplosione del suo mondo. Non so come, ma si è salvata e l'ho rincontrata sulla Terra-

La donna si distanziò dal figlio, prendendo a camminare verso l'interno della stanza. Thor la seguì, in silenzio.

-Quella ragazza è stata importante per Loki. Saperla viva può cambiare tante cose-

-Che vuol dire?-

-Che forse non tutto è perduto-

 

Da quanto non percorreva più quei corridoi, da quanto non ammirava la luce di quegli ambienti, da quanto non si beava della pace che regnava tra le mura di Asgard.

Peccato che non avesse il tempo per tornare indietro con i ricordi, dato che in quel momento stava avanzando verso la sala del trono come un condannato verso il patibolo.

Il capo basso, lo sguardo a fissare i piedi che avanzavano, mentre nelle orecchie solo il rumore delle catene che cozzavano tra di loro.

Alzò nuovamente gli occhi solo quando avvertì le porte d'oro schiudersi davanti a lui, scortato dalle due guardie. Attraversò la sala con passo sicuro, nonostante sentisse lo sguardo di tutti puntato su di lui. Una volta ai piedi del grande trono sul quale Odino sedeva solenne fu fatto malamente inginocchiare.

Una smorfia di fastidio nacque sul suo volto pallido, ma ebbe comunque il tempo di lanciare un paio di occhiate assassine ai due soldati che ancora lo affiancavano.

-Loki, figlio di Odino, sei qui oggi per essere giudicato-

Lui alzò lo sguardo verso il padre degli dei, vestito con la sua armatura di guerriero, in mano la sua lancia Grungnir. Alla sua destra stava la regina, la quale lo guardava con apprenzione, mentre alla sinistra si trovava Thor, le mani giunte, il martello Mjolnir ai piedi, la cappa rossa che pareva quasi svolazzare nonostante l'assenza di vento.

-Credo che ancora non sia chiaro il fatto che io non sono tuo figlio- disse in quel momento rivolto al re con la sua solita aria sprezzante.

-Non è importante da dove vieni, Loki. Tu sei mio figlio quanto lo è Thor-

Il moro lo fissò, sconvolto dall'ostinazione dimostrata dall'uomo, ma in segreto sorrise. Non sapeva neanche lui perchè, maledicendosi quasi immediatamente.

-Sono passati sei mesi dal tuo incarceramento e in questo tempo ho riflettuto a lungo per assegnarti la giusta punizione che i tuoi crimini meritano-

Notò il fratello irrigidirsi e, abbassando il capo, si preparò al verdetto, senza timori. Ormai non gli importava più di niente ed era certo che Odino, nonostante tutto, avrebbe chiesto la sua testa.

Sentì il padre degli dei alzarsi dal suo trono e prendere un profondo respiro.

-Loki, figlio di Odino, io ti condanno all'esilio. Sarai spedito su quel pianeta che tu stesso hai tentato di distruggere, costretto a vivere tra quelle genti che volevi sterminare, spogliato dei tuoi poteri sino a quando non sarai ritenuto meritevole. Sarai sorvegliato a vista da coloro che prendono il nome di Vendicatori, compreso tuo fratello Thor. Così Odino ha deciso-

Con un solo gesto della mano del dio, i resti dell'armatura di Loki sparirono, mentre due bracciali dorati sostituirono le manette. Di colpo il giovane si sentì indebolito e confuso, poggiando entrambi i palmi sul pavimento freddo e respirando a fatica. Per un attimo ebbe la tentazione di scagliarsi contro il re per venire così abbattuto nell'atto di ucciderlo, ma poi abbandonò ogni proposito.

Che razza di condanna era quella? Avrebbe preferito morire piuttosto che vivere come un mortale per il resto dei suoi giorni. Cosa significava poi essere ritenuto meritevole? Mai sarebbe cambiato agli occhi di Odino, mai gli avrebbe dato la soddisfazione di dichiararsi pentito.

Puntò lo sguardo in quello di Thor, sicuro che in quella decisione ci fosse il suo zampino. Il fratello gli si avvicinò con passo lento e cadenzato. Si abbassò per aiutarlo ad alzarsi, ma Loki gli allontanò malamente la mano.

Piegò un ginocchio, poggiandovi l'intero peso del corpo, per poi mettersi in piedi, barcollando leggermente. Lo sguardo ancora fiero e freddo, nonostante la condanna gli avesse lasciato dentro ancora più rabbia.

-E sia- concluse poi.

Vide una delle guardie asgardiane porgere a Thor il Tesseract e capì che la partenza era stata prefissata nell'immediato.

L'ultima cosa che vide prima di sparire furono gli sguardi del re e della regina che lo fissavano, speranzosi.

 

* * *

 

-Direttore Fury, uno sbalzo nella barriera elettromagnetica del pianeta!!- gridò uno degli agenti alle postazioni dei computer.

-Selvig?!?- chiese quello all'uomo poco lontano da lui come a chiedere conferma.

-Direttore, questi valori significano solo una cosa e non le piacerà- rispose l'astrofisico.

-Me lo immaginavo. Inviatemi le coordinate sul palmare e preparatemi un elicottero per raggiungere il punto di impatto-

-Signore, non ce ne sarà bisogno...-

D'improvviso l'Eliveivolo dell'agenzia ebbe un sobbalzo che quasi fece cadere a terra tutti i presenti.

-Impatto avvenuto sul ponte principale!!- gridò uno.

-Danni di piccola entità ai motori uno e cinque. Sistemabili in meno di dieci minuti!!- disse un altro.

Fury alzò lo sguardo verso la grande vetrata appena in tempo per vedere un fascio di luce che abbandonava la zona alfa del ponte principale, lasciando solo qualche segno di bruciatura su un paio di jet.

Attorno al luogo d'impatto si era in poco tempo formata una piccola folla e il direttore faticò non poco per passare.

-Dannazione, toglietevi dai piedi- sbottò burbero, sino a riuscire finalmente ad arrivare al punto dell'impatto.

Conosceva cosa provocava quello strano gioco di luci, ma non riusciva realmente a intuire cosa lo riportasse sulla Terra. Quando però capì che in realtà i nuovi arrivati erano due, rimase ancora più perplesso, avendoli immediatamente riconosciuti entrambi. D'istinto portò una mano alla fondina e, estratta la pistola, gliela puntò contro.

-Cosa ci fa lui qui?- chiese burbero, rivolto a quello che adesso se ne stava in ginocchio, il viso basso e lo sguardo nascosto.

-Fury, forse è opportuno che le spieghi un paio di cose-




NdA
Inizia qui la vera e propria storia, anche se non credo che finora a molti sia piaciuta.
Comunque qui vediamo una vera e propria visione asgardiana, in quanto ascoltiamo la condanna che tocca a Loki, con suo grande dissenso oserei dire.
Grazie a chi legge e a chi recensisce. Un saluto

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Capitolo 11
*** Hard to digest ***











-Ehy Becky!! Altro caffè al tavolo cinque-

Mi voltai sbuffando, mentre ancora in mano avevo lo straccio con il quale stavo asciugando la dozzina di bicchieri che avevo appena finito di lavare.

-Al, dammi un attimo di respiro!! Ho solo due mani- ringhiai al grasso proprietario della bettola nella quale ero riuscita a trovare lavoro da quasi sei mesi.

-Se vuoi continuare a guadagnare qui, allora vedi di fartene crescere un altro paio- abbaiò l'uomo da dietro il bancone della cucina, mentre un odore intenso di hamburger mi impregnava capelli e vestiti.

Alzai gli occhi al cielo e, afferrata la brocca del caffè, mi diressi al tavolo cinque. Seduti stavano due uomini, uno più giovane, l'altro meno, i quali parevano parlare animatamente di chissà quale strano affare. Non si poteva certo dire che in quel posto girasse molta gente raccomandabile.

Mi lanciarono entrambi una fugace occhiata quando mi avvicinai.

-Caffè?- chiesi con il solito sorrisetto ebete che ero obbligata a tenere con i clienti.

Quello più vecchio mi allungò la tazza che aveva davanti e io vi versai dentro il liquido nero. Quando feci per allontanarmi mi sentii però afferrare per la vita e caddi seduta sulle gambe di quello più giovane, il quale puzzava di qualcosa che pareva alcool e sudore.

-Tesoro, perchè non rimani a farci compagnia?- mi alitò a pochi centimetri dal viso.

Io distolsi lo sguardo, schifata. Lanciai un'occhiata ad Al, impegnato a servire un ordine, e nessuno dei clienti presenti pareva intenzionato a darmi una mano. Così, sbuffando, mi rassegnai a cavarmela da sola.

-Ho del lavoro da sbrigare- dissi, tentando di divincolarmi dalla presa dell'uomo.

-Non raccontare balle, dolcezza. Il locale è mezzo vuoto- ridacchiò quello in direzione del compare.

D'accordo, voleva il gioco duro?

Lentamente abbassai la mano, ancorandola al polso del braccio che ancora quello mi teneva serrato attorno alla vita.

-Ho.Detto.Di.Lasciarmi.Andare- sillabai e concentrai un po' del mio potere nel palmo della mano.

Quello, con un grido teatrale, si ritrovò un polso ustionato e la bocca asciutta, dato che con uno scatto felino, mi allontanai.

Tornai dietro il bancone, sistemandomi la coda con la quale avevo legato i capelli. In quei mesi si erano allungati molto, arrivandomi quasi a più di metà schiena ed erano ancora più difficili da tenere in ordine.

Rivolta ad Al, dissi:

-Ehi, mi prendo una pausa-

-Non più di cinque minuti. Altrimenti ti licenzio!!-

-Si si...- dissi con un cenno della mano e, tolto il grembiule bianco, uscii dalla porta sul retro.

Nonostante fosse una mattina di primavera, fuori ancora l'aria era fredda e rabbrividii quando mi chiusi la porta alle spalle.

Fissai lo scorcio di cielo che si poteva vedere dal vicolo dietro la tavola calda. Sospirai, pensando a come ero giunta alla conclusione di lasciare lo S.H.I.E.L.D. per ridurmi a quella vita carica di insoddisfazioni.

Pensavo che allontanandomi dall'agenzia avrei potuto dimenticare anche tutta la storia dei Vendicatori, ma non ci ero riuscita. In quel momento sentivo la mancanza di tutti, nessuno escluso e, inavvertitamente, mi ritrovai a pensare anche a Loki.

Chissà se gli asgardiani avevano avuto pietà di lui e delle sue malefatte. Ma poi perchè mi interessava? Era vero, l'avevo perdonato, ma ciò non significava che avevo dimenticato ogni cosa.

Mi sfilai dal collo della maglia una fine catenina, alla quale avevo attaccato l'anello che anni prima lui mi aveva regalato. Perchè l'avevo tenuto? Speravo forse di poter riuscire a dimenticare?

Guardai l'orologio: i cinque minuti erano finiti.

-Bene, si torna a lavoro-

Rientrai nel locale, sempre accolta dalla voce burbera di Al che mi rimproverava per il minuto di ritardo. A volte mi mancava quasi il direttore Fury. Lui, per lo meno, faceva semplicemente finta di non vedermi spesso e volentieri.

Non appena mi legai il grembiule alla vita, una voce attirò la mia attenzione.

-Potevi sceglierti un posto migliore dove nasconderti, ragazzina-

 

Quel nomignolo...

Solo lui lo usava con quel tono e quella cadenza. Alzai lo sguardo, specchiandomi in un paio di occhiali da sole dalle lenti azzurre.

-Che cosa ci fai tu qui?- chiesi, senza credere ai miei occhi.

Stark mi sorrise, sfilandosi gli occhiali e posandoli sul bancone.

-Non sei contenta di vedermi?-

-E' stata Nicole a dirti dove lavoro?- chiesi, evitando la sua domanda.

-Devo ammettere che ci sono volute ben due bottiglie del mio miglior whisky, ma alla fine la biondina ha ceduto- mi rispose lui.

-L'hai fatta ubriacare?- domandai, sconvolta.

-A dir la verità sono stato io ad ubriacarmi e lei, per smettere di sopportarmi, ha dovuto dirmi quello che volevo sapere-

-Ti manda Fury?-

-Il gran capo ha radunato tutti i suoi giocattoli in una riunione straordinaria-

-E come mai non è venuto di persona?-

-Ha preferito evitare che anche l'occhio buono rischiasse di non vederci più-

Gli voltai le spalle, sistemando i piatti che avevo appena tolto dalla piccola lavastoviglie sotto il bancone.

-Quindi se sa cosa penso sul fatto di rientrare, perchè ha comunque mandato tu a prendermi?-

-A dir la verità è stata un'idea di noi altri. Abbiamo ricevuto una visita da molto lontano che pensiamo richieda la tua presenza-

Mipietrificai. Quella frase poteva significare solo una cosa.

-Non dirmelo- risposi, mentre tornavo a fissarlo.

-Ebbene si, ragazzina. Quindi se hai capito, potremo gentilmente andarcene da questa topaia. Mi ci vorrà un bagno nel succo di pomodoro per togliermi l'odore intenso di questo posto- sbottò lui, alzandosi dallo sgabello.

Io continuavo a fissarlo, senza sapere bene cosa fare. Andarmene dall'agenzia mi era costato un grande sforzo, per non parlare dello sparire dalla circolazione e dall'occhio vigile di Fury. Come potevo adesso tornare come se niente fosse successo?

Eppure sapevo che era la cosa giusta da fare. Così con uno gesto repentino sciolsi il nodo del grembiule.

-Ehi Al!!- esclamai.

Quando il proprietario si voltò, glielo lanciai in faccia.

-Becky, ma che cavolo...-

-Mi licenzio!!- e detto questo uscii per sempre da quella tavola calda.

 

* * *

 

Non pensavo che avrei rivisto tanto presto quel cielo così limpido, mentre all'orizzonte si stagliava la sagoma scura della base volante dello S.H.I.E.L.D.

Stavolta ero riuscita a salutare Nicole, la quale mi aveva chiesto perdono per aver rivelato il mio segreto e aveva provato anche a farmi abbandonare l'idea di tornare tra i Vendicatori. Già, alla mia amica avevo raccontato ogni cosa, anche di Loki, senza tralasciare niente.

Lei era stata semplicemente a sentire, senza dire una parola, anche quando avevo finito di sfogarmi e avevo atteso con ansia una sua scarica di offese. Invece Nicole mi aveva solo abbracciato, appoggiando la mia decisione di allontanarmi per un po' dall'agenzia.

Dopodichè, quasi di peso, Stark mi aveva caricato su uno dei suoi jet privati ed eravamo partiti.

Dovevo ammettere però che, in quel momento, una strana ansia mi era salita dallo stomaco fino in gola, mozzandomi quasi il respiro.

Tony non aveva voluto rivelarmi niente riguardo a quell'improvvisa convocazione, ma credevo di aver capito fin troppo bene a cosa fosse dovuta.

Il jet atterrò senza il minimo rumore o sbalzo dovuto ai vuoti d'aria e, dal finestrino, intravidi Natasha e Barton ad aspettarci sul ponte.

Il portellone del veivolo si aprì con un fischio e io mi ritrovai finalmente davanti ai miei due vecchi compagni. La rossa mi venne incontro, fissandomi per qualche secondo.

-C'è qualcosa di diverso in te- mi disse poi, sorridendomi.

-Forse il fatto che sono stata sei mesi a servire hamburger in una topaia alla periferia di Manhattan-

-Confermo- intervenne Stark.

-No, non credo sia questo. È qualcosa nei tuoi occhi-

Io rimasi perplessa da quell'affermazione, ma non ebbi il tempo di rispondere, in quanto Barton ci raggiunse.

-Felice di rivederti, Rebekka-

-Anche per me. Sei più simpatico dell'ultima volta. La faccia da zombie non ti si addiceva-

L'assassino scoppiò a ridere, divertito seriamente. Poi fu nuovamente Natasha a parlare, stavolta rivolta a Stark:

-Nessuno ci ha ancora detto il motivo di questa convocazione. Tu sai niente?-

-Di preciso no. Fury mi ha contattato, dicendo di rintracciare la ragazzina e tornare a bordo di questa base. So solo che le novità non sono poi così tanto nuove-

-Bene. Allora cosa stiamo aspettando?-

 

Raggiungemmo tutti e quattro in pochi minuti la sala di controllo dell'Eliveivolo, nella quale ritrovammo il solito e ormai familiare tavolo rotondo. Fury non c'era, ma in compenso trovammo Rogers e Banner, il primo seduto scompostamente su una delle sedie, l'altro in piedi, con la solita faccia spaesata.

Quando li videro entrare, entrambi si avvicinarono al piccolo gruppo.

-Contento di rivedervi- disse Steve, stringendo la mano ad ognuno.

Il dottore invece si limitò ad un timido cenno della mano, ricambiato da una sonora pacca sulla spalla da parte di Stark. Dopodichè tutti ci accomodammo, continuando a guardarci intorno, impazienti di sapere il motivo della convocazione.

D'un tratto il suono elettronico di una delle porte ci fece voltare, seguendo l'entrata marziale del direttore che si fermò davanti a noi.

-Benvenuti di nuovo sull'Eliveivolo. Vedo che ci siete tutti, compresa lei, agente Newborn-

Io chinai la testa in un rapido cenno di assenso, anche se quell'occhiata che il ciclope mi aveva lanciato non mi era piaciuta per niente.

-Allora Fury, hai intenzione di darci i dettagli o sentivi semplicemente la nostra mancanza?- scherzò come al solito Stark, portando entrambe le braccia dietro la testa e stendendosi meglio sulla scomoda poltrona.

-Provvedo immediatamente. Alle ore 01:00 di ieri, la barriera elettromagnetica della Terra è stata alterata da un viaggio interspaziale, proveniente dal mondo che noi conosciamo come Asgard-

-Thor?- chiese Rogers, serio.

-E non solo...-

-Come sarebbe a dire?- chiese stavolta Clint, irrigendosi e pentendosi di non aver portato con sé l'arco e le frecce.

Il direttore non rispose immediatamente, ma fece cenno a qualcuno di entrare, lo sguardo alquanto afflitto. Avvertimmo nuovamente il rumore della porta elettronica aprirsi e due coppie di passi farsi avanti.

Dire che il gelo calò sulla stanza quando vedemmo chi era entrato era poco. Sono più che certa che una strana forza mantenne tutti incollati alle sedie per impedirgli di saltare addosso a uno dei due nuovi arrivati.

Per quanto riguardava me, il fiato mi si mozzò letteralmente in gola mentre fissavo i suoi occhi, puntati su tutti noi, con un tale disgusto da essere visibile anche a un cieco.

-Che cosa ci fa lui qui?- chiese Clint, scattando in piedi, sempre più pentito di aver dimenticato l'arco nella sua cabina.

-Amici, calmatevi. Lasciate che vi spieghi- disse in quel momento Thor, facendo un passo avanti e allargando le braccia come se in quel modo volesse placare i nostri animi.

-Sarà meglio- rispose Rogers, anch'egli alzatosi dalla poltrona.

-Loki è stato giudicato dalla corte di Asgard, ritenendolo colpevole di ogni crimine di cui lo si imputava. La sua condanna è stata l'esilio e la Terra è stata scelta come luogo per lo svolgimento di tale sentenza. È stato privato di ogni potere, sino a quando nostro padre, Odino, non lo riterrà meritevole-

-E noi cosa c'entriamo?-

-E' stato chiesto che l'agenzia tenesse d'occhio Loki durante la sua permanenza qui- rispose stavolta Fury, incrociando le braccia sul petto.

-Quindi il piccolo cervo è stato finalmente messo al suo posto- disse Tony, osservando il dio, visibilmente incollerito.

-Ancora però non capisco il motivo della convocazione- intervenne Natasha.

-Lo S.H.I.E.L.D. ha impegni a tempo pieno per quanto riguarda la sicurezza del pianeta e non può stare dietro anche a lui. Quindi il compito è affidato a voi Vendicatori-

Tutti ammutolimmo, fissandoci l'un l'altro.

-Insomma, uno di noi deve fare da babysitter al principino-

-In poche parole si-

Iniziammo a fissarci l'un l'altro, pronti a tirarci fuori dal compito con ogni scusa possibile.

-Io e Natasha siamo continuamente in missione, quindi non possiamo occuparci anche di lui- intervenne Clint, lanciando uno sguardo d'intesa alla rossa.

Meno due.

-Io non vorrei rischiare di trasformarmi con la sua presenza. Sapete ho delle difficoltà nel controllare la rabbia e già ora il tipo sta mettendo a dura prova il mio contegno- disse Banner che fino a quel momento non aveva aperto bocca.

Fuori tre.

-Non guardate me. Per come la penso, potrebbe anche morire di fame- rispose Rogers, distogliendo lo sguardo.

Meno quattro. Rimanevamo io, Stark e ovviamente Thor. Ci fissammo per un attimo, poi io sospirai.

-Per tornare attiva ho dovuto lasciare il mio lavoro, quindi non ho niente da fare. Se volete me ne occuperò, ma non posso certo portarlo nel mio appartamento con Nicole. Ho bisogno di un altro posto-

-Stark sarà felice di ospitarvi entrambi. Anzi, tutti e tre-

-Come prego?-

-Andiamo, sei un miliardario con l'hobby dell'inventare. Hai tanto tempo e posto a disposizione. Tre coinquilini non saranno male- rispose Fury, sorridendo sotto i baffi.

-Un attimo, non potete incastrarmi in questo modo. Inoltre io e Pepper esigiamo la nostra intimità- piagnucolò l'uomo.

-Tony, non fare il bambino. Hai per caso intenzione di lasciarti sfuggire l'occasione per divertirti un po' con lui?- chiesi io maligna a poca distanza dal suo orecchio.

Gli occhi di lui parvero illuminarsi.

-Ci sto-

 

Nel giro di pochi minuti ogni componente dei Vendicatori lasciò la sala. Qualcuno, come Natasha, Clint e Rogers non volevano stare un minuto di più nella stessa stanza con il dio degli inganni, Banner aveva raggiunto Fury e Selvig per escogitare un buon modo per tenere al sicuro il Tesseract, mentre Tony era uscito per informare Pepper della piccola festicciola che si prospettava nel loro attico.

Io invece rimasi seduta dov'ero, non riuscendo ancora a credere a quello che aveva appena accettato di fare: avrei letteralmente fatto a balia a Loki.

Era necessario dunque stendere i nervi e respirare profondamente, in modo da evitare di farlo fuori prima del termine della sua condanna.

D'un tratto dei passi dietro di me mi fecero voltare, trovando Thor che mi fissava.

-Grazie Rebekka per quello che hai fatto- disse, chinando leggermente la testa in segno di rispetto.

Io sorrisi. Mi erano mancati i suoi modi quasi da principe delle favole, completamente diversi da quelli del fratello. Inoltre, in quei mesi, quasi tutti i miei ricordi erano stati sbloccati, dandomi così l'occasione di rivivere l'infanzia che avevo passato con i due principi. Purtroppo, in questo modo, non avevo potuto fare a meno di sentire ancora di più la nostalgia di quei giorni.

Alcuni punti del mio passato erano però ancora oscuri, quelli all'apparenza più importanti per districare il mistero che avvolgeva i due marchi sui miei polsi e la strana energia presente nel mio sangue che mi conferiva i poteri.

-Non potevo certo lasciarlo in balìa di Fury- risposi allora, distogliendo lo sguardo, ma continuando a sorridere.

-Sai, questo pianeta mi ha cambiato tanto e spero possa fare lo stesso con Loki. Sono sicuro che la tua presenza inoltre sarà di grande aiuto-

Mi sentii avvampare. Cosa pensavano che potessi fare?

-Credo di non aver capito...-

-In realtà è stata mia madre ad insistere maggiormente perchè Odino emettesse questo verdetto, soprattutto dopo che le ho detto di averti trovato qui sulla Terra, ancora viva-

Abbassai gli occhi, cominciando a macinare con il cervello centinaia di ipotesi e probabili spiegazioni. La regina di Asgard era senz'altro a conoscenza del mio passato con il fratello minore, ma come poteva pretendere che, dopo tutto ciò che avevo saputo, potessi ancora tornare con lui come se niente fosse accaduto.

Il mio averlo perdonato era un po' come scusarlo delle sue azioni, ma non certo dimenticarle.

I miei pensieri furono però interrotti dall'entrata di Tony, il quale, con un sorriso, disse:

-Pepper mi ha minacciato più volte di astinenza, ma alla fine ha ceduto. Per il momento ha detto però che si trasferirà da sua madre. Avremo quindi la casa tutta per noi-

La notizia mi provocò quasi un collasso: io, sola, con tre uomini. Ciò significava solo una cosa: un suicidio!!





NdA
Comincio con il ringraziare chi mi segue e recensisce, mi invogliano a continuare a scrivere.
Poi dirò che in questo capitolo si comincia ad intravedere la parte più o meno comica della mia storia.
Vedremo un Tony Stark in tutto il suo splendore (almeno ci ho provato). Un saluto Marty.

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Capitolo 12
*** Cohabitation ***











-Benvenuti nel mio regno- disse Tony, una volta che mettemmo piede nel suo attico.

Ricordavo vagamente il salotto che si affacciava sulla città, in quanto era dove io e Loki ce l'eravamo date di santa ragione l'ultima volta. Mi lasciai sfuggire un'occhiata verso il dio, il quale non aveva ancora aperto bocca, e notai un leggero tremito del suo corpo, come se anche lui avesse avuto lo stesso pensiero.

-D'accordo. Allora il vichingo può sistemarsi nella stanza in fondo al corridoio a destra, mentre il giovane cervo nella stanza di fronte, nella quale ho provveduto ad inserire un circuito di chiusura automatica se mai avesse intenzione di un'uscita senza accompagnatore. La ragazzina invece si sistemerà in quella in cima alle scale. Ho chiesto a Pepper di arrangiarla alla meglio, dato che ci ha mai dormito nessuno. Spero non ti dispiaccia-

-Nessun problema, sono stata abituata a molto peggio- risposi io, lanciando una frecciatina al dio dell'inganno, memore della sua fredda ospitalità quando mi aveva sequestrato.

-Se per voi è lo stesso, io avrei bisogno di una doccia. A dopo- conclusi e presi a salire le scale.

Mi bloccai dopo i primi quattro scalini, voltandomi di scatto, sentendomi osservata.

-Maschietti, dobbiamo convivere per non so quanto tempo, quindi smettetela di fare gli ometti arrapati e tornate alle vostre occupazioni. Tony, smetti di fissarmi il culo!!-

 

Sentire l'acqua scorrere sul mio corpo fu una sensazione unica e inimmaginabile, dato che ancora non avevo avuto il tempo di cambiarmi dall'uscita teatrale dalla bettola di Al. Lasciai che il getto della doccia mi colpisse al viso e bagnasse i miei capelli rosso fuoco, provocandomi un sospiro.

Dopodichè poggiai la fronte alle mattonelle fredde della doccia e presi a pensare: sarebbe stata veramente dura quella convivenza.

Poi cosa mai si sarebbero aspettati che facessimo riguardo Loki? Era un tipo cocciuto, il quale non sarebbe cambiato facilmente, per non dire che odiava le persone e lo stesso pianeta.

Si, sarebbe stata un'impresa per la quale mi sarei meritata una medaglia all'onore.

Uscii dalla doccia dopo quelle che parvero ore, avvolgendomi in un asciugamano che trovai sul mobile lì vicino.

Doveva ammettere che la stanza che Tony le aveva dato non era male: era spaziosa, luminosa, un grande letto a due piazze nella quale passare delle comode e calde notti e un armadio nella quale avevo sistemato i miei vestiti.

D'un tratto, mentre con un altro asciugamano mi stavo strusciando i capelli per liberarmi dell'acqua in eccesso, una voce computerizzata mi fece sobbalzare.

-Signorina Rebekka, sono Jarvis. Il signor Stark mi ha raccomandato di soddisfare ogni suo bisogno e anche se mai avesse bisogno di qualcosa di chiedere-

Rimasi per un attimo spiazzata, poi, alzando lo sguardo al soffitto, parlai:

-Grazie Jarvis, ma per il momento non mi occorre niente. Saprò però a chi rivolgermi in caso contrario-

-Bene. Allora volevo avvertirla che il signor Stark e il signor Thor la stanno aspettando in cucina-

-Grazie-

Bene, ci mancava solo un computer con una volontà propria, capace di intrufolarsi nei sistemi della casa. Addio la poca privacy che poteva avere almeno nella sua stanza.

Comunque si affrettò a vestirsi, indossando dei semplici jeans e una felpa larga che le arrivava quasi a metà coscia. Ai piedi scarpe da ginnastica, stufa dei soliti anfibi.

I capelli li asciugò velocemente, legandoli poi in una mezza coda, e scese al piano inferiore. Thor e Tony la aspettavano, poggiati alla penisola della cucina, il miliardario con un bicchiere di liquore tra le mani.

-Aspettavate me?- chiesi.

-Sai, stavo per venirti a cercare- ridacchiò Stark, meritandosi una mia occhiata di fuoco.

-Dobbiamo parlare di Loki- rispose serio Thor, il quale si era liberato dei suoi abiti asgardiani e aveva indossato un paio di jeans, una maglietta bianca e una camicia a quadri.

-Di cosa vuoi parlare?-

-E' necessario che almeno per il momento rimanga qui, anche perchè non sappiamo come potrebbe reagire al contatto con il mondo esterno. Manhattan è pur sempre una città popolosa e lui ancora non ha ben metabolizzato la sua condizione di mortale provvisorio-

-Come facciamo a sapere che non recupererà i suoi poteri senza il volere di Odino?- chiesi io.

-Mio padre ha provveduto con le due polsiere d'oro che avete intravisto. Senza un suo espresso ordine, l'incantesimo non può essere spezzato-

-Bene. Una precauzione in più. Non che avere un ex dio mentalmente instabile, anche se senza poteri, sotto il mio stesso tetto mi faccia stare molto tranquillo- disse Tony, sorseggiando il liquore nel bicchiere.

-Loki non ha ancora cambiato i sentimenti verso di me, quindi io cercherò di avvicinarmi il meno possibile. Rebekka, spetta tutto a te- disse Thor, fissandomi poi con una strana luce negli occhi.

-Non pensare che possa compiere il miracolo. Inoltre ho accettato di fargli da babysitter per evitare che combinasse guai, non certo da voce della coscienza- risposi, distogliendo lo sguardo.

Dopo un attimo di silenzio, Stark disse:

-Il principino deve essere affamato e anche noi. Cosa ne diresti ragazzina di provare a cucinare?-

-Vuoi farmi credere che non ne sei capace?- chiesi sconvolta.

Poi l'occhio mi si posò su una torre pendente di scatole di pizza da asporto.

-Ok, ho capito. Mi metto a lavoro-

 

Non che nei miei anni passati allo S.H.I.E.L.D. avessi avuto molte possibilità di sfoggiare le mie doti culinarie, ma nei sei mesi da Al qualcosa avevo imparato. Così con le poche cose che avevo trovato nel frigo (*promemoria: mandare Tony a fare la spesa*) e le indicazioni di Jarvis, riuscii a tirare fuori una cena decente: un risotto alla texana che mi aveva insegnato il mio ex capo e del pollo fritto.

Nonostante l'aspetto non fosse dei migliori, dovevo ammettere che l'odore non era male. Quando però lo poggiai davanti ai due maschietti, quelli lo osservarono, poco convinti.

-Sei sicura che non stai tentando di avvelenarci?- chiese Tony, stuzzicando il riso con la forchetta.

-Senti, se sai far di meglio allora accomodati. Con quello che ho trovato sono riuscita a fare questo. Inoltre, fino a prova contraria, sei più terrestre tu di me-

-Non è male- sentii dire invece a Thor, il quale stava già assaggiando il risotto.

-Ehi biondo, attento!! Non sai che effetto può farti-

-Tony, mangia- ringhiai.

L'uomo mi osservò timoroso, poi anche lui mise una forchettata in bocca. Vidi la sua faccia cambiare di colpo, diventando quasi viola.

-Che c'è?- chiesi, stupita.

-Ragazzina, la prossima volta meno peperoncino- disse, la lingua di fuori, mentre respirava affannosamente come a voler spegnere l'incendio che gli era scoppiato in bocca.

-Scusa- dissi imbarazzata, osservando la terza porzione e gettandola direttamente nel cestino.

Nonostante le polemiche, i due finirono entrambi i piatti che avevo preparato.

-Bene, a parte qualche piccola inesattezza con le spezie, devo ammettere che in fondo era un ottimo pasto-

Io, mentre sorseggiavo una tazza di caffè, sorrisi.

-Ci credo. Da quello che ho potuto vedere sei un accanito consumatore di pizza da asporto- risposi, indicando con un cenno della testa la pila di cartoni avanzati.

-Con il mio lavoro, non posso certo permettermi una cena normale- rispose lui, quasi offeso.

Thor ci osservava, divertito. Poi disse:

-Rebekka, quello è per Loki?-

Lo fissai un attimo confusa, poi seguii il suo sguardo sino a un vassoio appoggiato sulla cucina alle mie spalle. Arrossii segretamente.

-Mi avevate detto di preparare anche per lui e così ho fatto. Ho fatto male?-

-No, anzi. Che ne dici di andare a portarglielo mentre noi mettiamo a posto qua?-

Mi impietrii. Non ero ancora pronta per un incontro diretto con lui, non avrei saputo come comportarmi.

Come se il mio corpo fosse però scollegato dal cervello, afferrai il vassoio e mi diressi verso la stanza del dio dell'inganno, seguita dagli sguardi degli altri due e, ne ero sicura, anche dal sorrisetto divertito di Tony.

Quando però mi trovai davanti alla stanza, una strana sensazione mi bloccò, il pugno alzato nel gesto di bussare. Perchè quella titubanza? In fondo ora Loki era un semplice ragazzo poco più grande di me, senza poteri strani, mentre io ero nel pieno delle mie facoltà, carica di energia, che se avesse azzardato a muovere anche solo un passo verso di me sarei riuscita a fermarlo.

Così bussai leggermente un paio di volte, dopodichè entrai.

La stanza era immersa nella quasi oscurità, ma illuminata quel tanto perchè riuscissi ad intravedere il suo profilo seduto sul letto, il capo basso.

Entrai, facendo entrare un po' di luce nella stanza, provocando una sua reazione: alzò leggermente la testa, puntando gli occhi dritti nei miei.

-Ti ho portato da mangiare. Non è un granchè, ma adesso che sei umano devi mantenerti in forze- dissi distrattamente, poggiando il vassoio con il pasto su di un tavolino che intravidi alla mia destra.

Tornai a guardarlo e lui aveva semplicemente riabbassato la testa. Così, sospirando, feci per uscire.

D'un tratto un movimento alle mie spalle. La porta si richiuse di scatto e io mi trovai schiacciata contro di essa, il corpo del dio che mi bloccava ogni movimento.

Entrambi i polsi tenuti fermi contro la superficie di legno e acciaio.

Tentai con uno scatto di liberarmi, ma, nonostante non avesse più i suoi poteri, aveva in qualche modo mantenuto la sua forza fuori dal comune e la sua velocità, tanto che non ero riuscita a rendermi conto neanche di un suo movimento.

-Loki, lasciami andare...- dissi, ricevendo in risposta un ulteriore pressione contro la porta.

Avvertii il suo respiro vicino al mio orecchio e per un attimo rabbrividii.

-Rebekka...- sospirò e mi sembrò quasi un grido di aiuto detto a poca voce.

Dovevo uscire immediatamente da quella situazione, in quanto non ero affatto a mio agio e la cosa non mi piaceva.

Così, con un colpo di reni tentai di girarmi, ma il risultato fu me, schiena alla porta, volto di Loki a pochi centimetri dal mio.

-Allontanati...- dissi tra i denti.

Dopo quasi sei mesi rividi quel sorriso così strafottente allargarsi sulle labbra fini, mentre, con un movimento secco, mi lasciava andare i polsi e si allontanava di un paio di passi.

-Non sei cambiata, piccola Rebekka...- disse divertito.

 

Uscii dalla stanza come una furia e per poco non travolsi Thor, il quale era venuto a controllare il perchè non fossi ancora uscita.

-Rebekka, che succede?- mi chiese innocentemente, schiacciandosi contro la parete.

Io lo fulminai con uno sguardo. Poi, mentre risalivo le scale, mi voltai:

-Tieni tuo fratello lontano da me- e mi sbattei la porta della mia stanza alle spalle.

 

Loki era ancora seduto sul suo letto quando Thor fece il suo ingresso nella stanza.

-Che cosa hai fatto a Rebekka?- chiese il biondo.

L'altro alzò leggermente lo sguardo, rivolgendogli un'occhiata di sufficienza. Poi, semplicemente, scoppiò in una piccola risata.

-Fammi indovinare. La ragazzina è venuta a piagnucolare da te per il nostro piccolo scambio di opinioni?-

-Lei non ha bisogno di piagnucolare. Ora come ora è capacissima di farti fuori con un solo gesto della mano, cosa che vorrei evitare. Quindi? Cosa hai combinato?-

-Niente-

-Loki, hai capito perchè sei stato mandato qui? Potrai non crederci, ma comprendo come ti senti adesso e, non voglio mentirti, ma Rebekka è la tua unica possibilità ora come ora. Quindi vedi di evitare di comportarti come al solito e tentare di adattarti- e detto questo se ne andò, senza attendere nessuna risposta.

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Capitolo 13
*** In his hand ***











Non so da quanto tempo mi ero chiusa nella mia stanza nell'appartamento di Stark, ma sapevo con certezza che non avevo smesso un solo attimo di pensare a Loki e alla sua reazione di poco prima.

Quando i nostri corpi si erano sfiorati, avevo avvertito il mio cuore cominciare a battere talmente forte da sembrare che mi dovesse saltare fuori dal petto da un momento all'altro. Era una sensazione strana che quasi mi faceva paura. Anzi, ripensandoci, più che paura mi facevo una certa pena.

Negli ultimi tempi, da quando avevo lasciato lo S.H.I.E.L.D., mi ero imposta seriamente di non mostrarmi più debole con nessuno e ci ero pienamente riuscita. Ero improvvisamente tornata la Rebekka precedente l'arrivo degli Asgardiani e dei loro casini.

Loki aveva però la capacità di destabilizzarmi, non tanto per quello che provavo, ma per quello che i suoi occhi erano capaci di farmi ricordare.

Dopo questi pensieri alquanto depressivi decisi che non sarebbe stata certo la sua presenza a rovinarmi l'esistenza. Così mi alzai da letto e scesi al piano di sotto.

Non trovai nessuno e il silenzio regnava nell'attico.

-Jarvis?- dissi.

-Si, signorina- rispose la voce meccanica del sistema.

-Dove sono tutti?-

-Il signor Stark è dovuto andare ad un incontro con il consiglio amministrativo della Stark Industries, mentre il signor Thor ha raggiunto il direttore Fury per essere messo al corrente sulle norme di sicurezza relative al Tesseract-

-E Loki?-

-Nella sua stanza-

Magnifico. Mi avevano mollato con lui senza dirmi niente. Sbuffai, passandomi una mano tra i capelli. Cosa avrei dovuto fare?

Guardai allora l'orologio attaccato alla parete del cucinotto. Era quasi ora di pranzo.

In effetti cominciavo a sentire un certo languorino. Aprii il frigorifero e mi venne quasi da ridere all'idea di aver pensato che due uomini si potessero accorgere della mancanze di cibarie. In fondo stavo parlando di uno che andava avanti a pizze da asporto e un altro che probabilmente non aveva mai dovuto preoccuparsi di andare a fare la spesa.

Così mi preparai un semplice panino.

Mentre me ne stavo seduta al tavolo gustando il mio magro pranzo, pensai che probabilmente anche Loki avesse bisogno di mangiare. Non sapevo neanche se la sera prima avesse consumato la cena che gli avevo portato.

Ma in fondo poi cosa mi importava? Poi ci pensai: si, mi importava.

Così preparai un panino anche per lui e rimediata una bottiglietta d'acqua, mi diressi verso la sua stanza.

Chiesi a Jarvis di sbloccarmi la porta, dato che Tony, quando se ne era andato, non aveva voluto lasciare il “prigioniero” senza una dovuta preoccupazione.

Entrai, trovando ad accogliermi nuovamente quell'odiosa penombra. Stavolta però Loki se ne stava steso sul letto, un braccio a coprirgli gli occhi, l'altra mano abbandonata sull'addome. Non si mosse neanche quando mi sentì aprire la porta.

Lo fissai per qualche secondo, combattutto sul dirgli qualcosa o lasciar perdere. Infine decisi per la seconda opzione.

Così poggiai il panino e l'acqua sul tavolino di fianco alla porta, notando che il vassoio della sera prima era rimasto intatto. Sospirai, prendendolo e facendo per uscire.

In quel momento avvertii dei lamenti, come qualcuno che stava facendo un brutto sogno. Mi voltai, notando Loki che si agitava sul letto, i pugni entrambi serrati.

Maledii la mia curiosità, ma qualcosa dentro di me mi obbligò a sincerarmi che andasse tutto bene.

Così ripoggiai il vassoio, avvicinandomi con passo insicuro sino al letto.

Lui aveva tolto il braccio dal viso, lasciando il posto ad un'espressione alquanto sofferente. Chissà cosa stava sognando.

Mi sedetti ad un lato del letto, portandogli una mano alla fronte che trovai madida di sudore. Al mio tocco però, il suo viso parve rilassarsi. In quel frangente non potei fare a meno di ammettere che il suo viso mi provocò una gran tenerezza.

Dalla fronte scesi giù lungo la tempia, per poi sfiorargli una guancia. Sorrisi appena.

Loki iniziò a respirare in modo naturale, mentre il suo corpo parve rilassarsi completamente.

Così feci per andarmene prima che si svegliasse, ma una presa al polso mi costrinse a fermarmi. Mi voltai nuovamente a guardarlo, incontrando i suoi occhi di ghiaccio.

-Cosa ci fai qui?- mi chiese, volendo dare un tono minaccioso alle sue parole, ma non ci riuscì.

-Ero venuta a portarti da mangiare, poi però ho sentito che ti lamentavi nel sonno- risposi di getto, pentendomi non appena vidi un forzato sorrisetto inarcargli le labbra.

-Allora di me qualcosa ti importa- disse lui.

-In questo momento non sei altro che un impegno, una promessa fatta a tuo fratello e all'agenzia. Sei sotto la mia responsabilità-

Mi pietrificai quando avvertii il tocco delicato della sua mano sulla mia guancia. Spalancai gli occhi in un'espressione spaesata, mentre lui mi carezzava il viso e mi guardava.

-Mi dispiace- disse poi, aumentando la mia sorpresa.

Non riuscii ad aggiungere una sola parola, così fu il dio a continuare:

-Vorrei solo poter tornare indietro a quel giorno...-

-Ma non puoi- risposi allora secca e mi sottrassi al suo tocco, riuscendo a liberarmi anche il polso e alzarmi dal letto.

-So che anche tu non hai abbandonato i tuoi ricordi di quei giorni- proseguì Loki, alzandosi a sedere e fissandomi intensamente la schiena.

-Come fai ad esserne sicuro?-

-Hai ancora l'anello che ti ho regalato-

Il fiato mi si mozzò in gola. Abbassai un poco lo sguardo, notando la catenella con l'anello che mi era sfuggita dallo scollo della maglia. Con un gesto veloce me lo rinfilai nella maglietta.

Mi voltai per guardare Loki, il quale continuava a sorridere divertito.

-Non ridere- dissi, secca.

-Sei buffa, proprio come quando eravamo ragazzini- rispose lui, mettendosi a ridere di gusto.

Probabilmente, vedendo l'espressione sul mio viso, anche lui si accorse dell'assurdità della cosa, tanto che tornò immediatamente serio.

Stavolta fui io a mettermi a ridere, notando l'espressione contrariata che assunse lui.

-Scusa Loki, ma dovresti vederti- dissi io tra una risata e l'altra.

-Come osi prenderti gioco di un dio, ragazzina?!?- disse, alzandosi in piedi e assumendo una posa che per lui voleva essere minaccioso.

-A cuccia, bello. In questo momento ha il potere offensivo di un gattino- scherzai io, mostrandogli una piccola sferetta di energia sul palmo della mano.

-Scommetto che riuscirei a batterti comunque-

Io lo fissai, scettica.

-E' per caso una sfida, ex dio dell'inganno?- chiesi io, incrociando le braccia sul petto e inclinando leggermente la testa.

-Può darsi-

Io ci pensai un attimo, poi dissi:

-So cosa stai cercando di fare. Vuoi che ti faccia uscire di qui, ma non ci casco-

-Andiamo Rebekka. Anche se riuscissi a stenderti, ciò che avverrà, dove pensi che possa andare? Sono senza poteri, in un mondo che odio. Mi ci vedi a vivere da normale e patetico umano? Inoltre se riuscirai a battermi giuro che non ti mancherò mai più di rispetto. Ma se invece sarai tu a perdere, dovrai esaudire un mio desiderio. Ci stai?-

Ci pensai per qualche secondo, poi, spavalda, risposi:

-Ci sto. Ma ti avverto: il tempo per umiliarti e poi di nuovo dentro. Sono stata chiara?-

-Cristallina-

 

* * *

 

Loki camminava calmo alle spalle di Rebekka, continuando a fissarla. Vedeva le spalle, piccole e strette, accarezzate da quei suoi riccioli color del fuoco, i quali, gonfi al punto giusto, le davano un aspetto ancora più minuto e gracile.

Il corpo, sinuoso e tonico, si muoveva in un andamento oscillatorio quasi ipnotico. Non poteva fare a meno di ammirare le gambe, magre e lunghe, rinchiuse in un paio di pantaloni morbidi. Poi lo sguardo salì appena, fermandosi sul fondoschiena, piccolo e sodo, per poi finire sulla schiena dritta e rigida.

-Hai finito?- gli chiese lei, senza neanche guardarlo.

Ma come diamine aveva fatto?

-Di fare cosa, di grazia?- chiese lui, distogliendo immediatamente lo sguardo.

-So che mi stai fissando, Loki. È come se percepissi il tuo sguardo su di me e ti pregherei di smetterla-

Il dio avvertì per la prima volta dopo anni uno strano calore propagarsi in tutto il corpo e ne fu abbastanza contrariato. Stava forse lentamente facendosi sopraffare da quella momentanea natura umana, così debole e piena di stupidi sentimenti.

-Non avrei comunque niente da guardare. Sei priva di ogni interessante forma che un uomo noterebbe, piatta come una tavola- ridacchiò poi, vedendo Rebekka impalarsi in mezzo al corridoio.

La ragazza si voltò per fulminarlo con i suoi occhi color del ghiaccio.

-Come osi, razza di cervo troppo cresciuto? E poi si da il caso che tu abbia chiesto in sposa questa “tavola”- disse, puntandogli un dito sul petto e continuando a spunzonarlo, facendolo arretrare di un paio di passi.

-Sto pensando sempre di più al grave errore-

La vide mentre inarcava ulteriormente le sopracciglia in un'espressione vendicativa e decise di continuare, tanto per divertirsi.

Così, con un movimento veloce, le afferrò il mento, costringendola a fissarlo negli occhi. Avvicinò il viso sino a trovarsi a pochi centimetri da quello di lei, per poi sussurrargli sulle labbra:

-Forse potresti trovare un modo per farmi cambiare idea-

Lei lo fissava, immobile, una strana espressione negli occhi. Poi di colpo si risvegliò da quella sorta di ipnosi, premendogli entrambe le mani sul petto e spingendolo lontano.

-Attento Loki, non ti conviene giocare con me- disse, voltandogli poi le spalle e proseguendo per il corridoio.

-Oh Rebekka, non sai quanto mi diverte invece questo gioco-

 

* * *

 

Giuro, lo odio. Ma come osa darmi della tavola?

Il suo comportamento poi è strano: prima è dolce, mi dice che gli dispiace, poi non perde occasione per sminuirmi e rinfacciarmi il grave errore che stava per compiere quando mi ha chiesto di sposarlo.

Non lo capisco e meno lo capisco, più vorrei farlo fuori.

Finalmente arrivammo alla palestra che Stark mi aveva mostrato sulla piantina e che io, fortunatamente, mi ero ricordata, altrimenti Loki mi avrebbe preso in giro anche sulla mia mancanza di orientamento.

Entrai per prima, aspettando sulla soglia che anche lui passasse. Lo fece con quel sorriso strafottente sul viso, tanto che dentro mi montò ancora di più la voglia di prenderlo a calci in culo.

La porta si chiuse alle sue spalle con un fischio elettronico, dopodichè dissi:

-Jarvis?-

Loki si voltò, guardandomi perplesso.

-Si, signorina?- rispose il sistema.

-Attiva i protocolli di sicurezza. Nessuno esce da questa stanza senza l'altro-

-Benissimo-

Le pareti vennero percorse da sensori che le resero più robuste, mentre su di uno schermo osservavo i blocchi che Jarvis stava attuando.

-Perfetto- dissi, dopodichè mi voltai verso Loki, a pochi metri da me.

-Sei pronto?- continuai, scrocchiandomi le dita delle mani.

-Quando vuoi- mi rispose il dio, liberandosi della casacca che gli avevo sempre visto indossare.

Rimase solo con i pantaloni e un'aderente maglia senza maniche con il collo alto.

Per alcuni secondi il cervello si scollegò, osservando il fisico asciutto e ben proporzionato di lui. Non era muscoloso, almeno non come Thor, ma comunque il tessuto che lo fasciava come una seconda pelle, metteva in evidenza i muscoli tonici e sviluppati.

Le braccia erano affusolate, ma anch'esse ben evidenti.

-Hai finito?- mi chiese, scimmiottando le stesse parole che gli avevo rivolto io qualche minuto prima.

Io tornai in me, distogliendo lo sguardo.

-Cominciamo- dissi allora.

-Niente poteri-

-Come scusa?-

-Ho detto niente poteri. Solo con le nostre forze-

Io lo fissai perplessa, cercando di capire dove si nascondesse il trucco. Poi però acconsentii alla richiesta.

Ci guardammo per qualche secondo a vicenda, cercando di capire quale sarebbe stata la prima mossa e che avrebbe agito per primo.

Lui sorrise appena, per poi scattare verso di me, cercando di colpirmi con un gancio, che io evitai piegandomi sulle ginocchia all'ultimo momento.

-Sei veloce- disse lui.

In realtà era semplicemente il fatto che adesso aveva i poteri bloccati dai bracciali. Io non avevo continuato ad allenarmi per quasi un anno ed ero decisamente fuori esercizio.

Quando però Loki mi aveva sfidato non avevo potuto fare a meno di accettare.

Compii una capriola all'indietro, tentando di colpirlo con un calcio al mento, per destabilizzarlo, ma lui lo evitò.

Ci gettammo nuovamente l'uno contro l'altro e il dio stavolta riuscì a colpirmi con un pugno alla bocca dello stomaco, facendomi mancare il respiro, venendo però colpito poi da un calcio nel medesimo punto.

-Ancora convinto di potermi battere?- lo schernii io.

-Ancora convinta di non poter perdere contro di me?- ribattè lui, prima di tentare di afferrarmi per il collo.

Mi abbassai di nuovo, facendogli lo sgambetto. Lui cadde, ma poco prima di toccare il pavimento poggiò entrambe le mani a terra. Evitò un altro colpo da parte mia e veloce fu lui stavolta a farmi cadere a terra.

Io, a causa della caduta di schiena, non potei fare niente per non impattare con il pavimento d'acciaio, battendo la testa.

La testa mi si annebbiò, mentre le orecchie mi fischiavano.

Tentai di alzarmi, ma una presa al collo mi costrinse a rimanere a terra. Vidi l'ombra di Loki che incombeva su di me, il suo corpo scosso dal fiato corto. Mi accorsi però quasi subito che la stretta non era così forte da mozzarmi il respiro, ma solo da costringermi a terra.

-Potrei mettere fine alla tua vita solo stringendo un poco di più- mi disse, abbassandosi in modo che potessi captare il suo sussurro.

-Non potrai uscire da qui da solo- dissi.

-E' l'unica cosa che hai da dirmi? Non implori perchè non ti uccida?- mi chiese.

-Io non imploro- risposi secca, guardandolo negli occhi.

Non ebbe il tempo di rispondere, in quanto un rumore elettronico si udì a poca distanza dalla sua testa.

-Molla la presa, piccolo cervo- disse la voce di Tony, apparso all'improvviso senza che nessuno dei due se ne rendesse conto.

Loki guardò il guanto di Iron Man a poca distanza dal suo viso, pronto a sparare un colpo, per poi spostare lo sguardo su di me. Poi, con volto innocente, mi lasciò andare, alzandosi in piedi.

Qualcuno mi afferrò allora per un braccio, cercando di farmi rimanere in piedi.

-Rebekka, stai bene?-

Era la voce di Thor, ma io non riuscivo a vederlo chiaramente. La botta alla testa mi aveva intontito più del previsto.

Mi limitai a indicargli la testa, poi quasi caddi di nuovo a terra. Da buon principe quale era, il biondo mi prese tra le braccia e mi portò verso il piano di sopra.

Dietro di me sentivo la voce di Tony che intimava a Loki di precederlo per tornare nella sua stanza.

 

-Sei forse impazzita?!?- gridò Stark, liberatosi dell'armatura, mentre andava avanti e indietro per il salottino.

-Tony, potresti non urlare. Probabilmente ho un lieve trauma cranico- risposi io, mentre mi premevo una borsa del ghiaccio che mi aveva gentilmente offerto Thor.

-Forse ti aiuterà a rimettere un po' di sale in zucca. Cosa pensavi di fare? E se io e il vichingo non fossimo arrivati in tempo?!?-

-Al contrario di quello che poteva sembrare, Loki non mi avrebbe fatto del male- dissi, osservando l'uomo davanti a me con sguardo intenso.

-Ne sei certa? A me è sembrato che ci stesse andando molto vicino invece. D'accordo Rebekka che è sotto la tua responsabilità, ma questo non significa che ti devi far ammazzare-

Sobbalzai. Tony mi aveva chiamato per nome, quindi questo poteva significare solo una cosa: era davvero incazzato.

-D'accordo. Scusami. È solo che lui mi ha fatto arrabbiare e così sono caduta nel suo stupido tranello. Non si ripeterà-

-Bene. Tuo padre non ti ha mai insegnato a non dare confidenza alle persone come Loki?-

Io mi rabbuiai, notando lo sguardo di ghiaccio che Thor lanciò a Tony, il quale, balbettando, provò a rimediare:

-Ecco...io...non intendevo...non mi sono spiegato...-

-Oh si, invece. Ti sei spiegato benissimo- dissi, poggiando la borsa del ghiaccio sul tavolo e incamminandomi verso la mia stanza.

Mentre salivo le scale, sentii Stark imprecare:

-Tony, sei davvero un cretino!!-




NDA 
Dopo qualche giorno di silenzio (imperdonabile!!!) mi ripresento con questo nuovo capitolo. Spero vi piaccia e grazie a chi sta recensendo o solo chi legge.
Un saluto Marty.

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Capitolo 14
*** Will be mine ***











Non avevo più parlato con Tony dalla nostra ultima discussione. A dir la verità lui era quasi sempre impegnato negli affari delle Stark Industries, quindi se ne andava prima che io mi alzassi e tornava quando ormai era già notte inoltrata.

A dir la verità l'arrabbiatura della sua uscita poco felice sul conto di mio padre era pressocchè passata, ma io per prima non sapevo come affrontare l'argomento.

L'unico per cui mi dispiaceva in quel momento era il povero Thor. Con tutti i pensieri che avevo non ero certo di molta compagnia e quando ci incontravamo a pranzo o a cena le parole che ci scambiavano erano veramente poche.

Per lo più me ne rimanevo chiusa nella mia stanza a rimuginare su tutto, dai fondamenti di quella mia vita così fasulla a mio avviso, a quello che che avrei fatto da quel momento in avanti.

Avrei passato tutto il resto della mia esistenza a fare da babysitter a quell'odioso principino asgardiano rinchiuso al piano di sotto?

Inoltre ancora non ero riuscita a scoprire un bel nulla su quei due marchi sui miei polsi e sul fatto che il mio sangue fosse collegato in qualche modo al Tesseract. Doveva esserci una ragione, un motivo per il quale quella parte dei miei ricordi fosse ancora un mistero per me.

Decisi allora che la prima cosa da fare era scoprire cosa Asgard sapeva di quella faccenda.

Così lentamente uscii dalla mia stanza, scendendo le scale mentre mi guardavo intorno. Non pareva esserci nessuno, di nuovo.

Scorsi la grande tv accesa, ma ad un volume talmente basso da parere muto. Qualcuno era seduto sul divano, nella semioscurità, in quanto fuori il sole era quasi completamente tramontando, lasciando il posto all'ennesima notte. Dovevo smettere di passare tutto quel tempo chiusa in quattro mura, sarebbe stato meglio trovarsi un hobby.

Mi avvicinai con passo leggero, curioso di sapere di chi si trattasse.

-Sei ancora troppo rumorosa, Rebekka-

Quella voce.

Cosa ci faceva Loki tranquillamente seduto sul divano quando sarebbe dovuto trovarsi rinchiuso dietro una spessa porta d'acciaio?

-Che ci fai tu qui?-

-Ho fatto un accordo con quei due. Io me ne sto buono senza avvicinarmi a te e loro mi lasciano libero di viaggiare per la casa-

Lo vidi voltarsi verso di me, il solito sorrisetto stampato sulla faccia. Dopodichè tirò indietro la testa, poggiandola allo schienale del divano, mettendosi definitivamente a ridere.

-Sai, mi rendi però questo compito ancora più difficile-

Non capii immediatamente di cosa stesse parlando, poi abbassai lo sguardo. Indossavo solo un maglione di un paio di taglie più grande della mia, il quale mi arrivava a malapena al di sotto della vita, e un paio di pantaloncini talmente corti da essere quasi invisibili. Quella mattina non avevo certo messo in conto di vedere qualcuno, quindi avevo indossato le prime cose che mi erano capitato sotto mano.

Rossa in viso per l'imbarazzo feci per andarmene, ma lui mi fermò:

-Ricordi vero di aver perso la sfida con me, non è vero?-

-Lo ricordo. Quindi? Cosa vuoi come “premio”?- chiesi stizzita, incrociando le braccia sul petto.

-A dir la verità non ci ho ancora pensato, ma aspettati qualcosa di dannatamente superbo- ridacchiò Loki, poggiandosi con un braccio allo schienale del divano e fissandomi con un misto tra il sadico e il divertito.

-Beh, comincia con dare un freno alla tua autostima, potrebbe esploderti quel cervellino da dio mancato che ti ritrovi- risposi, maligna, rivolgendogli un sorrisetto strafottente e raggiungendo il piano della cucina.

Mi era venuta fame e visto che nessuno accennava a tornare, decisi di mangiare da sola. Poi mi ricordai di Loki.

-Hai fame?- gli chiesi, senza neanche guardarlo, maledicendomi poi internamente per il mio animo troppo buono.

-Pensavo che avessi intenzione di farmi morire di fame- rispose lui.

Mi stupii, dato che avvertii il rumore dello sgabello che si scostava dal piano del tavolo. Non l'avevo neanche sentito muoversi.

-L'idea era quella, ma preferisco non avere anche il tuo deperimento sulla coscienza- risposi, mettendogli davanti un piatto della pasta che avevo preparato la sera prima e che mi era bastato riscaldato.

Lui, diffidente, afferrò la forchetta e srotolò un paio di spaghetti, facendoli poi ricadere nel piatto, schifato.

-Cos'è questa roba?- chiese poi, i sopraccigli inarcati in un'espressione per niente convinta.

-Questo passa in convento. Quindi mangia- risposi io stizzita, sistemandomi a mia volta dall'altra parte del tavolo e prendendo a mangiare.

Certo, non era come andare al ristorante, ma l'atteggiamento di Loki era troppo esagerato. Calò il silenzio tra di noi, mentre nessuno dei due osava alzare lo sguardo sull'altro.

Poi fui io a distogliere l'attenzione dal piatto e rivolgerla al dio. Lo vidi mentre masticava un altro boccone, gli occhi puntati sugli spaghetti, mentre ci giocherellava con la forchetta.

Per un attimo mi venne da sorridere, poi mi ricordai chi avevo davanti e tornai seria, di nuovo rinchiusa nella mia barriera di pura incazzatura.

Non mi importava più di quello che era successo tra noi, avevo cominciato ad ignorare anche la strana anzia che mi colpiva quando mi avvicinavo troppo a lui. Avevo preso una decisione: sarebbe stato solo un lavoro, niente di più.

-A cosa pensi?- mi interruppe la sua voce.

Alzai lo sguardo, guardandolo. Ecco, di nuovo quell'espressione innocente e preoccupata di quando l'avevo trovato steso sul letto il giorno precedente. Intravidi un altro Loki in quegli occhi che mi guardavano e la cosa mi spiazzò. Thor aveva ragione: in lui convivevano decisamente due diverse personalità.

-Perchè ti interessa?-

Lui abbassò per un attimo lo sguardo, poi rispose:

-Non sopporto il silenzio. Dove sono stato quando sono precipitato dal Bifrost era buio e silenzioso e sono quasi stato capace di impazzire-

-E cosa te lo impedito?-

-La sete di vendetta- mi rispose serio e il suo tono ebbe la capacità di farmi tremare.

Era tornato il solito Loki, arrogante e cattivo, al quale non importava di niente e di nessuno.

Senza che avessi la possibilità di aggiungere altro, lui si alzò, lasciando malamente la forchetta nel piatto e ritirandosi in silenzio nella sua stanza.

Io allora presi i due piatti e li misi a lavare nella lavastoviglie. Dopodichè, lanciando un'occhiata alla camera di Loki, sospirai e mi diressi nuovamente nella mia, nella speranza che il sonno mi facesse per poco dimenticare il suo sguardo di quel momento.

 

* * *

 

La vide mentre si allontanava verso la sua stanza al piano superiore, lanciando un'ultima occhiata verso di lui, senza sapere che la stava guardando.

La sentì sospirare, per poi andarsene. Così si chiuse dentro e si stese sul letto, le braccia intrecciate dietro la testa e lo sguardo verso il soffitto.

In fondo lo divertiva quel loro continuo scontrarsi attraverso battute pungente e sguardi omicidi. Era il solo modo per avere un dialogo con lei e Loki si rese conto che da tempo era una delle poche cose di cui gli interessava davvero, a parte rientrare in possesso del Tesseract e farla pagare agli Avengers, quello era chiaro.

Quella ragazza era stata capace di far nascere in lui il dubbio, cominciando a pensare se il suo desiderio di vendetta fosse realmente giusto. Era anche a causa sua se il suo cuore si era chiuso ad ogni tipo di emozione se non l'odio, ma da quando l'aveva rincontrata qualcosa in lui si era nuovamente rotto.

Si era accorto che stava bene quando la vedeva, la prendeva in giro, litigavano, persino quando si prendevano a botte, tornando un po' a quando erano ragazzini.

Guardò quell'arnese che su quel pianeta chiamavano sveglia segnare le due del mattino.

Le sue stupide elucubrazione avevano impegnato così tanto del suo tempo?

Si accorse però di non riuscire proprio a dormire, tormentata da tutti quei pensieri e quei dubbi, tanto che fu costretto ad alzarsi ed uscire da quella stanza, divenuta improvvisamente soffocante.

Si ritrovò quindi nuovamente nel soggiorno, buio e deserto. Mosse qualche passo in direzione della vetrata panoramica, la quale, durante la guerra, aveva sfondato con lo stesso Stark, godendosi pienamente il momento.

Si fermò ad osservare quindi la città assopita, valutando l'inutilità e la nullità di quel popolo che si proclamava tanto superiore, ma che si era trovato a soccombere dinnanzi alla magnificenza e alla superiorità dei suoi Chitauri. Se non fosse stato per quegli eroi da strapazzo, probabilmente in quel momento starebbe seduto sul trono del mondo, magari con Rebekka al suo fianco.

Pensando a lei si voltò quindi in direzione della sua porta chiusa, sospirando.

D'improvviso, come mosso da una forza sconosciuta, prese a salire le scale, fermandosi davanti alla stanza chiusa, una mano sollevata ad afferrare la maniglia.

Cosa stava facendo? Aveva bisogno di vederla, anche solo per un istante. Neanche lui sapeva perchè, era come se una parte del suo essere ne sentisse la necessità.

Così, delicatamente, schiuse la porta, illuminando appena la piccola e spoglia stanza, intravedendo il corpo minuto della ragazza che dormiva tranquillamente.

Mosse un paio di passi verso l'interno, richiudendosi la porta alle spalle. Nel buio riusciva a muoversi bene, dato che vi aveva trascorso molto tempo, tanto da perderne la cognizione.

Con attenzione si avvicinò a Rebekka, la quale non pareva essersi accorta di niente. Che sciocca, avrebbe dovuto imparare a stare più vigile, qualcuno avrebbe potuto approfittare di questa sua svista.

Si fermò quando le fu a pochi centimetri, cullato dal suo respiro leggero e incantato dalla sua pelle chiara che si poteva così nitidamente distinguere anche nel buio. Lentamente, avvicinò una mano, sfiorando un paio di ciuffi rosso fuoco che le cadevano disordinatamente sul viso, provocando un suo movimento nel sonno.

Quando fu certo di non averla svegliata, glieli portò dietro un orecchio, passando poi due dita leggere sulla guancia, per scendere poi lungo il collo lungo e fine, steso in quella posizione. Piano avvicinò il viso a quello di lei e inspirò il suo profumo che quasi ebbe il potere di intontirlo.

Negli anni ad Asgard l'aveva sempre e solo ammirata da lontano, mai era riuscito a sfiorarla con mano, solo in sogno. Pensava a come sarebbe stato possederla, farla solo sua, sentirla gridare il suo nome mentre facevano l'amore.

Senza che se ne rendesse conto si stava lentamente avvicinando alle sue labbra socchiuse, arrivando quasi a sfiorarle. Poi però tornò di colpo in sé, allontanandosi bruscamente.

La fissò per un attimo, poi prese una decisione: l'avrebbe avuta, lui e lui soltanto, solo per piegarla, per fare in modo che implorasse quando avrebbe deciso di ucciderla.

 

* * *

 

Mi svegliai, stranamente ancora più stanca. Avevo fatto uno strano sogno quella notte, avvertendo come il tocco di qualcuno sulla pelle, un respiro sul mio viso. Ma mi ero semplicemente immaginata ogni cosa.

Mi alzai così dal letto, rabbrividendo per un attimo a contatto con l'aria fresca al di fuori delle coperte. Andai in bagno e mi feci una doccia, rimanendoci una buona mezz'ora.

Dopodichè mi vestii, stavolta coprendomi con un paio di jeans lunghi e una maglietta a maniche corte, ma lunga quasi a metà coscia.

Uscii così dalla mia stanza, scendendo in cucina, dove trovai tutti e tre i miei coinquilini, in religioso silenzio, mentre sorseggiavano una tazza di caffè.

-'Giorno- esordì lei, versandosene a sua volta un bicchiere e appoggiandosi con la schiena al piano della cucina.

Tony emise un grugnito in risposta, Thor sorrise, mentre Loki semplicemente non mi guardò neanche.

-Andiamo bene- sospirai.

Fu Tony il primo ad andarsene, dicendo che sarebbe rimasto tutto il giorno a lavorare in laboratorio ad un nuovo prototipo, Thor dopo di lui, dicendo che Steve lo avrebbe portato in giro per la città.

Così, per l'ennesima volta, rimanemmo solo io e Loki. Finito il suo caffè, quello si alzò ed uscì sul terrazzo, in silenzio, provocandomi l'ennesimo attacco d'ira.

Per distrarmi, presi a rimettere a posto la cucina. Pareva ci fosse passato un esercito di Unni incazzati e pensare che la sera quando ero andata a letto era linda e pulita, in perfetto ordine.

Dopo quasi un'ora che stavo con scopa e cassetta tra le mani, il citofono del laboratorio suonò, proprio nel momento in cui Loki rientrava per prendere un bicchiere d'acqua.

Andai a rispondere e Tony mi disse che stava aspettando un pacco e il corriere sarebbe passato in giornata. Se lo avessi intercettato, allora gli avrei fatto il favore di ritirare il carico e firmare la bolla per lui. Dopodichè chiuse la conversazione senza aggiungere altro.

-Dovrò parlare con lui e in fretta- pensai, ma fui distratta dalla voce di Jarvis che annunciava qualcuno nel vano dell'ascensore.

Mi avvicinai alle porte, pronta ad accogliere il probabile fattorino, ma quando queste si aprirono per poco non mi venne un colpo. Sentivo inoltre la presenza di Loki alle mie spalle e potei quasi percepire i suoi pensieri quando udì le parole che seguirono.

-Rebekka? Sei davvero tu? Pensavo che dopo la nostra uscita avessi cambiato città-

-Ciao Lucas, mi fa piacere rivederti-

Non era proprio la verità.





NDA
Chiedo immenso perdono per il ritardo nella pubblicazione, ma sono un pò impegnata in questo periodo e soprattutto, come al solito, mi ritrovo a stare dietro a più di una storia incompleta, finendo con il trascurarne qualcuna. Ringrazio comunque chi ha recensito, invogliandomi a continuare a scrivere.
In questo capitolo farà il suo ingresso un nuovo personaggio. Che ruolo avrà il nostro Lucas in tutta questa faccenda? Provate pure ad indovinare, si accettano scommesse.
Di seguito vi allego l'immagine del nostro nuovo boy... :3 :3
Un saluto Marty


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Capitolo 15
*** Dreams and nightmares ***











Potevo distintamente sentire il gelo che era sceso nella stanza. L'unico che pareva divertirsi era Lucas.

Mi guardava con un sorrisetto strafottente sulle labbra, l'ombra della visiera del berretto da pony express che gli ombreggiava gli occhi verdi, mentre qualche ciuffo biondo sfuggiva dalla costrizione del cappello.

-Dunque...nonostante mi faccia un gran piacere averti trovato qui, non ho interesse a rimanere in questo ascensore per tutto il giorno. Dove appoggio questo pacco?- disse divertito, dato che il mio essermi pietrificata davanti alla porta non gli dava la possibilità di passare.

-Oh, si scusa. Prego, accomodati- risposi, imbarazzata, spostandomi.

Mentre mi voltai per fargli strada, incrociai lo sguardo di Loki. Se non fossi stata certa che per me il dio non provava altro che odio, avrei detto che quello che vidi nei suoi occhi era chiaro disappunto. Distolsi lo sguardo, non riuscendo per qualche strano motivo a guardarlo.

-Non sapevo lavorassi per il multimilionario Tony Stark. L'ultima volta che ti ho vista servivi cheeseburger in quella bettola-

-Tony è solo un amico. Mi ospita per qualche giorno-

Vedendo il biondo in attesa di saperne di più, mi affrettai a dire:

-Problemi idraulici-

-Davvero? Mi sarei aspettato che mi avresti chiamato per ospitarti, ma guardando dove stai, direi che la tua scelta è stata più azzeccata-

Mi pietrificai nuovamente a quelle parole, rischiando quasi di far cadere il ragazzo e il delicato pacco di Tony. Mi voltai lentamente, mostrandogli uno sguardo per niente contento:

-Non mi ero accorta che fossimo entrati in un tale stato di confidenza- sillabai.

-Peccato. Mi era parso il contrario- mi rispose, strizzandomi l'occhio.

Mi infiammai e se non fosse stato per il repentino arrivo di Thor, probabilmente gli sarei saltata addosso, ma non nel modo che lui si immaginava. Certo, gridare avrebbe gridato, ma non certo di piacere.

Infatti il familiare suono dell'ascensore sbloccò quella gelida situazione. Quando le porte si aprirono, il gigante biondo si trovò davanti una scena alquanto eccentrica: io visibilmente incazzata, Lucas che osservava costantemente ogni centimetro del mio corpo come se avesse avuto chissà quale perverso intento e Loki che guardava lui, gli occhi di fuoco, muovendo le dita facendole scrocchiare in maniera quasi maniacale.

-Che succede qui?- chiese confuso l'asgardiano, pentendosi di essere tornato proprio in quel momento.

Lucas, il quale nel frattempo aveva posato a terra il pacco per Tony, si voltò, sconvolto:

-Oh Rebekka, ti sei circondata di davvero bei tipi. Dovrei essere geloso? No aspetta, forse solo del biondo- disse, fissando poi con la coda dell'occhio un Loki che stava tentando l'impossibile per mantenere la calma, ma soprattutto che solo in quel momento stava rimpiangendo l'imbrigliamento dei suoi poteri divini.

-Lui è...Thorin, un cugino di Tony. Viene dal Cansas. Rimarrà per un paio di giorni-

-Davvero? Pensavo che ti fossi trovata un nuovo ragazzo-

-A dire il vero...- cominciò Thor, ma io, veloce come il vento, più di quanto mi sarei immaginata, gli fui addosso, tappandogli malamente la bocca con una mano.

-Ti sbagli, Lucas. Dopo di te non mi sono più vista con nessuno. Anzi, che ne dici se ce ne andiamo a prendere un caffè uno di questi giorni? Chiamami te, tanto il numero è sempre lo stesso. È stato un piacere rivederti. Ciao-

-D'accordo bambolina, mi rendo conto quando l'aria si fa pesante. Allora ti chiamo io in questi giorni-

Mi superò, continuando a sorridere come un ebete. Quando però fui certa di aver ormai scampato il pericolo, una sonora palpata al mio fondoschiena mi fece sobbalzare.

Prima che potessi reagire, il maniaco era già sparito nell'ascensore con un “Ci sentiamo, bambolina”. Per poco, con un fascio di potere, non sfondai entrambe le porte, tanto che Jarvis fu costretto ad attivare l'estintore per spegnere i fumi dell'impatto.

Poi calò il silenzio.

-Finalmente se ne è andato- sospirai, lasciandomi andare contro il muro del salone, mentre Thor mi fissava, quasi divertito, mentre Loki con un cipiglio omicida.

Ci sarebbe voluta una delle battute di Tony per sdrammatizzare, anche se non penso che sarebbe bastato.

-Ma come, ragazzina? Pensavo che ti piacessero quel tipo di attenzioni- ringhiò Loki, tornato improvvisamente lo stesso di sempre.

Lo fissai, stupita e crescentemente incazzata al tempo stesso.

-Ma come osi...- dissi, tentando di alzarmi in piedi.

-Visto fratello, la Rebekka che conoscevamo non era altro che una facciata. Questa è la vera natura di una femmina di Alfheimr, o probabilmente solo quello che nasce con la permanenza su questo schifo di pianeta-

Lo fissai con odio, mentre sentivo le lacrime pungermi gli occhi. Il corpo si era improvvisamente irrigidito, ma mascella quasi mi doleva, mentre le unghie mi affondavano nella pelle fino a farmi sangue.

-Ma come ti permetti? Cosa ne vuoi sapere tu di quello che io ho passato nell'ultimo anno? Pensi che stare in quella bettola dove lavoravo, incontrare persone uguali a quel maiale che se ne è appena andato e sopportare ogni giorno, avendo solo la tentazione di ucciderli. Lucas è solo arrivato in un momento in cui ero più vulnerabile, in cui mi sentivo terribilmente sola!! E vuoi sapere un'altra cosa? Se tu non fossi stato uno stronzo patentato, io non sarei stata costretta a vivere come ho vissuto- e detto questo me ne andai, richiudendomi subito dopo nella mia stanza.

Cominciai a singhiozzare come raramente mi succedeva, lasciandomi scivolare lungo la porta e, una volta a terra, mi presi la testa tra le mani, nascondendo quelle mie stupide insicurezze al mondo. Non ero purtroppo riuscita a nasconderla all'unico che non avrebbe dovuto saperle.

 

* * *

 

Loki e Thor avvertirono la porta che sbatteva, talmente forte che quasi i muri tremarono. Dopodichè ci fu il silenzio. Fu il fratello biondo a parlare:

-Non ti pare di aver esagerato?-

Loki scoppiò in una breve risata, poi, portandosi una mano al viso come a volerlo nascondere, disse:

-E' uguale a tutte le altre, Thor. Perchè dovrebbe importarmi di dirle la verità?-

-Perchè forse di questa ti interessa, fratello- rispose l'asgardiano biondo e se ne andò, probabilmente per raggiungere Tony nel laboratorio.

Loki rimase quindi da solo, di nuovo.

-Odio ancora di più mio fratello da quando sembra aver messo un po' di senno- disse tra i denti, poi però si rilassò un attimo.

Allontanò la mano dal viso, volgendo lo sguardo in direzione della porta chiusa della stanza di Rebekka:

-Forse stavolta ho esagerato davvero, ma vederla oggetto delle pervertite attenzioni di quell'omuncolo mi ha fatto montare una rabbia che non ha eguali-

Poi qualcosa parve risvegliarsi in lui.

-Ma cosa mi prende? Sentirmi in colpa per quella ragazzina? Mai. Ma devo comunque muovermi come si deve: lei sarà mia, di nessun altro, a meno che non riesca a sopravvivere, il che lo escludo-

 

* * *

 

Continuavo a rigirarmi nel letto, scalciando le lenzuola, mentre sentivo l'intero corpo tirare e la pelle imperlata di sudore. Stavo sognando qualcosa che non capivo, ma che al tempo stesso mi fece paura:

Sala del trono di Alfheimr.

Lei, composta e in silenzio, se ne stava seduta su di un piccolo trono al fianco di quello imponente e finemente lavorato del padre, anche lui silenzioso e austero.

Sapeva che stavano aspettando qualcuno, un ospite da lontano.

Il suo popolo era sempre stato accogliente con gli stranieri, anche con chi pareva pericoloso

e quello sconosciuto non faceva eccezione.

Le porte improvvisamente si spalancarono. Solo un'ombra si fece avanti,

probabilmente perchè quella parte dei suoi ricordi non era ancora nitida e precisa.

Un brivido le percorse la schiena, come se quella foschia oscura fosse portatrice di guai.

Benvenuto” disse il padre al misterioso ospite.

Ringrazio sua maestà per l'udienza concessomi” rispose una voce dura e cavernosa, la quale fece quasi tremare le pareti della sala, mutando in pietra le espressioni dei presenti.

Cosa vi porta ad Alfheimr?” chiese ancora il re.

Ho viaggiato a lungo per l'universo, attirato dal richiamo di un potere mai visto. Sono qui per impossessarmene” e detto questo, un'esplosione sfondò le finestre, mentre, come nato dal nulla, il fuoco divampò dappertutto.

La vista si annebbiò, la gola si strinse a causa del fumo. D'un tratto una salda presa alle spalle.

Il volto del re annerito dall'esplosione, gli occhi colmi di preoccupazione e dispiacere.

Vattene figlia mia...”

 

Mi alzai di colpo a sedere, lanciando quasi un urlo, ma trattenendolo all'ultimo momento. Il mio passato stava ricominciando a tornare, ma la cosa che non capivo era perchè mi faceva così male.

Quando avevo riottenuto i miei precedenti ricordi non avevo sofferto in quella maniera. Erano semplicemente tornati sottoforma di sogni, piacevoli a volte, ma quell'incubo era stato diverso.

Decisi che era il caso di farmi una doccia, tanto per calmarmi un po' e togliermi di dosso tutto quel sudore.

Così entrai nel bagno e mi infilai sotto il getto. Quando però tornai in camera, per poco non mi prese un colpo: poggiato al muro, le braccia incrociate sul petto e lo sguardo basso stava proprio Loki.

-Che vuoi?- chiesi tra i denti, andando dietro un colorato paravento per potermi vestire.

Non mi importava di essere sola con lui, praticamente nuda, mentalmente sconvolta. In quel momento sentivo che se avesse osato fare solo un passo, l'avrei disintegrato, al diavolo il patto con Thor e Fury. Loki faceva una stronzata e si sarebbero ritrovati spezzatino di cervo.

-Allora?- domandai ancora, non avendo udito alcuna risposta da lui.

Trovando ancora il silenzio come unico interlocutore, mi affacciai dal paravento, l'asciugamano ben premuto sul mio petto nudo, trovando il dio ancora nella stessa posizione.

-Sai Loki, dovrei essere io quella incazzata a morte-

Che strano. Il sogno e la doccia avevano quasi spento del tutto la mia ira di qualche ora prima.

-Non mi piace quell'umano- disse ad un tratto, non degnandomi però neanche di uno sguardo.

Io lo fissai, stupita, e quasi mi venne da ridere.

-Non credo che in fondo siano affari tuoi- e feci per tornare nuovamente dietro il paravento.

Una presa ad un polso fermò però la mia ritirata, facendomi sbattere poco dopo contro la parete fredda della camera. Nell'impatto chiusi gli occhi e quando li riaprii mi trovai il viso del moro a pochi centimetri dal mio. Per un attimo il mio cuore perse un battito.

-Loki, allontanati subito- dissi, non riuscendo però a dare un tono abbastanza autoritario alla mia voce.

-Allora è così che ti piace?- mi disse lui.

Il suo sguardo era nascosto nell'ombra e non capii immediatamente cosa intendesse dire, sino a quando non avvertii un tocco risalirmi lentamente lungo una coscia.

Mi paralizzai, sconvolta. Tentai poi di ribellarmi, ma qualcosa me lo impediva, come se il mio potere fosse stato momentaneamente bloccato.

-Non osare...- dissi tra i denti, mentre sentivo quella mano continuare a risalire sino al fianco, carezzandolo prima dolcemente, poi circondandolo con forza, facendomi anche scappare un gemito di fastidio.

-Vuoi che sia usata la forza, Rebekka? Sei quel tipo di donna?- mi chiese la sua voce suadente all'orecchio, provocandomi una serie di brividi lungo la schiena.

-Non sono quel tipo di donna...- risposi io, a quel punto completamente, e involontariamente, abbandonata a lui.

L'altra mano di Loki mi raggiunse il volto, prendendomi il mento con due dita e costringendomi ad alzare la testa, in modo da poterlo guardare negli occhi. Un suo dito mi accarezzò poi le labbra, facendomele leggermente schiudere.

Era come se riuscissi a vedere me stessa da un'altra visuale, abbandonata così facilmente tra le braccia di Loki. Avrei voluto picchiarmi da sola. Ma era riuscito a cogliermi impreparata, quando ero sconvolta e indifesa, e aveva vinto di nuovo.

-Tu provi qualcosa, non è vero?- mi chiese lui, ad un soffio dalle labbra.

-No, ti sbagli...-

-Allora perchè non ti sottrai?-

Fui sconvolta da quella domanda, in quanto non sapevo proprio cosa rispondere. Fu così che, nonostante tutto, mi ritrovai ad aspettare ciò che dalle nostre labbra vicine sarebbe ovviamente scaturito, il quale però non arrivò.

Infatti Loki si scansò da me, togliendomi ogni sostegno e in quel modo calai contro il muro. Lo vidi mentre varcava la soglia di camera mia, un sorriso strafottente sulle labbra.

-Buonanotte, piccola Rebekka- e detto questo scomparve oltre la soglia, lasciandomi sola e, mi doleva ammetterlo, inappagata.

 

Uscii dalla mia stanza solo il mattino successivo, incavolata con me stessa, ma soprattutto con Loki.

-'Giorno- bofonchiai, afferrando una tazza di caffè e sedendomi al tavolo della cucina.

Thor e Tony, presenti entrambi, si lanciarono uno sguardo perplesso, ma nessuno dei due ebbe il coraggio di chiedere niente.

In quel momento l'asgardiano si alzò, un vassoio tra le mani.

-Dove vai?- gli chiese Stark e io mi feci attenta.

-Loki non è uscito dalla sua stanza. Vado a portargli qualcosa da mangiare- rispose quello, lanciandomi un'occhiata come se io avessi saputo cosa prendeva al fratello.

Così sospirando, poggiai la tazza sul ripiano del tavolo e dissi:

-Lascia. Vado io- e afferrato il vassoio mi diressi verso la camera del moro.

Bussai un paio di volte, ma nessuna risposta. Entrai lo stesso.

Lo trovai steso sul letto, come le ultime volte che avevo messo piede in quella stanza.

-Sorgi e splendi- dissi acida.

-Ragazzina, dormito bene?- mi chiese lui sarcastico, provocando un mio moto di pura rabbia, ma preferii rimanere in silenzio.

Mi voltai solo a fissarlo e, con un falso sorrisetto, risposi:

-Ti ho portato la colazione. Spero che ti vada di traverso- e feci per andarmene.

-Rebekka aspetta-

-Che vuoi?-

-Sai, ho pensato alla tua penalità-

-Quindi?-

-Dovrai darmi un bacio...di tua spontanea volontà- 






NdA 
Bene gente, la situazione comincia a scaldarsi, ma ancora non arriviamo all'atto tanto sperato. Sarà forse colpa della comparsa dell'affascinante e alquanto maniaco Lucas???

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Capitolo 16
*** Strange meetings and appearances ***









Rimasi pietrificata dov'ero, dando le spalle ad un Loki, ne ero certa, che mostrava uno dei suoi sorrisetti più maligni.

-Per chi mi hai preso scusa? Scordatelo- ringhiai, voltandomi leggermente per fulminarlo con lo sguardo.

-Oh Rebekka, vedrai che prima o poi cederai. Non resisterai per molto alla tentazione. Dopotutto, sono sicuro che tu qualcosa per me lo provi-

-Certo, come no. È la stessa tentazione di quando si ha una carie, sempre che tu sappia cosa significa. Ti dico solo che è fastidiosa e dolorosa. Adesso scusa, ma ho cose più importanti da fare-

Detto questo uscii da quella stanza, percependo quasi immediatamente una sensazione di sollievo. Era come se la presenza di Loki mi chiudesse la gola, ogni volta mi mandasse il cuore in fibrillazione e sentivo il piccolo anello legato alla catenina al mio collo come se diventasse pesante come un macigno. Forse avrei dovuto liberarmene, ma qualcosa dentro di me non ne aveva il coraggio. Era come se rappresentasse una parte della mia vita passata che non volevo assolutamente perdere.

Quando mi riaffacciai nella stanza che faceva da sala e cucinotto, vidi Tony e Thor che confabulavano e che, quando si accorsero di me, si allontanarono con aria evasiva e poco colpevole.

-Dunque, di cosa state parlando voi due di così segreto che io non posso sentire?-

Vidi il gigante biondo distogliere lo sguardo, iniziando a fissare il soffitto come se fosse la cosa più interessante del mondo, mentre l'altro si allargò leggermente lo scollo della maglietta come se avesse cominciato a fare molto caldo.

-Ecco...noi...io devo tornare in laboratorio- disse svelto quest'ultimo, saettando di sotto prima che io avessi la possibilità di fermarlo.

Rimaneva Thor, il quale se la stava già svignando in punta di piedi.

-Ehi, asgardiano, dove pensi di andare?-

-Mi spiace Rebekka, ma non riuscirai a farmi dire niente, quindi non provarci nemmeno- e detto questo si dileguò, chiudendosi nella sua stanza.

Sospirai, affranta. Odiavo quando le persone avevano dei segreti, significava che non si fidavano di me.

Così decisi che forse era il momento di uscire un po' da quell'attico e farsi un giro per Manhattan. Forse mi sarebbe servito staccare un po' la spina, dato che stavo cominciando a impazzire, soprattutto con la presenza di Loki.

Afferrai così una giacca leggera e premetti il pulsante dell'ascensore.

-Dove vai?- mi chiese la voce di Thor, affacciato appena dalla porta della sua camera.

-A fare un giro. Capisco quando sono di troppo- e con un veloce cenno di saluto, sparii verso le affollate strade della città.

 

Camminavo tranquillamente per le vie della città, mentre attorno a me il mondo si muoveva ad un ritmo a dir poco frenetico. Da quando ero arrivata sulla terra, la mia casa era stato lo S.H.I.E.L.D., quindi non mi ero ancora abituata a quella marea di persone che si muovevano senza curarsi di quelli che gli stavano intorno.

Un paio di volte rischiai di cadere a causa di un paio di violente spallate, per le quali non ricevetti neanche dele dovute scuse, ma decisi di non curarmene.

D'un tratto mi fermai dinnanzi alla vetrina di un negozio vicino al centro, nel quale probabilmente non mi avrebbero fatto neanche entrare. Era lussuoso già dall'entrata. Un'insegna color dell'oro ne riportava il nome, mentre due finte colonne ne delimitavano l'entrata.

Mi specchiai nella lucida vetrina, nella quale un paio di manichini facevano bella mostra di altrettanti incantevoli abiti. Rimasi a fissarli per qualche istante, sentendo dentro di me il desiderio di entrare e provarmeli entrambi.

Mi stupii però, in quanto rima di quel momento non mi era mai interessato di apparire femminile e sofisticata, anzi. Più mi dimostravo forte e maschile, più gli altri mi rispettavano. Forse però qualcosa dentro di me stava mutando, qualcosa di molto più umano di quanto pensassi. Probabilmente era solo il desiderio di sentirmi bella.

Mentre ancora il mio riflesso si specchiava nella vetrata, qualcosa attirò la mia attenzione: mentre un improvviso brivido di freddo mi si propagava lungo la schiena, vidi sopra la mia testa un paio di occhi luminescenti che mi fissavano, mentre un'ombra scura mi sovrastava.

Sentii un'improvviso terrore propagarsi nel mio corpo, improvvisamente paralizzato. Vidi quelle che parevano due grandi mani chiudersi su di me, come se volessero farmi sparire.

L'unica cosa che riuscii a fare fu quella di chiudere gli occhi, aspettando la fine. Ma quando li riaprii, l'ombra era scomparsa e, anzi, una delle commesse del negozio mi guardava, stupita.

In un primo momento mi guardai intorno, per poi riportare lo sguardo sul mio riflesso: l'ombra era sparita.

Dopodichè, lanciando un'occhiata alla ragazza che ancora mi guardava dall'interno della vetrina, le accennai un sorriso e me ne andai.

Fissandomi i piedi che si avvicendavano in un passo svelto, le mani ben carcate nelle tasche dei jeans, decisi di fare ritorno verso la Stark Tower. Probabilmente quelle visioni erano date solo dalla stanchezza e lo stress, niente di più, anche se quell'ombra che avevo scorto alle mie spalle era molto simile a quella che avevo sognato.

All'improvviso mi fermai di fronte ad un'alta scalinata, la quale finiva ai piedi di un edificio futurista, completamente costruito con pareti di vetro, al cui interno si scorgevano le cose più disparate e interessanti. Doveva essere stato aperto da poco, in quanto non ci avevo mai fatto caso.

Così, incuriosita, salii le scale ed entrai. Era un museo d'astrofisica e scienza, spiegata però nei termini che si possono usare con un bambino, molto semplicistici. Postazioni sparse per l'edificio spiegavano, tramite ologrammi e proiezioni, dalla nascita dell'universo alla composizione di un atomo.

D'un tratto, mentre camminavo affascinata tra i vari cilindri computerizzati, mi capitò di udire una voce ormai conosciuta. Mi voltai, vedendo il dottor Selvig, accompagnato da una donna di qualche anno più di me, mentre stringevano la mano a quello che probabilmente era il direttore del museo.

Chissà cosa ci facevano in un posto come quello.

-Ehi Doc!!- lo chiamai quando vidi che il dialogo tra i due uomini era finito.

Alzai una mano per farmi vedere, dato che il dottore si era voltato verso di me, ma sembrava non riuscire a vedermi.

-Rebekka!!- esclamò, un grande sorriso sulle labbra, mentre mi veniva incontro.

-E' da un po' di tempo che non ci vediamo- ricambiai io il sorriso, stringendo la mano che lui mi porgeva.

-Vero. È stato quella mattina nel parco, quando...-

Non finì la frase, dato che ci raggiunse anche la donna che era con lui, la quale mi fissò un po' titubante. Così Selvig passò alle presentazioni:

-Rebekka, questa è Jane Foster, un'astrofisica che mi aiuta nelle mie ricerche. Jane, questa è Rebekka, un'agente dell' S.H.I.E.L.D.-

-Ex agente- sottolineai io.

-Allora, cosa ti porta da queste parti?- mi chiese l'uomo, facendomi segno di affiancarlo mentre camminavamo verso l'uscita.

-Sei a conoscenza delle novità al quartier generale, Doc?-

-Ho saputo, ma non ho ci ho creduto subito-

-Invece è così. L'odioso principino è riapparso e a me è stato dato il compito di tenerlo sotto controllo-

-Stai scherzando, vero?- mi chiese Selvig, bloccandosi sul posto e fissandomi senza parole.

-Purtroppo no- sospirai io.

-E dove siete? Non certo all'agenzia-

-Infatti, stazioniamo a casa di Stark-

-Di chi state parlando?- si intromise in quel momento Jane, rimasta qualche passo indietro.

Io mi voltai a guardarla, poi scambai uno sguardo con Selvig, come a volergli chiedergli quanto quella donna sapeva della faccenda.

Mi ricordai che, durante una ricerca che feci tempo prima sulla prima permanenza di Thor sulla terra, nei documenti che spulciai compariva anche il nome di Jane.

Fu allora il dottore a rispondere:

-Ti ho raccontato di quello che successe un anno fa, di quando il fratello di Thor, Loki è tornato sulla Terra per distruggerla. Immaginavo che dopo quella faccenda sarebbe rimasto sotto custodia ad Asgard, ma a quanto pare i piani sono stati differenti-

-Quindi anche lui è qui?- chiese ancora lei.

Immaginai immediatamente di chi stesse parlando e segretamente sorrisi. Vidi negli occhi di lei una scintilla di speranza e anche di qualcos'altro.

Fui allora io a rispondere:

-Se ti riferisci a Thor, allora si. Anche lui è tornato, per tenere sotto controllo il fratello e dare una mano al gruppo-

La vidi sospirare, ma poi fuggire al mio sguardo.

-Sapete, mi piacerebbe tanto rivederlo-

Rimanemmo in silenzio, poi io le sorridi di rimando.

-Sono sicura che anche a lui farebbe piacere. Perchè non venite tutti e due domani alla torre?-

-Perchè no? D'accordo- rispose Doc, lanciando poi un'occhiata a Jane, la quale pareva improvvisamente aver ripreso un po' di colorito in viso.

In quel momento guardai l'orologio, notando l'ora tarda che si era fatta. Avrei dovuto cucinare per quei tre che avevo lasciato all'attico e se fossi arrivata tardi chi li avrebbe sopportati?

-Scusate, ma adesso devo scappare. Vi aspetto domani allora- e detto questo me ne andai, continuando a salutare entrambi con la mano.

 

-Dove sei stata?- mi chiese Tony non appena uscii dall'ascensore e mi liberai dalla giacca.

-A fare un giro. Avevo bisogno di aria-

Stark e Thor erano già entrambi seduti a tavola, mentre notai un'ombra, Loki, affacciato alla finestra panoramica del salone che mi degnò di una veloce occhiata.

-Siamo affamati- mi disse nuovamente il padrone di casa, assumendo l'espressione di un bambino scontento.

Mi venne da ridere, mentre mi mettevo ai fornelli.

-Sarà pronto in un attimo. Solo un po' di pazienza-

In quel momento avvertii il volume della televisione che si alzava all'improvviso. Mi voltai un po' verso il notiziario che Thor e Tony stavano guardando. Il giornalista mandava in onda un'edizione straordinaria, nella quale mostrava immagini di strani crateri apparsi in diverse zone del globo e che nessuno si sapeva spiegare.

Mentre guardavo sconvolta i video amatoriali giunti al giornale, non potei fare a meno di sentire il gelo che mi invadeva e una strana preoccupazione che mi soffocava.





NdA Mi scuso per il ritardo, ma spero che anche questo capitolo soddisfi le aspettative. Nel complesso non succede niente di importante, ma si comincia a scorgere qualche indizio.
Inoltre, Rebekka incontra finalmente anche Jane :)

SONDAGGIO:
Quali di questi abiti che Rebekka vede nella vetrina vi piace di più? Fatemi sapere...

      

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Capitolo 17
*** So many word ***










Cercai di scacciare la preoccupazione riguardo i recenti avvenimenti pensando a come avrei fatto a presentare Jane davanti a Thor senza che quello tentasse di staccarmi la testa con il suo martello. Pensandoci, se l'asgardiano non aveva tentato di mettersi in contatto con lei durante la sua precedente visita, togliendo il piccolo ed insignificante problema che riguardava Loki e il suo tentativo di distruggere il mondo, allora forse non aveva piacere di vederla.

Quella ragazza però mi era sembrava talmente afflitta e allo stesso tempo felice quando aveva sentito parlare di lui che proprio non me l'ero sentita di deluderla, nonostante in fondo non la conoscessi neanche. Forse quella convivenza con i paladini della legge e del bene mi stava a poco a poco addolcendo e facendo divenire meno cinica.

Sorrisi. Non seppi se realmente era una disgrazia o una fortuna. Mi stavano semplicemente migliorando, plasmando e facendo divenire migliore.

Poi tornai al problema “Jane e Thor, felici e contenti”. Mi poggiai con un gomito sul tavolo della cucina, mentre appoggiavo il mento sulla stessa mano e sospiravo.

Decisi che era il caso di indagare. Fortuna volle che proprio di lì passasse il vichingo biondo, come Tony usava chiamarlo.

-Ehi Rebekka. Qualche problema?- mi chiese, andando a recuperare una bottiglietta d'acqua dal frigorifero.

Bingo.

-Ciao ragazzone. Ti va una chiacchierata?-

Quello mi fissò come se gli avessi appena chiesto di passeggiare per il Bifrost completamente nudo come mamma lo ha fatto.

L'asgardiano, continuando a guardarsi intorno furtivo nella vana speranza di veder sopraggiungere Tony o anche, nella disperazioni, Loki, si sedette al tavolo, mentre io lo fissavo con un sorrisetto di pura falsità, il quale nascondeva tutta la mia malignità nel avrerlo sottoposto a quella seduta fuori programma.

-Allora, di cosa volevi parlarmi?-

-Dunque...avrei bisogno di un consiglio, anche se si tratta di una cosa un po' delicata-

Vidi il suo viso cambiare impercettibilmente colore, divenendo leggermente paonazzo. Sorrisi appena, pensando che nonostante fosse considerato un tipo con il cervello di un uccello (da Loki, ovviamente), certe cose le capiva bene.

-Se posso darti una risposta, lo farò volentieri-

-Bene. Tu ti sei mai innamorato?-

Il rossore sul volto aumentò ancora e Thor abbassò lo sguardo, come se volesse fuggire dal mio. Pareva un adolescente alla sua prima cotta.

-Rebekka, non vorrai mica dirmi che...- cominciò, lanciando poi un'occhiata verso la stanza di Loki.

Stavolta fu il mio turno di arrossire. Iniziai a balbettare:

-Ma cosa ti viene in mente? Io...lui...mai e poi mai...-

-Ah, d'accordo. Lo avevo solo pensato. Ma allora perchè la tua domanda?-

-Solo per sapere qualcosa in più sul tuo conto. In fondo, a parte di Loki, non conosco molto di nessuno dei Vendicatori-

L'asgardiano si rilassò per un attimo, poi riprese:

-Quando giunsi la prima volta su Midgard, conobbi una persona. Quando tornai su Asgard per fermare Loki le promisi che sarei tornato, ma non lo feci. Dovetti abbattere il Bifrost, cancellando ogni collegamento tra il mio mondo e questo. Per rispondere alla tua domanda: si, credo di aver amato e essere stato amato, ma non credo che lei sia rimasta ad aspettarmi-

-Come puoi esserne sicuro?- gli chiesi, commossa dalla sua spontanea confessione.

-Non lo sono, ma io non avrei mai voluto che lo facesse-

-Ma perchè non hai provato a metterti in contatto con lei?-

Thor pose i gomiti sul tavolo, riunendo le mani davanti al viso e facendosi pensieroso.

-Non lo so. Forse semplicemente non saprei come comportarmi, dopo essermi dimostrato un codardo a non fare ritorno. O forse ho solo paura di scoprire che lei mi ha dimenticato-

Lo fissai per qualche secondo, sorridendo ancora, poi gli posai una mano sulle sue, facendogli alzare lo sguardo su di me.

-Sono sicura che se è una ragazza intelligente, come immagino, allora non ti ha dimenticato. Io almeno non mi sarei lasciato scappare un gran pezzo di asgardiano come te- e, alzandomi dal tavolo, mi diressi verso la mia stanza.

La voce di Thor però mi bloccò a metà scale:

-Rebekka!-

Mi voltai.

-Grazie- mi disse il biondo alla fine delle scale.

-Non c'è di che- risposi e proseguii la mia risalita.

Una volta entrata in camera mi fermai, continuando a sorridere: avevo decisamente fatto la scelta giusta. Non sapevo però che qualcuno aveva ascoltato la nostra conversazione.

 

* * *

 

Loki si era appena svegliato da una sorta di strano riposo, disturbato da continue visioni sulle possibili punizioni e torture che gli sarebbero toccate se Lui lo avesse trovato. Erano giorni, o meglio notti, che non riusciva a chiudere gli occhi con tranquillità e il suo fisico a poco a poco ne stava risentendo.

Decise di uscire e andare sulla grande terrazza dell'attico. Aveva bisogno di aria e di un posto tranquillo dove pensare. Anche lui aveva assistito alle notizie che la strana scatola parlante di Stark aveva mostrato, venendo assalito da una chiara preoccupazione.

Così, cautamente, aveva aperto la porta di quella sorta di bunker dove l'avevano cacciato e si era affacciato sul corridoio. In quel momento aveva udito le voci di Thor e Rebekka che parlavano. Incuriosito, era rimasto nascosto per ascoltare e magari farsi anche due risate.

Poi una domanda lo aveva letteralmente pietrificato:

-Tu ti sei mai innamorato?-

Dopo un primo momento di puro scompenso, qualcosa di accese dentro di lui, risalendo dal profondo del suo petto e arrivandogli alla gola, chiudendogliela quasi come se una mano invisibile lo stesse strangolando. Strinse i pugni e irrigidì la mascella.

Perchè Rebekka poneva quelle domande proprio a Thor? Come era prevedibile, quello stolto di suo fratello non capì immediatamente la domanda, ma udita la conseguente risposta cominciai a capire. Quella ragazzina stava combinando qualcosa ed era curioso di sapere cosa. Poi arrivò un'altra morsa allo stomaco:

-Sono sicura che se è una ragazza intelligente, come immagino, allora non ti ha dimenticato. Io almeno non mi sarei lasciato scappare un gran pezzo di asgardiano come te-

Ma come si permetteva? Era forse un'altra caduta sotto l'affabilità e la falsa intelligenza di quell'asgardiano tutto muscoli? Thor era sempre stato il più ammirato, desiderato. Loki sempre la seconda scelta. Quella volta non poteva permetterlo.

Era colpa di quella ragazzina insolente e infantile se lui si sentiva così adirato, così contrariato. Era colpa sua se adesso sentiva quella fitta che quasi gli impediva di respirare. Giurò che gliela avrebbe fatta pagare.

 

* * *

 

Uscii dalla doccia dopo una buona mezz'ora. Avevo necessità di quel momento tutto mio, per scaricare le preoccupazioni e la tensione. A dir la verità già il discorso con Thor aveva dissipato molti dei miei dubbi, togliendomi un peso dallo stomaco.

Decisi che avrei fatto visita a Tony mentre attendevo l'ora di cena. Così mi vestii, stavolta come più mi pareva dato che non avevo visto il dio dell'inganno nei paraggi, e scesi nel laboratorio dove sicuramente avrei trovato il piccolo inventore.

La voce di Jarvis mi dette il benvenuto mentre le porte scorrevoli si spalancavano. Notai Tony chino su quello che pareva una delle coperture della schiena della tuta di Iron Man, mentre all'orecchio aveva l'auricolare bluetooth. Non sembrava essersi accorto di me.

-D'accordo. Allora ci vediamo domani sera. Mi raccomando, non arrivare tardi-

-Cosa succede domani sera?- gli chiesi da sopra una sua spalla.

L'uomo fece uno scatto indietro, urtando la sua invenzione e fissandomi come se avesse appena visto un fantasma. Sempre fissandomi con due occhi che parevano palline da ping pong, portò lentamente un dito all'auricolare e disse:

-Ti richiamo io-

-Chi era?- chiesi, le mani dietro la schiena come una bambina curiosa, mentre continuavo a guardare Tony, sperando di metterlo in soggezione e costringerlo a confessare.

Era da quella mattina che avevo capito che il padrone di casa nascondeva un segreto ed ero più che decisa a farglielo confessare.

-Allora?- chiesi ancora.

-Era Pepper. Sono riuscito a convincerla a ritornare a casa. Sai, un uomo ha certe esigenze e poi mi mancano le sue...- rispose lui rimettendosi in piedi e spolverandosi i jeans che indossava.

-Ok ok, ho capito, non c'è bisogno di essere così specifico- risposi, voltandoli le spalle.

-Allora, come mai da queste parti?- mi chiese allora lui.

-Nessun motivo in particolare. Avevo voglia di passare un po' di tempo con te-

Tony mi lanciò uno sguardo di sbieco.

-Non è che Thor è andato a farsi un giro e tu non avevi voglia di rimanere con il principe di ghiaccio-

-In effetti, un po' è anche per quello. Ma volevo anche essere sicura che tra noi fosse tornato a posto-

Stark si sedette su uno dei tavoli e si mise a ridere.

-Certo, tutto cancellato. Io non mi ricordo neanche cosa è successo di preciso. Contenta?-

-Ovviamente. Non volevo discutere anche con te mentre cerco di difendermi dalle frecciatine del piccolo cervo al piano di sopra-

-Odioso, non è vero? Se me ne fossi dovuto occupare io, a quest'ora sarebbe con una catena al collo e una ciotola con un osso-

-Stark, non stai forse facendo un po' confusione?- ridacchiai.

-Devo ammettere che quando si parla di te diventa simile ad un cane. Comincia a ringhiare-

-Smetti di scherzare. Non credo che a quel pezzo di ghiaccio importi di qualcuno-

-A Thor non è sembrato-

Ghiacciai.

-Cosa ti ha raccontato?-

-Di un certo biondino un po' troppo vispo e con le mani un po' troppo lunghe, il quale ha rischiato di morire a forza di occhiate di fuoco, o meglio, di gelo, da parte del principino. Aggiungo: se ci fossi stato io, lo avrei volentieri attaccato al terrazzo per le pa...-

-D'accordo ho capito il concetto, non continuare. Comunque a Lucas penso io, non preoccuparti. Inoltre non mi interessa se Loki tiene a me oppure no. Per lui sono semplicemente un oggetto, un premio-

Ci fu un momento di silenzio, poi Tony riprese:

-Thor mi ha raccontato del tuo passato con Loki, di quello che avete condiviso e di cosa è successo dopo-

-Come hai appena detto, è il passato, niente di più-

-Allora come mai quell'anello al collo?-

-Uffa, non è possibile, tutti con la stessa domanda? Per me non significa niente. Ora scusa Tony, ma l'aria si sta facendo un po' pesante- e detto questo me ne andai.

 

Risalii al piano di sopra, uscendo sul terrazzo, mentre sulla città di Manhattan stava calando la notte. Mi poggiai con entrambe le mani al parapetto, prendendo una boccata d'aria che quasi mi fece esplodere i polmoni.

Per qualche strano motivo, il mio discorso con Tony mi aveva fatto salire uno strano blocco in gola, rendendomi difficile respirare. In fondo, quando si parlava di Loki, andava sempre a finire in quel modo.

Poi però mi prese una gran rabbia: odiavo che tutti mi considerassero solo una proprietà del dio dell'inganno, un qualcosa che sarebbe stato sempre suo. Afferrai con mano salda il piccolo anello che pendeva dalla catenella e lo osservai.

In quel momento, con uno scatto, lo strappai con rabbia, tentata di buttarlo di sotto. Poi dei passi alle mie spalle.

Mi sentivo gli occhi pizzicare, segno che ero sul punto di piangere. Stavolta era un pianto di pura frustrazione.

Mi voltai piano, incontrando gli occhi ghiaccio di Loki che mi fissavano, aggrottati e contrariati. D'improvviso il pianto fu sostituito dalla pura ira, quella che da qualche tempo mi montava non appena lo guardavo. Senza staccare gli occhi dai suoi, presi ad avanzare, sino ad incrociarlo.

Con forza gli sbattei una mano sul petto, quella che conteneva l'anello e quasi ringhiando dissi:

-Non sarò mai tua-

Mentre stava per rispondermi, avvertii il telefonino vibrarmi in tasca. Guardai il display e fui sicura che anche lui avesse letto chi mi stava chiamando. Mentre lo superavo, risposi:

-Ciao Lucas...-




NDA
Salve a tutte bimbe!! A grande richiesta ecco un altro capitolo, nel quale Rebekka chiacchiererà un pò anche con Thor e Tony e non sempre e solo a discutere con il nostro dio dell'inganno.
E questo finale? Che ve ne pare? Spero di vedere le recensioni del capitolo precedente e ringrazio che molti continuino a leggere la storia...
Un saluto e un bacio grande.

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Capitolo 18
*** A long-awaited celebration ***









Era uscita con quell'odioso umano. L'aveva osservata, senza che lei ovviamente se ne accorgesse, mentre finiva di prepararsi, passando un poco di trucco su quel viso tanto infantile, ma comunque affascinante, e infilava le dita tra i capelli ribelli in modo da renderli di una forma decente.

Mentre la guardava specchiarsi, avvertì una sensazione di immenso fastidio, sapendo che quelle attenzioni nel vestire e nell'apparire non erano per lui.

Ma in fondo perchè se ne preoccupava? Forse perchè quell'essere, in fatto di essere viscido, superava persino lui. Aveva bene in mente come quella volta l'aveva guardata, percorrendone ogni centimetro come se a farlo fossero state le sue mani anziché solo lo sguardo.

Da quando le porte di quell'ascensore si erano chiuse, lui non aveva per un attimo lasciato la grande vetrata panoramica dell'attico, come se in qualche modo potesse seguirla con lo sguardo.

-Sai, piccolo cervo, non è restando a fissare il vuoto che lei tornerà prima- disse una voce alle sue spalle.

Loki alzò gli occhi al cielo, irrigidendo per un attimo la mascella.

-Non è il momento, Stark- ringhiò quasi, senza però voltarsi.

-Non ti capisco proprio. Lei ti interessa, è innegabile. Cosa ti trattiene?-

-Da quando siamo in rapporti così confidenziali, tu e io?- disse nuovamente l'asgardiano, stavolta fissando il milionario con uno dei suoi sorrisetti sghembi.

L'altro, accomodato alla piccola penisola della cucina, una bottiglia di birra in mano, sorrise a sua volta.

-Da quando ti ho dato un tetto sotto il quale stare e un frigo dal quale prendere cibo. Ah, dimenticavo, da quando ho imposto a me stesso di non farti volare da questo piano come tu facesti l'ultima volta che ci siamo trovati a dialogare-

-Andiamo Stark, sappiamo entrambi che non è merito né della tua buona fede né della mia finta redenzione-

-Hai ragione, principino. Infatti è merito della ragazza che tu stesso stai portando all'esasperazione, nonostante sia l'unica ad averti dato realmente una seconda possibilità-

Loki si passò due dita sugli occhi, sospirando, frustrato.

-Thor me lo ha raccontato. So cosa è stata lei per te-

-Come osi, razza di omuncolo?!? Nessuno ti da il diritto di parlarmi del mio passato, del mio rapporto con lei!!- disse irato il moro, alzando la voce.

-Hai ragione, non sono nessuno, ma voglio bene a quella ragazza e sappi che non permetterò che tu la faccia soffrire ancora- rispose Stark stranamente pacato.

Si alzò, lasciando la bottiglia di birra sul tavolo, la quale fu fatta poi sparire da Jarvis, e si diresse nuovamente verso il laboratorio. Prima di sparire, si voltò di nuovo verso l'ex dio.

-A proposito, ho lasciato una cosa nella tua stanza. All'inizio non capirai, ma ti assicuro che tra qualche ora sarà tutto più chiaro. Ci vediamo- e con un cenno di saluto sparì oltre la porta automatica.

 

* * *

 

La più grande cazzata della mia vita? Ancora peggio di accettare di fare da babysitter a quell'egocentrico di Loki? Uscire con Lucas.

Ero dovuta stare per tutto il tempo con i sensi all'erta, per evitare che quello tentasse di palpeggiarmi o fare qualche altro di sconveniente. La testa mi doleva a causa della tensione accumulata, fino a non avevo insistito per fermarci a prendere un caffè. In questo modo avrei potuto passare metà del tempo chiusa nel bagno, come ovviamente stavo facendo.

Mi fermai davanti al piccolo specchio sopra un lavandino un po' sbeccato, notando immediatamente la traccia delle mie occhiaie, dovute alle notti agitate. I capelli rossi si erano nuovamente gonfiati, facendomi apparire un cespuglio incolto. Mentre mi portavo una mano al viso e mi sfioravo una guancia, mi parve di rivedere in un flash gli eventi della sera precedente. Quando l'avevo guardato negli occhi e gli avevo chiaramente detto che non sarei mai stata sua, restituendogli addirittura l'oggetto della nostra promessa che, come una stupida, avevo conservato.

La mia mente però era offuscata dai dubbi. Sarebbe stata davvero Lucas la scelta giusta?

Certo, era un bel ragazzo e, nonostante le sue mani fossero un po' troppo lunghe, si era sempre comportato più o meno bene nei suoi confronti.

Eppure, quando anche solo mi sfiorava, la mia mente viaggiava a quella volta che a toccarmi era stato proprio Loki. Le mani di Lucas non erano niente in confronto alle sue, il modo in cui le sue dita mi accarezzavano non era in alcun modo comparabile a quello dell'asgardiano. Le sensazioni che quel pervertito mi suscitava alla bocca dello stomaco non erano neanche paragonibili a quelle del dio dell'inganno.

Ma come potevo essere così stupida? Eppure sapevo di esserci cascata, e anche con tutte le scarpe. Quell'appuntamente con lui era stata unicamente una ripicca. Ma perchè?

Mi decisi finalmente ad uscire dal bagno, dirigendomi verso il tavolo dove avevo intravisto il biondo. Quando mi vide, Lucas si aprì in un grande sorriso.

-Allora, tutto a posto? Pensavo ne avessi approfittato per scappare dalla finestra-

-In realtà non mi sento molto bene. Poi mi sono appena ricordata di avere appuntamento con un'amica- risposi io, rimanendo in piedi.

-Davvero? Si tratta per caso di una certa Jane?-

Sbiancai.

-Come lo sai?-

-Mentre eri rinchiusa in bagno, il tuo cellulare ha squillato. Mi sono permesso di rispondere e la tua “amica” mi ha comunicato che non si sarebbe presentata all'appuntamento perchè ha avuto un contrattempo-

Accidentaccio!! Dovevo concludere quella buffonata e quindi rimasi fedele alla scusa della malattia.

-Menomale. Ha fatto prima lei. Lucas scusa, ma non mi sento davvero bene. Ti spiace se facciamo un'altra volta?-

Il ragazzo mimò un segno di resa con le mani, abbassando lo sguardo, ma non abbandonato il suo sorrisetto strafottente.

-Bene, faremo un altro giorno. Vorrai almeno permettermi di accompagnarti a casa-

Almeno quello glielo concessi.

 

Mentre tornavamo verso la Stark Tower, i nostri discorsi si fecero molto più sottili e leggeri, tanto che in fondo dovetti ammettere che quel ragazzo non era male, in fondo.

-Sono arrivata- sorrisi non appena intravidi l'entrata del grattacielo.

Ci fermammo entrambi, uno davanti all'altro. Sentivo inspiegabilmente crescere una certa tensione.

-Allora, posso chiamarti più tardi per sapere come stai o mi ritroverò addosso quella gigante che abita con te?-

Nonostante tutto mi strappò un sorriso.

-Fai pure, non c'è problema. Mi spiace che la nostra uscita sia finita così. Ci sentiamo allora- e feci per andarmene.

Una presa al polso però mi costrinse a voltarmi, incontrando gli occhi chiari del biondo.

-Sai Rebekka, per quel poco che ti conosco ho già imparato a capire quando mi racconti una bugia e sono anche sicuro che c'entri quel moro dell'altro giorno. Potrò sembrare un idiota, ma ho notato le occhiate che ti mandava e credimi, i suoi non erano certo intenti casti e puri. Potrà non sembrare, ma mi interessi sul serio. Quindi, che tu lo voglia o no, combatterò per averti- e detto questo mi si avvicinò.

Io, spiazzata, rimasi impalata dov'ero, anzi, chiusi anche gli occhi. Avvertii il contatto di qualcosa di morbido sulla guancia, molto vicino all'angolo della bocca, tanto che il mio corpo per un attimo tremò. Riaprii gli occhi, vedendo Lucas che si allontanava da me.

-Ci sentiamo- e detto questo se ne andò, la testa leggermente bassa e le mani carcate nelle tasche dei jeans.

Mentre lo guardavo sparire tra la folla, una mano raggiunse inconsapevole il punto dove mi aveva baciato. Sentivo le guance in fiamme e il cuore battere forte.

In che razza di guaio mi ero cacciata?

 

La musichetta dell'ascensore che saliva sino all'attico ebbe la capacità di calmarmi un po'. Non potevo certo presentarmi in quelle condizioni in quel modo agli altri. Forse non Thor, ma Tony e soprattutto Loki avrebbero capito immediatamente.

Ma poi perchè mi preoccupavo di quell'egocentrico? Gli avevo chiaramente detto quello che pensavo e una parte di me sperava di avergli fatto perdere interesse nei miei confronti. Ma l'altra? Cos'era quella strana agitazione che mi attanagliava lo stomaco?

Finalmente giunsi al piano e le porte dell'ascensore si aprirono, rivelando però l'attico completamente immerso nel buio.

-Ma che sta succedendo?- pensai.

Provai a chiamare Tony e anche Thor, ma nessuno rispose. Così, a tentoni, cercai l'interruttore poco fuori il vano dell'ascensore. Lo premetti.

Mi prese quasi un infarto: non appena la luce si accese, da ogni angolo dell'appartamento apparvero gli Avengers, gridando:

-Sorpresa!!-

Io rimasi paralizzata, non capendo immediatamente quello che stava succedendo. Poi vidi venirmi incontro Nicole.

-Cosa ci fai qui?- le chiesi, ancora incredula.

-Ma come? Non ricordi che giorno è oggi?-

Continuai a fissarla, incredula. Non riuscivo proprio a capirci niente. Scossi la testa.

-E' il tuo compleanno, Rebekka!! Auguri!!-

Compleanno? Che cosa valeva per una che invecchiava più lentamente di tutti gli abitanti di quel pianeta? Non riuscivo a ricordare neanche quanti anni compivo.

-Ma tu come fai a saperlo?-

-A dir la verità, te lo feci rivelare una volta quando avevi alzato un po' il gomito. Il fatto che negli anni passati non ho mai trovato l'occasione per fartelo festeggiare, in quanto sempre impegnate con lo S.H.I.E.L.D.-

In quel momento abbassò la voce:

-E poi, quale migliore occasione di festeggiare con tutti questi bei ragazzi nei paraggi?-

Mi sentii avvampare, simile ad una ragazzina alla sua prima cotta.

-Nicole!!- esclamai.

-Andiamo, non si può neanche scherzare?- sorrise la mia amica, facendomi la linguaccia.

In quel momento anche gli altri mi si erano avvicinati.

-Allora, ragazzina, sei pronta a spassartela per tutta la notte?- chiese Tony, ricevendo uno scappellotto da parte di una rossa alle sue spalle.

Una donna molto bella, distinta, ma dallo sguardo anche molto dolce. Vide come la stavo osservando, per quello fece un passo verso di me, tendendomi la mano e sorridendomi:

-Piacere, Rebekka. Io sono Pepper-

-Il piacere è mio. Mi spiace aver invaso in questo modo la casa- sorrisi di rimando.

-Figurati, anzi. Avevo bisogno un po' di allontanarmi da questa capra- disse, rivolgendo uno sguardo di fuoco a Tony, il quale mise il broncio come un bambino.

Mentre sorridevo nel guardare i due, qualcuno mi pose una mano in testa e energicamente mi scompigliò i capelli, rendendoli più ribelli di quanto non fossero.

Alzai lo sguardo, incontrando quello di Steve.

-Ehi, piccoletta, è da un po' che non ci si vede-

-Già- dissi, abbracciandolo.

Indossava un elegante vestito, uno smoking che gli fasciava il suo corpo muscoloso. In quel momento ci pensai: anche Tony e Pepper avevano abiti molto eleganti. Persino Nicole.

Mi si avvicinarono poi Natasha e Barton. Lei indossava un lungo abito nero, con un vertiginoso spacco, mentre lui un completo come quello degli altri due uomini.

-Tanti auguri, Becky- sorrise la rossa e mi abbracciò.

Dietro di lui intravidi Thor, il quale sorrideva con le braccia conserte sul petto, i capelli sistemati all'indietro con del gel e indosso uno smoking che lo faceva sembrare ancora più bello.

Stranamente il mio sguardo vagò ulteriormente per la stanza, cercando forse l'unico di cui realmente non mi importava, ma che in fondo mi avrebbe fatto piacere vedere.

-Chi stai cercando?- mi chiese la voce di Tony a pochi centimetri dall'orecchio.

Balzai per la sorpresa, poi imbarazzata, risposi:

-A dir la verità stavo notando che siete molto belli nei vostri eleganti abiti, mentre io...- e abbassai lo sguardo, allargando leggermente le braccia per mostrare la mia tenuta.

Vidi Pepper, Natasha e Nicole allargarsi in un sorrisetto furbo e in qualche modo mi sentii in pericolo.

-Bene, mentre voi maschietti cominciate ad ubriacarvi, noi femminuccie andiamo a compiere una missione impossibile- disse la mia amica bionda e, prendendomi per un braccio, accompagnata dalle altre due, mi trascinò al piano di sopra, chiudendomi in camera e lanciandomi un'occhiata che mi fece realmente temere il peggio.

 

* * *

 

Sentiva lo schiamazzo provenire dal salone. Riconobbe la voce di Stark e quella di Thor e rabbrividì riconoscendo anche le altre due. Era circondato dai più ottusi esponenti di quello stramaledetto pianeta: perfetto!!

Poggiò la schiena al muro, sistemandosi quasi inconsapevolmente il vestito che Stark gli aveva lasciato nella sua stanza. Odiava quegli abiti così costretti e non sapeva neanche perchè lo avesse indossato. Eppure quando aveva saputo che la festa che si prospettava quella sera era in onore di Rebekka non aveva potuto fare a meno di esserne divertito. Era ansioso di vedere come quella ragazzina si sarebbe trovata infilata in uno stupido abito. Eppure era anche curioso di rivederla come quando si presentava al palazzo di Odino al seguito del padre.

Per un attimo il suo pensiero tornò a quel giorno in cui le aveva chiesto di sposarlo: indossava un lungo abito bianco, con una sottile cinturina proprio sotto il seno, per risaltarlo, mentre una scollatura a cuore completava l'opera.

Con un veloce movimento della testa cercò di allontanare quello stupido ricordo, quando qualcuno bussò alla porta.

Scocciato, aprì, trovandosi davanti suo fratello, anche lui costretto in uno stupido abito terrestre.

-Stai bene- gli disse l'asgardiano, fissandolo compiaciuto.

-Non prendermi per il culo- rispose lui tra i denti.

-Cosa aspetti a presentarti di là?-

-Quanti di loro sono armati?-

-Barton ha detto di non aver portato il suo arco, ma non credo sia da temere, dato che Steve sarebbe capace di stenderti con le sue sole mani in questo momento. Non devi preoccuparti, comunque. Adesso che ti ritengono innocuo, nessuno ha intenzioni ostili. Almeno per stasera-

-Tsk, non mi fanno certo paura. Quello che non capisco è perchè devo partecipare a questa buffonata-

-Andiamo Loki, lo sai che le farebbe piacere. Quando è arrivata, ti cercava con lo sguardo-

L'ex dio rimase per un attimo spiazzato da quel commento. Poi sorrise maligno:

-Probabilmente perchè non vuole vedermi-

Nonostante il tono acido, Thor sorrise divertito:

-Sai, è buffo. Sei stato quasi capace di assoggettare un mondo come Midgard e poi ti spaventi a riconoscere quello che provi per lei-

-Tu sei pazzo, “fratello”. Non scambiare il mio poco interesse per paura-

-Fai come ti pare, ma non sai cosa ti perdi. Se cambi idea...-

-D'accordo, vengo. Ma solo per ridere della vostra stupidità-

-E' già un passo avanti- sospirò il biondo, andandosene.

Il moro alzò gli occhi al cielo, preparandosi al fatidico incontro. Uscì dalla sua stanza, rimanendo però nell'ombra. In quel momento però i presenti si zittirono all'istante, ma non per lui. Infatti voltarono lo sguardo verso una direzione a lui familiare.

Loki fece altrettanto, rimanendo per un attimo senza parole, per la prima volta in vita sua: dalla stanza al piano di sopra uscì una Rebekka completamente trasformata. Indossava un leggero abito bianco, senza spallini, che le arrivava a metà polpaccio, una fascia di raso nero legata in vita. Ai piedi un paio di scarpe con un tacco vertiginoso, legate alla caviglia con un nastro intrecciato anch'esso nero.

I suoi capelli erano sciolti sulle spalle, arrivando quasi a metà schiena, legati solo con una mezza coda. I suoi boccoli di fuoco erano stati accentuati, sendendoli morbidi e definiti. Il trucco era leggero, non togliendola neanche una sfumatura dei suoi tratti infantili.

Era realmente bella e Loki non potè fare a meno di pensarlo.

 

* * *

 

Arrossii vistosamente non appena vidi tutti quegli occhi che mi fissavano, mentre alle mie spalle sentivo le risatine compiaciute delle mie tre make up artist. Un paio però in particolare provocarono una perdita di battito al mio povero cuore, gli unici che quasi un'ora prima non avevo visto.

Loki mi fissava, stupito, e in fondo ne fui compiaciuta.

-Non pensavi che potessi diventare così, vero?- pensai, come se le mie parole potessero raggiungerlo.

L'unica cosa erano quelle dannate scarpe. Non avevo mai camminato su dei tacchi, quindi mi sentivo alquanto instabile e precaria, timorosa di spaccarmi una caviglia da un momento all'altro. Cominciai però a scendere le scale, ai cui piedi venne in mio soccorso il principe asgardiano.

-Lady Rebekka, siete incantevole- mi sorrise.

Io arrossii ancora di più, giurando di aver visto saettare uno sguardo d'odio da parte del fratello, rimasto comunque in disparte. Quando infatti mi voltai per affrontarlo, quello era di nuovo scomparso.

Sentii il mio corpo tremare, un po' per la rabbia e un po' per la delusione, ma non ci pensai ancora per molto, dato che Tony mi si avvicinò con un bicchiere di champagne, porgendomelo.

-Tranquilla, non può andare lontano. Si rifarà vivo- mi sussurrò l'uomo, sorridendomi.

Non potei fare a meno di essere d'accordo.

-Bene, che la festa abbia inizio!!- gridò il milionario.

In quel momento seppi che, nonostante tutto, mi sarei divertita.

 

Accidenti a Loki!! Per colpa sua, o meglio, per affogare la delusione della sua scomparsa, mi scolai quasi una bottiglia di champagne da sola e cominciavo a sentirne gli effetti. Mi staccai per un attimo da Steve, il quale mi stava facendo volteggiare in un ballo della sua epoca, e per poco non urtai Thor che se ne stava a conversare con Barton.

Mi sentii afferrare poco dopo da una spalla e incontrai lo sguardo preoccupato di Natasha:

-Becky, ti senti bene?-

Io la fissai, sorridendo, ma non ero molto convinta.

-Forse ho esagerato un po' con lo champagne. Credo che andrò a prendere un po' d'aria-

-Vuoi che ti accompagno?-

-No, grazie. Voglio starmene un po' per conto mio-

Detto questo mi diressi verso la terrazza, socchiudendo la porta e richiudendomela alle spalle. L'aria fresca della sera mi investì, facendomi lo stesso effetto di una testata in un muro.

Chiusi per un attimo gli occhi, sentendo una strana nausea salirmi in gola. Mi piegai appena, sganciando i nastri delle scarpe e sospirando di sollievo. Percorsi a piedi scalzi il terrazzo, poggiandomi poi alla balaustra, rimanendo a fissare Manhattan illuminata di mille luci.

Sospirai ancora, portandomi le mani al viso e strusciando gli occhi che sentivo bruciare. Quando la porta si era richiusa alle mie spalle, i pensieri avevano ripreso possesso di me.

Quello stupido Loki!! Perchè doveva farmi stare male in quel modo? E perchè poi me la prendevo così tanto? In fondo ero stata io ad allontanarlo, ma in quel momento me ne pentivo.

Da quando i miei ricordi erano tornati a riaffiorare, rivedevo gli episodi della mia vita passata in sua compagnia e non potevo fare a meno di rimpiangerli.

Ad un tratto la chiara sensazione di qualcun'altro su quel terrazzo con me. Non mi voltai, in quanto il vento che soffiava aveva portato con sé l'odore di qualcuno ormai familiare.

-Mi chiedevo quanto ci avresti messo per farti vedere- dissi solo, continuando a guardare davanti a me.

-Pensavo che non volessi più avere niente a che fare con me- disse la sua voce, pungente come al solito.

-Infatti. Ma speravo almeno che alla mia festa ti saresti dimostrato meno stitico-

Sorrisi all'idea. Sarebbe stato come chiedere al sole di diventare di ghiaccio.

-Non pensavo che ci tenessi alla mia presenza stasera-

La sua voce così vicina a me mi fece voltare, timorosa. Me lo ritrovai a pochi passi, in un bellissimo completo scuro, la cravatta di un brillante colore verde.

-Vedo che hai però ceduto al narcisismo, dato che con quel vestito non sei affatto male- dissi, per poi darmi completamente della scema.

Ma cosa stavo dicendo? L'alcool stava facendo effetto, rendendomi logorroica e senza freni. Lo vidi sorridere e avvicinarsi ancora, sino a quando una sua mano non mi accarezzò i capelli.

-Anche tu stasera non sei male-

Sentii la mia faccia avvampare e mi sottrassi appena dal suo tocco, non perchè non mi facesse piacere, ma bensì per non fargli comprendere il mio imbarazzo.

Lui però lo notò e ritirò la mano, assumendo nuovamente la sua espressione gelida e impassibile.

-Dimmi un po', Rebekka, come è andato il tuo appuntamento con quello scarto umano che chiami Lucas?- mi chiese in quel momento Loki, mettendo in quelle parole tutto il suo velenoso astio.

Capii all'istante dove voleva andare a parare, ma quella sera non aveva la minima voglia di litigare.

-Molto bene. Spero di rivederlo, visto che, al contrario di qualcuno, quello “scarto” come lo hai chiamato almeno non ha paura di mostrare quello che prova- e con passo malfermo mi diressi verso l'interno dell'appartamento.

D'improvviso, senza neanche rendermene conto, mi sentii afferrare e sbattere contro il muro, in un punto buio del terrazzo. Una mano mi tappò la bocca, mentre la porta finestra si apriva, lasciando intravedere la testa di Tony che mi cercava. Non vedendomi, scrollò le spalle e rientrò.

Sentivo il respiro di Loki sul mio volto, mentre i miei occhi cercavano di incontrare i suoi in un disperato bisogno di saperlo lì per me. Finalmente i nostri sguardi si incontrarono e non riuscii a trattenere un fremito. Lui, lentamente, mi tolse la mano dalla bocca.

-Perchè?- gli chiesi in un soffio.

-Io e te dobbiamo parlare e non voglio essere interrotto stavolta-

Il tono in cui lo disse non mi tranquillizzò per niente.

-E di cosa vuoi parlare, sentiamo- risposi io, dando acidità anche alla mia frase.

-Di ciò che hai appena detto. Provi davvero qualcosa per quell'individuo?-

-Loki, non dirmi che il grande dio dell'inganno prova gelosia per un comune umano-

-Non sono geloso. È solo che non mi piace che gli altri giochino con i miei giocattoli-

-E così io sarei un gioco per te?-

Non riuscivo quasi a respirare, dato che il corpo di lui mi costringeva contro la parete. Inoltre, con quelle parole, mi aveva letteralmente mandato in iperventilazione. Sentivo gli occhi pungermi, ma stavolta non era colpa dell'alcool, ma delle lacrime che stavo cercando di trattenere.

-Vorresti forse che ti considerassi altro, ragazzina?- sorrise malizioso lui, carezzandomi le labbra e facendomi rabbrividire.

-Loki, perchè mi fai questo?- gli chiesi allora, dura, ma allo stesso tempo profondamente ferita.

Lui non mi rispose, ma neanche si allontanò.

-Dannazione. Io ti promisi che qualunque cosa fosse successa io sarei comunque tornata da te, ma tu ti sei perduto, lasciandoti divorare dalla vendetta e dalla pazzia, consumando a poco a poco l'uomo al quale mi ero promessa-

-Allora perchè continui a soffrire per quell'uomo che ormai non esiste?!?-

-Perchè io riesco ancora a vederlo. Ma lui ci riesce?-

Quelle parole lasciarono il moro senza fiato, continuando a guardare i miei occhi ormai invasi dalle lacrime.

-Sei una stupida- mi disse tra i denti.

Quelle tre parole ebbero la capacità di spaccarmi letteralmente il cuore.

-Bene, allora puoi anche lasciarmi andare. Non ho intenzione di farti perdere altro tempo. Domani contatterò Fury e gli dirò che non sono più in grado di adempiere al compito che mi ha affidato. Sparirò dalla tua vita e da quella dell'agenzia. Tornerò alla mia vita di sempre-

Riuscii finalmente a liberarmi, dato che le mie parole parvero lasciarlo spiazzato. Feci per andarmene, quando la sua voce mi raggiunse ancora:

-Mi devi ancora qualcosa-

Mi voltai, vedendolo sorridere come al solito e mi sentii avvampare ancora di più. Con passo deciso tornai indietro, afferrandolo rudemente per la cravatta e portandolo con il viso quasi allo stesso livello del mio.

-Sono una donna di parola, io- gli dissi.

Senza che avesse la possibilità di reagire, mi avventai sulle sue labbra, chiudendole in un bacio privo di qualunque sentimento. Lo sentii inizialmente sorpreso, poi però i movimenti si adeguarono ai miei. Qualcosa in me mutò poco a poco, cancellando la rabbia e lasciando spazio a qualcosa di diverso. Allentai piano la presa sulla cravatta, sentendo contemporaneamente le braccia di lui che si chiudevano sui miei fianchi, attirandomi ancora di più a sé.

In quel momento avvertii lui prendere l'iniziativa, chiedendo l'accesso alle mie labbra per approfondire quel bacio. Inspiegabilmente glielo concessi, sentendomi così letteralmente divorare da lui, il quale continuava a stringermi a sé come se non volesse più lasciarmi andare.

La mia mente era ormai offuscata, ma in fondo mi rendevo conto di quello che stava accadendo e non potei fare a meno di ammettere che mi stava piacendo.

Ci allontanammo per riprendere fiato e le nostre fronti si sfiorarono, mentre entrambi avevamo il fiato corto.

-Visto, alla fine sei stata tu a baciarmi- disse lui, divertito.

Io non sapevo cosa rispondere.

-Ho adempito alla penitenza. Adesso mi lascerai in pace?-

Non sapevo bene cosa mi sarei aspettata che rispondesse, ma in qualche modo ne fui spaventata. Lo sentii sogghignare.

-Piccola Rebekka, adesso che ho finalmente scoperto quello che provi, non credere di liberarti facilemente di me. Ti ho promesso che saresti stata mia e anch'io sono un uomo di parola-





NDA 
Salve a tutti, appassionati!! Scusate per il ritardo nella pubblicazione, ma sono contentissima delle numerose recensioni che sta avendo la mia storia. All'inizio non ci speravo, per questo sono contentissima!!
Comunque questo capitolo è venuto incredibilmente lungo, quindi direi che vale quasi per due. Spero vi piacerà, dato che finalmente ci sarà una svolta nella relazione tra Rebekka e Loki ( a grande richiesta di qualcuno)
Grazie ancora a chi mi segue e spero di vedere tanti bei commenti. Un saluto
Marty
PS Alla fine ha vinto il vestito bianco!!

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Capitolo 19
*** Love means to protect what's important to you ***









-Cazzo, cazzo, cazzo...- continuavo a dire, mentre, ancora invasa dai postumi della sera precedente, flash di ciò che era accaduto mi stavano a poco a poco tornando in mente.

Mi ero alzata quella mattina nel mio letto, un gran mal di testa e un'iniziale senso di completo smarrimento. Sapevo che la sera precedente avevo esagerato con il bere, non che io avessi mai retto molto l'alcool, ma sentivo anche di aver fatto qualcosa di cui mi sarei pentita, appena mi fosse tornata in mente.

Decisi di farmi una doccia e mentre il getto d'acqua portava via con sé anche un po' del mio mal di testa, come una cannonata, cominciai a ricordarmi di quello che era successo: Loki, Loki e il bacio che alla fine gli avevo dato.

Battei piano la testa contro le mattonelle fredde della cabina. Se poi non avessi avuto dei rimorsi, probabilmente mi sarei spaccata in due la scatola cranica, ma poi avrei dovuto ripagare l'arredo a Tony.

Ma si poteva essere più deficienti? Chissà adesso quella brutta copia di un dio cosa si sarebbe messo in testa. Certo, dovevo ammettere che non ero del tutto indifferente alla sua presenza, che quando mi trovavo con lui mi sentivo diversa. La maggior parte delle volte avevo la tentazione di ucciderlo, ma era pur sempre un sentimento, no?

Sospirai, dandomi della scema: non era odio quello che provavo per lui, ma qualcosa di altrettanto potente, che però sarebbe dovuto rimanere un segreto, anche se dopo quel bacio strappatomi con l'inganno, perchè di quello si trattava, il mio intento era letteralmente andato a farsi benedire.

Uscii dalla doccia: avrei dovuto affrontarlo prima o poi, sperando per un attimo che la serratura della sua stanza improvvisamente si guastasse o che un fulmine di Thor gli piombasse addosso e gli facesse perdere la memoria. Ci avrei fatto un pensiero...

Mi avvolsi un asciugamano attorno ai capelli bagnati, sentendomi in colpa per aver rovinato il lavoro di quasi due ore di Nicole, Nat e Pepper. Infilai poi una felpa larga che mi arrivava a metà coscia e un paio di pantaloni scuri, aderenti e privi di tasche. Ai piedi le mie ormai inseparabili scarpe da ginnastica.

Prima di posare una mano sulla maniglia, tirai un profondo sospiro, segito dalla mia vocina interiore che cercava di tranquillizzarmi. Quante probabilità c'erano che lo incontrassi? Beh, a dir la verità molte, dato che abitavamo sotto lo stesso tetto e che lui non aveva più l'obbligo di rimanere nella sua stanza.

Basta, l'avrei affrontato come una persona matura, negando tutto quello che era accaduto archiviandolo come un madornale errore.

Così aprii la porta della mia stanza e cominciai a scendere le scale. Il salone era deserto, probabilmente Tony e Thor stavano ancora dormendo. In punta di piedi raggiunsi il cucinotto, accendendo la macchinetta del caffè per farmi un po' di quella bevanda scura capace magari di svegliarmi un po'.

Ero intenta a cercare la moka quando dei passi alle mie spalle mi paralizzarono. Mi voltai, trovando a fissarmi proprio lui, una maglia a maniche corte di un bel verde oliva e un paio di pantaloni comodi, probabilmente prestatagli da Tony.

Non potei fare a meno di rimanere a fissarlo per qualche secondo con una probabile faccia da ebete, in quanto lui mi regalò uno dei suoi maligni sorrisi.

-Buongiorno Rebekka. Dormito bene?-

-Stai scherzando, vero?- dissi io, risvegliata dalla mia catarsi e tornata a rovistare nella dispensa.

Cavolo, non riuscivo neanche a guardarlo negli occhi ed ero più che sicura che quello fosse l'intento che il dio puntava ad ottenere. L'avevo capito e anche bene: a lui piaceva avere il controllo sugli altri in modo da non sentire la solitudine che lo attanagliava, ridicolizzare il prossimo così da non sentirsi poi così solo.

Lo ammetto, quella che provavo per lui era pura attrazione, ma non gli avrei permesso di giocare con me.

-Caffè?- gli chiesi.

-Cos'è?- domandò lui, il quale notai si era seduto al tavolo.

-Assaggia e poi dimmi- risposi io e poggiai una tazza fumante davanti a lui.

Lui allungò la mano proprio quando io stavo togliendo la mia e in questo modo le nostre dita si sfiorarono. Sentii un brivido per tutta la schiena e ritirai la mano, come scottata. Lo vidi sorridere, trionfante.

Per la prima volta da quando lo conoscevo non mi veniva in mente una frecciatina per farlo innervosire e ciò mi fece sentire ancora peggio. Ad aumentare il mio malessere però ci pensò lui:

-Se ti stai preoccupando per quello che è successo ieri sera, sappi che non è significato niente-

Avete presente una pugnalata in pieno petto? Ecco, è quello che io provai a quelle parole. Non che mi aspettassi di rivederlo quella mattina in ginocchio a chiedermi di sposarlo, ma neanche che si comportasse in quel modo così...così...da Loki.

-Non so di cosa tu stia parlando- risposi io, voltandogli le spalle e tornando ad armeggiare con la macchinetta.

Senza che me ne rendessi neanche conto avvertii la sua improvvisa presenza proprio alle mie spalle, il suo corpo che premeva il mio contro il ripiano di marmo, bloccandomi ogni via di fuga.

Le mie mani poggiate sulla pietra furono in breve intrappolate dalle sue, mentre il suo respiro, incredibilmente freddo, mi sfiorava l'orecchio sinistro attraverso il capelli.

Un uragano di emozioni si scatenò dentro di me, annientandosi in breve le une con le altre, lasciandomi lì, come una statua.

Finalmente il dio parlò:

-Davvero non ricordi, Rebekka? Allora perchè non riesci neanche a guardarmi negli occhi?-

-Non mi piace stare sola con te, tutto qui- risposi, non riuscendo a dare alla mia voce il solito tono distaccato.

-Non lo avrei mai detto. Comunque sappi che quello che c'è stato ieri sul terrazzo è stata unicamente una prova per testare fino a che punto fossero arrivati i tuoi sentimenti per me e ho avuto la conferma di ciò che sospettavo-

-Quindi? Che vorresti fare ora?-

Il suo corpo non accennava ad allontanarsi e il mio stava reagendo in modo del tutto inaspettato e la cosa non mi piaceva.

-Oh, non voglio rovinarti la sorpresa, piccola Rebekka- e detto questo finalmente si allontanò, lasciandomi andare.

Mentre tornava verso la sua stanza, sollevò la tazza e disse:

-Grazie del caffè- e detto questo sparì.

 

* * *

 

Allora, com'è che aveva detto Rebekka?

Vieni domani mattina alla Stark Tower, ti offro la colazione e facciamo due chiacchiere”

La ragazza, mentre fissava il citofono dell'alto grattacielo, aveva il corpo che tremava, le gambe che quasi le cedevano. Strinse entrambi le mani al petto, come a voler fermare il cuore che correva all'impazzata, come a saltargli fuori dal petto. Diamine, lei era una scienziata, non poteva certo cedere a sentimenti tanto irrazionali, ma quando si trattava di lui la sua ragione andava letteralmente a farsi benedire.

Alla fine, come mossa da una volontà propria, la mano andò verso il citofono e suonò. Una voce metallica le rispose, chiedendo il motivo della visita.

-Ho un appuntamento- disse Jane con voce tremante, sperando da una parte che le fosse negato il permesso di entrare.

-Benvenuta, la stavamo aspettando-

Le porte scorrevoli si aprirono e lei, prima di entrare, tirò un profondo respiro. Era davvero pronta?

 

* * *

 

-Signorina Rebekka, la dottoressa Foster è arrivata-

La voce di Jarvis mi riscosse, rimandandomi nel panico nel giro di un nano secondo. Jane era là su sua richiesta, ma io ancora non aveva parlato con Thor.

-Cazzo...- imprecai dentro di me, alzandomi per andare a rendermi presentabile.

Solo in quel momento mi accorsi delle condizioni in cui regnava il salone: nessuno si era degnato di rassettare dopo la festa della sera prima.

-Fantastico...- sibilai, alzando gli occhi al cielo.

Poi aggiunsi:

-Jarvis, falla aspettare qualche minuto-

-La dottoressa è già qui-

In quell'istante il suono dell'ascensore risuonò nel silenzio e le porte si schiusero, mostrando una Jane impaurita e nervosa. Mi fece una grande tenerezza.

Come era ovvio, non appena mise piede nell'attico, prese a guardarsi intorno.

-Sono forse arrivata in un momento poco opportuno?- chiese, riferendosi alla confusione.

-No, anzi. Mi scuso, ma ieri Tony ha dato una festa e nessuno ha rimesso in ordine. Ti va di darmi una mano?-

La richiesta la stupì, ma dopo qualche secondo mi sorrise, tolse la giacca e si rimboccò le maniche.

-D'accordo-

In due non fu un lavoro molto lungo, contando ovviamente anche sull'aiuto di Jarvis. In poco meno di un'ora la casa splendeva come uno specchio e noi due eravamo a dir poco sfinite.

Ci sedemmo entrambe al tavolo della cucina e io le offrii un caffè. Ormai ero diventata un'esperta nella preparazione di quella magica bevanda.

-Quindi...cosa ti porta a lavorare con Doc? Non credo solo il progetto del museo-

-No, infatti. Siamo stati chiamati entrambi da un certo Fury, il quale ci ha chiesto di svolgere degli studi approfonditi su di un certo manufatto alieno, il Tesseract. Lo conosci?-

Io alzai gli occhi al cielo. Certo che lo conoscevo e mi stupivo dell'ostinazione del ciclope. Dopo tutto quello che era successo...

-Si certo che lo conosco. Io c'ero quando il cubo ha aperto il passato dal quale quel genio di Loki è arrivato qui-

-Davvero?-

-Certamente. Ed è per questo che mi stupisco di come Fury sia così duro di comprendonio-

Jane sorrise, all'apparenza divertita. Quella ragazza mi piaceva, avevo sviluppato una strana simpatia per lei nonostante quella fosse la seconda volta che la incontravo. Più la guardavo però, più mi chiedevo come avrei fatto a farle incontrare Thor.

Forse in quel momento Odino mi ascoltò, dato che avvertii una porta aprirsi e qualcuno sbadigliare sonoramente. Dei passi sempre più vicini, mentre vedevo Jane farsi sempre più rigida seduta allo sgabello del piano bar.

Dal corridoio comparve proprio il vichingo biondo, stirandosi come un gatto.

-'Giorno Rebekka- disse, la voce ancora impastata dal sonno, dal quale però si riscosse tutto insieme quando notò la figura che sedeva davanti a me.

-Jane?- disse, rimanendo per un attimo paralizzato.

-Ciao Thor- rispose timidamente la dottoressa.

-Cosa ci fai qui?-

Il tono pareva cambiato, duro, ammonitore.

-Colpa mia- intervenni, in quanto il biondo sembrava prossimo a scatenare una tempesta di fulmini.

La bruna si alzò allora dalla sedia, andando incontro all'asgardiano.

-Non prendertela con lei. L'altro giorno l'ho sentita parlare con Selvig di te e dei Vendicatori. Le ho chiesto io di incontrarti-

Jane mi stava parando il culo? Amavo quella ragazza.

Il vichingo sembrò rabbonirsi un attimo, poi le mise una mano sulla spalla e la condusse verso il salone. Quando mi passarono davanti, lui mi fissò.

-Con te facciamo i conti dopo- mi sussurrò.

Dopodichè entrambi uscirono sul terrazzo, chiudendosi la porta alle spalle.

 

-Da quanto sono là fuori?- mi chiese Tony, alzatosi quasi mezz'ora dopo Thor, il quale mi affiancava anche lui con una tazza di caffè tra le mani.

-Da molto. Non so se sia positivo o negativo- dissi io, pentita della mia follia.

-Credo che tu l'abbia combinata grossa, ragazzina. Non ci sai fare nelle vesti di Cupido-

-Chi è Cupido?-

-Un piccolo bambino con le ali e un pannolone che lancia freccie a forme di cuoricino- mi rispose Stark.

-Pensavo di fare una cosa buona. Quando ho parlato con lei la prima volta, ho visto i suoi occhi illuminarsi di un amore che non avevo mai visto e lo stesso ho notato in Thor quando mi raccontò del loro incontro-

-Tesoro, si vede che non hai mai conosciuto l'amore vero-

-Cosa dici?!? Non puoi saperlo?-

-Se avessi torto, allora non lo hai pienamente compreso. Thor l'ha tenuta lontana per proteggerla, non perchè non la volesse piacere. Se qualcuno sapesse del loro affetto, allora la userebbe contro di lui, facendole del male. Il vichingo è troppo principe per poter permettere una cosa del genere-

-Allora sono proprio una fessa- sospirai, sentendomi letteralmente uno schifo.

Tony mi tirò una pacca su di una spalla, probabilmente per farmi coraggio.

-A proposito, ieri sera ad un tratto sei sparita dalla circolazione e guarda caso anche il piccolo cervo. C'è qualcosa che dovrei sapere?-

-Non è accaduto niente. Io sono salita in camera perchè stavo male-

-Strano. Sono venuto a cercarti e non ti ho trovato- ridacchiò l'uomo.

-Tony, vuoi seriamente sapere la risposta alla tua domanda. Credimi, non ti piacerebbe-

-Oh, avanti, mettimi alla prova-

Non ebbi il tempo di ribattere, che un grido si propagò per l'attico. Corremmo tutti verso un'unica direzione: la stanza di Loki.

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Capitolo 20
*** I've missed you ***









Fui la prima a piombare nella stanza, spalancando la porta con una tale forza che per un attimo ebbi paura di averla letteralmente scardinata. Ciò che mi si parò davanti mi lasciò senza fiato, dato che, potevo ammetterlo con sicurezza, nessun occhio umano aveva mai avuto il dispiacere di assistervi.

Vidi Loki steso sul suo letto, gli occhi chiusi, mentre un'espressione di puro dolore gli segnava il viso. Le labbra erano spalancate in un muto grido, mentre la schiena era inarcata in una curva che non aveva niente di normale.

Alle mie spalle avvertii la presenza degli altri, compresa Jane, ma per uno strano motivo mi pareva di essere sola con lui, il quale stava soffrendo in un modo che non si poteva neanche immaginare. Senza starci molto a riflettere, mi avvicinai al letto, allungando una mano come per toccarlo, ma fui respinta da una scarica invisibile.

Di colpo gli occhi dell'asgardiano si spalancarono, ma le sue pupille erano vuote. Solo allora notai i profondi tagli che gli si aprivano sulle braccia e sui polsi, mentre la stoffa della maglia si stava imbrattando di scuro sangue. Era come se qualcuno lo stesse letteralmente torturando.

Chi poteva essere tanto potente da farlo senza essere fisicamente presente nella stanza?

Un brivido mi scosse, come se una parte del mio cervello sapesse la risposta, ma si rifiutasse di rivelarmela. In quel momento il mio unico pensiero, nonostante tutto, era trovare un modo per aiutare Loki.

-Fratello!!- sentii la voce di Thor riecheggiare alle mie spalle, seguita dai suoi passi che tentavano di avvicinarsi.

Fu allora che mi voltai, lo sguardo serio.

-Fermo dove sei- ringhiai.

Non volevo che accadesse qualcosa anche a lui. Il biondo mi fissò per qualche istante, i suoi occhi che facevano trasparire tutta la sua preoccupazione.

-Dobbiamo aiutarlo!!- disse di nuovo lui, ma stavolta fu Tony a mettersi in mezzo.

D'improvviso, mentre finalmente il grido sofferente di Loki risuonava nella stanza, un intenso bruciore ai polsi mi fece stringere i denti. Alzai le maniche della felpa, notando i due marchi che parevano incandescenti. Un tenue chiarore si propagò nella semioscurità della stanza.

-Rebekka?- chiese Stark, facendosi dietro di me, preoccupato.

-Uscite di qui- dissi risoluta, senza neanche voltarmi e mantenendo lo sguardo sui miei polsi.

D'improvviso avevo la sensazione di sapere come salvarlo. Nonostante le proteste di Thor, uscirono tutti dalla stanza, lasciandomi sola con Loki.

Mossi un passo in direzione del letto, mentre vedevo un altro taglio aprirsi sul corpo del moro, e stesi un braccio dinnanzi a me. Come era accaduto in precedenza, una scossa elettrica mi attraversò il corpo, ma io non mi arresi. Stesi anche l'altro braccio, continuando ad avanzare.

Il dolore si fece molto più pungente e quasi le ginocchia mi cedettero, ma non mi arresi. Ritrovai l'equilibrio e continuai ad avvicinarmi, fino a quando non sentii le scosse che semplicemente smisero di farmi male.

Ero finalmente di fianco a Loki, il quale pareva per un attimo essersi calmato, nonostante il sangue imbrattasse le lenzuole e il suo respiro si fosse fatto corto.

Gli posi quindi una mano sulla fronte, la quale era impregnata di sudore, e chiusi gli occhi. Fu come se fossi stata sbalzata in un altro universo, come se una forza sconosciuta mi avesse preso e portata lontano.

Mi ritrovai in un ambiente oscuro, nascosto da una fitta nebbia, silenzioso. Presi a camminare, non riuscendo però a vedere niente a parte il buio. Abbassai un poco lo sguardo, notando i miei polsi anche rischiarati dall'alone blu proveniente dai marchi.

Tu chi sei?” disse ad un tratto una voce, roca e profonda, la quale mi fece rabbrividire.

Prima dimmi cosa stai facendo a Loki!!” risposi, cercando di cancellare la paura che si stava impadronendo di me.

Come osi, donna? Tu non sai chi sono io e di cosa sono capace!! Questo omuncolo è un traditore, mi ha deluso e io lo sto punendo!!”

Chiunque tu sia, smettila

Non azzardarti a darmi ordini!! Io posso disporre della vita dell'asgardiano come meglio credo!! E adesso vattene!!

Di colpo il chiarore dei marchi si fece più intenso.

Sei tu che devi andartene!!” gridai e per un attimo riuscii a dissipare le tenebre, intravedendo due occhi viola che mi osservava e che io avevo già visto.

Dunque è così che stanno le cose? Ti ho cercato a lungo, sai?

Tu hai cercato me? Si può sapere chi sei?!?

Lo scoprirai. Ti propongo però un patto: io perdono il fallimento di Loki, ma tu dovrai promettere che, quando verrà il momento, mi seguirai senza resistenza alcuna

Chiusi per un istante gli occhi e mi parve quasi di vedere il volto dell'asgardiano che si rilassava per un istante. Lei voleva salvarlo, ma non sapeva chi fosse colui che stava parlando e non le piaceva per niente quello strano patto che le stava proponendo.

Non hai scelta, donna. O tu o lui

Rimasi in silenzio ancora qualche istante, poi, tristemente, sorrisi.

Tu non dovrai più fargli del male” risposi solo.

Hai la mia parola. E tu mi dai la tua?

Credo che la risposta tu già la sappia

Bene. Ci rivedremo

Ti aspetto

 

Aprii lentamente gli occhi, ritrovandomi nuovamente nella stanza di Loki. Mi accorsi di essere stesa sul letto, al suo fianco.

Alzai entrambi i polsi sopra la testa, in modo da vedere i due marchi che avevano smesso di emanare quel chiarore azzurro. Sospirai, per poi voltarmi in direzione del moro, il quale, in quel momento, pareva essersi calmato e alcune delle ferite avevano anche smesso di sanguinare.

Mi voltai quindi su un fianco, poggiandomi su un gomito e fissando il volto adesso rilassato di Loki. Senza rendermene conto alzai l'altra mano, andando a spostargli alcuni ciuffi mori dalla fronte sudata.

Nonostante continuasse a trattarmi male, mi ferisse in continuazione con il suo fare acido e distaccato, mi guardasse come si potrebbe guardare una formica, io non potevo fare a meno di preoccuparmi per lui. Ormai ne ero certa, anche se non volevo ammetterlo, neanche a me stessa. Avevo addirittura stipulato un patto con quella strana creatura che lo stava torturando sino a qualche momento prima.

Assorta nei miei pensieri, non avvertii un movimento provenire da Loki e mi spaventai quando lui, con uno scatto, mi afferrò il polso che avevo ancora sollevato, facendomi perdere l'equilibrio e ritrovandomi con la schiena schiacciata contro il materasso e lui che mi sovrastava.

Quando però vide che si trattava di me, notai i suoi occhi che si spalancavano in un'espressione stranita.

-Rebekka, che cosa ci fai qui?-

-Ti ho appena salvato il culo. Quindi puoi anche toglierti di dosso-

Solo allora sembrò che Loki cominciasse ad accusare seriamente il dolore delle ferite, in quanto lo vidi irrigidire la mascella.

-Non sono sicuro di sapere cosa è successo esattamente, ma sono certo di aver sentito la tua voce-

Perchè quel tono? Perchè non mi si toglieva di dosso? Non riuscivo più a guardarlo, così distolsi lo sguardo voltandomi verso la porta.

Ero incredibilmente debole, ma anche con la benchè minima intenzione di allontanarmi da lui. Nonostante fosse uno stronzo egocentrico, era pur sempre l'unico che nella mia lunga esistenza era riuscito a rubarmi il cuore. Potevo anche tentare di convincermi che quello che provavo era pura attrazione, ma in realtà non era così.

D'un tratto sentii il suo respiro farsi vicino al mio collo e sobbalzai. Quella sensazione mi fece sentire ancora più indifesa e in balìa di quel turbine di emozioni che cercavo invano di arginare.

-Loki...- balbettai.

-Sono così stanco, Rebekka- rispose lui, le labbra a contatto con la mia pelle.

Prima però che potessi aggiungere altro, sentii il suo peso venire meno e un tonfo sordo risuonare nella stanza, segno che Loki si era riaccasciato sul letto.

Quanto veloce il mio corpo me lo permise, mi alzai in piedi, venendo però colpita da un capogiro che mi fece tentennare. Quando mi ripresi, tornai a guardare il moro, il quale pareva essersi addormentato. Sorrisi appena, portandomi lentamente una mano dove pochi istanti prima le sue labbra mi avevano sfiorato.

Di colpo però ogni stanchezza si fece sentire. Decisi che avrei quindi affidato le cure di Loki agli altri e io me ne sarei andata a letto.

Così, barcollando, uscii dalla stanza, notando solo alla luce che aveva gli abiti imbrattati di sangue. Per questo non mi stupii dello sguardo che mi lanciarono Thor, Tony e Jane.

-Come sta?- chiese il biondo, avvicinandosi a me.

Io, poggiando una mano sul muro, risposi:

-Sta bene. Ha bisogno però che le sue ferite gli vengano medicate. Ora dorme-

-Tu come stai?- sentii chiedere a Tony.

-Mi sento molto stanca ed ho bisogno di una dormita. Vi occupate voi di lui-

-Ci penso io- intervenne Jane, la quale pareva ancora sconvolta per quello che aveva appena visto.

-Bene. Allora ci vediamo più tardi- e detto questo, con passo malfermo, riuscii a raggiungere il mio letto e accasciarmi letteralmente su di esso, chiudendo immediatamente gli occhi.

 

Non so per quanto tempo dormii, ma quando tornai sveglia, la testa ancora un po' mi girava. Decisi quindi di liberarmi dei vestiti che non avevo avuto il tempo di cambiare e affrettarmi di sotto assicurarmi sulle condizioni di Loki.

Quando scesi in cucina, trovai solo Tony ad aspettarmi.

-Ti senti meglio?- mi chiese lui, porgendomi una tazza di caffè.

-Direi di si. Mi ci voleva solo un po' di riposo-

-Ma cosa è accaduto di preciso là dentro?-

Sapevo che prima o poi me lo avrebbero chiesto.

-Tony non so dirtelo. So solo che sono riuscita ad allontanare qualunque cosa fosse quella che stava torturando il corpo di Loki-

-Si, ma come?-

-Non lo so. Non era mai successo prima-

-D'accordo, per il momento non ti chiederò altro, ma non credere che mi arrenderò così. Chiunque fosse colui che stava giocando al piccolo chimico con l'asgardiano, è un nemico pericoloso e quindi non da sottovalutare-

-Lo so. A proposito: lui come sta?-

-Prima di andarsene la dottoressa Foster lo ha medicato ben bene, ma non si è ancora svegliato. Thor è andato a riaccompagnare la sua bella a casa e probabilmente non tornerà fino a domani. Io devo andare a parlare con il gran capo e raccontargli l'accaduto-

-Capisco- risposi, aspettandomi da Fury una sorta di vivisezione sul mio povero corpicino.

-Te la senti di rimanere sola con lui?-

-Nessun problema. Ora sto bene-

-Farò finta di crederti. Ci vediamo allora più tardi-

-Ok, a dopo-

Non appena Tony fu sparito, io mi voltai verso la stanza del moro, intenzionata ad andare a vedere come stava. Però, non appena mi affacciai, vidi il letto disfatto, ma di Loki neanche l'ombra.

Prima che potessi correre fuori per andare a cercarlo, però, avvertii una ferrea presa su di una spalla e qualcuno che poco carinamente mi sbatteva contro la fredda parete.

Nell'impatto avevo chiuso gli occhi, ma quando li riaprii mi ritrovai a fissare quelli ghiaccio dell'asgardiano.

-Vedo che ti senti meglio- cercai di sdrammatizzare, nonostante quella vicinanza mi rendesse alquanto nervosa e facesse battere il mio cuore a mille.

-Anche se i miei poteri sono stati bloccati, il mio corpo è ancora quello di un dio, piccola Rebekka-

Il tono era tornato quello di prima e la cosa mi ferì nel profondo. Per un attimo speravo che al suo risveglio ci fosse un Loki cambiato, invece mi sbagliavo.

-Puoi anche lasciarmi andare- dissi, continuando a fissarlo.

-So che sei stata tu a salvarmi. Come?-

-Non lo so. È successo e basta e sappi che non importa che mi ringrazi-

-Oh, ma io voglio farlo-

Avvertii le sue mani lasciarmi andare. Una salì verso il mio volto, chiudendosi a coppa su di una mia guancia, mentre l'altra scese su di un fianco, premendomi ancora contro il suo corpo. La mia mente letteralmente si scollegò e stavolta non per colpa dell'alcool, ma perchè io lo volevo. Vidi Loki che mi si avvicinava, probabilmente per vedermi struggermi nell'attesa di quello che sarebbe giunto in seguito.

Che stronzo!!

Finalmente il suo respiro si fece sulle mie labbra e io per un attimo sospirai.

-Sei prevedibile, ragazzina- lo sentii ridacchiare.

Io non ce la facevo più.

-Al diavolo- sospirai, prima di passargli velocemente un braccio attorno al collo e avvicinarlo bruscamente, facendo combaciare finalmente le nostre labbra.

Sentivo il bisogno di quel contatto, nonostante fosse la seconda volta che ero io a prendere l'iniziativa. Come la volta precedente, dopo un'iniziale sorpresa, fu lui a chiedermi di approfondire e io mi arresi. Lo volevo, pretendevo quel bacio.

Portai anche l'altro braccio attorno al suo collo, schiacciandolo ancora di più contro di me. Quando ci staccammo per riprendere fiato, le mani di Loki che cominciavano a vagare al di sotto del tessuto della mia maglietta, occhi negli occhi, lui sospirò:

-Mi sei mancata, piccola Rebekka-

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Capitolo 21
*** Finally mine ***









Dopo quelle semplici parole che Loki aveva pronunciato, la mia testa staccò definitivamente la spina. Stavolta fu lui a prendere l'iniziativa, riavvicinandosi a me e sfiorandomi appena le labbra, per poi premerle prepotentemente con le sue, chiedendo quasi immediatamente il permesso per approfondire quel bacio.

Sentii la sua lingua delinearmi i contorni della bocca, inumidendo le sue e le mie labbra. In qualche attimo saggiai l'intenso sapore di lui che, per quello che potevo ricordare, non pareva neanche lo stesso. Lo avvertii sorridere quando ci allontanammo un poco. Io, quasi imbarazzata dalla situazione, continuavo a tenere stupidamente gli occhi chiusi. Mi piaceva pensare che quel momento fosse una sorta di sogno, un qualcosa che al mio risveglio sarebbe semplicemente sparito.

Sentii il suo respiro sul collo e inconsapevolmento sospirai, alzando il viso verso il soffitto, facendo scorrere i miei capelli rossi contro la parete contro la quale ero ancora bloccata. Al mio sommesso gemito, lo avvertii stavolta ridacchiare. Bene, voleva la guerra? Allora l'avrebbe avuta.

Nonostante la mia poca esperienza, sapevo inconsciamente che lo avrei fatto soffrire e non poco.

Così, lentamente, feci salire le mani sino a circondargli il viso bello e dai tratti spigolosi, stavolta fissandolo negli occhi per un periodo che mi parve infinito. Vidi Loki che si avvicinava per baciarmi di nuovo, ma non glielo permisi, alzando il viso e andandogli a sfiorare la fronte con le labbra. Sotto quel contatto lo sentii improvvisamente rilassarsi.

Così continuai il mio percorso, respirando sul suo naso, i suoi zigomi, le guance fredde, per poi raggiungere di nuovo la sua bocca.

-Sei una strega, ragazzina- lo sentii sospirare sulle mie labbra, cercandone però il contatto che io non gli concessi.

Quando lui si protese verso di me, io mi allontanai, andando a posargli un piccolo bacio sulla mascella. Dopodichè tornai a guardarlo, sorridendo.

Le sue sopracciglia si inarcarono per un attimo, come se fosse arrabbiato. Lo fissai confusa.

Sobbalzai quando mi sentii afferrare per le gambe, mentre la schiena premeva prepotentemente contro il muro, fino a quando non mi ritrovai allacciata alla vita di Loki. Le mani mi scivolarono sulle sue spalle, mentre le sue labbra viaggiavano incandescenti sulla mia pelle.

Abbassai lo sguardo, incontrando la sua espressione furba e maligna, la quale mi fece sorridere, poco prima che l'asgardiano prendesse nuovamente possesso delle mie labbra. Ero quasi senza fiato quando lui decise di allontanarsi.

-Non penserai di poter vincere contro di me, vero?- mi chiese la sua voce suadente all'orecchio, facendomi rabbrividire.

Con un colpo di reni riuscii a fargli perdere l'equilibrio e, con una sonora spinta che lo stupì alquanto, lo costrinsi ad atterrare sul letto, un'espressione di seria sorpresa.

Veloce lo raggiunsi, mettendomi a cavalcioni su di lui, mentre sentivo le sue mani accarezzarmi le coscie e risalire lungo i fianchi, spostando leggermente il tessuto della mia maglia e sfiorando la pelle della schiena.

Mi abbassai per baciarlo di nuovo e lui portò il viso verso il mio, come se al pari di me fosse ansioso di ristabilire un contatto.

Io, completamente inebriata dal profumo di lui, dal suo sapore sulle mie labbra e nella mia bocca, lasciai che Loki ribaltasse facilmente le posizioni e nel giro di qualche secondo mi ritrovai bloccata sul materasso dal suo corpo.

La sua bocca scese languida lungo il mio viso, un po' come io avevo fatto in precedenza, percorrendo poi il collo e fermandosi su di una clavicola, mentre le sue mani erano ormai arrivate alla coppa del reggiseno.

Gemetti, fregandomene della sua successiva presa di giro. Come mai prima di allora, lo desideravo ardentemente . Con un malato bisogno di cui neanche io sapevo la proveniente, volevo ogni cosa di lui in quel momento.

Inarcai un poco la schiena sotto di lui, quel tanto che bastò per sentire l'effettiva entità del suo desiderio di me. I nostri bacini si scontrarono e sentii come lui mi voleva, forse più di quanto ero io a bramarlo.

Udii il respiro del moro farsi sempre più pesante, mentre, anche impacciatamente potei affermare, le sue mani mi fecero scorrere la maglia fin sopra la testa, lasciandomi in intimo.

-Per Odino, come sei bella- lo sentii impercettibilmente sussurrare sopra la mia pelle, mentre la bocca lasciava baci infiammati fino al mio ombelico.

Ero talmente colta dall'estasi e dalla passione che non mi accorsi quasi di quello che lui fece al mio corpo, ma posso dire che non fu certo qualcosa di male. In breve ci trovammo completamente nudi su quel piccolo letto e lui, dopo avermi baciato un'ultima volta, entrò in me, facendomi quasi gridare.

Era una sensazione nuova, per la mia mente e il mio corpo, ma dopo un paio di minuti, mi adattai ai suoi movimenti, facendomi divorare dal piacere.

Venni colta poi da un improvviso calore al basso ventre, mentre sentivo lui che si chinava su di me e affondava il viso tra i miei capelli. Un leggero alone di sudore ricopriva i nostri corpi divenuti ormai una cosa sola. Pensai che probabilmente quella doveva essere la cosa che più raggiungeva la perfezione, o almeno secondo quello che Nicole mi aveva raccontato una volta. Con quella consapevolezza, mi dissi che non avrei voluta provarla con nessun'altro in quel momento.

Quando arrivammo all'apice, le menti completamente assuefatte all'atto, una parte di me, forse quella razionale, si risvegliò di colpo, facendomi temere di aver compiuto un grande errore. L'altra parte, però, quella oramai abbandonata a Loki, la spense quasi immediatamente non appena le sue labbra toccarono di nuovo le mie.

Lui si sollevò da me, ricadendo al mio fianco, il petto che si alzava e abbassava in un respiro affannato, mentre io rimasi a fissare il soffitto, scossa ancora dai rimasugli dell'amplesso.

Poi di nuovo quella triste consapevolezza. Tutto ciò che avevamo fatto era sicuramente ciò che lui aspirava di ottenere da me, un modo per sedare ogni mia tentazione di ribellione, il suo ennesimo bisogno di supremazia.

Mi rannicchiai su me stessa, carezzando il mio corpo nudo, tentando di nasconderlo ai suoi occhi, come se ne provassi vergogna. Non avvertendo poi alcuna reazione da parte sua decisi che era giunto per me il momento di andarmene, almeno prima che Tony o Thor tornassero a casa. Volevo evitare di dare spiegazioni.

Così, lentamente, mi misi a sedere sul ciglio del letto, facendo scorrere lo sguardo alla ricerca dei miei vestiti. Prima però che potessi compiere qualunque gesto, una presa al polso mi fece voltare.

-Dove vai?- mi chiese lui, steso al mio fianco, con solo un lembo del lenzuolo a coprirgli le nudità.

Per Odino, non riuscivo neanche a guardarlo senza sentirmi avvampare.

-Vado in camera mia. Pensavo volessi stare solo- risposi, distogliendo lo sguardo.

-E perchè?-

Mi stupì la sua risposta, tanto che non seppi cosa ribattere. Non ebbi però neanche il tempo, dato che lui mi afferrò saldamente per una spalla, facendomi ricadere stesa sul letto, sormontandomi con il suo corpo pressocchè perfetto.

-Allora, vuoi ancora andartene?- mi sorrise, con quel solito ghigno che lo rendeva estremamente sexy.

Inconsapevolmente anche io sorrisi. Lui allora mi baciò delicatamente, per poi spostarsi e stendersi di nuovo, stavolta però facendomi segno di fare altrettanto. Io timidamente mi coprii con il lenzuolo e mi avvicinai. Dapprima mi spaventava un contatto che non fosse portato dalla passione, poi però sentii una sua mano che mi circondava le spalle e mi tirava verso il suo petto.

Delicatamente gli poggiai la testa sul cuore e chiusi gli occhi, cullata dal suo respiro calmo e dal battito ritmato sotto il mio orecchio.

 

-Signorina Rebekka, signorina Rebekka...-

La vide meccanica di Jarvis non era certo quello che si poteva definire un buon risveglio. Mi mossi nel sonno, accorgendomi che Loki non mi aveva ancora lasciata andare dalla sua stretta. Sollevai un braccio e me lo passai tra i capelli, avvertendo un grugnito di dissenso proveniente dal moro al mio fianco.

-Signorina Rebekka, è urgente...-

-Sono sveglia Jarvis. Parla-

-Il signor Stark ha espressamente chiesto che lei e il sognor Loki vi rechiate alla base dello S.H.I.E.L.D. in quanto ci sono delle importanti novità-

-D'accordo. Dacci trenta minuti-

-L'elicottero dell'agenzia è già in viaggio per venirvi a prelevare. Comunico immediatamente il tempo di attesa-

Facendo nuovamente protestare l'asgardiano, mi misi seduta, infilandomi di volata una sua maglia che trovai poco lontano.

-Ah, Jarvis, una cosa-

-Si, signorina Rebekka?-

-Se fai parola con qualcuno di quello che è successo stanotte, soprattutto a Tony, giuro che ti devìo i circuiti di intelligenza e ti faccio tornare allo stato di un microonde-

-E' stata chiarissima, signorina. La avverto all'arrivo del jet- e detto ciò la voce di Jarvis si spense.

Mi voltai verso Loki, notando che si era finalmente svegliato.

-Dobbiamo andare-

-Ho sentito-

Di nuovo quel tono scostante.

-Bene, io vado a farmi una doccia. Tu fai quello che ti pare, basta che tra trenta minuti tu sia lavato e vestito- e mi alzai, iniziando a raccogliere i miei vestiti.

Mancava all'appello solo il mio reggiseno.

-Cerchi questo?- mi chiese lui, ancora steso sul letto, mezzo nudo e con il mio indumento appeso ad un dito.

-Puoi ridarmelo?- domandai, avvicinandomi e incrociando le braccia sul petto.

-Chi lo sa. Forse lo terrò per ricattarti-

-Davvero? E cosa vorresti da me, dato che ti sei già preso il massimo che potessi concederti?-

-Mmm, devo pensarci...-

Con uno scatto mi afferrò, facendomi perdere l'equilibrio e ritrovandomi carponi sul letto, il viso del moro a pochi centimetri dal mio.

-Non me lo dai il bacio del buongiorno?-

Per Odino, quanto lo odiavo quando faceva così.

-Chi lo sa...- lo scimmiottai io.

Lui però non mi concesse alterantive, azzerando le distanze e prendendo possesso delle mie labbra. Dal canto mio, io mi lasciai completamente cullare da quel bacio, il quale, per i miei gusti, durò fin troppo pochi.

-Chiudi gli occhi- mi sussurrò, quando si allontanò.

Io ubbidii, sentendo lui armeggiare con qualcosa alle mie spalle. Poi una sensazione di freddo attorno al collo mi fece sussultare. Spalancai gli occhi e vidi che al mio collo era ricomparsa la catenina con l'anello che lui mi aveva regalato.

Tornai a fissarlo, sorpresa. Lui allora mi baciò di nuovo e disse:

-Adesso sei veramente mia-

Dopodichè sparì in bagno. Io, arrossita assumendo quasi il colore dei miei capelli, sfiorai il gioiello, sorridendo appena. Poi decisi che era meglio sbrigarsi, non volevo certo che gli agenti dell' S.H.I.E.L.D. mi trovassero in quelle condizioni.

 

Come annunciato da Jarvis, l'elicottero arrivò puntuale. Montammo entrambi, mentre gli agenti di scorta lanciavano occhiate storte ad un Loki che non pareva molto entusiasta di quel viaggetto.

Per fortuna il tragitto fu breve. Sulla pista d'atterraggio ci attendevano un Fury apparentemente incazzato nero, come al solito, Tony, anche lui per la prima volta preoccupato, e Nat, la quale mi sorrise non appena mi vide.

Poi chiesi:

-Che succede?-

-Abbiamo rivelato degli strani sbalzi nella rete elettromagnetica progettata dal professor Banner dopo l'arrivo di Loki sulla Terra. Sembra che qualcuno stia cercando di entrare, ma non sembrano né i Chitauri né qualcuno proveniente da Asgard-

-Quindi?-

-Il signor Stark mi ha raccontato quello che è successo ieri, quello che ha colpito Loki. Qualcuno lo stava torturando mentre niente era apparentemente presente nella stanza con lui. Il modo in cui tu, Rebekka, hai fermato quella strana “cosa”. Credo che ci debba delle spiegazioni-

-Se vi aspettate che vi spieghi come ho fatto, non lo so neanche io. Non era mai successo prima-

-Credo che ti dovremo sottoporre a qualche test-

-Come prego? Io non sono una cavia-

Non potei vederlo, ma Loki, alle mie spalle, aveva indurito la sua espressione a quelle parole. Per fortuna fu Tony a mettersi in mezzo.

-Direttore, non si era parlato di test-

-Stark, non credo che sia una cosa che ti riguardi-

-Con tutto il rispetto, direttore, Rebekka fa parte degli Avengers, quindi credo che sia una cosa che riguardi principalmente noi- intervenne Natasha.

Fury sospirò, poi prese a camminare verso l'interno dell'edificio.

-Siamo riusciti, grazie sempre all'aiuto di Banner, a captare delle cariche base da questa strana fonte. L'abbiamo confrontate con quelle già in archivio e sono risultate molto affini a quelle che tu emani quando scateni i tuoi poteri- concluse, rivolto verso di me.

Io rimasi di sasso. Cosa significava?

D'improvviso il segnale di allarme esplose nell'edificio, mettendo tutti sulla difensiva. Velocemente raggiungemmo il resto del gruppo, compreso Thor, che ci attendeva nella sala di comando.

-Che succede?!?- proruppe Fury.

-Qualcuno è riuscito a sfondare la rete. Impatto tra quaranta secondi. Luogo dell'impatto a due miglia da qui-

-Di chiunque si tratti, qualcosa lo sta richiamando qui da noi- disse il direttore, puntando il suo unico occhio accusatore su di me.

Cominciavo ad essere spaventata e, incosapevolmente, cercai l'appoggio di Loki, il quale sapevo che ancora si trovava alle mie spalle. Quasi mi avesse letto nel pensiero, sentii una sua mano sfiorare la mia, andando poi a stringerla con forza. Sorrisi appena.

Il conto alla rovescia era partito, mentre, dalla grande vetrata, vedevamo le nuvole bianche che si coagulavano in un unico punto, per poi, alla fine del conto alla rovescia, venire letteralmente bucate da un raggio di luce proveniente dal cielo.

In quel momento il mio cuore si fermò.

 

Non sapevo in che modo ero riuscita ad arrivare a bordo di quella jeep che veloce si stava dirigendo verso il luogo dell'impatto. In qualche modo quel momento mi ricordava il mio arrivo sul pianeta.

Avevo paura che si trattasse di quella creatura che stava torturando Loki, venuta per portarmi via e io, come promesso, non mi sarei opposta. Ma come spiegarlo agli altri? Come spiegarlo a lui?

Finalmente giungemmo in prossimità del cratere. Io, prima di chiunque, mi fiondai giù dal veicolo, fermandomi poi sul ciglio. Il centro era completamente invisibile a causa dei fumi dell'impatto.

Poi, all'improvviso, notai qualcosa che assomigliava ad un bagliore blu proveniente dal centro delle nubi.

-Qualcuno riesce a vedere di cosa si tratta?- disse la voce di Rogers alle mie spalle.

Finalmente il fumo si diradò. Strizzai gli occhi, cercando di vedere meglio. Quando ci riuscii, il mio cuore però perse un battito.





NDA
Rieccomi qui, non mi sono dimenticata di voi, anche se con gli infiniti impegni di fine scuola e altre due storie in cantiere, sto procedendo un pò a rilento.
Questo capitolo in particolare, poi, non sapevo neanche come scriverlo, per non sembrare eccessivamente, come dire, smielata...
Spero che comunque piacerà ugualmente, dato che, finalmente, Loki e Rebekka compicciano YUPPIIIIIII!!!
Secondo voi, chi sarà il personaggio misterioso arrivato sulla Terra? Vi dico solo che Rebekka lo conosce...
Ancora scuse per il ritardo. Un saluto a tutti e spero di vedere qualche recensione. Bye Bye

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Capitolo 22
*** An old master ***









Le mie gambe presero a muoversi senza che il mio cervello glielo stesse propriamente ordinando. Sentivo la terra cedere sotto i miei piedi mentre ridiscendevo le pareti del cratere, il cui centro era per la maggior parte ancora nascosto dai fumi dell'impatto. Come lontane anni luce udii le voci dei miei compagni che mi chiamavano per impedirmi di compiere qualche sciocchezza, ma io ero sorda e cieca, concentrata solo sulla mia meta.

Per un attimo le ginocchia avevano ceduto, facendomi rotolare per qualche metro e riempirmi di terra. Mi rialzai, gli occhi fissi dinnanzi a me, la mente completamente vuota e confusa. Nonostante non riuscissi a scorgere chiaramente chi si nascondeva tra quella nebbia, io sapevo. Lo percepivo chiaramente, come mai era accaduto.

D'un tratto i miei piedi si fermarono, il petto che si alzava ed abbassava in un respiro affannoso. Lo sguardo era fisso a terra, là dove, a pochi centimetri da me, si trovava un corpo.

Mentre mi chinavo su di esso, dei passi alle mie spalle mi fecero capire che in pochi secondi non sarei stata più sola.

Sollevai una mano per carezzare quella chioma color della neve, la quale era intrecciata sempre nella stessa pettinatura che mi ricordavo dall'ultima volta in cui lo avevo visto, anche se alcuni ciuffi adesso gli ricadevano sul viso spigoloso e percorso da profonde rughe.

Feci scorrere quindi lo sguardo sul resto del corpo, coperto dagli abiti tipici della mia gente, anche se gambe e braccia, scoperte per alcuni tratti, erano segnate da profonde ferite, alcune all'apparenza molto vecchie.

Un sibilo uscì allora da quelle saggie labbra e io tornai a guardarlo in volto. Per fortuna era ancora vivo.

Vidi i suoi occhi aprirsi appena, ma mi bastò quel poco per notare che erano di colore completamente bianco. Ciechi, quegli occhi che per molte volte mi avevano ammonito o consolato adesso mi fissavano, senza però vedermi.

In quel momento ebbi la certezza di non essere ormai più sola. Sentivo opprimente la presenza dei miei compagni.

Quando quelle due fessure si furono completamente aperte, vidi la sua espressione cambiare, come se in qualche modo mi avesse riconosciuto. Una delle sue mani si alzò debolmente sino ad arrivare a sfiorarmi il viso in un tocco leggero, per poi posarsi sui miei capelli e passarvi attraverso le dita, come faceva quando ero bambina.

L'altra mano, inconsapevole, si avvicinò ad uno dei miei polsi e sfiorò le marcature a fuoco.

-Principessa...- sussurrò poi, schiudendosi in un sorriso stanco, ma sincero.

-Maestro...- ricambiai io, abbassando il viso sino a sfiorare la fronte con quella dell'anziano.

-Sono contento che voi siate viva. Credevo che foste sparita assieme al nostro adorato mondo-

-Mio padre è riuscito a farmi scappare. Ma tu? Credevo di avervi ormai perduto tutti-

-Eravamo stati avvertiti. Sapevamo quello che sarebbe successo. Oh, piccola Rebekka, devo raccontarvi tante di quelle cose- disse il mio maestro, ma si schiuse subito in un secco colpo di tosse.

-Dovete riposare, vecchio Einar. Parleremo dopo-

-No, non c'è tempo. Lui sa...-

-Adesso siamo tra amici, quindi riposa e non pensare a niente-

-Grazie, principessa- e detto ciò, continuando a sorridere, chiuse nuovamente gli occhi.

Finalmente mi voltai, incontrando gli sguardi perplessi e preoccupati dei miei compagni.

-Credo di dovervi delle spiegazioni- dissi allora, alzandomi in piedi e ponendomi dinnanzi al gruppo.

-Penso siano d'obbligo- rispose Rogers, incrociando le braccia sul petto e spostando il peso su di una gamba.

-Certo, ma non qui e non ora-

Incrociai lo sguardo di Fury, il quale pareva combattuto.

-Direttore, posso contare sull'agenzia per tenerlo al sicuro?-

-D'accordo. Dopotutto, se ti fidi di lui, allora non ci resta che fidarci a nostra volta. E poi chissà: forse ci potrà fornire una logica spiegazione su quello che sta accadendo sul nostro pianeta-

-Bene- e detto questo presi a risalire verso la sommità del cratere, mentre un gruppo medico d'appoggio raggiungeva il mio maestro.

Solo in quel momento mi accorsi che Loki non aveva seguito il gruppo, ma era rimasto ad osservare la scena dalla sommità del cratere. Lo raggiunsi, ma senza propriamente vederlo. Gli passai accanto e, quando fummo a pochi centimetri, gli sussurrai:

-Credo che tu debba raccontarmi chi ti ha mandato qui- e, senza attendere risposta, mi diressi verso una delle jeep.

Avrei voluto rimanere sola per un tempo che ancora non mi era chiaro, ma sapevo che gli Avengers avrebbero voluto delle spiegazioni e io gliele dovevo.

 

Ero di nuovo in quella dannata situazione, seduta al tavolo rotondo nella sala di comando con gli occhi dei miei compagni puntati contro.

Solo Thor e Loki parevano capire come mi stessi sentendo.

-Insomma...principessa?- ruppe il silenzio Tony, incredulo sul mio titolo di nobile.

-Pensavo lo avessi capito quando Thor mi confessò di sapere chi era stato a distruggere il mio mondo- sorrisi io forzatamente.

-Scusa se pensavo che mi si stesse prendendo in giro- rispose quello, facendo il sostenuto.

Per Odino, anche in una situazione come quella riusciva a fare il bambino.

-Comunque, per togliere ogni dubbio: sono originaria di uno dei nove mondi uniti dal grande albero Yggdrasill, Alfheimr, il mondo della luce. Mio padre ne era il re e io di conseguenza ne sono la principessa. Tre anni fa, quando piombai su questo pianeta, avevo perso ogni memoria di quella che era stata la mia precedente vita, ad eccezioni di rari e confusi flash. Poi, grazie a Thor, sono venuta a sapere che il mio mondo era stato completamente distrutto dai Chitauri, i quali cercavano qualcosa di cui mio padre era in possesso, anche se ancora non so cosa sia. Fino ad oggi pensavo di essere rimasta l'ultima del mio popolo. Invece anche il mio vecchio maestro è sopravvissuto ed è il vecchio che avete visto qualche minuto fa-

-Piuttosto lo abbiamo sentito. Da quello che abbiamo capito, qualcosa di potente ci minaccia-

-Già- risposi sconsolata, spostando il mio sguardo su Loki, il quale se ne stava assorto nei suoi pensieri con lo sguardo fuori dalla grande vetrata panoramica.

-Quindi, come ci muoviamo?- chiese Banner.

-Non lo so. Per prima cosa devo scoprire come il vecchio Einar è fuggito e che cosa ha da dirmi-

-Ma non l'hai sentito? Ha detto che sono stati avvertiti-

La voce di Loki interruppe i miei pensieri. Il moro si era finalmente voltato e adesso mi fissava negli occhi nello stesso modo nel quale aveva sempre fatto, strafottente ed ironico. Insomma, era improvvisamente tornato quello di due giorni prima.

Io, però, a quanto pare anche contro le aspettative della squadra che, notai, mi stava fissando aspettando una mia reazione, chiesi semplicemente:

-E con questo cosa vorresti dire?-

Vidi lo sguardo del moro indurirsi ulteriormente, probabilmente anche per il fatto che non ero riuscita a rispondergli a tono.

-Voglio dire che quello stolto di tuo padre era consapevole che di lì a poco sarebbe stato distrutto e che, nonostante quello, non ha alzato un dito per salvare il suo mondo-

Sembrava arrabbiato, come se provasse una profonda colpa.

-Tu sai contro chi stiamo combattendo, non è vero, fratello?- si fece avanti Thor.

Loki fissò il biondo come se dentro di sé avesse voluto ucciderlo e, senza aggiungere altro, se ne andò. Io lo seguii con lo sguardo, assorta, sino a quando la voce di Fury non interruppe i miei pensieri:

-Bene, visto che sino a quando il nostro ospite non si sveglia non possiamo saperne di più, allora vi consiglio di andare a riposare. Le cabine sono sempre le stesse. Dovremo però essere pronti in caso di attacco- e detto questo il direttore se ne andò dalla parte opposta nella quale era sparito Loki.

Sospirai, alzandomi pesantemente dalla sedia. Prima che potessi sparire alla vista degli Avengers una mano sulla spalla mi fece fermare. Mi voltai, trovandomi davanti Tony e Thor.

-Ragazzina, stai bene?- chiese Stark.

-Potrei dire di si, ma penso che risulterebbe come una grossa cazzata- risposi, abbassando lo sguardo.

-Beh, siamo tornati al linguaggio colorito, quindi che sia un passo avanti- ridacchiò l'uomo.

-Cosa pensi delle parole di Loki?- domandò allora Thor.

La mia espressione, tornata per un attimo più rilassata grazie alle parole di Tony, si incupì nuovamente. Ricordavo di quando il biondo mi aveva detto che Alfheimr era stato distrutto proprio dai Chitauri e da come io avevo subito accusato Loki della cosa, il quale non aveva certo preso l'incombenza di mentire.

In quel momento però mi era sembrato come se nei suoi occhi ci fosse un risentimento, un dispiacere che non aveva mai mostrato.

-Non so più cosa credere, Thor. Adesso sento solo il bisogno di stare un po' da sola. Se aveste bisogno di me, mi trovate dal vecchio Einar- e detto ciò voltai le spalle ad entrambi, mentre la testa era affollata dai dubbi e dalle infinite domande che volevo rivolgere all'asgardiano moro.

 

Attraversai l'ennesimo corridoio, per lo più deserto, diretta ai nuovi laboratori di Banner, in quanto mi era stato detto che il mio maestro era là ricoverato, sotto stretta osservazione da parte del dottore.

Per un attimo mi era parso di avvertire dei passi alle mie spalle, ma non ci feci caso.

Purtroppo, svoltato l'ennesimo angolo, mi accorsi di essermi inevitabilmente persa.

-Fantastico- sospirai, alzando gli occhi al cielo.

Quando li riportai di fronte a me, notai che qualcuno mi stava osservando. Socchiusi le palpebre per tentare di vedere attraverso la semioscurità.

-Chi è là?- chiesi, mentre una strana sensazione stava prendendo il sopravvento su di me.

Lo sconosciuto non rispose, ma prese ad avanzare a passo cadenzato. Io, senza sapere perchè, presi ad arretrare.

-Chi sei?- chiesi ancora, la voce che mi tremava.

-Ma come, Rebekka, non mi riconosci?-

Quella voce, quell'intonazione. Ma come poteva essere lì?

Finalmente il mio interlocutore si fermò sotto una delle luci al neon e io potei vederlo chiaramente. Scoprire la sua identità, però, non mi tranquillizzò affatto, anzi. Fissai i suoi occhi che da color ghiaccio si erano tramutati in due fessure ametista e per le guance scendevano strani segni, simili a vene gonfie pronte a scoppiare.

-Che ti succede? Ti spavento, forse? Non mi saluti neanche?-

Anche la sua voce pareva differente, più profonda e maligna. Avanzò di un altro passo e io arretrai di nuovo di uno.

Mentre avvertivo la sensazione fredda della parete contro la schiena, segno che mi ero fregata letteralmente con le mie mani, balbettai:

-Che cosa ti è successo, Lucas?-





NDA
Salve!!!! Non sono morta, è stato solo un blocco. In effetti il blocco è stato più che altro mentale, come di solito mi accade. Più mi avvicino alla fine di una storia, meno l'ispirazione mi raggiunge. Insomma, non so come andare avanti.
Questo capitolo poi mi fa davvero pena, è breve e poco ispirato e si vede, quindi non mi stupirò se non riceverò molte visite :(
Cmq spero che continuerete lo stesso a seguirmi e farmi sapere cosa ne pensate.
Ringrazio 
CarotslovemeNight MoonStormbringer14msLaufeysonElenSmithmarmar,  CyberlunaFeelingsFex WritervampireXDyumiLady V_pervinca_maura 77dracoscupcakeveronika87Ghost of a Lovely GirlJoselleArtemis BlackSmith of lies.
Le loro recensioni mi hanno invogliato ad andare avanti. Un bacio a tutti e alla prossima...

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Capitolo 23
*** It's all my fault ***










Arretrai, continuando a fissare quegli strani occhi puntati su di me.

-Ti spavento, Rebekka?- chiese lui con voce carezzevole, anche se avvertivo che in fondo non apparteneva al ragazzo che avevo conosciuto.

Una parte del mio cervello stava collegando quella strana apparizione a tutto ciò che era accaduto fino a quel momento, mentre l'altra, probabilmente quella irrazionale, mi mostrava Lucas come se non fosse cambiato affatto.

Quella stessa parte avrebbe voluto aiutarlo.

-Cosa ti hanno fatto?- chiesi, tentando di modulare la voce.

Quanto avrei voluto che in quel momento qualcuno dei miei compagni avesse svoltato l'angolo, o meglio, fosse stato Loki a farlo. Sentivo un bisogno sfrenato della suo presenza accanto a me, come se mi potesse dare sicurezza e senso di protezione

-Cosa ti fa pensare che mi abbiano fatto qualcosa?- rispose lui, allargandosi in maligno sorriso, distorcendo ancora di più i tratti di quel viso che, adesso riuscivo chiaramente a vederlo, non era più lo stesso.

Quell'espressione mi spaventò.

-Sai, se avessi saputo che eri tu fin dall'inizio, non avrei sprecato il mio tempo su questo schifoso pianeta, per non parlare della vita degnadante e insignificante che sono stato costretto a condurre per quasi un anno. Ma devo ammetterlo, su di te ho sempre avuto dei sospetti, forse per questo ho tentato in tutti i modi di irretirti e, se non fosse stato per quel dannato asgardiano, ci sarei anche riuscito-

Avete presente cosa si prova quando una meteora grossa come una mongolfiera piomba dal cielo e ti disintegra? Forse no, ma io fu esattamente quello che provai in quell'istante.

Il mio corpo si era come improvvisamente bloccato, pesante come fosse stato fatto di cemento, mentre continuavo a percepire le parole di Lucas nel mio cervello come una snervante cantilena.

Mi aveva usata, sfruttata come si fa con un bell'oggetto che, quando non diverte più, allora viene buttato via.

-Non dici niente, ragazzina? Ti arrendi così?-

La sua voce mi giungeva come ovattata, mentre più che speravo in un intervento di qualcuno dei miei compagni. No, non uno qualunque. Avrei voluto fosse proprio lui a giungere in mio aiuto in quel momento.

Con quei pensieri non mi accorsi che Lucas era ormai a pochi passi da me. Non percepii neanche il mio corpo che si accasciava al suolo, in ginocchio. Avvertii però il suo tocco sul mio viso e, d'istinto, chiusi gli occhi. Non perchè mi piacesse, ma perchè avevo paura.

-Vieni con me, Rebekka-

Di colpo riaprii gli occhi, proprio mentre una luce abbagliante mi passava sopra la testa e colpiva in pieno quello che un tempo era un essere umano e lo scagliava contro il fondo del corridoio. Senza sapere chi avessi alle spalle, vidi Lucas rialzarsi, visibilmente dolorante, senza però aver abbandonato il suo sorrisetto strafottente.

-E' giunta dunque la cavalleria- sghignazzò.

Dei passi alle mie spalle, una presa forte alla vita e qualcuno che mi sollevava da terra con la stessa facilità con la quale avrebbe alzato un sacco di piume. Mi trovai improvvisamente schiacciata contro un petto prominente, duro come la pietra, mentre una mano dietro la nuca mi premeva il viso contro quella massa di muscoli.

Non mi importava neanche che il respiro mi fosse in qualche modo reso difficoltoso, avevo solo bisogno di quel contatto.

-Chi diamine sei tu?- chiese una voce che riconobbi come quella di Tony.

-Il soldato di latta chiede chi sono? Voi buffoni non siete degni di sapere la mia identità-

-D'accordo, allora puoi anche andartene-

-Non senza di lei- disse, probabilmente indicandomi, ma io non potei vederlo, o forse proprio non volevo farlo.

Il mio corpo continuava a tremare, nonostante l'ormai appurata presenza dei miei compagni mi avesse notevolmente tranquillizzato. Sentii la stretta del mio protettore farsi comunque più forte. D'istinto i miei pugni si chiusero attorno al tessuto dei suoi abiti.

-Che cosa vuoi da Rebekka?-

Era stato Rogers a parlare. Come era possibile che in quel corridoio potessero entrare tante persone?

-Non sono affari che vi riguardano. Se non volete che il vostro mondo finisca domani, allora consegnatemela-

D'improvviso, come un lampo a ciel sereno, la sua voce mi trapassò le barriere delle mie orecchie.

-Cosa vuoi da lei?-

Domanda già formulata, ma che detta da lui aveva un tono del tutto differente.

-Oh, il nostro re caduto, il traditore di Asgard e dei Chitauri, colui ricercato da due mondi. Come osi mostrarti nuovamente di fronte a me? Pensavo inoltre che Lui fosse riuscito ad eliminarti-

Sentii come una stilettata dietro la nuca, come se avesse chiaramente percepito lo sguardo di Loki.

-Ah, adesso capisco...-

Cosa? Capisce cosa?

-Puoi dire al tuo signore che non l'avrà- rispose l'asgardiano moro con un ringhio.

Finalmente riuscii a riportare gli occhi sulla scena, scoprendo anche che colui che mi stava proteggendo con il suo corpo si trattava di Thor.

Fissai Loki, poi di nuovo Lucas. Questo, dopo aver mantenuto una posizione di pronto attacco per tutto il tempo, sembrò improvvisamente rilassarsi. Dopodichè delle strane fiamme viola lo inglobarono, facendolo a poco a poco sparire.

Il suo ultimo sguardo fu per me.

-Troppo tardi...- rispose, prima di andarsene.

 

Forse per la seconda volta in quello stesso giorno, tutti gli occhi erano nuovamente puntati su di me. Stavolta però non mi interessava.

Me ne stavo seduta su una sedia nelle aree di svago dell'Eliveivolo, mentre Natasha mi porgeva quella che a me parse acqua, ma che, quando portai alle labbra, era decisamente tutt'altro. Non disdegnai però, dato che ne avevo decisamente bisogno.

-Qualcuno si decide a dire che diamine è successo? Stanno succedendo decisamente troppe cose strane in un così ristretto arco di tempo. Sto cominciando a pensare di essere pazzo-

-Quello era Lucas- mormorai io, riportandomi alle labbra la tazza e mandando giù una seconda gozzata.

-Lucas? Il fattorino? Scusa ragazzina, ma non mi pare che la volta scorsa avesse gli occhi di quello strano colore e non penso che fossero lenti a contatto-

-Infatti, quello non è più lui- disse la voce di Loki, la quale ebbe il potere di riportare tutti alla gravità della situazione.

-Che intendi, fratello?-

-I Chitauri sono creature mutaforma, ossia, per gli ignoranti, posso assumere le sembianze di chiunque desiderano-

-Quindi Lucas sta bene?- chiesi io, speranzosa, puntando finalmente gli occhi in quelli del moro.

Quello però mi restituì un'occhiata che non faceva certo presagire qualcosa di buono.

-Per assumere le fattezze che hanno deciso necessitano di “fagocitare” il loro ospite. Quindi no, il tuo amico non sta per niente bene-

Calcò in particolar modo sulla parola “amico” e, se non fosse stato per la situazione, probabilmente avrei pensato che Loki fosse geloso.

La mia mente però allontanò immediatamente quella ridicola manfrina, soffermandosi piuttosto al concetto che Lucas era sparito nel nulla. Probabilmente quello che io avevo conosciuto non era neanche quello vero, ma la creatura che aveva già preso il suo posto.

Senza rendermene conto mi alzai.

-Becky, dove vai?- mi chiese Nat, cercando di fermarmi.

-Ho bisogno di aria- risposi e, senza che nessuno tentasse più di pararmi la strada, lasciai la stanza.

 

Salii sul ponte coperto, lasciando che la visione del mare di nubi sulle quali stavamo navigando mi permettesse di rilassarmi un po'. Mi appoggiai alla sbarra che fungeva da parapetto e sospirai. Per fortuna non c'era nessuno che mi potesse disturbare chiedendomi come stavo.

Poi, di colpo, una presenza alle mie spalle.

-Puoi andartene. Non ho né tempo né voglia di parlare con te-

Chiunque fosse non mi rispose, ma avvertii i suoi passi farsi vicini, sino a quando non notai, con la coda dell'occhio, i suoi caratteristici abiti scuri con qualche schizzo di tessuto color smeraldo.

-Devi riprenderti- disse.

-Come scusa?-

-Non è questo il momento di mostrarsi deboli, ragazzina-

Ecco tornato quel tono odioso.

-E da quando ti interessa? Da quando sono venuta a letto con te? Non è quello che volevi fin dall'inizio?- risposi, sostituendo lo smarrimento con puro comportamento acido e saccente.

Vidi saettare i suoi occhi di ghiaccio nei miei.

-Non osare- ringhiò.

-Altrimenti? Puoi farmi stare peggio di così? Non credo proprio-

Mi voltai nuovamente, tornando a fissare il cielo attorno a noi.

-Se hai finito, puoi andare-

D'improvviso una forte stretta mi afferrò il polso, costringendomi a tornare a guardarlo. Mi storse senza pena il braccio dietro la schiena, in modo che il mio petto andasse a cozzare con il suo.

-Loki, lasciami andare- dissi tra i denti, mentre sentivo un dolore picchiettante.

-Smetti di fare la bambina Rebekka. Non è questo il momento-

-Lo hai già detto e mi pare di averti anche già risposto. Adesso lasciami, altrimenti...-

Lui avvicinò il viso al mio, i nostri nasi si sfiorarono. Io sentii il mio cuore perdere un battito.

-Non è colpa tua- disse di nuovo, la voce bassa e roca.

Il mio respiro si fermò, in quanto Loki aveva c'entrato il punto. Mi sentivo in colpa.

-Invece si. Se non fosse stato per me, Lucas sarebbe ancora vivo-

Abbassai lo sguardo, avvertendo un poco la stretta al mio braccio farsi meno forte.

-Sei una stupida, una stupida che se non abbandona questi umani pensieri, finirà con il ritrovarsi morta-

-Se essere stupidi significa provare sentimenti, allora sono ben felice di esserlo-

Il mio braccio fu finalmente lasciato andare, ma, in compenso, le mani di Loki si chiusero attorno al mio viso, costringendomi a fissarlo negli occhi.

-Se continuerai a mostrarti debole, soccomberai-

-Perchè ti interessa tanto?- chiese, tentando di far assumere alla mia voce un tono duro, ma senza il minimo risultato.

I suoi occhi avevano il potere di destabilizzarmi, la sua voce di farmi sentire ancora più indifesa, le sue parole erano come un pugno nello stomaco.

-Pensi sul serio che il mio desiderio fosse solo quello di portarti via la tua virtù? Pensi seriamente che non mi interessi se vivi o muori? Pensi davvero che ti lascerei nelle sue mani senza combattere o almeno provare a farlo?-

-Tu sai chi è, non è vero?- chiesi, cambiando drasticamente discorso.

Lo vidi titubare.

-Si-

-Non me lo dirai, vero?- continuai io, mentre vedevo il viso del moro cambiare espressione.

-Non pensarci adesso- rispose lui, avvicinandosi pericolosamente.

-Loki...- sospirai.

-Si?- domandò, mentre le nostre labbra stavano per sfiorarsi.

-Ti odio- soffiai sulla sua bocca, azzerando poi la distanza tra di noi.

-Davvero?- mormorò lui, sfiorandomi le labbra a sua volta.

-No- e detto ciò approfondii il bacio, il quale ebbe il potere di farmi per un attimo dimenticare ogni cosa.

 

Mentre mi stavo lentamente crogiolando nel torpore di quell'atto, l'auricolare nel mio orecchio gracchiò.

-Che succede?- chiesi, la voce ancora impastata dal piacere, mentre le labbra di Loki mi lasciavano una scia di piccola baci sul collo e la mandibola.

-Ci sono novità- disse la voce di Natasha dall'altro capo.

-Che genere di novità?-

-Il tuo vecchio maestro si è svegliato-





NDA
**Scansando una caterba di infamate che mi piombano addosso come macigni**
Salve a tutti, bella gente!! No, non sono morta, ho avuto solo molti impegni con l'esame finale a scuola, ma eccomi di nuovo a deliziarvi con questa raccolta di patetici trip.
Dunque, nello scorso capitolo mi è stato fatto notare che ho concentrato troppi eventi interessanti, senza lasciare spazio a qualcosa di più sentimentale, soprattutto tra Rebekka e Loki.
Spero con questo capitolo di aver rimediato. Brevemente, ma ci spero davvero.
Comunque volevo solo fare un appunto: ci stiamo avviando alla conclusione di questa avventura, quindi, come in ogni trama che si rispetti, sul finale succede il finimondo, nel vero senso della parola...
Quindi non vogliatemi male se comincerò a far succedere tante cose tutte assieme, please TT.TT
Passiamo ora alle considerazioni: vi è piaciuta la rivelazione su Lucas? Io, quando ho introdotto il personaggio, non avrei certo immaginato un tale evolversi di eventi.
Adesso vi lascio e spero di poter aggiornare presto e mi raccomando RECENSITE!!!!!
Positive o negative non importa, l'importante è che siano costruttive. Anche chi non l'ha fatto fino a questo momento, si faccia sentire e mi dica cosa ne pensa.
Un saluto a tutti!!!!!
Alla prossima
Marty

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Capitolo 24
*** The task that was entrusted... ***










 

Quando Loki e io giungemmo nell’infermeria, i Vendicatori erano già tutti là radunati attorno al letto del mio vecchio maestro Einar. Si voltarono a guardarci e solo allora mi resi conto che tenevo stretta nella mia la mano dell’asgardiano poco dietro di me. Così, avvertendo il calore avvamparmi il viso, la lasciai andare, come scottata.

-Principessa, siete voi?- chiese il mio maestro in quel momento, facendo vagare il suo sguardo velato dalla cecità per la stanza.

Per fortuna con quell’intervento non sarei stata costretta a dare spiegazioni. Così, facendomi spazio tra i presenti, decisamente troppi per la piccola infermeria, raggiunsi il capezzale del letto dalle lenzuola bianche, mentre i macchinari emettevano ripetitivi e regolari bip, i quali avevano la capacità di rendermi nervosa, ma allo stesso tempo tranquilla sulle condizioni dell’anziano.

Afferrai saldamente la mano del mio maestro, facendogli capire che adesso ero presente al suo fianco.

-Sono qui, vecchio Einar. Adesso sei tra amici-

-Cara Rebekka, sapessi per quanto ho temuto che anche tu fossi sparita assieme al nostro prezioso pianeta-

-La cosa era reciproca maestro-

-Per qualche tempo ho creduto anch’io di essere morto-

-Che significa?-

L’uomo si schiarì la voce, poi assunse una strana espressione sul viso, come se stesse studiando attentamente la situazione. Mi ritrovai quasi a sorridere, dato che più volte avevo visto quella fronte corrugata durante la mia infanzia e non significava mai niente di buono.

-Poco prima che il castello venisse attaccato, vostro padre mi dette un compito importante da svolgere: sarei stato il portatore di un importante segreto, il quale avrebbe aiutato un giorno un mondo a non subire lo stesso destino del nostro-

Mentre parlava il vecchio Einar stava lentamente passando le dita sulle mie cicatrici ed io, stranamente, le stavo sentendo sempre più calde. D’istinto mi sottrassi al suo tocco, come se ne fossi improvvisamente spaventata.

-Maestro, cosa significa tutto questo?- chiesi, la voce che mi tremava seriamente per la prima volta da quando avevo memoria.

-Principessa, sono sicuro che tu ancora non abbia recuperato interamente le memorie sulla tua precedente vita su Alfheimr, anche se noto una certa affinità tra te e uno dei due asgardiani, quindi presumo che quella parte della tua vita tu la ricordi più che chiaramente-

Sentii il cuore perdere un battito e credetti di notare anche in Loki un attimo di imbarazzo.

-Il vecchio è cieco e ci vede meglio di tutti noi messi insieme- intervenne ridendo il solito Stark, beccandosi un’occhiata da parte di tutti.

-Io percepisco le essenze, per questo riesco a notare il legame che unisce la principessa con quello che, a questo punto, sono certo sia il principe Loki di Asgard-

-Ti sei perso qualche passaggio, vecchio- ringhiò il moro.

-Ti riferisci al fatto che tu non sia il vero figlio di Odino? Sia io che il mio re già lo sapevamo, tuo padre ce ne aveva parlato e non ti abbiamo mai guardato con occhio diverso, tanto che il padre di Rebekka l’aveva già promessa a te da molto prima che voi, mocciosetti, lo scopriste in una delle vostre riprovevoli e ludiche avanscoperte-

Ecco tornato fuori il solito Einar che ricordavo. Ma per qualche strano motivo, mi importava di più sapere cosa gli era accaduto in quegli anni in cui credevo di essere rimasta l’ultima sopravvissuta.

A dare voce alla mia domanda fu Thor.

-So che Alfheimr è letteralmente esploso quasi quattro anni fa. Cosa le è accaduto saggio Einar da quel momento? Mi è parso di capire che credeva di essere morto a sua volta-

Il mio maestro tornò serio.

-Quando il mio re riuscì finalmente a convincermi ad andarmene, aprii un portale che mi avrebbe condotto su questo pianeta, lo stesso dove era stato stabilito che la principessa si sarebbe nascosta, ma qualcosa andò storto. L’entità che ci aveva attaccato era potente, troppo anche per noi. La sua presenza variò il campo magnetico del pianeta, sballando i miei calcoli e facendomi finire chissà dove in una sorta di limbo oscuro. Rimasi privo di conoscenza, come sospeso in una strana stasi, sino a quando lui non riuscì a trovarmi-

-Lui chi?- chiese stavolta Rogers.

Mi voltai per un attimo verso Loki, il quale aveva assunto un’espressione che si poteva definire tesa e spaventata, ma sempre mascherata dal suo solito contegno.

-E’ conosciuto con molti nomi attraverso la storia dei mondi e non starò certo ad annoiarvi con tutti quelli che so, ma sappiate che è forte e molto pericoloso e, non so perché, si sta dirigendo proprio qui-

Rabbrividii a quelle parole, in quanto ero sempre più convinta che la causa fosse mia. Addio i buoni intenti antidepressivi…

-Si sta dirigendo qui? Allora deve essere fermato-

-Non potete, non ne siete in grado. Alfheimr, avanti anni luce in fatto di tecnologia e strategie militari, non è riuscito neanche a rallentarlo. Come potete solo pensare di considerarvi una minaccia per lui?-

-Ascolta nonno, questo starebbe a noi dirlo, quindi finiscila con le tue profezie alla Nostradamus e dicci piuttosto la natura del compito che il tuo re ti ha affidato prima di colare a picco. Senza offesa Rebekka- disse Stark, lanciandomi un’occhiata preoccupata.

Alzai una mano come a dirgli che non importava, in quanto anch’io ero curiosa.

-Il re sapeva ciò che lui cercava e decise per questo di nascondergli quel potere. Il mio compito sarebbe stato quello di preservarlo sino a quando non fosse giunto il momento di usarlo. Purtroppo è accaduto quello che vi ho raccontato-

-Maestro, parlate chiaramente- dissi, muovendo un passo avanti.

-Posso fare di meglio: ve lo mostro-

Detto questo il vecchio Einar chiuse i suoi occhi ciechi, battendo poi le mani e sprigionando un intenso potere blu cobalto. D’improvviso l’infermeria svanì, lasciando il posto a quella che pareva un’antica sala del trono, apparentemente vuota.

Io, completamente spersa, presi a guardarmi intorno, iniziando a ricordare quei luoghi come se non fosse passato neanche un giorno. Notai che gli altri erano spiazzati quanto me, tutti tranne Loki e la cosa mi insospettì.

D’un tratto la grande e pesante porta si spalancò ed un uomo imponente, dall’aspetto regale e dai candidi capelli color della neve fece il suo ingresso, muovendosi a passo marziale verso il ricco trono proprio alle nostre spalle.

-Padre…- sussurrai e il mio corpo quasi si mosse come a volerlo abbracciare.

Quello però mi passò semplicemente attraverso, provocandomi quasi un senso di gelo in tutto il corpo che quasi mi soffocò.

-E’ inutile. Quelli che vedete sono eventi già accaduti e noi siamo semplicemente dei visitatori- disse la voce di Einar.

Di seguito al re vidi sopraggiungere proprio lui, cambiato poco rispetto a quello che avevo di fronte poco prima in quella stanza.

-Signore, ne è sicuro?- parlò il maestro del passato.

-No, ma è l’unico modo. In fondo lei ha acconsentito-

-Ma è solo una bambina-

-Ha più senno di noi tutti, amico mio. Ormai è deciso, lei sarà la chiave-

In quel momento una piccola figura dai fiammeggianti capelli rossi apparve sulla soglia. Ero io, quando forse avevo cinque o sei anni.

-Padre…- parlò la me stessa del passato.

-Vieni avanti mia piccola Rebekka, è giunto il momento-

Con passo sicuro, sotto gli occhi di tutti, la bambina si fece davanti all’uomo, uno sguardo privo di ogni ripensamento.

-Rebekka, piccola mia, hai capito qual è il tuo compito?-

-Si, padre-

-Vuoi ripensarci?-

-Perché?-

In quel momento sentii le lacrime salirmi agli occhi e d’istinto mi portai una mano davanti alla bocca nel tentativo di trattenere un singulto.

-Se farai questo passo, non potrai più tornare indietro. Sarai braccata da coloro che bramano la scintilla-

-Non importa. Questo e altro per il bene della mia casa-

La bambina protese le mani, palmi verso l’alto, verso il padre, il quale gli afferrò con forza, forse eccessiva, i polsi. Un’intensa luce dorata si propagò dalle mani del re, mentre le mie urla di bambina si propagavano nella stanza. Vidi il vecchio Einar distogliere lo sguardo, mentre il volto di mio padre si tramutava in una maschera di pura colpa e immenso dolore. Quando lasciò andare la me bambina, quella cadde in ginocchio, mostrando a noi presenti entrambi i polsi marchiati.

-Da questo momento il tuo corpo diverrà la chiave. Mi dispiace piccola mia-

Prima che potessi dire qualunque cosa, l’immagine svanì, dandone spazio ad un’altra.

Stessa sala, stesso re, stavolta seduto sul trono. Era solo, sino a quando una figura ammantata non si presentò al suo cospetto. Una voce disse:

-Mio re, sono qui per avvertirla. Un immenso pericolo minaccia il tuo mondo, il quale tu non sarai in grado di fermare. Fuggi e porta con te anche la tua famiglia-

Vidi mio padre alzare un poco lo sguardo verso il forestiero e accennare un sorriso.

-Ti sono grato di tale premura, ma non è scappando che cambierò il mio destino e quello della mia gente. Sono a conoscenza che prima o dopo lui sarebbe giunto, in quanto ciò che abbiamo creato è troppo potente per non far gola ad uno come il Titano-

-Il Titano?- chiese Thor, poco dietro di me.

-Tu sei un folle. Se sei a conoscenza della minaccia che lui rappresenta, allora perché sei ancora qui? Perché lei è ancora qui?-

Il tono dello straniero cambiò di colpo, abbandonando la sua compostezza, come se per lui fosse importante salvare quella famiglia.

-Lei non ci rimarrà ancora per molto. È già tutto pronto, non temere. Il mio destino invece sarà diverso. Un re combatte fino alla fine per la sua casa e non lascerò morire il mio mondo senza tentare di difenderlo-

-Pazzo- e detto ciò la figura svanì.

-Chi era?- chiesi.

Il mio maestro scosse la testa, come a voler dire che non era quello il momento.

La scena poi cambiò di nuovo, anche se ambiente e protagonisti erano gli stessi. Di colpo il gelo si impadronì di me, come se stessi rivivendo quel ricordo in prima persona.

Un visitatore venne annunciato dal messo e una figura avvolta da una spessa nebbia nera si presentò al cospetto del re. Vidi gli occhi di mio padre illuminarsi di una strana luce, come se avesse atteso da tempo quel momento, come se avesse riconosciuto il suo ospite. Poi notai un’occhiata sfuggevole in mia direzione.

-Benvenuto- disse poi mio padre in direzione dello straniero.

-Ringrazio sua maestà per l’udienza concessomi-

-Cosa vi porta ad Alfheimr?-

-Ho viaggiato a lungo per l’universo, attirato dal richiamo di un potere mai visto. Sono qui per impossessarmene-

Di nuovo quell’esplosione di oscurità, di nuovo le grida strazianti del mio popolo. Poi ebbi una visione di me stessa che venivo spinta da mio padre in un portale, prima che quello venisse inghiottito dalle tenebre, lasciando dietro di sé solo un grido. In un angolo mi parve di scorgere un volto familiare.

Poi, di colpo, tornammo tutti alla realtà…

Fui io stavolta a gridare, tenendomi la testa tra le mani, mentre sentivo qualcuno che si gettava su di me nel tentativo di salvarmi. Era Nat, in quanto gli altri non avevano avuto i riflessi abbastanza pronti, colpiti ancora da quello che avevano appena visto.

Mentre il mio respiro tornava normale, avvertii un’altra presenza davanti a me, ma ero cieca, non volevo vederla.

-Rebekka…- disse la sua voce e, in quel momento, una scintilla si accese nella mia mente.

Mi gettai su Loki, costringendolo a terra, mentre con entrambe le mani premeva sul suo petto. Dopodiché le chiusi a pugno e cominciai a colpirlo, anche se dentro di me non c’era l’intento di fargli del male.

-E’ colpa tua!! Tu ci hai venduti!! Tu hai distrutto il mio mondo e ucciso mio padre!!- gridai e lui non disse niente per difendersi, cosa che mi fece arrabbiare ancora di più.

-Perché non parli?!? Dove è finita la tua lingua ingannatrice?!? Perché non ti difendi?!? Ti odio, hai capito?!? IO TI ODIO!!-

-Rebekka, adesso basta!!-

La voce del vecchio Einar ebbe la capacità di farmi rinsavire. Mi bloccai, uno dei pugni a mezz’aria, gli occhi sbarrati a fissare il volto di Loki, rimasto impassibile.

Mi sentii afferrare da quello che scoprii essere Tony, mentre l’asgardiano veniva recuperato dal fratello, per poi allontanarsi dal biondo in malo modo, ringhiando di non volere il suo aiuto.

-Sei una sciocca ragazzina, come quando era piccola!!- mi apostrofò nuovamente il mio maestro, facendomi rimanere di sasso.

-Possibile tu non l’abbia capito? Possibile che nonostante io te l’abbia mostrato, tu non ti sia resa conto dell’identità del misterioso messaggero?-

I battiti accelerarono all’improvviso, come se avessi capito, ma avevo bisogno della conferma. Alzai lo sguardo, andando a cercare quello di ghiaccio dell’asgardiano, ma quello non mi guardava, come se non ne avesse il coraggio.

-Allora nonno, vuoi dirci anche a noi cosa intendi?- riprese Stark, il quale mi aveva lasciato andare.

Einar si fece serio.

-Qualcuno ci aveva avvertito del pericolo, aveva cercato di salvarci tutti, salvare in particolar modo te, Rebekka. Fu Loki ad metterci in guardia, ma noi da quell’orecchio ci rifiutammo di ascoltare-

 

Impietrii. Ammutolii.

Probabilmente lo stesso accadde anche agli altri, dato che gli sguardi di tutti adesso erano sull’asgardiano. Quello, di tutta risposta, con sguardo furente, si fece largo nel gruppo e sparì dalla stanza accompagnato dal fischio della porta automatica.

Le gambe cedettero di nuovo.

-Lui…lo sapeva. Ci aveva avvertiti. Perché quella volta mi ha mentito?- dissi più a me stessa che agli altri.

-Loki è il dio dell’inganno. Inoltre lo hai rincontrato nel momento in cui era incazzato col mondo e non gli importava di niente e di nessuno. Probabilmente te lo ha detto per farti montare dentro la rabbia-

-Ma perché?-

-Le mosse del piccolo cervo non sono mai state molto logiche-

Fu la voce di Banner, rimasto in disparte fino a quel momento, a distrarci tutti da quei pensieri.

-Ancora non capisco una cosa. Un anno fa, Rebekka mi hai chiesto delle analisi del sangue, di cui io però non ho mai letto i risultati. Scoperto qualcosa di utile?-

Tornai seria.

-Dall’esame risultò che nel mio sangue sono presenti le stesse particelle di energia che costituiscono il Tesseract-

I miei compagni ammutolirono.

-E’ questo che significa essere la chiave- disse allora il mio maestro.

-Fummo noi a creare il cubo di energia che voi chiamate Tesseract e il re lo donò ad Odino. Nonostante fossero amici da molto tempo e si fidasse del re di Asgard anima e corpo, volle comunque apportare un sigillo in modo che anche se l’oggetto fosse finito in mani sbagliate, non fosse stato capace di scatenare il suo vero potenziale-

-Ciò significa che…-

Gli occhi ciechi del mio maestro si puntarono nei miei, sempre più sconvolti.

-Essere la chiave significa che Rebekka è l’unica che è capace di scatenare il vero potenziale del Tesseract-

-E sarebbe?-

-Diciamo che quello che per voi corrisponde ad un migliaio delle vostre atomiche-

Tutti ammutolirono.

-Quindi il tuo compito era?-

-La mia missione era quella di tenerti nascosta, proteggerti e, se necessario, fare in modo che tu non potessi nuocere a nessuno-

-Aspetti un attimo. Ciò significa che…-

-Si, se fosse stato necessario avrei dovuto anche mettere fine alla sua vita…-

 






NDA
Eccomi a voi dopo quella che può sembrare un'eternità. Mi spiace, ho avuto un pò di impegni.
Comunque che ne pensate di questo capitolo? Spietato il nostro Einar, vero?
Fatemi sapere se è valso l'attesa.
Un grazie ancora a tutti quelli che mi seguono e mi recensiscono. Un besos a tutti.
Marty

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Capitolo 25
*** Only a mounth ***









Bastarono quelle poche parole a far evaporare l'aria dai mie polmoni, mentre il cuore letteralmente si fermava. Il cervello gridava alle gambe di muoversi e correre il più lontano possibile da quel posto, ma quelle non volevano saperne.

Sentivo le voci attorno a me divenire sempre più flebili e lontane, mentre il mio sguardo era rimasto fisso sul mio vecchio maestro, o meglio, su quello che sarebbe potuto diventare da un momento all'altro il mio assassino.

Pareva che nessuno facesse più caso a me, come se d'mprovviso fossi divenuta trasparente e impalpabile. Vedevo Tony che si gettava furioso contro il vecchio Einar, mentre Rogers lo tratteneva per evitare che facesse qualche sciocchezza; Thor, di fronte a me che mi nascondeva quasi totalmente dietro la sua schiena, la testa leggermente incassata nelle spalle, le mani strette a pugno, mentre probabilmente si stava trattenendo dal non raggiungere Tony nel suo tentativo di conciare per le feste quel ciarlatano; Nat e Barton semplicemente non facevano niente, se ne stavano in un angolo della stanza. La mia amica, almeno, pareva sconvolta quasi quanto me; Banner aveva lasciato la stanza, non so se per la sua o per la nostra sicurezza.

E Loki? Ah, già, lui se ne era andato dopo che gli avevo gridato in faccia un odio che in realtà non provavo, ma che in quel momento mi era sembrata la soluzione più giusta, il sentimento migliore al quale attaccarmi.

In quel momento però avevo bisogno di lui, della sua faccia tosta, della sua voce che aveva il potere di rassicurarmi e farmi incazzare allo stesso tempo. Mi meravigliai di me stessa: da quando ero diventata così dipendente dalla sua presenza al mio fianco?

Forse da quando lui per me era diventato l'unico appiglio ancora integro della mia vita prima di arrivare sulla Terra. Certo, c'era anche Thor, ma non era la stessa cosa. Volevo bene al vichingo di Asgard, ma era più un affetto fraterno, un calore di un familiare, mentre con Loki c'era di più.

Lui si era perduto tempo prima, ma grazie a me e ai nostri ricordi era tornato quello che ricordavo, quello che avevo amato e, mi doleva ammetterlo, avevo imparato ad amare.

-Perchè?- chiesi ad un tratto, quasi un sospiro, per questo nessuno mi sentì.

-Perchè?!?- ripetei, stavolta alzando la voce per farmi notare dai presenti.

Ehi, sono ancora qui, non sono sparita nel nulla...

-Principessa, ciò che racchiudete è troppo pericoloso. Sapevo cosa sarebbe significato l'imposizione dei sigilli su di voi, per questo avevo tentato di far ragionare vostro padre...-

-Sono io che ho scelto, adesso lo ricordo. L'ho fatto per salvare il nostro popolo, il nostro mondo e voi eravate anche disposti ad uccidermi? Mi vergogno terribilmente di aver condiviso un passato con delle persone tanto vili, mi fate schifo!!- e detto questo, o meglio, urlato, finalmente il mio corpo rispose ai comandi del cervello e me ne andai veloce da quella stanza, la quale stava divenendo soffocante e decisamente sovraffolata.

Ero letteralmente distrutta. Sentivo la spossatezza prendere a poco a poco possesso del mio corpo, mentre le lacrime presero a sgorgare limpide dai miei occhi arrossati. Le tempie premevano, come se l'uragano di pensieri che avevo nella testa stesse minacciando di farmela esplodere.

D'improvviso, quando ormai le gambe non volevano più saperne di reggere il mio peso e la mia andatura, mi lasciai scivolare contro la parete di uno dei corridoi stretti ed isolati nel quale mi ero ritrovata, portandomi le ginocchia al petto e scoppiando a piangere come una bambina.

Anni di frustrazioni e sentimenti trattenuti per fare di me la figura forte che volevo rappresentare sfumarono in pochi secondi, lasciandomi fragile e indifesa. Sentivo il potere dentro di me scalciare per esplodere, ma se lo avessi accontentato probabilmente avrei abbattuto il secondo Elivelivolo dell'agenzia e poi chi lo sentiva Fury?

Inconsapevolmente sorrisi.

D'un tratto avvertii dei passi, leggeri, come se avessero timore che io li sentissi. In fondo ero in un corridoio isolato, semibuio, sola con i miei pensieri. Come avrei fatto a non accorgermi di un'altra persona insieme a me?

-Sei venuto a cercarmi?- chiesi, senza alzare la testa.

-Per la seconda volta, vorrei intendere. Non l'ho mai fatto per nessuno, quindi ritieniti fortunata, ragazzina-

Nonostante avesse usato il suo solito tono tagliente, non me ne curai, anzi, mi misi letteralmente a ridere.

-Fortunata? Beh, forse mi ci vorrebbe davvero un po' di fortuna-

Poi, finalmente, lo fissai negli occhi, i miei che ancora versavano lacrime.

-Come mi hai trovato, Loki?-

-Sei luminosa, Becky. Ti vedrebbe anche un cieco-

Subito mi guardai le mani, le quali erano circondate da un tenue alone blu e solo allora mi accorsi che anche tutto il mio corpo era nelle stesse condizioni.

-Aspetta...- dissi, dopodichè chiusi gli occhi e mi concentrai, tornando immediatamente normale.

Sentii la presenza del moro più vicina, sino a quando non lo vidi mentre si sedeva accanto a me, la schiena poggiata al muro, le gambe poco decorosamente stese a terra e le mani in grembo. Il soffitto era per lui qualcosa di interessante, dato che pareva osservarlo con estrema attenzione. Lo guardai per un secondo: mi pareva stanco, affaticato, frustrato.

-Ti sei comportata nuovamente come una bambina- disse ad un tratto, facendomi irrigidire.

-Senti da che pulpito, il dio che ha quasi devastato un pianeta solo per far dispetto al fratello- risposi, imbronciandomi e incrociando le braccia sul petto.

-E tu allora? Hai sbroccato come una pazza, saltandomi letteralmente addosso quando io avevo solo intenzione di aiutarti. O forse avevi qualche altra idea?-

Vidi sul suo profilo aprirsi un sorrisetto che pareva malizioso, mentre mi guardava con la coda dell'occhio.

-Ma come ti permetti? Dove è andato a finire il tuo animo nobile di bel principe?- chiesi, mentre mi lasciavo sfuggire un nuovo sorriso.

-Per te c'è mai stato quel principe?-

Lo fissai, senza capire. Il suo sguardo pareva improvvisamente essere diventato triste e preoccupato.

-Che intendi?-

-Che se non ci fossimo rincontrati, tu mi avresti mai cercato?-

-Loki, mi avevano fatto dimenticare ogni cosa, compresa la tua esistenza. Ma questo non significa che per me tu non fossi mai stato un principe o qualunque cosa di simile ti venga in mente-

-Sai, tu sei stata la prima, e forse l'unica, a riuscire a vedere che nell'ombra del mio perfetto fratello si nascondesse qualcuno che non fosse lui. Tu mi hai fatto scoprire cosa significava amare davvero e, quando ho provato a fare di quell'utopia qualcosa di vero, mi sei semplicemente fuggita dalle mani. Con la tua scomparsa la mia mente ha preferito rifugiarsi nella follia e nell'oscurità. Quando poi ti ho rivisto ho faticato a riconoscerti, ho pensato che tu mi odiassi, è bastato uno sguardo per capirlo. E, credimi: ne sono stato contento. Trattarti male era l'unica cosa per tenerti lontano da me, in quanto sapevo che, se i tuoi passati sentimenti fossero stati solo in parte veritieri come i miei, probabilmente saresti finita con il tornare da me e io non potevo permetterlo. Era troppo pericoloso, ma non sono comunque riuscito a tenerti al sicuro, dato che, vederti lontana e distante, mi faceva solo provare ancora più odio verso me stesso-

Rimasi ad ascoltarlo senza fiatare, come se a pronunciare quelle parole fosse stato qualcun'altro. Come potevo pensare che quello fosse lo stesso Loki?

-Sei un idiota- mi limitai a rispondere, lasciandolo in un certo senso spiazzato.

Dopo tutta quella sua spontanea confessione probabilmente si sarebbe aspettato altrettanto da me, ma io ero completamente nel panico, bloccata, la mente vuota.

Lo sentii ridere come mai aveva fatto.

-E' una risposta degna di te, piccola Rebekka-

Per Odino, come adoravo quando mi chiamava con quel vezzeggiativo...

Poi all'improvviso il tepore del momento fu sostituito dalla rigidità della dura realtà che stava per piombarci addosso come un meteorite.

-Tu sai non è vero chi è il Titano?-

-Qualcuno di pericoloso e, se davvero sta venendo qui, allora per Midgard non ci sarà niente da fare-

-Non possiamo permetterlo- dissi io.

Lui mi fissò intensamente negli occhi, facendomi rabbrividire.

-Rebekka, tu sai il motivo per il quale lui sta venendo, non è vero?-

Io distolsi lo sguardo.

-Perchè mi chiedi qualcosa del quale sai già la risposta?-

-Hai fatto un patto con lui?-

Pareva agitato, visibilmente preoccupato, come se mi stesse facendo quella domanda solo per circostanza, conoscendo ovviamente la risposta.

-Non voglio risponderti, Loki-

-Lo hai fatto per salvarmi?-

Io di scatto mi alzai, in quanto volevo troncare lì quella conversazione. Non riuscii però a muovere un passo in quanto lui, afferrandomi, mi incastrò contro la parete, non lasciandomi via di fuga. I suoi occhi di ghiaccio erano puntati nei miei, ammonitori, ma allo stesso tempo colmi di una profonda disperazione.

-Rispondimi Rebekka- mi disse, anche se le sue parole risuonavano molto come un ordine.

Io rimasi in silenzio, voltando semplicemente la testa per non guardarlo. Non avrei potuto sostenere quel suo sguardo senza infine cedere e non ne avevo l'intenzione, non quella volta.

-Rispondimi, per Odino!!- ripetè lui, afferrandomi bruscamente il mento e facendomi voltare di nuovo il viso.

Non ebbi il tempo di rispondere, se mai ne avessi avuto la tentazione, dato che l'auricolare all'orecchio, gracchiò.

-Che c'è?- chiesi, irritata, ancora con la mole di Loki che mi opprimeva.

-Novità, cara. Tu e il piccolo cervo fareste meglio a raggiungerci- disse la voce di Stark, visibilmente divertita.

-Ma come...-

Notai solo in quel momento una piccola spia verde luminosa lampeggiare in un angolo buio del corridoio, segno che là si trovava una telecamera.

-Dunque, se avete finito...-

-Arriviamo!!-

 

Ci aspettavano tutti sul ponte principale, attorno all'ormai familiare tavolo rotondo.

-Avete finito di amoreggiare, piccioncini?- chiese Tony non appena entrammo.

-Taci, Stark!!- lo ammonì Loki.

Io lo fulminai con lo sguardo.

-Allora che novità?- chiesi, sedendomi.

-Quando te ne sei andata come una furia, il vecchio ci ha rivelato che potrebbe esserci una soluzione al nostro piccolo problema alieno-

-Bene, sentiamo-

-Si tratta di un macchinario, qualcosa che ci è possibile costruire anche qui nonostante i progetti siano di Alfheirm. Questo sfrutterà la potenza del Tesseract, unita a quella della chiave, per creare una barriera attorno al pianeta abbastanza potente per fermare il Titano e farlo allontanare-

-Dunque, cosa stiamo aspettando?-

-Abbiamo un mese prima che la fine giunga e tu devi prepararti-

-Che significa?-

-Il macchinario si basa tutto sulle onde celebrali, impulsi elettrici che si devono fondere con quelli che emette il cubo. Devi riuscire ad entrare in simbiosi con il Tesseract- spiegò Banner.

-D'accordo- risposi, alzandomi.

-Dove stai andando?-

-A farmi una doccia. Dopotutto ho un mese e sono sicura di riuscire. Quindi se per voi va bene, mi ritiro. Ci vediamo tra un mese...- e detto questo sparii tra i corridoi dell'Eliveivolo.

 

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Capitolo 26
*** Metamorphosis ***









Ero riuscita bene o male a mantenere la mia promessa: non avevo rivisto nessuno dei miei compagni dopo quella volta. Ad eccezione di Bruce, si intende, dato che con lui dovevo preparare quel dannato marchingegno per cercare di respingere chiunque fosse colui che ci minacciava.

Avevo tentato più di una volta di indagare sull'identità del Titano, trascinandomi mal volentieri nella stanza dove ancora stava coricato il mio vecchio maestro, ma quello, come al solito, mi aveva dato risposte incomplete e per nulla soddisfacenti.

Avrei provato ad andare da Loki, fargli gli occhi dolci e sperare che gli si sciogliesse la lingua, ma lui era ripartito assieme a Tony, cosa che mi aveva non poco colto di sorpresa. Tutto avrei pensato tranne che tornasse in quell'attico, tra quelle quattro mura, di nuovo in trappola. O forse avevo solo immaginato che avrebbe preferito trascorrere con me quel mese piuttosto che con Stark.

Invece, quando era giunto il momento, lui mi aveva guardato, privo di qualunque emozione, o meglio, il suo sguardo mostrava vero e proprio rimprovero, e mi aveva dato le spalle, incamminandosi verso il velivolo che avrebbe ricondotto tutti gli Avengers a terra, lontano da me.

Solo dopo un paio di settimane di assoluta solitudine, in meditazione in quella stanza asettica e vuota, affiancata solo da quello stupido cubo luminoso, cominciavo seriamente a sentire la mancanza di tutti.

-Rebekka, i parametri non sono stabili. Ti stai concentrando?- chiese la voce del dottor Banner attraverso l'altoparlante della stanza.

A quelle parole il cubo ebbe un picco, uno sbalzo di energia dovuto al mio nervosismo riguardo quella continua domanda.

-Dottore, se continua a chiedermelo...-

Lasciai di proposito la frase incompleta, in modo da permettere allo scienziato spazio di immaginazione.

-Hai ragione, scusa. Direi che per oggi abbiamo terminato. Puoi andare-

Il bagliore del cubo si attenuò di poco quando io aprii gli occhi e mi alzai dalla mia posizione di meditazione, scrocchiando il collo e la schiena. Stare delle ore in quel modo non giovava certo alle articolazione. In quelle settimane, la mia mente era riuscita raramente ad entrare in contatto con il Tesseract e quei lenti progressi mi stavano facendo temere di non farcela prima dello scadere del tempo.

-Doc, notizie degli altri?- chiesi, quando feci il mio ingresso nel laboratorio.

-Ho appena aggiornato Stark sugli sviluppi. Senza che glielo chiedessi mi ha fatto sapere che Thor non si è più visto da quando se ne sono andati dall'Eliveivolo, secondo lui fuggito per recuperare il tempo perduto con la dottoressa Foster, mentre Loki è rimasto chiuso nella sua stanza. Se non simulavo un malfunzionamento nei collegamenti video, probabilmente mi avrebbe trattenuto sino a domani-

-Forse si sente solo- sorrisi io.

-E tu Rebekka? Come ti senti?-

Quella domanda mi spiazzò, in quanto non avrei saputo realmente cosa rispondere. Non avevo mai parlato con nessuno dei miei stati d'animo e l'unico che riusciva a capirmi con un'occhiata in quel momento era pressocchè irraggiungibile.

Fissai per un attimo gli occhi scuri del dottore, sospirando.

-Ho paura Doc- risposi di getto, scostandomi dal tavolino al quale mi ero appoggiata e muovendo qualche passo all'interno della stanza.

L'uomo, dal canto suo, aveva scostato un poco la sedia dalla postazione informatica e mi stava guardando attento e il suo sguardo era un chiaro invito a proseguire.

-Ho paura di non farcela stavolta- dissi di nuovo, fermandomi.

-I tuoi progressi sono notevoli. Non hai niente da temere-

-Non è per quello. È come una sensazione nello stomaco, che mi sale sino alla gola quasi a farmi soffocare. Vorrei solo aprire gli occhi e credere che tutto quello che mi sta succedendo è unicamente un incubo. Il destino di tutti è sulle mie spalle-

-Sono sicuro che ce la farai, Rebekka. Devi solo trovare il modo di far cessare quella sensazione, la condizione che ti consenta di raggiungere la tranquillità-

-Sembra quasi che tu sappia di cosa stai parlando, Doc- sorrisi appena, passandomi una mano tra i capelli.

-Stai parlando con uno che condivide il corpo con un mostro verde eternamente incazzato- cercò di sdrammatizzare Banner.

Mi arresi all'evidenza e cercai di seguire il suo consiglio.

-Vado a farmi una doccia- dissi e me ne andai, ringraziando internamente l'uomo per le sue parole.

 

Loki se ne stava steso sul letto, una mano adagiata sull'addome e una dietro la testa. Fissava il soffitto da quella mattina, la mente colma di pensieri, la maggior parte dei quali riportavano a lei.

Aveva paura Loki, per la prima volta in vita sua. Paura di perderla, di non poter fare niente per salvarla, per risparmiarle quel destino.

Dentro di sé avvertiva come una sensazione, qualcosa che non lo faceva stare tranquillo. Era come se sapesse che qualcosa sarebbe andato storto.

-Per Odino, se solo avessi di nuovo le mie arti- sospirò chiudendo per un attimo gli occhi.

La vide, bella come quella mattina in cui si erano svegliati una a fianco all'altro, lei che timidamente si nascondeva ai suoi occhi. Gli parve quasi di poter allungare una mano e carezzarle la pelle chiara, morbida e liscia. Poter passare le dita tra i suoi capelli rossi come fuoco, annusarne il dolce profumo.

Poi, d'un tratto, la visione ne fu sostituita da un'altra, al contrario decisamente poco gradevole.

-Cosa ci fai qui?- chiese Loki, rivolto alla figura del padre degli dei, in piedi di fronte a lui.

-Pensavo avessi bisogno di me- rispose quello.

-Hai pensato male, Odino. A meno che tu non sia venuto a restituirmi i poteri, cosa che credo non sia nelle tue intenzioni, puoi anche andartene-

-Loki, nonostante tu ti impegni a pensare che io non sia tuo padre, riesco a sentire quando uno dei miei figli è preoccupato e tu lo sei, molto. Si tratta della figlia di Alfheimr, non è vero?-

-Non credo siano cose che ti riguardano-

-La minaccia del Titano non è solo per Midgard. Se riuscirà ad entrare in possesso della chiave, allora per i nove mondi non ci saranno speranze-

-Quindi sei qui solo per il tuo interesse-

Odino abbassò lo sguardo, sospirando e scuotendo il capo, rassegnato alla cocciutaggine del figlio.

-Tu vuoi salvarla, non è vero?-

-Certo che lo voglio, ma sono inutile senza la mia magia. Quindi cosa siete venuto a fare se non volete restituirmela?-

-Sta solo a te decidere quando la tua punizione avrà fine, Loki. Se non ci riuscirai in tempo, però, la perderai- e detto ciò la visione svanì.

Lui riaprì semplicemente gli occhi, tornando a fissare il soffitto.

 

Lasciai che l'acqua della doccia scorresse sul mio corpo senza freni. Sentivo la sensazione delle goccie che percorrevano la mia pelle, accarezzandola e solcandone i confini, immaginando per un attimo che fossero le dita di Loki a farlo. Arrossii al pensiero, ma dovetti ammettere a me stessa che il contatto tra i nostri corpi quella notte che ormai mi sembrava orrendamente lontana, mi aveva fatto dimenticare ogni cosa, ogni preoccupazione, ogni problema.

Sentivo la sua mancanza quasi come l'aria per respirare, tanto che per un attimo mi parve davvero di stare per soffocare. Poggiandomi alla parete della doccia, iniziai a respirare affannosamente, come se qualcosa mi stesse chiudendo la gola, come se una mano invisibile stesse cercando di soffocarmi.

-Non sfidarmi donna-

Una voce nella mia testa mi fece spalancare gli occhi per i terrore, prima che un tenue bagliore proveniente dai marchi sui miei polsi facesse sparire quella stretta.

La mia energia mi aveva salvato per la seconda volta, ma lui poteva raggiungermi, adesso lo sapevo. Avrebbe potuto uccidermi in qualunque momento, anche se sapevo per certo che gli sarei servita più da viva che da morta.

Con mano tremante chiusi il getto d'acqua e con passo malfermo uscii dalla cabina della doccia, afferrando un asciugamano e coprendo il mio corpo.

Mi sedetti sul letto, la testa tra le mani, ogni parte di me che tremava per la paura.

Non avrei potuto raccontare niente, altrimenti gli altri si sarebbero preoccupati di qualcosa che non potevano certo risolvere. Per Odino, quanto avrei voluto Loki lì in quel momento.

Con questo pensiero mi stesi lentamente sul letto, chiudendo gli occhi e rannicchiandomi come una bambina.

Fu un sonno agitato e per nulla ristoratore, tanto che i miei occhi si riaprirono che la sveglia segnava appena le sei del mattino. Senza sapere come, mi ritrovai sotto le coperte, i capelli lasciati umidi che avevano raffrescato il tessuto del cuscino, l'asciugamano ancora stretto addosso. Rabbrividii.

Dato che di dormire ormai non se ne parlava proprio, decisi che sarei andata nella stanza del Tesseract per allenarmi. Meglio sfruttare tutto il tempo a disposizione.

La paura della sera prima aveva lentamente lasciato spazio alla determinazione. Non avrei permesso a nessuno di fare di me quello che voleva, tanto meno ad un nemico senza volto.

Così, vestita e pettinata, mi diressi verso il laboratorio.

Come mi aspettavo, Banner era già là. Chissà se aveva dormito.

-Giorno Doc- dissi con un rapido cenno della mano.

Ero passata alla zona ristoro prima di andare, recuperando due tazze di bollente caffè nero e una la porsi all'uomo, il quale la accettò assai volentieri.

-Buongiorno Rebekka. Non riesci a dormire?- mi chiese, trattenendo uno sbadiglio e stirando il braccio dove portava l'orologio.

-Purtroppo no, anche se mi pare di non essere l'unica. Va bene se cominciamo un po' prima oggi?-

-Nessun problema. Vai pure a prendere posizione-

Scesi nella stanza asettica, della quale ormai conoscevo ogni angolo e mattonella, ogni odore, ogni rumore, al centro della quale, su di un piedistallo capace di contenerne il potenziale, stava il cubo. Quando entrai, stranamente si illuminò per un attimo.

Non ci feci caso, assumendo la mia solita posizione a pochi metri di distanza. Chiusi gli occhi, raccogliendo le mani in grembo. Lasciai andare la testa in avanti, rilassai la schiena.

Come ogni volta, dopo pochi secondi, nel buio della mia mente cominciarono a formarsi tante e numerose pagliuzze blu, sempre più intense, sempre di più. Quello era il segno che il mio cervello stava entrando in sintonia con il Tesseract.

Dovevo però andare oltre. Mi concentrai, sforzando il mio corpo e la mia energia. All'inizio non accadde niente, le sfere continuavano a brillare fiocamente davanti a me. D'improvviso però presero a muoversi, sfrecciando veloci attorno a me, sempre di più, fino a formare una sorta di tunnel. Più quelle si muovevano, più io sentivo il mio corpo strano. Dinnanzi ai miei occhi presero a passare immagini, algoritmi, volti sfuocati, ricordi di antiche battaglie. Tutto quello che il Tesseract conteneva, tutta la sua memoria, si stava a poco a poco riversando dentro di me. Ma era tanta, troppa, non riuscivo quasi a sopportare quell'intrusione.

D'improvviso fu come se un fulmine mi attraversasse il cervello, pietrificandomi. Sentii la testa scattarmi verso l'alto, un dolore lancinante al centro della fronte, come uno spillone che mi perforava il cranio. Pensai di aver urlato, ma ormai non sapevo più cosa era reale e cosa mi stavo immaginando, cosa il cubo mi stava trasmettendo.

Poi, quando riaprii gli occhi, mi ritrovai contro la parete, come se una forza sconosciuto mi avesse sbalzato via. Mi fissai le mani, dato che i marchi sui polsi mi dolevano, e notai tutto il mio corpo rilucere di un bagliore intenso, come quello che mi aveva colto quando avevo discusso con il vecchio Einar. Solo che quella volta non riuscivo a spegnerlo.

Spaventata, sorda anche ai richiami di Banner, mi alzai di scatto, fuggendo dalla stanza come una furia. Attraversai veloce l'Eliveivolo, sotto gli sguardi stupiti e anche spaventati di tutti coloro che incrociavo, e raggiunsi la mia cabina, chiudendomi la porta alle spalle e ordinando che non potesse aprirsi se non sotto mia richiesta.

Mi fiondai in bagno. Davanti allo specchio notai il bagliore spegnersi a poco a poco, ma lasciare il posto a qualcosa di più sconvolgente: notai i miei capelli di un rosso ancora più chiaro, come se si stessero scolorendo; i tratti del mio volto parevano in qualche modo diversi, leggermente più affilati, mentre i miei occhi sembravano quasi bianchi. Poi, scostando un poco un ciuffo di capelli, notai le mie orecchie, le quali si erano decisamente allungate, assumendo una forma a punta, proprio come quella di un elfo.

Inorridii a quella visione, cominciai a piangere, mentre con passo lento arretravo. Quando le mie gambe incontrarono il bordo del letto mi ci lascia cadere sopra, nascondendomi lentamente sotto le coperte, testa compresa.

Adesso la paura era tornata. Vedere il mio corpo mutare non aveva di certo giovato, anche se sapevo che quella volta avevo raggiunto un punto di sintonia che non sarei più riuscita a ripetere.

 

-Che significa che non esce dalla sua stanza?- chiese Tony alle spalle di Banner.

-Quello che ho detto Stark. È due giorni che proviamo in tutti i modi di aprire la sua porta, anche solo per farla mangiare, ma da quando c'è stata quella sintonia del 90% dell'altro giorno, non si è più avvicinata al Tesseract. Non so cosa le sia successo-

Bruce Banner, preoccupato per la mancanza di Rebekka dal suo quotidiano addestramento, aveva abbandonato il laboratorio e si era diretto verso la sua cabina. Aveva bussato più e più volta, gridando il suo nome, ma nessuno gli aveva risposto. Preoccupato, era tornato al laboratorio e aveva provato a contattare la ragazza tramite la postazione computerizzata della sua stanza, ma ancora niente.

Così era accaduto anche il giorno dopo e quello dopo ancora. Alla fine aveva dovuto chiedere aiuto e l'unico che probabilmente avrebbe potuto aiutarlo era Tony. Così il multimiliardario, appurata la notizia, si era precipitato all'Eliveivolo e aveva cominciato ad urlare come un invasato.

Banner aveva poi notato che l'amico non era venuto da solo, ma gli era parso di aver intravisto una figura nell'ombra, il quale era evaporata poco dopo il loro arrivo.

Inconsapevolmente un sorriso gli era sorto sulle labbra.

 

Erano due giorni che non ricevevo nessuno, che me ne stavo chiuso nella mia cabina, al buio, nascosta sotto le coperte, portando ogni tanto le dita alle mie orecchie o al mio viso, quasi sperassi che quelle mutazioni fossero sparite. Invece erano là, probabilmente ancora più accentuate.

Avevo pianto, tanto e inconsapevolmente, e ormai avevo esaurito quasi tutte le lacrime. Avevo anche sentito i vani tentativi di Banner di appurarsi delle mie condizioni, ma non avevo avuto il coraggio di farmi vedere da lui né da nessun altro.

D'un tratto qualcuno bussò alla porta. Non risposi.

-Becky, apri immediatamente questa porta-

Il cuore perse un battito quando sentii quella voce, il respiro mi accellerò per un attimo. Aprii la bocca, ma le parole non mi uscirono.

-Ho dovuto sorbirmi un viaggio da solo con Stark preoccupato per te, quindi lontanamente puoi immaginare di quanto sia stato insopportabile. Quindi adesso apri questa porta e mi mostri cosa nascondi, in modo che possa riderti in faccia-

Sorrisi appena, era il solito Loki di sempre, irriverente, strafottente, celatamente gentile.

Scostai le coperte e mi alzai con passo malfermo, avvicinandomi alla porta e digitando il codice di sbloccaggio. Prima che quella si fosse aperta del tutto, io avevo già voltato le spalle all'ingresso e mi ero nuovamente diretta sul letto.

-Dunque? Cosa succede?-

Non risposi, stendendomi e riportandomi le coperte a coprirmi fin sopra la testa. Sentii la porta chiudersi, i suoi passi avvicinarsi al letto e il suo peso farsi vicino a me.

-Stiamo passando la fase “sono depressa perchè non riuscirò mai a salvare il mondo”?-

Non risposi.

-Quindi non ti interessa che io mi sia fatto quasi due ore di viaggio solo perchè ero preoccupato per una stupida bambina? Almeno scopriti la testa quando ti parlo-

Sentii la presa sulle coperte, come tentasse di portarmele via, e allora dissi:

-Loki, non voglio tu mi veda così-

-Così come, piccola Rebekka?-

-Sono un mostro- risposi in un sospiro, rannicchiandomi ancora di più su me stessa.

Stavolta lui non disse niente, tanto che temetti che si sarebbe alzato e se ne fosse andato. Invece avvertii un altro tentativo di scoprirmi e stavolta non lo fermai. Sentii il tessuto delle coperte che mi scivolava dalle dita, sui capelli, sul viso cambiato, sulle orecchie orrendamente a punta. Solo allora notai, attraverso dei ciuffi che mi erano caduti sul viso, che i capelli si stavano schiarendo ancora di più.

Nessuno dei due fiatò, sino a quando una presa su di una spalla non mi costrinse a voltarmi, trovandomi, dopo tanto tempo, a fissare quegli occhi così belli.

-Visto? Sono un mostro- risposi, sentendomi arrossire nonostante tutto.

Cercai di fuggire al suo sguardo, ma lui mi bloccò il viso con una mano, annullando la distanza tra di noi e catturandomi le labbra in un bacio che aveva il sapore della disperazione, della mancanza, della paura. Avvertii le labbra venirmi divorate con brutalità, ma che aveva una nota passionale insita in sé, come un assetato che assaggia l'acqua dopo giorni nel deserto.

Mi lasciai catturare da quel gesto, in quanto mi era terribilmente mancato. Il suo profumo, il suo respiro, il suo calore. Tutto di lui. Ormai non riuscivo più a farne a meno.

Quando si allontanò, Loki semplicemente pronunciò due parole che mi fecero rabbrividire:

-Sei bellissima-

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Capitolo 27
*** I am... ***









Aprii gli occhi, lentamente, avvertendo proprio sotto il mio orecchio il battito di un cuore calmo, cadenzato, rilassato. Feci una lieve pressione sulla mano che ancora tenevo poggiata sul petto asciutto del mio asgardiano, alzando un poco la testa per poterlo guardare. Aveva gli occhi chiusi, mentre un accenno di occhiaie li contornava. Le labbra fini erano semichiuse, lasciando uscire a malapena il respiro leggero. Alcuni ciuffi mori gli ricadevano sul volto, appiccicati alla fronte leggermente sudata a causa della nostra vicinanza in un ambiente così piccolo.

Con un movimento lento glieli spostai, sorridendo appena. Lo vidi muoversi nel sonno, lamentandosi come se lo avessi infastidito.

Lanciandogli un'ultima occhiata gli detti le spalle, alzandomi poi dal letto e camminando verso il piccolo bagno. Una volta davanti allo specchio, rimasi ad osservarmi: i miei capelli erano quasi completamente diventati color della neve, così simili a quelli di mio padre e al vecchio Einar; le orecchie erano leggermente più appuntite, mentre lo sguardo che la mia immagine rimandava era ghiaccio. Mi stupii di me stessa, in quanto non ne rimasi per niente spaventata, anzi. Pareva che tutto il terrore provato in quei giorni fosse sparito, come se qualcuno me lo avesse letteralmente strappato via dall'anima.

Infilai le dita tra i miei capelli candidi, carezzandoli. Poi passai alla mia pelle, la quale pareva essere divenuta d'improvviso più liscia e pallida. Sorrisi quando notai la presenza di Loki alle mie spalle, un braccio alzato sopra la testa e poggiato al lato della porta, mentre non potei fare a meno di notare che indosso aveva solamente i pantaloni.

-Dunque la tua mutazione è completa, Becky- mi disse, avvicinandosi e circondandomi le spalle con le braccia, mentre mi lasciava un lascivo bacio al lobo dell'orecchio.

Io piegai la testa di lato, chiudendo per un attimo gli occhi.

-Ieri sera hai detto la verità? Mi trovi bella anche così?- chiesi.

-Se ti spaventa tanto il tuo aspetto, allora non ti mostrerò il mio- rispose lui, fissandomi intensamente attraverso lo specchio.

-Ti credo sulla parola- risi, voltandomi all'interno del suo abbraccio e trovandomi il suo volto a pochi centimetri dal mio.

Gli passai le braccia attorno al torace, stringendomi ancora di più a lui.

-Devo sentirmi offeso?- mi chiese, accennando un ghigno e premendomi ancora di più contro di sé.

-Mmm...forse- dissi.

Lui mi fissò, per poi piegarsi nuovamente su di me e poggiare le sue labbra sulle mie. Mi abbandonai di nuovo a quel suo bacio, ma stavolta percepii qualcosa di diverso: c'era disperazione in quel gesto, come un celato saluto. Quella sensazione mi investì come un fiume in piena, portandomi a stringere ancora di più il corpo di Loki contro il mio, mentre sentivo le sue mani tra i miei capelli e sulla mia schiena.

Nonostante avessi la sensazione di parlare, di domandare, di chiarire, rimasi in silenzio, facendomi cullare da quel nostro bacio, da quel calore che ci stava invadendo, da quell'unione tra due anime che a lungo si erano cercato.

L'avevo odiato, si, intensamente, ma quel sentimento a poco a poco era mutato, era divenuto qualcos'altro, qualcosa che pareva avessi provato quasi in un'altra vita, anche se in fondo così era stato.

Finalmente ci allontanammo, entrambi con gli occhi fissi sull'altro.

-Loki, io...- cominciai a dire, ma fummo interrotti da una comunicazione interna.

-Dunque, seguite il mio ragionamento per un attimo: il piccolo asgardiano bussa alla porta, una brutta e cattiva porta che tiene imprigionata un povera principessa depressa e con crisi di identità. Lei lo fa entrare e il piccolo e caro asgardiano non fa più ritorno. Quindi o Rebekka è diventata una mangiatrice di uomini o deduco che il piccolo cervo abbia fatto centro e abbia sistemato le cose-

Vidi Loki irrigidirsi:

-Giuro che lo strozzo- ringhiò, facendomi ridere.

-Allora, se la mia ultima ipotesi è corretta, potreste gentilmente raggiungere me e il dottor Banner dato che, mi duole dirlo, ma il tempo scade tra meno di dodici ore-

Un terrore improvviso si impossessò di me e velocemente recuperai i miei vestiti, indossandoli e dirigendomi verso la porta della mia stanza. Fui però bloccata da Loki, il quale mi chiese:

-Becky, cosa volevi dirmi?-

Gli sorrisi, ma decisi che le mie confessioni avrebbero aspettato ancora un po'.

-Niente di importante- e schioccandogli un bacio, me ne andai, lasciandolo solo.

 

-Tony, avresti anche potuto risparmiartelo- dissi quando entrai nella stanza del Tesseract.

-Ragazzina, nuova tinta?-

-Già, fa molto underground, vero?- sorrisi, prendendo posizione accanto al piedistallo.

Il cubo emise un bagliore blu, come se mi stesse salutando.

-Oh, guarda, è arrivato anche il piccolo cervo...ahio!!-

-Che succede?-

-Ragazzina, tieni il tuo fidanzato a cuccia, accidenti-

-Loki...-

-Il signor Stark è accidentalmente caduto sulla mia mano, non è colpa mia-

-D'accordo, ma adesso silenzio e ammirate la magia-

Chiusi gli occhi, mentre avvertivo l'illuminazione della stanza affievolirsi. Percepivo la presenza del cubo accanto a me, vivida come non lo era mai stata. Nei giorni in cui ero rimasta chiusa nella mia stanza a pensare, riflettere e autocommiserarmi, sentivo che qualcosa dentro di me era cambiata, come se in quel momento avessi saputo esattamente cosa fare e come fare.

Sentivo l'energia scorrere in me, irrorarmi come la linfa per una pianta, partire dal petto e scorrere in ogni parte del mio corpo.

Delle parole mi salirono alle labbra, parole in una lingua che non conoscevo, ma che mi veniva facile da pronunciare. Era come un formula di accensione, un qualcosa che avrebbe dato il via a tutto che sarebbe venuto dopo.

In quel momento riaprii gli occhi, vedendo fluttuare attorno a me informazioni e schemi, lettere e numeri, memorie ed eventi. Tutto il sapere del Tesseract, tutta la sua energia, adesso scorreva dentro di me.

-Rebekka, ce l'hai fatta. Sincronia al 100%- mi disse la voce di Banner da uno degli altoparlanti.

Tirando un profondo respiro, chiusi di nuovo gli occhi, calmando il battito e sentendo l'energia fluire di nuovo verso il cubo.

C'era però qualcosa che non andava, lo sentivo. Mi alzai in piedi, barcollando per un attimo, mentre mi risaliva in gola un coniato di vomito.

-Ma che diamine mi sta succedendo?- pensai, mentre poggiavo una mano alla parete.

D'improvviso, come se tutte le mie forze fossero state risucchiate, sentii le ginocchia cedermi, la vista annebbiarsi e il fiato diventare corto. Prima che cadessi nell'incoscienza, notai l'ombra di qualcuno spalancare la porta e piombare su di me.

Dopodichè fu il buio.

 

Mi svegliarono i bip insistenti dei macchinari per le misurazioni vitali. Socchiusi le palpebre, notando finalmente l'ambiente in cui mi trovavo. Non appena però me ne resi conto, mi venne di nuovo da vomitare. Sporsi la testa dal letto e lo feci, cominciando poi a tossire.

-Becky-

Mi voltai, trovando Nat sulla soglia della porta.

-Sto male- le dissi, ripiombando con la testa sul cuscino.

-L'ho appena saputo. Tutti pensano sia il risultato della sincronia-

-Credo anch'io. Non mi ha portato solo la nausea se puoi ben notare-

-A parte quella, come te la passi?-

-Potrei dire bene. Anzi, aiutami ad alzarmi- dissi, porgendole una mano e mettendomi seduta sul letto.

-Sei sicura?-

-Certo. Inoltre da quanto sono qui?-

-Quasi quattro ore a dire il vero. Ci stavamo preoccupando-

-Quattro ore? Tra poco sarà il momento- dissi.

Notai solo in quel momento di indossare un semplice camice, ma per fortuna i miei vestiti erano stati posti su una sedia poco lontano.

Quando però misi piede a terra, un altro capogiro mi colse. Per fortuna Nat mi sostenne.

-Questa cosa non è normale- dissi, ma non ci pensai a lungo, dato che l'allarme dell'Eliveivolo si mise a suonare.

Mentre indossavo il secondo anfibio, Banner fece il suo ingresso.

-Rebekka, cosa ci fai in piedi?-

Lo fissai, senza capire.

-Sto bene. Cos'è, perchè tutti oggi si preoccupano?-

Non gli detti il tempo di rispondere che già stavo correndo sul ponte principale. Là, ad accogliermi, c'erano già tutti i Vendicatori al completo, più Loki naturalmente. Thor e Rogers, assieme a Barton, gli unici ancora a non aver visto il mio nuovo aspetto, mi fissarono per un attimo, interdetti.

-Ehi ragazzoni, sono ancora io. Comunque a dopo le spiegazioni. Che succede?-

-La rete del dottor Banner ha identificato la scia d'energia lasciata dal Titano. Tra meno di due ore sarà qui-

-Bene. Vado a prepararmi- dissi.

Mi sentivo carica di energia, pronta a qualunque cosa. Mentre uscivo dalla stanza però fui bloccata da Nat e Banner.

-Che succede?- chiesi.

-Becky, come ti senti?- mi chiese la rossa.

-Bene, perchè? Non mi pare questo il momento, comunque-

-Sarebbe meglio tu tornassi in infermeria- mi disse il dottore.

-E perchè mai? Sto bene vi ho detto-

-Invece secondo noi dovresti farti fare qualche altro esame-

-Ma insomma, cos'è tutta questa improvvisa preoccupazione. Ho passato cose molto peggiori da quando sono in questo programma. Un po' di nausea non ha mai ucciso nessuno-

-Pensi davvero sia solo nausea, Becky?-

Quelle parole accesero come un allarme nella mia testa. Fissai intensamente Nat, mentre la consapevolezza si stava facendo spazio dentro di me.

-Che vuoi dire? Cosa mi sta succedendo? Il Tesseract quanto ha influenzato il mio corpo?-

Avevo paura, terrore per così dire. Stavo per caso morendo? Poi vidi un sorriso sulle labbra di Nat, la quale lanciò uno sguardo a Banner.

-Becky, tu sei incinta-




NDA 
Colpo di scena!!!!
Esatto, tempo fa mi fu suggerito da una lettrice e ho deciso davvero di inserirlo.
Secondo voi come la prenderà il nostro Loki? Si sentirà pronto per diventare papà'
Scusate comunque per la brevità del capitolo, ma è una sorta di capitolo transitorio.
Fatemi sapere lo stesso cosa ne pensate XD

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Capitolo 28
*** Come back to me ***








Il mondo mi crollò letteralmente addosso e d'istinto una mano mi salì al ventre. D'un tratto un altro conato mi giunse in gola e quasi mi ci strozzai.

Poi, come se il cervello mi si fosse improvvisamente scollegato dalla bocca, dissi:

-Non dovete dirlo a nessuno, tanto meno a Loki-

Le facce di entrambi mi lasciarono alquanto perplessa: gli occhi di Bruce si sbarrarono, come se cadesse dalle nuvole, mentre Nat mi sorrise, quasi materna.

-Sai che dovrebbe saperlo- mi disse la rossa.

-Scusate un attimo: perchè Loki?- domandò Banner.

-Bruce, non farmi perdere tempo a spiegartelo-

Io mi sentii avvampare, in quanto, nonostante avessi ormai capito che un po' tutti sapevano della “simpatia” che aleggiava tra me e l'asgardiano, dover spiegare cosa accadeva all'interno delle quattro mura delle nostre stanze mi metteva alquanto in imbarazzo.

-Oh...capisco...- disse lo scienziato, la stessa espressione di quella di un bambino che scopre per la prima volta come nasce la pioggia.

Poi però tornò serio:

-Devi almeno dirlo a Fury. Non puoi affrontare la sincronizzazione con il Tesseract, metteresti a rischio te stessa e il bambino-

-Sai che non posso farlo. Tutto dipende da quello che accadrà in quel marchingegno che tu e il maestro avete costruito-

-Ma...-

-Doc, lascia fare a me. Tu promettimi solo che rimarrai zitto. Consideralo come un segreto professionale tra dottore e paziente-

-Non sono d'accordo, Rebekka-

-Non mi importa. Adesso vado a prepararmi- e detto ciò mi allontanai.

Sapevo che sia Bruce che Nat avrebbero mantenuto il segreto e questo un poco mi tranquillizzava. Per la prima volta però dall'inizio di tutta questa storia cominciai a temere che qualcosa non andasse, che il mio operato stavolta mettesse seriamente in pericolo qualcuno che non fossi io. Avevo bisogno di un consiglio e l'unico che poteva darmelo era l'ultimo che in quel momento avrei voluto vedere.

 

Guardavo la stanza asettica dall'altra parte del vetro, fissando il mio vecchio maestro steso su quel letto, chiaramente non in via di miglioramento, in quanto sempre più pallido e dal respiro lieve.

Mentre dentro di me ero combattutto sull'entrare o l'andarmene, quello aprì gli occhi vuoti, puntandoli nella mia direzione.

-Principessa, so che siete là- disse e la sua voce mi giunse ovattata dallo spesso vetro.

Così, nonostante un poco le gambe mi tremassero, con passo lento, varcai la soglia, fermandomi ai piedi del letto. Un leggero sorriso si aprì sulle labbra del vecchio, mentre la sua testa si riponeva sul morbido cuscino.

-Non pensavo che mi avreste degnato di una vostra visita dopo quello che avete saputo-

Rimasi in silenzio, in realtà perchè non sapevo affatto cosa dire.

-Penso che siate venute per dirmi qualcosa, quindi parlate pure-

-Tra poco meno di due ore il Titano sarà qui- risposi lapidaria.

-Il dottore mi ha detto che sei riuscita a compiere una sincronizzazione al 100% con il cubo. Cosa vi preoccupa quindi?-

Quelle parole ebbero come il potere di sfondare ogni barriera che mi ero premurata di alzare, facendomi crollare, letteralmente. Mi avvicinai al bordo del letto, sedendomi e afferrando la mano al mio vecchio maestro. Nonostante avessi saputo che sarebbe potuto diventare il mio assassino, avevo bisogno di quel contatto, delle sue parole di conforto.

-Ho paura- risposi allora, stringendo con più forza la sua mano.

-Perchè?-

Era una domanda semplice, ma allo stesso modo difficile trovarne una risposta razionale.

-Ho la sensazione che qualcosa possa andare storto. E se non fossi all'altezza? E se il marchingegno non dovesse funzionare? E se...-

Le dita del vecchio Einar mi raggiunsero le labbra per zittirmi, per poi accarezzarmi lentamente una ciocca di capelli.

-Sento che non è tutto, principessa. Sento che non è per la sua vita che temete, almeno non solamente. C'è qualcosa che non ha il coraggio di dirmi, non è vero?-

Senza che me ne rendessi conto la sua mano era scesa sino ad arrivare sul mio addome. Uno strano calore si propagò in tutto il mio corpo, facendomi per un attimo sussultare.

-Non deve temere per la vita di suo figlio, principessa. Niente andrà storto, a meno che lei non creda che andrà così-

-Non posso rischiare che la sincronizzazione gli faccia del male- risposi, posando a mia volta la mano sulla sua.

Sentivo le lacrime salirmi agli occhi, mentre lo sconforto prendeva lentamente possesso di me.

-Chiuda gli occhi- mi disse lentamente il mio maestro.

Obbedii, facendo anche un respiro profondo. A poco a poco sentii il calore aumentare, irradiarsi in tutto il mio corpo, andando poi a concentrarsi sull'addome. Serrai la mascella, in quanto quella sensazione divenne ad un tratto quasi fastidiosa, ma svanì in pochi secondi.

Arpionai il polso del vecchio, ma quello non si staccò, se non qualche attimo più tardi.

-Che cosa hai fatto?- chiesi a mezza voce.

-Una precauzione, niente di grave-

Non ebbi il tempo di ribattere, in quanto per la base si propagò il suono assillante dell'allarme di pronta emergenza. Scattai in piedi, mentre uno schermo olografico prendeva forma davanti a me e mi mostrava il volto teso di Fury.

-Rebekka, è il momento. I nostri satelliti hanno registrat una massa di energia venire a velocità costante verso la Terra-

-Arrivo- dissi ferma e la comunicazione si interruppe.

Prima di andarmene mi voltai verso il mio maestro, il quale teneva gli occhi socchiusi e il respiro si era fatto sempre più debole.

-Devo andare- dissi.

-Buona fortuna, principessa- mi rispose lui, un debole sorriso sulle labbra.

Mi avvicinai di nuovo, chinandomi sul suo viso segnato dalle rughe della vecchiaia, lasciandogli un piccolo bacio sulla fronte.

-Tornerò- conclusi e detto ciò me ne andai.

In quel momento non sapevo che quella volta sarebbe stata l'ultima in cui mi avrebbe sorriso.

 

Giunsi sul ponte principale con il fiatone, cosa che non mi era mai capitata. Cercai di non incrociare lo sguardo con Nat e Banner, in quanto sapevo che in quel caso i dubbi mi avrebbero intaccato.

Fury se ne stava in piedi dinnanzi alla console di comando, dandoci le spalle. Stava impartendo gli ultimi ordini. Concluso, si voltò finalmente a guardarci.

-Bene signori, siamo giunti all'ultimo scontro. Tra qualche minuto giungeremo dove abbiamo realizzato il marchingegno di Alfheirm. Tu Rebekka dovrai subito cominciare la tua sincronizzazione, mentre voi Vendicatori, dovrete tenere a bada le orde del nemico-

-Insomma, le solite cose- disse Stark, il solito sorriso strafottente sulla faccia.

-I Chitauri che avete incontrato a New York non sono come quelli che arriveranno- disse lapidario Loki, attirando l'attenzione di tutti.

-Che vuoi dire, fratello?- chiese Thor.

-Voglio dire che al mio seguito mi furono dati dei novellini, degli scarti. Quelli al fianco del Titano sono astuti, addestrati e spietati-

-Grazie dell'incoraggiamento, piccolo cervo-

-Non abbiamo bisogno di false speranze Stark. Meglio sapere le cose come stanno prima di finire tutti ammazzati-

Io non parlai, non avrei saputo come dargli torto. Fu allora che accadde.

Una fitta ad una tempia mi fece gemere, per fortuna senza che qualcuno se ne accorgesse.

-Sto venendo a prenderti...- disse una voce profonda e tagliente.

Scrollai la testa, come a scacciare quella presenza.

-Ricorda quello che mi hai promesso...-

Dopodichè ogni sensazione e ogni brivido scomparvero, come se niente fosse accaduto.

-Becky, stai bene?- sentii chiedermi dalla voce di Nat, la quale aveva raggiunto il mio fianco.

-Si, tutto a posto- risposi con un sorriso tirato, il quale sparì non appena incontrai lo sguardo di Loki.

Quei suoi occhi avevano la capacità di destabilizzarmi, di rendermi debole ed inerme come una bambina. Ero convinta che riuscissero a scrutarmi nel profondo, mettendo a nudo ogni mio segreto. Per un attimo ebbi la tentazione di raccontare al moro ogni cosa, anche della gravidanza, ma in quel momento non aveva bisogno anche di un'altra preoccupazione, quindi preferii tacere.

Fu allora che la voce di Fury mi risvegliò.

-Siamo arrivati-

 

Il marchingegno del mio mondo non era certo come me lo ero immaginato.

Scesi dall'Eliveivolo entrammo in una sorta di base costruita in un'alta montagna, fredda e umida. Percorremmo in silenzio un dedalo di corridoi che parevano non finire mai, sino a quando non giungemmo in un terrazzamento naturale, sul quale era stato innalzato ciò che di meccanico e più grande avessi mai visto.

Al centro un basamento teneva sospeso il Tesseract in un visibile campo di contenimento, mentre cinque tentacoli meccanici che si innalzavano verso il cielo, simili ai petali di una ninfea. Era letteralmente un'opera enorme.

Ad accoglierci c'erano niente meno di Selvig e Jane, i quali ci vennero incontro con un sorriso sincero, il quale si oscurò immediatamente, probabilmente notando le nostre facce.

Respirai profondamente, staccandomi dal gruppo mentre i Vendicatori appuravano gli ultimi punti del piano. Mi fermai al di fuori del perimetro del marchingegno, volgendo lo sguardo verso il cielo e accorgendomi solo in quel momento dell'enorme nube che si stava a poco a poco espandendo sulle nostre teste, percorsa da scariche di energia elettrostatica.

Ad un occhio ignaro sarebbe parso solo l'avviso di un temporale imminente. Dentro di me però nacque lentamente la paura.

Solo allora mi accorsi della presenza alle mie spalle.

-Rebekka, cosa ti succede?- mi chiese la voce di Loki, calma, ma al tempo stesso colma di timore.

-Niente. Cosa dovrebbe succedermi? Sto solo per fondermi con un cubo colmo di energia instabile, senza sapere cosa fare contro la minaccia che si sta scagliando su di noi. Cosa dovrebbe succedermi secondo te Loki?-

Mi spiaceva rivolgermi a lui in quel modo, dato che non se lo meritava. Forse una parte di me riteneva che ferendolo magari lui non si sarebbe premurato di tenermi al sicuro durante la battaglia. Che stupida che ero.

Avvertii le dita di lui che lentamente si intrecciavano con le mie, rimanendo in silenzio. Non riuscii a rifiutare quel contatto, dato che egoisticamente ne sentivo il bisogno.

-Non voglio mentirti, Rebekka. Non so se ci rivedremo ancora- disse, come se fosse la cosa più normale di tutte.

Fu allora che mi voltai finalmente per affrontarlo.

-Non voglio sentire queste stronzate da te, Loki. Ti ho già perso una volta, non ho intenzione di farlo ancora, non ora che...-

Mi interruppi, non sapendo come continuare. Notai però di aver attirato la sua attenzione.

-Non ora che...- chiese.

Mi rifiutai di rispondere, cercando di fuggire dal suo sguardo. Una sua mano però mi afferrò il mento, facendomi tornare ad incastonare lo sguardo con il suo.

-Rebekka, cosa volevi dirmi questa mattina...-

-Ecco...io...-

Un fulmine squarciò il cielo, mentre un rombo ci perforò le orecchie. Le nubi minacciose si erano andate a coagulare in un enorme occhio, proprio come un anno prima quando i Chitauri avevano attaccato New York.

-Devo andare- dissi, notando Banner e Selvig che si erano rapidamente diretti ai comandi e stavano cominciando a preparare il marchingegno.

Loki però non lasciò andare la mia mano, impedendomi di allontanarmi.

-Ti prego...- supplicai, non riuscendo ancora a guardarlo negli occhi.

-Sta attenta- mi sussurrò lui.

Non ce la feci, non riuscii a passare sopra anche a quello. Così rapidamente mi avvicinai a lui, facendo combaciare le nostre labbra in un ultimo e intenso bacio, il quale sapeva di un imminente addio. Era inutile fingere, non sapevamo se dopo quel giorno ci saremo più rivisti.

-Torna da me- gli sussurrai sulle labbra, dopodichè mi allontanai.

 

Il cubo prese vita sotto i miei occhi, riversando dentro il mio corpo tutta la sua energia. Sentivo le voci dei due scienziati alle mie spalle ovattate e lontane, mentre conteggiavano la percentuale di sincronizzazione e controllavano i miei livelli vitali.

Intorno a noi la battaglia già infuriava. I Vendicatori e lo S.H.I.E.L.D. combattevano strenuamente contro i nemici appena giunti, che, come aveva previsto Loki, erano molto più forti e organizzati dell'ultima volta.

Il collegamento con il Tesseract non solo mi permetteva di attingere alla sua potenza, ma amplificava anche le mie percezioni, rendendomi partecipi di tutta la sofferenza che si stava consumando attorno a me. Seguivo ogni movimento dei miei amici, cercando di proteggerli con barriere di energia a lunga distanza, cosa che però non mi permetteva di raggiungere la completa sincronizzazione.

Fu la voce di Banner a comunicarmelo:

-Rebekka, devi concentrarti, altrimenti non ce la faremo mai. L'energia si sta caricando, ma non è ancora abbastanza-

Ma come potevo abbandonarli? Come potevo permettermi di perdere quella che in poco tempo era divenuta la mia famiglia.

-Sei una sciocca, umana...-

Di nuovo quella presenza nella mia testa, ma questa volta non era propensa a farmi danneggiare.

-Esci dalla mia testa, maledetto...- gridai.

-Stai venendo meno al tuo patto. Mi servi viva, quindi smetti di opporre resistenza...-

-Non ho intenzione di venire con te. So quello che ho detto, ma mi rimangio la parola in questo momento-

Nel frattempo sentivo l'energia del Tesseract aumentare, segno che la percentuale si stava alzando. Mi serviva però ancora un po' di tempo e la presenza nella mia testa non mi aiutava di certo. Era come se mi stesse impedendo di accumulare energia.

-Vattene!!!- gridai di nuovo, causando uno sbalzo nell'energia che mi circondava.

-Ho i miei metodi per dissuaderti, ragazzina. Non costringermi a farti del male...-

-Me ne faresti comunque una volta che non ti sarò più utile. Quindi taci e combatti a volto scoperto, bastardo!!-

-Sei davvero certo di voler sacrificare la vita di tua figlio?-

Impietrii.

-Come faccio a saperlo? Sciocca, io so tutto-

-Non oseresti-

-Non mettermi alla prova-

Un dolore all'addome mi fece quasi cadere a terra, facendomi per un attimo perdere il contatto con il cubo. Stava facendo del male al mio bambino e io non sapevo come fare a fermarlo. Che fosse davvero finita in quel modo?

Poi, all'improvviso, un'altra presenza nella mia mente, stavolta positiva e benefica, che mi diede quasi sollievo. Riconobbi la voce del mio maestro che mi parlava.

-Il suo bambino è al sicuro, principessa. Non tema. Compia il suo destino e sconfigga le tenebre-

-Ma io...-

-E' un'illusione, niente di più. Lui la vuole viva, non rischierebbe di danneggiarla in alcun modo. Non metta alcun indugio, quindi...-

-Taci vecchio!! Lei è mia!!!-

Fu allora che una nuova energia nacque dentro di me, rendendomi sicura che ce l'avrei fatta.

-Vattene dalla mia testa e non tornare, bastardo!! Ti sconfiggerò!!-

 

Un'esplosione potente si propagò dal mio corpo, mentre i livelli registrati dai computer raggiungevano i picchi massimi.

-Ce l'ha fatta!!- sentii esclamare da Selvig.

Sentivo l'energia fluire in ogni parte del mio corpo. Io e il Tesseract eravamo una cosa sola. Mi concentrai, individuando i tentacoli meccanici, i quali avevo saputo essere catalizzatori d'energia, e cominciai a farla fluire in essi, caricandoli.

Nel frattempo mi accertai che gli altri stessero bene, soprattutto Loki, il quale, spogliato dei suoi poteri, era il bersaglio più facile da colpire. Per fortuna nessuno era in condizione preoccupanti.

-Te ne pentirai, umana...-

D'improvviso accadde qualcosa, un fatto che non mi sarei mai aspettata. L'energia che stavo acquisendo scemava, risucchiando anche quella che non era del Tesseract.

Spalancai gli occhi, terrorizzata, in quanto avevo capito ciò che stava accadendo: non ero più io a prendere energia dal Tesseract, ma l'esatto opposto.

 

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Capitolo 29
*** Now you're dead ***





 

Loki lanciò un'ultima occhiata in direzione di Rebekka, la quale stava raggiungendo il centro di quell'infernale marchingegno, dentro di lui la sensazione che le cose non sarebbero andate affatto come previsto. In fondo aveva imparato, a sue spese, che quando si aveva a che fare con il Titano o lo si accontentava o si era costretti a perire, tra mille paure e pene.

Eppure per un attimo il suo mondo non era più stato concentrato su se stesso, ma su quella creatura che si apprestava a compiere un'impresa senza uguali, neanche certa sino in fondo che quel dannato piano avrebbe funzionato.

Gli altri umani se ne stavano fermi sulla sperone di roccia, osservando l'enorme banco di nubi nere che si avvicinavano, i loro volti colmi di preoccupazioni e anche tante questioni che avrebbero voluto risolvere prima di quel momento.

-Ehi, piccolo cervo- si sentì chiamare dalla sua sinistra.

Voltandosi appena, irritato come sempre a causa di quello stupido soprannome, notò Stark, con indosso la sua cyber-tuta, ma senza il casco, avvicinarsi, ma non guardarlo.

-Pensi che abbiamo possibilità stavolta? Sai, non ci tengo a morire per la seconda volta-

Sorrise, ma non era come al solito. Quel gesto era tirato, come se per la prima volta non riuscisse realmente a sdrammatizzare la situazione.

-Ti vedo preoccupato- disse l'asgardiano, sorridendo a sua volta, gelido.

-Lo sono. E penso lo sia anche tu-

Attimo di silenzio, durante il quale entrambi rimuginarono sulle loro risposte.

-Non voglio mentirti, non stavolta. Le previsioni non sono rosee, sarà impegnativo. Voi forse avrete qualche possibilità, ma per quanto riguarda me, disarmato e senza poteri, probabilmente non durerò più di un'ora-

Di nuovo un sorriso forzato.

-A questo ho pensato io, ma, mi raccomando, non farne parola con il ciclope. Tieni- gli disse, porgendogli un oggetto che ricordava molto il suo bastone.

-Ho riprodotto più o meno fedelmente la tua arma, in mdo che tu non abbia difficoltà nella manualità. In più ci ho aggiunto qualcuno dei trucchetti presenti anche nella mia tuta. Forse così riuscirai a resistere più di un'ora-

Loki non sapeva che dire e non ne ebbe neanche il tempo, dato che un fulmine squarciò il cielo, segnalando l'inizio della fine.

-Ci siamo- disse allora Stark, continunando a fissare l'orizzonte, ma al tempo stesso infilandosi l'elmo.

-Buona fortuna e vedi di non farti ammazzare. Barton desidera farlo da quando sei stato scaricato qui-

-Direi che è meglio non togliergli quella soddisfazione- sorrise Loki come al suo solito.

In realtà una parte di lui era rimasta colpita dal gesto dell'uomo, pensando che molto probabilmente quella sarebbe stata l'occasione ideale per liberarsi di lui.

Prima di saltare giù dello sperone e seguire il resto del gruppo, si voltò di nuovo verso di lei, ormai impegnata nella sincronizzazione, ma sapeva che lo stava vedendo. Certo, non con gli occhi, ma lo sentiva, percepiva la sua presenza.

Dopodichè, chiudendo gli occhi, si preparò a combattere.

 

La battaglia che si scatenò di lì a poco gli ricordò molto quella con i giganti di ghiaccio su Jotunheimr. I nemici giungevano a flotte, senza capire con esattezza da quale parte arrivassero. Ne uccidevano uno e subito dopo due prendevano il suo posto, parendo sempre più forti.

Con la coda dell'occhio notava i movimenti dei Vendicatori, i quali, era evidente, non stavano affatto sottovalutando il nemico, ma si notava ugualmente che a poco a poco stavano perdendo terreno.

Loki evitò l'ennesimo attacco da parte di un Chitauro alto quasi due volte lui, fulminandolo in mezzo al petto con il bastone che gli aveva dato Stark.

Doveva ammettere che l'uomo aveva quasi pressocchè fedelmente riprodotto la sua precedente arma, quasi che ad alimentarla ci fosse stata l'energia del Tesseract.

Si voltò in direzione della collina che sovrastava la valle che ospitava l'epica battaglia, notando un'intensa energia sprigionarsi dal centro di quella diavoleria, per poi andare a coagularsi nei tentacoli meccanici che a poco a poco si stavano aprendo come un fiore.

Gli parve per un momento di percepire l'eco di una voce nella sua testa, la quale assomigliava in maniera impressionante a quella di Rebekka. Era come se lo stesse chiamando, come se volesse accertarsi che stesse bene.

Assorto nei suoi pensieri non si accorse di colui che gli era giunto alle spalle, silenzioso e schivo. Si rese conto della sua presenza solo quando una sensazione di gelo gli scaturì all'altezza di un fianco.

Si schiuse in un grido colmo di dolore, piegandosi appena sulle ginocchia, ma fendendo poi l'aria alle sue spalle nel tentativo di colpire il suo inaspettato assalitore.

Dinnanzi si trovò quello che un tempo era stato il ragazzino arrogante che aveva tentato di portargli via la sua donna, un ghigno maligno sul volto percorso dalle cicatrici che parevano ancora più accentuate e gli occhi viola che scintillavano nella penombra che ricopriva il terreno di guerra.

-Ti ho fatto male, principe?- chiese con tono sarcastico il Chitauro, incrociando le braccia sul petto e mostrando un pugnale dalla lama larga coperto da un liquido scarlatto.

Loki, stando attento a non distrarsi troppo, si portò una mano al fianco, la quale in pochi istanti si ricoprì di sangue. Il tocco lo fece gemere.

-Fa schifo essere umano, non è vero?- chiese ancora il bastardo, portandosi la lama alle labbra e assaporando il rosso nettare.

-Sai, non sono incline alle parole poco educate di questo pianeta, ma sento il bisogno di usarle in questo momento: fottiti- disse tra i denti.

Non sapeva bene perchè, ma, nonostante cercasse di non farlo notare, la ferita gli faceva un male del diavolo, cosa alquanto strana, in quanto, anche se in teoria era umano, la sua capacità di guarigione era rimasta pressocchè la stessa di quando era un dio.

-Ti stai chiedendo perchè non guarisci? Beh, diciamo che ho imbevuto la lama in una cosina di mia invenzione-

-Veleno- disse Loki tra i denti, mentre la vista cominciava ad appannarsi.

Cadde in ginocchio, mentre intensamente pensava:

-Odino, se aspettavi una prova per riconsegnarmi i poteri, credo che questo sia il momento buono-

 

Sentivo le energie che se ne andavano, risucchiate da quel maledetto aggeggio, mentre la mente viaggiava per trovare una soluzione a quella imprevista complicazione. Purtroppo però il processo era talmente avanzato che in breve quasi non riuscii più a pensare in maniera lucida.

All'improvviso lontano mi giunse un pensiero, non mio, ma di qualcuno dei miei compagni, alle cui menti avevo legato la mia per tentare di proteggerli anche da lontano.

Quando mi resi conto di chi si trattava, il cuore perse un battito.

A poco a poco un'immagine prese a formarsi nel mio inconscio, nella quale vedevo l'essere che un tempo era Alec in piedi, un sorriso maligno sul volto, mentre sotto di lui stava Loki, in ginocchio, il fianco che sanguinava copiosamente, il colorito sempre più pallido.

Il terrore prese possesso di me. Cominciai ad agitarmi, mentre sentivo l'energia attorno a me farsi improvvisamente instabile. Per la preoccupazione, stavo perdendo il controllo sul Tesseract, rischiando di farlo collassare da un momento all'altro, trasformandolo probabilmente nella fine di tutti noi.

Ma in quel momento non mi importava. I miei pensieri erano solo per lui.

D'un tratto avvertii qualcuno assieme a me all'interno del limbo in cui mi ero rinchiusa: non era una presenza ostile, ma estremamente potente. Mi voltai.

Davanti a me stava un vecchio, barba e capelli bianchi, un occhio coperto da una placca, probabilmente perchè mancante, indosso un'armatura dei colori dell'oro, sulle spalle un mantello color porpora e tra le mani un lungo scettro assomigliante ad una lancia.

-Chi siete?- chiesi, nonostante l'agitazione, cercando di mantenere una certa riverenza.

-Io sono Odino, padre degli dei-

Rimasi interdetta. Quello era il padre di Loki e Thor. Nella mia mente dei flash si avvicendarono rapidi, spezzoni dei miei ricordi, confusi e annebbiati, ma sufficienti perchè capissi che l'uomo diceva la verità.

-Non credo che sia a me che serve il vostro aiuto, maestà- risposi, riportando il pensiero e lo sguardo su Loki.

-Non faccio mai niente per caso, Rebekka. Se adesso sono qui è perchè è dove in questo momento devo stare-

-Potrà aiutare Loki?-

-Perchè ti preoccupi tanto per lui?-

Non risposi, in quanto non sapevo neanche io la giusta risposta da dare. Da quando mi ero svegliata nel letto assieme a lui quella mattina di un mese prima avevo cominciato a chiedermi cosa provassi e ancora non ero riuscita a darmi una risposta che mi soddisfacesse.

Certo, Loki era sempre Loki, i suoi inganni non erano spariti, né la sua faccia da schiaffi, ma io ero riuscita a guardare oltre, ero riuscita a scavare in profondità e aiutare la parte umana dell'asgardiano a riemergere a poco a poco.

-Per me Loki è importante. Quando sono con lui mi sento al sicuro, nonostante più di una volta mi abbia dato adito di dubitare. È come se quando siamo insieme tornassimo ai tempi in cui non vi erano preoccupazioni, in cui passavamo le giornate a leggere libri e immaginare di vivere mille avventure. Io lo voglio con me , al mio fianco. Mi fa sentire finalmente parte di qualcosa-

Odino non parlò, anche se speravo che qualcosa dicesse. Poi, scuotendo la testa, pronunciò:

-Non è sufficiente-

-Come?- chiesi quasi con il fiato mozzo.

-Non è quello che mi serve. Non mi dà adito a pensare che mio figlio si meriti di tornare immortale-

Sentivo le lacrime salirmi agli occhi, mentre il mio corpo era scosso dalla rabbia e dall'impotenza. Con la coda dell'occhio vedevo quel bastardo mentre infieriva sul mio asgardiano, lasciandolo riverso al suolo a sputare sangue.

-Come può fargli questo?!? Loki sta morendo!!- dissi violentemente, provocando uno sbalzo nell'energia del Tesseract, che, stranamente, sentivo star restituendomi lentamente le energie.

-Devo sapere se Loki è meritevole di tornare ad Asgard e che gli vengano perdonate ognuna delle sue malefatte-

-Cosa vuole esattamente da me?- chiesi ancora, le lacrime ormai che mi scendevano lungo le guance.

-Voglio sapere quello che realmente pensi-

Rimasi colpita da quelle parole, più che altro perchè non riuscivo a capire cosa volesse realmente dire. Quali erano le parole giuste? Quali quelle sbagliate?

Fu così che presi una decisione.

-Io lo amo- dissi, chiudendo gli occhi.

Poi continuai:

-Lo amo e non glielo ho detto e probabilmente a questo punto non lo saprà mai. Amo quando mi guarda negli occhi e mi dice che sono una bambina, amo quando mi stringe a sé e sento il suo cuore battere con il mio, amo quando mi sorride in quel modo che solo lui sa fare, amo quando mi fissa con rimprovero e al tempo stesso si diverte a vedermi in difficoltà, amo ciò che insieme abbiamo fatto, amo il figlio che da me nascerà perchè sarà suo- conclusi, portandomi le mani al ventre e sentendo la presenza di quel piccolo esserino che stava crescendo dentro di me.

Come prima, non ricevetti risposta. Così alzai lo sguardo verso il padre degli dei e vidi con sgomento che mi stava sorridendo. Poi, battendo la lancia a terra e provocando un eco che quasi mi assordò, disse:

-Questo volevo sentirti dire- e detto ciò sparì.

Dentro di me si schiuse improvvisamente una rinnovata forza, una speranza che pensavo di avere perso. Dopodichè mi schiusi in un grido colmo di rinnovato furore.

 

Loki se ne stava riverso a terra, mentre nelle orecchie avvertiva le parole prive di senso di quel dannato che non aveva esitato ad infierire su di lui nonostante fosse già in ginocchio.

Alzò un poco la testa, schiudendosi in un sorrisetto, falso, ma strafottente.

-Sai, se stai cercando di uccidermi con le tue chiacchiere ci stai riuscendo benissimo-

Quello gli lanciò un'occhiata glaciale, per poi colpirlo con un calcio alla bocca dello stomaco e scaraventarlo lontano un paio di metri. Il fiato gli mancò in gola e giurò di aver sentito un paio di costole incrinarsi.

C'era però qualcosa di strano, qualcosa che non tornava. Sentiva il dolore, lo percepiva chiaramente, anche troppo, ma c'era dell'altro.

Tossendo e premendosi una mano sul punto leso, riuscì, senza neanche sapere come, a mettersi in ginocchio e solo allora notò qualcosa che fino a quell'istante gli era sfuggito: una crepa. Una piccolissima e quasi invisibile crepa su uno dei bracciali che portava ai polsi e che bloccavano i suoi poteri. Cosa significava?

-Dunque Loki, sei sfuggito al mio Signore per poi morire per mano mia. Che dannata perdita di tempo- diceva intanto il Chitauro, avanzando verso di lui, facendo proiettare l'arma che aveva tra le mani.

-Non sono ancora morto- rispose lui tra i denti, poggiando un piede come a volersi mettere in piedi.

Con la coda dell'occhio vedeva la crepa allargarsi sempre di più, mentre le forze a poco a poco

parevano tornare, ma non era ancora abbastanza.

-A questo porrò subito rimedio- disse il nemico, tirando un affondo con la suo arma in direzione del collo dell'asgardiano.

La lama però non incontrò mai il corpo dell'uomo, ma bensì vi passò attraverso. Un'illusione.

-Non è possibile-

Poi, inaspettato e velocissimo, la sensazione di qualcosa che gli attraversava il torace da parte a parte, esattamente dove si trovava il suo cuore scuro.

-Ora sei tu quello morto- gli sussurrò all'orecchio prima che quello cadesse a terra, privo di vita.

Non appena il corpo del Chitauro toccò il suolo, alle spalle di Loki qualcosa esplose.

 

Vidi i bracci del marchingegno aprirsi come i petali di una ninfea e un fascio di pura energia partire in direzione dell'enorme accumulo di nubi nelle quali sospettavamo si nascondesse il Titano.

La luce si fece accecante, mentre sentivo la potenza del Tesseract passare attraverso di me e scagliarsi contro il cielo.

Nella mente un grido di dolore si propagò come un eco, mentre una muta minaccia veniva lasciata come unica testimonianza della sua sconfitta.

Quando la luce si attenuò, io crollai in ginocchio, finalmente padrona di me stessa. Il cubo si spense dopo un ultimo bagliore.

Sapevo che il nemico non era sconfitto, ma almeno per un po' saremo potuti stare tranquilli.

Senza sapere come mi ritrovai seduta a terra, il fiato corto, ma il cuore più leggero. Sapevo che i miei compagni se l'erano cavata, con più o meno lividi, ma comunque vivi.

Sorrisi. D'un tratto una goccia d'acqua mi cadde sulla guancia, seguita subito da un'altra e un'altra ancora. In pochi minuti cominciò a piovere, una pioggerella leggera.

Scoppia in una risata liberatoria, accasciandomi del tutto sul pavimento d'acciaio, lasciando che l'acqua mi inzuppasse i capelli e i vestiti.

Dei passi mi riscossero. Puntai i gomiti, alzando la testa in modo da vedere i Vendicatori che mi circondavano, sfiniti, ma tutti sorridenti.

-Ce l'abbiamo fatta- dissi, il sorriso sulle labbra.

-Ebbene si, ragazzina. Ce l'abbiamo fatta- mi rispose Stark, il casco della cybertuta sotto braccio mentre con la mano libera cercava di sistemarsi i capelli, ormai fradici.

-Bel gioco di luci, Rebekka- disse invece capitan muscoloso, posando a terra il suo scudo e calandosi la maschera.

Passai in rassegna i volti di tutti e solo allora mi accorsi che qualcuno mancava. Durante l'esplosione di energia avevo per un attimo perso il contatto con la sua mente e nell'euforia non mi ero resa conto che non si trovava con gli altri.

-Dov'è Loki?- chiesi, improvvisamente seria.

Vidi i miei compagni scambiarsi uno sguardo perplesso, probabilmente perchè neanche loro si erano accorti della sua assenza.

Con fatica mi alzai in piedi, traballando un poco, ma trovando subito l'equilibrio. Cominciai ad avanzare verso il bordo del promotorio, sperando di riuscire a vederlo con gli occhi, mentre un malessere mi nasceva dentro.

Il suono dei miei passi sulla superficie di metallo bagnata faceva da unica compagna, mentre quasi sentivo il mio cuore battermi frenetico nel petto.

Mossi ancora un altro passo, ma la stanchezza arrivò fulminea e inattesa. Stavo quasi per cadere di nuovo in ginocchio, quando una presa alla vita mi impedì di toccare terra. Mi voltai, aggrappandomi alla stoffa di abiti sconosciuti, per poi incontrare quegli occhi che avevo paura di non vedere più.

-Sei sempre la solita maldestra, Becky- mi disse lui con quella sua ormai familiare intonazione di strafottenza nella voce.

Io non risposi, ma semplicemente gli allacciai le braccia al collo, stringendolo a me, ignorando gli sguardi che erano su di noi. Ormai non mi importava più di tenere nascosto quello che provavo, soprattutto dopo che io per prima lo avevo capito.

-Sei tornato- dissi.

-Sono un uomo di parola, dovresti averlo imparato ormai. Ora però torniamo dai ficcanaso-

Mentre si allontanava da me, l'occhio mi cadde sui suoi polsi. I bracciali erano spariti.

-Sei di nuovo un dio asgardiano, allora- dissi, il sorriso sulle labbra.

-Già- rispose solo.

-Tenterai ancora di conquistare il mondo?-

-Ho già tutto quello che mi serve- e, mano nella mano, tornammo verso il velivolo che ci avrebbe riportato alla base.

 

Fury ci aveva convocato per un rapporto completo sulla missione non appena fossimo rientrati e per quel motivo ci stavamo tutti dirigendo verso la sala circolare. Mentre camminavo alle spalle di Loki, una mano mi si posò sulla spalla. Mi voltai, incontrando lo sguardo di Banner.

-Rebekka, come ti senti?-

-Sto bene, Bruce, non preoccuparti-

-Sarà, ma non appena finita la riunione voglio che tu venga con me in infermeria per una visita-

D'istinto una mano mi salì al ventre. Poi, un tuffo al cuore:

-Perchè devi andare in infermeria?-

La voce di Loki mi pietrificò. Per fortuna non aveva visto il mio gesto dato che ero voltata di spalle, anche se la certezza non ce l'avevo.

-Per un controllo- balbettai.

Lui mi si avvicinò, prendendomi il mento e costringendomi a guardarlo in faccia:

-Non sai mentire Rebekka e lo sai. Cosa mi stai nascondendo?-

Perchè il suo tono era così duro e freddo? Come poteva improvvisamente un uomo cambiare in quel modo? Lo sguardo che mi rivolse mi spaventò.

-Loki, mi stai facendo male- gli dissi, afferrandogli il polso.

Sentii Bruce muoversi alle mie spalle, forse cercando una soluzione per fermare l'asgardiano senza sprigionare il gigante verde.

Perchè Loki era tornato improvvisamente lo stesso che avevo conosciuto la prima volta?

-Loki...- sospirai, cercando di fargli mollare la presa.

-Rebekka, devi dirmi la verità-

-Te l'ho detto...-

-Non è vero, lo vedo nei tuoi occhi-

-Loki!!-

Stavolta non ero stata io a chiamarlo, ma la voce di Nat era rimbombata nel corridoio. Io e l'asgardiano ci voltammo a guardarla, io pregandola con lo sguardo di non dire niente, lui probabilmente con la minaccia sul viso.

-Te lo dico io perchè Becky deve andare in infermeria: perchè aspetta un bambino-

Il mondo mi crollò addosso come un castello di carte non appena gli occhi di Loki entrarono in contatto con i miei.  

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Capitolo 30
*** Epilogo ***









ANGOLO AUTRICE:
SAAAAAAAAAAALVEEEEEEEEE!!!
Lo so, non dovrei avere neanche il coraggio di presentarmi davanti a voi dopo tutto il periodo in cui non ho aggiornato, ma per farmi perdonare ho pubblicato gli ultimi due capitoli della storia, che quindi si può dire conclusa!!!!!!!!!!
Siiiiiii!!!!!
Spero che vi piacciano, soprattutto questo epilogo, anche se è un pò corto, ma anche molto tenero XD
Fatemi sapere cosa ne pensate, mi raccomando >-<
Un saluto



-Bene, ho finito- disse Banner, riponendo l'attrezzatura e aiutandomi a rivestirmi.

Con fatica mi alzai dal lettino, il dottore che mi dette una mano a rimettermi in piedi.

-Allora? C'è qualcosa che deve dirmi?- chiesi, indossando la maglia larga che da qualche tempo ero costretta ad indossare.

-Il bambino è sanissimo e sta crescendo. Certo, non è una gravidanza normale, ma nonostante questo posso dirti che tuo figlio sarà sano come un pesce- rispose Bruce, mentre si toglieva i guanti.

Lentamente mi accarezzai la pancia, cresciuta in quegli ultimi quattro mesi, tempo in cui Loki era praticamente scomparso.

Dopo la scoperta della mia gravidanza, l'asgardiano si era rinchiuso in un freddo silenzio e a niente erano valsi i miei tentativi di parlargli. Poi, un giorno, senza neanche guardarmi negli occhi, assieme a Thor aveva fatto ritorno ad Asgard, lasciandomi sola ad affrontare tutta quella situazione, compresa la scomparsa del vecchio Einar.

Tony aveva insistito perchè rimanessi a vivere con lui e Pepper nel loro attico, dato che di posto ne avevano tanto e in più la rossa poteva darmi una mano, insegnandomi i fondamenti che ogni donna di quel mondo avrebbe dovuto conoscere per accudire un bambino e ai quali io ero completamente estranea.

Avevo accettato, dato che in caso contrario non avrei saputo minimamente come comportarmi.

Banner aveva seguito la mia gravidanza giorno dopo giorno, mese dopo mese, rassicurandomi sul fatto che il mio bambino, perchè ormai sapevo trattarsi di un maschio, stava crescendo forte e sano. Io, a volte, sentivo forte la sua presenza dentro di me, quasi come avessi potuto toccarlo, e alcune sere mi ritrovavo seduta sul grande terrazzo dell'appartamento a canticchiare qualche ninna nanna che Pepper mi aveva insegnato.

In quelle stesse sere non potevo però fare a meno di rivolgere uno sguardo verso il cielo stellato, pensando a cosa mai stesse facendo Loki in quel momento, a quanta codardia aveva dimostrato in una situazione così importante e delicata, a come lo odiavo, anche se nel profondo del cuore mi mancava terribilmente.

Thor aveva fatto ritorno molte volte in quei mesi, sia per sapere come stavo, sia per venire a trovare Jane. Non avevo mai chiesto del fratello e lui mai era entrato in discorso. Solo una volta, senza che io domandassi, mi disse che la corte aveva riaccettato Loki come membro della reale stirpe, ma che lui, da allora, non si era più fatto vedere da nessuno, se non a volte da sua madre.

Vedevo la sofferenza negli occhi del biondo, ma niente era in confronto a quello che provavo io.

Fu una sera di inizio estate, mentre quasi si era concluso il mio quinto mese, che lui finalmente venne a trovarmi.

Me ne stavo come al solito sulla terrazza, semisdraiata su una delle poltrone in quanto, a causa delle dimensioni della mia pancia, non riuscivo neanche a stare seduta decentemente. Una leggera brezza mi accarezzava il viso, scompigliandomi appena i capelli che si erano allungati quasi ad arrivare alle natiche.

Soprappensiero, mi accarezzavo il pancione, pensando ad un nome adatto a quello che sarebbe stato mio figlio, fantasticando sull'aspetto che avrebbe potuto avere. Magari avrebbe avuto gli stessi occhi del padre, così limpidi e profondi, e forse, chissà, il mio colore di capelli, anche se non ci speravo, dato che avevano mantenuto la tinta color della neve.

Mi destai quando avvertii dei passi alle mie spalle. Tony e Pepper erano usciti e ero più che sicura che nessuno degli altri si sarebbe presentato senza avvertire. Così, lentamente mi voltai.

Gli occhi mi si spalancarono per lo stupore, ma subito cercai di riprendere un espressione seria e impassibile.

-Che cosa ci fai qui?- chiesi fredda, dandogli nuovamente la visione della mia nuca.

-Pensavo che ti avrebbe fatto piacere vedermi- rispose lui, ancora dietro di me.

-Certo, cinque mesi fa. Non certo adesso-

I suoi passi si fecero vicini, sino a quando non lo vidi comparire davanti a me, gli stessi abiti che indossava l'ultima volta che ci eravamo visti, il volto sempre bellissimo e i suoi limpidi occhi che mi provocavano i brividi lungo la schiena.

-Non ero preparato a questo- disse, indicando il pancione.

-E pensi che io lo fossi stata? Pensi che a me questa cosa non mi spaventi? Per Odino, Loki, io avevo bisogno di te e tu semplicemente te ne sei lavato le mani-

-Avevo molte cose su cui riflettere-

-Allora perchè non torni a meditare nella tua gabbia dorata lontana anni luce da qui e non mi lasci in pace? In fondo sei bravo a non prenderti le tue responsabilità-

Ero furiosa, arrabbiata con lui e con me stessa, in quanto, nonostante tutto, non riuscivo a lasciarlo andare. Mentre la mia bocca pronunciava quelle parole, il mio cuore mi diceva di alzarmi e di raggiungerlo, impedendogli di andarsene.

Mio figlio parve capirlo, in quanto, con un sonoro calcio, mi fece gemere.

-Che succede?- chiese lui, una strana preoccupazione, mentre con un passo si avvicinava, una mano protesa nella mia direzione.

-Mio figlio mi sta punendo- dissi tra i denti.

-Nostro figlio- sottolineò lui.

-Ah, adesso è nostro figlio?- chiesi, tornando a guardarlo.

Senza darmi una risposta, si avvicinò, sedendosi dove poco prima io tenevo stese le gambe. Quando lo fece, il mio corpo si mosse da solo, allontanandosi, come se avessi paura di toccarlo. Lui se ne accorse e, con un sorriso tirato, senza però guardarmi, disse:

-Adesso non vuoi neanche più essere toccata, piccola Rebekka?- mi chiese.

Io rabbrividii a sentire quel modo che solo lui aveva di chiamarmi e improvvisamente mi resi conto di quanto in realtà mi era mancato.

-Loki, come mai sei tornato solo adesso?- gli domandai, la voce flebile quasi un sussurro.

-Io...ci ho pensato...e non ero pronto per tutto questo- mi rispose.

-E cosa è cambiato? Io in fondo mi ero già messo il cuore in pace, nonostante vivere nell'ignoranza non mi facesse certo gioire-

-Ti ho pensato a lungo in questo periodo, soprattutto quando Thor, di sfuggita, mi faceva sapere come stavi e che gli altri ti stavano aiutando. Avevo deciso di sparire dalla tua vita, convinto che avresti fatto meglio senza di me e i miei problemi-

-Maledizione Loki, questo figlio è anche tuo. Sei suo padre-

-Non credo di essere all'altezza...-

Sorrisi appena, scoprendo una parte di Loki che non sapevo esistesse. Così parlai:

-Loki, dammi la mano-

Lui si voltò a guardarmi, la confusione nello sguardo. Io semplicemente gli tesi la mia. Anche se con un po' di titubanza, lui pose la sua mano sulla mia. Lentamente lo tirai, sino a posargli il palmo sulla superficie della mia pancia. In quel momento il bambino scalciò.

-Questo è tuo figlio e niente potrà mai cambiare questa cosa. Che tu decida di restare o andartene, questo è un fatto che non potrai mutare- dissi.

Vidi lui concentrato su quella strana creatura che portavo in grembo e, stupendomi, portò anche l'altro palmo vicino al primo.

-Mio figlio...- sussurrò.

-Un maschio- aggiunsi.

-Avrei preferito una femmina- rispose lui, lo sguardo tornato improvvisamente accattivante e canzonatorio come l'ultima volta.

-Accontentati papino-

Prima che me ne rendessi conto, sentii le sue labbra sulle mie togliermi il respiro, il suo calore avvolgermi come una coltre, facendomi abbandonare a quel contatto. Per Odino, quanto mi era mancato, quanto a lungo lo avevo aspettato, per quanto tempo avevo sperato di vederlo comparire davanti ai miei occhi. Lentamente sollevai una mano e gli carezzai una guancia, mentre sentivo le sue dita carezzarmi i capelli e provocarmi brividi lungo la schiena.

Quando ci allontanammo, ci sorridemmo a vicenda.

-Becky, sei diventata ingombrante- mi prese in giro lui, ricevendo un colpo su un braccio.

-Ma non hai perso il tuo garbo- disse lui, massaggiandosi la parte lesa, nonostante sapessi di non avergli fatto niente.

-E tu la tua faccia di bronzo, “papino”- lo presi in giro.

Lui mi baciò ancora e ancora, facendomi rabbrividire e gioire al tempo stesso.

Stretta a lui a fissare il cielo, mentre il suo respiro mi solleticava il collo, disse:

-Abèl-

-Come?- chiesi senza capire.

-Questo sarà il nome di nostro figlio, Abèl-

Ci pensai un attimo, tanto per lasciarlo un po' sulle spine, poi sorrisi e baciandolo dolcemente, risposi:

-Mi piace-

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