Versi liberi e liberi versi

di AhiUnPoDiLui
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Quelle due ombre dietro la finestra ***
Capitolo 2: *** Fermata ***
Capitolo 3: *** Grido ***
Capitolo 4: *** Tramontare ***
Capitolo 5: *** Aletìa ***
Capitolo 6: *** Effimero ***
Capitolo 7: *** Neve ***
Capitolo 8: *** Soneto ***



Capitolo 1
*** Quelle due ombre dietro la finestra ***







Quelle due ombre dietro la finestra
Piccole colle dita
Intrecciate
Sempre più piccole
Volando sul vento così fresco d’una canzone
All’imbrunire tardivo dei titoli
Di coda
Nessuno mai da dietro lo schermo
È riuscito a raggiungere
Quel respiro caldo stretto
Così stretto nella carne
Dei loro sorrisi
Ti prego Dio stillami dall’etere
Di questo mondo così tetrico
Silenzioso
Incidimi nella pellicola già solo una comparsa
Doppiami dammi voce
Nel finale
Non la storia per il pubblico
Ma il Lieto Fine che t’annoierebbe
Così sdolcinato
In quella casa dissolta alla fine del sentiero voglio essere
Già solo cenere soffiata su quelle dita



Qualche nota:
Ho un’amica che … In verità ne ho più di una che, beh, com’è tipico delle donne in genere, almeno così sembra!, quando vuole dare un cambiamento alla sua vita, insomma quando vuole voltare pagina, magari per essersi conclusa una lunga storia con un ragazzo, o dopo un dolore, ecco, anzitutto cambia il suo aspetto esteriore, come se per davvero bastasse così poco! Ma così è! Parte allora con l’acconciatura, magari cambiando colore, poi passa a nuove scarpe, poi a qualche vestitino, di un genere mai indossato, o abbinato secondo nuove prospettive … Compra nuovi profumi. Compra. Compra. Compra! Tutto è nuovo, sennò non può avvenire il cambiamento. Ma questa novità è tutta un’illusione, spacciata dai negozi, dai centri commerciali: chissà quante donne già avranno comprato quello stesso vestito, quelle stesse scarpe, quello stesso profumo … ! Ma non importa, perché l’importante è sentirsi diversi, dare un nuovo volto, esteriore e interiore, a se stessi. Che di questo se ne possa aver bisogno è un fatto che sono capace anche io di comprendere, anche se maschio!, e anzitutto perché lo vivo in prima persona. Proprio sotto questa prospettiva nasce questa raccolta, in verità piuttosto asistematica. Nasce perché ho bisogno di sentirmi diverso. Sono sicuro che la maggior parte degli utenti di questo sito se ne sbatte sia di me che di quello che posso aver scritto precedentemente, e la cosa né mi mortifica né mi duole: è più che giusto! In ogni caso, lanciando un’occhiata seppur veloce ai precedenti lavori, si noterà benissimo il cambiamento dal passato. Ma non voglio essere drastico. Non sto voltando pagina. Sto semplicemente dando sfogo a una poetica collaterale alla precedente, sperando che piaccia.
Grazie per esservi fermati, ciao!



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Capitolo 2
*** Fermata ***







La alzò che era una cosa facilissima
Un abbraccio più leggero di un soffio
Come temendo che la foglia potesse volare troppo lontano troppo in fretta
Non era un fiore
Comodo fiore da romanzetto
Era una foglia
Caduta
Dalla secchezza dell’autunno abbandonata così sola
Da chiedersi come quando perché chi l’avrebbe raccolta
La alzò la raccolse sotto quel lampione
Soffiando via la tristezza dal suo viso di foglia
Con un palpito di respiro mentre il cielo nuvoloso
Si piegava come lo stomaco di un serpente giapponese
E la tenne nell’estate del suo petto
La tenne per il viso
Io nell’ombra pensavo a quell’altra foglia caduta
Soffiata troppo lontano
Dalla mia fretta



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Capitolo 3
*** Grido ***







La bocca tua, Lisa, è di silenzio:
hai paura di perdere i pensieri
come se sciolti in parole gocciassero
dalla verbosa stilla? Non vuoi spanderti
tra i cocci colati di un vaso infranto...
Ti strozzerai con quel grido nato
cementato nel fondo della gola,
quando si dischiuderà sui tuoi occhi
càncreno il Vero. Morrai di quel grido
pompato in vene di carta velina,
spento nel buio bianco dei tuoi occhi.



Note
Quello che per l'intelletto può essere semplice, addirittura banale, spesso sa creare nella dimensione dei sentimenti, dove si comprende come d'istinto, delle voragini immense. Là spesso la poesia vuole andare a colpire, oltre l'intellettuale comprensione. Vuole affondarsi nella carne. Così leggete questa poesia. Sentendo, per quanto possibile, mettendoci com'è ovvio del vostro, tutto ciò che va oltre il semplice comprendere che qui si parla semplicemente di una Lisa che sta spesso in silenzio. Perché dietro un silenzio si nasconde un grido. Nel grido si scova una passione. Quella passione che non si sfoga nell'esuberanza, ma che rimane, come una bomba pronta ad esplodere, all'interno. La passione consumante dell'implosione. La passione del taciturno. Un saluto!

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Capitolo 4
*** Tramontare ***








Tramontare rubino sulle strade
rossolucciche accese, sulle curve
dei colli rubricate, sulle pelaghi
sanguinolenti in riflessi di torba,
sulle nubi infuocate zolferine,
sulle pieghe impolverate purpuree
delle mani, dei menti, delle fronti
rigate rossoruggine, degli occhi
ciechi sotto le ciglia conficcate
degli spini del Sole – su quei rami
arrampicarsi nel fenicio deliquio
del giorno, ardersi tra le fiammifere
fronde dell’impietosa luce ardente.




Un saluto ai tramontati


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Capitolo 5
*** Aletìa ***







Aletìa, Aletìa,
colle collane lùcciche
dei protettori
e i pregiati veli
discesi sulle tue forme,
in una penombra di perla
il silenzio hai raccolto
che la mia gola ruvida
da secoli non tace,
scòpriti, dischiudi il velo
madido dei miei occhi,
discindi nere le corve piume
dall’ala,
sulle mie gambe la mia farfalla,
Aletìa, Aletìa,

Poi sei nuda,
orribile,
scarna,
indesiderabile.

E comprendo il destino
di chi t’ha vestito.





A chi tenta di ritornare nel sogno, dopo essersi svegliato.


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Capitolo 6
*** Effimero ***







Muta come la notte nel mio talamo
fuggiasca, madida è la nebbia e frigida
sulla tua sponda, buia la penombra
calcata suoi tuoi passi, quella cenere
sulle mie labbra del tuo bacio stilla;
di quale mare sei la bruma e il soffio?
di quale sogno vaporosa imago?





Sarò chiaro. Questa poesia vuole esprimere quanto effimero può essere un amore di una sola notte. Insomma, quanto può esserlo per me. :)

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Capitolo 7
*** Neve ***









Regina Inverno, dai castra celesti
mandaci truppe feroci, che crepino
l’asfalto, e colino e sciolgano il sale
spanto dall’umide brache del sindaco;
feroce sia la polvere che brulica
nei fasci dei lampioni, ventilata
dal tuo soffio; i nembici blindati
l’aria riempiano e il cielo del tuo odio;
d’azzurro in grigio, dal grigio trasmuti
in bianco, impietoso bianco, il firmamento;
candiscano le colli, degli oceani
inargentino il piatto i tuoi soldati;
la vasca delle terre incanutisca
e il palpito fogliesco; di quegli occhi
solo l’albume, delle bocche resti
la mollica dentona solamente;
come statua la pelle, vitrea e pallida,
cristalla effige; più non batta ciglio
disbrinato la guancia, più non scivoli
la lingua sul suo letto saporino,
non gridino annaspate quelle gole
piene di bianco; soltanto il lamento
d’occhi piagnoni echeggi sulla Neve –
due mani solo s’agitano ancora
sopra la bianca coltre, sopra il manto
silenzio d’ogni cosa, treman fremono
le dita come rami di sfogliati –
ecco, ora tacciono, come un sussurro,
nel mondo solo Neve.





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Capitolo 8
*** Soneto ***








Go fato infine anca mì un bel soneto*
senza nizzoli bianchi né cussini,
ché de far versi, più o meno fini,
no so mai stufo, come del museto

quando ch’el naviga nel so sugheto
coe patate rostìe e i brocolini,
e la mar gà da tendare i putini
chei buta nela tecia el birbo oceto,

e << Zò le man, salvadeghi! >> comanda
ea femena, ma se pensa che i bocia
la scolta par davero, e i no la manda

a quel paese, e che la man no i pocia
pena se gira, la xè proprio on sandalo:
grida, grida, Scarpona!, e loro i tocia.




Traduzione per i non veneti:

Infine ho fatto anch’io un bel sonetto, senza lenzuola bianche, né cuscini *(in dialetto “soneto” significa “sonnellino”, “pisolino”, “pennichella”), perché di far versi, più o meno raffinati, non sono mai stufo, come del cotechino, quando nuota nel suo sugo, colle patate arrostite e i broccoli, e alla madre tocca di tener d’occhio i bambini, che buttano nella pentola l'occhietto furfante, e << Giù le mani, animali! >> comanda la donna, ma se pensa che i bambini l’ascoltino sul serio, e che non la mandino a quel paese, e che non caccino la mano nella pentola non appena gli dia le spalle, è proprio (dura come) un sandalo: grida, grida, Scarpona, gli altri intanto continuano a immergere la mano nella pentola.




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