Una Storia dell'era Meiji

di Setry_USui
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il Genpuku Mancato ***
Capitolo 2: *** Sfida senza inizio e senza fine ***
Capitolo 3: *** Presa di coscienza ***
Capitolo 4: *** Tempi andati e presenti ***
Capitolo 5: *** Ricordi sul filo della Spada ***
Capitolo 6: *** Lampi del drago della scuola Hiten ***
Capitolo 7: *** Notte sotto la pioggia con il viandante sorridente ***



Capitolo 1
*** Il Genpuku Mancato ***


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La grande opera di Watsuki ha affascinato, commosso, divertito e incantato. Ma ora la storia del Samurai vagabondo è terminata. È tempo di iniziare la storia di Kenji e Shinya.

Questi due personaggi mi hanno sempre affascinato. Nonostante di Kenji abbiamo solo una breve apparizione alla fine del 28 volume e di Shinya null’altro che una citazione nell’epilogo ho sempre immaginato con fascino i due figli dei grandi Kenshin e Yahiko. Divisi e uniti dall’eredità di entrambi i padri: La Spada Shinuchi.

E’ un peccato non poter conoscere la loro storia…quindi eccola…

Una Storia dell’era Meiji. Fatemi sapere se vi piace e se, secondo voi devo continuarla ^^. Grazie e buona lettura.

 

 

 

 

 

 

Il Genpuku Mancato

 

“Padre! Ascoltami!”

Kenshin si volse di scatto alzando lo sguardo dalla bacinella del bucato e osservò il ragazzo con sguardo interrogativo: “Cosa c’è Kenji?”

“Da oggi ho 15 anni!” esclamò il ragazzo mettendo le mani sui fianchi con sguardo serio e deciso.

Kenshin raccolse i panni bagnati e si alzò con il pesante cesto tra le braccia: “Lo so.”

Kenji rimase in silenzio come se si aspettasse che il genitore continuasse a parlare.

Ma Kenshin avanzò verso i fili da stendere passandogli accanto, fischiettando un motivetto allegro, senza null’altro proferire.

Kenji si voltò verso di lui con volto adirato: “Non far finta di nulla! Lo sai! E’ tempo del Genpuku!”

Kenshin, che si stava apprestando a stendere, si bloccò per qualche attimo…poi però riprese e dandogli la schiena disse: “No, non credo.”

Il ragazzo lo guardò sgranando gli occhi: “Cosa significa?”

Kenshin sospirò e si volse verso di lui: “Kenji…” sorrise dolcemente “hai ancora tanta strada da fare prima di diventare un uomo…lo sai.”

Kenji rimase di sasso a quelle parole…il suo volto espresse il disprezzo più totale: “E questo perché lo hai deciso tu?!”

“Ascolta Kenji…”

“Non ascolto un accidente! Ormai ho 15 anni! Perché ti rifiuti di mettermi alla prova? Perché non posso prendere il tuo posto? Non posso avere…”

Lo sguardo di Kenshin si fece cupo: “Dunque era a questo che volevi arrivare…vuoi Shinuchi.”

Kenji abbassò lo sguardo e strinse i pugni, poi riprese fiato e ricominciò a parlare: “Beh…anche se fosse? Non ne ho forse il diritto? Sono tuo figlio!”

Kenshin scosse il capo tristemente: “Questo non ha importanza…”

Kenji stentò a trattenere la rabbia: “Mi fai un torto padre! E tu lo sai! Mi hai detto che mettesti via la spada anni fa con l’intenzione di non sfoderarla mai più!”

Kenshin rimase in silenzio.

“Non ci credo neanche un po’! Se così fosse perché continui ad allenarti con la shinai?”

Il volto del genitore si trasformò in un sorriso: “Sai Kenji…il Kenjutsu con la shinai è davvero divertente!” esclamò semplicemente.

Kenji lo fulminò con lo sguardo: “Padre…tu sei in possesso di una lama unica al mondo! Perché non me la vuoi cedere? Perché non vuoi nemmeno farmela vedere?”

Kenshin continuò a stendere senza proferire null’altro: “Te l’ho detto…ormai appartiene al passato…lasciala perdere…piuttosto, sei in ritardo per la lezione del pomeriggio.”

Il ragazzo a quelle parole sbuffò e si voltò con fare indifferente: “Scordatelo…in quella palestra io non ci vado più!”

Kenshin si voltò verso di lui con sguardo estremamente serio: “Perché?!”

“Non fare finta di non saperlo padre!”

“Dovresti portare più rispetto al tuo maestro…è un ottimo spadaccino.”

“Yahiko Myojin? Non farmi ridere!”

“Kenji! Attento a come parli! Quella che insegna è l’arte della tua famiglia.”

Kenji si morse un labbro discostando lo sguardo: “La scuola Kamiya Kasshin non è l’arte della mia famiglia…”

Kenshin lo osservò freddamente: “Cosa vorresti dire?”

“Che l’ho studiata solo per fare un favore a mia madre…ma, una scuola che mira a far vivere la gente… Sono solo sciocchezze!”

Kenshin respirò a fondo. Mentre osservava suo figlio che si inginocchiava dinnanzi a lui: “Padre ti prego…insegnami la scuola Hiten…la tecnica più potente…”

“La tecnica assassina!”lo interruppe il samurai parlando freddamente.

“Io devo diventare forte padre per…”Kenji abbassò lo sguardo “Per poter meritare l’onore di essere il figlio di Battosai.”

Al sentire quel nome a Kenshin si gelò il sangue nelle vene…quanto tempo era che non lo sentiva. E ora, proprio suo figlio lo chiamava così…la cicatrice sulla guancia ormai pallida e quasi sparita gli parve bruciare come un tempo. Ma forse era solo un’impressione.

Si abbassò e prese per le spalle il figlio facendolo rialzare lo guardò dritto negli occhi e sorridendogli gli disse: “Diventalo Kenji…diventa forte…”

Il ragazzo sorrise eccitato e speranzoso.

“Con la scuola Kamiya Kasshin.”

Concluse Kenshin con un tono che non ammetteva repliche. Si voltò. Raccolse il cesto vuoto e si diresse verso casa.

Kenji rimase immobile a fissare il vuoto.

Non prenderò più lezioni da quel buffone! Mai più! Non lo sopporto! Si permette di insegnare la scuola di mia madre con tanta libertà e a lui va tutto il rispetto di mio padre…manco fosse loro figlio! Dannazione!

Da quando ho memoria lo vedo entrare e uscire da casa nostra, insegnare nella nostra palestra e andare in giro ad esibire la nostra scuola con tanta superbia.

Il ragazzo rifletté con rabbia fissando il terreno…l’immagine del suo giovane maestro impressa nella mente…lui! Che gli aveva sempre sottratto il rispetto di suo padre!

…Yahiko Myojin…

“Kenji! Cosa fai qui è tardi?” La voce di un dolce rimprovero materno interruppe i suoi pensieri e lo svegliò come da un sogno.

Kaoru affacciata dalla finestra che dava sul cortile di casa lo osservava con sguardo severo: “Perderai la lezione se non ti dai una mossa!” esclamò la donna mentre si stringeva un nastro tra i capelli.

“Ho capito madre! Vado subito!” Rispose il ragazzo uscendo dal cortile e prendendo a correre verso la palestra.

Ripensandoci...non è una cattiva idea andare in palestra in fondo...Aspettami Yahiko-Sensei...sto arrivando...

 

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Capitolo 2
*** Sfida senza inizio e senza fine ***


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Sfida senza inizio e senza fine

 

Yahiko era seduto ad un lato del tatami. Giocherellava nervosamente con una Shinai tra le mani. Tre ragazzi erano in ginocchio dinnanzi a lui silenziosi e con uno sguardo interrogativo.

Yahiko aveva 25 anni e il ragazzo, ormai aveva ceduto posto ad un uomo.

Era sposato da 5 anni, e in un angolo della palestra un bambino di 4, con i suoi lineamenti, se ne stava raggomitolato a giocare con una bambolina di stoffa.

Era nervoso quel giorno…Non solo Tsubame aveva insistito perché tenesse Shinya mentre lei si occupava di aprire l’Akabeko per l’inizio della stagione, ma ora non poteva iniziare la lezione perché Kenji non accennava a farsi vedere.

O Meglio…non voleva iniziare la lezione.

Quel ragazzo lo avrebbe presto mandato al manicomio.

Marinava frequentemente le lezioni, si presentava in ritardo, spesso si rifiutava di fare gli esercizi e prestava la giusta attenzione solo alle lezioni che lui trovava interessanti.

Perché continuava a tollerarlo?

Probabilmente perché gli ricordava lui da allievo.

Erano ancora chiari nella sua mente i giorni delle zuffe con Kaoru, la sua impazienza nel diventare forte e il suo desiderio di apprendere i segreti…in fondo lo capiva.

“Ehm…Sensei…” uno dei ragazzi che attendevano in silenzio si osò a parlare.

Yahiko spostò lo sguardo su di lui: “Cosa c’è Hisaki?”

“Quando potremo iniziare la lezione?” domandò il ragazzo osservando il maestro.

Yahiko sospirò…avevano anche ragione

La ragazza alla sua destra gli tirò una gomitata per zittirlo: “Quando arriverà Kenji! E’ ovvio!”

Questa volta fu l’ultimo allievo a parlare: “Mica possiamo sempre stare ai comodi di quello!”

La ragazza lo fulminò con lo sguardo: “Ma piantala! Mica è l’unico ad arrivare in ritardo!” lo rimproverò.

“Non fare confronti Aiako! Intanto è l’unico che ferma la lezione.”

Yahiko sospirò di nuovo alzandosi…aveva ragione.

“Va bene…calmati Hiroya. Su…diamo inizio alla lezione.” Così dicendo afferrò la Shinai più saldamente e attese che gli allievi si misero in posizione.

In quell’istante la porta della palestra si aprì e Kenji fece il suo ingresso con un leggero fiatone asciugandosi il sudore.

Yahiko gli sorrise: “Su muoviti…prendi la shinai e…”

“No!” esclamò il ragazzo osservando il maestro con sguardo di sfida.

I tre ragazzi volsero lo sguardo su di lui e Yahiko cambiò espressione: “Come sarebbe?”

“Hai sentito sensei! Oggi niente shinai! E’ il giorno del mio Genpuku!”

esclamò Kenji con orgoglio mentre saliva sul tatami.

Yahiko continuò a guardarlo con la Shinai appoggiata ad una spalla: “E io cosa c’entro?”

Kenji si fermò dinnanzi a lui: “Ti sfido! Per diventare un uomo.”

Mormorii confusi dei suoi condiscepoli seguirono quest’affermazione.

Yahiko l’osservò inarcando un sopracciglio.

“Se ci tieni chiedi a tuo padre…” concluse con noncuranza ma senza staccare lo sguardo dall’allievo.

“No! Sarò un uomo solo quando avrò sconfitto te! Ed è ciò che intendo fare! Qui e ora!” esclamò Kenji con convinzione e determinazione.

Seguì un attimo di silenzio…Aiako, Hiroya e Hisaki attesero con il fiato sospeso…lo sguardo si alternava tra il maestro e Kenji che lo sfidava con tanta noncuranza…

Yahiko manteneva un’espressione fredda e impassibile….fu lui a rompere il silenzio.

“Kenshin si è rifiutato di sfidarti vero?!” domandò con un tono quasi compassionevole.

A Kenji parve crollare il mondo addosso…come? Come lo sapeva? Come poteva averlo capito?

“Stai zitto…”

“E’ così vero?”

“Taci…”

“Allora ho capito tutto…” Yahiko scosse la testa.

“Ma cosa vuoi aver capito??? Non hai capito un accidente! Come diavolo fai a saperlo?!” sbottò Kenji al limite della sopportazione. Questo era troppo.

“Se tu passassi meno tempo a disprezzare ciò che è diventato tuo padre e aprissi gli occhi lo capiresti anche tu!” Esclamò il ragazzo con un tono di secco rimprovero che a Kenji fece solo salire la rabbia. Incurante di questo il maestro continuò “Come faccio a saperlo? Lo so perché conosco tuo padre e, anche se ti rode, conosco bene anche te…”

Kenji gli diede le spalle e mormorò: “No…tu non sai niente di me.”

Yahiko non mutò espressione: “Kenji!” lo chiamò per farlo voltare e gli lanciò la shinai che teneva in mano.

Il ragazzo la afferrò al volo: “Questo significa che accetti la mia sfida?”

Yahiko scosse il capo: “No, solo che siamo in ritardo e che è ora di iniziare la lezione! Basta sciocchezze! Aiako e Hiroya oggi farete da colpitori mentre…”

“Tsk…questo vuol dire che hai paura di essere sconfitto da un tuo allievo? Già…immagino che umiliazione!” disse Kenji baldanzoso rigirandosi con fare da esperto la Shinai tra le mani.

Yahiko lo fulminò con lo sguardo per intimarlo a stare zitto.

“Dicevo…mentre invece Hisaki e Kenji…”

Kenji strinse le mani intorno all’elsa. Non serviva provocarlo. Ma il ragazzo non poteva tollerare di essere ignorato così! Non da lui! Prima di rendersi conto di cosa stesse facendo aveva impugnato la Shinai e si era messo in posizione.

Corse verso di lui e spiccò un salto urlando: “Non mi ignorare!!” caricò indietro la spada di legno per colpire il suo maestro, disarmato, dall’alto verso il basso in un colpo in cui mise tutta la sua forza.

Yahiko si voltò…ma troppo tardi per schivarlo.

Il suono secco di un colpo andato a segno….

Aiako, Hisaki e Hiroya chiusero gli occhi spaventati.

Kenji sentì il colpo venire meno…non lo aveva colpito…il contraccolpo lo mandò indietro. Perse la presa sulla shinai e cadde sul tatami. Guardò verso l’alto. Yahiko teneva la punta della sua spada tra due dita.

Lo aveva bloccato senza un’arma e senza nemmeno aver mosso il braccio…solo con due dita.

Kenji lo guardò terrorizzato dal basso senza avere la forza di muoversi.

Il silenzio venne rotto solo dal bambino nell’angolo. Che per qualche strana ragione tutto d’un tratto si mise a piangere.

“C-come…come hai fatto?”

Yahiko lanciò la shinai in aria facendola girare e la riafferrò dall’elsa puntandola verso il collo del ragazzo steso a terra.

“Questo è uno dei segreti della scuola Kamiya Kasshin.” Proferì con un filo di voce.

Kenji rimase interdetto e non disse nulla. Quindi Yahiko continuò a parlare.

“Tua madre mi iniziò ai segreti quando avevo 10 anni. Tuo padre tenne il mio Genpuku quando compì i 15. Come ho fatto chiedilo a loro…avresti potuto riuscirci anche tu arrivato a questo punto.”

Il ragazzo sentì un vuoto allo stomaco…quando aveva 10 anni? Lui ormai era un uomo e ancora perdeva tempo a fare colpi a vuoto.

E poi…suo padre lo aveva sfidato per farlo diventare uomo…mentre si era rifiutato di combattere con suo figlio.

Yahiko premette la punta della Shinai contro il suo collo ancora più forte e si chinò a terra accanto a lui: “Ti invidio Kenji. Sei figlio di un grande uomo. Inoltre hai un talento straordinario per il Kenjutsu. Sei il miglior allievo che io abbia mai avuto.” Disse osservandolo bene in volto. Poi lasciò cadere la spada di legno a terra.

“E anche il peggiore.” Sentenziò alla fine alzandosi ed allontanandosi.

Kenji rimase a terra ancora qualche minuto.

Nessuno dei tre allievi osò dire una parola.

Yahiko si volse e si diresse ad un lato della palestra avvicinandosi a Shinya.

Lo prese in braccio e lo coccolò un po’ per farlo smettere di piangere.

Il bambino si attaccò alle vesti del padre, ma con gli occhietti lucidi fissava il ragazzo sdraiato a terra.

Inaspettatamente Kenji scoppiò a ridere: “Ora…ora ho capito tutto.” Esclamò tra una risata e l’altra mentre si portava una mano sulla fronte.

In un istante tutti gli occhi tornarono su di lui.

“Mio padre…quel maledetto…ho capito perché non vuole cedermi Shinuchi.”

Yahiko sussultò ma mantenne uno sguardo impassibile.

“Tu!” esclamò mentre si rialzava tenendo lo sguardo fisso sul maestro.

“Oltre che avermi portato via il rispetto di mio padre…”

Aiako alternò uno sguardo disperato tra i due. No! Non voleva! Così Kenji non le piaceva per niente! Si interpose fra Yahiko e il ragazzo: “Basta Kenji finiscila!”

Ma lui non le diede retta. Continuò ad avanzare verso il maestro.

Aiako non si mosse di un centimetro.

Kenji la fissò senza darle importanza. Con un colpo la spinse di lato facendola cadere a terra.

Hisaki si precipitò da lei per aiutarla a rialzarsi e per assicurarsi che non si fosse fatta male.

Hiroya invece afferrò una Shinai e si schierò in difesa del maestro: “Adesso basta Kenji! Stai esagerando!”

Il ragazzo in tutta risposta raccolse la spada di legno lasciata a terra poco prima.

Hiroya si mise in posizione…partì all’attacco con un affondo. L’avversario lo schivò facilmente girandosi su un lato in modo da avere rivolta la sua schiena.

Aveva le spalle scoperte. Fece volteggiare la shinai pronto a colpirlo. Ma qualcosa lo trattenne.

Yahiko gli bloccava di nuovo un colpo con sole due dita. Un braccio alzato per fermarlo mentre con l’altro ancora stringeva il suo Shinya.

Come era arrivato già lì? A che velocità si era spostato? Kenji trattenne il fiato.

“Se vuoi prenditela con me. Ma non toccare i miei allievi.” Gli disse guardandolo con due occhi che parevano trasmettere veleno.

Kenji indietreggiò quasi spaventato. Rinunciò ad attaccarlo. Ma terminò la frase.

“E’ così vero? 10 anni fa quel maledetto di mio padre ti diede la sua spada! Tu hai Shinuchi!” esclamò con tono di accusa indicandolo.

Yahiko si chinò su Hiroya e lo aiutò a rialzarsi: “Mai scoprire le spalle. Ricordatelo.”

Il ragazzo annuì ancora atterrito e i mise da parte.

Poi Yahiko riportò la sua attenzione a Kenji: “E’ come dici!” posò a terra Shinya sussurrandogli di allontanarsi. Il bambino trotterellò via.

“E’ vero! Io possiedo Shinuchi. E non la cederò…non ora, non a te.”

Kenji lo fissò con disprezzo: “Quella spada è mia!” mormorò a denti stretti.

Yahiko lo fissò severamente: “Vattene...” disse indicando la porta. “Non rimettere mai più piede in questa palestra. Cresci con un’altra scuola se ci tieni. Ma io non ti insegnerò più nulla. Non ti azzardare a ripresentarti a lezione.”

Cacciato…cacciato dalla palestra.

Kenji prese fiato e con lo sguardo rivolto ostentatamente verso il basso prese ad avanzare verso l’uscio. Si richiuse la porta alle spalle.

“Contaci!”

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Capitolo 3
*** Presa di coscienza ***


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[Grazie grazie grazie e grazie ancora per i bellissimi complimenti a Geko e a Vinnie ^.^ ammetto che ero scoraggiata poiché nonostante mi ci stessi impegnando non trovavo appoggio al di fuori del sito J ero tentata di lasciar perdere ma mi basta che la legga anche solo una persona per cambiare idea ^_^ spero di ricevere altri commenti e suggerimenti mano a mano che la storia continua…bene…dove eravamo rimasti?]

 

Presa di Coscienza

Quando fu uscito Yahiko abbassò lo sguardo e sospirò tristemente…

“Cosa dirò a Kenshin ora? Il Figlio della Pace. Come è potuto succedere?”

Sospirò nuovamente…quanto gli faceva male…eppure non aveva avuto altra scelta.

Non poteva certo negare che quel ragazzo non fosse naturalmente portate per il Kenjutsu. Anzi! Era già nettamente superiore ai suoi condiscepoli e ai suoi sempai.

In pochissimo tempo aveva raggiunto livelli eccezionali e talvolta con una rapidità impressionante… Un genio della spada. In tutto e per tutto. Ma purtroppo quel carattere bizzarro comune a tanti geni gli impediva di diventare il grande uomo che sarebbe potuto essere.

Yahiko dovette ammettere a sé stesso quanto quel ragazzino fosse molto più dotato e predisposto al Kenjutsu di quanto non fosse stato lui alla sua età.

Ma le esperienze che aveva inevitabilmente fatto, i pericoli, il sangue e il sudore della sua infanzia lo avevano obbligato a fare passi più lunghi delle sue, allora, piccole gambe.

Certo era cresciuto, era diventato forte e in giro lo definivano come uno dei cinque più bravi del jappone orientale.

Sciocchezze! Ormai sarò il secondo del Jappone!

In passato lo diceva spesso…e probabilmente lo pensava anche.

Non che gli anni avessero intaccato il suo orgoglio o la sua baldanza…ma sapeva benissimo che era maturato rozzamente e troppo in fretta.

La sua non era stata una preparazione meditata e maturata con il tempo, ma indispensabile per riuscire a sopravvivere.

A volte mi chiedo se sia stato un bene o un male…

Perso nei suoi pensieri congedò i suoi allievi scusandosi con loro. Ma quel giorno non se la sentiva proprio di fare lezione…

I tre ragazzi se ne andarono a capo chino senza osare aggiungere una parola. Varcarono l’uscio seguiti dalla promessa del loro Sensei che avrebbero recuperato la lezione al più presto.

Solo quando furono in strada Hiroya osò parlare…borbottando a mezza voce con cipiglio adirato: “Che razza di buffone! Fare certe scene in palestra! E sfidare il Maestro! Il Yahiko-Sensei ha fatto solo bene a cacciarlo! Staremo molto meglio senza di lui…”

Aiako rimase silente osservando i suoi piedi avanzare in mezzo ai due amici…rivedeva nella sua mente lo sguardo di sufficienza che il ragazzo le aeva lanciato, e la freddezza con la quale l’aveva gettata a terra…nemmeno fosse stata sua nemica.

Hisaki si accorse dei pensieri della ragazza ed intimò con lo sguardo l’amico di stare zitto. In tutta risposta Hiroya sbuffò sonoramente incrociando le braccia dietro al capo.

Sapevano benissimo entrambi che la ragazza aveva un debole per Kenji dall’inizio dell’anno, indi trovarono inopportuna qualsiasi parola di consolazione o maldiceria sul ragazzo…il silenzio pesante e imbarazzante di poco prima ci mise poco a cadere di nuovo tra i tre.

Ma in breve fu nuovamente rotto da Hisaki che sgranò gli occhi alzandoli sulla strada ed ebbe un sussulto.

Aiako e Hiroya seguirono la direzione del suo sguardo. E all’unisono i tre ragazzi deglutirono a disagio.

“Ehm…buona sera signora Himura…” Pronunciarono quasi in coro.

 

Un forte battito sul legno della porta scosse l’uscio sbarrato.

Il cartello appeso che indicava la chiusura sbatté per contraccolpo fino a cadere.

Tsubame alzò gli occhi dai cocci rotti che teneva tra le mani.

La ragazza era accovacciata a terra che si affrettava a raccogliere il piatto, fatto a pezzetti poco prima dal discolo che ora osservava la scena in un angolo con occhi mortificati.

Trasalì appena quando sentì bissare con tanta violenza. Il sole stava per tramontare e L’Akabeko aveva appena chiuso.

Si portò una mano al mento incerta sul da farsi mentre si guardava intorno con apprensione.

“Shinya!” chiamò il bambino che si avvicinò a lei timoroso di una ramanzina per via del danno fatto. Infatti fu sollevato quando la giovane madre lo prese tra le braccia e gli domandò con tranquillità: “Sai dov’è papà?”

Shinya annuì forte con il capo: “A passeggio…oggi è triste…” rispose con una sottile vocina decisa.

Tsubame parve sorpresa, fece per domandare al bimbo come mai, quando i battiti alla porta ripresero…ma stavolta accompagnati da una forte voce femminile che urlava.

“Yahiko! Vieni fuori! Non cercare di nasconderti! Questa volta l’hai combinata grossa!”

Tsubame capì al volo di chi si trattasse. Kaoru non aveva mai veramente smesso di trattare Yahiko come il suo discepolo discolo.

Si affrettò ad aprire la porta e la signora Himura fece irruzione nel locale chiuso ancora prima che la porta fosse del tutto aperta.

“Ehm…Buona sera Kaoru…” Balbettò incerta Tsubame mentre Shinya si nascondeva dietro alla sua gonna.

La donna si voltò verso di lei con un’espressione furibonda…eh sì che aveva sempre fatto paura.

“No! Non è per nulla una buona sera! Dov’è Yahiko? Se spera di sfuggirmi io…”

“Ma smettila racchia! Sei ridicola!” Esclamò il ragazzo varcando con calma la porta sul retro.

“Guarda che non avevo paura di te nemmeno quando avevo dieci anni…figurati adesso.”

Tsubame non poté fare a meno di sospirare di sollievo quando lo vide arrivare.

Se a lui non faceva paura a lei sinceramente Kaoru, in quelle condizioni, la intimoriva non poco.

La signora Himura si voltò di scatto verso Yahiko ignorando il suo commento, lo fulminò con lo sguardo: “Come hai potuto cacciare Kenji dalla palestra?”

Il ragazzo sospirò astenendosi per qualche istante di rispondere, abbassò lo sguardo…era un discorso inevitabile.

“Lui…ha tenuto una condotta deplorevole.” Rispose alzando lo sguardo su di leim anche se la frase sapeva tanto di bugia o di scusa.

“Ma…ma…” Kaoru quasi non seppe cosa rispondere, si portò le mani nei capelli con fare esasperato “Yahiko c’è bisogno che mi metta a contare tutte le volte che per questa ragione io avrei dovuto cacciarti su due piedi?!” pesante…ma con lui quella carta funzionava sempre.

Kaoru la tirava sempre fuori quando il suo allievo aveva qualcosa da ridire sulla condotta di Kenji.

Ma questa volta…si trattava di molto di più che una lezione marinata o un esercizio non svolto.

“Mi dispiace Kaoru! Non hai idea di quanto! Ma non posso più insegnargli nulla.”

Esclamò con tono conclusivo. Yahiko voleva tanto bene alla donna che non aveva il cuore di dirgli come stavano le cose…di dirgli cosa aveva fatto il suo adorato Kenji.

Lei da quando era diventata mamma quasi non aveva occhi che per lui. Non che ci fosse da biasimarla o che fosse un male. Ma purtroppo a volte quasi le impediva di vedere la realtà.

“Yahiko!” lo sguardo di Kaoru fluttuava tra l’ira, lo stupore e la delusione.

“E’ l’arte della mia famiglia! E voglio assolutamente che mio figlio cresca con la scuola Kamiya Kasshin! Non posso credere che sia proprio tu a farmi questo discorso.”

Yahiko si appoggiò al muro incrociando le braccia.

“Mi fa male dirtelo ma…Kenji non è fatto per la scuola Kasshin.”

Esclamò tutto d’un fiato quasi come se si fosse tolto un nodo alla gola.

“Ma…ma come puoi dire questo?” Esclamò Kaoru furibonda e delusa.

“Io…”

La donna continuò interrompendo le sue mezze frasi che stentavano ad iniziare, parlava con ritmo incalzante in preda ad una giusta agitazione.

“Hai sempre detto che aveva un talento incredibile per il Kenjutsu!”

“Sì, infatti è cos…”

“Una cosa del genere non me l’aspettavo da te! Come puoi fargli questo? Se a te avessero tolto il Kenjutsu cosa avresti fatto? Eh? Dimmelo!”

“Non…”

“Cacciato dalla palestra! Dalla palestra della sua famiglia! Non posso…”

“Kaoru!” Yahiko si era spazientito e aveva alzato la voce per far tacere anche solo per un attimo quel fiume di parole!

Eppure non ce la faceva…non voleva continuare la frase.

“Dai! Forza parla ora!” esclamò la donna con fare offeso.

Shinya si nascose nuovamente tra le gambe della giovane madre che osservava la scena con occhi quasi spaventati…era orribile vederli litigare così.

Yahiko volse uno sguardo a suo figlio e a sua moglie e fece loro un lieve sorriso triste. Indi sospirò, sì…non gli pareva ci fosse altra scelta.

“Kaoru…”

Riprese con un tono molto più tranquillo, quasi triste o compassionevole.

“Hai tutto il diritto a pretendere che tuo figlio cresca con la scuola della tua famiglia…”

Per qualche secondo alla donna tornò il sorriso…sapeva di poter contare su Yahiko, sul suo piccolo Yahiko che ormai era alto come lei…era sicura che lo avrebbe fatto ragionare…in fondo tutti sbagliano. E se nel torto fosse stato lui o suo figlio non le importava gran che. Solo non poteva tollerare che per una stupidaggine andasse tutto a monte. Ma il sorriso le morì pochi istanti dopo, quando il ragazzo terminò la frase.

“…e se ci tieni che la apprenda la apprenderà…ma non da me. Quindi…se non ti dispiace io abbandono la palestra.”

Tsubame si portò una mano alla bocca trattenendo lo sgomento e lo stupore.

Shinya si guardò intorno con fare perso, come quello di chi non capisce cosa ci sia di tanto grave in tutto ciò.

Kaoru rimase interdetta…immobile con gli occhi sgranati. Una scossa di emozione le attraversò il corpo…una scossa molto dolorosa.

Yahiko, invece, inaspettatamente sorrise.

Si volse ed augurò la buona notte ai presenti varcando l’uscio adiacente senza aggiungere una parola.

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Capitolo 4
*** Tempi andati e presenti ***


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Tempi andati e presenti

 

La notte era avanzata, una leggera frescura pacata e tranquilla faceva ondeggiare i petali di ciliegio nell’aria. Un velo sottile di silenzio, solo rotto dallo stormire delle cicale, avvolgeva il tutto...il grande fiume scorreva con una tranquillità tale che pareva dovesse fermarsi da un istante all’altro.

Kenshin fissava le scure acque da sopra il ponte, appoggiato al parapetto di legno. I gomiti piegati che sostenevano il suo volto. Nonostante il suo aspetto avesse sempre ingannato la sua età, ora il suo viso tradiva leggermente gli anni che passavano.

I rossi capelli corti contornavano i suoi lineamenti, sempre dolci e per nulla mascolini. Qualche riga tra le pieghe della pelle aveva contato lo scorrere degli anni, senza però mai deturpare più di tanto il suo aspetto.

Seguendone i contorni con le dita il suo polpastrello sfiorò la guancia sinistra…

Era ancora lì…quel segno indelebile non era scomparso…

Si era assottigliato, cicatrizzato e nascosto bene tra le pieghe del volto…ma non era scomparso. Anche se ormai appariva perfettamente per quello che era: una vecchia ferita di tanti anni fa. Non più un rosso ed evidente monito di sensi di colpa e dolore.

Eppure bruciava…quella sera bruciava.

Da quando Enishi era scomparso in mare dopo l’arresto, giorno dopo giorno quella piaga si era finalmente decisa ad appianarsi…

Kenshin sorrise appena facendo un rapido calcolo…

Già…saranno ormai 15 anni…forse di più…

Un piccolo colpo, appena accennato, alla schiena lo distrasse dai suoi pensieri…si voltò di scatto assottigliando gli occhi. Come un riflesso involontario la destra andò al fianco in cerca della Katana…che non trovò.

Che stupido.

Ora, voltato verso l’interno del ponte un figura scura se ne stava appoggiata sull’altra lato giocherellando con qualcosa tra le mani.

Il volto serio dell’ex-samurai si mutò in un dolce sorriso.

La figura di Yahiko venne alla luce delle strade lanciandogli il borsellino che Kenshin afferrò al volo: “Sei un allocco come allora…” commentò il ragazzo canzonandolo con fierezza ed affetto.

Kenshin ridacchiò imbarazzato: “E tu sei rimasto un piccolo ladruncolo che restituisce la refurtiva.”

Yahiko si concesse un mezzo sorriso divertito.

15 anni…forse di più…

Lo sguardo del ragazzo andò alla mano destra di Kenshin, che era rimasta al fianco,  sospirò appena mettendo mano alla katana che portava in vita.

“Non ce l’hai da quasi dieci anni…e ancora la cerchi quando sei insicuro?!”

Kenshin si limitò a sospirare sorridendo e facendo spallucce.

Preferì lasciar cadere il discorso…

“Yahiko…non ti ho chiesto di venire per rievocare il passato.” Disse poi alzando gli occhi alla luna.

“Beh…anche se potevi scegliere un posto meno significativo…me lo aspettavo!” ammise il ragazzo guardando invece verso il basso. Seguì un breve silenzio…

“Non tornerò in palestra…”

“Lo so.”

“Mi dispiace tanto per Kaoru…”

“So anche questo.”

“Bene. Quindi non cercare di farmi cambiare…”

“Non ti ho chiesto di venire nemmeno per parlare della palestra…”

Yahiko annuì: “E dunque?”

“Ti ho chiesto di venire perché volevo che mi parlassi di Kenji.” Ammise infine Kenshin spostando lo sguardo sul ragazzo che non seppe trattenere un sorriso sarcastico. E che poteva aspettarsi da Kenshin d'altronde?

 

Il ragazzo in questione camminava assorto per le vie deserte di Tokio, la tenue luce dell’illuminazione pubblica gli illuminava il cammino…non che guardasse realmente dove stesse andando in fondo.

Da ieri non era più tornato a casa. Da quando era stato cacciato dalla palestra aveva solamente continuato a vagare come un nomade per Tokio. Mangiando ai carretti o sostando per riflettere al bordo del fiume o al porto.

Eppure non si sentiva per nulla stanco.

Sua madre era in pena? Suo padre furioso? (oppure l’inverso!)

Non gliene importava…

Non poteva vedere né colei che gli aveva offuscato gli occhi con la scuola Kasshin invece che lasciarlo dedicare alla scuola Hiten.

Né tanto meno colui che lo aveva privato dell’onore, dell’eredità e della forza che lui tanto anelava.

Il primo rumore a giungergli alle orecchie fu il tiepido ruscello del fiume, quando poi due voci fin troppo conosciute presero a fare sfondo al silenzio notturno.

Alzò lo sguardo…erano lì…

Il suo maestro e suo padre.

Ritti sul ponte parlavano…di cosa?

Kenji si accorse improvvisamente di avere una gran voglia di scoprirlo. Anzi…doveva scoprirlo! Era indispensabile!

Fece il giro largo e si avvicinò cosi alla sponda del fiume, che risalì lentamente e con pazienza per non fare rumore…accostò il ponte dal basso trovandosi quasi sotto di esso.

Trattenne il respiro per udire i dialoghi che si svolgevano sopra di lui.

 

“E così…ha usato la spada per attaccarti.” Sospirò Kenshin con voce stanca.

Yahiko scosse il capo: “Non è questo il problema…l’ha brandita contro i suoi coodiscepoli. Era pronto a colpire…a fare male…e chissà cos’altro se non lo avessi fermato. E…non guardarmi così Kenshin…non esagero.”

L’ex-Samurai annuì gravemente: “sì, lo so.”

“La scuola Kamiya Kasshin…la scuola che fa vivere la gente. La scuola che protegge e sostiene. Forse solo sciocchezze melense, però…non…non potevo vederlo usare gli affondi che gli ho insegnato per colpire i suoi compagni.”

Kenshin sospirò di nuovo. Yahiko si sentì quasi in colpa. Sapeva di dargli un dolore con quelle parole.

“Cosa gli hai detto?”

“Che non gli avrei più insegnato niente…di non rimettere più piede nella palestra. Di Crescere con un’altra scuola se ci teneva.”

Lo sguardo di Kenshin mutò: “Ti chiedo di fare uno sforzo di memoria…torna ai tuoi dieci anni. I primi giorni del tuo addestramento…”

Yahiko lo guardò stupito: “Mi chiedi un grande sforzo! Ma a cosa ti riferisci?”

“La palestra era sempre vuota. Eri l’unico allievo della scuola dopo la truffa di Battosai. L’impostore che si era spacciato per me andando in giro a…”

“Uhm…sì…beh e allora?” domandò il ragazzo meditabondo.

“Gli allievi avevano abbandonato la scuola e rinnegato la spada a causa sua…”

“Dove vuoi arrivare?”

“A quei due ex allievi di Kaoru che un giorno scatenarono una rissa al ristorante e dopo aver provocato dei malviventi si erano rifugiati il palestra.”

Yahiko sospirò di nuovo alzando gli occhi pensieroso, anche se vago e poco dettagliato l’episodio gli riaffiorò alla mente.

“Non vedo nessuna attinenza con…”

Kenshin proseguì: “Avevano usato la spada e le tecniche della scuola per fare del male, sotto l’effetto dell’alcol utilizzarono la scuola Kasshin contro dei disarmati.”

Yahiko annuì: “Riconosco una certa affinità...ma dove vuoi arrivare?”

“Ricordi cosa dicesti a quei due ragazzi?”

Yahiko alzò le braccia: “Ehhhh ora pretendi troppo!” esclamò con falsa esasperazione.

Kenshin sorrise: “Hai ragione…beh te lo dico io: gli dicesti di andare a casa, posare la spada e non riprenderla in mano mai più…di dimenticarsi di essere stati allievi della scuola.”

Yahiko lo guardò con mezzo sguardo: “Che memoria…” ammise pur sapendo dove l’amico voleva andare a parare.

Il volto di Kenshin si illuminò del suo solito dolce sorriso quasi fanciullesco: “Però a Kenji questo non lo hai detto!”

Yahiko sospirò guardando le travi del ponte: “Io ho detto che Kenji non è portato per la scuola Kasshin…non che non lo è per il Kenjutsu…”

Lo sguardo di Kenshin non mutò: “Io invece penso che lui ne abbia bisogno più di quanto immagini!”

Yahiko lo guardò quasi con malizia ma non rispose.

“Torna in palestra ad insegnargli…”

“E chi vi dice che io lo voglia ancora come maestro?”

La voce alta di Kenji interruppe bruscamente il dialogo.

Entrambi si voltarono verso l’imboccatura destra del ponte.

La figura del ragazzo si presentò a loro mentre avanzava verso i due.

Kenji volse uno sguardo sprezzante a Yahiko: “E così hai abbandonato la palestra!”

Kenshin afferrò per una spalla il figlio: “Portagli rispetto che gli devi Kenji!” esclamò con sguardo sottile.

Ma il ragazzo si scostò dalla presa: “E che rispetto gli devo? Non mi ha insegnato nulla. Non mi ha mostrato nulla. Non l’ho mai visto combattere. Per me non è nessuno…”

Yahiko lo guardò con espressione indifferente ma carica di significato…quando il pesante dialogo venne bruscamente interrotto dal passaggio di una carrozza che sfrecciò a pochi centimetri da loro sulle assi del ponte facendole tremare.

Fu un miracolo se non vennero travolti.

Un uomo in uniforme all’interno di essa si sporse leggermente quando ne scorse le vaghe figure e con voce tonante intimò il cocchiere di fermarsi.

Si affacciò dal finestrino urlando: “Signor Himura! Signor Myojin! E’ il cielo che vi manda!” Esclamò affrettandosi a scendere dalla carrozza per avvicinarsi a loro.

“Addirittura…ma quanto fai il melodrammatico…” una voce strafottente e annoiata lo seguì e un uomo dalla singolare stazza, ma soprattutto pettinatura, scese dalla carrozza a sua volta.

“Kenshin…Yahiko e il giovane Kenji! Ci si rivede!”

Cho li salutò con un lieve sorriso facendo un cenno al capo con la mano sinistra.

Infatti portava la destra appesa al collo e fasciata fino al gomito.

Kenshin lo squadrò da capo a piedi: “Ma cosa è successo?” domandò, vista la strana situazione.

“Un po’ di subbuglio in città…”

Il signor Kosaburo scosse il capo con fermezza: “No! Non si tratta della solita routine! Ieri alla periferia, nella caserma secondaria, hanno fatto irruzione quattro bestioni dalla forza spaventosa!”

Kenshin osservò il poliziotto seriamente: “Hanno quindi sbaragliato la polizia locale, Signor Kosaburo?” ma c’era anche da dire che da quando Saito si era ritirato dal ruolo di vice brigadiere (5 anni prima) la polizia non vantasse una grande forza militare, in quell’era di pace poi.

Il poliziotto annuì seriamente: “Nemmeno il signor Cho è riuscito a fermarli.”

Yahiko fece uno sguardo scettico: “Shinichi…questo non significa assolutamente niente!” esclamò con fare sfottente.

“Ehy! Cosa vorresti dire?” esclamò interdetto una delle Ex dieci spade.

Kenji rimase in silenzio, visto che non veniva interpellato. Si chiedeva solo come mai Yahiko osasse chiamare il brigadiere per nome.

Kenshin lasciò morire il dialogo…effettivamente c’erano cosa più importanti da considerare.

“Signor Kosaburo, continui!”

“Ah! Ehm…sì! Dicevo che sono in quattro, hanno una mole e una forza spaventosa…e dicono di chiamarsi Sushin!”

Kenshin e Yahiko sussultarono all’unisono e si scambiarono un preoccupato sguardo di intesa.

Kenji li guardò entrambi alternando lo sguardo tra i due: “Cosa? Cosa significa? Chi sono?” domandò impaziente. Ma non gli venne data una risposta.

Kenshin si volse verso di lui: “Kenji! Torna a casa! Noi torneremo il prima possibile!” esclamò con tono d’urgenza.

Nello stesso istante Yahiko si volse verso il brigadiere: “Shinichi dove sono ora?” domandò preoccupato e ansioso.

“No! Non se ne parla nemmeno! Io vengo con voi!” protestò Kenji con determinazione.

“Kenshin! Muoviti!” Yahiko si era già messo a correre verso la direzioni indicatagli e non avrebbe tardato molto a sparire dalla vista.

L’ex samurai rimase incerto qualche attimo, tra lo sguardo deciso del figlio e la fretta di correre via.

Indi si voltò scattando a sua volta per ammonire Kenji ad alta voce mentre di allontanava: “Torna a casa da tua madre!”

In pochi istanti i due sparirono nella notte.

Il brigadiere e Cho li osservarono allontanarsi mentre Kenji stringeva i pugni.

Perdonami padre. Ma non ci penso nemmeno!

Un ultimo rumore di passi di legno si dissolse sul ponte dirigendosi al centro della città.

 

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Capitolo 5
*** Ricordi sul filo della Spada ***


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[Domando umilmente scusa per via della mia lunga assenza e per i mancati aggiornamenti…l’estate e le vacanze purtroppo mi hanno portato via dal pc più a lungo del previsto ^^ comunque ora sono tornata, con un capitolo fresco fresco (sperando che vi piaccia) e un altro ancora in forno ma quasi pronto ^_^ quindi non dovrete attendere molto per il seguito. Intanto godetevi il 5 episodio J ]

 

Ricordi sul filo della Spada.

 

Kenshin si stupì molto della rapidità con la quale Yahiko correva dinnanzi a lui.

Era riuscito a diminuire la distanza che li separava, ma per quanto si sforzasse non riusciva ad affiancarlo…strinse i denti e i pungi mentre cercava di aumentare ancora la velocità…

Ma perché? Perché? Perché?

Purtroppo gli anni passavano…il ragazzo si irrobustiva e maturava, mentre per lui invece, nonostante la sua incredibile condizione fisica e la sua fama alle spalle, gli anni non facevano che indebolirlo.

Allenamenti sempre più scarsi, le ossa sempre più fragili e il fiato sempre più corto…per non parlare delle sue condizioni fisiche instabili che teneva sotto stretto controllo già da anni.

Nonostante tutto raggiunse la schiena del ragazzo che si voltò verso di lui senza smettere di correre…Yahiko sgranò gli occhi.

Kenshin ansimava, aveva il fiato corto e il passo pesante.

“Kenshin stai bene?” domandò con apprensione.

“Ma sì certo! Non ti preoccupare!” Rispose l’ex Samurai con un sorriso…

Yahiko fece per controbattere quando la loro attenzione venne attirata da un urlo straziante che ne precedette diversi altri.

Voltarono immediatamente in quella direzione, e videro quattro omoni dall’incredibile stazza che si muovevano con movimenti fluidi e coordinati sfondando le porte e colpendo famiglie e passanti presi alla sprovvista senza pietà alcuna.

Gruppi di poliziotti armati di scimitarre tentavano di contrastarli, ma i numerosi corpi che cadevano intorno a loro indicavano la chiara impotenza dei guerrieri.

Ragion per la quale molti di loro si diedero alla fuga.

“Sushin!!!!!” urlò Yahiko alla loro volta portando la mano sull’elsa di Shinuchi.

I quattro alzarono il capo e lo guardarono con uno smisurato ghigno sul volto…era incredibile…erano esattamente come Yahiko se li ricordava quella mattina sulla spiaggia. Gli anni parevano non averli intaccati per nulla…facevano quasi effetto.

Kenshin invece rimase impassibile a quella vista. Strinse i pugni quando si accorse di essere accorso disarmato.

Non appena videro i due gli Sushin smisero immediatamente di distruggere e di combattere e volsero ai due nuovi arrivati tutta la loro attenzione.

“Sei tu Yahiko Myojin?” Domandò uno dei quattro avanzando di un passo rispetto ai suoi compagni. Impugnava un lungo bastone di metallo dalla forma singolare.

 

Kenji svoltò l’angolo in quel momento. Rimase pietrificato a quella vista.

Osservò i bestioni con timore e soggezione. E dinnanzi a loro se ne stavano il suo maestro e suo padre. Parevano scriccioli a loro confronto, ma avevano lo sguardo alto e le gambe larghe. Fieri e immobili.

Nessuno parve accorgersi della sua presenza…meglio così, per il momento.

 

Yahiko ghignò appena verso l’uomo che si era fatto avanti: “Felice che ti ricordi di me razza di gorilla!”

 

Kenji rimase interdetto e quasi emozionato…li conoscevano.

Appartenevano a quel passato misterioso e glorioso di cui lui non conosceva che poche briciole.

Quel passato che aveva fatto nascere grandi personaggi e grandi guerrieri.

Quello di cui parlavano con sollievo e malinconia…quello da cui lui si sentiva amaramente escluso.

 

L’omone scrutò Yahiko dall’alto al basso e il suo sorriso malefico si allargò (per quanto impossibile) ancora di più.

“Era solo un piscialletto l’ultima volta che l’ho visto…e guardatelo adesso!” esclamò con tono strafottente.

Yahiko in tutta risposta estrasse Shinuchi e si mise in posizione.

“Un piscialletto che ti ha dato una sonora lezione però!” esclamò provocante. “Che ci fate qui? Cosa volete?”

“Se non ricordo male io e te abbiamo un conto in sospeso!” esclamò l’uomo facendo ondeggiare il bastone di ferro.

Kenshin fissò i due avversari intensamente: “A che pro distruggere e uccidere tutta questa gente?”

Questa volta fu uno degli omaccioni rimasti in disparte a prendere la parola.

“Che domanda stupida Battosai! Tokio è davvero immensa…perché metterci a fare inutili ricerche quando voi potevate comodamente raggiungerci? Ma tu non ci interessi per il momento. Siamo qui per riscattare il nostro orgoglio perduto su quella spiaggia 15 anni fa! Inizieremo dal moccioso…poi sarà la volta del lupo di Mibu, di Aoshi Shinomori e di Sanosuke Sagara!”

Yahiko strinse ancora di più la presa intorno all’elsa…

Al sentire quei nomi una fitta gli attraversò il cuore.

Si ritrovò a penare per la loro sicurezza dopo tanto tempo.

Purtroppo a loro era ignoto ove si trovassero i tre in quel momento.

Sanosuke era sparito in mare 15 anni fa alla volta delle terre occidentali.

Saito si era ritirato dalla polizia 5 anni prima e aveva lasciato Tokio con poche parole alle sue spalle:

“Ho ancora qualche vecchia faccenda da sistemare…” ma da allora non si era più rivisto.

Aoshi invece aveva vissuto all’Aoiya per qualche anno, ma dopo poco si era accorto che non era ancora giunto il momento del suo riposo.

E così aveva ripresto il suo lavoro di spia al servizio di chissà quale organizzazione o governo, e aveva lasciato l’albergo insieme a Misao procurandosi solo di scrivere raramente ai suoi compagni, ma senza mai tradire la sua posizione.

 

“Sapete dove si trovano?” Domandò Kenshin mordendosi un labbro.

“Questa storia non ti riguarda Battosai! Fatti da parte e lasciami riscattare il mio onore!” esclamò l’uomo armato di bastone metallico mettendosi in posizione dinnanzi a Yahiko.

Kenshin appoggiò le mani ai fianchi e si mise da parte…non doveva temere per Yahiko.

Aveva piena fiducia nelle sue capacità. E sapeva che gli Sushin erano persone d’onore.

Gli altri tre non avrebbero interferito nello scontro. 

Yahiko respirò a fondo e brandì meglio Shinuchi: “Ti ho battuto una volta e posso farlo di nuovo, senza difficoltà.”

Gembu scoppiò in una risatina controllata: “Io non ne sarei così sicuro.”

 

Kenji, dal suo angolo strinse i pugni adirato…

Parlavano di fatti che lui non conosceva, di persone mai viste e di luoghi e avvenimenti di cui non sapeva niente…ma una cosa la capiva: Avevano fatto irruzione nelle case, ucciso dei civili e dei poliziotti senza ritegno, avevano infranto la tranquillità della notte…per trovare Yahiko.

Solo per questo. Una sciocchezza simile? Tutto questo solo per trovare Yahiko?

E ora? Che faceva suo padre? Non combatteva? Si metteva da parte aspettando che il suo maestro facesse tutto. Questo era troppo.

Prese un respiro carico di rabbia, digrignando i denti si voltò e rigirò l’angolo a passi lenti e silenziosi.

 

Yahiko aveva le scure iridi piantate sul suo avversario, che inaspettatamente fece la prima mossa.

Con un colpo ampio dall’alto verso il basso entrò nella sua area di difesa. Era veloce!

Alzò la lama in orizzontale per parare il colpo…Gembu conosceva il segreto della scuola Kasshin. Doveva essere prudente nell’utilizzarlo.

Il colpo risuonò violento sul metallo della Katana e Yahiko dovette stringere forte l’elsa per non perdere la presa.

Si chinò appena e scivolò indietro per farlo sbilanciare, pronto a colpirlo al ventre (ove la difesa era praticamente nulla).

Il suo movimento fu fluido e rapido. La lama affondò nella pancia del colosso e lo fece barcollare avanti.

Yahiko indi scivolò di lato potandosi alle sue spalle caricando un colpo alto.

Il ragazzo era concentrato e fisso sul combattimento. Ma nell’istante in cui fece per colpirlo alla schiena un sussulto lo distrasse e gli bloccò il braccio.

Rivide Kenji nella palestra che tentava di usare il medesimo colpo contro Hiroya.

Certo…quel colpo glielo aveva insegnato lui…

Un fortissimo colpo al petto lo sorprese nella sua distrazione. E la punta del bastone lo spinse indietro con una forza tale da farlo cadere indietro di un paio di metri.

Kenshin sussultò…No. Yahiko non poteva aver commesso un errore così stupido.

C’era qualcosa che lo turbava. Era evidente.

Merda! Quanto sono cretino! Un errore così grossolano…

Mentre si alzava ebbe appena il tempo di vedere Gembu sopra di lui che caricava un colpo alla sua testa per la seconda volta. Stavolta nemmeno pensò…agì di istinto.

Alzò entrambe le manie chiuse nei suoi polsi la punta dell’arma bloccando l’attacco.

Gembu ridacchiò di nuovo: “Mi sembra di averla già vista questa scena…”

Yahiko lo guardò in volto stringendo la presa: “Solo che stavolta è diverso…”

Fece ruotare i polsi e afferrò il bastone tra le mani spingendo la punta in avanti.

“…ora conosco bene la natura della tua arma.”

“Tu dici?”

Il colpo fu improvviso ed inaspettato. La punta del bastone parve allungarsi di botto. E colpì Yahiko in piena fronte che fu costretto a lasciare la presa.

L’omone scoppiò in una risata di soddisfazione e riportò la punta del bastone della sua lunghezza naturale.

“Yun-Mo-Sei-Quan, il bastone Serpente di Gembu, lo fracassasti tanti anni fa! Non esiste più da allora! Ma ora ti posso presentare con orgoglio la nuova versione,del mio Yun-Mo-Sei-Quan! Il Bastone Serpente Cobra…”

Yahiko si tirò immediatamente in piedi. Era chiaro! Come aveva fatto a non pensarci? Un nemico abbastanza valido non lo avrebbe certo sfidato senza cambiare tattica…sapendo che entrambi conoscevano i punti deboli dell’altro.

In una situazione normale non si sarebbe certo lasciato ingannare da una truffa così evidente...ma un fastidioso ronzio gli riempiva la testa.

Già…era diventato come Kenshin…non riusciva a fondersi totalmente nel duello. Non riusciva ad esistere unicamente per combattere, anche solo per il breve periodo dello scontro, e in quel momento tutt’altro occupava i suoi pensieri.

Basta! Era ora di finirla!

Ripartì all’attacco riservandosi sempre una distanza di sicurezza. Parò, schivò e bloccò i colpi contundenti senza controbattere…ad ogni colpo sulla sua lama sentiva la vibrazione scorrergli lungo il polso. Chiuse gli occhi pochi istanti e la seguì…partendo dal punto di incontro tra le due armi la vibrazione di espandeva lungo Shinuchi e lungo il bastone serpente…sempre più in là.

Aprì gli occhi di scatto, abbassò la lama verso terra tenendo l’elsa solo con la destra.

Immediatamente il colpo scattante del bastone tentò di colpirlo in viso.

Distese la gamba destra indietro per fare attrito e…

Kenshin osservò la scena con occhio clinico da esperto. Aveva capito che ogni singolo movimento di Yahiko, dopo il colpo ricevuto, era dedito solo allo studio dell’arma nuova. Osservò mentre il ragazzo abbassava la guardia e il colpo veloce del bastone lo colpiva diretto in volto.

Fu un colpo duro e andò perfettamente a segno.

Yahiko strinse i denti e alzò il tallone destro guadagnando l’equilibrio. Un solo movimento, fluido e fulmineo. Shinuchi scivolò nuovamente vero l’alto e andò a colpire con il dorso affilato della lama la superficie estrema del bastone intaccandolo e incastrandosi in esso.

La vista del ragazzo si annebbiò e la testa girava sempre più forte…le ossa del viso scricchiolarono e uno zigomo cedette. Ma nonostante ciò quando incrociò lo sguardo di Gembu Yahiko sorrise.

“L’interno del bastone è vuoto vero? l’estremità estendibile è stata aggiunta con un meccanismo ad incastro collegato alla molla. Quando fai oscillare la punta l’incastro cede e la molla fa scattare il colpo…” Spiegò aggrottando le sopracciglia in quella maschera di sangue che era il suo viso. “Ma se blocco il ritorno della punta nell’incastro con la mia lama…niente più colpi a sorpresa giusto?” concluse infine sorridendo strafottente.

Gembu parve confuso e allibito. Digrignò i denti dalla rabbia. Tanto tempo per elaborare e costruire il nuovo bastone serpente….tutto aspettando quel momento. E il maledetto ne aveva già scoperto il segreto e studiato un modo per annientarlo.

Cercò di recuperare la calma.

“B-beh…ma se non sbaglio…neanche tu ora puoi usare la spada…se la sfili dal bastone io…”

Non ebbe il tempo di finire la frase che un forte colpo partito senza che nemmeno lui se ne accorgesse andò ad infrangersi sul suo volto rompendogli il naso e diversi denti.

Yahiko aveva fatto ruotare la mano intorno all’elsa e l’aveva caricata dal basso vero l’alto facendola girare intorno alla lama per colpire con l’impugnatura della katana il brutto muso di Gembu.

Lo Sushin cadde a terra sonoramente e Yahiko fu rapido a impugnare meglio Shinuchi per puntargli la lama al collo.

“Chi ti dice che io abbia bisogno di sfilare la lama dal tuo bastone per attaccare?” Domandò osservandolo dall’alto verso il basso passandosi la mano sinistra sugli occhi per evitare che il sangue gli offuscasse la vista.

Kenshin lasciò andare il fiato. Esternamente sembrava del tutto impassibile a ciò che avveniva, ma nel suo subconscio non poté fare altro che rilassare qualche muscolo in tensione quando vide quella scena.

 

Kenji aveva fatto il giro di un paio di isolati per ritrovarsi alle spalle degli Sushin. Spiava la scena seminascosto dietro ad un angolo.

Era deciso ad attaccare personalmente quei bestioni. Non poteva tollerare tutto il sangue che avevano sparso. Ma non era uno sprovveduto, gli era bastato uno sguardo per capire che lui in quanto a forza fisica e corporatura contro di loro non avrebbe avuto speranze. E visto che non poteva nemmeno usare la carta esperienza optò per quella dell’astuzia. Un attacco a sorpresa. Non molto corretto forse ma in fondo cosa importava.

Era pronto…schiena contro il muro, Shinai stretta in pugno (cosa non avrebbe dato per poter stringere una katana) e occhi sugli avversari.

Tre se ne stavano in disparte. Mentre il quarto era impegnato in un combattimento contro il suo Sensei. Era l’occasione ideale! Nessuno badava a lui…

Eppure indugiava…indugiava anche troppo. Le sue iridi erano rapite dai movimenti di Yahiko, le sue orecchie meravigliate dai suoi ragionamenti fulminei e le sue membra ammiravano il suo coraggio nel farsi colpire di proposito per bloccare l’arma avversaria. Per un solo secondo, un attimo che sfumò subito, sentì che in quel momento sarebbe stato fiero di additarlo come suo maestro.

Fu quell’attimo di distrazione a costargli caro…molto caro…

“Ehy! Un moccioso ci vuole attaccare alle spalle!” Uno degli Omoni urlò verso Kenji tradendo la sua posizione.

A quelle parole sia Kenshin che Yahiko sussultarono sperando di non vedere chi temevano che fosse. Ma quando volsero il capo e videro Kenji sgranare gli occhi in preda al panico mentre Sozaku e Seiryu si avvicinavano a lui, con chiare intenzioni poco benevoli, non riuscirono a trattenere un urlo. E in contemporanea scattarono alla sua volta ad una velocità impressionante.

“Kenji!! no!!”

Kenji si era visto strappato via dai suoi pensieri di botto, e l’istante dopo si era ritrovato allo scoperto, i nemici che avanzavano verso di lui. Tutta la baldanza, la sicurezza e la determinazione svanirono in una nuvola di vapore…si accorse di non essere in grado di pensare o di reagire. Strinse convulsamente l’elsa tentando di ostentare sicurezza.

Sozaku estrasse le sue due spade gemelle caricando il colpo, mentre Seiryu fece ruotare l’alabarda per una falciata verso il basso.

Kenji si sentì mancare mentre vedeva le lame avvicinarsi a lui a grande velocità e precisione…chiuse gli occhi e strinse i denti attendendo l’inevitabile.

La voce di Yahiko sovrastò i suoi pensieri: “Kenshin! Prendi!”

Strano…il dolore non arrivava…riaprì gli occhi.

La prima cosa che vide fu suo padre, lo vide come non si ricordava di averlo mai visto.

Era retto dinnanzi a lui e gli dava la schiena. Stringeva Shinuchi tra le mani e con una velocità tale da sorprenderlo parò entrambi i colpi delle spade gemelle di Sozaku spingendolo indietro e continuando ad incalzarlo per farlo arretrare. Il rumore delle tre lame che si incontravano sempre con maggiore violenza faceva da sfondo ai suoi movimenti precisi e fluidi quanto una danza.

Ma Kenji non vide solo suo padre…Yahiko era in ginocchio con una gamba piegata dinnanzi a lui e stringeva tra i suoi palmi aperti la lama dell’alabarda che era arrivata orizzontalmente dal basso.

Yahiko strinse i denti mentre i suoi palmi iniziarono a sanguinare...il colpo orizzontale era di sicuro il più gravoso da parare per lui. Lasciò andare la lama di scatto, tanto che Seiryu si sbilanciò in avanti.

Yahiko portò la destra al fianco con un movimento fulmineo. Ma la strinse intorno al nulla.

Merda! Era disarmato.

Volse il capo indietro.

Kenji vide gli occhi del suo maestro, contornati del sangue che usciva dalle sue ferite, incontrare i suoi. Uno sguardo intenso e deciso. In un istante capì.

Fu una scarica di adrenalina a dargli la forza. Quasi non se ne accorse. Ma con un salto superò Yahiko e si calò dall’alto verso il basso con la precisione di un falco calcando il colpo sulla testa dello Sushin.

Avvertì le ossa del cranio scricchiolare…ancora poca, pochissima spinta e avrebbe potuto rompergli la testa, bastava calcare la mano e…

Seiryu cadde a terra con gli occhi sbarrati.

Yahiko si tirò in piedi e osservò la scena atterrito.

“Cosa hai fatto!”

Kenji atterrò con grazia accanto al corpo dell’omone. Si volse verso Yahiko e lo guardò quasi freddamente. Gli lanciò la Shinai e il maestro fu lesto ad afferrarla.

“Muoviti…se lasci da solo mio padre contro quei tre non te lo perdonerò mai!”

Yahiko trattenne lo sgomento, Kenji aveva ragione.

Scattò in avanti a rapidità fulminea per raggiungere Kenshin. Mentre correva passò accanto al corpo di Seiryu…gli lanciò un’occhiata soltanto. Inorridito…ma…

Fu un piccolo sussulto quello che vide sul petto dello Sushin.

Eppure questo gli diede una gioia e una speranza che non pensava di poter provare.

Carico di ciò si concentrò solo sugli ultimi tre avversari rimasti.

Kenji lo osservò correre avanti, poi portò uno sguardo sulla sua vittima.

“Che razza di cretino…Davvero pensava che lo avrei ucciso? Tsk…anche se la disprezzo, sono pur sempre un allievo della scuola Kasshin.” Mormorò tra sé. Poi trasse un sospiro per scaricare la tensione e portò lo sguardo sullo scontro che stava avvenendo dinnanzi a lui…

“Yahiko sensei…se crepi qui chi la sopporterà quella piagnona di tua moglie e quella peste di tuo figlio?!” esclamò a mezza voce…fino a poche ore prima non voleva altro che vederlo stramazzare a terra. Ma ora questo pensiero gli diede dei brividi di terrore. Poi il suo sguardo si posò su Kenshin…

“Padre…guarda che io a casa nostra da solo non ci torno! Vedi di uscirne intero…se no chi lo spiega alla mamma?!”

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Capitolo 6
*** Lampi del drago della scuola Hiten ***


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Lampi del Drago della scuola Hiten

 

Kenshin colpiva e scartava con precisione millimetrica, si muoveva con grazia e agilità e i suoi occhi attenti seguivano i movimenti delle due lame avversarie bloccandole e contrastandole.

Eppure, nonostante visto dall’esterno apparissero come movimenti perfetti e fluidi, l’ex samurai ambizioso aveva il fiato corto, e ogni sua parata e affondo erano sempre meno precisi.

“Ah ah ah ah ah ah!!!” La risata fragorosa del guerriero che lo fronteggiava echeggiò per le vie di Tokio “Nemmeno una leggenda come Battosai può fare nulla contro il tempo che passa eh? Ormai sei vecchio! E’ tempo che ti ritiri!”

Esclamò con un tono sempre più aspro mentre rincarava la dose di colpi ed aumentava la velocità.

Kenshin indietreggiò di qualche passo, e non poche volte vide il luccichio del metallo a poca distanza dal suo volto o dalla sua carne.

“I-io…non sono più…Battosai!” Esclamò tra una parata e l’altra, ormai utilizzava tutte le sue energie per difendersi, non riusciva a portare a segno nemmeno un colpo.

Strinse i denti e puntò i piedi cercando di smettere di indietreggiare.

Eppure non ce la faceva più…le sue vesti erano tagliate in diversi punti e le spade dello Sushin andarono a segno diverse volte. Riuscì quasi sempre ad evitare ferite troppo profonde, ma non ci volle molto affinché il suo sangue cominciasse a colorare il terreno.

Dannazione…avevo promesso…lo avevo promesso a Kaoru, e anche a Megumi…e a me stesso…che non lo avrei più fatto…

Prese fiato e fissò l’avversario negli occhi afferrò Shinuchi con entrambe le mani e piegò le ginocchia, pronto a saltare. Per un attimo il suo sguardo si posò di lato. Vide Kenji. Fermo immobile lo guardava con apprensione e timore. Una morsa fredda gli afferrò il fiato.

Mi dispiace…avrei tanto voluto che tu non mi vedessi così…figlio della pace.

Figlio Mio.

“Porca la miseria più nera!” Mormorò Yahiko a denti stretti mentre fronteggiava i due colossi…

Si era buttato a capofitto contro Seiryu e la sua lunghissima alabarda, nei primi secondi era stato abile e veloce e si era portato ad un certo vantaggio su di lui. Schivava i colpi della sua ingombrante arma con relativa facilità, ma la lunga gittata della lama gli rendeva difficile portarsi a distanza sufficiente per tentare un  attacco.

Mentre era atterrato indietro dopo l’ennesima schivata aveva sentito chiaro un sibilo alle sue spalle. Istintivamente si era lanciato avanti rotolando su sé stesso. E pochi istanti dopo un colpo tremendo aveva fatto vibrare la terra alle sue spalle.

Byakko (l’ultimo degli Sushin) aveva fatto scricchiolare le dita tozze e potenti mentre le crepe nel terreno si allargavano.

“Dannati bastardi! Non era una faccenda tra me e Gembu?” Domando Yahiko sputando un grumo di sangue.

“Siete stati i voi i primi ad attaccarci a sorpresa. Non pensavo che avessi perduto il tuo onore di Samurai Yahiko Myojin!” Rispose Byakko caricando un altro colpo.

“Tsk bestioni!” Mormorò Yahiko mentre saltava di alto per schivare il colpo.

Ancora non aveva toccato terra che l’alabarda di Seiryu falciava l’aria in cerca della sua testa.

Si appallottolò su sé stesso e con una mano sfiorò il terreno prima di toccarlo. Facendo perno sull’arto scivolò di lato e tornò in piedi con la shinai stretta in mano.

Contro due avversari così ben affiatati e dalla potenza non indifferente non ce l’avrebbe fatta ancora a lungo…specialmente utilizzando solo la Shinai. Doveva chiudere i conti e doveva farlo subito.

Kenji alternava lo sguardo tra Kenshin e Yahiko. Trasparivano dai loro movimenti e dalle loro mosse una grande esperienza, sangue freddo e precisione. Fu rapito dalle loro danze mortali contro gli Sushin.

Ed ora? Un altro gorilla si era messo contro il suo maestro! Pochi centimetri, schivate al pelo…

E suo padre? Sempre più sangue, sempre più ferite…

Le mani del ragazzino tremarono appena…un profondo terrore riempì i suoi occhi.

Se continua così…non torneranno a casa…ed è tutta colpa mia. Solo mia!

Prima che se ne rendesse conto la vista gli si era annebbiata e gli occhi luccicavano di lacrime amare mentre lui non poteva fare altro che osservare suo padre e il suo maestro lottare fino all’ultimo respiro.

Quando…

Kenshin saltò indietro, abbastanza da portarsi fuori portata…alzò lo sguardo e gli occhi sottili sull’avversario, Shinuchi prese una posizione che la vecchia spada conosceva bene.

Per pochi secondi lo sguardo di Yahiko andò su Kenshin. Gli bastò un battito di ciglia per riconoscere quella posizione.

“Kenshin!! Non farlo!”

Senza pensare a nulla abbassò la Shinai e fletté le gambe, dinnanzi a lui c’era Byakko che già si metteva in posizione di guardia per parare il suo colpo.

Ma non poteva…non poteva contrastarlo.

Yahiko era deciso: doveva usare anche lui…

“Ryu Shoshen Modoki!!”

Un colpo fulmineo e fatale portato in salto dal basso verso l’alto colpì Byakko al mento e lo scaraventò diversi metri più indietro.

Proseguendo il salto si voltò in volo, caricò dietro alla testa la shinai e con la rapidità di un fulmine si abbatté su Seiryu.

“Myomi Mane Ryu Tsui Sen!”

Fu un colpo spaventosamente potente e talmente veloce che lo Sushin non ebbe nemmeno il tempo di alzare l’arma per proteggersi. Lo accusò totalmente e cadde a terra a sua volta.

Yahiko atterrò malamente accanto a Seiryu, ma prima ancora di riprendere fiato urlò: “Kenji! Fermalo! Fermalo!”

Ma Kenji non ebbe nemmeno il tempo di respirare...

“Hiten Mitsurugi Ryu! Kuzuryuzen!”

Suo padre rifoderava la spada alle spalle del nemico che cadeva a terra in un lago di sangue. Cosa era accaduto? Come? Era davvero suo padre?

Kenshin tremò, si volse verso Kenji e sorrise…sorrise come sorrideva sempre…con quello sguardo infantile e dolce.

Il ragazzo ricambiò lo sguardo con le lacrime agli occhi.

“Padre…” mormorò con la voce rotta.

Kenshin vedeva tutto nero e rosso, le forze lo abbandonavano, il terreno mancò sotto i suoi piedi…l’ultima cosa che sentì furono i passi affrettati che correvano verso di lui e una voce.

“PADRE!!!!”

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Capitolo 7
*** Notte sotto la pioggia con il viandante sorridente ***


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[le sempre frequenti recensioni mi commuovono sempre *__* anche se magari un po’ ripetitive non posso esprimere il piacere che mi danno ^^ piccolo scheletro nell’armadio: questa è la mia prima fiction a capitoli…indi ogni volta che aggiungo un pezzo sto a pensarci duemila anni sopra se sia appropriato al seguito della storia o meno XD son quasi ridicola in quei momenti ^^ il sapere che l’evoluzione piace mi fa davvero piacere :D (Beh Kenji in fondo è sempre figlio di Kenshin ^^ un po’ testardo e orgoglioso… ma nn poteva essere malvagio tutto sommato no? -^.^-) bene…finita questa lunga premessa ecco il seguente capitolo buona lettura ^^ e mi raccomando :D continuate a commentare così mi date benzina per i prossimi capitoli   ^^]

 

 

Kenji si lasciò cadere in ginocchio accanto alla figura del padre che giaceva a terra privo di conoscenza…respirava appena, non si muoveva…

Yahiko corse a sua volta verso i due ed osservò Kenshin dall’alto verso il basso con uno sguardo vago e rabbioso.

“Brutto scemo!!” Mormorò a mezza voce.

Quasi aveva voglia di mollargli un bel calcio! Ma come gli era saltato in mente? Era troppo, troppo pericoloso per lui…

Kenji alzò lo sguardo verso Yahiko: “Sensei…che succede? Cosa è successo? Non ho visto niente! Non ho capito niente! Non ho potuto fermarlo…non…”

Yahiko scosse le spalle, scostò i capelli sporchi di sangue da dinnanzi al viso e poi mise le mani sui fianchi ma evitò di guardare il ragazzo: “No, chiaramente non avresti potuto fermarlo…nemmeno io ci sarei riuscito…nessuno ci sarebbe riuscito…”

Kenji sgranò gli occhi e strinse i pugni: “Sensei…”

“Quella scuola è troppo potente, perfino per chi la pratica a volte.”

Il ragazzo ebbe un sussulto di emozione reverenziale: “La scuola Hiten?? Allora avevo sentito bene! Era la scuola Hiten!”

Yahiko non rispose ma si chinò su Kenshin e lo afferrò per un braccio per poi sollevarlo facendolo appoggiare sulla sua spalla.

Kenji stava per fare lo stesso dall’altro lato…ma Yahiko lo fermò con un gesto.

“Sono stanco e ferito e quindi non potrei correre molto velocemente.”

“Cosa intendi dire?” domandò il ragazzo non capendo.

“Tu conosci Megumi Takani no?”

“Uhm…” Kenji aveva un vago ricordo di lei…l’ultima volta che l’aveva vista erano stati almeno 5 anni prima…allora lui ne aveva dieci e non aveva prestato molta attenzione alla donna. Era venuta a visitare suo padre. Si era intrattenuta qualche giorno ma lui in quell’occasione si trovava fuori casa per questioni di allenamento. A fatica ne rammentava il nome e ancor meno il volto.

Yahiko interruppe i suoi pensieri.

“Beh non ha importanza! Lei è una dottoressa, è la migliore per tuo padre in questo momento. Lo conosce bene è forse l’unica che può curarlo come si deve! Devi andare a chiamarla! Vai da lei e dille che ti mando io, non tarderà a riceverti!”

Kenji annuì con forza: “Dimmi dove si trova!”

“Ad Aizu!”

“Aizu?? Ma è lontanissimo! Ci metterei giorni! Mio padre ha bisogno di cure immediate!”protestò il ragazzo.

Yahiko sospiro di stanchezza: “Certo e le avrà! Ma fidati di me quando ti dico che questo che ti chiedo non è un capriccio o una testardaggine! Le ferite che ha riportato tuo padre non sono quelle di questa sera…sono molto più vecchie e profonde…” il samurai portò le iridi scure sul ragazzo che aveva davanti…lo vedeva, era confuso, spaventato, e aveva paura…non avrebbe voluto chiedergli questo ma ci voleva tempo per mandare una lettera o chiamare qualcuno che andasse fino ad Aizu. E di tempo non ce ne era. Certo ci sarebbe andato lui di persona ma in quelle condizioni ci avrebbe messo troppo tempo. Addolcì il suo sguardo e posò una mano sulla spalla del ragazzo: “Mi fido di te Kenji! La vita di tuo padre è nelle tue mani…sappi questo e corri più veloce che puoi!”

Kenji trasse un profondo respiro e si fece coraggio.

Il Cielo sopra di lui tuonò e in poco tempo una pioggerellina fine fine iniziò a contornare l’aria per farsi sempre più pesante.

Il ragazzo annuì seriamente, si volse ed iniziò a correre. Ma poco prima di sparire si bloccò di scatto e si volse verso il maestro.

“Sensei! Per quanto riguarda ciò che è successo ieri…io…”

Yahiko lo guardò spazientito: “Sei ancora qui?! Fila ad Aizu o ti farò fare tanti di quei colpi a vuoto che ti si staccheranno le braccia!”

Quelle parole parvero togliergli un peso dal cuore, il ragazzo sorrise ed indugiò ancora qualche istante…solo pochi secondi…

Avrebbe voluto fare tante di quelle domande, dire tante di quelle cose...

Ma lo sguardo perso, duro e pensieroso di Yahiko lo indusse a tacere.

Indi si voltò e corse come mai aveva fatto in vita sua.

Yahiko sorrise appena, poi a sua volta si accinse a mettersi in cammino trascinando ciò che rimaneva della leggenda di Battosai…

 

Andare ad Aizu! Andare ad Aizu! Andare ad Aizu!

Un unico martellante pensiero rimbombava nella testa del ragazzo e tentava di coprire con la sua ossessione l’eco delle mille domande e dei mille quesiti che gli martellavano in testa.

I suoi piedi sfioravano veloci le silenziose e buie vie di Tokio e presto si ritrovò a correre per campi e foreste. La Pioggia era sempre più forte…

Megumi Takani…un altro relitto del loro passato? Mi stanno cadendo addosso uno dietro all’altro…troppo in fretta! Che ferite si portava dietro mio padre? Perché la scuola Hiten è così pericolosa per lui? La scuola Hiten??Ora che ci penso…

“Ryu Shoshen Modoki!!”

La voce tonante del maestro gli rimbombò in testa all’urlo del tuono che si abbatté a poca distanza da lui.

Yahiko-Sensei…ha usato i Lampi del drago! I Famosi Lampi del Drago! Come può conoscere questa tecnica?? Forse…forse mi hanno mentito! Forse a dispetto di quanto vogliono farmi credere non fu solo allievo di mia madre…ma anche di mio padre! A me si rifiuta di insegnarmi la scuola Hiten!! Perché a lui…No!! Basta! Ora concentrati! Potrai chiarire i tuoi dubbi quando Kenshin starà meglio! Padre…

Il sentiero di campagna era fangoso e pesante, il suo respiro sempre più corto, le sue gambe avanzavano più per inerzia di gravità che per altro, il sudore si mescolava con l’acqua piovana che gli infradiciava i capelli e il volto.

Padre resisti…

La vista era sempre più offuscata per la fatica e per la pioggia…il suo piede trascinato incappò in un ostacolo e il ragazzo cadde pesantemente a terra affondando il viso nel fango.

Rimase fermo immobile…quasi non respirò per diversi minuti…le sue dita stringevano l’erba e la terra bagnata che si infilò fin sotto le unghie, un lieve tremito scosse le sue spalle fino a che non si trasformò in forti singhiozzi angoscianti mentre le sue lacrime andarono a mescolarsi al fango.

Pianse…pianse…solo per qualche minuto…ma pianse come mai aveva fatto in vita sua.

“P-perché Yahiko-sensei mi ha mandato ad Aizu? Non ce la farò mai…” mormorò stancamente completamente privo di forze. La terra sotto le sue dita iniziò a tremare e il rombo cupo degli zoccoli sul fango presto riempì l’aria.

Un carretto trainato da un cavallo spedito al galoppo lungo la strada fangosa gli passò accanto non investendolo per pochi centimetri ma coprendolo di schizzi di fango dovuti alla velocità di rotazione delle ruote.

Kenji sospirò ma non si mosse nemmeno di un millimetro.

Il Carretto arrestò bruscamente la sua corsa pochi metri più avanti e ne scese un omino minuto con abiti umili e il capo coperto con un copricapo per ripararsi dalla pioggia.

“Ehy ragazzo! Tutto bene?” esclamò una voce vellutata mentre si avvicinava a lui.

Kenji si alzò barcollante da terra grondando si fango, acqua e lacrime. Fissò lo sconosciuto con gli occhi rossi per il pianto e mormorò sconnessamente: “Devo…devo andare ad Aizu.” Con un tono automatico e quasi supplichevole.

Quando il ragazzo gli volse il volto l’uomo sussultò e si avvicinò ulteriormente a lui.

“Accidenti ragazzo! Mi hai fatto prendere un infarto! Ti avevo scambiato per un altro!”

Esclamò l’uomo dai tratti gentili e un sorriso dolce sempre segnato sul volto.

“Beh…non puoi certo andarci a piedi! E’ ancora parecchio distante da qui! Vieni da Tokio?”

Kenji annuì stancamente: “Devo arrivarci il prima possibile!”

“Uhm…beh…non era proprio la mia meta ma…già che sei qui. Salta Su! Ti ci porto io ad Aizu! Sembra una cosa urgente!” esclamò l’uomo sempre sorridente.

Il ragazzo quasi non credette alle sue orecchie! Sgranò gli occhi per quel gesto di generosità inaspettato.

“M-ma…signore io…”

“Forza muoviti! Non hai detto che hai fretta?” Domandò l’uomo che già saliva in cassetta pronto a partire.

“Perché fa questo per me?”

“Te l’ho detto…mi ricordi una persona.” Rispose semplicemente e con voce dolce il viandante.

Kenji si guardò indietro, poi fissò la strada…lunga e interminabile…Aizu nemmeno ancora si vedeva…e poi c’era suo padre…sanguinante, debole…

Salì in cassetta a sua volta e il carretto partì a tutta velocità.

“Non so davvero come ringraziarla!” Esclamò ancora Kenji rivolto all’uomo seduto accanto a lui che dirigeva il carro con le redini in mano.

“Non ti preoccupare!” Esclamò sorridente l’uomo.

Seguì un periodo di completo silenzio occupato solamente dai rombi dei tuoni e dallo scalpitio degli zoccoli del cavallo che correva al galoppo.

Kenji era esausto e si godé il tepore scarso del legno bagnato e gli scossoni della corsa come un caldo letto di piume…ma non si lasciò mandare al sonno.

Il viandante misterioso dal canto suo non fece domande di alcun genere.

Solo quando la pece della notte stava per essere rimpiazzata con il grigiore del mattino Kenji accennò a parlare.

“Chi è?” domandò con un filo di voce.

“Uh?” l’uomo sembrava stupito “Chi?”

“L’uomo che ti ricordo…di chi si tratta?”

“Oh! Lui!” esclamò sorridente lo sconosciuto “Beh per la verità non lo vedo da…ouf…tanti di quegli anni che quasi non saprei dire…non so nemmeno se sia ancora vivo. Forse alla fine è morto…ucciso da uno dei tanti nemici che aveva o schiantato dalle sue colpe.”

“Non ricordi il suo nome?” domandò Kenji incuriosito da quella bizzarra premessa.

“Uhm…veramente…beh lui aveva molti nomi. Io l’ho conosciuto con il nome con il quale lo chiamava la gente. Era il sempai del mio signore. Come si chiamasse sul serio io non l’ho mai saputo…ma lui negli ultimi tempi amava presentarsi come...uhm…com’è che si faceva chiamare già? Ah sì! Kenshin! Himura di cognome se non sbaglio!”

Kenji dovette trattenersi per evitare di cadere dal carro tanto fu grande lo scatto che fece quando sentì quel nome.

“Piano ragazzo! Stiamo andando troppo veloci per muoverti così!” lo rimproverò dolcemente l’uomo.

Kenji respirò a fondo prima di riuscire a calmarsi.

“Il mio nome…” iniziò titubante, il viandante volse lo sguardo verso di lui incuriosito

“…è Himura Kenji…Kenshin è il nome di mio padre!”

Per un istante il viandante non disse nulla…poi scoppiò a ridere come se trovasse la cosa incredibilmente spassosa.

“Davvero? Sei il figlio di Battosai? Non ci posso credere! Ecco perché gli assomigli così tanto! Mi sembrava troppo strana come coincidenza! Hai gli stessi capelli rossi di tuo padre…anche se mi sembri più robusto di quanto non fosse lui!”

Kenji annuì ancora confuso: “In questo ho preso più da mia madre.”

“Ah capisco! Quindi quel demonio è ancora vivo! Eh eh eh…non lo si ammazza nemmeno la peste!” esclamò con leggerezza e continuando a sorridere mentre alternava lo sguardo tra Kenji e la strada.

“Come mai conosci mio padre?”

“Sarebbe più giusto dire che lo conoscevo…ormai sarà un’altra persona il vecchio Battosai…”

“Parlami di lui…” domandò il ragazzo con lo sguardo basso.

“Mi stupisci con questa richiesta! Di sicuro lo conoscerai molto meglio di me!”

“Io conosco solo Kenshin…di Battosai non so quasi niente.” Il suo tono fu molto più velenoso e aspro di quello che avrebbe voluto.

“Oh! Capisco! Beh in fondo non c’è da stupirsene! Comunque nemmeno io lo conobbi di persona come Battosai…quando lo incontrai aveva già rinunciato a quel nome per diventare un Rurouni.”

Kenji sgranò gli occhi a quell’affermazione: “Mio padre è stato un Samurai Vagabondo?”

“Oh sì! Per diverso tempo! Rinunciò ad essere un Samurai ambizioso appena finita la rivolta e non ne riscattò mai nulla…né un titolo, né denaro né nulla…si limitò a fare promessa che non avrebbe ucciso mai più nessuno e sparì nella nuova era. Anche se quando le nostre strade si incrociarono lui ancora brandiva la spada e faceva parlare di sé.”

“Perché lo incontrasti?”

“Come ti ho detto era il sempai del mio signore di allora, Makoto Shishio. Non so se ne hai mai sentito parlare…”

Kenji scosse il capo in segno di dinego.

“Beh immaginavo…raccolse l’eredità come Battosai e fu una spina nel fianco molto profonda per il governo per diversi anni! Già…stava per diventare il padrone incontrastato di tutto il Jappone…fino a che non incappò in tuo padre…da allora non fu più nessuno.”

“Cosa successe allora? Cosa gli fece mio padre?” domandò il ragazzo sempre più interessato.

Lo sconosciuto gli volse un sorriso dolce e disse semplicemente: “Lo uccise.”

Kenji inghiotti il groppo che aveva in gola e riportò lo sguardo verso il basso, quando l’uomo riprese a parlare.

“Lui, il suo amico Sagara e il vice brigadiere Saito sgominarono tutta la nostra organizzazione…”

“Per caso conosci anche un certo Yahiko Myojin?” domandò Kenji sempre più in apprensione.

“Uhm…” l’uomo si portò una mano al mento in un espressione meditabonda “ Yahiko Myojin hai detto? Uhm…no. Mai sentito mi spiace.”

“Oh…capisco.”

“Sai all’epoca feci molte ricerche su Battosai…è stato seguendo le sue tracce che ho imparato la tecnica Batto.” Proseguì a parlare l’uomo.

Kenji scattò al sentire quel nome.

“Tu…davvero conosci la tecnica Batto?”

“Beh…diciamo di sì…”

Il ragazzo lo fissò con serietà: “Insegnamela!”

“Questo mi confonde…tu sei il figlio di Battosai e chiedi a me di insegnarti la tecnica Batto?” osservò il viandante stupito.

“Non conosco la scuola Hiten…io…sono cresciuto con la scuola..Kasshin.”

L’uomo annuì: “Sì…ne ho sentito parlare. La scuola che fa vivere la gente giusto? Ha avuto un discreto successo negli ultimi tempi.”

“Tsk…sono solo stupidaggini. Non ho avuto scelta! Io ambivo alla scuola Hiten! Ma mio padre…”

“Se da allora non è cambiato immagino che Battosai non voglia prendere allievi.”

“Già…ti prego! Insegnami la tecnica Batto!”

Di nuovo l’uomo scoppiò a ridere.

“Questo potevi chiedermelo 10 anni fa…ma ora come ora. Non impugno la spada da un secolo.”

Kenji parve molto deluso da quell’affermazione.

“Allora eri forte non è vero?”

“Quante domande che fai! Oh sì puoi dirlo…potevo tenere testa a tuo padre.”

“Sul serio? E allora perché hai abbandonato la spada?”

L’uomo prese un profondo respiro prima di proseguire: “Vedi, il signor Shishio era la mia ragione di vita, il mio unico signore e padrone…a lui dovevo tutto…quando morì per mano di Battosai persi tutto ciò per il quale avevo vissuto. Non avevo nulla se non le parole di tuo padre nella mia testa…e una nuova concezione di vita. Divenni un vagabondo anche io…ed è ciò che sono tutt’ora.”

Kenji incrociò le braccia al petto e lo guardò quasi con pietà: “Devi odiarlo molto.”

“Oh no! In realtà non ho sofferto per la morte del signor Shishio, né per la solitudine, né ho mai odiato nessuno…da quando trafissi con la spada la mia famiglia io non posso provare altro che gioia” Esclamò con leggerezza come se fosse la cosa più naturale del mondo.

Seguì nuovamente un lungo silenzio pesante…o non sapevano cosa dire oppure non avevano semplicemente altro di cui parlare. La pioggia piano piano cessò e le nubi si scostarono per mostrare la timida aurora che salutava nuovamente la terra. I raggi del Sole illuminarono il sentiero che serpeggiava fino alle abitazioni che si scorgevano all’orizzonte.

Stavolta fu il viandante a interrompere il silenzio.

“Laggiù c’è Aizu…siamo quasi arrivati!”

Kenji annuì e fu come se solo in quell’istante si fosse ricordato cosa stava succedendo e perché si trovava lì a parlare con quell’uomo…la notte era scivolata via come se fosse stata un sogno o un miraggio. E di nuovo sentiva il peso opprimente del suo compito, di nuovo penò per la salute del suo genitore.

“Kenji…”

Si volse verso il viandante.

“Ci ho messo un po’ di tempo ma…adesso credo di aver capito ciò che pensava tuo padre anni fa..”

“Io invece non so se lo capirò mai…” ammise Kenji sconsolato.

Il viandante sorrise di nuovo: “Ti prego di portargli i miei saluti.”

“Non so nemmeno come ti chiami…” gli fece notare il ragazzo.

“Hai ragione! Beh digli solo che il signor Seta gli manda i suoi riguardi.”

Kenji annuì: “Sì, lo farò.”

 

Era mattino presto. I raggi del Sole spingevano per penetrare dalle fessure delle inferiate ancora chiuse. La ragazzina si stava preparando ad aprire l’ambulatorio per i pazienti del mattino…ancora un’oretta e sarebbero iniziate le visite.

Akane temporeggiò davanti allo specchio sistemandosi la frangetta e scrutando il suo viso…quando qualcuno bussò alla porta con un’insistenza e una forza tale da spaventarla.

Si diresse verso l’uscio e lo aprì quel tanto che basta per sbirciare all’esterno.

Un ragazzo poco più grande di lei sudicio e dal viso stravolto le rivolse uno sguardo allarmato.

“Megumi Takani abita qui?” domandò con tono impaziente.

“S-sì…ma l’ambulatorio è ancora chiuso…non…”

Il ragazzo tirò una spallata contro alla porta e Akane venne spinta indietro con tale forza che perse l’equilibrio e cadde a terra.

Kenji entrò di prepotenza nell’edificio e fissò la ragazzina: “Dimmi dov’è Megumi Takani!” esclamò quasi in tono di minaccia.

“Ehy!” una voce interruppe il suo interrogatorio, il ragazzo alzò lo sguardo dinnanzi a lui e vide una bellissima donna di circa 30 anni con i capelli neri e lunghi e gli occhi scuri profondi. “Come ti permetti di fare irruzione nel mio ambulatorio prima dell’apertura e maltrattare la mia allieva! Chi diavolo sei tu?”

Kenji lasciò perdere la ragazzina e si concentrò sulla donna: “Tu sei Megumi Takani?”

“Sono io! Ora rispondi alle mie domande teppistello o chiamo le guardie!”

“Mi manda Yahiko Myojin!” esclamò subito il ragazzo ricordando le parole del maestro.

Il volto della donna cambiò espressione: “Cos’è successo?” domandò in tono allarmato.

“Si tratta di mio padre…di Kenshin!” esclamò sempre più agitato “Lui sta male! E’ ferito! Mi hanno detto di chiamare te!”

La donna parve sulle spine: “Se ti hanno mandato fin qui significa che ha usato di nuovo la spada…giusto?”

Kenji annuì guardando verso il basso.

“Ken!” esclamò prima di voltarsi e correre a raccogliere i suoi attrezzi e medicinali “Diamine potevo aspettarmelo da Sanosuke una cosa del genere…ma da te…”

Kenji rimase nell’ingresso come pietrificato quando Megumi gli passò accanto acchiappandolo per un braccio e lo trascinò fuori urlando: “Akane cancella tutte le visite dei prossimi giorni!” poi chiuse la porta e corse a chiamare una corriera.

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