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Lista capitoli: Capitolo 1: *** Il Genpuku Mancato *** Capitolo 2: *** Sfida senza inizio e senza fine *** Capitolo 3: *** Presa di coscienza *** Capitolo 4: *** Tempi andati e presenti *** Capitolo 5: *** Ricordi sul filo della Spada *** Capitolo 6: *** Lampi del drago della scuola Hiten *** Capitolo 7: *** Notte sotto la pioggia con il viandante sorridente ***
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La grande opera di Watsuki
ha affascinato, commosso, divertito e incantato. Ma ora la storia del Samurai
vagabondo è terminata. È tempo di iniziare la storia di Kenji e
Shinya.
Questi due personaggi mi
hanno sempre affascinato. Nonostante di Kenji abbiamo solo una breve apparizione
alla fine del 28 volume e di Shinya null’altro che una citazione nell’epilogo ho
sempre immaginato con fascino i due figli dei grandi Kenshin e Yahiko. Divisi e
uniti dall’eredità di entrambi i padri: La Spada
Shinuchi.
E’ un peccato non poter
conoscere la loro storia…quindi eccola…
Una Storia dell’era
Meiji. Fatemi sapere se vi piace e se, secondo voi devo continuarla ^^. Grazie e buona lettura.
Il Genpuku
Mancato
“Padre!
Ascoltami!”
Kenshin si volse di
scatto alzando lo sguardo dalla bacinella del bucato e osservò il ragazzo con
sguardo interrogativo: “Cosa c’è Kenji?”
“Da oggi ho 15 anni!”
esclamò il ragazzo mettendo le mani sui fianchi con sguardo serio e
deciso.
Kenshin raccolse i panni
bagnati e si alzò con il pesante cesto tra le braccia: “Lo
so.”
Kenji rimase in silenzio
come se si aspettasse che il genitore continuasse a parlare.
Ma Kenshin avanzò verso
i fili da stendere passandogli accanto, fischiettando un motivetto allegro,
senza null’altro proferire.
Kenji si voltò verso di
lui con volto adirato: “Non far finta di nulla! Lo sai! E’ tempo del
Genpuku!”
Kenshin, che si stava
apprestando a stendere, si bloccò per qualche attimo…poi però riprese e dandogli
la schiena disse: “No, non credo.”
Il ragazzo lo guardò
sgranando gli occhi: “Cosa significa?”
Kenshin sospirò e si
volse verso di lui: “Kenji…” sorrise dolcemente “hai ancora tanta strada da fare
prima di diventare un uomo…lo sai.”
Kenji rimase di sasso a
quelle parole…il suo volto espresse il disprezzo più totale: “E questo perché lo
hai deciso tu?!”
“Ascolta
Kenji…”
“Non ascolto un
accidente! Ormai ho 15 anni! Perché ti rifiuti di mettermi alla prova? Perché
non posso prendere il tuo posto? Non posso
avere…”
Lo sguardo di Kenshin si
fece cupo: “Dunque era a questo che volevi arrivare…vuoi
Shinuchi.”
Kenji abbassò lo sguardo
e strinse i pugni, poi riprese fiato e ricominciò a parlare: “Beh…anche se
fosse? Non ne ho forse il diritto? Sono tuo
figlio!”
Kenshin scosse il capo
tristemente: “Questo non ha importanza…”
Kenji stentò a
trattenere la rabbia: “Mi fai un torto padre! E tu lo sai! Mi hai detto che
mettesti via la spada anni fa con l’intenzione di non sfoderarla mai
più!”
Kenshin rimase in
silenzio.
“Non ci credo neanche un
po’! Se così fosse perché continui ad allenarti con la
shinai?”
Il volto del genitore si
trasformò in un sorriso: “Sai Kenji…il Kenjutsu con la shinai è davvero
divertente!” esclamò semplicemente.
Kenji lo fulminò con lo
sguardo: “Padre…tu sei in possesso di una lama unica al mondo! Perché non me la
vuoi cedere? Perché non vuoi nemmeno farmela
vedere?”
Kenshin continuò a
stendere senza proferire null’altro: “Te l’ho detto…ormai appartiene al
passato…lasciala perdere…piuttosto, sei in ritardo per la lezione del
pomeriggio.”
Il ragazzo a quelle
parole sbuffò e si voltò con fare indifferente: “Scordatelo…in quella palestra
io non ci vado più!”
Kenshin si voltò verso
di lui con sguardo estremamente serio:
“Perché?!”
“Non fare finta di non
saperlo padre!”
“Dovresti portare più
rispetto al tuo maestro…è un ottimo
spadaccino.”
“Yahiko Myojin? Non
farmi ridere!”
“Kenji! Attento a come
parli! Quella che insegna è l’arte della tua
famiglia.”
Kenji si morse un labbro
discostando lo sguardo: “La scuola Kamiya Kasshin non è l’arte della mia
famiglia…”
Kenshin lo osservò
freddamente: “Cosa vorresti dire?”
“Che l’ho studiata solo
per fare un favore a mia madre…ma, una scuola che mira a far vivere la gente…
Sono solo sciocchezze!”
Kenshin respirò a fondo.
Mentre osservava suo figlio che si inginocchiava dinnanzi a lui: “Padre ti
prego…insegnami la scuola Hiten…la tecnica più
potente…”
“La tecnica
assassina!”lo interruppe il samurai parlando
freddamente.
“Io devo diventare forte
padre per…”Kenji abbassò lo sguardo “Per poter meritare l’onore di essere il
figlio di Battosai.”
Al sentire quel nome a
Kenshin si gelò il sangue nelle vene…quanto tempo era che non lo sentiva. E ora,
proprio suo figlio lo chiamava così…la cicatrice sulla guancia ormai pallida e
quasi sparita gli parve bruciare come un tempo. Ma forse era solo
un’impressione.
Si abbassò e prese per
le spalle il figlio facendolo rialzare lo guardò dritto negli occhi e
sorridendogli gli disse: “Diventalo Kenji…diventa
forte…”
Il ragazzo sorrise
eccitato e speranzoso.
“Con la scuola Kamiya
Kasshin.”
Concluse Kenshin con un
tono che non ammetteva repliche. Si voltò. Raccolse il cesto vuoto e si diresse
verso casa.
Kenji rimase immobile a
fissare il vuoto.
Non prenderò più lezioni da quel buffone! Mai più! Non
lo sopporto! Si permette di insegnare la scuola di mia madre con tanta libertà e
a lui va tutto il rispetto di mio padre…manco fosse loro figlio!
Dannazione!
Da quando ho memoria lo vedo entrare e uscire da casa
nostra, insegnare nella nostra palestra e andare in giro ad esibire la nostra
scuola con tanta superbia.
Il ragazzo rifletté con
rabbia fissando il terreno…l’immagine del suo giovane maestro impressa nella
mente…lui! Che gli aveva sempre sottratto il rispetto di suo
padre!
…Yahiko
Myojin…
“Kenji! Cosa fai qui è
tardi?” La voce di un dolce rimprovero materno interruppe i suoi pensieri e lo
svegliò come da un sogno.
Kaoru affacciata dalla
finestra che dava sul cortile di casa lo osservava con sguardo severo: “Perderai
la lezione se non ti dai una mossa!” esclamò la donna mentre si stringeva un
nastro tra i capelli.
“Ho capito madre! Vado
subito!” Rispose il ragazzo uscendo dal cortile e prendendo a correre verso la
palestra.
Ripensandoci...non è
una cattiva idea andare in palestra in fondo...Aspettami Yahiko-Sensei...sto
arrivando...
Capitolo 2 *** Sfida senza inizio e senza fine ***
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Sfida senza
inizio e senza fine
Yahiko era seduto ad un
lato del tatami. Giocherellava nervosamente con una Shinai tra le mani. Tre
ragazzi erano in ginocchio dinnanzi a lui silenziosi e con uno sguardo
interrogativo.
Yahiko aveva 25 anni e
il ragazzo, ormai aveva ceduto posto ad un
uomo.
Era sposato da 5 anni, e
in un angolo della palestra un bambino di 4, con i suoi lineamenti, se ne stava
raggomitolato a giocare con una bambolina di
stoffa.
Era nervoso quel
giorno…Non solo Tsubame aveva insistito perché tenesse Shinya mentre lei si
occupava di aprire l’Akabeko per l’inizio della stagione, ma ora non poteva
iniziare la lezione perché Kenji non accennava a farsi
vedere.
O Meglio…non voleva
iniziare la lezione.
Quel ragazzo lo avrebbe
presto mandato al manicomio.
Marinava frequentemente
le lezioni, si presentava in ritardo, spesso si rifiutava di fare gli esercizi e
prestava la giusta attenzione solo alle lezioni che lui trovava
interessanti.
Perché continuava a
tollerarlo?
Probabilmente perché gli
ricordava lui da allievo.
Erano ancora chiari
nella sua mente i giorni delle zuffe con Kaoru, la sua impazienza nel diventare
forte e il suo desiderio di apprendere i segreti…in fondo lo
capiva.
“Ehm…Sensei…” uno dei
ragazzi che attendevano in silenzio si osò a
parlare.
Yahiko spostò lo sguardo
su di lui: “Cosa c’è Hisaki?”
“Quando potremo iniziare
la lezione?” domandò il ragazzo osservando il
maestro.
Yahiko sospirò…avevano
anche ragione
La ragazza alla sua
destra gli tirò una gomitata per zittirlo: “Quando arriverà Kenji! E’
ovvio!”
Questa volta fu l’ultimo
allievo a parlare: “Mica possiamo sempre stare ai comodi di
quello!”
La ragazza lo fulminò
con lo sguardo: “Ma piantala! Mica è l’unico ad arrivare in ritardo!” lo
rimproverò.
“Non fare confronti
Aiako! Intanto è l’unico che ferma la
lezione.”
Yahiko sospirò di nuovo
alzandosi…aveva ragione.
“Va bene…calmati Hiroya.
Su…diamo inizio alla lezione.” Così dicendo afferrò la Shinai più saldamente e
attese che gli allievi si misero in
posizione.
In quell’istante la
porta della palestra si aprì e Kenji fece il suo ingresso con un leggero fiatone
asciugandosi il sudore.
Yahiko gli sorrise: “Su
muoviti…prendi la shinai e…”
“No!” esclamò il ragazzo
osservando il maestro con sguardo di sfida.
I tre ragazzi volsero lo
sguardo su di lui e Yahiko cambiò espressione: “Come
sarebbe?”
“Hai sentito sensei!
Oggi niente shinai! E’ il giorno del mio
Genpuku!”
esclamò Kenji con
orgoglio mentre saliva sul tatami.
Yahiko continuò a
guardarlo con la Shinai appoggiata ad una spalla: “E io cosa
c’entro?”
Kenji si fermò dinnanzi
a lui: “Ti sfido! Per diventare un uomo.”
Mormorii confusi dei
suoi condiscepoli seguirono quest’affermazione.
Yahiko l’osservò
inarcando un sopracciglio.
“Se ci tieni chiedi a
tuo padre…” concluse con noncuranza ma senza staccare lo sguardo
dall’allievo.
“No! Sarò un uomo solo
quando avrò sconfitto te! Ed è ciò che intendo fare! Qui e ora!” esclamò Kenji
con convinzione e determinazione.
Seguì un attimo di
silenzio…Aiako, Hiroya e Hisaki attesero con il fiato sospeso…lo sguardo si
alternava tra il maestro e Kenji che lo sfidava con tanta
noncuranza…
Yahiko manteneva
un’espressione fredda e impassibile….fu lui a rompere il
silenzio.
“Kenshin si è rifiutato
di sfidarti vero?!” domandò con un tono quasi
compassionevole.
A Kenji parve crollare
il mondo addosso…come? Come lo sapeva? Come poteva averlo
capito?
“Stai
zitto…”
“E’ così
vero?”
“Taci…”
“Allora ho capito
tutto…” Yahiko scosse la testa.
“Ma cosa vuoi aver
capito??? Non hai capito un accidente! Come diavolo fai a saperlo?!” sbottò
Kenji al limite della sopportazione. Questo era
troppo.
“Se tu passassi meno
tempo a disprezzare ciò che è diventato tuo padre e aprissi gli occhi lo
capiresti anche tu!” Esclamò il ragazzo con un tono di secco rimprovero che a
Kenji fece solo salire la rabbia. Incurante di questo il maestro continuò “Come
faccio a saperlo? Lo so perché conosco tuo padre e, anche se ti rode, conosco
bene anche te…”
Kenji gli diede le
spalle e mormorò: “No…tu non sai niente di
me.”
Yahiko non mutò
espressione: “Kenji!” lo chiamò per farlo voltare e gli lanciò la shinai che
teneva in mano.
Il ragazzo la afferrò al
volo: “Questo significa che accetti la mia
sfida?”
Yahiko scosse il capo:
“No, solo che siamo in ritardo e che è ora di iniziare la lezione! Basta
sciocchezze! Aiako e Hiroya oggi farete da colpitori
mentre…”
“Tsk…questo vuol dire
che hai paura di essere sconfitto da un tuo allievo? Già…immagino che
umiliazione!” disse Kenji baldanzoso rigirandosi con fare da esperto la Shinai
tra le mani.
Yahiko lo fulminò con lo
sguardo per intimarlo a stare zitto.
“Dicevo…mentre invece
Hisaki e Kenji…”
Kenji strinse le mani
intorno all’elsa. Non serviva provocarlo. Ma il ragazzo non poteva tollerare di
essere ignorato così! Non da lui! Prima di rendersi conto di cosa stesse facendo
aveva impugnato la Shinai e si era messo in posizione.
Corse verso di lui e
spiccò un salto urlando: “Non mi ignorare!!” caricò indietro la spada di legno
per colpire il suo maestro, disarmato, dall’alto verso il basso in un colpo in
cui mise tutta la sua forza.
Yahiko si voltò…ma
troppo tardi per schivarlo.
Il suono secco di un
colpo andato a segno….
Aiako, Hisaki e Hiroya
chiusero gli occhi spaventati.
Kenji sentì il colpo
venire meno…non lo aveva colpito…il contraccolpo lo mandò indietro. Perse la
presa sulla shinai e cadde sul tatami. Guardò verso l’alto. Yahiko teneva la
punta della sua spada tra due dita.
Lo aveva bloccato senza
un’arma e senza nemmeno aver mosso il braccio…solo con due
dita.
Kenji lo guardò
terrorizzato dal basso senza avere la forza di
muoversi.
Il silenzio venne rotto
solo dal bambino nell’angolo. Che per qualche strana ragione tutto d’un tratto
si mise a piangere.
“C-come…come hai
fatto?”
Yahiko lanciò la shinai
in aria facendola girare e la riafferrò dall’elsa puntandola verso il collo del
ragazzo steso a terra.
“Questo è uno dei
segreti della scuola Kamiya Kasshin.” Proferì con un filo di
voce.
Kenji rimase interdetto
e non disse nulla. Quindi Yahiko continuò a
parlare.
“Tua madre mi iniziò ai
segreti quando avevo 10 anni. Tuo padre tenne il mio Genpuku quando compì i 15.
Come ho fatto chiedilo a loro…avresti potuto riuscirci anche tu arrivato a
questo punto.”
Il ragazzo sentì un
vuoto allo stomaco…quando aveva 10 anni? Lui ormai era un uomo e ancora perdeva
tempo a fare colpi a vuoto.
E poi…suo padre lo aveva
sfidato per farlo diventare uomo…mentre si era rifiutato di combattere con suo
figlio.
Yahiko premette la punta
della Shinai contro il suo collo ancora più forte e si chinò a terra accanto a
lui: “Ti invidio Kenji. Sei figlio di un grande uomo. Inoltre hai un talento
straordinario per il Kenjutsu. Sei il miglior allievo che io abbia mai avuto.”
Disse osservandolo bene in volto. Poi lasciò cadere la spada di legno a
terra.
“E anche il peggiore.”
Sentenziò alla fine alzandosi ed
allontanandosi.
Kenji rimase a terra
ancora qualche minuto.
Nessuno dei tre allievi
osò dire una parola.
Yahiko si volse e si
diresse ad un lato della palestra avvicinandosi a Shinya.
Lo prese in braccio e lo
coccolò un po’ per farlo smettere di piangere.
Il bambino si attaccò
alle vesti del padre, ma con gli occhietti lucidi fissava il ragazzo sdraiato a
terra.
Inaspettatamente Kenji
scoppiò a ridere: “Ora…ora ho capito tutto.” Esclamò tra una risata e l’altra
mentre si portava una mano sulla fronte.
In un istante tutti gli
occhi tornarono su di lui.
“Mio padre…quel
maledetto…ho capito perché non vuole cedermi
Shinuchi.”
Yahiko sussultò ma
mantenne uno sguardo impassibile.
“Tu!” esclamò mentre si
rialzava tenendo lo sguardo fisso sul maestro.
“Oltre che avermi
portato via il rispetto di mio padre…”
Aiako alternò uno
sguardo disperato tra i due. No! Non voleva! Così Kenji non le piaceva per
niente! Si interpose fra Yahiko e il ragazzo: “Basta Kenji finiscila!”
Ma lui non le diede
retta. Continuò ad avanzare verso il maestro.
Aiako non si mosse di un
centimetro.
Kenji la fissò senza
darle importanza. Con un colpo la spinse di lato facendola cadere a
terra.
Hisaki si precipitò da
lei per aiutarla a rialzarsi e per assicurarsi che non si fosse fatta
male.
Hiroya invece afferrò
una Shinai e si schierò in difesa del maestro: “Adesso basta Kenji! Stai
esagerando!”
Il ragazzo in tutta
risposta raccolse la spada di legno lasciata a terra poco
prima.
Hiroya si mise in
posizione…partì all’attacco con un affondo. L’avversario lo schivò facilmente
girandosi su un lato in modo da avere rivolta la sua schiena.
Aveva le spalle
scoperte. Fece volteggiare la shinai pronto a colpirlo. Ma qualcosa lo
trattenne.
Yahiko gli bloccava di
nuovo un colpo con sole due dita. Un braccio alzato per fermarlo mentre con
l’altro ancora stringeva il suo Shinya.
Come era arrivato già
lì? A che velocità si era spostato? Kenji trattenne il
fiato.
“Se vuoi prenditela con
me. Ma non toccare i miei allievi.” Gli disse guardandolo con due occhi che
parevano trasmettere veleno.
Kenji indietreggiò quasi
spaventato. Rinunciò ad attaccarlo. Ma terminò la
frase.
“E’ così vero? 10 anni
fa quel maledetto di mio padre ti diede la sua spada! Tu hai Shinuchi!” esclamò
con tono di accusa indicandolo.
Yahiko si chinò su
Hiroya e lo aiutò a rialzarsi: “Mai scoprire le spalle.
Ricordatelo.”
Il ragazzo annuì ancora
atterrito e i mise da parte.
Poi Yahiko riportò la
sua attenzione a Kenji: “E’ come dici!” posò a terra Shinya sussurrandogli di
allontanarsi. Il bambino trotterellò via.
“E’ vero! Io possiedo
Shinuchi. E non la cederò…non ora, non a
te.”
Kenji lo fissò con
disprezzo: “Quella spada è mia!” mormorò a denti
stretti.
Yahiko lo fissò
severamente: “Vattene...” disse indicando la porta. “Non rimettere mai più piede
in questa palestra. Cresci con un’altra scuola se ci tieni. Ma io non ti
insegnerò più nulla. Non ti azzardare a ripresentarti a
lezione.”
Cacciato…cacciato dalla
palestra.
Kenji prese fiato e con
lo sguardo rivolto ostentatamente verso il basso prese ad avanzare verso
l’uscio. Si richiuse la porta alle spalle.
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[Grazie grazie grazie e
grazie ancora per i bellissimi complimenti a Geko e a Vinnie ^.^ ammetto che ero
scoraggiata poiché nonostante mi ci stessi impegnando non trovavo appoggio al di
fuori del sito J
ero tentata di lasciar perdere ma
mi basta che la legga anche solo una persona per cambiare idea ^_^ spero di ricevere altri commenti e suggerimenti mano a
mano che la storia continua…bene…dove eravamo rimasti?]
Presa di Coscienza
Quando fu uscito Yahiko
abbassò lo sguardo e sospirò tristemente…
“Cosa dirò a Kenshin ora?
Il Figlio della Pace. Come è potuto succedere?”
Sospirò nuovamente…quanto
gli faceva male…eppure non aveva avuto altra
scelta.
Non poteva certo negare che
quel ragazzo non fosse naturalmente portate per il Kenjutsu. Anzi! Era già
nettamente superiore ai suoi condiscepoli e ai suoi sempai.
In pochissimo tempo aveva
raggiunto livelli eccezionali e talvolta con una rapidità impressionante… Un
genio della spada. In tutto e per tutto. Ma purtroppo quel carattere bizzarro
comune a tanti geni gli impediva di diventare il grande uomo che sarebbe potuto
essere.
Yahiko dovette ammettere a
sé stesso quanto quel ragazzino fosse molto più dotato e predisposto al Kenjutsu
di quanto non fosse stato lui alla sua età.
Ma le esperienze che aveva
inevitabilmente fatto, i pericoli, il sangue e il sudore della sua infanzia lo
avevano obbligato a fare passi più lunghi delle sue, allora, piccole
gambe.
Certo era cresciuto, era
diventato forte e in giro lo definivano come uno dei cinque più bravi del
jappone orientale.
Sciocchezze! Ormai sarò il secondo del
Jappone!
In passato lo diceva
spesso…e probabilmente lo pensava anche.
Non che gli anni avessero
intaccato il suo orgoglio o la sua baldanza…ma sapeva benissimo che era maturato
rozzamente e troppo in fretta.
La sua non era stata una
preparazione meditata e maturata con il tempo, ma indispensabile per riuscire a
sopravvivere.
A volte mi chiedo se sia stato un bene o un
male…
Perso nei suoi pensieri
congedò i suoi allievi scusandosi con loro. Ma quel giorno non se la sentiva
proprio di fare lezione…
I tre ragazzi se ne
andarono a capo chino senza osare aggiungere una parola. Varcarono l’uscio
seguiti dalla promessa del loro Sensei che avrebbero recuperato la lezione al
più presto.
Solo quando furono in
strada Hiroya osò parlare…borbottando a mezza voce con cipiglio adirato: “Che
razza di buffone! Fare certe scene in palestra! E sfidare il Maestro! Il
Yahiko-Sensei ha fatto solo bene a cacciarlo! Staremo molto meglio senza di
lui…”
Aiako rimase silente
osservando i suoi piedi avanzare in mezzo ai due amici…rivedeva nella sua mente
lo sguardo di sufficienza che il ragazzo le aeva lanciato, e la freddezza con la
quale l’aveva gettata a terra…nemmeno fosse stata sua
nemica.
Hisaki si accorse dei
pensieri della ragazza ed intimò con lo sguardo l’amico di stare zitto. In tutta
risposta Hiroya sbuffò sonoramente incrociando le braccia dietro al
capo.
Sapevano benissimo entrambi
che la ragazza aveva un debole per Kenji dall’inizio dell’anno, indi trovarono
inopportuna qualsiasi parola di consolazione o maldiceria sul ragazzo…il
silenzio pesante e imbarazzante di poco prima ci mise poco a cadere di nuovo tra
i tre.
Ma in breve fu nuovamente
rotto da Hisaki che sgranò gli occhi alzandoli sulla strada ed ebbe un
sussulto.
Aiako e Hiroya seguirono la
direzione del suo sguardo. E all’unisono i tre ragazzi deglutirono a
disagio.
“Ehm…buona sera signora Himura…” Pronunciarono quasi in
coro.
Un forte battito sul legno della porta scosse l’uscio sbarrato.
Il cartello appeso che indicava la chiusura
sbatté per contraccolpo fino a cadere.
Tsubame alzò gli occhi dai
cocci rotti che teneva tra le mani.
La ragazza era accovacciata
a terra che si affrettava a raccogliere il piatto, fatto a pezzetti poco prima
dal discolo che ora osservava la scena in un angolo con occhi
mortificati.
Trasalì appena quando sentì bissare con tanta violenza. Il sole stava per
tramontare e L’Akabeko aveva appena chiuso.
Si portò una mano al mento
incerta sul da farsi mentre si guardava intorno con
apprensione.
“Shinya!” chiamò il bambino
che si avvicinò a lei timoroso di una ramanzina per via del danno fatto. Infatti
fu sollevato quando la giovane madre lo prese tra le braccia e gli domandò con
tranquillità: “Sai dov’è papà?”
Shinya annuì forte con il
capo: “A passeggio…oggi è triste…” rispose con una sottile vocina
decisa.
Tsubame parve sorpresa,
fece per domandare al bimbo come mai, quando i battiti alla porta ripresero…ma
stavolta accompagnati da una forte voce femminile che
urlava.
“Yahiko! Vieni fuori! Non
cercare di nasconderti! Questa volta l’hai combinata
grossa!”
Tsubame capì al volo di chi
si trattasse. Kaoru non aveva mai veramente smesso di trattare Yahiko come il
suo discepolo discolo.
Si affrettò ad aprire la
porta e la signora Himura fece irruzione nel locale chiuso ancora prima che la
porta fosse del tutto aperta.
“Ehm…Buona sera Kaoru…”
Balbettò incerta Tsubame mentre Shinya si nascondeva dietro alla sua
gonna.
La donna si voltò verso di
lei con un’espressione furibonda…eh sì che aveva sempre fatto paura.
“No! Non è per nulla una
buona sera! Dov’è Yahiko? Se spera di sfuggirmi
io…”
“Ma smettila racchia! Sei
ridicola!” Esclamò il ragazzo varcando con calma la porta sul
retro.
“Guarda che non avevo paura
di te nemmeno quando avevo dieci anni…figurati adesso.”
Tsubame non poté fare a
meno di sospirare di sollievo quando lo vide arrivare.
Se a lui non faceva paura a
lei sinceramente Kaoru, in quelle condizioni, la intimoriva non
poco.
La signora Himura si voltò
di scatto verso Yahiko ignorando il suo commento, lo fulminò con lo sguardo:
“Come hai potuto cacciare Kenji dalla palestra?”
Il ragazzo sospirò
astenendosi per qualche istante di rispondere, abbassò lo sguardo…era un
discorso inevitabile.
“Lui…ha tenuto una condotta deplorevole.” Rispose alzando
lo sguardo su di leim anche se la frase sapeva tanto di bugia o di
scusa.
“Ma…ma…” Kaoru quasi non seppe cosa rispondere, si portò le mani nei
capelli con fare esasperato “Yahiko c’è bisogno che mi metta a contare tutte le
volte che per questa ragione io avrei dovuto cacciarti su due piedi?!”
pesante…ma con lui quella carta funzionava sempre.
Kaoru la tirava sempre fuori quando il suo allievo aveva
qualcosa da ridire sulla condotta di Kenji.
Ma questa volta…si trattava
di molto di più che una lezione marinata o un esercizio non
svolto.
“Mi dispiace Kaoru! Non hai
idea di quanto! Ma non posso più insegnargli
nulla.”
Esclamò con tono
conclusivo. Yahiko voleva tanto bene alla donna che non aveva il cuore di dirgli
come stavano le cose…di dirgli cosa aveva fatto il suo adorato
Kenji.
Lei da quando era diventata
mamma quasi non aveva occhi che per lui. Non che ci fosse da biasimarla o che
fosse un male. Ma purtroppo a volte quasi le impediva di vedere la
realtà.
“Yahiko!” lo sguardo di Kaoru fluttuava tra l’ira, lo stupore e la
delusione.
“E’ l’arte della mia
famiglia! E voglio assolutamente che mio figlio cresca con la scuola Kamiya
Kasshin! Non posso credere che sia proprio tu a farmi questo
discorso.”
Yahiko si appoggiò al muro incrociando le braccia.
“Mi fa male dirtelo ma…Kenji non è fatto per la scuola Kasshin.”
Esclamò tutto d’un fiato quasi come se si fosse tolto un nodo alla
gola.
“Ma…ma come puoi dire
questo?” Esclamò Kaoru furibonda e delusa.
“Io…”
La donna continuò interrompendo le sue mezze frasi che stentavano ad
iniziare, parlava con ritmo incalzante in preda ad una giusta
agitazione.
“Hai sempre detto che aveva un
talento incredibile per il Kenjutsu!”
“Sì, infatti è
cos…”
“Una cosa del genere non me
l’aspettavo da te! Come puoi fargli questo? Se a te avessero tolto il Kenjutsu
cosa avresti fatto? Eh? Dimmelo!”
“Non…”
“Cacciato dalla palestra!
Dalla palestra della sua famiglia! Non posso…”
“Kaoru!” Yahiko si era spazientito e aveva alzato la voce per far tacere
anche solo per un attimo quel fiume di parole!
Eppure non ce la faceva…non voleva continuare la
frase.
“Dai! Forza parla ora!”
esclamò la donna con fare offeso.
Shinya si nascose
nuovamente tra le gambe della giovane madre che osservava la scena con occhi
quasi spaventati…era orribile vederli litigare
così.
Yahiko volse uno sguardo a
suo figlio e a sua moglie e fece loro un lieve sorriso triste. Indi sospirò,
sì…non gli pareva ci fosse altra scelta.
“Kaoru…”
Riprese con un tono molto più tranquillo, quasi triste o
compassionevole.
“Hai tutto il diritto
a pretendere che tuo figlio cresca con la scuola della tua
famiglia…”
Per qualche secondo alla donna
tornò il sorriso…sapeva di poter contare su Yahiko, sul suo piccolo Yahiko che
ormai era alto come lei…era sicura che lo avrebbe fatto ragionare…in fondo tutti
sbagliano. E se nel torto fosse stato lui o suo figlio non le importava gran
che. Solo non poteva tollerare che per una stupidaggine andasse tutto a monte.
Ma il sorriso le morì pochi istanti dopo, quando il ragazzo terminò la
frase.
“…e se ci tieni che la apprenda la apprenderà…ma non da me. Quindi…se non
ti dispiace io abbandono la palestra.”
Tsubame si portò una mano
alla bocca trattenendo lo sgomento e lo stupore.
Shinya si guardò intorno
con fare perso, come quello di chi non capisce cosa ci sia di tanto grave in
tutto ciò.
Kaoru rimase
interdetta…immobile con gli occhi sgranati. Una scossa di emozione le attraversò
il corpo…una scossa molto dolorosa.
Yahiko, invece, inaspettatamente sorrise.
Si volse ed augurò la buona notte ai presenti varcando l’uscio adiacente
senza aggiungere una parola.
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P>
Tempi andati e presenti
La notte era avanzata, una
leggera frescura pacata e tranquilla faceva ondeggiare i petali di ciliegio
nell’aria. Un velo sottile di silenzio, solo rotto dallo stormire delle cicale,
avvolgeva il tutto...il grande fiume scorreva con una tranquillità tale che
pareva dovesse fermarsi da un istante all’altro.
Kenshin fissava le scure
acque da sopra il ponte, appoggiato al parapetto di legno. I gomiti piegati che
sostenevano il suo volto. Nonostante il suo aspetto avesse sempre ingannato la
sua età, ora il suo viso tradiva leggermente gli anni che passavano.
I rossi capelli corti
contornavano i suoi lineamenti, sempre dolci e per nulla mascolini. Qualche riga
tra le pieghe della pelle aveva contato lo scorrere degli anni, senza però mai
deturpare più di tanto il suo aspetto.
Seguendone i contorni con
le dita il suo polpastrello sfiorò la guancia
sinistra…
Era ancora lì…quel segno
indelebile non era scomparso…
Si era assottigliato,
cicatrizzato e nascosto bene tra le pieghe del volto…ma non era scomparso. Anche
se ormai appariva perfettamente per quello che era: una vecchia ferita di tanti
anni fa. Non più un rosso ed evidente monito di sensi di colpa e
dolore.
Eppure bruciava…quella sera
bruciava.
Da quando Enishi era
scomparso in mare dopo l’arresto, giorno dopo giorno quella piaga si era
finalmente decisa ad appianarsi…
Kenshin sorrise appena
facendo un rapido calcolo…
Già…saranno ormai 15 anni…forse di
più…
Un piccolo colpo, appena
accennato, alla schiena lo distrasse dai suoi pensieri…si voltò di scatto
assottigliando gli occhi. Come un riflesso involontario la destra andò al fianco
in cerca della Katana…che non trovò.
Che
stupido.
Ora, voltato verso
l’interno del ponte un figura scura se ne stava appoggiata sull’altra lato
giocherellando con qualcosa tra le mani.
Il volto serio
dell’ex-samurai si mutò in un dolce sorriso.
La figura di Yahiko venne
alla luce delle strade lanciandogli il borsellino che Kenshin afferrò al volo:
“Sei un allocco come allora…” commentò il ragazzo canzonandolo con fierezza ed
affetto.
Kenshin ridacchiò
imbarazzato: “E tu sei rimasto un piccolo ladruncolo che restituisce la
refurtiva.”
Yahiko si concesse un mezzo
sorriso divertito.
15 anni…forse di più…
Lo sguardo del ragazzo andò
alla mano destra di Kenshin, che era rimasta al fianco,sospirò appena mettendo mano alla katana
che portava in vita.
“Non ce l’hai da quasi
dieci anni…e ancora la cerchi quando sei
insicuro?!”
Kenshin si limitò a
sospirare sorridendo e facendo spallucce.
Preferì lasciar cadere il
discorso…
“Yahiko…non ti ho chiesto
di venire per rievocare il passato.” Disse poi alzando gli occhi alla
luna.
“Beh…anche se potevi
scegliere un posto meno significativo…me lo aspettavo!” ammise il ragazzo
guardando invece verso il basso. Seguì un breve
silenzio…
“Non tornerò in
palestra…”
“Lo
so.”
“Mi dispiace tanto per
Kaoru…”
“So anche
questo.”
“Bene. Quindi non cercare
di farmi cambiare…”
“Non ti ho chiesto di
venire nemmeno per parlare della palestra…”
Yahiko annuì: “E
dunque?”
“Ti ho chiesto di venire
perché volevo che mi parlassi di Kenji.” Ammise infine Kenshin spostando lo
sguardo sul ragazzo che non seppe trattenere un sorriso sarcastico. E che poteva
aspettarsi da Kenshin d'altronde?
Il ragazzo in questione
camminava assorto per le vie deserte di Tokio, la tenue luce dell’illuminazione
pubblica gli illuminava il cammino…non che guardasse realmente dove stesse
andando in fondo.
Da ieri non era più tornato
a casa. Da quando era stato cacciato dalla palestra aveva solamente continuato a
vagare come un nomade per Tokio. Mangiando ai carretti o sostando per riflettere
al bordo del fiume o al porto.
Eppure non si sentiva per
nulla stanco.
Sua madre era in pena? Suo
padre furioso? (oppure l’inverso!)
Non gliene
importava…
Non poteva vedere né colei
che gli aveva offuscato gli occhi con la scuola Kasshin invece che lasciarlo
dedicare alla scuola Hiten.
Né tanto meno colui che lo
aveva privato dell’onore, dell’eredità e della forza che lui tanto
anelava.
Il primo rumore a
giungergli alle orecchie fu il tiepido ruscello del fiume, quando poi due voci
fin troppo conosciute presero a fare sfondo al silenzio
notturno.
Alzò lo sguardo…erano
lì…
Il suo maestro e suo
padre.
Ritti sul ponte
parlavano…di cosa?
Kenji si accorse
improvvisamente di avere una gran voglia di scoprirlo. Anzi…doveva scoprirlo!
Era indispensabile!
Fece il giro largo e si
avvicinò cosi alla sponda del fiume, che risalì lentamente e con pazienza per
non fare rumore…accostò il ponte dal basso trovandosi quasi sotto di esso.
Trattenne il respiro per
udire i dialoghi che si svolgevano sopra di lui.
“E così…ha usato la spada
per attaccarti.” Sospirò Kenshin con voce stanca.
Yahiko scosse il capo: “Non
è questo il problema…l’ha brandita contro i suoi coodiscepoli. Era pronto a
colpire…a fare male…e chissà cos’altro se non lo avessi fermato. E…non guardarmi
così Kenshin…non esagero.”
L’ex-Samurai annuì
gravemente: “sì, lo so.”
“La scuola Kamiya
Kasshin…la scuola che fa vivere la gente. La scuola che protegge e sostiene.
Forse solo sciocchezze melense, però…non…non potevo vederlo usare gli affondi
che gli ho insegnato per colpire i suoi compagni.”
Kenshin sospirò di nuovo.
Yahiko si sentì quasi in colpa. Sapeva di dargli un dolore con quelle
parole.
“Cosa gli hai
detto?”
“Che non gli avrei più
insegnato niente…di non rimettere più piede nella palestra. Di Crescere con
un’altra scuola se ci teneva.”
Lo sguardo di Kenshin mutò:
“Ti chiedo di fare uno sforzo di memoria…torna ai tuoi dieci anni. I primi
giorni del tuo addestramento…”
Yahiko lo guardò stupito:
“Mi chiedi un grande sforzo! Ma a cosa ti
riferisci?”
“La palestra era sempre
vuota. Eri l’unico allievo della scuola dopo la truffa di Battosai. L’impostore
che si era spacciato per me andando in giro a…”
“Uhm…sì…beh e allora?”
domandò il ragazzo meditabondo.
“Gli allievi avevano
abbandonato la scuola e rinnegato la spada a causa
sua…”
“Dove vuoi
arrivare?”
“A quei due ex allievi di
Kaoru che un giorno scatenarono una rissa al ristorante e dopo aver provocato
dei malviventi si erano rifugiati il palestra.”
Yahiko sospirò di nuovo
alzando gli occhi pensieroso, anche se vago e poco dettagliato l’episodio gli
riaffiorò alla mente.
“Non vedo nessuna attinenza
con…”
Kenshin proseguì: “Avevano
usato la spada e le tecniche della scuola per fare del male, sotto l’effetto
dell’alcol utilizzarono la scuola Kasshin contro dei
disarmati.”
Yahiko annuì: “Riconosco
una certa affinità...ma dove vuoi arrivare?”
“Ricordi cosa dicesti a
quei due ragazzi?”
Yahiko alzò le braccia:
“Ehhhh ora pretendi troppo!” esclamò con falsa
esasperazione.
Kenshin sorrise: “Hai
ragione…beh te lo dico io: gli dicesti di andare a casa, posare la spada e non
riprenderla in mano mai più…di dimenticarsi di essere stati allievi della
scuola.”
Yahiko lo guardò con mezzo
sguardo: “Che memoria…” ammise pur sapendo dove l’amico voleva andare a
parare.
Il volto di Kenshin si
illuminò del suo solito dolce sorriso quasi fanciullesco: “Però a Kenji questo
non lo hai detto!”
Yahiko sospirò guardando le
travi del ponte: “Io ho detto che Kenji non è portato per la scuola Kasshin…non
che non lo è per il Kenjutsu…”
Lo sguardo di Kenshin non
mutò: “Io invece penso che lui ne abbia bisogno più di quanto
immagini!”
Yahiko lo guardò quasi con
malizia ma non rispose.
“Torna in palestra ad
insegnargli…”
“E chi vi dice che io lo
voglia ancora come maestro?”
La voce alta di Kenji
interruppe bruscamente il dialogo.
Entrambi si voltarono verso
l’imboccatura destra del ponte.
La figura del ragazzo si
presentò a loro mentre avanzava verso i due.
Kenji volse uno sguardo
sprezzante a Yahiko: “E così hai abbandonato la
palestra!”
Kenshin afferrò per una
spalla il figlio: “Portagli rispetto che gli devi Kenji!” esclamò con sguardo
sottile.
Ma il ragazzo si scostò
dalla presa: “E che rispetto gli devo? Non mi ha insegnato nulla. Non mi ha
mostrato nulla. Non l’ho mai visto combattere. Per me non è
nessuno…”
Yahiko lo guardò con
espressione indifferente ma carica di significato…quando il pesante dialogo
venne bruscamente interrotto dal passaggio di una carrozza che sfrecciò a pochi
centimetri da loro sulle assi del ponte facendole
tremare.
Fu un miracolo se non
vennero travolti.
Un uomo in uniforme
all’interno di essa si sporse leggermente quando ne scorse le vaghe figure e con
voce tonante intimò il cocchiere di fermarsi.
Si affacciò dal finestrino
urlando: “Signor Himura! Signor Myojin! E’ il cielo che vi manda!” Esclamò
affrettandosi a scendere dalla carrozza per avvicinarsi a
loro.
“Addirittura…ma quanto fai
il melodrammatico…” una voce strafottente e annoiata lo seguì e un uomo dalla
singolare stazza, ma soprattutto pettinatura, scese dalla carrozza a sua
volta.
“Kenshin…Yahiko e il
giovane Kenji! Ci si rivede!”
Cho li salutò con un lieve
sorriso facendo un cenno al capo con la mano
sinistra.
Infatti portava la destra
appesa al collo e fasciata fino al gomito.
Kenshin lo squadrò da capo
a piedi: “Ma cosa è successo?” domandò, vista la strana
situazione.
“Un po’ di subbuglio in
città…”
Il signor Kosaburo scosse
il capo con fermezza: “No! Non si tratta della solita routine! Ieri alla
periferia, nella caserma secondaria, hanno fatto irruzione quattro bestioni
dalla forza spaventosa!”
Kenshin osservò il
poliziotto seriamente: “Hanno quindi sbaragliato la polizia locale, Signor
Kosaburo?” ma c’era anche da dire che da quando Saito si era ritirato dal ruolo
di vice brigadiere (5 anni prima) la polizia non vantasse una grande forza
militare, in quell’era di pace poi.
Il poliziotto annuì
seriamente: “Nemmeno il signor Cho è riuscito a
fermarli.”
Yahiko fece uno sguardo
scettico: “Shinichi…questo non significa assolutamente niente!” esclamò con fare
sfottente.
“Ehy! Cosa vorresti dire?”
esclamò interdetto una delle Ex dieci spade.
Kenji rimase in silenzio,
visto che non veniva interpellato. Si chiedeva solo come mai Yahiko osasse
chiamare il brigadiere per nome.
Kenshin lasciò morire il
dialogo…effettivamente c’erano cosa più importanti da
considerare.
“Signor Kosaburo,
continui!”
“Ah! Ehm…sì! Dicevo che
sono in quattro, hanno una mole e una forza spaventosa…e dicono di chiamarsi
Sushin!”
Kenshin e Yahiko
sussultarono all’unisono e si scambiarono un preoccupato sguardo di
intesa.
Kenji li guardò entrambi
alternando lo sguardo tra i due: “Cosa? Cosa significa? Chi sono?” domandò
impaziente. Ma non gli venne data una risposta.
Kenshin si volse verso di
lui: “Kenji! Torna a casa! Noi torneremo il prima possibile!” esclamò con tono
d’urgenza.
Nello stesso istante Yahiko
si volse verso il brigadiere: “Shinichi dove sono ora?” domandò preoccupato e
ansioso.
“No! Non se ne parla
nemmeno! Io vengo con voi!” protestò Kenji con
determinazione.
“Kenshin! Muoviti!” Yahiko
si era già messo a correre verso la direzioni indicatagli e non avrebbe tardato
molto a sparire dalla vista.
L’ex samurai rimase incerto
qualche attimo, tra lo sguardo deciso del figlio e la fretta di correre
via.
Indi si voltò scattando a
sua volta per ammonire Kenji ad alta voce mentre di allontanava: “Torna a casa
da tua madre!”
In pochi istanti i due
sparirono nella notte.
Il brigadiere e Cho li
osservarono allontanarsi mentre Kenji stringeva i
pugni.
Perdonami padre. Ma non ci penso
nemmeno!
Un ultimo rumore di passi
di legno si dissolse sul ponte dirigendosi al centro della
città.
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P>
[Domando umilmente scusa per via della mia lunga assenza
e per i mancati aggiornamenti…l’estate e le vacanze purtroppo mi hanno portato
via dal pc più a lungo del previsto ^^ comunque ora sono tornata, con un
capitolo fresco fresco (sperando che vi piaccia) e un altro ancora in forno ma
quasi pronto ^_^ quindi non dovrete attendere molto per il seguito. Intanto
godetevi il 5 episodio J ]
Ricordi sul filo della
Spada.
Kenshin si stupì molto
della rapidità con la quale Yahiko correva dinnanzi a lui.
Era riuscito a diminuire la
distanza che li separava, ma per quanto si sforzasse non riusciva ad
affiancarlo…strinse i denti e i pungi mentre cercava di aumentare ancora la
velocità…
Ma perché?
Perché? Perché?
Purtroppo gli anni
passavano…il ragazzo si irrobustiva e maturava, mentre per lui invece,
nonostante la sua incredibile condizione fisica e la sua fama alle spalle, gli
anni non facevano che indebolirlo.
Allenamenti sempre più
scarsi, le ossa sempre più fragili e il fiato sempre più corto…per non parlare
delle sue condizioni fisiche instabili che teneva sotto stretto controllo già da
anni.
Nonostante tutto raggiunse
la schiena del ragazzo che si voltò verso di lui senza smettere di
correre…Yahiko sgranò gli occhi.
Kenshin ansimava, aveva il
fiato corto e il passo pesante.
“Kenshin stai bene?”
domandò con apprensione.
“Ma sì certo! Non ti
preoccupare!” Rispose l’ex Samurai con un sorriso…
Yahiko fece per
controbattere quando la loro attenzione venne attirata da un urlo straziante che
ne precedette diversi altri.
Voltarono immediatamente in
quella direzione, e videro quattro omoni dall’incredibile stazza che si
muovevano con movimenti fluidi e coordinati sfondando le porte e colpendo
famiglie e passanti presi alla sprovvista senza pietà
alcuna.
Gruppi di poliziotti armati
di scimitarre tentavano di contrastarli, ma i numerosi corpi che cadevano
intorno a loro indicavano la chiara impotenza dei guerrieri.
Ragion per la quale molti
di loro si diedero alla fuga.
“Sushin!!!!!” urlò Yahiko
alla loro volta portando la mano sull’elsa di
Shinuchi.
I quattro alzarono il capo
e lo guardarono con uno smisurato ghigno sul volto…era incredibile…erano
esattamente come Yahiko se li ricordava quella mattina sulla spiaggia. Gli anni
parevano non averli intaccati per nulla…facevano quasi
effetto.
Kenshin invece rimase
impassibile a quella vista. Strinse i pugni quando si accorse di essere accorso
disarmato.
Non appena videro i due gli
Sushin smisero immediatamente di distruggere e di combattere e volsero ai due
nuovi arrivati tutta la loro attenzione.
“Sei tu Yahiko Myojin?”
Domandò uno dei quattro avanzando di un passo rispetto ai suoi compagni.
Impugnava un lungo bastone di metallo dalla forma
singolare.
Kenji svoltò l’angolo in
quel momento. Rimase pietrificato a quella vista.
Osservò i bestioni con
timore e soggezione. E dinnanzi a loro se ne stavano il suo maestro e suo padre.
Parevano scriccioli a loro confronto, ma avevano lo sguardo alto e le gambe
larghe. Fieri e immobili.
Nessuno parve accorgersi
della sua presenza…meglio così, per il momento.
Yahiko ghignò appena verso
l’uomo che si era fatto avanti: “Felice che ti ricordi di me razza di
gorilla!”
Kenji rimase interdetto e
quasi emozionato…li conoscevano.
Appartenevano a quel
passato misterioso e glorioso di cui lui non conosceva che poche briciole.
Quel passato che aveva
fatto nascere grandi personaggi e grandi guerrieri.
Quello di cui parlavano con
sollievo e malinconia…quello da cui lui si sentiva amaramente
escluso.
L’omone scrutò Yahiko
dall’alto al basso e il suo sorriso malefico si allargò (per quanto impossibile)
ancora di più.
“Era solo un piscialletto
l’ultima volta che l’ho visto…e guardatelo adesso!” esclamò con tono
strafottente.
Yahiko in tutta risposta
estrasse Shinuchi e si mise in posizione.
“Un piscialletto che ti ha
dato una sonora lezione però!” esclamò provocante. “Che ci fate qui? Cosa
volete?”
“Se non ricordo male io e
te abbiamo un conto in sospeso!” esclamò l’uomo facendo ondeggiare il bastone di
ferro.
Kenshin fissò i due
avversari intensamente: “A che pro distruggere e uccidere tutta questa
gente?”
Questa volta fu uno degli
omaccioni rimasti in disparte a prendere la parola.
“Che domanda stupida
Battosai! Tokio è davvero immensa…perché metterci a fare inutili ricerche quando
voi potevate comodamente raggiungerci? Ma tu non ci interessi per il momento.
Siamo qui per riscattare il nostro orgoglio perduto su quella spiaggia 15 anni
fa! Inizieremo dal moccioso…poi sarà la volta del lupo di Mibu, di Aoshi
Shinomori e di Sanosuke Sagara!”
Yahiko strinse ancora di
più la presa intorno all’elsa…
Al sentire quei nomi una
fitta gli attraversò il cuore.
Si ritrovò a penare per la
loro sicurezza dopo tanto tempo.
Purtroppo a loro era ignoto
ove si trovassero i tre in quel momento.
Sanosuke era sparito in
mare 15 anni fa alla volta delle terre occidentali.
Saito si era ritirato dalla
polizia 5 anni prima e aveva lasciato Tokio con poche parole alle sue spalle:
“Ho ancora qualche vecchia
faccenda da sistemare…” ma da allora non si era più rivisto.
Aoshi invece aveva vissuto
all’Aoiya per qualche anno, ma dopo poco si era accorto che non era ancora
giunto il momento del suo riposo.
E così aveva ripresto il
suo lavoro di spia al servizio di chissà quale organizzazione o governo, e aveva
lasciato l’albergo insieme a Misao procurandosi solo di scrivere raramente ai
suoi compagni, ma senza mai tradire la sua
posizione.
“Sapete dove si trovano?”
Domandò Kenshin mordendosi un labbro.
“Questa storia non ti
riguarda Battosai! Fatti da parte e lasciami riscattare il mio onore!” esclamò
l’uomo armato di bastone metallico mettendosi in posizione dinnanzi a
Yahiko.
Kenshin appoggiò le mani ai
fianchi e si mise da parte…non doveva temere per Yahiko.
Aveva piena fiducia nelle
sue capacità. E sapeva che gli Sushin erano persone d’onore.
Gli altri tre non avrebbero
interferito nello scontro.
Yahiko respirò a fondo e
brandì meglio Shinuchi: “Ti ho battuto una volta e posso farlo di nuovo, senza
difficoltà.”
Gembu scoppiò in una
risatina controllata: “Io non ne sarei così
sicuro.”
Kenji, dal suo angolo
strinse i pugni adirato…
Parlavano di fatti che lui
non conosceva, di persone mai viste e di luoghi e avvenimenti di cui non sapeva
niente…ma una cosa la capiva: Avevano fatto irruzione nelle case, ucciso dei
civili e dei poliziotti senza ritegno, avevano infranto la tranquillità della
notte…per trovare Yahiko.
Solo per questo. Una
sciocchezza simile? Tutto questo solo per trovare Yahiko?
E ora? Che faceva suo
padre? Non combatteva? Si metteva da parte aspettando che il suo maestro facesse
tutto. Questo era troppo.
Prese un respiro carico di
rabbia, digrignando i denti si voltò e rigirò l’angolo a passi lenti e
silenziosi.
Yahiko aveva le scure iridi
piantate sul suo avversario, che inaspettatamente fece la prima mossa.
Con un colpo ampio
dall’alto verso il basso entrò nella sua area di difesa. Era veloce!
Alzò la lama in orizzontale
per parare il colpo…Gembu conosceva il segreto della scuola Kasshin. Doveva
essere prudente nell’utilizzarlo.
Il colpo risuonò violento
sul metallo della Katana e Yahiko dovette stringere forte l’elsa per non perdere
la presa.
Si chinò appena e scivolò
indietro per farlo sbilanciare, pronto a colpirlo al ventre (ove la difesa era
praticamente nulla).
Il suo movimento fu fluido
e rapido. La lama affondò nella pancia del colosso e lo fece barcollare
avanti.
Yahiko indi scivolò di lato
potandosi alle sue spalle caricando un colpo alto.
Il ragazzo era concentrato
e fisso sul combattimento. Ma nell’istante in cui fece per colpirlo alla schiena
un sussulto lo distrasse e gli bloccò il braccio.
Rivide Kenji nella palestra
che tentava di usare il medesimo colpo contro Hiroya.
Certo…quel colpo glielo
aveva insegnato lui…
Un fortissimo colpo al
petto lo sorprese nella sua distrazione. E la punta del bastone lo spinse
indietro con una forza tale da farlo cadere indietro di un paio di
metri.
Kenshin sussultò…No. Yahiko
non poteva aver commesso un errore così stupido.
C’era qualcosa che lo
turbava. Era evidente.
Merda! Quanto sono cretino! Un errore così
grossolano…
Mentre si alzava ebbe
appena il tempo di vedere Gembu sopra di lui che caricava un colpo alla sua
testa per la seconda volta. Stavolta nemmeno pensò…agì di
istinto.
Alzò entrambe le manie
chiuse nei suoi polsi la punta dell’arma bloccando
l’attacco.
Gembu ridacchiò di nuovo:
“Mi sembra di averla già vista questa scena…”
Yahiko lo guardò in volto
stringendo la presa: “Solo che stavolta è diverso…”
Fece ruotare i polsi e
afferrò il bastone tra le mani spingendo la punta in
avanti.
“…ora conosco bene la
natura della tua arma.”
“Tu
dici?”
Il colpo fu improvviso ed
inaspettato. La punta del bastone parve allungarsi di botto. E colpì Yahiko in
piena fronte che fu costretto a lasciare la presa.
L’omone scoppiò in una
risata di soddisfazione e riportò la punta del bastone della sua lunghezza
naturale.
“Yun-Mo-Sei-Quan, il
bastone Serpente di Gembu, lo fracassasti tanti anni fa! Non esiste più da
allora! Ma ora ti posso presentare con orgoglio la nuova versione,del mio
Yun-Mo-Sei-Quan! Il Bastone Serpente Cobra…”
Yahiko si tirò
immediatamente in piedi. Era chiaro! Come aveva fatto a non pensarci? Un nemico
abbastanza valido non lo avrebbe certo sfidato senza cambiare tattica…sapendo
che entrambi conoscevano i punti deboli dell’altro.
In una situazione normale
non si sarebbe certo lasciato ingannare da una truffa così evidente...ma un
fastidioso ronzio gli riempiva la testa.
Già…era diventato come
Kenshin…non riusciva a fondersi totalmente nel duello. Non riusciva ad esistere
unicamente per combattere, anche solo per il breve periodo dello scontro, e in
quel momento tutt’altro occupava i suoi pensieri.
Basta! Era ora di
finirla!
Ripartì all’attacco
riservandosi sempre una distanza di sicurezza. Parò, schivò e bloccò i colpi
contundenti senza controbattere…ad ogni colpo sulla sua lama sentiva la
vibrazione scorrergli lungo il polso. Chiuse gli occhi pochi istanti e la
seguì…partendo dal punto di incontro tra le due armi la vibrazione di espandeva
lungo Shinuchi e lungo il bastone serpente…sempre più in
là.
Aprì gli occhi di scatto,
abbassò la lama verso terra tenendo l’elsa solo con la
destra.
Immediatamente il colpo
scattante del bastone tentò di colpirlo in viso.
Distese la gamba destra
indietro per fare attrito e…
Kenshin osservò la scena
con occhio clinico da esperto. Aveva capito che ogni singolo movimento di
Yahiko, dopo il colpo ricevuto, era dedito solo allo studio dell’arma nuova.
Osservò mentre il ragazzo abbassava la guardia e il colpo veloce del bastone lo
colpiva diretto in volto.
Fu un colpo duro e andò
perfettamente a segno.
Yahiko strinse i denti e
alzò il tallone destro guadagnando l’equilibrio. Un solo movimento, fluido e
fulmineo. Shinuchi scivolò nuovamente vero l’alto e andò a colpire con il dorso
affilato della lama la superficie estrema del bastone intaccandolo e
incastrandosi in esso.
La vista del ragazzo si
annebbiò e la testa girava sempre più forte…le ossa del viso scricchiolarono e
uno zigomo cedette. Ma nonostante ciò quando incrociò lo sguardo di Gembu Yahiko
sorrise.
“L’interno del bastone è
vuoto vero? l’estremità estendibile è stata aggiunta con un meccanismo ad
incastro collegato alla molla. Quando fai oscillare la punta l’incastro cede e
la molla fa scattare il colpo…” Spiegò aggrottando le sopracciglia in quella
maschera di sangue che era il suo viso. “Ma se blocco il ritorno della punta
nell’incastro con la mia lama…niente più colpi a sorpresa giusto?” concluse
infine sorridendo strafottente.
Gembu parve confuso e
allibito. Digrignò i denti dalla rabbia. Tanto tempo per elaborare e costruire
il nuovo bastone serpente….tutto aspettando quel momento. E il maledetto ne
aveva già scoperto il segreto e studiato un modo per
annientarlo.
Cercò di recuperare la
calma.
“B-beh…ma se non
sbaglio…neanche tu ora puoi usare la spada…se la sfili dal bastone
io…”
Non ebbe il tempo di finire
la frase che un forte colpo partito senza che nemmeno lui se ne accorgesse andò
ad infrangersi sul suo volto rompendogli il naso e diversi
denti.
Yahiko aveva fatto ruotare
la mano intorno all’elsa e l’aveva caricata dal basso vero l’alto facendola
girare intorno alla lama per colpire con l’impugnatura della katana il brutto
muso di Gembu.
Lo Sushin cadde a terra
sonoramente e Yahiko fu rapido a impugnare meglio Shinuchi per puntargli la lama
al collo.
“Chi ti dice che io abbia
bisogno di sfilare la lama dal tuo bastone per attaccare?” Domandò osservandolo
dall’alto verso il basso passandosi la mano sinistra sugli occhi per evitare che
il sangue gli offuscasse la vista.
Kenshin lasciò andare il
fiato. Esternamente sembrava del tutto impassibile a ciò che avveniva, ma nel
suo subconscio non poté fare altro che rilassare qualche muscolo in tensione
quando vide quella scena.
Kenji aveva fatto il giro
di un paio di isolati per ritrovarsi alle spalle degli Sushin. Spiava la scena
seminascosto dietro ad un angolo.
Era deciso ad attaccare
personalmente quei bestioni. Non poteva tollerare tutto il sangue che avevano
sparso. Ma non era uno sprovveduto, gli era bastato uno sguardo per capire che
lui in quanto a forza fisica e corporatura contro di loro non avrebbe avuto
speranze. E visto che non poteva nemmeno usare la carta esperienza optò per
quella dell’astuzia. Un attacco a sorpresa. Non molto corretto forse ma in fondo
cosa importava.
Era pronto…schiena contro
il muro, Shinai stretta in pugno (cosa non avrebbe dato per poter stringere una
katana) e occhi sugli avversari.
Tre se ne stavano in
disparte. Mentre il quarto era impegnato in un combattimento contro il suo
Sensei. Era l’occasione ideale! Nessuno badava a
lui…
Eppure indugiava…indugiava
anche troppo. Le sue iridi erano rapite dai movimenti di Yahiko, le sue orecchie
meravigliate dai suoi ragionamenti fulminei e le sue membra ammiravano il suo
coraggio nel farsi colpire di proposito per bloccare l’arma avversaria. Per un
solo secondo, un attimo che sfumò subito, sentì che in quel momento sarebbe
stato fiero di additarlo come suo maestro.
Fu quell’attimo di
distrazione a costargli caro…molto caro…
“Ehy! Un moccioso ci vuole
attaccare alle spalle!” Uno degli Omoni urlò verso Kenji tradendo la sua
posizione.
A quelle parole sia Kenshin
che Yahiko sussultarono sperando di non vedere chi temevano che fosse. Ma quando
volsero il capo e videro Kenji sgranare gli occhi in preda al panico mentre
Sozaku e Seiryu si avvicinavano a lui, con chiare intenzioni poco benevoli, non
riuscirono a trattenere un urlo. E in contemporanea scattarono alla sua volta ad
una velocità impressionante.
“Kenji!!
no!!”
Kenji si era visto
strappato via dai suoi pensieri di botto, e l’istante dopo si era ritrovato allo
scoperto, i nemici che avanzavano verso di lui. Tutta la baldanza, la sicurezza
e la determinazione svanirono in una nuvola di vapore…si accorse di non essere
in grado di pensare o di reagire. Strinse convulsamente l’elsa tentando di
ostentare sicurezza.
Sozaku estrasse le sue due
spade gemelle caricando il colpo, mentre Seiryu fece ruotare l’alabarda per una
falciata verso il basso.
Kenji si sentì mancare
mentre vedeva le lame avvicinarsi a lui a grande velocità e precisione…chiuse
gli occhi e strinse i denti attendendo
l’inevitabile.
La voce di Yahiko sovrastò
i suoi pensieri: “Kenshin! Prendi!”
Strano…il dolore non
arrivava…riaprì gli occhi.
La prima cosa che vide fu
suo padre, lo vide come non si ricordava di averlo mai
visto.
Era retto dinnanzi a lui e
gli dava la schiena. Stringeva Shinuchi tra le mani e con una velocità tale da
sorprenderlo parò entrambi i colpi delle spade gemelle di Sozaku spingendolo
indietro e continuando ad incalzarlo per farlo arretrare. Il rumore delle tre
lame che si incontravano sempre con maggiore violenza faceva da sfondo ai suoi
movimenti precisi e fluidi quanto una danza.
Ma Kenji non vide solo suo
padre…Yahiko era in ginocchio con una gamba piegata dinnanzi a lui e stringeva
tra i suoi palmi aperti la lama dell’alabarda che era arrivata orizzontalmente
dal basso.
Yahiko strinse i denti
mentre i suoi palmi iniziarono a sanguinare...il colpo orizzontale era di sicuro
il più gravoso da parare per lui. Lasciò andare la lama di scatto, tanto che
Seiryu si sbilanciò in avanti.
Yahiko portò la destra al
fianco con un movimento fulmineo. Ma la strinse intorno al
nulla.
Merda! Era
disarmato.
Volse il capo
indietro.
Kenji vide gli occhi del
suo maestro, contornati del sangue che usciva dalle sue ferite, incontrare i
suoi. Uno sguardo intenso e deciso. In un istante
capì.
Fu una scarica di
adrenalina a dargli la forza. Quasi non se ne accorse. Ma con un salto superò
Yahiko e si calò dall’alto verso il basso con la precisione di un falco calcando
il colpo sulla testa dello Sushin.
Avvertì le ossa del cranio
scricchiolare…ancora poca, pochissima spinta e avrebbe potuto rompergli la
testa, bastava calcare la mano e…
Seiryu cadde a terra con
gli occhi sbarrati.
Yahiko si tirò in piedi e
osservò la scena atterrito.
“Cosa hai
fatto!”
Kenji atterrò con grazia
accanto al corpo dell’omone. Si volse verso Yahiko e lo guardò quasi
freddamente. Gli lanciò la Shinai e il maestro fu lesto ad
afferrarla.
“Muoviti…se lasci da solo
mio padre contro quei tre non te lo perdonerò mai!”
Yahiko trattenne lo
sgomento, Kenji aveva ragione.
Scattò in avanti a rapidità
fulminea per raggiungere Kenshin. Mentre correva passò accanto al corpo di
Seiryu…gli lanciò un’occhiata soltanto.
Inorridito…ma…
Fu un piccolo sussulto
quello che vide sul petto dello Sushin.
Eppure questo gli diede una
gioia e una speranza che non pensava di poter
provare.
Carico di ciò si concentrò
solo sugli ultimi tre avversari rimasti.
Kenji lo osservò correre
avanti, poi portò uno sguardo sulla sua vittima.
“Che razza di
cretino…Davvero pensava che lo avrei ucciso? Tsk…anche se la disprezzo, sono pur
sempre un allievo della scuola Kasshin.” Mormorò tra sé. Poi trasse un sospiro
per scaricare la tensione e portò lo sguardo sullo scontro che stava avvenendo
dinnanzi a lui…
“Yahiko sensei…se crepi qui
chi la sopporterà quella piagnona di tua moglie e quella peste di tuo figlio?!”
esclamò a mezza voce…fino a poche ore prima non voleva altro che vederlo
stramazzare a terra. Ma ora questo pensiero gli diede dei brividi di terrore.
Poi il suo sguardo si posò su Kenshin…
“Padre…guarda che io a casa
nostra da solo non ci torno! Vedi di uscirne intero…se no chi lo spiega alla
mamma?!”
Capitolo 6 *** Lampi del drago della scuola Hiten ***
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Lampi del Drago della
scuola Hiten
Kenshin colpiva e scartava
con precisione millimetrica, si muoveva con grazia e agilità e i suoi occhi
attenti seguivano i movimenti delle due lame avversarie bloccandole e
contrastandole.
Eppure, nonostante visto
dall’esterno apparissero come movimenti perfetti e fluidi, l’ex samurai
ambizioso aveva il fiato corto, e ogni sua parata e affondo erano sempre meno
precisi.
“Ah ah ah ah ah ah!!!”
La risata fragorosa del guerriero che lo
fronteggiava echeggiò per le vie di Tokio “Nemmeno una leggenda come Battosai
può fare nulla contro il tempo che passa eh? Ormai sei vecchio! E’ tempo che ti
ritiri!”
Esclamò con un tono sempre
più aspro mentre rincarava la dose di colpi ed aumentava la
velocità.
Kenshin indietreggiò di qualche passo, e non poche volte vide il luccichio del metallo a
poca distanza dal suo volto o dalla sua carne.
“I-io…non sono
più…Battosai!” Esclamò tra una parata e l’altra, ormai utilizzava tutte le sue
energie per difendersi, non riusciva a portare a segno nemmeno un
colpo.
Strinse i denti e puntò i piedi cercando di smettere di
indietreggiare.
Eppure non ce la
faceva più…le sue vesti erano tagliate in diversi punti e le spade dello
Sushin andarono a segno diverse volte. Riuscì quasi sempre ad evitare ferite
troppo profonde, ma non ci volle molto affinché il suo sangue cominciasse a
colorare il terreno.
Dannazione…avevo promesso…lo avevo promesso a Kaoru, e
anche a Megumi…e a me stesso…che non lo avrei più
fatto…
Prese fiato e fissò
l’avversario negli occhi afferrò Shinuchi con entrambe le mani e piegò le
ginocchia, pronto a saltare. Per un attimo il suo sguardo si posò di lato. Vide
Kenji. Fermo immobile lo guardava con apprensione e timore. Una morsa fredda gli
afferrò il fiato.
Mi dispiace…avrei tanto voluto che tu non mi vedessi
così…figlio della pace.
Figlio Mio.
“Porca la miseria più
nera!” Mormorò Yahiko a denti stretti mentre fronteggiava i due
colossi…
Si era buttato a capofitto
contro Seiryu e la sua lunghissima alabarda, nei primi secondi era stato abile e
veloce e si era portato ad un certo vantaggio su di lui. Schivava i colpi della
sua ingombrante arma con relativa facilità, ma la lunga gittata della lama gli
rendeva difficile portarsi a distanza sufficiente per tentare un attacco.
Mentre era atterrato
indietro dopo l’ennesima schivata aveva sentito chiaro un sibilo alle sue
spalle. Istintivamente si era lanciato avanti rotolando su sé stesso. E pochi
istanti dopo un colpo tremendo aveva fatto vibrare la terra alle sue
spalle.
Byakko (l’ultimo degli
Sushin) aveva fatto scricchiolare le dita tozze e potenti mentre le crepe nel
terreno si allargavano.
“Dannati bastardi! Non era
una faccenda tra me e Gembu?” Domando Yahiko sputando un grumo di
sangue.
“Siete stati i voi i primi
ad attaccarci a sorpresa. Non pensavo che avessi perduto il tuo onore di Samurai
Yahiko Myojin!” Rispose Byakko caricando un altro
colpo.
“Tsk bestioni!”
Mormorò Yahiko mentre saltava di alto per schivare il
colpo.
Ancora non aveva toccato
terra che l’alabarda di Seiryu falciava l’aria in cerca della sua
testa.
Si appallottolò su sé
stesso e con una mano sfiorò il terreno prima di toccarlo. Facendo perno
sull’arto scivolò di lato e tornò in piedi con la shinai stretta in
mano.
Contro due avversari così
ben affiatati e dalla potenza non indifferente non ce l’avrebbe fatta ancora a
lungo…specialmente utilizzando solo la Shinai. Doveva chiudere i conti e doveva
farlo subito.
Kenji alternava lo sguardo tra Kenshin e Yahiko.
Trasparivano dai loro movimenti e dalle loro mosse una grande esperienza, sangue
freddo e precisione. Fu rapito dalle loro danze mortali contro gli Sushin.
Ed ora? Un altro gorilla si era messo contro il suo
maestro! Pochi centimetri, schivate al pelo…
E suo padre? Sempre più
sangue, sempre più ferite…
Le mani del ragazzino
tremarono appena…un profondo terrore riempì i suoi
occhi.
Se continua così…non torneranno a casa…ed è tutta colpa
mia. Solo mia!
Prima che se ne rendesse
conto la vista gli si era annebbiata e gli occhi luccicavano di lacrime amare
mentre lui non poteva fare altro che osservare suo padre e il suo maestro
lottare fino all’ultimo respiro.
Quando…
Kenshin saltò indietro,
abbastanza da portarsi fuori portata…alzò lo sguardo e gli occhi sottili
sull’avversario, Shinuchi prese una posizione che la vecchia spada conosceva
bene.
Per pochi secondi lo
sguardo di Yahiko andò su Kenshin. Gli bastò un battito di ciglia per
riconoscere quella posizione.
“Kenshin!! Non farlo!”
Senza pensare a nulla
abbassò la Shinai e fletté le gambe, dinnanzi a lui c’era Byakko che già si
metteva in posizione di guardia per parare il suo
colpo.
Ma non poteva…non poteva contrastarlo.
Yahiko era deciso:
doveva usare anche lui…
“Ryu Shoshen Modoki!!”
Un colpo fulmineo e fatale
portato in salto dal basso verso l’alto colpì Byakko al mento e lo scaraventò
diversi metri più indietro.
Proseguendo il salto si
voltò in volo, caricò dietro alla testa la shinai e con la rapidità di un
fulmine si abbatté su Seiryu.
“Myomi Mane Ryu Tsui
Sen!”
Fu un colpo spaventosamente
potente e talmente veloce che lo Sushin non ebbe nemmeno il tempo di alzare
l’arma per proteggersi. Lo accusò totalmente e cadde a terra a sua volta.
Yahiko atterrò malamente
accanto a Seiryu, ma prima ancora di riprendere fiato urlò: “Kenji! Fermalo!
Fermalo!”
Ma Kenji non ebbe nemmeno
il tempo di respirare...
“Hiten Mitsurugi Ryu!
Kuzuryuzen!”
Suo padre rifoderava la
spada alle spalle del nemico che cadeva a terra in un lago di sangue. Cosa era
accaduto? Come? Era davvero suo padre?
Kenshin tremò, si volse
verso Kenji e sorrise…sorrise come sorrideva sempre…con quello sguardo infantile
e dolce.
Il ragazzo ricambiò lo
sguardo con le lacrime agli occhi.
“Padre…” mormorò con la
voce rotta.
Kenshin vedeva tutto nero e
rosso, le forze lo abbandonavano, il terreno mancò sotto i suoi piedi…l’ultima
cosa che sentì furono i passi affrettati che correvano verso di lui e una
voce.
Capitolo 7 *** Notte sotto la pioggia con il viandante sorridente ***
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[le sempre frequenti
recensioni mi commuovono sempre *__* anche se magari un po’ ripetitive non posso
esprimere il piacere che mi danno ^^ piccolo scheletro nell’armadio: questa è la
mia prima fiction a capitoli…indi ogni volta che aggiungo un pezzo sto a
pensarci duemila anni sopra se sia appropriato al seguito della storia o meno XD
son quasi ridicola in quei momenti ^^ il sapere che l’evoluzione piace mi fa
davvero piacere :D (Beh Kenji in fondo è sempre figlio di Kenshin ^^ un po’
testardo e orgoglioso… ma nn poteva essere malvagio tutto sommato no? -^.^-)
bene…finita questa lunga premessa ecco il seguente capitolo buona lettura ^^ e
mi raccomando :D continuate a commentare così mi date benzina per i prossimi
capitoli ^^]
Kenji si lasciò cadere in
ginocchio accanto alla figura del padre che giaceva a terra privo di
conoscenza…respirava appena, non si muoveva…
Yahiko corse a sua volta
verso i due ed osservò Kenshin dall’alto verso il basso con uno sguardo vago e
rabbioso.
“Brutto scemo!!” Mormorò a
mezza voce.
Quasi aveva voglia di
mollargli un bel calcio! Ma come gli era saltato in mente? Era troppo, troppo
pericoloso per lui…
Kenji alzò lo sguardo verso
Yahiko: “Sensei…che succede? Cosa è successo? Non ho visto niente! Non ho capito
niente! Non ho potuto fermarlo…non…”
Yahiko scosse le spalle,
scostò i capelli sporchi di sangue da dinnanzi al viso e poi mise le mani sui
fianchi ma evitò di guardare il ragazzo: “No, chiaramente non avresti potuto
fermarlo…nemmeno io ci sarei riuscito…nessuno ci sarebbe
riuscito…”
Kenji sgranò gli occhi e
strinse i pugni: “Sensei…”
“Quella scuola è troppo
potente, perfino per chi la pratica a volte.”
Il ragazzo ebbe un sussulto
di emozione reverenziale: “La scuola Hiten?? Allora avevo sentito bene! Era la
scuola Hiten!”
Yahiko non rispose ma si
chinò su Kenshin e lo afferrò per un braccio per poi sollevarlo facendolo
appoggiare sulla sua spalla.
Kenji stava per fare lo
stesso dall’altro lato…ma Yahiko lo fermò con un
gesto.
“Sono stanco e ferito e
quindi non potrei correre molto velocemente.”
“Cosa intendi dire?”
domandò il ragazzo non capendo.
“Tu conosci Megumi Takani
no?”
“Uhm…” Kenji aveva un vago
ricordo di lei…l’ultima volta che l’aveva vista erano stati almeno 5 anni
prima…allora lui ne aveva dieci e non aveva prestato molta attenzione alla
donna. Era venuta a visitare suo padre. Si era intrattenuta qualche giorno ma
lui in quell’occasione si trovava fuori casa per questioni di allenamento. A
fatica ne rammentava il nome e ancor meno il volto.
Yahiko interruppe i suoi
pensieri.
“Beh non ha importanza! Lei
è una dottoressa, è la migliore per tuo padre in questo momento. Lo conosce bene
è forse l’unica che può curarlo come si deve! Devi andare a chiamarla! Vai da
lei e dille che ti mando io, non tarderà a
riceverti!”
Kenji annuì con forza:
“Dimmi dove si trova!”
“Ad
Aizu!”
“Aizu?? Ma è lontanissimo!
Ci metterei giorni! Mio padre ha bisogno di cure immediate!”protestò il
ragazzo.
Yahiko sospiro di
stanchezza: “Certo e le avrà! Ma fidati di me quando ti dico che questo che ti
chiedo non è un capriccio o una testardaggine! Le ferite che ha riportato tuo
padre non sono quelle di questa sera…sono molto più vecchie e profonde…” il
samurai portò le iridi scure sul ragazzo che aveva davanti…lo vedeva, era
confuso, spaventato, e aveva paura…non avrebbe voluto chiedergli questo ma ci
voleva tempo per mandare una lettera o chiamare qualcuno che andasse fino ad
Aizu. E di tempo non ce ne era. Certo ci sarebbe andato lui di persona ma in
quelle condizioni ci avrebbe messo troppo tempo. Addolcì il suo sguardo e posò
una mano sulla spalla del ragazzo: “Mi fido di te Kenji! La vita di tuo padre è
nelle tue mani…sappi questo e corri più veloce che
puoi!”
Kenji trasse un profondo
respiro e si fece coraggio.
Il Cielo sopra di lui tuonò
e in poco tempo una pioggerellina fine fine iniziò a contornare l’aria per farsi
sempre più pesante.
Il ragazzo annuì
seriamente, si volse ed iniziò a correre. Ma poco prima di sparire si bloccò di
scatto e si volse verso il maestro.
“Sensei! Per quanto
riguarda ciò che è successo ieri…io…”
Yahiko lo guardò
spazientito: “Sei ancora qui?! Fila ad Aizu o ti farò fare tanti di quei colpi a
vuoto che ti si staccheranno le braccia!”
Quelle parole parvero
togliergli un peso dal cuore, il ragazzo sorrise ed indugiò ancora qualche
istante…solo pochi secondi…
Avrebbe voluto fare tante
di quelle domande, dire tante di quelle cose...
Ma lo sguardo perso, duro e
pensieroso di Yahiko lo indusse a tacere.
Indi si voltò e corse come
mai aveva fatto in vita sua.
Yahiko sorrise appena, poi
a sua volta si accinse a mettersi in cammino trascinando ciò che rimaneva della
leggenda di Battosai…
Andare ad Aizu! Andare ad Aizu! Andare ad
Aizu!
Un unico martellante
pensiero rimbombava nella testa del ragazzo e tentava di coprire con la sua
ossessione l’eco delle mille domande e dei mille quesiti che gli martellavano in
testa.
I suoi piedi sfioravano
veloci le silenziose e buie vie di Tokio e presto si ritrovò a correre per campi
e foreste. La Pioggia era sempre più forte…
Megumi Takani…un altro relitto del loro passato? Mi
stanno cadendo addosso uno dietro all’altro…troppo in fretta! Che ferite si
portava dietro mio padre? Perché la scuola Hiten è così pericolosa per lui? La
scuola Hiten??Ora che ci penso…
“Ryu Shoshen Modoki!!”
La voce tonante del maestro
gli rimbombò in testa all’urlo del tuono che si abbatté a poca distanza da
lui.
Yahiko-Sensei…ha usato i Lampi del drago! I Famosi Lampi
del Drago! Come può conoscere questa tecnica?? Forse…forse mi hanno mentito!
Forse a dispetto di quanto vogliono farmi credere non fu solo allievo di mia
madre…ma anche di mio padre! A me si rifiuta di insegnarmi la scuola Hiten!!
Perché a lui…No!! Basta! Ora concentrati! Potrai chiarire i tuoi dubbi quando
Kenshin starà meglio! Padre…
Il sentiero di campagna era
fangoso e pesante, il suo respiro sempre più corto, le sue gambe avanzavano più
per inerzia di gravità che per altro, il sudore si mescolava con l’acqua piovana
che gli infradiciava i capelli e il volto.
Padre resisti…
La vista era sempre più
offuscata per la fatica e per la pioggia…il suo piede trascinato incappò in un
ostacolo e il ragazzo cadde pesantemente a terra affondando il viso nel
fango.
Rimase fermo immobile…quasi
non respirò per diversi minuti…le sue dita stringevano l’erba e la terra bagnata
che si infilò fin sotto le unghie, un lieve tremito scosse le sue spalle fino a
che non si trasformò in forti singhiozzi angoscianti mentre le sue lacrime
andarono a mescolarsi al fango.
Pianse…pianse…solo per
qualche minuto…ma pianse come mai aveva fatto in vita
sua.
“P-perché Yahiko-sensei mi
ha mandato ad Aizu? Non ce la farò mai…” mormorò stancamente completamente privo
di forze. La terra sotto le sue dita iniziò a tremare e il rombo cupo degli
zoccoli sul fango presto riempì l’aria.
Un carretto trainato da un
cavallo spedito al galoppo lungo la strada fangosa gli passò accanto non
investendolo per pochi centimetri ma coprendolo di schizzi di fango dovuti alla
velocità di rotazione delle ruote.
Kenji sospirò ma non si
mosse nemmeno di un millimetro.
Il Carretto arrestò
bruscamente la sua corsa pochi metri più avanti e ne scese un omino minuto con
abiti umili e il capo coperto con un copricapo per ripararsi dalla
pioggia.
“Ehy ragazzo! Tutto bene?”
esclamò una voce vellutata mentre si avvicinava a
lui.
Kenji si alzò barcollante
da terra grondando si fango, acqua e lacrime. Fissò lo sconosciuto con gli occhi
rossi per il pianto e mormorò sconnessamente: “Devo…devo andare ad Aizu.” Con un
tono automatico e quasi supplichevole.
Quando il ragazzo gli volse
il volto l’uomo sussultò e si avvicinò ulteriormente a
lui.
“Accidenti ragazzo! Mi hai
fatto prendere un infarto! Ti avevo scambiato per un
altro!”
Esclamò l’uomo dai tratti
gentili e un sorriso dolce sempre segnato sul
volto.
“Beh…non puoi certo andarci
a piedi! E’ ancora parecchio distante da qui! Vieni da
Tokio?”
Kenji annuì stancamente:
“Devo arrivarci il prima possibile!”
“Uhm…beh…non era proprio la
mia meta ma…già che sei qui. Salta Su! Ti ci porto io ad Aizu! Sembra una cosa
urgente!” esclamò l’uomo sempre sorridente.
Il ragazzo quasi non
credette alle sue orecchie! Sgranò gli occhi per quel gesto di generosità
inaspettato.
“M-ma…signore
io…”
“Forza muoviti! Non hai
detto che hai fretta?” Domandò l’uomo che già saliva in cassetta pronto a
partire.
“Perché fa questo per
me?”
“Te l’ho detto…mi ricordi
una persona.” Rispose semplicemente e con voce dolce il
viandante.
Kenji si guardò indietro,
poi fissò la strada…lunga e interminabile…Aizu nemmeno ancora si vedeva…e poi
c’era suo padre…sanguinante, debole…
Salì in cassetta a sua
volta e il carretto partì a tutta velocità.
“Non so davvero come
ringraziarla!” Esclamò ancora Kenji rivolto all’uomo seduto accanto a lui che
dirigeva il carro con le redini in mano.
“Non ti preoccupare!”
Esclamò sorridente l’uomo.
Seguì un periodo di
completo silenzio occupato solamente dai rombi dei tuoni e dallo scalpitio degli
zoccoli del cavallo che correva al galoppo.
Kenji era esausto e si godé
il tepore scarso del legno bagnato e gli scossoni della corsa come un caldo
letto di piume…ma non si lasciò mandare al sonno.
Il viandante misterioso dal
canto suo non fece domande di alcun genere.
Solo quando la pece della
notte stava per essere rimpiazzata con il grigiore del mattino Kenji accennò a
parlare.
“Chi è?” domandò con un
filo di voce.
“Uh?” l’uomo sembrava
stupito “Chi?”
“L’uomo che ti ricordo…di
chi si tratta?”
“Oh! Lui!” esclamò
sorridente lo sconosciuto “Beh per la verità non lo vedo da…ouf…tanti di quegli
anni che quasi non saprei dire…non so nemmeno se sia ancora vivo. Forse alla
fine è morto…ucciso da uno dei tanti nemici che aveva o schiantato dalle sue
colpe.”
“Non ricordi il suo nome?”
domandò Kenji incuriosito da quella bizzarra
premessa.
“Uhm…veramente…beh lui
aveva molti nomi. Io l’ho conosciuto con il nome con il quale lo chiamava la
gente. Era il sempai del mio signore. Come si chiamasse sul serio io non l’ho
mai saputo…ma lui negli ultimi tempi amava presentarsi come...uhm…com’è che si
faceva chiamare già? Ah sì! Kenshin! Himura di cognome se non
sbaglio!”
Kenji dovette trattenersi
per evitare di cadere dal carro tanto fu grande lo scatto che fece quando sentì
quel nome.
“Piano ragazzo! Stiamo
andando troppo veloci per muoverti così!” lo rimproverò dolcemente
l’uomo.
Kenji respirò a fondo prima
di riuscire a calmarsi.
“Il mio nome…” iniziò
titubante, il viandante volse lo sguardo verso di lui
incuriosito
“…è Himura Kenji…Kenshin è
il nome di mio padre!”
Per un istante il viandante
non disse nulla…poi scoppiò a ridere come se trovasse la cosa incredibilmente
spassosa.
“Davvero? Sei il figlio di
Battosai? Non ci posso credere! Ecco perché gli assomigli così tanto! Mi
sembrava troppo strana come coincidenza! Hai gli stessi capelli rossi di tuo
padre…anche se mi sembri più robusto di quanto non fosse
lui!”
Kenji annuì ancora confuso:
“In questo ho preso più da mia madre.”
“Ah capisco! Quindi quel
demonio è ancora vivo! Eh eh eh…non lo si ammazza nemmeno la peste!” esclamò con
leggerezza e continuando a sorridere mentre alternava lo sguardo tra Kenji e la
strada.
“Come mai conosci mio
padre?”
“Sarebbe più giusto dire
che lo conoscevo…ormai sarà un’altra persona il vecchio
Battosai…”
“Parlami di lui…” domandò
il ragazzo con lo sguardo basso.
“Mi stupisci con questa
richiesta! Di sicuro lo conoscerai molto meglio di
me!”
“Io conosco solo Kenshin…di
Battosai non so quasi niente.” Il suo tono fu molto più velenoso e aspro di
quello che avrebbe voluto.
“Oh! Capisco! Beh in fondo
non c’è da stupirsene! Comunque nemmeno io lo conobbi di persona come
Battosai…quando lo incontrai aveva già rinunciato a quel nome per diventare un
Rurouni.”
Kenji sgranò gli occhi a
quell’affermazione: “Mio padre è stato un Samurai
Vagabondo?”
“Oh sì! Per diverso tempo!
Rinunciò ad essere un Samurai ambizioso appena finita la rivolta e non ne
riscattò mai nulla…né un titolo, né denaro né nulla…si limitò a fare promessa
che non avrebbe ucciso mai più nessuno e sparì nella nuova era. Anche se quando
le nostre strade si incrociarono lui ancora brandiva la spada e faceva parlare
di sé.”
“Perché lo
incontrasti?”
“Come ti ho detto era il
sempai del mio signore di allora, Makoto Shishio. Non so se ne hai mai sentito
parlare…”
Kenji scosse il capo in
segno di dinego.
“Beh immaginavo…raccolse
l’eredità come Battosai e fu una spina nel fianco molto profonda per il governo
per diversi anni! Già…stava per diventare il padrone incontrastato di tutto il
Jappone…fino a che non incappò in tuo padre…da allora non fu più
nessuno.”
“Cosa successe allora? Cosa
gli fece mio padre?” domandò il ragazzo sempre più
interessato.
Lo sconosciuto gli volse un
sorriso dolce e disse semplicemente: “Lo uccise.”
Kenji inghiotti il groppo
che aveva in gola e riportò lo sguardo verso il basso, quando l’uomo riprese a
parlare.
“Lui, il suo amico Sagara e
il vice brigadiere Saito sgominarono tutta la nostra
organizzazione…”
“Per caso conosci anche un
certo Yahiko Myojin?” domandò Kenji sempre più in
apprensione.
“Uhm…” l’uomo si portò una
mano al mento in un espressione meditabonda “ Yahiko Myojin hai detto? Uhm…no.
Mai sentito mi spiace.”
“Oh…capisco.”
“Sai all’epoca feci molte
ricerche su Battosai…è stato seguendo le sue tracce che ho imparato la tecnica
Batto.” Proseguì a parlare l’uomo.
Kenji scattò al sentire
quel nome.
“Tu…davvero conosci la
tecnica Batto?”
“Beh…diciamo di
sì…”
Il ragazzo lo fissò con
serietà: “Insegnamela!”
“Questo mi confonde…tu sei
il figlio di Battosai e chiedi a me di insegnarti la tecnica Batto?” osservò il
viandante stupito.
“Non conosco la scuola
Hiten…io…sono cresciuto con la scuola..Kasshin.”
L’uomo annuì: “Sì…ne ho
sentito parlare. La scuola che fa vivere la gente giusto? Ha avuto un discreto
successo negli ultimi tempi.”
“Tsk…sono solo
stupidaggini. Non ho avuto scelta! Io ambivo alla scuola Hiten! Ma mio
padre…”
“Se da allora non è
cambiato immagino che Battosai non voglia prendere
allievi.”
“Già…ti prego! Insegnami la
tecnica Batto!”
Di nuovo l’uomo scoppiò a
ridere.
“Questo potevi chiedermelo
10 anni fa…ma ora come ora. Non impugno la spada da un
secolo.”
Kenji parve molto deluso da
quell’affermazione.
“Allora eri forte non è
vero?”
“Quante domande che fai! Oh
sì puoi dirlo…potevo tenere testa a tuo padre.”
“Sul serio? E allora perché
hai abbandonato la spada?”
L’uomo prese un profondo
respiro prima di proseguire: “Vedi, il signor Shishio era la mia ragione di
vita, il mio unico signore e padrone…a lui dovevo tutto…quando morì per mano di
Battosai persi tutto ciò per il quale avevo vissuto. Non avevo nulla se non le
parole di tuo padre nella mia testa…e una nuova concezione di vita. Divenni un
vagabondo anche io…ed è ciò che sono tutt’ora.”
Kenji incrociò le braccia
al petto e lo guardò quasi con pietà: “Devi odiarlo
molto.”
“Oh no! In realtà non ho
sofferto per la morte del signor Shishio, né per la solitudine, né ho mai odiato
nessuno…da quando trafissi con la spada la mia famiglia io non posso provare
altro che gioia” Esclamò con leggerezza come se fosse la cosa più naturale del
mondo.
Seguì nuovamente un lungo
silenzio pesante…o non sapevano cosa dire oppure non avevano semplicemente altro
di cui parlare. La pioggia piano piano cessò e le nubi si scostarono per
mostrare la timida aurora che salutava nuovamente la terra. I raggi del Sole
illuminarono il sentiero che serpeggiava fino alle abitazioni che si scorgevano
all’orizzonte.
Stavolta fu il viandante a
interrompere il silenzio.
“Laggiù c’è Aizu…siamo
quasi arrivati!”
Kenji annuì e fu come se
solo in quell’istante si fosse ricordato cosa stava succedendo e perché si
trovava lì a parlare con quell’uomo…la notte era scivolata via come se fosse
stata un sogno o un miraggio. E di nuovo sentiva il peso opprimente del suo
compito, di nuovo penò per la salute del suo
genitore.
“Kenji…”
Si volse verso il
viandante.
“Ci ho messo un po’ di
tempo ma…adesso credo di aver capito ciò che pensava tuo padre anni
fa..”
“Io invece non so se lo
capirò mai…” ammise Kenji sconsolato.
Il viandante sorrise di
nuovo: “Ti prego di portargli i miei saluti.”
“Non so nemmeno come ti
chiami…” gli fece notare il ragazzo.
“Hai ragione! Beh digli
solo che il signor Seta gli manda i suoi riguardi.”
Kenji annuì: “Sì, lo
farò.”
Era mattino presto. I raggi
del Sole spingevano per penetrare dalle fessure delle inferiate ancora chiuse.
La ragazzina si stava preparando ad aprire l’ambulatorio per i pazienti del
mattino…ancora un’oretta e sarebbero iniziate le
visite.
Akane temporeggiò davanti
allo specchio sistemandosi la frangetta e scrutando il suo viso…quando qualcuno
bussò alla porta con un’insistenza e una forza tale da
spaventarla.
Si diresse verso l’uscio e
lo aprì quel tanto che basta per sbirciare
all’esterno.
Un ragazzo poco più grande
di lei sudicio e dal viso stravolto le rivolse uno sguardo
allarmato.
“Megumi Takani abita qui?”
domandò con tono impaziente.
“S-sì…ma l’ambulatorio è
ancora chiuso…non…”
Il ragazzo tirò una
spallata contro alla porta e Akane venne spinta indietro con tale forza che
perse l’equilibrio e cadde a terra.
Kenji entrò di prepotenza
nell’edificio e fissò la ragazzina: “Dimmi dov’è Megumi Takani!” esclamò quasi
in tono di minaccia.
“Ehy!” una voce interruppe
il suo interrogatorio, il ragazzo alzò lo sguardo dinnanzi a lui e vide una
bellissima donna di circa 30 anni con i capelli neri e lunghi e gli occhi scuri
profondi. “Come ti permetti di fare irruzione nel mio ambulatorio prima
dell’apertura e maltrattare la mia allieva! Chi diavolo sei
tu?”
Kenji lasciò perdere la
ragazzina e si concentrò sulla donna: “Tu sei Megumi
Takani?”
“Sono io! Ora rispondi alle
mie domande teppistello o chiamo le guardie!”
“Mi manda Yahiko Myojin!”
esclamò subito il ragazzo ricordando le parole del
maestro.
Il volto della donna cambiò
espressione: “Cos’è successo?” domandò in tono
allarmato.
“Si tratta di mio padre…di
Kenshin!” esclamò sempre più agitato “Lui sta male! E’ ferito! Mi hanno detto di
chiamare te!”
La donna parve sulle spine:
“Se ti hanno mandato fin qui significa che ha usato di nuovo la
spada…giusto?”
Kenji annuì guardando verso
il basso.
“Ken!” esclamò prima di
voltarsi e correre a raccogliere i suoi attrezzi e medicinali “Diamine potevo
aspettarmelo da Sanosuke una cosa del genere…ma da
te…”
Kenji rimase nell’ingresso
come pietrificato quando Megumi gli passò accanto acchiappandolo per un braccio
e lo trascinò fuori urlando: “Akane cancella tutte le visite dei prossimi
giorni!” poi chiuse la porta e corse a chiamare una
corriera.