Carlo

di Pannech
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1° capitolo ***
Capitolo 2: *** 2° capitolo ***
Capitolo 3: *** 3° capitolo ***
Capitolo 4: *** 4° capitolo ***
Capitolo 5: *** 5° capitolo ***



Capitolo 1
*** 1° capitolo ***


Conoscevo il mio compagno di banco come conoscevo l'amore

Conoscevo il mio compagno di banco come conoscevo l'amore.

E io non mi ero mai innamorata.

 

Era un ragazzo come tanti, qualche chilo di troppo non gli dava nessun problema apparentemente psicologico.

 

Giocava a calcio, come tutti i ragazzi. Era bravo a palleggiare.

 

Si chiamava Carlo.

 

Nella mia classe c'erano 31 persone, e il suo fu il primo nome a rimanermi impresso. Per via del suo nome, per l'appunto. Carlo era il nome di mio padre. Quindi, in qualche modo, consideravo Carlo.

 

In prima tutti fumavano, tranne gli asmatici, i secchioni e me. E Carlo.

 

Il fumo fa grande, il fumo fa figo, che marca fumi?Ah, le mie preferite! Come se distinguessero una sostanza chimica dall'altra... guardavo al mia generazione intossicarsi i polmoni con disinvoltura. Era in quello spettacolo che mi incontrai veramente con Carlo.

 

Mi spiegò perché non fumava come tutti gli altri ragazzi. Non aveva voglia di andare dal tabaccaio più vicino per comprarle.

Davvero Carlo non fumava solo per pigrizia? No, il motivo numero due era la gola.

 

Non voleva sprecare gli unici dieci minuti di ricreazione a fumare, quando aveva un meraviglioso panino al prosciutto e mozzarella ad attenderlo nello zaino.

 

Dunque, Carlo non fumava per pigrizia e per fame.

 

E io che scusa avevo?

 

Non era rilevante come quelle di Carlo.

 

Mi vergognavo un pochino ad ammetterlo. Non fumavo per fifa.

 

Ma Carlo mi capì. Carlo divideva il suo panino con me e mi apriva la porta per lasciarmi entrare per prima. Era un vero gentiluomo, nonostante avesse vissuto solo 14 inverni.

Poi scoprii la cosa più nascosta di Carlo:ci piaceva lo stesso ragazzo.

 

Eravamo innamorati del bello della scuola, il dio impossibile che le matricole sognano, il classico maturando biondo figo occhiazzurri.....

 

La nostra cotta per il belloccio era durata sei mesi, dopo era arrivata l'estate e ci perdemmo di vista.

 

La tirai sul cazzeggio, lui girava il mondo con i suoi, io guardavo Lady Oscar alle 10 di mattina ogni giorno... mangiavo, mangiavo e ingrassavo. Prima non mi ero resa conto del mio corpo, ma effettivamente ero pelle e ossa. Mia nonna era contenta di vedermi più tonda del solito. Anche lei alla mia età era magrissima, ma non per moda...

 

Mia madre mi rifece il guardaroba. Ero la ragazza più contenta del mondo, anche perché settembre si avvicinava e io e Carlo ci saremmo rincontrati. Di lui mi rimasero come ricordo solo le cartoline che mi mandò. Molto anonime, saluti e baci e firma: Palermo, Parigi, Santorini. Che belle vacanze faceva... dalle cartoline di qualcuno capisci subito la sua vita.

Capii che la famiglia di Carlo era siciliana, raffinata e ricca.

 

Me lo confermò il secondo settembre che trascorremmo insieme. La scuola andava di merda, non avevo voglia di leggere. Lui era uno studente molto buono, migliore che in prima, ma trattava con superiorità i prof...e gli costava caro.

 

Non mi invitò mai a casa sua.

 

I chili che io presi d'estate lui gli perse. Carlo non era più sovrappeso. Ma non fu l'unico suo cambiamento. Carlo aveva iniziato a fumare.

 

Delusa, annoiata, incredula, frequentavo una lezione sì e due no. Andavo in giro per la città, a piangere. Passavo il tempo a comporre poesie, storie, novelle, ad inventare personaggi fittizi. Un giorno saltai scuola e nel mio solito posticino dove mi ispiravo ci trovai Carlo.

 

Aveva in mano una chitarra classica, scordata, vecchia.

 

Mi disse che era per me.

 

Poi tornò a scuola, lasciandomi in quella che oggi definirei la migliore delle compagnie.

 

Imparai presto ad apprezzare il suono delle corde, e creavo, creavo, creavo melodie.

 

Mia madre mi convinse a tornare a scuola. Carlo mi mancava, e tanto.

 

Scoprii che i ragazzi lo prendevano in giro per il suo taglio di capelli un po' femminile. Io lo trovavo fantastico, eppure le critiche immature degli altri ragazzi della classe sembravano turbare il mio compagno, che di solito se ne fregava dell'opinione pubblica.

 

Era isolato dalla classe, lo chiamavano gay, frocio.

 

Una mattina comprai il giornale e lo portai a scuola. In prima pagina c'era una notizia tragica, che fece rimanere in silenzio 30 persone, per tutto il giorno.

 

Nel quotidiano si riportava la morte suicida di un sedicenne discriminato dai compagni di classe per ciò che era.

 

Omosessuale.

 

Appesi l'articolo in classe, sulla bacheca. Sopra, scrissi con un pennarello rosso: 'cose che ci fanno crescere'.

Da quel giorno, ognuno contribuiva a riempire la bacheca.

 

Molti di quei compagni delle mie superiori oggi sono psicologi, giornalisti e affermati adulti.

 

Carlo si commosse di quel mio gesto, nel portare in classe l'articolo intendo. Mi disse che dovevano saperlo anche i suoi genitori, che dovevo esserci anch'io.

 

L'appuntamento era a casa sua, ci andammo in navetta. Era quasi vuota. Sedevamo uno davanti all'altro. Non mi ero mai sentita così vicina a qualcuno prima d'ora. Era un bel momento, per così dire, intimo.

 

Gli chiesi se stava ancora dietro al nostro belloccio.

 

Rise, insieme a me. Da quel sorriso, e da come mi guardò subito dopo, ragazzi, capii che era innamorato. Io capivo ogni cosa che faceva, e lui idem.

 

“Come si chiama?” gli chiesi.

 

“ Lui non si può concludere solo con il suo nome.”

 

 

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Capitolo 2
*** 2° capitolo ***


E io, io che parte avevo nella sua vita

E io, io che parte avevo nella sua vita?

 

Mi chiesi se anch'io avevo il privilegio di non essere conclusa solo con il mio nome. Ci misi 21 anni a prendere il coraggio per chiederglielo.

 

Ad ogni modo, mi promise un prossimo incontro con Lui.

 

Era ora di pranzo, il mio stomaco brontolava, il suo no. Mangiai una merendina al cioccolato. Lui non ci resisteva, lo sapevo benissimo. Ne divorava molte durante le ore di chimica. Carlo mi stupiva sempre più. Mi ricorderò per sempre quel tragitto in navetta, nel quale Carlo rifiutò un pezzo della mia merendina. Mi sentivo come tradita, in fondo ero convinta al cento per cento che avrebbe accettato con gioia. Pensavo di conoscere bene Carlo, invece...invece mi sbagliai.

 

Finii in silenzio la mia merenda.

 

Arrivammo poco dopo a casa di Carlo. Una villetta semplice, mediterranea come l'ambiente che la circondava. Bellissimo. Nel cortile crescevano diversi ulivi, e piante addormentate, in fin dei conti eravamo in autunno. Entrai in casa sua, ovvero mi fece passare per prima. I suoi erano in cucina sepolti dagli scontrini. Non dev'essere facile fare gli adulti.

 

Erano nervosi, stressati. Sua madre tremava mentre aspirava veloci boccate della sua sigaretta. La spense quasi subito la nostra comparsa.

 

Suo padre era alto, occhialuto, un po' calvo. Non gli somigliava affatto.

 

Non sapevo cosa fare, così mi presentai ai suoi.

 

Poi Carlo prese la parola, invitando i suoi a sedersi in salotto.

 

Non credevo che fosse così deciso nel parlarne subito. Probabilmente voleva togliersi al più presto un peso tanto grave. Ma che ne prendesse atto tanto speditamente, questo non lo credevo.

 

Carlo mi stupiva sempre più.

 

Ci sedemmo su due divani, uno per gli adulti e uno per la gioventù. Poi Carlo iniziò a descrivere il mio gesto in classe, di come ho fatto riflettere 30 persone su un tema delicato come la discriminazione.

 

“Mamma, babbo, che cosa pensate di me?”

 

“Carlo, ti amiamo.”

 

Fu suo padre a dirlo. Sembrava più sensibile di sua moglie.

 

Poi Carlo si dichiarò. Non voglio riportare le sue testuali parole, e non penso di averne il diritto. Il cuore mi batteva, aspettavo la reazione dei suoi. Carlo mi strinse la mano, come a dire di non preoccuparmi. Avrebbe dovuto essere il contrario, ma Carlo era un ragazzo estremamente forte. Più di quanto credessi. Il suo comportamento era un'isola ancora inesplorata per me. Un'isola che credevo di conoscere ormai come le mie tasche, ma mi illudevo. Volevo sapere tutto di Carlo. Volevo.

 

Sua madre mi preparò un pasto surgelato, mentre suo marito continuava a parlare con Carlo. Continuava a tremare, mentre infilava nel microonde un vassoio di plastica contenente una poltiglia congelata. Era decisamente provata. Poi, come niente fosse, ricominciò a studiare gli scontrini sparpagliati sul tavolo. Non trattenni una lacrima.

 

Carlo interruppe il mio pranzo, dicendomi che stava per uscire. Mi invitò a seguirlo. Non capivo dove stava tanta premura nel andarsene di casa, in fondo dovevo ancora svuotare la mia porzione di frittelle al formaggio o che cazzo era. Mi piaceva quella roba. Piuttosto sua madre non aveva apparecchiato per Carlo. Forse stavamo andando ad un ristorante tutti insieme, era la soluzione più credibile. Ne erano successe di cose in un'ora, e oramai mi aspettavo di tutto da quella famiglia.

 

Io, Carlo e suo padre entrammo in macchina e ci dirigemmo verso la parte periferica della città. Una zona tranquilla, con alberi e bambini. La c'era la stazione centrale delle corriere. Non era decisamente una zona affollata di ristoranti.

 

“ Sta per partire con la sua famiglia, sai.”

 

Il viaggio era irreale. Il padre di Carlo parlava al cellulare con un suo collega. Lo mandò a quel paese, chiedendogli di non richiamarlo. Spense subito dopo il telefonino. Carlo guardava fuori dal finestrino, era impaziente.

 

Io non sapevo che ruolo avevo in quella macchina, e quel che è peggio, tutti pensavano ne fossi al corrente. Era come viaggiare in una carrozza di sola andata. Non sapevo dove andavamo, ne cosa avremmo fatto.

 

Il padre di Carlo parcheggiò accanto alla fermata dei bus. Scendemmo dalla macchina. A pochi metri di distanza, un gruppetto di persone ci stava come aspettando.

 

C'erano due ragazze, una donna e un ragazzo.

 

Mi sentivo un groppo in gola, possibile che fosse un sogno?

 

“Ora ci incontreremo con Lui.”

 

Era così allora. Il gruppetto in attesa era la famiglia del cuore pulsante di Carlo. Riuscivo a distinguere il Suo viso. Un ragazzo normalissimo, ma sembrava più maturo di Carlo. Non sapevo niente di Lui. Non l'avevo mai visto.

 

Il padre di Carlo si avvicinò all'altra famiglia. Carlo restò con me, e mi teneva la mano. Pensavo che per tutto quel tempo era rimasto calmo, ma il sudore riscontrato sul suo palmo non confermava le mie tesi.

 

Mi guardò negli occhi, tenendomi entrambe le mani nelle sue. Me le baciò.

 

“Grazie.”

“E di cosa?!”

 

Dall'altra parte della strada si stava avvicinando Lui.

 

Non riuscivo a descriverlo col pensiero. Non riuscivo a compararlo a niente. Aveva ragione Carlo.

 

E si abbracciarono, Carlo e Lui.

 

Iniziai a singhiozzare.

 

Gelosia. Affetto. Amicizia. Solitudine.

 

Furono i sentimenti che provai guardandoli baciarsi.

 

Questi sentimenti cozzarono nella mia anima in quell'attimo, e non mi lasciarono per il resto della mia vita.

 

 

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Capitolo 3
*** 3° capitolo ***


Carlo non vide la sua parte mancante per molti giorni

Carlo non vide la sua parte mancante per molti giorni.

 

La sua parte mancante era partita per un viaggio, mi diceva Carlo.

 

Carlo non specificava mai le cose.

 

Carlo lasciava tutto in sospeso, a mezz'aria, a galleggiare nel vuoto della tua mente finche non muori dalla voglia di scoprire cosa Carlo voleva dire con i suoi vaghi concetti.

 

Carlo mi stava facendo impazzire, fumava in continuazione.

 

Un giorno andai a trovarlo un giorno di festa, che non c'era scuola. I suoi erano via, dai parenti. Carlo era solo a casa, stava messaggiando con Lui, che intanto non era ancora tornato dal suo viaggio. Che viaggio, non lo so... insomma, squilla il telefono. Io ero a mezzo metro dal ricevitore e Carlo era lontano, risposi così io al telefono.

 

Era sua madre.

 

Mi puoi pasare Carlo per favore?

 

Si sentiva l'accento, doveva essere in compagnia dei suoi genitori.

 

Carlo ascoltò le parole di sua madre dall'altro capo del telefono. Annuiva, svogliato. Era un dialogo che ora definirei tipo, dato che per mesi la madre di Carlo non gli parlava che secondo le seguenti frasi:

 

Devi mangiare, no?

 

Sai dove tengo gli attrezzi, mi raccomando non fargli cadere.

 

Ti prego tesoro, fallo per la tua mamma.

 

So che è difficile, anche tuo padre ti manda un bacio.

 

E frasi simili.....

 

Dopo quella fantomatia telefonata, Carlo aprì un comodino un po' nascosto in cucina, estrasse una busta marrone, e si rollò uno spinello. Due.

 

Carlo mi deluse molto. Non volevo che fumasse, specialmente l'erba. Cosa avrebbero detto i suoi genitori se sapessero...intanto Carlo fumava in cucina. Io me ne andai, salutandolo strada facendo.

 

Ero depressa. Non riuscivo più a sopportare Carlo. Lui aveva tutto: una famiglia ricca, un amore, un vizio pericoloso....e io niente. Come facevo a competere con la sua felicità? Lui non faceva niente per farmi sentire così. Si comportava come di natura. Era per questo che piangevo.

 

Avevo perso Carlo.

 

Non mi chiamava più.

 

Intanto Lui era tornato,così a maggior ragione non potevo stare con Carlo. Figurarsi se andavo a fare il reggicandela alla coppia gay modello della società moderna.

Ciao Carlo, addio.

 

Io mi abbuffo di nutella per rimpiazzarti, ma non basta.

 

Io canto di dolore sulle corde della tua vecchia chitarra per rimpiazzart , ma non basta.

 

Io brucio i miei ricordi peggiori per rimpiazzarti, ma non basta.

 

Io mi isolo in camera e urlo per rimpiazzarti, ma non basta.

 

Ho provato a tagliarmi le dita con la mia taglierina gialla per rimpiazzarti, ma non basta.

 

Cazzo, la ferita sanguina ma non basta,

 

Cazzo, è rimasta la fottuta cicatrice. Ora sembro una che ha tentato di tagliarsi le vene ma ha sbagliato parte del corpo. Sembro , anzi, sono, l'anima nera...

 

Non vado più a scuola, non voglio vedere Carlo fumare canne dopo canne. Mi fa male vederlo fumare. Il mio cuore soffre, Carlo...

 

Poi mia madre si decise: finito l'anno scolastico mi ficca in un istituto a 50 km da casa mia. La si dorme, è come un college. Io sono stata bocciata. Bene. Ora aspetto il treno che mi porterà nel college fasullo. Mia madre piange. È un ottima scuola, dicono. Mia madre si è indebitata a vita per iscrivermi là. Là ti insegnano a pensare- filosofia, yoga, tai chi, nuoto, terapia psicologica.

 

Ma che cazzo ci vado a fare là.

 

Dopo tre anni di college mentale sono guarita. Non era tanto male, ecco. C'erano altre ragazze-e pochi ragazzi- come me, nel senso che anche loro non sapevano che cazzo ci andavanoa  fare là. Ma  grazie alle istruttrici ora sto meglio, la vita è bellissima, oltre il bordo c'è un altro mondo, pieno di persone disponibili, e soprattutto non c'è Carlo. Mi sento guarita.

 

 

Ma dov'è finito Carlo?

 

Alla fine....ha lasciato in sospeso sé stesso.

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Capitolo 4
*** 4° capitolo ***


Tornai a casa

Tornai a casa.

 

C'erano TUTTI ad aspettarmi a casa.

 

Mia madre aveva contattato-non so come- tutti i miei amici delle elementari, raccontando la mia tragica avventura al college e si misero daccordo a prepararmi un party di benvenuto.

 

Ero al settimo cielo- come il telefilm.

 

Circondata dalle amicizie d'infanzia e dalla mia famiglia.

 

C'erano proprio tutti-anche le ragazze antipatiche.

 

Ma non c'era Carlo.

 

 

Ma che fine aveva fatto?

 

 

Pensai di chiedere aiuto al detective Conan quando mia madre assunse un'espressione nera.

 

Carlo sta molto male.

 

Peggio di me prima della partenza?

 

Moltiplica quel tuo dolore per duemila volte.

 

Fatto?

 

Per altre tremilanovecento.

 

Fatto?

 

Altre diecimila.

 

Sei ancora lontana dal concepire il suo dolore.

 

Mia madre mi rispose così e io mi preoccupai.

 

Cos'è successo a Carlo?

 

Sempre lei mi disse:

 

E' in Svizzera, in terapia. In una clinica speciale.

 

Come il mio college fasullo?

 

No, no. Una casa d'accolgenza.

 

Ma per accogliere chi?

 

Quelli come lui.

 

Gli omossessuali?

 

No, figlia mia.....

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Capitolo 5
*** 5° capitolo ***


Carlo non tornava mai a casa, tranne una volta ogni semestre

Carlo non tornava mai a casa, tranne una volta ogni semestre.

 

Allora andava al policlinico, per sbrigare faccende burocratiche.

 

Non lo vedevo da anni.

 

Passarono sei mesi e Carlo venne dalla Svizzera per le faccende burocratiche, accompagnato dai suoi.

 

Ricevetti una soffiata: Carlo sarà al policlinico tra due giorni.

 

Mi preparai facendo niente.

 

Carlo era sempre nella mia testa, sempre.

 

E lui che non mi sfotteva a scuola

 

lui che mi apriva la porta

 

lui che mi accettò nel suo mondo

 

lui che mi offriva la cioccolata col cornetto

 

ora non più.

 

Pregai mia madre di dirmi di più sul suo malessere.

 

Perche va in Svizzera?

 

Perche non sta a casa.

 

Lo curerei io....

 

scoppiai in lacrime.

 

Mia madre non voleva che scoprissi ciò che riguardava Carlo, perchè era una situazione orribile, orribile davvero. Mia madre non voleva spaventarmi.

 

DIMMELO!!!!

 

Carlo non mangia più.

 

Cosa?

 

Carlo non mangia più.

 

Come sarebbe?

 

Carlo viene nutrito per endovena.

 

Perchè?

 

 

 

 

Carlo aveva il cancro.

 

Lo consumava lentamente, come per farsi beffa della sua giovane età.

 

Poco a poco, gli organi di Carlo incurabilmente si deterioravano.

 

Carlo ha perso il senso della fame, è una delle conseguenze peggiori.

 

Non è che non vuole mangiare, è che non sente il bisogno.

 

Carlo fuma sostanze oppiacee tre volte alla settimana per far tornare la fame.

 

Carlo vive con tre tubi nelle vene, che gli procurano quelle sostanze essenziali a far lavorare l'organismo, quel tanto che basta per non svenire e non svegliarsi più....

 

Carlo è alto un metro e settantadue e pesa 15 chili meno del normopeso.

 

Carlo è un morto che cammina.

 

Carlo fuma droga per vivere.

 

Che paradosso.

 

Ma quando tuo figlio è un malato terminale, allora, allora  i paradossi non contano.

 

Conta solo l'amore.

 

L'amore che Carlo aveva scoperto da poco, la gioia reciproca.

 

Perchè non gli ho chiesto nulla quando rifiutava le sue merendine preferite?

'

Perchè non gli ho chiesto di smettere di farsi gli spinelli uno dopo l'altro?

 

Perchè non l'ho capito?

 

Perchè non lo conoscevo.

 

Non conoscevo Carlo.

 

Carlo era l'Amore.

 

 

 

 

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