Erin

di lia90
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Nell'anno 2457 della Terza Era della Terra di Mezzo, venne al mondo la primogenita di Dama Galadriel e consorte, Sire Celeborn. La nascita della bambina era stata predetta molti decenni or sono dai saggi della corte reale e con essa anche una spaventosa profezia di morte e sventura. Nonostante ciò, la sua bellezza risplendeva su tutto il popolo, per questo motivo la chiamarono Erin, che in elfico significa ‘colei che risplende sull'oscurità’.
La bambina cresceva in salute e molto amata dai genitori, in particolare dalla madre che appena la figlia ebbe cominciato a parlare e a camminare, le aveva insegnato tutto ciò che sapeva e che aveva appreso nei suoi lunghissimi tremila anni di vita. Il padre la adorava a tal punto da non lasciarla mai; sempre la portava in giro nelle sue lunghe passeggiate per il regno. Le aveva fatto conoscere ogni più piccolo particolare del bosco nel quale vivevano, e con grande stupore di lui, la figlia aveva una particolare attitudine alla preparazione d’infusi con le erbe del regno.
Con il passare degli anni Erin divenne sempre più bella, anche poiché possedeva delle piccole differenze rispetto al resto del popolo; i saggi avevano predetto che sarebbe stata diversa, ma questi particolari, invece che spaventare i genitori a causa della possibilità della veridicità della profezia, gliela facevano amare ancor di più. Aveva dei lunghissimi capelli color del fuoco, che ondeggiavano ogni qual volta il vento le passasse vicino, al contrario del color oro tipico degli elfi del bosco; il suo corpo era minuto, ma ben proporzionato; era di bassa statura, molto più piccola rispetto ai suoi genitori, che possedevano la naturale altezza della razza elfica, ma questo la faceva sembrare ancora più bella. Una cosa la rendeva ancor più unica nel suo genere: gli occhi erano di due colori diversi. Il destro, l'occhio della saggezza, che secondo le leggende del popolo era quello che permetteva di poter vedere lontano, era del tipico color verde smeraldo che possedevano anche i suoi genitori, mentre il sinistro, l'occhio della preveggenza, che permetteva di poter vedere nel passato, nel presente e nel futuro, era di un colore insolito per la razza elfica, molto simile al color dell'oro, molto acceso. Nessuno in passato aveva mai avuto l'occhio della preveggenza di quel colore; c'era stato un elfo molto dotato in quel determinato campo che aveva il colore simile al ghiaccio, molto particolare anch'esso, ma ancora non si era visto un colore del genere.
Per questo fatto, la dama aveva ricominciato a pensare a quelle maledette parole dei saggi. Pensava che la profezia potesse essere vera, anche se fino ad allora non si era manifestato ancora nulla che potesse mettere in allarme i coniugi. L’unica cosa che potessero fare, era aspettare, anche se speravano con tutte le loro forze di non dover essere partecipi della disgrazia della veridicità della profezia.
 
La notte del centesimo compleanno di Erin, però qualcosa cambiò: nell'aria si potevano percepire voci preoccupate sulla sorte della Terra di Mezzo, una preoccupazione data dai poteri di un'elfa molto particolare che non si sapeva se fosse già in vita o dovesse ancora nascere.
Da quel momento in poi Erin cambiò radicalmente: non rideva più, non passeggiava più. Passava la giornata rinchiusa nella sua stanza a perfezionare le proprie doti, senza voler essere disturbata da nessuno.
Un giorno, però, la madre, spazientita dalla situazione, era andata a trovarla e l'aveva convinta ad accompagnarla in una delle sue solite lunghe passeggiate per il regno.
“Erin, figlia mia, cosa ti turba?” chiese gentilmente la Dama.
“Non vorreste saperlo.” rispose con tono monocorde la figlia.
“Tesoro, lo sai che puoi confidarmi qualsiasi cosa. Io sono tua madre, con me puoi parlare di tutto. Magari possiamo risolvere insieme i tuoi problemi.”
“Per piacere, non chiedete. Non ne voglio parlare.”
“Si tratta di Haldir?” chiese speranzosa la madre, che tempo addietro era venuta a conoscenza del profondo sentimento che nutriva verso Erin il capitano delle truppe per la protezione del regno, e in cuor suo aveva sperato che questo sentimento fosse ricambiato. Haldir era un validissimo partito, in particolar modo perché Galadriel sapeva che avrebbe davvero amato la figlia, e questo poteva bastarle per concedergli la mano della figlia.
“No madre, Haldir non centra. Ve lo ripeto, non vorreste e non dovreste essere a conoscenza di ciò che mi affligge. Potrebbe essere deleterio per la vostra salute.”
“Erin, ora smettila. Non puoi continuare così per sempre. C'è qualcosa che potrei fare?”
“Sì. Uccidermi.” dette queste parole, la piccola elfa guardò la madre con uno sguardo carico di tensione e odio, assolutamente diverso dalla sua solita dolcezza. In più i suoi occhi avevano cambiato colore: erano diventati di un viola scuro, tendente quasi al nero.
La madre si spaventò a tal punto da scappare lontano dalla figlia, lasciandola da sola in mezzo al prato.

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Qualche tempo dopo Dama Galadriel annunciò alla figlia il fidanzamento con il comandante Haldir. Erin sapeva che era stato fatto in buona fede, sapeva che Haldir l'avrebbe potuta amare e proteggere, fino alla fine dei loro giorni, ma era spaventata da questo, perché lei avrebbe voluto aspettare colui che le avesse fatto battere il cuore talmente forte da sembrare che le dovesse uscire dal petto, voleva aspettare colui che l'avrebbe fatta felice anche solo con una carezza, voleva aspettare il vero amore, quello di cui la madre le aveva raccontato molto tempo addietro. Sfortunatamente si dovette rassegnare al volere dei genitori. Il matrimonio era programmato per il suo cinquecentesimo compleanno, data in cui gli elfi arrivano nella piena maturità.
 
Con Haldir aveva instaurato un rapporto di reciproca protezione, che l'aveva fatta illudere di esserne innamorata. Probabilmente era molto meglio questo che non essere amata affatto. Rimpiangeva soltanto il fatto che non potesse dargli tutto quello che invece lui donava a lei. L'elfo era totalmente e incondizionatamente innamorato di Erin, infatti non passava giorno che non le dedicasse una poesia o un canto per provarle il suo amore. Dal di fuori potevano sembrare la coppia perfetta, ma in realtà Erin sapeva che ciò che facevano, era solo di facciata.
Qualche tempo prima del matrimonio era andata a farle visita la cugina, Arwen.
Le due elfe erano sempre state molto in sintonia; con Arwen, Erin, riusciva ad essere davvero sé stessa, senza poter nascondere nulla all'amica; per questo aveva cominciato a raccontarle di un sogno che aveva fatto qualche notte prima.
“Su Erin, forza! Raccontami! Adesso sono veramente curiosa!”
“Non penso che ti piacerà. Per lo meno, l'inizio è molto bello, ma poi tutto cambia radicalmente.”
“Invece di blaterare, racconta!”
“Va bene, va bene. Allora, mi trovavo in un luogo lontano da qui, non penso di averlo mai visto. Era completamente diverso da Lorien, tutto era di un verde luminosissimo. Il sole faceva risplendere, come se fossero dei diamanti, le goccioline di rugiada che si trovavano sui fili d'erba. Era un posto magico, quasi al di fuori della realtà. Quando ad un tratto ho sentito una voce, una voce soave intonare una canzone che parlava di un'elfa che si era innamorata di un uomo. Pian piano allora, mi sono incamminata nella direzione della voce, quando finalmente vidi colui a cui apparteneva la voce: l'elfo più bello che avessi mai visto in vita mia.”
“E com'era? Continua, te ne prego!”
“Aveva lunghi capelli biondi che gli ricadevano sulle spalle come se fossero fili d'oro. Erano tenuti lontani dal viso, quel meraviglioso viso, da due piccole trecce che si univano nel centro preciso della sua testa. Aveva un corpo alto e snello e ben proporzionato. Ma la cosa che più mi ha incantata è stata nel momento in cui si è girato: mi ha guardato intensamente negli occhi, sembrava quasi che potessero spogliarmi, che mi stessero guardando nell'anima. Infatti, per questo, non sono riuscita a resistere a lungo a quello sguardo magnetico. I suoi occhi erano dello stesso colore della città, penso che lo smeraldo possa descrivere, anche se non perfettamente, quello che vidi: un pozzo di smeraldi con pagliuzze dorate. Fantastici.”
“E poi?”
“Poi, quando abbassai lo sguardo lui corse via, verso le mura della città.”
“Erin, devi continuare a fermarti così? Vai avanti.”
“Da qui, beh, da qui, tutto cambiò. Il cielo, dall'azzurro limpido che era, diventò nero come la pece. Si alzò un forte vento che fece ondeggiare gli alberi talmente forte da spezzarne dei rami. Decisi allora di seguirlo, anche per proteggermi da quel vento tremendo. Quando arrivai in cima alla lunga scalinata trovai il mio elfo disteso su qualcosa; in realtà si trattava di qualcuno. Teneva stretta la figura di una donna che poteva presumibilmente essere sua madre. Quando si girò a guardarmi, i suoi occhi non erano più dolci come un momento prima, ma sprizzavano rabbia e odio. Cercai di dire qualcosa per capire cos'era successo, ma non riuscii a dire nulla perché mi bloccò lui sussurrandomi tra i denti 'assassina'.”
“Il sogno è finito in questo modo?”
“Sì. Questo è quanto. Non riuscirò mai a togliermi dalla mente lo sguardo di quel povero elfo. È stato perforante. Sembrava mi giudicasse per qualcosa che non avevo fatto.”
“Non ti preoccupare, amica mia. È stato solo un sogno.”
“Devo dissentire: non è stato solo un sogno.” disse, entrando, Sire Celeborn. “Mi dispiace, figlia mia. A sentire dalle tue parole la profezia si è avverata.”
Al sentire le parole del padre, l'elfa si spaventò a tal punto da perdere i sensi. Cominciò a tremare come scossa da brividi di freddo. Il padre intanto la stringeva a sé, cercando di calmarla, ma inutilmente. Erin si svegliò urlando e piangendo, ancora incredula dell'accaduto.
“Cosa succederà padre? Cosa ne sarà di me?”
“Non lo so, piccola mia, non lo so.” e continuò a cullarla finché non riuscì a farla addormentare.
 
Ogni notte, da quel fatidico giorno, Erin sognava la morte di qualcuno. Si svegliava scossa da attacchi di panico e pianti isterici. Haldir non sapeva più cosa fare per poterla aiutare. Arwen era rimasta a Lorien per stare vicino alla cugina, anche se non era riuscita a risollevarla dallo stato catatonico in cui era caduta. Il problema di fondo di quei sogni, non era il fatto che continuasse a vedere persone morire, ma era la reazione dei cari di quelle persone che la mandava completamente in panico. Tutti la chiamavano 'assassina', come aveva fatto quel bellissimo elfo nel suo primo sogno; in più, come se non fosse già abbastanza, rivedeva ogni notte quello stesso elfo che le urlava i più spregevoli insulti, il quale rendeva ancora più doloroso l'addormentarsi.
Pian piano però, l'elfa aveva cominciato a non ricordarsi dei sogni fatti, forse anche perché il padre le induceva il sonno con delle erbe particolari. Era l'unico modo affinché potesse prendere sonno, altrimenti il terrore di addormentarsi era tale da non farla più dormire. Aveva passato giorni stesa nel letto, condiviso con il sempre presente Haldir, con gli occhi aperti, a guardare il soffitto, a sperare di addormentarsi senza dover continuamente fare quei terribili sogni. Sperava di non dover mai più vedere quel magnifico elfo che ogni notte la tormentava, anche se in cuor suo voleva potergli chiedere perdono. Le suscitava dei sentimenti alquanto contrastanti, i quali erano molto difficili da decifrare. Ne aveva parlato con la cugina, sperando di riuscire a venire a capo di quel garbuglio di pensieri che le affollavano la mente.
“Questo si chiama amore, amica mia.” disse sicura delle sue parole Arwen.
“Amore? Non dire sciocchezze! Come farei ad essere innamorata di una persona che ho solo visto nei miei sogni? Magari non esiste neanche. E poi, io amo Haldir. Tra qualche giorno ci sposeremo, avremo dei figli e vivremo per sempre felici e contenti.”
“Erin, non credi nemmeno tu a quello che dici. Non prenderti in giro, provi un forte sentimento per questo 'lui' dei tuoi sogni. E mi spiace dirtelo, ma non puoi farci nulla. Prendi me: vorrei con tutte le mie forze non dover provare quello che provo per Aragorn, sarebbe meglio per entrambi, pensandoci razionalmente. Lui è umano e io un mezz'elfo. Ho la possibilità di scelta e questo è già un punto in più in nostro favore, ma in ogni caso rischierò di perdere qualcuno a cui tengo più della mia stessa vita.”
“Cos'hai deciso di fare?”
“Qualche tempo fa è tornato a Gran Burrone prima di partire per un viaggio molto importante, e lì gli ho donato il mio cuore. Ho scelto la vita mortale. Mio padre ancora non lo sa. Vorrei aspettare che tutto fosse finito, prima di rivelargli che vivrò e morirò con il mio amato dopo che sarà tornato.”
“Come hai fatto a scegliere? Non potrei mai. Haldir o mio padre? È inconcepibile.”
“Perché lo amo, Erin. Lo amo con talmente tanto fervore che preferisco vivere una sola vita con lui, che l'eternità senza. Chissà quando riuscirò a vederlo la prossima volta. Ora però perdonami ma devo andare, tornerò il giorno del matrimonio. Te ne prego, stai attenta. È un periodo buio per la Terra di Mezzo, non farti ingannare da nessuno.” poi abbracciò forte l'amica, montò a cavallo e corse lontano da quelle terre.
Erin rimase molto a ripensare alle parole della cugina. Non riusciva a capacitarsi della facilità con cui avesse deciso di scegliere la via mortale da quella immortale. Chissà se lei fosse riuscita a fare altrettanto in una situazione del genere. Si ripromise, allora, che dopo il matrimonio si sarebbe impegnata ancora di più per far funzionare le cose con Haldir, che tutto voleva fuorché farlo soffrire. Era l'unico che le era stato realmente vicino in tutti quei lunghissimi anni. Doveva cercare di ricambiare quello che lui le donava. E ci sarebbe riuscita.
Quella notte si svegliò di soprassalto in un bagno di sudore, non riusciva a respirare, qualcosa nel petto le si era fermato.
“Cosa succede tesoro?” chiese preoccupato l'elfo.
“Stanno arrivando.” 

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Il grande giorno era arrivato: il cinquecentesimo compleanno di Erin era finalmente giunto, e con esso anche il giorno delle sue nozze. In tutto il regno si respirava aria di festa. Ognuno aveva un compito e tutti correvano da una parte all'altra per far sì che ogni cosa fosse al proprio posto. C'era un gran fermento, tutti cantavano e ballavano mentre addobbavano la radura per il matrimonio.
Ad un certo punto, però, si sentirono i corni risuonare in tutti i luoghi del regno.
Significavano solo una cosa: problemi.
Un gruppetto particolare di individui venne scortato alla presenza della Dama della luce e del consorte. Erano due uomini, quattro hobbit, un nano e un elfo. I viaggiatori rimasero impietriti davanti alla bellezza del luogo in cui si trovavano e anche dei due magnifici elfi che si ritrovarono davanti.
Dama Galadriel interruppe quel silenzio imbarazzante con queste parole: “Benvenuti a Lothlorien, Compagnia dell'Anello. Abbiamo appreso il vostro arrivo da nostra figlia, la piccola Erin. Questo non è il momento o il luogo per parlare, sarete molto affaticati dal lungo viaggio a cui avete preso parte. Tra poco Haldir vi porterà verso i vostri alloggi dove potrete riposare, e domani ci ritroveremo qui per parlare di ciò che avete scoperto e appreso in questo lungo periodo di cammino.”
Tutti abbassarono il capo in segno di rispetto e di ringraziamento. Aragorn poi chiese quello che nessuno ebbe avuto il coraggio di chiedere ai due elfi: “Dama Galagriel, Sire Celeborn, vi ringraziamo infinitamente per la vostra ospitalità. Vorrei solo porvi una domanda: le mie orecchie hanno udito bene quando avete pronunciato il nome di vostra figlia? Molte voci sussurrano nel vento in riguardo alla sua venuta.”
“Sì, hai un buon udito. Mia figlia è l'elfa della profezia.”
Tutti ebbero un sussulto, ed in particolare Legolas non riuscì a trattenersi dall'emettere un gemito di rabbia.
“Ve ne prego, dal più profondo del cuore di non giudicarla prima di averla conosciuta. Ora, Haldir accompagnali. Non temete, questa notte riposerete serenamente. Il regno è protetto dal Grande Occhio.” dopodiché si congedò con il marito.
Legolas era rimasto in fondo al gruppo ripensando alle parole della Dama. Non poteva credere che esistesse realmente; sperava fosse soltanto una leggenda.
Perdendosi nei suoi pensieri, si trovò in un posto differente rispetto a quello dei suoi compagni. Presumibilmente si trovava davanti agli alloggi di una famiglia. Si poteva intravedere una figura femminile dalle lunghe tende bianche semitrasparenti che chiudevano la stanza. L'elfa si stava pettinando i lunghi capelli, probabilmente aspettando l'arrivo del compagno o del marito. La sua figura era minuta e aggraziata.
L'elfo era rimasto completamente incantato dalla sua perfezione, da non accorgersi dell'arrivo di qualcuno.
“Legolas, amico mio, come mai ti trovi qui?” chiese incuriosito Haldir.
“Haldir... perdonami, mi sono perso nei miei pensieri e non so come mi sono ritrovato qui.” rispose imbarazzato Legolas.
“Non ti preoccupare, può capitare a tutti. L'hai vista? Lei è la mia futura sposa. Oggi finalmente, sarebbe divenuta mia moglie, ma come sai, c'è stato un contrattempo.”
“Chiedo scusa a nome di tutti quanti, amico mio. Non avrei mai voluto interrompere un giorno tanto importante per te.”
“Non ci pensare, era destino che accadesse. In ogni caso, non è un problema. Sinceramente sono felice anche così. Lei è la cosa più bella che mi sia capitata nella mia lunghissima vita. Sono rinato dopo averla conosciuta. Domani la conoscerai, la conoscerete tutti.”
“Sono molto felice per te. Dev'essere molto bella. Sai, un po' ti invidio. Sei riuscito a trovare la tua metà. Non so se riuscirò mai a trovare la mia.”
“Non disperare, Legolas. Arriva per tutti il momento di trovare colei che ti completerà. Meglio tardi che mai. Ora perdonami, ma vorrei andare da lei. Mi è mancata immensamente oggi. Sai, era anche il suo compleanno, vorrei farle una sorpresa.”
“Prego, prego. Corri dalla tua amata. Noi ci rivedremo domani. Riposa bene.”
Dopo che l'amico se ne fu andato, Legolas rimase ancora qualche minuto a guardare la scena all'interno della stanza. Lei si era coricata sul grande letto in modo tale da poter essere abbracciata dal proprio uomo. Non capì il motivo, ma sentì come un moto di gelosia quando vide Haldir darle un dolce bacio sulla guancia, prima di stendersi di fianco a lei e stringerla tra le sue braccia. Ancora più confuso di prima, si incamminò verso la sua stanza. Quella notte riuscì a dormire sonni tranquilli, cosa che non succedeva ormai da molto tempo, in realtà non succedeva da quel giorno lontano in cui l'aveva sognata.
 
La mattina seguente tutti si svegliarono di buon’ora e riposati come mai prima d'ora. Si incamminarono verso il luogo prestabilito, dove la Dama aveva fatto preparare un grazioso banchetto in loro onore.
“Benvenuti amici miei. Prego, servitevi pure. Tutto questo è per voi.” disse Galadriel. “Mentre mangerete, farete la conoscenza di mia figlia.”
Legolas ebbe un sussulto e non riuscì più a toccar cibo. Nessuno riusciva a capire per quale motivo l'elfo fosse così restio nel conoscere l'elfa; era l'unico che continuava ad avere delle reazioni esagerate ogni qual volta si parlava della figlia dei regnanti di Lothlorien. Aragorn era particolarmente preoccupato per questo. Stava ricordando le storie che sua madre gli aveva raccontato quando era bambino, storie su un'elfa dai poteri illimitati. In cuor suo sapeva che le storie narrategli dalla madre potessero avere un fondo di verità, anche se aveva sempre pensato che fossero delle semplici storie della buona notte, ma non avrebbe mai pensato di poter conoscere personalmente colei che aveva popolato i suoi sogni di bambino. Dovevano solo aspettare e vedere cosa gli avrebbe riservato la sua conoscenza.
“Legolas, ora conoscerai la mia fidanzata.” disse felice Haldir.
“Cosa significa?” chiese preoccupato l'altro.
“Vedrai, vedrai.”
Haldir andò in cima alla scalinata bianca che stava dinanzi a loro e prese sottobraccio una piccola elfa dai lunghi capelli rossi. Quando fu davanti a loro, tutti poterono ammirarla in tutto il suo splendore: il suo viso era a forma di cuore, con lineamenti talmente dolci da incantare qualsiasi essere vivente l'avesse guardata; la bassa statura la rendeva ancora più piccola e indifesa, tanto da volerla proteggere a qualsiasi costo; ma quando aprì gli occhi tutti si voltarono in direzione dell'elfo, che aveva cominciato a respirare affannosamente.
“Tu!” urlò alterato Legolas.
“Calmati Legolas, per favore. Vuoi dirmi cosa sta succedendo?” chiese pacatamente Aragorn.
“Lei... lei è la rovina del mondo elfico! Non ha il diritto di sedersi a questa tavola con noi! Haldir, come puoi essere innamorato di un essere spregevole quanto lei?”
“Ti pregherei di abbassare i toni.” disse alterato Haldir.
“Lei è colei che ha distrutto la mia vita e quella di tantissime altre persone di questo mondo. Sei contenta di vedermi con i tuoi occhi maledetti? Sono qui e continuerò a ripetere quello che ho pensato in tutti questi anni: assassina.” lo aveva sibilato in un modo talmente spregevole da farle perdere un battito al cuore, esattamente come in tutte le altre volte nei suoi sogni.
“Chiedo scusa, ma vorrei il permesso per congedarmi. Non sono la benvenuta qui e non amo essere di troppo.” chiese Erin cercando di trattenere le lacrime.
“No. Tu rimarrai seduta qui, come ovviamente tutti gli altri.” disse perentoria la Dama guardando in direzione di Legolas. “Vi ho convocato tutti qui per un motivo: con la perdita della vostra guida, il saggio Gandalf, avete smarrito la retta via. Per questo motivo vorrei trovare il modo di potervi aiutare per aumentare le possibilità di riuscita del vostro viaggio. Mia figlia è saggia e potente. Conoscete tutti, anche se solo in parte, la profezia che l'accompagna. Per questo vorrei che lei venisse con voi, potrebbe esservi di aiuto nei momenti di oscurità.”
I componenti della Compagnia guardarono la Dama stupiti per la sua decisione. Non avrebbero mai pensato che potesse mandare sua figlia, la sua unica figlia, in un luogo così ostile all'uomo. Ma quella più incredula era la stessa Erin, che non riusciva a capacitarsi del motivo per cui la madre avesse preso una decisione simile. Non riusciva a vedere la reazione degli altri, perché troppo imbarazzata dallo sguardo accusatorio dell'elfo all'altro lato della tavolata.
“Penso di parlare a nome di tutti quando dico che Erin è la benvenuta tra di noi.” disse Aragorn, senza dar peso al moto di rabbia che era subito comparso sul volto di Legolas. “Vi ringrazio per la vostra offerta, Dama della luce.”
“Perfetto, allora è deciso. Domani partirete e sarete accompagnati da mia figlia. Ora chiedo scusa ma dovrei disquisire con Frodo. Vieni piccolo hobbit, abbiamo molto di cui parlare.” così l'hobbit seguì la Dama in una piccola radura non troppo lontano dal luogo del banchetto.
Intanto si era acceso un piccolo dibattito tra Legolas e Aragorn, per la presenza o meno dell'elfa.
“Aragorn, non può venire con noi. Porterà solo disgrazie e noi non possiamo permetterci di sbagliare, non ancora.”
“Non abbiamo scelta. La Dama ce lo ha imposto e poi sai meglio di me che è meglio averla dalla nostra parte che contro.”
“E se volesse l'Anello per se? Non hai pensato a questa eventualità?”
“Pensi seriamente che lei possa fare una cosa del genere? Non ci credi neanche tu, dai. Non prendermi in giro. Mai l'hai vista? Così piccola e indifesa, perché vorrebbe per sé l'Unico?”
“Anche se volessi non potrei avvicinarmici.” disse imbarazzata Erin, che non aveva ancora proferito parola. “Posseggo già un anello. È il primo degli anelli degli elfi; sono legata all'Unico, ma non potrei neanche sfiorarlo. Mi causerebbe immediatamente la morte. Chiedo scusa, ma sono molto stanca. Ci rivedremo alla partenza.”
“Vuoi che ti accompagni?” chiese preoccupato Haldir.
“Non preoccuparti, rimani ancora con i tuoi ritrovati amici. Avrete molto di cui parlare.” dopodiché se ne andò, riuscendo ancora ad incantare tutti quanti con il suo leggero movimento del corpo.
“Legolas, mi vergogno di te. Come puoi dire tutte queste cattiverie su di lei? Non ti credevo così superficiale. Mi hai deluso.” disse Haldir.
“Ho i miei buoni motivi per non fidarmi di lei.” rispose Legolas sempre più infervorito.
“E cosa ci può essere di così grave da farti avere un'opinione così negativa su Erin?”
“Lei è la responsabile della morte di mia madre.”
“Come fai ad esserne così certo?”
“Potrei riconoscere quei maledetti occhi a miglia di distanza. E i suoi capelli, inconfondibili. Esiste solo lei al mondo con queste caratteristiche. Non potrei mai sbagliarmi.”
“Se è vero quel che dici, devo ricordarti che tutto ciò che le è capitato è a causa della profezia che incombe su di lei da quando è nata. Non fargliene una colpa, è nata con questo fardello, ritieniti fortunato che non sia capitata la stessa cosa a te. Non penso che riusciresti a reagire nel suo stesso modo. Ora con permesso, la vorrei raggiungere. Mi sembrava molto scossa dalla conversazione avuta con voi. Ci rivedremo alla partenza.”
Legolas non riuscì a sentirsi in colpa per quello che aveva appena detto il suo più grande amico. Non sarebbe mai riuscito a perdonarla per ciò che aveva causato alla sua famiglia. Aveva spezzato il cuore di suo padre, ma principalmente aveva spezzato il suo. Questo era uno dei motivi per cui non credeva più nell'amore, dopo averlo perso in un modo così atroce.
Finito il banchetto, la Compagnia si apprestò a tornare verso le proprie stanze, memori della conversazione appena avvenuta.
Solo Legolas non riusciva a prendere sonno; continuava a pensare alla decisione presa dalla Dama. Non avrebbe permesso che Lei partisse con loro, fosse stata l'ultima cosa che avrebbe fatto.
Camminando, si trovò davanti alla dimora di Haldir ed Erin, non riuscendo però a capire come avesse fatto. Questi ultimi avvenimenti lo avevano scosso a tal punto da non sapere neanche più dove stesse andando.
“Legolas? Legolas, mi senti?”
“Cosa? Ah. Sei tu. Cosa vuoi?”
“Vorrei poterti parlare per porgerti le mie scuse. Non credo che tu possa mai perdonarmi, ma almeno una parte della mia espiazione potrà essere compiuta.”
“Espiazione? Tu parli di espiazione? Tu? L'assassina di mia madre?”
“Te ne prego, non pronunciare quella... parola. Ogni volta è sempre peggio.”
“Ed è cosi che deve essere. Tu sei solo una disgrazia. Porti solo dolore e morte in questo mondo. Non chiedermi di poterti perdonare, perché non potrà mai avvenire, mai in nessuna vita.” poi corse lontano da quella piccola elfa che gli causava così tanti pensieri e sentimenti contrastanti.
Si fermò non troppo lontano, quando vide che davanti a lui c'era in tutta il suo splendore Dama Galadriel.
“Vi chiedo scusa Dama della luce. Non avrei voluto disturbarla con il mio incessante cammino nervoso.”
“Cosa c'è che ti tormenta a tal punto da disturbarti addirittura il sonno, saggio Legolas?”
“Vi chiedo perdono, ma preferirei non parlarne, soprattutto con voi.”
“So di cosa si tratta: Erin.” alla pronuncia di quel nome, l'elfo ebbe un sussulto, impossibile da non notare. “Ho visto come la guardi. Nei tuoi occhi si può scorgere una nota di disprezzo, ma un occhio allenato può vedere che in realtà c'è molto di più. Vidi quello sguardo tempo or sono negli occhi di Haldir.”
“Cosa significa? Cosa mi state cercando di dire?”
“Sto parlando di amore, mio dolce Legolas. Dell'amore più puro che possa esistere su questo mondo. Dell'amore che nutri per mia figlia, senza che tu ancora lo sappia.”
“No. Non può essere. Lei è...”
“So benissimo cos'è successo a tua madre. Lei mi ha raccontato tutto subito dopo averlo sognato. Non riusciva a capacitarsi di ciò che aveva prodotto la sua mente. Prova a pensare se ci fossi tu al suo posto. Cosa potresti fare?”
“In realtà, penso nulla. Se questo è il mio destino credo che dovrei accettarlo.”
“Ed è quello che sta cercando di fare lei, solo che non l'aiuti affatto con i tuoi modi di fare. Devi provare ad ascoltarla per poter capire realmente come si sente. È stato il primo sogno che ha fatto, quello su tua madre. Non ti sto chiedendo di perdonarla, ma semplicemente di provare a pensare come se quella persona che fosse stata colpita da questa dannata maledizione fossi tu.”
“Ci proverò. Sono stato scortese prima con lei. Non dovrei farmi guidare cosi tanto dalle sensazioni che mi trasmette. Sono talmente confuso da non riuscire a capire cos'è giusto fare.”
“Segui il tuo cuore. È l'unico che può dirti la strada giusta da intraprendere.”
“Il mio cuore è diviso: da un lato vorrei che lei soffrisse come ho sofferto io in tutti questi anni, ma dall'altro vorrei solo che potesse tornare a sorridere.”
“Ed è questo il tuo compito.”
“Il mio compito? Di cosa state parlando?”
“Nella profezia si parlava di un elfo venuto da lontano che sarebbe riuscito a far risplendere, di nuovo, il cuore della prescelta. E, mio caro, quell'elfo sei tu.”
“Come potrei essere io? Qui si parla di amore. Non potrei mai. Io non posso essere Lui, sono solo un umile arciere, non posso. E poi... non la conosco.”
“Continua a seguire il tuo cuore come hai fatto fino ad ora. Quando sei venuto a conoscenza dell’impresa della Compagnia dell’Anello la consideravi solo un'inutile suicidio, ma poi hai capito che tutto era fatto per un bene superiore. Come hai deciso di prendervi parte, capirai il tuo posto vicino a mia figlia.”
“Ma... Haldir? Lui è il suo futuro marito, non dovrebbe essere lui quel Lui?”
“Mio malgrado, non lo è. Ci ho sperato con tutte le mie forze in questi anni, ma poi ho capito che Erin in realtà non è veramente innamorata di lui. Gli eventi hanno creato questo amore. Con l'andare avanti del tempo, potrebbe diventare deleterio per entrambe le parti, cosa non particolarmente felice per entrambi. Tu, tu sei colui che l'aiuterà.”
“Non posso.”
“Questo tuo rispondermi così prontamente mi fa capire quanto tu sia leale verso il tuo amico, ma il destino di mia figlia è cambiato appena avete varcato i cancelli di Lothlorien. Ora il suo destino sei tu, lo capirai strada facendo. Ora ti chiedo soltanto un favore.”
“Tutto quello che desiderate.”
“Vi avrà parlato dell'anello che porta. Mio malgrado, anche questo fardello, è stato affidato alla mia dolce bambina. Devi tenerla il più lontano possibile da Mordor, la vicinanza con la città oscura la renderà sempre più debole giorno dopo giorno. Già il fatto che l'anello sia qui è un grande peso per la sua salute. Promettimi che la terrai in vita il più possibile.”
“Da quanto sapete tutto ciò? Non dovreste farla partire con noi. È un suicidio!”
“Promettimi solo che la proteggerai.”
“A costo della mia stessa vita.”
“Saggia risposta. Ora posso andare in pace. Abbi cura di lei, te l'affido. È la cosa più preziosa di questo mondo. Ricordati sempre di seguire il tuo cuore, ha la risposta ad ogni tua domanda.” detto ciò si volatilizzò nel vento, lasciando l'elfo con ancora più interrogativi.

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Non troppo lontano da lì, una coppia stava discutendo sugli ultimi avvenimenti.
“Erin, ti prego, non partire. Proverò a parlare io con tua madre, e se non mi ascolterà, allora potremmo sempre fuggire insieme.”
“Haldir, non peggiorare la nostra situazione. Non sai quanto vorrei che questo non dovesse succedere a noi. Non avrei mai voluto vederti soffrire come invece stai facendo in questo momento. Mi distrugge vederti così.” E gli accarezzò una guancia il più dolcemente possibile, per fargli capire quanto volesse che le cose fossero andate diversamente.
“Non devi preoccuparti per me. È per te che sono preoccupato! Stai per partire per un viaggio suicida. Lo sai che non tornerai indietro, vero?”
“Lo so. Mia madre mi ha spiegato ciò che dovrò fare, arrivato il momento.”
“Perché allora non vuoi lasciar perdere tutto e scappare via con me?”
“Non possiamo, non posso Haldir. Sai che in ogni caso ci troverebbero. E poi, pensaci bene, con questo sacrificio si potranno salvare tantissime persone. E il tuo compito è proteggere il regno, non puoi scappare anche da questo.”
“Prova ad essere un po' più egoista, amore! A te non pensi? A noi non pensi?”
“Amore mio, è proprio per noi che lo faccio. Così potrai continuare a vivere, e lo potrai fare in un mondo migliore. Vorrei che tu potessi rivedere lo splendore di queste terre. Se per farlo c'è bisogno di un mio sacrifico, sono felice di poter essere d'aiuto.”
“Erin, per una volta, pensa a te stessa. Non c'è bisogno che tu ti sacrifichi per gli uomini. Loro non hanno diritto di vivere! Sono loro che hanno causato questa guerra.”
“Il tempo degli elfi su questo mondo è quasi giunto al termine, anche tu lo sai. Dobbiamo prendere parte a questo per poterli aiutare a comprendere cosa sia giusto e cosa sbagliato. Quando finalmente lo capiranno, potremo andarcene in pace.”
“Non posso far nulla per farti cambiare idea, giusto?”
“Ti chiedo umilmente perdono, ma mia madre alla fine aveva ragione. Non so ancora bene cosa comporterà la mia partenza, e soprattutto non conosco la fine della storia, stranamente. So solo che è il destino che mi sta chiamando a compiere questa strada. Mi dispiace solo che sia stato così crudele con la persona che meno merita di soffrire. Mio dolce amore, vedrai che un giorno ci rivedremo e potremo essere ancora felici insieme. Non disperare, il destino ha in mente qualcosa di diverso per noi.”
Quella notte si amarono come non avevano mai fatto. Si amarono con la consapevolezza nel cuore che quella era l'ultima volta che si sarebbero visti e in cui avrebbero potuto passare dei momenti di pura felicità come quella.
Poco prima di addormentarsi, Erin pregò affinché l'amato non dovesse soffrire così tanto, che potesse essere sereno fino al giorno in cui si sarebbero rivisti, e prima di chiudere gli occhi vide che lui aveva ricominciato a sorridere.
 
La mattina seguente, tutti si alzarono presto così da prepararsi per l'imminente partenza. Ognuno aveva avuto la possibilità di ripensare agli ultimi avvenimenti. La sosta a Lothlorien, aveva fatto bene alla Compagnia, avevano avuto modo di poter riposare e di conoscere nuove persone che li avrebbero aiutati durante il lungo viaggio che ancora li aspettava.
Lungo il fiume c'erano ad aspettarli tre veloci imbarcazioni elfiche, che li avrebbero condotti al di fuori del regno di Lorien. Sire Celeborn e Dama Galadriel erano lì ad aspettarli per porgergli i dovuti saluti e ringraziamenti per ciò che avrebbero compiuto per la Terra di Mezzo. Ad ognuno fecero un dono, in base al proprio ruolo nella Compagnia. Oltre a questo, gli diedero del cibo elfico, del Pan di Via, che con un semplice piccolo morso avrebbe potuto sfamare un uomo adulto. Erin arrivò poco prima della partenza scortata dal sempre presente Haldir.
“Che la Compagnia dell'Anello possa continuare la sua missione senza più intoppi.” disse la Dama, cercando di essere incoraggiante per il futuro.
“Grazie per l'ospitalità. Ve ne saremo per sempre grati.” rispose Aragorn a nome di tutti.
“Legolas, vieni un attimo per favore.”
“Ai suoi ordini, mia signora.”
“Ricorda quello che ti ho detto ieri sera. È nelle tue mani. Se dovessi fallire ne dovrai rispondere direttamente a me.”
“Non vi preoccupate, la proteggerò fino alla mia morte, se fosse necessario. Lei sarà la mia prima e unica preoccupazione per tutto il viaggio, fino alla fine.”
“Grazie, te ne sarò eternamente grata.” poi lo congedò per farlo tornare dagli altri.
Sulla prima imbarcazione presero posto Marry, Pipino e Boromir, sulla seconda Aragorn, Sam e Frodo, e infine sull'ultima, Gimli, Legolas ed Erin, affinché potesse tenerla sempre sotto controllo. I nove partirono alla volta di una nuova missione, scortati dalla grazia di Lothlorien e da quella dei suoi abitanti.
 
Le acque erano calme e tutti erano rilassati dalle dolci parole che stava intonando Legolas.
“Legolas, non vorrei sembrarti scortese, ma qual è la litania che stai cantando? Ho impressione di averla sentita molto tempo addietro, ma non ricordo dove.” Chiese timidamente Erin.
“Non la conosci? Me la cantava sempre mia madre per farmi addormentare. In questo modo mi sembra di averla ancora accanto come una volta.” Rispose lui, non capacitandosi dello sguardo dolce che gli aveva rivolto l’elfa dai lunghi capelli rossi.
“Oh... chiedo perdono, non avrei mai voluto farti rivivere momenti così tristi.”
“Non preoccuparti, Erin. È successo tanto tempo fa. Se vuoi posso raccontarti la storia che sta dietro questa litania.”
“Se non è troppo di disturbo, sarei molto onorata di ascoltarla.”
Allora Legolas cominciò a raccontare la leggenda di quella canzone:
“Tutto ebbe inizio in un luogo dove non esisteva né tempo né spazio, in un luogo lontano, molto lontano dalla normale comprensione. In quel luogo vivevano un uomo e una donna: Bren e Crysta. Da che avessero memoria, erano sempre stati in lite. Non perdevano mai occasione di battibeccare, anche per le cose più futili. Per questo erano convinti da sempre di odiarsi, talmente tanto da non riuscire a stare nello stesso luogo allo stesso momento. Ma con il passare del tempo si resero conto che in realtà ciò che provavano non era odio, bensì amore, quell'amore perfetto che solo pochi riescono a trovare nella propria vita.
In tutte le storie come queste però c'era un ma: Crysta era la figlia del re, e come tale doveva rispettare determinate leggi che le venivano imposte dal padre. Prima fra tutte avrebbe dovuto sposare il comandante dell'esercito del re. Quando venne a sapere del matrimonio combinato, cercò di opporsi in ogni modo, ma inutilmente. Il padre ormai aveva deciso e non gli si poteva far cambiare idea. I due allora, avevano deciso di vivere il loro amore in segreto, senza poter mai uscire alla luce del sole; dovevano nascondersi anche solo per parlare, per paura che il futuro marito, pazzo di gelosia, lo facesse uccidere. Un giorno però accadde l'irreparabile: il promesso sposo li scoprì. Per prima cosa fece condannare a morte Bren e rinchiuse Crysta nelle stanze matrimoniali, imponendole di assistere all'esecuzione dell'amato. Neanche il padre avrebbe potuto fare qualcosa per cambiare la sorte della figlia.
Il giorno prima dell'esecuzione, Crysta riuscì ad andare a salutare per l'ultima volta il suo amato Bren. Passarono la notte insieme, notte di speranza e di felicità. Quella notte furono solo loro due contro il resto del mondo.
Il giorno seguente, l'uomo venne condotto al patibolo e la donna fu messa in prima fila per vedere più da vicino quel maledetto assassinio. Come ultimo desiderio, Bren intonò una litania per la sua amata, che parlava di speranza e di amore, quell'amore che sarebbe sopravvissuto anche dopo la morte, dopodiché lo uccisero davanti agli occhi increduli della donna.
Qualche giorno dopo si celebrarono le nozze di Crysta, ma prima di pronunciare il fatidico 'sì' spirò.”
Erin rimase affascinata dalla storia, soprattutto per il significato. Le ricordava un po' ciò che stavano subendo lei e Haldir.
“Ti ringrazio infinitamente per avermi raccontato questa leggenda. È veramente magnifica.” disse lei con il magone.
“È tragica, non magnifica. Non riesco a capire come possa piacerti. La loro vita viene conclusa in un modo così netto. Non possono vivere il loro amore, non possono vivere la loro vita insieme.”
“Tu conosci questa canzone e credo che anche moltissimi altri ne conosceranno le parole. In questo modo loro vivono in essa e di conseguenza anche il loro amore è riuscito a sopravvivere.” detto ciò si girò verso il davanti della barca e si appoggiò al bordo in modo tale da poter immergere la punta delle dita nella verde acqua. Nel punto in cui le sue dita si immergevano nel calmo liquido, lasciarono delle scie colorate che pian piano si stavano trasformando in un'immagine. Aveva rappresentato i due amanti della storia abbracciati, prima del momento dell'esecuzione di lui. Legolas rimase incredulo nel vedere quello che lei era riuscita a creare solo con due sole dita della mano. Ogni momento che passava in sua compagnia, continuava a imparare nuove cose sul suo conto che lo affascinavano a tal punto da rendergli difficile il comprendere i sentimenti che provava per lei. L'aveva stregato con i suoi modi di fare e con la dolcezza che metteva in tutto ciò che faceva. Non poteva capacitarsi del fatto che lei fosse colei di cui la profezia parlasse, era talmente perfetta da spaventarlo.
Presto, però, dovette riprendersi da quei pensieri felici perché in lontananza sentirono dei ruggiti. Erano gli orchi: gli Urukahi. Si apprestarono ad andare verso la riva più vicina per avere una parvenza di protezione in più, visto che in acqua rischiavano di venir colpiti molto più facilmente.
Il problema era che non avevano ben calcolato la distanza con gli orchi: erano molto più vicini di quanto pensassero. Furono attaccati. La Compagnia si disperse all'interno della fitta boscaglia. Gli hobbit si nascosero dagli orchi in modo tale da non essere catturati. Sapevano che il loro obiettivo era Frodo, quindi di conseguenza erano tutti a rischio. Ad un certo punto tutto diventò bianco. Una luce accecante aveva scaraventato gli orchi nell'acqua che vennero affogati poi da degli spiriti marini invocati presumibilmente da qualcuno. Quando tutto tornò alla normalità, videro Erin accasciata a terra. Legolas, preso dal panico che fosse stata ferita, corse in suo aiuto, ma notò che stava bene, era solo stremata.
“È stata opera tua?” chiese incredulo l'elfo, quando lei si svegliò.
“Credo di sì... non riesco a ricordare nulla...” rispose lei, tenendosi la testa tra le mani.
“Ci hai salvato. Ci hai salvati tutti.” e la abbracciò per cercare di infonderle un po' di energia così da potersi rimettere in piedi.
“Dove sono gli hobbit? E Boromir?” chiese preoccupato Aragorn.
“Li hanno presi? Tutta questa strada per niente!” disse alterato il nano.
“Frodo e Sam sono riusciti a scappare, mentre hanno catturato Marry e Pipino.” rispose prontamente l'elfa.
“E Boromir? Non lo si vede da nessuna parte.” chiese Aragorn.
“Da questa parte!” urlò da lontano Legolas.
Lo avevano trovato.
Boromir giaceva a terra con tre frecce degli orchi conficcate nel petto. Non era riuscito a scappare dal loro attacco. Erin si chinò su di lui e pronunciò una preghiera in elfico in modo tale che potesse riposare in pace.
“Dobbiamo trovare i due hobbit. La Compagnia non può disperdersi ancor di più. Il destino di Frodo e Sam ora non ci appartiene più. Dobbiamo solo cercare di aiutarli nella loro impresa, anche se da lontano. L'unica via che ci rimane da intraprendere è quella di ostacolare i piani di Saruman in modo tale da agevolargli il viaggio. Il Grande Occhio avrà già captato la loro presenza verso il Monte Fato.” disse perentorio Aragorn. “Lasciate tutto ciò di cui non avete assoluta necessità. Viaggeremo leggeri. Siamo a caccia di orchi!”
La Compagnia si apprestò a partire, a piedi, alla ricerca dei due hobbit rapiti.
 
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Ciao a tutti! Volevo solo ringraziare chi sta seguendo la storia :) ogni vostra recensione è molto emozionante per me, perché è la prima volta che pubblico qualcosa!
Grazie mille ancora!
Sperando che vi piaccia il quarto capitolo, vi lascio alla lettura! A presto!
Lia

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