Soap Opera Pair: Danimarca/Finlandia

di ViolaNera
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Holding hands ***
Capitolo 2: *** Cuddling somewhere ***
Capitolo 3: *** Watching a movie ***
Capitolo 4: *** On a date ***
Capitolo 5: *** Kissing ***
Capitolo 6: *** Wearing each other's clothes ***
Capitolo 7: *** Cosplaying ***
Capitolo 8: *** Shopping ***
Capitolo 9: *** Hanging out with friends ***
Capitolo 10: *** With animal ears ***
Capitolo 11: *** Wearing kigurumis ***
Capitolo 12: *** Making out ***
Capitolo 13: *** Eating ice-cream ***
Capitolo 14: *** Genderswapped ***
Capitolo 15: *** In a different clothing style ***
Capitolo 16: *** During their morning ritual(s) ***
Capitolo 17: *** Spooning ***
Capitolo 18: *** Doing something together ***
Capitolo 19: *** In formal wear ***
Capitolo 20: *** Dancing ***
Capitolo 21: *** Cooking ***
Capitolo 22: *** In battle ***
Capitolo 23: *** Arguing ***
Capitolo 24: *** Making up afterwards ***
Capitolo 25: *** Gazing into each other's eyes ***
Capitolo 26: *** Getting married ***
Capitolo 27: *** On one of their birthdays ***
Capitolo 28: *** Doing something ridiculous ***
Capitolo 29: *** Doing something sweet ***
Capitolo 30: *** Doing something hot ***



Capitolo 1
*** Holding hands ***


Tutte le seguenti storie sono ispirate ai prompt proposti in questo link: 30 days OTP challenge di EriCandy.






1. HOLDING HANDS





Gli piace moltissimo correre.

Da amante della velocità, del vento tra i capelli, del cuore nelle orecchie che lo fa sentire vivo, non potrebbe non apprezzare quell'attività che per lui è come un gioco. Diventa una sfida se qualcuno cerca di superarlo, di staccarlo ed istigarlo a fargli raggiungere una schiena che cerca di diventare più piccola per la distanza guadagnata, ma la competizione è soltanto parte del divertimento.

Gli piace correre principalmente per se stesso, per vedere come il paesaggio intorno cambi rapidamente, per sentirsi bene durante e dopo per diverse ore ancora. Si perde in un mondo tutto suo quando sfreccia nei boschi, schiva sassi e salta tronchi d'albero che sbarrano un sentiero, gli occhi brillanti e a volte pieni di lacrime se la temperatura è troppo rigida. Gli piace bruciare ossigeno e sentire i muscoli tirare, lo affascina la sensazione degli abiti che si incollano premendo sul corpo e quel folle, irrazionale senso di libertà man mano che la strada gli si apre davanti, apparentemente senza confini o limiti.

Stringe i pugni e macina terreno, evitando piccoli ostacoli, fingendosi braccato e in pericolo.

Quando la mano lo afferra unendo palmo contro palmo, il respiro gli si blocca in gola, ma non smette di correre come se avesse un mostro dietro, pur esitando ed allertandosi.

Volta leggermente il viso e si accorge di avere il danese al suo fianco, sorridente, felice e spensierato mentre lo trascina con sé, ad una velocità anche maggiore della propria.

Il giovane Finlandia è sbigottito mentre viene tirato avanti da un corridore bravo quanto lui. Credeva di essere il più veloce tra loro; non si capacita di come lo abbia raggiunto e nemmeno di come mai sia già sveglio, quando ha sempre pensato di essere l'unico tanto mattiniero.

Neppure per un momento la ritiene una gara improvvisata, non dopo quello sguardo limpido, non dopo quel sorriso enorme e le mani strette. Non pensa neppure che voglia fermarlo.

Corrono insieme e -sebbene una parte di lui sia un po' imbarazzata- non lascia andare quella mano neanche quando infine giungono in cima alla collina e si fermano, ansimanti e sudati, ad ammirare il paesaggio sottostante ed il villaggio immerso in una tenue foschia.

Prende avide boccate d'aria, felice, pur con ogni parte del corpo dolorante per lo sforzo protratto, per quel palmo caldo che non si muove e lo fa arrossire per il contatto.

Restano a guardare le abitazioni, fianco a fianco, due ragazzini di stature diverse in cima ad una collina erbosa, le dita fermamente intrecciate.

«Ecco! Guarda!», esclama il più alto indicando il cielo all'orizzonte.

L'alba si schiude davanti a loro, accendendosi ed esplodendo di colori caldi.

Finlandia resta incantato a fissarla, dimenticando per un po' che ha smesso di respirare.

«Non è meraviglioso? Volevo mostrartelo.»

Annuisce senza parole, sentendo un curioso calore diffonderglisi nel petto.

Non è molto che ha imparato a comunicare davvero con loro, così diversi da lui.

La persona con cui passa più tempo -anche se non esattamente facendo lunghi discorsi- è lo svedese che l'ha trovato, quindi non può che sentirsi emozionato per quel comportamento. Non si sentiva molto considerato dagli altri, però quel gesto lo fa sentire più accettato, se non altro dal danese.

Ama correre, specialmente da solo, senza vincoli come una foglia nel vento, ma non ha mai amato tanto essere a corto di fiato per l'alba davanti ai loro occhi e per la mano nella sua.

«Grazie, Tanska.»

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Capitolo 2
*** Cuddling somewhere ***


2. CUDDLING SOMEWHERE





Il danese tiene le braccia spalancate per un po', prima di portare le mani dietro, a tenere la nuca, proteggendola dal contatto diretto con l'erba del parco.

Inspira ed espira, un'espressione di calma assoluta in volto, mentre le risate dei bambini che giocano, il suono inconfondibile di qualcuno che si passa la palla e l'abbaiare sporadico di qualche cane vanno ad incorniciare una domenica perfetta spesa nel relax.

Il ragazzo accanto a lui osserva le chiome degli alberi, verdi per la bella stagione, e tiene la faccia indirizzata al cielo straordinariamente limpido, rilassato tanto quanto l'altro è sonnecchiante.

«Secondo te è possibile contare le nuvole?»

Matt ridacchia e scuote la testa, accavallando una gamba sul ginocchio e dondolandola un po'. «Sarebbe come chiedere se si possono contare le stelle, Tino. A me sembra una gran faticaccia.»

Il finlandese sorride appena, socchiudendo gli occhi e voltando la testa nella sua direzione. Si gira sul fianco, una mano che fuoriesce dalla coperta a scacchi stesa sotto di loro e va a tormentare pigramente qualche fresco ciuffo d'erba.

Solo dopo qualche minuto si fa coraggio, fissando direttamente il profilo dell'altro ed assumendo un'aria concentrata; smette di scocciare l'erba ed allunga il braccio verso di lui, prendendo un lembo della sua maglietta tra due dita come per accertarsi del materiale.

«Matt.»

L'uomo smette di contemplare le nuvole e si dimentica di averne appena vista una identica ad Hanatamago che insegue una balena volante, rivolgendogli la sua completa attenzione.

Si guardano negli occhi per svariati secondi e Tino resiste per poco, prima di ritrarre la mano e lasciarla, raccolta in se stessa, accanto al suo fianco disteso.

«C'è una cosa che vorrei dirti. Una specie di... confessione.»

«Un segreto? Vuoi venire qui a dirmelo all'orecchio così non ci sente nessuno?»

Sogghigna un pochino, ma smette quando vede il palese imbarazzo nei lineamenti dell'altro. Si schiarisce la voce e gli fa un cenno col mento, come a dirgli di continuare.

«So che ti sembra improvviso e m-mi dispiace, ma... ecco, c'è una parte di me che credo... no, sono sicuro che ci sia questa parte che...» Si morde un labbro gemendo di sconforto e si mette seduto di colpo per voltarsi dall'altra parte.

Matt vede le sue spalle irrigidirsi ed allunga subito un braccio, posandogli il palmo al centro della schiena con fare rassicurante.

«Hey, va tutto bene. Puoi dirmi quello che ti pare.»

Tino si incurva sulle gambe e si infila le mani tra i capelli, spettinandosi con un sospiro.

«C'è una parte di me che quando siamo così vicini vorrebbe... abbracciarti... vorrebbe fare e dire tante cose e... pensavo... p-pensavo... che potrei essere... sì, insomma, potre-»

Danimarca lo tira giù e lo obbliga a rimettersi disteso, avvolgendolo in una stretta soffocante e rubandogli un verso sorpreso, accompagnato da una serie di deliziosi brividi che non gli sfuggono.

Sente il respiro accelerato del ragazzo e allo stesso tempo percepisce l'aumento del proprio battito, in attesa di questo da almeno un secolo. Se non di più, ad essere proprio onesti.

«Potresti essere...?», lo incoraggia, sfiorando con cautela i suoi capelli biondi con le labbra. Altri brividi, altri suoni indecifrabili dall'altro.

«Potrei essere... di te.»

Quella pausa tra le due parti del discorso è quello che gli serve. Non è incertezza, è confusione e timore, sì, ma non per quello che prova.

Sa che Tino ha sempre avuto ragazze bellissime, anche se con nessuna è andato avanti per molto tempo. Non dev'essere semplice sentirsi attratto da lui e scindere quei desideri dalla semplice amicizia che li unisce. No, non dev'essere facile per niente, ma se se n'è accorto, allora è vero. Allora c'è speranza, per loro.

Lo tiene tra le braccia, cullandolo un po' e restando a respirare il tenue profumo di shampoo alle erbe, misto a qualcosa di dolce che lo ha sempre caratterizzato.

Non sa per quanto tempo lo tiene stretto, mentre entrambi restano insolitamente silenziosi. Ad un certo punto Tino smette di starsene rannicchiato e gli fa passare le braccia al di là della schiena, completando quell'abbraccio.

Matt lo riempie di carezze silenziose. Ed altrettante, poi, ne riceve.

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Capitolo 3
*** Watching a movie ***


3. WATCHING A MOVIE






Il danese si rigira la copertina del dvd tra le mani, lievemente perplesso. Tino lo guarda e pensa per la milionesima volta che trova tenerissima la sua espressione confusa, ma si astiene dal farglielo notare, sorridendo tra sé e sé.

Per quel sabato sera hanno deciso di restare al calduccio sotto le coperte del divano. Lattine di birra, un cartone gigante di pizza, patatine da sgranocchiare, il semifreddo comprato nel pomeriggio che li aspetta in frigo quando ci sarà ancora spazio per il dolce... ed un bel film romantico.

È il modo migliore per passare quel primo San Valentino insieme, Tino ne è sicuro. Per questo si sistema sul divano con la coperta a tenergli calde le gambe e prende i telecomandi, aspettando che il fidanzato gli si metta accanto dopo aver inserito il dischetto nel lettore. Ah, è proprio fiero della sua toccata e fuga al videonoleggio!

Mentre tormenta la custodia protettiva di un telecomando, Tino non può fare a meno di ondeggiare sul divano, sciolto dall'emozione al pensiero di essere finalmente riuscito ad avere una relazione stabile con lui, dopo tutti quegli anni di indecisione e cose dette a metà.

«Perché non ti muovi e vieni qui?», cinguetta con le guance belle rosa, pattando il posto vuoto accanto a lui e restando in silenzio quando il richiamo viene accolto gioiosamente da una sculettante Hanatamago. La guarda inseguirsi la coda per una decina di volte, prima di sospirare e coccolarle la testa. «Se non ti sbrighi a mettere su quel film Hana ti divora la pizza, oltre ad averti appena rubato il posto. E non sono sicuro la tua birra sia salva, conoscendola!»

Matt non sembra ancora molto convinto, non abbandonando la sua espressione incerta, ma annuisce come in trance e mette il dvd, andando a piazzarsi accanto al ragazzo ed avvolgendolo automaticamente con un braccio.

«Senti, Tino... hai programmi particolari per questa sera?»

Il finlandese gli rivolge un sorrisino dolce, allungandosi per punzecchiarlo con la punta del naso. «Guardiamo il film, mangiamo fino a scoppiare e ci coccoliamo come una coppietta sposata», ridacchia, arrossendo subito dopo di contentezza.

«Oh», mormora l'altro, restando a guardarlo mentre fa partire il film allungando in avanti il telecomando. Tino fissa lo schermo e poi lui, chiedendosi perché resti testardamente rivolto di lato invece di prestare attenzione alla televisione. Apre la bocca per protestare, chiedendogli cosa stia pensando di fare bucandolo con i raggi laser nascosti nelle pupille, ma si zittisce quando i primi gemiti riempiono la stanza ed Hana solleva il musetto, inclinandolo interrogativa.

Il collo di Tino si fa marmoreo mentre si volta completamente verso lo schermo: la mascella rischia di abbandonarlo alla vista di cosa vi si stia svolgendo sopra.

«Questa è la tua idea di film romantico, dolcezza?»

«N-no, io... ci dev'essere stato uno sbaglio», balbetta, il corpo un blocco rigido.

«Confesso di averti sottovalutato, mio bel porcellino. Sono colpito.»

Tino lancia un grido e si copre il viso con le mani, scatenando una risata interminabile. Si sente avvolgere dalle braccia di Danimarca e strapazzare con entusiasmo. Le sue labbra si avvicinano all'orecchio rosso fuoco di Tino, sussurrandogli dentro con un tono dolce. «Lo sapevo che avevi sbagliato film. Beh, buon San Valentino?»

«Voglio morire.»

Matt ride ancora, dandogli un bacio sulla tempia e restando lì a respirarlo.

«Non saresti tu se non fossi un pasticcione. Il mio pasticcione.»

La sua voce piena d'affetto è l'unica cosa che riesce a farlo ridere a sua volta ed abbandonare i foschi propositi di un suicidio immediato.

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Capitolo 4
*** On a date ***


Questa storia si svolge contemporaneamente a quella pubblicata da AmyLerajie, pertanto sarebbe meglio leggerla dopo di essa.



    4. ON A DATE - 1907






Attraverso la vetrina del ristorante, i due uomini osservano con apprensione Berwald e Lukas guardarsi in cagnesco dalle due estremità del tavolo.

«Tu credi che servirà davvero a farli parlare di nuovo?», mormora il minore, un'espressione più infelice che ottimista chiaramente stampata in faccia, per quanto si sforzi di non darlo a vedere.

Il danese lo guarda un momento di profilo, poi lancia un'occhiata ai due ed emette un sospiro rassegnato. «Non lo so, ma almeno ci abbiamo provato.»

«Credo che Lukas voglia ucciderci», borbotta. «È stata una cosa tremendamente stupida.»

Mattæus scuote la testa e lo tira per il braccio, allontanandosi dal ristorante ed incamminandosi con lui lungo la strada frequentata. Restano fianco a fianco, silenziosi, perdendosi ad osservare la gente attorno a loro.

«Qualunque cosa succeda, la nostra parte è fatta. Non possiamo costringerli a riavvicinarsi come un tempo, ma... non mi sento in colpa, Tino. Sono successe tante cose e non trovo sbagliato cercare di recuperare almeno quelle belle. Forse ci vorranno uccidere o forse ci ringrazieranno, ma quei due sono destinati», mormora, profondo e riflessivo come a Tino, negli ultimi tempi, non è capitato spesso di sentirlo.

«Destinati», ripete in un sussurro, chinando un po' la testa in avanti.

Anche loro hanno finito per allontanarsi ed è triste. È doloroso parlare come nazioni e perdere sempre più il legame umano che avevano allacciato, per quanto, almeno loro due, continuino a sentirsi abbastanza regolarmente.

Eppure non è lo stesso.

La rottura tra Berwald e Lukas preme anche su di loro, come se vedere quei due felici, insieme, desse un senso a tutto, facesse provare loro la speranza di non essere solo territori.

«Hey, Tino», riprende dopo un altro lungo silenzio. «Già che siamo qui e a stomaco vuoto, ti va di pranzare con me?»

Finlandia si ferma in mezzo al marciapiede, fissando stupito la schiena dell'altro che per un po', ancora, non accortosi di niente, continua ad allontanarsi. Poi si ferma anche lui, si guarda intorno, non lo trova più e si volta ansioso.

Deve leggergli in faccia qualcosa di non troppo promettente, poiché si accarezza la nuca e sorride senza coinvolgere gli occhi, dicendo che non importa se non vuole, lo capisce. Tino si affretta a fermarlo a metà della frase e lo raggiunge di nuovo, un piccolo e timido sorriso a discolparlo.

«Mi va, Mattæus. Ero solo sorpreso.»

L'uomo fa un piccolo cenno col capo. «Sorpreso che voglia passare del tempo insieme?»

Tino infila le mani in tasca, impacciato, non sapendo bene cosa dire, ma l'altro lo toglie in fretta dall'imbarazzo dandogli un colpetto col gomito e riprendendo a camminare.

«In fondo oggi siamo stati complici di un crimine, no? Non è stato tanto male organizzare tutto alle loro spalle. Anche se non andrà come vorremmo avevamo buone intenzioni ed arrivati sin qui tanto vale avere un appuntamento anche noi.»

Un appuntamento. Il cuore della nazione più giovane perde qualche colpo.

Non sa se per il termine utilizzato a cuor leggero dal danese o se per il fatto che siano soli e sia passato un po' di tempo da quando è capitato di esserlo.

Un po' quella parola gli piace. Non si sogna nemmeno di vederci del romantico, anche se in passato ha creduto di provare qualcosa per lui, oltre alla semplice ammirazione per la sua forza.

Oggi passeggia accanto ad un uomo in abiti moderni che non gli ricorda quasi più quello che era un tempo, quello che voleva tenerli tutti sotto la sua ala protettiva, anche sbagliando i modi. Non è un uomo con le mani insanguinate e lo sguardo annebbiato dalla furia.

Anche lui è cambiato, ha dismesso gli abiti di quel ragazzino che correva nella foresta chiedendosi quanto ci sarebbe voluto per imparare la loro lingua e farsi comprendere, accettare come parte della famiglia.

Sono diversi ed in parte sono ancora quelle stesse persone che tendono a cercarsi.

Lo rende triste non sapere cosa ne sarà di loro di lì a qualche anno, quali cambiamenti avverranno, se continueranno a parlare o se si perderanno per sempre.

«Un appuntamento, eh?», sussurra, vagamente felice.

Gli si affianca, lancia un'occhiata alla sua mano lungo il fianco e desidera poterla toccare come un tempo, stringerla senza farsi tanti problemi come quando correvano insieme.

A volte si sente davvero uno sciocco.

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Capitolo 5
*** Kissing ***


5. KISSING






Mentre lo aspetta, una punta di agitazione ed impazienza a farlo stare troppo rigido sulla sedia, allunga il collo sopra il tavolo e incrocia le braccia, fissando intensamente il menù del bar spiegato sotto il suo naso.

Cioccolata alla vaniglia, cioccolata all'arancia, cioccolata al peperoncino. Lascia scorrere le mille varianti al di sopra dell'indice, chiedendosi se possa prenderne tre o quattro diverse, indeciso come sempre.

Potrebbe sceglierne una e poi usare quella scusa del voglio provarle tutte! per invitarlo fuori ancora una volta. Ecco, ora è mortalmente nervoso, non soltanto leggermente sulle spine.

Gli si piega la bocca all'ingiù e lo stomaco fa capriole con effetti speciali, chiudendosi completamente e facendogli temere un'esplosione di fuochi d'artificio dalle narici. Da quando è così agitato per doversi vedere con lui?!

Matt è... Matt, giusto? Il solito chiassoso, divertente, rumoroso, confusionario... dolce e bellissimo Mattæus.

Si appoggia alle braccia e scuote la testa, di nuovo sconcertato dai propri sentimenti. L'ha sempre avuto accanto, eppure non l'ha mai guardato con quegli occhi da triglia, non ha mai compreso fino in fondo la voglia di stringerlo forte e baciarlo. È davvero possibile ignorare tanto a lungo certi segnali?

Non saprebbe nemmeno dire cosa, alla fine, li abbia avvicinati tanto, finendo per vedersi sempre più spesso, fino al momento in cui si è mezzo dichiarato ottenendo una risposta... positiva.

È che ridono tanto insieme? Basta per iniziare un rapporto diverso da quello che hanno sempre avuto? Basta sentirsi attratti e affini per calciare via un'amicizia e renderla qualcosa di più? Non che in passato non abbia provato certe cose per lui, ma è stupefacente come sia bastato poco per trasformare tutto.

Un po' di coraggio, un po' di sincerità, la consapevolezza che fosse l'unico a farlo stare tanto bene, a farlo sentire capito e mai fuori luogo. Ecco, se non si sbriga a raggiungerlo potrebbe anche fuggire dal bar con le mani nei capelli. No, un momento: prima deve ordinare almeno una di quelle cioccolate straordinarie!

Solleva il viso, le sopracciglia quasi unite e la fronte corrugata, trovandosi davanti il danese che avvicina la sedia a lui e gli sorride. «Cos'è quella faccia tremenda? Per un momento mi sei sembrato Berwald!», scherza.

«M-Matt!»

Resta senza fiato, scoraggiato dalla propria reazione da scolaretta alle prime armi. Si sbatte la mano sulla guancia e spera di non essere anche diventato rosso come un gambero. Dovrebbe stare tranquillo, non è che i suoi pensieri siano scolpiti sulla faccia!

«Tino, per caso stavi pensando di andartene?»

Per l'appunto.

Scuote la testa e si volta a guardarlo. Lo trova troppo vicino, gomito a gomito, che afferra il menù e gonfia le guance pensieroso, con le labbra infuori mentre scorre velocemente la lista.

«Ci sono almeno cinquecento cose che vorrei provare, qui. E tu?»

Apre la bocca per rispondergli con entusiasmo, ma la voce si incastra in gola nel momento in cui si sente guardato e tutto ciò che può fare è fissare di rimando quegli occhi azzurri, dal taglio rivolto un pochino all'ingiù.

«Ma cosa dico. Non c'è niente che voglia più di questo, prima di tutto.» Solleva il menù quasi di scatto, nascondendo le loro teste al resto del bar, e si allunga per posare le labbra sulle sue.

Tino chiude gli occhi, il cuore nelle orecchie. Si lascia baciare e non capisce più niente, non sa nemmeno più cosa sia, la cioccolata calda, e non potrebbe importargliene di meno. Le voci si fanno distanti, brusii appena percettibili che non hanno la stessa realtà ed importanza di quella bocca, fredda per la temperatura esterna, dolcissima contro la propria.

«Ciao, Tino. Mi sei mancato», mormora, staccandosi un momento e tornando a baciarlo con meno innocenza.

Gli è mancato anche lui e la mente si riempie di quello sfiorarsi di labbra, mentre sale ad accarezzargli il viso senza rendersene conto, protetto dal menù.

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Capitolo 6
*** Wearing each other's clothes ***


6. WEARING EACH OTHER'S CLOTHES






Matt corre come un matto avanti e indietro, frustrato mentre apre per l'ennesima volta la stessa anta dell'armadio e scruta con disapprovazione e palese irritazione i vari ripiani. Perché non riesce a trovare i pantaloni che gli servono, dal momento che dovrebbero essere esattamente lì, davanti ai suoi occhi, come l'ultima volta in cui li ha visti?

Sbatte l'anta con un grido strozzato e ricomincia a cercare, spostando indumenti ammucchiati sulla poltrona, mentre la furia, unita alla consapevolezza che farà tardi all'incontro, diventa sempre più insopportabile.

«E va bene, metto qualcos'altro!», sbuffa, calciando la poltrona e facendosi male all'alluce. Guaisce e solleva la gamba, saltella fino al letto e si butta di faccia, schiumando.

In quel momento un discreto bussare di nocche lo fa smettere di compatirsi e si tira su per sgranare gli occhi, orripilato alla vista del finlandese che fa il suo ingresso in camera da letto.

«Ehm... la porta era aperta, non rispondevi e... ti sei fatto male?» Inclina un pochino la testa e allunga una mano verso di lui, ma Matt si mette seduto dritto come un fuso, le labbra infuori e gli occhi lucidi per il dolore tremendo, trattenuto con orgoglio.

«Tutto a posto.»

Tino diventa ancora più dubbioso, ma comincia a guardarsi intorno risparmiandosi qualsiasi commento riguardo al disordine. Il danese non riesce a stare in silenzio davanti a quegli occhi indagatori, che con discrezione sembrano appuntarsi mentalmente tutte le cose che ci sarebbero da fare per rendere la stanza presentabile.

Sospira e solleva una mano, colpevole. «Sì, sono stato impegnato e la casa fa schifo. Scusa.»

Tino si siede con calma sul letto, fissando il suo broncino da sopra la spalla con un mezzo sorriso. «Ma io non ho detto niente. Piuttosto, a che punto sei?»

Lo guarda di rimando e si imbroncia ancora di più. È ad un punto in cui potrebbe staccare i quadri con il semplice pensiero, tanto è furioso. Dove sono i suoi pantaloni? Quelli blu, carini, sofisticati, che lo fanno sembrare una persona del tutto seria e rispettabile? Vuole quelli per andare a prendere Lukas all'aeroporto, che diamine! Vuole che pensi bene di lui!

In quel momento sposta lo sguardo e fissa le gambe di Tino, illuminandosi al rallentatore. «I tuoi pantaloni sono blu e belli. Blu. Belli.» Alza la testa di scatto e sorride con tutti i denti disponibili, abbagliandolo. «Dammeli», esala.

Tino spalanca la bocca e lancia un indefinito verso interrogativo che si trasforma in un lungo grido stridulo, mentre viene ribaltato sul letto e spogliato con la forza.

Dopo pochi minuti Tino si ritrova affannato a respirare avidamente, lasciato in boxer e camicia sopra il letto disfatto, rannicchiato e scosso da risate incontrollabili.

«Tu sei... completamente matto!», lo accusa, tirandosi su e toccando terra con la punta dei calzini.

«Forse, ma ho la mia soluzione!» Si ferma per ridere in maniera poco sana come il villain di un film, le mani sui fianchi. «Tino, mettiti quello che ti pare di mio, ok?»

Il finlandese si copre col lenzuolo, arrossendo suo malgrado mentre osserva la vestizione rapida; è imbarazzante, oltre al fatto di essere in mutande.

«Qualcosa non va?», gli chiede dopo aver notato la sua faccia perplessa e l'immobilità improvvisa.

Matt abbassa la testa e inorridisce davanti all'evidenza delle gambe dei pantaloni che gli lasciano fuori le caviglie e parte dei polpacci. «Sono cortissimi!»

Gli arriva un cuscino dritto in faccia. Tino incrocia le braccia e lo punzecchia con un piede. «Stai dicendo che sono basso? È che abbiamo taglie diverse, non lo sapevi?!»

Matt non nota molta differenza d'altezza tra loro, ma i fatti parlano. Quei pantaloni sono...

«Sembro un trentenne che si è servito nel reparto dodicenni», sbotta incredulo.

Gli arriva un altro cuscino e per fortuna dorme solo con due, altrimenti la nazione sul letto glieli avrebbe tirati tutti come una piccola furia mulinando le braccia.

L'irritazione per non aver trovato i suoi è completamente svanita, mentre lo guarda avvolgersi come una palla dentro il piumone, lasciando fuori soltanto il tondo del faccino imbronciato e le ginocchia nude.

Gli sorride e si avvicina, si siede sul letto a gambe larghe per tenerlo tra esse e gli abbassa il cappuccio fatto di coperte.

«Vestito così sono adorabile quanto te?»

«M-ma stai zitto e cambiati! Sei ridicolo, piuttosto!»

Si fissano per un po', prima di scoppiare a ridere all'unisono.

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Capitolo 7
*** Cosplaying ***


La storia che segue andrebbe letta dopo questa di AmyLerajie, è il suo seguito diretto... anche se, come si comprende facilmente, non immediato. :)






    7. COSPLAYING






«Mi domando da che cosa saremo costretti a vestirci quest'anno», ridacchia Tino, rigirandosi tra le mani il costume precedente che lo aiutava ad impersonare l'orologio capo maggiordomo de “La Bella e la Bestia”.

«Non lo so, l'ultima parola è sempre di Peter, no?», esclama Matt, sgambettando oltre la sponda del letto e ricordando quanto si sono divertiti l'ultima volta. «Stavi tanto bene con quei baffetti neri!»

Tino rimette via il costume, frugando nel baule e sfiorando con affetto quello vecchio da pirata. «Grazie! Anche tu stavi bene a fare il candelabro seduttore.»

Matt gli accarezza la schiena con il piede, spingendolo un po'.

«Se tu fossi stato la mia cameriera spolverina ti avrei bruciata tutta con le mie fiamme», sussurra con fare sensuale, facendolo sghignazzare.

Tino si rimette in piedi e dondola un po' la testa, le mani sui fianchi. «Non vedo l'ora di travestirmi, ma quanto ci mettono Peter e Ladonia a dircelo?»

Matt allunga la mano e lo prende per la maglia, posizionandoselo sulle gambe. Tino gli fa immediatamente scivolare il braccio dietro le spalle e comincia a lisciargli distrattamente le pieghe della camicia, facendosi sbaciucchiare una guancia in modo rumoroso e sciocco.

In quel momento un bambino saltellante entra in camera senza preavviso, lanciando due costumi bianchi addosso ai due abbracciati e ricoprendoli completamente. «Smettetela di tubare, colombelle! È ora di vestirsi per la festa!»

Emergono un po' a fatica attenti a non strappare niente e quello che si ritrovano in mano è...

«Peter, tesoro... cos'ha detto Lukas riguardo alla scelta di quest'anno?», domanda Tino senza fiato.

Il bambino saltella un paio di volte e scappa via ridacchiando, chiamando a gran voce il fratello. I due si guardano seriamente, poi sospirano e cominciano a cambiarsi, aiutandosi l'un l'altro con i drappi bianchi e le parrucche ingombranti, i sandali ed i trucchi che tocca loro mettersi.

«Secondo te non è un po' troppo vestirci dalle Muse di Hercules? Capisco questa nuova passione per i cartoni della Disney, ma-», azzarda Tino, mentre interiormente si chiede perché lui debba essere quella con i capelli più lunghi e fastidiosi di tutti.

«Hai davvero lamentele da fare, Tino?», sussurra una voce sibilante sulla soglia della porta.

Una splendida Megara fasciata di viola, una mano sull'anca, il trucco pesante e l'espressione più nauseata del mondo li fa restare senza parole.

Che interpretazione eccellente!

«Tu. Tu», continua l'apparizione, indicando le due Muse con fare da snob. «Provate soltanto a ridere e ve ne pentirete. Sono al limite.» Ammonimento non necessario, visto che i due in questione non si sognerebbero nemmeno di notte di scoppiare a ridere in faccia a Megara-Norvegia.

Timidamente compare l'Hercules della situazione, gli occhiali sempre fedelmente sul naso e tutta la notevole muscolatura svedese ben esposta. I due nella camera ammiccano un po', spaesati.

«Avevi detto che non avrei fatto la regina cattiva, Berwald», sussurra Lukas da sopra la spalla nuda.

Svezia fa notare al norvegese che effettivamente non è una regina e non è cattiva, mentre Peter, ricomparso con il padre, annuisce giulivo mentre si infila i calzoncini pelosi per interpretare il satiro istruttore di Hercules.

Matt cerca di trattenersi a forza, prendendo a passare le dita tra le ciocche della lunga chioma castana di Tino, mentre questi, ostentando allegra indifferenza, cerca di non accecarsi con la matita nera per gli occhi.

«Se siamo tutte donne non c'è motivo di temere per la tua virilità, Lukas», nota Matt dopo un po', dondolando la testa ed osservando con divertimento, nello specchio, lo spostamento dei propri enormi boccoli posti in cima.

«Avrei potuto fare l'eroe», sbuffa questi con una nota stizzita, incrociando le braccia sotto il seno finto.

Nessuno gli fa notare che Berwald è, a pari merito con Mattæus, l'unico che starebbe bene in quella parte, ma continuano tutti con i preparativi, zelanti come attori pronti a salire sul palco.

Dopo un po' di silenzio, Peter, lanciando occhiate a tutti i presenti, gioiosamente esclama «Zio Eirik è in bagno a depilarsi e Lado lo aiuta. Lui è quella con la minigonna, eh!»

Norvegia assottiglia lo sguardo e si copre meglio le gambe con la lunga e morbida veste, agendo d'istinto. «Megara è perfetta.»

Si volta e posa la mano sui pettorali del suo uomo. «Andiamo, bel maschione.»

Svezia arrossisce un pochino per l'appellativo, gli prende la mano e annuisce timidamente.

«Sono così carini», sospira Matt, stappando un rossetto e intrappolando il mento di Tino. «Ma mai quanto noi! L'anno prossimo la coppia principale ce la freghiamo io e te, ok? Parlerò con Peter prima che decida. Che ne dici se loro fanno i gorilla e noi ci becchiamo Tarzan e Jane?»

Tino annuisce e sbatte le lunghissime ciglia finte.

«Sì, starai benissimo con l'abito giallo!»

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Capitolo 8
*** Shopping ***


8. SHOPPING






«Questi! Questi cuscini sono bellissimi! Che bel celeste!»

Matt si appoggia al carrello, la corta matita dell'Ikea bloccata sopra il broncio tra le narici ed il labbro, lo sguardo tra l'esasperato ed il perplesso rivolto alla schiena del suo uomo.

«Ehm... Tino?»

Il finlandese prende in braccio quattro cuscini di media grandezza, sollevandoli dalla grande cesta metallica. «Troppo vistoso... oh, le righe sono carine... quadrati no... zig zag, bleah?», confabula tra sé, non dando segno di aver udito il richiamo.

Gli si avvicina quasi timidamente, allora, il carrello affiancato alla cesta. Afferra al volo un cuscino che gli viene lanciato e se lo rigira tra le mani, inarcando le sopracciglia e prendendo una boccata d'aria. «Tino, ascolta...»

«Sai cosa? Candele. Non le ho scritte nella lista, ma ci servono tantissime candele di ogni profumo mai prodotto. Amo la vaniglia. Dici che le troviamo alla cannella? Spero non siano finite!»

Il faccino tondo e serio conquista la sua visuale e il danese non può fare a meno di trovarlo carino e dolcissimo quando è così preso dalle compere. Non ha mai visto qualcuno applicarsi con tanto entusiasmo a scegliere cose così banali. Non sono ancora arrivati ai mobili, insomma, che importanza possono avere lenzuola ed asciugamani? Figurarsi gli accessori.

Gli sbatte il soffice cuscino da divano sopra la testa, lo colpisce un paio di volte e glielo lascia lì in bilico, finché il ragazzo non lo afferra e se lo tiene contro il petto.

«Candele ovunque», sussurra, felice come un bambino al reparto giocattoli.

«E tutte queste candele a cosa servirebbero, a parte farmi starnutire?», si informa con interesse.

«Le metterò ovunque, ma soprattutto dentro gli armadi. Uh, e nei cassetti. Senza contare quanto siano romantiche tutte accese attorno alla vasca da bagno mentre-» Si ferma di botto come se avesse preso la scossa e si nasconde la faccia con il cuscino, sbirciando oltre soltanto per verificare che nessuno lo stesse ascoltando.

Matt soffoca una risata e gli scompiglia i capelli.

«Tutto quello che vuoi, Tino, ma quando hai detto che volevi uscire a fare shopping credevo che ti avrei dovuto seguire mentre compravi vestiti o scarpe. Non pensavo a questo tipo di shopping.»

Finlandia lascia ricadere il cuscino dentro la cesta e ne prende uno che incontra anche il favore dell'altro. Si scambiano un cenno d'intesa quasi invisibile e Tino lo lancia nel carrello, quindi gli si mette vicino dandogli un colpo d'anca e si dividono la sbarra blu.

Prendono a camminare insieme e a spingere avanti le rotelline, gomito a gomito. La sua espressione è serena e piena di buonumore. «Voglio che la nostra casa sia perfetta e che rispecchi il mio ed il tuo gusto. A casa mia è tutto mio, a casa tua è tutto tuo, per questo dovremmo comprare diverse cose nuove e metterne un po' qui e un po' lì, per quando ci spostiamo da un'abitazione all'altra. Voglio che tutto sia nostro e che sia scelto... insieme.»

Matt annuisce sorpreso, ripetendosi per la millesima volta che quell'uomo è davvero troppo dolce e forse non se lo merita, ma ha scelto lui e non può che ritenersi immensamente fortunato.

Gli cerca la mano e gliela stringe da sopra la sbarra, catturando la sua attenzione.

Sei sempre stato così meraviglioso?

Lo vede diventare piacevolmente rosa attorno agli zigomi, segno che lo sta fissando in quel modo troppo intenso che gli rimprovera sempre, ma apprezza che non dica niente e che la sua mano resti nella propria, fregandosene se le altre persone li notano. Non hanno niente da nascondere.

«Non è una cosa stupida, vero?», gli chiede cautamente.

Danimarca gli prende la mano e la bacia, tenero come sempre.

«Assolutamente no, Tino.»

Riflette un momento spaziando con lo sguardo tra i faretti appesi al soffitto, poi torna a guardarlo con un sorriso convinto. «Andiamo a comprare anche le tazze. Ognuno sceglie quelle che userà l'altro... ci stai?»

Tino annuisce con entusiasmo e riprende a guardare la corsia del negozio, raggiante.

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Capitolo 9
*** Hanging out with friends ***


L'antefatto di quanto segue si trova qui , scritto da AmyLerajie.

È da leggere assolutamente, perché oltre ad essere una delle trenta storie della sua challenge che preferisco, è davvero indispensabile per capire la mia, dato che mi sono collegata direttamente a lei per questo prompt.






    9. HANGING OUT WITH FRIENDS






Tiene la borsa del ghiaccio sulla fronte, cercando di coinvolgere occhi e radice del naso, lamentandosi debolmente di tanto in tanto. Sente qualcosa sfiorargli la mano e sbircia con espressione tremenda, dolorante ed infastidita, accorgendosi che il suo compagno è lì, seduto sul tavolino da caffè a porgergli un bicchiere d'acqua mezzo pieno ed un piccolo aiuto farmacologico.

Tino si tira su a fatica brontolando ed inghiotte con gratitudine un paio di compresse, mandandole giù con un sorso d'acqua e riaccasciandosi subito dopo con un sibilo sfinito.

«Quest'emicrania è infernale. Lo dico ogni volta, eppure quando si tratta di bere e fare baldoria sembra che dimentichi cosa dovrò passare... mi sento in colpa soltanto quando sono in questo stato, quanto posso essere cretino?»

Matt si guarda i piedi, soffiando l'aria dalle narici come una specie di animale pronto alla carica. «Forse dovresti cominciare ad essere più deciso e smettere una volta per tutte di sbronzarti. Lo so che faccio lo stesso quando usciamo, ma è davvero così divertente, dopo?»

Il suo tono lo colpisce come uno schiaffo, perché vibra di qualcosa di stonato nonostante la frase sia del tutto ragionevole e legittima. È come se stesse implicando qualcos'altro. Riapre gli occhi e si mette sul fianco, guardando l'uomo ancora seduto a testa china, i pugni che stringono i pantaloni sopra le cosce. «Matt...?»

Danimarca si alza e lo guarda dall'alto, ma solo per pochi secondi; sembra non riuscire a sostenere la sua vista e qualcosa dentro Tino si spezza, a quel pensiero, costringendolo a lasciar ricadere una mano che, esitante, si stava muovendo per sfiorarlo quando era ancora seduto.

L'uomo si assicura che sia ben coperto, evitando il suo sguardo ansioso, e lo costringe a rimettersi completamente steso, lasciandolo da solo senza aggiungere un'altra parola. Tino resta accoccolato e dolorante a sforzarsi di riflettere, richiamare alla mente la serata appena trascorsa. Ricorda cos'è successo, anche se a sprazzi confusi. Sa di aver ballato tanto, essersi divertito, riso e...

C'è stato un bacio.

Berwald.

Gli ha detto qualcosa, frasi che non avrebbe mai dovuto confessare. Non più, cazzo, non più. Era felice di passare del tempo con lui, felice di poter trascorrere una serata fuori tutti insieme, specialmente da quando le loro vite sono equilibrate, da quando hanno entrambi una persona speciale al loro fianco, qualcuno che non possono e non vogliono perdere.

Tiene moltissimo a Ber, ma quella parte di lui che lo trovava desiderabile come uomo ha dovuto fare la sua comparsa e sputtanare ogni cosa...

Non voleva ferire nessuno. È stato incauto a bere tanto? Non avrebbe mai creduto di lasciarsi andare così.

Si sfiora le labbra, lo sguardo triste che ha finalmente compreso la freddezza di Matt. No, non è a quel modo che sarebbe dovuta andare la serata.

Al ricordo confuso di come abbia approfondito il bacio e di come non sia stato scacciato subito, come avrebbe dovuto essere, si sente ancora peggio.

Ber sarà scandalizzato. Sarà rimasto impietrito da un gesto tanto insensato.

E Lukas...

Sfrega la bocca con energia, illudendosi di poter cancellare il bacio dai ricordi di tutti.

Non sente alcun suono provenire dal piano di sopra e si chiede cosa stia facendo e a cosa stia pensando Matt in quel momento, solo in camera da letto.

Tutto quello che Finlandia può fare è starsene steso lì, aspettando che gli analgesici per la pace nel cervello facciano effetto.

E poi?

«Sparire dalla faccia della Terra», grugnisce richiudendo gli occhi.

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Capitolo 10
*** With animal ears ***


10. WITH ANIMAL EARS






«Sei sicuro che sia un negozio di giocattoli?»

Matt si volta a guardarlo, pronto a rispondergli che sì, certo che è sicuro, non è che sia così svampito da varcare una soglia senza prima aver guardato bene la vetrina, ma... effettivamente qualche dubbio ce l'ha anche lui. Ed è molto strano quel posto, insomma.

In vetrina c'erano peluches di tigri e delfini, grosse bambole, cosine carine dagli occhioni dolci, quindi com'è che ha in mano un vibratore a forma di rossetto? Cos'è che non torna?

«Mh?», mugugna, avvicinandosi l'oggetto al viso e studiandolo con fare critico. Magari si sbaglia, non è un vibratore come sembra, è qualche nuovo tipo di gioco che lui non conosce.

Tino gli sfila di mano l'arnese e lo riposa in fretta sopra l'espositore, arrossendo pericolosamente. «Matt», sussurra con fare cospiratorio, incollandosi al suo fianco e fissandolo con occhi supplici. «È un sexy shop? Dimmi che non siamo finiti dentro un sexy shop.»

Danimarca si volta a guardare lo scaffale alle loro spalle, l'espressione confusa. Indumenti ambigui, tutine di pelle, frustini, altre serie infinite di falli di gomma e non, manette pelose, lozioni lubrificanti, profilattici di vari gusti...

«Siamo in un sexy shop», asserisce in tono neutro.

Tino lancia un piccolo gemito e si nasconde nel suo petto, tirandolo debolmente per le braccia. «Andiamo via», supplica, dandogli diverse testate imbarazzate.

Matt ridacchia, si sfrega il naso e gli posa la mano sopra la testa per dondolarlo.

«Non è la prima volta che entriamo in un posto del genere, perché tanto timido? Ti ricordi quella volta che abbiamo comprat-»

«Sì, me lo ricordo!», strepita sottovoce, sollevando il viso per guardarlo e zittirlo con urgenza. «Non è timidezza! È che siamo entrati per comprare dei giocattoli per Peter e Ladonia e...!»

Lo dondola ancora di più, poi gli stampa un bacio sulla guancia e gli sorride tutto brioso. «Forse abbiamo solo sbagliato porta, ecco tutto, ma già che siamo qui direi di approfittarne!»

Tino lascia cascare la mascella, ma si sfiora la piccola porzione di pelle che è stata baciata e borbotta qualcosa che ha a che vedere con l'insensatezza di un sexy shop adiacente ad un negozio per bambini.

«È più plausibile che abbiate avuto una svista a causa della nuova vetrina», si intromette affabile una giovane ragazza piena di piercing, mettendo improvvisamente tra i capelli di Tino un cerchietto con delle orecchie da leprotto. «È la settimana dei travestimenti. Codine, orecchie, artigli...», ammicca e dà una pacca sul sedere del finlandese, allibendolo. «Fateci un pensierino, cucciolotti.»

Sparisce lasciandoli a fissarsi senza sapere se ridere o fuggire a gambe levate, ma non appena il momento passa Matt si perde ad osservare la testa di Tino ed il modo in cui le orecchie si ripiegano morbidamente ad ogni suo minimo cenno, conferendogli un'aria sperduta ed indubbiamente tenera.

«Sei così carino!», esplode, sfiorando la peluria marrone chiara e prendendoci a giocare.

«Oh, dai, levamelo», ridacchia Finlandia, ma lui non vuole saperne. Lo stritola e affonda il naso tra i suoi capelli, il cuore improvvisamente al galoppo.

«Voglio comprartele.»

«N-non credo che-»

Matt si stacca e lo prende per mano, portandolo verso l'espositore con tutte le orecchie da animale disponibili. Si meraviglia come un bambino al reparto caramelle, provando sulla testa di Tino una decina di modelli diversi, finché questi non perde la pazienza e ne indossa un paio maculate.

«Ecco, queste vanno bene. Sono un leone! Roar!», ringhia, muovendo le mani a mo' di zampata feroce. «Non ho niente di carino! Roar!»

Matt si piega in due e tiene le braccia sull'addome boccheggiando.

«Prima di tutto non è un leone, ma un leopardo, credo, ed in secondo luogo stai meglio con qualcosa di meno aggressivo...» Si riprende e fruga di nuovo nella cesta. «Che ne dici di queste bianche da micetto?»

Tino si sfila le orecchie a macchie e si imbroncia, afferra il cerchietto del gatto e lo fissa per qualche secondo. Se lo prova e comincia a toccarsi indice con indice, un candido sorriso stampato in volto. «E va bene, lo metterò, ma solo se compriamo anche le codine abbinate. Una per me e una per te!»

Matt annuisce contento, almeno finché il ragazzo non prende la “codina” e gliela mostra bene.

«Ma quella si infila... su per il...», balbetta, sconcertato dalla sua innocente manifestazione perversa.

«Beh, già che ci siamo compriamo il pacchetto e divertiamoci. Meow~?»

«T-Tino!»

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Capitolo 11
*** Wearing kigurumis ***


11. WEARING KIGURUMIS






L'idea gli viene mentre stanno guardando un episodio dei Moomin. A Tino piacciono tantissimo ed è orgoglioso ogni volta che li segue ed apprezza insieme a lui, nemmeno fossero opera delle sue stesse mani.

Come nazioni sono tutti molto attaccati alla cultura del paese che rappresentano, perché anche se come esseri umani possono non essere d'accordo su alcuni provvedimenti o leggi, ciò che immediatamente li identifica, ora come nel passato, è patrimonio di inestimabile valore.

Passa il braccio attorno alle sue spalle e lo guarda ridacchiare, facendo i soliti commenti su quanto siano tondi e carini i personaggi, su quanto gli piacerebbe mordicchiare e stringere tra le mani quei pancini morbidi e quelle orecchie appuntite. A Matt scappa da ridere solo ad immaginare di fare una cosa del genere, specialmente col Moomin che sembra la versione cartoon del suo fratellino svedese: saranno gli occhiali?

Ci mette diverse settimane di lavoro segreto, ore notturne rubate al sonno e momenti in cui il finlandese è impegnato, per riuscire a raccogliere il materiale e poi realizzare la sua idea.

Quando osserva il lavoro finito, Matt non può fare a meno di esserne soddisfatto e di pattarsi la spalla da solo, perché è stato in grado di fare qualcosa che può rendere felice Tino grazie ad un suo hobby. Cucire non è semplice, ma negli anni si è perfezionato; da piccoli rammendi a creazioni di veri e propri peluches (Lukas ormai è pieno dei suoi coniglietti fatti a mano), è fiero di essersi lanciato in un'impresa come quella e di avercela fatta, soddisfacendo le aspettative iniziali.

Il problema ora è se Tino lo vorrà indossare.

Stende il costume dentro un grande pacco, lo piega, richiude la scatola e lo lascia lì sul letto, mettendosi a gambe incrociate sulla poltrona nell'angolo. Lo chiama, nervoso, torcendosi un po' le dita ed aspettando il suo arrivo con un'espressione tra il colpevole e l'esaltato.

«Un regalo? Perché?», sorride il finlandese indicando la scatola colorata ed aprendola non appena riceve un convinto cenno d'assenso dal compagno. «Q-questo è... dove l'hai trovato?», esala, estraendo il costume e rigirandoselo tra le mani, assolutamente incantato.

Matt scatta in piedi e gli saltella vicino come un grillo iperattivo. «Ti piace? Eh? Ti piace? L'ho fatto per... te.»

Si perde un pochino sulla fine, perché Tino comincia immediatamente ad infilare le gambe dentro la pelle bianca del Moomin gigante, facendosi aiutare con i bottoncini che corrono dalla pancia sin sotto il mento, bianchissimi per non essere troppo vistosi.

Quando Tino è completamente racchiuso dentro il bozzolo, non può fare a meno di trovarlo incredibilmente carino, così conciato, mentre si tocca la pancia allo specchio e spunta con l'ovale del viso dall'interno della grande testa d'ippopotamo.

«Matt, è la cosa più bella e morbida del mondo! Ci posso dormire dentro qualche volta?!»

Il danese si avvicina e lo abbraccia da dietro, dondolandolo con il mento posato sulla spalla. Fa un po' fatica a posizionarsi correttamente, con quel costume ad intralciarlo, ma alla fine riesce a guardarlo nello specchio e ad annuire con convinzione. «Te l'ho cucito per farci quello che vuoi, Tino. Puoi metterlo anche quando vuoi sedurmi», ammicca, pronto a fare battute, spensierato grazie alla sua reazione piena di entusiasmo.

Tino ride e si gira goffamente nel suo abbraccio, gli getta le braccia al collo e lo butta sopra al materasso con una panciata moominica.

«Grazie. Davvero, è fantastico. Posso chiederti... un favore?», sussurra, appoggiandosi con la punta del naso al suo, mentre Matt cerca di avvolgerlo tra le braccia e annaspa un po' nei tentativi.

«Tutto quello che vuoi.»

Il ragazzo gli mordicchia una guancia, facendogli qualche carezza ai lati della testa.

«Fanne uno anche per te e poi, quando fuori fa freddissimo, dormiamo indossandoli. Non sarebbe dolcissimo?»

Matt solleva il mento per farsi mordicchiare meglio, fissando il soffitto con un sorrisino storto. «Hai davvero dei fetish incredibili, Tino», commenta. «Ma sarebbe dolcissimo.»

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Capitolo 12
*** Making out ***


12. MAKING OUT






Non protesta quando sente le sue mani sui fianchi infilarsi lentamente sotto la maglia, sfilandola dai pantaloni alla ricerca di un contatto diretto con la pelle. Non ci pensa proprio ad emettere la benché minima opposizione, neanche quando lo sente armeggiare con la cintura.

A volte succede che la passione li prenda nei momenti meno opportuni, come una coppietta che ha appena scoperto le gioie del sesso e dipende dalle emozioni che il contatto corpo a corpo scatena in essa.

Non sono una coppia novella e non si può dire che non lo facciano spesso, eppure in certe occasioni basta veramente poco per accenderli, come se gli ormoni non si assopissero mai, perché, semplicemente, non ne hanno mai abbastanza.

Gli sguardi prima di tutto; hanno un modo di guardarsi che passa dal tenero al bisognoso in pochi istanti e l'altro se ne accorge sempre, facendosi coinvolgere. Poi ci sono le mani, ed i vestiti che chissà come spariscono di comune accordo.

Matt ansima mentre la mano di Tino si infila finalmente dentro i suoi pantaloni e gli va incontro, completamente perso dentro il bacio. Se lo tiene premuto addosso, in quell'ampio spazio non indicato per fare qualcosa del genere, accarezzandogli la lingua con lentezza e rischiando di implodere per l'eccitazione scatenata dallo sfregarsi continuo dei bacini.

Scende con le mani al suo fondoschiena, le infila dentro le tasche e ne approfitta per toccarlo, muovendolo su e giù contro il proprio corpo, causandosi gemiti da solo mentre la mano di Tino resta quasi bloccata dalla stretta vicinanza. Gli bacia il labbro inferiore e lo morde, lasciandogli poi una scia di baci lungo l'osso della mandibola, cercando subito dopo il collo, uno dei punti più sensibili del suo corpo.

Vi affonda i denti con dolcezza, giocando, quasi, prima di succhiare la pelle e sentirlo tremare come ogni volta. Ha la mente piena di lui e vorrebbe appartenergli in quel preciso istante, ascoltare il suo sospiro roco ed accelerato direttamente sull'orecchio, la mano che lo sfrega con insistenza e lo fa morire, le parole spezzettate ma comprensibili.

«Tino.»

Adora ripetere il suo nome, chiamarlo decine e decine di volte, che stiano già facendo l'amore, si stiano solo coccolando, oppure si trovino in situazioni a metà strada come quella.

Il finlandese geme in risposta, Matt lo lascia libero dopo averlo marchiato sul collo e tornano a cercarsi insieme, labbra contro labbra, urgenti, invadendosi reciprocamente e riempiendo l'ambiente dal soffitto basso di respiri soffocati.

Gli basta anche solo quello, sentire la sua lingua, seguirla senza pensare a niente, registrare la tensione dei muscoli e l'annebbiamento generale di ogni facoltà.

Al piano di sopra si chiederanno che fine abbiano fatto, perché ci voglia tanto per assicurarsi, in due, che l'auto posteggiata in garage abbia le luci spente e tutti i finestrini siano ben chiusi. Matt spera che gli amici capiscano -se hanno intuito cosa sta accadendo laggiù- che non si possono programmare certi momenti, che non l'hanno fatto apposta, davvero.

«Stanotte ti-», bofonchia Tino, interrompendosi per riprendere a rubargli il respiro. Matt gli infila le dita tra i capelli, l'altra mano sempre su una natica, possessiva, senza bloccarlo troppo per lasciargli modo di toccarlo e tormentarlo anche solo con la pressione del corpo.

Lo sa cosa succederà durante la notte, lo sa benissimo, anche senza guardare i suoi occhi meravigliosamente appannati dalla voglia, ma per il momento si dovrà accontentare di baciarlo finché non avrà più la forza di stare in piedi.

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Capitolo 13
*** Eating ice-cream ***


13. EATING ICE-CREAM






Si spalma con la faccia contro il vetro ammirando per un po' i diversi gusti disponibili e si ritira su con un sorriso da bambino, muovendo l'indice mentre fa la sua ordinazione. «Una coppa gigantesca per due con liquirizia, anice e vaniglia. Ah, panna montata, scaglie di cioccolato, granella di nocciole e qualche fragola. Grazie.»

Il sorriso si fa più ampio, ma il finlandese accanto a lui lo squadra con rimprovero.

«Matt, insomma! Perché ordini per me?»

Il danese inclina la testa e lo guarda con espressione confusa. «Non lo prendi sempre così?»

Tino si imbroncia e gesticola verso la vetrina. «E se oggi volessi cambiare? Se volessi nocciola e pistacchio?»

«... Vuoi nocciola e pistacchio?»

La signorina dietro il bancone resta con la coppa di vetro in mano ed il cucchiaio per il gelato nell'altra, seguendo lo scambio, interessata, come ad una partita di tennis.

Tino fissa i vari gusti per una manciata di secondi e poi struscia un piede, calmandosi. «Mh... no.»

Mentre sono seduti al tavolino e si dividono l'enorme coppa di gelato, Matt scruta il broncio adorabile del fidanzato e va a punzecchiarlo con una cannuccia di cialda al cioccolato.

«Perché sei arrabbiato? Il gelato non ti rendeva felice? Overdose di zuccheri, eccetera eccetera?»

Tino sospira e fa sparire una cucchiaiata gigantesca, ondeggiando involontariamente come fa sempre quando mangia qualcosa che gli piace e costringendosi a smettere con la più dura forza di volontà.

«Il gelato va benissimo, non è questo, è che...»

«Te la sei presa davvero perché ho preceduto la tua ordinazione che sarebbe stata la stessa? Scusa, non credevo ci tenessi tanto a fare da te», gli sorride teneramente.

Il ragazzo si nasconde dietro la coppa e rosicchia una cialda croccante, alzando e abbassando lo sguardo su di lui, esitante, ma evidentemente preparandosi a dirgli qualcosa. Matt aspetta paziente, sfiorandogli ginocchia con ginocchia sotto al tavolo ed accarezzandogli quasi distrattamente il gomito.

Ci vuole un po', ma alla fine Tino sospira e si decide a parlare, forse incoraggiato da quella dolcezza, dalla disponibilità ad ascoltarlo, dalle leggere carezze.

«Mi conosci troppo bene, sai praticamente tutto di me. Quello che mi piace, quello che non sopporto... sai anche quello che vorrei dire e spesso finisci le mie frasi.»

Matt ride un momento, agitando il cucchiaio in aria.

«Lo fai anche tu con me! Non è una bella cosa, Tino? È quello che succede alle coppie quando stanno insieme da tanto tempo e sono in sintonia, no? A me questo piace molto.»

Tino annuisce, incerto, prende un po' di gelato alla vaniglia e lo infila nella sua bocca spalancata, per farlo tacere il tempo necessario a spiegarsi meglio.

«Ho paura che conoscendomi tanto bene potresti stufarti di me, prima o poi, perché non sei più curioso, non c'è nulla che puoi scoprire. Non sono mai stato interessante in partenza, ma se sai tutto, allora...», termina senza energia e a spalle chine.

«Hey.»

Matt gli afferra il gomito e lo stringe, obbligandolo a sollevare il mento e corrucciandosi a sua volta per la sua espressione triste. Prende un bel respiro e scuote la testa con energia.

«Tu sei... mh... vediamo... come il mio libro preferito. Posso conoscere le frasi a memoria e dire ad occhi chiusi il numero delle pagine. Posso leggerlo dieci o mille volte, eppure non smetterò mai di farlo, perché è un libro che amo e perché io voglio quel libro. Lo voglio sul mio comodino e voglio sapere che è lì per me, pronto ad essere riletto anche se lo saprei riscrivere, perché è il mio cazzo di libro preferito e riderò e piangerò negli stessi punti, ogni santissima volta.»

Termina con una faccia strana, come chiedendosi se sia riuscito a farsi capire o se abbia fatto una gran confusione, tra il tono un po' troppo alto che ha fatto girare qualche testa, lo sprint col quale è partito senza prima elaborarsi il discorso e l'espressione sconcertata di Tino, alla fine.

Però poi vede che finalmente gli sorride, gli occhi non sono più rabbuiati e gli appoggia il palmo, freddo per aver stretto la coppa, sopra la guancia. Resta lì, sfiorandogli la pelle con il pollice.

«Come fai a dire certe cose, Matt?»

«... Dico solo quello che penso», borbotta, guardandolo fisso e perdendosi un po'.

«Se io sono il tuo libro preferito tu sei il mio gelato alla liquirizia», mormora Tino, di nuovo sereno. «Ti ordinerò per sempre.»

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Capitolo 14
*** Genderswapped ***


14. GENDERSWAPPED






«Credo ci sia qualcosa di profondamente sbagliato in tutto questo», osserva Matt, analizzando con occhio critico il manichino troppo dotato. La profonda scollatura del top dorato che la commessa zelante gli ha appena messo sopra è quanto di meno discreto si possa trovare in quel periodo di fine anno, ma al danese non dà fastidio l'abbigliamento.

È il seno... ed il modo in cui Tino vi lancia occhiatine casuali, mentre sceglie un completo da sera per la festa di Capodanno.

Fissa malissimo la donna di plastica rosa carne, abbassando poi lo sguardo al proprio petto ed infine posizionandosi davanti ad uno specchio lungo. Mette le mani sui fianchi e si avvicina, chiedendosi cosa ci sia di tanto meraviglioso in un seno procace.

«Se non altro guarda femmine inanimate. Non sei sollevato?», sussurra Lukas mellifluo, ricambiando l'occhiata nello specchio al di là del suo braccio rigido.

«No, per niente», borbotta Matt, esibendo un broncio epocale da sopra la spalla. «Lo considero un affronto al mio bellissimo corpo e mi preoccupo di non essere abbastanza!»

Lukas comincia a trascinarlo via con fare passivo, la mano incastrata nell'incavo del gomito. «Non c'è bisogno di fare tanto chiasso. Tino ha scelto te, non una femmina pettoruta.»

Matt gli si avvicina a muso duro, impedendogli di cacciarlo dentro uno dei cubicoli illuminati dai faretti accecanti. «Ma se fossi una donna gli piacerei di più? Sono sicuro che si divertirebbe un mondo a... a palparmi quelle cose! E se gli mancano? E se mi volesse diverso? È pentito di stare con me?!»

Alza le mani e continua a muovere le dita come se le stesse affondando dentro budini, causando un pigro sollevarsi di sopracciglia nel norvegese ed un altrettanto pacato schiarimento di gola.

«Te ne accorgerai da solo. Ho appena deciso di essere buono con te per l'anno nuovo», gli soffia dal basso, spedendolo con una spinta secca dentro il camerino e chiudendo la porta.

«Lukas! Ma che-?!»

Mentre Tino si dirige da quella parte, un completo giacca e pantaloni sopra il braccio, la confusione scatenata dal compagno gli fa drizzare le orecchie ed affrettare il passo. «Che succede?», esclama, affiancando Lukas e lanciando occhiate preoccupate al camerino chiuso.

Norvegia non gli risponde, ma spinge la porta con un tocco delicato delle dita e davanti ai loro occhi si staglia una prosperosa bionda di oltre un metro e ottanta. Ha le mani sui primi bottoni della camicetta rossa, saltati via per la quinta di seno che ora straborda generosamente dalla scollatura. I grandi occhi azzurri sono spalancati dalla sorpresa e forse da un briciolo di panico, una massa disordinata di capelli biondi le scende sulle spalle, selvaggia. Ha un che di familiare...

La faccia di Tino diventa una maschera di vergogna, mentre si profonde in scuse balbettate e si affretta a richiuderle la porta con una manovra rapida.

«Lukas! Ma cosa fai? La signorina si stava cambiando!»

Tino lo guarda sconcertato mentre questi sparisce silenziosamente lungo il corridoio come se nulla fosse successo, poi la porta si riapre e gli occhioni della bella ragazza spuntano oltre lo stipite bianco. Allunga improvvisamente la mano e lo tira di forza dentro al camerino.

Il finlandese lascia cadere il completo che aveva intenzione di provare e si ritrova stretto in quello spazio, il seno premuto addosso e le mani che gli tengono il viso come per baciarlo. Cerca di divincolarsi, lanciando un debole grido. «M-mi dispiace, sono lusingato ma sono impegnatissimo!»

La giovane ammicca un paio di volte, schiacciandolo ulteriormente col generoso davanzale e gonfiando le guance. «Mi stai rifiutando? Non sono carina?»

Tino abbassa gli occhi e si ritrova il naso immerso nella morbidezza, sentendosi morire. «M-molto carina, ma ciò non toglie che io non sia disponibile, ecco!»

Solleva la mano davanti al viso per mostrarle l'anello di fidanzamento e chiude gli occhi, imbarazzato dall'improvvisa piega degli eventi.

La ragazza ridacchia e Tino la sbircia di nuovo, riconoscendo quel modo di sghignazzare. Si sente stringere tra le sue braccia e geme dal fondo della gola, sfuggendo con lo sguardo.

«... Matt? Sei tu?» Si sente stupido solo a pronunciare il suo nome riferendosi a quell'incredibile bionda, ma...

«Ti piaccio?» Sbatte le lunghe ciglia e gli prende le mani, posandosele sopra il seno. Tino resta sgomento, le guance ormai infuocate.

«Chiedo a Lukas di lasciarmi così ancora un po'?»

«Torna immediatamente com'eri, ti prego!», starnazza sconcertato, mettendosi a palparla con discrezione ed invocando con grida mute il nome di Norvegia, affinché venga in suo soccorso prima di riprenderci l'abitudine.

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Capitolo 15
*** In a different clothing style ***


15. IN A DIFFERENT CLOTHING STYLE






Anche se è una persona che ama uscire almeno quanto restare a casa a coccolarsi e fare le faccende della domenica, Tino non è molto incline a perdere tempo per negozi. Si stufa in fretta, preferendo altre attività, ma ha un'incredibile pazienza se si tratta di accompagnare qualcun altro o di perdere ore a saltellare di qua e di là per comprare un regalo.

Ecco, se si tratta degli altri Tino è pronto ad ogni sacrificio e non lo considera nemmeno tale. Gli piace donare, gli piace perdersi minuti interi a scegliere questo o quell'oggetto, pensando alla persona alla quale è destinato. Ma, per lui, non ama star lì a cincischiarsi.

Sì, quell'uomo è il suo tesoro ed è anche il fottutissimo Babbo Natale, per la cronaca.

Per questo motivo a Matt sembra strano, almeno tanto da fargli drizzare le antennine del sospetto, trovare una serie di grosse buste di cartone posate ordinatamente sul letto. Infila il naso dentro una di esse, incuriosito, chiedendosi se Tino sia davvero mancato tutte quelle ore per andare a fare shopping.

Le buste contengono vestiti. Morbide felpe, pantaloni, camicie, come se dovesse rinnovare il guardaroba... e non sono nemmeno nel periodo del cambio stagione!

Inarca dubbioso un sopracciglio nel vedere Tino entrare in camera indossando una specie di tuta da astronauta. Solleva l'indice, ancora chino sulle borse dei negozi, e lo punta lentamente sulla nazione. «Che è successo? Hai cercato di metterti dei vestiti e questi ti hanno mangiato?»

Tino afferra le estremità della felpa grigia con l'ampia tasca sul davanti e si dondola un po', molleggiato, dall'interno di quei pantaloni extralarge con il cavallo all'altezza delle ginocchia. Sì, è adorabile anche così, ma perché quel cambio radicale improvviso? Non si sarà dato al rap?

«Yo», esclama allegro Tino, facendogli cascare un po' la mascella, mentre si porta davanti allo specchio e gli mostra due paia di corna scattanti. Incrocia le braccia e fa il muso cattivo, scoppiando poi a ridere e rigirandosi da ogni angolazione per ammirare il modo in cui i vestiti gli cadono addosso.

Per cadere cadono anche troppo, ma per far completamente sparire il corpo del suo amato ragazzo!

«Tino? Dove sei? Vedo solo la tua testa sopra una montagna di pieghe di stoffa», cantilena, cercando di prenderlo per i fianchi ed affondando nel nulla siderale della maxi-felpa.

«Ti piacciono? Ho deciso di cambiare look e la commessa mi ha consigliato questo, dopo che le ho spiegato cosa cercassi», lo informa, ammiccando allo specchio e torcendosi un pochino le dita. È un gesto di nervosismo che a Matt non sfugge, almeno quanto quello di pochi attimi dopo, quando non gli risponde immediatamente e in Tino cala il silenzio. Una ciocca viene crudelmente catturata dalle mezze dita che spuntano dalla manicona, fino a spettinare la capigliatura bionda da bravo ragazzo.

Matt sospira e lo fa girare verso di sé, riordinandogli la testa e finendo per tenergli le mani ferme sopra le spalle. Già, ma ci sono davvero le sue spalle, là sotto?

«A me sembri carino come sempre, praticamente sei carino anche in pigiama, quindi la domanda mi risulta un po' inutile. Comunque... perché? Cos'avevano i tuoi vestiti? Mi sembrava che ti piacesse com'eri prima.»

Tino lo sbircia un po' dal basso, aprendo la bocca diverse volte e poi rinunciando, fino a diventare un pochino rosso ed appendersi alla sua camicia con dita incerte.

«Sono ingrassato un po', mi succede sempre sotto le feste. Volevo nascondere la pancia...», farfuglia piano piano.

Il danese sbatte stupidamente le palpebre diverse volte, poi gli va la saliva di traverso dallo sconcerto e tossisce come un dannato sotto il suo sguardo impensierito. Tino si prodiga a dargli colpetti sulla schiena, mentre lui si riprende come può e torna ai suoi occhi sinceramente abbattuti.

Non pensava che avesse tanto a cuore una questione così ridicola. Lui ama da morire il suo corpo, ama che non abbia addominali scolpiti come i suoi, che possa appoggiare la guancia sopra il suo stomaco e addormentarsi come un bambino; che possa pizzicarlo, fargli il solletico, mordicchiarlo e baciarlo. Lo trova bello e sensuale, come può avere idee del genere?

«Tino», sorride, catturandogli il viso tra le mani e assicurandosi di suonare sincero. «Tu sei perfetto.»

Il finlandese sigilla le labbra di scatto, sprofondando in silenzio dentro il felpone.

«Voglio il mio Tino con i suoi vestiti di sempre ed il suo corpo bellissimo... e lo voglio subito», mormora, sfilandogli l'indumento dalla testa.

Lo bacia dolcemente sulle labbra e sente il suo cuore picchiagli contro il petto.

Tino gli ha creduto ed è felice, ma Matt è pronto a rassicurarlo altre mille volte, se dovesse servire; tutto, purché non si nasconda, tutto, purché non abbia mai più quello sguardo.

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Capitolo 16
*** During their morning ritual(s) ***


16. DURING THEIR MORNING RITUAL(S)






Si avvicina al lavandino con gli occhi chiusi, le mani protese per non incontrare qualcosa e finirci dolorosamente addosso. Conosce la casa abbastanza bene, ma è diverso dall'essere nella propria, dove ogni angolo è ben stampato nella mente e ci si può muovere anche di notte senza accendere la luce.

È la casa di Matt, quella, e sì, la conosce bene perché ci passa tante notti abitualmente, ormai, però è sempre meglio essere cauti.

La mano gli finisce contro qualcosa di non proprio cedevole. Apre le dita e comincia a palpare, seguendo una curva soda che sembra familiare. Affonda meglio i polpastrelli, indeciso su quale mobile potrebbe essere sia marmoreo che...

«Oh, cominciamo bene. Buongiorno anche a te, Tino.»

Il danese ridacchia e si volta a fissarlo da sopra la spalla, sogghignante. Tino apre meglio gli occhi e si accorge di aver trovato il suo fondoschiena, avvolto dal sottile strato di tessuto dei pantaloncini da notte. Fatta la sua scoperta, lo palpa con maggior intenzione, ben concentrato, ed in un secondo si ritrova premuto contro il lavandino stretto in un abbraccio soffocante.

«Ti sembra saggio provocarmi così, appena sveglio?»

Sorride affondando nella sua spalla, lo stringe di rimando e gli fa scricchiolare le vertebre della schiena, come sempre, perché stringe con troppa forza. Matt lo lascia andare con un verso, ma gli si porta subito alle spalle e si vendica pizzicandogli i fianchi, la pancia sotto alla maglietta del pigiama ed i pettorali, percorrendo la sua pelle con tutte le dita.

Tino lo lascia fare, sorridendo in maniera svagata mentre si spruzza in faccia una generosa quantità di acqua gelida. Lo sente premere dietro di sé, nel chinarsi in avanti, e prevedibilmente partire con una serie di battute sconce sulla posizione che ha assunto, facendolo comunque soffocare sotto il getto del lavandino.

È tutto normale come ogni mattina. L'abbraccio, le coccole delle sue mani, i baci dietro il collo appena sotto l'attaccatura dei capelli.

Dopo quel rituale si mettono finalmente fianco a fianco ed afferrano a tempo lo spazzolino da denti, dosandosi il dentifricio a vicenda; quando fanno così sembrano quelle coppie che brindano incrociando le braccia e poi bevono dal calice dell'altro.

Si spazzolano i denti, sputano insieme, si schizzano d'acqua picchiandosi fianco contro fianco per guadagnarsi più spazio nel lavandino. Potrebbero fare a turno, oppure potrebbero andare ognuno in un bagno, dato che la casa di Matt ne conta due, uno per piano. Ma non sarebbe lo stesso, perché ormai è un rituale anche quello e nessuno dei due ne vorrebbe fare a meno.

Danimarca è contento quando Finlandia resta a dormire tutta la notte. Il suo sorriso diventa enorme e splendente quando apre la porta e trova la nazione lì, sulla soglia, con una piccola borsa a tracolla che contiene poche cose necessarie per fermarsi fuori casa. Ama quelle sorprese, anche se sono diventate così frequenti che non può dire più di non aspettarsele.

«Ti ho liberato un'anta dell'armadio, Tino», mormora dopo un po' di riflessione, intento a passarsi le dita tra i capelli, speculare alle azioni dell'altro. Si muovono in sincrono come buffe scimmiette, nel tentativo di dare un senso alle rispettive capigliature. (Cosa molto più complessa, per Matt.)

«Le giornate sono migliori quando le inizio insieme a te e pensavo... ecco... per non fare troppo avanti e indietro, non sarebbe meglio se-»

Si perde, guardandolo attraverso lo specchio, esitante.

Il finlandese ha assunto un'espressione strana, ma si allunga in avanti, appanna il vetro col fiato e ci disegna sopra un cuoricino come risposta. Un cuore fatto bene, anche se il tratto è leggermente tremante.

Il rossore lo nasconde lavandosi di nuovo la faccia, frenetico, mentre Matt fissa quelle linee curve sullo specchio e si chiede se sia mai stato più felice.

Non riesce a trovare un pensiero più bello di quello: iniziare ogni giornata con lui, lavandosi i denti insieme e lottando per il lavandino.

È davvero possibile, Tino ha detto .

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Capitolo 17
*** Spooning ***


17. SPOONING






Ha un debole per i baci sul collo, lo fanno letteralmente impazzire.

È sempre stato molto attivo, in passato, non si è mai considerato timido o impacciato riguardo al sesso, ma è solo da quando sta insieme a Matt che ha scoperto tutto l'universo chiamato coccole, quello che si conosce soltanto da innamorati, non per forza relazionate alla sfera sessuale.

Gli piacciono da morire, le coccole.

È una persona fondamentalmente dolce, quindi non ha mai usato le ragazze con cui è stato, non è stato freddo o menefreghista, crudele, però riguardo alle coccole vere e proprie, quelle che ama scambiarsi con lui al mattino o la sera prima di addormentarsi, non crede di avere precedenti, per quanto tenero possa mai essere stato.

Anche se combattuto tra il dare e il ricevere, avendo quel notevole punto debole al collo (specialmente poco sotto l'orecchio c'è un punto che lo manda al camposanto), spesso si trova messo davanti a lui, schiena contro petto, accoccolato tra le sue braccia che naturalmente lo avvolgono.

Tino si mette in quel modo di proposito, perché il respiro caldo di Matt gli sfiora i capelli dietro la nuca e lo fa rabbrividire in modo delizioso. Può sentirlo vicinissimo, giocare placidamente con le sue dita inerti sopra il materasso, ascoltare e seguire il cuore che gli batte forte, finché non stacca la spina con il mondo reale e si lascia trasportare nell'incoscienza dei sogni, circondato dal benessere.

Per quanto a volte si senta in dovere di mettersi viso a viso (e lo voglia anche, ovviamente) per stringerlo e baciarlo meglio, ci sono sere in cui chiede silenziosamente di essere viziato e si accoccola in quel modo, in posizione fetale. Spinge un pochino la testa all'indietro, cerca il suo naso e le labbra, resta in attesa.

Matt sorride, se ne accorge dal modo in cui il respiro cambia e lo stringe più forte, presente.

Non hanno bisogno di altre parole, dopo la buonanotte dolcemente sussurrata, giunta alla fine di discorsi più o meno importanti riguardanti gli accadimenti della giornata.

Tino chiude gli occhi ed intreccia le mani alle sue, godendosi le labbra che lo baciano dietro il collo che si infilano sotto il colletto del pigiama sin dove è loro possibile. A volte Matt gli dà piccoli morsi che si trasformano in versi buffi, i quali indicano gli stia mangiucchiando i capelli come un animaletto brucante.

Tino soffoca una risata nel cuscino e si inclina per offrire più pelle, alla ricerca di effusioni che solo lui può dargli. Il compagno danese esegue diligentemente, il corpo attaccato al suo sotto le coperte calde, il battito veloce che gli risuona attraverso la schiena e lo riempie di meraviglia, perché sa di esserne la causa.

Baci. Dieci e poi cinquanta, che lo accompagnano verso una notte piena di tranquillità, in attesa della razione successiva, al mattino dopo, forse meno innocente di quella che l'ha preceduta.

Ma c'è tempo per quello, tempo per ricambiare le attenzioni e perdersi in carezze senza fine, anche dopo che la sveglia ha già strepitato il suo fastidioso richiamo e c'è la colazione che aspetta di essere preparata e portata a letto se uno dei due è troppo assonnato.

A Tino piacciono le coccole serali, semplici come quelle, senza fretta, eccitanti e tenere al tempo stesso. Ed anche se tra dare e ricevere sa che dovrebbe essere più propenso a dare, ci sono giorni in cui non riesce proprio a non farsi viziare.

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Capitolo 18
*** Doing something together ***


18. DOING SOMETHING TOGETHER






Matt non sa bene cosa pensare quando, sbirciando dal bordo della rivista per scoprire cosa siano quei suoni poco raccomandabili che attraggono la sua attenzione, ritrova il compagno intento ad affilare una lama sopra una cinghia di cuoio.

Lo spia con apprensione, occhi e sopracciglia che spuntano dalle pagine di carta e dita ben distanziate, diventate un pochino incerte sulla presa.

«Tesoro?», lo chiama, sperando di non aver fatto qualcosa per farlo arrabbiare (non c'è niente di più temibile, a parte un'infornata di biscotti bruciati) e di non essersene nemmeno accorto. Ripassa velocemente le ultime ore, ma no, non gli viene proprio niente alla memoria. Tino stesso canticchia qualcosa che sembra un brano natalizio, anche se sono a marzo, quindi è di ottimo umore.

«Hai finito di leggere, Matt? Vieni a sederti qui, forza.» Gli rivolge un brillantissimo sorriso da far invidia ai cartelloni pubblicitari e gli indica una sedia tirata via da sotto il tavolo del soggiorno. Tiene un asciugamano di traverso sul braccio e continua a fargli cenno di avvicinarsi, cordiale.

Peccato che Matt abbia occhi soltanto per la lama luccicante nella sua mano destra.

«Tesoro...?», esala nuovamente, sforzandosi di non far partire un tic all'occhio.

Tino segue la sua occhiata terrificata e scoppia a ridere, scuote la testa e posa l'arma impropria sopra una ciotola di plastica bianca. Gli va accanto e gli sfila via la rivista, lanciandola di lato e premendogli i palmi sopra le gambe. «Voglio raderti, sciocchino. Da quanti giorni non lo fai come si deve? Guarda, sembri tornato ai vecchi tempi», sussurra con dolcezza, sfregando il palmo sulla peluria della guancia e finendo per dargli un bacio sopra la punta del naso. «Non che tu non sia bello anche così.»

Il danese ammicca un paio di volte e gli tira su e giù la zip della felpa, un po' nervoso. «Se è per quello posso anche andare in bagno e fare da solo. Sai, nel caso tu non te fossi accorto viviamo in un'epoca che offre moltissimi privilegi, tra i quali quello di acquistare comodissime lamette!»

Tino non sembra convinto e lo tira su di peso, trascinandolo fino alla sedia. Lo mette seduto e gli avvolge l'asciugamano attorno come un enorme bavaglino, quindi prende la ciotola e con un morbido pennello comincia a stendergli la schiuma nelle zone interessate.

«Sarà divertente. Rispetto moltissimo i rasoi e l'epoca moderna, ma... ti ricordi? Una volta era complicato radersi bene da soli e serviva qualcuno che ci aiutasse. Io...»

Si ferma e scuote la testa, umettandosi le labbra e fermandosi un lungo momento a contemplare la sua faccia piena di soffice schiuma profumata.

Non termina più la frase e prende il lungo rasoio, mentre Matt cerca di stare fermo, come gli intima Tino poco prima di iniziare a tagliare. Prova a seguire i suoi movimenti, ma l'unica cosa che riesca veramente a tenere d'occhio è il suo viso concentrato ed attento.

Dopo un po' smette di preoccuparsi e ricorda i tempi a cui si riferiva, provando un gusto dolceamaro di tenera nostalgia.

«Lo facevi tu. Venivi da me armato di rasoio e quella piccola scodella sbeccata. Mi facevi mille raccomandazioni perché avevi paura di ferirmi ed io mi chiedevo se certi giorni non avessi voglia di farti scivolare la mano di proposito.»

Lo dice in modo spensierato, come si ricordano a volte tristi avvenimenti, ma a distanza di talmente tanto tempo da non trovarli più difficili da raccontare. Però, un piccolo sorriso spezzato fa comunque la sua comparsa.

Tino pulisce il rasoio sul piccolo telo appeso al braccio, incontrando con incredibile intensità i suoi occhi. «Il mio cuore batteva forte», mormora, radendogli con cura lo zigomo. «Mi facevi paura.»

Si siede sopra di lui a cavalcioni, l'altra mano a tenergli la testa mentre la accompagna all'indietro e lascia scorrere la lama accanto al pomo d'Adamo. Matt trattiene il respiro, posando le mani attorno ai suoi fianchi e stringendolo d'istinto.

«Adesso batte decisamente più forte e non c'è paura. Vorrei ringraziarti per farmi sentire così, Matt.»

Danimarca sussulta e si sente bruciare sul collo, mentre il finlandese lancia una bassa imprecazione. «Non è niente», lo rassicura, facendogli cenno di continuare. «Non fermarti.»

Tino procede, vicinissimo, andando ancora più lento e facendo un lavoro pressoché perfetto.

Quando Matt si rimira nel tondo specchio portatile, gli sorride e lo accarezza tra i capelli. «Facciamolo ancora. Costruiamo nuovi ricordi insieme. Va bene?»

«Sì.» Tino lo abbraccia e resta abbandonato sopra di lui, senza parlare, per molto tempo.

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Capitolo 19
*** In formal wear ***


19. IN FORMAL WEAR






C'è qualcosa di terribile nel modo in cui si sente paralizzare completamente i lineamenti ogni volta che, per occasioni diverse, si ritrova davanti il fidanzato in giacca e cravatta.

Non dura molto, c'è da dire. Matt è un tipo che non ama essere costretto in quel tipo d'abbigliamento che lui viceversa trova congeniale e che lo fa sentire semplicemente in ordine. Dopo un po' lo vede allentarsi la cravatta, sempre di più fino a snodarla e sfilarsela del tutto, poi si sbottona e anche la postura cambia, ma non perde niente dello stile e resta sempre lui, disinvolto, sogghignante e rumoroso.

Finché ha la cravatta, però, sembra che una sorta di incantesimo lo possegga, allontanandolo dal suo vero essere e, in qualche modo, sigillando il suo io disordinato. Dev'essere per questo che dopo qualche ora si agita, togliendo quell'accessorio che lo imprigiona e lo fa diventare più posato e serio. Cerca di eliminare qualcosa che inconsciamente lo frena, lo trasforma.

A Tino non importa che indossi la cravatta o meno, non è quella che lo attrae quando è elegante. Non gli importa molto nemmeno di come si presenta, perché ama Matt in qualunque modo, anche con indosso un paio di pantaloni comodi da casa e una maglietta stropicciata.

È indubbio, tuttavia, che con un paio di pantaloni scuri, una giacca dal taglio fine ed una camicia immacolata, faccia la sua dannata porca figura e che lui non gli resti indifferente.

Per questo si perde ad ammirarlo, quando esce dalla camera da letto con indosso uno degli ultimi completi acquistati insieme che ancora non ha avuto occasione di mettere. Tino riconosce nell'irrigidimento della propria mascella il segnale che si è appena innamorato di nuovo e viene rapito, catturato dalla figura del danese.

Matt deve esserne a conoscenza, dal momento che ogni volta mostra quel sorriso storto che gli fa fermare il cuore. Tino abbassa lo sguardo, vergognandosi di essere così trasparente.

Un po' pensa a cose poco lecite, deve ammetterlo, ma la verità è che il desiderio di osservarlo più a lungo possibile è anche più forte del bisogno di lanciare via ogni indumento e trascinarlo in camera di nuovo, saltando riunioni, appuntamenti o doveri.

«Allora? Mi sta bene?», gli chiede, costringendolo ad alzare di nuovo il viso.

Guarda il modo in cui lo fasciano i pantaloni, le scarpe tirate a lucido, i capelli pettinati in modo diverso, il colletto della camicia grigio perla che gli sfiora la gola.

«B-b-b...»

Con uno scatto guarda di nuovo per terra, sentendosi gli occhi a spirale e dandosi dell'idiota per non essere in grado di dirgli semplicemente che è bello, che non c'è niente che non vada, anzi, gli ha quasi fatto venire un infarto perché non è mai abbastanza preparato alla trasformazione.

«Bene!», butta fuori, stringendo gli occhi un momento e sgonfiandosi come un palloncino.

L'uomo soffoca una risata scuotendo le spalle e gli si avvicina.

Il suono dei tacchi bassi rallenta ogni funzione vitale di Tino, ma niente è peggio delle dita che, sotto al mento, lo costringono a guardarlo e mostrare quanto sia agitato.

«Stai tranquillo, è solo una cena», mormora gentile.

Tino annuisce e decide che può anche balbettare ancora, non importa. Ciò che conta è sentire quella mano sul viso e trovare amore in fondo all'azzurro dei suoi occhi.

«Non è per quello», si sente dire, dandosi una cinquina mentale in faccia. «Sei tu che mi agiti.»

Danimarca sembra sorpreso per qualche attimo, ma poi raggiunge il suo orecchio e abbassa la voce. «So anche questo», dichiara soddisfatto, prima di tornare diritto e sistemargli il nodo della cravatta lilla. «Se fai il bravo ti permetto di scartarmi, più tardi.»

Tino arrossisce leggermente, ma gli punzecchia la guancia con finta disinvoltura.

«Non pensavo a questo, pensavo soltanto a quanto stai bene vestito così.»

Non è del tutto vero... ma non c'è bisogno di dirglielo, giusto?

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Capitolo 20
*** Dancing ***


20. DANCING






Apre le persiane e sorride alla domenica mattina, scuotendo leggermente la testa e ridacchiando quando, tornato dentro casa, sente la musica provenire dal piano inferiore. Quella musica. La musica di Tino.

Ogni domenica è la stessa storia. Si alza prestissimo e comincia freneticamente a correre qua e là per sbrigare le faccende di casa, neanche fosse una domestica pagata a ore. Matt ci ha fatto l'abitudine e ama quella sua parte ordinata e precisa, senza contare che ad avere un uomo così non può lamentarsi...

Quando glielo permette si mette ad aiutarlo, ma ci sono cose che Tino vuole proprio fare da solo, dal momento che -dice- si diverte un mondo.

A capire come e perché, poi, non ci prova.

Scende i gradini saltellando, emerge dall'angolo del soggiorno e spia il fidanzato che balla frenetico in un passo a due con l'aspirapolvere. Ama quell'oggetto, aveva le stelle negli occhi quando gliel'ha comprato qualche mese prima. Silenzioso come uno degli ultimi modelli di lavatrice, gli permette di godere della sparizione di ogni minimo ricciolo di polvere o briciola fuggiasca ed allo stesso tempo ascoltare i suoi pezzi metal senza indossare cuffie.

Matt intreccia le dita delle mani dietro la nuca ed entra in soggiorno, andandogli alle spalle e accarezzandogli le natiche in movimento con il ginocchio sollevato. Tino non si spaventa e gli va incontro, sculettando un po' e facendolo ridere, poi spegne l'elettrodomestico e si volta, il viso arrossato per il moto e gli occhi brillanti.

«Non ti ho svegliato io, vero? Credo sia una rarità vederti girare per casa a quest'ora! Normalmente te ne resti sotto le coperte aspettando che torni a coccolarti.»

Il danese annuisce e si abbassa a baciarlo sul collo, facendogli lasciare la presa sull'aspirapolvere. Allunga il braccio verso il divano e sposta la rotellina della stazione radio, intento nella ricerca di qualcosa di adatto. Immediatamente spariscono chitarre elettriche e batterie e la stanza viene riempita da un vivace e romantico pezzo inglese.

«Non riuscivo ad aspettarti, così mi sono detto che per stavolta sarei sceso a prendermele, le coccole, anziché restare lì come un bambino viziato e... questa canzone è davvero carina.»

Va a prendergli una mano, la porta in alto e gli avvolge la vita con l'altro braccio. Tino ride e cerca di divincolarsi. «Cosa pensi di fare?»

«Tantissime cose, ma per ora solo questo!» Lo fa piroettare e lo riavvicina, le labbra di nuovo posate sul suo collo a dispensare piccoli baci che lo fanno sempre rabbrividire, non importa quanto ci sia abituato o quanti gliene dia di seguito.

Matt socchiude gli occhi, sentendosi bene, e Tino fa lo stesso lasciandosi trasportare. Volteggiano per il soggiorno, staccandosi di tanto in tanto e improvvisando passi che nessuno dei due è veramente bravo a fare, ma che, insieme, funzionano.

Lo stacca da sé e lo fa roteare, rischiando di inciampare per le gambe non proprio coordinate, ma non succede niente di grave e lo riabbraccia, dondolandolo e stringendolo forte come se l'avesse appena rivisto dopo un lungo viaggio.

Il finlandese respira un po' affannato sfregando la fronte contro la sua spalla, la risata imbarazzata che a lui piace da morire ad accompagnare la voce di Bublé.

«Lo sai che ho due piedi sinistri, un'attività del genere è pericolosa!», lo rimprovera, una mano dietro le sue spalle per continuare comunque a ballare con lui, libero e tenero.


Baby don't you know I love you so?

Can't you feel it when we touch?

I will never never let you go. I love you, oh, so much.


Matt si sposta e cerca immediatamente le sue labbra.

Lo bacia senza fretta, staccandosi di tanto in tanto per sfiorargliele con le dita, perso nel suo profumo delicato. Gli tiene il viso tra le mani e si allontana di poco per perdersi nel viola.

Tino ricambia i suoi sguardi e si rilassa, gli accarezza le guance e dimentica cosa li circondi, quello che stava facendo, il fatto che a lui quella musica non piaccia; non si accorge nemmeno che ad un certo punto hanno smesso di ondeggiare.

Gli sorride a labbra chiuse e non dice niente, restando a contemplarlo e a farsi contemplare allo stesso modo, ignorando la fine del brano e l'inizio del successivo.






[La bellissima canzone che i due cipollini ballano si può ascoltare QUI ]

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Capitolo 21
*** Cooking ***


21. COOKING






Ci sono molte cose che hanno in comune, oltre al carattere allegro e giocoso. Una delle attività che davvero condividono con passione, però, divertendosi e rilassandosi nel farla insieme, è preparare nuovi piatti.

Matt è un cuoco nettamente superiore e ha una predisposizione per i dolci, dalle torte ai biscotti, dai dolcetti che stanno nel palmo di una mano alle paste più ipercaloriche, le quali richiedono complessi procedimenti e lunghi tempi di preparazione.

Tino cerca di stargli dietro, perché gli piace veramente mettere il naso tra i fornelli e disporre con ordine tutti gli ingredienti, prima di mischiarli e creare qualcosa di indimenticabile. La sua sfortuna -se così si può dire- è che per tradizione ha una cucina non molto amata nel resto del mondo (anche se niente supera il velato disgusto che un po' tutti loro hanno per certe pietanze islandesi) e alcuni suoi piatti hanno invero un aspetto poco invitante.

Quindi non si può dire che Tino non sappia cucinare. È che va capito.

Al danese non dispiace mangiare qualcosa preparato da lui, anche se quello che preferisce è tutto ciò che viene prima della presentazione di un piatto finito.

È lo stare insieme, gomito a gomito, passarsi le cose, controllare i tempi di cottura scambiandosi baci tra un ticchettio d'orologio e un timer che li fa sobbalzare, è fingere di essere chef in diretta su un canale prestigioso. Adora semplicemente cucinare insieme all'uomo che ama, per il tempo condiviso ed i mille piccoli discorsi che vengono fuori impastando farina, ridendo per la polvere bianca che inevitabilmente finisce in faccia ad entrambi e per le bestemmie finniche quando non gli riesce proprio di rompere un uovo senza fare un macello.

Ci sono cose, comunque, che non ha mai voluto mangiare, pur preparate da Tino con tutto l'amore del mondo. Vorrebbe assecondarlo, ma proprio non riesce a cedere.

Per questo, quando si avvicina Pasqua ed il finlandese canticchia tutto contento, restando ore da solo in cucina, lui non ha il coraggio di entrare, perché sa cosa sta preparando.

Finge di non notare la ciotola di betulla posta in fondo al frigorifero, anche se al terzo o quarto giorno gli verrà servito il contenuto misterioso insieme ad un'abbondante dose di panna montata e salsa alla vaniglia. Uno dei suoi incubi peggiori che, per contro, ha sia un sapore che un nome dolce: il mämmi.

Non sa come spiegargli che non è neanche tanto l'aspetto, a turbarlo, ma il fatto che una cosa talmente zuccherosa che non possa essere considerata altro che glassa pura e semplice, non sia proprio il massimo della sua aspettativa per la merenda della domenica.

Quell'anno però c'è qualcosa che lo disturba. Normalmente, a quell'ora, in quei giorni, Tino dovrebbe essere in cucina a prepararlo con il suo solito entusiasmo ed invece eccolo lì sul divano, a sfogliare una rivista di fucili, gli occhi brillanti ma in qualche modo assenti.

«Amore?», lo chiama dolcemente, allungandosi e sfiorandogli la spalla.

Il finlandese lo guarda e gli fa un piccolo sorriso, dando segno di ascoltarlo ed assumendo un'espressione ancora più dolce, come sempre quando gli si rivolge in quel modo tenero che a lui piace tanto.

«Non è ora del mämmi?»

Tino perde un po' il sorriso, nascondendo un velo di tristezza e sfiorandogli la mano con la propria. Lascia cadere la rivista sopra le gambe ripiegate, sembrando sul punto di sospirare e faticare per trattenersi.

«Non ce n'è bisogno. Ho pensato che sia meglio smetterla di insistere e cercare di preparare solamente cose che piacciono ad entrambi», risponde in tono normale e ragionevole. «A tal proposito, hai qualcosa in mente per cena?»

Matt si corruccia, accorgendosi immediatamente di quanto sia dispiaciuto, perché Tino è trasparente, è un libro senza copertina e lui, ormai, lo capisce al volo.

Anche se è così abbattuto per una cosa minima, davvero stupida, si sente in colpa da morire. Ha promesso di rendere felice quell'uomo, sempre, e se l'amore è anche sacrificio vorrà dire che soffrirà per tutto quello zucchero, ma non sarà la causa di quel dispiacere.

«Quest'anno ti aiuto, se mi insegni a prepararlo», si offre, salendo a toccargli lo zigomo.

Tino scuote la testa e gli va incontro, il sorriso tirato e a labbra chiuse che a Matt non piace. «Non ti preoccupare, non voglio che ti sforzi. Possiamo fare dei muffins, se ne hai voglia.»

Si alza dal divano senza dire nulla e lo prende di peso, se lo carica in spalla e attraversa il soggiorno, fino a metterlo seduto sul bancone della cucina, occhi negli occhi e labbra vicinissime.

«Sarò il tuo assistente. Dimmi cosa devo fare, Chef.»

Ci vuole qualche secondo ancora, ma finalmente, quando capisce quanto sia determinato, Matt può vedere il sorriso ampio e luminoso, e sentirsi in pace col mondo mentre Tino gli elenca gli ingredienti a bassa voce.

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Capitolo 22
*** In battle ***


22. IN BATTLE, SIDE-BY-SIDE {Guerra d'Inverno / 1939-1940}






Nascosto dietro un rilievo di ghiaccio, Tino punta il fucile verso una figura in avvicinamento.

Sente i muscoli tendersi, pronto a sparare alla prima minaccia, ma prima deve assicurarsi di vedere bene la divisa della persona, per non far fuoco contro un alleato o un compagno.

La visibilità è buona, la sua mira è perfetta, quella forma deve soltanto avvicinarsi ancora un po'. Per quanto veda che impugni un'arma, non la punta nella sua direzione, pertanto Tino respira lentamente, il senso d'allerta e di pericolo attutiti. Ancora una decina di passi...

«Ho chiesto di te e mi hanno detto che ti avrei trovato qui.»

La voce lo sorprende come niente da un paio di mesi a quella parte. Stringe il fucile e salta in piedi fuori dal nascondiglio, sconvolto.

«Mattæus...?»

L'uomo imbacuccato annuisce, quindi gli si avvicina fino a trovarsi finalmente faccia a faccia. Si osservano silenziosamente, il freddo inimmaginabile che irrigidisce le membra di entrambi.

«Siamo a meno quaranta?», bofonchia il danese, dietro una pesante sciarpa di lana.

Tino non conosce con precisione la temperatura, ma dovrebbe aver indovinato. Sa soltanto che è uno degli inverni più rigidi che abbiano mai avuto e che è uno dei motivi per cui pensa che alla fine vinceranno. È un vantaggio, come la conoscenza pressoché perfetta del territorio.

«Che ci fai qui?», gli chiede, il fucile abbassato, ma sempre stretto tre le mani inguantate.

Danimarca sembra pensarci a lungo, poi fa spallucce. «Ti ho mandato degli aiuti. Non lo sapevi?»

Sembra un pochino divertito, ma Tino sa che non è così. Quella è guerra, non c'è molto da ridere. «Lo so. Tu, Lukas, Ber, anche altri... ma loro non sono venuti da me, invece tu-» Si ferma per prendere un piccolo respiro, sentendolo diventare ghiaccio dentro i polmoni.

«Tu sei qui.»

La voce è ferma, ma sente qualcosa di sbagliato dentro. Una commozione stupida, inadeguata.

«Hey. Avrò diritto di controllare che tu stia bene?»

Il finlandese sprofonda un po' dentro il pesante cappotto, non sapendo cosa dire. Si accorge che Matt ha ancora l'arma automatica stretta in mano e macchie di sangue sparse addosso. Ha ucciso per lui? Si è unito agli aiuti o ha dovuto farsi strada sparando per poterlo raggiungere? Capisce che il sangue non è suo e tanto gli basta per non manifestare troppa preoccupazione.

«Ce la faremo», sussurra, esprimendo non solo il proprio orgoglio, ma anche una forza d'animo che, nonostante siano numericamente inferiori agli invasori sovietici, non cede di un millimetro.

Il danese non replica, ma c'è un lampo nei suoi occhi nel momento in cui solleva la mano armata. Si scambiano un cenno, poi entrambi si rivolgono nella stessa direzione e cominciano a sparare.

Il fucile, nelle mani di Tino, è la cosa più letale che ci possa essere in quella distesa di neve e ghiaccio; non sbaglia un colpo mentre l'uomo al suo fianco, spalla a spalla, completa la devastazione, decimando uno dopo l'altro il piccolo contingente di incauti esploratori.

Mattæus, attento a non finire nella linea di fuoco dell'altro, tende a proteggerlo col proprio corpo, anche se questo non viene notato da Tino, concentrato a prendere la mira ed annientare la minaccia nel più breve tempo possibile.

Soltanto quando l'eco degli spari si è dissolto e i nemici non si muovono più, le due nazioni tornano a guardarsi. C'è un piccolo sorriso distorto sul viso di Danimarca e un'espressione determinata, ma anche scossa, su quello di Finlandia.

«Non posso fare di più», sussurra, anticipando i ringraziamenti.

Controlla con occhiate cupe che non ci siano più pericoli prossimi e avvicina le dita alla guancia bruciata dal gelo di Tino. «Mi dispiace.»

Gli fa una piccola, microscopica carezza, sfiorandogli anche le labbra spaccate.

«Aspettiamo tutti che tu vinca, piccoletto.»

Tino sente gli occhi bruciare, mentre si aggrappa al fucile come ad un'ancora. Non allontana la mano e resta a guardarlo, felice della sua presenza.

«Fai buon uso dei miei uomini, eh», si raccomanda, un mezzo passo indietro per squadrarlo.

La nazione in guerra sorride, perché è l'unica cosa che gli riesca ancora bene, ora che le parole sono diventate superflue e che ogni giorno si sveglia col suono rimbombante degli spari.

«Sta' a guardare», lo sfida, ricaricando il colpo in canna e mostrandosi forte, più di quello che è, ma coraggioso perché Danimarca vuole che sia così. Andando da lui gliene ha infuso di nuovo, ma non sa come dirglielo, come ringraziarlo.

Mattæus si trattiene con il finnico ancora un momento, prima di sparire di nuovo tra la neve. Tino lo segue con lo sguardo finché di lui non resta più niente, poi va a frugare tra i cadaveri per rifornirsi di munizioni.

Pur in mezzo ai morti, non può fare a meno di sentirsi riscaldato.

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Capitolo 23
*** Arguing ***


    23. ARGUING






«Lo ami, vero? A questo punto puoi anche ammetterlo. Dentro di te fai paragoni tra noi e sei pentito, perché se ti fossi mosso prima, se fossi stato più deciso, ora avresti ancora l'uomo perfetto al tuo fianco invece di accontentarti di me... delle briciole che nessuno vuole.»

Le lacrime sono troppo da sopportare, ma il suo orgoglio non fa altro che renderle più micidiali di qualsiasi piatto rotto, sbattendole in faccia al finlandese come fossero un'arma. Non sembra fragile, Matt, anche se ferito, quanto piuttosto pronto ad una battaglia.

«Pensare che tu stia con me mentre pensi ad un altro è la cosa più schifosa che potessi farmi, Tino. Ed io... io sono un idiota, perché dentro di me ho sempre saputo che lo amavi.»

L'altro si ritrova a scuotere la testa, aprire la bocca per ribattere e andargli incontro gesticolando. «Matt, di cosa stai parlando?!»

Alza la voce anche lui, ma non fa altro che tremare.

Non esternamente, è dentro che Tino si sente cadere a pezzi, è lì che le cose non vanno a posto da quando hanno cominciato quella discussione. È traballante come un castello di carte e lui non fa che soffiarci sopra, attaccandolo con quelle accuse, colpendolo dove non dovrebbe.

Matt si china e prende una tazza per il caffè; per un istante Tino crede che stia per lanciargliela addosso o contro il muro. Una volta lo faceva, una volta reagiva sempre in maniera violenta alle crisi, ma ora è diverso. È più controllato, è gentile, è...

«Sto insieme a te perché... perché io sono...», tenta, insicuro, indebolito dalla sua furia.

Perché sono una coppia e si amano reciprocamente. Non lo sa? Non lo sa più? Deve assolutamente dirglielo, convincerlo dell'assurdità di quel confronto.

Stringe i pugni e si avvicina ancora un po', ma il suono della ceramica in frantumi lo fa sobbalzare.

«Vaffanculo», ribatte il danese sottovoce, sprezzante e amareggiato, non degnandolo di uno sguardo. Rimane curvo sopra i cocci rotti dentro la vasca del lavello.

«Vaffanculo.» Le sue spalle sono scosse da tremiti violenti, le lacrime gli cadono a grosse gocce sopra i dorsi delle mani.

«Non ci provi più a dire che mi ami? A fingere? Suoni ridicolo alle tue stesse orecchie? Gli hai infilato la lingua in gola sotto i miei stessi occhi, Cristo! La prossima volta gemerai il suo nome mentre sei dentro di me?!»

Si volta e lo fronteggia ancora, restando aggrappato al bancone. I suoi occhi sono rossi e benché appannati dal velo di lacrime riesce a vedere la figura del finlandese impietrita davanti a lui.

Non è in grado di fermarsi, anche se sa che si pentirà di quelle parole. La rabbia è incontrollabile. Il dolore è accecante, non può più trattenerlo o nasconderlo.

«Ti sei divertito, Tino? Se ti piaceva tanto scopare potevi anche uscire e sceglierti qualcun altro, non credo tu abbia mai avuto problemi a trovare un buco disponib-»

Lo aspetta e lo accetta, quello schiaffo secco, senza muovere un muscolo, solo zittendosi. Non è forte come avrebbe potuto, gli resterà una manata rossa a cinque dita per una mezz'ora, ma non avrà slogature o lividi; persino in quel momento, accorgersi che si è trattenuto per non fargli male lo fa soffrire.

Voleva dire qualcosa di crudele e ricevere una punizione immediata, non uno schiaffo trattenuto. Vuole essere crudele perché si è tenuto dentro quei pensieri di merda anche per troppi giorni, dopo quel bacio.

«Vaffanculo tu, Mattæus.»

La sua voce sempre dolce e cristallina è un sibilo avvelenato ed incrinato. Il nome, il nome completo che non usa da decenni, da quando sono più che amici, è una pugnalata.

La frangia gli ricade sulla fronte coprendo gli occhi viola, ma a Danimarca non importa se stia piangendo anche lui, come non gli importa di trattenerlo quando schizza fuori dalla cucina.

«Non tornare più», mormora alla sua schiena, ripetendolo anche dopo lo sbattere della porta d'ingresso e mettendosi a raccogliere i cocci rotti, gli occhi completamente appannati.

Quando si rende conto di aver rotto una delle tazze che hanno comprato insieme all'Ikea, in un giorno ormai lontano, non riesce più a smettere di tremare e si accascia sul pavimento, svuotato.

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Capitolo 24
*** Making up afterwards ***


24. MAKING UP AFTERWARDS






Anche se in fondo spera che non torni, lo aspetta per tutto il giorno e buona parte della notte.

Resta a gambe incrociate in un angolo, per terra, gli occhi stanchi ed arrossati, gonfi di pianto, puntati testardamente verso la porta.

Tino non può tornare, non deve nemmeno pensarci.

Ha cercato di rincollare i pezzi della tazza rotta e rimirando il lavoro finito non ha potuto fare a meno di abbandonarsi a filosofici collegamenti. Loro due perfetti, innamorati, poi... anche rimettendo insieme i pezzi non saranno più come prima, non dopo quelle frasi.

Non crede molto nell'utilità della lite, negli scontri che finiscono per avvicinare due persone, anche se poi quella sensazione, quando ci si comprende, ci si scusa e si torna a parlare come se niente fosse accaduto, è squisita ed avvolgente.

Ama Tino. È un amore folle, rassicurante, tenero e possessivo. Tino è la sua anima gemella, non ha alcun dubbio in proposito. Perciò, per amarlo tanto, deve averne cura. Gli ha detto cose orribili e non ha scuse. È ferito e furioso, ma non avrebbe voluto spingersi a tanto, non adesso che si chiede con una stretta gelida al petto se quello schiaffo sarà l'ultimo contatto con la sua mano. L'ultima carezza.

Fissa la porta con occhi sgranati, osservando il finlandese rientrare nel cuore della notte. Accende la luce e lui geme debolmente, nascondendosi tra le gambe e tornando in posizione rannicchiata. Si nasconde dal chiarore, da lui, da quello che potrebbe dirgli dopo essersi schiarito le idee per tutte quelle ore.

È finita. Se non ti fidi di me è inutile andare avanti. Dirà così.

Sente i suoi passi sempre così moderati e delicati avvicinarsi a lui ed il cuore gli rimbomba nelle orecchie, ha freddo e sonno e tanto dolore a schiacciarlo a terra come un'incudine.

«Credevo non saresti tornato», si sente dire con una voce spaventosamente roca.

Ha la gola riarsa. Sono ore che non beve, che non fa niente a parte starsene lì, muto e riflessivo, a ripercorrere le tappe del loro amore e a dire addio ad ogni immagine, consumandosi pietosamente e inutilmente di lacrime.

Tino inspira ed espira rumorosamente, infilandosi accanto a lui ed abbracciandosi le ginocchia. «Lo credevo anch'io.»

Non vuole che se ne vada, ci ha ripensato. Se gli serve altro tempo per staccarsi dai sentimenti per Berwald glielo concederà. Non crede sia stato falso, non è vero che non c'è nulla tra loro!

Non vuole che se ne vada. Non vuole che tutto sia rovinato.

Sente il calore irraggiungibile del suo fianco accanto al proprio e sprofonda ulteriormente.

«Sono stato confuso per tanto tempo. Quando ho realizzato di provare qualcosa per lui era troppo tardi. Mi dispiace per l'altra sera, non so cosa mi sia preso e non mi va di dirti che ero ubriaco e non sapevo cosa stessi facendo. Ho ferito te e Lukas e Ber, di questo sono consapevole.»

Tino si volta verso di lui e Matt si arrischia ad osservarlo, reprimendo un gemito davanti ai suoi occhi grandi e arrossati. È andato via e ha pianto? Tutte quelle ore...

«Ma non devi mai e ripeto mai permetterti di dirmi che ti sto usando. Quello che so, quello che ho capito, è che con il tempo sarebbe finita, perché con lui... con lui non ho niente in comune. Ci vedi insieme? Io vedo lunghi silenzi imbarazzanti e incomprensione, qualcosa che come amici non succede, perché come amici funzioniamo benissimo. Q-quindi puoi incolparmi, puoi arrabbiarti con me e anche decidere... decidere che non valgo la pena, che non sono l'uomo che vuoi o che credevi che fossi.»

La sua voce è sottile e Matt ha voglia di fermarlo, perché gli sembra che stia diventando piccolo e grigio, come un disegno scarabocchiato senza forze su un foglio stropicciato. Vuole solamente stringerlo.

«Non dire che non ti amo. Ho scelto te. Non dire che questo non è vero solo perché il mio stupido cervello ha detto al mio stupido corpo di fare quella cosa! P-però tu hai ragione a odiarmi, quindi...»

Si rannicchia ancora e gioca con i lacci delle scarpe, socchiudendo gli occhi.

«Prendo le mie cose e torno a Helsinki, se lo desideri.»

Dovrebbe scusarsi per come l'ha trattato, non restare lì a sentirlo denigrarsi. Il bacio a cui ha assistito l'ha ferito come niente, da quando stanno insieme, ed ha tutti i diritti di sentirsi a quel modo, ma gli ha detto delle cose orrende e ora Tino crede di non essere abbastanza...

«Sei il mio amore», pigola all'improvviso, interrompendo il flusso dei pensieri e permettendo al cuore di parlare al posto suo, esprimendo l'unico concetto immutabile.

Si ritrova di nuovo pieno di lacrime e con una voce così poco controllata da far sollevare la testa a Tino, allarmandolo.

«Ti prego, perdonami. Ho f-freddo e voglio abbracciarti, io-»

Il finlandese lo stringe immediatamente a sé, di slancio, come se non aspettasse altro che un segnale, e Matt si sorprende di come il proprio corpo, nonostante le lunghe ore immobile, sia prontissimo ad accoglierlo con forza, premendoselo addosso con urgenza e disperazione.

Apre le gambe e lo intrappola, singhiozzandogli sulla spalla, mentre riceve carezze sulla schiena e la testa, sente parole mormorate, dichiarazioni dolcissime e necessarie.

«Non andare. Non andare mai», ansima, senza fiato, inzuppandogli la maglietta.

Tino scuote la testa e non dice niente, restandogli addosso come se non potesse fare altro.

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Capitolo 25
*** Gazing into each other's eyes ***


25. GAZING INTO EACH OTHER'S EYES






«Non ci riesci», cinguetta.

«Tu non ci riesci!»

Tino aggrotta le sopracciglia, combattivo come sempre, tendendosi ulteriormente verso il viso dell'altro. Cerca di non farsi distrarre dal suo ghigno canzonatorio, anche se lo intravede bene.

Si fissa sulle iridi immobili e stringe più forte i pugni, premendoli sul tavolo.

«Non-ce-la-fai», lo tormenta di nuovo l'altra nazione, allungandosi un pochino e sollevando una mano per pizzicargli la guancia, tirando la pelle morbida come si farebbe ad un bambino.

Finlandia lascia scattare la propria e lo scaccia con un gesto infastidito, senza neanche ammiccare, diventando per contro ancora più letale. Odia non essere preso sul serio, anche se si tratta di un gioco innocuo, anche se potrebbe diventare tanto determinato da staccare il braccio all'avversario durante una sfida di forza.

«Gioca pulito, Matt», sibila, senza accorgersi di essergli arrivato praticamente naso a naso.

«Hey, Tino...»

«Non parlare e non distrarmi! Gli accordi dicevano che il primo che distoglieva lo sguardo avrebbe perso! Non siamo qui per fare conversazione, rivale!»

«Tino...» Il nome sfuma in una risatina dolce, causata dal suo spirito focoso, ma soprattutto da quel modo di rivolgerglisi. Rivale? Decisamente troppo adorabile, il finlandese.

Decide finalmente di mandare tutto all'aria e gli prende il viso tra le mani, facendo sussultare il ragazzo, troppo concentrato per accorgersi delle sue intenzioni.

«Questa gara ha perso interesse nel momento in cui mi sono accorto che guardarti negli occhi non è una sfida che voglio vincere, ma un piacere.»

Tino cerca di allontanarsi, ancora attento a non sbattere le palpebre, nonostante il cuore gli sia schizzato in gola e non ricordi neanche più cosa ci fosse in palio. Il respiro si fa irregolare e si sente fragile, tra quelle mani calde che gli costringono il volto con gentilezza. Si perde a guardarlo in un modo diverso, il battito sempre più discontinuo.

Danimarca sembra smarrito in lui, adesso. L'unica cosa che gli importa è tenerlo lì, a pochi centimetri dal naso, studiando ogni screziatura del viola prezioso che ha davanti a sé. Il finlandese sa che quando lo guarda in quel particolare modo lo fa andare in crisi e deve stringere le labbra per non cominciare a dire qualsiasi cosa gli passi per la mente. Sarebbe un fiume in piena di proteste balbettate e poi... e poi...

«Sei così bello, Tino. Non smetterei mai di fare questo gioco, se devo solo guardarti.»

No, deve resistere. Quelli sono i suoi sporchi trucchetti per farlo dichiarare vinto, perché sa che è debole al suo tono romantico. Tino è l'unico che conosca quel lato di lui, l'unico al quale sia consentito ammirare ed apprezzare l'animo sensibile e tenero, da amante, che è nascosto sotto strati di apparente idiozia.

Non saprebbe preferire una parte di Matt, perché ama indistintamente il ragazzino infantile e l'uomo maturo che lo avvolge tra le braccia per scaldarlo.

Mettersi a pensare a quelle cose lo confonde, sente la terra franargli sotto i piedi e la sconfitta farsi sempre più prossima, amareggiandolo per la propria totale mancanza di difese.

«Ti amo, lo sai?»

Emette un gemito soffocato e chiude gli occhi di colpo, accasciandosi in avanti e cominciando a tempestargli le spalle con piccoli pugni di pura frustrazione, mentre l'allegra risata del danese riempie la cucina e le sue braccia lo intrappolano con gioia.

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Capitolo 26
*** Getting married ***


26. GETTING MARRIED






Non potrebbe esserci momento peggiore per farsi venire un attacco di panico. Oh, a dire il vero ce ne sarebbe uno: giungere all'altare e svenire, per esempio.

Si rimira allo specchio e passa le mani sulla cravatta di seta argentata, ricevendo in cambio l'immagine di un uomo completamente terrorizzato, nauseato e pronto a dire addio alla vita.

Perché dev'essere così nervoso? Non è che l'abbiano deciso il giorno prima! Sono mesi che si preparano, che fanno prove, che decidono il menù e che ne parlano entusiasti come bambini.

Si tocca l'anello e comprime le labbra in una linea storta e buffa. Non avrebbe mai creduto di sposarsi, un giorno. Sposarsi per davvero, per amore reciproco e non per un'unione politica.

L'eternamente distratto e goffo Tino che... viene chiesto in marito? Non ci avrebbe mai scommesso, prima, quando saltava di relazione in relazione e si chiedeva perché non riuscisse ad innamorarsi sul serio.

Ora è innamorato.

Convinto, certo, sicuro dei propri sentimenti, non rincorre più un fantasma con gli occhiali, domandandosi come sarebbe potuto essere. Ma che succede se rovina tutto, se un giorno Matt lo guarda e pensa...

«Che mi prenda un colpo.»

Sussulta e si volta di scatto, trovando il promesso sposo lì, a guardarlo con sconcerto.

«N-non ti ho sentito entrare! E non dovresti essere qui!»

Si innervosisce almeno il doppio di prima e cerca di spingerlo via con le mani sul petto, corrucciato.

«Volevo assicurarmi di non essere piantato in asso dal mio sposino!»

Apre la bocca per protestare e forse mandarlo a quel paese, ma le sue dita salgono a zittirlo e per un interminabile istante ci sono soltanto loro due, fermi a contemplarsi come se non si fossero mai visti.

Deglutisce a labbra chiuse, accorgendosi di avere le mani gelate e cominciando a battere ritmicamente i piedi dato che ha un principio di intorpidimento alle gambe.

Ecco, collasserà al centro della navata. Bella figura di m-

«Di' qualcosa, Matt. Sto bene? Sto male? Sono carino? Ridicolo? Goffo? Grasso!»

Stringe fortissimo le mani riducendole a due pugni di ghiaccio, le unghie corte che gli scavano mezzelune profonde nei palmi. Ogni secondo che passa senza parlare lo fa morire lentamente.

Poi, una scintilla rianima l'espressione assorta dell'uomo al quale intende legarsi per tutta l'esistenza ed un caldo sorriso scioglie la sua espressione smarrita.

«Sei bellissimo.»

Si sente mancare il fiato per il modo in cui glielo dice.

Matt sfila dalla tasca della giacca bianca un bocciolo di rosa e glielo appunta al taschino, scendendo a sfiorargli le labbra con un bacio leggero.

«Ho il cuore pronto ad esplodere», sospira tra i denti.

Tino annuisce e abbassa le palpebre, perdendosi nel tenue profumo della sua pelle.

«Sentissi il mio.»

Le mani di Matt salgono alle sue braccia, sfregandole su e giù cercando di infondergli coraggio, mentre ne approfitta per coccolarlo un po' prima della cerimonia.

«Voglio sentirlo tutti i giorni, è per questo che ci sposiamo.»

Tino si lascia scappare un piccolo gemito di agitazione e si appende alla sua giacca con una mano. «Non è il momento di fare il romantico, ho le gambe pronte a cedere.»

«Oh? Devo prenderti in braccio?»

Gli punta l'indice al petto e lo spinge un pochino, prendendogli il labbro inferiore tra i denti. «Non sarà necessario. Arriverò là con le mie gambe e dirò che ti voglio e quando tutto sarà finito cercherai di spiegarmi perché ci abbiamo messo tanto.»

Riapre gli occhi, scontrandosi con le sue iridi di cielo.

Ah, che errore perdersi là dentro. È fregato ogni volta che guarda quegli occhi, perché finisce sempre per farci l'amore e tempo e spazio perdono significato.

Il compagno gli prende il mento tra due dita e lo tiene fermo, fronte contro fronte.

«Conta solo dirlo, Tino, non importa quanto tempo c'è voluto. Da oggi sarò tuo davanti al mondo.»


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Capitolo 27
*** On one of their birthdays ***


27. ON ONE OF THEIR BIRTHDAYS






Si chiede sempre come sarà, se e quando decideranno di stare insieme alla luce del sole, e magari, dopo un po' di mesi, fare il grande passo e (sposarsi? Ah, no, per quello ci vorrà di più, ha paura che Tino gridi e fugga a gambe levate) andare a vivere sotto lo stesso tetto.

È felice di stare con lui, anche se non è molto tempo, ancora, perché sa che hanno qualcosa di importante, insieme. A dispetto di ogni fatto passato che li riguardi, sia dolce che turbolento, se si volge al Tino e al Matt del presente può affermare con assoluta certezza che stiano costruendo una storia seria, impegnativa e piena di amore.

È sicuro di amarlo ed è sicuro di essere ricambiato, mentre il taxi lo porta davanti alla casa del suo ragazzo e allunga i soldi all'autista, sfiorando con delicatezza la forma regolare di cartone che tiene sopra le gambe.

Smonta dall'auto e si appresta ad avanzare nel vialetto, su di giri.

È ufficialmente il primo compleanno insieme e non sta più nelle scarpe dall'entusiasmo, perché sa che a Tino piacciono le cose che prepara e proprio per questo si è rifiutato categoricamente di “abbassarsi” ai livelli di qualsiasi pasticceria.

È stato sveglio tutta la notte visitando siti internet e sfogliando tomi di libri di cucina, abbondantemente illustrati. Non è che non si fidi delle mani altrui, ma... quella torta di compleanno è per Tino e ci teneva da morire a farla da sé, decorandola con migliaia (forse poco meno) di bandiere finlandesi.

Ridacchia come un idiota, mentre sale i gradini ed esita, rabbrividendo un po' per la giornata fredda e fissando la porta come se fosse invisibile.

Gli sembra di essere già dentro -era atteso in serata, ma è arrivato prima per fargli una sorpresa- a stritolarlo e a riempirlo di baci sul viso, dondolandolo per interi minuti contro il proprio petto.

Con lui può essere se stesso e manifestare tutti gli slanci d'affetto anche infantili che per natura è portato a fare. Suona strano pensarlo, dato che gli fa battere il cuore come nessun altro, ma Tino ha la capacità di farlo stare in pace col mondo. Lo fa sentire migliore e... giusto. Così giusto che non è imbarazzato per tutti i cuoricini di pasta di zucchero rosso che ha usato per abbellire la panna montata.

Guarda la torta che non aspetta altro che di essere aperta dal festeggiato e, sogghignando di impazienza, passa attorno al portico per sbirciare attraverso una finestra. Forse lo coglierà mentre dormicchia sul divano, tranquillo e ignaro di tutto...

Il sorriso gli muore sulle labbra vedendo l'ampia schiena del fratello svedese e le braccia di Tino che gli si incrociano dietro.

Non è l'abbraccio a fargli male, non sono le dita aggrappate al suo maglione a spezzargli il cuore e a fargli perdere un po' la presa sul dolce.

La sua espressione.

Quel tenue sorriso di benessere e gli occhi chiusi come fosse su una nave pronta ad affondare e non gliene importasse un bel niente, stretto a quell'uomo.

Non dovrebbe pensare certe cose. È ingiusto. Non è niente, non stanno facendo nulla di male. Sa che si vogliono bene, lui stesso non potrebbe vivere senza coccolare e tormentare Lukas.

Eppure.

Non sa se sia una fitta di gelosia o se una parte di lui sia ancora così incerta riguardo a Tino da fargli credere che ai suoi occhi non potrà mai competere con la sicurezza che uno come Berwald trasmette.

Il viso rilassato e sereno gli si stampa dentro, il grazie che vede formarsi sulle sue labbra lo fa soffrire in un modo assolutamente crudele e stupido.

Non ha bisogno della sua torta. Non ha bisogno della sua sorpresa. È completo così.

Si allontana a testa china, abbandonando l'involucro ai piedi della piccola scalinata bianca.


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Capitolo 28
*** Doing something ridiculous ***


28. DOING SOMETHING RIDICULOUS






Gli sembra strano tornare a casa e sentire quella musica a tutto volume. Pop?

Man mano che sale le scale, le parole e la melodia si fanno più nitide e riconosce la canzone. È un pezzo dance di qualche anno prima che le radio non smettevano di trasmettere e che spesso, cucinando con la tv accesa, hanno ritrovato nella scaletta dei video musicali. Non è molto esperto di quel genere, ma quando sente quel ritornello ossessivo non può fare a meno di riconoscere Bad Romance di Lady GaGa.

Entra nella camera da letto e spalanca gli occhi divertito, ammirando il fidanzato danese, con indosso solo un paio di boxer e una maglietta avvolta attorno alla testa come un tipo di turbante, che ci dà dentro ballando sopra al letto.

Tino soffoca una risata dietro la mano, lascia la valigetta per terra e si avvicina un po', appoggiando la schiena all'armadio e godendosi lo spettacolo mentre si sfila piano piano la giacca.

Matt, il quale gli volge le spalle, dimena il posteriore e agita le braccia per aria, cantando a squarciagola e saltellando, ma la musica è abbastanza forte da coprire la sua stessa voce, cosicché Tino non può dire se stia indovinando le parole o se stia solo facendo confusione.

Si diverte per un minuto intero a vederlo ancheggiare, almeno finché l'uomo non fa un salto per voltarsi, se lo ritrova davanti senza preavviso e cade sul materasso a gambe larghe. Scoppia a ridere osservando la maglietta sopra la sua testa che si slega e ricade, afflosciata, sulla spalla nuda.

Fa qualche passo e si inginocchia sul letto, prende le mani di Matt e se le porta alla camicia, guardandolo in un certo modo nel posargli un bacio all'angolo della bocca quando l'uomo comprende le sue intenzioni e comincia a sbottonarlo.

Resta in boxer anche lui, mentre il ritornello rimbomba di nuovo e Matt lo aiuta a salire sul letto. Intrecciano le dita per non cadere e cercano un equilibrio sul lenzuolo, finché annuiscono seri seri e si lasciano andare, un salto dalla parte opposta e i fondoschiena che si incontrano.

Alzano le braccia e le agitano, ondeggiano insieme ballando come pazzi. Tino decide di dare il meglio di sé e afferra un cuscino, infilandoselo tra le gambe e fingendo di cavalcarlo. Matt lo sculaccia con la maglietta usandola come fosse una frusta e continua a cantare, l'altra mano chiusa a pugno per il microfono improvvisato.

Tino torna a guardarlo sculettando come un'odalisca impacciata, in precario equilibrio, finché Matt lancia via l'indumento ed improvvisano insieme una coreografia molto simile a quella del video.

In momenti come quello, Matt è dannatamente felice di essersi innamorato di un uomo come lui, uno che capisce quando ha bisogno di essere fuori come un poggiolo, di lasciarsi andare senza spiegazioni, di cantare e ballare come se non esistesse un domani.

Ridono fino a star male quando la canzone finisce ed entrambi si lasciano cadere all'indietro, a peso morto, alternando i respiri avidi alle risate.

Le mani si stringono, Matt si allunga per mettere il volume al minimo e si volta a guardare il profilo accaldato e sorridente del compagno. Finiscono sul fianco, ridacchiano a scatti e si avvolgono.

«Ti sto amando», gli ansima contro il collo.

Tino gli stampa un bacio sulla fronte e prende un bel respiro. Si agita solo per mettersi più comodo e ricambiare l'abbraccio al suo meglio. «Io ti amo di più.»

Ancora canticchia, Tino, perché gli piace la frase “I don't wanna be friends”, pare. Matt sorride contro la sua guancia, stringendolo a sé con necessità. Non pensa che lo ami di più, crede che il loro amore sia equilibrato, ma gli fa sempre piacere sentire la naturalezza con la quale glielo dichiara, del tutto identica alla propria.

«Sei stanco? Forse non dovevi unirti a me», soffia, gentile e premuroso, toccandogli la schiena.

«Non ho potuto resistere», sghignazza Tino. Gli mette le mani sopra le natiche e lo palpa giocosamente, scatenando sculettamenti felici. «Se vuoi possiamo continuare!»

Matt ci riflette un momento, mordicchiandogli la guancia, e lo blocca con una gamba.

«Dopo.»

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Capitolo 29
*** Doing something sweet ***


29. DOING SOMETHING SWEET






«Si è addormentato?»

La voce bassa e delicata di Tino fa girare la testa di Matt, un po' curvo e inclinato, intento a spiare attraverso lo spiraglio della porta accostata della camera del bambino.

«No. Tiene gli occhi chiusi per farcelo credere, ma è scarso come la mamma.»

Gli tira un piccolo pugno sul fianco e la sua mano viene catturata da quella del danese, che la tiene tra la sua mentre si mette diritto e si volta per fronteggiarlo.

«Che ne dici se ce ne freghiamo del suo “Sono adulto, sto bene, non preoccupatevi inutilmente” e ci piazziamo accanto a lui come qualsiasi genitore perbene dovrebbe fare col figliolo malato?»

Tino ammicca un paio di volte, cercando di non sorridere troppo per la sua faccia incredibilmente dolce, e lo tira un momento in basso per premere le labbra sulle sue. «Dico che sono d'accordo e che anche se non l'avessi proposto l'avrei fatto.»

«L'avremmo fatto. Voglio bene a Peter», mormora l'uomo, mordicchiandolo giocosamente e tirandolo infine dentro la stanza, dopo qualche attimo speso a coccolarsi.

La cameretta è illuminata da una tenue luce azzurra, emessa dall'abat-jour con le ancore e le corde annodate da marinaio.

Tino socchiude nuovamente la porta e va a posizionarsi sul fianco destro di Peter, circondandogli la testa con il braccio, mentre Matt fa la stessa cosa dalla parte opposta. Il ragazzino apre gli occhi sentendo il materasso abbassarsi e si ritrova davanti le loro facce sorridenti, anche se un pochino ansiose.

«S-sto bene», mormora per la decima volta, attraverso le labbra secche. «È solo un po' di febbre, andate a fare le vostre cose da adulti, non è la Festa degli Innamorati?», borbotta, sospirando e chiudendo nuovamente le palpebre. «Domattina sarò come nuovo, cosa c'è da preoccuparsi?»

Matt apre bocca per dire qualcosa, ma Tino gliela tappa con rapidità scuotendo la testa. Si becca uno sguardo imbronciato, ma anche un bacio sulle dita che lo fa arrossire. Sposta la mano e comincia a sfiorare la fronte della piccola piattaforma, dividendo gentilmente alcune ciocche un po' umide ed osservandolo mentre si umetta le labbra, lamentandosi piano.

«Lasciaci preoccupare e starti vicino finché non tornerai ad inseguire Hanatamago fingendoti un possente guerriero a caccia di draghi bianchi», mormora con tenerezza.

Peter si agita un pochino, sprofondando fino al naso e sbirciando i due attraverso due fessure stanche ed assonnate.

«In questo caso potreste... aiutarmi a dormire?», domanda con esitazione.

La mano di Matt gli si posa sul petto e gli trasmette carezze attraverso le coperte. «Quello che vuoi, campione. Ti va una storia?»

Peter solleva il visetto arrossato dalla febbre, sorride e scuote la testa, ma non troppo forte, per non disturbare le dita fresche di Tino che gli piacciono tanto.

«Cantate.»

I due uomini si fissano sorpresi per qualche secondo, poi ridacchiano. Si tengono la mano al di sopra delle coperte, attenti a non pesare troppo sul bambino, il quale richiude gli occhi e resta a sorridere pacatamente con la testa ben affondata sul cuscino. Mentre sente i capelli che gli vengono sfiorati di tanto in tanto, la voce cristallina di Tino è la prima a giungergli alle orecchie.

Canta parole che non gli sono del tutto nuove, riconosce immediatamente il tema da ninnananna e quella che è la sua lingua, il finlandese, piena di vocali e di musicalità.

Matt ci mette un po' a trovare il momento buono per unirsi a lui e la sua voce più forte, dal timbro inaspettatamente profondo mentre accompagna in tono basso quella del marito, è una piacevole sorpresa per Peter.

Pensa che si accompagnino bene, almeno quanto quelle mani intrecciate ed il calore diverso ma pieno d'affetto che gli trasmettono standogli così vicino, chiudendolo in quella specie di bozzolo protettivo.

Il dolore ai muscoli e il mal di testa allentano un pochino la morsa, mentre si sente scivolare in uno stato d'incoscienza incontrollabile, accompagnato e cullato dalle parole dolci, dal finlandese imperfetto ma comprensibile di Matt, dalle carezze di mamma e dalla certezza di essere amato.

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Capitolo 30
*** Doing something hot ***


Attenzione attenzione, la storia che segue è -da prompt richiesto- porneggiante.

A causa di questa e della dodicesima (ovvero “Making out”) il rating è dovuto salire ad arancione.

Ciò inutilmente premesso: avete davanti l'ultima storia della challenge~.






30. DOING SOMETHING HOT






Con le mani affondate nelle tasche del cappotto dal taglio lungo, Matt lancia un'occhiata svogliata al pannello luminoso che indica il tempo d'attesa per il treno successivo. Si dondola un pochino sui piedi, poi torna a guardare il compagno che si sistema meglio i guanti e soffia aria calda sulle dita raccolte.

Sogghigna e si allunga verso il suo orecchio, sfiorandolo con la punta del naso.

«Hey, Tino. Ti ricordi quando abbiamo parlato delle nostre fantasie?»

Il finlandese resta un momento immobile, prima di lanciargli uno sguardo laterale. «Fantasie?»

Matt annuisce, un lampo vispo negli occhi. «Sì, fantasie... erotiche.»

Si gela per un lungo istante. Oh, certo che se lo ricorda. Come dimenticare quei lunghi discorsi con le dita intrecciate sotto le coperte e le gambe avvinghiate, subito dopo aver fatto l'amore?

Con lui parla di tutto e non lo imbarazzano quegli argomenti, non più, ma non può che sentirsi a disagio se ne fa menzione in un momento del genere.

«Credo di ricordarlo», sorride, nascondendo il nervosismo con una risatina sottile. «Come ricordo la volta in cui abbiamo realizzato una delle tue.»

Si sente venir caldo solo a ripensarci.

È rimasto seduto sulla sponda del letto a toccarsi e ad eseguire gli ordini rochi del danese, il quale lo fissava dall'angolo, la mano a sua volta tra le gambe.

Ricorda che alla fine gli è saltato addosso e c'è rimasto per ore intere.

È stato divertente, ma soprattutto incredibilmente eccitante essere guardato come se fosse l'uomo più sensuale e desiderabile dell'universo conosciuto.

«Stavo pensando che dovrei ricambiare, visto che siamo nel luogo della tua fantasia principale.»

Tino sente gli occhi rischiare di schizzargli fuori. Gli afferra il bavero e se lo avvicina subito, agitato. «Scherzi? Non è la stessa cosa! Q-quello era facile e normale!»

L'altra nazione sorride affabile e gli prende la mano, trascinandolo oltre le porte del treno che si sono appena spalancate per permettere alla folla di salire. Si sfila il guanto con i denti e lo ripone in tasca.

Spinge Tino contro la fiancata senza posti a sedere, schiena premuta al lungo finestrino, e lo nasconde a tutti con il proprio corpo e buona parte del cappotto sbottonato. Solleva l'avambraccio destro per bloccargli la visuale della carrozza e si china per baciarlo, infilandogli l'altra mano nei pantaloni.

Comincia a toccarlo senza dargli un momento per capire.

Tino si aggrappa al suo maglione e lo fissa da vicino, quasi nel panico, ritrovandosi ad ansimare troppo in fretta, mentre la mano calda lo stringe e lo sfrega con calma, tormentandolo sulla punta e rubandogli tremiti di piacere improvvisi.

Lancia occhiate da sopra il suo braccio, ma nessuno sembra prestar loro attenzione.

«Non... non... oh sì, diavolo, così», sbuffa, chinando la fronte sulla sua spalla e andando incontro alla mano che sa esattamente come toccarlo nel migliore dei modi.

Si tende e sospira.

Mentre il mezzo di trasporto si muove attorno a loro ed ognuno è immerso in conversazioni poco impegnative, letture o musica sparata direttamente nelle orecchie, per Tino il mondo cessa di esistere e tutto ciò che conta sono le sue dita attorno al sesso eretto e le labbra che gli sussurrano tra i capelli.

«Sei così caldo, Tino.»

Ansima e geme solo per lui, mentre così nascosto cede ad ogni ritrosia, senza colpa. Se lo tiene contro, annaspando, perdendo il controllo e cercando di non perdere mai il contatto visivo, perché quello è qualcosa che può soltanto aiutarlo ad affondare di più nel piacere.

«Il tuo sguardo. Adoro quando sei così perso», sussurra Matt sul suo viso.

Quando, dopo una lunga serie di minuti infiniti, sente che sta per lasciarsi andare, si abbandona con un rantolo che finisce dritto nella bocca di Danimarca. Cerca immediatamente la sua lingua e lo bacia con trasporto finché l'orgasmo non lo travolge, assaporandolo in ogni istante.

Il treno sotterraneo si ferma, non sa a che stazione siano finiti e non gli importa. Torna subito a guardarlo, dopo essersi staccato dalle sue labbra con chiara riluttanza.

«Ti... ti serve un fazzoletto», ansima, ancora tremante mentre cerca di non cedere sulle gambe diventate di burro.

«Sarebbe un peccato dare a lui il tuo sapore», insinua l'altro, facendo per togliergli la mano dai pantaloni dopo diverse e immancabili carezze finali.

Tino lo blocca e gli cattura la nuca con la mano, allarmato. «Ora non esagerare, la mia fantasia non era così perversa», sussurra, il fiato corto che non gli consente altri movimenti, la testa che gira come una giostra.

Matt si sfrega contro le sue labbra ed annuisce.

«Lo so, questo faceva parte della mia, amore.»

Si sente nuovamente incendiare la faccia e lo stringe subito più forte, chiedendosi dove diavolo stessero andando.

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