Adaptation.

di Themotivation
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** CAPITOLO 1. ***
Capitolo 2: *** CAPITOLO 2. ***



Capitolo 1
*** CAPITOLO 1. ***


Un’altra volta in mezzo a una strada.
Quella strada che ormai non aveva più ne un inizio ne una fine, una strada fredda, nessun rumore, di macchine, suoni o di qualunque altro genere.

 
A volte, non capisco neanche la necessità di tutto questo dolore, questa paura, questo tormento.
 
E per questo che non so come ci si adatta.
 
Adattarsi non è mai facile, in qualsiasi situazione, in quelle pericolose e anche in quelle piacevoli.
Non so come ci si sente bene, a proprio agio.
Tutti hanno una famiglia, poi ci sono quei bambini che sono destinati a stare soli, orfani.
Come ci si sente a esser parte di una bella famiglia?
La casa, un letto, il cibo e la televisione. Chi non usufruisce di questi elementi?
 
-Ehi ragazzina hai freddo quasi ti si smozzicano le mani.
Una vecchia, strana signora a quest’ora della notte che ci fa qui?
La guardai, con uno sguardo come nel parer imitare la sua espressione.
-Sto bene, grazie non si preoccupi. Le risposi in modo quasi gentile.
Pian piano si allontanò, in maniera rapida borbottando qualcosa in mezzo al suo cappotto nero.
 
Come ci si sente quando la vita non soddisfa a meglio le nostre aspettative?
 
Quella strada quasi potesse sembrare acida da quel buon profumo di castagne che oscillava da una parte all’altra.
Quell’odore era troppo forte, così forte che in maniera astratta mi entrò dentro la cavità orale e riempì quel piccolo spazio dentro al mio stomaco.
La mia pancia non fece alcun rumore al rimbombar di quell’odore.
 
Qualche luce ancora accesa, da poter intravedere da dentro tutto quell’abbagliante calore che poteva trasmettere un paio di luci colorate.
 
Non ricordavo bene che giorno fosse, ma una cosa forse ne ero sicura eravamo nel periodo vicino Natale.
Il Natale, che bella festa per unire tutta la famiglia!
Peccato che non proprio tutti lo festeggiano, magari sì, solo che forse non si poteva avere l’opportunità, o cosa forse un po’ impossibile.
 
Come ci si sente a dover affrontare tanta paura da soli?
 
Uno di quei pub nascosti in fila a quelle stradine strette, da cui uscivan l’odore di hamburger appena sfornati e patatine fritte, vedevan ragazzi quasi sfiniti dal troppo bere, aggrappati alle mattonelle del muro, intonando risate stridule senza fermarsi mai.
 
Mi allontanai ancora, qualche passo in più ed ero arrivata.
 
Una distesa di erba ricoprivan i miei dal marrone che eran a un verde immenso.
Un intero parco a mia disposizione.
Non c’era nessuno. Magari forse qualche ubriaco che camminava vagabondo, ma non era di certo un problema, anzi io potevo assomigliargli.
Arrivata lì mi sedetti per terra, feci uno di quei miei balzi a terra da far andare tutto dritto. Si sentiva l’odore dell’erba oltrepassarmi dalle narici fin sopra la testa. Piovigginava ma solo per poco. E difronte a me un parcogiochi.
Mi alzi e corsi così forte che balzai sopra a una giostra e cominciai a spingermi più forte possibile, così forte da farmi sbandare completamente da rimettere giù quell’odore di castagne ingerite, così forte da non sentir nemmeno più tanto freddo, il vento mi sfiorava i capelli, li faceva girare a destra e a sinistra poi di nuovo sotto e sopra.
Mi meravigliai anche di me che in quel momento avevo così tanta forza nelle mie braccia da non rendermi nemmeno conto di quanti giri avessi potuto fare.
Così mi alzai lentamente mentre quella giostra inchiostrata di ruggine continuava a girare mi avvicinai al gradino per scender giù, e boom a terra.
La testa girava, continuava a girare sempre di più. Le gambe non reggevano, e la mia mente era troppo occupata da rendersi conto che sentivo caldo, un caldo assurdo attraversarmi le ginocchia. E così la mia fradicia mente liberò tutti i pensieri e diede l’ultimo sospiro.
 
 
 
-Ehy, tu.
-Ci sei?.....
Non riuscivo a capire cosa fosse, o meglio chi fosse, era una voce sicuro, ma non capiva da dove stesse arrivando se era distante o vicina a me.
Non potevo far niente.
I miei occhi cominciarono ad aprirsi una mano mi apparve davanti muovendosi da una parte all’altra.
Presi forza e mi alzai tutt ad un colpo, facendomi sbattere contro qualcuno.
 
-Oh, ehy scusa, io non volevo.
Ero seduta e vidi un ragazzo, appoggiato per terra, lo presi dalla nuca e lo rialzai pian piano.
-Scusami tu, ti ho vista qui sdraiata vicino l’erba e sembravi intontita.
Che ci facevi qui?
Prese forza all’intero corpo e si alzò lentamente.
 
-In verità non lo so, non ricordo nulla.
 
Flashback.
 Mi fermai qualche piccolo istante, immobile.
 
Tutto ad un tratto mi passarono due scene nella mia testa la giostra e io che continuavo a girare.
 

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Capitolo 2
*** CAPITOLO 2. ***


Bruciava.
Bruciava forte. Era un misto di tante sensazioni mischiate al piacere e allo stesso tempo al disgusto. Un intocco di colori, una miscela di emozioni, la salita era troppo alta, sentivo le vene arrivare al cuore, come se dicessero “in fretta”, il sangue che mi scorreva molto più veloce, e il mio cuore che per poco riceveva un infarto per il troppo rimbombar. Tutto sembrava essere svelto, un qualcosa che pian pian faceva spietare l’intero corpo, moltiplicarsi e dividersi, spargersi, simile a un taglio, sentivo penetrare qualcosa dentro di me, qualcosa di forte, non riuscivo a riconoscere il sapore, ma l’immagine era chiara qualcosa di molto delicato e  di fine, ma così forte da render tutto più eclettico. Aveva l’idea di un misto tra bene e male.
 
Aprii gli occhi.
 
-Do.. dove mi trovo?
 
La mia voce era cupa e limpida, non si poteva definire, quasi come se ci fosse un pizzico di paura tra quelle labbra.
Salii gli occhi al cielo, celeste, un intero soffitto celeste,  con qualche macchia di liscio sul marrone.
Spostai gli occhi in basso.
 
-Che..che cosa stai facendo?
 
In una frazione di secondo mi scostai tutta, e tutto ritornò come prima, avevo riacquistato presenza.
 
-Sta buona. Calmati, ti sto medicando!
-Perché? Cosa, cosa..
Prese a guardarmi alla sprovvista. Alzò i suoi occhi e li fece combaciare ai miei. Non si poteva esprimere tanta bellezza in solo povere parole. Erano castani tendenti al verde con al suo interno piccoli cerchietti gialli.
 
-Mi stai ascoltando?  Ci seei?
Ti prego non mi svenire di nuovo.

-Svenire? Come svenire?
-Ti ricordi di me? Sono il ragazzo di prima, cioè meglio dire quello con cui ti sei scontrata ieri sera.
Non lo ricordavo bene, forse per la scarsa luce che parcheggiava in quel posto, o forse per la mia mente non completamente lucida. Ma ricordavo la sua voce, i suoi movimenti.  
-Sì, sì. Ora ricordo. Ma che è successo?
-Quando ti sei rialzata e stavi per prendere conoscenza, i tuoi occhi han fatto un balzo all’ incontrario, ti ho vista svenire all’improvviso, hai sbattuto per terra di nuovo, così io ti ho presa e ti ho portata fin qui.
-Oh, cavalo! Io non ricordo…
Ma cos’è? Oddio che mi è successo?
La mia espressione non recava buone prospettive, ero intorpidita un’immagine simile allo spavento. Inarcai le sopracciglia.
-Quando sei caduta dalla giostra il tuo ginocchio ha iniziato a sanguinare, però ti prego ora sta ferma, devo finire la medicazione.
-Merda questa non ci voleva proprio.
Ok senti adesso devo andare.
-No aspetta ti accompagno, non vorrei che ti capitasse ancora qualcosa di spiacevole.
 
Lasciò su un tavolo pezzi di carta igienica insieme a una bottiglietta di spirito.
Mi aiutò ad alzarmi, e in meno di due secondi eravamo sgattaiolati  fuori.
 
-Allora non ricordi proprio nulla dell’altra sera?
Lo guardai stupita, e del perché che neanche io sapevo cosa stessi facendo, cercai di ricordar qualcosa, ma proprio non mi veniva in mente nessuna scena.
-Si, forse cioè, non ricordo bene.
Mi passai una mano fra i capelli.
-Dai tranquilla, e solo che mi è parso strano, io ho visto tutta la scena, eri fiondata su per una giostra e tutta la potenza che avevi l’hai scaricata su per giù, non riuscivo nemmeno a controllare ciò che stavo vedendo, andavi a una velocità sbalorditiva, come una fiat che va a 200 allora, poi ti sei alzata e ti sei scaraventata addosso cadendo giù, mi sono avvicinato e del sangue ti scorreva, era a palate, e si allungava fin giù alla caviglia. Ma forse in quel momento la botta forte che avevi preso e il vento gelido che tirava, non ti ha fatto accorger di nulla.
 
Lo guardai ancora più stupita di prima, aveva lo sguardo fisso in giù e non pareva alzar nemmeno un’occhio.
 
-Per ora ricordo solo che stavo passeggiando, e che dovevo arrivar a destinazione in un posto.
 
Tra una traversa e un’altra il silenzio suonante che ci circondava e le macchine che ci sorpassavano ci prese alla sprovvista un’odore abbagliante di fumo di castagne.
Mi fermai, iniziai a riconoscere quell’odore, quell’odore fiondato dentro il mio stomaco e che avevo rigettato tutto sopra la giostra.
 
-Ehi, stai bene?
-Si, è solo quest’odore.
-Oh, hai fame? Dai vieni te ne offro qualcuna.
C’era una specie di baracca, si avvicinò e spuntarono fuori due signori, dall’età anziana, una signora vecchia minuta con un foulard avvolto in testa, e un signore da un buffo berretto nero.
 
-2 bustine di castagne, per favore.
Gliele porse in mano, tirando fuori 2 banconote.
 
-Ecco tieni.
Mi porse una delle due bustine che occupavan le sue mani, facendo un sorriso.
-Grazie, ma davvero, non serve, sto bene.
-Dai avanti accetta, so che stai morendo dalla fame.
 
Proprio difronte a noi c’era una panchina, si sedette, e io lo seguii. Presi la busta e cominciai a tirar fuori una due tre castagne, sbucciandole a una a una, senza rendermi conto che eran già finite.
 
-Ahaha lo sapevo io, te le sei divorate in men che non si dica.
-Ti ringrazio.
-Ah, non ringraziarmi, non ho fatto nulla.
Gli sorrisi.
 
Mi alzai e lui fece lo stesso e iniziammo a percorrer la strada da dove ci eravamo fermati mezz’ora prima.
 
-Scusa, per caso sai dirmi che ore sono?
Estrasse dalla sua tasca sinistra del jins un cellulare lo accese e l’orologio segnavan le 10:15.
 
-Oddio è tardi! Devo andarmene!
-Aspetta dove abiti?
-E’ molto lontano da qui, non so bene ora dove ci troviamo.
-Qui siamo in piena periferia.
-Che cosa?
Lo guardai con un’espressione non tanto rassicurante, spalancando gli occhi.
-Sì ecco qu…
 
-Tu signorinella! Finalmente ti ho trovata, dove ti eri cacciata eh?
-Oh no.
E’ Tina la mia tutrice.
 
Il suo sguardo mi impietriva terrore e amarezza, abbassai gli occhi.
 
-Ma chi è quella strana signora?
 
-Oh è sol..
 
-Dai muoviti vieni quì.
 
Si avvicinò come un lampo a me, mi prese per un braccio e mi trascinò via da lì, con voce stridula e soffocante, mentre mi allontanavo sempre di più.
 
-Ti prego, scusami, non lo faccio più.
-Eh no signorinella adesso non la passerai più liscia. Vedrai ora che succederà.
-No ti prego.
 
Ormai ero già troppo lontana da quel ragazzo, lo guardai e il suo sguardo era stampato su di noi, aveva un espressione incredula, sconcertante, una di quelle espressioni deluse, che non si riescono a capire, piene di mistero.
 E mentre mi percorrevo per un veicolo stretto, gli comunicai senza neanche un filo di voce un semplice “grazie”, sperando che lui leggesse il mio labiale.

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