Monster Allergy: Il ritorno della Stella Oscura

di Estelle Williams
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Sogni e partenze ***
Capitolo 3: *** Un "doloroso" rincontro ***
Capitolo 4: *** Storia Bonus 1.La maledizione del capitolo n.4 ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Era notte fonda. La luna splendeva alta, in un cielo sormontato da miriadi di stelle. Elena era lì, seduta sul davanzale della sua finestra, a guardare quello spettacolo straordinario, sperando che potesse aiutarla a riflettere. Le parole che aveva sentito poche ore prima si erano fissate nella sua mente, e ora si ripetevano come se fosse un nastro infinito...

 

-É proprio necessario?-

-Si. Se Zick vuole recuperare i suoi poteri, l'unico modo è andare da lui-

-Il viaggio è lungo. Non credo che questo aiuterà molto-

-Mi dispiace, Zob. Ci vorrà del tempo e tanta fatica prima che il ragazzo ritorni nel pieno della sua forza. Ma se vorrà farlo o meno, la scelta appartiene solo a lui. Partire significherebbe non rivedere più i suoi amici, la sua famiglia e...

-Ed Elena. Non la lascerebbe mai da sola, sa che soffrirebbe se lui partisse-

-Esattamente-

-E quindi che cosa pensi di fare, Timothy?-

-Non lo so. Quella che deve prendere Zick è una decisione difficile. Diamogli tempo per riflettere-

 

Elena stava per uscire da casa Barrymore, prima di sentire la discussione tra Zob e Timothy. Quando uscì, il senso di colpa che sentiva addosso sembrò essere aumentato. Era a causa sua se il suo migliore amico aveva perso i suoi poteri da domarore. Ed era a causa sua che il suo migliore amico si sarebbe fatto sfuggire l'occasione per recuperarli.

Quello che Zob aveva detto poche ore prima era vero, maledettamente vero. Se Zick fosse partito, lei avrebbe sofferto molto.

Ma farlo restare qui sarebbe un gesto egoista nei suoi confronti” si disse.

Era divisa in due. Che cosa doveva fare? Dirgli di non partire e di restare con lei? Oppure lasciarlo andare e fargli riacquistare i suoi poteri? Restò tutta la notte a pensare.

Il sole faceva capolino tra le case, quando lei finalmente prese la sua decisione.

 

Decise di dormire per qualche ora. Per fare quello che avrebbe fatto le ci sarebbero volute tutte le sue forze.

-Elenaaaa! Che fai ancora nel letto? Alzati, dormigliona!-

-Si, mamma!-

Grazie mille, mamma” Pensò la bambina, seccata.

Scese in cucina una mezz'ora dopo, giusto il tempo che ci era voluto per darsi una sistemata.

Quando arrivò trovò la madre, Julie, intenta a preparare la colazione. Il padre, Harvey, era alle prese con i gemellini, cercando disperatamente di farli mangiare.

-Su, fate i bravi. Fatelo per il vostro paparino...-

-Oh, papà. Si vede che non hai esperienza. Guarda come si fa-

E detto questo afferrò il cucchiaino e il vasetto con l'omogeneizzato dalle mani di Harvey.

Poi si sedette davanti a Charlie, il maschietto, prese una cucchiaiata di quella pappetta e la avvicinò alla bocca del neonato. Il bambino non cedeva, ma Elena non si arrese:

-É inutile che resisti- disse- posso rimanere qui anche per tutta la mattina-

Gli occhietti di Charlie, che fino ad allora erano stati inchiodati sulla chiave di gomma che aveva in mano, ora erano rivolti verso la sorella, e fissavano il suo sguardo di sfida. Elena era impassibile.

-Avanti, piccoletto. Collabora...-

Alla fine Charlie si arrese, e Elena lo imboccò senza problemi.

-Così, bravo- gli disse, e lo guardò con simpatia, e lui ricambiò. Per la prima volta stava cominciando ad apprezzare quei due pargoletti.

Riprese la sua aria da dura e si girò verso il padre:

-Ecco, hai visto? Troppo facile. E non stare con la bocca aperta- gli disse sorridendogli

-Elena, non mangi nulla?- Le disse la madre

-No, grazie. Io esco, devo andare da Zick per sistemare una faccenda-

-Ok, però sii a casa per ora di pranzo-

-Certo. A dopo-

 

Uscì da casa, e lentamente si avviò verso casa Barrymore. Arrivò davanti alla porta. Era terrorizzata

Forza, Elena. Devi farlo. Per Zick.

Suonò il campanello. Le aprì una signora che doveva avere si e no una trentina di anni, con i capelli biondi e un paio di occhiali sul naso. Era Greta, la rifugiatrice dell'oasi di detenzione di casa Barrymore, nonché la mamma di Zick.

-Elena! Che piacere vederti! Prego, accomodati. Zick è nella sua stanza.. Se aspetti lo chiamo-

-Oh, no. Grazie, Greta. Andrò io di sopra-

-Come vuoi, cara- E ritornò alle proprie faccende.

Elena si avviò di sopra, il cuore che le batteva a mille. Quando si trovò di fronte alla porta della camera, le mancò il coraggio.

Coraggio, Elena

Alla fine si fece forza. Bussò alla porta, e sentì un “avanti” ovattato.

Entrò nella camera. Dentro c'era Zick, sdraiatosul letto, un'espressione pensierosa sul viso. Alla vista di quello sguardo così malinconico, Elena sentì venir meno il coraggio

-Posso?- riuscì soltanto a dire.

-Ormai sei già entrata, quindi...-

La bambina si sedette sul letto affianco a lui.

-Allora, come va?-

-Mm, al solito- rispose lui, annoiato.

-Ah, bene...-

Forza! Ora o mai più

-Zick, io... io devo parlarti... di una cosa-

-Certo, dimmi-

-Riguarda la tua partenza-

Il bambino si voltò a fissarla con uno sguardo indecifrabile.

-Come fai a sapere che devo partire?!-

-Ho sentito tuo padre e Timothy che ne parlavano, l'altro giorno-

-Oh, diamine. Elena, io...-

-No, ascolta. Proprio di questo volevo parlare- La ragazza prese un lungo respiro.

-Questa è la tua occasione per riacquistare i tuoi poteri, non puoi sprecarla così. Ci sono tante cose che io e te dobbiamo ancora scoprire, ma non sarà mai la stessa cosa, se tu non sei felice. Mi sento già responsabile di ciò che è accaduto, e se tu rimanessi qui solo per non farmi soffrire, io soffrirei anche di più.-

Lo sguardo di Zick era fisso negli occhi di Elena, e lei si sentì trafitta da quello sguardo così... neanche lei sapeva come descriverlo. Sapeva solo che in quel momento le parole non ne volevano sapere di uscire dalla sua bocca. Lei però le forzò, e riprese a parlare.

-Quello che sto cercando di dirti- disse - è che se vuoi partire, fallo. Non sprecare questa occasione per me- e cacciò un lungo respiro.

Il ragazzo non sapeva che dire. Nei suoi occhi si leggeva l'indecisione.

-Sai che questo è un viaggio piuttosto lungo?-

-Si-

-E che potrei non ritornare tanto presto?-

-Si-

-E che potremmo non rivederci mai più?-

Elena rimase interdetta. Poi rispose.

-Si-

Zick si massaggiò le tempie.

-E allora perchè vuoi che io parta?-

Elena non rispose subito. Ci pensava e ripensava da giorni ormai, ma non aveva ancora capito il perchè. Lo sapeva che avrebbe sofferto, ma allora perchè voleva che lui partisse?

-Tu stai male. Te lo leggo negli occhi che daresti qualsiasi cosa pur di rivedere Bombo, Ben e tutti gli altri. Quindi perchè buttare questa occasione?-

-Ma... Elena, tu...-

-Non preoccuparti per me. Me la caverò, vedrai-

Zick sospirò. Quello che Elena aveva detto era vero: desiderava rivedere i mostri di casa Barrymore più di qualsiasi altra cosa. Sarebbe partito anche subito, ma come poteva lasciare sua madre, i nonni fantasma, e la sua migliore amica?

-Pensaci su, okay? Ci vediamo dopo- e detto questo la ragazzina uscì dalla sua camera.

Zick ci pensò a lungo, ma alla fine decise cosa fare.

 

Il porto era silenzioso. Un leggero venticello soffiava sul porto di Bigburg. Il sole stava sorgendo, e il cielo era di un meraviglioso arancione, tappezzato qua e là del rosa delle nuvole. In lontananza si poteva guardare anche il vecchio faro. La nave era arrivata da poco, e il capitano stava iutando Zob a sistemare i bagagli. Greta era in lacrime. Stava letteralmente bombardando Zick di domande e raccomandazioni.

-Mi mi raccomando, stai attento. E obbedisci sempre a tuo padre. E soprattutto ricordati di portare sempre con te il tuo inalatore-

-Tranquilla, mamma. Ho pensato già a tutto-

-Si, lo so, ma il fatto è che non posso credere che tu stia partendo davvero... Oh, vieni qui tesoro-

E lo abbracciò con l'affetto che solo una madre sa dare al proprio figlio.

-Mi mancherai, mamma-

-Anche tu, tesoro mio- disse mentre lo lasciava andare.

Il ragazzo si avvicinò ad Elena. Anche se non voleva darlo a vedere, la ragazza era molto triste.

Gli mancavano le parole. Una parte di lui non riusciva a dirle addio.

-Ciao- disse

-Ciao- rispose lei- Così... hai deciso di partire-

-Eh, già. A quanto pare si-

Calò un momento d'imbarazzo. Nessuno dei due sapeva cosa dire. Fu Elena a interrompere il silenzio.

-Ti ho preso una cosa- disse frugando nella tasca. Ne estrasse una piccola pietra di colore marroncino.

-Si tratta di un'agata. Gli antichi credevano che questa fosse una pietra protettiva. L'ho trovata per caso, così...-

-Grazie, Elena. Ma anche io ho qualcosa per te- e prese dalla tasca un piccolo ciondolo. Era una pietra rossa, liscia e lucida, alla quale era attaccata una cordicella.

-Questa qui è una corniola, la pietra del coraggio. Ho pensato che fosse un bel regalo, per cui...-

Ma non fece in tempo a finire che Elena gli era saltata al collo, abbracciandolo. All'inizio rimase immobile, ma poi anche lui si abbandonò a quell'abbraccio. Sentì la maglia umida, la dove la sua migliore amica aveva poggiato la testa.

-Pronti per la partenza!- urlò il capitano

Elena si staccò da Zick. Le guance erano umide, ma sorrideva.

-Fa buon viaggio, Zick-

-Grazie, Elena-. Anche lui sorrise.

Salì sulla nave, seguito dal padre.

Il battello si era allontanato di pochi metri, e a quel punto Elena corse fino alla fine della banchina.

-A presto!- urlò.

-A preso, Elena!- rispose, mentre vedeva la sua amica e sua madre diventare due puntini minuscoli

A presto, Elena” Pensò fra sé e sé. Sul pontile, una marea di domande affiorarono nella sua mente. Aveva fatto la scelta giusta? Valeva la pena lasciare la sua vita per una cosa che in fondo aveva sempre cercato di reprimere? Era con queste domande, che Zick si lasciava alle spalle la sua vita, per incominciare il suo viaggio. 

Salve!!!  Sono iscritta da poco, e da qualche settimana che volevo pubblicare una FF su questo fumetto che mio fratello mi ha fatto adorare!!! Spero che vi piaccia ^^.
A presto!!! (Si spera)

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Capitolo 2
*** Sogni e partenze ***


Kaelya camminava svelta. Il rumore delle foglie secche calpestate dai suoi passi si perdeva nell'eco della notte. Quello era l'unico rumore che si sentiva nel bosco. Normalmente, ogni notte si potevano ascoltare il verso dei gufi, il vento che sfiorava le foglie degli alberi, lo scroscio del fiume. Non quella notte. In quel momento, era come se il bosco non fosse popolato, ma disabitato e triste. Come se ogni animale, ogni singola foglia fosse stata travolta dalla freddezza che quella ragazza che camminava così velocemente emanava. Il mantello che la riparava  svolazzava nell'aria, quasi non toccava terra. Camminava, sicura del percorso da seguire. Fu solo quando si trovò davanti ad uno strano albero, che si fermò. Rivolse lo sguardo verso l'alto. Nel cielo c'erano miriadi di stelle, che facevano da cornice alla luna piena. Vederla così, grande e bella, avrebbe mozzato il fiato a chiunque. La sua luce, però, inondava la chioma dell'albero, creando una penombra inquietante.
Kaelya sorrise.
É ora” pensò.
Si tolse il cappuccio, scoprendo la sua zazzera castana. I suoi occhi neri brillavano nel buio, colmi di eccitazione.
-Fede a Proxima- disse
Fu solo quando ebbe pronunciato quella frase, che dal retro dell'albero spuntò una figura. L'ombra l'avvolgeva, ma si distingueva chiaramente la sagoma di una donna. Avanzò lentamente, venendo pian piano illuminata dalla luce. Si tolse il cappuccio, lasciando così intravedere il suo volto, un ovale perfetto. I lunghi capelli erano biondi, quasi bianchi, legati in una treccia. Gli occhi erano di un azzurro ghiaccio, e ogni sguardo era capace di gelare chiunque. Alla luce della luna, la pelle chiara sembrava anche più chiara, ed esaltava la sua bellezza inquietante, quasi glaciale.
-Sempre e dovunque- rispose. Anche la sua voce aveva un che di raggelante, ma era dolce e suadente.
-Hai novità per me?- disse
-Nulla per ora- rispose Kaelya -ma sono sulle tracce del medaglione-
-Il tempo ormai stringe. Ciò di cui abbiamo bisogno può trovarsi da qualsiasi parte-
-Non preoccuparti, Desmen. So quel che faccio-
-Sarà meglio così. La nostra signora è stata chiara.-
-Metti forse in dubbio le mie capacità?- chiese, con una nota di stizza.
-Ma certo che no- disse- Entrambe conosciamo le vostre straordinarie doti..-
-Che cosa vorresti dire?-
-Assolutamente niente, ma sai... in questo mondo si dice che i lupi perdono il pelo ma non il vizio-
-Ascoltami bene, io...-
Non riuscì a continuare la frase. Sentì le forze venir meno, mentre un dolore acuto le trafisse il ventre, quasi fosse stata colpita da una lancia. Alzò lo sguardo. Desmen aveva una mano tesa verso di lei, e sorrideva. Quando la abbassò, il dolore svanì.
-Volevi dire qualcosa?-
Kaelya restò un attimo in silenzio.
-No- rispose, abbassando lo sguardo. La ragazza sorrise.
-Tu, piuttosto, hai notizie di loro?- disse infine, rialzandosi.
-Non ancora. Ho provato a consultare le gemme, ma non dicono nulla. Sono incomprensibili-
-Beh, non è un buon segno? Significa che abbiamo ancora un vantaggio-
-Sarà, ma non riesco a togliermi di dosso la sensazione che stia per succedere qualcosa...-
-È solo una sensazione. Io non le darei tanta importanza-
La ragazza era perplessa. Kaelya era una combattente, si affidava soprattutto al suo istinto, e per di più era molto impulsiva. Non si fidava di lei, ma era l'unica alleata che si ritrovava, e doveva tenersela stretta. Sospirò.
-D'accordo- disse -Ma stavolta cerca di non sbagliare-
-Tranquilla. Non è nella mia natura-
E detto questo, si alzò il cappuccio e corse via. Desmen la vide allontanarsi, agile e veloce. Non riusciva a togliersi di dosso quel presentimento. Sarebbe successo qualcosa, qualcosa di importante Lo sentiva.
-Forse dovrei darle più ascolto- si disse per tranquillizzarsi. Si alzò il cappuccio sulla testa.
-Non temete, maestra. Niente fermerà la vostra ascesa-
Poi sparì nell'oscurità della notte.
 
Nella tenda regnava il caos. C’erano cose sparse ovunque, per terra e sui mobili, e Zob stava tentando inutilmente di raccoglierle e infilarle nelle due grandi valigie che erano aperte sul letto. Erano solo due persone, ma senza un aiuto non avrebbe mai finito.
“Ma dove si sarà cacciato?”
-Zick!-urlò- Vuoi darmi una mano o hai deciso di farmi sgobbare oggi?-
-Eccomi!-
Dal fondo entrò un ragazzo. Aveva almeno 18 anni, e il suo fisico da adolescente era appena sbocciato in quello di un uomo. I capelli blu notte gli arrivavano alle spalle, incorniciando il suo volto pallido.
-Scusa, papà- disse – ma tutti gli altri mi hanno bloccato per salutarmi e...-
-Non importa, figliolo. Ora però mi passeresti quei vestiti?- disse Zob, indicando la montagna  affianco al letto dove si trovavano le valigie. Zick ubbidì.
Diede una parte del mucchio al padre, mentre lui si occupò del resto.
Stettero per un po' in silenzio. Fu Zob a romperlo.
-Allora... come ti senti?-
-In che senso?-
-Insomma... sei contento di tornare a casa?-
-Ma certo... felicissimo- disse, poco convinto.
-Sicuro?-
Ci fu un attimo di silenzio.
-Si- rispose.
Zob non ne era tanto convinto, ma non disse nulla. Il sole era appena tramontato quando finirono. Sebbene ci avevano messo poche ore, erano esausti.
Zick si stiracchiò.
-Beh, papà. Io me ne andrò a letto-
-D’accordo. Domani dovremo partire presto, quindi ti consiglio di riposare.-
-Già. Ehm… posso chiederti un favore?-
-Certo-
-Potresti andare a dormire nell’altra tenda? Sai, ho bisogno di familiarizzare con questo posto per l’ultima volta-
Zob restò interdetto, ma alla fine annuì ed uscì, mormorando un “buona notte” sotto voce.
Una volta rimasto solo, Zick si stese sul letto. Cominciò ad osservare il soffitto, illuminato dalla tenue luce bianca della lanterna. Ripensò a ciò che aveva detto a suo padre poche ore prima. Andava tutto bene? Lui aveva risposto di si. Ma in verità era agitato. Certo… da quando aveva messo piede al campo aveva desiderato tornare a casa, ma ora… ora era diverso. Erano passati 8 anni, e in quel tempo non aveva avuto più notizie di Odmill. La città era cambiata? E le persone che conosceva? Sarebbero state felici di riaccoglierlo fra di loro? Mentre la sua testa si riempiva di domande, Zick si abbandonò alla stanchezza.
 
Si trovava in un posto buio. Non riusciva a distinguere nulla. C’era silenzio, e la cosa non lo rassicurava affatto.
-C’è nessuno?- disse. Nessuna risposta.
-C’è nessuno?-ripetette, stavolta gridando.
L'eco della sua voce si propagò per il luogo, e all'improvviso si accese una luce. Era un globo minuscolo, che diffondeva una debole luce azzurrina. Cercò di alzarsi in piedi, ma una fitta di dolore gli attraversò la gamba. Indossava degli strani vestiti, macchiati di sangue in alcuni punti.
Cominciò ad osservare quel globo luminoso. Gli sembrò di percepire un piccolo movimento.
-Ma che...-
IL globo cominciò a sciogliersi, trasformandosi in una nebbiolina che cominciò a circondarlo.
Era paralizzato. Il fumo cominciò a sfiorargli la pelle, e constatò che era freddo. Ogni tocco gli gelava il sangue nelle vene. Cercò di divincolarsi.
-È inutile, Zick...-
-Chi parla?-
-Non puoi sfuggirmi...-
-Chi sei?-
-L'unica cosa che può risolvere i tuoi problemi... Tutto ciò che devi fare è stare fermo, e le mie piccole scie faranno tutto il resto...-
Le nebbie lo avvolgevano sempre di più. Voleva liberarsi, ma si fermò. Quella voce era così suadente che non riusciva a non ascoltarla.
-Ecco. Così, bravo...-
Si sentiva sprofondare in un abisso senza fine, mentre la voce misteriosa continuava a  ripetere la stessa cosa.
-Vieni da me... vieni da me...-
 
Zick si svegliò di soprassalto. Aveva la fronte sudata, e la pelle era ancora percossa  dai brividi.
Sentì una voce in lontananza che lo chiamava.
-Zick! È ora di andare, prendi l'altra valigia e raggiungi la spiaggia!-
Il ragazzo rispose a suo padre.
-Si, va bene-
Si mise le scarpe in fretta e furia, afferrò la valigia e uscì dalla tenda. Gli ci volle una buona mezz'ora per raggiungere la spiaggia. Sebbene in quegli anni fosse diventato più robusto, portare quel macigno era un'impresa.
Appena arrivato, Zob gli venne incontro.
-Era ora, figliolo- gli disse- di questo passo avrei cominciato ad invecchiare-
-Beh, provaci tu a portare quella- disse, indicando la valigia.
-Dai, scherzavo. E poi ho anche approfittato di te prendendo la valigia più leggera-
-Oh, bel padre che sei-
Entrambi risero di cuore.
-Buongiorno, Zob-
I due si voltarono. Davanti a loro c'era un uomo. Aveva il volto segnato da qualche ruga, e i lunghi capelli bianchi erano legati in una coda. Portava una casacca di lino e delle brache, infil                                       ate in un paio di stivali di pelle.
-Buongiorno, Karaban- rispose Zob
-Ciao, Zick-
-Buongiorno, Maestro-
Zick si soffermò a guadarlo. Il suo sguardo non era severo come al solito. Sembrava quasi... triste.
-Dovete partire subito?-
-No, ci vorranno almeno altri venti minuti-
-Bene, bastano e avanzano-
Il ragazzo lo guardò perplesso.
-Zob, posso rubarti tuo figlio per un po' di tempo?-
-Ma certo, Karaban. Fà pure-
-Ma papà...-
-Tranquillo, figliolo. Qua ci penso io-
Zick sospirò. Poi seguì il maestro.
I due percorsero il sentiero della foresta, poi si fermarono davanti ad uno strano albero.  Era un vecchio salice, di cui il tempo aveva piegato il tronco. Karaban spostò un gruppo di foglie.
-Vieni- disse.
Il ragazzo obbedì. Entrò in quella capanna naturale, e rimase senza fiato. Davanti a lui c'era un lago. Era piccolissimo, ma la sua acqua risplendeva di un tenue verde. Sulla sua superficie galleggiavano degli strani fiori, simili a ninfee, ma con tre petali.
-Che posto è questo?- chiese.
-Un posto il cui accesso è consentito solo ai puri di cuore- rispose il maestro.
-Come voi?-
-Come te-
Zick lo guardò. Karaban gli sorrise.
-Sai Zick, in questi anni il tuo dom si è rafforzato molto, ma ci sono casi in cui questo non basta. Il potere dei domatori è una forza antica, ma c'è qualcosa di molto più potente, e solo in pochi la possiedono. Io credo che tu sia uno di quelli.-
-E... come farò a liberarla?-
-Oh, Zick. Io posso insegnarti a migliorare la tua difesa e i tuoi attacchi, ma non posso insegnarti a trovare te stesso. Quando sarai pronto, saprai come fare.-
Zick distolse lo sguardo dal maestro e contemplò quello spettacolo. Non sapeva il perchè, ma gli sembrava di averlo già visto.
-Maestro?-
-Si?-
-Grazie mille-
-Per che cosa?-
-Per tutto. Senza di voi avrei dovuto rinunciare al mondo dei mostri per sempre. Inoltre, mi avete aiutato molto in questi anni, e io ve ne sarò eternamente grato. Per me è stato un onore avervi come maestro-
-E per me è stato un onore averti come allievo-
Si sfilò qualcosa dalla tasca. Era una piccola ampolla, con il collo decorato con piccoli fregi dorati. Karaban ne tolse il tappo, poi si avvicinò al laghetto e vi immerse la boccetta. Quando gli sembrò di aver raccolto abbastanza acqua, tolse la mano e la chiuse con il tappo. Poi porse l'ampolla a Zick.
-Quest'acqua è molto speciale- disse- basta un solo sorso, e potrai curare qualsiasi ferita. Prendila, e fanne buon uso-
Zick non sapeva cosa dire. Strinse con forza l'ampolla e sorrise al suo maestro.
 
Era l'alba. Avevano viaggiato tutta la notte, e Zick aveva deciso di uscire dalla sua cabina per prendere un po' d'aria. Una brezza leggera gli inondò il viso e si sentì subito meglio.  Nella sua testa risuonavano ancora le parole che Karaban gli aveva detto qualche ora prima...
-Fa buon viaggio, ragazzo. Non dimenticarti mai di queste terre, perché queste terre non si dimenticheranno di te-
Il maestro gli sarebbe mancato, ma non riusciva ancora a credere di stare tornando a casa. Il cielo era di un arancio chiaro, lo stesso di quella mattina di otto anni prima, quando tutto era iniziato.  Istintivamente mise una mano nella tasca dei pantaloni. Ne tirò fuori un piccolo oggetto. Era un ciondolo, e appeso ad esso c’era una pietra marroncina di forma ovale.
“Gli antichi credevano che portasse fortuna
Così gli aveva detto Elena il giorno in cui gliela aveva data. L'immagine di lei, sul pontile, lo aveva accompagnato per tutto quel tempo, e ora si chiedeva se anche lei fosse cambiata, ma soprattutto se lo avesse perdonato.
Strinse con forza la pietra e guardò l’orizzonte. In lontananza, si scorgeva un piccolo faro, e dietro di esso case e palazzi. Zick sorrise.
Bentornata, Odmill”.
 
Angolo dell'autrice:
Ciao gente!!! Sebbene in mostruoso ritardo, ecco il secondo capitolo. Sppero che vi piacca ^^
Ringrazio molto chibisaru81, AngelVidel14 e Annie_talia97 per le loro recensioni.
Mi raccomando, fatemi sapere cosa ne pensate. A presto!!!

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Capitolo 3
*** Un "doloroso" rincontro ***


Man mano che la nave si avvicinava, Zick poteva distinguere i luoghi dove aveva trascorso la sua infanzia. Tutto gli riportava alla mente ricordi che pensava che il tempo avesse cancellato.

Nonostante fossero passati anni, Ogni cosa era rimasta uguale, e la vita aveva continuato tranquillamente a scorrere.

-Ehi, figliolo. Se continui così rischi di cadere- gli disse una voce alle sue spalle.

Zick si voltò. Suo padre era uscito dalla cabina e lo guardava con un'espressione divertita.

-Che c'è da ridere?- chiese

-Guardati un po'...-

Il ragazzo si era sporto in avanti ed era poggiato col l'addome sulla ringhiera del pontile. Si ritrasse velocemente, rosso in volto.

-Oh.. ehm.. I-Io stavo.. ecco...-

-Non spiegarmi nulla. Ti capisco. Anche io non vedevo l'ora di tornare qui- gli disse Zob.

Gli sorrise, e Zick lo ricambiò

Dopo attimi che sembravano infiniti, la nave si fermò.

Appena sceso a terra, una strana sensazione gli prese lo stomaco. Forse era nausea, forse solo agitazione, ma sentì la necessità di muoversi.

-Papà, faccio due passi... Non mi sento tanto bene-

-Ok, fa pure-

Cominciò a camminare. Ad ogni passo che faceva, percepiva una specie di formicolio. Si sentiva... bene. Vide che il suo passo accelerava sempre di più, e poi si ritrovò a correre.

Sentì distintamente il padre che lo chiamava, ma non gli importava.

Era tornato, e voleva godersi quel ritorno fino in fondo.

Era felice. Era di nuovo a casa.

 

Il sole era ormai sorto, e faceva capolino nella camera. Nell'aria c'era profumo d'estate, e ciò significava niente più scuola, niente più pomeriggi passati sui libri.

Avvolta nelle lenzuola fresche, Elena aprì lentamente gli occhi. Gli uccellini cinguettavano, e i campanelli delle biciclette suonavano allegramente.

Un risveglio da film” pensò la ragazza.

Si alzò e si stiracchio. Diede uno sguardo alla sveglia sul suo comodino...

-PORCA BOMBA!-

Filò di corsa in bagno, Calcolando il tempo che gli rimaneva per prepararsi.

Indossò la prima cosa che trovò nell'armadio, mise le scarpe e scese al piano di sotto.

-Maledetta sveglia! Perchè cavolo non la sento mai?-

Entrò in cucina. Charlie e Violet erano seduti al tavolo e stavano facendo colazione.

-Già svegli?- disse

-Ma certo- rispose Violet. Aveva dei bei capelli biondi e ricci come quelli di sua madre, che erano tenuti fermi da un frontino, e dei vivaci occhi castani.

-Al contrario di te che ti svegli sempre tardi. E tu dovresti darci il buon esempio?- disse Charlie

-Ha-ha. Molto divertente, Charlie- disse Elena afferrando una mela dal tavolo.

Era cresciuta tantissimo in quegli anni. I lunghi capelli rossi erano legati in una coda bassa ed era diventata più alta. Il suo carattere era rimasto sempre lo stesso, ed era per questo motivo che aveva legato tantissimo con i suoi fratellini. Gli ricordavano tanto lei quando aveva la loro età, sempre in cerca di nuove avventure.

-Va bene, ragazzi. Io vado. Mi raccomando...-

-Non aprire mai agli sconosciuti...-

-E...?-

-Se dovesse improvvisamente comparire un qualsiasi tipo di mostro o spettro nero che mostra di non avere buone intenzioni, dobbiamo seguire il piano di fuga n.2 comma 7-9b e bla bla bla... Ti va bene così?-

-Mmm... va bene, mi voglio fidare, ma solo perchè è tardi. Ci vediamo oggi pomeriggio. Ciao!-

 

Arrivò al negozio appena in tempo. Aveva il fiato grosso per la corsa che aveva fatto.

Entrò, facendo suonare il campanello appeso alla porta.

Dietro il bancone c'era una donna. Aveva dei lunghi capelli biondi, e alcune ciocche bianche si confondevano tra essi.

-Ciao, Greta! Scusa il ritardo, ma stamattina non ho sentito la sveglia e..-

-Non preoccuparti, Elena. Anche io sono arrivata da poco- le disse, sorridendo.

Sebbene il viso fosse segnato da qualche piccola ruga, Greta era ancora piena di energie e riusciva sempre ad essere allegra.

Aveva chiesto ad Elena di darle una mano con il negozio, e la ragazza aveva accettato volentieri. In poco tempo era diventata molto abile nel prendersi cura delle piante.

-Allora- disse -con cosa comincio?-

-Beh... ci sarebbero alcuni alberi che avrebbero bisogno di essere potati. Volevo farlo io, ma purtroppo non ho più l'età per arrampicarmi...-

-Non ti preoccupare, ci penso io-

-Grazie mille, Elena. Trovi tutto ciò che ti serve sul retro-.

Stava prendendo alcuni vasi quando il campanello della porta tintinnò.

Alzò lo sguardo.

-Buongiorno, signore. Un attimo e sono subit...-

I vasi le cascarono da mano, mentre le lacrime le salivano agli occhi.

 

Zick aveva corso per una buona mezz'ora e si era fermato davanti ad un negozio.

Aveva una grande varietà di fiori esposti, e una graziosa porticina verde.

Lo aveva riconosciuto da subito: era il negozio di sua madre.

Non ci aveva pensato su due volte ed era entrato.

All'interno non era cambiato nulla. Era proprio come se lo ricordava da bambino.

E poi c'era lei. Stava prendendo alcune cose da uno scaffale.

Appena lo vide, le mani tremarono e i vasi che aveva in mano caddero, spaccandosi in mille pezzi.

Aveva qualche capello bianco, sul viso qualche ruga, ma il suo sguardo e il suo sorriso erano sempre quelli di una volta. Il ragazzo non sapeva cosa fare.

-Ciao, mamma....- disse.

Greta non rispose. Si avvicinò piano, quasi temendo che lui non fosse reale.

Si fermò di fronte a lui.

Zick vide che lo osservava perplessa. Incrociò il suo sguardo.

Fu allora che la madre gli saltò al collo, scoppiando a piangere.

La abbracciò forte.

-Oh, Zick... mi sei mancato tantissimo- disse.

-Anche tu mi sei mancata, mamma...-

Greta lo lasciò andare.

-Ma guardati un po'! Come sei cresciuto. E quella cos'è? Barba?-

-Oh, andiamo, mamma. Così mi metti in imbarazzo!-

-Lo so. Scusa, caro. Il fatto è che è così tanto tempo che non ti vedo...-

-Si, lo so...-

La donna si asciugò una lacrima.

-E.. tuo padre?-

-Oh, papà è... Oh, diamine! L'ho lasciato al porto!-

Il campanello della porta suonò.

-Zick! Finalmente ti ho trovato! Perchè sei scappato?

Zob aveva inseguito il figlio per tutto il tempo, ed era senza fiato.

Il ragazzo guardò la madre. Stava per piangere di nuovo.

-Zob...- disse

Il padre si voltò. Il suo sguardo era incredulo.

-Greta...-

La donna gli sorrise, e lui la strinse forte.

-Oh, Zob... non sai quanto sono contenta di vederti-

-Anche io, cara.-

Zick sorrise. La madre aveva sofferto molto la loro assenza, e vederla così felice lo aveva messo di buon umore.

Si guardò intorno. Fu allora che notò una porta dietro il bancone del negozio. Era socchiusa, e dalla fessura usciva una forte luce.

Deve essere la serra” pensò.

Decise di entrare. Voleva lasciare i genitori da soli per un po'.

Attraversò la porta. Quello che vide lo lasciò senza fiato.

Si trovò davanti un immenso spazio aperto. C'erano piante e alberi di ogni genere, e un manto di erba verde per terra.

Alzò gli occhi al cielo. Una grande cupola di vetro copriva tutto.

Però... ha fatto le cose in grande, eh?”

Percepì un fruscio.

Non gli diede molta importanza... lo sentì di nuovo.

Proveniva da un albero nelle vicinanze.

Zick si avvicinò con molta cautela. C'era quasi...

Un tonfo, e poi fu tutto buio.

 

Elena era subito saltata giù dal ramo. Vide il ragazzo steso per terra, privo di sensi. Si avvicinò, il cuore in gola. Il suo petto si alzava e si abbassava.

Tirò un sospiro di sollievo. Almeno era ancora vivo. Il problema era svegliarlo.

Gli diede qualche buffetto sulla guancia.

-Ehilà?- disse. Nulla.

-Provo a scuoterlo. Lo sentì brontolare qualcosa.

-No, mamma... altri cinque minuti...-

Elena stava perdendo la pazienza. Le venne in mente un'idea.

 

Zick si svegliò di soprassalto. Sentiva un gran male alla testa, e aveva tutti i vestiti bagnati.

Ma che...?”

-Ti serve una mano?-

Il ragazzo si voltò. Dietro di lui c'era una ragazza.

Aveva dei lunghi capelli rossi legati in una cosa bassa, e indossava una bandana, dalla quale spuntavano due ciocche ribelli che le ricadevano sul viso. Gli occhi erano di un bel color nocciola, e lo stavano fissando.

Zick non sapeva cosa dire. Era bloccato.

-S-si, grazie- riuscì a dire.

La ragazza sorrise. Gli tese una mano e lo aiutò ad alzarsi.

-Ehm... sapresti dirmi cosa mi è successo?- le chiese.

-Oh.. beh, sei svenuto-

-Ah.. e come?-

-In effetti è colpa mia. Stavo tagliando alcuni rami da quell'albero e per sbaglio uno ti ha colpito sulla testa. Per farti svegliare ti ho rovesciato un secchio d'acqua fredda sulla faccia-

-Ecco perchè sono bagnato!-

-Mi dispiace, dovrei stare più attenta- disse, rossa in volto.

-Già... dovresti...- aggiunse Zick, massaggiandosi il bernoccolo che gli era spuntato sulla testa.

-Ma tu, piuttosto...- aggiunse lei.

Il ragazzo perse un battito.

-Cosa ci fai qui?-

-Ehm... io.. beh, ecco... - le parole non volevano uscire.

Lo sguardo di quella ragazza lo rendeva... nervoso.

-Allora?-

-Io... s-stavo solo... facendo.. un giro! Si, proprio così!-

Lei alzò un sopracciglio, perplessa.

-Un giro?-

Zick annuì.

-D'accordo, farò finta di crederti... per ora.-

-Oh... grazie-

Non riusciva a capire. Perchè era così impacciato?

-Allora... ciao- disse infine.

-Ciao- rispose lei.

 

Che tipo strano...” pensò Elena.

Rivolse lo sguardo verso il basso.

La sua attenzione fu catturata da un luccichio. Era una pietra di un colore marroncino.

Elena restò immobile,. Ricordava la scena come se non fosse passato neanche un giorno.

-Ti ho preso una cosa- disse frugando nella tasca. Ne estrasse una piccola pietra di colore marroncino.

-Si tratta di un'agata. Gli antichi credevano che questa fosse una pietra protettiva-

Sentì gli occhi pizzicarle.

Vide il ragazzo che si allontanava.

Non è possibile...”

Lo chiamò a gran voce.

-Zick, aspetta!-

Si girò verso di lei. Come aveva fatto a non riconoscerlo?

-Ehi- disse -come fai a sapere il mio nome?-

Elena si avvicinò.

-Come? Non mi riconosci?-

Zick la guardo meglio, e i suoi occhi assunsero un'espressione di stupore.

-Elena...-


 

Ehm... salve gente. Lo so, sono in superipermegaritardo, e mi dispiace, però ho un alibi inattacabile: la scuola -.-. Questi mesi sono stati faticosissimi, pieno di compiti a casa e compiti in classe.

Non ho dimenticato la storia, anzi in questo tempo ho continuato a riordinare le idee e cercherò di non fare aspettare molto per il prossimo capitolo.

Ringrazio tutte le persone che hanno recensito e hanno aggiunto la storia fra i preferiti, e spero che abbiate gradito anche quest'altro capitolo.

Come al solito, fatemi sapere cosa ne pensate e... a presto!! (si spera XD)

P.S. Scuse in anticipo se il capitolo è poco originale ;)

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Capitolo 4
*** Storia Bonus 1.La maledizione del capitolo n.4 ***


Tic.

Tac.

Tic.

Tac.

Il rumore dell'orologio rimbomba nella mia testa vuota.

Sono chiusa nella mia camera da ore ormai, la pagina di quaderno bianca davanti a me.

Devo scrivere. Devo assolutamente scrivere qualcosa.

Ho già strutturato il racconto in ogni singolo dettaglio, l'ho curato nei minimi particolari.

Ho già tutto in testa, ed è perfetto...

Tranne quel capitolo.

Quel maledettissimo capitolo che deve fare da ponte tra ciò che ho scritto fino a qualche mese fa e l'universo creatosi nella mia mente già dal primo giorno che ho cominciato questa follia.

Lo sapevo. Sapevo che sarebbe successo.

Sapevo che mi sarei bloccata e sapevo che mi sarei bloccata proprio in quel punto.

A quanto pare è una mia specialità avere un blocco dello scrittore dopo tre capitoli.

Potrei anche trovarle un nome: la “maledizione da quarto capitolo” di Estelle Williams.

Mi stringo la testa con le mani, probabilmente nel disperato tentativo di spremere le meningi e partorire un'idea decente. Ma per quanto io mi sforzi, non ci riesco. Non ci riesco!

Basta. Mi arrendo.

Fisso la candela sulla mia scrivania, dato che con la fortuna che mi ritrovo è andata via la luce.

E intanto nell'aria si diffonde ancora il fastidioso ticchettio del mio orologio...

Tic.

Tac.

Tic...

Tac...

-Pensavo fossi più tenace, Estelle...-

Perdo un battito. Chi ha parlato? Eppure ricordo che in casa ero sola...

Mi volto. Nella stanza non c'è nessuno.

Sarà la stanchezza. Si, si, sono proprio sicura che è...

-Non è la stanchezza, mia cara-

Mi giro di nuovo. E sgrano gli occhi.

Davanti a me, seduta sul mio letto, c'è una ragazza.

Ha i capelli lunghi, legati in una coda morbida, e due ciocche ribelli che le ricadono sul volto tondeggiante.

Due vivaci occhi castani mi fissano, beffardi.

-Chiudi la bocca, o ci entreranno le mosche- mi dice.

Dopo qualche secondo di smarrimento, scuoto la testa, cercando di ritrovare la lucidità.

Ormai non mi stupisce più nulla, so che il mio cervello è andato.

Che sarà mai trovarsi la protagonista di un fumetto in camera tua?

-Ahm... Elena? Non dovresti essere nella mia mente a fare altro?- faccio io.

-Tecnicamente si, ma sono venuta qui per assumere il ruolo temporaneo di “tua coscienza morale”- dice lei- come posso stare nella tua testa a combattere spettri guardiani e mostri vari mentre tu sei qui che ti arrendi??-

-Ma come faccio? Tutti si aspettano una bella scena “baci e abbracci”!-

-Scena “baci e abbracci”? Andiamo! Cose di questo tipo sono scontate! La gente vuole arrivare al succo, non assistere a scene smielate alla “Carramba che fortuna”!-

-Va bene, ma come pensi di placare la sete di sdolcinatezze?-

-Da quello che ho visto nella tua mente, ce ne saranno di sdolcinatezze.-

Ha parlato una voce diversa stavolta.

Mi giro verso la libreria, e sopra vi trovo un ragazzo dai capelli blu lunghi fino alle spalle e dal colorito pallido.

Oh, mio Zeus. Non si vorrà mettere pure lui, vero?

-Dovresti dare ascolto ad Elena, secondo me-

E ti pareva.

-Zick, ma come...-

-Preferisci rimanere bloccata su un unico punto per il resto dei tuoi giorni? Cosa ne sarà di tutto ciò che hai progettato? -

-Già Estelle- prosegue Elena- vuoi negarmi la possibilità di usare la mia fighissima arma millenaria??-

Donna diabolica. Lo sa che non riesco a resistere all'arco d'avorio che ho creato per lei... è troppo bello!

-E poi cosa ne sarà di Neshmet? Di Kaima e di Kryos? Dei luoghi della purezza, , dei..-

-Ok, ok, ok! Ho capito... sapete che vi dico? Mi avete convinto!-

L'espressione dei due ragazzi diventa trionfante.

Afferro la penna, mentre una lampadina si accende nella mia testa.


 

Gentili lettori/lettrici, è con grande dolore che vi annuncio che non posso

descrivere in codesto capitolo l'incontro fra Zick ed Elena.

Sono sicura che sarebbe stata una scena commovente e soprattutto gradita.

Con ciò, vi reindirizzerò al capitolo successivo.

Mi scuso ancora con lor signori.

L'autrice.


 

-Beh? Che ne dite?-

Un pollice in su da parte di entrambi.

-Bene-

Prendo un respiro. Sono pronta a continuare.

Guardo un'ultima volta Elena e Zick, e il loro sguardo comunica un messaggio che mi rincuora: puoi farcela.

Si, posso farcela.

E ce la farò.


 

Salve gente!!! Ok, innanzi tutto vi faccio 15231769185226523952187 scuse perchè sono mesi che non aggiorno, ma fra scuola, interrogazioni, crisi adolescenziali e cose varie non ho trovato assolutamente il tempo di scrivere.

Ho due annunci da farvi:

  1. Sono già a metà del quinto capitolo e spero davvero davvero DAVVERO di riuscire a pubblicarlo in un tempo decente (farò del mio meglio lo giuroooooo T_T)

  2. Poiché dopo tante peripezie riuscirò presto a reggere tra le mani una bellissima, nuovissima e preziosissima tavola grafica, avrei in progetto di illustrare la storia (non so ancora se con illustrazioni oppure realizzando delle vere e proprie tavole di fumetto) e di pubblicarla sul mio profilo Deviantart dove devo ancora postare qualcosa sempre per i motivi di sopra.

Detto questo, spero che abbiate gradito il piccolo capitolo bonus, che ha principalmente lo scopo di raccontarvi il motivo principale per cui non mi sono fatta viva (e fa anche qualche piccolissimissimissimo spoiler :3), ringrazio coloro che continuano a recensirmi anche se aspettano secoli per i capitoli (ancora scuse T_T) eeee.... BUON NATALE A TUTTI!!! ^-^

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