15 things to do before you die.

di MotaCarota
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologue. ***
Capitolo 2: *** 1.leave me alone ***
Capitolo 3: *** 2.do something forbidden. ***
Capitolo 4: *** 3.send a message in a bottle. ***
Capitolo 5: *** 4. stay up for 24 hours ***
Capitolo 6: *** 5. get a tattoo. ***
Capitolo 7: *** 6. get drunk ***
Capitolo 8: *** 7. surfing ***
Capitolo 9: *** 8. see the world under my feet ***
Capitolo 10: *** 9. make a present. ***



Capitolo 1
*** Prologue. ***


 

Prologue.

 




 

Polpettone con contorno di verdure e patate.
Sua madre adorava cucinare il polpettone, e la domenica sera era una consuetudine in casa Bolt.
Meadow continuava a fissare le bollicine che venivano in superficie dal suo bicchiere di acqua, colmo fino all’orlo. Si sistemò il tovagliolo sulle cosce, attenta a evitare che rimanessero delle pieghe. Guardandosi le gambe, notò che all’altezza del ginocchio le era possibile vedere l’osso sotto la magra pelle che lo ricopriva. Le piaceva poter sentire la sua durezza, le piaceva che fosse ridotto in quello stato.
Quando sua madre le versò nel piatto un’abbondante porzione di carne, si sentì nauseata, il massimo che avrebbe potuto tollerare erano quelle tre verdure, sistemate sul lato. Prese a giocherellare con la forchetta. Doveva giocare sul tempo, e approfittare di quando fossero tutti distratti. All’inizio era stato difficile, ma col passare dei mesi quel giochetto era diventato di routine.
-Ti piace il polpettone, tesoro?- domandò sua madre con tono dolce.
Meanow annuì distrattamente, anche se non ne aveva nemmeno assaggiato nemmeno un pezzetto. Nella sua mente vorticavano innumerevoli pensieri, che potevano essere di fondamentale importanza quanto inutili e insulsi.
Doveva tirare fuori un argomento su cui discutere. Scuola, troppo noioso. Stato d’animo, vuoto. Tempo, bingo.
-Oggi non ha smesso di piovere un attimo- disse guardando verso la finestra.
Sua madre si voltò un istante e tirò le tende per poter scorgere il paesaggio attraverso i vetri umidi. Istante che bastò a Meanow per rovesciare nel tovagliolo una buona parte del polpettone.
-Hai ragione, odio le giornate come questa- rispose sua madre rimettendosi a sedere.
La ragazza finse di tagliare la rimanente porzione di carne, distribuendo poi i piccoli bocconi nel piatto. Buttò giù un pezzo di patata al forno, seguita da una carota. Doveva dare l’impressione di avere fame, doveva fingere per illudere tutti.
-Sicura di non aver lasciato nulla steso sul balcone?- domandò, di modo che la madre potesse lasciarla sola di nuovo.
-Vado a controllare- rispose –ho un brutto presentimento..-
Non appena Meanow si accertò che la donna fosse uscita, aprì il tovagliolo e vi rovesciò un altro po’ di carne, fino a lasciare vuoto il piatto. Si alzò di fretta, sistemò il fagotto nelle tasche della felpa, stando attenta a contenerlo nella mano per non sporcare il tessuto.
Sua madre fece ritorno in cucina con un lenzuolo zuppo in braccio –come sospettavo- sospirò esasperata –tu hai già finito?- domandò poi, accennando al piatto vuoto.
-Sì, era talmente buono che l’ho finito subito- mentì lei, stringendo tra le dita quel fagotto unto.
-Sono contenta- le sorrise la donna. Meanow ricambiò e camminò fino al bagno.
Chiuse la porta a chiave, aprì il rubinetto del lavandino e gettò il fazzoletto pieno di cibo nel water. Aspettò qualche secondo, osservandolo mentre galleggiava, il tovagliolo lasciava scappare i piccoli pezzi di carne. Pensò a quanto odiasse il cibo, a quanto fosse inutile e cattivo.
Tutto a un tratto le prese paura, paura che potesse ingrassare anche solo osservandolo. Stava dando di matto, era chiaro. Si tirò su la maglietta, accertandosi che le sue costole fossero ancora visibili anche se non tratteneva il respiro o gonfiava il petto. Erano ancora tutte lì al loro posto. Era quasi possibile contarle. Le sfiorò con le dita, sentendosi appagata da quanto fosse sottile la pelle che intercorreva tra i suoi polpastrelli e le ossa.
Abbassò lo sguardo sulle gambe esili, scheletriche. Erano proprio come piacevano a lei. Ogni tanto si chiedeva se fosse possibile diventare così sottili da scomparire. Scomparire per sempre. Sarebbe stato bello, pensò, avrebbe potuto andare a scuola senza essere vista da nessuno e senza sentire che nessuno la chiamasse ‘quella rachitica’. Avrebbe potuto continuare a nascondere il cibo nel fazzoletto, ma senza curarsi se sua madre la stesse vedendo o no.
Premette sul tasto dello sciacquone e il cibo venne spazzato via, risucchiato nel water in pochi secondi. Sorrise soddisfatta e andò in camera sua.
 
 
-Meanow- si sentì toccare il braccio, qualcuno la stava chiamando –Meanow, svegliati- ripeté più forte la voce.
La ragazza si stropicciò gli occhi, si stirò un poco e solo allora capì di essersi addormentata.
-E’ il tuo turno, vieni, avanti- la avvertì una donna, indossava un’uniforme azzurra. Sembrava una sorta di infermiera. Ma non si trovava in ospedale.
Si alzò in piedi, ancora traballante. Non era la prima volta che si addormentava in sala d’attesa, ma quando accadeva si sentiva sempre strana al risveglio. Odiava sognare di quando stava ancora a casa sua, dove poteva continuare a non mangiare senza che nessuno la pesasse una volta a settimana per vedere se era ingrassata. Sapeva bene che ormai non avrebbe più potuto farlo,  quella maledetta clinica le stava rovinando la vita.
Pian piano riconobbe le pareti della stanza e chi le stava attorno. Riconobbe la clinica. Riconobbe la cartella che stringeva tra le dita affusolate.
Una porta davanti a lei si aprì e qualcuno la invitò all’interno.
-Meanow, come stai oggi?- domandò un uomo sulla quarantina d’anni con tono dolce.
Quasi mi conoscesse, pensò lei, tutta questa cortesia quando in realtà non gliene importa nulla di come sto. Impercettibilmente strinse i pugni, fino a sentire le unghie pungerle il palmo della mano. Il suo solo scopo è farmi ingrassare, farmi del male, e io non lo voglio. Non lo voglio affatto, si trattenne quasi dall’urlargli contro. Si sedette alla scrivania, di fronte all’uomo, in attesa.
Ad un tratto sentì un rumore di tazze traballanti, provenire dalla porta e farsi sempre più vicino. Non si voltò, continuando a fissare la calligrafia che l’uomo davanti a lei lasciava scivolare su un foglio bianco.
Un ragazzo posò un piattino seguito da una tazza di caffè bollente sul tavolo. Solo a quel punto Meanow alzò lo sguardo e lo guardò. La prima cosa che notò furono le righe della maglietta che probabilmente indossava sotto l’uniforme sottile. Due occhi azzurri si incastrarono nei suoi per un momento. Vibravano. Meanow abbassò subito lo sguardo, mentre l’uomo ringraziò con un cenno della testa. Quella doveva essere la sua colazione, pensò lei.
Il ragazzo accennò un sorriso e sparì poco dopo, chiudendosi la porta alle spalle.
 

                                                                                 

    ***
 

 
 








If I’m louder would you see me?

Pensavate che avessi finito le idee per altre ff? Vi sbagliavate di grosso, care mie. Anzi, ne ho fin troppe e sto andando in tilt perche ne scriverei 3 contemporaneamente, ma evitiamo perché so che poi non saprei come gestirle çç
Questa è l’ultima che la mia mente perversa ha tirato fuori(?) ed è un po’ diversa dalle altre. Volevo fare qualcosa che si distaccasse un po’ dalla solita fan fiction felice e romantica. Non ho mai scritto, ne letto nulla sull’anoressia quindi sarà una prova.
Mi sono affezionata subito a questa storia, quindi gradirei se piacesse anche a voi. Il banner è ovviamente della splendida anns, che io adoro :3
Come avete potuto notare Meanow non è una ragazza molto normale, anche caratterialmente. La prima parte, se non si fosse capito, è un suo sogno di quando ancora la madre non conosceva le sue condizioni e lei ancora viveva a casa sua.
Potete immaginarla come volete, io la vedo come Cassie di Skins :3
Il ragazzo del caffè penso sia chiaro chi sia :)
Non ho altro da aggiungere, al prossimo aggiornamento.
Mota :)

 



 

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Capitolo 2
*** 1.leave me alone ***


 




1. Leave me alone





 

Meanow rigirava ripetutamente la forchetta nel piatto, torturando quelle povere foglie di insalata come se le avessero fatto del male. Aveva preso posto al solito tavolo, quello a destra nell’angolo della mensa. Era da una buona ventina di minuti che stava seduta lì, ma i suoi denti non avevano masticato ancora niente, ad eccezione del chewing-gum, il suo spuntino di metà mattina. Accanto a lei, il quadernino a fiori, la sua unica compagnia.
La ragazza portò alla bocca il bicchiere e lasciò che un sorso d’acqua le scorresse giù per la gola, rinfrescandola. Alzò gli occhi e la prima cosa che vide fu un tipo piuttosto strano che si guardava intorno, assottigliando gli occhi. Probabilmente stava cercando un posto libero dove sedersi.
Meanow abbassò lo sguardo. Avrebbe voluto che il suo tavolo fosse stato pieno di amici, in modo tale da non annoiarsi e da non dare a vedere che fosse sola come un cane. Ma in realtà non era così, lei non ne aveva di amici, forse non aveva mai avuti, di quelli veri.
Il ragazzo le si avvicinò tenendo il vassoio pieno tra le mani. Era buffo, pensò. Aveva i capelli sparati in aria, come se un folata di vento lo avesse appena investito. Per non parlare di quel risvolto ai pantaloni, a meno che non vivesse in una casa allagata, non avevano assolutamente senso.
-Posso sedermi con te?- domandò il ragazzo non appena le si piazzò davanti.
Meanow lo guardò con sguardo sconvolto, come se avesse appena visto un fantasma. Avrebbe voluto, ma non poteva dirgli di no, così fece un lieve cenno con la testa.
-Ti ringrazio- disse l’altro –è un vero casino trovare posto, questa è l’ora di punta- spiegò aprendo la confezione delle posate.
Lei si sentì un po’ in colpa pensando che la sua presenza teneva occupato un intero tavolo. Era assurdo che passasse ore alla mensa, quando nemmeno si azzardava a toccare il cibo.
-Comunque io sono Louis- sorrise, porgendole una mano, in attesa di una stretta.
La ragazza guardò con aria interrogativa prima lui, e poi la sua mano, ancora sospesa a mezz’aria. Si decise a stringerla flebilmente.
Sorrise -dovresti dire il tuo nome adesso- la aiutò lui.
-M-Meanow, mi chiamo Meanow-
Tutto ciò era così insolito, pensò. In quasi un anno che viveva in quella clinica, non si era mai presentata a nessuno e nessuno si era mai interessato per sapere il suo nome. Semplicemente avevano accettato la sua presenza, senza badare un granché a quel fantasma che vagava per i corridoi.
-Allora buon appetito, Meanow- le sorrise prima di prendere una forchettata di pasta e cacciarsela in bocca.
Sulla faccia di lei comparve un’espressione schifata. Era un masochista o cosa quel Louis?!
-Oh, ne vuoi un po’?- domandò lui, notando che lo stava fissando –è all’amatriciana, è buona!-
-No, no grazie, sono sazia-
-Ma non hai mangiato niente, l’insalata è ancora nel piatto- notò il moro –se vuoi di là- indicò il reparto del cibo –ci sono cose più appetitose, hamburger, patatine, hot dog… e hanno anche messo il gelato dalla scorsa settimana, è una cosa rara in una…-
-No grazie, sono sazia- ripeté, stesso tono di prima.
-Io lo so solo perché ci lavoro qui- chiarì lui, continuando a parlare –faccio il cameriere, non è un granché, ma almeno mi danno qualcosa, e posso mangiare qui gratis, tutti i giorni-
-Oh wow- rispose entusiasmata, sistemando il tappo sulla penna e iniziando a scrivere sul suo quadernino.
-Già- disse prima che il silenzio si impossessasse dell’atmosfera.
Louis fissò la punta della penna, dalla quale sgusciava fuori una scrittura fitta e arrotondata, non era possibile capire cosa vi fosse scritto.
-Che scrivi?- domandò avvicinandosi come un bimbo curioso.
Meanow chiuse immediatamente il taccuino e lo nascose sotto la tovaglia. Louis sorrise –oh un diario segreto, capisco, scusami-
-Non è un diario segreto- ribatté mettendo il broncio. Piano riaprì il libretto e riprese a scrivere.
Il ragazzo tese un poco la testa e decifrò il titolo, scritto all’inizio della pagina con una calligrafia più grossa.
-15 cose da fare prima di morire?-
Lei alzò lo sguardo di scatto, terribilmente preoccupata che Louis avesse capito.
-Carino, ma non ti sembra un po’ presto per morire?- chiese –puoi farne molte più di 15 di cose prima di morire- lei non rispose, troppo presa dalla sua calligrafia minuta.
-Cosa vuoi fare prima di morire?- domandò ancora il moro, lasciando per un attimo la pasta. Ancora nessuna risposta. Si protrasse verso di lei.
-A me piacerebbe imparare il thailandese, o andare a cavallo di un elefante, o magari fare il bagno tra gli squali… anche diventare famoso non sarebbe male- sorrise da solo –te lo immagini? Vai per strada e la gente ti chiede l’autografo, sarebbe troppo figo. E poi potrei…-
-Stai zitto- sbottò lei come riemersa da una trance profonda –non capisco niente se continui a parlare- com’era diventata così autoritaria tutto d’un colpo?
-Ma tu non hai risposto alla mia domanda-
-Che tu mi lasci sola, ecco cosa voglio- disse seria –sto scrivendo-
Louis tornò al suo posto e riprese in mano la forchetta, in silenzio –vuoi che me ne vada?- chiese quando il piatto fu rimasto vuoto.
-Sì-
-E va bene- sollevò il vassoio e si alzò in piedi. Svuotò i piatti sporchi nei bidoni e si riallacciò l’uniforme, tutto sotto lo sguardo indagatore di Meanow.
La ragazza tornò sulla sua pagina, piena per metà del blu dell’inchiostro. Sobbalzò quando sentì Louis tornare al tavolo quasi correndo.
-Voglio aiutarti- disse soltanto, guardandola negli occhi e solo in quel momento lei si accorse di quanto fossero azzurri e trasparenti –voglio aiutarti a completare quella lista-
Lei lo guardò come se avesse sparato una bestemmia. Cosa diavolo poteva importargli della sua lista?
-Ma io non ti conosco, non so nemmeno come ti chiami e…-
-Louis Tomlinson- la interruppe, porgendole nuovamente la mano –cameriere, vent’uno anni la vigilia di Natale, e ti aiuterò a completare quella lista- disse con un grosso sorriso sulle labbra, mentre lei stringeva la sua mano.


 

***

 
 
If I’m louder would you see me?

Ciao ragazze, nuovo video, nuovo tutorial! No okay questo non è Clio MakeUp(?)
Ecco il primo capitolo vero e proprio. Non è una vera “cosa da fare prima di morire”, ma l’inizio effettivo della storia, spero vi piaccia e che vi abbia incuriosito almeno un po’ :)
Ringrazio le magnifiche persone che hanno recensito il prologo, anche se era piccolino, e anche coloro che hanno inserito la storia tra le seguite/preferite/ricordate. Grazie di cuore.
Voglio solo precisare che quel ‘oh wow’ di Meanow, più o meno a metà è brutalmente tratto da Skins. Non so chi di voi lo guardasse, ma era una frase che diceva sempre Cassie, che io adoro :3
Nel caso voi stesse seguendo anche la mia altra ff in corso,


I hear the beat of my heart gettin' louder, whenever I'm near you.

vi avviso che non sono morta e non ho interrotto la storia, è solo che la scuola mi sta letteralmente uccidendo e non ho mai tempo per scrivere, infatti questo capitolo ce l'avevo già pronto da un po' :)
That’s all, al prossimo aggiornamento. 
Mota :)




 

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Capitolo 3
*** 2.do something forbidden. ***



 


2. Do something forbidden


 

Louis spingeva il carrello dei vassoi lungo il corridoio. Era difficile manovrarlo da solo, ma sembrava non esserci nessuno disposto ad aiutarlo. Erano appena le sette e trenta di sera, ma la clinica sembrava già immersa nel più profondo dei sonni. La cena veniva solitamente servita verso le sette e da quell’ora in avanti tutto taceva.
Louis non andava pazzo per quel lavoro, ma lo faceva giusto per mettere da parte qualche soldo. Il suo sogno era viaggiare, e girare il mondo intero. Lo studio non era il suo forte, aveva abbandonato il liceo al terzo anno, e da quel momento erano stati innumerevoli gli impieghi che aveva avuto. Dal bar-man, all’aiuto meccanico, al cassiere di supermercato, fino a lavorare in una clinica fuori città.
Lasciò il carrello per un attimo ed entrò nell’ennesima stanza per raccogliere i vassoi e il cibo che ne rimaneva, non appena ne fu fuori notò una figura a una decina di metri da lui.
Era una ragazza. Portava un leggero vestito a fiorellini che le copriva le gambe per metà. E nel vedere quelle gambe, Louis non poté fare a meno di notare quanto fossero sottili, scheletriche per meglio dire. I lunghi capelli biondi le ricadevano lungo la schiena. Il viso contratto, le mani impegnate a scrivere su un quadernino.
-Meanow!- esclamò con un po’ troppo entusiasmo avvicinandosi.
Lei alzò il capo spaurita, i grandi occhi sgranati.
-Ciao- mormorò Louis sorridendole con dolcezza. Non reagiva, lo fissava immobile.
-Ti ricordi di me?- domandò lui –ci siamo visti l’altro giorno alla mensa… sono Louis-
Lentamente le labbra contratte della ragazza si articolarono in un lieve e timido sorriso –oh Louis, il cameriere- disse con voce flebile.
Il moro sorrise –sì, sono io, non pensavo che fosse possibile dimenticarsi di me- ironizzò.
Meanow buttò il viso sulla sua scrittura, mentre con una mano cercava di reggere il suo quadernino. Annuì stringendo le labbra, come inscatolando quella frase nella sua testa prima di tornare al suo mondo di parole.
Louis si guardò intorno imbarazzato –ancora le quindici cose da fare?- domandò incuriosito.
La ragazza scosse la testa, come per lasciarlo immaginare che il suo mondo non si limitasse soltanto a una stupida lista.
-Che ne dici se usciamo a prenderci una boccata d’aria?- chiese il moro con nonchalance.
Meanow incontrò di nuovo i suoi occhi limpidi –quando?-
-Stasera, mi chiedevo se avessi da fare…-
La ragazza sbarrò gli occhi quasi inorridita –devo scrivere- rispose con ovvietà.
-Che cosa hai da scrivere?- si affrettò a dire lui –raccontare quelle cose a voce sarebbe molto più comodo e veloce, non credi?- sorrise –magari a me, stasera-
-E’ vietato uscire dalla clinica senza permesso-
-Non sei mai uscita da qui?- chiese lui sconcertato.
-No, ad eccezione di Natale e del mio compleanno- rispose con semplicità.
Louis sbarrò gli occhi e sospirò forte –beh allora facciamo una pazzia, non ti va?-
-Credo di no-
-Non succederà nulla di grave e sarai a casa sana e salva per le..- diede uno sguardo all’orologio disegnato a penna sul suo polso –dieci e trenta… allora?-
Meanow si dondolò sulle punte dei piedi, stringendo il quaderno tra le dita sottili e dalle sue labbra uscì un inudibile ‘okay’ che portò Louis a sorridere dolcemente.
-Vieni con me- disse in un sussurro prendendola per mano, e non poté fare a meno di sentire quanto fosse fredda e dura.
-Dove andiamo?- chiese lei allarmata.
-All’uscita, dove sennò?-
-Ma non possiamo uscire, la porta è bloccata, la stanza sorvegliata e ci…-
-Ho questa- esclamò estraendo dalla tasca una piccola chiave –tranquilla, nessuno se ne accorgerà-
Infilò la chiave nella serratura e aprì il piccolo portoncino.
-Stai ferma qui un attimo- le disse toccandole appena le braccia.
Con quattro passi veloci raggiunse il portone che li separava dalla strada, e un salto lo aiutò a raggiungere la telecamera e oscurarla con la sua sciarpa marrone. Si accertò che fosse ben stabile per poi lanciare un’occhiata alla ragazza che era rimasta immobile dove l’aveva lasciata.
-Possiamo andare ora- disse richiedendo la sua mano, non appena Meanow gliela porse iniziarono a camminare fino alla soglia. E uscirono.
Louis ispirò l’aria della città. Era già diventato buio, ma le macchine continuavano a circolare per le strade e le luci avevano iniziato a illuminare le vie.
-Fatto, sei fuori- disse Louis rivolgendole un sorriso caldo.
Meanow rimase in silenzio per qualche secondo. Doveva abituarsi a quell’aria frizzantina, a vedere cose che nemmeno ricordava più. Era uscita da quella maledetta clinica, non avrebbe mai creduto di poterlo fare. Era da un anno che non viveva più la sua vita. Da un anno che non camminava più dove voleva lei, che non faceva più ciò che si sentiva di fare.
Eppure in quel momento era lì, esposta a qualunque rischio, certo, ma anche elettrizzata al massimo per quella pazzia appena commessa.
-“Fare qualcosa di proibito”- esclamò all’improvviso.
-Cosa?-
-“Fare qualcosa di proibito”, posso cancellarlo dalla lista- spiegò con la voce più alta di qualche tono.
Louis non poté fare a meno di sorriderle –sono davvero intenzionato ad aiutarti, presto la tua lista sarà completata-
Meanow si strinse nelle spalle imbarazzata –ma che cosa facciamo ora?-
-Parlami di te- rispose l’altro –voglio sapere qualcosa di più su questa tua fissa dello scrivere-
-Mi piace- disse solo lei.
-E cosa scrivi?-
-Tutto ciò che voglio… mi aiuta ad abbandonare la mia vita noiosa, almeno per un po’- non si rese conto di come quella frase le scivolò fuori dalle labbra.
-Cos’ha di noioso la tua vita?-
-Tutto- disse secca.
-Non mi sembra- il moro abbozzò un sorriso.
-La clinica, io… tu non puoi capire come ci si sente- sospirò con una nota malinconica.
-Spiegamelo-
-Io… loro… loro sono tutti coalizzati contro di te, ti stanno tutti addosso in ogni momento, vogliono farti diventare grassa come un maiale, e usano qualsiasi metodo per riuscirci. Il loro scopo è farti del male, vogliono farmi tornare com’ero prima…-
Il peso di quelle parole non era di certo poco, e Louis rimase basito non appena le sentì. Credeva davvero che i medici volessero che prendesse qualche kilo per farle del male? Non si rendeva conto di quanto fosse anormale il suo corpo?
Non si sentì in grado di esprimere un’opinione sull’argomento, l’ultima cosa che voleva era metterla in soggezione, così cerco di sorvolare.
-Parlami della tua lista- disse guardandola per un attimo.
Il naso le era diventato rosso per il freddo, la voce le tremava, e le sue parole si vaporizzavano in una fitta nuvoletta. Doveva congelare in quel sottile vestito che indossava. Come diavolo aveva fatto a non accorgersene!?
-Oddio, stai congelando- esclamò –vieni, entriamo qui-
La prese per mano e la condusse nel primo posto che gli capitò sotto mano, non aveva importanza quanto fosse chic. Se c’era una cosa che a Louis era piaciuta fin da subito di Meanow, quella era la semplicità.
-Dovevi dirmelo che avevi freddo- disse seriamente non appena si sedettero al loro tavolo.
Meanow alzò le spalle, abbassando lo sguardo.
-Allora sto aspettando una risposta- riprese Louis avvicinandosi a lei.
-E’ una lista di cose che voglio fare-
-E ne vuoi fare solo quindici?-
-Non avevo altre idee, ecco perché sono quindici- sorrise e improvvisamente le sue guance andarono a fuoco.
-Te ne restano quattordici allora- notò il moro scompigliandosi i capelli come se ne avessero bisogno –dovrei farne una anche io- disse tra sé.
Meanow gli sorrise per la prima volta guardandolo negli occhi –mi aiuterai davvero a completarla?- domandò timidamente.
-Ma certo, una promessa è una promessa-
Meanow estrasse dalla piccola borsa il quadernino a fiori e lasciò che una frase contorta sgusciasse dalla sua penna blu. Lo richiuse velocemente e lo mise a posto.
Louis guardò la scena quasi con compassione, sorridendo intenerito e immaginando cosa avesse potuto scrivere.
Lanciò un’occhiata all’orologio ormai sbiadito sul suo polso e sospirò sonoramente.
-Sono le dieci e venti, guarda come vola il tempo quando ci si diverte- esclamò.
-Come fai a sapere che ora è?-
-Ma come, non lo vedi questo raffinatissimo Rolex?- domandò mostrando il polso e ruotandolo per mostrarlo ad una Meanow confusa.
-E’ ora di andare- aggiunse sorridendo, e alzandosi dal divanetto.
Riprese la sua mano, ormai calda. Il ritorno alla clinica fu veloce.
 
 
-Aspetta qui- le disse non appena giunsero al portone.
Con un balzo Louis slegò la sua sciarpa dalla telecamera e le fece segno di venire avanti e raggiungerlo. Presero l’ascensore fino al piano dove si trovava la camera di Meanow.
-Non è stato poi tanto male, visto?- sussurrò Louis sulla porta.
La ragazza annuì e un flebile ‘grazie’ uscì dalle sue labbra.
-Il primo punto della mia lista è portarti fuori di nuovo- disse il moro facendosi più vicino.
Si avvicinò al suo viso fino a sfiorarlo e dopo un sospiro, lasciò cadere un piccolo bacio sulla tempia di Meanow che sobbalzò un poco –sogni d’oro- sussurrò al suo orecchio.
-Oh wow!- esclamò portandosi una mano alla bocca, mentre il moro si allontanava.

 

***









If I’m louder would you see me?

I'm back, bitches(?) come state?
Sono riuscita ad aggiornare solo adesso, vi chiedo scusa per il tempo che passa da un aggiornamento all'altro, ma purtroppo non riesco a fare di meglio.
In generale riuscirò ad aggiornare nel week-end sia questa storia che l'altra in corso, per chi la seguisse :)
Niente, spero che il capitolo vi piaccia, l'ho appena terminato.
Vi informo che le altre "cose da fare da fare prima di morire" saranno molto diverse da questa e anche tra di loro.
Ovviamente non ho dimenticato l'oh wow, lo porterò sempre con me, giuro(?)
Devo veramente ringraziarvi, non solo per le recensioni che sono aumentate, ma anche per le:
8 preferite, 2 ricordate e 24 seguite
Dopo solo due capitoli cortissimi! Grazie infinite, non so che cosa dire! :') per me è davvero tantissimo!
Ora basta, ho finito di rompere, al prossimo aggiornamento,
Un bacio,
Mota :)





 

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Capitolo 4
*** 3.send a message in a bottle. ***


 



3. Send a message in a bottle  


 

Meanow si dondolò sulle scarpe per l’ennesima volta. Lo faceva sempre quando era in soggezione, non riusciva a stare ferma se si sentiva insicura. Tentò di assumere uno sguardo supplichevole, sfoggiando un lieve sorrisino sulle sue labbra sottili.
-E così questa sarebbe la firma di tua madre, signorina…- la vecchia donna abbassò gli occhiali e lesse il suo nome sul foglio –Bolt, Meanow Bolt?-
-Sì signora- rispose sicura lei.
Meanow non aveva mai fatto una cosa del genere in vita sua. Mai si era fatta falsificare la firma di sua madre da un quasi perfetto sconosciuto.
Avevano architettato tutto alla perfezione. Louis e la sua perfetta imitazione stampata sul suo libretto delle uscite, lei e il suo faccino da bambina che “ha bisogno di trascorrere qualche giorno in compagnia di sua madre”. La firma che Louis era stato in grado di fare era impeccabile, da non credere che non fosse di sua madre.
Meanow pensava che se avesse chiesto a sua madre se quella giustifica l’avesse firmata lei, quella avrebbe detto di sì senza neanche pensarci su.
E adesso stava a lei la mossa finale. Fingersi depressa per la mancanza di un genitore davanti alla temutissima segretaria della clinica.
La donna si passò una mano sotto il mento mentre i suoi occhi scrutavano a fondo quello scarabocchio sul libretto di Meanow. Corrugò le sopracciglia, alzò gli occhiali per poi riabbassarli, infine le rivolse un’occhiata severa.
-Non tornare dopo le sette di dopo domani, signorina, intesi?- gracchiò puntandole  un dito contro.
-Certo signora, la ringrazio- di nuovo quel sorrisino dolce e… andata!
Meanow richiuse il libretto, afferrò la borsa che era stata poggiata a terra e si incamminò verso l’uscita. Lanciò un’occhiata alla telecamera, dove poche ore prima Louis aveva strategicamente buttato la sua sciarpa. Ora non ne aveva bisogno, aveva due giorni di permesso e poteva fare quello che le pareva. Ma se solo sua madre l’avesse scoperto…
Aprì il portone, le mani ancora le tremavano per l’ansia. Non appena fu fuori notò subito la figura di Louis in lontananza, l’aveva aspettata fuori per tutto il tempo.
Reggeva il telefono all’orecchio con una mano, ma non appena i loro occhi si incontrarono, le estremità della sua bocca si alzarono di colpo e dei passi furono mossi nella direzione di Meanow.
-…ora ti devo lasciare- disse –okay, okay… anche io, ciao… ciao- infilò il telefono in tasca e sorrise nuovamente.
-Ho interrotto la tua telefonata- mormorò la ragazza con un filo di voce.
-No, figurati, avevo già concluso- rispose guardando in lontananza.
-E’ la tua fidanzata, non è vero? E’ bella la tua fidanzata?- domandò con tono dolce.
Louis trattenne una risatina –no, non era la mia fidanzata- la guardò negli occhi –era la mia mamma, ci tenevo a mandarle un saluto, è da un po’ che non la sento-
Meanow strinse le labbra e sentì le dita dei piedi pizzicare per la vergogna. Cosa le importava con chi stava parlando Louis?
-Allora sei pronta?- chiese lui entusiasta.
-Sì-
-Il mio gioiellino è parcheggiato a un paio di isolati da qui, mi segui?- e non appena nominò la sua macchina, gli occhi di Louis si illuminarono.
Doveva esserci affezionato, pensò Meanow tra sé.
 
 

-…e comunque stavo dicendo…- Louis lanciò un’occhiata alla ragazza, seduta al suo fianco al posto del guidatore. Si accorse che stava dormendo, si era addormentata chissà quando, ma lui non aveva smesso un secondo di parlare e di raccontare aneddoti della sua infanzia.
Era questo l’effetto che aveva sulle ragazze? Le faceva addormentare?
Louis sorrise, alzando ironicamente gli occhi al cielo. Parcheggiò accanto alla staccionata di legno e slacciò la cintura.
-Meanow- le toccò un poco il braccio –Meanow, svegliati, siamo arrivati- insistette.
Gli dispiaceva svegliarla, dall’espressione che aveva in viso sembrava stesse sognando qualcosa di straordinario. Louis pensò che quella stanchezza forse derivasse dalla sua alimentazione. Non osava neanche pensare quanto poco cibo introducesse nello stomaco, forse un sesto di quello che mangiava lui. Ma per quanta poca roba mangiasse, Meanow aveva bisogno di energie almeno quanto lui… E come faceva? Come faceva a svegliarsi la mattina senza un filo di voglia di fare una bella colazione? Come faceva a reggersi in piedi la sera, quando restava sveglia fino a tardi?
Louis non aveva risposte per tutte queste domande, non era un medico e quelle cose non poteva saperle, ma era preoccupato. Meanow sembrava ormai convivere con la sua patologia, ma ciò non significava che questa non avrebbe potuto avanzare ulteriormente.
Il moro scacciò quei brutti pensieri dalla mente, cercando di non guardare le ossa delle ginocchia della ragazza che sembravano quasi emergere sotto la sua sottile pelle.
-Meanow, sveglia!- ripeté scuotendola con più forza.
La ragazza sembrò reagire. Sbatté più volte le palpebre, si stiracchiò per qualche istante e riemerse al mondo.
-Ciao- esclamò Louis con un sorrisone.
-Dove siamo?- la voce assonnata.
-Siamo arrivati, dai andiamo-
Entrambi scesero dall’auto, e tutto quello che seguì per Meanow fu quasi un sogno.
Affondare i piedi nell’erba, sentirne la morbidezza sotto le dita. I fili le sfioravano la pelle in un modo che le fece venire i brividi. Era una sensazione che adorava, e che non provava da tanto, troppo tempo. Le ricordava l’infanzia. Lei che correva nei prati verdi rincorsa da sua madre. E le capriole lungo la discesa fino a quando non le girava la testa. Si sentiva finalmente libera, libera di esistere in un mondo nuovo.
-E’ proprio come l’avevi descritto!- esclamò lei buttandosi per terra con un sorriso che le andava da un lobo all’altro.
Louis sorrise con compassione e si mise a sedere al suo fianco –sono contento che ti piaccia- sussurrò –avevi bisogno di uscire un po’ da quel posto-
-E c’è anche un laghetto!- urlò elettrizzata come un bambino il giorno di Natale –andiamo, andiamo!- continuò prendendo Louis per mano e trascinandolo fino alla riva.
Intinse le dita nell’acqua e sobbalzò non appena si rese conto di quanto fosse fredda, pizzicava sulla pelle.
-Vuoi fare un bagno?- chiese il moro, facendo finta di spingerla dentro prendendola per i fianchi.
-E’ ghiacciata!-
Louis era sbalordito da come quel sorriso cristallino si ostinasse a mantenersi sulle sue labbra. Ci voleva solo questo per renderla felice? Non aveva mai visto un persona più contenta in vita sua. A lui ci erano voluti una macchina, una casa col suo migliore amico e l’abbandono della scuola. A Meanow era bastato un prato verde e un po’ di aria pulita. Fu quasi disgustato dal pensare quanto fosse materialista.
-Di chi sono quelle?- domandò la ragazza indicando un paio di bottiglie di vetro abbandonate.
-Non lo so, certi ragazzi dovrebbero pulire dopo aver fatto baldoria- strano detto da uno che quando usciva la sera e si ubriacava, per terra lasciava persino i suoi vestiti.
Meanow si avvicinò e ne prese una tra le dita, la immerse nell’acqua per pulirla e la sistemò sul prato, dopo di che le si sedette vicino. Estrasse dalla borsa il suo quadernino e una penna.
-Che stai facendo?- domandò Louis.
-Voglio mandare un messaggio-
-A chi?- chiese ancora, non capendo.
-Chiunque lo riceverà andrà bene- disse strappando una pagina dal quaderno –tieni- gliela porse –scrivi anche tu qualcosa, così il fortunato che troverà le bottiglie avrà due messaggi da leggere-
Louis non capì bene lo scopo di tutto ciò, ma afferrò il foglio senza obbiezioni, stando al suo gioco. Meanow si chinò sull’erba e stilò una paginetta di pensieri. Quando ebbe finito arrotolò il foglio e lo infilò nella sua bottiglia.
Louis non aveva la minima idea di cosa scrivere, si sentiva come quando a scuola doveva fare un tema, e l’unico pensiero che roteava nella sua testa era la speranza che l’intervallo arrivasse presto.
Buttò giù la prima frase, poi la seconda seguita dalla terza. In una decina di minuti aveva finito, ci aveva messo un po’ di fatica, ma dopo tutto lo faceva per farla felice.
Guardò Meanow che era rimasta a fissare il lago per tutto il tempo, -ci sono- disse poi.
La ragazza si alzò in piedi e lui la imitò –allora al tre lanciala nell’acqua- squittì –uno…due…tre!- urlò prima di lasciare andare la bottiglia.
Sia la sua che quella di Louis riemersero rapidamente dall’acqua e iniziarono a seguire un moto tutto loro, che lei non riusciva a smettere di fissare incantata.
 
 


Louis le si era appisolato sulle ginocchia. Non poteva muoversi.
Meanow abbassò lo sguardo sul suo viso e lo osservò, studiandone ogni minimo dettaglio. Sorrise nel vedere le sue labbra schiuse, dalle quali uscivano degli strani versi e gorgoglii. Russava leggermente, si vedeva che aveva bisogno di riposare. Meanow immaginò che avesse fatto le ore piccole, ma sapeva così poco di lui, non sarebbe stata in grado di poter giudicare la sua vita.
-Louis- disse piano.
Lui tirò su con naso e lasciò si scappare qualche parola biascicata dalla bocca. Fece schioccare la lingua sul palato e si girò sul fianco, usando le esili gambe di Meanow come cuscino.
-Louis- ripeté lei, muovendo un poco le ginocchia, ma quello non si muoveva.
-Louis!- strillò con voce acuta.
-Eh? Cosa? No, io non stavo dormendo eh!- subito il moro si tirò su a sedere e la ragazza scoppiò a ridere, come non aveva mai fatto da quando si erano conosciuti.
Louis si stropicciò gli occhi con le dita e riprese conoscenza col mondo.
-Sono arrivati dei messaggi!- esclamo lei frizzante.
-Dove? Mi è squillato il telefono?-
-No, vieni, andiamo a vedere!- lo tirò in piedi e, barcollando, Louis riuscì a raggiungere la riva del lago, dove erano affiorate due bottiglie.
Il moro si trattenne dal dire che erano sicuramente le loro, per lasciare che la curiosità si impossessasse di Meanow ancora per un po’.
-Tu leggi questa- gli disse lei porgendogliene una.
Louis estrasse il foglio dall’interno e cominciò a leggere, in modo che anche lei potesse sentire.
-“Caro ricevitore, chiunque tu sia, sappi che sono contenta che hai ricevuto il mio messaggio, perché in questo modo verrai a conoscenza della mia esistenza. Non ti scrivo per un motivo preciso, poiché non conosco nemmeno il tuo nome, ma sappi che oggi sono una persona davvero felice. Questa mattina Louis mi ha portato in un posto meraviglioso, dove tutt’ora ci troviamo. Non mi pento della bugia che ho detto per poter uscire dalla clinica perché lo rifarei mille altre volte. Louis è una persona strana”- e a questo punto il moro non riuscì a trattenere una risatina –“è simpatico, gentile e sembra voler fare di tutto per me, sono contenta di aver fatto la sua conoscenza, perché ora ho un amico con cui posso passare un po’ del mio tempo. Sto iniziando a sentire il sapore della felicità, e vorrei che questo momento non passasse mai. Spero di non averti annoiato. Tanti saluti.
Meanow.”- Louis piegò il foglio e se lo mise in tasca –ora tocca a te- disse.
La ragazza estrasse il suo foglio dalla bottiglia e lo aprì eccitata.
-“Ciao, chi sei?”- si bloccò un attimo a guardare il foglio –qui c’è una cancellatura, non capisco cosa c’è scritto-
-Oh, leggi sotto- le indicò Louis.
-“Non ho la minima idea di cosa potrei scrivere a qualcuno che non conosco nemmeno.” Qui c’è un’altra cancellatura- disse concentrata –“ho conosciuto una ragazza, si chiama Meanow, è bionda, piccola e bella”- nel leggere Meanow sentì le guance scaldarsi –“le piace scrivere, e sembra affezionata un casino al suo diario. Abbiamo fatto un patto, e io la devo aiutare a completare una lista di cose che vorrebbe fare prima di morire. Sono sicuro che la sua lettera sarà migliore di questa, chiedo scusa, ma non sono mai stato un granché con le parole”- Meanow si fermò per guardare gli occhi di Louis, poi riprese –“Spero di continuare a conoscerla meglio, sembra banale ma è così...
Louis, faccina sorridente”-
Meanow sorrise imbarazzata, sotto lo sguardo di Louis. Piegò il foglio e lo rimise in tasca, come aveva fatto lui col suo poco prima.
-E così sarei strano, eh?- domandò lui con tono canzonatorio.
La ragazza si strinse nelle spalle, e abbassò lo sguardo –sei l’unico amico che ho- mormorò appena.
Louis le si avvicinò e di impulso la strinse forte. Si conoscevano appena eppure sentiva che non avrebbe più potuto lasciarla d’ora in avanti. Si sarebbe preso cura di lei.
Affondò il viso tra i suoi capelli chiari, ne inspirò il profumo, e sentì le sue mani esili accarezzare la sua schiena lentamente.

 

***

 

If I’m louder would you see me?

Hello hello babies! Come state?
Io oggi ho lottato con tutte le mie forze per avere un biglietto, ma non ci sono riuscita. Confido nelle voci che dicono che non sono esauriti, e voi?
Il capitolo l'avevo pensato esattamente così, spero che quello che ne è venuto fuori vi piaccia. Ho cercato di far uscire il carattere di Meanow :3
Vi ringrazio per le 10 recensioni, sono felicissima, e anche per il numero di seguite/preferite/ricordate che sta continuando ad aumentare! Grazie davvero di cuore! 
Vi linko qui, per chi fosse interessata, l'altra mia storia in corso:

I hear the beat of my heart gettin' louder, whenever I'm near you.

E' tutto, al prossimo aggiornamento,
un bacio, 
Mota :)

 

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Capitolo 5
*** 4. stay up for 24 hours ***






4. stay up for 24 hours.


 

Meanow si strinse tra le spalle, continuando a camminare al fianco di Louis, malgrado stare al passo con lui le sembrasse sempre più difficile. Era esausta. Dopo un’intera giornata passata in quel posto stupendo, l’unica cosa che desiderava era un letto caldo e qualche ora di sonno.
Il ragazzo la guardò di sottecchi e sorrise tra sé, -siamo quasi arrivati- la rassicurò carezzandole una spalla con la mano.
Meanow ancora non sapeva se si sarebbe trovata bene o no, ma vista la sua breve vacanza dalla clinica, avrebbe dovuto trovare un posto dove dormire al più presto. E quale sarebbe potuto essere se non l’appartamento di Louis?
Le aveva spiegato che conviveva con il suo migliore amico, un paio d’anni più giovane di lui. L’aveva descritto come una persona adorabile, divertente, e da quel momento la curiosità si era impadronita di Meanow come non mai.  L’idea di dormire in un posto dove non aveva mai messo piede la elettrizzava, malgrado di elettrizzante ci fosse ben poco.
Camminarono ancora per una decina di minuti abbondanti, fino a svoltare in un piccolo vicolo. La ragazza rimase a guardare la fila di case tutte esattamente identiche tra di loro. Un piccolo giardino verde, alcune macchine parcheggiate fuori, quello doveva essere un quartiere per bene, disse tra sé.
Louis, arrivato davanti al numero 46, estrasse una piccola chiave dalla tasca dei jeans e aprì il cancelletto che li separava dal giardino.
-Siamo arrivati- disse passandole davanti e invitandola ad entrare.
Ruotando un’altra chiave nella serratura, aprì la porta ed entrò finalmente in casa, seguito da una Meanow terribilmente impacciata.
-Sono a casa!- urlò Louis gettando lo zaino sul divano del salotto.
La ragazza si strinse nelle spalle, e ispirò forte l’odore di quello strano appartamento.
Notò come ogni stanza fosse strapiena di oggetti, da francobolli a statue in pietra, da piante a mille altre inutili cianfrusaglie. Sulle pareti era davvero poco il muro ancora in vista, tutto sembrava essere tappezzato da quadri, fotografie e strani poster. Era surreale, pensò lei tra sé.
-Fa come se fossi a casa tua, c’è un po’ di casino, ma qui è sempre così, non riusciamo mai a mettere in ordine- spiegò Louis spettinandosi i capelli con una mano.
-La tua casa è strana- rispose lei che era rimasta con la bocca spalancata.
-Lou?- si sentì chiamare il moro da un’altra stanza.
Gli occhi di Meanow si spalancarono ancora di più, se possibile, non appena un ragazzo in boxer si presentò nel salotto assonnato.
Lo fissò terrificata, stringendo i pugni e nascondendo le mani dentro le maniche della felpa.
-Che diavolo di ore sono?- borbottò il riccio stropicciandosi gli occhi, non si era nemmeno accorto della presenza di un’estranea in casa sua.
-Le dieci, Harry, le dieci di sera. A che ora sei tornato ieri notte?-
L’altro si scompigliò i capelli scuotendo la testa velocemente –stamattina alle otto- fece una pausa –o forse erano le nove?- domandò tra sé mentre Louis alzava gli occhi al cielo.
-Meanow, lui è Harry- disse–il mio migliore amico- lanciò un’occhiataccia all’altro per fargli capire di rendersi presentabile la prossima volta –Harry, Meanow, ci siamo conosciuti alla clinica-
-Oh wow- esclamò lei portandosi le mani alla bocca, mentre il riccio schioccò la lingua.
-Ciao- il suo tono era basso, la voce assonnata e profonda.
La ragazza non poté non notare i due grandi tatuaggi che quell’Harry aveva disegnati sul petto, sembravano due rondini. Era davvero un tipo strano, decise.
-Ti piacciono gli uccellini?- chiese lei indicando il suo petto.
Harry si guardò il tatuaggio –io… beh…-
-Pensa che se l’è fatto pochi giorni fa- si intromise Louis –ho cercato in tutti i modi di proibirglielo, ma è cocciuto come un mulo- sorrise –io lo trovo orrendo- disse schifato guardando ancora il petto dell’amico.
Meanow sorrise imbarazzata –oh wow- esclamò di nuovo, poi il suo sguardo cadde sui boxer del riccio, era mezzo nudo di fronte a lei, ma sembrava completamente a suo agio.
Louis parlò di nuovo –beh, ora io vado… io accompagno Harry a mettersi un paio di pantaloni, d’accordo? Tu resta pure qua, siediti, fa come se fossi a casa tua- disse prendendo il riccio per le spalle e spingendolo nella camera da letto.
Il moro lo condusse nella sua stanza, chiudendosi la porta alle spalle.
-Ma che cazzo ci fai in mutande? Te l’avevo detto che saremmo arrivati stasera!- lo rimproverò scocciato.
-Amico, sono stanco, okay? Ho dormito un’ora e mezza stanotte, non avevo voglia di vestirmi-
-Se la smettessi con le tue notti brave per una volta tanto! Ah, e comunque stanotte dormi sul divano-
-Perche?!- sbottò l’altro.
-Perché nel tuo letto dorme Meanow, le ho chiesto io di fermarsi da noi- spiegò gesticolando.
-E’ talmente magra che ci staremmo in due nel letto, anzi, perché non ci dormi tu con lei?- propose alzando le sopracciglia più volte per ammiccare.
-Smettila deficiente- lo fulminò Louis –è una cosa seria-
-Amico, è malata, lo sai vero?- il moro sbuffò pesantemente –non lo vedi quanto cazzo è magra?! Sembra che stia per scomparire da un momento all’altro!-
-E allora?-
-E’ una responsabilità, Louis- disse serio –non è una ragazza normale, devi starle dietro, controllare che stia bene in ogni momento, come un neonato!- stava parlando come una persona adulta –è una responsabilità non da poco- concluse guardandolo dritto negli occhi.
Il viso di Louis sembrava teso, la sua espressione era passiva, ma Harry immaginò la miriade di pensieri che dovevano essersi formati nella sua testa.
-Torniamo di là- rispose soltanto, lanciando all’amico un paio di pantaloni della tuta.
 

 
Non appena Louis fece ritorno in salotto notò Meanow piuttosto impegnata a capovolgere una grossa clessidra tra le mani minute.
-Oh wow- disse lei –guarda come scorrono i granelli, fanno a gara per chi passa per primo dall’altra parte, divertente!- esclamò mentre Louis sorrise, adorava il suo lato immaturo.
-Stanotte dormirai nel letto di Harry, spero che per te vada bene- spiegò sedendosi al suo fianco sul divano.
-Ma io non ho sonno-
-Possiamo andare a dormire quando ci pare, non subito- sorrise ancora.
-Io voglio stare sveglia- Louis aggrottò le sopracciglia, non capendo –voglio stare sveglia per ventiquattro ore- ripetè Meanow con un sorriso che le andava da un lobo all’altro.
-E cosa ti va di fare per ventiquattro ore?- domandò paziente.
-Non lo so, vorrei soltanto stare sveglia- rispose semplicemente –non ti va?-
-Conosco un locale carino, se vuoi possiamo fare un salto- propose il moro.
-E cosa si fa in questo locale carino?-
-Non so, si balla, puoi prendere qualche drink, mangiare qualcosa- Louis si morse la lingua non appena l’ultima frase gli scivolò dalle labbra.
-E’ un posto figo- si intromise Harry, che finalmente aveva indossato una tshirt e un paio di pantaloni –io ci sono-
-Ma tu non eri esausto?- gli fece eco Louis mentre Meanow li fissava interessata.
-Mi sono ricaricato- rispose saltellando –allora si va?- chiese poi.
Entrambi rivolsero i loro sguardi a lei, in attesa della sua approvazione.  
Meanow posò le mani sulle ginocchia sottili e si strinse nelle spalle, prima di sprofondare in un ampio sorriso.
 

 
Non era mai stata in un posto del genere, e mai avrebbe pensato che potessero esistere posti simili.
Di fronte alla porta d’entrata del locale si estendeva una lunga fila di persone in attesa, mentre la musica che proveniva dall’interno sembrava far tremare le pareti.
Meanow sentì la mano di Louis racchiudere la sua e tirarla verso il locale, oltrepassando la massa di gente, tutta minuziosamente vestita in modo elegante.
Entrarono dentro superando tutti, probabilmente Louis doveva avere conoscenze all’interno del locale, dedusse la ragazza guardando dietro di lei le tante ragazze che sbuffavano per l’attesa.
Subito la musica cominciò a rimbalzarle sul petto, tanto era forte. Le sue parole flebili non erano più udibili e per comunicare bisognava urlarsi nelle orecchie fino a rompersi i timpani.
Il moro la condusse al centro di quella che doveva essere la pista, dove una moltitudine indefinita di corpi venivano scossi e mossi in mille modi diversi, uno schiacciato all’altro.
Vide il viso di Louis arrivare al suo collo e sentì un ‘vuoi qualcosa da bere?’ uscire a fatica dalle sue labbra, subito si affrettò a fare di no con la testa. Lui le mostrò una mano con un pollice all’insù, segno che aveva capito che non andasse pazza per l’alcol.
Il busto di Louis cominciò allora a ondeggiare a ritmo della frastornante musica, mentre lei lo guardava spaesata.
-Dovresti ballare adesso!- le urlò in un orecchio avvicinandosi di nuovo a lei.
-Non sono capace- rispose impacciata.
-Cosa?-
-Ho detto che non sono capace!- strillò più forte che poté, fino a farsi girare la testa.
Louis sorrise e le prese entrambe le mani, intrecciandole alle sue. Le fece fare un giro su se stessa e Meanow roteò in fretta fino a finirgli davanti, mentre il corpo di lui si piazzò dietro la sua schiena, di modo che lei potesse appoggiarvisi.
Il moro posò delicatamente le mani sui suoi fianchi e quasi il sangue gli si raggelò nelle vene, nel sentire quanto fossero percepibili le ossa di lei sotto i polpastrelli, sembrava ci fosse un velo sottilissimo a dividerli. Continuò a ondeggiare, guidandola nei movimenti fin quando non sembrava essersi sciolta e aver capito come funzionava.
Dopo qualche tempo, le tornò davanti, inebriandosi di come il suo sorriso permanesse sul suo viso, e assaporando l’energia che il suo corpo emanava , scosso dalla musica.
Louis rise insieme a lei, iniziando a mimare movimenti stupidi solo per farla ridere ancora di più. Quando sentì che un velo di sudore gli era depositato sulla fronte, decise che era giunto il momento di concedersi una pausa.
Indicò a Meanow il bancone vicino a loro, e lei annuì, benché non avesse capito un bel niente.
Rimase sola per un attimo, ma il suo corpo continuava a muoversi autonomamente, sembrava aver ingranato la quinta, niente avrebbe potuto fermarla in quel momento.
Chiuse gli occhi e si abbandonò al piacere di sentirsi libera come una farfalla mentre la musica rimbombava nelle sue orecchie. Ad un tratto avvertì due mani sui suoi fianchi, Louis doveva essere già tornat. Adorava i suoi scherzi. Voltò la testa dietro di lei, ma quello che si trovò davanti non era affatto Louis, non lo sapeva chi era. Probabilmente non lo aveva mai visto prima. Avvertì l’odore amaro dell’alcol provenire dalla sua bocca e la paura si dipinse nei suoi occhi.
-Come ti chiami, scricciolo?- chiese questo avvicinandosi paurosamente al suo collo prima di baciarlo in modo languido e appiccicoso.
Meanow sbarrò gli occhi terrorizzata e iniziò a tremare convulsamente.
Perché una persona che non conosceva nemmeno le si era avvicinata, e perché la trattava in quel modo? Si sentiva violata, la disgustava il fatto di essere toccata da quelle mani sporche. Odiava quella sensazione di paura misto disgusto.
-Allora piccolina, che ne dici di farci un giretto nel bagno, eh?- continuò quello incastrandola tra le sua braccia rozze.
-Lasciami, n-non so nemmeno come ti chiami!- strillò mentre le lacrime iniziarono a spingere nei suoi occhi chiari.
-Oh non preoccuparti, presto ci conosceremo molto bene, devi solo seguirmi- la sua voce suadente era raggelante.
Le prese il polso sottile tra le dita, bloccando i suoi movimenti.
-Lasciami stare!- piagnucolò dimenandosi in preda al panico –non mi va di conoscerti, tu non sei mio amico, lasciami!-
Si sentì trascinare tra la folla, mentre il polso le doleva sempre più, stretto dalla mano pesante di quell’assassino.
-Louis! Louis!- si mise a gridare piangendo –aiutami, ti prego, dove sei?- continuò senza risultati.
Si guardò intorno nella speranza di riuscire a vederlo, ma niente. Non riusciva a capire nulla di quello che succedeva, la gente continuava a muoversi come se non la vedesse, la musica sbatteva più forte di prima, facendole vibrare le orecchie.
-Sei testarda eh zuccherino- brontolò quello –adesso ti metto in riga, vedi di stare ferma e non ci saranno conseguenze per nessuno-
Conseguenze? Cosa voleva farle? La situazione sembrava essere precipitata di colpo. Un momento prima era a ridere forte, ballando con Louis e un minuto dopo in pericolo, nelle mani di quello sconosciuto che sembrava non avere affatto buone intenzioni.
La paura la paralizzò completamente, serrandole le ossa, mentre l’uomo la schiacciava contro la parete fredda, mettendole le mani addosso. Di nuovo quella bocca lurida sulla sua pelle chiara. Lo odiava, era la peggior sensazione che avesse mai provato, ancor peggio di mangiare.
-Aiuto!- si mise a urlare di nuovo mentre lui le tappava la bocca per farla stare zitta.
I gemiti di terrore scappavano dalle dita dell’uomo, mentre si avventava sul suo esile corpo, ormai privo di forze. Era sul punto di infilarle una mano sotto il vestito, quando un verso di dolore riempì le sue orecchie, all’improvviso.
L’uomo cadde a terra, portandosi le mani alla faccia dolorante, mentre la figura di Louis si presentò a pochi metri da lei.
-Che cazzo stai facendo, brutto stronzo?!- urlò con una voce talmente irata che non sembrava neanche provenire da una persona buona come lui.
Si avventò sull’altro, ancora steso per terra, gli tirò un calcio nella pancia, poi un altro pugno sul naso, che prese a sanguinare a fiotti sul pavimento.
Quella era la prima volta che Meanow vedeva picchiare qualcuno. Era terrorizzata ancor più di prima, ben sapendo che ormai il peggio fosse passato. Louis sembrava aver cambiato personalità, sembrava che un delinquente si fosse impossessato del suo corpo.
-Ti prego smettila!- strillò mentre i singhiozzi interrompevano le sue grida.
-Stai bene? Ti senti bene?- domandò precipitandosi verso di lei.
-Louis, voglio andare via di qui, per favore, portami a casa- pianse nascondendo il viso nelle mani.
-Vieni- la prese per mano e la trascinò fuori dal locale, mentre ancora i suoi singhiozzi risuonavano leggeri nell’aria.
-Ti ha fatto del male?- chiese preoccupato guardandola fisso negli occhi –dimmelo, ti ha fatto qualcosa, Meanow?-
-N-no- rispose con un filo di voce –è stato un incubo, tu sei sparito e…e lui è.. le sue mani… lui mi faceva male, e poi…- balbettò ancora scossa da fremiti.
-Ssh- Louis la strinse forte al suo petto –è tutto finito, ci sono io qui con te ora, va bene?- lei si aggrappò alle sue spalle come fosse un suo bisogno primario, mai le era mancato così tanto in vita sua.


 

***



 

If I’m louder would you see me? 

Ciao pupe! Whas happenin'? :)
Questo capitolo è stato un po' impegnativo, ci ho messo quasi quattro giorni per terminarlo, ma alla fine ce l'ho fatta! Spero vi sia piaciuto, come al solito!
Louis posseduto dalla cattiveria mi seduce AHAHAH ma in fondo lo fa perchè tiene a Meanow quindi la violenza è ammessa, dai(?)
Niente, sono un po' di corsa perchè non voglio perdermi gli EMAs, anche se sono già cominciati ormai!
Vi ringrazio come sempre, siete spettacolari <3
Un bacio, al prossimo aggiornamento,
Mota :)


 

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Capitolo 6
*** 5. get a tattoo. ***







5. get a tattoo.


 


Mentre si allontanavano dal locale, ormai gremito di gente, il cuore di Meanow ancora insisteva a tamburellare all’impazzata e ancora le sue dita tremavano, incapaci di stringere la mano di Louis nella sua.
-Non volevo che andasse a finire così, mi dispiace- mormorò Louis stringendo le sue nocche dure–non ti avrei mai portata qui, mi sono comportato da idiota- sputò fra i denti come a maledirsi da solo.
-Non dire così, non è successo per colpa tua…-
-Sì invece- obbiettò subito –non avrei mai dovuto lasciarti da sola!- sbottò –sei così fragile e ingenua, non potevi sapere che intenzioni avesse quel, quel…- strinse i pugni con rabbia, si stava odiando in quel momento. Ci sarebbero potute essere conseguenze gravi, se solo non fosse arrivato in tempo, e questo non riusciva a perdonarselo.
-Non voglio che pensi di essere colpevole- Meanow gli si parò davanti, guardandolo fisso negli occhi ancora umidi –non pensiamoci più-
Louis tese il viso in un’espressione nervosa, poi lo rilassò, lasciando andare ogni muscolo, e sprofondando in un sorriso flebile e leggero.
Camminavano liberi, lasciando andare i piedi fino a quando non si ritrovarono all’entrata di Hyde Park, un prato esteso, numerose panchine sparse nei vialetti di ghiaia, all’ombra di grandi alberi verdi.
-Vieni- sussurrò lei riallacciando le dita a quelle di Louis e tirandolo dietro di sé mentre si avvicinava a grandi passi al prato morbido.
Si sfilò le scarpe, reggendole tra le dita sottili, nell’altra mano. Guidò Louis nel prato per qualche istante, e d’un tratto si arrestò.
-Qui mi piace- mormorò tra sé, sorridente.
Si inginocchiò per terra e si lasciò andare, esausta, tra l’erba fresca. Louis la seguì poco dopo, bensì non capisse per quale motivo si fossero appartati in Hyde Park alle due di notte di un sabato sera d’inverno.
-Che vuoi fare?- domandò sedendosi al suo fianco.
-Stare qui- rispose semplicemente –con te- sussurrò poggiando la testa sulle sue gambe e guardandolo dal basso, mentre sorrideva.
Il moro portò una mano sul suo viso e ne accarezzò piano la pelle diafana e liscia, tanto da sembrare di porcellana. Intrecciò l’indice tra i suoi capelli chiari e li sfiorò con delicatezza quando lei chiuse gli occhi.
-Sei così bella- disse in un soffio guardandola con ammirazione.
Non aveva mai sentito tanto come in quel momento il richiamo delle sue labbra. Le desiderava, quasi le pretendeva, e guardarle con insistenza non faceva altro che peggiorare le cose. Se avesse agito d’istinto, come gli diceva sempre di fare Harry, l’avrebbe baciata, seduta stante.
Ma come avrebbe potuto? Era troppo pretendere tutto insieme, in fondo la conosceva appena. In fondo forse nemmeno sapeva che cosa fosse l’amore. E lui? Lui lo sapeva cosa era?
Scambiare la merenda con la bambina dalle lunghe trecce bionde, legate da due nastri verdi? Implorare la ragazzina della classe affianco di andare al cinema insieme? Offrire da bere alla tipa in mini-gonna che gli passava accanto ammiccando? Era quello l’amore?
Louis poteva contare diverse relazioni sulle dita, alcune serie, altre meno. Ma solo in quel momento si rese conto di non essersi mai reso conto di che cosa fosse realmente quel sentimento di cui tutti parlano. Era stato mai innamorato in vita sua, o forse era troppo giovane per desiderare di passare il resto della sua vita con una persona?
La risposta a tutte quelle domande che vagavano nella sua testa era il vuoto completo. Così accatastò quel mare di concetti e punti interrogativi in uno scantinato della sua mente, e tornò a Meanow, ancora distesa vicino a lui.
-A cosa pensi?- gli domandò quando riaprì gli occhi.
-Non lo so- rispose, non volendo approfondire l’argomento.
-Domani devi lavorare?-
-No, è il mio giorno libero- rispose giocando coi suoi capelli.
-E che ti va di fare domani?-
-Non ne ho idea, a te cosa va di fare?- chiese alzando le sopracciglia in attesa di una proposta interessante.
Meanow alzò le spalle, come per far intendere che qualsiasi cosa sarebbe andata bene, l’importante era godersi quel’ultimo giorno di libertà dalla clinica.
-Louis- mormorò guardandolo dal basso e sprofondando nei laghi azzurri che aveva al posto degli occhi.
-Mh-
-Stringimi- implorò quasi mentre sul viso del moro compariva un’espressione indecifrabile.
-Hai freddo?-
-No, voglio solo che tu mi stringa, per favore- ripeté con una voce da bambina.
Il moro si sdraiò al suo fianco, poggiandole una mano sul fianco e ammirandola da vicino, mai era sembrata così bella ai suoi occhi come il quel momento. Lei gli gettò le braccia al collo e scivolò col viso tra la guancia e la spalla di lui, mentre sospirava. Louis la accolse nelle sue braccia, sentendola fremere per il freddo e per l’adrenalina ancora in circolo a causa dell’episodio poco gradevole di prima.
Meanow chiuse gli occhi e si ostinò a contare i battiti provenienti dal petto di Louis per qualche minuto, finché entrambi si abbandonarono in un sonno profondo, stanchi e infreddoliti.
 
 

Meanow posò la tazza di caffè bollente sul tavolo, mentre Louis aveva già preso posto a sedere con una ciambella glassata davanti agli occhi.
Quella mattina si erano svegliati verso le nove, malgrado la sera fosse piuttosto tardi, ma dormire nel prato non era poi stato il massimo della comodità.
Affamati, o almeno Louis, si erano recati nello Starbuck’s più vicino e in quel momento si stavano godendo la migliore delle colazioni.
-Non ci metti dello zucchero nel caffè?- domandò il moro mentre la osservava mescolare la bevanda scura.
-Lo zucchero è ipercalorico- spiegò mentre le sue dita stringevano un cucchiaino.
-Mia sorella mi diceva sempre che avrei fatto più in fretta a versare il caffè nella zuccheriera quando lo prendevo la mattina- Meanow rise –e pensare che non mi è mai piaciuto il caffè, lo bevevo solo per stare sveglio durante le lezioni- disse dando un morso al suo donut.
-Ne vuoi un po’?- le chiese farfugliando a bocca piena, e lei fece di no con la testa mentre sorrideva.
 

 
Mentre camminavano lungo Oxford Street, la mente di Meanow cercava di trovare una spiegazione alla scomparsa di Harry, la scorsa sera. Da quando erano arrivati al locale, l’aveva completamente perso di vista. Lo conosceva appena, ma sperava stesse bene.
Durante la camminata, Louis si fermò a guardare le numerose foto esposte sulla vetrina di un negozio di tatuaggi. Ce ne erano di davvero belli, ma anche di vere e proprie oscenità, come quelle due rondini che il suo migliore amico si era fatto sul petto.
-Come mi starebbe un dragone qua?- scherzò Louis indicandosi la spalla.
Meanow contrasse il viso in un’espressione sgradevole, ma non si osò a dire che non le sarebbe piaciuto. –Vorrei farmi un tatuaggio- disse ad un tratto.
-Sei seria?- domandò sorpreso.
-Certo, vorrei farlo sulla pancia- continuò incantata.
-Guarda che è permanente, se fossi in te ci penserei un po’ più su prima di..-
-Sono convinta- lo interruppe sorridente –e ho anche dietro un bel pacco di soldi- disse tirando fuori dalla tasca un rotolino di sterline legate da un elastico.
Louis alzò le sopracciglia non molto convinto, non aveva ancora assimilato l’accaduto della notte scorsa, e adesso Meanow decideva di farsi un tatuaggio che le sarebbe rimasto per sempre. Sospirò sonoramente e le indicò la porta per farle segno di entrare, anche se a malincuore. In fondo non era un suo genitore, non avrebbe potuto impedirle di fare ciò che voleva.
-Ciao ragazzi!- subito un commesso dall’aria buffa venne loro incontro.
Doveva avere all’incirca la loro stessa età. Portava i capelli scuri spettinati e un ciuffo biondo platino davanti, le sue braccia erano completamente coperte di tatuaggi, il primo che Louis notò fu la scritta ‘Zap’ sul destro.
-Ciao- salutò lui mentre Meanow fissava estasiata la pelle del ragazzo mormorando un ‘oh wow!’ dei suoi.
-Come posso aiutarvi?-
-Vorrei fare un tatuaggio- squittì lei dondolandosi sulle punte dei piedi.
-Wow!- esclamò lui come se stesse parlando a una bambina, e da quel momento Meanow decise che le stava simpatico –e dove lo vuoi questo tatuaggio?-
-Sulla pancia- rispose con un sorrisone –vorrei un fiocco sulla pancia- ripeté, mentre Louis la guardava un po’ preoccupato.
-Perfetto!- esclamò l’altro battendo le mani –quanti anni hai?-
-Diciotto-
-Okay, allora possiamo procedere, vieni, seguitemi di là- fece loro cenno con la mano ed entrò in una stanza illuminata con le pareti completamente bianche, al centro una poltrona reclinabile.
Il ragazzo cominciò ad armeggiare con una specie di pistola, infilandosi prima un paio di guanti e poi caricando l’arnese con una cartuccia di inchiostro nero.
-Fammi vedere dove lo vuoi- disse e Meanow indicò la zona sopra l’ombelico con l’indice mentre lui annuiva.
-Con permesso, signorina- fece scherzosamente alzandole la maglietta e scoprendole la pancia piatta.
Negli occhi di Louis e del commesso scattò un qualcosa che li fece rabbrividire entrambi. Era da pelle d’oca vedere come le creste iliache fossero esposte sotto il sottile strato di pelle. Mentre appena sotto il seno, inesistente, sporgevano le costole.

-Okay- riprese il moro cercando di non dare a vedere il suo sgomento –ora rilassati e pensa a qualcosa di bello, capito? Sentirai un leggero pizzicorìo, ma ti abituerai presto, te lo prometto- le sorrise caldamente e Meanow annuì.
Nel tutto Louis le si sedette al fianco, sperando che ogni cosa andasse per il verso giusto.
Il ragazzo avvicinò la pistola alla pancia della ragazza fino a liberare sotto la sua pelle un piccolo puntino nero, poi un altro, un altro ancora e tamponare con una spugna umida.
Meanow gemette di dolore, ma cercò di trattenere la sua volontà di farlo smettere subito.
Pungeva, e tanto anche. Si sentiva perforare, cosa che di fatto stava facendo l’ago.
Louis le carezzò piano i capelli, baciandole la fronte contratta.
-Tra poco passa tutto- sussurrò al suo orecchio, prendendole la mano, che lei la strinse forte tra le sue.
-E’ tutto okay?- domandò il ragazzo interrompendo il suo lavoro.
-Sto bene- rispose lei convinta stringendo gli occhi, mentre Louis annuiva ansioso, guardando la sua pelle arrossata.
Piano l’ago torno a iniettare inchiostro sotto la sua pelle sottile, mentre il moro si affrettava a ripulire il tutto ogni volta che premeva contro di lei. Stava facendo un lavoro minuzioso e si stava impegnando per farle il meno male possibile, ma era pur sempre doloroso, non dipendeva solo da lui.
Fu tracciato prima un lembo del fiocco, poi l’altro, dopo il nodo e infine le orecchie. In un’oretta scarsa il lavoro fu terminato.
Meanow alzò la testa per vedere l’opera finita, e si meravigliò nel vedere la sua pancia quasi violacea, ma il disegno era venuto perfetto, proprio come lo desiderava.
-Abbiamo finito!- esclamò il ragazzo gentile, mentre Louis le carezzava la schiena.
Bloccò un foglio di pellicola con del nastro adesivo per evitare che si infettasse prima di guarire e raccomandò a entrambi di non scoprirlo per almeno quattro giorni.
Meanow balzò in piedi e abbracciò forte il ragazzo per averla resa così felice. Lui rise intenerito e la strinse di rimando, malgrado gli arrivasse appena alla spalla.
Louis rimase in silenzio a guardare, pensando a quanto fosse ingenua e dolce al tempo stesso.
-E’ davvero carino- esclamò sorridente.
La ragazza gli saltò in braccio, prendendogli il viso tra le mani e stringendolo forte a sè. Non era mai stata più felice e elettrizzata in vita sua.
-Non sarei niente senza di te, Louis, grazie- squittì al suo orecchio e lui chiuse gli occhi cullandola tra le sue braccia.

 

***


 

If I’m louder would you see me?

Ciao pupe! Come state? :)
Io sono un po' di fretta perchè ho spedito mio papà a comprare cibo cinese, e dovrebbe arrivare a momenti :D
Il capitolo non è venuto come pensavo, avrei dovuto migliorarlo un po', ma non avevo nè voglia nè tempo, e poi ci tenevo a postarlo stasera.
Zayn che fa il tatuatore me lo vedo troppo e spero di avervelo trasmesso dolce e simpatico come me lo immagino io!
Ringrazio chiunque abbia letto il capitolo, chi ha recensito, e anche chi ha solo aperto e chiuso la pagina, più ovviamente tutte coloro che preferiscono/seguono/ricordano la storia :)
Il tatuaggio che mi immagino su Meanow è questo, solo che è sulla pancia :3
Ah ecco, mi dimentico sempre di dirvelo! Seguitemi su twitter! Sono @xxlovethem 
seguo tutte indietro :)
Ho una domanda per voi: sto iniziando a scrivere una fanfiction a rating rosso su Zayn, e vorrei avere un'idea se la seguireste o no! Come al solito è una cosa un po' particolare, spero solo di esserne all'altezza, perchè la sola cosa a rating rosso che ho scritto fa decisamente pena çç Fatemi sapere!
Un bacio, al prossimo aggiornamento!
Mota :) 


 

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Capitolo 7
*** 6. get drunk ***






6. get drunk


 

A Ludovica,
grazie per aver colorato la mia domenica noiosa :)



 





Erano ormai le sette passate quando l’attenzione di Meanow fu rapita da un aereo che attraversava il cielo grigio. Si mise a contare le nuvole con le dita, ce ne erano di davvero buffe, pensò. Durante il giorno aveva fatto il solito giro di esami, nulla di nuovo. Iniziava a sentire la noia di quella routine. La sua vita era tornata alla normalità da appena tre giorni, ma senza di Louis le erano sembrati tre mesi. Non aveva mai nulla da fare se non scrivere, ma dopo qualche ora anche scrivere diventava noioso.
Ad un tratto sentì qualcuno bussare forte la porta e si voltò di scatto, sperando che fosse qualcosa di interessante. Sorrise ancor prima di vedere chi era.
-Ciao- squittì felice della visita, appena incontrò gli occhi verdi dell’ospite.
-Ehi Mean, com’è?- la voce roca, lo sguardo perso.
-Cosa com’è?- chiese stranita.
-Come stai?!- riprovò Harry alzando le sopracciglia.
-Oh bene, stavo contando le nuvole! Sono così buffe!- esclamò stralunata sgranando gli occhi.
-Divertente- alzò le spalle –senti… adesso dovresti venire con me, okay?-
-E perché?-
-Perché…- provò a inventarsi una scusa che andasse bene, sbuffò, non era mai stato bravo con i bambini, Meanow gli sembrava così strana –è una sorpresa-
-Una sorpresa, oh wow!- esclamò.
-Già- sorrise piano –dai prendi le tue cose- le ordinò e lei lo fece subito.
Uscirono dalla stanza chiudendo la porta mentre Harry sospirava, e ad un tratto si ricordò della cosa più importante.
-Fai finta che io sia tuo cugino, okay?-
-Harry, ma tu non sei mio cugino- disse lei spaesata.
-Lo so, lo so, ma se non dici che sono tuo cugino non ti fanno uscire, quindi puoi dire questa bugia, per favore?- chiese assumendo un tono dolce.
-Okay- disse soltanto la ragazza mentre si avvicinava al gabbiotto della segreteria –Lui è mio cugino- ripeté alla donna che era seduta all’interno, che alzò gli occhi dal suo cruciverba.
Alla segreteria si alternavano due addette alla vigilanza, una spaventava Meanow a morte, l’aveva lasciata uscire appena un paio di volta in tutta la sua permanenza; l’altra le ricordava molto sua nonna, anche come fattezze, e lei la adorava.
-Salve signorina- la salutò con voce calda –cosa dici scusa?-
-Lui è mio cugino, è venuto a prendermi per…- Meanow si voltò indietro verso di Harry che le mimò qualcosa con le labbra -…per andare al cinema stasera- disse all’anziana signora.
-Dunque, qui vedo che hai avuto un permesso appena tre giorni fa- spiegò sfogliando l’agenda –lo sai che il regolamento dice una sola volta a settimana- Meanow si strinse nelle spalle –ma per stavolta possiamo fare un’eccezione- le sorrise dolcemente –che rimanga tra me e te, tesoro- le fece l’occhiolino, strappando poi il foglio della giustifica e consegnandoglielo.
La ragazza fece il labbiale di un ‘grazie’ mentre si allontanava sorridendo, e Harry le andò dietro trascinando i piedi, perennemente stanco della sua esistenza.
Appena uscì fuori, vide qualcuno voltarsi e venirle incontro, portava delle bretelle meravigliosamente rosse, il colore preferito di Meanow.
-Louis!- esclamò buttandogli le braccia al collo come se non lo vedesse da anni.
Il ragazzo la strinse forte, facendola girare in tondo.
-Non ringraziarmi- scherzò il riccio non appena li raggiunse.
-Grazieboo- disse lui -non ce l’avrei fatta senza di te- gli diede una pacca sulla spalla e sorrise, beandosi di vedere Meanow davanti ai suoi occhi –mi sei mancata- le sussurrò all’orecchio.
Lei arrossì per la prima volta da quando si erano conosciuti –perché l’hai fatto?-
-Volevo vederti, mi andava di stare un po’ con te oggi- rispose mettendole una mano sul fianco e tirandola di nuovo a sé.
-Okay, okay, mi sta venendo il diabete- Harry alzò le braccia come per scusarsi –forse è meglio se vi lascio da soli ora, piccioncini- Louis scoppiò a ridere, lo divertiva vedere il suo migliore amico in imbarazzo.
-No, rimani con noi, cugino- questa volta fu Meanow a trattenerlo –anche tu mi sei mancato, possiamo stare insieme tutti e tre- propose mentre Harry diventava di pietra.
-Io…- le era mancato?! –io… okay, potremmo andare al pub per festeggiare, che ne dite?-
-Al pub?- domandò Louis contrariato –non so se è una buona idea…-
-Per me va bene!- squittì Meanow eccitata.
 


-Bene- sospirò Harry lasciandosi cadere su uno sgabello –qui ci vuole dell’alcol, signori-
-Boo…- lo riprese Louis, sempre pronto a stargli dietro come fosse sua madre –stai diventando un alcolizzato- disse alzando gli occhi al cielo.
-Oh smettila, Lou, sei patetico davvero, lasciami bere e ubriacarmi in pace, per favore! Josh, tre birre, grazie!- urlò verso il bancone mentre un uomo in grembiule gli faceva un cenno.
-Tre cosa!?-
-Birre, Lou, stasera si beve, e non solo io, sono stufo di vomitare da solo- e non appena un boccale gli arrivò davanti se lo portò alle labbra e buttò giù come fosse coca cola –non è vero, Mean?- le sorrise ammiccando.
-Anche io voglio ubriacarmi- decise lei con un sorriso da un lobo all’altro.
Louis si batté una mano sulla fronte –Guarda, guarda cosa stai facendo! La stai portando sulla cattiva strada!- sbraitò allontanando il  boccale mentre Meanow prendeva il suo tra le mani.
-Tommo, tu hai bisogno di una pausa- decise puntandogli l’indice contro –rilassati! Siamo in un pub, abbiamo ordinato tre birre e va tutto alla grande, adesso bevi!- rise per poi incollare di nuovo la bocca al grande bicchiere.
-Louis mi ha portata a fare un tatuaggio, l’altro giorno- si intromise Meanow.
-Ma va!?- sbottò sorpreso.
-Sì, è un fiocco- glielo mostrò alzando appena la maglietta e scoprendo la pancia ancora lievemente arrossata.
-Figo!- approvò il riccio – anche io ho iniziato con uno, e ora non riesco più a smettere, è più forte di me!-
-Ne hai altri oltre alle due rondini?- chiese lei attenta.
-Questo è stato il primo- spiegò lui mostrando una stella sul braccio –le cinque punte sarebbero cinque miei vecchi amici a cui sono molto affezionato-
-Oh wow-
-Poi questa è l’iniziale del nome di mia madre, un lucchetto, una sedia e altre cose…- indicò il polso, alzando le maniche sulle braccia.
-E perché c’è scritto ‘ciao’ lì?- domandò lei indicando sotto l’ascella.
-E’ stata la prima parola che Louis mi ha detto quando ci siamo conosciuti, mentre lui ha scritto ‘ops’ sul suo braccio, la prima cosa che ho detto io- spiegò guardando sorridente l’amico.
-Oh wow, che cosa carina che avete fatto- esclamò Meanow mentre i due amici sorridevano –e quella gabbietta? E’ da lì che sono scappate le sue rondini che hai sul petto?-
Harry scoppiò a ridere –sì, credo di sì- lui nemmeno ci aveva mai pensato.
Bevve ancora fino all’ultimo sorso, finché non si sentì girare la testa per il gelo della birra. Anche Meanow prese un'altra boccata, ma era arrivata appena a un terzo mentre Harry l’aveva finita e già agguantava quella di Louis, ancora piena.
-E tu Louis, hai qualche altro tatuaggio?- chiese ancora incuriosita.
-Sì, è un omino che va sullo skateboard- rispose scompigliandosi i capelli –ma l’ho fatto tempo fa, non ha un vero significato-
-Il mio ce l’ha invece, vuol dire che rimarrò sempre legata a te, perché il fiocco ci tiene vicini- sorrise –non è vero?-
Louis sgranò gli occhi e quasi la saliva gli andò di traverso, nessuno gli aveva mai detto una cosa del genere prima d’ora. Era incredibile quanto avessero legato lui e Meanow in così poco tempo. Fece per articolare una frase ma Harry si intromise con il suo tono da perfetto ubriaco.
-Tomlinson, tu dovresti farti qualcosa ai capelli, sai?- scoppiò a ridere da solo mentre spettinava l’amico –sei fin troppo normale, un così bravo ragazzo…- inciampò nei suoi passi e Louis lo acciuffò in tempo –sto bene, sto bene, so camminare da solo, non preoccupatevi per me, ragazzi!- urlò sbiascicando le parole mentre lei ridacchiava –sai cosa, Lou? Secondo me il tuo lato forte è il culo- buttò la testa indietro ridendo come un pazzo –te ne vai in giro così- prese a camminare sporgendo il sedere in fuori e inarcando la schiena –e cammini come se niente fosse, ma non sai, oh fratello, tu non lo sai che c’è gente che morirebbe per poterlo toccare-
Louis rise imbarazzato nel sentirsi al centro dell’attenzione, mentre Meanow cercava fiato dalle risate.
-Ma io posso farlo quando voglio, oh sì che posso- borbottò ancora il riccio, tastando una natica dell’amico –sentilo, è così sodo, oh diavolo, lo adoro!-
Louis tolse in fretta la mano di Harry da dietro e cercò di ricomporsi mentre sprofondava nell’imbarazzo.
-Okay boo, forse è ora che torniamo a casa- mormorò facendolo sedere su uno sgabello.
-Ma che casa?! La notte è giovane, ragazzo mio! Guarda la tua amica come si sta divertendo!- esclamò urlando e alzando le mani in aria.
Louis guardò Meanow, le guance paonazze e il bicchiere di birra, ormai mezzo vuoto, tra le dita sottili. Lei gli sorrise con sguardo perso, per poi lasciare scivolare dalle sue labbra un gorgoglio che proveniva dallo stomaco.
-Oh wow, questa cosa è fantastica!- esclamò elettrizzata fissando il boccale –ancora, ne voglio ancora, per favore!- batté i piedi per terra come una bambina, mentre Louis sgranava gli occhi; in cosa l’aveva trasformata il suo migliore amico?!
-Meanow, credo che sia meglio tornare alla clinica, è piuttosto tardi- disse timidamente, reggendola per i fianchi sottili.
-E lì me ne daranno ancora?-
-Beh puoi sempre chiedere- sogghignò da solo pensando a quanto fosse ingenua anche da ubriaca –dai vieni, ti porto a casa- la sollevò di peso, e dopo aver fatto un cenno a Harry, che ovviamente non capì, uscì dal locale e la portò fino alla macchina.
Aprì la portiera con un po’ di fatica e la poggiò sul sedile accanto a quello del guidatore, le legò la cintura e salì a bordo accanto a lei.
Guidò per una decina di minuti, mentre Meanow guardava fuori e rideva da sola, salutando le altre macchine che passavano vicino. Louis guardò nello specchietto retrovisore, sembrava non esserci nessuno dietro di loro.
La ragazza si dondolò sul sedile canticchiando una canzoncina per bambini –Louis..- mormorò poi in un gemito di dolore.
-Dimmi-
-Mi sa che devo vomitare- il ragazzo inchiodò all’improvviso, e corse fuori dalla vettura mentre lei gli cadeva praticamente addosso.
Un rantolo attraversò Meanow dallo stomaco fino alla bocca, da dove venne fuori quel poco che aveva mangiato prima, misto al colore scuro della birra. Louis la sostenne da dietro, tirandole indietro i capelli dalla fronte e carezzandole piano la schiena.
-Stai bene?-
-Oh wow! Quella è l’insalata della clinica!- esclamò indicando cosa era appena uscito dalla sua bocca.
-Carina- sorrise Louis –sei sicura di stare bene?- ripeté.
-Ma certo, grazie- squittì, era come nuova in quel momento.
Anche se Louis non lo sapeva, a Meanow capitava spesso di vomitare, e non solo perché il suo stomaco era in subbuglio, ma la maggior parte delle volte perché il suo indice le aveva stuzzicato troppo la gola. Per lei era quasi un qualcosa di normale e, se non quotidiano, davvero usuale. Ma si sentiva benissimo subito dopo, come se fosse stata in pace con sé stessa.
 
 

La clinica sembrava deserta. Certo, per i pazienti quella sarebbe un’ora folle per andare a dormire.
Per Louis era davvero difficile controllare che Meanow non facesse rumore sbattendo contro qualche oggetto. La prese per mano e la condusse fino alla sua camera, camminando piano mentre lei traballava, instabile.
-Sono ubriaca?- chiese con voce acuta.
-Direi di sì, hai vomitato per la strada- sorrise guardando quanto fosse indifesa.
-E’ bello essere ubriachi, dovresti provarlo!-
-So come ci si sente, tranquilla, non mi perdo niente- disse dolcemente.
-Sai una cosa, Louis?-
-Cosa, Meanow?-
-In questo momento vorrei sapere cosa si prova a baciarti- disse come fosse la cosa più spontanea del mondo.
Louis strabuzzò, e non fece in tempo ad articolare una risposta che lei gli crollò addosso, esausta. Lui la prese al volo tra le sue braccia e la portò nel letto, la stese piano sul materasso morbido e le sistemò le coperte addosso, in modo che non avesse freddo.
Anche lui avrebbe voluto baciarla, lo voleva più di qualsiasi altra cosa, ma quello non era il momento adatto. L’indomani non si sarebbe ricordata niente, se non pochi flash. E poi non era sicuro se Meanow volesse realmente farlo, o l’avesse detto soltanto perché sotto l’effetto dell’alcol.
Doveva assicurarsi di alcune cose prima di compiere un passo così importante. E se l’avesse fatto, cosa sarebbe successo dopo? Quella era una situazione rischiosa, qualcosa di totalmente nuovo per entrambi, ma Louis sentiva marcarsi dentro di sé una volontà sempre più forte di buttarsi e scoprire come sarebbe andata.
In fondo sarebbero stati legati vicini da quel fiocco, qualsiasi cosa si fosse messa in mezzo tra loro.
 

 

***






 If I’m louder would you see me?

Scusate, scusate, scusate, scusate! Scusate(?)
Faccio schifo, lo so, è da due settimane che non vengo su efp, ma vi posso garantire che ho i miei buoni motivi. Innanzitutto la scuola che mi uccide, e poi una serie di altri impegni che mi stanno rovinando la carriera AHAHAHAH
Ma ora ce l’ho fatta, e posso assicurare a chi segue l’altra mia long in corso che tornerò appena posso anche con quella, anche se sono un po’ demoralizzata dai risultati :(
Niente, spero che il capitolo vi piaccia perché a me diverte un sacco Harry ubriaco per come me lo immagino AHAHHA e Meanow sotto l’effetto dell’alcol è ancora più tenera :3
Grazie infinite per le recensioni e anche a chi ha solo letto la storia :)
Nel prossimo ci sarà un fatto importante per la storia, ma non voglio anticiparvi niente…
Recensite, girlz!
Un bacio,
Mota :)
 
PS, vi consiglio di passare da questa storia stupenda su Malik.
PSS, il mio twitter è
 @xxlovethem!
PSSS, ora basta, ho finito(?)




 

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Capitolo 8
*** 7. surfing ***


 




7. surfing


 

Meanow scriveva impetuosamente sulla pagina pulita del suo piccolo quaderno.
La mano le scorreva incontrollabile, e la penna rilasciava sulla carta una scia di parole rotonde e scritte in una calligrafia minuscola.
Adorava scrivere, quando lo faceva sentiva il suo corpo estraniarsi completamente da ciò che la circondava, le sue preoccupazioni svaporavano per qualche istante, la sua mente si dedicava completamente a quella sua passione segreta.
Nel suo comodino teneva altri due o tre quaderni, tutti scritti fittamente dalla prima all’ultima pagina, risultato di quell’anno piatto e monotono passato dentro la clinica.
Venivano annotati i suoi pensieri, le sue aspettative, i suoi presentimenti… Ogni pagina conteneva squarci della sua vita, dalle giornate entusiasmanti a quelle deprimenti, ad ancora piccole poesie che nascevano nei momenti di svago.
Quel giorno Meanow sembrava piuttosto indaffarata nel suo passatempo. Aveva trovato qualcosa da annotare che sembrava essere fondamentale, doveva imprimerlo sulla carta quasi per evitare che potesse essere dimenticato. Avrebbe dovuto rimanere eterno, e appuntarlo sarebbe stato l’unico modo.
In un istante la porta cigolò, aprendosi lentamente, mentre lei alzava in modo svogliato gli occhi dalla pagina.
-Il pranzo è servito signorina- l’uniforme azzurra, un carrello con un piatto accanto, Louis si affacciò appena nella stanza.
-Louis- sorrise entusiasta di vederlo; vestito in quel modo le faceva un effetto strano, servirla era il suo lavoro e a lei questo non piaceva un gran che .
-Ciao piccola Meanow, stai scrivendo?- domandò avvicinandosi alla sua scrivania, trascinando il carrello dietro di sé.
Posò il vassoio sul comodino, conteneva un’insalata, delle posate impacchettate, una pagnotta di pane e una ciotola di minestra di verdura. Aveva l'aria di essere tutto tranne che buono.
-Sì- rispose rimanendo concentrata su quello che stava facendo.
-Che cosa?-
-Delle parole, niente di importante- fece un gesto svogliato con la mano, non le piaceva parlarne.
-D’accordo- sorrise lui –dai, adesso fai una pausa e mangia qualcosa, okay?-
-Non mi va di mangiare niente-
-Non hai fame?-
Meanow fece di no con la testa, mettendo il broncio, mentre il viso di Louis si tirava per la tensione.
-E se lo assaggio prima io e ti dico com’è?- ritentò sedendosi sul suo letto. Lei contrasse il viso in una smorfia di insofferenza.
-Facciamo una cosa- propose lui –se tu finisci almeno metà del piatto, ti prometto che oggi ti porto in un bel posto- alzò le sopracciglia come a sfidarla, non avrebbe potuto rifiutare un’offerta simile.
Meanow valutò la cosa. Restare l’intero pomeriggio chiusa in camera sperando che il tempo passasse in fretta, o seguire Louis in quel bel posto di cui parlava? Cosa le avrebbe fatto un mezzo piatto di zuppa? Quante calorie potevano esserci dentro?
L’idea di assumere del grasso la spaventava a tal punto da irrigidirsi completamente davanti a un piatto di cibo. Era diventata capace di sopprimere le suppliche del suo stomaco che le chiedeva di ingerire qualcosa. Non lo ascoltava, non voleva e non l’avrebbe fatto, a costo di rimanere a digiuno dalla mattina alla sera. Ingeriva una barretta dietetica appena sveglia, masticava qualche gomma durante il corso della giornata e buttava giù litri d’acqua per colmare quel senso di vuoto e quei brontolii che provenivano dalla sua pancia.
Per lei andava bene così, sarebbe andata avanti in quel modo, non le importava delle parole dei medici, delle raccomandazioni delle infermiere e tantomeno del parere di sua madre.
-Andata?- Louis le porse la mano in attesa di una stretta.
Meanow sospirò forte e decise di fare un sacrificio, pensando alla ricompensa che l’avrebbe aspettata nel pomeriggio. Strinse appena la mano di Louis e gli sorrise di rimando.
-Andata- mormorò, già pentendosi di quello che era scivolato dalle sue labbra.
Lui aprì la confezione delle posate e le porse un cucchiaio, sembrava essere un gesto davvero difficile per lei, qualcosa di difficoltoso, quasi impossibile da accettare per una mentalità come la sua. Meanow mosse appena la brodaglia verdastra, annusandone l’odore che svaporava dal fumo caldo.
-No, non posso, non ce la faccio, Louis- gemette sentendo le lacrime affiorare nei suoi occhi.
Il moro scosse la testa, non c’erano scuse –hai promesso, ricorda quello che ti aspetta oggi pomeriggio- la incoraggiò con un sorriso lieve.
Quella scena era impressionante, Louis non credeva fosse possibile. Faceva davvero così fatica per ingurgitare quattro cucchiaiate di minestra?
Meanow strinse forte gli occhi, e impugnò di nuovo il cucchiaio, roteandolo nel piatto. Ne prese una quantità minima, un sorso, la portò all’altezza degli occhi e la fissò storto, quasi sperando che potesse dissolversi e mettere fine a quella tortura. Louis posò una mano sulla sua gamba, carezzandola piano con le dita, a significare che le era vicino.
La ragazza aprì la bocca e adagiò il liquido verdastro sulla lingua, schiacciandolo subito dopo sotto il palato. Schioccò le labbra e ne assaporò il gusto, sembrava non sapere di nulla, era come bere dell’acqua, ma la consistenza era diversa.
-Allora?- chiese Louis curioso.
Meanow alzò le spalle, non voleva dargli la soddisfazione di sentirsi dire che non era poi così male, per lei quello che stava facendo era un vero e proprio incubo, stava quasi soffrendo.
-Ancora altre cinque cucchiaiate e possiamo uscire, allora- Louis sorrise, ma quello era quasi un ordine, si sentiva in dovere di metterle in quella testa che mangiare le avrebbe fatto solo bene.
Lei roteò gli occhi al cielo sbuffando, doveva pensare al pomeriggio che la aspettava, era l’unico modo per riuscire a mandare giù quella roba, si ripeté.
 
 

Louis tolse le mani dagli occhi di Meanow, rimanendo dietro di lei mentre osservava il posto in cui l’aveva portata.
-Ma siamo al mare!- esclamò stupefatta, era da quando era bambina che non lo vedeva.
-Ti piace?-
-Oddio, Louis, è meraviglioso!-
-Hai visto che valeva la pena di assaggiare quella brodaglia?- sorrise mentre le accarezzava le spalle.
Si tolse velocemente le scarpe e sfiorò la sabbia con le dita dei piedi. La sensazione di affondarci dentro innescò un meccanismo dentro di lei, per cui fu catapultata in una decina di anni prima, quando i suoi genitori l’avevano portata in vacanza, non appena era finita la scuola. Quasi sentì le lacrime minacciare i suoi occhi chiari.
-Allora cosa aspetti a entrare in acqua?- la incitò Louis che si era già sfilato la maglietta.
-Ma non ho il costume!-
-E che importa? Ci siamo solo noi, nessuno si accorgerà di niente-
Meanow abbassò gli occhi per terra, e trascinò i piedi in modo da disegnare qualche forma sulla sabbia bagnata. Una leggera onda la raggiunse, e l’acqua le arrivò fino alla caviglia. Alzò di scatto il vestito, impedendo che venisse bagnato.
Si sbarazzò della lieve vergogna e se lo sfilò, abbandonandolo sulla riva, mentre si avvicinava sempre più all’acqua. Entrò dentro con la naturalezza di un bambino, e in poco fu bagnata fino al ginocchio, poi fino ai fianchi. L’acqua saliva sempre di più, arrampicandosi sul suo corpo. Fece un respiro profondo, si dondolò sulle punte dei piedi una, due, tre volte e poi si tuffò. Le bolle le sfiorarono le orecchie, e all’improvviso tutto divenne ovattato. Aveva il viso gelido, sentiva una morsa pungerle all’altezza del petto. Riemerse dopo pochi secondi, scoprendosi la fronte dai lunghi capelli biondi.
Cercò Louis con lo sguardo, si stava legando qualcosa alla caviglia, sembrava un braccialetto nero, ma poté notare che fosse legato a una tavola a righe. Voleva surfare, realizzò sorpresa.
Non aveva mai visto nessuno farlo con i propri occhi, ma aveva sentito parlare di quello sport che sembrava davvero difficile.
Il moro prese la rincorsa e si buttò sdraiato sulla tavola, reggendosi forte alle estremità, approfittò di una lieve onda per alzarsi in piedi e non appena i suoi occhi incontrarono quelli di Meanow sorridendo, lo vide sparire, inghiottito dalle acque, e la tavola guizzò in alto provocando degli spruzzi. Meanow non poté fare a meno di scoppiare a ridere, era stato travolto nel tempo di un secondo, il che era esilarante.
Buttò la testa all’indietro e chiuse gli occhi, abbandonandosi a quella sensazione di piena libertà e sensazione di godersi appieno la vita.
All’improvviso qualcosa le pizzicò una caviglia, imprigionandola e trascinandola sott’acqua con sé. Annaspò nel tentativo di non bere, ma ormai era troppo tardi. Si sentì risollevare, e appena l’aria tornò a circolare nei suoi polmoni, tossì rumorosamente, dimenandosi da una parte all’altra. Louis la sosteneva da sotto, la reggeva tra le braccia.
-Hai osato forse ridere di me?!- sbraitò come fosse la persona più irritata del pianeta.
Meanow rise di nuovo e lui la seguì, non potendo fare a meno di vedere quanto fosse bella in quell’istante, era così vicina a lui.
-Cosa c’è di divertente?!- domandò ancora con voce minacciosa.
-Se non sei capace di stare in piedi su una tavola, perché lo fai?- domandò sentendosi audace.
-Ah, e così non sarei capace di surfare, eh?-
-No che non lo sei- rise di nuovo lei, provocandolo di proposito.
Louis sgranò gli occhi, come fosse sull’orlo della collera.
Si salvi chi può, pensò Meanow mentre ancora ridacchiava per la sua espressione. Ma a differenza di quanto pensava, lui rimase in silenzio e le sorrise semplicemente, sfoggiando i suoi denti chiari incastonati in un sorriso mozzafiato.  
-Tu ti ricordi che cosa mi hai detto ieri sera?- domandò poi.
Nascondeva qualcosa, dedusse Meanow. Lei fece di no con la testa.
-Proprio niente?- ritentò con aria di uno che la sapeva lunga.
Lei si sforzò davvero di ricordare, ma l’unica cosa che le venne in mente su soltanto  la lunga lista di tatuaggi che Harry le aveva mostrato, e i loro buffi significati.
-Volevi sapere cosa si prova a baciarmi- disse lui al suo posto.
Meanow sbarrò gli occhi, quel piccolo particolare le era decisamente sfuggito. Come era stata in grado di dire una cosa simile? Doveva essere proprio malridotta, pensò.
-E-ero ubriaca- mormorò come se d’un tratto Louis la intimidisse.
-E quindi?- perché improvvisamente sembrava minaccioso?
-N-non, io…-
-E se io ti baciassi in questo momento, tu cosa faresti?- domandò spontaneamente.
Meanow arrossì terribilmente e la voglia di nascondersi sotto l’acqua e soffocare sotto di lui le balenò in testa, ma ovviamente non sarebbe stato possibile.
Louis la strinse di modo che non potesse allontanarsi nemmeno di un centimetro. Lo percepì chinarsi su di lei, mentre il suo fiato le scaldava le labbra gelide, senza sfiorarle.
-Che cosa faresti, eh?- ripeté, e lei socchiuse le labbra, mangiando le sue parole.
Lo guardò negli occhi timorosa, mentre il suo corpo si stringeva, tremante. Louis le portò una mano tra i capelli, arrotolandoli e spostando l’attenzione sulla sua bocca rosea, il suo sguardo pareva essersi illuminato.
Si avvicinarono a tal punto che i loro nasi si sfiorarono, il moro premette il suo contro quello di lei con una dolcezza infinita. Strinse appena un suo labbro inferiore, si allontanò e la guardò profondamente negli occhi. Si era abbandonata completamente tra le sue braccia. Sorrise compiaciuto e nel momento il cui premette di nuovo la bocca sulla sua, Meanow percepì l’inclinazione delle sue labbra. Socchiuse le sue appena per far scappare un gemito, che Louis parve accogliere nella sua bocca con delicatezza, mentre rispondeva con un ritmo calmo che la cullava insieme alle onde. Meanow si meravigliò della sua audacia quando allacciò le braccia al collo di Louis e si fece più vicina a lui, cancellando la distanza tra i loro petti. Gli passò le mani fra i capelli bagnati, mentre sulle dita sentiva passare le formiche, come quando le si addormentava un braccio mentre dormiva.
Non si ricordava di aver mai provato una sensazione più inebriante di quella, si sentiva in completa sintonia con Louis, mentre ondeggiava da una parte all’altra e le sfiorava la bocca con una carezza seducente.
Meanow si scostò dalle labbra dalle sue mentre lui gemeva, forse perché gli sembrava che fosse troppo presto per abbandonarle. Gli sorrise calorosamente, le emozioni trasparivano dai suoi occhi lucidi e vivaci. Si accoccolò al suo petto, mentre Louis le nascondeva un bacio tra i capelli e la stringeva forte a sé.
Per la prima volta a distanza di anni, Meanow riuscì ad assaporare il gusto della felicità e quel senso di completezza a cui tanto aveva ambito.
Chiuse gli occhi, mentre le onde li scuotevano entrambi, ed entrambi si chiedevano che cosa sarebbe stato di loro.
 

 

***


 

If I’m louder would you see me?

Ho appena finito di scrivere la mia letterina di natale(?) mi sento completa!
Salve ragazzuole! Come state? :) Strano che io posti a quet'ora, ma il capitolo era pronto da ieri sera, quindi ho pensato di farvi un regalino!
Vi piace? 
Sinceramente ho trovato un po' di difficoltà nel descrivere Louis stronzetto AHAH non me lo immagino per niente in quel modo, comunque state tranquille che d'ora in poi tornerà ad essere il solito zuccherino :3
Finalmente sto benedetto bacio :D alcune di voi c'erano già arrivate, e io ci sono rimasta un po' male perchè volevo fosse una sorpresa, spero in ogni caso che vi sia piaciuto ahah
Come al solito ringrazio le:
27 persone che preferiscono la storia, le 10 che la ricordano, e le 63 che la seguono!

Sono davvero contentissima, grazie di cuore! Ovviamente anche a chi ha sempre la bontà di recensire, GRAZIE! :)
Direi che non ho altro da aggiungere, se non che ci vediamo tra una settimana, a presto,
un bacio, 
Mota :)



@xxlovethem


 

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Capitolo 9
*** 8. see the world under my feet ***


 



8. see the world under my feet

 

-Ciao- sussurrò Louis mentre le posava un bacio sull’angolo della bocca.
-Non mi va di lasciarti- borbottò Meanow mettendo il broncio.
Lui rise e la tirò a sé inalando forte il suo profumo –il lavoro mi chiama, mi dispiace-
Le passò le mani sulla schiena, sentendo quanto fosse dura e avvertendo appena le vertebre che correvano lungo la sua spina dorsale, era da togliere il fiato.
-Ci vediamo presto- disse lui baciandole il lobo dell’orecchio e facendole venire i  brividi.
Meanow sorrise e tese le dita fino a sentire un lieve dolore alle nocche, per ritardare per quanto fosse possibile il momento in cui avrebbe dovuto lasciare quelle di Louis. Il moro si allontanò e trascinò via quel contatto con sé. E lei rimase sola, chiuse la porta alle sue spalle e si mise a letto.
Erano le sei e un quarto di mattino, secondo la sua routine avrebbe dovuto ancora dormire, in attesa che l’infermiera la venisse a svegliare per la visita settimanale. Si infilò il pigiama e affogò sotto le coperte, anche se sapeva che dormire era l’ultima cosa che sarebbe riuscita a fare.
 
 

Era pronta. Aveva indossato le scarpe di cuoio, le più pesanti che aveva. Addosso, uno dei tanti vestiti a fiori che le lasciavano scoperte le gambe dal ginocchio in giù. I capelli biondi le ricadevano sulle spalle e sul petto in modo naturale.
Odiava le visite settimanali, era la cosa che più detestava al mondo, dopo il cibo. L’ansia prima di entrare nello studio si manifestava in lei ogni volta più forte. Perché lei, volta dopo volta, si ostinava a mangiare sempre di meno, determinata fino all’ultimo a fare un dispetto ai medici che dicevano di volerla curare. Era in grado di curarsi da sola, lei. La quantità giornaliera di cibo di una persona normale le bastava per almeno tre giorni, e questo andava più che bene. Non sarebbero bastati i flaconi di antidepressivi e tutte quelle stupide sedute psicoterapeutiche a cambiare il suo cervello. Erano parole buttate al vento, come anche tutte quelle pillole e bevande energizzanti che lei scaricava nel water, invece che nel suo stomaco.
Sua nonna era una sarta, le voleva un gran bene. Per il suo diciottesimo compleanno Meanow le aveva chiesto di cucire in ogni suo vestito, un taschino interno all’altezza della vita. “Perché mai vorresti un taschino invisibile?” le aveva chiesto la vecchietta stupita, quello non era di certo un regalo degno della sua maggior età. “Per metterci delle caramelle” aveva risposto lei, la cosa più banale che le era venuta in mente in quel momento.
Ma le caramelle che Meanow nascondeva nel vestito erano di metallo, e non si mangiavano affatto. Erano dei piccoli pesi, quattro in tutto. Sommati insieme avrebbero fatto aumentare il suo peso di un kilo, e un sorriso di sollievo sarebbe comparso sulla bocca del dottore, felice che avesse messo su qualcosa anche quella settimana.
Si trattava di un inganno, certo, ma era la sola cosa che Meanow potesse fare.
Non voleva di certo farsi bucare una vena al giorno per ricevere un concentrato di calorie via flebo, e tantomeno farsi ingozzare di cibo sotto tortura dalle infermiere.
Quello era il suo piccolo segreto, frutto di una mente furba, ma anche innocente e bisognosa di aiuto.
Lasciò scivolare due delle quattro biglie di metallo nel taschino, si stirò il vestito con le mani e prese un bel respiro.
-Entra pure, Meanow- la chiamò l’uomo, la voce carezzevole, il tono caldo la mise a suo agio.
Si mosse di qualche passo ed entrò nella stanza con un sorriso forzato sulla bocca.
 

 
Il pomeriggio sembrava interminabile quel giorno, e Meanow non vedeva l’ora che arrivasse la sera, così avrebbe potuto riposarsi dopo quasi quarantotto ore filate senza sonno. Ma chiusa nella sua stanza a fare un bel niente, le ore sarebbero sembrate interminabili, così decise di fare un giro per la clinica, alla caffetteria del pianterreno, quello era sempre un posto piuttosto affollato, avrebbe trovato qualcosa da fare, pensò quando uscì dalla sua camera.
C’erano infermiere in pausa, sedute al bancone mentre sorseggiavano caffè ridacchiando coi i baristi. Anziani accasciati sui piccoli divani in pelle, o altri intenti a risolvere le parole crociate. Meanow decise che quello non sarebbe stato affatto un pomeriggio interessante.
Si sedette svogliatamente al solito tavolo nell’angolo della sala. Prese il menù tra le mani, leggendo passivamente tutto quello che offriva. Conosceva quasi tutto a memoria, persino qualche prezzo. Erano state infinite le volte in cui si era seduta lì, cercando di capire che cosa la gente ci trovasse di buono nel cibo. Era qualcosa di assurdo per lei. Mentre sembrava l’unica ad essere disgustata da tutte quelle pietanze, salse unte o dolci ricoperti di glassa, le persone si abbuffavano intorno a lei. Il rumore delle milioni di mandibole che macinavano il cibo era qualcosa che le provocava una sensazione orribile. Come un fischietto per un cane. E improvvisamente si sentiva trasparente, invisibile, intoccabile.
Sospirò sonoramente lanciando il volantino plastificato sul tavolo con fare scocciato.
-Cosa posso portarle?-
Meanow alzò gli occhi e con enorme sorpresa vide Louis, stretto nella sua uniforme da lavoro e quel cappello che lo rendeva ancora più buffo di quanto non fosse di suo. Subito gli angoli della bocca le sfiorarono i lobi per la felicità, era così contenta di vederlo dopo quella mattinata noiosa.
Si alzò per abbracciarlo, ma lui si tirò indietro con uno scatto. Lei fece una smorfia e ritentò buttandogli le braccia al collo.
-Non qui, Meanow- bisbigliò Louis facendo un cenno verso il bancone dove le infermiere starnazzavano come oche.
-Tu non…-
-Non posso intraprendere relazioni con i pazienti, non farmi licenziare, ti prego- le sorrise con dolcezza e lei si risedette al suo posto, assumendo un’aria fintamente distaccata.
Le dispiaceva non poterlo stringere quando voleva, ma allo stesso tempo la eccitava quel piccolo segreto che conoscevano solo loro, rendeva tutto più importante tra lei e Louis.
-Quando finisci il turno?- gli chiese seria.
-Stacco tra mezz’ora-
-Voglio portarti in un posto- disse con voce acuta, non riusciva a nascondere di essere elettrizzata.
Louis sorrise sorpreso –perché? Dove?- si affrettò a chiedere curioso come un bambino.
-Te lo dirò tra mezz’ora, ora vai a lavorare, non voglio che ti licenzino per colpa mia-
Lui strinse le labbra e si guardò intorno con fare sospetto. Appena si fu accertato che nessuno si stava curando di loro, si avvicinò a Meanow e le impresse un bacio sulla fronte. Lei sorrise e arrossì. Lo guardò allontanarsi mentre tornava al bancone con un vassoio in mano. Aspettava solo che quella mezz’ora passasse in fretta.
 

 
-Perché mi hai portato qui?- domandò Louis mentre la stringeva a sé per proteggerla dal vento forte.
-Ho scoperto questo posto qualche mese fa, mi piace tantissimo stare qui- raccontò lei guardando il lontano orizzonte –ma non posso venirci quasi mai, non mi è consentito- spiegò abbassando lo sguardo.
-Allora sei una doppia fuorilegge a essere qui con me, adesso- sussurrò Louis mentre le sfiorava il naso con il suo, lei rise di gusto e il suono di quella risata inebriò il moro come fosse musica per le sue orecchie.
-Se oggi mi avessi chiesto dove volevo che mi portassi, ti avrei risposto che avrei voluto vedere il mondo sotto i miei piedi- fece una pausa e guardò i grattacieli che sorgevano in lontananza, li potevano vedere chiaramente da quell’altezza –e questo era l’unico modo per riuscirci, e spuntare anche l’ottava cosa dalla lista-
-Stiamo procedendo in fretta, hai visto?-
-Ne mancano ancora la metà- notò dopo averci pensato un attimo su –ma mi sento in colpa-
Louis si staccò dal suo petto e la guardò stranito –in colpa?! Perché dici così?-
Meanow inumidì le labbra con la lingua e lo guardò negli occhi con imbarazzo –non è carino che tu faccia tutto quello che io ti chieda, sei troppo gentile con me, Louis-
Lui sorrise mentre le sue dita carezzavano la pelle chiara di lei con tenerezza –non è vero, te l’ho detto fin dall’inizio che avrei voluto aiutarti, non devi pensare di non meritartelo-
-Ma…-
-Niente ma, Meanow- si fece serio per un attimo –davvero, non voglio che tu pensi di non meritartelo, non voglio sentirtelo dire mai più. Meriteresti molto più di tutto questo, e io sono disposto a dartelo, un passo alla volta-
La ragazza strinse le labbra in una linea dura e quasi sentì le lacrime affiorare nei suoi occhi, nessuno le aveva mai detto nulla di simile, e mai si era sentita tanto amata in vita sua.
Poggiò la testa sul petto di Louis mentre lui la accarezzava piano, posandole un bacio tra i capelli.
Dal tetto della clinica c’era una vista meravigliosa. Mille finestre illuminate risplendevano nella notte e abbagliavano la città immersa nelle nubi invernali. Persino il vento gelido sembrava non esistere tra le braccia di Louis, che la stringeva.
-Vorrei poter fare qualcosa per te- mormorò lei sul suo petto.
Lo sentì trattenere una risata in uno sbuffo –non c’è davvero nulla che io possa desiderare in questo momento-
Meanow non se lo seppe spiegare, ma in quell’istante sentì una passione mai provata prima scorrerle nelle vene. All’improvviso aveva voglia di sentirlo più vicino, di inalare il suo odore di pulito e dopobarba fino a farsi girare la testa, e che le sue mani la sfiorassero generandole brividi lungo l’intera superficie del suo corpo.
Gli prese il viso tra le mani e lo portò al suo con irruenza e bisogno incontrollato della sua bocca. Lo baciò con trasporto mentre lui acconsentiva a quel contatto che tanto gli era mancato durante la giornata. Le dita di Louis stringevano la stoffa sottile del vestito sottile all’altezza dei fianchi. C’era qualcosa di magico nell’aria, sembrava una scarica elettrica.
Spostò le labbra sulla sua pelle candida e pura, lasciando una scia di baci umidi lungo la sua guancia, fino al collo caldo e Meanow, ad ogni lieve schiocco, aveva un sobbalzo che la faceva tremare.
-Vorrei che il tuo profumo diventasse una fragranza, in modo da poterla comprare e inspirare in ogni momento- sussurrò Louis su di lei e il suo fiato la fece quasi cadere.
Lo fissò negli occhi quasi sbalordita, era incredibile l’effetto che riusciva a imprimere su di lei con una manciata di parole.
-Vorrei essere nella tua testa, per sapere che cosa stai pensando in questo momento- continuò lui mentre la guardava con occhi ardenti e dolci allo stesso tempo.
Lei sorrise arrossendo, ma sperando che al buio non si vedesse. Gli sfiorò piano la guancia, percependo la leggera ricrescita della sua barba sotto la mascella.
-Vorrei che tu sapessi che io verrò sempre a rapirti nei momenti di noia- la sua espressione si colorò con un sorriso cristallino, mentre lei intrecciava le mani gelate alle sue, trovandole stranamente calde e pronte ad accoglierla.
-Vorrei che esistessero mille luoghi diversi, per farteli vedere tutti e vederti stupefatta altrettante volte- prese una ciocca dei suoi capelli, trattenendola tra il medio e l’indice mentre lei lo lasciava fare, osservandolo dal basso.
-Vorrei che i miei turni non mi separassero dal vederti ad ogni ora del giorno e della notte- una mano di Louis scorse sul fianco di lei, e questa volta non riuscì a trattenere il suo sgomento.
-Vorrei vederti mangiare di gusto il tuo piatto preferito- lei abbassò gli occhi, quasi sentendosi colpevole di un crimine grave, faceva male sentirselo dire da lui. Spostò lo sguardo sui grattacieli e guardare sotto le fece venire le vertigini.
-Vorrei buttarmi giù da questo precipizio con te, ed essere felice perché se moriremo lo faremo insieme- le lesse quasi nella mente e lei rimase di nuovo a bocca aperta.
-Vorrei tornare indietro nel tempo e rivivere questo momento all’infinito- Meanow ebbe un brivido lungo la schiena quando l’indice di Louis le sfiorò la guancia prima che lui si chinasse sulle sue labbra -vorrei che mi baciassi fino a non respirare- sussurrò ancora e quelle parole le rimbalzarono contro le labbra mentre le socchiudeva per la sorpresa.
-Vorrei che il nostro piccolo amore crescesse e diventasse forte- Meanow nascose la testa nell’incavo del collo di Louis, sentendosi al riparo da qualsiasi male, mentre le sue parole continuavano a galleggiare nell’aria come un carillon.
-Vorrei sentirti dire che non potresti fare a meno di me- di nuovo quel rossore inadatto riempì le sue guance, fortunatamente nascoste dagli occhi intensi di Louis.
-Vorrei dirti che io nutro qualcosa di fortissimo nei tuoi confronti, perché appena ti ho vista il mio cuore aveva già deciso che saresti entrata nella mia vita come un uragano- la ragazza non seppe trattenersi e, forse per lo stress, per l’ansia o per quel misto di sensazioni che erano tutte nuove per lei, singhiozzò convulsamente.
Quando Louis se ne accorse la strinse ancora più forte a sé, mentre le sue mani la coccolavano e la cullavano con trasporto.
-Vorrei che niente ci dividesse mai- continuò asciugando con un pollice una lacrima che scivolava sulla guancia di Meanow.
-Vorrei che nel tuo quadernino ci fosse scritto anche qualcosa che mi riguarda- a queste parole lei sorrise, certo che aveva annotato anche qualcosa su di lui. Era per causa sua che in quei giorni sentiva il bisogno di scrivere così tanto, avrebbe voluto dirglielo.
-Vorrei che completassimo insieme la lista delle cose che vuoi fare prima di morire, per vedere che effetto avrebbe la felicità su di te, perché queste sono le mie e tu ora puoi vedere che effetto hai avuto su di me- le posò un bacio leggero sulle labbra, sentendo chiaramente che si era irrigidita a causa di tutte quelle belle parole.
Meanow chiuse gli occhi e assaporò quel momento, sperando che non finisse mai. La felicità si era già impossessata di lei, perché Louis non riusciva a vederlo? Avrebbe voluto dirglielo, avrebbe voluto rispondere ad ognuna delle quindici cose che lui aveva elencato, avrebbe voluto fargli sapere che aveva la pelle d’oca a causa sua. Ma forse sarebbe stato meglio trattenere quelle parole ancora per un po’, per paura di rovinare quel momento che
sembrava essere perfetto per lei.

 

***

 

If I’m louder would you see me?

Ci credete che mi sono commossa da sola? No dai, che schifo! E' proprio patetico, sembro una adolescente in piena crisi ormonale che non trattiene le sue emozioni davanti a una scena romantica(?) quale io sono.
Devo ancora abituarmi a Meanouis e ai loro atteggiamenti intimi :3
Questa volta ho voluto farvi sapere cosa vuole Louis, visto che ormai era diventato uno schiavetto che la portava ovunque lei volesse :/ 
Ho preferito non descrivere la visita di Meanow, tanto ce ne saranno altre nel corso della storia. E spero non vi dispiaccia che ci siano così tanti salti durante la giornata, ma descrivere dei momenti vuoti non avrebbe avuto senso.
Il fatto che Meanow usi dei "trucchetti" per pesare di più l'ho preso dalla vera Cassie di Skins, ma giuro che mi sarebbe venuto in mente spontaneamente anche se non guardassi il telefilm(?)
Niente, direi di aver finito...
Anzi no! Non posso dimenticarmi di ringraziare le splendide 13 persone che hanno recensito il capitolo scorso! :D GRAZIE PUPE! 
Le seguite/preferite e ricordate continuano ad aumentare e questo mi rende felicissima, davvero! 
Il prossimo capitolo arriverà durante le vacanze di Natale WOWOWOW 

Premetto che durante la pausa da scuola mi impegnerò al massimo per aggiornare questa, e anche l'altra mia long in corso (per chi la seguisse), e chissà, magari posterò anche la nuova storia a rating
rosso su Zayn che vi ho promesso, ma non assicuro nulla! 
Ho finito, un bacio, alla settimana prossima!
Mota :)

PS, grazie a Galaxy per aver trovato
QUESTO, sono morta dalle risate appena l'ho vista AHAHHAHAHHAHA
PS, visto che non c'è due senza il tre, ecco un'altra foto che mi fa proprio un male fisico(?)
AHIA 


@xxlovethem


 

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Capitolo 10
*** 9. make a present. ***







9. make a present



 

Meanow stese le gambe esili sul cruscotto della macchina, mentre Louis la fissava con sguardo addolorato, quasi potesse davvero fare del male alla sua amata Linda. Non permetteva a nessuno di fare cose del genere, non nella sua auto, ma decise di fare un’eccezione per Meanow.
-Grazie- mormorò lei cercando la mano di Louis e incastrandola alla sua mentre guidava.
-Di cosa?-
-Di avermi rapita anche questa volta, non so cosa fare senza di te, le mie giornate sarebbero vuote- rispose con audacia mentre distendeva le dita su quelle di lui, strette intorno al volante.
Louis sorrise, rilassando la schiena sullo schienale –domani è il giorno del mio compleanno- proclamò dal nulla.
-Ma domani è la vigilia di Natale!- esclamò sorpresa.
-Che sfiga, eh?-
-Io non… non sapevo che fosse il tuo compleanno!-
-Non te l’ho mai detto prima, Meanow, non preoccuparti- le posò una mano sul ginocchio e la accarezzò piano mentre la macchina sfrecciava nella campagna.
-Io voglio farti un regalo!- decise.
-Oh no, non devi, non voglio davvero- tentò Louis, ancora non sapeva che quando Meanow si metteva in testa qualcosa, quella doveva essere.
-Invece sì, non riuscirai a persuadermi- mise quasi il broncio.
-Come vuoi- rise lui alzando gli occhi al cielo con fare da finto offeso.
Meanow rimase in silenzio per qualche minuto, la fronte corrugata, nella sua testa si architettavano per poi smontarsi numerose idee per un regalo, ma nessuna sembrava andare bene.
-Posso avere un indizio almeno?- domandò Louis, ma non ricevette risposta –Ehi, c’è nessuno?- insistette passandole una mano davanti alla faccia.
-Sto pensando, non mi distrarre- impose seria.
Il moro alzò le spalle, e affondò entrambe le mani sul volante, premendo l’acceleratore con un piede, non sapeva nemmeno dove fossero diretti eppure quel gesto gli venne spontaneo.
Tornò il silenzio, soltanto il forte rumore del vento che passava attraverso il finestrino aperto riusciva a interferire i pensieri di Louis.
-Allora?- domandò di nuovo, ma Meanow non rispose –Guarda che non mi offendo se ammetti che non sai cosa regalarmi!- rise tenendo gli occhi fissi sulla strada, ma ancora la ragazza non rispondeva.
–Meanow?- le lanciò un’occhiata veloce, che bastò appena per rendersi conto che fosse svenuta -Meanow! Meanow, stai bene?!- urlò allarmato –Cristo Santo!- imprecò inchiodando la macchina in mezzo alla strada.
Le prese il viso tra le mani, accostando le labbra vicino al suo naso per riuscire a capire se stesse respirando –Meanow, che cosa ti succede?!- urlò in preda al panico mentre cercava di scuoterla dalle spalle, ma lei continuava a non dare segni di vita.
Louis avvertì l’impulso di scoppiare in lacrime, ma non avrebbe fatto altro che peggiorare la situazione. Avrebbe dovuto mettere da parte il bambinone scherzoso che era in lui e comportarsi da uomo, ne andava della vita di Meanow.
Fece retromarcia velocemente, mentre le gomme fischiavano e stridevano sull’asfalto, e premette l’acceleratore fin quanto fosse possibile. La clinica distava almeno mezz’ora da lì, ma avrebbe dovuto impiegarci la metà del tempo. Era questione di secondi, mai aveva sentito così tanto il peso di qualcosa sulla sua coscienza.
L’auto divorava la strada con rapidità, l’ultima cosa a cui Louis avrebbe dato importanza era l’eccesso di velocità, quella era un’emergenza, non avrebbero potuto fermarlo. Ridusse gli occhi a fessura, puntandoli sull’orizzonte mentre con una mano stringeva quella di Meanow, che giaceva immobile al suo fianco.
-Va tutto bene, va tutto bene- disse più per rassicurare sé stesso che lei –adesso ti riporto a casa, e ci diranno che non è nulla di grave, d’accordo? E continueremo a fare tante altre cose belle insieme, okay?- sospirò nervosamente e la voce cominciò a tremargli –non puoi lasciarmi proprio adesso, Meanow, che cosa sarà di me, eh? Cosa mi hai fatto? Dimmelo, che cosa mi hai fatto per ridurmi in questo modo? Sono completamente dipendente da te, e se qualcosa…- trattenne un singhiozzo mentre una lacrima debole sfuggiva dalle sue ciglia –se qualcosa dovesse andare storto, io non me lo perdonerei mai- si voltò a guardarla.
Sembrava dormisse, la sua espressione era rilassata, come immersa nel più bello dei sogni. In quel momento Louis sperò che si svegliasse all’improvviso gridando: “E’ uno scherzo rilassati, amico!”. E per un attimo credette davvero che potesse accadere. Contò una decina di secondi nella sua testa, ma il momento della sorpresa non arrivava mai, e Meanow non si svegliò ridendo.
 
 

-Mi serve un medico, per favore, chiamate un medico!- gridò Louis non appena era entrato nella sala reception con Meanow tra le braccia.
Subito accorsero due infermiere che gli fecero diverse domande sull’accaduto, ma ovviamente lui non aveva idea di come fosse svenuta, era successo tutto troppo in fretta, e non aveva avuto neanche il tempo di realizzare cosa stesse avvenendo.
-Adesso le facciamo qualche esame di accertamento, lei rimanga in sala d’attesa, prego- disse piatta una delle due donne.
Parlava come fosse una procedura abituale, qualcosa di normale, che accadeva tutti i giorni. Probabilmente non le interessava, oppure usava tenere quel distacco perché quello non era altro che il suo lavoro. Una procedura standard, lei non avrebbe potuto fare altro, il resto spettava a Meanow.
-Fate qualcosa, vi prego, io non posso stare qui ad aspettare senza fare niente!- sbraitò Louis in preda all’ansia e alla preoccupazione.
-Signore si calmi, prenda una rivista, faremo il possibile, le faremo avere notizie appena è permesso- continuò lei mentre sdraiava Meanow su una sedia a rotelle e la trascinava al di là di una porta scorrevole.
Louis si trattenne dall’infuriarsi con quella donna. Si lasciò andare su una delle poltrone della sala d’attesa, mentre nella sua mente roteavano un numero infinito di pensieri e preoccupazioni.
Si prese la testa fra le mani, mentre sospirava ancora scosso per l’accaduto. Che cosa ne sarebbe stato di lei? Cosa le stavano facendo al di là di quella porta? L’avrebbe mai rivista?
Tutte queste domande non facevano altro che allarmare Louis ancora di più, perciò decise, per quanto fosse possibile, che non avrebbe dovuto pensarci.
Guardò l’orologio sulla parete, segnava mezzanotte e un quarto.
Appena un’ora prima aveva finito il suo turno contento, ed era andato a fare una sorpresa a Meanow, già sotto le coperte addormentata. L’aveva svegliata e lei si era vestita in fretta. Con il solito trucco della sciarpa era riuscito a nascondere il loro passaggio dalla telecamera ed erano saliti in macchina, diretti ovunque lei avesse voluto.
E in quel momento lui era lì, nell’oblio dell’incertezza, della collera e dell’ansia più totale.
Aveva ventuno anni, compiuti da appena un quarto d’ora. Non se lo sarebbe mai immaginato così quel giorno anzi, quello sembrava essere il peggiore degli incubi.
Sollevò la testa, ed improvvisamente tutto gli sembrò appannato e in movimento. Sbatté velocemente le palpebre per riacquisire lucidità, mentre una figura femminile gli si avvicinava lentamente.
-Signor Bolt?- domandò seria.
-No io…-
-Questa visita eccezionale è permessa ai soli parenti, lei chi è?-
-Sì, io… io sono il fratello- si affrettò a dire alzandosi in piedi.
-Bene, mi segua di là- ordinò per poi fargli strada lungo il corridoio fino ad una stanza al fondo –le condizioni sembrano stabili adesso, ma abbiamo preferito inserire una flebo perché il suo corpo era praticamente privo di energia e sostanze nutritive- Louis annuì, anche se in quel momento era tutto tranne che in grado di capire cose del genere –la terremo in osservazione per un paio di giorni, valutando anche come passerà la notte-
-D’accordo, grazie- rispose cercandola con lo sguardo.
La stanza era essenziale, bianca, un letto al centro e un comodino al fianco. Non era la solita stanza dove dormiva Meanow, e Louis si chiese perché l’avessero spostata lì.
Entrò dentro a passi lenti, quasi per non fare rumore, quando avrebbe voluto correre con irruenza verso di lei e stringerla finché non fosse tornata come prima.
Era laggiù, sdraiata nel letto e coperta da un leggero velo di lenzuolo. Indossava un camice color azzurro che le lasciava scoperte le braccia e parte del petto. Nel suo braccio era infilato un tubicino che portava del liquido trasparente fino ad un sacchetto blu, tenuto sospeso da un braccio di metallo.
Aveva gli occhi chiusi, ma il suo petto si alzava e abbassava regolarmente, a volte con dei ritardi, ma questo bastava a Louis per stare più tranquillo sulle sue condizioni.
Il moro si sedette al suo fianco e prese una sua gelida mano tra le sue. Si chinò sul letto, mentre il rumore lieve del suo respiro era l’unica cosa udibile nella stanza buia in quel momento.
Guardò il suo viso chiaro, era pallida come un cadavere e sotto i suoi occhi si erano infossate delle occhiaie profonde. Louis ne accarezzo una guancia con le dita, sfiorandola appena per non farle male, sentiva le mani tremargli senza controllo mentre la toccava.
Aveva l’aspetto di una bambola di porcellana, fredda, bianca, immobile, ma Louis non poté non pensare che fosse bella comunque, lo sarebbe stato in qualsiasi modo per lui.
Appoggiò la testa sul materasso mentre ripensava all’accaduto, e stringere forte la sua mano gli venne istintivo.
-Ehi Mean- mormorò flebilmente mentre sentiva che era sempre più difficile trattenere i singhiozzi –guarda un po’ cosa hai fatto eh, guarda cosa ti è successo- strinse forte gli occhi per trattenere le lacrime –oggi doveva essere una giornata piacevole, perché sapevo che l’avrei trascorsa con te, e invece guarda… ma siamo sempre insieme noi,- le accarezzò delicatamente il viso –noi restiamo insieme, non è vero? Proprio come dicevi tu, noi siamo legati da questo fiocco- mormorò sfiorandole la pancia, dove era nascosto quel tatuaggio che avevano fatto insieme –sai quel giorno, quando ti ho vista in mensa, ho pensato che dovevi essere una persona in gamba, l’ho creduto fin da subito. Perché appena io mi sono avvicinato, tu hai immediatamente voluto che me ne andassi perché non volevi scocciature mentre scrivevi- le delineò il profilo delle labbra con un indice mentre si avvicinava a lei –e io lo so che sei forte, sei stata forte nel respingermi quella sera quando ti ho chiesto se ti andava di fare un giro, sei forte quando combatti la noia delle tue giornate, sei forte quando ti imponi di non mangiare, malgrado i medici stiano facendo di tutto per curarti- Louis trattenne il fiato per un secondo per baciare la sua mano –e sarai forte anche sta volta, combatterai contro quello che ti impedisce di svegliarti, qualunque cosa essa sia… perché dobbiamo festeggiare il mio compleanno insieme oggi-
Incrociò le braccia e vi appoggiò sopra la testa, chiudendo gli occhi. Forse quelle parole erano state spese a vuoto, lei non sarebbe stata in grado di sentirle e non avrebbe risposto, ma in qualunque modo fosse andata, Louis quelle cose le pensava davvero e le avrebbe ripetute all’infinito, se ce ne fosse stato bisogno. Come Meanow sarebbe stato forte, e non si sarebbe arreso di fronte alle prime difficoltà. Forse ce ne sarebbero state altre, di peggiori anche. Ma lui avrebbe insistito di più, e di più ancora.
Si alzò di scatto quando avvertì le dita di Meanow muoversi e districarsi dalle sue lentamente.
-Buon compleanno, Louis- mormorò con una voce quasi inudibile, mentre gli occhi azzurri del moro si riempivano di lacrime.

 

***



 

If I’m louder would you see me?


It's Christmas time, bitch!
Ehi pupe, come state?
Io sono stata impegnata coi regali di Natale fino ad oggi, ma essere finalmente in vacanza è qualcosa di fantastico(?)
E domani è anche il compleanno del my love 4evah!1!1!1! Okay no, lo bombardo su twitter come non mai.
Tra l'altro oggi ho visto una foto abbastanza recente di Louis e sono scoppiata a ridere perchè secondo me è ingrassato un casino! Ha proprio la panzetta, cioè non che gli stia male ma bro, controllati un attimo con le schifezze AHAHAH
Comunque, capitolo piuttosto deprimente :( ma alla fine mi sono convinta a inserire subito il risveglio di Meanow, malgrado fosse previsto per il prossimo!
Spero vi sia piaciuto :) Mi spiace dirvelo, ma non illudetevi che i guai siano finiti così...
Bene, detto questo ci tengo a ringraziare tutti per le recensioni e per le:
42 preferite, 13 ricordate e 81 seguite!!

I LOVE YOU! <3
Vi saluto, al prossimo aggiornamento,
Buon Natale e buone feste a tutte! :)
Mota xxx


Ps, prestissimo arriverà anche il nuovo capitolo dell'altra mia long in corso, per chi è interessato :)




 

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