Give me something more di _Branwen_ (/viewuser.php?uid=138326)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** First act. ***
Capitolo 2: *** Second act. ***
Capitolo 1 *** First act. ***
1
Give
me something more.
First
act.
Tu
che t'insinuasti come lama
nel mio cuore
gemente; tu che forte
come un branco
di démoni venisti
a fare, folle e
ornata del
mio spirito
umiliato il tuo
letto e il tuo regno
– infame
a cui, come
il forzato alla catena,
sono legato,
come alla bottiglia
l'ubriacone,
come alla carogna
i vermi, come al
gioco
l'ostinato
giocatore –
che
tu sia maledetta!
Ho
chiesto alla fulminea spada, allora,
di conquistare
la mia
libertà;
ed il veleno
perfido ho pregato
di soccorrere me
vile. Ahimè, la spada
ed il veleno,
pieni di disprezzo,
m'han
detto: «Non sei degno che alla tua
schiavitù
maledetta ti si
tolga,
imbecille! - una
volta liberato
dal suo dominio,
per i
nostri sforzi,
tu faresti
rivivere il cadavere
del tuo
vampiro, con i baci tuoi!»
(“Il
Vampiro”, Charles Baudelaire).
Da
quando aveva visto le lacrime rigare il volto della giovane, per il
cacciatore di demoni iniziarono i problemi.
Mai aveva visto
nell'animo di un essere così simile e dal trascorso
così
diametralmente opposto al suo un'inquietudine tale che potesse
affliggere anche lui, pur non essendo propriamente il fautore di tali
contrasti emotivi.
Il fatto che lei ora fosse diventata la sua
partner di lavoro, beh, complicava non poco le cose.
Ella aveva
atteso il ritorno dell'uomo nel suo ufficio ed egli, invece, era
riuscito a scorgere nello sguardo della fulva protettrice
un sentore di sollievo nel saperlo vivo, al sicuro, e magari
qualcos'altro che gli sfuggiva, qualcosa
che necessitava di essere indagato e scoperto.
Non poteva fare a
meno di rifletterci su; le mezze verità, nel suo lavoro come
anche
nel quotidiano, potevano essere maschere rivelanti messaggi capaci di
condurre a risvolti quantomeno inaspettati; sì, se si
riusciva a
individuare l'altra metà della concretezza, costituendo la
verità
autentica dietro le mille e molteplici parvenze.
Su quest'onda di
pensieri, socchiudendo le palpebre, Dante si lasciò
volutamente
andare, ancora una volta, al rievocare degli avvenimenti da poco
trascorsi, ma scarsamente chiari e illuminanti al contempo.
Aveva
notato la sua moneta a terra nel momento in cui varcò
l'uscio di
casa, ritrovandosi subito dinanzi la figura di Lucia.
Sapeva che
lei si trovava all'ingresso, lo scalpiccio di passi frettolosi seppur
leggeri della ragazza non gli erano sfuggiti, non avrebbe potuto non
udirli.
Sulle labbra dell'investigatore si tratteggiò l'ombra di
un piccolo sorriso nel soppesare questo dettaglio, era probabile che
la fanciulla sperasse
in una sua riapparizione quanto più rapida e di questo se ne
rallegrò, mentre altre riflessioni, di tutt'altro genere,
iniziarono
a fare capolino nella sua mente.
Pensieri ben più concreti, dal
sapore zuccherino, caratterizzati dagli occhi chiari della ragazza
persi nel vuoto, o per meglio dire...
Velati di quel languore
dovuto al compiacersi di movimenti, di un desiderio sempre crescente
e collimanti in un'unione sì fisica e anche intrisa di una
passione
sfociante in, chissà, approfondimenti dei più
oscuri e sconosciuti
recessi e frammenti di spiriti fino a quel momento ignoti.
L'uomo
aprì di scatto gli occhi.
Il suo immaginare era giunto, di
nuovo, al punto in cui li aveva interrotti la sera prima, solo che un
conto è essere consci e padroni del fatto di vivere
situazioni nel
limbo onirico, proprio di ognuno di noi sul far della notte, ma
un'altra faccenda è il fantasticare ad occhi aperti, o
quasi.
In
quest'ultimo caso si rischia di perdere, nell'eventualità in
cui non
sia ancora avvenuto ciò, le percezioni che fanno capire se
si giunge
al limite contrassegnato dalla porta che si erge a confine tra sogno
e realtà e questo, per Dante, non era immaginabile.
Specie
perché era consapevole di avvertire un'agitazione albergare
in lui
in quegli ultimi tempi.
Il tentennare e l'incedere a passi
titubanti non gli sono mai appartenuti.
Ma alcune incertezze
avevano iniziato a trovare dimora nella sua persona, e questo doveva
essere in ogni modo scongiurato.
Il detective dell'occulto scosse
il capo in un gesto di stizza, tolse i piedi dalla scrivania, per poi
alzarsi, lasciando che la circolazione sanguigna riprendesse a
scorrere correttamente, annullando il fastidioso formicolio agli arti
inferiori dapprima anchilosati.
Aprì la porta del suo studio,
dirigendosi in cucina e stupendosi di ammirare la persona presente in
quella stanza, di cui non si aspettava di certo la vista in quel
momento.
Invece era lì, davanti il piano cottura, che aspettava
impaziente che l'acqua per il tè bollisse. La pioggia era
appena
scoppiata, di già incessante, e batteva con insistenza anche
sul
tetto della sede della “Devil May Cry”, mentre
venivano rotte
anche le barriere della luce e del suono.
«Lucia, già di
ritorno?» Dante vide la fanciulla sobbalzare non per lo
stupore di
essere stata vista, bensì a causa del silenzio ora spezzato.
Sebbene
la loro specie di convivenza
fosse iniziata da poco, l'investigatore aveva già notato che
la
ragazza, quando metteva piede in quella stanza, amava non udire
nulla, preferendo la pace, magari quella che può dare un
cantuccio
domestico quale la cucina, per l'appunto, o il calore di una
famiglia, quella che spesso si rinnega, ma per chi non l'ha mai avuta
o l'ha perduta, il solo immaginare alcune scene può essere
di per sé
confortante o angosciante.
«Sì, sono appena entrata in casa»
rispose Lucia, posando lo sguardo su di sé e sui suoi abiti
impolverati, pieni di sprazzi di sangue di demoni ormai rappreso.
Dante seguì il gesto di lei permettendosi, con un'occhiata
fugace,
di controllare che non presentasse ferite, ma soprattutto di
osservare alcuni lembi di pelle che sfuggivano a quei vestiti un po'
corti, ma anche pratici.
«Lo vedo, immagino dunque che tutto si
è svolto nel migliore dei modi, vero?»
proseguì l'acchiappa-demoni,
mentre Lucia versava l'acqua ormai alla giusta temperatura nella
tazza, cosicché il delicato aroma del tè al
gelsomino iniziasse ad
impregnare pian piano la cucina.
«Sì, un gioco da ragazzi, è
stato tutto molto facile» ribatté Lucia
sorseggiando la bevanda e
avvolgendo con entrambe le mani la tazza senza manico, come i
giapponesi che usano delle chicchere di quel modello.
Non si
sedette nemmeno, quasi come se avesse fretta di fare altro, e la sua
laconicità in quell'istante inaspriva non poco l'uomo che la
osservava con occhiate indagatrici, quando ella proseguì
«dimenticavo, la paga è nella mia borsa, l'ho
poggiata sul divano»
e così Dante non ebbe occasione di porre la domanda
successiva che
avrebbe potuto fare alla ragazza.
Davvero di poche parole,
entrambi, non c'è che dire.
Pur tuttavia era da notare che ogni
tentativo di stroncare qualsiasi accenno di conversazione proveniva
da Lucia, come se volesse evitare di proferire più parole
del dovuto
con l'uomo, oppure anche di sostenere il suo sguardo azzurro.
Era
decisamente... irritante.
Finendo il tè e riponendo la tazza ormai vuota nel lavabo,
Lucia
la lavò velocemente mettendola ad asciugare; si sciolse i
capelli
facendo perdere tutte le ondulazioni della treccia con un piccolo
cenno del capo.
«Avrei bisogno di una doccia» disse calma.
«Non hai bisogno del mio permesso» fu la secca
risposta di
Dante, il quale le aveva dato libero accesso alla casa ed a tutte le
stanze sin da quando Lucia aveva capito la tacita
proposta di restare lì all'agenzia.
«Sì, lo so, volevo solo
informarti, tutto qui» replicò la rossa, pacata,
non notando
intenzionalmente l'accenno caustico della battuta del ragazzo di cui
poteva ammirare quanto egli la sovrastasse in altezza poiché
di
fronte a lei.
Lui non disse nulla, lasciando che Lucia potesse
liberarsi della stanchezza accumulata durante quel lavoro non molto
impegnativo, ma ben remunerato.
Non appena libera dai capi
sporchi, mentre le prime gocce d'acqua iniziavano a scorrerle come
rivoli sui capelli e sul sembiante, Lucia iniziò a cantare.
Ormai
Dante aveva imparato che, in alcuni momenti in cui la ragazza si
concedeva del tempo da dedicare a sé, come una doccia in
questo
caso, la sua voce intonata e modulata la faceva da padrona.
L'angolo
di Layla.
E
rieccomi qui, un'altra volta.
Beh,
sarò di poche parole.
Avevo
questo accenno di storia sul mio pc ora bello funzionante e, siccome
la tentazione di postarla ha preso il sopravvento su di me, ecco qui
il primo atto.
Tra
un paio di giorni, se tutto va bene, troverete il secondo ed
ultimo.
Vi
dico solo che la poesia e il titolo hanno un senso nella storia
;)
Per
ora vi lascio e spero che la lettura sia stata di vostro
gradimento.
Un
bacio,
Layla_Morrigan_Aspasia.
|
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Capitolo 2 *** Second act. ***
3
Give
me something more.
Second
act.
Toi
qui, comme un coup de couteau,
Dans mon cœur plaintif es
entrée;
Toi qui, forte comme un troupeau
De démons, vins,
folle et parée,
De mon esprit humilié
Faire ton lit et ton
domaine;
–
Infâme
à qui je suis lié
Comme le forçat à la chaîne,
Comme
au jeu le joueur têtu,
Comme à la bouteille l'ivrogne,
Comme
aux vermines la charogne, –
Maudite,
maudite sois-tu!
J'ai prié le glaive rapide
De conquérir
ma liberté,
Et j'ai dit au poison perfide
De secourir ma
lâcheté.
Hélas! Le poison et la glaive
M'ont pris en
dédain et m'ont dit:
«Tu
n'es pas digne qu'on t'enlève
A ton esclavage maudit,
Imbécile!
- de son empire
Si nos efforts te délivraient,
Tes baisers
ressusciteraient
Le cadavre de ton vampire!»
(“Le
Vampire”, Charles Baudelaire).
Quando
si tratta di tracciare i gusti musicali di Dante, è come se
si
volesse cercare di scandagliare anche altri tratti della sua
personalità, e questo, assieme a tutto il resto che lo
riguarda, è
un grande interrogativo, dovuto anche alla ritrosia dello stesso di
rivelare agli altri cose così personali.
Ciononostante, il
timbro graffiante proveniente dal bagno, ora poteva ricondursi al
genere che l'investigatore gradisce, e lo scandire col piede destro
il ritmo della canzone, per l'occasione intonata a cappella, poteva
essere un segno di tale apprezzamento.
Un sorriso, velato da una
punta di amarezza, però, s'increspò sulle labbra
dell'uomo,
cogliendo, nel brano che vedeva ora impegnata Lucia in quella specie
di performance sotto la doccia, un'allusione al silenzio che c'era
tra loro nella sala in cui egli si trovava tuttora.
Diamine, non
gli era mai capitato di arzigogolare così, su questioni che
potevano
essere praticamente irrisorie e che ora, di punto in bianco, lo
facevano sembrare un filosofo!
“I
disappear into the night,
The silence is cursing me one more
time,
I know the law in this deep lie
'Cause all my demons are
come back to life.
I cannot wait for savior,
My angel is
long gone.
I remind this
I don't wanna pray”.
Erano
parole che, per lui, ben si adattavano alla ragazza che ora si stava
ristorando con poco: determinata, testarda, diciamo anche cocciuta,
ma anche tremendamente triste e fragile.
«Eppure
quella volta era come se mi stesse pregando...» si
ritrovò a dire
Dante in un mezzo sussurro, udibile solo da lui.
Le parole di lei
gli risuonarono come una brutta e tragica nenia, ancora una volta, e
le soppesò di nuovo, ad una ad una.
“Pensavo...
di essere una discendente del clan che protegge Via de Marli...
coloro che possiedono il sangue dei demoni...”.
L'investigatore
si sedette
sul sofà accanto la borsa della ragazza, che si
limitò ad
adocchiare, senza prenderla in mano. I gomiti sulle ginocchia, il
busto curvo in avanti e le dita delle mani intrecciate tra loro, in
una posa meditabonda, dettata a capire e carpire qualcosa dell'animo
della giovane.
Una
ragazza senza passato, quello che conosceva era errato, basato su
false concezioni, distrutte come un castello di carta dal suo
“creatore”.
E
questo tremore e terrore fu percepito, sì, Dante lo
capì allora e
adesso gli è più chiaro.
“Ora,
uccidimi... È il tuo lavoro uccidere demoni”.
Il viso di
Lucia, nel mentre di quella richiesta, apparve al ragazzo come una
figura inumana, per metà appartenente questa terra e per
metà di
quella del dolore.
Speranzosa, desiderosa di una morte salvifica.
Ma quelle forze che reggono le celesti sfere, o gli anfratti
più
oscuri dell'abisso, quel giorno, furono di tutt'altro avviso.
«Sì,
è il mio lavoro, ma non uccido innocenti» un altro
mormorio, ma
questa volta fermo, deciso, convinto e inattaccabile, quanto
più che
giusto.
Non avrebbe mai permesso a Lucia di diventare un essere
deforme, figlio delle tenebre e del sangue di una vita spezzata, come
un vampiro, dominato dalla forza di restare in vita e dal desiderio
di porvi termine. Una creatura in cui albergano una costanza
nell'animo e immoralità nel cuore freddo, privo della
capacità di
battere, ma destinato solo a provare dolore.
“Give
me something more,
Give me something worth of sacrifice.
[…]
Give me a sign
Am I insane?”.
Una
risata sardonica partì dal detective nell'udire questa
domanda
mascherata da canzone; gli sembrava di impazzire, malgrado
ciò,
avrebbe trovato il modo di scoprire quello che gli premeva
sapere.
Il
canto di Lucia proseguiva, mentre il getto continuo dell'acqua si
arrestò di colpo, mentre un altro motivo partì,
questa volta si
trattava di “Losing
my religion”,
altro titolo di per sé emblematico, per certi versi.
La
voce della ragazza aumentò di tonalità, aveva
dunque lasciato il
bagno, per andare in cucina, passando per il corridoio.
Fu
lì che lo vide.
Le
guance le si colorarono repentinamente e strinse un po' di
più il
lungo telo che aveva adoperato come asciugamano, non si aspettava che
Dante fosse lì, e soprattutto che avesse voltato il capo nel
momento
esatto in cui lei mise piede nell'andito.
«Ti
ho sentita arrivare, non occorre che cammini a piccoli passi per non
far rumore» iniziò lui, divenuto dal nulla il
nuovo primo attore
della Compagnia d'Arte Drammatica.
«Veramente è il mio modo di
camminare, questo, non è che ho fatto piano per disturbare o
altro»
se c'era qualcosa che l'acchiappa-demoni era capace di fare senza
particolare impegno da parte sua, era far incattivire la gente con
poco, e Lucia in questo momento non faceva eccezione, ma dal modo di
parlare di lei, era presente un briciolo di autocontrollo non ancora
gettato sotto i piedi.
«Mi era parso il contrario...» ribatté
lui deciso a farla crollare. Se questo era il metodo più
efficace
per sondare il terreno attorno la cacciatrice, allora occorreva anche
una certa dose di pazienza per verificarne gli esiti.
Un sonoro
sbuffo di disappunto fu emesso da Lucia, portando anche all'indietro,
con lo stesso gesto, un ciuffo di capelli ancora bagnato che le era
scivolato sul viso, cosa notata anche da lui, che la raggiunse in un
attimo, osservandola intensamente in volto.
Voleva capire perché
tutta quella freddezza e quella ritrosia nei suoi confronti.
Questo
era quanto.
Non volendo, Lucia indietreggiò, poggiando la
schiena al muro e dei brividi di freddo la scossero, mentre alcune
piccole gocce di rugiada dall'aroma fruttato scivolavano sulla pelle
nuda delle spalle.
Egli si accorse anche di questo, avvicinando
il viso all'acromion di Lucia, sollevandolo, mentre lei
abbassò il
suo per poterlo osservare meglio, mentre lei si rendeva già
conto
che qualcosa stava vacillando. La sua sicurezza, renitenza ora
già
altalenante.
«Lucia...» disse Dante. I suoi occhi la stavano
fissando, implacabili, mentre lei, impaurita, volgeva uno sguardo
commosso, impaurito, pietoso.
Tra le sue braccia e la schiena contro il muro, si sentiva
irrimediabilmente in trappola.
«Sì?» ella non disse altro, ma
sorrise; lentamente, ma lo fece.
Dante, tornando in perfetta
posizione eretta, osservò ancora meglio quel viso che ogni
volta
immaginava nei suoi pensieri, come quelli di poco tempo prima, e
rimase stupito di quanto la sua fantasia sapeva dargli una perfetta
similitudine della realtà. Lucia aveva lo stesso sguardo
sicuro che
vedeva ogni notte e che avrebbe voluto ammirare per davvero, senza
confondersi tra le sensazioni e le percezioni fallaci.
«What
if all these fantasies...»
era una parte della canzone che la ragazza stava canticchiando
girando semi-vestita per la casa. Lei capì, subito,
all'istante.
«Come
flailing around...»
sussurrò e sollevandosi sulle punte dei piedi, inclinando la
testa,
lo baciò.
Le
labbra di Lucia erano calde, morbide, come quelle che Dante aveva
immaginato, solo che questo non era più uno scherzo della
mente, ma
la più tangibile delle realtà.
Vedere
che quell'attimo iniziato aveva tutta l'intenzione di proseguire come
l'incedere possente del fragoroso temporale, fu lui a spingere nella
bocca di lei tutto quello che aveva represso e scioccamente male
interpretato fino ad allora.
Voleva
che quello sconvolgimento non lo abbandonasse più e
così, cingendo
la vita della ragazza, quella che dapprima era stato soltanto un muto
accordo di collaborazione tra due cacciatori di demoni, prese le
sembianze di una promessa, un veleno intenso fatto soltanto di loro
due:
«Lucia...
resta, resta con me.»
L'angolo
di Layla.
Salve
a tutti! *Scrooge è qui*
Comincio
col dire che ero troppo ottimista col dire che avrei postato dopo
alcuni giorni il secondo capitolo, ma a mia discolpa posso dire che
sono stata trattenuta da alcuni impegni che non mi hanno permesso di
battere su file questo secondo e ultimo capitoletto. Chiedo venia.
Immagino che alcune piccole
considerazioni sul perché io abbia usato questa poesia e
questa
canzone siano doverose.
Ad agosto,
presi una bella otite media e, dato che avevo una febbre da cavallo e
avevo un male atroce, la mia unica consolazione era che stando a
letto, potevo scribacchiare tranquilla. E il primo capitolo lo
scrissi in quel tempo, poi il mio pc non dava segnali di vita e...
Se notate, non ho più
aggiornato né
il mio Notturno, né la mia fiction con una samurai
protagonista –
oltre alle altre incomplete e sospese –, ma prometto che
aggiornerò
tutto, con calma, giuro! U.U
Insomma,
dicevo della poesia. Questa poesia, che ora ho riportato in francese
(se conoscete la lingua e la leggete a voce alta, noterete senz'altro
la sublimità e la perfezione di questi oscuri e passionali
versi),
l'estate appena passata, era l'oggetto di studio del mio fratellino,
che doveva scrivere la traduzione e il commento come compito per le
vacanze. Mi rivelò che la poesia era stata scelta in classe
dalle
bimbeminkia delle sue compagne di classe, che immaginate a quali
vampiri avessero pensato. Sì, quelli scintillanti con
glitter e
porporina di “Twilight”, al che, quando me lo
disse, scoppiai a
ridere come una cretina, anche se non potevo perché avevo il
meato
acustico danneggiato, ma questa è un'altra storia
– che male boia
mi feci – XD
Ho riso per non
piangere perché guai a chi mi tocca Baudelaire. Lui non ha
scritto
di esseri sbrilluccicosi!
Con questo
poeta ho un rapporto di profonda venerazione e rispetto, che rimanda
ai miei quattordici anni, quando lo scoprii per davvero.
Vi
basti sapere che fu la molla che mi fece scegliere l'argomento della
mia maturità, mentre in sottofondo, “From
Yesterday” dei Mars
faceva il resto, ovvero: “On his face is a map of the
world”.
Mi
bastò questo verso più
“L'Albatros” del poeta francese per
partire nel mio mondo fatto di parole e così la mia tesina
si
scrisse da sola. Parlai della solitudine dell'artista e chi mi
conosce lo sa, è un tema che mi affascina.
Il
connubio musica-poesia-scrittura ha un effetto potentissimo e magico
su di me.
La stessa cosa anche
stavolta. Stavo ascoltando come era venuta la cover dei Lacuna Coil
di “Give me something more” cantata dalla
sottoscritta e poi
spiegai a mio fratello la poesia, dedicata a Jeanne Duval, la mulatta
dalla quale contrasse la sifilide, che amò con tutto se
stesso,
logorandosi nello stesso amore. Questa shot mi venne in mente da qui.
Da come la descriveva il Poeta,
Jeanne aveva una pelle olivastra, bruna e al tempo stesso inebriante,
dall'aroma penetrante, capace di obliargli i sensi e capace anche di
fargli scrivere assoluti capolavori, direi. Ora non ricordo se ella
avesse gli occhi scuri o chiari, ma ho accostato in un folle raptus
la carnagione di Jeanne a quella di Lucia e ai suoi particolari occhi
e mi sono immaginata una situazione tipo: e se Lucia fosse anche lei
una specie di "tentatrice" per Dante?
Okay,
sono una che fantastica parecchio, e chi lo nega e su questa coppia
ho una particolare adorazione, non nascondo anche questo.
Ma
devo dire anche che, la poesia in sé, è stata
interpretata come
abnegazione di Baudelaire stesso che, conscio del fatto che Jeanne lo
desiderasse solo per “alcune botte e via” (bonjour
finesse!) e
che dunque vide il sommo Maledetto ad allearsi con il desiderio bruto
di lei, solo per non perdere l' “affetto” della
tizia. Sì,
quest'interpretazione è più che giusta, ma
siccome i versi
suscitano emozioni e sentimenti diversi a ogni lettore che si
approccia a essi, la mia interpretazione, associabile a questa
piccola fiction è di tutt'altro avviso. Non che sia una
critica o
chissà chi, ma mi diletto a dare le mie esegesi, di tanto in
tanto
*Sgarbi mode: ON*
La mia idea della
poesia è questa: nei versi si avverte lo struggimento,
l'irritazione, la frustrazione, il non riuscire a raggiungere
ciò
che si desidera e io ci ho rivisto Dante che, non riesce a capire
perché Lucia lo stesse evitando, per poi scoprire che il suo
era un
tentativo di resistere al sentimento che la bruciava di già,
cosa
che poi, non è riuscita a fare. La metafora del vampiro era
d'obbligo perché come la passione di Baudelaire che
propendeva al
nero del sentimento corrotto, Dante, se avesse ucciso Lucia come ella
chiedeva, avrebbe reso lei una creatura oscura, ancora più
triste e
per me, il beneamato cacciatore di demoni, al di là di
tutto, ha un
cuore grande, per così dire.
Ecco la
mia visione delle cose, punto.
Siccome
mi rendo conto di avere scritto troppo ringrazio di cuore DreamNini
che ha recensito il capitolo uno e LilythArdat,
ovvero per me Lady Baudelaire che ha messo il piccolo esperimento tra
i preferiti seppur ancora incompleto.
E
ovviamente ringrazio anche tutti coloro che leggono e non favellano,
con un po' di mio dispiacere, e vabbe', non si può avere
tutto, mi
accontento di poco. Però ve lo dico eh, ne ho un'altra in cantiere, sempre su Dante e Lucia, ma questa volta mi hanno ispirata i Muse con la loro "Madness"! *///*
Ma ora vi
lascio, porgendovi dei sinceri auguri di buone feste in generale,
sono atea, non riesco ad essere ipocrita e dire “buon
Natale”, e
spero che possiate trascorrere questi giorni sereni e circondati
dall'affetto di chi vi è caro, cosa da augurare non solo
ora, ma
sempre.
Un abbraccio,
Layla_Morrigan_Aspasia.
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