La vera magia del Natale

di allison742
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Una lettera, una bambina, e una donna dal cuore grande. ***
Capitolo 2: *** C'è chi lo chiama destino... ***
Capitolo 3: *** Fine dello spettacolo o fine primo tempo? ***
Capitolo 4: *** Non tutto è come sembra. ***
Capitolo 5: *** Professione: attrice. ***
Capitolo 6: *** Inaspettatamente... ***
Capitolo 7: *** Imparare a volare. ***
Capitolo 8: *** Cinque anni dopo... ***



Capitolo 1
*** Una lettera, una bambina, e una donna dal cuore grande. ***



Una lettera, una bambina, e una donna dal cuore grande.
 
Finalmente il Natale si sta avvicinando.
Amo questo periodo dell'anno; le luci, il clima, la felicità delle persone.
Ma la cosa più bella in assoluto è fare i regali a chi voglio bene.
L'espressione che fanno nell'aprirlo, il sorriso che mi regalano, seguito da un allegro "Grazie!" e, se mi va bene, anche da un abbraccio... Tutto ciò non ha prezzo, e mi rende felice.
Per questo mi trovo a passeggiare tra i negozi, osservando le vetrine con in mano la lista delle cose da comprare.
Sono particolarmente concentrata su un vestito verde ottano che neanche mi accorgo di un coretto che ha intonato canzoni natalizie.
Mi avvicino sorridendo.
Ecco la vera magia del natale.
Applaudisco quando finiscono e, dopo essermi complimentata, torno a riporre la mia attenzione alle vetrine.
Per fortuna nessuno mi ha ancora riconosciuta.
Nonstante la neve porto gli occhiali da sole; amo i fan, ma questo pomeriggio ho bisogno di tempo per me stessa.
Mi trovo a New York per le vacanze natalizie, purtroppo da sola.
Cerco di allontanare quel pensiero.
Nonostante gli occhiali mi bruciano gli occhi per il freddo.
Per oggi ho finito gli acquisti, così cammino spedita verso la strada per chiamare un taxi.
Non avevo però calcolato il fattore ghiaccio.
Così, senza neanche rendermene conto, mi trovo distesa sul marciapiede.
Grazie al cielo non ero ancora sulla strada principale, e nessuno mi ha vista.
Mi rialzo, e mentre raccolgo le borsine, noto un foglietto incastrato nella neve che svolazza.
Sorrido mentre mi viene in mente la scena de "La fabbrica di cioccolato"...
"Magari trovo dieci dollari come Charlie" penso diverita, mentre estraggo la carta e la pulisco.
Con mio stupore noto che non si tratta affatto di un banconota, anzi; ciò che ho in mano è una lettrina.
Un letterina particolare,
Tutti ne hanno fatta una almeno una volta nella vita.
La lettera a Babbo Natale.
Comincio a leggere curiosa di ciò che potrò trovare.
 

"Caro Babbo Natale.
Sono ancora io, Charlotte.
Forse ti ricordi di me, l'hanno scorso ti avevo chiesto dei giochi, forse troppi.
Quest'anno no.
Per stavolta ti chiedo solo un po' di serenità e felicità.
Magari lo hai sentito in giro, ma nel caso non ne fossi al corrente devi sapere che nove mesi fa la mia mamma se n'è andata.
Era malata, e non ce l'ha fatta.
Ora, io non ti chiederei mai una nuova mamma, perchè una come lei sarebbe impossibile; ma forse, se tu puoi, una persona che stia vicina a me e al mio papà.
E, detto tra noi, quella che c'è adesso non mi piace per niente dunque vedi di cambiare genere, per favore.
Ti voglio bene Babbo Natale.
Charlotte."

 
Senza neanche rendermene conto sto piangendo.
La dolcezza e l'innocenza di questa bambina mi hanno colpito nel cuore.
Ripiegando il foglio noto un promemoria per Babbo Natale, dove Charlotte gli ricordava il suo indirizzo; "giusto per non sbagliare" c'era scritto.
Sorrido, mentre nella mia testa si fa strada l'idea che io debba fare qualcosa per questa bimba.
Beh, ho l'indirizzo... Chi mi impedisce di fare un giretto?
Fermo il primo taxi che trovo.
- Salve signorina, dove la porto?
Io guardo la letterina e, convinta, detto al tassista la via.

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Capitolo 2
*** C'è chi lo chiama destino... ***



C'è chi lo chiama destino...
 
Arrivo a destinazione in meno di dieci minuti.
Ringrazio il tassista e scendo dall'auto, alzando lo sguardo verso il cielo nella speranza di riuscire a vedere la cima del grattacielo che ho davanti.
Dove sono finita?!
Mi sto quasi pentendo di essere arrivata fin li.
Il portiere mi saluta sorridente e mi invita ad entrare.
Sto per dirigermi verso la hall quando mi accorgo che non conosco il cognome della bambina... Come farò a trovarla in un luogo così grande?!
Mentre cerco una soluzione mi siedo sul divanetto ed estraggo la letterina, nella speranza di trovare qualche indizio... Niente.
Sconsolata la rimetto in borsa, sospirando.
Sento delle ristate provenire dalle scale.
Pochi secondi dopo vedo spuntare una donna con i tacchi a spillo e un vestito talmente corto  che sembra si sia dimenticata di indossare la gonna.
Al suo seguito vedo comparire un uomo, che accelera il passo per raggiungerla e cingerle i fianchi.
Sembrano felici.
Ed è in questi casi che sento una malinconia crescere dentro di me fino a distruggermi.
Quando mi passano davanti abbasso lo sguardo facendo finta di cercare qualcosa nella borsa.
Lo rialzo subito dopo, e li vedo ancora li,  che allegri salutano il portiere.
Mentre escono passando dalla porta girevole l'uomo si volta per sistemarsi i capelli ed è in quel momento che incontra i miei occhi.
Rimango folgorata all'istante... Non avevo mai visto niente del genere in vita mia.
E lui sembra provare le stesse sensazioni.
I nostri sguardi rimangono incatenati per pochi secondi, fino a quando la donna lo chiama ed esce sulla strada.
Sento come se mi avessero strappato una parte di cuore.
Riprendo fiato e mi alzo, decisa a trovare quella piccola bimba in cerca di felicità e di dimenticare quell'incontro.
Mi sarei accontentata di restituirle la letterina e di farle gli auguri per una vita meravigliosa.
Tutto qui.
Come detta lo spirito natalizio.
Vedo una ragazza entrare di corsa nel corridoio.
Frena di colpo davanti alla hall.
- Salve signorina, la piccola Charlotte la sta aspettando.
- Grazie Arthur, corri da lei... Cavolo sono in ritardo anche oggi...
Ho captato in tempo la parola chiave: Charlotte.
Devo seguire quella ragazza.
 
- Ehi, ehi... Aspetti! - la chiamo mentre le porte dell'ascensore si stanno per chiudere.
Lei, gentile, le blocca e mi fa salire.
- Grazie - mormoro, non sapendo che altro dire.
Lei mi sorride e, porgendomi la mano, si presenta.
- Piacere, sono Christine. -
- Stana - rispondo ricambiando la stretta di mano.
Poi parto all'attacco:
- Ho sentito prima che una bambina di nome Charlotte la sta aspettando... Ecco, vede, io sto cercando questa bambina, perchè devo restituirle una cosa che ha perso.
- Mi dispiace, ma io sono solo la baby-sitter, e non sono autorizzata a far entrare gente in casa.
- Lo so, e io farei la stessa cosa... Ma deve capire che è importante, ne va della felicità di Charlotte.
Alzo lo sguardo: siamo già al ventesimo piano, e continuiamo a salire.
Vedo Christine dubitante.
- Ascolti, che ne dice se parlo con il padre? - tento.
- È già uscito, per questo sono in ritardo. - mi risponde sistemandosi la borsa sulla spalla.
Ora che la osservo meglio noto che è una ragazzina... Non avrà più di 17 anni.
Questo potrebbe essere a mio favore.
- Ascolta, prometto che non combinerò guai... Parlerò con Charlotte in tua presenza e me ne andrò nel giro di dieci minuti. - dico passando a darci del "tu" per sembrare più confidenziale.
Lei ci pensa un attimo poi, sussurrando, annuisce.
- Va bene, mi fido... Non più di dieci minuti però.
- Grazie, non chiedo altro - rispondo sorridendo.
L'ascensore si ferma e ci dirigiamo verso il portoncino.
Christine infila le chiavi.
- Charlotte? - la chiama - abbiamo visite! -
- Ciao Christine! - sento la vocina provenire dalla stanza in parte. - vieni tu che sto incollando i disegni! -
La baby-sitter mi fa cenno di seguirla.
Svoltiamo più corridoi, fino ad arrivare davanti alla porta della piccola.
Nell'arrivarci noto il lusso e la bellezza della casa.
Sono sicuramente una famiglia ricca; e da un certo unto di vista sono contenta, perchè, essendo abituata a certi ambienti, so che tipo di persone incontrerò.
Mi ritrovo ad osservare la scritta in legno appesa alla porta che indica il nome della bimba.
Christine mi invita ad entrare spalancando la porta.
Io le sorrido, mentre mi chiedo come diavolo sia riuscita a passare da una giornata di shopping ad una bambina.
Cosa faccio davvero qui?
Con questo dubbio prendo un bel respiro ed entro.
 
- Allora, ricapitolando, - mi spiega la piccola bimba dai biondi capelli ricci - Tu ti chiami Stana e sei venuta fin qui per riconsegnarmi la mia letterina destinata a Babbo Natale che hai trovato nella neve scivolando sul marciapiede mentre compravi dei regali. E tu ti aspetti che io ci creda? - conclude scettica.
"Otto anni di pura saggezza." penso mentre sono seduta su una piccola seggiola rosa confetto.
- Lo so, sembra stranissimo,  ma è la verità. Ti ho riportato anche la lettera così che tu possa inviarla a Babbo Natale. - spiego estraendola dalla borsa.
- Aspetta, aspetta! - esclama balzando in piedi con gli occhi che le brillano - tu ce l'hai qui?! Allora c'è una sola spiegazione! - esulta sempre più felice.
- E sarebbe? - chiedo, spaventata di sentire la risposta.
- Sei tu! Ti ha mandata Babbo Natale da me... L'hai letta vero? Sai cosa ho chiesto? Sei tu il mio regalo di Natale! - mi spiega saltandomi al collo.
Sono paralizzata.
La stringo anche io.
- Ti sbagli Charlotte... Io l'ho solo trovata, non posso essere io la tua nuova mamma. Non sono io... - le sussurro con le labbra nei suoi capelli.
La sento irrigidirsi.
Si stacca da me e noto le lacrime agli occhi.
Mi piange il cuore a vederla così.
- Perchè? - mormora.
- Perchè io non sono la persona che stai cercando... Non ci conosciamo nemmeno, non conosco il tuo papà...
Vedo una lacrima rigarle il suo bel visino.
- Scusami Charlotte, non sarei dovuta venire... - mi alzo dalla sedia, accarezzo i capelli della bimba e esco dalla camera.
- ASPETTA! - mi chiama. - Puoi aspettare che torni il mio papà?
- Emh... Ecco... C'è qui Christine, io non so se...
- Dai, finchè arriva, poi sarai libera di andare.
Guardo la baby-sitter, che mi sorride e annuisce.
- Ok, ma solo fino a stasera, va bene?
- Va bene! - risponde, mentre ormai le è già ritornato il sorriso.
Mi prende per mano e mi trascina fino al letto, presentandomi la sua collezione di bambole.
Mi tolgo il cappotto e poggio la borsa.
Ho come la vaga impressione che oggi pomeriggio tornerò a quando avevo dieci anni.
 
Sono nel bel mezzo del the delle cinque con Charlotte e le sue bambole, quando suona il campanello.
Christine va ad aprire e la sento salutare.
Immagino sia il papà.
Mi alzo e li raggiungo nel salotto, seguita da Charlotte.
Quello che vedo è assolutamente fuori programma.
È lui, ne sono certa... I suoi occhi non potrei mai dimenticarli.
È lo stesso uomo che ho visto nella hall poche ore fa.
- Ehm... Salve? - mi dice stranito dal vedere un'estranea in casa sua.
- Salve... - riesco a rispondere.
A quanto pare non si ricorda del nostro "incontro".
Da vicino è ancora più bello.
- Mi scusi per esserle piombata in casa in questo modo - cerco di spiegare - il fatto è che ho trovato...
- La signorina intende dire che ha trovato le strade molto scivolose, ed è caduta proprio qui davanti al palazzo. È entrata in cerca di aiuto e Christine, nell'arrivare, l'ha portata in casa per controllare stesse bene. Poi, per sdebitarsi, si è offerta di giocare con me fino al tuo arrivo. - mi interrompe Charlotte mentre si avvicina ad abbracciare il padre.
- È andata così? - mi chiede.
Io incrocio lo sguardo della bambina, che mi fa l'occhiolino.
- Sì... Sì, è andata così - rispondo cercando di essere i più convincente possibile.
Non so cosa ha in testa quella bimba, ma, senza sapere bene il perchè, decido di appoggiarla.
- Perfetto! Allora che si fa? Resta a cena? - mi invita... Solo ora mi rendo conto di non sapere neanche il nome.
- Non lo so... Forse adesso è meglio che vada...
- NO! Ti prego, resta ancora un po'. - mi supplica Charlotte.
Suo padre ride, ma non dice nulla.
Sono quasi tentata di restare, ma non mi sembra proprio il caso.
- Mi dispiace, ma stasera ho un impegno... Non posso proprio. - rispondo mentre recupero le mie cose dalle mani di Christine.
- Allora ci vediamo domani, va bene? Alla pista di pattinaggio, alle quattro... Ci conto! - esclama Charlotte lasciandomi un bacio sulla guancia e scomparendo nel corridoio.
- Beh, non mi ha dato possibilità di scelta... - commento ridendo.
- A quanto pare ci vediamo domani, signorina...
- Stana! Stana Katic.
- Piacere Stana, io sono Nathan Fillion.





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Capitolo 3
*** Fine dello spettacolo o fine primo tempo? ***



Fine dello spettacolo o fine primo tempo?

Sono le quattro, e puntualissima mi trovo sulle scalinate della pista di pattinaggio.
Un parte di me non vede l'ora che arrivino, ma l'altra ha paura che ci possa essere anche la fidanzata di Nathan.
Fatico ad ammetterlo anche a me stessa, ma sono rimasta letteralmente incantata da quell'uomo.
Mi sento attratta da lui come non mi era mai capitato.
Mentre i miei pensieri vagano già ad un futuro troppo lontano, sento delle manine coprirmi gli occhi.
Sorrido e mi giro di colpo prendendo Charlotte per la vita.
Le faccio il solletico mentre lei ride felice.
La mia giornata si rallegra improvvisamente.
- Forza Stana, andiamo a prendere i pattini. - mi incita tirandomi per un braccio.
- Non c'è il tuo papà?
- Sì, è con miss "non guardarmi che mi consumo" - risponde alzando gli occhi al cielo e indicando un punto all'entrata della pista.
Il mio umore scende improvvisamente fino a toccare il suolo.
Vedo Nathan salutarla con un bacio e avvicinarsi a noi.
- Ciao Stana, grazie di essere venuta.
- Figurati, mi fa piacere. - rispondo cercando di nascondere tutta la gelosia che sta straripando dal mio corpo.
Beh, almeno la "Miss" se n'è andata.
Ma perchè faccio questi pensieri?
Ci conosciamo solo da un giorno e tre minuti e provo gelosia nei suoi confronti?!
Non è da me... Non è decisamente da me.
- Forza, che stiamo aspettando? - dico prendendo la mano di Charlotte. - andiamo a noleggiare i pattini.
La piccola saltella felice, mentre Nathan ci segue sorridendo.
So perfettamente che mi sta fissando da dietro così muovo i fianchi più del dovuto.
Il pomeriggio non è cominciato al massimo, ma potrà di certo migliorare.

- Perchè tu non pattini?! - chiedo a Nathan, vedendolo spostarsi verso i lati della pista.
- Ehm... Ecco, io... Faccio le foto! - esclama poco convinto estraendo il telefono.
Mi metto a ridere.
- Non sei capace, vero?
- Io preferisco "diversamente capace", signorina Katic. - mi risponde serio, per poi scoppiare a ridere.
- È facile, ti insegno io. - dico porgendogli i pattini.
- Ma non se ne parla neanche! Non c'è mai riuscito nessuno... E tu non sarai la prima.
- Ok, staremo a vedere. - rispondo voltandomi e raggiungendo Charlotte all'interno della pista.
Faccio due piroette di prova, lasciando tutti a bocca aperta.
Non credevo di essere ancora così capace...
- Ti prego, insegnami! -  mi supplica Charlotte con gli occhi spalancati.
Io sorrido e le spiego tutti i movimenti, mentre con la coda dell'occhio osservo, di tanto in tanto, Nathan che ci guarda dalla panchina.
Sorride, sembra felice.
E io sento di essere parte della causa della sua felicità.

Sono intenta a spiegare a Charlotte come fare i salti sui pattini quando sento qualcuno che mi prende per i fianchi.
 Mi volto pronta a tirare un pungo a chiunque abbia osato toccarmi, quando mi trovo davanti Nathan che mi supplica di non picchiarlo.
- Scusa, scusa... Non volevo... Stavo per raggiungervi, ma non sapevo come frenare... Mi dispiace.
- Mmm... Farò finta di crederti. - rispondo provocandogli un sorriso. - Allora, alla fine ha deciso di provare eh?!
- Vi stavate divertendo troppo senza di me... Non mi sembrava affatto corretto, così eccomi qui! - spiega con fare teatrale, allargando le braccia a accennando un inchino.
Io e Charlotte ci guardiamo e scoppiamo a ridere, poi lo prendiamo per le braccia e lo trasciniamo per tutta la pista.
Lui nel frattempo urla, sovrastando le nostre risate.
Mi sto divertendo... Finalmente dopo mesi sono tornata a ridere davvero.
Faccio cenno a Charlotte di invertire direzione, cosa che porta ancora più confusione in Nathan.
Siamo al massimo della nostra velocità, quando sento una vocina squillante chiamarlo.
Freno di colpo e mi volto.
Eccola, venuta a rovinare tutto.
Nathan, nel vederla, le fa segno di aspettare ancora qualche minuto, ma lei, impaziente, entra nella pista con le sue meravigliose (devo ammetterlo) e nuove scarpe di Prada.
Barcolla più volte sui tacchi, ma arriva a noi prendendolo per mano e trascinandolo via, senza degnare di uno sguardo me o Charlotte.
- Aspetta, devo prendere mia figlia... - prova a dire Nathan.
- Non preoccuparti, è con la baby-sitter, no?
- Lei non è una baby-sitter, lei è un' amica. E magari ha altro da fare che stare con Charlotte.
Mi ha difesa, e mi ha definita un'amica.
Non potrei essere più felice di ora.
Contro la mia volontà la mia bocca si apre.
- Non c'è problema, starò io con lei. - dico.
- Sentito? Andiamo, presto. - commenta la sua fidanzata trascinandolo via.
Lui si volta e mi guarda dispiaciuto; io gli sorrido triste, prendendo Charlotte per mano.
- Allora, che ne dici di una cioccolata? - propongo.
- Dico che non desidero altro! - esclama sfrecciando verso l'uscita.

Stiamo parlando del più e del meno... Mi sta raccontando del fatto che sono a New York per le vacanze di Natale e che a gennaio torneranno a Los Angeles, quando si rattrista improvvisamente.
- Che succede?! - chiedo preoccupata.
Charlotte alza lo sguardo e scopro un velo di tristezza nei suoi occhi.
- Mi manca la mamma... Non puoi immaginare quanto. Di solito venivamo qui per Natale noi tre, ci divertivamo sulle giostre e a correre per le strade innevate. Facevamo la lotta con le palle di neve, e ci buttavamo per terra nel prato. Ora invece lei non c'è più, e papà ha trovato questa strana donna che dorme nello stesso letto dove dormiva la mia mamma... Non è giusto, mi tratta male, come se fossi un peso da scartare...
Sconvolta da quelle parole, non posso fare nient'altro che alzarmi e stringerla forte.
Le trasmetto tutto il mio affetto con quel semplice gesto.
Lei scoppia a piangere, ma si fa coccolare da me, rifugiandosi tra le mie braccia.
Comincia a parlarmi della sua mamma, Brooke, di quando fosse bella, di quanto la facesse divertire e di quando ha sofferto quando se n'è andata.
Mi racconta della sua costante paura di fare qualcosa che potrebbe deluderla, e del suo grande desiderio di trovare qualcuno che le stia vicino come faceva lei; qualcuno diverso da Cindy, la fidanzata del padre.
Finisce di sfogarsi che sono già le sette.
La riaccompagno sotto casa e scendo per aprirle la portiera.
Vedo Nathan che ci viene incontro.
- Grazie Stana, sei stata fantastica oggi.
"Sì, per lasciarti libero di fare chissà cosa con Cindy!" penso.
- Figurati, mi sono divertita molto. - rispondo invece, senza mentire.
- Ciao Stana, a presto! - esclama Charlotte saltandomi al collo.
Io mi abbasso per facilitarle l'operazione, mentre mi sussurra nell'orecchio un "Ti voglio bene."
- Anche io. - rispondo sincera.
- Sei quella giusta, io lo sapevo. Non ti lascerò scappare. - mormora sottovoce prima di raggiungere il padre nell'ascensore.
Entrambi mi salutano con la mano.
Io ricambio sorridendo, consapevole che questa è l'ultima volta che li vedrò.
Poi le porte si chiudono; inaspettatamente.
Come un sipario.
Fine dello spettacolo.




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Capitolo 4
*** Non tutto è come sembra. ***



Non tutto è come sembra.
 
Prendo un bel respiro ed esco dalla hall.
Fuori fa freddissimo, e alzo subito la mano nella speranza di trovare un taxi.
Sento il telefono squillare.
- Pronto?
- Salvati questo numero, ti servirà! – è Charlotte.
Sto per rispondere, quando la linea viene interrotta.
Ma come diavolo avrà fatto?!
Quella bimba è più sveglia di quanto immaginassi.
Sorrido mentre obbedisco all’ordine.
Salgo sul taxi e torno verso il mio hotel.
Stanca ma felice.
 
Sento la sveglia delle nove e mi alzo di malavoglia.
Sono pur sempre in vacanza, anche con un invito a pranzo!
Vado in bagno per vestirmi, pronta per scendere a fare colazione.
Ho intenzione di passare la mattinata per negozi, in cerca di un regalo per Charlotte.
Sono invitata a pranzo a casa loro, e non voglio presentarmi a mani vuote.
Sono sei giorni che non li vedo, e mi sono mancati più di quanto potessi immaginare.
Dopo ore di ricerca non ho ancora trovato qualcosa di adatto e speciale; mi accorgo però che ormai è ora di raggiungerli, dunque compro una torta e rimando la ricerca al giorno successivo.
Arrivo in perfetto orario e saluto il portiere, che mi risponde sorridente.
Suono il campanello del loro loft e la porta si apre… davanti a me trovo Cindy con una faccia poco simpatica.
- Stammi bene a sentire: non ho intenzione di interrompere la mia relazione con Nathan perché una sconosciuta, scivolando, ha trovato un pezzetto di carta. Stai alla larga da noi. Erano anni che aspettavo che si liberasse di Brooke, e quando è morta ho visto la mia più grande occasione. Dunque levati dalla testa qualsiasi idea tu stia per formulare, perché per quanto passi le giornate a parlare di te, Nathan è innamorato di me!
- Stanaaaaa! – la strega viene interrotta dall’entusiasmo di Charlotte, che si lancia su di me stringendomi il collo.
- Se puoi metterla in cucina… - dico passando la torta a Cindy, che mi fulmina con lo sguardo, per poi girare i tacchi e andarsene.
Prendo Charlotte in braccio e attraversiamo l’ingresso, entrando nella sala da pranzo.
E’ bellissima… ogni parete è addobbata in maniera impeccabile, proprio come piace a me.
- Ciao Stana! – esclama Nathan nel vedermi. – Charlotte, scendi che pesi! – rimprovera la figlia.
Si avvicina a noi e la toglie dalle mie braccia per posarla a terra; poi mi da’ un bacio sulla guancia.
Mi sfiora la mano e torna in cucina.
Io rimango folgorata per alcuni istanti, finchè Charlotte mi prende la mano e mi trascina sul divano per mostrarmi il suo nuovo gioco.
Il pranzo trascorre abbastanza tranquillo, con i sorrisi di Nathan, gli abbracci improvvisi di Charlotte e le occhiate di Cindy, che tiene fermamente stretta la mano del suo fidanzato.
Terminato il dolce la piccola mi porta in camera sua e mi chiede di consigliarle che vestito mettersi per il giorno di Natale.
Felice di aiutarla apro l’armadio, e all’interno vedo una pianola.
- Non sapevo suonassi… - commento.
- Infatti è una cosa che odio, ma Cindy ha convinto papà sul fatto che mi farà bene, in futuro, saper suonare uno strumento. – mi risponde alzando gli occhi al cielo.
- Ascolta piccola, se una cosa non ti piace, non permettere a nessuno di obbligarti a farla. Escludendo la scuola, ogni hobby o sport deve piacere. E se a te proprio non va dillo a tuo padre, e vedrai che potete trovare una soluzione. – le dico prendendole le mani.
- Ma lui ci tiene tanto… non vorrei deluderlo.
- Non deluderai nessuno, fidati. Allora, tu cosa vorresti fare?
- A me piacerebbe pattinare, iscrivermi e fare le gare… - mi risponde con occhi sognanti.
- Perfetto! – esclamo – allora dovrai farglielo sapere il prima possibile; e se non funzionerà ci parlerò io.
- Grazie, sei fantastica. – dice abbracciandomi.
- Dai, scegliamo questo vestito…
Passiamo un ora buona a cercare un abbinamento giusto per Natale, ma non c’è niente che sembra andar bene.
- Facciamo così, un pomeriggio passo a prenderti io e andiamo insieme a fare shopping, che ne dici?
- Che mi sembra perfetto! Non vedo l’ora.
- Ok, adesso però vado in cucina… magari tuo padre ha bisogno di una mano…
- Oh, non sai quando hai ragione… - commenta ammiccando.
Io la guardo severa mentre lei ride sotto i baffi, poi mi allontano da camera sua.
 
- Ehi… - mi saluta mentre lo vedo sistemare i bicchieri.
- Ehi… ero quasi sicura che la cameriera avesse i capelli rossi prima… - lo prendo un giro.
- Sì, molto spiritosa… - risponde facendomi il verso. – In realtà l’ho mandata a casa io, in fondo devono essere vacanze un po’ per tutti, giusto?
- Giusto… allora, ti serve una mano?
- No grazie, ho quasi finito… ma se ti va di farmi compagnia volentieri…
- Oh sì, sempre che non dia fastidio a Cindy.
- Non preoccuparti di lei, sarà in salotto a farsi dare ordini dalla sua guardia del corpo. – risponde alzando gli occhi al cielo.
- Ha una guardia del corpo?! – non riesco a credere alle mie orecchie.
- Sostiene che non sia sicuro essere la fidanzata di un personaggio famoso, e così si sente più tranquilla… contenta lei…
- Non ti vedo molto convinto…
- Oh non fraintendere, io la amo: mi è stata molto vicina dopo la perdita di Brooke, e credo che a Charlotte serva una figura femminile al suo fianco; ma certe volte ha comportamenti un po’… ecco, strani. – conclude abbassando lo sguardo.
Per quanto mi sforzi non riesco proprio a trovare il sentimento “Amore” nelle parole appena pronunciate.
Probabilmente lo sta facendo solo per il bene di Charlotte, non accorgendosi però che a lei Cindy non piace per niente.
- Capisco, dev’essere stata dura per te… per voi.
- Non immagini quanto. Amavo Brooke con tutto il mio cuore, mi faceva sentire bene. E’ stata l’unica donna in grado di farmi provare un sentimento così forte; neanche con Cindy ci riesco. E non credo ci riuscirò mai più. Può sembrare scontato, ma è il classico caso in cui si dice “la donna della mia vita”… con Charlotte era fantastica, e lei sta sentendo molto la sua mancanza. Per questo le serve una figura femminile su cui fare riferimento… ci sono cose che un papà non può fare, come portarla a fare shopping o dalla parrucchiera. Forse è anche per questo che ho scelto Cindy…
- Lo so, Charlotte mi ha parlato di cosa prova in questo momento…
- Ti ha parlato dei suoi sentimenti?! – sembra stupito.
- Sì… non doveva farlo?
- No! Al contrario… non ne parla mai con nessuno, neanche con lo psicologo. Se l’ha detto a te vuol dire che sei speciale per lei… ti ringrazio.
Mi sento felice di aver avuto l’esclusiva al cuore di Charlotte.
- Figurati, per me è un piacere stare con lei.
- Ti capisco, è una bambina adorabile… ma troppo sveglia! – dice ridendo.
- Già troppo! – rispondo ridendo a mia volta. – Scusa, forse è meglio se adesso vada… posso usare il bagno prima?
- Certo! È vicino alla camera di Charlotte, sulla destra.
- Grazie…
Entro nel bagno e chiudo la porta a chiave.
Mi guardo allo specchio e mi ritocco la cipria.
Nel lavarmi le mani noto il cassettone leggermente aperto.
La curiosità vince sulle buone maniere e do un’occhiata.
Contiene le calze di Nathan ma, sotto di esse, trovo una foto di lui, Charlotte e, presumibilmente, Brooke.
E’ molto bella, esattamente come me l’aveva descritta la piccola.
Capisco quanto sia stato facile per Nathan innamorarsene… ha la dolcezza a la bontà negli occhi.
Rimetto a posto la foto e sto per chiudere il cassetto quando noto una scatolina.
Incuriosita la apro e trovo un anello di fidanzamento.
Le mie facoltà mentali si bloccano.
Le sta per chiedere di sposarlo…
Charlotte dovrà passare il resto della sua vita con quella stronza!
Devo fare qualcosa… per la bambina e, devo ammetterlo, anche per me.
Esco dal bagno cercando di alzare il livello del mio umore, ma con poco esito.
Saluto Charlotte dalla sua camera.
Arrivo all’entrata, dove Nathan mi porta il giaccone.
Mi aiuta ad indossarlo e mi fissa mentre lo allaccio, sorridendo.
- Ciao Stana, spero di vederti presto.
- Sì. – rispondo triste a causa della scoperta appena fatta.
- C’è qualcosa che non va? – mi domanda.
- No, stai solo attento alle scelte che fai… non sempre sono le migliori. Ne per te ne per chi ti sta intorno. Ah, un’ultima cosa… Charlotte odia suonare il pianoforte, io interromperei le lezioni fossi in te. Ciao. – dico uscendo dalla porta.
- Cosa diavolo…?! – mormora lui, ma ormai ho già svoltato l’angolo.
Una lacrima scende sul mio volto.
Cosa mi aspettavo?
Che si buttasse tra le mia braccia e mandasse all’aria i suoi progetti per me?
Sinceramente, sì.
Ma, a quanto pare, mi sono sbagliata.
 



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Capitolo 5
*** Professione: attrice. ***



Professione: attrice.
 
Sono passati due giorni da quella mattina ma mi sembra un’eternità.
Nessuno di loro due si è fatto sentire.
Nel frattempo però ho trovato un regalo per Charlotte, dunque dovrò per forza vederla almeno una volta prima di partire.
Sento bussare alla porta e vado ad aprire.
Il fattorino mi consegna la cena che avevo ordinato.
Pago, ringrazio e mi sistemo sul divano con la tele accesa.
Viva la vita sociale!
Apro le scatole e mi immergo nel cibo cinese.
Dio quanto ne sentivo la mancanza…
Sto facendo zapping quando mi squilla il telefono.
Charlotte.
Sorrido.
- Ehi piccola, come stai? – rispondo mentre tolgo il volume alla tv.
- Stana, grazie al cielo hai risposto, c’è un problema.
- Stai bene?! E’ successo qualcosa a tuo padre?!
- Io sto bene, sono a casa con la baby-sitter.
- E allora qual è il problema? – chiedo preoccupata.
- Papà è andato a cena con Cindy ma, la cosa più grave, è che l’anello è sparito! Non è più nel cassetto! Capisci cosa voglio dire?!
Il telecomando mi cade dalle mani e il sangue smette di scorrere.
So fin troppo bene cosa vuole dire.
Ma devo far finta di niente se non voglio passare per quella che fruga nei cassetti.
- Che anello?! Non capisco Charlotte…
- Non far finta di niente Stana! So che hai trovato l’anello quando sei andata in bagno, altrimenti perché eri così triste quando sei uscita?!
- Tu sei troppo sveglia signorina! – rispondo severa con una faccia incredula.
- Lo so, ma non è questo il punto… dobbiamo fermarlo Stana! Dobbiamo fare qualcosa!
- Hai qualche idea?
- No, ma io non posso uscire di casa, sono con Christine. – urla disperata.
- Ok, ci penso io. Dammi qualche secondo per escogitare un piano. Se tutto va bene ti richiamo tra mezz’ora! Tu però devi collaborare, ok?
- Certo, dimmi cosa devo fare!
- Perfetto, devi solo fare una telefonata…
 
Sono già venti minuti che mi trovo all’entrata di Central Park.
Sto gelando e devo andare in bagno.
Ma lo sto facendo per un buona causa.
Finalmente vedo dei fari che puntano verso di me.
L’auto si ferma e vedo scendere Nathan.
- Stana, stai bene?
- Si… oh, grazie mille di essere venuto. Non sapevo chi chiamare e, qui a New York ho solo il numero di Charlotte. Spero di non aver interrotto niente.
- Figurati, nulla di troppo importate. – mi risponde sorridendo. – quando Charlotte mi ha chiamato dicendo che ti si era rotta la macchina e che eri da sola, di notte, all’entrata di Central Park sono uscito dal ristorante e ti ho raggiunta il prima possibile. Questa non è mai una bella zona di notte. – mi spiega.
- Oddio, eri al ristorante?! Mi dispiace moltissimo! Non volevo interrompere. – mento io.
- Tranquilla… tanto le cose non stavano andando esattamente come previsto…  - mi risponde.
Sembra dispiaciuto.
E un po’ mi pento per aver costruito tutta questa scena, ma ripenso al motivo per cui lo sto facendo, ed ogni senso di colpa svanisce improvvisamente.
- Allora, com’è successo? – chiede, interrompendo i miei pensieri.
- Stavo facendo un giro e il motore si è fermato all’improvviso… è un miracolo che sono riuscita ad accostare…
- La macchina è tua?
- Sì, ma è quella che lascio qui a New York in un garage, e uso quando vengo in vacanza… probabilmente si è fermata perché è poco utilizzata…
- Ho capito… forza, sali, ti riaccompagno a casa.
- Grazie ancora, dovrò sdebitarmi con te. – gli sorrido mentre salgo sulla sua Porche.
- Non preoccuparti… un modo per sdebitarsi si trova sempre. – mi risponde facendomi l’occhiolino.
Io rido e chiudo la portiera.
Mette in moto e l’auto sfreccia via.
Sono con lui, sono felice.
Forse potrei osare anche dire “innamorata”.
Ma forse è troppo presto; o forse no… chi lo sa.
Non c’è più traccia del senso di colpa che provavo prima.
Ed è esattamente in casi come questi che torna utile il fatto di essere un’attrice.
Un’ottima attrice.
 
- Eccoci, quello è il mio hotel.
- Wow… è bellissimo.
- Grazie… allora Nathan, ci vediamo un giorno di questi? – azzardo.
- Certo, molto volentieri. Sempre che non ti arrabbi come l’ultima volta…
- Ascolta, avevo le mie buone ragioni…
- E non vuoi condividerle con la classe?
- Sì. Forse. Un giorno, quando sarà il momento, ti spiegherò tutto.
- Mmm… ok. Buonanotte Stana.
- Notte Nathan. – rispondo scendendo dall’auto.
Mi fa male.
Ciò che sto facendo mi sta ferendo nel cuore.
Vorrei tanto invitarlo a salire per… parlare.
Forza Stana, chi vuoi prendere in giro?!
Tu vuoi farlo scendere dal quell’auto e saltargli addosso.
Probabilmente è così, ma non succederà… non stasera almeno.
Salgo i gradini dell’hotel e, arrivata davanti alla porta, mi volto.
Lo vedo ancora in macchina, con il finestrino abbassato.
Lo saluto con la mano sorridendo.
Ma si vede lontano un miglio che è un sorriso triste, un sorriso di chi vorrebbe di più ma non può.
Lui ricambia con il classico gesto da militare, portandosi la mano alla fronte.
Rido.
In ogni situazione riesce a farmi ridere.
Scoppia a ridere anche lui.
Gli sorrido di nuovo, stavolta sinceramente.
Dio se lo amo.
L’ho pesato davvero?!
Ok Stana, riprenditi.
Scuoto la testa ancora con il sorriso sulle labbra e apro la porta.
Il portiere mi saluta e gli rispondo allegramente, forse più del solito.
Prendo l’ascensore e premo il pulsante.
Ho il cuore che batte all’impazzata.
Alzo lo sguardo e mi specchio nelle pareti.
Ho gli occhi sognanti, sembro un’adolescente.
Devo riprendermi.
Arrivo nel mio loft e mi sdraio sul divano. Accendo la tv mentre mi tolgo le scarpe e vedo il cibo cinese di prima, ormai freddo.
Butto tutto nel cestino e, mentre mi sto per togliere il giaccone mi squilla il telefono.
Sarà Charlotte che vorrà sapere come sono andate le cose.
Sorrido afferrando l’iPhone; compare un numero che non conosco.
Strano…
- Pronto?
- Scusa, puoi scendere, mi sono dimenticato una cosa. Sarei salito io a portartela, ma il portiere non mi lascia passare… - riconoscerei quella voce tra mille.
- Arrivo in un secondo! – esclamo mentre cerco di recuperare le scarpe.
Decido di fare le scale per arrivare prima, anche se i tacchi non facilitano per nulla l’operazione.
Quando arrivo nella hall sbircio fuori dalla porta e, attraverso i vetri, lo vedo appoggiato alla sua macchina con un sorriso stampato sulle labbra.
In quel momento capisco tutto.
Quello sguardo… non mi posso sbagliare.
So esattamente cosa si è dimenticato di darmi…
Decido di facilitargli le cose.
Accelero il passo fino all’entrata.
- Signorina Katic, mi dispiace di non aver fatto entrare il suo ospite, ma, come sa, c’è il regolam... – tenta di giustificarsi il portiere, ma non lo ascolto neanche e mi precipito a spalancare la grande porta di vetro.
Visto da così vicino è ancora più ovvio.
No, non mi sono affatto sbagliata.
Faccio i gradini praticamente correndo.
Lui fa due passi avanti sorridendo ancora di più.
Senza la minima intenzione di fermarmi mi butto tra le sua braccia.
- Stana… - mormora prima di baciarmi.
Cavolo… pensavo ad una cosa fantastica, ma non immaginavo così.
Sento il suo sapore mentre lui mi sfiora una guancia.
Gli allaccio le braccia intorno al collo e lo spingo finchè non arriviamo a toccare l’auto.
Lui mi accarezza la schiena e mi morde un labbro.
Sorrido, sempre più felice.
- Wow… - riesco a mormorare mentre lo guardo negli occhi.
- E’ sorpresa signorina Katic?
- Può darsi… E lei, signor Fillion, non ha nulla da dire?
- Che era ora?!
Scoppio a ridere, ancora tra le sua braccia.
- E adesso? – chiedo.
- Adesso torno da Charlotte, che è da sola con la baby-sitter. – risponde scherzando.
- Scemo, intendevo come faremo con Cindy…
- Fidati, c’è sempre una soluzione a tutto. – mi risponde regalandomi un bacio.
- D’accordo, mi fido…
- Stana… che de dici se una sera di queste usciamo io e te?
- E’ un appuntamento?
- Potrebbe… - risponde ridendo.
- Dico che sarebbe fantastico… facciamo domani?
- Perfetto, alle sette a casa mia, ok?
- Ci sarò. A domani. – rispondo guardandolo negli occhi.
Rimaniamo incatenati in quel modo per qualche secondo.
- Come il nostro primo incontro… - mormora lui.
- Allora ti ricordi?!
- Come potrei dimenticarmi di una donna bella come te?
Scoppio a ridere, quando vengo interrotta da un bacio.
Bello e passionale come il primo.
- Notte Nathan.
- Notte Stana, a domani…
Lo guardo e gli prendo le mani.
Mi allontano riluttante dal suo corpo.
Mi riavvicina al lui per un ultimo bacio, poi mi lascia andare.
Lo saluto e rientro nella hall.
Ho un sorriso che non riesco a togliermi dalla faccia.
Vedo il portiere avvicinarsi a me, probabilmente per giustificarsi di nuovo.
Presa dall’allegria lo anticipo:
- Sì sì Colin, lo so… c’è il regolamento!



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Capitolo 6
*** Inaspettatamente... ***



Inaspettatamente…
 
E’ il momento.
Aspettavo questo istante da quando ho incontrato i suoi occhi per la prima volta.
Indosso il mio vestito migliore, e sono davanti al suo palazzo.
Cosa succederà quando varcherò quella porta?
Sarà tutto fantastico come ieri sera oppure no?
Spero bene… spero molto bene!
Prendo un bel respiro e mi faccio aprire la porta.
Saluto, ringrazio il portiere e, con in mano il regalo per Charlotte, mi dirigo verso l’ascensore.
Premo il pulsante di prenotazione e intanto mi guardo intorno.
Vedo una cosa che non mi aspetto.
Nathan è seduto sul divanetto; mi fissa.
Strano, doveva essere in casa ad aspettarmi.
Guardo l’orologio; temo di non essere puntuale.
Invece sono le sette… cosa c’è che non va?
Mi avvicino a lui sorridente, contenta di vederlo.
Il suo viso non si sposta di un centimetro.
- Ciao! – lo saluto.
Nessuna risposta… cosa è successo?
Lo vedo che cerca nell’interno della sua giacca ed estrae un foglio di carta.
Lo riconosco all’istante… l’ho trovato io!
Come ha fatto ad averla?
C’è solo una risposta… Cindy!
Ora capisco perché è arrabbiato…
- Nathan, io posso spiegare…
- Spiegare cosa?! Che sei una bugiarda?!
- No, non è come credi… - la voce mi si sta spezzando dal pianto.
- E allora com’è?! No, aspetta, te lo dico io… hai trovato la letterina che mia figlia ha scritto a Babbo Natale e hai pensato bene di fare l’eroina, giusto? Sei entrata pian piano nella nostra famiglia, ma non perché ti piacerebbe farne parte, ma perché era un tuo obbiettivo personale… La classica ragazza ricca che non sa come passare il tempo e pensa bene di crearsi nuove missioni, per rovinare i sentimenti delle altre persone!
Stavo ufficialmente piangendo.
- No Nathan… cioè, sì, è vero: all’inizio era un mio obbiettivo quello di far felice Charlotte, ma poi mi sono affezionata a voi… ora i sentimenti che provo sono reali!
- E io come faccio a crederti?! Sei stata una bugiarda fin dall’inizio! Se i tuoi sentimenti sono davvero cambiati, perché non me l’hai mostrata tu questa lettera, perché non mi hai raccontato la vera storia?!
- Per evitare questo… - mormoro tra le lacrime.
- Non ti capisco sai?! Hai mentito… mi sono aperto con te e tu hai continuato a mentire! Adesso dimmi con che fiducia posso lasciare Charlotte nella mani di una donna che non ha fatto altro che mentirmi… Dimmelo! Aveva ragione Cindy quando diceva di stare attento a te… che non eri quella che credevo. Dovevo darle retta prima, tenerti lontana da Charlotte… Mi dispiace Stana, missione fallita. Non sei riuscita a fare da nuova mamma a mia figlia, come ti eri imposta, anzi… la farai soffrire ancora.
- Nathan! – lo richiamo mentre sta per andarsene.
Lui si volta.
- Dai questo a Charlotte, ti prego… io me ne andrò, ma dalle questo da parte mia.
Mi guarda per alcuni istanti e mi prende il pacchetto dalle mani.
Senza dire nulla si gira ed entra in ascensore.
Io lo guardo piangendo, troppo disperata per preoccuparmi delle persone che mi stanno fissando.
Corro fuori dal palazzo disperata.
Prendo il primo taxi che trovo e torno al mio hotel.
Ho rovinato tutto.
Se c’era anche la minima speranza di poter migliorare la mia vita, l’ho bruciata.
 
Sono stesa nel letto, abbracciando un cuscino e riempiendolo di lacrime.
Perché?!
Avevo finalmente trovato la felicità e quella stronza gli ha fatto vedere la letterina… e adesso magari la sposerà anche.
Non riesco a smettere di piangere… così rovinerò anche i sentimenti di Charlotte.
Squilla il telefono: è lei.
Pronta ad ogni eventuale insulto, rispondo.
- Ciao piccola!
- Ciao Stana! Oddio, è bellissimo! Grazie grazie grazie grazie! – è allegra, probabilmente Nathan non le ha ancora raccontato niente.
- Ti piace? E’ speciale sai? E’ il mio che usavo nelle gare, quando avevo la tua età. – rispondo asciugandomi la lacrime.
- Questo lo rende ancora più bello. Il miglior vestito della storia! Domani vado alla pista e lo indosserò! Vedrai, mi guarderanno tutti!
- Ne sono certa…
- E tu sarai lì con me, vero? – chiede con innocenza.
E adesso come faccio a dirglielo? Come faccio a spezzarle il cuore?
- Charlotte… ascolta...
- Aspetta, sta arrivando papà, lui non vuole che usi il telefono. Ti chiamo dopo!
Grazie al cielo Nathan mi ha salvata… non avrei saputo cosa dire.
Sto per riattaccare anche io ma sento delle voci.
Probabilmente Charlotte non ha premuto bene il tasto.
Decido di ascoltare… tanto ormai, cosa può andare peggio?!
- Guarda papà! – esclama Charlotte, probabilmente mostrandogli il vestitino. – Era dentro al pacchetto che mi hai dato, quello da parte di Stana!
- Che bello! Ti sta proprio bene!
- Domani andiamo alla pista a provarlo, ok? Invitiamo anche Stana, va bene?
Sono curiosa di sentire cosa gli risponderà; ma ho paura che possa spezzarle il cuore.
- Ascolta piccola… Stana non la vedremo più…
Le lacrime riprendono a scendere, incessantemente.
Stringo forte il cuscino nella speranza di non sentir piangere anche lei.
Troppo tardi.
- Come mai? – chiede con la voce rotta dal pianto.
Mi sento morire… è colpa mia.
- Perché è stato un errore averle fatto prendere così tanta confidenza con noi… capisci? Mi dispiace piccola… dobbiamo dimenticarla, ok?
Comincio a singhiozzare, per fortuna ancora in silenzio.
- NO! Io non capisco! Com’è possibile che riesci a passare giornate intere con quella specie di donna di nome Cindy e dici che è stato un errore conoscere Stana! E’ una persona fantastica, e non è colpa mia se tu non riesci a capirlo! Mi sento felice con lei, come non succedeva da… beh, lo sai da quando! -  la sento urlare e piangere nello stesso momento.
- Mi dispiace tanto Charlotte… ma lei non è la persona che credevamo che fosse… su, forza, supereremo anche questa… insieme, ricordi?
- No papà, io non ho intenzione di dimenticarla… NON POSSO FARLO!
Sento il rumore di passi veloci, una porta che sbatte e il rumore di una serratura.
Probabilmente è Charlotte che si è chiusa nella sua camera.
Non riesco a smettere di piangere.
Improvvisamente arrivano i singhiozzi più forti.
Spengo in fretta il telefono per paura di essere sentita da Nathan o, peggio, da lei.
Affondo la testa nel cuscino.
Devo fare qualcosa prima di cadere nella disperazione.
Mi vesto ed esco.
Sono le dieci ma non c’è più in giro nessuno.
Come se il mondo avesse capito che voglio stare da sola.
Sto attraversando un parco quando comincia a piovere.
Ci mancava solo questo!
Mi sistemo il cappuccio e continuo a camminare, senza una meta.
Mentre le lacrime si fondono con la pioggia.
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 7
*** Imparare a volare. ***



Imparare a volare.
 
Vengo svegliata dal rumore del mio cellulare che suona.
Mi siedo sul letto e mi strofino gli occhi, ancora pieni di lacrime.
Guardo lo schermo: Nathan.
Il mio cuore si ferma.
Rispondo?
Penso alla notte appena passata, a piangere e soffrire.
Qualsiasi cosa voglia può aspettare.
Tolgo la suoneria e vado ad accendere l’acqua della vasca.
Nel camminare vedo di sfuggita l’orologio… le tre!
Perché Nathan mi chiama alle tre di mattina?!
Il mio cervello pensa al peggio, ma non ho la forza ne il coraggio di richiamarlo.
Entro nella vasca e accendo anche l’idromassaggio…
Mi rilasso per mezzora; e dire che ci voleva è un eufemismo.
Una volta asciugata mi rendo conto di non avere più sonno.
Prendo il cappotto, la borsa ed esco di casa.
Sono più o meno le quattro quando arrivo alla pista di pattinaggio.
Ovviamente è vuota.
Mi siedo sulle gradinate e mi tolgo le scarpe.
Mentre mi infilo i pattini sento i vari ricordi riemergere, come una lama affilata che mi trafigge il cuore.
Eppure non è passata neanche una settimana…
Devo dimenticare quella bambina… rassegnarmi al fatto che non la vedrò più.
Ne lei ne suo padre.
Varco la soglia della pista e le mie gambe cominciano a muoversi da sole.
Illuminata dalla luce della luna comincio a volteggiare, accarezzando il ghiaccio quasi per paura di graffiarlo… esattamente come dieci anni fa.
Quelle stesse sensazioni che provavo nel gareggiare davanti a migliaia di persone tornano all’improvviso per invadere il mio corpo.
Tento qualcosa di più difficile, e mi stupisco di me stessa quando noto che non sto commettendo nessun errore.
Sorrido compiaciuta e riparto all’attacco, prendendo sempre più velocità.
So cosa voglio fare… so dove devo arrivare.
A pochi metri dalla sponda mi spingo sulle gambe e salto.
Sento di aver perso il contatto con il suolo e finalmente arriva quell’emozione che cercavo.
Sto volando. Sono libera.
Riesco quasi a sentire la musica.
Assaporo quella sensazione e poi torno in me; non ho ancora finito.
Faccio ruotare il mio corpo su se stesso per tre volte, mentre raccolgo le braccia al petto, incrociandole.
Atterro delicatamente sul piede destro; contemporaneamente alzo la gamba sinistra e inarco la schiena, allargando le braccia.
Inverto direzione e avanzo per qualche metro.
Perfetto.
Prova terminata.
Avrei preso il massimo punteggio con un’esibizione del genere.
Per abitudine riesco quasi a sentire il pubblico che si alza e applaude.
Sorrido, mentre accenno un inchino.
Mi rendo conto solo dopo che l’applauso è reale.
Non me lo sono sognata… qualcuno, seduto nelle tribune, mi sta applaudendo.
C’è troppo buio per vedere, così mi avvicino.
Non è possibile, non può essere.
- Sei bravissima Stana! – urla Charlotte continuando a battere le manine.
- Ma si può sapere cosa fai qui da sola a quest’ora?!
- Sono scappata. – risponde, come fosse la cosa più normale del mondo.
Ecco perché Nathan mi ha chiamata… non riesce a trovare sua figlia!
Ed io che mi ero illusa volesse scusarsi…
- Cosa significa esattamente che sei scappata?!
- Significa che papà non voleva che ti frequentassimo più e a me la cosa non stava bene. Così mi sono chiusa in camera e, appena lui è andato in bagno, sono scappata.
- Scherzi?! Hai idea della paura che gli stai facendo prendere?! Forza, ti presto il telefono così lo chiami…
- Ma non ci pensare nemmeno! E sono contenta se si sta spaventando… così forse capisce che non ha senso tenerti lontana da me… ti voglio tanto bene, e non ho la minima intenzione di passare il resto della mia vita a dimenticarti.
- E infatti l’ho capito. – Nathan spunta all’entrata, così: senza preavviso.
Sta sorridendo… anche a me.
Probabilmente è solo felice di aver ritrovato sua figlia.
- Grazie al cielo stai bene! Ma che ti è venuto in mente… non sai come ho passato le ultime ore… - dice lui mentre corre ad abbracciare Charlotte.
Io nel frattempo esco dalla pista e mi cambio le scarpe.
Guardo padre e figlia stretti l’uno all’altra.
Anche Charlotte adesso sta ridendo.
Probabilmente l’ha già perdonato… gli vuole troppo bene, in fondo è l’unica persona al mondo che le è rimasta.
Chiudo la borsa e lascio quel quadretto, spostandomi verso l’uscita.
- Grazie Stana, sono contento che ci fossi tu con lei. – sento Nathan che mi chiama.
- Adesso dimmi con che fiducia posso lasciare Charlotte nella mani di una donna che non ha fatto altro che mentirmi… giusto per citarti, Mr. Fillion. – rispondo fredda, per poi girare i tacchi e andarmene.
Sento afferrarmi per un gomito e mi giro.
- Ascoltami, devo parlarti… però abbassa la voce ok? – mi chiede puntando lo sguardo verso Charlotte, intenta a giocare con la neve.
- Ok. – rispondo; nonostante tutto l’ultima cosa che voglio è fare del male a quella bimba. – Allora, cosa vuoi?
- Senti, mi dispiace per ieri…
- Ma non mi dire! – lo interrompo brusca.
- Ti prego, lasciami finire senza interrompermi, devi ascoltare tutto.
Annuisco incrociando le braccia, spostando il peso sulla gamba destra. Sentiamo.
- Perfetto. Dicevo… mi dispiace per ieri, forse ho esagerato un po’, ma tu prova a metterti nei miei panni… insomma, con una figlia piccola come avresti reagito?! All’inizio ero soddisfatto del discorso che ti avevo fatto, ed ero molto arrabbiato con te. Poi sono entrato in casa e ho dato il tuo regalo a Charlotte, che è corsa in camera ringraziandomi. Dopo un ora sono andato a vedere cos’era, e la trovo tutta contenta con quel bellissimo vestitino addosso. E lì mi sono arrabbiato ancora di più, perché sarebbe stato molto complicato dirle tutto. Quando le ho spiegato che non potevamo vederti più ho visto la luce nei suoi occhi spegnersi. Mi sono sentito morire… e all’improvviso la rabbia è passata. Mi sono reso conto solo in quel momento del fatto che quella luce che ho visto spegnersi, era comparsa solo nel momento in cui ha conosciuto te. E non è la sola. Dal primo momento in cui ti ho visto ho sentito crescere in me un sentimento che era morto con Brooke. Tu mi fai sentire le stesse emozioni e la stessa felicità. – dice prendendomi una mano. – Sì, probabilmente mi hai mentito, ma ciò non vuol dire che avevi cattive intenzioni. La maggior parte delle persone avrebbero preso quella lettera, avrebbero sorriso, e l’avrebbero rimessa per terra. Tu no. Qualcosa è scattato in te. Qualcosa di così forte da farti entrare in un’avventura strana e complicata. Ma sei arrivata fino in fondo, sei riuscita a ridare quella felicità a Charlotte che aveva perduto da tempo. A Charlotte e a me. Il tutto nonostante Cindy e i miei insulti. Tu vuoi bene a mia figlia ed è questo l’importante. Nient’altro. – conclude sorridendo.
Mi rendo conto che anche il mio viso esprime felicità.
- Wow… che discorso! – dico per sdrammatizzare.
- Ammirevole eh?! Non manca nulla! – risponde scherzando.
- No, a dire la verità una cosa manca…
Mi guarda interrogativo.
Rido nel vedere quell’espressione e mi spiego:
- Tu hai detto che l’importante è che voglio bene a tua figlia; ma non hai detto che voglio bene anche a te.
Mi avvicino a lui e lo bacio.
Tutto ciò che non mi sarei mai aspettata sta succedendo.
Mi sento passare un braccio intorno alla vita e sorrido sulle sue labbra.
Poi mi rendo conto che non è di Nathan.
Charlotte si è avvicinata a noi e ci sta abbracciando entrambi.
Mi stacco da lui e abbasso lo sguardo.
La piccola ha gli occhi chiusi e sta sorridendo, felice.
Nathan la prende in braccio e la porta al nostro livello.
Lei recupera l’abbraccio di prima stringendoci forte.
Anche Nathan, con il braccio libero, mi stringe a se.
Manco solo io, che non tardo a completare l’abbraccio.
Cominciamo a ridere, contenti di trovarci lì, alle quattro e mezzo di mattina in una pista di pattinaggio vuota.
- Lo sapevo che sarebbe finita così… lo sapevo dalla prima volta che sei entrata in camera mia. – mi dice Charlotte.
Sorrido e le do un bacio sulla guancia.
Per quanto possa essere sveglia è pur sempre una bambina.
Nathan si avvicina nuovamente a me, sussurrando:
- Sai, credo di amarti.
- Sì, anche io. – rispondo ridendo, prima di baciarlo.
Guardo Charlotte che sorride, poi chiudo gli occhi, abbandonandomi a Nathan.
Una vacanza che ti cambia la vita… che l’avrebbe mai detto?!
Ora ho una famiglia, ora ho un motivo per alzarmi la mattina ed essere felice.
Ora so cosa significa volare… e non solo sui pattini.
Ora sono chi sono.
Appoggio la fronte contro quella di Nathan e lo guardo negli occhi.
E’ vero qualcosa è cambiato, c’è una luce diversa… la stessa che trovo in quelli di sua figlia.
Charlotte alza la testa verso il cielo, osservando la luna.
- Guardate la! – urla contenta.
Alziamo tutti lo sguardo.
C’è una stella cadente che brilla nel buio; dura pochi secondi, poi scompare.
Non esprimo nessun desiderio, non ne ho bisogno.
Chiudo gli occhi assaporando quella bellissima sensazione.
Respiro profondamente e sento Charlotte sussurrare:
- Grazie Babbo Natale.
 
 
 
 
 

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Capitolo 8
*** Cinque anni dopo... ***



Cinque anni dopo…
 
Mi asciugo la lacrima che è scappata al mio controllo, confondendosi con il mio sorriso malinconico.
Quanto mi mancano quei momenti…
Sento un rumore di tacchi avvicinarsi a me.
Quante volte devo dire alla cameriera di cambiarsi le scarpe prima di passare sul parquet?!
Incrocio le braccia e aspetto che passi davanti alla camera.
Quando arriva scopro che non è la cameriera.
- Ehi ragazzina! Dove pensi di andare vestita così?!
- Alla festa della mia amica. – risponde con naturalezza.
- Oh, certo. Solo che lo farai dodici centimetri più in basso.
- Ma non è giusto, ormai sono grande.
- No, hai 13 anni… non metterai i tacchi. Dunque vedi di rimettere a posto le mie scarpe… poi potrai uscire.
- Mmm… ok, a una condizione però!
- Sentiamo… - non cambierà mai!
- Sarai tu ad accompagnarmi a prendere il mio primo paio.
- Andata!
- Grazie Stana! Ti voglio bene. – esclama abbracciandomi.
- Anche io Charlotte… te ne voglio anche io.
Ricambio l’abbraccio, mentre mi regala un bacio sulla guancia prima di scappare via.
Sorrido… eh sì, ormai è diventata grande.
Torno a sedermi sul letto e riprendo in mano la letterina.
Tante emozioni ricorrono nella mia mente come un fulmine, lasciando una scia di felicità.
- Ce l’hai ancora?! – sento delle mani appoggiarsi sulle mie spalle. – E cosa te ne fai?!
Io mi lascio andare a appoggio la schiena al suo petto.
Chiudo gli occhi.
- E’ l’inizio di tutto. Questa letterina indica la nascita della mia vita, la mia vera vita. Ogni tanto la guardo e mi commuovo, ripensando a quando tutto ha avuto inizio, ai primi sguardi, ai primi abbracci… a quella sera… ripenso a tutte le emozioni che sono riuscita a provare in meno di una settimana. Questo singolo pezzo di carta ha cambiato la mia vita. Mi ha fatto incontrare voi. E non stupirti se la conservo ancora…
- Wow… non ti facevo così profonda… - mi prende in giro portando le braccia avanti a me, per abbracciarmi.
- Ma senti chi parla! Pensi che non ti abbia mai visto mentre piangi su quella foto dove siamo tutti e tre alla pista? Quella che abbiamo scattato il giorno dopo che Charlotte era scappata… ricordi?
- Ahaha oh sì, decisamente sì! Credo sia stata la giornata migliore della mia vita! Ma la scena più bella è stato quando lo abbiamo detto a Cindy… Ahahaha!
- Smettila! Non è stato carino da parte nostra! – rispondo pizzicandogli il braccio.
- Vuoi dirmi che non avevi voglia di scoppiare a ridere quando ha chiesto un sacchetto alla sua guardia del corpo perché non riusciva a respirare?! Ahaha sembrava pazza!
- Ok, ammetto che forse mi veniva un po’ da ridere… ma siamo stati cattivi con lei. Potevi farglielo capire pian piano, al posto di buttarglielo in faccia in quel modo…
- Smettila di mentire… lo so che ti stai trattenendo dal ridere! Sei troppo buona Stana!
- Ed è forse un difetto?!
- Oh no, affatto… riesci a vedere del buono in tutte le persone, ed è bello. Anche per questo ti amo.
Mi volto verso di lui e lo bacio.
- Ti amo anche io Nathan, più di quando pensi.
Sento il suo lieve respiro sulle mia guance. Sorrido.
- Forza, basta sdolcinatezze! – esclamo alzandomi.
- Ehi… non puoi lasciarmi così! Mi spezzi il cuore!
Rido, prendendolo per un braccio e facendolo alzare dal letto.
- Allora… è già arrivata la lettera? – chiedo.
- Non lo so… ho controllato ieri sera e niente… provo a vedere ora.
- Ok, speriamo bene… non ce la farei senza di te. Se ti rifiutano mi ritiro.
- Ma non scherzare, tu sei perfetta! – esclama passandomi un braccio intorno alla vita, mentre andiamo nello studio.
- A proposito di perfezione… - comincio mentre lui accende il computer – hai visto come stava uscendo tua figlia?!
- No come? – domanda distratto, mentre apre la sua casella mail.
- Ha indossato le mie scarpe con il tacco! Hai presente quelle con il fiocchetto, aperte sul davanti? Ma ti sembra?!
- Mmm…
- Non mi stai ascoltando vero?
- Certo… quelle con il fiocchetto, giusto? – dice mentre scorre con il mouse.
- Va beh, te lo dirò dop…
- MI HANNO PRESO!
- Cosa?!
- Mi hanno presto Stana! Mi hanno preso! Staremo insieme!
Gli salto al collo e lo bacio… erano settimane che aspettavamo la conferma, sono felice che l’attesa sia finita, e che tutto sia andato per il meglio.
- Hai idea?! – esclama staccandosi da me e fissandomi negli occhi. - Saremo perfetti io e te.
- Non lo siamo già?
- Spiritosa… saremo perfetti! – dice indicando lo schermo.
- Ok Stana, facciamo una prova.
- Ora?! Ma è l’una! Ho un po’ fame. Non è meglio dopo?
- Non se ne parla neanche! Ho aspettato per settimane questo giorno, e non lo interromperò per una cosa così comune come il cibo.
- Ok ok… ma solo due battute, va bene? – rispondo sospirando.
- Perfetto! Parto io. – si schiarisce la voce e si appoggia alla scrivania.
Mi fissa e poi comincia a parlare:
- Allora Detective Beckett, che ne dice? – si gratta il mento e fissa un cadavere inesistente.
Sto per scoppiare a ridere, ma resisto.
Non resisto invece dal rispondere:
- Dico che è ora di andare a mangiare, signor Castle!


 
 
 

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Note dell’autrice
 
Se devo essere sincera ho cominciato questa storia un po’così… pensando che fosse molto scontata e banale.
Poi però leggendo le vostre recensioni mi sono resa conto che l’avete vista in modo completamente opposto.
Vi ringrazio per questo. Un grazie che viene dal cuore.
Forse non sarà un racconto che passerà alla storia; probabilmente non mi farà diventare famosa e sicuramente non verrà pubblicata da una casa editrice.
Ma leggendo i vostri commenti mi viene spontanea solo una domanda: “Chi se ne importa?!”
Io sono felice e soddisfatta così.
Voi avete provato delle emozioni leggendola; io ho provato emozioni ancora più grandi leggendo le recensioni.
Quella che mi prega di far accadere questo piuttosto che l’altro; quella che mi fa complimenti dalla prima all’ultima riga; quelle incazzate (si può dire?) del capitolo sei; quelle che non vedono l’ora di leggere il seguito.
Insomma, mi sembra giusto dire un enorme GRAZIE a tutte.
Siete fantastiche. Ed io sono dell’idea che uno scrittore senza lettori non è niente.
Ed ora vi lascio così, con una nota più lunga del capitolo.
Ma se siete arrivate a leggere fin qui vuol dire che vi importa anche un po’ di quello che penso io, non solo della storia.
Vi voglio bene. Ma tanto tanto.
Niente, mi sembra di aver detto tutto.
Ed ora vi lascio davvero, con la frase più bella (a mio parare) dei promessi sposi:
 

“… Questa conclusione, benché trovata da povera gente, c’è parsa così giusta,
che abbiam pensato di metterla qui, come sugo di tutta la storia.

La quale, se non v’è dispiaciuta affatto, vogliatene bene a chi l’ha scritta;
ma se invece fosse riuscita ad annoiarvi, credete che non s’è fatto apposta.”

 
 

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