Eileen Heat.

di ibegyourhate
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** flames. ***
Capitolo 2: *** who am I, actually? ***
Capitolo 3: *** sides. ***
Capitolo 4: *** the guardians. ***
Capitolo 5: *** a disastrous breakfast. ***
Capitolo 6: *** disclosure. ***
Capitolo 7: *** believe. ***
Capitolo 8: *** you protect people. ***
Capitolo 9: *** bittersweet. ***
Capitolo 10: *** this is war. ***
Capitolo 11: *** i'm here to stay. ***



Capitolo 1
*** flames. ***


01; Flames.



«F-Fa così fr-r-eddo, Eileen!»
Ronan mi guardò con i suoi grandi occhi color cioccolata, che occupavano gran parte del suo viso. 
Il suo naso era ormai del tutto rosso, la bocca semi aperta con le labbra screpolate faceva intravedere i suoi piccoli denti, che tremavano.
«Lo so.. Ma tranquillo, l'inverno s-sta per finire!» cercai di rassicurarlo, mentre stavo tremando come una foglia.
Mi sentivo impotente, perché quell'anno il freddo si era davvero fatto sentire, e non potevo fare nulla per Ronan se non abbracciarlo, sperando di scaldarlo almeno un po'.
Le morti per assideramento erano decisamente aumentate nelle ultime notti.
Decisi di accendere una candela, l'ultima rimasta.
Ronan portò le sue mani tremolanti vicine ad essa, mentre io le scostai un po'. A quella minima distanza, si sarebbe sicuramente bruciato qualche dito.
Adagiai mio fratello piccolo sulle mie gambe, cercando di riscaldarlo più che potevo con la mantella che tanto ci ricordava nostra madre.
 
Mi prese un colpo quando mi risvegliai, realizzando di essermi addormentata per disgrazia.
Ronan mi guardava terrorizzato, e solo dopo pochissimi secondi vidi le fiamme che ci circondavano. 
«Eileen! Moriremo!» annunciò lui, in preda al panico.
Lo fui anche io quando mi resi conto che poteva essere spacciato.
«No, no, tranquillo Ronan, va tutto bene!» cercavo di trovare un modo per salvarlo, ma più ci pensavo, più le fiamme si divampavano per casa nostra.
Il fumo ci faceva lacrimare gli occhi, non vedevo quasi più niente.
«Non è vero!» tra un colpo di tosse e l'altro, mi decisi a tentare di salvare colui che mi stava più a cuore.
«Invece sì Ronan. Abbassati!» gli ordinai, eseguendo lo stesso gesto.
«Ascoltami: adesso faremo un gioco, okay?» provavo a mantenere la calma, consapevole che quelli ormai forse potevano essere i nostri ultimi istanti di vita, prima che tutto quel fumo ci facesse perdere i sensi.
Riuscii a vedere Ronan che annuiva, e poi gli posizionai tra il naso e la bocca un fazzoletto umido.
Non doveva più respirare quel fumo, doveva rimanere cosciente. Doveva rimanere in vita.
«La vedi questa? Ti proteggerà» indicai la mantella di lana di nostra madre, avvolgendola intorno a lui.
«Ora, devi correre più veloce che puoi in quella direzione, chiaro? CORRI!» lo spinsi verso un piccolo spazio non ancora dominato dalle fiamme, e quando lo intravidi uscire dalla casa, mi sentii bene.
Stavo per raggiungerlo, quando un pezzo di legno staccatosi dal soffitto mi impedì di superare le fiamme.
«EILEEN, EILEEN! EILEEN NO!»
 
-
 
Ripresi coscienza avvertendo calore, un immenso calore, ma non erano fiamme che divampavano distruggendo la mia dimora.
Mi feci coraggio, e aprii gli occhi, incontrando la splendida visione del sole.
Ma dov'ero io? 
Dov'era Ronan?
Guardai  intorno a me, ma non vidi altro che luce, e calore.
Tutto ad un tratto la luce si affievolì, e la mia guancia si ritrovò adagiata su un pezzo di legno carbonizzato.
Mi alzai di scatto, sorprendendomi di essere viva, accennando una risata.
Il freddo era scomparso, e non vedevo l'ora di dirlo a Ronan.
Volevo precipitarmi fuori dalla mia casa ormai distrutta per cercarlo, ma proprio mentre stavo per varcare la soglia, scorsi un riflesso.
Uno specchio inspiegabilmente intatto si trovava a terra, e quando vidi il mio riflesso in esso rimasi incredula: lunghi capelli ricci del color del fuoco dominavano la mia schiena, le iridi dei miei occhi erano diventate dorate, e le mie guance erano decorate da tante piccole lentiggini che prima non avevo mai avuto.
Mi allontanai per osservare meglio la mia figura, e una strana veste color arancio mi racchiudeva fino a metà coscia.
Toccai l'estremità dello specchio ornata da una cornice di legno, per sollevarlo. Sussultai facendolo cadere a terra quando al mio contatto, la cornice prese fuoco.
Che cosa mi stava succedendo?
Varcai la soglia di casa mia, ritrovandomi all'aperto. La neve ricopriva l'intero paesaggio, eppure non avvertivo nemmeno un brivido percorrermi il corpo.
Afferrai della neve, e subito si sciolse nelle mie mani, vaporizzandosi in pochi secondi.
Sorrisi senza un motivo preciso.
In lontananza vidi Ronan avvicinarsi alla nostra casa carbonizzata, stava piangendo disperatamente.
Urlai il suo nome correndo nella sua direzione, creando involontariamente dei percorsi. La neve sotto ai miei piedi si scioglieva all'istante.
Continuai a chiamarlo fino a quando mi ritrovai di fronte a lui, ma non mi vide, e non mi sentì.




*spazio autrice*
ookay, sono tornata a rompere le palle.
l'altra storia è stata un fiasco, e sicuramente anche questa lo sarà.
ho provato a cimentarmi in qualcosa di diverso: come avrete notato, Eileen è molto simile al personaggio di Jack Frost, ma allo stesso tempo è il suo opposto. tuttavia, spero tanto che questo primo capitolo, che pare più un prologo, possa piacervi.
confido in voi, mi aspetto tanti pareri, sia belli che brutti. çç
grazie per aver letto, un abbraccio.

 

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Capitolo 2
*** who am I, actually? ***


02; Who am I, actually?

 

 

«Ronan? RONAN? Ma perché non mi rispondi?» sembrava addirittura che non riuscisse a vedermi.
Si posizionò sulla soglia dell'entrata della casa, e fece il segno della croce.
Chiesi a me stessa se fossi morta, ma era una cosa surreale.
Insomma, ero viva, in carne ed ossa.
«Ronan, ma perché fai finta di non vedermi?» gli chiesi, accucciandomi fino a raggiungere la sua altezza.
Cosa avrebbe fatto da solo? Era soltanto un bambino.
Nessuna risposta, iniziai ad essere seriamente intimorita dal suo atteggiamento. Magari non fingeva affatto.
Fissò per qualche minuto un punto a me ignoto, e poi fece qualche passo...oltrepassandomi.
Sussultai, terrorizzata.
Era passato attraverso il mio corpo?!
Che cos'ero, un fantasma forse?
Ma no, non ero nemmeno quello. Sentivo di appartenere a qualcos'altro.
Vidi mio fratello allontanarsi, e decisi di seguirlo. Mai avrei potuto credere di farlo saltando di albero in albero, senza alcuna difficoltà.
Nonostante il mio cuore fosse totalmente occupato dalla preoccupazione, risi.
Era una bella sensazione esserne capace.
Una folata di caldo vento mi investì completamente, e cominciai a riflettere nuovamente a quello che era successo poco prima: avevo acceso del fuoco, riuscivo a sciogliere la neve.
Ero la custode del calore, o qualcosa del genere?
Sì, probabilmente sì.
Nessuno mi stava dando spiegazioni, quindi decisi di fornirle a me stessa senza nessun aiuto.
E non avrei mai lasciato che il freddo potesse far soffrire coloro che amavo, adesso che ne avevo l'occasione.
Mai più.

 

 

250 years later.

 


«Hei, mi dispiace se ti ho fatto aspettare..» come se potesse sentirmi.
«..Ho voluto portarti dei fiori nuovi, i ciclamini del mese scorso erano ormai appassiti. Questi sono crisantemi..» come se potesse vederli.
«..Ti piacciono?» ..come se potesse rispondermi.
La luna si fece strada tra le nuvole, illuminando l'area in cui mi trovavo. La mia ombra si posò su quella lastra di pietra, con delle incisioni ormai quasi invisibili.

Ronan Dover, 30 agosto 1745 - 04 dicembre 1813

Pensare che mi aveva creduta morta per tutta la sua vita, dopo quella notte, ridusse il mio cuore in mille pezzi per l'ennesima volta.
Non poteva sentirmi, non poteva vedermi, non poteva nemmeno avvertire la mia presenza.
L'unica a parlarmi era stata la luna, ma ciò che mi era stato detto, era solo il mio nome.
Un insignificante nome. Eileen Heat.
Da duecentocinquant'anni ormai mi stavo domandando quale fosse il mio scopo, perché quella notte non fossi morta, ma non ero stata capace di trovare una risposta.
Sussurrai qualche preghiera, poi mi diressi verso la città più vicina.

Trascorrevo le giornate riscaldando l'atmosfera, impedendo al freddo di prendere il sopravvento.
Mi aggirai per le strade del paese, mentre i passanti trafiggevano il mio corpo in modo impercettibile ai loro occhi. Ero del tutto inesistente.
Beh, sì. Non credevano in me, come Ronan.
Durante tutti questi anni avevo sentito parlare di Babbo Natale, la Fatina dei Denti, il Coniglio di Pasqua. I bambini credevano in loro, ma non in me.
Assolutamente no, Eileen Heat era solo una leggenda metropolitana, nulla di più.
Avevo provato a fare di tutto per farmi notare, ma non era servito a niente.
Vidi un uomo che stava per scivolare su uno strato di ghiaccio formatosi sul marciapiede. Prontamente riuscii a scioglierlo, impedendo all'uomo di cadere.
«OH, ANDIAMO!» udii una voce dietro di me. In quell'esclamazione il dissenso regnava sovrano.
Mi voltai, e vidi qualcuno altalenarsi sull'insegna di un negozio.
Felpa blu con un velo di brina sopra, dei pantaloni scuri che arrivavano fin sopra i piedi nudi, occhi color ghiaccio, capelli bianchi.
Sì, era decisamente quel bisbetico di Jack Frost.
«Sarebbe stata una caduta a dir poco esilarante! Rovini sempre tutto!» mise il broncio, giocando con il suo bastone ricurvo.
«Poteva farsi male!» mi giustificai. «Pensavo fossi diventato un po' più gentile da quando ti sei unito ai Guardiani. Tu proprio non sai come divertirti..»
«Beh io almeno, in un modo o nell'altro, ci riesco!» replicò lui, altezzoso, facendosi trasportare da una folata di vento, e poi un'altra, fino a ritrovarsi di fronte a me.
Odiavo Jack Frost e il freddo che portava. Non aveva riguardo per nessuno se non per se stesso.
Poteva avere quanti secoli voleva, ma si dimostrava pur sempre un poppante, in ogni dannata circostanza.
«Mai sentito dire 'Chiuso per neve'?» chiese, indirizzandomi evidentemente una frecciatina.
Era un modo per sentirmi dire che non ero buona a nulla?
«Mai sentito dire 'Chiuso per vacanze estive'?» controbattei, mentre lui mi stava esaminando con aria di sfida. Notai i suoi occhi ghiacciati brillare.
In un batter d'occhio sparì dalla mia vista, per poi ripresentarsi soddisfatto.
Uno strato di neve si era posato nella strada dove ci trovavamo, impedendo alle automobili di proseguire. Presi alla sprovvista, i cittadini iniziavano a scivolare.
Soffocai una risata nervosa, mentre Jack Frost mi stava irritando solo con la sua presenza.
«Wow Kim! Sta nevicando! Stasera potrebbe esserci una bufera!» esclamò una ragazzina.
«Beh, possiamo dire addio al compito di storia di domani!» entrambe iniziarono a ridere spensierate, la scuola il giorno successivo sarebbe sicuramente rimasta chiusa.
«Visto? La neve porta felicità!» cercò di convincermi, quando improvvisamente si sentì un bambino starnutire.
«..E influenza» soggiunsi.
Mi ritrovai quel ragazzo dalle sembianze elfiche a pochi centimetri dal mio viso.
«Sei solo invidiosa, Eileen Heat» sibilò. In quel momento, avvertii un brivido di freddo percorrermi il corpo.
«Perché mai dovrei esserlo, sentiamo?» sbuffai, preparandomi alla risposta insensata che mi avrebbe comunicato di lì a poco.
«Perché nessuno crede in te.» un sorriso beffardo gli occupò il viso.
Con un gesto della mano, feci prendere fuoco al laccio della felpa di Jack.
Sì, okay, non era un gesto poi così vendicativo, ma non avevo affatto voglia di attaccare briga con lui.
Mi guardò corrucciato, spegnendo la piccola fiamma, poi lo vidi scivolare via mentre si faceva trasportare dal freddo vento.
Delle calde lacrime cominciarono a percorrere il mio viso, distrutte dalla verità di quelle parole, affilate come lame, fredde come la neve che lui portava ovunque si recasse.
Lui si divertiva, i bambini credevano in lui. Aveva trovato il suo Centro.
Ma qual era il mio?



*spazio autrice*
YYYYYYYYYYYYYAY, sputtaniamoci allegramente.
mi stavo scervellando domandandomi se postare o no questo capitolo, visto che il primo l'ho postato ieri, ma poi ho deciso di postarlo lol. non abituatevi, non posterò sempre così velocemente ahahah.
okay, iniziamo con la mia auto-critica (?) -nemmeno so se si può dire, ma dettagli-
1. non ho approfondito molto e non so neanche il motivo, ma ho il vizio di non cancellare niente quando scrivo.
mi spiego meglio: se scrivo un paragrafo che poi non mi piace, non mi spreco a cancellarlo, perché scrivo di getto e non correggo quasi mai.
e già questo è un mio difetto ahah.
2. lo so, lo so, so a cosa state pensando. 'avrei voluto sapere come fa Eileen ad ambientarsi nella sua nuova situazione' ecco, altro mio difetto: non sono brava a descrivere queste cose lol.
3. diciamo che questo capitolo è un fiasco, si dai ahah. TUTTI IN CORO, UNO, DUE E TRE! insieme a me! "QUESTO CAPITOLO E' UN FIASCO!"
bene, bravi *clap clap*.
mi eclissssssso, nonostante tutto spero ancora invano che vi sia piaciuto.
spero di ricevere pareri positivi, anche se la storia non è praticamente nemmeno iniziata çç ho così tante cose in mente.
ciiiiiiiiiao, e grazie per le 5 recensioni del primo capitolo, davvero, non me le aspettavo! ♥
*si tappa la bocca* al prossimo capitolo! :3

 

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Capitolo 3
*** sides. ***


avvertimento: non mi convince affatto, aiuto lol.


 

03; Sides.




Ero sul punto di dire a me stessa “Suvvia Eileen, non darai per caso ascolto a lui? Insomma, JACK FROST, una nullità” ma poi la mia rabbia prese il sopravvento.
Chi ero io per essere trattata così da lui?
Beh, di certo non una nullità.
Per mia fortuna, il vento non era amico soltanto del Signor Jack Amosminuirelepersone Frost.
Lo inseguii per non so quante regioni: le sue tracce non erano poi così difficili da individuare.
C'erano vaste distese ghiacciate che prontamente facevo sciogliere, consentendo così al tempo di ristabilirsi. Quasi emanavano luce.
Neve, neve, inutile e stupida neve ovunque.

Prima che Jack mi avesse trattata in quel modo mi trovavo nel cuore degli Stati Uniti, ma in quel momento avevo di gran lunga oltrepassato i confini del Canada.
Da quasi un secolo ormai avevo snobbato completamente l'abito scomodo che mi ero trovata indosso appena trasformata, optando per una semplice canottiera e dei pantaloncini. Ammisi a me stessa solo diversi anni più tardi che lo feci per stare al passo con i tempi, e non del tutto per stare comoda.
Iniziava a fare veramente freddo, da quelle parti.

Ad un tratto, qualcosa attirò la mia attenzione: degli strani boati provenivano dal cielo, ma non si trattava di tuoni, sembrava quasi che una battaglia fosse in corso.
Avvicinandomi, riuscii a distinguere delle strane luci. Tutto ciò non era affatto normale, e nonostante non fossi dalla parte di Jack ne da quella dell'avversario, dovevo comunque preoccuparmene.
Mi diressi spedita verso la nube che racchiudeva l'ipotetico combattimento: per la prima volta vidi Jack Frost in azione, ma soprattutto, in difficoltà.
Non avevo mai visto in vita mia l'avversario, ma non era niente di buono.
Indossava una strana, seria e triste veste grigia, sembrava quasi uno spettro. Fluttuava. Riuscivo a distinguere la struttura umana del suo corpo, mentre poi vidi il suo volto: potevo affermare che fosse un uomo adulto, con dei capelli corti e neri uguali agli occhi, quasi infossati.
Solo a guardarlo l'angoscia quasi si impossessò di me.
Varie ipotesi si fecero spazio nella mia mente, ma non ebbi il tempo di ragionare sull'identità del personaggio.
«KURTIS, lasciaci in pace!» gridò Jack. Pensai che si riferisse a lui e al resto dei Guardiani, ma poi mi ricordai di chi era veramente Kurtis.
La frase era rivolta a molte più persone, a molti più
bambini.
Avevo sentito dire diverse cose sul suo conto: si diceva fosse uno spirito che privava i bambini della loro fantasia, trasformandoli in adulti.
Perfino i Guardiani pensavano fosse una leggenda, nessuno se ne era mai preoccupato.
Che fosse venuto allo scoperto perché aveva acquisito energia sufficiente per combatterli?
Jack riusciva a difendersi abilmente, ma non potevo di certo stare lì a guardare.
Mi resi conto che nonostante lui fosse la persona che più odiavo al mondo, c'era in pericolo l'esistenza di uno dei Guardiani.
Farmi avanti non era mai stato il mio forte, non avevo mai combattuto realmente.

Decisi di agire nell'oscurità, nascosta nella nube, senza che Kurtis riuscisse a inquadrarmi: probabilmente non sarei potuta durare dieci secondi.
Presi l'arco che con fatica avevo costruito da sola, scoprendo che poteva scagliare frecce. In effetti una delle poche cose in cui ero discreta, era usare l'arco.
Oltretutto, la faretra mi forniva frecce in modo illimitato.

Optai solo per una minaccia, non era compito mio porre fine alla sua esistenza, era un compito dei Guardiani.
Una freccia incendiata riuscì a squarciare la sua putrida e grigia veste prima che mi accorgessi di aver mirato alla perfezione, e Kurtis cominciò a guardarsi intorno insospettito.
Potevo scrutare l'espressione confusa stampata sul volto di Jack, inconsapevole della mia presenza.
Kurtis si avvolse in un mantello grigio che precedentemente non avevo notato, dissolvendosi in una nube di fumo.
Jack Frost urlò violentemente, amareggiato.
A quel punto, decretai che per me fosse giunto il momento di uscire allo scoperto.
Stavo per prendere fiato per parlare, ma lui mi anticipò. Per un attimo pensai che mi avrebbe colpita.
«SEI COMPLETAMENTE IMPAZZITA?» gridò, quasi spolmonandosi. Se fossimo stati in una situazione dove ero una semplice spettatrice, sarei morta dalle risate.
«Hei, ti ho praticamente salvato la vita!» risposi, onestamente.
«L'avrei distrutto, CAZZO. Hai rovinato tutto, di nuovo!» ottenni finalmente la soddisfazione di sentirlo imprecare.
«Non avresti fatto un bel nulla! Ti stavi solo difendendo, neanche riuscivi a scagliare un solo colpo!» protestai, stufa che mi trattasse come se fossi inutile.
«No, no, NO! Io lo avrei potuto sconfiggere, e tu lo hai fatto andare via! Non ho nemmeno la minima idea di che cosa voglia fare, siamo in pericolo. Potevi almeno mirare decentemente?» stava sbraitando come non mai, non avevo la più pallida idea di come tirasse fuori tutta quella voce.
«Non è compito mio sconfiggerlo, non potevo colpirlo!» mi giustificai. Insomma, lui era un Guardiano, era compito suo proteggere i bambini.
«E allora dovevi starne completamente fuori! Devi sparire Eileen, SPA-RI-RE
Sembrava che in quel momento Jack Frost avesse scagliato una freccia contro di me, con quelle parole.
Tempo fa anche lui era nella mia stessa situazione, perché mi trattava così?
Abbassai lo sguardo rassegnata, incapace di rispondergli.
Per un attimo mi sembrò quasi pentito delle sue parole, ma avevo già iniziato ad andarmene, dirigendomi da qualcuno che forse avrebbe saputo apprezzare le mie qualità.
E Frost avrebbe avuto la punizione che si meritava.

-

Mi trovavo a terra, vagando inutilmente. Trovare Kurtis non era poi così facile, come pretendevo di riuscirci?
Improvvisamente, una nube di fumo nero mi cinse le caviglie, e caddi a terra, rotolando per diversi metri. In seguito, la nube si espanse, ricoprendomi fino a legarmi le mani, e poi tappandomi la bocca.
Sembrava quasi un serpente.

Sentivo quasi il mio corpo che si paralizzava.
«Mi stavi cercando, non è vero?» mi guardai intorno, eppure non c'era nessuno.
«Sai, non potevo non aiutarti, visto che non avevi la minima idea di dove iniziare. Ti stavo cercando anche io» evidentemente era Kurtis.
La nube si dissolse leggermente, permettendomi di parlare. Tossii per qualche secondo.
«Cos'hai intenzione di fare?» domandai, intimorita. Forse non era stata una bella pensata, cercarlo.
«Non sei esausta anche tu di tutti questi bambini?» il mio cuore perse un battito.
Avevo appena compiuto la più grande stronzata della mia intera esistenza.
«Hai un grande potenziale, Eileen Heat» il modo in cui pronunciò il mio nome mi fece rabbrividire «perché non ti unisci a me? Potremo togliere dalla circolazione quei miseri Guardiani. Infondo non ti stanno poi così simpatici, giusto?»
Finalmente, Kurtis si manifestò. Era proprio dietro di me.
A quel punto, decisi di liberarmi di quella nube che mi teneva ferma.
Del fuoco si era materializzato nelle mie mani, scottando la nube che palesemente faceva parte del corpo di quell'essere.

Come previsto, mollò la presa, e il mio diaframma cominciò di nuovo a funzionare. Avevo paura che mi avrebbe soffocata.
«Tu non farai del male proprio a nessuno!» dissi, scagliando una freccia che si conficcò nel suo petto.
Guardai meglio, e lo aveva semplicemente oltrepassato, lasciando un incavo che si rimarginò dopo qualche secondo.
Sussultai, sorpresa. Non era possibile pensai.
«Sei molto incosciente Eileen Heat, mi deludi. Potresti aiutarmi a sconfiggere i Guardiani. Da troppo tempo ormai manipolano le menti dei bambini, adesso è arrivato il mio turno. Senza di loro, i Guardiani saranno persi, e finalmente il potere sarà mio!» il tono eroico con cui pronunciò l'ultima frase mi fece trasalire.
«I Guardiani non manipolano le menti dei bambini! Danno loro speranza, regalando loro un'infanzia più ricca e piacevole!» okay, non li volevo difendere, ma era un pensiero abbastanza oggettivo.
Di sicuro erano migliori di Kurtis.
La scura nube di fumo si impossessò di nuovo di me, e Kurtis si avvicinò pericolosamente al mio viso.
«E' arrivato il mio turno adesso. Dovrai scegliere da che parte stare. Unisciti a me Eileen Heat, o muori insieme a loro» cominciava veramente ad infastidirmi il modo in cui pronunciava il mio nome.
«Non mi unirò a te Kurtis, e nemmeno morirò con loro. Nessuno si farà del male» annunciai, sperando che sarebbe stato veramente così.
«Padrone, padrone! Quando attaccheremo i Guardiani?» sia io che Kurtis ci voltammo.
Una piccola voce acuta proveniva da dietro di noi.
Era un piccolo folletto alto all'incirca un metro. La sua pelle era color oliva verde, era vestito di stracci e.. beh, non gli erano rimasti molti denti.
«Dio, BILL! Quanto sei stupido!» Kurtis si distrasse, dando a Bill un calcio.
Fu il momento buono per liberarmi dalla sua presa e ustionarlo.
Mi liberai scappando prima che potesse raggiungermi.

Dovevo avvertire i Guardiani.





*spazio autrice*
eccomi tornata ad umiliarmi. se il capitolo precendente non mi piaceva, rileggendo questo potrei commettere qualche gesto inconsulto LOL.
non so voi, ma non sono per niente entusiasta. pensavo di fare di meglio.
nonostante questo, voglio i vostri pareri sul capitolo yep, e voglio sapere cosa ne pensate: cosa succederà? voglio ipotesi HAHAHAHAHAHAH (?)
inoltre, penso proprio che posterò il quarto capitolo -se vi piacerà questo- l'anno prossimo (oddio brutto detto così lol) quindi vi auguro già un buon 2013!
grazie se avrete letto e gradito la storia, grazie alle 13 recensioni dei 2 capitoli, alle 12 persone che hanno messo la storia tra le seguite, e a chi l'ha messa tra i preferiti e le ricordate.
grazie davvero, non lo avrei mai immaginato.

vi lascio, ancora auguri per il buon anno, un abbraccio!

 

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Capitolo 4
*** the guardians. ***


04; The Guardians.





Avevo meditato a lungo su come proteggermi dal mio più grande assillo, ma alla fine fui obbligata a rassegnarmi: mi spettava dirigermi al Polo Nord,  a quel che pareva essere una specie di quartier generale di Nord.
Chi era Nord? Oh, Babbo Natale naturalmente.
Avrei tanto voluto raggiungere i Guardiani altrimenti, ma non avevo idea di come raggiungere le gallerie di Calmoniglio o il palazzo di Dentolina, o ancora provare a trovare Sandman.
Inoltre, cercare Jack era assolutamente escluso, in più davo per scontato il fatto che si trovasse senza dubbio in un posto freddo.
Almeno, da Nord avrei goduto di un'accoglienza più gradevole, probabilmente.
La sua residenza era molto bizzarra: si ergeva su una specie di canyon di ghiaccio.
Avevo già visitato la struttura in precedenza, ma credo che Nord avesse capito che non era affatto il posto giusto dove potevo stabilirmi, dato che la temperatura media da quelle parti non superava mai i 10° C.
Con mia sorpresa, non impiegai molto tempo per convincere gli yeti a farmi entrare. Erano al servizio di Babbo Natale, insieme a dei piccoli elfi con delle lunghe orecchie a punta, e con una veste rossa che si univa ad un berretto dello stesso colore, con un campanellino sulla cima. Li avevo sempre trovati alquanto stravaganti.
Una volta entrata attraverso un enorme portone, l'edificio si mostrava in tutta la sua magnificenza.
Presentava una forma quasi circolare, ed era composto da tantissimi piani, talmente tanti che non osavo nemmeno contarli.
Presso ognuno di essi, gli yeti si dedicavano alla fabbricazione di vari oggetti e giocattoli da donare a ogni bambino la notte di Natale.
Nonostante l'unica cosa che riuscissi a udire fosse il rumore dei miei denti battersi ripetutamente, fui in grado di godermi quella visione.
Il palazzo di Nord era senza dubbio il luogo dove ogni bambino avrebbe desiderato vivere.
Rapidamente, mi diressi verso la stanza principale.
Ero abbastanza ignorante in materia, ma l'avrei descritta come una specie di attico interno, che si affacciava sul resto dell'edificio.
Al centro, era posizionato un enorme globo illuminato da diverse piccole luci: ognuna di queste rappresentava un bambino che credeva nei Guardiani.
Non avevo idea di cosa avrei fatto pur di fare sì che almeno una piccola luce brillasse anche per me.
«Eileen! Che piacere vederti qui!» quando mi voltai, trovai di fronte a me un'enorme pancia.
Senza che mi desse il tempo di concepire che fosse lui, Nord mi stritolò in un abbraccio che quasi mi fece rimanere senza ossigeno.
Il suo accento russo era ancora facilmente riconoscibile.
Era abbastanza vecchio, ma si sapeva benissimo tenere in forma. Era alto almeno due metri, decisamente in sovrappeso, di solito portava indosso una pesante maglia rossa, dei pantaloni scuri e degli scarponi marroni. In più aveva dei tatuaggi su ognuna delle braccia: in un braccio c'erano i 'Cattivi', nell'altro i 'Buoni'.
Forzai un sorriso, e poi ricambiai il saluto.
I miei denti non smettevano di battere, così mi rifugiai all'istante di fronte al camino che stava dietro Nord.
«Cosa ti porta qui? Essere qualcosa di importante?» domandò, toccandosi la lunga barba bianca.
«Temo di sì. Si tratta di Kurtis» cercai subito di andare dritta al punto, volevo trattenermi lì il meno a lungo possibile.
Nord mi guardò, intuii che stava aspettando che continuassi a informarlo.
«Ha in mente un piano terribile, vuole sconfiggere voi Guardiani, dovete difendervi, è molto potente!» Nord aveva un'espressione corrucciata, si era fatto pensieroso.
«Devo parlarne con altri Guardiani, e anche tu!» io?
«Io? Cosa c'entro io?» intanto l'uomo si stava dirigendo verso una leva. La impugnò con una mano, la girò e poi la premette verso il basso.
Delle luminosissime luci simili ad aurora boreale si manifestarono tutt'intorno a noi, fino a diffondersi anche all'esterno del palazzo.
«Tu sei testimone. Devi spiegare noi in dettagli» era uno di quei momenti in cui avrei tanto voluto sotterrarmi.
 
Il mio desiderio di sotterrarmi si fece ancora più intenso quando poco dopo Calmoniglio, Sandman, Dentolina e Jack Frost si trovavano proprio di fronte a me affiancati da Nord.
Il primo era il Coniglietto di Pasqua, ma non avrei affatto usato un vezzeggiativo: era alto più o meno un metro e ottanta, era muscoloso e per combattere usava dei boomerang e delle uova esplosive.
L'immagine era alquanto diversa da quella che secondo me i bambini avevano.
Sandman forse era il Guardiano per cui simpatizzavo di più. Era piccolo e paffutello, indossava una veste dorata e non parlava: creava dei simboli e delle immagini con la sabbia.
Dentolina, poi, era una ragazza metà umana metà colibrì. Aveva una personalità un po' strana: dato che era la Fatina dei Denti, era fissata con i denti di tutti.
Forse la parola giusta per descrivere il suo carattere era 'frizzante', ma non era poi così male.
E Jack Frost.. beh sì, era un deficiente.
I Guardiani chiesero spiegazioni, e mi limitai a raccontare ciò che era successo spiegando il piano che Kurtis voleva mettere in atto, ma avevo l'impressione che tutti mi stessero ascoltando tranne Jack.
Lo avrei incendiato all'istante.
«Tu cosa ne pensi, Jack?» gli chiese Calmoniglio.
Jack sembrò quasi risvegliarsi. Come previsto: non stava ascoltando.
«Io penso che sia tutta una messa in scena. Insomma, chi ci dice che possiamo fidarci di lei?» mi indicò. «Potrebbe essere sua alleata!» lo guardai sconvolta.
Assolutamente no! pensai. O meglio, volevo esserlo, ma solo prima di sapere che fosse seriamente malvagio, poi ho dovuto anche difendermi da lui.
«Oh, ma dai Jack! Lei vuole aiutare, è venuta a dare informazioni, e tu la accusi?» fortunatamente Nord ammonì lo Spirito della Neve, e mi sentii più tranquilla.
Sbuffò giocando con il suo bastone ricurvo.
«Va bene, va bene, scusa» non me lo sarei mai aspettato, ma Jack mi chiese scusa per il suo comportamento per la prima volta.
Gli sorrisi soddisfatta, poi Calmoniglio gli ripeté la domanda che aveva fatto prima.
«Ci penseremo» concluse.
A quel punto, tutti e cinque i Guardiani avrebbero dovuto fare una vera e propria riunione per pensare a come agire per sconfiggere Kurtis.
Io con loro non c'entravo niente, quindi decisi che per me era il momento di andare, e non potevo essere più contenta. Il freddo stava cominciando a farsi veramente sentire.
«Grazie Eileen per averci avvertiti, ti siamo veramente grati!» esclamò Dentolina. Le sorrisi, e anche Calmoniglio mi ringraziò.
Sandman poi, si limitò a sollevare i pollici delle mani, sorridendo. Feci la stessa cosa, poi mi diressi verso Nord per salutarlo.
«Ehm, Nord, direi che per me sarebbe anche l'ora di..» mi interruppe improvvisamente.
«OH, giusto!» esclamò, quasi risentito, come se avesse fatto una cosa orrenda. «Hai perfettamente ragione, devi saperlo!»
«Sapere? Cosa?» ero abbastanza confusa.
Il Guardiano si diresse lontano dalla stanza dove ci trovavamo, percorrendo un corridoio colmo di porte. Mi venne spontaneo seguirlo.
«Beh, dove si trova tua stanza naturalmente! L'ho fatta sistemare da yeti poco fa! Vedrai, ti piacerà!»
La mia reazione fu composta da un “Eh?!” soffocato, un misto di terrore e un pizzico di voglia di suicidio.
Non avevo intenzione di restare in quel luogo freddo un minuto di più.
«Io veramente avevo intenzione di andarmene..» dissi, sperando che mi ascoltasse.
«Tu? Andartene? Assolutamente no! Sei mia ospite!» tuonò. Nel frattempo, si fermò davanti ad una porta e la aprì, indicandomi la mia stanza.
Provai a convincerlo, ma fu impossibile. Cercai di accontentarmi del camino che si trovava nella piccola stanza.
Era completamente costruita in legno come la maggior parte del palazzo, con un letto e una vetrata con vista sul Polo Nord; intere distese di ghiaccio bianco e luminoso.. e freddo.
Insomma, il posto perfetto per la custode del fuoco.
 
Mi addormentai prima che i Guardiani terminassero la loro riunione, visto che si era fatta notte fonda, quando sentii bussare.
Il freddo in eccesso che cominciai ad avvertire insieme a quello che già provavo in precedenza non mi fece avere molta scelta su chi potesse essere.
Aprii la porta.
«Possiamo parlare?»
  






*spazio autrice*
tadaaaaaaaaaaaan, il primo capitolo del 2013.
bene, povera Eileen ahahah, sono in pena per lei, finirà in ipotermia. (?)
in questo capitolo ho provato a descrivere il palazzo di Nord, ma non so se ci sono riuscita. nel film non si vede molto bene, o almeno, io non lo avevo definito alla perfezione, perciò ci ha pensato la mia immaginazione. per questo, se vedete delle cose che non corrispondono o termini architettonici inesistenti, it's my fault. o:
credo che anche nella descrizione dei personaggi ci sia qualche cosa che mi sono inventata di sana pianta, ma vabbè <.<
mi congedo, non voglio rompere le palle ancora di più.
grazie mille se avete letto e recensito, se avete messo la storia tra le seguite, grazie anche ai lettori silenziosi.
i love you all (??) :3
 

un abbraccio,
biebsrescuedme

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Capitolo 5
*** a disastrous breakfast. ***


05; A disastrous breakfast.






«Possiamo parlare?»

Alzai lo sguardo: non ero per niente sorpresa che fosse Jack.
Feci un passo indietro, irrigidendomi.
«Va bene» dissi tra i denti, cercando di mantenere la calma.
Non sapevo se essere più nervosa per il fatto che mi avesse svegliata in piena notte o perché.. beh, perché semplicemente fosse stato lui a bussare.

Mi voltai di spalle, attraversando a grandi passi la stanza, seguita da lui, che chiuse la porta.
Non so perché, ma fu lì che realizzai che non sarebbe stata una conversazione breve come pensavo.
Mi sedetti sul letto, incrociando le gambe e avvolgendomi una coperta sulle spalle, mentre lui stava in piedi proprio di fronte a me.
«Cosa c'è?» domandai, cercando di porre fine a quel silenzio imbarazzante.
Jack sembrava addirittura molto più nervoso di me, ma non mi guardava in cagnesco come al solito.
Teneva lo sguardo basso, con l'aria di qualcuno che voleva fare un lungo monologo ma non sapeva da dove iniziare.
Poi, finalmente, si decise.
«Così Nord ti ha praticamente costretta a stare qui?» non capii perché, ma sghignazzava.
Rimasi molto delusa dal modo in cui iniziò la conversazione. Per 250 anni mi aveva trattata come la più grande disgrazia che gli fosse capitata.
«Pensa che fortuna!» risposi, non riuscendo a mantenere fermo il tono della mia voce.
Quella situazione ci stava decisamente mettendo a disagio.
Jack si schiarì la gola, poi riprese a parlare.
«Okay, uhm.. So che mi odi a morte e che sicuramente pensi che ti odi anche io, ma io e i Guardiani abbiamo bisogno del tuo aiuto.. » si interruppe, mettendosi una mano sulla fronte, sbuffando. Pareva il discorso più difficile che avesse affrontato in tutta la sua vita.
«Io non ti odio, Jack. È che non sopporto il modo in cui mi tratti» risposi.
Volevo evitare di perdere le staffe proprio quando stavamo provando ad avere una conversazione matura.
«Lo so, e mi dispiace. In certe situazioni sono troppo orgoglioso per ammettere che anche tu devi avere una parte in tutto questo» mi stavo sorprendendo della sua calma, sebbene fosse un po' imbarazzato nel dirmi quelle cose. Dopo tutto, lo ero anche io. Non era facile ammettere i propri errori.
«Cosa intendi per tutto questo?» domandai, perplessa.
«A volte penso che se i bambini cominciassero a credere in te, il mio senso di competizione non farebbe altro che crescere ancora. Devo imparare ad accettare che non può essere sempre freddo.» lo sentii soffocare una risata, ma non dedussi alla perfezione se potevo considerarla tale.
Nei secondi successivi, mi ritrovai a fissarlo senza fare caso all'espressione che assunsi in volto.
Forse ero sorpresa, o forse lo guardavo con lo stesso sguardo di disprezzo che avevo di solito.

Pochi minuti prima avrei potuto perdere le staffe, ma mi accorsi solo in quel momento che non sarebbe servito a niente, ringraziando il mio autocontrollo.
«Credi che se riuscissi ad aiutarvi a sconfiggere Kurtis, avrei una speranza per poter fare sì che almeno un bambino riesca a credere in me?» gli domandai, lasciando cadere il discorso del “Non ti odio affatto”, con il quale non mi sentivo di proseguire.
«Certo!» disse, sorridendo. Contraccambiai.
«Ma.. come io ho sempre freddo, tu che controlli il caldo non dovresti.. avere caldo?» mi domandò. In effetti, era così che di solito mi sentivo.
«Non al Polo Nord, credo» mi avvolsi ancor più di prima nella coperta, quasi tremando.
Jack serrò le labbra, probabilmente non voleva farsi vedere sorridere troppo.
«E.. come io stavo cercando di dormire, tu non dovresti essere nella tua stanza, invece di importunare la gente in piena notte?» gli chiesi, ironica.
Giurai di sentirlo ridere sotto i baffi, poi si diresse di nuovo alla porta per uscire, seguito da me.
La aprì, poi si voltò.
«Mi dispiace davvero» il suo sguardo era sempre rivolto verso il basso.
«Di avermi svegliata, o per tutto quello che ci siamo fatti a vicenda in questi duecentocinquant'anni?»
«Ehm» ci pensò su, piegando la testa da un lato «Forse per entrambe le cose» e poi un altro sorriso.
Allungò la sua mano destra verso di me, stendendola.
«E' tutto apposto?» adesso mi guardava finalmente negli occhi, tradendosi da solo. Era più nervoso di prima.
«Niente affatto, dovrai farti perdonare con molto di più. Ma per ora, diciamo di sì!» risposi alla stretta di mano, promettendomi di non toccarlo più in vita mia: era gelido. Entrambi, involontariamente, tirammo indietro le proprie mani sussultando, accorgendosi dell'improvvisa differenza di temperatura.
«Buonanotte!» annuncia, ponendo fine a quell'estenuante conversazione.
Malgrado avessi apprezzato le sue parole, non vedevo l'ora che se ne andasse.
L'ennesimo sorriso sghembo si dipinse sul suo viso, e poi mi voltò le spalle giocherellando con il bastone, avviandosi per il buio corridoio della dimora di Nord.
Chiusi la porta. Solo in quel momento mi accorsi di non avere più sonno.

 

 

 

Non auguro a nessuno una colazione nella fortezza di Nord.
Quando mi alzai, mi diressi immediatamente nella stanza principale del giorno precedente.
Al posto di un atrio, era stato allestito un enorme tavolo in legno scuro, apparecchiato per quattro persone, anche se non sembrava: era stracolmo di cibo. Burro, latte, marmellata, uova, formaggio, pane, addirittura della carne e del pesce.
Sandman e Nord erano già seduti, e dedussi che fosse l'ora della colazione.
Fuori c'era un tempo tremendo, mi strinsi nella coperta che ormai era diventata la mia seconda pelle.
«Oh, Eileen! Buongiorno! Ti siedi a tavola per colazione?» risposi al buongiorno.
Quanto alla richiesta di fare colazione con loro.. beh, non l'avrei affatto definita una richiesta.
Mi accomodai a tavola rassegnata, non sapendo da dove cominciare.
Addentai senza appetito una fetta di pane con sopra della marmellata ai fichi, sperando di non dovermi rimpinzare per far contento Nord.
Proprio per pietà poi, bevvi una tazza di latte caldo, ignara che quello sarebbe stato solo l'inizio.
«Ah, che bella mattinata. Una bufera di neve ci voleva proprio!» Jack prese posto di fronte a me pochi minuti dopo, addentando del pane con sopra troppi ingredienti da riuscire ad elencare.
Diede il buongiorno solo mentre stava ancora masticando il boccone.
«Aiutami, ti prego, non ce la faccio più!» lo implorai sussurrando, indicandogli la mia pancia.
Lui mi guardò divertito, e per qualche secondo si riaccese dentro di me l'impulso di farlo fuori.
Con mia sorpresa, in poco tempo, di tutto ciò che c'era in tavola rimasero solo le briciole.
«Dove sono Dentolina e Calmoniglio?» domandai senza essere realmente interessata.
Forse dovevo soltanto verificare se dopo tutto ciò che avevo mangiato, fossi ancora capace di emettere qualche suono.
«Calmoniglio è in ansia per Pasqua: dice di dover ancora preparare un sacco di uova. Dentolina invece, temo non possa abbandonare la sua passione per i denti nemmeno per un giorno!» rispose Jack. Annuii, poi finalmente mi decisi ad alzarmi da quella tavola.
Anche Jack si alzò, quasi volesse seguirmi. Fu proprio lì che me ne accorsi: una scia densa di fumo si stava aggirando dietro di lui.
Non ci pensai a lungo prima di afferrarlo e scaraventarlo dalla parte opposta della stanza, per evitare che ne fosse vittima.

Senza che me ne rendessi conto, la scia si espanse, facendo durare ben poco il mio sollievo. Tutto stava accadendo fin troppo velocemente, tanto che fu necessaria un'altra manciata di secondi per far aprire gli occhi a Nord e Sandman.
In quel momento però, ormai era troppo tardi: la scia mi aveva totalmente circondata, stringendomi, senza che potessi fare niente per difendermi. Era diversa dalla volta precedente.

Si udì per tutta la fortezza una risata echeggiare.
«Caro Nord, da quanto tempo non venivo qui! Hai cambiato qualcosa?» Kurtis era proprio di fronte ai tre Guardiani, già pronti a combattere.
«Lascia Eileen e vattene, Kurtis» pronunciò Jack in tono minaccioso.
«Oh, perché dovrei? Potrebbe essermi di grande aiuto!» poi si voltò verso il resto dell'atrio, facendo un'esclamazione di stupore.
«Non credo che questo vi servirà ancora per molto. Nemmeno loro lo faranno: nessuno crederà più in voi!» ed eccolo lì, il boato assordante che mi fece accapponare la pelle.
L'enorme globo sospeso al centro dell'atrio, affacciato su tutto il palazzo, cadde schiantandosi sul pavimento del piano terra, devastando l'edificio.
Solo a quel punto i tre Guardiani presero la decisione di attaccare. L'espressione di Nord mi fece spezzare il cuore: era distrutto, dopo aver visto gran parte del suo palazzo andare a pezzi.
Jack impugnava saldamente il suo bastone, Nord si serviva di due spade, e Sandman poteva creare qualsiasi cosa con la sabbia, ma di solito usava due fruste.
Vidi Kurtis dissolversi in fumo, l'espressione dei tre era abbastanza delusa.
Jack mi guardò, impotente. Quando capì che Kurtis mi avrebbe portata con sé, si avvicinò a me quasi correndo.
La sua mano si stava allungando verso di me, ma non fece in tempo. E dopo pochi secondi, l'atrio su cui mi trovavo pochi secondi prima, sparì insieme a tutto il resto, regalandomi una vista di buio totale.
Tanto per cambiare, ero in un bel guaio.

 

 

 

 

 

*spazio autrice*
ssssssalve a tutti!
Scusatemi, scusatemi, scusatemi davvero. Avrei dovuto postare il capitolo molto prima, ma la scuola me l'ha impedito: ho avuto un sacco di verifiche scritte e interrogazioni da affrontare, e non sono ancora finite. Sono davvero distrutta. Sto andando un po' male a scuola quest'anno, quindi devo cercare di recuperare. :c
Perciò, se vedrete dei capitoli peggiorare con lo scorrere delle settimane, incolpate la mia scuola (?) ahah. No vabbè, la seconda parte di questo capitolo non mi convince. I fatti sì, e spero sia così anche per voi, ma avrei voluto descrivere il tutto in maniera un po' più epica. Ma ormai, sapete come sono fatta ahah.
Tuttavia, più io schifo un capitolo, più ricevo complimenti ò.ò a regola quindi, questo capitolo per voi dovrebbe essere la Bibbia (?) TROLOLOL. se ho deluso le aspettative di qualcuno, beh, avete assolutamente ragione. ho fatto un po' schifo stavolta ahah.
Okay scherzo, mi dileguo che faccio più bella figura!
Vi ringrazio ancora per tutte le soddisfazioni ricevute ♥
llllove you, al prossimo capitolo!

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Capitolo 6
*** disclosure. ***


*perdonatemi, è disgustoso. LOL.

06; Disclosure.

 



 

Ormai era da dare per scontato che fossi terrorizzata, non avevo la minima idea di dove mi trovavo. Non potevo vedere niente, c'era solo oscurità.
Il freddo del Polo Nord si stava estinguendo pian piano, riuscendo così a stabilizzare la mia temperatura di sempre.
L'unica cosa che mi faceva capire di non essere sola, era la nube di fumo che ancora mi stringeva, e non era di certo un sollievo.

Oltre alla mia nausea, si aggiunsero diversi colpi di tosse.
Per circa due minuti quindi, mi alternai tra tosse e nausea, mischiato alla mia solita ansia, che non svaniva mai.
Mano a mano riuscii a distinguere delle forme, luce, e tutto cominciò a riprendere vita. Il vento che riuscii a percepire mi fece provare un po' più di sicurezza, poi finalmente vidi il cielo.
Tutta quella poca sicurezza svanì quando realizzai di non essere a terra, ma sospesa in aria sopra un'intera città.

Pensavo di trovarmi chissà dove, ma quando udii il suono delle campane del Big Ben suonare, compresi subito che ero a Londra.
Sospeso in aria, proprio accanto a me, c'era Kurtis.
Mi stava guardando con un sorriso sbilenco odiosissimo, giusto per ricordare a me stessa quanto fossi stupida nel proteggere le persone.
Eppure ero sicura che Kurtis non avrebbe riservato a Jack lo stesso trattamento: avrebbe fatto sicuramente qualcosa di peggiore.
Cercai perciò di convincermi che ne era valsa la pena. 
Avrei voluto cercare qualche modo per scappare, ma non sapevo dove recarmi.
La mia velocità era nettamente superiore a quella di Kurtis, ma per delineare alla perfezione le sue intenzioni, dovevo stare ferma.

D'un tratto, quell'essere si avvicinò a me, circondandomi con le sue braccia, sussurrandomi una frase all'orecchio.
«Voglio mostrarti una cosa». Al suo tono di voce, rabbrividii.
Ci eravamo già allontanati un po' dal centro di Londra, in sostanza eravamo in periferia.
Finalmente toccai terra, e tanta fu la voglia di vomitare, ma riuscii ad arrestarmi.
In quel momento ci trovavamo nel cortile di una casa, una tipica casa inglese.
La porta d'ingresso era preceduta da una piccola scala con una balaustra, e le finestre erano strette e lunghe.

Improvvisamente, la porta d'ingresso si spalancò mentre un bambino sui sette anni stava uscendo fuori di corsa.
Aveva dei capelli biondi che gli coprivano tutta la fronte e facevano a malapena intravedere gli occhi verdi. Sembrava che il suo volto fosse interamente occupato dalla bocca sorridente.
Già avevo capito che Kurtis non aveva buone intenzioni. Quanto avrei voluto intervenire.

«Colin! Prendi questa, fa freddo!» ormai il bambino aveva già aperto il cancello per uscire, presumibilmente a giocare, mentre la mamma lo stava rincorrendo sventolando una sciarpa di lana.
Quest'ultima la fece indossare al bambino, quasi contrario, che non stava nella pelle per andare a giocare.
«Carino, no?» domandò Kurtis, facendo assumere all'aggettivo un tono alquanto sgradevole che mi infastidì molto.
La mamma rientrò in casa, raccomandando al figlio di stare attento a non farsi male, di non prendere freddo, di rientrare a casa presto e cose simili.
Vidi Kurtis agitare le mani mentre manovrava una delle sue scie di fumo, che avvolse il bambino in pochi secondi. Sentii qualche colpo di tosse.
«No! Cosa stai facendo?» mi stavo dimenando, ma non potevo fare niente. Mi stava impedendo ancora di muovermi.
Quando la scia di fumo si dissolse, il piccolo Colin era scomparso.
Al suo posto c'era un uomo di circa quarant'anni vestito con uno smoking elegante che portava con sé una ventiquattrore.
Quando riconobbi gli stessi occhi del bambino e i lineamenti decisamente simili, mi sentii morire dentro.

«Mmh, che ore sono?» si domandò l'uomo, controllando l'orologio sul polso sinistro.
«Oh cielo, farò tardi alla riunione di lavoro!» e poi corse via velocemente.
La risata crudele di Kurtis mi fece ritornare nel mondo reale.
«E dimmi Eileen, non è forse bellissimo?» portò le mani in alto verso il cielo, senza smettere di ridere.
«Sei un mostro!» cominciai a dimenarmi urlando ancora più di prima, eppure tutti i miei tentativi di riuscire a scappare erano inutili. Non volevo restare con lui un secondo di più.
Kurtis si avvicinò rapidamente, e dovetti indietreggiare per fare sì che il suo viso non toccasse il mio.
«Un mostro? Come puoi solo pensarlo?! Hai visto ciò che ho appena fatto? È il piano perfetto per sconfiggere i Guardiani» diceva ciò sussurrando, inquietandomi ancora più di prima.
«Non ho mai voluto sconfiggere i Guardiani, né combatterli. Ma tu non puoi fare questo a dei bambini. Non ce ne saranno più» cercai di contenermi quando mi resi conto di essere sul punto di piangere. Forse per la paura di ciò che sarebbe successo, o forse per tutta la rabbia che stavo provando.
«Ed è proprio questo il punto!» mi riprese, alzando la voce. «Niente più bambini, niente più stupide leggende sui Guardiani, niente più lotte per guadagnarsi la fiducia dei bambini. Solo pura e sana maturità!»
«Non mi unirò mai a te. Tu sei pazzo» fu lì che Kurtis mi fulminò con lo sguardo tanto da farmi avere paura che volesse uccidermi.
Mi sollevò mentre ancora mi trovavo dentro quella scia di fumo, e poi mi scaraventò a terra a circa dieci metri lontana da lui.

Urlai per il dolore.
Riuscii a liberarmi dalla nube di fumo quando questa si allontanò da me, preparandosi però a colpirmi.
In un attimo, impugnai il mio arco, scagliando una freccia proprio verso di lei.

Quello che successe fu molto strano: la freccia riuscì a perforare la nube, ma la vidi spezzarsi in due parti mentre era ancora dentro di essa, per poi essere polverizzata.
La scia si diresse contro di me in un lampo, ma riuscii a scansarmi rotolando da un lato. La scena si ripeté più volte.
Riuscivo solo a spostarmi, senza mai trovare il tempo di attaccare. Era come combattere contro un enorme serpente, e odiavo essere in svantaggio.

Di nuovo era pronta all'attacco, mancavano circa due secondi prima che mi colpisse di nuovo, e non avevo tempo per spostarmi.
Mi preparai a ricevere il colpo.

A pochi centimetri da me, vidi la scia congelarsi, cominciando a sentire freddo.
I rumori intorno a me cominciavano ad essere ovattati, la mia vista ormai non serviva più a molto.
«Eileen? Eileen, mi senti?» qualche voce indistinta pronunciava il mio nome, ma ero troppo stanca perfino per ragionare sull'identità a cui appartenesse.

«Portala via, ci pensiamo noi a Kurtis» un'altra voce si fece viva, ma non avevo per niente voglia di ascoltare.
Chiusi gli occhi, la testa girava troppo. Volevo solo riposarmi, a stento mi ricordavo di dover respirare.

Stavo impazzendo: la debolezza per lo sforzo della breve battaglia avuta con Kurtis, il piccolo Colin, il futuro incerto di tutti i bambini del pianeta, il futuro dei Guardiani, il mio.
Pensavo troppo a ogni cosa, che mi impediva di calmarmi.
Mi sentii afferrare da delle braccia fredde, e l'unica cosa che riuscii a capire, nonostante il freddo che stavo provando, era che fossi al sicuro.
Di nuovo i miei piedi non toccavano più terra, e finalmente riuscii a trovare riposo, lasciandomi travolgere da tutte le sensazioni provate nell'ultimo minuto, addormentandomi.

 

 


«Si è svegliata?» sentii dire. Le voci erano ancora ovattate.
Non volevo aprire gli occhi, la testa mi girava troppo forte.

Era come se ci fossero due martelli che picchiassero sulle mie tempie.
«Glielo diciamo ora o più tardi?» un'altra voce, ancora indistinguibile.
Non avevo più molto freddo, ma nemmeno avvertivo il mio solito calore. In quegli ultimi giorni, non avevo sentito caldo per più di dieci minuti di seguito.
«Volete smetterla? Prima deve stabilirsi!» un'altra voce ancora. Distinsi quella tra le altre, perché era femminile.
Dopo qualche minuto che era calato il silenzio, mi decisi ad aprire gli occhi.
La vista era ancora sfumata, ma potevo essere sicura di trovarmi al chiuso, e che ero in buone mani.

Passò ancora qualche istante, dopodiché la mia vista si fece finalmente chiara.
Jack Frost, Calmoniglio, Dentolina, Sandman e Nord avevano circondato il letto su cui ero sdraiata, scrutando ogni mio gesto.
Sussultai, spaventata.
«Come ti senti?» chiese Dentolina, volando sopra di me.
«Non lo so..» risposi. Non capii se era la mia voce ad avere un volume basso, o io che non ero ancora capace di intendere e di volere.
Nel frattempo, mi alzai, riuscendo a sedermi sul letto portando le gambe fuori da esso. Mi girava ancora la testa, ma sentivo che stavo riuscendo a migliorare.
«Dove siamo?» domandai, fissando il parquet scuro.
Non mi premeva più sapere quanto tempo fosse passato: era sicuramente poco.
Sentivo ancora su di me l'odore del fumo di Kurtis, e i Guardiani sembravano reduci da una battaglia.

«In una succursale di mia fortezza, yeti stanno sistemando il disastro di edificio principale» rispose Nord.
Oh, ecco perché avevo ancora freddo.
Apprezzai il gesto di Calmoniglio, che mi sistemò una coperta sulle spalle.
«Mi dispiace» fu tutto quello che riuscii a dire.
«E per cosa?» domandò Jack.
Beh, per quello che è successo a Nord. Per Colin. Mi dispiace di non essere riuscita a fermare Kurtis, mi dispiace per tutto.
Suonò più come una domanda retorica, perciò mi limitai ad alzare le spalle.
«Che fine ha fatto Kurtis?» chiesi.
«Lo stavamo quasi per prendere, ma poi è riuscito a scappare via» Nord si rabbuiò, evidentemente preoccupato per la sorte dei bambini e degli stessi Guardiani.
«Però c'è buona notizia!» si riprese, allargando le braccia.
«Cioè?» sinceramente, non ero molto interessata a quella buona notizia, ma dovetti ricredermi.
Jack si diresse verso di me, nervoso.
«Meglio che te lo spieghi io. Vieni» stava quasi per toccarmi la mano, ma poi si ricordò del nostro contatto la sera prima, e di conseguenza sistemò il suo braccio intorno a le mie spalle, sicuro che la coperta avrebbe attutito la vicinanza.
Pareva che il suo tono di voce volesse rilassarmi, ma stavo iniziando a provare ansia.
Cos'era di tanto importante?

Giungemmo in una specie di terrazza che si affacciava sullo strapiombo di ghiaccio.
Nonostante facesse freddo, i raggi del sole provvedevano a riscaldarmi.

Jack soffocò una risata.
«Oddio, proprio a me hanno dato il compito di dirtelo» sghignazzò ancora, ma poi guardò il mio volto, da dove non lasciavo trapelare alcuna emozione se non l'ansia.
«Che cosa c'è?» mi limitai a domandare.
«Per me era stato molto diverso, non è giusto» continuava a blaterare, ma poi mi misi di fronte a lui, testarda.
«Dimmi cosa c'è. Adesso.» mi impuntai, afferrandolo per la felpa.
«Okay, okay» alzò entrambe le braccia in segno di resa, mentre teneva il bastone tra le spalle.
«Quando siamo venuti a salvarti da Kurtis, non l'abbiamo fatto solo perché sei innocente, o perché Kurtis sta cercando di farci fuori» la sua intonazione mi metteva ancora più angoscia.
Non era per niente naturale. Era terrorizzato all'idea che Kurtis potesse riservare lo stesso destino di Colin a tutti i bambini del mondo.

«E perché l'avete fatto?» chiesi.
Non riusciva a terminare nemmeno una frase.

«Perché prima di venirti a salvare, quando eravamo tutti riuniti alla fortezza di Nord, l'Uomo della Luna ci ha comunicato una cosa che nessuno di noi si aspettava» stava tracciando a terra dei cerchi invisibili con il bastone.
Solo dopo aver portato il discorso al capolinea mi guardò negli occhi.
«Tu fai parte di noi. L'Uomo della Luna ti ha scelta»
Lo guardai incredula e allo stesso tempo confusa.
O meglio, avevo capito benissimo, ma ero troppo scossa.

Stavo tremando, e non perché faceva freddo. 
«Adesso fai parte dei Guardiani, Eileen.»
Mi voltai, e il resto dei Guardiani mi stava guardando sorridendo, Jack compreso. Per la prima volta riuscii a sentirmi parte di qualcosa.









*spazio autrice*
VAAAAAAAAAAAAADO A NASCONDERMI.
vi ricordate la mia mancanza di fiducia per il capitolo precedente? ecco, per questo è molto peggio, chiedo perdono.
è probabile che ci siano degli errori, mi scuso in anticipo.
era da un po' che non postavo, ma con la scuola e i vari impegni non trovo mai il tempo di scrivere. per "fortuna" però, malgrado io sia a casa malata (Jack mi ha morso il naso, ohoh ♥ (?)) sono riuscita a postare questo capitolo. spero vi piaccia, anche se ne dubito. *si prepara mentalmente alle recensioni con la bandiera arancione*
grazie ancora di tutto :3
un bacio, al prossimo capitolo!
Giulia.

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Capitolo 7
*** believe. ***


07; Believe.





«Eileen? Eileen! Non mi lasciare, per favore! Vieni qui!» riuscii a scorgere il volto di mio fratello straziato dalla paura.
Faticavo a tenere gli occhi aperti. Bruciavano.
Tutto bruciava.
Le fiamme si divampavano intorno a me, impedendomi ormai di trovare una via di fuga.
E Ronan urlava, urlava forte. Avrei voluto urlare anche io, ma non riuscivo più a respirare.

All'improvviso, avvertii uno scricchiolio minaccioso provenire dal soffitto della casa, poi fui colpita da un dolore lancinante.
Qualcosa mi schiacciava.

Altre grida, altro dolore. Bruciavo anche io.



«Eileen! Eileen!» fui in grado di aprire gli occhi, svegliandomi di soprassalto.
Non c'erano più fiamme, non c'era dolore. Ma non c'era mio fratello.
Ero inzuppata di sudore, i riccioli rossi si incollavano fastidiosamente sul mio volto e sul collo.
«Stai bene?» un tocco gelido sulla mia spalla. Alzai lo sguardo accorgendomi che qualcuno stava chiamando il mio nome da più di qualche secondo, preoccupato.
Jack.
«No» risposi confusa, incerta che mi avesse chiesto come stavo, troppo stanca per farmi ripetere la domanda.
Ero troppo occupata a respirare, ma poi, senza percepirlo iniziai a piangere. Come ogni volta che facevo quel sogno, da duecentocinquanta interminabili anni.
Le braccia fredde dello Spirito della Neve mi avvolsero, facendomi rabbrividire. Malgrado stessi quasi congelando, non mi opposi: un abbraccio era proprio quello di cui avevo bisogno.
Forse Jack non era esattamente la persona da cui avrei voluto riceverlo, ma era la persona più vicina ad un “amico” che avessi.
Giusto perché non avevo nessuno, e i Guardiani sarebbero dovuti essere fondamentali da quando il giorno prima, mi avevano comunicato di essere una di loro.

Sebbene fossi stata scelta, mi sentivo inferiore a loro. Da secoli svolgevano il loro mestiere con dimestichezza, io invece non avevo la minima idea di come iniziare.
E ancora una volta, Jack era la persona che aveva la situazione più simile alla mia: era un Guardiano da circa tre anni, non di più.
Eppure riuscì a trovare il suo Centro, il Divertimento. 
Era riuscito a sconfiggere Pitch Black, e io ero ancora capace di fare incubi tremendi.
Dopo qualche minuto fui capace di calmarmi, facendo tornare il mio respiro regolare.
Jack si sciolse dall'abbraccio, quasi impacciato.
«Ti va di parlarne, o..?» era di nuovo imbranato, e chiesi a me stessa come mai io e lui non riuscivamo mai ad avere una conversazione piacevole senza che uno dei due -o entrambi- sprofondasse nell'abisso dell'imbarazzo.
Per quale motivo, poi?

Prima scossi la testa in segno di no, poi sorrisi per fargli capire che avevo apprezzato il suo gesto, ma non lo guardai in faccia.
Con la coda dell'occhio, notai che lui fece un cenno con la testa, come per dire che andava tutto bene, se non volevo parlarne con lui.

Distese le labbra in un leggero sorriso, poi uscì dalla mia stanza.
Ma che diavolo ci facevo lì dentro, io?
Tutti i Guardiani erano così presi dai preparativi per le loro feste, Dentolina raccoglieva i denti dei bambini ventiquattro ore su ventiquattro, Sandman viveva nel suo mondo fatto di sogni per i bambini.
Io? Nessuno credeva in me e neanche sapevo quale fosse il mio Centro.

Avendo un ruolo così importante, sarei stata capace di combinare un guaio talmente grosso da compromettere l'esistenza dei Guardiani senza che ci fosse bisogno dell'intervento di Kurtis.
E non volevo affatto che succedesse qualcosa. Io non c'entravo niente.

 

Jack pov.

 

«Jack, vai a chiamare Eileen per la colazione? Molto probabilmente sta ancora dormendo» disse Calmoniglio, addentando una carota, per poi ritornare a lavorare sull'uovo che stava accuratamente dipingendo. Guai a chi lo toccava.
«È abbastanza comprensibile, ieri ha avuto una giornata impegnativa» replicò Dentolina, prima di continuare a confabulare con le sue piccole fatine, come ogni giorno.
Praticamente, nessuno tranne Sandy stava veramente facendo colazione.
Annuii, sapendo bene che Eileen non stava affatto dormendo.
Camminai in fretta verso la sua stanza, intimorito da quella che potrebbe essere stata la sua reazione.
Magari era talmente giù di morale che non voleva neanche mangiare, e mi sarei sentito in colpa per averla lasciata da sola.

Vederla dimenarsi tra le coperte in preda alla disperazione mi aveva fatto un certo effetto, non potevo certo rimanere indifferente.
Faceva parte dei Guardiani, in poco tempo sarebbe diventata parte della mia vita: dovevo aiutarla.

Bussai più volte alla porta della sua stanza, rivestita in legno pregiato. Nord non si faceva poi così tanti scrupoli a far sfaccendare gli yeti per rendere l'edificio perfetto.
Soffocai una risata pensando a qualche ipotetica lamentela di Phil ogni volta che Nord gli commissionava qualcosa di lontanamente possibile.

Da dentro la stanza, non provenì nessuna risposta.
Bussai nuovamente, stavolta con più decisione, così che lei potesse sentire meglio il rumore.
Nessuna risposta, di nuovo.
A quel punto, mi feci coraggio, entrando nella stanza senza il suo permesso. D'altra parte, era quello che avevo fatto poco prima.
Con mia sorpresa, la stanza era vuota e fredda.
«Eileen?» chiamai, come un cretino. Mi guardai intorno, ma di lei non c'era traccia.
Non impiegai molto tempo per perlustrare il resto dell'edificio secondario, constatando che lei era sparita.

Uno strano pensiero affiorò nella mia testa come se volesse farmi impazzire, come un allarme dal suono travolgente e insopportabile. In probabilmente meno di due secondi corsi da Nord, preoccupato.
«Eileen non c'è» annunciai, agitato.
Osservai Nord incupirsi, corrugando le folte sopracciglia. Prestai poca attenzione agli altri, che mi guardavano come se fossi un eretico.
Lui sapeva qualcosa in più, ne avevo la certezza.

«E dov'è?» esclamò Calmoniglio, altrettanto allarmato.
«Non ne ho la più pallida idea» risposi, e mi sentii come se il mio stomaco fosse stato lanciato, colpito da una mazza da baseball e poi malmenato.
«Ci penso io» proclamai, dileguandomi dalla fortezza di Nord prima che qualcuno avesse avuto delle obiezioni.
Avrei chiesto aiuto solo ad una persona.

«Mamma, vado a giocare!» potevo già udire Jamie ansioso di uscire fuori a giocare. Beh, in realtà aveva già oltrepassato la soglia della porta, affondando i piedi nella neve.
Fu lì che mi vide seduto sopra la staccionata di fronte casa sua, rivolgendomi un sorriso enorme. Gli era caduto un altro dente da latte, che Dentolina aveva sicuramente già provveduto a raccogliere.
Jamie aveva 9 anni, eppure non era cambiato molto: era solo diventato più alto di pochi centimetri.

Quasi corse verso di me, mentre trascinava goffamente lo slittino con cui lo facevo sempre divertire.
Lo osservai con cura, sperando che non cadesse inciampando su qualche cosa nascosta dalla neve.

«Hey piccoletto, come va?» dissi, scombinandogli i capelli scuri. Lui mi scrutò indispettito. In effetti, non gli stavo tanto simpatico quando arrufavo i suoi capelli.
Ormai gli coprivano quasi tutta la fronte, meno lisci di qualche anno prima.

La sua risposta fu una sola, era particolarmente contento quel giorno «Guarda!» esclamò entusiasta, mostrandomi la sua dentatura.
«Oh! Hai perso un altro dente! Dentolina ha già provveduto?» domandai, sicuro che la risposta sarebbe stata positiva. Lui mi mostrò un dollaro, senza togliersi quel sorriso dal volto.
Risi, contento che per lui le cose andassero bene, poi gli comunicai l'idea che avevo in mente per quel giorno: ne sarebbe stato contento, considerandola un'avventura.
«Senti, uhm, so che per oggi avevamo in programma di divertirci con lo slittino, ma ho da proporti un'idea ancora più avventurosa» riferii, piegandomi sulle ginocchia per raggiungere la sua altezza.
Gli occhi di Jamie si illuminarono. «Cioé?»
«Ti ricordi Eileen Heat? Quella ragazza che dicevi di aver avvistato, mentre scioglieva tutta la mia neve?».
Mi ero sentito veramente una carogna quando, circa un anno prima, non avevo detto nulla ad Eileen. Avevo parlato di lei a Jamie, così che lui iniziasse a credere nella sua esistenza.
Purtroppo però, lei non sapeva niente.
I miei sensi di colpa mi stavano divorando, ed era uno dei motivi per cui avevo deciso di porre fine al nostro perenne conflitto.
Alla fine, non la sopportavo soltanto per il fatto che scioglieva la mia neve, perché per il resto non avevo mai avuto niente contro di lei.

Jamie annuì, impaziente. Ricordai che mi disse quanto fosse bella Eileen.
«È diventata una di noi, ma penso proprio che sia scappata. Devi aiutarmi a cercarla. Ti va?» gli domandai, cercando di farmi vedere entusiasta.
Non lo avevo invitato a partecipare alla ricerca tanto perché non sapevo che fare. Lui sarebbe stato fondamentale.

«E perché è scappata?» Jamie sembrava un po' confuso. Per un secondo, pensai che la domanda che gli interessasse di più rivolgermi fosse “Perché devo aiutarti?”, non aveva affatto torto!
«Penso si senta inferiore a noi. Nessun bambino crede in lei, a parte te. Solo che non lo sa. Per questo, se tu verrai con me e le dimostrerai di credere in lei, forse lei sarà più motivata. Abbiamo bisogno di lei» gli spiegai, attento a non rivelargli l'esistenza di Kurtis: non volevo farlo agitare.
Immaginai Jamie trasformarsi in adulto, e il mio stomaco subì lo stesso trattamento di qualche ora prima. Rabbrividivo solo al pensiero.
«Cosa aspettiamo allora? Andiamo a cercarla!» Jamie saltellò per qualche secondo, mettendo da parte lo slittino e alzando le mani al cielo.
La aveva presa come un'avventura, ma sapevo bene che non lo considerava solo un gioco.

Usammo il metodo più semplice per trovarla il più velocemente possibile: presi Jamie in braccio, facendo sì che volasse insieme a me.
Mano a mano che ci allontanavamo da Burgess, la neve diminuiva sempre di più.
«Hai un'idea di dove possa essere?» domandò Jamie, spaesato.
«L'ho vista diverse volte vicino ad un vecchio cimitero poco distante da qui» risposi, incerto. Avevo la sensazione che andasse spesso a trovare qualcuno che per lei era stato molto importante.
Probabilmente eravamo già nel Missouri.
Avvistai il luogo dove di solito la trovavo negli ultimi secoli, indovinando.
Notai a qualche decina di metri da terra il suo esile corpo accasciato su una lapide, senza riuscire a vedere il suo viso.
Un po' perché era completamente coperto dalla sua chioma rossa, un po' perché era nascosto dalle mani.

Giunsi a terra, sperando che Jamie non si fosse raffreddato. Gli dissi di restare dov'era.
Dovevo parlare con Eileen da solo.
A pochi metri da lei, mi accorsi che stava ancora piangendo.
Poggiai una mano sulla sua schiena, senza dire niente, poi guardai la lapide su cui era riversa.
Ronan Dover, 30 agosto 1745 - 04 dicembre 1813
Accanto a questa, c'erano dei crisantemi.
«Quanti anni avevi quando è successo?» mi domandò, tra un singhiozzo e l'altro. All'inizio non capii, ma poi mi resi conto che si riferiva a quando ero diventato Jack Frost.
«Diciotto» risposi, afflitto, ricordando l'episodio al lago.
«Io sedici» disse lei, amareggiata. Ma non sembrava quello il motivo per cui era ridotta in quelle condizioni. Stavo male per lei nonostante non sapessi nulla, e non era affatto naturale.
Avrei dovuto divertirmi, come sempre.

«Mi sono sacrificata per salvarlo da un incendio, e gli sono stata accanto per tutta la sua vita. Senza che lui sapesse niente» colpì la lapide con un pugno non molto forte, ma pieno di dolore.
«Tu ricordi?» ero rimasto spiazzato. Anche lei ricordava cosa era successo nella sua vita normale senza l'aiuto dei propri denti da latte.
Lei annuì con difficoltà, quasi avesse voluto rispondere con un no.
«Chi era?» domandai, incuriosito. Per la prima volta mi guardò. Le sue iridi dorate erano circondate da occhi rossi per il pianto.
«Era mio fratello» un uragano di pensieri si fece spazio nella mia testa.
Avevamo più cose in comune di quanto pensassimo.
«Io avevo una sorella. Eravamo andati a pattinare su un lago ghiacciato, ma era troppo presto. Il ghiaccio si stava rompendo, e per salvarla sono annegato. Ma non ricordavo niente..» borbottai, non sapendo quanto questo avrebbe potuto consolarla.
Tuttavia, mi accorsi di quanto lei era stata fortunata rispetto a me: era stata accanto a suo fratello per tutta la vita, io invece non sapevo nemmeno di averla, una famiglia.

Trattenni le lacrime che stavano per uscire anche a me, quando capii che lei non considerava quella vita un dono da parte dell'Uomo della Luna, ma una maledizione.
«Non c'entro niente con voi Jack, sono un disastro» mormorò lei. Notai che si stava alzando, diedi per scontato che sarebbe scappata di nuovo.
La afferrai prontamente per un braccio, ignorando quanto fosse calda.

«C'entri eccome, Eileen. Sei stata scelta, abbiamo bisogno del tuo aiuto. Cosa c'è che non va?» mi avvicinai a lei parlandole a tono, forse un po' troppo forte.
«Nessuno crede in me, faccio solo danni» per un attimo la odiai.
«Questo non è vero» le sorrisi. Forse voleva tirarmi uno schiaffo, guardandomi con un'espressione del tipo “Come puoi sorridere con una situazione simile?”.
Mi voltai verso l'ingresso del cimitero, consapevole che Jamie si trovava già lì.
Si voltò anche lei, confusa mentre Jamie camminava velocemente verso di me. Una volta giunto di fronte a noi, teneva lo sguardo fisso su di lei.
«E questo chi è?» mi chiese lei, smarrita. Non capiva dove Jamie stesse posando lo sguardo.
Quello che successe dopo, mi fece sentire finalmente bene.
Jamie allungò la mano destra con fare disinvolto.
«Sono Jamie» sorrise. Eileen lo guardò male, scrutando ogni suo movimento.
Si abbassò, senza staccare gli occhi da quelli del bambino, rialzandosi subito dopo. Si spostò verso la destra, poi a sinistra.
Jamie sapeva che stava verificando se fosse una presa in giro o no.
Potevo sentire il respiro affannato di Eileen al pensiero che qualcuno credesse in lei dopo secoli.

«Oh santo cielo» bofonchiò incredula, mentre Jamie ancora aveva il braccio teso verso di lei.
Si abbassò di nuovo verso di lui, avvicinandosi.
Gli poggiò una mano sulla spalla, realizzando che non la oltrepassava: poteva toccarlo.

Eileen aveva di nuovo le lacrime agli occhi.
«Tu credi in me» 





*spazio autrice*
tadaaaaaaaaaaaan. devo essere sincera: è il primo capitolo della storia che mi "piace", anche se il primo in classifica resta sempre e comunque il prologo. (?)
perché? beh, il merito è anche della meravigliosa siemdrew, che mi ha aiutata in un momento di blocco. Grazie davvero. se vi va, passate a leggere le sue storie, che sono tanto belle hdsfsd. 
ho scritto tutto quanto tra ieri sera e stamattina. Jack ci ha preso il vizio, a mordermi il naso. non guarisco più. :c
vabbè ahah. spero che vi sia piaciuto, adesso che comincia ad esserci qualche svolta nella storia.
lasciate un parere se volete, ne sarò felice, qualunque sia :3
grazie a tutti quelli che seguono, recensiscono e leggono la storia. grazie di cuore.
a presto!

un abbraccio,
biebsrescuedme

 

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Capitolo 8
*** you protect people. ***


08; You protect people.





Gli occhi scuri del bambino erano riflessi nei miei, ero talmente emozionata che forse non sarei nemmeno stata capace di intendere e di volere.

Dopo secoli, qualcuno aveva creduto in me. In modo forse un po' strano, dato che nessuno sapeva della mia esistenza, ma non era questo che importava.
Finalmente avevo un posto anche io. Finalmente una lucina su quel globo brillava anche per me.
Il globo di Nord che Kurtis aveva distrutto, ma non aveva di certo distrutto le speranze dei bambini, la loro fantasia: era inevitabile.
E quel Jamie, somigliava così tanto al mio piccolo Ronan che avrei potuto scambiarlo per lui, se non avessi avuto la sua tomba di fianco.
Malgrado fossi ancora indecisa su cosa fare nel resto della mia vita, i Guardiani avrebbero avuto bisogno di me in ogni caso.

Li avrei aiutati a sconfiggere Kurtis, ma dovevo ancora decidere se restare oppure continuare a vivere la vita di tutti i giorni.
Per la prima volta dopo la mia “morte” erano stati gli unici in grado di farmi sentire parte di qualcosa di concreto, non potevo di certo sottovalutare questo aspetto.
Nonostante tutto però, non potevo cambiare radicalmente la mia vita in pochi giorni: dovevo abituarmi al pensiero.

Solo il giorno prima avevo constatato di essere diventata parte dei Guardiani, e in quel momento un bambino credeva in me.
Tutto nella mia vita si stava stravolgendo, non riuscivo ancora a cogliere tutti i lati positivi. Sarei stata una persona diversa, con una vita diversa, da vivere con persone diverse, ed ero spaventata.

Tuttavia, la serenità di quel momento non perdurò.
Proprio fuori dalle mura del cimitero, si sentì una sottospecie di fragore, e qualche urlo.
Io, Jack e Jamie ci dirigemmo fuori dal cimitero correndo, trovandoci di fronte una scena alquanto assurda e divertente allo stesso tempo.
«Atterraggio perfetto Nord, sei veramente un esperto!» sbraitò Calmoniglio, evidentemente sbigottito.
La slitta del Guardiano si era schiantata violentemente a terra, si poteva benissimo comprendere dal boato di pochi secondi prima.

E, come d'abitudine, Calmoniglio non aveva mai tollerato quel mezzo di trasporto.
«Calmoniglio, sempre solito ingrato! Slitta ci ha portati da loro, tu vivo. Qualche problema?» il comportamento perennemente beato di Nord mi faceva sempre scombussolare.
Ben poche volte lo avevo visto preoccupato.

L'enorme coniglio inarcò le sopracciglia, guardando Sandman e Dentolina in attesa di sostegno. Questi però, erano perfettamente a loro agio.
Calmoniglio roteò gli occhi piegando la testa e sbuffando, poi scese quasi barcollando dalla slitta che per tutto il viaggio aveva fatto sì che la nausea gli facesse compagnia.

«Sarebbe bastato attraversare un solo Stato in più, e io..» Calmoniglio si dirigeva verso di noi esasperato, alzando un dito della zampa e cominciando a gesticolare.
Nel vedere anche noi abbastanza a nostro agio però, decise di chiudersi la bocca da solo.

Scoppiai quasi a ridere.
Dentolina scese velocemente dalla slitta volando verso di me, fino a trovarmi di fronte a lei.
«Come mai hai deciso di andartene, Eileen?» chiese, preoccupata. Come mamma, sarebbe stata perfetta.
Guardai lei, poi Jack di fianco a me e il resto dei Guardiani.
«Non me ne sono andata, avevo solo bisogno di.. sai, stare un po' da sola. Potete contare sul mio aiuto» spiegai, con lo sguardo basso.
In realtà avevo ben pensato di andarmene, ma dovevo restare. Dovevo farlo per loro cinque, per Jamie e per tutti i bambini del mondo.
Lei mi sorrise, comprensiva. Solo in quel momento i Guardiani si accorsero di Jamie, nascosto dietro l'esile corpo di Jack.
«Oh, Jamie, quanto sei cresciuto!» esclamò Dentolina, andandogli di fronte.
«Che bello, un altro dente, l'ho raccolto proprio stanotte. Un molare a dir poco fantastico!» probabilmente senza accorgersene, la Fatina dei Denti stava ispezionando con forse eccessivo interesse la bocca del bambino.
«Oh, andiamo!» si lamentò Jack. Qualcosa mi fece capire che la situazione non gli era affatto nuova.
«Si si, Dentolina ha ragione. Cresciuto in fretta ragazzo!» esclamò Nord orgoglioso, sistemandosi le mani sui fianchi.
«E crescerà ancora. Molto, molto in fretta» una voce proveniva dalla foresta che circondava lo sperduto cimitero, facendoci rabbrividire tutti.
Jack impugnò in fretta il bastone, Nord estrasse entrambe le spade dai foderi, Calmoniglio prese i boomerang, Sandman preparò le sue due fruste, e Dentolina si mise allerta.
Impugnai il mio arco prendendo già una freccia dalla faretra, sistemando il piccolo Jamie dietro di me.
Tutti ormai ci eravamo resi conto a chi appartenesse quella voce sinistra, non era affatto una sorpresa.
Il bambino si aggrappò a me, altrettanto spaventato. Non avrei mai permesso che gli succedesse qualcosa.
Sempre con gli occhi che scrutavano la foresta, Jack raccomandò a Jamie di restare insieme a me qualunque cosa accadesse, poi vidi Kurtis spuntare fuori dai margini della foresta con il suo piccolo aiutante, Bill.
«Cosa ci fai qui, Kurtis? Cosa vuoi?» ringhiò Jack. Era la prima volta che lo vedevo arrabbiato in quel modo.
«Oh, che domanda stupida. Voglio fare sì che il mio piano vada a buon fine, no? E quale modo migliore per iniziare, se non sconfiggere voi?» la sicurezza che regnava nella sua voce mi spaventava, tanto che sentivo le mie gambe fare fatica nel sostenere il mio stesso peso.
Le sue scie di fumo, molto più numerose, si erano già fatte strada dietro di lui fino ad affiancarlo, pronte per attaccare.
«Non gli farai del male» si impuntò Calmoniglio, l'intonazione era così rigida da non sembrare reale. I Guardiani mi affiancarono, determinati quanto me a proteggere Jamie.
Strinsi con forza il mio arco, puntando una freccia verso Kurtis. Scagliai la freccia senza preoccuparmi di esitare, ma inspiegabilmente mancai il bersaglio.
Kurtis scoppiò a ridere. «Tutto qui?»
Le scie di fumo, veloci più che mai, si scagliarono contro di noi. Mi abbassai per afferrare Jamie, circondandolo con le mie braccia per evitare che ne restasse vittima, mentre gli altri stavano combattendo.
Gli occhi lacrimavano per il vento che producevano le scie, e nel frattempo cominciò a nevicare.
Potevo sentire Jamie che si stringeva sempre più forte a me, evidentemente atterrito.
«EILEEN, PORTALO VIA!» gridò Jack, dovendo urlare per il rumore del vento che producevano le scie che sovrastavano tutto.
Lesse nel mio sguardo che avevo paura che potesse succedere qualcosa a loro cinque, ma non potevo farmelo ripetere. Probabilmente teneva molto di più a Jamie.
Non me lo feci ripetere due volte prima di sollevarmi a una ventina di metri da terra con il bambino in braccio, decisa a portarlo via.
A grandi falcate percorrevo tutta la foresta, ma una scia mi stava seguendo.
Riuscii a tenerle testa per diversi minuti, ma quando cercai di seminarla, mi afferrò per una caviglia persi tutte le speranze che avevo.
Gridai, cadendo a terra fra la grande quantità di neve che già si era formata attaccandosi al suolo. Fortunatamente, Jamie non si era fatto niente.

«Stai bene?» gli chiesi.
Lui mi guardò senza dire niente. Tremava.
Proprio dietro di lui vidi la scia prepararsi all'attacco. Senza pensarci troppo, scaraventai Jamie a qualche metro da me, per evitare che si facesse male.
In un secondo, scagliai una freccia incendiata contro la scia, riuscendo questa volta a farla scomparire.

Ne fui sorpresa, visto che l'ultima volta che ci avevo provato, la mia arma era andata distrutta.
Velocemente corsi da Jamie, più impaurito che mai. Pensai che fossimo al sicuro, ma come al solito non dovevo cantare vittoria troppo presto.
Kurtis si materializzò proprio di fronte a noi nell'attimo in cui avevo abbassato la guardia.
Afferrò Jamie per il cappotto, sollevandolo fino a ritrovarsi il suo volto di fronte.
Ero terrorizzata.
«Diventerai un adulto perfetto» sibilò Kurtis a pochi centimetri dal suo viso.
«LASCIALO STARE!» urlai, cercando di riprendere il bambino prima che si trasformasse in un adulto.
Mi scagliai contro il nemico, facendo sì che lasciasse la presa e che Jamie finisse a terra. Forse aveva preso una bella botta, ma decisi che trasformarsi in un adulto sarebbe stato molto peggio.
Una nuova cosa mi spaventò molto di più del pensiero di Jamie che diventava adulto: avevo preso fuoco, e Kurtis si stava scottando a causa mia mentre lo stavo massacrando di botte.
Non l'avevo mai fatto, nemmeno sapevo di esserne lontanamente capace.

Capii che era così solo perché non mi ero mai ritrovata in una situazione che richiedesse il combattimento, fino a pochi giorni prima.
Contorcendosi dal dolore, Kurtis afferrò un mio braccio, spegnendolo.
Era strano da dire, ma tutto il mio corpo stava cominciando a smettere di bruciare.
Rimasi sconvolta quando mi resi conto che al suo contatto, stavo congelando. Lo stesso tipo di reazione che provocavano i poteri di Jack.
«Come diavolo..» mormorai confusa, mentre un sorriso si fece spazio sul volto di Kurtis.
Riuscì ad avvolgere una mano intorno a tutto il mio collo, e sentii i suoi artigli graffiarmi lievemente la pelle.
Non era come un semplice graffio: sentivo che la ferita bruciava in maniera anormale.
Qualcosa colava proprio sotto ai miei piccoli graffi. Sangue? Le ferite non dovevano essere così profonde, forse.
Mi sollevò da terra, e sentivo come se qualcosa schiacciasse il mio cuore, come se sentissi un peso. Respiravo a fatica, era inutile tentare di liberarmi.

Nonostante questo, poco dopo mi scaraventò a terra. Non capivo perché non mi avesse uccisa: mi aveva in pugno.
Mi stavo di nuovo dirigendo verso di lui, quando il suo corpo cominciò a dissolversi, e in poco tempo di lui non era rimasto niente se non la sensazione di freddo sul mio braccio sinistro e sul mio collo.

Era scappato, di nuovo.
Talmente in fretta che i ricordi di quella scena si erano fatti impenetrabili.

Quando arrivai di fronte al cimitero dove avevo lasciato i Guardiani, la situazione non era affatto migliorata.
Ero riuscita a salvare Jamie, ma potevo benissimo capire che non vedeva l'ora di tornare a casa.
Sandman fu il primo ad accorgersi del mio ritorno, mentre gli altri erano tutti vicini tra loro. Mi corse incontro agitato, cominciando a far comparire varie immagini sopra la propria testa.
Del fumo, un fiocco di neve, un bastone spezzato in due uguale a quello di Jack, e poi del fumo che racchiudeva un fiocco di neve.
Facevo fatica a capire.
Mi afferrò con la sua minuscola mano, facendomi constatare che fino a quel momento avevo sottovalutato la sua forza fisica.
Venni trascinata dagli altri Guardiani, e avrei tanto desiderato che non lo facesse.

Al centro, circondato da tutti gli altri, c'era un ragazzo identico a Jack, tranne per i capelli color cioccolato.
Inizialmente pensai che il suo corpo fosse senza vita, ma poi realizzai che era solo svenuto. Aveva i suoi stessi vestiti, ma la pelle aveva un colore più naturale.
Il battito del mio cuore cominciò ad accelerare, mentre Jamie si rivolse agli altri Guardiani.
«Cosa gli è successo?» il tono spezzato della sua voce mi fece provare ancora più paura. Perfino lui si era accorto che non era nulla di buono.
Io però, mi accorsi di quello che era successo.
Mi sforzai di non cominciare a piangere, limitandomi a sussultare, portandomi entrambe le mani davanti alla bocca. Non poteva essere vero.

«È.. è umano» rispose Calmoniglio.
Nessuno aveva voglia di parlare, e lì non volevo nemmeno sapere come fosse accaduto.
Stranamente, Dentolina mi abbracciò, in quel momento crollai.
Le lacrime cominciavano scottanti a scendere sul mio viso, mentre assistevo impotente a quella scena.
Era tutta colpa mia.

Senza che nessuno dicesse niente, ci dirigemmo tutti quanti sopra la slitta di Nord, Calmoniglio era talmente abbattuto che non aprì bocca nemmeno per una lamentela.
Decisi di trasportare Jack, visto che aveva solo una felpa, dei pantaloni fini e i piedi scalzi. Cercai di riscaldarlo più che potevo.
Nemmeno le renne sembravano essere potenti come prima. Procedevamo molto lenti con la slitta, non sembrava nemmeno di vaggiare.
Non ero capace di escogitare qualcosa per risolvere il grosso problema che avevo creato. Se solo fossi rimasta alla fortezza senza scappare, Jack sarebbe ancora in possesso dei propri poteri, e Kurtis non si sarebbe rafforzato il doppio.
Ci fermammo a casa di Jamie, di certo non potevamo portarlo insieme a noi.
Appena atterrammo, lui mi guardò. Non era quello che voleva.
Scesi per prima dalla slitta, adagiando il corpo di Jack privo di sensi su di essa.
Allungai la mano aspettando che Jamie la afferrasse, ma esitò.
«Io voglio venire con voi» mi disse, con gli occhi lucidi.
«Jamie, non è sicuro. Kurtis vuole noi, potresti essere più in pericolo di adesso. Non farci preoccupare anche di questo. Devi essere al sicuro. Lo facciamo per te, riesci a capirlo?» dissi, afferrandolo per le spalle.
«Ma Jack.. Jack..»
«Jack starà bene» lo interruppi, non sapendo neanche se quella fosse la verità «Non devi preoccuparti per lui, okay? Promettimi che non uscirai di casa, devi restare al sicuro. Me lo prometti?» lo implorai, sperando che mi ascoltasse.
Tirò su col naso, cercando di non piangere, poi mi rispose. «Lo prometto»
Saltò giù dall'enorme slitta di Nord, e poi fece un gesto inaspettato.
Mi ritrovai le sue piccole braccia avvolte intorno alla mia vita, mentre mi stringeva in un abbraccio. Rimasi a corto di aria per qualche istante, stupita.
«Promettimi che lui starà bene, e che non vi accadrà niente di male» sapere che non potevo essere sicura di niente mi distruggeva, ma almeno lui doveva esserlo.
Non volevo che si intestardisse a seguirci per poi finire nei guai, perciò glielo promisi.
Lo salutai in fretta, prima che potesse iniziare a insistere, e me ne andai mentre lo guardai entrare in casa.

«Nord dobbiamo fare qualcosa, non può restare così!» lo incitai, indicando il corpo di Jack privo di sensi sul letto di camera sua.
La fortezza di Nord sembrava addirittura meno fredda.
«E cosa possiamo fare? Non avere idea!» quella era una volta in cui lo vedevo veramente preoccupato.
«Dobbiamo andare a cercare Kurtis!» esclamò Calmoniglio. In quel momento lo avrei benedetto.
«Esatto! Non possiamo starcene qui mentre lui rischia la vita! È pericoloso. Ti rendi conto che morirà tra qualche decennio se non riusciamo a farlo tornare come prima?» era strano che mi preoccupassi così tanto per Jack, ma non potevo fare altrimenti. Per quanto il mio carattere fosse ostinato, gli volevo bene e avevo paura.
«Come troviamo Kurtis? Si nasconde in luogo sconosciuto!» ah, quanto avrei voluto picchiare Nord.
«Con pazienza, Nord. Con pazienza, e logica. Non vorrai mica farlo morire?» risposi, forse con un tono di voce troppo alto e nervoso.
Mi diressi verso di lui fino a trovarmi a pochi centimetri dal suo viso, rossa dalla rabbia. Riuscii perfino a incutergli timore.

«Morire?» ci voltammo tutti e cinque quando udimmo la voce di Jack. Si era seduto sul letto, con l'aria confusa.
Anche gli occhi erano castani come i capelli. Era strano vederlo in quel modo.
Jack si guardò le mani, e poi cominciò a tremare. Forse per il freddo, forse per lo sconforto.
Gli sistemai velocemente una coperta intorno alle spalle.
«Jack..?» lo chiamai, prudente.
«Sono.. sono..» non faceva altro che pronunciare monosillabi a vanvera, senza riuscire a formulare una frase di senso compiuto.
Umano? Impazzito? Sconvolto? avrei potuto continuare quella frase con un aggettivo qualsiasi.
Cominciò a correre -scalzo- per la stanza fino a che non trovò uno specchio, sistemandosi nuovamente seduto sul letto.
Scrutai la sua faccia sconvolta mentre si metteva le mani tra i capelli e seguiva con le dita il contorno dei suoi occhi, esaminando il nuovo colore delle sue iridi.
Lo vidi prima impallidire, tanto che per un po' la sua pelle sembrò ritornare come prima, quasi fosse color avorio. In seguito, i suoi occhi diventarono lucidi.
Ero indecisa se avvicinarmi o no, avevo paura che avesse reagito male arrabbiandosi, ma dovetti ricredermi quando si buttò tra le mie braccia esasperato.
I suoi singhiozzi erano quasi impercettibili, ma riuscivo a sentirli.
Dov'era finito il Jack Frost spavaldo e audace che avevo conosciuto? Non era una cosa naturale.
«Troveremo un modo Jack, non ti preoccupare» cercai di rassicurarlo, ma alla fine potevo limitarmi a qualche frase fatta e qualche pacca sulla spalla.
«Ci metteremo alla ricerca di Kurtis. Jack riavrà poteri, e lo sconfiggeremo» stabilì Nord, dopodiché ognuno se ne andò nella propria stanza, me compresa.
Il morale di tutti era sottoterra.

Malgrado tutto ciò che era successo durante la giornata, non riuscivo a chiudere occhio.
Fissavo il soffitto ripensando a tutto quello che era successo, e a tutto quello che ancora doveva succedere.
Mille domande attraversarono la mia testa, ma nemmeno per una trovavo la risposta.

Con l'avvenimento di quel giorno, sembrava di essere giunti al capolinea.
La mia mente smise di viaggiare quando sentii bussare alla porta.
«Avanti» dissi, troppo pigra per alzarmi e aprire la porta.
La porta si aprì, e riuscii a scorgere l'ombra di Jack con la luce fioca provenente dal corridoio, che pian piano si avvicinava al mio letto. Si fermò quando si trovò di fronte ad esso.
«Tutto bene?» domandai. In quel momento riuscivo a vederlo perfettamente per via della forte luce scaturita dalla luna.
«Posso stare qui?» chiese Jack, senza rispondere alla domanda che gli avevo fatto. Arrossii.
«Perché?» okay, era piuttosto imbarazzante, forse ero anche stata un po' scortese nel chiederglielo, ma non potevo fare altrimenti.
«Ho freddo» fu la sua semplice risposta. Sembrava abbattuto. Infondo, lui aveva sempre freddo, solo che da umano lo infastidiva. Se invece fosse stato uno spirito, sarebbe stato perfettamente normale per lui.
Con le guance più rosse dei capelli, gli feci spazio, e Jack si sdraiò accanto a me.
Solo lì sentii che stava tremando. Sempre più imbarazzata, cercai di avvicinarmi a lui, e fu inevitabile non toccarlo.
No, santo cielo, togliti. Sei troppo, troppo vicino.
Insomma, era solo Jack, ma dannazione, era pur sempre un ragazzo nel mio letto.
Nell'avvertire che avevo stabilito un contatto, Jack si strinse a me.
Quando percepii del tutto il suo contatto, una scarica elettrica attraversò il mio corpo, e maledii Nord per aver scelto il Polo Nord come luogo in cui creare il suo piccolo mondo.
Non poteva trovare una zona con una temperatura un po' più mite?
Se non altro non mi sarei ritrovata con un ragazzo di trecentoventuno anni che si era agguantato su di me mentre stava morendo dal freddo.
Cercai di smorzare la tensione di quel momento provando a parlare.
«Mi dispiace se non è andata come speravo. Pensavo di combinare un disastro restando con voi, ho provato a proteggervi andandomene e guarda qui il risultato..» mormorai in preda alla demoralizzazione. Alzai lo sguardo e mi ritrovai a fissarlo negli occhi.
No, non riuscivo a sorreggere una cosa così.
«Tu proteggi le persone, Eileen. Questo è il tuo Centro secondo me. Tu le proteggi, dai loro affetto, ti preoccupi della loro sicurezza e del loro benessere. E se a volte non ci riesci, significa che è così che doveva andare, c'è un motivo. Non si può sempre riuscire a far tutto»
Boom. Colpita e affondata.
«Jack..» avrei voluto continuare la frase, ma avevo troppi sensi di colpa e troppo rammarico.
Per un istante che parve durare un secolo (e sapevo bene cosa significava) Jack passò una mano tra i miei riccioli, poi la spostò sulla mia guancia.
Si avvicinò lentamente a me, senza interrompere il contatto visivo.
Non capivo cosa stava per fare, ma qualunque cosa fosse, per un attimo esitò. Sembrava volesse prolungare quel lasso di tempo.
Poi, ancora più lentamente di prima, continuò ad avvicinarsi.
Potevo avvertire la sua mano tremare, il suo respiro non era più regolare.
E quando le sue labbra toccarono le mie, tremai anche io.







spazio autrice.
*we are the champions in sottofondo* *orchestra che suona qualcosa di epico* *fuochi d'artificio* *applausi*
YYYYYYYYYYYYYYYYYYYYYYYYEAH.
ammetto di non essere orgogliosa della stesura di questo capitolo, ma lo sono per il bacio che fa tanto mlmlmlmlml, anche se è solo un bacio. (?)
bene, adesso posso anche sotterrarmi. *prende pala e comincia a scavare*
è probabile che ci siano errori di battitura, ortografia, e chi più ne ha più ne metta.
iiiiio proporrei di cominciare a decidere un nome tanto figo per la coppia.
Jaileen, Eilack, quello che volete (?) no okay, vado a prendere una pala più grande. *continua a scavare*
la scena del combattimento era alquanto penosa, anche se spero che non la pensiate allo stesso modo.
non ho molto da dire, se non che essere a casa mi fa bene: la vostra cara autrice si è presa la seconda distorsione al ginocchio ieri, e deve riposare.
perciò, quando sto a casa, scrivo che è una meraviglia. -nel senso che scrivo al volo, poi che è una meraviglia, è da rivedere-
vi ringrazio per tutto, davvero. siete la mia gioia. çç
*si butta dentro la fossa che ha scavato e fa ciao con la mano*
un abbraccio a tutti ♥ vi capirò se la vostra recensione avrà una bandiera bianca o arancione LOL.
al prossimo capitolo!



(merda, e ora che mi sono buttata, chi rimette tutta la terra dentro la fossa per sotterrarmi completamente?)

 

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Capitolo 9
*** bittersweet. ***


avvertimento: capitolo di transito.

09; Bittersweet

 

 

Non fu un bacio intenso, di quelli che perdurano.
Il mio primo bacio, all'età di duecentosessantasei anni, che mi era stato dato da un ragazzo che ne aveva cinquantacinque più di me, fu tutto tranne che intenso.
Mi scostai subito, spaventata.

Avevo tanta, tanta paura, anche se era completamente irrazionale.
Perché avevo paura? Non mi ero accorta di essere innamorata di lui.
Avevo tenuto per troppo tempo a freno ciò che provavo, e lì avevo ceduto. Il sentimento ormai era incontrollabile, bruciava forte nel petto, come se lo avesse improvvisamente squarciato.
Appena mi ero accorta di provare un minimo di affetto nei confronti di Jack, lo avevo subito nascosto dentro di me, dove credevo potesse essere al sicuro, che potesse morire col passare dei giorni semplicemente facendo finta di nulla.

E invece eccolo lì, il mio amore per lui, inaspettato e forte.
Il cuore batteva talmente forte che dovevo tenerci una mano sopra per paura che scappasse.
Rimasi impietrita a guardarlo, rendendomi conto solo più tardi che stava aspettando una risposta, e che dovevo dargliela nell'immediato futuro.
La verità era che la mia mente non era pronta. C'era Kurtis da sconfiggere, una nuova realtà con cui convivere, troppe cose stavano cambiando nel momento sbagliato.
Faticavo a fidarmi ciecamente di una persona, ma Jack mi aveva appena baciata.
Mi domandavo perché l'avesse fatto. Insomma, più o meno una settimana prima mi riempiva di insulti.

Chi poteva aspettarsi che ricambiasse?
«Ho paura» mormorai. Forse non mi avrebbe neanche sentita se non fossimo stati così maledettamente vicini.
«Di cosa?» nella sua voce, bassa quanto la mia, regnava la paura. La paura di aver fatto qualcosa di sbagliato, la paura che potesse perdermi.
Non potevo perdonarmi una cosa simile, ma r
iuscire a trovare una risposta in quel momento era la cosa più difficile che avessi mai fatto.
«Oh..» bofonchiò, come se si fosse reso conto di qualcosa. «Scusami, io non.. mi dispiace..» si allontanò da me, da un momento all'altro sarebbe rotolato via dal letto.
Eppure non so cosa mi prese, quando raccolsi tutto il coraggio che avevo in corpo e decisi di baciarlo, stavolta senza tirarmi indietro.
Non sapevo dove fosse finita la mia paura, il mio orgoglio, o la mia goffaggine.
Sapevo solo che c'era Jack, e mi bastava.
Avvertii tutta la soddisfazione da parte di entrambi per aver ottenuto ciò che desideravamo da tempo, non mi impaurii quando mi resi conto di essere felice.
Jack si scostò per primo, tirando un sospiro di sollievo.
«Pensavo che avessi tentato di uccidermi» confessò, ridendo.
Fu la cosa più stupida a cui pensare, ma nella mia testa diedi ragione a Dentolina e a quanto ogni giorno idolatrava i denti di Jack.
Il problema era che io non mi soffermavo solo sui suoi denti, ma sul suo perfetto sorriso.

«L'ho fatto già troppe volte» risi anche io.
Poi improvvisamente ritornò serio.
«E pensavo che mi odiassi» si morse il labbro inferiore, guardando verso il basso.
«Perché mi hai baciata, allora?» domandai, cercando il suo sguardo. Mi prese per mano. Un contatto quasi impercettibile, tanto che era leggero.
«Non so nemmeno se domani sopravviverò. Tanto valeva provarci» la verità di quelle parole mi travolse.
Pensai che dovevo considerare quella possibilità, ma un istante dopo mi intestardii: lo avrei protetto da tutto, sarebbe rimasto vivo.

Gli strinsi la mano, avvicinandomi a lui. «Tu sopravviverai, non dire fesserie»
Mi raggomitolai tra le sue braccia, facendomi sopraffare dal profumo della sua pelle.
Sarebbe giunta una giornata impegnativa, molto più di quella passata.
E probabilmente, con quella frase volevo convincere più me stessa che lui.


Il risveglio di quella mattina non fu dei migliori. Ormai dovevo abituarmici.
All'inizio udii delle voci in lontananza, ma ero troppo assonnata per avere voglia di aprire gli occhi.
Poi un rumore talmente improvviso che quasi mi fece balzare fuori dal letto.
La porta della mia camera si era spalancata, e Dentolina era entrata repentina nella stanza, seguita dagli altri Guardiani.
«Eileen! Jack è sparit..» la sua voce, che fino a quel momento era stata acuta e forte, si spezzò sull'ultima parola.
Lo sguardo di tutti era puntato su di me e su Jack, anche lui appena sveglio per colpa del frastuono della porta.

Se pochi istanti prima facevo fatica ad aprire gli occhi, lì stavano quasi per uscire fuori dalle orbite. Non ero sicura di sapere il motivo per cui non mi buttai fuori dalla finestra a causa della vergogna.
In pochi secondi Jack analizzò la situazione, sciogliendo il nostro abbraccio e schiarendosi la gola.
Non so chi dei due fosse più rosso.
Era scontato che anche loro avrebbero saputo che io e Jack stavamo praticamente insieme (era surreale pensare una cosa così), ma quella situazione fu forse la più imbarazzante della mia esistenza.
Nord spezzò l'immutabilità di quel momento alzando entrambe le braccia, facendosi spazio nella stanza.
«Congratulazioni!» esclamò, entusiasta.
Solo lì realizzai che Jack aveva trattenuto il respiro per tutto il tempo, espirando.
Intanto stavo iniziando a pensare come funzionasse la maniglia della finestra, cercando in più di spiegare a me stessa il senso di quella scena.
Accennai appena un sorriso, poi Nord ci sollevò entrambi dal letto stringendoci in uno di quei suoi abbracci capaci di soffocare le persone.
Fortunatamente Phil, uno degli yeti di Nord, interruppe quell'inferno, borbottando qualcosa di incomprensibile.
Nord lasciò cadere me e Jack come se non contassimo più niente, facendoci finire sul parquet della stanza.
Colsi l'occasione per alzare lo sguardo e immaginare che reazione avevano avuto Calmoniglio, Sandy e Dentolina. Guardai i primi due, non mi sembravano particolarmente entusiasti, ma mi sorrisero.
Poi posai gli occhi su Dentolina. Mi sorrise anche lei, ma non nello stesso modo in cui mi avevano sorriso gli altri.
Decifrai del dolore nei suoi occhi e appena ne colsi il motivo, troppo evidente per essere solo un'ipotesi, sprofondai nei miei sensi di colpa.

«Ah! Finalmente il globo è di nuovo in grado di funzionare!» la alta voce di Nord mi fece distogliere lo sguardo da lei, e meccanicamente tutti ci avviammo nella stanza principale.
Restammo tutti delusi quanto Nord quando, avvicinandoci, notammo che le luci si stavano spegnendo a vista d'occhio.
«Sei sicuro che funzioni?» mormorai preoccupata, avvicinandomi a lui fino a trovarmi di fianco.
«Controllate asse, rotazione, calibrata, tutto quanto!» tuonò il Guardiano della Meraviglia parlando agli yeti.
«Non credo che si tratti di un problema tecnico, Nord» disse Jack sconsolato, alzando lo sguardo verso il globo. C'era solo una spiegazione.
«È impossibile, non può agire così velocemente» rispose Calmoniglio, allarmato.
«Non ci giurerei..» si aggiunse Dentolina.
«Dobbiamo intervenire adesso, o di bambino non ne rimarrà neanche uno!» dissi, sperando che mi prendessero alla lettera. Cosa diamine stavamo aspettando?
«Tutti a slitta!» disse Nord mettendosi il suo pesante cappotto e fornendosi delle sue due spade.
«Ehi, ehi, ehi! Aspetta Nord, non sappiamo neanche dove andare!» esclamò Calmoniglio praticamente inseguendo Nord. Automaticamente, tutti stavamo già facendo la stessa cosa.
«Avere passato notte a cercare informazioni su libri, so dove trovare Kurtis!» quasi sembrava che si vantasse di aver trovato tutte quelle informazioni.
«E ce lo dici solo adesso?!» protestai, sconvolta. Andiamo, aveva voluto fare tutto da solo?
Tuttavia, la mia frase di protesta non fu ascoltata.
Forse per il rumore improvviso provocato da Nord che spalancava il portone che conduceva alla slitta, o forse perché semplicemente non aveva voluto ascoltare.

Infondo, era meglio così, dissi a me stessa. Non era proprio il momento adatto per litigare, e non avevo intenzione di farlo.
Salii sulla slitta di Nord riluttante, prendendo posto proprio dietro di lui.
Jack si sistemò accanto a me. «E' abbastanza pietoso da confessare, ma credo proprio di aver paura di questo affare»
Inarcai un sopracciglio. «Tu? Mi prendi in giro, vero?»
Dalla sua espressione, capii che non mi stava affatto mentendo. Se fosse stato ancora in possesso dei suoi poteri da spirito, di certo non vedeva l'ora che Nord partisse. Ma da semplice umano..
«Benvenuto nel club, amico» bofonchiò Calmoniglio, che si trovava proprio dietro di noi.
Giurai di aver visto le sue zampe tremare, e cercai di nascondere una risata.
«ALLACCIATEVI!» gridò Nord, facendo schioccare le redini delle renne. Ogni volta che si trovava a bordo di quella slitta, era come se andasse in estasi.
«Oh-oh» mormorò Jack preoccupato, un'attimo prima che cominciassimo a sfrecciare tra i tunnel di ghiaccio, o come la chiamava Nord, la pista di lancio, per uscire fuori dal palazzo.
Il percorso fino alla rampa era infatti la parte peggiore.

Le condizioni in cui ci trovavamo erano a dir poco bizzarre: davanti a tutti c'era Nord che urlava yu-huuuu!, pistaaaa, fate largoo! e varie esclamazioni in russo che non ero capace di tradurre.
Dietro c'ero io entusiasta per il viaggio, con Jack accanto che aveva la faccia praticamente verde.
Mi stava stringendo con entrambe le mani il braccio, tanto che stavo quasi per fargli mollare la presa. Mi toccò esitare quando mi resi conto che non era un comportamento poi così gentile.

A ridosso di questa visione c'era Calmoniglio in preda a un attacco di panico raggomitolato tra Sandy e Dentolina. Era talmente spaventato che temevo si sarebbe buttato giù da un momento all'altro.
«Ci siamooooo!» urlò Nord pieno di entusiasmo.
Finalmente raggiungemmo la rampa e la slitta prese il volo, fino a che l'edificio che ci eravamo lasciati alle spalle non si trasformò in un piccolo punto scuro circondato dalle distese di ghiaccio del Polo Nord.

In poco tempo, le nuvole coprirono tutta quanta la visione.
Jack e Calmoniglio si erano finalmente calmati dopo essere stati vittima di giri della morte, sobbalzi inaspettati e altre follie poco sicure che la slitta offriva.
«Adesso puoi anche lasciarmi» annunciai, cercando di nuovo di non ridere.
Mi voltai verso Jack, accorgendomi che aveva gli occhi chiusi.
Nel sentirmi pronunciare quella frase, aprì un occhio per metà. Sembrò rendersi conto che non c'era più niente di cui aver paura.

Mollò la presa all'istante, schiarendosi la gola.
«Sì, hai ragione..» borbottò, cercando di fare il duro. Certo, certo Frost. L'importante è esserne convinti.
In circa mezz'ora avevamo viaggiato a velocità altissima, così chiesi a Nord dov'eravamo diretti.
«Oh, Eileen, proprio al momento giusto: siamo appena arrivati» tutto quel che vidi era una pianura spoglia.
«E dove siamo?» domandai nuovamente.
«Deserto Black Rock, Nevada» rispose, senza voltarsi.
Fece sì che atterrassimo, stavolta senza boati o reclami da parte di Calmoniglio.
Non sapevo cosa mi aspettassi di preciso, ma il cielo era nuvoloso e di lì a poco ci sarebbe stato un temporale. La visione di quel luogo era tutto tranne che piacevole.
Stavo per chiedere dove potesse trovarsi Kurtis, poi mi voltai e riuscii ad intravedere una struttura sinistra, alquanto singolare: l'avrei descritta come una torre, ma non distinguevo molto altro.
Un brivido di freddo mi percorse la schiena quando notai che la torre era completamente ghiacciata e che le nuvole scure provenivano proprio da lì. Tremavo solo al pensiero.
Kurtis si stava servendo dei poteri di Jack per aumentare il suo controllo, il suo potere.

All'improvviso, sentii un braccio avvolgermi la schiena.
Non mi tranquillizzai affatto, nemmeno quando Jack mi disse che sarebbe andato tutto bene: oramai non ne ero sicura neanche io.
Impaurita, gli strinsi la mano senza distogliere lo sguardo dall'edificio minaccioso.
«Dobbiamo andare» proclamò Dentolina.
Il fatto che secondo le mie supposizioni l'avesse fatto per interrompere quel momento, mi fece crollare.







*spazio autrice*

aaaaaaaah, molto probabilmente il prossimo capitolo sarà l'ultimo che posterò, con tanto di finale epico. mi viene da piangere. (?)
ma no dai, forse potrei postare un mini-epilogo dopo il finale epico. aiuto, mi sto facendo dei complessi inutili.
come ho già annunciato all'inizio, questo capitolo è di transito, quindi non è che succedano poi tante cose. era per dare il via al finale epico.
finale epico. finale epico. finale epico. mi sto irritando da sola soltanto scrivendo ripetutamente questo termine. poi magari per voi questo famoso finale epico sarà pure una stronzata ahahahah. speriamo di no.
non so in quanto tempo lo scriverò, prima devo vedere la mia pagella.. ah, fioccheranno insufficienze. tuttavia, spero che continuerete a gradire questa storia, nonostante i suoi lati negativi. vi ringrazio davvero per ogni visualizzazione, ogni recensione, ogni parere. grazie.
come in ogni capitolo, vi avverto: ci sono sicuramente delle imperfezioni, errori, ripetizioni e blablablabla che non ho controllato. stavo pensando a una cosa: sareste d'accordo se dopo la fine della storia, postassi una raccolta di flashfic (slice of life) inerenti ad essa...? boh è un'ipotesi ancora remota ahah, deciderò in base alle vostre opinioni e a quanto il trauma di mettere una V su "Completa?" mi sconvolgerà.
vi voglio bene :3
a presto! o meglio, al finale epico!

MI RITIRO LOOOL. Un abbraccio! ♥
Giulia.

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Capitolo 10
*** this is war. ***


10; This is war.





«Un momento.. ma almeno abbiamo un piano?» pensavo che Calmoniglio fosse il più diplomatico.. e allo stesso tempo irrequieto.
Nonostante ci fossimo resi conto di esserci dimenticati della cosa fondamentale da fare in una situazione del genere, stavamo continuando a camminare a passo svelto verso l'edificio.
Mi morsi il labbro, guardandolo disorientata.
«Ah, perché dovremmo averne uno? Tanto, durante quelle poche volte in cui riusciamo ad applicarci, si scatena puntualmente l'inferno» intervenne Jack.
Non avevo molta esperienza su come i Guardiani agissero, ma se Jack aveva detto quella frase, ovviamente non era la prima volta che qualcosa sarebbe potuto andare storto.

In realtà non ne avevamo uno perché non avevamo la minima idea di che cosa potesse succedere, e di certo noi non eravamo capaci di anticipare Kurtis.
Se fosse stata una sciocchezza avremmo già risolto il problema, ma lui era fin troppo forte.
«Jack, abbiamo bisogno di un piano, che funzioni o meno. Non possiamo semplicemente entrare e aspettarci di sconfiggerlo in cinque minuti» lo biasimai, cercando di avere il tono più calmo che possedevo.
L'ultima cosa che volevo in quel momento era sembrare di essere scontrosa e finire protagonista di un'animata discussione

Con uno come Jack, poi, era meglio essere cauti.
Lui sbuffò.
A quel punto, avevo capito tutto dai suoi modi di fare: lui non voleva escogitare un piano non perché temeva che non funzionasse, bensì perché nelle condizioni in cui era, non ne avrebbe fatto parte.
Da lì in poi, ebbi l'impressione che le cose sarebbero andate molto peggio.
«Voi che ne pensate?» domandò Jack a Nord, Sandy e Dentolina. Iniziò a camminare dando le spalle all'edificio apposta per guardarli.
Notai che le scarpe che Nord era riuscito a rimediare per lui la sera prima, erano scomparse; era di nuovo a piedi nudi. Forse non le aveva portate per così tanti secoli che averle indossate gli aveva dato fastidio. Mi sorpresi quando pensai che probabilmente al suo posto avrei fatto la stessa cosa.
Tuttavia, Nord impose cosa avremmo fatto.
«Prima dobbiamo vedere struttura di edificio. Kurtis non sarà di certo solo, dobbiamo entrare senza essere visti..» si era fatto pensieroso. L'attesa era veramente snervante.
«Per “non sarà di certo solo” intendi quell'affarino verde che lui considera un “aiutante”? In effetti non ho neanche capito a cosa serve..» il modo in cui Jack aveva chiamato Bill mi fece quasi sorridere, e non c'era altro da fare che essere d'accordo con lui. A che diavolo gli serviva quell'essere? Per tutto il tempo Kurtis non aveva fatto altro che aizzare le sue scie contro di noi, Bill non aveva mai avuto un ruolo in tutto ciò.
«No, no. Qualcosa di molto più inquietante» Nord inarcò le sopracciglia, poi si fermò.
Mi venne la pelle d'oca vedendo che avevamo raggiunto l'edificio.
Faceva freddo, e non sarebbe stato affatto semplice entrare. L'unica via sembrava appartenere alla cima scoperta, ma non sembrava una buona idea tenendo conto che da essa in pochi minuti si sarebbe manifestato un forte temporale.
«E adesso?» mormorò Dentolina, demotivata come ognuno di noi.
«Adesso escogitiamo un piano» risposi, alzando le spalle.
Evidentemente Sandy ebbe un'idea.
Figurò sopra la sua testa una lampadina che si illuminava con la sua solita sabbia, poi cominciò ad alzarsi in volo. Indicò delle piccole fessure nella struttura della torre, sollecitandoci ad ascoltarlo.

«Ci sono dei passaggi?» domandò Calmoniglio, cercando di vedere meglio ciò che Sandy stava indicando.
Mi alzai in volo anche io, raggiungendo il Guardiano dei Sogni.

«Sandy ha ragione. Potremmo usarli per entrare» proposi, mentre entrambi ritornavamo a terra.
Guardai Nord, e quasi mi pentii di averlo detto. Feci per posizionarmi una mano davanti alla bocca, ma lui scoppiò in una fragorosa risata.
«Eileen, non sai quanti camini stretti io riuscire ad attraversare in notte di Natale! Quei cunicoli non essere problema» mi urtò la spalla inconsapevole della sua forza, stavolta dovetti appoggiarmi a Jack per evitare di finire a terra.
«Sssh! Dove avete la discrezione? Sotto i piedi?» ci interruppe Calmoniglio, notando che la risata di Nord era stata fin troppo rumorosa.
Cercò di non fare caso a lui che stava per scusarsi, non voleva perdere altro tempo, poi iniziò a spartire i compiti che ognuno di noi avrebbe avuto.
La sua zampa continuava a muoversi, sicuramente a causa di un tic nervoso.

«Dobbiamo dividerci» annunciò. «Ognuno andrà per conto proprio, ma Jack ha bisogno di protezione» Jack alzò gli occhi al cielo roteandoli, per poi posarli su di me sperando di ricevere conforto.
«Ci penso io» decretai. Insomma, magari il mio compito era veramente quello di proteggere le persone. E per Jack, penso che avrei addirittura rischiato la vita se fosse stato necessario.
«E una volta entrati?» domandò Dentolina. Senza aspettare una risposta da parte di Calmoniglio, continuò a parlare «Dovremmo vedere dove portano quei passaggi. Se ci dividiamo, come facciamo a restare in contatto per sapere cosa fare dopo?»
Bella domanda. Restammo tutti in silenzio per circa mezzo minuto, pensando a una soluzione.
«Posso andare io a controllare» mi offrii, alzandomi già in volo a un paio di metri da terra.
«No, assolutamente no, è escluso! Ritorna giù immediatamente!» mi rimproverò Jack.
«Altrimenti che fai? Mi riporti giù tu, mamma?» lo stuzzicai amaramente, lo ammetto, ma maledizione, sapevo badare a me stessa.
Sapevo che era troppo orgoglioso per ammettere di avere il timore che mi succedesse qualcosa, per di più eravamo “in pubblico”, non lo avrebbe mai fatto.
Perciò, mi gustai la mia vittoria quando Nord rifletté ad alta voce sul fatto che sarebbe stata una buona idea

Lo presi come un sì da parte di tutti i Guardiani, e velocemente proseguii dentro uno di quei cunicoli ghiacciati.
Il respiro che usciva fuori dal mio corpo si condensava. Faceva decisamente troppo freddo. Kurtis aveva saputo sfruttare i poteri di Jack a proprio vantaggio, e cercavo di tenere i piedi per terra il meno possibile per evitare di sciogliere il ghiaccio formatosi perfino sul suolo.
Non volevo si sciogliesse a causa della mia temperatura, sarebbe stato come urlare “Ehi, sono qui, vieni a prendermi!”.
Potevo avvertire degli spifferi e dei rumori ovattati provenienti sicuramente dallo sbocco del passaggio. Non promettevano niente di buono.
Man a mano che avanzavo, il freddo era sempre più forte, e cercavo di soffocare il rumore dei miei denti che battevano. Tutto rimbombava, non potevo affatto permettermi una mossa falsa.

I pochi minuti che avevo passato nel perlustrare quel cunicolo sembravano ore, ma quando giunsi alla fine del passaggio rimasi sconvolta.
Il cunicolo faceva giungere ad un'enorme sala, con al centro un globo quasi identico a quello di Nord, tranne per il fatto che era composto in gran parte da fumo e che era grande il doppio. Cercai di nascondermi senza appoggiarmi alle pareti del cunicolo, ricoperte ancora di ghiaccio.

Kurtis era proprio sotto di esso, lo vedevo di spalle. La scena a cui mi toccò assistere, mi sconvolse.
«Come procede bene il piano, Bill. Stiamo facendo un ottimo lavoro! Inoltre, ora che ho i poteri di quel vigliacco di Frost, le cose procedono ancora meglio. Non riuscirà mai ad averli indietro, almeno che io non muoia.» disse Kurtis rivolgendosi a quel suo piccolo aiutante -o affarino verde- che stava usando un marchingegno a me sconosciuto.
Stava indossando una strana maschera per gli occhi trasparenti, come se fosse uno scienziato. Raccapricciante.

«Già, padrone. Prometto che non vi deluderò!» sembrava quasi più entusiasta di Kurtis.
«Bill, dimmi il nome di una nazione. Così, a caso. Tanto quei Guardiani non ci troveranno mai» sicuro di sé, diede vita a una risata così crudele che mi fece rabbrividire.
Tuttavia, quasi mi venne spontaneo fare un gesto di scherno. Mi trattenni appena in tempo per realizzare che avrebbe echeggiato per tutta la torre.

«Uhm..» lui si fece pensieroso. «Francia!» rispose Bill al suo padrone.
Kurtis si librò intorno al globo, fino a fermarsi proprio di fronte alla Francia.
Forse fu una mia impressione, ma con le dita sembrava fare una specie di conta con le luci.. con i bambini.

Posò il palmo su una di queste, chiudendo gli occhi.
«Mh, abbiamo una bambina di sei anni. Amélie. Eccellente, è giunto il momento anche per lei» pronunciò l'ultima frase con un finto tono dispiaciuto, poi rimasi ancora più sconvolta.
Una scia di fumo penetrò nel globo, proprio nella piccola luce che segnalava che la bambina credeva nei Guardiani. Dopo qualche secondo, essa si spense.
Sussultai cercando di fare meno rumore possibile, portandomi una mano davanti alla bocca per tapparla. Dovevo informare gli altri di quello che stava succedendo.
Molte nazioni erano già prive di tutte le luci, di tutti i bambini che credevano, e nel giro di qualche ora non ne sarebbe rimasto neanche uno.

Notai nelle pareti della sala altri fori, di sicuro erano gli sbocchi degli altri cunicoli.
Sul serio Kurtis era così sicuro che non l'avessimo trovato, tanto da lasciare aperte tutte le vie d'accesso al suo nascondiglio?
Senza lasciare che i miei dubbi mi facessero perdere altro tempo, volai velocemente verso la fine del minuscolo passaggio, riuscendo ad uscire fuori.
Per fortuna, gli altri erano ancora dove li avevo lasciati. Non avrei avuto tempo per imprevisti. Vidi Jack tirare un sospiro di sollievo.

Mi lasciai cadere a terra sui piedi tanto da sentire un lieve dolore alle ginocchia. Avevo lo sguardo perso nel vuoto.
«Allora?» domandarono tutti quanti, ansiosi di sapere cosa avevo scoperto.
«È orribile..» la mia voce era spezzata, era come un sussurro. Tutti mi guardavano confusi.
«Dobbiamo agire subito, non dobbiamo perdere un solo minuto!» mi ricomposi in fretta, senza badare a ciò che avevano da domandare. «Kurtis ha un globo identico al tuo, Nord, riesce a trasformare i bambini in adulti da lì, con le sue scie. Inoltre Bill traffica con un aggeggio di cui non ho capito l'utilità, ma dev'essere fondamentale per far funzionare il suo piano: se riusciamo a impadronircene, potrebbe essere l'inizio della fine. Ah, tutti i passaggi portano alla sala principale, preparatevi perché sono completamente ghiacciati. Se vogliamo fare qualcosa, facciamolo adesso, forza!» se una persona che non mi conosceva fosse passata da lì, mi avrebbe etichettata come la ragazza più logorroica che avesse mai incontrato.
Ma nessuno passeggiava per caso in un deserto del Nevada, e le persone -a parte Jamie- ancora non mi vedevano.
Rimasero tutti un po' perplessi, poi Jack iniziò a parlare, facendo un passo verso di me.
«Sarà meglio procedere a coppie. Io vado con Eileen, tu Calmoniglio vai con Sandy e Dentolina, tu con Nord» tutti fecero un cenno col capo che stava ad indicare che andava bene.
«Calmoniglio, le tue uova esplosive potrebbero funzionare per confondere Kurtis? Nel frattempo potrei riuscire a prendere quell'affare con cui traffica Bill» gli proposi.
«Senz'altro» bene, era deciso.
Calmoniglio annunciò a tutti buona fortuna, dopodiché ci addentrammo nei cunicoli.
Lui si arrampicò abilmente fino a raggiungere il cunicolo, Sandy e Dentolina volarono senza alcuna difficoltà e Nord.. beh, meglio evitare di descrivere come fosse riuscito ad arrivare lassù.
Come se non fosse abbastanza, a me toccò portare Jack di peso fino al passaggio più vicino, che era ad almeno quaranta metri da terra: non fu affatto facile.
Una volta giunti dentro il cunicolo, Jack posò i piedi a terra, congelandoli ancora di più.
Scossi la testa quando notai che stava tremando, facendogli capire che stavo alludendo al fatto che non avesse voluto indossare le scarpe.
Mi fulminò con lo sguardo, incrociando le mani e portandosele al petto.
Gli sorrisi, poi ci addentrammo nella galleria. Lui camminando, io volando.
Fortunatamente lo avevo avvertito dicendogli che non doveva fare nessun tipo di rumore, altrimenti avrebbe avuto sicuramente qualcosa da dire, finendo per darmi la colpa.
Mi accorsi che stava veramente congelando, perciò lo strinsi a me. Jack mi guardò cercando di farsi vedere burbero, tanto che mi domandai se si fosse arrabbiato per quello a cui alludevo poco prima, ma tutto ciò che riuscii a fare fu sorridergli per poi baciarlo quasi impercettibilmente sulla guancia. Arrossì trattenendo un sorriso più che poteva.
Senza accorgercene, giungemmo alla fine del passaggio, ritrovandoci di fronte la visione che avevo avuto io poco prima.
Notai di fronte a me Nord e Dentolina, con un gesto della mano feci loro segno di spostarsi. Questione di secondi e Kurtis avrebbe potuto vederli.
Quando inquadrai Bill stava ancora maneggiando quell'arnese metallico, facendomi capire a cosa serviva: seguiva una certa combinazione, in contemporanea con l'entrata della scia di fumo attraverso la lucina, che appena veniva completata faceva spegnere la luce.
Dopo poco riuscii a visualizzare la posizione di Calmoniglio, che aspettava il mio consenso.
Stavo per dargli il segnale facendo un gesto con la mano, ma poi mi sentii afferrare il polso da Jack. Mi guardava preoccupato, come mai l'avevo visto prima.
Avrei voluto dirgli che sarebbe andato tutto bene, e l'avrei fatto se non fosse stato per l'eco che avrei potuto provocare, rivelando a Kurtis la nostra presenza senza aver agito.
Dato che non potevo dire nulla, gli mimai con le labbra un “Andrà tutto bene”, stringendogli la mano con cui mi aveva bloccata.
Stava per iniziare.

Feci il cenno che Calmoniglio stava aspettando.
Lui, più velocemente di quanto mi aspettassi, saltò lanciando l'uovo verso la zona dove si trovavano Kurtis e Bill, facendo fuoriuscire da esso della polvere colorata, e naturalmente danneggiando Kurtis stesso.

Saltai giù volando direttamente verso Bill, cercandolo nella nube colorata. Lo trovai a terra privo di sensi, ma non aveva niente tra le mani.
Cercai infretta l'arnese, ma quando lo vidi a terra a qualche metro da me, Kurtis lo raccolse. Poi mi vide.

«Ancora voi?!» esclamò furioso. Mi aveva colta alla sprovvista spaventandomi, perciò volai all'indietro trovandomi a una decina di metri da lui.
Dopo qualche secondo, i Guardiani mi avevano raggiunta affiancandomi, tranne Jack naturalmente. Speravo di averlo implorato abbastanza di non cacciarsi nei guai creando complicazioni.

Sandy agì velocemente colpendo Kurtis con una delle sue due fruste, avvolgendola intorno al braccio dove lui teneva l'arnese, la chiave per far funzionare il suo piano.
Senza farmelo ripetere due volte mi diressi verso di lui e la afferrai. 
L'altro braccio di Kurtis stringeva il bastone che una volta apparteneva a Jack.
«È finita, Kurtis» disse Dentolina, più determinata che mai a porre veramente fine a quella storia.
«..Per voi sì» rispose Kurtis, liberandosi dalla presa della frusta di Sandy.
Stavo per gridare agli altri di stare attenti, quando le sue ormai familiari scie di fumo cominciarono ad attaccarci. Mi armai del mio arco cominciando a scagliare frecce ovunque vedessi una nube, anche se sembrava che più ne colpissi, più ne spuntassero di nuove. Era come tagliare le teste a un'idra.
Ad un certo punto, ero stanca di continuare a combattere senza vedere un minimo mutamento.
Mirai a Kurtis, riuscendo a distrarlo. Dovevo ucciderlo non solo per porre fine alla sua pazzia, ma perché Jack doveva ritornare ad essere un Guardiano.
«Non basterà una semplice freccia, ragazzina. Deve essere lui a farlo» Kurtis sembrò investirmi con lo sguardo che mi rivolse, facendomi capire come sarebbero dovute andare le cose.
Se Jack voleva avere indietro i suoi poteri, doveva essere lui ad uccidere Kurtis.
Cominciai ad ansimare. Sarebbe morto, nelle condizioni in cui si trovava.
In un attimo, Kurtis si ritrovò di fronte a me, e mi prese la mascella con una mano immobilizzandomi con una delle sue scie, ma senza stringere.
Il mio arco e la mia faretra caddero a terra.
«Tu lo ami, o sbaglio? Pensi che lui sia perfetto» mi sussurrò.
«Nessuno è perfetto» balbettai con lo sguardo basso, sperando di riuscire a mentirgli. Non poteva sapere quello che provavo, sarebbe stato un disastro.
«Oh, beh, giusto. Anche perché ci sarebbero un sacco di cose su di lui che dovresti sapere. Lo conosci anche tu da tempo, sai che non è sempre stato un Guardiano» il modo in cui parlava mi faceva rabbrividire: era lento, scandiva ogni singola parola, ed incuteva timore.
«Ad esempio?» gli domandai indiscussa. Lì, Kurtis si avvicinò ancora di più. Con i suoi occhi scuri, sembrò trafiggermi con un pugnale.
«Ad esempio dovresti sapere che quella notte non c'era stata una semplice nevicata» mi sciolse dalla presa della scia, facendomi finire a terra.
Mi rialzai in fretta.
Non impiegai molto tempo per capire a quale notte si stava riferendo.
«..Co..Cosa?» mormorai, incredula.
«Jack Frost era di passaggio anche lì quella notte, nel paese dove si trovavano Ronan ed Eileen Dover, che stavano per morire congelati.. o bruciati?» ogni volta che Kurtis faceva un passo verso di me, io indietreggiavo. Nessuno da duecentocinquant'anni mi chiamava in quel modo, con il mio “vero” cognome.
Avevo le lacrime agli occhi. «No.. non è possibile, lui non lo avrebbe mai fatto apposta..» cercai di autoconvincermi, ma Kurtis mi stava addosso.
«Eileen, non ascoltarlo!» mi voltai, vedendo Jack in piedi sull'orlo dello sbocco della galleria.
Cretino, coglione, idiota, deficiente, testa di cazzo, imbecille.
Quanti insulti avrei voluto rivolgergli in quel momento. Ero indecisa se maledire di più lui per essersi mostrato, o me stessa per non averlo supplicato abbastanza di cercare di restare al sicuro.
Solo in quel momento mi accorsi che le ombre avevano smesso di attaccare i Guardiani. Non sapevo da quanto tempo stavano seguendo me e Kurtis.
«Ah, è venuto con voi!» esclamò Kurtis, compiaciuto. «Benvenuto, Jackson Overland»
Kurtis non esitò ad afferrare Jack per mezzo di una scia fino a trasportarlo accanto a lui. La scia lo stava stringendo, potevo avvertirlo perché non stava respirando regolarmente.
«Visto? Sono riuscito a fare buon uso dei tuoi poteri. Era un peccato sprecarli come fai tu, no?» mentre Kurtis stava facendo discorsi inutili, continuavo a rimuginare su cosa mi aveva detto pochi attimi prima.
Jack era veramente passato di lì di proposito, quella notte?
C'era stato sul serio un tempo in cui uccideva?
Non avevo la più pallida idea di cosa pensare.

«E-Eileen..» mugugnò Jack, tra un respiro e l'altro. Kurtis mi guardò, sospettoso.
«Sei sicura di non amarlo?» disse, enfatizzando la parola “sicura”.
Abbassai lo sguardo, cercando di trovare la forza di mentire, poi guardai Jack. Speravo avesse capito che avrei detto di no solo per salvare la situazione.
«Io.. io non lo amo» dissi, usando il tono più fermo possibile che avevo.
«Oh, quindi non ti dispiace se faccio così?» Kurtis strinse Jack ancora di più nella scia. Lui soffocò un grido di sofferenza.
Chiusi gli occhi girando di lato la testa.

«O così?» continuò Kurtis, appesantendo la stretta al suo collo. Non sentivo più Jack respirare da un po'.
«Fermo!» lo implorai. A quel punto, sul volto di Kurtis si dipinse un'espressione più che soddisfatta. La stretta si alleggerì fino a quando Jack non cadde a terra, ma almeno ricominciò a respirare. Corsi immediatamente da lui, fregandomene di Kurtis.
Jack stava tossendo, respirando ancora irregolarmente. Doveva stabilirsi.
«Stai bene?» gli domandai, afferrandolo per le spalle, aspettando che riuscisse ad alzarsi.
«Tutto bene» appoggiò una mano sul mio braccio, poi lo aiutai ad alzarsi. Anche se riusciva a stare in perfetto equilibrio, mi strinse la mano.
Puff, tutto rovinato. Perfino Kurtis sapeva che lo amavo. Questo non fece altro che complicare le cose.
«Bene, bene, bene. Qui le cose si fanno molto più divertenti..» cominciavo ad odiare in modo molto più accentuato il suo tono di voce, ma dovevo cercare di rimanere lucida.

«Se devo ucciderti per riavere indietro i miei poteri, perché non farlo subito?» propose Jack, cercando di farsi sentire bene da Kurtis.
«Sei impazzito per caso?» gli domandai, sussurrando. Non mi ascoltò.
«Oh, vuoi sfidarmi? Sappi che i tuoi amici o la tua ragazza non possono uccidermi. Devi essere tu» ribadì Kurtis, ricordandogli indirettamente che sarebbe sicuramente morto.
«Che sia così. Io ti ucciderò» disse Jack di rimando. No, no no.
«Jack!» sbottai, strattonandogli il braccio. Mi prendeva in giro? Sarebbe morto.
«Eileen, sei insopportabile. Il tuo ragazzo ha deciso così. Fagli fare quel che vuole» ero fortunata ad avere un autocontrollo, altrimenti la rabbia avrebbe prevalso sulla ragione e avrei tirato un pugno così forte a Kurtis che.. Dio, quanto gli avrei fatto male.
La presa di Jack alla mia mano si alleggerì fino a che non mi lasciò completamente.
«Tu non farai proprio nulla» lo riafferrai per la spalla, sperando mi desse ascolto.
«È l'unico modo, andrà bene» cercavo di convincere me stessa che non stava succedendo davvero. Insomma, si poteva essere così stupidi?
«Jack!» esclamò Dentolina, anche lei cercando di farlo ragionare.
«Sì sì, certo, niente addii piagnucolosi. Non azzardatevi ad aiutarlo» senza un minimo di preavviso, delle scie avvolsero tutti i Guardiani compresa me, isolandoci da Jack. Erano impenetrabili.
Alzai un braccio dietro di me per prendere l'arco, quando mi accorsi che era rimasto a terra nel bel mezzo della stanza nel momento in cui Kurtis mi aveva immobilizzata.
Soffocai un grido, frustrata.
«Tu invece cosa mi dici Jack, huh? Come sta tua sorella?» notai Jack irrigidirsi, stringendo i pugni.
«Le avevi promesso che sarebbe andato tutto bene, poi sei morto. Sei consapevole che sta per succedere lo stesso con lei, vero?» Kurtis mi indicò, punzecchiando ancora di più Jack.
Il suo intento era decisamente quello di farlo infuriare, e ci stava riuscendo.

Una scia partì all'attacco, Jack riuscì solo a schivarla rotolando via.
La scena si ripeté per diverse volte, ricordandomi di quando a Londra, nel cortile di periferia, non riuscivo a combattere.
«Dobbiamo aiutarlo» dissi a Dentolina, accanto a me. Kurtis era troppo impegnato per ascoltarci.
«E come?» domandò. Non mi preoccupai di darle una risposta, perché mi voltai quando sentii un urlo: Jack era steso a terra, il naso perdeva sangue.
«Jack!» esclamai. Lo stava facendo fuori, non se ne rendeva conto anche lui?
«Va tutto bene, va tutto bene» mi ripeté, senza convincermi.
Non stava facendo nulla, e quelle poche volte in cui non riusciva a schivare le scie di Kurtis, ne rimaneva prigioniero per poi essere sbattuto a terra violentemente.
«Il mio arco, Jack! Il mio arco!» gridai abbastanza forte perché lui mi sentisse, tra le lacrime.
Jack iniziò a correre verso di esso, avrebbe potuto avere un'arma, ma la scia fu più veloce. Inghiottì il mio arco, trascinandolo dall'altra parte della sala.
Perfetto.
Kurtis a quel punto agitò il bastone verso Jack, mancando il colpo. Si creò a terra una piccola distesa di ghiaccio.
Terrorizzato, Jack si riparava dietro delle rocce nel bel mezzo della stanza.
«Non puoi combattere contro di me Jack, sei solo un umano» il nemico si stava dirigendo verso la roccia dietro la quale era nascosto. La sua ora era giunta, lo avevo capito.
Ad un tratto, accumulai così tanta rabbia e dolore, che scoppiai. Iniziai a prendere fuoco. Nelle braccia, nel petto, poi in tutto il corpo. Perfino io mi sentivo bruciare.
Forse non avrei potuto uccidere Kurtis, ma potevo aiutare Jack.
La scia, appartenente come tutte al corpo di Kurtis, si ustionò, facendolo infuriare.
Mi lanciai contro di lui arrabbiata più che mai, immobilizzandolo.
«ORA!» urlai a Jack, che se ne stava lì senza far nulla. Era ridotto così male.
Inaspettatamente, Kurtis mi spinse via, spegnendomi. Al contatto con il mio corpo incendiato, il ghiaccio che sicuramente lui voleva far comparire, si trasformò in acqua.
Nonostante questo, presi un bel colpo.

«Stupida ragazzina! I miei occhi!» potevo vedere Kurtis contorcersi dal dolore, e quando si tolse le mani dalla faccia, mi accorsi di averlo accecato.
«Eileen!» se non fossi stata in pessime condizioni, gli avrei urlato di andarsene. Non ero io quella che stava per morire, Jack non doveva preoccuparsi di me.
Con il suo aiuto riuscii ad alzarmi in piedi, ma Kurtis era proprio di fronte a noi, inconsapevole.
“Non muoverti” mimò Jack con le labbra. Gli diedi ascolto.
Più silenziosamente di quanto mi aspettassi, afferrò il mio arco posizionandosi poi di fronte a Kurtis. Impugnò saldamente la freccia, deciso a scagliarla.
Quando essa, incendiata, finì nel bel mezzo del petto di Kurtis, lui cominciò a dissolversi.
I Guardiani ritornarono di nuovo liberi di muoversi, sebbene questo comportò il fatto che si schiantassero a terra.
Kurtis svanì fino a diventare una piccola nube di fumo, e per un attimo tutto cessò.
Tutto riprese quando la piccolissima nube di fumo funzionò come una bomba, scaraventando tutti alle pareti della sala.
Per qualche secondo fui sicura di perdere i sensi, poi guardai Jack accanto a me, a terra.
Lo scossi per qualche secondo, poi afferrai la sua testa.
«Jack? Jack? Ce l'hai fatta!» continuai a scuoterlo, felice.
Dopo un po' però, lui non si stava ancora muovendo. Quando tolsi la mano da dietro la sua testa, la trovai rossa di sangue.
Il suo.

«Jack?» iniziai a preoccuparmi. Era ancora umano, non era successo niente. Ma era ancora vivo?
Tremai, atterrita.
«Eileen, Jack! State bene?» Calmoniglio e gli altri corsero verso di me, ma quando mi trovarono accanto a lui con la mano rossa di sangue, capirono.
«Oh, no..» non mi preoccupai di sapere chi fosse ad averlo detto. La testa mi girava forte, avevo la nausea.
Jack era.. morto?
Mi lasciai cadere sul suo petto, demotivata. Niente aveva più senso. Mi accasciai su di lui, mi percorse un brivido nel sentire il suo cuore che non batteva più.
«È stata tutta colpa mia. Non ho fatto abbastanza» riuscii a dire, tra un singhiozzo e l'altro.
Mi ero promessa che sarebbe andato tutto bene, ma tutto era andato per il verso storto. Non mi importava di Kurtis, mi importava di Jack.
Presi di nuovo il suo viso tra le mie mani, implorando chissà quale Dio per vederlo aprire gli occhi.
«Non mollare, ti prego» Una fitta mi percorse il petto. Bruciava forte.
Sentii una mano poggiarsi sulla mia spalla. Mi voltai leggermente, abbastanza per riuscire ad intravedere Sandy. Stava scuotendo la testa in segno di no.
Anche se speravo che riuscisse a svegliarsi, dentro di me sapevo che non l'avrebbe fatto mai più.
«Dobbiamo andarcene di qui» Nord mi afferrò per un braccio. Per la prima volta, fui abbastanza forte da fargli mollare la presa.
«Io non me ne vado!» mi intestardii, stringendo ancora più forte il corpo senza vita di Jack. Volevo affogare da sola nel mio dolore.
Fu a quel punto che iniziai a sentire freddo. Troppo freddo perché fosse il calore umano che se ne era andato dal suo corpo una volta morto.
I suoi capelli iniziarono a schiarirsi, la pelle a impallidirsi.
Osservai lo spettacolo smarrita. Il suo corpo si sollevò da terra.
«Che diavolo..» sussurrai, non sapendo se dovevo avere paura o essere felice.
Dal basso, notai che i capelli di Jack diventarono completamente bianchi come quando era uno spirito, poi il suo corpo ritornò a terra.
E Jack era in piedi.
Mi piazzai di fronte a lui senza esitazioni, notando anche le sue iridi azzurre. Lui mi sorrise. Non avevo mai visto un suo sorriso più bello.
«Tu sei..» ero rimasta sconvolta.
Gli tirai uno schiaffo. «TU ERI MORTO!» gli urlai contro. Iniziai di nuovo a piangere. Jack afferrò entrambe le mie mani ignorando il mio gesto, portandole al suo petto. Erano ghiacciate.
«Lo ero, ma ha funzionato. Sono di nuovo io» non era mai stato così felice.
«Mi prendi per il culo? Ti ho visto, porca troia, eri lì, ed eri morto. E io.. io.. non sapevo che cazzo fare! Vaffanculo!» sbraitai, mentre lui non sapeva cosa fare. Non era stato fin troppo “facile” sconfiggere Kurtis?
Ignorai Calmoniglio che mi stava rimproverando per le parole usate.
Subito dopo, Jack scoppiò a ridere. Rise come mai aveva fatto prima, mentre io lo guardavo corrucciata.
«Mi erano mancate le tue sgridate» disse.
Mi attirò a sé, poi, poggiando due dita sotto il mio mento, mi fece alzare la testa. Con mia sorpresa mi baciò, e non fui mai più contenta di essere sul punto di congelare.
Il momento fu interrotto da Nord che ci soffocò abbracciò entrambi, per poi mettersi in mezzo a noi cingendoci le spalle con un braccio.
«Dobbiamo festeggiare nozze, da!» sprizzava gioia da tutti i pori.
«Nord..» imbarazzo di Jack era evidente «..Non essere stupido» continuai io, guardando in basso. Mi coprii il viso dalla vergogna ridendo, pensando che tutti avessero visto me e Jack insieme.
«Andiamo! Lo sceglierò io il tuo vestito!» Dentolina si offrì volontaria, abbracciandomi.
..Per tutto il tempo era stata una mia supposizione il fatto che non approvasse?
Con dei disegni sopra la testa, Sandy ci fece capire che si sarebbe occupato degli addobbi.
«Io al cibo!» si intromise Calmoniglio.
«Okay, il nostro futuro matrimonio sarà praticamente vostro, abbiamo capito!» annunciò Jack, sorridendo imbarazzato. Conoscevo quello sguardo: si stava vergognando tantissimo. Oltre a questo, le sue guance potevano mimetizzarsi con i miei capelli.
Quale matrimonio, Jack Frost?! Pensai.
Andiamo, pochi secondi prima pensavo a come trascinare via da lì il suo corpo privo di vita, e poi dovevo subito realizzare che lui fosse resuscitato e che dovevo sposarlo? Assurdo.
«Jack, ti sei dimostrato veramente coraggioso» gli disse Nord. Lì, pensai a quanto potesse essere fondamentale per Jack. Avrei quasi detto che fosse suo padre.
«Non ce l'avrei mai fatta senza di voi» rispose, indicandoci tutti quanti e soffermandosi su di me.
«Cosa mi sono perso? Tu, modesto?» scherzò Calmoniglio.
Nessuno però gli diede veramente ascolto. L'attenzione di tutti si concentrò sul globo: le luci stavano iniziando di nuovo a brillare.
Sentii dei rumori provenire da dietro di esso. Andai a controllare, notando Bill che aveva appena ripreso coscienza.
«Ah,ah!» esclamai afferrando la sua veste dietro al collo, sollevandolo.
«No, vi prego, non fatemi del male» disse l'affarino verde -ci stavo prendendo gusto a soprannominarlo così-, mettendosi le mani sulla testa in segno di protezione.
«Nord, alla fortezza ti farebbe comodo un altro aiutante? Credo lui sia abile nel costruire oggetti» proposi. Bill era stato maltrattato da Kurtis per probabilmente molto tempo, ucciderlo mi sembrava fin troppo crudele.
«Perfetto! Andiamo!» Nord batté le mani più volte, afferrando Bill. Tutti ci avviammo in fretta verso l'uscita. Jack non nascose un piccolo gridolino di gioia nel vedere che poteva di nuovo volare.
«Ti va una sfida?» lanciare quelle idee per Jack non voleva dire “facciamo un gioco”, ma “ti straccerò di sicuro, dovrai inchinarti a me”.
«Perché no?» stetti al gioco, ignorando la possibilità di una sconfitta.
Raggiungemmo gli altri alla slitta. Nord chiuse Bill dentro una piccola gabbia.. evitai di domandarmi perché ne tenesse una sulla sua slitta.
«Nord, noi vi raggiungeremo. Dobbiamo prima fare una piccola sosta» Jack mi guardò scaltro, avevo già capito a cosa stava alludendo.
«Dove?» domandò lui, curioso.
«A Burgess» confessò Jack. Senza aspettare una risposta da parte di Nord, entrambi ci alzammo in volo gareggiando come dei bambini, sorvolando gli Stati Uniti.
Avevamo bisogno di sapere che Jamie stesse bene.

 

 



*spazio autrice*
ho tanta voglia di piangere, sigh. Il finale epico è giunto.
Non è finita, devo ancora pubblicare un piccolo epilogo che mi impegnerò a scrivere con tanto amore per rimediare a questo schifo lalalala.
Pensavo uscisse meglio, e tenete conto che l'ho pure aggiustato, pft.
Sono troppo triste. Vi ringrazio davvero per ogni cosa, provvederò a ringraziarvi tutti meglio nell'ultimo capitolo ♥ sappiate che ognuno di voi è stato fondamentale. E inoltre, grazie per quelle SESSANTANOVE recensioni MLMLMLMLML............... lasciatemi perdere.
Ormai mi conoscete, ma vi ripeto che ci sono errori, ripetizioni, blablabla, anche se rileggo i capitoli, spesso non me ne accorgo.
....Inoltre credo sia il capitolo più lungo che abbia mai scritto o:
Ah, riguardo al vero nome di Jack: spulciando internet come un'ossessa, vedevo che da umano secondo diverse persone si chiamasse proprio Jackson Overland. Sinceramente non so se è un'idea del fandom o una cosa ufficiale, ma nell'informarmi sono troppo pigra, perciò ho aggiunto anche io questo cognome perché mi piaceva (?), lol.
E so che alcuni di voi mi stanno già insultando in tutti i modi possibili a causa della mancanza dello sdolcinato “Ti amo” - “Ti amo anche io”, ma non disperatevi, arriverà perché ne necessito anche io HAHAHAHAH.
Detto questo, ritorno nel mio solito nascondiglio a scrivere l'epilogo.

Un abbraccio,
vi voglio tanto bene sì uwu

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Capitolo 11
*** i'm here to stay. ***


11; I'm here to stay.




Nel giro di qualche minuto, io e Jack stavamo già sorvolando il piccolo paese di Burgess per trovare la casa di Jamie.

Avevamo viaggiato ad una velocità incredibile.
«Ho vinto io!» esultò Jack, piazzandosi sul tetto di casa Bennett.
«Bravo» dissi, cercando di non far trapelare la minima emozione. Un minimo di senso di sconforto e mi avrebbe presa in giro per il resto della mia esistenza.
Evidentemente riuscii a smontare il suo entusiasmo, perché non mi rivolse la parola.
Entrambi cominciammo a perlustrare la casa, notando che era deserta.
«Oddio, dov'è finito?» mormorai, preoccupata.
«Tranquilla, Eileen. Probabilmente è uscito a giocare» lui conosceva Jamie molto meglio di me, e forse quella di andare a giocare era un'abitudine.
Raggiungemmo la piazza principale, composta da una sottospecie di parco con una statua al centro. Jack si appoggiò sulla gamba dell'uomo raffigurato nella scultura.
La strada era di fronte a noi, percorsa da diverse macchine: era l'ora in cui tutti uscivano da lavoro.
«Ma che..» vedemmo Jamie uscire dalla porta di un ufficio, evidentemente confuso.
Portava uno smoking nero, era vestito come un uomo d'affari.. solo che quei vestiti erano enormi.
«Jamie!» gridai, raggiungendolo.
«Tutto apposto?» mi chiesi, inginocchiandomi davanti a lui.
«Non lo so..» rispose, poggiando una mano sulla sua tempia. Credeva ancora in me, altrimenti non mi avrebbe risposto. Tirai un sospiro di sollievo.
Jack ci raggiunse. «Cosa è successo?» domandò al bambino.
«Non ne ho idea. Io mi stavo preparando per andare a scuola, poi una strana nube mi ha avvolto, ricordo solo questo. Mi sento come se mi fossi addormentato e risvegliato ora. E che cavolo ci faccio con questi vestiti? Sembrano quelli del mio papà!»
Non rimasi sorpresa dalla spiegazione di Jamie. Era rimasto vittima del piano di Kurtis, ovviamente. Per fortuna non lo vidi mai trasformato in adulto.
Solo dopo Jamie sembrò rendersi conto di chi eravamo.
«Ma.. voi state bene! Va tutto bene adesso?»
Guardai Jack, notando che lui mi stava già fissando. Senza spostare lo sguardo da lui, risposi a Jamie.
«Sì, ora va tutto bene» per la prima volta me ne resi conto, crederci mi sembrò quasi assurdo.

 

Qualche tempo dopo.

 

Molte cose in poco tempo erano cambiate.
Prima che me ne potessi rendere conto, Nord mi aveva offerto l'opportunità di restare lì al Polo Nord, insieme a lui e Jack, finché non avremmo trovato un posto dove stabilirci.
Le cose andavano bene, ormai mi ero abituata al freddo, che non era poi così fastidioso. Un paio d'anni erano bastati per farmi apprezzare tutto ciò che offriva la fortezza di Nord.
In quella giornata in particolare, il via vai di elfi e yeti era aumentato: era la vigilia di Natale. Nord avrebbe dovuto fare il giro di tutto il mondo per portare i regali a tutti i bambini.
Anche io avevo avuto la mia parte: ognuno mi aveva fatto dei regali.
Nord mi aveva spostata in una camera dotata di un camino enorme, e non sapevo come essergli grata.
Calmoniglio mi regalò un uovo di Pasqua -a Natale- decorato da lui stesso con estrema precisione.
Dentolina mi regalò uno spazzolino e del filo interdentale. Cosa ci si poteva aspettare?
Sandy invece mi regalò un cuscino infagottato della sua sabbia dorata. Era il più comodo del mondo.
Jack invece, mi aveva detto che stava lavorando ancora al mio regalo.

Ci si potrebbe immaginare che uno come Babbo Natale avrebbe passato la giornata a sistemare le ultime cose, agitato come non mai.
Ma, ehi, stavamo parlando di Nord.
Io, lui e Jack eravamo rinchiusi nella sua stanza, mentre Jack gli forniva dei blocchi di ghiaccio.
Lui li scolpiva con grande precisione, con strumenti di ogni dimensione, adatti per ogni angolo e ogni curva. I vari blocchi assumevano un sacco di forme, giocattoli con la più svariata fantasia.
Erano tutti progetti da commissionare ai poveri yeti, che non facevano altro che combinare disastri a causa degli elfi.
Ma chissà come, ogni anno, alle 23.59 del 24 dicembre, tutto era sempre pronto.
«Nakonets! Si parteee!» Nord salì sulla sua slitta dopo che io, Jack e gli yeti lo avevamo aiutato -no, in realtà avevamo fatto tutto noi- a caricare tutti i regali.
Io e Jack stavamo per andarcene, convinti del fatto che saremmo rimasti da soli.
«Podozhdite! Dove credete di andare voi due?!» Nord ci afferrò entrambi e ci caricò sulla slitta.
«Woah, che stai facendo?» Jack cercò di scendere però, incredibile ma vero, Nord aveva fatto installare sulla slitta delle cinture, e Jack era appena stato legato.
«Oh no, Nord! Non come l'anno scorso! Sappiamo tutti com'è finita..» esclamai, lamentandomi.
Dovete sapere infatti, che l'anno precedente io e Jack eravamo stati vittime del piano innovativo-distruttivo di Nord.
Voleva sperimentare un nuovo modo di distribuire i regali, naturalmente combinando un disastro stratosferico. Ai bambini fu molto difficile spiegarsi il motivo per il quale molti dei regali erano ghiacciati o mezzi bruciati.
Questo può bastare.
«Non volere piano di anno scorso!» stavamo quasi per tirare un sospiro di sollievo, quando.. «Volere solo vostro aiuto in distribuire regali di camino in camino» imprecazioni su imprecazioni.
Nella mia mente però, mi convinsi che non era poi così difficile. Non così tanto da compromettere i regali dei bambini.
Io e Jack sbuffammo, poi in un attimo la slitta era già partita, e l'avventura era solo iniziata.
Appena attraversata la rampa, sentii il freddo del Polo Nord pizzicarmi le guance. Per fortuna, la mia fedele coperta era sempre con me.
Per prima cosa ci dirigemmo verso sud, incontrando l'Europa. Poi finimmo in Africa, attraversammo tutta l'Asia per poi passare in Australia.
Fu il turno del Sud America, poi degli Stati Uniti e infine il Canada. Avevamo eseguito il nostro dovere (o quello di Nord?) senza tralasciare nessuna casa, nessun bambino.

Per ogni casa in cui ci fermavamo, la lista di cose da fare era ormai automatica: Babbo Natale fermava la slitta in modo che restasse sospesa in aria.
Io e Jack ci affrettavamo a trovare il regalo dell'apposito bambino per passarlo a Nord, e poi aspettavamo quest'ultimo mentre si infilava -chissà tramite quale stregoneria- dentro il minuscolo camino per effettuare la consegna.
Fu più facile del previsto aiutare Nord, dato che nessun regalo finì bruciato o congelato.
Allo stesso tempo però era estenuante, perché in ogni casa passava veramente troppo tempo, specialmente quando passammo in Russia.
Anche dopo tanto, non mi spiegavo come fosse possibile che riuscisse a trovare tempo per ogni bambino. Insomma, erano miliardi di bambini, tutti in una notte.
Nord era un fenomeno.
Nel momento in cui restammo da soli, consegnai il mio regalo a Jack. Era stato per tutto il tempo lì, nella sacca dei regali di Nord.
Era soltanto un maglione blu con qualche accenno a dei motivi natalizi ricamati in bianco, per la precisione dei fiocchi di neve. L'avevo cucito durante quelle poche volte in cui non passavamo del tempo insieme, sperando che come regalo di Natale potesse essere carino.
Gli augurai un Buon Natale, dopodiché ricevetti un bacio da Jack sulla fronte. Il bacio più dolce che potesse darmi.
Ad un certo punto, però, mi prese per mano.
Lo guardai interrogativa, non capendone il motivo.
Non che ce ne dovesse essere per forza uno, dato che stavamo insieme, ma mi guardava negli occhi come se stesse per dirmi la cosa più importante per lui.

«È da un po' di tempo che voglio dirti una cosa, Eileen. Ci ho pensato.. e credo anche di averti fatto aspettare abbastanza. Non che prima le cose stessero.. in modo diverso, ma adesso.. mi sento pronto..» non l'avevo mai sentito balbettare in quel modo.
«Dimmi, ti ascolto» risposi banalmente, non potendo dire altro.
Con lentezza, Jack mi prese anche l'altra mano. Le sue erano particolarmente congelate, tanto che stavo quasi per rabbrividire, ma non glielo feci notare.
Mi sentivo come se fossimo ritornati alla notte in cui mi baciò per la prima volta: entrambi eravamo impacciati come non mai.
Dopo qualche secondo, lo vidi arrossire e serrare le labbra. Non riusciva nemmeno a guardarmi negli occhi.
Dov'era il Jack Frost che conoscevo? Dalla situazione in cui si trovava, sembrava che potesse andare in iperventilazione da un momento all'altro.

«Jack?» lo ripresi, notando che continuava a stare zitto. Con un veloce sguardo mi fissò dritto negli occhi per vedere il mio atteggiamento, mentre io speravo che cogliesse la mia tensione.
Riuscii ad avvertire le sue mani che stringevano le mie con più forza di prima.
«In questa vita, sei la persona più importante che ho. Voglio solo che.. che tu sappia che sei la ragazza più speciale che conosco, e che ti amo.» pronunciò le ultime due parole più lentamente, quasi come se per l'orgoglio non avrebbe voluto farle venire fuori.
In quel momento realizzai quanto tenesse veramente a me.
Prima ancora che rispondessi, lui sghignazzò per un attimo.
«Era questo ciò che volevo fosse un regalo di Natale: farti sapere che ti amo. Ma sinceramente, mi aspettavo di meglio..». Jack si stava sul serio ponendo certi problemi? Pensava di non aver reso il concetto?
Senza farmi troppe domande, impaziente di dargli una risposta più che efficace lo strinsi forte a me e lo baciai, sussurrando un “ti amo anche io” che solo lui poté sentire.
E sinceramente, non avrei potuto ricevere un regalo migliore.






*spazio autrice*
HO L'ANSIA. io non so davvero cosa dire. Scusatemi.
Sono stata così impegnata in questi mesi che non ho mai avuto il tempo di mettermi al pc e scrivere l'epilogo. La prima parte, quella con Jamie, la avevo scritta subito, tipo il giorno dopo aver postato il decimo capitolo.
Poi però, non sapevo come continuare.
Passa un giorno, ne passano due, tre, passa una settimana, ne passano due, passa un mese, insomma, non avevo proprio la minima idea.
Infine, in questi giorni ho scritto la seconda parte.
Non uccidetemi, per favore, siate clementi ahahah.
A me non piace per niente, non credo infatti che riceverò molti pareri positivi. Diciamo che l'ho scritta perché l'idea di completare la storia mi stava tartassando, non volevo farvi aspettare altro tempo. Sappiate però che cercherò di rifarmi non appena inizierò a postare la raccolta di flash-fic çç sempre che dopo aver letto questo obbrobrio siate ancora d'accordo lol. Fatemi sapere!
Adesso però voglio passare alla parte più fondamentale.


Voglio ringraziare ognuno di voi, perché mi sono affezionata, e non avrei mai pensato che sarei riuscita a completare la storia. La avevo iniziata per noia, credendo che a nessuno piacesse, e invece..
Comincio con il ringraziare tutti coloro che hanno recensito la storia, quali:
gaeshi, DarkshielD, fede95, virgily, Misora, WhiteLotus, Zelda_Love, Fred Halliwell, Jodie, lena21, dragon_queen, AliceTasso6522, krystal86, JulesBerry, beastlytomlinson, Jiada95, Crazy_Eclissy, siemdrew, Haiwan, AliceJackson007, RockDoll98, Danielle_Lady of Blue Roses, NosferatuAbby.
Ringrazio poi coloro che hanno messo la storia tra le preferite, ovvero:
AliceJackson007, alicemadHatter, beastlytomlinson, Fluarei, giada1999, Haiwan, Jiada95, Jodie, Lombaxlover, MoonyCrashingDown, my_name_is_Nari, NosferatuAbby, Romantic_Dreamer, siemdrew, VyvLy.
Passo poi a coloro che hanno messo la storia tra le seguite, cioè:19Roses, AliAliEfp, AliceJackson007, alicemadHatter, Alyx, backtoIka, Blackblow98, Cobalt, Crazy_Eclissy, Danielle_Lady of Blue Roses, dragon_queen, fede95, Fred Halliwell, Grincha, Haiwan, itsEarry, Jodie, JulesBerry, krystal86, Lady of the sea, lena21, Misora, Miss Fortune, Nightingale_Ocean Soul, siemdrew, YaMiNoLaDy, yuki nightmare 24, Zelda_Love.
E infine, ultimi ma non ultimi, ringrazio TUTTI QUELLI CHE HANNO LETTO LA STORIA. Grazie, grazie, grazie davvero.

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