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Lista capitoli: Capitolo 1: *** 1. Non era una notte buia e tempestosa. *** Capitolo 2: *** 2. Het&Slash *** Capitolo 3: *** 3. Rossa di capelli... *** Capitolo 4: *** 4. Fiori e gelatina *** Capitolo 5: *** 5. Non s'ha da fare! ***
Capitolo 1 *** 1. Non era una notte buia e tempestosa. ***
FICWRITER: agitare bene prima dell’uso
#1. Non era una notte buia e tempestosa
Greta guardò la pagina bianca di word aperta di fronte a sé, la solita mancanza di ispirazione che la frustava e le rendeva quelle giornate terribilmente grigie e plumbee. A volte avrebbe voluto prendere a calci quel maledetto computer che circa cinquanta volte al giorno si spegneva e riavviava da solo, salvando solo metà dei suoi scritti e cancellando, ovviamente, la parte che lei riteneva migliore. Dimenticava sempre di salvare, Greta, eppure avrebbe dovuto sapere che la prima regola di una ficwriter era ’Salvare sempre ogni cinque righe’, perché oltre le cinque righe non si poteva mai cancellare, ma affidare la propria vita nelle mani di una fidatissima beta-reader.
Forse non era destinata ad essere una ficwriter; anzi, ne era quasi sicura, erano più i capelli che aveva perso in quel periodo che quelli che le erano cresciuti, per non parlare poi delle unghie mangiucchiate o delle occhiaie, che facevano apparire il suo viso più bianco di quanto non fosse.
Sospirò e premette il tasto Canc per tre volte, eliminando l’unica parola che macchiava quel bianco immacolato che le dava tanto sui nervi. Inutile, sembrava che l’ispirazione fosse andata letteralmente a farsi un giro, abbandonandola in quell’insopportabile momento di vuoto, nonostante tutto quello che avevano passato insieme. Come poteva, quella maledetta stronza, essersi dimenticata di quella volta in cui, insieme, avevano provato com’era lo stalking dal vero - certo, avevano pedinato sua madre, ma l’effetto di impermeabile e occhiali era stato comunque un successo. O di quell’altra volta che Greta aveva provato a camminare con i tacchi a spillo su un muretto, perché la protagonista della sua fic era una super-modella e lei non sapeva che sensazione provasse.
«Bell’amica», disse, prendendosi la testa tra le mani; i capelli avevano bisogno di un bel taglio nuovo, quello di adesso probabilmente l’aveva solo la cuginetta di tre anni della sua vicina di casa: li teneva sempre legati per nascondere quel rosso acceso, che non donava alla sua carnagione olivastra o agli occhi azzurrognoli. Per non parlare dei baffetti che crescevano indomabili almeno una volta alla settimana, e che ovviamente facevano un male cane quando li strappava tanto da farle passare la voglia di risultare quantomeno decente agli occhi delle persone comuni. Forse si sarebbe comprata un passamontagna per coprirli, o una sciarpa colorata, ma ripensare alla ceretta le fece rizzare anche i peli sulle gambe - merda, il giorno dopo avrebbe dovuto cambiarsi di fronte a tutti per Educazione Fisica.
Sospirò pesantemente prima di fissare nuovamente il foglio, chiedendosi come si sarebbe comportata una protagonista di fanfiction.
«Giuro che se ti piglio», sibilò a Caroline, l’Ispirazione, «ti torturerò fino a farti provare cosa vuol dire mangiare i fagioli di mamma e stare vicino ad Ivan quando li ha finiti, poi ti toglierò i tuoi capelli biondi uno per uno, ti strapperò le tue gambine da zoccola ingrifata, ti rovinerò la manicure e vedrai, vedrai che nessuno ti vorrà più!» concluse irritata ed irritante. Era quasi assurdo che pensasse all’Ispirazione come ad una mistica creatura, ma una che passava da una mano all’altra doveva per forza essere la più grande poco di buono di tutti i tempi.
Mangiucchiò un’unghia, ricacciando in gola l’ennesima imprecazione. Da quando aveva iniziato quell’hobby, era diventata volgare, sua mamma glielo ricordava sempre puntandogli il mestolo tra gli occhi.
Scrisse un nome a caso all’inizio del foglio, per poi cancellarlo immediatamente. Inutile. Non sarebbe più riuscita a scrivere nulla, coloro che la tenevano tra gli autori preferiti l’avrebbero dimenticata, abbandonata e lei sarebbe diventata una zitella disperata che viveva coi gatti. Non che la sua vita da ficwriter c’entrasse qualcosa con l’amore, ma non avrebbe più avuto il coraggio di uscire di casa e dire che no, non avrebbe più scritto.
Non aveva idee, inutile mentire. Aveva girato e rigirato il suo personale quaderno degli appunti con la faccia di Robert Downey JR al posto di un bruco verde almeno una ventina di volte, senza ottenere alcun risultato. E dire che un tempo le parole le uscivano come fiumi dalle dita, poi, all’improvviso, tutto era sparito. I polpastrelli si erano bloccati sui tasti, gli occhi lacrimavano a causa della luce dello schermo e la testa pulsava ripetutamente dopo più di due ore al computer.
Scrutò oltre le tendine della finestra; osservò in trance un bambino cadere nel suo vialetto e sbucciarsi un ginocchio.
Proprio mentre questi si rialzava, leccando via il sangue con le dita, Greta pensò che avrebbe tanto voluto una svolta nella sua vita tediosa e sempre uguale, giorno dopo giorno. O meglio, avrebbe voluto avere una vita. Non che fosse una reclusa e senza amiche, ma aveva sempre evitato tutto ciò che avrebbe potuto allontanarla sempre di più dal suo personalissimo mondo virtuale.
Tutto ciò che possedeva erano scuola, verifiche, professoresse di italiano letteralmente insopportabili, professoresse di inglese da impiccare e nessun coinvolgimento sentimentale da mesi, per non dire anni. Non che le importasse veramente, ma sicuramente una nuova storia (magari con qualcuno di passabile, non il tizio che consegnava le pizze e che aveva un po’ troppi brufoli) avrebbe giovato alla sua situazione. E avrebbe sicuramente esaurito le minacce della sua amica Bianca, che le ricordava che a diciotto anni non si poteva non aver avuto almeno un triangolo degno di quel nome. Greta temeva che lei nascondesse uno sfondo sessuale in quel ‘triangolo’, ma forse era perché leggeva troppe storie NC17.
Si leccò le labbra d‘un tratto incuriosita, per poi stendersi lungo la sedia ed allungandosi verso il comodino. Sfiorò il cassetto un paio di volte con la punta delle dita, prima di riuscire al aprirlo cacciando un urlo di vittoria.
Afferrò con abilità la foto di classe, quella orrenda e stropicciata in cui indossava una felpa di tre taglie più grande gialla senape e dove era ritratta con gli occhi chiusi, cercando particolarmente interessata tra i suoi compagni di classe.
Dopo cinque anni che si faceva castelli mentali su ognuno di loro, forse era giunta l‘ora di sfruttare l‘elevata prestanza e presenza dell‘ormone maschile nella propria classe. A puro scopo accademico, ovviamente.
Quinto anno, sezione B. Nessun’altra classe vantava pezzi di carne - come diceva Priscilla - come quelli presenti nell’aula al centro del corridoio, secondo piano.
Certo, ognuno di loro aveva avuto qualche storiella d’amore, e forse Greta avrebbe potuto sfruttare le proprie conoscenze, ma un prurito allo stomaco le fece capire che non bastava. O forse era solamente la fame.
Leonardo non era male, con il suo ciuffo alla superman, ma sicuramente troppo fidanzato e troppo fissato con il Milan, l’Italia che quell’anno avrebbe giocato i mondiali e bla, bla, bla. Troppo noioso, a meno che non scrivesse in un fandom calcistico: allora sì che sarebbe risultato attrattivo. Però Leonardo in Lettere aveva un cinque scarso, e il mondo in cui errava ad usare il condizionale le fece drizzare i capelli. Coprì la sua faccia con un post-it, nonostante rubarlo alla ragazza non sarebbe stata una cattiva idea, forse un po’ banale e stronza, ma era sicura che l’amore tra i due avrebbe trionfato.
Greta passò un dito sulla figura piegata su sé stessa di Cristian, i riccioli scuri ed il solito sorriso da chi si sta divertendo un mondo. Erano nella stessa classe dal primo anno dell’asilo e Greta ricordava bene quando i loro genitori avevano persino iniziato ad uscire insieme, passando la Pasqua un anno a casa di uno,e quello dopo dall’altra. Non andavano d’accordo, perché Cristian le aveva palpato il sedere in prima media, per poi urlare che era stata lei a sedersi sulla sua mano. Da quel giorno avevano iniziato una guerra fredda senza morti, seppur una volta il pesce rosso di Greta aveva rischiato.
Lo scartò con un ringhio, già passata a Simone ed al suo essere superiore a tutti in ogni cosa, poco importava che si trattasse di Educazione Fisica o a chi mangiava più polpette della nonna di Gianluca. Lui era sempre il numero uno, e si vociferava di una storia di sano sesso con l’insegnante di sostegno di venticinque anni della classe accanto alla loro. Greta su questo aveva fantasticato un sacco di volte, tant’è che aveva pure scritto quella bella fanfiction su Naruto, quella che aveva vinto il contest ed il premio per l’originalità...
Scosse il capo risoluta, mettendo una X anche sulla faccia di Simone.
Marco e Federico non li considerò nemmeno; il primo era il suo vicino di casa da sempre e ricordava ancora che più volte avevano fatto il bagno insieme, da piccoli. Ecco, Marco lo conosceva fin troppo per considerarlo come candidato ideale. Era carino con i suoi ricci scuri e gli occhi di quel caldo color nocciola, ma un amico. L’unico ragazzo nella sua vita con cui riusciva a parlare di anime, manga e sesso senza distinzione. Forse, a dire il vero, più che considerarlo come un ragazzo vero e proprio per Greta lui era più come un asessuato. Di certo non le faceva diventare le ginocchia di burro, come nelle più classiche storie d’amore tra amici di infanzia. Aveva dei seri problemi di cliché, Greta, perché nella sua vita non ce n’erano proprio.
Federico era bruttino; l’unico nella quinta del loro anno ad aver baciato una sola ragazza e ad essere ancora vergine, senza possibilità di uscirne prima dei quarant’anni. Sì, Greta lo considerava come quel tipo del film senza però vedere in lui nulla di buono eccetto il plumcake che mangiava per merenda.
Greta sapeva che alla fine l’unico accettabile (e a cui comunque aveva subito pensato) sarebbe stato Gianluca. Lo sapeva, perché lui era il classico ragazzo che avrebbe riscosso un sacco di successo, seppur lei stessa non riuscisse ad apprezzare la sua mania per le lampade (o era così la sua pelle?) o il fatto che i suoi jeans fossero così attillati che Priscilla si mangiava il suo sedere a colazione e pranzo.
Guardò i suoi occhi scuri nella fotografia; era l’unico riuscito a venire con un’espressione normale nonostante ci fossero al suo fianco Cristian con una vestaglia da donna e Giulia con un paio di occhiali a forma di torta di compleanno.
Si morse il labbro indecisa. Lei non era di certo un’esperta in campo sentimentale, mentre si poteva dire che Gianluca fosse praticamente ormai adulto e non avesse più nulla da apprendere dalla prima superiore, quando l’aveva rivisto dopo anni.
L’unica cosa che conosceva dei rapporti tra persone reali, Greta, era il bacio. A lei baciare non era mai piaciuto, aveva sempre una fastidiosa sensazione di umidità e quando si ritrovava la lingua dell’altro nella bocca pensava che avrebbe potuto vomitare da un momento all’altro.
Quelle cose era molto meglio scriverle nelle fanfic, assumevano di certo un significato più magico sia per lei che per i lettori; soprattutto se uniti a qualche carezza dolce, Greta ne andava matta anche se non le aveva mai provate su sé stessa.
Gianluca non era una preda facile. Con le ragazze spesso era indisponente e con lei, soprattutto, non aveva un particolare feeling. Le uniche frasi che erano riusciti a scambiarsi dall’inizio dell’anno erano state «Mi raccogli la gomma?» e «Grazie per i compiti di matematica, ti devo un favore». Magari se Greta gli avesse chiesto di diventare il suo ragazzo giusto il tempo per ricavare del materiale, ricattandolo con la questione del favore, Gianluca avrebbe accettato, ma il pathos si sarebbe sciolto come neve al sole e lei sarebbe stata denunciata dai suoi lettori per averli presi in giro con quella sciocchezza di idea.
Grugnì seccata come non mai, appiccicandosi la fotografia alla faccia e maledicendo quella maledetta ispirazione che, no, proprio non voleva tornare. Eppure l’aveva sempre trattata con rispetto. Certo, qualche volta avevano discusso, per poi chiarire ed amarsi e onorarsi fino a due mesi prima.
L’immagine sfuocata di Gianluca era davanti al suo naso e Greta si ritrovò a deglutire, indecisa. Non avrebbe saputo cosa fare, non sentiva il respiro mozzarsi quando lui era nei paraggi e probabilmente era davvero il classico e scontato protagonista. Però forse nascondeva una storia triste alle spalle, le sarebbe semplicemente bastato chiedere consiglio, forse e, mal che sarebbe andata, la sua fan fiction non avrebbe avuto un happy ending.
Sospirò, sbattendo la testa sulla scrivania. Era una pazza, andava rinchiusa, ma nella sua testa passò in rassegna tutti i propri vestiti e decise che, se doveva impegnarsi a solo scopo didattico, avrebbe avuto bisogno di una mano.
O forse di quattro.
N/a: il primo capitolo è pressoché identico a quello vecchio che avevo scritto, ma lo stile è cambiato e anche l’idee sullo svolgimento. Mentre ora nella mia testa è tutto chiaro, prima era un agglomerato di ‘non so che fare’, che mi ha portato ad una pausa di due anni.
Ora sono qui, decisa a portare avanti questa storia e con la speranza che, qualcuno, possa ancora trovarla interessante.
Man mano, vi farò avere ‘chi’ di preciso sono i personaggi, in modo che non siano solamente sfuocati nella vostra testa. (L)
Vorrei iniziare la mia storia in modo figo, in
un modo che gli annali ricorderanno per la dovizia di particolari, per il
pathos del momento, per l’originalità della scena.
Invece, devo semplicemente dirvi questo: sono
Greta Scacchi e sto per morire. Non che la mia sia una tragica vita o
quant’altro, temo che ci sia persino del comico in quello che potrei
raccontarvi, o forse semplicemente della pazzia. Ma tendo ad allontanare l’idea
di pazzia perché poi mia madre, munita di mestolo, mi porterebbe in un
manicomio — e credo che stia cercando di farlo più o meno
da quando a cinque anni le ho buttato il set di coltelli nel water.
Sono una ragazza totalmente anonima. La gente
di me nota i capelli e solo perché sono rossi, così rossi che Ron Weasley mi fa
un baffo: è ingiusto che non mi abbiano scelto per interpretare Ginny, anche se
devo ammettere che forse poi avrei depistato tutti per scappare con Draco
Malfoy.
La seconda cosa che si nota di me, e questo mi
fa un poco arrabbiare,sono i miei
baffetti. Insomma sì, me li strappo settimanalmente, ma questo non vuol dire
che siano in lenta ricrescita. Solo che rispetto alle mie compagne di classe
non li strappo ogni giorno con una pinzetta, ma aspetto il momento in cui
strappandomeli sia sicura che non rimarranno residui. Ossia quando hanno
raggiunto una lunghezza tale che nemmeno quelli sulle gambe durante gli inverni
freddi, per proteggermi dal gelo di Milano.
Terzo e ultimo motivo, ma non per questo meno
importante, anzi, è mio fratello. Ivan. Un decerebrato mammifero di
ottanta chilogrammi che ha deciso di soffocarmi in questa mattinata, quella che
segna l’inizio della seconda settimana della mia quinta superiore.
È entrato a passo di musica brasiliana muovendo
il bacino — sospetto che lui e mamma il venerdì sera
seguano un corso di Latino Americano, ma dimentico sempre di indagare — e rigorosamente in mutande. Pare che lui nel suo
cervello abbia una sola regola: mostrare il proprio corpo perfetto a tutti,
persino alla povera sorella, che sarei io. Avrei di certo preferito un gatto,
ma mamma e papà prima di me hanno scelto un altro essere umano, e mi domanderò
sempre perché. Insomma sì, è bello, e questo il motivo per cui la gente mi
nota: quelle rare volte in cui si presenta fuori da scuola, persino la ragazza
più improbabile mi rivolge la parola, al che io mi premuro di scappare in un
altro continente.
So come finiscono queste cose.
Ivan punta, Ivan cattura, Ivan libera, Greta
deve sorbirsi l’ennesima fidanzata scaricata in cerca di una motivazione.
Ebbene, se Ivan è un allenatore di Pokemon, di
certo io non sono la loro psicologa. Ho sempre preferito i Digimon.
«Hulk, papà dice cinque minuti e solo cinque
vedrai»,
canta saltando a ritmo di una musica solo nella sua testa, deformandomi la
schiena. So già che qualche vertebra abbandonerà per sempre le righe, fuggendo
nell’intestino. Lo so, Ivan una volta mi ha persino rotto il piede, ma non
voglio parlarne. Mi sono sfogata facendogli cadere il gesso sull’alluce.
«E AD UNA SBERLA TU NON SFUGGIRAI!»
Lo so che è infantile, ma non so come, riesco a
buttare il suo regal sedere sul pavimento e Ivan mi guarda con un sorriso
sghembo.
«Il tuo culo da balena pesa più di me, ora?»
Beh, perché non provarlo?
Mentre mia madre brandisce il mestolo ai piedi
delle scale e mi urla dolcemente di muovere le chiappe, le suddette stanno
sopra la faccia di Ivan, mentre lui cerca di morderle.
Un raro esempio di unione famigliare, il
nostro, e quando mi alzo per scappare in bagno lui si mette in ginocchio.
«Sei bellissimaaaaa!»
roteo gli occhi, mentre il freddo del pavimento mi gela i piedi nudi, e forse
dovrei prendere in seria considerazione l’idea di dormire con i calzini d’ora
in avanti.
Ivan continua, ignorando i miei brividi: «Accecato
d‘amore mi stavo a mastur» ma mamma blocca la sua creatività sul nascere,
urlando una minaccia che nemmeno lui sembra gradire.
Ad uno sguardo, corriamo verso il bagno e il
mio sedere riesce a farlo sbattere contro lo stipite.
Afferro spazzolino e spazzola, cercando di
lavarmi i denti e pettinare i capelli, con la seria intenzione di non invertire
le cose come il venerdì precedente.
Ivan entra in bagno e io mi sto chiedendo
perché la mia pelle sia così pallida. Lui ha un fisico mozzafiato — non il mio —
e noto come si guarda allo specchio, cerca persino nei miei occhi
l’approvazione, ma l’unica cosa che faccio è sputare il dentifricio nel
lavandino.
A buon intenditor poche parole, dicevano, e
Ivan sorride.
«Folgorata?»
«Magari, così non dovrei più guardarti!»
«Tu mi ferisci».
«Spero mortalmente», e me ne vado sculettando,
sentendolo ridere. Cosa che non concepisco visto che io ero totalmente seria.
Nelle fan fiction l’incesto può essere una cosa
interessante e assolutamente erotica, soprattutto se si parla di gemelli, ma
nel mondo reale l’idea della lingua di Ivan ficcata nella mia gola mi disgusta
in un tal modo che penso sia la causa per cui i miei adorati pantaloncini non
si chiudono.
Stringo le natiche, sollevo il sedere e ritiro
la pancia: una tartaruga sarebbe fiera di me.
L’asola ed il bottone concupiscono in quel
momento, roba che una lezione di anatomia potrebbe ruotare attorno a questa
magistrale metafora, quando il clacson suona e io ribalto completamente dal
materasso.
Prendo le prime scarpe che trovo — orrore, noto poi! —
e infilo una maglietta di un giallo senape che farà rizzare i capelli di Bianca
quando la vedrà.
Rischio di uccidermi, credo che l’oroscopo
abbia cercato di avvisarmi, ma la sera quando lo danno io mi sto strafogando e
tiro i calci a Ivan, e saltando gli ultimi cinque gradini atterro contro lo
spigolo del tavolo in corridoio, impreco, mamma mi colpisce con il mestole e io
afferro una sacca a terra.
«Ciaomammaoggitornotardinononhoverificheciao!»
Papà mi guarda entrare in macchina con i
capelli arruffati e le guance rosse, mentre il sedile di pelle mi brucia le
cosce nude. Pessima idea quella dei pantaloncini, avrei dovuto saperlo,
maledizione a tutti.
«Siamo in ritardo», fa notare con aria
distaccata, con il solito arricciamento del naso.
È un professore di Diritto e Economia, quindi
per me una persone del tutto detestabile. Tendo completamente ad evitarlo su
qualsiasi contesto scolastico, dai bagni alla palestra.
Imitai il suo arricciamento.
«Hai una rientranza sul paraurti».
Ora le sue sopracciglia sono così in alto che
probabilmente chiunque le avrebbe potute considerare come un’attaccatura
particolare ai capelli.
«La legge è dalla mia parte»,
dice ingranando la marcia, mentre mi accomodo.
Non c’è musica, papà parla del telegiornale e
io penso che quello sarà un lungo ed estenuante anno scolastico.
L’ultimo.
*
In pratica la mattina al cancello di entrata ci
sono essenzialmente due schiere di studenti: i pomiciatori incalliti, di cui
fanno parte Leonardo e la sua ragazza, opportunamente appiccicati ad un muro
sudicio che potrebbe contagiarli di una qualche malattia di cui no, non voglio
sapere nulla, e dall’altra i deficienti, che non si sa come riescono ad essere
arzilli persino alle otto del mattino e con la faccia già pronta ad essere
riempita di sberle.
Inciampo quasi in una lattina per salutare
Giulia, una mia compagna e quindi, imprecando, le mollo un calcio. Alla
lattina, non a Giulia, e colpisco in pieno lo stinco di Cristian.
Ecco. Lui fa parte della massa di deficienti, e
mentre interrompe il suo ballo della scimmia, si volta con un sorriso
smagliante a guardarmi.
Dio, che ansia.
«Scacco matto, Scacchi»,
allude ammiccante, venendomi incontro con già indosso i pantaloncini per
Educazione Fisica.
Ha i riccioli scompigliati ed il naso rosso,
metà delle ragazzine lì attorno lo guardano ridacchiando, e io mi chiedo perché
certa gente non esista solo nelle fan fiction. Andiamo, è Cristian! Quello che
è riuscito a consegnare in bianco un tema di Italiano perché “è contro la mia
etica morale parlare della fame del mondo”. Per forza, la sua etica morale
spaziava dalle proprie mutande a quelle delle ragazze. Probabilmente nella
nostra classe aveva sfilato più mutandine lui di Chuck Bass.
«Le pensi di notte queste battute?»
Il suo sorriso si amplifica, ho bisogno di un
paio di occhiali da sole, non lo sopporto. Forse con un pugno potrei rompergli
qualche dente e spezzare la sua fama. Non che lo odi, per carità, siamo in
classe insieme dal primo anno dell’asilo, ma pare quasi che questo lo porti a
prendere una certa confidenza non richiesta con me. E il mio sedere.
«Ogni tanto ti penso la notte, sì, se sai cosa
intendo».
Ammicca di nuovo e io, se fossi una ragazza
degna del ruolo di ‘protagonista’, dovrei arrossire e fingermi indignata.
Davvero, dovrei, ma sto ridendo.
«Imbecille».
«Anche io sono pazzo di te, baby».
E scappo, prima che possa anche solo pensare di
toccarmi il sedere nuovamente: una volta nella vita basta e avanza.
La palestra è deserta. Okay, effettivamente è
così piccola che solamente un’aula può fare lezione lì dentro, quindi è
praticamente impossibile non notare una cascata di capelli biondi, una
gonnellina a fiori e le gambe più bianche che chiunque possa avere.
«Prì?»
Lei mi fa cenno di tacere con la mano, senza
nemmeno guardarmi. Inarco un sopracciglio, curiosa, e mi allungo sopra la sua
spalla per vedere Simone e Matteo parlare animatamente nell’atrio della
palestra.
Singhiozzo. «Non slashare».
«Sta zitta, filo-het traditrice!»
C’è da dire una cosa su di lei: è la mia
migliore amica, ma è fuori come un balcone. La prima volta che sono entrata in
camera sua mi ha fatto capire che per lei, al mondo, non esiste altro che lo
slash — o yaoi, che dir si voglia. Credo di non aver
mai visto tanti poster come nella sua stanza, né tante fan fiction sulla sua
pagina EFP con avvertimenti ‘slash e yaoi’.
Il punto è che sarebbe persino una persona
normale se non fosse che è un tantino fissata: credo che nella sua agenda
personale abbia stilato una serie di coppie sui nostri compagni di classe,
completamente slash, e che ora una delle sue coppie preferite si stia
realizzando sotto i nostri stessi occhi.
«Simone gli ha sfiorato un braccio, non pensi
che sia ora di smetterla di nascondere la sua omosessualità?»
domanda seccata come non mai, arricciando il naso. La sua frase suona molto
come ‘Io ti ho mai rotto le scatole quando Soul e Maka si sono presi per mano?
No’.
Lei sta cercando di corrompermi per passare
definitivamente al lato oscuro della fede. Non che ci riesca, credo ancora che
i personaggi maschili di qualsiasi shounen abbiano bisogno di una patata in cui
sfogare la propria frustrazione, ma Priscilla non è né sarà mai d’accordo con
me.
«Noi nasconderemmo la sua omosessualità? Semmai
è lui, visto che si è mangiato più patate di Rocco!»
dico indignata, visto che l’anno prima lui e Cristian avevano scommesso su chi
della loro classe sarebbe riuscito a portarsi a letto più ragazze, Simone aveva
vinto su tutta la linea, senza nemmeno scompigliarsi i capelli.
«E ovviamente ha capito che la carota è più
salutare», ribatte Priscilla serafica, gettando un’occhiata ai
due.
Simone stava sfiorando nuovamente il braccio di
Matteo, ma a dire la verità pareva che lo stesse quasi minacciando. Forse
Matteo gli aveva rubato la ragazza?
Mentre Priscilla squittisce con un topo, la
prima campanella suona, e io tiro un sospiro di sollievo.
«Baciatevi, baciatevi, baciateviiii!»
«Andiamo, cretina».
«Non puoi farmi questo!»
«Tu hai rovinato la scena madre»,
dice Priscilla imbufalita nei suoi calzoncini lilla e magliettina bianca. È
così carina che Cristian le passa accanto senza staccarle gli occhi di dosso,
facendo roteare i miei.
Lo colpisco alla faccia con la palla, e lui mi
guarda comunque con un sorriso. È un idiota, non c’è nulla da fare, un completo
pezzo di idiota!
«Non essere gelosa, Greta, sai che il mio cuore
e il mio pene sono tutti per te!»
«Dio ce ne scampi!» Gemo disgustata, mentre una
mano si appoggia sulla mia testa.
Gianluca mi sorride comprensivo, e io sbatto le
palpebre perplessa.
Questo sarebbe il momento che tutti stanno
aspettando.
Batticuore. Avevo bisogno del batticuore. Dove
diavolo era il batticuore? E le gambe molli? E il respiro pesante? E i peli che
si rizzavano? E gli ormoni sballati?!
Dove diavolo era tutto il mio repertorio da
ragazza innamorata? Mi sarebbero bastati anche gli occhi a cuoricino.
«Sai che non si molesta una ragazza?»
Non arrossisco nemmeno in questo caso,
maledizione.
«Greta è la mia fidanzata dall‘asilo!»
«Per carità, sarei la ragazza più cornuta della
storia!»
Gianluca ride e fingo che la pancia si sia
arrotolata per il suo sorriso, più che per la fame, mentre Cristian mette il
broncio.
«Sono solo deviazioni di percorso, mentre cerco
la ritta via per le tue mutande».
«Ciò che ho in mezzo alle gambe deve stare
lontano da qualsiasi cosa tu abbia di ritto, maniaco».
E mentre anche Priscilla ride, consigliando a
Cristian di parlarne con Simone di queste sue fissazioni sessuali, Gianluca mi
picchietta sulla spalla.
«La tua amica Bianca mi ha chiesto di riferirti
che il tuo culo in calzoncini è la fine del mondo, darling»cinguetta sul finale e io
assottiglio gli occhi, mollandogli un pugno.
Lo vedo ridere di nuovo e probabilmente
dovrebbero davvero tremarmi le gambe, ma qualcun altro mi afferra per il collo
e mi tira con sé, mentre Gianluca si gira e riceve direttamente in faccia una
palla lanciata da Cristian, ma non ho il tempo di vederlo imprecare perché
Priscilla mi guarda con gli occhi assottigliati.
E io conosco bene questo sguardo, lo fa sempre
quando faccio una cosa imperdonabile, come nascondere i biscotti mentre
riguardiamo Titanic.
«Qualsiasi altra persona non l‘avrebbe notato,
ma io sì», sibila e io deglutisco in modo tanto rumoroso che
Jennifer alza lo sguardo curiosa, per poi riportarlo alla schiena di Simone,
che sta mostrando un graffio — non voglio sapere dovuto a
cosa — a Marco.
«Gianluca e Cristian non sono gay»,
dico prima di rendermene conto e Priscilla sbatte i grandi occhioni azzurri.
Oh, probabilmente una protagonista sana e
fedele a tal ruolo dovrebbe fare un gesto simile, di tanto in tanto, in modo da
sciogliere i cuori di ogni uomo.
O forse no, in fondo non tutte sono Priscilla.
«Sai di cosa parlo e certo che non sono gay,
probabilmente sono gli unici nella nostra classe ad aver avuto un orgasmo con
una ragazza!» Squittisce indignata, lanciando una languida occhiata
a Cristian e, subito dopo, a Gianluca.
«Li stai mangiando con gli occhi».
Priscilla sbatte di nuovo le ciglia. «Ti
mostro quello che dovresti fare, visto che mi pare chiaro che tu sia
interessata a fare qualcosa con il nostro manzo».
«Simone?»
«Gianluca».
«COME CAZZO LO SAI?»
Io non sono una persona volgare. Cioè, qualche
volta, ma tendenzialmente impreco solamente quando la gente non mi può sentire.
O se lo sono, è esclusivamente con Bianca, ma perché lei è dall’imprecazione
contagiosa. C’è chi ha la risata, lei ha le bestemmie: ad ognuno la sua.
Comunque Priscilla mi fa paura. Mi aveva fatto
paura quando per caso aveva scoperto il finale della mia fan fiction, ma ora si
tratta di aver fatto gli occhi da triglia a qualcuno, senza che me ne sia
accorta. E lei invece sì.
«No, non hai fatto gli occhi da triglia».
«Stra cazzo, leggi nel pensiero?»
Priscilla rotea gli occhi, sono di un azzurro
così scuro e particolare che lo trovo ingiusto. I miei sono di un azzurro
comune, forse un po’ spento,e dire che
le rosse una volta erano considerate delle rare bellezze.
«No, ma siamo amiche da praticamente una vita e
so che hai in mente qualcosa», spiega pacatamente, incurvando le labbra in
un sorriso, «e riguarda il nostro manzo».
«Il nostro manzo non era Simone?»
«Greta», dice con aria scocciata. Sbatto le ciglia,
forse dovrei allenarmi allo specchio, potrei diventare una femme fatale.
«Ho un blocco dello scrittore e volevo provare a
cercare qualche idea».
«Basandoti sulle ex di Gianluca?»
Non era una brutta idea, ma non sarebbe stata
realistica.
«In realtà pensavo di provarci con lui».
Priscilla sta per dire qualcosa, ma una palla
colpisce me e mi manda distesa a terra, con la maglietta sollevata e le risate
dei miei compagni nelle orecchie.
Non ho bisogno di vedere il colpevole, lo
conosco già.
«DONATIIIIIIIIIIIIIII!»
Sento la risata di Cristian, prima di prendere
la palla e corrergli dietro.
«Spiegami», dice Priscilla sedendosi garbatamene sulle
gambe di Marco, che fa spallucce e continua a mangiare il proprio panino con
nonchalance, dedicando qualche occhiata all’aula piena di pazzi che copiano i
compiti di Economia.
Prima di iniziare, sollevo il mio quaderno e
Cristian l’afferra al volo, mandandomi un bacio volante e facendomi
assottigliare gli occhi.
«Non ho dimenticato la palla»,
assicuro, «me la pagherai».
Lui ammicca, storco il naso e sussurra un «Sei
un tesoro» così sincero che mi tranquillizzo.
Stupido Cristian e stupide moine fasulle.
«E spiegami anche questo»,
dice Priscilla, ma poi, sbattendo le ciglia, nega con il capo. «No,
questo è meglio che te lo spieghi io».
Sospiro. È complicato e Marco tende l’orecchio
curioso, mentre Giulia cammina come veleggiando per la classe, ingiustamente
bellissima.
«Non mi sono presa una cotta per Gianluca»,
chiarisco subito, «ma penso che potrebbe piacermi».
«Oh, tesoro tu…»
«Fammi finire», interrompo Priscilla mentre
Marco non finge più nemmeno il nulla e si volta a guardarmi, cercando di capire
dove porti tutta la storia. «Ho pensato di poter vivere una storia d‘amore
come le protagoniste delle fan fiction, ho stilato una lista di cose da fare e
cercherò di conquistarlo».
Priscilla sbatte le palpebre, Marco inarca le
sopracciglia e io sento il cuore accelerare i battiti. Non per l’emozione, ma
perché so che la mia cosiddetta migliore amica potrebbe uccidermi.
«Fammi capire», esordisce prendendo un
respiro. «Tu vuoi vivere una storia d‘amore con Gianluca perché
così poi potrai riportarla su carta?»
«Word», specifico piccata.
«Potrebbe anche essere la pietra, non è questo
il punto», guarda Marco in cerca d’aiuto, ma lui scrolla le
spalle. «Sei sicura di volerlo?»
Sospiro e sembra che non sappia fare altro,
perché no, non ne sono sicura. Non sono sicura di nulla, ma voglio scrivere
qualcosa di sentito, qualcosa che non possa deludere, qualcosa che faccia sì
che si parli di me. Anche solo per una settimana, non voglio rimanere chiusa
nel mio stupido guscio di autrice mediocre.
«Voglio provarci».
Priscilla annuisce. «Allora
ho un‘altra domanda. Anzi, due».
«Spara».
«Io fossi in te avrei scelto di scrivere di
Simone e Matteo, avrebbero sicuramente riscosso più successo»,
esordisce quasi offesa, mentre Simone poco più in là sta giusto parlando con
un’avvenente biondina che farebbe girare la faccia di qualsiasi uomo.
«Prì».
«E comunque, tu non puoi provarci con Gianluca».
«Perché, ti piace?» domando annoiata, appoggiando
la testa al banco, mentre qualcuno mi chiama e io lo ignoro completamente. Che
si prendano pure i miei compiti, io voglio morire sola nella mia mediocrità.
«Perché non piace a te».
Sbuffo. «Mi piacerà».
Marco, in quel momento, caccia una risatina divertita
e io lo guardo curiosa. È il mio migliore amico da quando avevamo tre anni, si
era addirittura picchiato con Cristian quando alle elementari mi aveva rubato
il mio primo bacio facendomi piangere.
«Non può piacerti uno come Gianluca, Greta»,
dice senza nemmeno preoccuparsi di abbassare la voce, ma nessuno ci guarda.
Sbatto nuovamente la fronte sul banco.
«E perché?»
«Perché lui piace a tutte le altre»,
spiega come se fosse ovvio.
«Appunto, non dovrebbe essere così difficile,
allora».
Priscilla allarga le braccia, mentre Marco
appoggia il mento sul mio banco, a pochi centimetri da me.
No, prima che ve lo domandiate, il mio cuore è
rimasto perfettamente immobile. O meglio, ha un battito del tutto regolare. Non
mi innamorerò del mio migliore amico come il più scadente dei cliché.
«Tu non sei come tutte le altre»,
dice con un sorriso, dandomi un buffetto sulla punta del naso.
Nemmeno questa volta sussulto. Forse è un
problema personale, forse non sono portata per amare qualcuno.
«E questo che vorrebbe dire? Nemmeno le altre
sono uguali tra loro!»
Priscilla ora ridacchia e, prima che la campana
suoni, mi scompiglia i capelli.
Credo di star arrossendo dalla rabbia, ma non è
un bello spettacolo visto il colore dei miei capelli.
«Essendo una scrittrice dovresti capirlo da sola
quello che Marco cerca di dirti», continua pacata. «L‘amore
non si comanda, viene da sé».
Non trovo nulla da ribattere, perché ogni
singola fan fiction non ha mai ignorato quella regola ferrea. È un po’ come ‘l’amore
arriva quando meno te l’aspetti’, il problema è che io non ho tutto questo
tempo.
Voglio provarci, a costo di sembrare una
cretina.
«Un po‘ com’ è successo tra Simone e Matteo»,
continua imperterrita Priscilla, prima di guardarmi. «E
poi a te piace un altro».
Sono io a roteare gli occhi, ora.
«E chi, Marco?»
«Non sarò di certo io a dirtelo».
Odio tutti. Come ficwriter ho il diritto di
possedere sviluppati istinti omicidi. Anche verso le migliori amiche con il
battito di ciglia che fa tremolare le proprie credenze sessuali.
«Senti», esordisce poco dopo, «non
è che io devo trasformarmi nell‘amica rivale, vero? Perché a me non piace
proprio il tuo amore».
«Gianluca?»
Eccolo, solito battito di ciglia. «Sei
dura, allora».
Anche Marco ride.
N/a: sono passata alla prima persona per la
narrazione per puro capriccio personale. In realtà credo che così la
protagonista si capisca di più, anche se i suoi pensieri non sono esattamente
molto coerenti. (L)
Qui sono stati introdotti praticamente i
personaggi principali, eccetto un paio che arriveranno solo nei prossimi
capitoli - se mai ce ne saranno, conoscendomi.
Spero che abbiate apprezzato, grazie a tutti. Vi lascio con Greta. (_ _)
Parliamoci chiaro. Io non sono esattamente
quella che si dice ‘una bellezza’, ma non sono nemmeno questo gran cesso di
donna. Oddio, forse dimentico troppo spesso di depilarmi le gambe e i miei
capelli non sono soffici come quelli di Priscilla, ma ho anche io i miei pregi.
Non ve li elenco solo perché potrei cadere nel banalissimo baratro delle
Mary-Sue, tanto mi sento perfetta, posata, dolce ed educata.
«Col cazzo».
Oh. Beh. Sì, questa in realtà è la mia voce, ma
è solamente un disguido tecnico, di certo non mi defilo dagli elogi che io
stessa ho elargito con totale sincerità nei miei confronti.
«Piuttosto che sciogliermi i capelli mi faccio
mettere la carota di Priscilla nel culo».
Okay, forse non sono proprio la dimostrazione
fisica di ‘posata, dolce ed educata’, ma credete che non abbia ragione ad
essere così volgare? Poi a me capita raramente, eh.
«Non dire ‘mia carota’, dopo sembra che ho il
pisello al posto della patata», cinguetta con aria allegra la donna più
detestabile del mondo, mentre di fronte a noi Bianca ci getta occhiate di puro
rammarico.
Bianca. Chi è Bianca? Vorrei davvero dirvi
‘nessuno’, ma la storia mi obbliga a parlarne come una delle mie migliori
amiche, ex vicina di casa, disturbatrice della quiete pubblica, maniaca
sessuale e, orgogliosamente per lei, la donna con più tette che io conosca in
questo mondo.
«Tesoro», dice Bianca sbattendo le ciglia proprio come
la classica protagonista, «mi hai raccontato che vuoi trombarti quel manzo
di Gian», sospira estasiata, «e come minimo ti ci vorrebbero
sedici ore di shopping e altrettante in un centro estetico, ma tu»,
mi punta un’unghia affilata al centro del petto, «hai la fortuna di avere moi
come amica».
Ora no, non pensate che lei se la tiri e basta.
O meglio sì, se la tira e basta, ed è fuori come un balcone - Priscilla però ha
sicuramente un disturbo mentale più grave - però i suoi consigli, solitamente,
sono sempre azzeccati. Non ho mai capito perché, di preciso, ma credo che
talvolta abbia minacciato anche qualcuno - in buona fede, dice lei.
«Insomma», continua passando in rassegna i vestiti nel
mio armadio, «hai tante cose carine qui, vuol dire che un po’ di
testa ce l‘hai».
Priscilla apre la bocca prima che le possa
ficcare la sua adorata carota su per il deretano, orizzontalmente parlando. «Sono
tutti vestiti che le ha comprato sua madre, quel vestito a fiori non è un
amore? Persino Simone che è gay potrebbe sentire l’ormone sballato!»
Io non ho più la forza di commentarla, davvero.
«Simone è gay? Non lo sapevo»,
dice Bianca con i grandi occhi azzurri sgranati, mentre Ivan passa mezzo nudo
di fronte alla mia porta.
Gli lancio un cuscino, ma lui lo schiva
ammiccando. Come si può ammiccare mentre muove il bacino in quel modo? A me
minimo partirebbe un’anca, seguita a dovere dalle chiappe.
«Ciao bellezze», saluta come se fosse Johnny
Depp in persona, che dio ce ne scampi!, «cosa vi porta nella mia umile dimora? Se volete
del sano sesso a tre vi aspetto di là tra cinque minuti, tempo di cospargermi
di olio per farvi scivolare sul mio corpo».
Ha enfatizzato la parola ‘corpo’ allungando le
erre di circa dieci minuti; credo volesse imitare un leone, a me è sembrato più
una mosca e vorrei renderlo partecipe di questo pensiero, ma Priscilla mi
interrompe sbattendo le ciglia.
«Ivan», cinguetta e la cosa non mi piace, «tu
sai riconoscere gli omosessuali?»
Ivan pare veramente incuriosito, perché entra
ancheggiando e rigorosamente con addosso solo i pantaloncini da basket,
sedendosi poi sul mio culo come se fosse un trono.
Saltello su me stessa, mentre Bianca si mangia
con gli occhi i suoi addominali: odio mio fratello.
«Certo che sì», risponde sventolando la
mano, «il ragazzo che ti piace potrebbe esserlo?»
Non riesco a guardarlo ma Priscilla è
arrossita, quindi deduco che abbia usato lo sguardo che lui definisce ‘sexy’,
mentre a me sembra solamente idiota. Eravamo insieme quando ha imparato ad
usarlo, Cosmopolitan consigliava di fissare la preda con la bocca leggermente
aperta, per poi passarsi la lingua sulle labbra in maniera sensuale.
Quando ci ho provato io, Ivan ha riso e
guardandomi allo specchio ho capito che le facce da pesce erano off-limits, ma
pare che per lui quell’espressione sia una chiave sicura per la porta della
patata di molte Cristiane non praticanti, che non aspirano all’abito bianco il
giorno del loro matrimonio - spero con tutto il cuore che nessuna di loro abbia
pensato ad Ivan come eventuale sposo, mi si spezzerebbe quasi il mio
(romantico) cuore.
«Priscilla pensa che Simone sia gay»,
gli dico dando uno scatto secco con il bacino, e lui ruzzola giù dal letto come
un sacco di patate. Giusto per rimanere in tema.
«Simone Vitali?» Domanda guardandomi male, ma
io gli colpisco vivacemente (?) il collo con il piede, che però lui afferra con
noia. «Quello ha spogliato più mutande di me».
«Il che è tutto dire»,
borbotto e Ivan pare prenderlo come un complimento.
Priscilla, comunque, non è soddisfatta. «Non
nego che si sia trombato anche la maniglia della porta, ma io sto dicendo
questo: e se le mutande in realtà fossero boxer?»
Bianca, intanto, si è seduta al mio fianco e
osserva i miei capelli come se dei pidocchi ci stessero ballando la Samba. Mi
tocco la testa di riflesso, pensando che non ci sia nulla di male a non volere
sciogliere la coda per nessuna ragione al mondo. Ho avuto il classicismo trauma
infantile: Cristian in seconda elementare me li ha afferrati - tutti, intendo,
non qualche ciocca - e, decidendo che erano fin troppo lunghi e fastidiosi, li
ha ficcati nel barattolo della colla vinilica. Io poi l’ho preso a pugni e gli
ho versato la tempera verde sui suoi ricci: Teddy Lupin gli avrebbe fatto un
baffo.
«Uuuuh, perché non indaghiamo?»
Esclama Ivan esaltato, e io mi domando come Priscilla non dia a lui del gay. Se
non trovassi personalmente perizomi che non appartengono né a me né a mia madre,
o non mi arrivassero messaggi strazianti di ragazze sconosciute che mi pregano
di vederle (che c’entro io, poi?), lui sarebbe adattissimo come protagonista di
una slash. Magari al fianco di Orlando Bloom - Legolas e i suoi capelli mi
hanno lasciato quest’idea su di lui, nonostante Miranda Kerr minerebbe persino
il mio istinto sessuale.
«Vedo che almeno uno Scacchi ha il cervello
montato giusto», Priscilla ha gli occhi azzurri che brillano di
malvagità.
«E non solo quello, tesoro».
Lo spingo fuori dalla porta prima che decida di
fare sesso con Priscilla solo con lo sguardo, esortandolo a ficcarsi il suo
sguardo da triglia su per il deretano e augurandogli una caduta dalle scale che
comprometta le sue prossime prestazioni sessuali.
Mi giro a guardare Bianca, che piega le labbra
affabilmente.
«Tu la placchi, al resto penso io».
«Che cazzo dovreste fare, voi?»
Un’altra cosa che dovreste sapere di me, visto
che siamo destinati a passare del lungo ed estenuante tempo insieme, è che
adoro il color giallo senape. Ho calze, maglioni e persino un paio di scarpe di
questo colore, ed ora Bianca le sta sollevando con l’aria più disgustata del
mondo.
«Le hai comprate per una scommessa»,
non è nemmeno una domanda la sua e quando nego con il capo mi tira addosso la salvietta
che ha tra le mani.
Mi hanno costretto a sciogliere la coda di
cavallo, mi hanno piegata in ginocchio con i capelli nella vasca, mi hanno
bruciato la testa con il phon, mi hanno pettinata massacrandomi di dolore a
causa dei nodi, mi hanno denudata e ora, mentre me ne sto al centro della mia
camera in mutande e i peli delle braccia ritti come dei soldatini sull’attenti,
sento pure criticare le mie bellissime scarpe.
«Sei una persona ignobile!»
Esclamo seriamente offesa, mentre Priscilla strappa la mia carne. O meglio,
strappa i peli dalla coscia destra, maio mi chiedo perché un’operazione del genere debba farla in piedi.
«No, sono gnocca», proclama fieramente, «e
voglio che lo sia anche tu, insomma, con quei due occhioni potresti uccidere persino
quel manzo di Carlo».
L’innominabile nominato così, questa donna non
rispetta i patti. Vorreste che vi dicessi che mi ha spezzato il cuore l’anno
scorso? E che per causa sua sono diventata la persona cinica, antipatica e poco
propensa al look che sono ora? Beh, no. Non mi ha mai spezzato il cuore, ma io
ho spezzato un panino sopra la sua testa quando ha mollato Priscilla. Avrei
preferito una sedia, ma Marco me l’ha impedito: quel ragazzo è troppo buono,
davvero.
«Sei la donna meno donna che conosco!»
Strillo, e Priscilla strappa di nuovo. Che cazzo, quanti diavolo di peli ho
addosso? Non sono mica un orso!
«Dillo alle mie tette, cocca!»
«Io alle tue diavolo di tette chiedo perché mi
state facendo questo affronto! Avete dimenticato tutto quello che abbiamo passato
insieme? E quanto ho subito le vostre lacrime, che fosse per un’unghia spezzata
o per una slash incompleta?!» Strillo, melodrammatica, mentre Priscilla
borbotta qualcosa simile a ‘Non farmi pensare a cose tristi’.
Bianca, invece, ghigna. «Cielo,
nemmeno Leonida faceva discorsi simile! Che sogno hai, quello di candidarti in
politica e sfondare, ciccina?»
Boccheggio, distrutta e vinta, mentre Bianca mi
afferra e mi porta nella mia cabina armadio. Non che sia Paris Hilton -
altrimenti ora me ne starei su un trono rosa a scegliermi la mia Best Friend
Forever invece che con le chiappe all’aria - e mi butta addosso due gonne, tre
pantaloncini e delle magliette che non sapevo nemmeno di possedere. E, dulcis
in fundo, un paio di ballerine.
«Mi prendi per il culo»,
dico sollevando le scarpe e mettendogliele sotto il naso.
«Vuoi che ti scelga anche la biancheria per la
settimana? Se tu seguissi i miei consigli, domani sera saresti nel letto di
Gianmanzo a urlare come una coniglia!»
«Oh, mangeresti la sua carota volentieri!»
Squittisce Priscilla battendo le mani.
Ne ho piene le scatole di questi ortaggi.
«Tu non eri dell’idea che stessi facendo una
cazzata?» Domando proprio alla ortaggi maniaca, posando tutti i
vestiti sul letto stropicciato e nascondendo le ballerine dietro il comodino:
non voglio vederle fino a domani.
Priscilla sbatte gli occhioni blu, piegando le
labbra in un sorriso. «Poi ho riflettuto».
«Quando tu rifletti e cambi idea c’è dello slash
in mezzo», dico mentre Bianca mi pettina nuovamente i capelli e
io inizio a sudare. Siamo alla fine di settembre, ma il caldo che entra dalla
finestra fa appiccicare i capelli alla schiena, ecco un altro buon motivo per
tenerli rigorosamente legati.
«Gianluca è amico di Simone»,
esordisce ammiccando e a me viene già da piangere.
«Non ho intenzione di scrivere una slash su
Gianluca e Simone!»
«…e quindi, immagino che escano spesso insieme».
«Non mi hai sentita?»
Bianca mi ha lanciato un cuscino in faccia,
prendendomi con la zip sul naso. Che male, maledizione!
«Voglio uscire con loro, pedinare Simone e
scoprire di che genere sono le mutande che sfila!»
Bianca, guardandola, annuisce. «Comunque
la Maria Maddalena qua ha ragione», dice indicandomi, «tu
non è che stai tanto a posto con il cervello».
Priscilla si allunga un boccolo biondo con
nonchalance, lanciando un’occhiata alla porta chiusa della mia stanza. Conosco
quello sguardo, so già a cosa sta pensando.
«Non ti do’ il numero di mio fratello, finireste
per scopare da qualche parte come due conigli!»
«Vedi?» Dice lei, sollevando il mento, «alla
fine anche tu torni sempre alle carote».
«E chi non tornerebbe alle carote, scusate?»
Domanda Bianca con occhi sgranati, mentre il suo cellulare vibra e ci annuncia
candidamente che «Io vado, il mio bellissimo trombamico ha casa libera»,
poi guardando me, «se domani non hai i capelli sciolti Gianluca me lo
scopo io».
*
Quando papà mi molla di fronte al cancello, io
voglio nascondermi. Va bene persino dietro un cassonetto, o un cespuglio, o
dentro la macchina del Professore di Matematica, che probabilmente lava ogni
morte di papa e, contando la conosciuta fama di ‘amante delle prostitute’, la
cosa non sarebbe effettivamente sana.
I miei capelli sono rossi, questo dovrebbe spiegarvi
in modo semplice e conciso il principale problema che attanaglia i polmoni in
questo momento, rendendo la respirazione un processo difficile che non sta
riuscendo pienamente. Forse divento anche cianotica, tanto sono agitata.
I miei capelli sono lunghi, arrivano più o meno
a metà schiena, e il caldo li fa appiccicare alla mia pelle bianca. Sono due
colori contrastanti, ma il rosso risalta maggiormente a causa del mio lato
‘mozzarella primavera, estate, autunno e inverno’.
Nessuno qui - e non esagero - eccetto una sola
persona mi ha mai visto con i suddetti capelli sciolti. Che fossero trecce da
bambina, code di cavallo, cucù arrangiati alla bell’e meglio, cipollotti o
quant’altro, io questi capelli non li ho mai lasciati liberi. Nemmeno alle
cerimonie, lì avevo addirittura dei motivi validi per acconciarli.
Mi infastidiscono come potrebbero infastidire
le zanzare, volano ovunque per i semplici soffi di vento, mi si parano di
fronte agli occhi offuscandomi la vista, tant’è che rischio di sbattere contro
Giorgio Colombi, della classe accanto alla mia, l’ex di Bianca. Lui mi scruta
pensieroso, mentre qualcuno dietro di me tira una ciocca e mi fa voltare il
viso.
Priscilla, con un sorriso smagliante, mi
ammicca. «Fossi un uomo ti papperei»,
poi pare ripensarci, «nah, fossi un uomo papperei carote, ma tu mi
faresti dubitare della mia omosessualità».
Respiro in maniera pesante e discontinua, tanto
che si china verso di me e punta i suoi occhi azzurri nei miei.
«Stai morendo?»
«Credo sia il caldo, o forse i capelli che non
stanno a posto, o forse è la maglietta che lascia scoperto troppo, o le
ballerine che mi uccidono i piedi, o…»
E, con uno scatto, volto lo sguardo verso un
punto imprecisato al mio fianco, da dove proviene un senso di calore che non
giova assolutamente alla mia situazione.
«O?» Chiede Priscilla, seguendo i miei occhi con i
suoi, per poi sorridere soddisfatta. «O i nostri compagni di classe che ti mangiano
con gli occhi!»
«A me pare più che abbiano visto un alieno»,
borbotto imbarazzata, mentre Marco si avvicina a noi saltellando sulle punte
dei piedi.
Mi butto tra le sue braccia, notando che i
capelli sono effettivamente utili per nascondere la mia faccia.
«Cavolo Greta», mi prende le guance tra le
sue mani grandi, sollevandomi il viso, «sei così bella che mi sento quasi in colpa a
non essermene accorto prima!»
Io sospiro, perché so che voi ve lo state
aspettando, lo so, vi conosco. Al posto vostro, probabilmente, sarei nella
medesima situazione ma no, nessun batticuore. Forse sono un poco felice, ma lo
sarei persino se me lo dicesse Simone, che non è proprio uno con cui vado d’accordo.
«Se io sono bella Priscilla dovrebbe essere Miss
Italia», Marco le lancia un’occhiata di sbieco ammiccando. La
sento ridacchiare per il suo sguardo. Da un secolo penso che sarebbero una
coppia perfetta, ma entrambi si considerano semplicemente amici. Eppure sono
così belli e simpatici. Forse Marco non ha passione per lo slash, e Priscilla
non si sente a suo agio con lui per questo?
«I tuoi capelli riflettono il tuo carattere».
«Cioè sembro un Pokemon di tipo fuoco?»
Marco sbatte le palpebre, mentre Priscilla dice
che persino Gary aveva qualcosa di yaoi nei modi di fare, nonostante le ragazze
ponpon che gli giravano attorno.
Sospiro, prima di sollevare gli occhi verso
Marco. «Mi sento una cretina!»
«Laggiù invece piovono complimenti»,
mi avvisa con un sorriso cospiratore, mentre volto lo sguardo verso Crisitan,
Simone e Gianluca. Cacchio, adesso sto anche arrossendo e la cosa è
paragonabile semplicemente ad un pugno in un occhio: sono rossa in faccia e
rossa di capelli. Terribile.
«Probabilmente da lontano non mi hanno
riconosciuta».
«Ti assicuro che Simone e Cristian
riconoscerebbero il sedere», che carino, non usa la parola ‘culo’, «di
qualsiasi ragazza».
Alzo di nuovo gli occhi, poi guardo Priscilla.
«Sentito? Simone guarda il culo alle ragazze!»
Lei arriccia le labbra, stizzita. «Solo
quando accanto a loro ne hanno uno maschile, te l’assicuro!»
Cristian mi sta osservando e questo è l’unico
pensiero di senso compiuto che posso fare, mentre è seduto di fronte al mio
banco, con la testa inclinata e lo sguardo perplesso.
Allunga mano verso i miei capelli, facendoci
passare le dita incerto.
«Uh, sono freddi», dice e io credo sinceramente
che sia regredito. Deve aver picchiato la testa da piccolo o qualcosa di
simile.
«Davvero? Non lo sapevo»,
sono un po’ brusca ed irritata, ma lui sorride e lascia cadere la mano a pochi
centimetri dalla mia sul banco. Sento caldo, nonostante la finestra sia aperta.
«Cosa vuoi, comunque?»
«L’ultima volta che ti ho vista con i capelli
sciolti avevi otto anni», strizza gli occhi come sforzandosi di pensare
a qualcosa, «e credo di averli usati come pennello».
Chiudo di scatto il libro di matematica, per
poi darglielo dritto sulla testa: Maka Albarn sarebbe fiera di me per questo
Greta-chop, ne sono più che certa.
Cristian mugugna di dolore, muovendosi, facendo
così toccare le nostra ginocchia sotto il banco e, inavvertitamente, sussulto.
Proprio così, sussulto come se fossero le sue
ginocchia a scottare e non i miei capelli. Bizzarro, qualcosa nella colazione
di stamattina mi deve aver fatto male, o forse è solamente la deficienza
congenita di Bianca.
«Sei qui per dirmi la frase ‘rossa di capelli
golosa di…’», ma lui mi blocca sollevando una mano, allungandola
nuovamente verso una ciocca che cade di fronte al mio viso.
L’afferra, scostandomela, mentre sorride
malizioso. «Sarebbe un invito?»
«Per andartene a fanculo».
«Volevo solo dirti che sei carina»,
annuncia divertito e alzandosi. Forse è un po’ a disagio, noto la punta delle
orecchie rosse e mi viene improvvisamente da sorridere, ma trattengo le labbra
mordicchiandomele. Non cedere mai di fronte al nemico.
«Se non te li avessi infilati nella colla
probabilmente saresti cresciuta come una persona normale e ora non saresti
frigida», continua prendendomi in giro senza ritegno mentre io
spalanco la bocca indignata. «Però stai tranquilla, sai che tu sei la regina
della mia scacchiera!»
«TE LA SBATTO IN TESTA LA SCACCHIERA, MALATO
MENTALE!»
Non so, comunque, oggi dev’essere la giornata
mondiale del ‘tocca i capelli a Greta Scacchi’, manco fossi la promoter della
Pantene.
Quando mi volto, la mia ciocca di capelli è tra
le mani di Gianluca, ma nessun sussulto mi fa battere il cuore più veloce,
nonostante senta le gote scaldarsi.
Mi guarda negli occhi, è così dannatamente
carino che Bianca ha ragione: chiunque vorrebbe rotolarsi con lui fino al
mattino, fino a rimanerne straziata.
«Avresti dovuto scioglierli tempo fa»,
dice semplicemente prima di sorpassarmi ed ammiccare, mentre una stretta mi
attorciglia lo stomaco.
Cazzo.
«Perché?» Domando seguendolo, ma quando lui fa per
aprire bocca la professoressa Giacomini entra in classe e, in una muta
minaccia, intima a tutti di sedersi, stare zitti ed iniziare a prendere
appunti.
Volo a testa bassa al mio posto, mentre
Gianluca mi guarda poco più in là e Cristian mi rivolge una smorfia.
Il cuore sussulta, mentre lo stomaco è ancora
stretto in una morsa: cazzo.
Priscilla pare intuire i miei pensieri, ma non
può dirmi nulla perché la lezione di inglese inizia e lei non è un portento in
questa materia, quindi deve cercare di entrare nelle grazie della prof. come
meglio riesce.
Non siamo mai stata una classe ricca di
sentimentalismi, amicizie sincere o particolarmente unita, ma nessuno si odia.
Cerchiamo tutti di aiutarci come possiamo, quando riusciamo, ma tutto questo
essere al centro dell’attenzione mi mette ansia. So che non durerà che un paio
di giorni, ma io non amo che la mia vita sia guardata in questo modo, mi sento
nuda, con troppe cose da nascondere.
Odio il fatto di avere dei capelli così rossi
da mettermi in risalto rispetto al biondo di Priscilla, odio la mia pelle
bianca e odio tutti quelli che pensano il contrario.
Guardo Gianluca incuriosita: ha la penna in
bocca e lancia occhiate a Giulia al suo fianco, che parla a bassa voce di
qualcosa e lui trattiene un sorriso di scherno. Sono stati insieme qualche
tempo, loro, e non ho mai capito per quale motivo non sia funzionata. Erano
così carini che tutti li invidiavano, ed ora sono semplicemente amici.
Giulia è bellissima con i suoi capelli chiari e
gli occhi grandi, non è dolce, non è una Mary-Sue, ma non è nemmeno la classica
stronza che se la tira. Probabilmente quelle esistono solamente nelle
fan-fiction. A volte parlo con lei, non mi annoia, e probabilmente in un’altra
vita avremmo potuto anche essere amiche.
Sospiro, lanciando uno sguardo a Cristian. Mi
sta guardando ed io inarco un sopracciglio, in una muta domanda.
I suoi occhi si muovono verso la cattedra ed io
li seguo curiosa, incontrando lo sguardo della Giacomini.
«Sì?» Domando incerta, giocando con una ciocca di
capelli. Oh, forse sono utili a qualcosa, maledizione.
La prof. si guarda attorno curiosa, mentre qualcuno
ridacchia e qualcuno sbuffa, ed io mi chiedo quale diavolo sia il problema.
«Ha capito chi sono i componenti del suo gruppo?»
Domanda seccata, mentre Priscilla si morde le labbra poco distante da me e
Jessica, la migliore amica di Giulia, mi indica con il dito la lavagna.
‘Conoscendo Shakespeare’ leggo a labbra
strette, mentre mi prende il panico. Con chi cavolo sono capitata in quel
gruppo di studio?
«Donati, Ferretti e Vitali»,
dice in un moto di compassione la prof., ma facendomi sprofondare in un
baratro.
No, con Simone no, maledizione, Priscilla non
la finirà più di tormentarmi!
La vedo esultare con gli occhi, ed io mi
domando: dove diavolo è una fottuta autrice, in questo momento? Dove? Io non
sarei dovuta finire con Gianluca?
«Avete una settimana per scegliere l‘argomento e
comunicarmelo», ci informa, per poi prendere il libro ed iniziare la
lezione.
Sollevando gli occhi, incontro lo sguardo di
Marco che sorride e il mio cuore sprofonda: che sfiga.
N/a: Greta ha i capelli che io stessa vorrei. :’)
Ho notato che si sono già formati gli
schieramenti per i pairing, ma ricordate una cosa di questa storia: nulla è
come sembra. Nulla. Persino io. MUAHAHAHAH!
Grazie di cuore a tutti, oggi vi lascio con
Marco.
Puntualmente, Cristian si siede di fronte a me
e guarda i miei capelli, prima di scuotere la testa e sospirare.
«Romeo e Giulietta», dice accarezzandomi il dorso
della mano e io lo guardo sufficientemente disgustata, prima di mollargli un
calcio contro lo stinco.
Lui geme e Simone appoggia dolente un gomito
sopra la sua testa.
«Bei capelli», si complimenta ammiccando,
mentre Marco lo spintona di lato e mi scocca un bacio sulla guancia.
Sono circondata da uomini, questa cosa mi
inquieta e mette profonda ansia, perché: Simone ha un sorriso sghembo ed è così
sexy che potrebbe persino sfilarle con gli occhi le mutandine, Cristian sta
ancora toccando la mia mano, seppur ora accidentalmente, e il petto di Marco
contro cui mi tiene è caldo. Insomma, questa riunione di ormoni deve proprio
avvenire attorno al mio banco?
«Scordatelo», dico a Cristian.
«Noi sapremmo interpretarli al meglio»,
continua imperterrito cercando approvazione in Simone, ma quest’ultimo si passa
indifferente una mano tra i capelli, guardando Marco come se stessero
conversando mentalmente.
Probabilmente sono in collegamento tramite
ormoni, Cristian sicuramente non può unirsi perché è troppo stupido per poterlo
fare.
«Potremmo interpretare Romeo e Giulietta se
fosse lei ad uccidere Romeo, ti assicuro che ti ficcherei volentieri un pugnale
nel cuore».
Simone pare riprendersi. «Quella
non era la Regina di Biancaneve?»
«Sono sicura fosse Greta con il cuore di
Cristian in mano», conclude Marco con certezza, mentre il suo pollice
inizia a disegnare dei cerchi sulla mia spalla.
Oddio, che ansia! Lasciatemi tutti in pace!
Con quale coraggio posso cercare di creare una
storia d’amore con Gianman… Gianluca, se ho questi pazzi intorno? Insomma, sì,
discrezione non esattamente il mio secondo nome, ma sono delicata e timida
anche io.
«Porco cazzo, ti ho detto di no!»
Beh, sì, non proprio delicata. Ma vi assicuro
che ci sono vicinissima alla delicatezza quanto sono vicinissima al diploma per
Hogwarts in Arti Oscure.
Arriccio il naso, mentre Cristian mi afferra il
mento tra le mani e Simone, di riflesso, mi scocca un bacio sulla tempia. Un
harem. Sono finita in un harem. Potrei scrivere una sottospecie di Host Club.
In effetti, perché tutti questi ragazzi non gestiscono ancora un Host Club?
Farebbero soldi a palanche, soprattutto con Gianluca e Simone, che sono
sinceramente gli ormoni con gambe e braccia della classe.
E si vestono anche bene, questi ormoni!
«Gretuccia», Marco mi guarda dritto negli occhi. È un nano
carino, lui, forse uno Hobbit. Sono sicura che se si fosse presentato al
provino per La compagnia dell’anello, non avrebbero nemmeno fatto caso alle
scarse conoscenze di recitazione, per via dei suoi riccioli e dei grandi occhi
azzurri. «Romeo e Giulietta è facile, e qui tutti noi non
vogliamo perdere troppo tempo», continua sbattendo le ciglia lunghe e credo
che abbiano un potere ipnotico, perché è potenzialmente impossibile che, senza
che il cuore batta (MIO DIO SONO MORTA!) mi siano diventate le gambe gelatina.
Alle fragole, spero, almeno se dovessi morire di fame so con che cosa
rifocillarmi a dovere.
«Ma io…»
«Perché con lui cedi e con il mio fascino
no?»
Strilla Cristian indignato, afferrandomi per le spalle e voltandomi verso il
suo viso. Ecco, ora ho anche il batticuore. Se Simone ci si mettesse,
probabilmente, sentirei anche la mia patata che reclama la sua carota, così per
farmi intendere che io da questo gruppo di studio non ho via d’uscita.
«Hai dimenticato tutto quello che abbiamo passato
insieme?» Continua Cristian mentre Simone ammicca a Giulia, «Hai
dimenticato il bacio che ci siamo scambiati ieri, appassionato, con le lingue
che danzavano come i ballerini di Amici di Maria De Filippi?»
Sbatto le palpebre, ingenuamente stupita. «Le
lingue danzano?»
«Tu fai danzare la tua lingua come quei cretini?»
Questo è Simone.
«Perché Greta non nega?!»
Marco.
Io. Li. Odio.
«E Romeo e Giulietta sia, ora andatevene
cortesemente a fanculo», dico e segno il titolo su un foglio volante,
sbattendolo sul naso di Marco ed esortandolo a portarlo alla Giacomini con un
calcio negli stinchi che spero abbia stroncato la sua carriera da Hobbit.
«Sapevo che mi amavi ancora»,
ora è Cristian a baciarmi, ma in modo più appariscente di Simone, tant’è che mi
lecca una guancia e poi saltella via lontano, colpito da una gomma.
Mi guarda, sporgendo il labbro inferiore,
lasciando poi la classe con le lacrime agli occhi.
Vorrei commentarlo, davvero, ma è così patetico
che persino la mia vena acida si trattiene dall’insultarlo. Che vada ad
irretire l’ennesima idiota dalle mutande scomode, ormai quello fornica più di
Simone che sta amabilmente scrivendo sul mio braccio il suo numero di cellulare
con l’indelebile.
«Se ti serve, sai chi chiamare».
Sbatto le palpebre. «Sei
un prostituto?»
Simone ride, ma ammicca andandosene. Guardo il
numero perplessa, finalmente capendo perché scopa così tanto: è davvero un
host! Altro che gay, Priscilla avrebbe sicuramente sclerato, anzi, lo stava già
facendo litigando con Gianluca per scegliere il tema della ricerca.
Il destino - e le autrici di fan-fiction - sono
ingiuste. Sono probabilmente l’unica protagonista a volere finire con il
ragazzo che le interessa e l’unica, ovviamente, a non riuscirci.
Forse non è destino che io viva una
fan-fiction.
Forse dovrei solamente scriverla.
«A che pensi?»
«Sto cazzo!» Strillo e
Marco fa un balzo all’indietro, immaginando le cose più sconce relative alla
mia uscita.
Beh, almeno con le figure di merda sto al passo
con le protagoniste. Grazie, eh.
Ivan mi guarda a testa in giù, appoggiato con
la schiena al muro. Voi volete sapere cosa sta facendo? Ebbene, io no. Quindi
tengo i dubbi e vado avanti, prima che decida di testare l’incesto, visto il
cervello spappolato che si ritroverà alla fine di quell’esercizio.
Fischietto qualcosa di sconosciuto persino a me
stessa, oltrepassandolo, ma lui si butta di peso su di me e mi sotterra con il
suo corpo, rendendo impossibile la mia fuga. Avrei dovuto saperlo che mi
avrebbe teso un agguato! Bastardo!
«Sorellina», dice sfiorandomi la guancia con il naso, «hai
declamato oggi le lodi verso il tuo amato fratello?»
Questo è deficiente.
«E tu hai declamato le lodi alla Morte? Perché
stai per raggiungerla, senza Pietra della resurrezione o Bacchetta di Sambuco!»
Mollo un calcio diretto sulla sua coscia e Ivan
rotola via mugolando di dolore, ma prima che possa scappare via mi riafferra
per le caviglie, buttandomi a terra e facendomi sbattere la faccia contro il
divano. Mi ci aggrappo con le unghie, perché mi sta tirando verso di sé e
piuttosto che finire nuovamente sotto il suo corpo mi strapperò tutti i
capelli.
«Questi capelli rossi ti rendono una furia!»
Maledizione, idiota! «Non
siamo in un fottuto shojo incestuoso, rincoglionito!»
Sorride dolcemente, accarezzandomi una guancia,
mentre io cerco di staccare a morsi la sua mano putrida. So che molte di
voi stanno pensando: sei stupida? Scopatelo e non lo saprà mai nessuno, rimarrà
un piccolo segreto tra di noi! E so che avete delle menti perverse e che,
essendo una fic-writer, la mia dovrebbe essere paragonabile alla vostra, MA
Ivan è solo deficiente e ragiona con il pisello, che fortunatamente non
rappresenta una bacchetta magica per me.
Lo colpisco con un pugno nei testicoli, e
questa volta lui urla.
«Infame!»
«Non ingraviderai nessuno riempiendoci dei tuoi
simili, pazzo!»
Mi guarda massaggiandosi l’inguine - se ci
fosse una sua amichetta lo farebbe per lui - e poi ridacchia. «Oh,
Greta, è davvero un peccato che tu sia mia sorella».
«Io lo penso da diciotto anni, fai tu».
Ride di nuovo, per poi alzarsi e mostrare il
suo corpo al mondo. Guarda il proprio riflesso nello specchio, scompigliandosi
i capelli, per poi sorridersi.
Credo di voler vomitare.
«Ho una proposta».
«Non farò sesso con te, l‘incesto non mi
interessa se non riguarda Kaoru e Hikaru».
Lui ride di nuovo. «Per
quanto sia una cosa che mi premerebbe gustare, sangue del mio sangue, volevo
constatare con i miei occhi quello che la tua amica Priscilla ha detto ieri».
Simone. Vuole constatare se Simone sia
effettivamente gay o meno! Vogliamo scherzare? Assolutamente no, non mi farò
mai inserire in queste stupidaggini, per la miseria, come se non ne avessi
abbastanza di lui e Priscilla! Li vedo ogni giorno, maledizione!
«Bianca e Prisci ci passano a prendere alle nove»,
cala su di me con una strana luce negli occhi, «e stasera scelgo io i tuoi
vestiti».
Voglio morire.
*
«Miseria, Greta, lascia stare quel vestito!»
Ivan mi schiaffeggia una mano, appoggiandola
sul mio fianco e stringendomi maggiormente a sé. Priscilla, dal canto suo, gli
tiene saldamente la camicia. Sembra un pappone, giuro, e praticamente ogni
donna in questo pub si volta a guardarlo. Ormoni, Ivan quando cammina rilascia
ormoni dietro di sé, per forza.
«Credo sia troppo corto»,
rispondo fulminandolo.
Indosso un vestito a fiorellini che arriva a
malapena sotto il mio sedere, a balze come le gonne delle bambine di dieci
anni, una borsetta prestatami da Priscilla e delle stupidissime ballerine di
vernice bianca. Io odio tutto questo, mi sento una bambolina, dove sono le mie
felpe?
«Corto sti cazzi», dice Bianca che ha le tette
in vista, come se servissero da radar acchiappa-maschi. Beh, con lei hanno più
l’effetto di richiamo, perché se le donne guardano Ivan, gli uomini guardano il
suo seno. Un barista ha persino colpito con il vassoio una ragazza, e questa,
dopo avergli strepitato contro per una buona manciata di minuti, si è resa
conto che: il barista non è gay, il barista è carino, il barista le sta
chiedendo scusa e si sta proponendo di rimediare in qualsiasi modo lei voglia.
E via le mutande!, aggiungo mentalmente.
«Oh!»
Bianca apre la boccuccia rossa di rossetto, per
poi leccarsi le labbra famelica. «Ragazze, c’è un bronzo che ci osserva, anzi,
osserva Priscilla con uno sguardo da predatore!»
«Tipo il tuo?» Borbotto ignorando lo
spiffero d’aria tra le gambe. Mi gelerà la patata, lo so io!
«Non so, Prisci andiamo a conoscerlo?»
Cinguetta divertita, prendendo per mano Priscilla che, per una volta, non ha
fatto commenti su omosessuali ed esattamente ventisette secondi dopo questo ha
ordinato tre mojito al barman.
Rimasta sola con Ivan, seguo il suo sguardo,
rigorosamente puntato sul sedere di una bionda da panico di fronte a noi. «Vai
e procaccia, io mi faccio un giro», e mi stacco da lui scappando, senza nemmeno
sapere dove andare.
Sono sicura che il fato mi farà incontrare l’uomo
della mia vita quando sarò disperata a e sola, senza sapere dove sono, persa,
sull’orlo del pianto.
Mi guardo attorno, torcendomi i capelli: mi
avevano vietato di legarli, quindi erano liberi e cadevano sulla schiena,
coprendomi parzialmente dall’aria serale. Attiravano l’attenzione, perché
qualcuno si era girato a guardarmi, ma senza pensare e ragionando sull’unico
motivo per cui ero andata lì, afferrai il cellulare e scrissi un sms.
Simone non ci mise che una manciata di secondi
per rispondere un ‘Lato destro del palchetto, c’è un posto libero’.
Mi ci fiondo senza pensarci, sperando che non
sia in compagnia di qualche ragazza, per poi bloccarmi impietrita.
Ragazze, effettivamente, non ce ne sono.
«Pedina del mio cuore!»
Se Cristian potesse, aggiungerebbe un cuore rosso come il sangue alla fine di
ogni frase.
Salta dal palchetto, abbracciandomi con slancio
e posando un bacio più leggero del solito sulla mia guancia. Mi sento
pietrificata ed accaldata, quando lui si stacca per guardarmi meglio le mie guance
stanno andando a fuoco.
«Sei bellissima».
Non figa, non gnocca, non scopabile:
bellissima. Cosa diavolo ha il mio cuore, ora?
«Sei qui con…?»
«Gianluca, Simone e Leo».
Annuisco: sono al completo, sto andando nella
tana del lupo senza armi, solo con un vestitino a fiori così corto che persino
Cristian pare pensarlo.
«Che gambe!»
Questo è il commento di Gianluca, che sorride
ammiccante e mi posa un bacio leggero sulla gota, senza provocare sussulti ma
solo urla nel cervello come ‘SEI TU, SEI TU CHE DEVI PRENDERMI, SCOPARMI, POI
LASCIARMI PER IL TOCCO DI DRAMMA’. Simone, di fronte a me, ammicca.
«Hai saputo usufruire bene del mio numero»,
dice, mentre Leonardo mi porge la lista con uno sguardo da ‘questa non è la
Scacchi’.
Afferro il menù, scrollando le spalle e
lasciandolo chiuso sul tavolino.
«Mi hanno abbandonato e so che vieni spesso qui».
«Non farti ingannare»,
Cristian mi afferra per le spalle, voltandomi verso di lui, «questo
ragazzo è un poco di buono, sfila più mutande di Gianluca!»
«Oh», dico sbattendo le ciglia e lui pare
vacillare. I miei occhi si posano su Gianluca, che sta ancora sorridendo. «Questo
lo sapevo già».
Gianluca, ridendo, mi stacca da Cristian e, con
il braccio intorno alle mie spalle, mi attira a sé.
Cavolo, non ero preparata a questo.
«E cos’altro sai?»
Sbatto di nuovo le palpebre. «Nulla,
ma sono qui per indagare».
Ora è Simone a ridere. «Priscilla
cerca ancora di scoprire se sono gay, tesoro?»
«Lei è certa che tu lo sia, non sottovalutarla,
per esasperazione potresti stuprare Cristian».
Sento un respiro sul collo. «Tranquilla
Greta, nessuno mi porterà mai via da te».
Perdo due battiti e mi do’ della cretina,
perché è impossibile che un riccioluto ragazzino che vanta una collezione di
mutande mi faccia tremare il cuore.
«Tranne io».
Sollevo lo sguardo stupita. Gianluca, con un
sorriso, è in piedi di fronte a me e mi porge una mano, ha i capelli spettinati
ed è bellissimo, mi tremano le gambe al pensiero di afferrarla e andare con lui
chissà dove.
«Balliamo?»
«Non vale!» Strilla Cristian, ma Simone gli molla un pugno
deciso sul braccio ed iniziano ad azzuffarsi, mentre la ragazza di Leonardo li
ha appena raggiunti.
Deglutendo, osservo gli occhi di Gianluca che
guardano la mia pelle, i miei capelli, per poi cadere sulle gambe, come se non
ci fosse altro intorno.
È quello lo sguardo di cui avevo bisogno,
penso, e prendo la sua mano.
Due minuti dopo stringe i miei fianchi, ride
guardando i capelli rossi che svolazzano e io mi sento una totale cretina,
perché non so ballare e forse avrei dovuto bere qualcosa, ma lui non se ne
lamenta.
Probabilmente ai più sembriamo una copia del
Signor Cigno Nero e della disperata alunna mediocre, che cerca di coordinare
bacino e gambe, ma che invece riesce a muovere solamente una parte del corpo
per volta. Maledette lezioni di Latino Americano segrete, ci sarei dovuta
andare anche io, almeno ora Gianluca non starebbe a ridere ma a baciarmi come
si baciano nei film quando c’è il sesso nell’aria.
Anche se io nell’aria sento più sudore, a voler
essere pignoli, e dove diavolo è il batticuore?
«Ti stanno bene i capelli lunghi»,
dice con il naso che mi sfiora la gota, mentre il mio stomaco si stringe. Oh,
una reazione positiva: o forse è la fame? Non ho cenato.
Sento le sue mani tirarmi verso di lui e credo
che potrei morire qui. Insomma, non so ballare, ma ho sicuramente il vestito
sollevato e buona parte delle mie mutande in vista, Gianluca mi sta stuprando
con gli occhi- ma non credo di poter
parlare di stupro, perché se mi chiedesse di scopare gli rispondere un «Sì,
ANCORA! ADESSO!» - e, come se non bastasse, ora una sua mano sta
accarezzando il mio viso.
«Questa è la tua tecnica di seduzione?»
Domando, incuriosita.
Lui sbatte le palpebre, annuendo. Beh, almeno
non lo nasconde, ma se cedo al quarto capitolo che razza di storia vi posso
presentare? Quella di una trombamicizia sana e duratura? Non mi dispiacerebbe,
ovviamente, ma i protagonisti frettolosi fanno i capitoli ciechi (?).
«Posso baciarti?»
«Ci guardano tutti».
Scrolla le spalle, ci è abituato.
«E comunque no, non puoi».
Ora è stupito. Aha, Greta sei fantastica, sei
bellissima, sei una dea!
«Perché?»
«Ti conosco appena», di solito funziona sempre.
«Siamo in classe insieme da cinque anni».
Oh, giusto, avevo dimenticato i dettagli.
«Sono ubriaca».
«Non hai bevuto nemmeno un the!»
E allora perché mi gira le testa?
«Perché vuoi baciarmi?»
Ora, è lui a tentennare. Si passa una mano tra
i capelli, imbarazzato, e mi chiedo se nella sua vita da fornicatore abbia mai
provato una sensazione simile.
Io la sto provando ora, con la sua mano sopra
il mio sedere, e muoio dalla voglia di baciarlo ma per giustizia verso la mia
storia devo mantenere il sangue freddo. Non posso di certo fare sesso ora, devo
quantomeno seguire le tipiche tappe: odiarlo, litigarci, rendermi conto di
amarlo, far passare tre mesi, baciarlo e poi far partire gli ormoni. È un
ottimo piano, il mio.
«Mi piacciono i tuoi capelli».
Okay, forse il mio piano non andrà a buon fine,
perché l’ho baciato e ho un motivo serio: è l’unico ad avermi detto in diciotto
anni di trovare belli i miei capelli.
Ora, se volete, potete uccidermi ma intanto io
me lo bacio. Senza lingua, non ho il tempo, perché qualcuno mi afferra e mi
trascina via.
«Ivan?»
«Cazzo sorella, Gianmanzo? Mi dispiace
interromperti», e qui mi rivolge un ghigno, «ma
Bianca si sente male».
«In che senso?»
«Nel senso che un tale Mattia le ha detto che
non vuole più scopare con lei, perché ha trovato una ragazza».
Oddio, no. L’ultima volta che Bianca è stata
mollata ha pianto per una settimana, poi si è data alla ‘liberiamo la patata’.
Questo le piaceva davvero, e mi sento in colpa a pensare a Gianluca e alla sua
bocca.
«Gretaaaaaaaaaaa!» Strilla Bianca buttandosi tra
le mie braccia, ma vengo spinta un poco più in là a causa delle sue tette, e
Priscilla trattiene una risata solo per l’aria tesa.
«Si è messo con un‘altra!»
«Lo so, forse la prossima volta dovreste uscire
dalla camera da letto, no?» Ivan annuisce, ma lui è l’ultimo a poterlo
fare visto che… Cioè, io mica l’ho mai visto al centro commerciale con una
ragazza che non fossimo io o mamma.
Ora è lui a chinarsi verso di lei, appoggia una
mano sulla sua schiena e si sbatte sulla faccia la sua espressione più
seducente, tant’è che persino io potrei vacillare. Ma non lo faccio, perché
sulla mia schiena si è appoggiata una mano e sbarro gli occhi di fronte a
Gianluca, che fissa Bianca preoccupato.
«La cosa è grave?»
«Cuore fatto a pezzettini piccolissimi».
Ridacchia. «Sei sempre dolcissima».
Per la prima volta da quando tutto questo è
iniziato, il mio cuore perde un battito, e lo guardo negli occhi. Sono liquidi,
riconosco il desiderio - si dice così nelle fic, a dire la verità sto tirando a
casaccio - nelle sue iridi.
«Biancuccia», sta dicendo Ivan, «se
ti serve una carota ti presto volentieri la mia per un po’».
«DEFICIENTE!» Strillo afferrandolo per la
camicia e sbattendolo a terra, mentre Bianca ha la faccia da ‘Davvero, guarda
che io accetto! Mangiami!’.
Gianluca, dal canto suo, ora è piegato dal
ridere e Priscilla lo osserva per capire cosa diavolo ci fa lui qui, con noi.
«Simone ha attentato al tuo culo e sei scappato
da lui?» Chiede avvicinandosi a noi, mentre Ivan stringe
Bianca a sé e la culla con qualche bacio.
Dio, che idioti!
«Ehm», Gianluca mi guarda incerto, «volevo
salutare Greta».
Priscilla inarca un sopracciglio, senza capire,
poi mi guarda e spalanca la bocca. Afferra Gianluca per le spalle e,
scuotendolo, ride. «SAPEVO CHE NON ERI GAY, LO SAPEVO!»
Gianluca non è una brutta persona; normalmente
le persone considerano Priscilla una pazza - beh, non Simone, lui la adora - e
scappano a gambe levate quando fa certe considerazioni. Lui, invece, si limita
a sorridermi impacciato ed io voglio che mi baci di nuovo.
Quando Priscilla lo molla e si unisce
all’abbraccio di Ivan e Bianca, me lo ritrovo di fronte in due falcate. Tocca i
miei capelli con una mano, seguendoli per la loro lunghezza, fino a quando non
si china verso di me e mi bacia, ancora.
Questa volta non rimango ferma, schiudo la
bocca e lascio che la sua lingua tocchi la mia, circondando il suo collo con le
braccia. Mi stringe. Mi stringe forte e credo che potrei mandare a quel paese
l’idea di doverlo far impazzire per stare a baciarlo tutta la vita, giuro,
perché la mia pancia gorgoglia di piacere le mie gambe sono gelatina.
Mi sta baciando.
A due giorni dal piano.
Sono o non sono un genio?
«Ehi, tu!» Bianca.
«Sì?» Gianluca si stacca, guardandola incerto.
«Non parlo con te, ma con lei!»
Ora sono io a voltarmi.
«Guarda che me lo devi prestare per una sera, è
merito mio se ti è saltato addosso!»
N/A: questo capitolo mi ha divertito molto. (:
E Gianluca e Greta si sono baciati. Che il
piano sia più semplice di quanto si pensi? Lui sembra un vero cavaliere,
eppure… ;)
È cosa scientificamente provata che ogni
protagonista di una fan-fiction che si rispetti, il giorno successivo ad aver
ricevuto un bacio, si presenti nella propria aula a testa alta pronta ad
affrontare il vile marrano che ha compiuto tale gesto.
Ebbene, io sono Greta Scacchi e, al momento, ho
il mio stupido ed inutile fratello che mi imbocca. «Fai ‘aaaa’», dice con un sorriso e
premendo il cucchiaio contro le mie labbra. Si sta divertendo, lo so bene,
perché questa mattina mi sono finta malata per la prima volta in cinque anni di
scuole superiori. Ovviamente nessuno ha creduto a questa palla, sono l’unica
della mia famiglia a non prendere un’influenza come si deve dalla quarta
elementare, quando Cristian mi ha chiuso fuori dalla piscina interna a metà
gennaio, con addosso uno striminzito costume olimpionico e i capelli bagnati.
«Non voglio il tuo stupido
brodo di pollo», sibilo assottigliando gli occhi e lui sbatte le ciglia, adorabile,
chinandosi su di me e facendo cozzare i nostri nasi.
«La mia splendida sorella è
malata, quindi ho preso una mattina di pausa dall’università per prendermi cura
di lei», spiega pratico, allontanando una ciocca di capelli dalla mia faccia.
Viso, volevo dire viso. Faccia non fa molto da fan-fiction. Rischi di essere
criticata perché non hai utilizzato il giusto linguaggio che si richiede ad
un’originale romantica, Naruto ce ne scampi!
«Perché non ti appendi per le
mutande al chiodo nel muro? Ne sarei felice», borbotto e Ivan ridacchia,
rimboccandomi le coperte - sì, sa che non sono malata, ma si diverte così lui
poverino - e poi se ne va.
E ritorna.
«Che vuoi?»
Oh, so ringhiare. Sono una persona che da
grande (…) potrebbe fare la doppiatrice di gatto Silvestro o di Tom. Mio dio,
ho già un futuro spianato di fronte al mio viso e…
Ivan mi da un bacio sulla guancia.
«Che cosa diavolo
sarebbe? Che schifo!»
«Un pegno del mio amore!»
Afferro una ciabatta e lo prendo dritto in
fronte. Barcolla molto teatralmente, gliene do’ atto, ma poi mi sorride.
«Nulla scalfirà il mio amore
per te, sorella diletta!»
«M U O R I!»
Scappa dalla porta lasciandosi dietro il suo
profumo Hugo Boss e muovendo il bacino a ritmo di Thriller. Spero non si metta
a ballarla in corridoio, c’è giusto una finestra che da’ sulla casa della
signora Cazzi-miei-mai (in simpatia, Tarantino) e l’ultima volta le è quasi
venuta una sincope pensando che Ivan fosse un maniaco - non aveva tutti i torti
neppure lei,ben vedere.
C’è da dire che se avesse un fucile e volesse
utilizzarlo contro di lui avrebbe tutta la mia stima, ma con le braccia
rachitiche che si ritrova temo non sollevi nemmeno il suo gatto, Tremotino. È
una fan dei fratelli Grimm, il pesce rosso si chiama Raperonzolo.
«Gesù», nascondo la faccia sotto le
lenzuola. Fa caldo, terribilmente, pare quasi che l’autunno non abbia
intenzione di arrivare nonostante manchino giusto un paio di giorni.
Il mio armadio non è ancora stato riempito dai
vestiti dai colori tetri e dai giubbini, perché nessuno si azzarda a mettere un
paio di jeans lunghi con venti gradi all’ombra. Sarebbe un suicidio, l’hanno
capito persino i professori che, nonostante i lavori esterni alla scuola che
provocano rumore, hanno deciso di lasciare opportunamente aperte le finestre.
Il mio pensiero, dopo la parola ‘scuola’, vola
direttamente a Gianluca. Non mi importa poi molto se avrà pensato o meno a me,
questa mattina, di fronte al cancello della scuola. Romanticamente, sono una
protagonista, quindi deve averlo fatto per forza di cose. Sicuramente
avrà ripensato ai miei capelli rossi sotto le dita, al sapore della mia bocca,
alle mie mani sulle sue spalle… okay, tutto ciò è molto sensibile, ma al
momento è l’ultimo dei miei problemi.
C’è un altro punto che è scientificamente
provato nella storia delle fan-fiction, ossia: se il protagonista bacia la sua
principessa e si rivela interessato a lei, c’è sempre qualcosa sotto. Che sia
un crollo finanziario, una scommessa, una minaccia o un matrimonio combinato
perché in realtà Gianluca è di stirpe reale, non mi è dato saperlo.
Insomma, analizziamo attentamente la vicenda.
Ho sottomano gli appunti che ho gettato sul Quaderno delle Idee Segrete -
Lilith (è il mio nickname) e pare che nessun dato riporti ad un possibile
crollo finanziario. Il padre di Gianluca è sempre uno stimato dentista che a
nove anni mi ha costretto a mettere un apparecchio, poi un altro a dodici e un
ultimo a quattordici, per due anni. Sua madre, bella donna, è sempre la solita
insegnante di danza del ventre e a volte mi piacerebbe prendere lezioni da lei.
Potrei imparare a muovermi, a risultare sensuale, e sicuramente quando Gianluca
- perché sarà lui, questo è sicuro - mi sfilerà le mutande, scelte
appositamente per l’occasione da Bianca, saprò cosa fare. Oppure guarderò un
porno con il blocco per gli appunti con lei ed Ivan, così da rendere realtà
persino la posa più inverosimile.
Cancello con una riga netta il primo problema,
passando alla scommessa che sicuramente sarebbe opera di Simone. Non so, ma lui
sembra un vero patito di queste cose, questi intrighi, e se ci fosse lo zampino
di Priscilla - «Io te l’ho detto che non ti piace» e bla, bla, bla - non mi
stupirei affatto. Ma la mia mente aperta e di larghe vedute non mi permette di
trovare un fine ultimo a questa possibilità, perché le persone normali
fuori da una fan-fiction non fanno queste cose.
Quindi, per esclusione, Gianluca in realtà
cerca un matrimonio combinato. Ora ne sono certa, è un conte o un duca e, per
sfuggire alle ire della sua famiglia, deve cercare una plebea che si decida a
sposarlo, rischiando così di perdere il proprio cuore - e la propria patata.
…e io devo smetterla di leggere manga,
sinceramente, ma non oggi!
Facendo ben attenzione che mamma non sia dietro
la porta con il suo tailleur di Chanel prima di andarsene in ufficio, afferro
le pantofole con la faccia da pinguino e le infilo, dirigendomi a passi felpati
verso l’armadio laterale.
Detective Conan mi farebbe un baffo, sapete?
Guardando ancora incerta verso la porta, prendo
un respiro profondo e lo apro, facendomi invadere le narici dall’odore di carta
e inchiostro, abbandonandomi contro le mensole e guardando i miei adorati
manga. Sono duemilacentoventisette in totale, e li amo tutti. La maggior parte
di essi sono shojo - e sono sicura di non dovervi dare la spiegazione di tale
significato -, ma le serie più lunghe sono sicuramente shounen.
Afferro con decisione dei numeri precisi di
Naruto, la serie completa di Cuori di menta e, infine, con estrema attenzione,
sfilo Fruits Basket. Sono sicura che non troverò la soluzione in uno di questi
fumetti, ma certamente impiegherò il tempo in maniera più fruttuosa dello
studiare o, peggio!, pensare al bacio di Gianluca.
Non c’è niente di meglio di un bel manga, al
mondo, se si parla con me. Se parlaste con Bianca vi direbbe il sesso, mentre
Priscilla risponderebbe un ‘SasuNaru, lemon, rating rosso’. Non ricordo da dove
le sia nata questa passione: alle elementari era un fagottino adorabile vestito
sempre di rosa, con i boccoloni biondi e tutti i maschietti che l’amavano, poi
alle medie ha iniziato a parlare di Saiyuki e Priscilla non è più stata la
stessa.
Non che me ne rammarichi, io manco la conoscevo
alle elementari, citavo solamente le parole di sua madre. Secondo me quella
bambina tifava già i suoi compagni di classe e li obbligava a giocare con le
Barbie, in modo tale da traviare le loro menti innocenti.
Bianca, invece, posso affermare con sicurezza
che era malata anche alle elementari. Non abbiamo mai frequentato la stessa
classe, ma era la mia vicina di casa e le mie Barbie sono state deflorate a
causa sua: usando il letto della Casa da sogno di Ken, faceva fare cose sconce
sotto i miei occhi innocenti. E il protagonista di tali scempi, tra l’altro,
non era Ken ma Aladdin. Quindi cornificava senza pietà l’uomo senza carota, che
si rifaceva con la bambola di Sailor Moon.
Poi è cresciuta e ha messo in piedi una
centrale del latte sul suo petto, in prima media ha dato il primo bacio e in
prima superiore sono arrossita sotto le coperte per il dettagliato racconto
della sua prima volta. Non ero minimamente interessata a sapere che un pene,
messo in bocca, aveva una consistenza liscia e che la…
«Greta, hai una visita».
Sollevo lo sguardo da Shikamaru e il ‘Prenditi
cura del mio corpo!’ di Ino, per puntare gli occhi in quelli verdi di Gianluca.
…sto scherzando, in realtà è Bianca. Ci siete
cascati vero? Lo so, sono una protagonista bastarda, ma se questa fosse stata una
vera fan-fiction sarebbe sicuramente andata come ho detto io.
«Scuola?»
Bianca solleva il DVD di Harry Potter e la
Camera dei segreti, una busta che probabilmente contiene un libro di Martin e
qualche pacco di patatine assolutamente non salutari.
«Priscilla ha appena finto un
mal di testa, svenendo sulle gambe di Simone - secondo me è cotta di lui - e ci
sta per raggiungere», spiega pratica lanciando scarpe nell’angolo e togliendosi il cappotto.
È accollata, brutto segno.
«Mattia mi ha scritto un messaggio», continua, sedendosi al mio
fianco e guardando con amore Ino e Shikamaru.
«Oh, il fedifrago bastardo».
«Ho minacciato di castrarlo se
non avesse cancellato il mio numero, e non so se è la stazza di mio padre ad
averlo preoccupato o quella di mio fratello».
Il fratello di Bianca gioca a rugby, un pilone,
non è esattamente ciò che la gente comune chiama ‘agnellino’. Avevo una cotta
per lui in prima media, poi è cresciuto così tanto che Bianca, da grande amica,
mi ha gentilmente avvisato che il suo cazzo avrebbe sicuramente sfondato la mia
patata qualora avessimo fatto sesso.
Si era conclusa così una delle mie prime cotte
adolescenziali, per la salvaguardia della mia patata, ora una specie protetta e
a rischio estinzione.
«Tu e Gianscopatelo?»
Sbatto le ciglia, inclino la testa e poi mi
abbandono ad uno sbuffo. «Lui non ha cercato me, io non ho cercato lui».
Bianca annuisce, soddisfatta. «Sapevo che non poteva piacerti».
«Però mi piace come bacia, di
solito è solo bava, con lui sono riuscita persino a sentire la lingua».
«Tesoro, se baciasse male dopo
tutte le lingue che ha avuto in gola sarebbe come minimo da espatriare».
Non che non abbia ragione: in tanti anni di
onorata carriera da trombatore Gianluca non ha mai sentito una critica verso la
propria persona. Giulia ci ha elencato personalmente le posizioni che
riuscivano a fare, la lunghezza del pene e la sua circonferenza, decretando che
non aveva mai dovuto fingere un orgasmo in sua presenza.
Faccio per dirle che, effettivamente, ha
ragione quando Ivan passa di fronte alla porta saltellando e cantando «Siamo noi le Winx, fonte di
energia, la mia magia» e scomparendo oltre il corridoio fino alla sua camera.
Devo avere la bocca aperta, perché Bianca me la
richiude. «Mi sa che prima o poi ci finirò a letto».
La osservo, poi scrollo le spalle. «O tu o Priscilla, questo è
sicuro».
«Non ti infastidisce?»
Faccio una smorfia di disgusto, al pensiero. «Mi disgusta l’idea che potrebbe
chiedermi seriamente una cosa a tre», rabbrividisco, «e Ivan potrebbe stuprarmi per
farlo».
«Un incesto con lui ci
scapperebbe».
La cosa preoccupante è che non sta scherzando,
ma lascio correre. In realtà non è sempre così aperta, ma decanta lodi al culo
di mio fratello fin da quando ne ho memoria e lo stesso vale per Priscilla: non
ho mai compreso sinceramente perché, nella vita, solo io avessi il reale potere
di comprendere l’idiozia di Ivan. Perché lui è idiota, non potete non
concordare con me.
Bianca inserisce il DVD di Harry Potter, salta
doverosamente la pubblicità, mettendo l’opzione lingua inglese e sedendosi con
un pacco di Fonzies tra le mani.
«Sono i migliori», solleva il pacchetto giallo,
«hanno uno slogan porno».
Compare Ivan, vestito di tutto punto, che
ammicca ad entrambe.
«Se non ti lecco la fica godi
solo a metà», e se ne va lasciando Bianca a sbavare e una me stessa completamente
senza parole: ancora mi stupisco di certe sue uscite.
Passa una buona mezzora prima che Priscilla si
presenti con una vaschetta di gelato tra le mani, due DVD - Brokeback Mountain
e Una notte da leoni - e una rivista tra le mani. Getta le ballerine ai piedi
del letto, afferra un cuscino e mette in pausa.
«Gianluca dopo le lezioni vuole
venire qui», avvisa senza troppi giri di parole guardandomi dritta negli occhi, non
sbatte le palpebre nemmeno una volta e ho sempre invidiato la fermezza del suo
sguardo.
«Perché?»
Bianca si mangiucchia un’unghia. «Ho un preservativo alla menta
nella borsa, lo metto nel primo cassetto della scrivania».
Si alza lasciando che ora non ci sia nulla tra
me e Priscilla. Ha uno sguardo serio, ho paura di sapere quello che vuole
aggiungere.
«Simone prima stava baciando
Caterina del quarto b», una lacrima sulle sue ciglia bionde, mamma quant’è carina.
La stringo forte, dicendole che no, è stata
solo una svista e che Simone è terribilmente gay e probabilmente si vede in
segreto con Leonardo nello sgabuzzino delle scope.
«Ho sentito delle urla, da lì», dice Bianca chiudendo il
cassetto.
«Erano le tue?»
Ci pensa un attimo. «Anche».
In realtà mi piacerebbe continuare il discorso
relativo a Gianluca, ma Priscilla al momento non capisco per cosa sia provata,
ma lo è: non penso avesse una cotta per Simone, ma sicuramente la sua
particolare attenzione per lui non lo faceva risultare indifferente.
Singhiozza un poco sulla mia spalla,
asciugandosi gli occhi con i miei kleenex e, alla fine, mi guarda.
«Ha chiesto di te anche
Cristian».
Uhm, il mio cuore è dolorante, ora. Il pensiero
di quel ragazzo fa male persino a distanza, e dire che non dovrei odiarlo, ha
apprezzato i miei capelli in modo singolare.
«Sicura che Gianluca ti
piaccia?»
Mi alzo dal letto, aprendo l’armadio.
«Non ne ho la minima idea, ma
sicuramente ho bisogno di una doccia».
«Sì, non vorrei mai che non
scopaste perché puzzi di sudore».
Dovrei piantarmi un’espressione stupita in
viso, ma in realtà temo di avere una paralisi facciale e corporea, perché sono
in ginocchio con il mio pigiama azzurro e corto, i capelli appiccicati alla
schiena e le ginocchia sudate.
Quando entra, Gianluca mi sorride.
«Allora mi stavi solo evitando», dice ridacchiando e io mi
chiedo come sia possibile che un ragazzo così bello sia nella mia stanza. È
umanamente ingiusto che la bellezza non sia stata distribuita equamente, ora io
non avrei il cervello il brodo di giuggiole e riuscirei ad alzarmi in piedi
senza cadere, se fossi una fica pazzesca.
Per fortuna - o per pietà - Gianluca si limita
ad appoggiare una borsa di carta a terra e si siede accanto a me, sfiorandomi
le gambe con una mano. Rabbrividisco anche se è terribilmente caldo, pare quasi
che le fiamme che dovrebbero ardere i miei capelli siano sotto i suoi
polpastrelli.
Deglutisco, ho la gola riarsa.
«Sono qui per parlare».
«Bianca diceva per deflorarmi».
Stupida, stupida, stupida lingua, non puoi
impiegare il tempo in modo più utile? Bacialo, se proprio non puoi evitare di
sparare cazzate! Mio dio, dov’è il mio neurone Carry quando serve?
Gianluca, dal canto suo, piega le labbra in un
sorriso così sexy che sarebbe giusto che io morissi adesso, sul colpo, ne sarei
sinceramente felice: niente di più dolce al mondo, dopo questa morte.
Sono stupita che, nel mio cervello, si
scatenino queste parole a caratteri cubitali: voglio baciarlo.
Non ho le farfalle nello stomaco, non lo amo e
probabilmente non lo amerò mai, ma so che gli ormoni hanno un potere superiore
e, sinceramente, è ora che la sottoscritta Greta Scacchi provi le gioie del
piacere carnale.
«Non sapevo nemmeno fossi
vergine», sussurra e io mi rendo conto solamente ora che si è avvicinato.
Okay, Greta, ragiona: siete in casa da soli -
Ivan non è utile nemmeno questa volta - e tu sei vergine. Il massimo che hai
fatto con un ragazzo è stato toccargli la carota oltre i pantaloni, per poi
fuggire perché «Voleva che gli facessi un pompino, che schifo!» e questo due anni prima.
Siete su un letto sufficientemente grande per starci entrambi, ma ne basterebbe
metà per fare quello a cui stai pensando. E sto parlando con me stessa come se
ci fosse un’altra interlocutrice.
Mi mordicchio le labbra, sarei la peggiore
delle protagoniste se facessi sesso con lui ora, senza nemmeno amarlo.
Questa regola devo seguirla, non può essere infranta
o verrò fustigata per tale ignominia.
Deglutisco di nuovo e questa volta Gianluca ha
una mano calda sulla mia coscia.
«Non sono pronta».
Bugia, ho così caldo tra le gambe che solamente
il preservativo alla menta di Bianca potrebbe raffreddarmi, ma ho un onore da
fic-writer da rispettare, io.
«Nemmeno per baciarmi?»
«Oh no, per quello sono
prontissima».
Questa, teoricamente, avrebbe dovuto essere una
battuta mentale. Tuttavia, ormai ho capito che il mio cervello vomita tutto ciò
che passa al convento, senza nemmeno chiedere prima un permesso scritto,
passando dall’Assemblea dei neuroni fino al mio cuoricino, che sta
letteralmente immobile.
Sto per baciare Gianluca - ancora e ancora e
ancora - e questo non batte.
Quando chiudo gli occhi e sento la sua bocca
contro la mia, le sue dita nei capelli e le nostre lingue si toccano, mi chiedo
come sarebbero altre labbra sulle mie.
È solo un attimo, un breve flash, ma gli occhi
che vedo quando sollevo leggermente le palpebre non sono quelli di Gianluca.
Contro ogni logica ed ogni etica da fic-writer
che si rispetti, però, non lo scaccio. Afferro la sua polo, trascinandolo con
me e sopra di me sul materasso che cigola paurosamente. Ringrazio il
cielo perché non ci sia nessuno in casa, soprattutto quando le sue dita si
infilano oltre la canottiera del mio pigiama, sfiorando con i polpastrelli
caldi il mio ombelico.
Gli mordo il labbro inferiore e dalla
protuberanza contro la mia coscia capisco che lui sta apprezzando tutto quanto.
E io odio, odio, odio il fatto che non ci sia il batticuore ma solo una mera e
primitiva eccitazione.
Sento la sua mano salire dalla gamba al fianco
e ringrazio Priscilla e le sue cerette mentalmente, perché la mia pelle è così
vellutata che farebbe invidia al sederino di un neonato.
Si solleva sui gomiti, guardandomi negli occhi.
«I tuoi capelli sono docili».
«Che vuoi dire?»
«Pensavo me li sarei trovati
ovunque, invece sono piuttosto obbedienti», li accarezza con un gesto
distratto e io vorrei poter fare le fusa, perché il suo sguardo mi sta
sciogliendo dal desiderio.
Allungo incerta le dita verso la pelle scoperta
del suo collo, toccando la linea sottile che lo collega al viso, fermandosi
contro la sua bocca. Lecca la punta dell’indice, facendomi rabbrividire.
Una sua mano è tra le mie gambe.
«Posso?»
E me lo chiede?
«Sorellina del mio cuore, cosa
ci fai con quel corpo maschile sopra il tuo e una sua mano tra le immacolate
gambe?»
Ivan è contro lo stipite della porta con un
sorriso sghembo e le braccia incrociate, per nulla imbarazzato. Beh, nemmeno io
lo sono, ma Gianluca sì e fa un volo dal letto epocale. Credo che me lo
ricorderò per tutta la vita.
«Stavamo pomiciando», rispondo candidamente e con
il cervello completamente liquefatto. Sono una donna di malafede.
Ivan, ora, assottiglia gli occhi. Credo che
stia per prendere a pugni Gianluca, perché non l’ho mai visto così arrabbiato,
ma sono una sciocca: dovrò iniziare a conoscere meglio Ivan, prima o poi.
«E non ti faceva urlare? Non
posso accettarlo», dice e se ne va con il naso per aria, per poi esclamare un «Voglio le tue grida e mi
masturberò con esse!» dal corridoio e sbattere la porta.
Gianluca mi guarda perplesso, ma noto nei suoi
occhi la felicità per essere scampato alle ire di un fratello, cosa che probabilmente
gli accade poco frequentemente.
In effetti, mi domando quante volte nella sua
vita sia stato scoperto mentre era a letto con una ragazza da qualcuno di
esterno.
Vorrei chiederglielo, un giorno, quando avremo
più intimità.
«Ti hanno mai scoperto e picchiato,
per una cosa simile?»
O anche oggi, secondo la logica del mio
cervello.
Si alza in piedi, guardandomi perplesso, ma i
miei occhi sono completamente puntati sulla sporgenza dei suoi pantaloncini.
Cazzo. In tutti i sensi possibili e immaginabili.
«Due volte», ridacchia divertito, perso
in chissà quali pensieri. «Possiamo riprovare?»
«Non dovevamo parlare?»
Annuisce con un sorriso, baciandomi leggero
sulla bocca e soffiando contro le labbra. Credo che sia qualcosa di
assolutamente erotico, ho ancora caldo.
Si sdraia al mio fianco, cingendomi le spalle
con un braccio e portando quello libero dietro la testa. Osserva il soffitto
curioso, con le sopracciglia crucciate e le labbra leggermente aperte.
«Potremmo uscire».
«Ora?»
Stupida Greta.
«No, intendo in generale, senza
ufficializzare. Ti bacerò se avrò voglia di baciarti in classe, così come non
sarò obbligato a chiamarti tutte le sere», schiocca la lingua contro il
palato, «anche perché credo che mi uccideresti se mai lo facessi».
Ora sono io a ridere e a rilassarmi, anche se
questa non è la proposta di un principe azzurro con pure intenzioni e io dovrei
rifiutarla, da futura protagonista quale sono.
Tuttavia, nemmeno io sono una principessa da
salvare, ho un fratello stupido e due amiche essenzialmente fuori di testa,
quindi va bene così.
«Ora possiamo distrarci un po’?»
Sollevo gli occhi. «Vuoi guardare un film?»
Lui ride, mentre si volta completamente a
guardarmi.
«Magari dopo».
*
È giovedì e questa settimana pare non voglia
giungere al termine, però oggi il sole è coperto dalle nuvole e io ho dovuto
addirittura indossare una felpa gialla - scelta al telefono con Bianca, la sera
prima, dopo averle raccontato dettagliatamente dove le dita di Gianluca erano
state fino a due ore prima.
Qualcuno mi saluta distratto, mentre
scarabocchio la giustificazione sul libretto e lasciando poi cadere a terra la
penna.
Sbuffo, piegandomi ad afferrarla.
«Non posso rifiutare un’offerta
come questa», mi rialzo di scatto e sento il petto sprofondare, mentre Cristian e
Silvia - una compagna di Bianca - sono abbracciati contro la siepe.
Sono stranamente a disagio di fronte ai suoi
capelli spettinate e agli occhi scuri, che scrutano con ostinazione le mie
gambe.
«Usa la bocca per fare altro,
Donati».
«Gelosa?»
«Preoccupata, a dire il vero».
Sbatte le ciglia deliziato, mentre Silvia piega
le labbra indecisa sul da farsi. È una bella ragazza, con dei riccioli neri che
invidierò fino alla fine della mia insulsa vita, mi chiedo cosa l’abbia portata
tra le braccia di quel bifolco. Oh cielo, a dire il vero me lo chiedo sempre
quando lo vedo con una ragazza.
Cristian è un bel ragazzo, persino io sono
costretta ad ammetterlo, ma l’unico discorso serio che ho sentito uscire dalla
sua bocca è stato… Ecco, non me lo ricordo nemmeno.
«Sono preoccupata che Silvia
possa venire contagiata dalla tua ignoranza, spero non si trasmetta oralmente».
E, salutando una Silvia ridacchiante, lascio
Cristian con il broncio offeso. Non che lo sia veramente, ma se non sbaglio mi
aveva dato della frigida, dovevo vendicarmi in qualche modo.
Vengo nuovamente bloccata nel corridoio da
Priscilla e Simone, che arrivano insieme ridendo come due pazzi e un Marco
rosso in viso, che mi abbraccia non appena mi vede.
«Prendono in giro la mia
camicia», spiega affranto, sospirando. È così carino che mi chiedo come possa
avere diciotto anni, sembra molto più giovane ed è bello da morire, ma non l’ho
mai visto con nessuna ragazza dacché ne ricordi.
Eccetto Priscilla, ma loro sono amici. Di
sesso, vorrei dire, ma non me lo permettono perché sarebbe una bugia bella e
buona.
«Scacchi, vuoi sapere che
notizie mi giungono dal popolo?»
Simone ammicca nella mia direzione, stampandomi
un bacio sulla tempia e facendomi sospirare, mio malgrado. È un ormone
ambulante, mi chiedo perché decidano di accerchiarmi sin dal primo mattino:
sono una ragazza sensibile, io.
«Gianluca?»
«Mi ha detto la novità, deduco
che sarete dei nostri d’ora in poi».
Sollevo gli occhi al cielo.
«Avrei preso in considerazione
l’idea, se Cristian non…»
«Certo che sì!», squittisce invece Priscilla
deliziata, lasciandosi abbracciare da Simone, che le arruffa anche i capelli.
Marco tossicchia, io entro in classe e butto lo
zaino sotto il banco.
Che mi lascino stare e facciano tutti quello
che vogliono, penso, picchiando la fronte contro il davanzale della finestra.
Sono ansiosa, inutile nasconderlo, non ho ancora visto Gianluca ma pare che gli
altri sappiano già tutto, perché Simone è la peggior pettegola di tutti i
tempi.
Mi chiedo quanto sia stata intelligente l’idea
di ‘non è ufficiale, ma usciamo’, e che cosa penseranno i miei lettori di me.
Sicuramente che penso solo al sesso - relativamente vero, io però io amo i miei
lettori - e che non avrò mai una storia d’amore da scrivere su Word.
Sospiro esausta, quando la professoressa entra
in aula seguita da Gianluca pieno di fogli tra le mani e ricordo
improvvisamente che non me ne frega nulla di cosa pensa la gente, quando lo
vedo, perché è così bello che chiunque avrebbe preso la mia decisione. Per
forza!
«Decadentismo», annuncia a labbra strette la
prof. Paduano, mentre Gianluca distribuisce fotocopie e, di fronte al mio
banco, da’ un buffetto sulla mia guancia.
«’Giorno», sussurra e mi si dovrebbero
cariare i denti, ma l’unica cosa che posso fare è sciogliermi come neve al sole
e ricambiare lo sguardo ostile di Cristian con un sorriso soddisfatta.
Ammicco nella sua direzione, prima che qualcun
altro possa dire nulla e inizio a prendere appunti. Per il resto delle tre ore,
non esiste nessuno eccetto la voce della mia professoressa e i ricordi delle
dita di Gianluca tra le gambe.
Ho sempre odiato quelle coppie che, ben lungi
dal pensare ai poveri single presenti nella scuola, si baciano contro i muri o
nei corridoi, impavidi di fronte ai bidelli armati di scopa o alle minacce
sorde di professori particolarmente bigotti.
Ebbene io, oggi, sono nascosta dietro la
macchinetta guasta del caffè, appoggiata con la schiena al muro e contro il
corpo di Gianluca, mentre mi bacia tranquillamente ed incurante delle primine
che stanno per avere una crisi di pianto di fronte all’improvviso ‘impegno’ del
loro sempiterno idolo.
Stringo così forte la sua maglietta che lui
ride, staccandosi da me e appoggiando la fronte alla mia.
«Cristian mi ha strappato dieci
pagine del libro», dice e io guardo le sue ciglia, sono lunghissime e chiare, anche lui
ha uno sguardo che potrebbe uccidere proprio come Priscilla.
Parentesi, proprio lei ci sta guardando dal
calorifero insieme a Simone e Leonardo, mentre Bianca dorme con un bicchiere di
caffè appoggiata alla cattedra delle bidelle. Lei, solitamente, inizia ad
ingranare verso l’una e mezzo.
«Quello è stupido», rispondo giocando con una
ciocca di suoi capelli, mentre piega le labbra in un sorriso sghembo e
malizioso, che lascerebbe più ragazze senza parole.
Io, invece, posso baciarlo.
«Vibra qualcosa nella tua tasca», mi avvisa dopo una manciata
di secondi e io arriccio il naso indispettita.
Vedo Marco passare di fronte a noi con lo zaino
sulle spalle, salutare alcuni compagni di classe e dirigersi verso le scale.
«Posso?»
Gianluca annuisce, scansandosi di qualche
centimetro.
Guardando lo schermo del cellulare e leggendo
proprio il nome ‘Marco’ come mittente arriccio la bocca.
“Ti devo parlare, oggi vengo da te.”
Credo che casa mia abbia tutte le potenzialità
per diventare un confessionale, ma non nascondo il tremore delle mie budella
quando rileggo quelle poche parole.
«Qualcosa non va?» Chiede Gianluca, appoggiando
il mento sulla mia testa - è paurosamente alto - e io lo guardo.
«Ti farò sapere».
Pare stupito dalla risposta, probabilmente si
aspettava un ‘Fatti gli affari tuoi!’ e sorrido. Non sarà sicuramente nulla di
grave.
N/a: finalmente riesco a prendere lo stampo delle
autrici originali, facendo finire il capitolo proprio quando c’è un mistero da
svelare! In realtà, è qualcosa di molto, molto, molto grave. O forse no.
(L)
In ogni caso, ecco Greta e Gianluca, che hanno
giustamente deciso di prendersi il meglio che questa relazione possa dare: il
sesso. Non propriamente completo, ma fossi stata in Greta avrei fatto la stessa
cosa.
Ivan, a sorpresa, è il personaggio che
preferite praticamente tutte. Avrei pensato Cristian, ma mi fa piacere notare
come sia secondo, a lui voglio tanto bene: è un po’ sfigato. Non trattatelo
male.
Per il resto, posso solo ringraziarvi. Credo ci
aggiorneremo lunedì prossimo, alla larga martedì, mi raccomando: non lanciatemi
contro niente! Io vi amo e vi lascio con il re di questa storia: Ivan.