E se...

di lulubellula
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo primo ***
Capitolo 2: *** Capitolo Secondo ***
Capitolo 3: *** Capitolo Terzo ***
Capitolo 4: *** Capitolo Quarto ***
Capitolo 5: *** Capitolo Quinto ***
Capitolo 6: *** Capitolo Sesto ***
Capitolo 7: *** Capitolo Settimo ***
Capitolo 8: *** Capitolo Ottavo ***
Capitolo 9: *** Capitolo Nono ***
Capitolo 10: *** Capitolo Decimo ***
Capitolo 11: *** Capitolo Undicesimo ***
Capitolo 12: *** Capitolo Dodicesimo ***
Capitolo 13: *** Capitolo Tredicesimo ***
Capitolo 14: *** Capitolo Quattordicesimo ***



Capitolo 1
*** Capitolo primo ***


E  se …?

E’ sera, è tardi, molto tardi, ma non abbastanza per Luca Benvenuto, 35 anni,  Vicequestore aggiunto del Decimo Tuscolano, prossimo al trasferimento a Torino. La Pista delle escort di lusso lo ha portato alla periferia di Roma, in una zona poco frequentata, alla ricerca di Ekaterina, una giovane sfuggente e bellissima che custodisce segreti pericolosi. E’ buio quando Luca la vede ma non si ferma e nella confusione del momento gli cade dalla tasca il cellulare con il Gps, ma lui ligio al dovere come sempre, non lo nota e corre tra le braccia di un destino crudele. Ferma Ekaterina e ottiene qualche informazione, un nome, Mara Fermi, non molto di più, un indirizzo, lì vicino, un locale, un centro benessere forse. Dovrebbe chiamare i rinforzi, il Decimo, la sua famiglia, Barbara, Pietro e Leo, il suo sostituto, ma non lo fa, il tempo è poco, la curiosità troppa.

Si avvicina al suo destino, un club nel giorno di chiusura, un indizio poco più in là, una stanza buia apparentemente deserta e … una valigia piena di denaro, milioni di euro al suo interno e un uomo armato.

“Chi sei? Dove hai preso tutti quei soldi, sono il Vicequestore Benvenuto, alza le mani, lentamente, e mettile dietro la nuca, dai un calcio alla pistola e allontanala da te” dice Luca, con il viso di un vecchio, con la voce di un bambino che ha paura, con la consapevolezza di non trovarsi in una situazione nuova, con il terrore di non uscirne vivo. Quell’angoscia che attanaglia le viscere e strozza la voce, quell’angoscia con cui ormai conviveva da molti, troppi anni. Con la consapevolezza che a casa non c’ era nessuno ad aspettarlo, non Mauro, l’amico di una vita, non Irene, uccisa tra le braccia di Alessandro, non Anna, perché lui non l’aveva saputa fermare quando se n’era andata a Trieste. Perché se amare vuol dire saper lasciare andare gli altri, amare significa anche correre alla stazione urlando sentendosi stupidi e indifesi e non salutare qualcuno sulla porta lasciando le frasi in sospeso, fingere di essere felici e morire dentro.
Perché Luca se ne rendeva conto solo adesso, si muore un pochino ogni giorno, negli sguardi vuoti, nei silenzi voluti, nei litigi mai sanati, nelle parole mai dette.
“E ora sono qui, sparami, sparami se hai il coraggio, un colpo, due, un altro ancora, sono pronto”

E l’uomo non se lo lascia dire due volte, la pallottola lo sta per colpire, Luca è un morto che cammina e il tempo si ferma.

E se … Luca non avesse lasciato andar via Anna, se fosse corso in stazione, se le avesse detto che l’amava, ora non sarebbe qui, sarebbe con Anna, con il suo amore, la sua vita.

E se … il destino gli concedesse una seconda chance?

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Capitolo 2
*** Capitolo Secondo ***


E se … ?

Capitolo secondo

La vita di Luca è come scossa da un terremoto, il boato del proiettile o meglio dei proiettili sparati è sostituito da un frastuono non meno intenso, non meno lacerante, è il peso del tempo, il peso delle nostre scelte.            

                                                                                                                                                                                                     “Noi non disponiamo di poco tempo ma ne abbiamo perduto molto.” (Seneca, De brevitate vitae”)


Due anni prima.

E’ mattina, la luce si insinua tra le fessure delle finestre e sveglia un certo commissario di nostra conoscenza.

“Luca svegliati, sono già le nove, ho il treno alla stazione Termini tra meno di un’ora”.

Nella camera entra una donna alta, mora, bella che riporta il nostro commissario alla realtà.

“Svegliati o sarò costretta a tirarti un secchio pieno d’acqua fredda in faccia . E tu lo sai che lo faccio!” grida Anna sorridendo.

“ Ok, ok sono sveglio ( o quasi), comunque non è il caso di mettermi fretta, tanto la stazione mica scappa; e poi … ci sono tanti altri treni che partono per Trieste, ce n’è uno domani, uno dopodomani, un altro settimana prossima, credo che ce ne sia anche uno previsto per il 1 Gennaio 2059!” afferma Luca scherzando (o forse no?).

“Credo che escluderò quello del 2059” dice Anna ridendo. “Non credo che avrò molta voglia di frequentare l’università a 80 anni suonati”.

“Bé di certo saresti la prima della classe tra i tuoi coetanei” dice Luca.

“Che scemo che sei” lo riprende Anna.

 

“Forse dovrei dirle tutto, forse dovrei partire con lei, no, no, non posso, sarebbe come mettere un freno ai suoi sogni, alle sue aspirazioni, non riuscirebbe mai a rifarsi una vita, a dimenticare Dorian, la mafia russa, tutti i litigi, tutto lo schifo di questi mesi se anch’io partissi con lei o peggio se la costringessi a restare qui” si tormenta Luca, camminando avanti e indietro in cucina, annodando e snodando la cravatta con le mani tremanti.

 

“Vieni qui, faccio io, oh cielo, come farai ad annodarti la cravatta quando sarò a Trieste?” dice Anna guardandolo con profonda tenerezza.

“Penso che ne farò a meno” le risponde Luca anche se in realtà vorrebbe dirle: “Anche se non posso fare a meno di te, del tuo sorriso, del tuo broncio, del tuo disordine, dei tuoi oggetti sparsi per la casa, di te che quando dormi sembri una bambina”.

Ma Luca non le parla, si prepara, aiuta Anna con i bagagli, chiude la porta e dice addio alla sua vita, chiude la porta e conduce Anna dove non vorrebbe mai che andasse, lontano da lui.

 

                                  

Note dell’autrice:

 

Grazie a tutti coloro che hanno letto e recensito il primo capitolo e ai lettori silenziosi che si apprestano a seguire questa ff

 

Grazie alle mie amiche che mi hanno spronato a scrivere e a continuare a farlo, senza di loro questa storia sarebbe ancora nella mia testa

 

Grazie ai personaggi di Distretto di Polizia che mi hanno accompagnato dalle elementari all’università, perché mi hanno regalato 11 anni di emozioni

 

A presto

lulubellula

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Capitolo 3
*** Capitolo Terzo ***


E se …?
Capitolo Terzo

Il tragitto tra la loro casa e la stazione Termini scorre inesorabile, a tratti lento, a tratti così veloce da mozzare il respiro.  Anna è felice, sorride, parla, fa progetti, corre con la fantasia e Luca al volante annuisce di tanto in tanto, finge di essere partecipe della sua euforia ma ha la voce rotta dall’angoscia, dalle lacrime che sono prossime a rigargli il viso.
L’ha promesso a se stesso, l’ha fatto per il bene di Anna, della sua Anna, farà di tutto per inghiottire quelle lacrime amare, salate che rovinerebbero i progressi della donna che ama. Perciò sorride, fa qualche battuta o meglio ci prova e  Anna non si accorge di nulla, non sembra comprendere la tempesta nell’anima di Luca.
Giungono così alla stazione Termini con poco più di un quarto d’ora di anticipo e ,arrivati al treno, Luca si sente mancare il respiro, ha le ginocchia molli, lo stomaco in subbuglio, la testa che gira così tanto da dargli la sensazione di essere su un ottovolante.
“Anna scusami solo un secondo, faccio un salto in edicola a comprarti qualche rivista da leggere e torno subito” dice Luca, sentendosi un codardo ma sapendo di non poter fare altrimenti.
Lei annuisce ma sembra delusa, forse ha intuito qualcosa, forse no, ma lo guarda allontanarsi provando uno strano senso di inquietudine e irrequietezza.
Sono ormai passate alcune settimane dalla morte di Dorian e in Anna si sono rifatti vivi e sono persino più intensi i sentimenti che provava per Luca ma non se la sente di sbilanciarsi nuovamente perché il ricordo del precedente rifiuto è ancora troppo indelebile.
“Stiamo sbagliando Anna, stiamo complicando tutto, l’amore potrebbe distruggere la nostra amicizia, non possiamo”, le parole di Luca le riecheggiano in testa , sempre più chiare, quasi scalfite nel suo cuore.
Intanto lei attende Luca per altri dieci interminabili minuti e poi sale sul treno prossimo alla partenza, a salutarla al binario non c’è nessuno, non Luca l’amico, l’amore, non lui che le aveva promesso che ci sarebbe stato, ovunque e per sempre.
E una lacrima e poi un’altra le rigano il viso.
“Forse è meglio così, a Trieste potrò iniziare un nuovo capitolo della mia vita, non posso restare a Roma accanto a lui, non posso più essere l’amica che lui vuole al suo fianco, non posso più esserlo” pensa Anna vedendo la stazione sempre più lontana.
Nel frattempo Luca è seduto, incapace di fare qualsiasi cosa, non riesce ad andarsene, né a raggiungere Anna, rimane come paralizzato per qualche minuto. Quando finalmente si ridesta, corre verso la sua anima gemella ma è troppo tardi, Anna non c’è più, il treno se n’è andato e lui non l’ha nemmeno salutata né abbracciata un’ultima volta.
Quando non sappiamo cosa scegliere o come agire, preferiamo aspettare e rinchiuderci in noi stessi, ma il destino è impaziente e talvolta sceglie lui per noi, portandoci sulla via sbagliata e non lasciandoci tempo e modo per rimediare ai nostri errori e alle nostre esitazioni.
E se … gli fosse concesso questo tempo?
Note dell’autrice:

  • Ringrazio come sempre quanti mi seguono in questa avventura letteraria e in particolare paulag, Ray Of of Light, Dani 85 e misslittlesun95 che spendono parte del loro tempo per scrivere opinioni a riguardo, le vostre premurose attenzioni mi spronano a proseguire questa mia What if?

Un bacio
Alla prossima
lulubellula

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Capitolo 4
*** Capitolo Quarto ***


E se …?

Capitolo Quarto


Luca è basito, sconvolto quando raggiunge la sua auto.

“Sono un idiota, un perfetto idiota, sono stato capace di rovinare tutto persino senza muovere un dito. Un vero e proprio idiota da guinness”.

Luc a sale in auto e sbatte con forza la portiera, mette in moto e si avvia verso casa, nel suo cuore tante frecce che lo trafiggono, nel suo cervello tanti pensieri che lo sovrastano.

Guida, guida senza pensarci troppo, guida per sgombrare la mente, 80, 90, 100, 110 e più, ormai ha fatto prendere velocità alla sua macchina e sulla scia del suo dolore accende anche la sirena, sorpassa, schiva altre auto, famiglie che portano i figli al mare, coppie felici che fanno progetti, e lui che corre in mezzo a questi ritratti di vita quotidiana, ritratti a cui lui ha appena dato un calcio.

“Stupido, stupido, stupido. Cosa pensavo di fare? Cosa mi aspettavo? Perché non ho agito? Perché sono rimasto in disparte a guardare la mia vita scivolarmi addosso?.

Luca non fa che ripetersi questo quando si accorge di aver esagerato nel premere l’acceleratore.

“Non basta che io stia rovinando la mia vita, con il mio comportamento irresponsabile potrei spezzarne altre” riflette Luca.
Mi sono lanciato come se dovessi inseguire qualcuno, un ladro, un assassino, in realtà sto solo fuggendo da me stesso”.

E intanto la radio sta trasmettendo una canzone che meglio di molte altre descrive il suo stato emotivo: “E tu come stai” di Claudio Baglioni.
“Ho girato e rigirato
senza sapere dove andare
ed ho cenato a prezzo fisso seduto accanto a un dolore
Tu come stai?”

“Come sto? Sono qui seduto sulla spiaggia, ad Ostia, con le mani tra i capelli, il nodo della cravatta allentato, il profumo del sale sulle mie labbra, il sale delle onde del mare, il sale delle mie lacrime amare. E rifletto, penso a me, a lei, a noi due, a quello che saremmo potuti divenire, a quello che potevamo ancora diventare e comincio a sorridere e poi a ridere”.

Un passante mi guarda come a voler dire: “Guarda quell’uomo, è ubriaco, piange e ride, eppure sembra così una persona perbene”.

Ma io me ne frego, piango e rido, soffro e ricordo e lascio che questa giornata mi scivoli addosso aspettando l’ora di cena.
Poi mi decido e vado in quel ristorantino a due passi dal mare dove andavo sempre con lei.

Il cameriere mi vede e mi saluta: “Ciao Lù, faccio preparare il solito tavolo per due?”
“No, stasera sono solo”.
“Anna non c’è?”.
“No, lei non c’è”.

Mi siedo e penso:”Ora non c’è, ma so che se voglio sono ancora in tempo a dare una svolta alla mia vita, ma devo dare modo e tempo anche a lei di vivere la sua a Trieste e vedere se tra i suoi progetti c’è un posticino anche per me”.

E intanto sorride tra sé e sé.

Il tempo, proprio quello che ti serve, sei sicuro che te ne sia rimasto?

Note dell’autrice:

  • Ringrazio nuovamente chi mi segue e recensisce

A presto
lulubellula

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Capitolo 5
*** Capitolo Quinto ***


E se …?
Capitolo Quinto
Ritorno al presente


Toni  Corallo si accorge di aver commesso un grosso errore, uccidere a sangue freddo un poliziotto.

E se tutto ciò gli fosse costato un ritorno nel mirino della polizia?
Era appena fuggito da Duisburg, erano arrivati molto vicini a lui, si era messo in salvo, ma suo figlio, il suo unico figlio era caduto vittima di un tranello fin troppo ben architettato. Ora non poteva farsi scoprire, era appena giunto a Roma in gran silenzio, aveva contattato Martini – quel galoppino – e ora rischiava di mandare tutto a monte.

Il poliziotto giaceva a terra, inerme, dalla ferita allo stomaco il sangue usciva lentamente ma con costanza.

“Di lì a un’ora sarai morto” pensa tra sé e sé Corallo e senza riflettere troppo lo carica in macchina, destinazione sconosciuta, un luogo poco frequentato, un campo, qualunque cosa sarebbe andata bene.
Giunto sul luogo prescelto, il ciglio di una strada, vicino ad un bosco, scarica l’uomo e si libera del suo misfatto, sale in auto e si allontana nella notte.

La notte è buia, senza stelle e Luca sembra essere destinato ad una morte certa.

Una macchina sfreccia nella notte, una coppia in crisi che sta litigando, la donna urla e intima al fidanzato: “Ferma l’auto, io scendo e proseguo a piedi”, lui, senza troppa convinzione accosta e spera di calmare le acque.

La donna cammina, è infuriata a nell’agitazione del momento inciampa contro un ostacolo e cade.
Si rialza, ha le mani e i vestiti sporchi di sangue, a terra, un morto – no, no respira  ancora – allora inizia a urlare, un urlo misto a orrore e angoscia, un urlo che risuona nel silenzio, un urlo che fa accorrere ilsuo fidanzato.

“Chiama l’ambulanza, chiama la polizia!”.

L’uomo, frastornato obbedisce e sul posto arrivano i mezzi di soccorso e una volante della polizia, a bordo Pietro e Barbara, che scherzano e flirtano come sempre.

“Uomo bianco sulla trentina, ha una profonda ferita d’arma da fuoco all’addome, ha perso molto sangue e sta andando in ipotermia” afferma il medico del 118, informando i poliziotti.

Barbara e Pietro si avvicinano, la donna diventa pallida e urla: “ E’ Luca, è Luca”.

Pietro si avvicina: “ E’ un nostro collega, veniamo anche noi”.

“Mi dispiace ma è meglio se ci raggiungete in ospedale” intima loro il medico.
“E’ grave?”.
“Sì, ancora non sappiamo quante possibilità abbiamo di salvarlo. Per ora poche” ammette l’uomo.
“E’ un codice rosso”.

Rosso come quel vestito che ti piaceva tanto Anna, quello che mettevi nelle occasioni speciali, rosso come il sangue che mi scorre nelle vene, come il mio cuore che batteva forte quando eravamo insieme, rosso come la mia camicia, che sta raccogliendo le mie ultime gocce di vita.

“Sono stanco Anna, sono esausto, non riesco ad aggrapparmi a niente, vieni Anna, prendimi per mano e salvami!”.

E se lei fosse troppo distante per raggiungerti?
 
Note dell’autrice:

  • Probabilmente un uomo con una tale ferita d’arma da fuoco all’addome impiegherebbe meno di un’ora a morire, siccome siamo nel mondo What if? questo non è determinante

  • Ringrazio di nuovo e infinitamente Dani85, paulag e Ray Of Light che mi seguono con tanto affetto e tutti quelli che comunque leggono ciò che scrivo

  • Un bacio

  • lulubellula

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Capitolo 6
*** Capitolo Sesto ***


E se ...?

Capitolo Sesto

Sono le tre del mattino quando il telefono squilla, una, due, tre, quattro volte. Anna si alza dal letto, dà un occhiata alla sveglia e si precipita in salotto dove ha lasciato il cellulare.

"Dev' essere Giorgia che come al solito si fa prendere dal panico pre-esame" pensa Anna, ma non é così.

Quando scorge il numero di Ugo inizia a preoccuparsi e con le mani tremanti risponde.

"Pronto Anna, sono Ugo, Ugo del Decimo, non so come dirtelo, forse é meglio che ti siedi".

"Perché, cosa é successo?  Perché mi hai chiamato a notte fonda?".

"Luca, lui é ...".

"Che cosa é successo a Luca? Sta male? E' ferito?", Anna comincia ad essere sempre più preoccupata e a farsi prendere dal panico.

Le parole che vengono dopo risuonano confuse e taglienti come il vetro nella testa di Anna: "Luca ... trovato sul ciglio di una strada ... pozza di sangue ... codice rosso ... gli hanno sparato ... é grave ... in ospedale".

Anna é sconvolta, le manca il respiro, i polmoni le fanno male, l'aria che respira la ferisce, si sente come se avesse inghiottito acqua, tanta acqua e fosse sul punto di annegare.

"Anna mi senti, sei ancora in linea?", dall' altro capo del ricevitore Ugo inizia a preoccuparsi.

"E' tutto ok?".

"Secondo te? Secondo te é tutto ok? Come fai a dire una cosa simile? Luca, il mio Luca, il mio migliore amico, la persona che amo lotta tra la vita e la morte e tu mi chiedi se sto bene? Una coltellata al cuore mi avrebbe fatto meno male", vorrebbe urlargli contro Anna, ma si trattiene e riesce solo a dire:

"Sì, arrivo il prima possibile, il tempo di salire sul primo treno per Roma e vi raggiungo".

I treni, Anna, vanno e vengono, passano, collegano i luoghi, le persone, i sogni, gli amori.

Il tuo treno é qui alla stazione, corri veloce Anna, corri da lui, vai e abbraccialo come non hai mai fatto prima, abbraccialo prima che sia troppo tardi, strappalo alla morte e non lasciartelo sfuggire di nuovo.

E se il confine tra la vita e la morte fosse troppo sottile?

 

Note dell'autrice:

Grazie infinite a chi mi segue, a paulag, Dani85 e Ray Of Light, che puntualmente recensiscono e a chi comunque legge ciò che scrivo.

Alla prossima 

lulubellula

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Capitolo 7
*** Capitolo Settimo ***


E se ...?

Capitolo Settimo

Luca é in piedi davanti al bancone del bar, é pensieroso mentre sorseggia un caffé.

"Che schifo - pensa- é persino peggio di quello delle macchinette del commissariato. E dire che quello ti fa riconsiderare l' idea di bere inchiostro al posto del caffé al mattino".

Paga ed esce dal bar, dentro di sé un misto di tristezza e un profondo senso di insoddisfazione, come un nodo allo stomaco, una specie di bruciore ed arsura che nemmeno un pessimo caffé, da solo può provocare.

Sono ormai passati tre mesi dalla partenza di Anna e tra loro si é alzata una sorta di nebbia che li confonde e li allontana. Le telefonate all' inizio erano frequenti, anzi frequentissime, ogni minima novità, ogni battito di ciglia erano una buona scusa per sentirsi.

Ora si sentono spesso ma non é più la stessa cosa, parlano di tutto e di niente, del tempo, del traffico, delle bollette del telefono troppo salate, parlano di castelli in aria per non dover affrontare il loro mostro nell' armadio.

Perché tutti noi abbiamo un mostro nell' armadio, un litigio che ci fa soffrire, un amico che ci ha tradito, una perdita, un amore che ci ferito, una malattia dell' anima; ma é più comodo, forse più semplice fare finta di nulla, chiudere quell' armadio così forte da spezzare la serratura, buttare la chiave dalla finestra per non essere tentati a riaprirlo.

Il mostro, tuttavia, resiste, nonostante tutti i nostri sforzi, sopravvive e si fortifica con la nostra falsa indifferenza, cresce e aumenta di volume a tal punto che distrugge quell' armadio dall' interno e non lascia alcuno scampo all' illuso.

Il tuo mostro, Luca, é forte, tu l' hai reso forte, ed ora sta per distruggere quell' armadio, per polverizzare la tua vita.

Raccogli il coraggio, affrontalo a testa alta e distruggilo!

E se fosse troppo tardi per fermarlo?

 

 

Note dell' autrice:

*  Ringrazio come sempre Ray Of Light, paulag e Dani85, che leggono le mie storie e le recensiscono, la vostra costanza e il vostro affetto mi spingono a continuare a scrivere

* Ringrazio chi legge le storie e invito a recensire, mi farebbe piacere sentire anche qualche nuovo parere

Grazie a voi tutti!

lulubellula

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Capitolo 8
*** Capitolo Ottavo ***


E se ...?

Capitolo Ottavo

Sono le sei di sera e Luca si trova davanti alla sede della facoltà di biologia marina dell' Università degli Studi di Trieste.

La decisione di raggiungere Anna non é stata per niente semplice per lui, tormentato tra la voglia di vederla, abbracciarla e baciarla, rivelarle i suoi veri sentimenti e la paura di rovinare tutto, la sua vita ma soprattutto quella di Anna, i suoi progetti e i suoi sogni.

L' attesa scorre, il tempo incalza ed Anna non sembra arrivare mai, eppure era certo che il martedì lei finisse l' ultima lezione proprio alle sei.

Sbircia dal vetro della porta e la vede, assorta nel prendere appunti, con le dita che giocano con i capelli neri e lucenti, raccolti in una semplice coda di cavallo, eppure così belli; i suoi occhi color nocciola espressivi, ma un pò spenti, come celati sotto un velo di tristezza.

Attende con ansia condita con una punta di panico la fine della lezione e aspetta che lei esca, il tempo sembra fermarsi e Anna pare più lontana che mai.

Esce tra le ultime, un abbigliamento casual, pantaloni della tuta, una t- shirt, eppure, nemmeno con un abito da sera potrebbe sembrargli più bella di adesso, una tracolla viola semiaperta stracolma di libri, quaderni e le chiavi di casa tra le mani.

Troppi oggetti per una persona sola, infatti, appena fuori dall' aula, le cadono di mano dei fogli e, nel chinarsi a raccoglierli, le escono anche alcuni libri dalla sacca.

"Lasci che l' aiuti, signorina" Luca le si avvicina sorridendo, con un' atteggiamento tutto nuovo, con un coraggio ritrovato.

"Grazie, ma ce la faccio da sola" risponde Anna, nel dire ciò le cade anche l' astuccio.

"Ehm, direi che però forse ho davvero bisogno del tuo gentile aiuto" ammette Anna , alzando lo sguardo per la prima volta.

E lo vede, bello e radioso da toglierle il fiato e dall' emozione molla la presa e dimentica il disordine che ha appena disseminato, gli appunti, le penne, i libri e lo abbraccia forte, forte come avrebbe dovuto fare molto prima, forte come si era decisa a stringerlo adesso.

E poi sorride e lui la ricambia.

"Non pensavo di esserti mancato così tanto" le dice Luca, la voce rotta dall' emozione, il cervello annebbiato, i suoi gesti in totale balia del suo cuore.

"Sì, invece. Mi mancavi tu, mi mancava il tuo sguardo, il tuo sorriso, il gelato e i pop corn mangiati mentre eravamo accoccolati sul divano, la coperta che mi avevi regalato per Natale e che ho dimenticato a Roma, annodarti la cravatta ogni mattina" le dice lei.

" Come mai non la indossi? " le chiede incuriosita.

"Ci ho rinunciato, ho preferito adottare un look meno sobrio, senza cravatta, camicia bianca con due bottoni aperti".

"Perché? Ti piaceva tanto indossarla", infierisce lei.

"Dopo che te ne sei andata non riuscivo più a metterla, mi ricordava troppo la nostra vita insieme, mi ricordava che tu eri a Trieste e io a Roma, troppi chilometri a separarci" e una lacrima gli riga il viso.

"Stai piangendo?".

"No, non é niente, un pò di polvere, saranno i tuoi libri?" scherza Luca.

"Scemo, guarda che io studio, non lascio far la polvere sui libri" gli risponde con un' espressioen da finta offesa.

"Che ne diresti se andassimo a cena insieme?" le chiede Luca.

"Guarda che il mio frigorifero piange e poi lo sai che non sono una gran cuoca" gli dice Anna.

"Dicevo al ristorante infatti. Dopo l' università non ho intenzione di fare un viaggio di sola andata all' ospedale".

Lei sorride per niente offesa e lo abbraccia, se ne vanno così insieme a cena, una sera come tante, una storia come poche.

 

La tua occasione ora l' hai avuta, Luca, saprai sfruttarla al meglio?

 

 

 

Note dell' autrice:

 * Grazie a Dani85, Ray of Light e paulag che mi seguono e recensiscono sin dal primo capitolo con tanto affetto

* Grazie anche a tutti quelli che leggono

Al prossimo capitolo

lulubellula

                                                                                                                                  

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Capitolo 9
*** Capitolo Nono ***


E se ...?

Capitolo Nono

Ore sette, ristorante "La bussola", Trieste.

Una coppia di amici o forse qualcosa di più é seduta al tavolo, intenta a dare uno sguardo al menù.

"Tu cosa prendi?" le chiede lui, trentacinquenne romano, vicequestore aggiunto, Luca Benvenuto.

"Ma non saprei ... pensavo alle linguine allo scoglio, qui sono davvero buonissime" risponde lei, trentenne romana, ex poliziotta ed ora matricola 354952, facoltà di biologia marina, Anna Gori.

"Le linguine allo scoglio? Uhm, quasi quasi mi hai convinto" le dice lui sorridendo, con gli occhi che gli brillano di una strana luce.

Tutt' attorno é strano, quasi magico: il luogo, l' atmosfera, le luci soffuse, l' ora, il cibo, il vino, la compagnia, in particolare quest' ultima.

Luca e Anna sono lì, insieme, parlano, scherzano, sorridono come ai vecchi tempi, come nella loro casa romana dove bastava poco per essere felici, una giornata senza cattive notizie,un gazpacho freddo e due bruschette, quattro chiacchiere e un abbraccio.

Poi tutto si era complicato, il caso dei russi, la cotta di Anna per Luca, il suo rifiuto, i silenzi, i litigi, le parole giuste al momento sbagliato, la partenza di Anna.

Eppure tutto questo, quella sera non contava, non contavano le liti e i battibecchi del passato, i pianti e le occasioni mancate, contavano solo loro due.

Loro due che, terminata la cena, se n' erano andati a fare una passeggiata al parco, Trieste di sera con le luci accese allo spegnersi di un giorno, insieme, vicini come una volta, vicini come mai prima.

"Fa freschino questa sera" dice lei rabbrividendo un pochino e arrossendo lungo le guance.

"Tieni la mia giacca".

Luca se la toglie da galantuomo e gliela appoggia sulle spalle.

I loro sguardi, i loro occhi, i loro volti si incrociano, le loro labbra si sfiorano in un bacio dolce e disperato, un bacio fresco e caldo al tempo stesso, il bacio di due persone che si amano ed hanno sprecato già troppo tempo prima di ammetterlo, in primis con loro stessi.

Una goccia dopo l' altra scendono dal cielo, gocce di pioggia che bagnano i loro volti felici e innamorati e loro che si riparano con la giacca di Luca e corrono a casa di Anna.

"Vuoi entrare?" lo invita Anna.

"E' tutta la vita che aspetto questo momento" le risponde lui, l'abbraccia e la bacia di nuovo.

Loro due e il loro amore finalmente libero di unire i loro cuori.

E mentre fuori il temporale imperversa, loro sono lì, incuranti di tutto il resto".

 

 

"Tu sola dentro una stanza e tutto il mondo fuori".

(Albachiara, Vasco Rossi).

 

"Luca, ora sai che Anna ti ama e senti che state costruendo qualcosa insieme e che state avendo la vostra occasione".

 

E se ... il tuo castello di sabbia si sgretolasse davanti ai tuoi occhi?

Note dell'autrice:
- grazie a tutti voi che leggete, seguite e recensite
- ogni riferimento a luoghi, persone o cose realmente esistenti é puramente casuale
lulubellula

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Capitolo 10
*** Capitolo Decimo ***


E se ...

Capitolo Decimo

Trieste, ore 9 del mattino.

Anna si sveglia, il letto sfatto e le lenzuola sgualcite la avvolgono dolcemente e le offrono una piacevole sensazione di tepore sulla pelle.

Apre gli occhi e si gira dall' altra parte del letto, quel letto che di solito non divideva con nessuno, solo con se stessa.

Apre gli occhi e si volta ma non trova nessuno, Luca non c'é, se n'é andato, come tutti gli altri, come tutti quelli a cui lei aveva voluto bene.

Come sua madre che non l' aveva saputa proteggere dalle molestie del patrigno, che l' aveva mandata in collegio perché non aveva avuto la forza di ribellarsi a lui.

Come Giorgio che si era finto il fidanzato perfetto e innamorato, e poi l' aveva usata per fare i suoi sporchi giochi da ladruncolo, lasciandola sola con la prospettiva di un figlio, un figlio mai nato, purtroppo o per fortuna.

Ed ora Luca, il suo migliore amico e il suo amore, un perfetto connubio tra amicizia e passione, ora anche lui sembrava averla lasciata.

Anna si alza, scossa da mille pensieri e indossa una sottoveste di lino color porpora e un paio di infradito ornate di perline argentee.

Va in salotto e poi in cucina, infine perlustra il bagno e il corridoio.

Nulla, Luca non c' é, sembra come inghiottito nel nulla.

Anna si prepara un caffé espresso e lo beve stringendo la tazzina con le mani tremanti e piene di delusione e di dispiacere.

Prova a controllare se Luca ha lasciato un biglietto per lei, se ha dimenticato la giacca o qualcosa di simile.

Nulla, se n' é andato anche lui, come tutti gli altri, l' ha usata e poi abbandonata.

Prende la tracolla viola, il portafoglio e poco altro e va in università, perché alle 10:30 deve seguire le lezioni.

Nel frattempo, Luca sta passeggiando per le vie di Trieste alla ricerca del regalo perfetto per Anna.

Le ha lasciato un biglietto - poche righe - in cui le diceva che sarebbe andato a fare un giro della città, mentre lei era in università. Biglietto lasciato sul tavolo, in cucina, vicino ad una finestra spalancata e volato via, chissà dove pochi istanti dopo.

Ora Luca é davanti ad una vetrina di una gioielleria, ha visto un bellissimo ciondolo in oro bianco a forma di cuore e gli é sembrato perfetto per Anna, per la sua Anna.

Entra e, senza esitazione, chiede al gioielliere di poter vedere il ciondolo esposto in vetrina e , senza nemmeno pensarci due volte, lo compra e lo fa impacchettare in una confezione regalo.

Esce dal negozio con l' aria soddisfatta e continua a girare per le strade di Trieste come un turista qualunque.

Intanto Anna é in università, sta seguendo la lezione, ma é stanca e deconcentrata, arrabbiata e delusa.

Vicino a lei c' é Daniele, un giovane gentile e premuroso che frequenta il suo stesso corso di laurea e che é follemente innamorato di lei, ma che, per troppa timidezza, non si é ancora dichiarato.

Le ore scorrono lente e la lezione sembra non terminare mai.

Durante la pausa pranzo, Anna esce a prendere una boccata d' aria, ha gli occhi lucidi e sta per piangere.

Daniele la vede e la segue.

Intanto Luca é appena uscito dal fiorista, ha comprato una dozzina di rose rosse a gambo lungo e, con le ali ai piedi e il cuore leggero si dirige a passo spedito verso l' Università.

Infatti vuole fare una sorpresa a Anna, vuole dichiararle il suo amore e ufficializzare la loro storia.

Pochi isolati più in là, Anna é seduta su una panchina, poco lontano dall' aula universitaria e sta piangendo, le lacrime le rigano il volto e le scendono copiose lungo le guance.

Daniele si avvicina e cerca di consolarla, prende un fazzolettino e le asciuga il viso.

Anna lo ringrazia e sorride, lui si sporge verso lei e la bacia.

Luca é lì, a pochi metri di distanza e osserva la scena allibito.

Accecato dalla collera e dal dolore, getta i fiori a terra e se ne va distrutto, con il cuore a pezzi, deciso a non tornare sui suoi passi.

Anna intanto fissa Daniele con imbarazzo e interrompe quel bacio sbagliato, pieno di errori e di malintesi.

"Mi dispiace, non posso. Io ti voglio bene come amico, come un caro amico, ma non ti amo. Io amo un' altra persona. Scusami" e se ne va lasciando Daniele confuso e infelice, solo su questa panchina.

Anna torna a casa, attraversa la strada di fretta, calpesta le rose e si ferisce con le spine, ma non si ferma, continua a camminare.

Qualche gocciolina di sangue le macchia i sandali bianchi, sangue rosso come i loro cuori che sanguinano per uno stupido malinteso, come la gelosia e la collera che annebbiano le loro menti, bianco come il taxi che sta portando Luca lontano da Trieste e da Anna, bianco come le lenzuola e il cuscino che lei inonda di lacrime, lacrime di un amore appassito ancor prima di sbocciare.

E si allontanano l' uno dall' altra senza nemmeno chiarirsi, né salutarsi, buttando tutte le loro speranze al vento.

E se ... ora fosse andato tutto perduto per sempre?

 

Note dell' autrice:

 Un grazie speciale a tutti i miei lettori e recensori, in particolare a _Elizabeth_, Ray Of Light, Eliessa e Dani 85.

Se questo capitolo vi é piaciuto o se avete delle critiche da pormi, fatemelo sapere.

lulubellula

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Capitolo 11
*** Capitolo Undicesimo ***


E se ...

Capitolo Undicesimo

                                              "Chi é causa del suo mal, pianga se stesso"

 

Sono già passati due mesi da quella triste mattinata di inizio primavera, da quella giornata maledetta e benedetta al tempo stesso.

La vita di Anna e Luca era andata avanti tra alti e bassi, l' una continuava a studiare biologia marina a Trieste, l' altro proseguiva la sua esistenza a Roma, tra inseguimenti  e indagini, come Commissario Capo del X Tuscolano.

La vita persisteva nello scorrere normalmente o quasi, infatti, da qualche tempo, Anna si sentiva stanca e spossata, svogliata nello studio e nello svolgere le faccende di casa, debole e senza forze, soffriva di continui mal di testa e di nausee.

Per diversi giorni, aveva cercato di minimizzare quei disturbi, "Sarà lo stress, lo studio, il caldo" e altre scuse imbarazzanti con cui cercava di autoconvincersi che tutto andasse bene.

"Non può essere - pensava - non di nuovo, non posso essere ancora ..., non posso aspettare di nuovo ..., non come l' altra volta ..., non come due anni fa".

Anna era in salotto, a casa sua, seduta sul divano, il volto pallido e bianco, il fisico asciutto duramente provato dal suo malessere, i polsi e i gomiti quasi scheletrici, gli occhi color nocciola spenti e tristi, i capelli neri raccolti in una semplice coda di cavallo.

Negli ultimi due mesi, lei e Luca si erano sentiti poche volte, qualche telefonata quasi telegrafica, poche domande e risposte brevi, non avevano più riparlato dell' ultimo giorno a Trieste, forse perchè faceva a entrambi, forse perché si aspettavano una spiegazione, che fosse l' altro a parlare, a dare una giustificazione, a scusarsi.

I loro lunghi silenzi valevano più di mille parole, gli spazi vuoti, bianchi, riempivano i monconi delle loro conversazioni, li riempivano di sentimenti inespressi, di accuse più o meno fondate, di quell' amore così forte e così fragile al tempo stesso, fragile come il vetro, come il cristallo, come i petali di un fiore appena sbocciato.

Fragile così com' era Luca, che riempiva quel dolore annegando il dispiacere nel lavoro e in un bicchiere di whisky di troppo, bevuto alla sera, per stordire il suo risentimento nell' alcol, per dormire di un sonno asettico, profondo e senza sogni.

Fragile così com' era Anna, che passava le sue giornate, tra lo studio, le lacrime e gli sbalzi ormonali che la facevano impazzire, tanto che, per dormire, era persino arrivata a prendere dei sonniferi, proprio lei, che di sera, non reggeva nulla di più forte della camomilla.

La loro vita non era più quella di prima, non sarebbe mai più stata la stessa.

Avevano assaporato la sensazione agrodolce dell' amare e dell' essere ricambiati, dell' apoteosi delle emozioni e dei sensi, la dolcezza di un bacio caldo e disperato sotto la pioggia fresca e incessante.

Non avevano più avuto bisogno di parole, di spiegazioni, quella volta, c' erano solo loro due e questo bastava, questo quella notte era bastato.

Non era servito il raziocinio e nemmeno la voce della coscienza, bastavano a loro stessi, si erano amati e completati insieme, non necessitavano di altri o di altro.

Erano solo in due, loro due e sembrava che tutto fosse destinato a sopravvivere per sempre, che fosse quasi eterno, perché qualcosa di così meraviglioso e appagante come il loro amore doveva per forza essere diverso da quello di tutti gli altri.

 

"Ti amo".

Mi hai detto.

"Anche io".

Ti ho risposto.

"Da sempre".

Hai posato il tuo viso nell' incavo del mio collo e ho sentito il profumo dei tuoi capelli avvolgere i miei sensi.

"Per sempre".

Mi hai guardato con gli occhi sognanti e pieni di speranze e già mi immaginavo una casa fuori città, due figli, un cane, una staccionata e due altalene.

"Te ne sei andato senza darmi una spiegazione".

Affonda la sua mano in una busta, apre una tavoletta di cioccolato e ne addenta un morso piangendo.

"Hai baciato un altro uomo e, l' intera casa, il cane e la staccionata sono collassati sotto il peso del mio risentimento".

Accende la radio a tutto volume, cercando di non sentire il suo dolore.

"Mi hai abbandonata e non ti sei nemmeno voltato indietro".

Tiene tra le mani un piccolo oggetto.

"Mi hai tradito prima ancora di diventare la mia compagna di vita".

Esce di casa e guida nella notte, senza una meta precisa.

"Mi hai lasciata da sola, ci hai lasciati soli".

Butta l' oggetto nel cestino e ingoia un paio di sonniferi, prima di buttarsi sul letto e sentire i sensi che si annebbiano.

 

"E se tutta questa sofferenza che vi affligge fosse causa vostra e di un crudele e beffardo tiro mancino del fato?"...

 

 

 

Note dell' autrice:

* Scusate se ultimamente aggiorno con lentezza ma a causa di altre fic in corso, degli esami e della vacanze, non mi resta moltissimo tempo.

Spero comunque che questo nuovo capitolo vi sia piaciuto!

 Grazie a tutti coloro  che hanno letto e recensito i capitoli precedenti, in particolare grazie a _Elizabeth_ che legge le anteprime e mi da il suo parere.

Grazie 

lulubellula

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Capitolo 12
*** Capitolo Dodicesimo ***


E se ...

Capitolo Dodicesimo

Anna continuava a fissare sbigottita quel dannato stick bianco acquistato in farmacia, non riusciva a credere di essere incinta, proprio non le riusciva.

Camminava avanti e indietro per le stanze vuote del suo appartamento, cercando di trovare qualcosa a cui aggrapparsi, una fotografia, un ricordo, una telefonata di Luca dopo 'quella' notte, ma niente, sapeva benissimo che non avrebbe riportato alla mente nulla, perché quella fotografia, quel ricordo, quella telefonata, non c' erano, non c' erano mai state.

Era calato un profondo e imbarazzante silenzio tra di loro, aveva provato a chiamarlo, ma niente, a casa non rispondeva, al Decimo Ugo mormorava delle scuse patetiche, balbettando imbarazzato.

Era stata tentata più volte di tornare a Roma per un week end, solo che alla fine, il suo carattere testardo e orgoglioso aveva avuto la meglio sulle sue buone intenzioni, incrementando così quella fitta coltre di nebbia o di risentimento che si innalzava minacciosa davanti a loro.

"Un figlio? Come farò a crescere un figlio da sola, come farò a dirglielo oppure a tacere? Devo escluderlo dalle nostre vite per sempre oppure dargli un' ultima possibilità? Non so cosa fare, non so perché lui mi stia evitando, perché non voglia saperne più nulla di me. Forse si é pentito, forse ha capito che tra noi é stato tutto un errore, dopotutto gli era già successo con quella collega del Decimo, con Valeria. Alla fine lei se n' é andata e lui non ha fatto nulla per impedirglielo".

Si asciuga le lacrime che le scendono copiose lungo il volto.

"Credevo di essere importante per lui, pensavo di essere la 'sua persona', mi sono illusa di essere speciale e unica, ma forse mi sono sbagliata, forse ho sopravvalutato il nostro rapporto, forse ho sbagliato qualcosa. Vorrei proprio una risposta, vorrei sapere se e dove ho fallito, vorrei avere un motivo valido per mettermi il cuore in pace oppure per lottare con le unghie e con i denti per salvare il nostro rapporto. Vorrei che lui fosse qui, ma non c' é, deve essersi dimenticato di me, dopotutto che razza di uomo illude una donna per una sola notte, dicendole che l' ama e che finalmente ha trovato il coraggio e le parole per confessarle i suoi sentimenti e poi se ne va, senza parlare, senza dirle un 'ciao', un 'addio' o un 'arrivederci' che lasci intendere quello che vuole per il futuro?".

Anna si alza e continua a camminare, si avvicina alla sua scrivania e prende tra le mani una fotografia scattata solo un paio d' anni prima di lei e Luca, la prima sera nel loro nuovo appartamento.

"Sembrano passati secoli da quel momento felice, eppure sono solo due anni, siamo riusciti a rovinare tutto in soli due anni! ".

Lei inizia a singhiozzare e poi a piangere a dirotto, sul suo viso si scorgono la delusione e la sofferenza di chi si sente tradito e abbandonato dalle persone che più ama, da quelli in cui ha riposto tutta la sua fiducia.

"Ho già scelto, solo che mi fa male ammettere che sto decidendo di rinchiudere un capitolo importante della mia vita in un cassetto polveroso e pieno di risentimento e di frasi lasciate a metà. Mi ferisce ammettere che entrambi abbiamo sbagliato e che siamo incapaci di parlarci e di chiarirci, mi fa male pensare che non ti rivedrò più e che avrò questo bambino da sola, che lo cullerò e amerò sapendo che é tuo ma che non te lo potrò dire. Non parlare che te mi logorerà l' anima, mi farà impazzire, ma é la cosa giusta, lo sento, o almeno é tutto quello che riesco a provare in questo momento.

Scegliere di negare al mio bambino un padre mi dilania l' anima perché nemmeno io ne ho avuto uno, ma sono certa che non ripeterò gli sbagli di mia madre, crescerò questo bambino da sola, non cercherò di rifarmi una vita con qualcun altro.

E quando nostro figlio mi chiederà: 'Chi é il mio papà?, gli risponderò che é una persona buona e coraggiosa, determinata e testarda, che non ha saputo tornare sui suoi passi e lottare per gli affetti e per tutte quelle situazioni che meritano una seconda possibilità, per le persone che meritano una seconda chance".

Anna si riscopre lucida e convinta della sua scelta, si siede alla scrivania e inizia a scrivere.

 

“Ciao Luca,

Ti scrivo perché non c’è la faccio a parlarti.

Prima di tutto ti chiedo scusa, sono sparita ma questi mesi lontano da te sono serviti a tante cose, a capire me stessa, la nostra storia, quello che potevamo essere e che… che non siamo stati, che mai potremo essere.

Questi mesi lontano sono serviti ad allontanare definitivamente la speranza di un futuro con te. Qualche tempo fa ho incontrato un ragazzo. Ora mi verrebbe da scriverti il suo nome, lo vedi come sono fatta? E invece no, è meglio di no.

Con lui sto bene. All’inizio eravamo solo amici, gli ho raccontato di me, di te, di noi.

Ha capito, ha avuto pazienza. È un ragazzo d’oro sai, ti piacerebbe.

Eh beh, insomma ad un certo punto è nato qualcosa.

È riuscito a farmi immaginare un futuro sereno Luca.

E poi è successa una cosa bellissima. Luca sono incinta, sono incinta. Ti voglio bene.”

 

Ogni singola parola scritta la urta come un pugnalata al petto, le sembra di scrivere la storia di qualcun altro,anche perché
l' unica verità é il bambino che deve nascere, il resto sono solo bugie, solo menzogne.

Si sente una bugiarda, una truffatrice, una ladra, perché sta rubando per sé una vita che non esiste e perché sa che quella lettera é una strada senza via di ritorno.

Dopo averla terminata, si alza ed esce di casa,ma, prima di chiudere la porta si volta a guardare la fotografia di lei e Luca e sente una fitta al cuore.

Evidentemente la promessa che loro due si erano fatti non era poi così importante, ma solo una frase di circostanza.

Quel "Noi non saremo mai roba vecchia", era una frase vuota, senza senso, eppure la scuoteva nell' animo, come il vento con le foglie.

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Capitolo 13
*** Capitolo Tredicesimo ***



E se …

Capitolo Tredicesimo

“Lontano dagli occhi, lontano dal cuore”

Luca cammina avanti e indietro per la stanza, ha appena letto la lettera di Anna, datata due settimane prima.

E' confuso e arrabbiato, stenta a credere ai propri occhi, ha difficoltà a convincersi del fatto che Anna sia riuscita a dimenticarlo tanto in fretta, che sia riuscita a lasciarsi alle spalle quella notte e che stia costruendo una nuova vita con un altro uomo da cui avrà presto un figlio, per giunta.

Apre l' armadietto dei liquori ed estrae una bottiglia, poi prende un bicchiere e si versa un po' di vodka liscia, la beve tutta d' un fiato, di fretta, senza nemmeno pensarci.

“Dovrei chiamarla -pensa – dovrei parlarle ed essere felice per lei, farle le congratulazioni ed andarla a trovare durante il primo week-end libero. Forse dovrei proprio farlo, un amico dovrebbe fare questo, dovrei portarle un mazzo di fiori e un portafoto d' argento per le fotografie del bambino e poi conoscere il suo fidanzato, farle le solite raccomandazioni da migliore amico un po' troppo apprensivo”.

Si versa un altro po' di liquore nel bicchiere con le mani tremanti.

“Forse é meglio di no, farò finta di essere felice per lei da lontano, le scriverò un bigliettino di congratulazioni, due righe piuttosto formali, qualcosa come: 'Felicitazioni e congratulazioni per l' imminente arrivo del bambino', no, così é davvero troppo formale, sembra un telegramma, meglio un: 'Sono felice per te e il tuo compagno, ti auguro di trascorrere questo momento magico e speciale nel più sereno dei modi', sì, così, va già meglio.

Luca si abbandona all' ennesimo momento di debolezzza, prima di addormentarsi sul divano del soggiorno, ancora vestito di tutto punto, con giacca e cravatta, persino con le scarpe ancora indosso.

 

A qualche centinaio di chilometri di distanza, Anna é seduta sul divano, nel soggiorno di casa sua a guardare un film poliziesco, un vecchio thriller americano, trasmesso per l' ennesima volta in replica, a notte fonda.

Mangiucchia nervosamente delle caramelle gommose, attingendo da una confezione formato famiglia, ormai semivuota.

Di tanto in tanto si asciuga delle lacrime che le sfuggono per la tensione, una sorta di reazione emotiva mescolata con gli sbalzi ormonali tipici della gravidanza, la drammaticità della storia e della sua situazione personale.

“Luca non mi ha ancora chiamato – pensa . Ormai dovrebbe già aver ricevuto la lettera da un po'. Come può non aver letto tra le righe di quello che gli ho scritto,come può pensare che io sia riuscita a dimenticarlo così in fretta, tanto in fretta da conoscere un altro uomo e decidere di avere un figlio con lui? Come può essere così cieco, così sordo, così insensibile alla mia disperata richiesta d' aiuto? Non gli importa più nulla di me, non é più nemmeno interessato a quel solido e stupendo rapporto di amicizia che condividevano da tempo. Per lui non sono più nulla, noi due siamo diventati roba vecchia”.

Anna afferra il telefono e compone il numero di Luca, poi esita e lo cancella, distogliendo dai suoi occhi e dal suo cuore l' immagine di loro due felici ed insieme con la loro bambina in braccio, immagine che rimarrà soltanto nella sua fantasia e che tormenterà i suoi peggiori incubi per il resto dei suoi giorni.

 

Tornando al presente …

Anna prende la bambina tra le braccia, indecisa se portarla con lei a Roma oppure se affidarla alla baby sitter.

Afferra il cappotto, prende la borsa, il portafolgio e il bancomat, qualche vestito di ricambio per lei e per Irene, sua figlia, che alla fine ha deciso di portare con sé, lì, dove é iniziato tutto e dove teme che ora tutto possa finire.

Apre la porta di casa ed esce, con Irene in braccio, poche speranze, tanti rimorsi e qualche rimpianto.

E se la vostra presenza vicino a lui riuscisse a strapparlo alla morte?

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Capitolo 14
*** Capitolo Quattordicesimo ***


E se ...

Capitolo Quattordicesimo

Anna si ferma in una stazione di servizio per fare benzina e comprare qualcosa da mangiare per sé e per la piccola Irene, che piange seduta sul seggiolino dell' auto.

La bambina ha due anni, ha i capelli neri e lucenti, legati con un fermaglio e degli occhi grandi e scuri molto espressivi, simili a quelli di suo padre, di quel papà che lei non aveva mai conosciuto.

"Su, Irene, vieni in braccio. Ci sono qui io, la tua mamma, siamo in auto, ricordi? Dobbiamo andare a fare una gita. Vieni qui, vieni, ora ce ne andiamo a comprare qualcosa di buono, vuoi che comperiamo la cioccolata e il cornetto con la confettura di fragole, piccola mia?" le chiede Anna, asciugando con un fazzoletto di carta le lacrime che rigano il viso della sua bambina.

Irene annuisce e si aggrappa forte a sua madre, strofinando forte il suo nasino contro i capelli di Anna e cingendola con tenacia, in modo da non riuscire a staccarsi per nulla al mondo da lei.

Anna chiude la portiera dell'auto e si aggiusta la tracolla viola sulla spalla destra, poi rassicura nuovamente la sua piccola e si avvia verso l' autogrill, in cerca di un posto caldo e sicuro dove trascorrere una manciata di minuti prima di ripartire verso la capitale.

Duecento chilometri, mancavano solo duecento chilometri a Roma, duecento chilometri a separarla da Luca.

Il suo migliore amico.

Il suo amore.

Il padre di sua figlia.

Irene.

Aveva pensato molte volte che la scelta fatta mesi prima della sua nascita fosse sbagliata, che stava portando via al nascituro una figura importante, fondamentale, che forse sarebbe bastata una telefonata a sistemare tutto, a raccogliere i cocci e a rimetterli insieme.

Inizio flashback

Aveva preso un treno per Roma, aveva tenuto le braccia strette contro il pancione mentre viaggiava, braccia con cui sperava di stringere Luca, labbra con cui sperava di baciarlo e di chiarire tutto.

Fiumi di speranze e di sogni infranti alla vista di lui con un' altra, una donna mai vista prima, una donna con cui lui l' aveva presto rimpiazzata. 

Anna se n' era andata, aveva stretto forte la giacca a sè e aveva corso fino allo stremo delle forze, fino a che un passante le aveva chiesto se avesse avuto bisogno di un medico, se si fosse sentita male.

Lei aveva annuito debolmente, prima di vedere il buio attorno a sé, i piedi sempre più distanti da terra, si era accasciata al suolo e si era svegliata in un letto d' ospedale, i medici a dirle che il bambino era in sofferenza fetale e che era più sicuro per entrambi un parto cesareo d' urgenza.

Aveva pianto, Anna aveva pianto per il dolore, la rabbia, la paura.

Era orgogliosa, Anna, troppo orgogliosa per fare qualsiasi cosa che fosse lontanamente sensata come chiamare sua madre o Vittoria, chiamare Luca e chiedergli di venire.

Il suo orgoglio l' aveva fermata, le aveva impedito di pensare ad altro che non fosse il padre del suo bambino con un' altra, nell' appartamento che una volta era stato loro e che, in fondo, continuava ad esserlo.

La paura di non sapere se il piccolo o la piccola, visto che aveva deciso di non scoprire il sesso del bambino prima della nascita, sarebbe sopravvissuto, la paura di ripiombare in quel vortice maledetto di angoscia e depressione che aveva conosciuto troppe volte durante la sua giovane e travagliata esistenza.

Quando le avevano adagiato la piccola sul seno, Anna aveva pianto, aveva lasciato scorrere tutte le emozioni che affollavano la sua mente e che aveva tenute nascoste in un angolino della sua anima, in modo che se ne rimanessero lì, in un angolo e non le recassero fastidio.

Aveva visto gli occhi grandi ed espressivi della piccola che sembravano scrutarla,che parevano leggerle il cuore.

Sua figlia aveva allungato una manina verso di lei, nel tentativo di avvicinarsi, poi l' avevano portata via le infermiere per lavarla e poi sottoporla agli esami necessari.

Era forte e sana, era nata una manciata di settimane prima del termine, cinque per la precisione, per questo motivo aveva passato un breve ma necessario periodo in incubatrice, periodo nel quale la sua mamma non l' aveva lasciata se non per dormire qualche ora, mangiare o per farsi una doccia.

"Irene - le diceva - ti chiamerò così, questo nome ti sarà di buon auspicio. Tu sei una lottatrice nata, piccola mia, proprio come la mia migliore amica. Sai, piccola, lei ti avrebbe viziata moltissimo, ti avrebbe portata al parco e probabilmente avrebbe convinto la mamma a parlare con il tuo papà".

Nel periodo trascorso all' ospedale romano, Anna non aveva ricevuto visite, non tanto perché fosse sola e dimenticata da tutti, quanto perché lei aveva taciuto la notizia e si era limitata a far finta di nulla, rimandando il momento della verità il più in là possibile ed effettivamente ciò le era riuscito piuttosto bene.

Ricordava di essere uscita dalla clinica con la piccola Irene che dormiva beata nella carrozzina, una sacca piena di pannolini e creme idratanti per neonati e un bagaglio di paure e di angosce che difficilmente l' avrebbero abbandonata negli anni a venire.

In tasca una carta di credito ormai prossima all' essere prosciugata ed un cellulare con il quale aveva chiamato un taxi per tornarsene a casa, a Trieste, e lasciarsi alle spalle l' ospedale, il Decimo, la sua vita da poliziotta e il rimpianto di un amore passato, sorto e sfiorito troppo presto, troppo in fretta.

Le lacrime, la gioia, la paura di essere sola e di essere madre e la consapevolezza di essere responsabile di quella creatura così forte eppure così fragile che si succhiava dolcemente il pollice nella carrozzina, ignara di tutto il dolore che sua madre stava serbando nel cuore come un veleno, questi erano stati i sentimenti che animavano il suo cuore nel momento in cui si era lasciata Roma alle sue spalle.


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