Wii play

di evenstar
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Tennis ***
Capitolo 2: *** Baseball ***
Capitolo 3: *** Golf ***
Capitolo 4: *** Interludio numero 1: come si ruppe la nave di cristallo ***
Capitolo 5: *** Boxe ***
Capitolo 6: *** Boxe 2.0 – Reloaded: di rosse, di nere, di torte e di sogni. ***
Capitolo 7: *** Interludio numero 2: Tony Stark e le sue dichiarazioni. ***
Capitolo 8: *** Bowling ***
Capitolo 9: *** Balance Board ***



Capitolo 1
*** Tennis ***


Dovete sapere che Tony Stark è sì un genio, un miliardario e un filantropo (il playboy lo aveva lasciato da parte da quando aveva iniziato una relazione stabile con Pepper Potts, per la buona pace domestica) ma in fondo è anche una persona normale e, in quanto tale, molto spesso passa dei normali sabati pomeriggio in casa.

Questo di cui stiamo per parlare era proprio uno di quei giorni. 
- Ma dai! Non ha senso, l’avevo decisamente presa quella palla!
- Non sai perdere, bello mio. Questa è classe!
Pepper Potts si diresse verso il salotto di casa, curiosa di vedere cosa avessero da scaldarsi tanto Tony e il suo amico Rhodey; li aveva lasciati solo qualche minuto prima stravaccati sul divano a far finta di vedere un telegiornale, in plateale attesa che lei lasciasse la stanza, e adesso stavano litigando come bambini.
- Ma che classe, è pura fortuna!
O forse peggio di bambini.
- Si può sapere che cosa state combinando voi due? – chiese entrando nella stanza e fissandoli allibita. Erano entrambi in piedi davanti alla televisione 52 pollici, con in mano un telecomando a testa.
- Sport – le rispose Tony senza neanche girarsi verso di lei, sventolando la mano in aria con foga. Contemporaneamente sullo schermo della TV un omino stilizzato vestito tutto di nero, con una zazzera di capelli dritti in testa che ricordavano molto quelli di Tony, stava tirando un rovescio nel campo dell’avversario.
- Sport? – chiese spaesata la ragazza passando lo sguardo dai due uomini adulti alla televisione, per poi fermarlo su quello che avrebbe dovuto essere l’erede di un impero finanziario da miliardi di dollari.
- Tennis – confermò l’erede senza scomporsi al suono ironico della voce della ragazza.
- In pratica sto insegnando al tuo fidanzato come gioca un vero campione! – quasi urlò Rhodey sparando una secca palla al limite del campo di Tony segnando quello che, evidentemente dai coriandoli che apparvero sullo schermo, era il punto partita. – Sei finito!
- Non è il mio… - cercò di negare Pepper, ancora piuttosto incerta sulla sua situazione sentimentale. D’accordo la sera prima c’era stato decisamente qualcosa tra lei e Tony dopo tutto quel pasticcio all’Expo e si beh, dopo che lui le aveva salvato la vita, ma era ancora molto confusa su quello che quel particolare “qualcosa” poteva implicare nella sua vita. Rhodey evidentemente, presente imbucato al suddetto “qualcosa” sebbene in effetti un tetto fosse da considerarsi un luogo pubblico dove tecnicamente non ci si poteva imbuare, non era confuso affatto. Tutte le sue elucubrazioni mentali furono interrotte dal successivo commento di Tony che non aveva fatto minimamente caso a quello che aveva detto l’amico, né a quello che aveva cercato di dire lei.
- Ma figurati. Posso batterti quanto voglio se solo questo aggeggio funzionasse. Adesso lo smonto, deve essersi incasinato qualche sensore.
- Non sai perdere, amico – lo zitti Rhodey.
- Non so perdere perché io non perdo! – ringhiò Tony.
- Pepper, come te la cavi con il tennis? – chiese Rhodey girandosi a guardarla e tendendole un controller rosso.
- Io? – chiese lei fissando orripilata il telecomando che le veniva porto. – Mai giocato – e neanche ci teneva ad iniziare. Poteva anche essere confusa per quanto riguardava il lato romantico della sua vita (e, in effetti, era confusa da circa 10 anni, momento in cu aveva iniziato a lavorare per l’avvenente miliardario. A quel punto, giorno più giorno meno, non avrebbe poi fatto tutta questa differenza, no?) ma era sicura che una persona adulta non dovesse mettersi a giocare ai videogiochi come un ragazzino.
- Scommetto quello che vuoi che la qui presente signorina Potts riuscirà a batterti senza nessun problema.
Cosa? Pepper strabuzzò gli occhi: quei due avevano davvero in mente di farla giocare?  Lei? - No aspettate, io non voglio giocare… - cercò di opporsi la ragazza, ma di nuovo sembrava che nessuno le stesse prestando minimamente attenzione.
- Andiamo Rod, non sarebbe giusto.
- Paura? – chiese Rhodey, alzando un sopracciglio.
- Ma figurati. E’ che…. Dai insomma non mi sembra il caso. E’ troppo facile!
- Ehi – sbottò Pepper. – Come sarebbe a dire? – Passasse pure che stessero parlando come se non fosse neanche nella stanza, passasse che stessero pensando di farla giocare ai videogiochi (e lei non aveva giocato ai videogiochi neanche quando aveva dieci anni, trovandoli infantili già allora) ma dare per scontato che non potesse fare qualcosa, no quello non lo potevano dire.
 - Andiamo, Pep. Sei fantastica, stupenda, assolutamente perfetta ma… lo sport? – chiese Tony alzando un sopracciglio con un sorriso ironico sul volto.
- Rhodey, dammi quel controller – Pepper si diresse a passo di marcia verso il divano togliendosi le scarpe con il tacco mentre procedeva e rimanendo scalza. Se era in grado di gestire l’azienda del suo capo meglio di lui era anche perfettamente in grado di giocare a tennis meglio di lui. – Pronto alla disfatta, signor Stark?
- Sicura? – le chiese.
- Mai stata più sicura.
- Oh, ti sei cacciato nei guai, amico – rise Rhodey andando a sedersi sul divano. – Singolar tenzone, unico set. Vinca il migliore, signori - Pepper lo guardò male. - …E signore.
- Aspettate un attimo – li fermò Pepper guardando il controller che aveva in mano. – C’è qualcosa che dovrei sapere?
- No, è semplice. Come se avessi in mano una racchetta da tennis.
- Va bene, pronta allora!
La ragazza era alla battuta, fece un movimento di polso e tirò una splendida palla veloce nel campo di Tony che, d’altra parte, non fu abbastanza rapido a ribattere. A sua discolpa si può dire che fu lievemente distratto dal controller di Pepper che attraversava il salotto, sfiorava il suo televisore super moderno e molto costoso e si schiantava contro un vaso di cristallo. Anche la caduta del vaso, il rovesciarsi dei fiori e l’urlo della ragazza in effetti contribuirono a ridurre la sua attenzione al gioco, sebbene in modo molto più marginale.
- Oh mio dio – urlò Pepper andando a raccogliere il vaso. – Scusate, io… mi è scappato!
- Ah ecco che cosa le dovevamo dire, Tony. Il laccetto va messo al polso! – rise Rhodey senza scomporsi troppo.
- Si quello e anche che, come sempre, avevo ragione io – rincarò lui.
- Come sarebbe, scusa? Ragione su cosa? – chiese la ragazza con un mazzo di fiori in mano.
- Ragione sul fatto di avere solo fiori finti in casa, mi pare ovvio! – rispose lui impassibile fissando il vaso rovesciato sul tappeto persiano, che però ne era uscito perfettamente intonso e privo di alcun danno.
Pepper ebbe il buon gusto di arrossire e poi, per sviare il discorso, guardò lo schermo della TV – Comunque ho segnato – rispose con nonchalance agganciandosi il laccetto, stava ancora cercando di stringerselo al polso quando Tony rispose alla battuta e, trovandola impreparata, riuscì a pareggiare. – Ehi, non vale, non ero pronta! – si lamentò.
- Tutto vale in amore e in guerra, bellezza – le rispose Tony serafico. – Migliori i riflessi, signorina Potts!
- Rifletti su questo – mormorò lei concentrata dallo scambio di rimbalzi sotto la rete. – E due! – esultò sbilanciando completamente i mii di Tony con una battuta dall’altra parte del campo.
Rhodey fischiò. – Complimenti, Pepper.
Tony fece una smorfia. – Si, si. Bravina. Ma la partita ancora non è finita!
 - Manca un punto, ti conviene stare attento! – disse Rhodey dal suo angolo, ridendosela allegramente dell’imminente sconfitta dell’amico.
Pepper fissò concentrata lo schermo. Toccava a lei la battuta, un colpo ben assestato e avrebbe vinto e ridimensionato, almeno per un aspetto e per una sera, lo smisurato ego del suo eccentrico capo. Torse il polso e si sbilanciò in avanti in una perfetta palla veloce, che Tony però ribattè. Con un colpo d’occhio lei rispose al rimbalzo e in un attimo… aveva vinto.
- Vittoria! – esclamò felice alzando le mani e cominciando a saltellare sul posto.
- Brava! Tony sei ufficialmente una schiappa a tennis! – commentò Rhodey ridendo mentre si alzava dal divano. – E con questo vi saluto. Quando vuoi riperdere… - disse all’amico come saluto, uscendo dalla porta.
- Chiamerò Pepper – concluse Tony non riuscendo a trattenere un sorriso nonostante la bruciante sconfitta.
Qualche minuto dopo erano entrambi seduti sul divano a fare zapping tra le televendite della sera. Pepper con la mente decisamente altrove fissava con sguardo vacuo le immagini che le stavano scorrendo davanti, Tony fissava lei con la coda dell’occhio, chiedendosi a cosa stesse pensando per trovare interessante la televendita di un tappeto in vera pelle di mucca. All’improvviso la ragazza si girò di scatto verso di lui, lo sguardo corrucciato. – Mi hai fatto vincere? – chiese a bruciapelo, trovandolo impreparato.
Lui sorrise. – No. Non sono così generoso, dovrebbe saperlo signorina Potts. 
Lei tornò a fissare le immagini sul televisore per altri 10 minuti, sempre con lo sguardo concentrato. E all’improvviso di nuovo tornò a girarsi verso di lui, perplessa. – Dicevi veramente?
- Di cosa stiamo parlando? – le rispose tranquillamente, come se tutta quella situazione fosse perfettamente normale.
- Di quando hai detto che sono fantastica, stupenda, assolutamente perfetta.
Tony rise. – Mai stato più serio. E tu dicevi sul serio?
Pepper alzò un sopracciglio. – Quando?
- Quando ieri sera hai detto che non era strano.
Pepper sentì la famigliare e molto detestata sensazione di bruciore al viso, chiaro segnale che stava ridiventando rossa. Maledizione a lei e alla sua carnagione chiara! Tornò a fissare la televendita per un lungo momento, tanto che Tony suppose che non gli avrebbe risposto. In realtà stava disperatamente cercando qualcosa da dire: nell’impeto del momento il loro bacio le era sembrato tutto (fantastico, stupendo, giusto e assolutamente perfetto) tranne che strano. Insomma in quel momento aveva tutti i motivi per essere sottosopra: aveva appena rischiato di morire, era arrivato a salvarla un supereroe e beninteso, non uno qualunque, ma il “suo” supereroe che l’aveva portata via schizzando a razzo nel cielo (cosa che sperava vivamente non sarebbe mai più successa, per il suo benessere psichico). A sua volta lui aveva appena rischiato di morire. Due volte. Quella era stata la conclusione perfetta di quella scena perfetta. Non avrebbe mai potuto essere strano.
Ma ripensandoci a mente fredda?
L’assistente e il capo.
Era un maledetto cliché, e anche uno di quelli più banali.
Che diavolo lui era Tony Stark, il playboy che faceva cadere ai suoi piedi qualunque donna solo con uno sguardo, che possibilità aveva lei? Oh, magari ci avrebbe anche provato a fare il bravo per qualche ora, o forse addirittura per qualche giorno, ma poi lei era sicura che le avrebbe spezzato il cuore. Come da copione per una qualunque tragica storia d’amore contemporanea.
Però.
Fortunatamente c’era un però.
Pepper voleva che ci fosse, avrebbe dato qualunque cosa per trovare un però in tutti quei suoi ragionamenti contorti.
Però dicevamo, oltre allo sguardo da playboy che tanto spesso veniva mostrato in pubblico, lei ne aveva visto anche un altro che compariva ben di rado sul volto di Tony e che, a onor del vero e senza falsa modestia, c’era quando c’era anche lei in giro. Uno sguardo dolce dove l’altro era ardente, sicuro dove l’altro prometteva un cuore infranto, ma anche quello sguardo era assolutamente irresistibile.
E quindi? Si rese conto che la televendita era finita. Doveva fare la sua scelta. - Si – bisbigliò alla fine, talmente piano che lui dovette protendersi verso di lei per sentire, arrivando a sfiorarle il volto con il suo.
- Si? – le chiese confermando in un attimo l’esistenza reale di quell’irresistibile sorriso di cui stavamo parlando poco fa.
- Si – ripetè lei con più voce, incoraggiata.
- Sono perfettamente d’accordo con lei, signorina Potts – mormorò lui chinandosi a baciarla. Quando le loro labbra si unirono Pepper ebbe un’improvvisa epifania e capì due cose: primo, i suoi dubbi sulla sua situazione sentimentale al momento erano scomparsi come fumo al vento. Quello che la sera prima aveva solo intuito adesso le era perfettamente, drasticamente e tragicamente chiaro nella mente. Lei amava Tony Stark. Senza possibilità di ritorno. Ormai le rimaneva solamente da sperare che anche lui fosse stato folgorato dalla stessa sua consapevolezza e che non le riducesse il cuore a brandelli con una delle sue “uscite alla Tony”.
Pepper, con orrore, si rese conto che stava montando la sua felicità futura su un sorriso, lei che aveva sempre preteso prove, fatti e firme. Gran bell’affare!
La sua seconda epifania di quel momento riguardava argomenti decisamente più banali e più prosaici: a tennis l’aveva decisamente fatta vincere.

 
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Pausa dalle storie Natalizie. Ricordandomi quanto sia più divertente scrivere commedie che storie sentimentali mi sono lanciata in una raccolta che vuole essere solo un momento di puro relax. Questa storia in particolare mi è venuta in mente nell'ultima partita di tennis alla wii con una chiarezza tale che l'ho scritta in un lampo. E da lì l'idea di proseguire con un ciclo, sperando possa divertire voi come mi sono divertita io ad immaginarmi Tony e Pepper alla prese con la wii. Lo so che una persona con un AI che controlla casa forse meriterebbe di meglio di una consolle wii ma, ammetiamolo, è divertente giocarci!
Ciao

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Capitolo 2
*** Baseball ***


Uno stupendo tramonto arancione stava incendiando la superficie del mare appena fuori dalle finestre della villa, tramutando la distesa d’acqua in un oceano di oro fuso, ma nessuno degli occupanti della casa sembrava esserne minimamente interessato. Al di qua del pittoresco quadro naturale che si era delineato all’orizzonte, e che stava lentamente sparendo inghiottito dal blu intenso della notte, Pepper sospirò posando la sua pesantissima borsa da lavoro sul tavolo. Un’altra impegnata, frenetica, convulsa, spasmodica e assolutamente normale giornata lavorativa era volta al termine e lei non vedeva l’ora di mangiare qualcosa e svenire sul divano, come ogni sera. Doveva ammettere che il riportare la sua situazione lavorativa alla normalità (e quindi tornare ad essere la semplice assistente personale del CEO, invece che la CEO stessa) le aveva dato un’immensa soddisfazione. Quasi tutto il resto del mondo avrebbe interpretato quell’evento come una presa di coscienza da parte di Tony Stark che lui era l’erede delle Stark Industries, e che quindi le doveva gestire come d’altra parte aveva fatto fin dalla tenera età di 16 anni, senza delegare il lavoro ad una qualunque assistente non qualificata. A Pepper andava benissimo così, molto meno stress, molti meno fotografi, molti meno pettegolezzi e molte meno critiche mantenendo comunque alla fine il controllo su tutto, tranne che sulla facciata. Nessuna delle due parti in causa (ovvero lei stessa e Tony) avevano il minimo dubbio su chi faceva andare avanti la baracca e quindi il resto del mondo poteva tranquillamente pensare quel diavolo che voleva.
Sebbene la loro situazione personale fosse al momento in una fase di transizione (da cosa a cosa ancora non era ben chiaro a nessuno dei due) la stampa non aveva ancora subodorato nulla e quindi si potevano godere un po’ di sano relax insieme, senza l’assillo di trovare un loro video su You Tube il giorno dopo. Certo questo poteva implicare non lasciare la sicurezza (elettronica) della villa insieme, non indulgere in cene romantiche pubbliche o a passeggiate al chiaro di luna mano nella mano, anche se a ben pensarci già da qualche tempo giravano loro foto non esattamente innocenti dell’ultima Charity Premiere. Quelle limitazioni però non erano un problema, potevano sempre decidere di mangiare al lume di candela in casa o di fare una romantica passeggiata sulla spiaggia privata anche se Pepper non credeva che sarebbe mai successo. Molto più probabilmente si sarebbero trovati a mangiare con un cartone di hamburger come piatto e a volteggiare a qualche centimetro dal suolo per provare i nuovi propulsori dell’armatura di Iron Man.
Tutti questi suoi profondi pensieri furono interrotti da un “tump”, soffice suono di qualcosa di molto fragile che cade su un tappeto molto costoso. Dovete sapere che a tale suono la brillante assistente di Tony-Stark-io-sono-Iron-Man ormai aveva fatto il callo, essendo la casa anche il laboratorio dove il multi miliardario provava i suoi nuovi giocattoli, ehm prototipi, di armatura. Quindi non dobbiamo stupirci se non fu con grande ansia né apprensione che Pepper si diresse verso il salotto per vedere cosa si fosse appena rotto. Rimane comunque interdetta di fronte alla scena che le si parò davanti: Tony era di davanti al suo televisore 52 pollici ma in una posa che normalmente nessuno assume di fronte ad un televisore, bensì sulla prima base di un campo da baseball, in attesa di un tiro.
- Oh mio dio, pensavo che fosse solo una cotta passeggera, Tony. A cosa dobbiamo questo improvviso amore viscerale per i videogiochi? – chiese con tono decisamente ironico avvicinandosi al divano, ma rimanendo comunque a distanza di sicurezza.
- Ciao – le rispose lui, chiaramente interpretando la domanda come retorica e quindi non meritevole di approfondimenti, chiarimenti o semplici risposte. – Tutto bene?
- Io si. Che cos’era quel rumore di cocci che ho sentito poco fa? – gli chiese scrutando in giro, fissando l’attenzione su quel paio di oggetti di Swarowsky a cui teneva particolarmente e tirando un sospiro di sollievo nel vederli ancora al loro posto, intatti.
- Uhm? – rispose lui sventolando le braccia e osservando poi con ansia l’immagine di una palla che passava tutto il campo, le tribune e si perdeva nel blu oltre lo stadio mentre la scritta “fuori dallo stadio” compariva tra coriandoli e stelle filanti. – Sono grande!
- Tony? – chiese di nuovo alzando un sopracciglio nella sua classica posa da “mi serve una risposta”. Fu contenta di notare come la stessa occhiata lavorativa sembrava funzionare abbastanza bene anche in campo più personale.
- Niente, solo il bicchiere – si decise a rispondere lui dando un colpetto ad un bicchiere da liquore per terra che, fortunatamente per il tappeto, era vuoto.
- E credi di lasciarlo lì fino a domani? – Pepper odiava letteralmente riprenderlo così. Lo aveva odiato prima e ancora di più le dava fastidio adesso che si presumeva fossero una coppia (forse. Si lo erano decisamente. O no? Mah) ma, che diavolo, un adulto in casa doveva esserci.
 - No, solo fino alla fine della partita. Dai mancano tre tiri – aggiunse come scusa sentendo uno sguardo omicida sulle sue spalle.
- D’accordo, - crollò letteralmente lei, buttandosi sul divano. – Ma poi mangiamo, ho una fame terribile!
- Ti sei ricordata di fare pranzo, oggi? – chiese lui ridendo quando con la coda dell’occhio vide Pepper che arrossiva fino alla punta dei capelli, già rossi di loro. – E mi dica, signorina Potts – concluse guardando con orgoglio un altro fuoricampo che si perdeva tra le scalinate – A cosa dobbiamo questo amore viscerale per il suo lavoro?
- Mi è sempre piaciuto il mio lavoro! – si difese lei. – Ok, - disse infine quando lui abbandonò per un attimo lo schermo per fissarla con un sopracciglio alzato. – E’ che sono contenta di essere tornata al “mio” lavoro, tutto qui. 
- Sai che cosa ti dico? Hai decisamente bisogno di sfogare la tensione – le disse Tony togliendosi il laccetto e tendendole il telecomando.
- Cosa? – Pepper scosse la testa facendo ondeggiare la massa di capelli ramati e facendo perdere qualche battito al cuore di Tony, che però non si lasciò distrarre da tale spettacolo assolutamente sexy, provocante e... non si fece distrarre, dicevamo.  
- Su.
- Ma non so giocare a baseball, Tony. E non ne ho voglia! Ho fame! Sono stanca.
- Dai, un paio di tiri, ti sentirai decisamente meglio dopo! – le rispose lui, e in parte ci credeva. In parte, ovviamente la parte maschile e sportivamente competitiva di lui, non vedeva l’ora di farle capire quanto difficile fosse fare un fuoricampo. Era la solita vecchia idea virile: ti faccio vedere il mio piumaggio colorato (ossia, nel caso specifico, quanto sono bravo a baseball) così tu poi mi cadi ai piedi. Due cose però non aveva tenuto in conto il nostro eroe (letteralmente parlando): la prima era che, in quel preciso momento, una delle sue famose omelette avrebbe fatto decisamente più colpo sull’affamata Pepper di quanto non potesse fare un bel tiro a baseball. La seconda, beh quella la vedrete tra poco e le sue conseguenze furono considerevoli.
- Se io adesso trovo la forza di alzarmi e fare un paio di tiri, dimostrandoti quanto non sia assolutamente capace a giocare, poi mi prometti che mangiamo?
- Affare fatto – annuì lui, passandole il telecomando. – Ehm, solo ricordati il laccetto. Sono affezionato a quella ferraglia, - le disse indicando la loro mega TV ultranuova.
Pepper lo fulminò con un’occhiata. – Avevo chiesto l’altra volta.
Tony sorrise con fare innocente e si sistemò dietro di lei sul divano, ad osservarla.
- Beh? – gli chiese girandosi a guardarlo. – Che cosa devo fare?
- Il principio è quello di colpire la palla quando quella arriva. Come ora.
Pepper si voltò di scatto solo per vedere una pallina che si perdeva dietro al suo giocatore e una sfacciata scritta “strike” che compariva sullo schermo. – Non vale, non ero pronta! – disse avendo un deja vu dell’ultima volta. Per ironia della sorte, tra l’altro, l’omino stilizzato che la stava tartassando di palle veloci e curve aveva proprio le fattezze dell’uomo che stava sghignazzando alle sue spalle, capelli arruffati e bellissimi occhi nocciola compresi. Pepper scosse la testa cercando di ritrovare la concentrazione. Accidenti a lui ai suoi omini! La terza palla andò meglio, quanto meno riuscì a colpirla, sebbene si perse di lato, fuori dal campo. Alla quinta palla di fila che non riusciva a prendere la ragazza perse decisamente la pazienza. – Senti, - disse con tono minaccioso togliendosi il cordino e tendendogli il controller – Non so perché mi stai sottoponendo a questa tortura ma mi sono stufata! Gioca da solo!
Fortunatamente per Tony, lo stesso vantaggio che aveva lei nel loro nuovo e ancora acerbo rapporto di coppia, lo aveva anche lui. La conosceva talmente bene da sapere esattamente dove si trovava la famosa linea invalicabile, quella sottile traccia che separava una sfuriata generica da una vera e propria incavolatura con i controfiocchi. E a quella famosa riga mancava ancora qualche divertente centimetro. Si alzò dal divano e le rimise in mano il controller, allacciandole il laccetto e facendole segno di rimettersi in posizione; lei lo guardò imbronciata ma poi, come le succedeva tragicamente  sempre, fece quello che le veniva chiesto.
- Il trucco è il tempismo – le mormorò all’orecchio, avvicinandosi a lei fino a che i loro corpi non furono a contatto. Tony fece scivolare le sue mani sulle spalle della ragazza, facendogliele rilassare, poi le sfiorò le braccia, mettendogliele nelle posizione corretta, e infine le appoggiò lievemente sui suoi fianchi. A quel punto successero numerose cose.
Pepper arrossì ma, per una volta e fortunatamente per lei, nessuno la vide.
Tony perse il controllo dei battiti del suo cuore e per un attimo temette che nessun reattore al mondo avrebbe potuto salvarlo, questa volta.
Pepper si rese conto che quel contatto le piaceva. Molto.
Tony si rese conto di essere terrorizzato.
Pepper si rese conto che c’era qualcosa che non andava.
Tony si rese conto di essere sconvolto dal fatto di essere terrorizzato.
Pepper si rese conto che Tony era terrorizzato e per un attimo ne fu atterrita lei stessa.
Il fatto a cui entrambi stavano pensando, con terrore, era questo. Perché mai Tony Stark, playboy donnaiolo di fama internazionale, il mito di qualunque altro uomo, ammirato e osannato come conquistatore mondiale secondo, e forse neanche poi così tanto, solo al mitico Casanova, doveva essere terrorizzato dal contatto (attraverso svariati strati di tessuto, tra l’altro) con i fianchi di una ragazza?
Ovviamente fu Pepper la prima a capire quello che stava succedendo ma, a difesa di Tony, possiamo dire che lui ci arrivò solo qualche attimo dopo di lei.
Pepper si rese conto con gioia, e sentendo una sensazione di calma pervaderla, che non solo Tony Stark aveva un cuore, ma che quel cuore era, al momento, in suo assoluto possesso. Ora quanto meno sapeva che, se le cose non fossero andate come dovevano andare, ci sarebbero stati non uno, ma due cuori infranti a Malibù. Il che, sebbene non fosse una prospettiva allettante, quanto meno serviva a riportare il suo ego ad un altezza accettabile.
Tony si rese conto con un ben più di una punta di panico, ma anche con qualcosa che assomigliava a felicità pura, di essere assolutamente, inderogabilmente, totalmente, integralmente, categoricamente innamorato della sua assistente. Non si trattava solo di trovarla bella, affascinante, intelligente, divertente perché di donne così ne aveva già conosciute molte; si trattava semplicemente di Pepper. Forse lo aveva sempre saputo, forse se n’era reso conto in Afganistan, forse quando l’aveva guardata per la prima volta al ballo, non lo sapeva e ben poco gli importava in quel momento.
Tony era felice.
Ed era terrorizzato.
Si scostò sollevando le mani e fissando il vuoto davanti a se finché quel vuoto non fu riempito dal volto di lei, che nel frattempo si era girata.
- Tutto bene? – gli chiese guardandolo con innocenza, come se non fosse appena successa una cosa monumentale che cambiava tutto nella loro vita.
- Ehm, si. Bene – rispose cercando di riprendere il controllo. Cercò di pensare ad altro: al baseball, alla palla, alla sfida, al tempo. A qualunque dannatissima cosa, ma in quel momento non gli veniva in mente niente che non fossero i suoi capelli che ricadevano morbidi sulle spalle, i suoi occhi azzurri che lo fissavano allegramente, quasi a prendersi gioco di lui, le sue labbra e poi i fianchi, le braccia, le mani, le gambe. Il cervello di Tony andò in tilt. Meno di un secondo dopo la stava baciando e le sue mani tornarono nell’esatto punto che aveva scatenato quel pasticcio, ma questa volta non ci furono eventi a disturbare il momento. Pepper si girò tra le sue braccia in modo da trovarsi davanti a lui e, liberandosi di quello scomodissimo laccetto, fece cadere il telecomando per terra in modo da avere le mani libere e poterle affondare nei capelli di lui, spettinandoli ancora di più. Giusto perché le andava di farlo da sempre, e adesso poteva.
- Mangiamo adesso? – chiese con un sorriso sottile.
- Quello che vuoi – rispose lui tornando a perdersi nel suo sguardo.   

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Capitolo 3
*** Golf ***


Silenzio, pace e tranquillità.
Pepper si sedette soddisfatta sul divano, assaporando il momento. Era finalmente sola in casa, aveva finito il suo lavoro ed era persino riuscita a spedire Tony in ufficio per ben tre ore, quel giorno. In conclusione era stata una giornata a dir poco perfetta a cui, viste le premesse e data la buona dose di ottimismo che la stava pervadendo, avrebbe forse fatto seguito una serata altrettanto perfetta.
Nei suoi piani Tony sarebbe tornato a casa da lì a un paio d’ore, giusto in tempo per essere catturato prima che si chiudesse nel suo laboratorio e facesse perdere le sue tracce per tutta la sera. Pepper aveva infatti in programma di convincerlo, eventualmente usando un paio di stratagemmi che recentemente aveva scoperto funzionare ottimamente, a portarla a cena soprattutto visto che, sebbene stessero insieme da qualche settimana, non avevano ancora avuto un primo appuntamento regolare. Sorrise soddisfatta dei suoi piani e chiuse gli occhi, riposandosi.
Ora, dovete sapere che ci sono persone che proprio non riescono a stare ferme a fare niente. Il concetto di riposo, per chi è abituato a fare cinque cose insieme, è deleterio e il motto di questa  congregazione virtuale rimane sempre ben impresso nelle loro menti: “chi si ferma è perduto”. Così era Tony, sebbene ad un occhio inesperto il suo potesse sembrare un affaccendamento del tutto afinalistico, e così era decisamente Pepper. Per farla breve, dopo due minuti di riposo, la ragazza stava già pensando a come impegnare l’ora e mezza che prevedeva che mancasse al rientro del suo eroe (letteralmente parlando).
Aprì gli occhi e si mise a cercare qualcosa da fare. La casa era, ovviamente, in ordine perfetto per merito dell’impresa di pulizie che discretamente passava giornalmente a mettere a posto e pulire tutto, il pranzo non aveva bisogno di essere cucinato (a quel punto Pepper era sicura che avrebbe ottenuto la sua cena), le mail erano state spedite e le firme erano state fatte. L’occhio le cadde su una piccola scatolina nera che, nelle ultime settimane, troppo spesso aveva fatto parte della sua vita. Naturalmente lei non aveva mai usato la wii di sua spontanea iniziativa ma, al contrario, si era sempre trovata incastrata nel suo utilizzo anche se, dovette ammetterlo, l’ultima volta gli sviluppi erano stati decisamente interessanti. Alzò un sopracciglio e poi scosse la testa, al diavolo, una rapida occhiata a quello che poteva offrire non le avrebbe fatto male, e Tony comunque non lo sarebbe mai venuto a sapere.
Pepper accese la televisione e la consolle e aprì il menu iniziale del cd che vi era inserito: tennis, fatto, baseball fatto (si fatto, magari da rifare a breve, in fondo non le era per niente dispiaciuto), golf. Golf, ecco uno sport serio, pacato e distinto, che non prevedesse dimenarsi o scatenarsi o rischiare di travolgere qualcosa di fragile nella foga del momento. A onor del vero la nave di cristallo in bottiglia, che per anni era giaciuta dimenticata sul tavolino del salotto, era caduta nella foga del momento dopo il baseball, ma Pepper era convinta che la colpa andasse comunque a ricadere sul gioco dato che, senza quello, Tony non le sarebbe mai saltato addosso in quel modo e quindi lei non sarebbe mai inciampata sul tavolino, ma questo è un altro discorso.
Accese il programma, prese il controller, mise il laccetto al polso e seguì le istruzioni sullo schermo per mettersi in posizione. Quello si che era uno sport rilassante! Il fatto che non ci fosse una certa sua conoscenza a prenderla in giro migliorava inoltre nettamente la sua tranquillità psicofisica permettendole di giocare serenamente. Meno di tre tiri dopo fu interrotta nel suo swing dalla porta di ingresso che si apriva. Pepper trasalì mentre il suo volto assumeva una lieve tonalità di rosso fuoco: non poteva essere Tony, tutti ma non lui, l’avrebbe presa in giro per le prossime settimane vedendola giocare come un’adolescente, per i prossimi mesi, anni.
Non era Tony.
Il che forse era anche peggio.
Vivevano nella casa più tecnologica di tutta la California ma sembrava che chiunque riuscisse ad entrarvi senza un minimo di difficoltà, Pepper prese mentalmente nota di far installare una comune chiave metallica al posto di quel dannato tastierino numerico che sembrava più hackerabile di un sito di aste on line.
- Permesso? – chiese una voce da fuori dalla porta, ormai aperta.
Pepper tirò un sospiro di sollievo, tra tutti i suoi conoscenti era ancora stata fortunata. – Phil! Che piacere vederla, entri prego – rispose con un sorriso spegnendo velocemente la TV e dirigendosi alla porta, facendo cenno all’agente Coulson di entrare.
- Mi scusi, non volevo disturbare.      
- Nessun disturbo, stavo…. – si interruppe prima di confessare che stava giocando alla wii. Non sarebbe stato per niente professionale. Forse poteva andare bene detto dal suo eccentrico boss, ma mai dalla integerrima e ligia al dovere signorina Potts. - … Cercava Tony?
- A dire il vero, sì. Devo fargli qualche domanda sulla sua ultima, ehm… missione.
- Sul disastro dell’Expo, intende? – chiese lei, sorridendo.
- Si, più o meno.
- Non è stata colpa di Tony, per una volta – lo difese per quanto possibile, sebbene comunque alla fine in parte fosse stata in effetti colpa sua.
- Non si preoccupi, niente di serio. E’ in casa? – chiese Phil accennando alle scale che portavano di sotto.
- No, adesso no. Credo che tornerà tra poco però. Lo vuole aspettare?
- Si, grazie – rispose lui accomodandosi sul divano e sedendosi accidentalmente sul telecomando della televisione. Il monitor si accese tradendo la presenza della partita iniziata.
- Oh, ehm… deve averla iniziata… . – cominciò Pepper pronta a scaricare la colpa su Tony senza un minimo di esitazione, fortunatamente si era loggata con il suo mii e adesso una figuretta spettinata e tutta vestita di nero, ben poco rassomigliante a lei e identica al suo capo, era in attesa di comandi.
- Golf! – la interruppe entusiasta Phil. – Adoro il golf. Posso? – chiese indicando il controller.
Pepper si fermò a mezza frase, stupita. – Ehm, si certo – rispose. Ma era possibile che tutti gli uomini adulti che conosceva avessero questa strana e insana passione per i videogiochi?
- Il mio swing è da maestro - disse senza modestia l’agente, piazzandosi davanti allo schermo e iniziando ad ondeggiare il bacino per trovare la posizione adatta.
Pepper era totalmente allibita. Dopo il suo lancio lo fu ancora di più. Era andato sul green con un solo tiro mentre a lei ce n’erano voluti sei solo per cercare di uscire dalla boscaglia in cui si era infilata.
- Cavolo, è bravo davvero – gli disse.
- In California il golf è un classico. Vuole provare? – le chiese tendendole il controller.
La ragazza sospirò di sollievo, si era davvero bevuto la storia della partita iniziata da Tony, almeno la sua reputazione era salva. Ora doveva solo cercare di cambiare argomento e spegnere la tv prima che Tony tornasse a casa e li scoprisse. Si fosse trattato di lui non avrebbe avuto molti dubbi su come fare a distrarlo, non dopo che si era resa conto che in effetti ultimamente bastava che lei apparisse perché lui non capisse più niente, ma con l’agente dello S.H.I.E.L.D sarebbe stato un tantino più complicato. – Non credo, no. Non sono brava con queste cose – disse. – Anzi, le va un caffè? – chiese sperando di trascinarlo fino alla cucina con la più banale delle scuse, la dipendenza da caffeina.
- No, grazie. Coraggio, un solo tiro – insistette lui.
 Perché, perché tutti i maschi erano così stramaledettamente convinti che lei volesse e dovesse “fare solo un tiro”? Sospirò, a quel punto rifiutare oltre sarebbe stato da maleducata e, ammettiamolo, Phil con lei era sempre stato talmente gentile che le dispiaceva trattarlo male. – Va bene – cedette. Prese il controller, fece un mezzo movimento di bacino e colpì la pallina che andò dritta dritta ad infilarsi in una buca di sabbia.
- Sbaglia il movimento, deve finire con le braccia in alto – spiegò lui. – Riprovi, coraggio.
Pepper sospirò e colpì nuovamente, questa volta controllando meglio il movimento del corpo e la direzione del vento. La pallina cadde sul green, rotolò ancora per qualche metro e finì dritta in buca. – Wow, impara in fretta vedo – sorrise Phil.
Pepper sorrise e tornò ad impugnare il controller, ci stava decisamente prendendo gusto. L’ultimo tiro andò ancora meglio, sebbene ci fosse ancora qualche modifica posturale da fare. Phil si mise dietro di lei (ben distante) le raddrizzò le spalle e la mise nella giusta posizione. Erano entrambi talmente presi dal gioco che nessuno dei due si accorse della porta che si apriva né dell’uomo che entrava in casa, fermandosi a qualche passo dall’ingresso con uno sguardo prima allibito, e poi sempre più omicida sul volto.
- Ehi, ehi – urlò Tony procedendo a passi rapidi verso di loro. – Giù le mani!
L’agente Coulson fece ricadere le braccia e schizzò due passi indietro, Pepper, spaventata dal grido improvviso, fece come le veniva detto e mollò il controller che rimase a penzolare al laccetto. Poi si rese conto che forse non erano le sue mani quelle che accusate di essere in fuorigioco. La ragazza non si era resa conto di cosa stava facendo ma in quel momento, vedendo Tony sbigottito sulla porta, si rese conto che si trovava più o meno nella stessa posizione della famosa serata che aveva visto la fine della nave in bottiglia. Solo che questa volta: a) non era Tony quello che le stava insegnando la posizione corretta da mantenere, b) l’agente Coulson aveva mantenuto una distanza di sicurezza e, praticamente, non l’aveva neanche sfiorata e c) lei non si era resa conto della sua posizione (in tutti i significati possibili della parola) perché in effetti non aveva sentito nulla di tutti gli stravolgimenti che aveva provato quando le braccia di Tony l’avevano sfiorata. Però si rese anche conto che, ad un’occhiata esterna, la situazione poteva essere mal interpretata e di nuovo si sentì avvampare, più per il fatto di essere stata sorpresa con le mani sulla wii che per il fatto che altre mani fossero state sorprese su di lei, in effetti.
- Beh? – chiese Tony piazzandosi minacciosamente davanti a Phil con le braccia incrociate al petto. Il suo volto era talmente scuro che inizialmente Pepper ne fu spaventata ma poi, osservandolo meglio, vide… un sorriso. Traditore, stava decisamente cercando di non scoppiare a ridere in faccia al compito agente. Si rilassò decise che, se voleva giocare, lei era pienamente d’accordo.
- Stavamo solo intrattenendoci con una partita a golf, l’agente Coulson la stava aspettando, signor Stark – gli disse.
- Esistono le segreterie telefoniche, agente – rispose lui, arcigno.
- Dovevo parlarle di persona – rispose l’agente che, nel frattempo, si era ricomposto.
- Allora parli, dopo devo fare anche io un discorsetto alla mia assistente personale su cosa sia e cosa non sia concesso fare in orario di lavoro – grugni Tony lanciando a Pepper uno sguardo gelido.
Bravo attore, su quello non c’erano dubbi, Pepper trattenne un sorriso e cercò di mettere insieme uno sguardo contrito. – Signor Stark, io…
- E’ colpa mia, insomma. Il golf intendo – farfugliò Phil.
- Quello lo lasci decidere a me. Allora, quali sono queste domande così importanti mi doveva fare?
- Si tratterebbe di sicurezza nazionale – rispose fissando a sua volta Pepper, con aria di scusa.
- Per quello non si preoccupi, non c’è niente che non possa dire di fronte alla signorina Potts. E nel caso io dovessi decidere di licenziarla ho i miei metodi per essere sicuro che i miei dipendenti non divulghino informazioni riservate.
Pepper si imbronciò, Tony ci stava andando decisamente giù pesante. Quasi gli faceva pena l’espressione affranta di Phil. – Abbiamo bisogno dei dati tecnici dello suo scontro con Vanko, di come siete riusciti a sconfiggerlo lei e il tenente colonnello Rhodes.
- E questo non poteva chiedermelo via mail?
- Tony, credo che l’agente Coulson risponda al direttore Fury, non è colpa sua – cercò di mitigare Pepper che a quel punto si sentiva lievemente in colpa. In fondo se si fossero trovati in un’altra situazione (e posizione) all’entrata di Tony in casa, tutta quella farsa non sarebbe mai esistita. Nonostante il sorriso nascosto dal volto torvo si era accorta che Tony era fondamentalmente geloso di lei e dovette ammettere con se stessa che, sebbene da un punto di vista prettamente femminista non era piacevole essere trattata come una cosa, a lei personalmente quella situazione dava un’enorme soddisfazione.
Phil la fissò dubbioso e solo allora Pepper si rese conto che non avrebbe dovuto sapere nulla del direttore Fury. – Oh, ehm… ovviamente io non so niente che possa riguardare il direttore.
Tony sbuffò, incapace di trattenere oltre la risata alla vista del volto confuso di Pepper. Diede un colpo di tosse per riprendersi e decise di mettere fine alla sceneggiata e di concludere la serata in maniera decisamente più piacevole solo lui e una sua certa assistente sull’orlo del licenziamento.
- Le manderò tutto quello che le serve domani mattina presto, via mail. Ora se vuole scusarci… - disse indicando la porta.
- Ma…
- Niente ma. Arrivederci agente.
Phil passò lo sguardo da uno all’altra e si rese conto che la cosa migliore da fare era andare. Avrebbe avuto le sue risposte e tanto bastava, per quella sera ne aveva decisamente abbastanza, non vedeva l’ora di tornarsene a casa tranquillo e togliersi dalla mira dell’imprevedibile Tony Stark.
Non appena la porta si chiuse alla spalle dell’uomo Tony si girò verso Pepper.
- Golf? – chiese inarcando un sopracciglio e facendosi cadere sul divano. – Così mi fai allontanare da casa con l’inganno per spassartela alla wii con i tuoi amichetti?
- Ovviamente – gli rispose sorridendogli e andandosi a sedere a cavalcioni su di lui. – Phil e io ci stavano appena scaldando quando sei tornato – disse chinandosi a posargli un bacio sulle labbra.
- Phil… e che cos’è questa storia di Phil, poi? Non mi piace tutta questa…. – cominciò a dire Tony ma poi dovette fermarsi a riprendere il filo del discorso che gli era scivolato chissà dove nel momento in cui le labbra di lei erano scese sul suo collo.
- Non credi di aver esagerato con lui? – mormorò Pepper.
- No…
- In fondo stava solo…
- Pepper ti prego, possiamo evitare di parlare dell’agente Coulson? – chiese fissandola negli occhi prima di darle un bacio.- Anzi, possiamo evitare proprio di parlare? – mormorò.
- Uhm – borbottò in risposta passandogli le mani tra i capelli e godendosi il momento per ben più di qualche momento, in effetti. Dopo alcuni minuti, anche per l’impellente necessità d’aria, si allontanò dalle sue labbra. – E questo scambio di effusioni è concesso in orario di lavoro, signor Stark? – chiese.
- Tecnicamente non è più orario di lavoro…
- Con te lo è sempre, Tony – rispose lei sorridendo e ricordandosi come non aveva mai avuto orari con lui.
- Concordo. Diciamo allora che è permesso solo con il proprio capo, signorina Potts – rispose quindi lui, sorridendole a sua volta.
Pepper finse di pensarci su qualche momento e poi rispose – Ci posso stare. Ma veramente mi avresti licenziato? – riprese poi piantandogli due occhioni azzurri addosso.
- Andiamo, - rise Tony affascinato dal suo sguardo. – Siamo entrambi consapevoli che per molti giorni della mia vita senza di te non sarei stato in grado neanche di allacciarmi le scarpe, letteralmente. Ti pare che ti avrei mandato via per una cosa così stupida come giocare ai videogiochi?
Pepper fece un sorriso furbetto. No, lo sapeva, ma era comunque bello sentirselo ricordare. – Avrei un certo programma per la serata – cominciò a dire pensando che era arrivato il momento di convincerlo ad organizzare il loro primo appuntamento.  
- Anche io - rispose lui sogghignando. – Lo vuoi sentire? – le chiese ricominciando a baciarle il collo.
- Il mio prevedeva una cena romantica… - mormorò lei ora quasi fuori controllo tanto che la cena stava diventando sempre meno importante nei suoi piani.
- Il mio prevede molta acqua, pochi vestiti e si, anche del cibo ad un certo punto, anche se mangiato in maniera poco convenzionale – rispose ammiccandole. – Che ne pensi?
Pepper si rese conto in quel momento di non essere l’unica ad avere delle armi segrete da usare per convincerlo. La sua serata perfetta poteva tranquillamente aspettare, anche perché quel programma alternativo sembrava decisamente allettante, e fu solo in grado di annuire mentre lui continuava a mordicchiarle il collo: a quel punto avrebbe davvero fatto qualunque cosa le avesse proposto. 


Questo capitolo non doveva neanche esistere ma poi, dopo il commento di Sic sul baseball, ho iniziato a pensare a Pepper e allo swing. Considerando che ci sono rimasta malissimo alla morte di Phil e che era già in programma di inserirlo in qualche modo ho pensato che questo potesse essere divertente.
Spero che vi sia piaciuto.
Prossimo capitolo... boxe. E sarà molto doloroso :P

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Capitolo 4
*** Interludio numero 1: come si ruppe la nave di cristallo ***


Oggi volevo postare la Boxe ma poi, mentre stavo facendo tutt'altro, mi è venuto in mente questo piccolo interludio. Vi ricordate la famosa nave di cristallo rotta nella foga del (post) baseball? Bene, sono stata ufficialmente sgridata (:P) per non aver descritto nei minimi particolari come si ruppe. Diciamo che qui i particolari forse minimi non sono, ma questo interludio potrebbe comunque sopperire a tale, terribile, mancanza. E comunque fa salire il rating a giallo.
Spero che gradiate anche se si discosta un pò dalla storia, ma credo che la renda anche un pò più fluida e completa. 
Ditemi che ne pensate. 
Ciao




Interludio numero 1: come si ruppe la nave di cristallo.
 
Tony era seduto sul divano del salotto con i piedi e le gambe comodamente appoggiate al prezioso tavolino di vetro, importato direttamente da una qualche sperduta isoletta vicino a Venezia (Tony non ricordava mai se era Murano o Burano, nomi troppo simili per luoghi troppo vicini). Pepper, d’altra parte, si trovava sdraiata sul divano del salotto, il busto appoggiato a Tony, la testa posata sulla sua spalla. Stavano facendo zapping alla TV, cercando qualcosa che non fosse un telegiornale (c’era sempre qualche notizia su Iron Man o su Tony e Pepper riteneva che l’ego del suo compagno fosse già decisamente troppo ipertrofico, anche senza le continue stimolazioni audio-visive sul suo conto) o una televendita. L’occhio di Tony girellava pigramente per la stanza, cercando qualcosa su cui fissare la sua attenzione che non fosse una girandola di suoni e immagini provocate dal frenetico zapping di Pepper. Si fissò momentaneamente sulla wii, chiedendosi in che modo potesse sperare di convincere la ragazza a fare un set a tennis per poi rendersi conto che, per quella sera, neanche con la sua migliore espressione da cucciolo abbandonato l’avrebbe persuasa. Si fermò infine sul tavolino di vetro e osservò… il niente. Tra le pile di riviste non lette, i figli lasciati in giro per essere firmati due smatphone e un laptop mancava qualcosa, qualcosa che, Tony ne era abbastanza convinto, c’era stato per molto tempo, ignorato ma necessario per la completezza della casa.
- Pep? – chiese infine.
- Cosa? – mugugnò lei sbadigliando, ma finalmente arrestando la corsa pazza tra i canali.
- Che fine ha fatto quella cosa?
- Quale cosa?
- Quella cosa che era lì – le chiese indicando un punto vuoto nel tavolino affollato.
- Ehm.
- Ehm?
- Non c’era niente lì – provò a mentire spudoratamente lei.
- Sono certo che qualcosa ci fosse. E anche se non lo fossi stato le tue orecchie stanno diventando viola, quindi questo mi fa presumere che, in effetti, qualcosa che c’era non c’è più.
Pepper sbruffò toccandosi le orecchie incandescenti. Possibile che il suo sistema nervoso dovesse essere sempre così dannatamente pronto a tradirla alla prima occasione?
- Lnavcrista..
Tony girò la testa per fissarla e, contemporaneamente, alzò un sopracciglio in uno sguardo magnetico che non fece che peggiorare il rossore della sua compagna.  – Temo che mi sia fuggita l’ultima parola.
- Bottiglia.
- Pepper…
- La nave di cristallo in bottiglia – gemettè lei, nascondendo il volto contro il suo torace.
- E che fine avrebbe fatto?
- Rotta.
- Oh.
- Un paio di settimane fa, a dire il vero.
- Ci tenevo.
- Ma figurati! – sbottò dandogli una spinta. – Ci hai messo due settimane per accorgerti che si era rotta, non credo che per te fosse così essenziale!
- Ti sbagli. Ci tenevo proprio – rispose lui, impassibile.
- E comunque l’hai rotta tu – lo accusò.
- Io?
- Tu!
- Non credo proprio.
- Invece si.
- E quando l’avrei rotta, sentiamo.
- Quando abbiamo giocato a Baseball – rispose Pepper le cui orecchie avevano ormai raggiunto il colore dei capelli al ricordo di come, in effetti, fosse andata rotta quella maledetta navicella.
Erano uno di fronte all’altra, Tony con le mani appoggiate alla sua vita, lei con le mani tra i suoi capelli a giocare con i riccioli che gli ricadevano sul collo. Meno di un secondo dopo le labbra di Tony avevano rapito le sue in un bacio appassionato e le mani avevano cominciato a vagare per la sua schiena, il suo collo per poi scendere decisamente più in basso in zone in cui, normalmente, non sarebbe permesso avere le mani di altre persone. La lingua di Tony aveva cominciato a torturare le sue labbra che, alla fine, avevano ceduto schiudendosi al bacio. I ricordi di Pepper a quel punto diventavano decisamente più confusi ma si ricordava che lui aveva cominciato ad indietreggiare verso il divano con un miscuglio di mani che toccavano, labbra che mordicchiavano, gambe che si intrecciavano. Lei aveva urtato lo spigolo del tavolino e aveva brontolato un lamento contro la sua bocca, che non le lasciava neppure il tempo di prendere aria. Lui l’aveva sollevata da terra, come se non pesasse nulla, e lei aveva allacciato le gambe alla sua vita, sostenendosi con le braccia alle sue spalle, sentendo i muscoli della schiena e delle braccia che si contraevano e guizzavano come fossero esseri indipendenti. Ora, non ne era assolutamente certa, ma pensava con una certa dose di sicurezza che fosse stato proprio a quel punto che il suo piede aveva urtato la bottiglia con dentro l’ormai famosa nave di cristallo. Tale fragilissimo oggetto aveva ondeggiato per qualche attimo sui suoi minuscoli piedini per poi crollare miseramente dal bordo del tavolo direttamente per terra, mancando di tre millimetri il tappeto, che forse l’avrebbe salvata.    
Quindi in definitiva era stato il suo piede a colpire la bottiglia, ma trainata da una forza maggiore (Tony, appunto).
Si ricordava ancora qualche dettaglio, come lei avesse distolto per un mezzo secondo lo sguardo per osservare il danno e come invece Tony fosse stato rapidissimo ad approfittare della sua posizione per cominciare a mordicchiarle il collo. L’ultimo ricordo sensato era la sua lingua che le solleticava l’incavo della clavicola, poi erano solo una serie indistinta di sensazioni, tutte assolutamente magnifiche, ma che poco spiegavano il danno alla nave.
 
Tony sorrise con il suo peggiore sorriso da playboy. – Si quello me lo ricordo piuttosto bene.
- E’ quindi ti ricordi che è stata colpa tua!
- Mai detto.
- Si invece.
- Da quello che mi ricordo non è stata assolutamente colpa mia.
Era piuttosto certo che, all’inizio di quella parte della serata, si fossero trovati uno di fronte all’altra. Lui aveva appena avuto la più stupenda e terrificante epifania della sua vita quindi, in effetti, si riteneva decisamente scusato per i ricordi vaghi e confusi che aveva. Si ricordava piuttosto bene però di aver cinto con le mani la sottile vita di Pepper, si ricordava i suoi occhi azzurri che lo guardavano e poi il sapore delle sue labbra. A quel punto aveva inserito il pilota automatico escludendo dalla sua mente tutto quello che non fosse Pepper, il suo corpo, le sue labbra, le sue mani che giocavano con i suoi capelli. Le sue, di mani, avevano girellato per il corpo della ragazza cercando uno spiraglio tra tutti quegli inutili strati di tessuto, trovando finalmente i bottoni della camicia e cominciando a slacciarli freneticamente. Ad un certo punto l’aveva sentita lamentarsi per qualcosa e il suo saltello di dolore era diventato un ottimo trampolino di lancio per sollevarla tra le braccia e far aderire i loro corpi. A quel punto l’unica cosa a cui aveva fatto caso erano le gambe della ragazza strette attorno alla vita, la leggera, ma sconvolgentemente calda, pressione dei suoi seni sul suo torace e il suo sapore mentre cominciava a mordicchiare ogni centimetro di pelle disponibile. Ricordava ancora, ma piuttosto vagamente, come i loro vestiti erano finiti in giro per il salotto e come erano scivolati dal divano direttamente sul tappeto, pericolosamente vicino a quello scomodissimo tavolino di vetro. Il resto era una serie indistinta di sensazioni, tutte assolutamente magnifiche, ma che poco spiegavano il danno alla nave.
 
- D’accordo, d’accordo non è stata colpa tua. Ma non l’ho neanche rotta io – si difese la ragazza
- Non ho mai pensato che lo avessi fatto.
- E poi neanche ti piaceva quella nave.
- Era un ricordo.
- E di chi? – chiese sentendosi improvvisamente in colpa.
- Non mi ricordo, ma qualcuno deve avermela regalata. O forse l’ho presa io. Non so, comunque mi poteva ricordare qualcosa.
- Ma per favore – sbuffò lei tornando a tormentare il telecomando in uno zapping sfrenato.
- Ora ci toccherà tornare a Venezia e prenderne un’altra – le disse ammiccando mentre lei, stufandosi finalmente della totale assenza di programmazione decente, passava a dedicare la sua attenzione a giocare con i suoi capelli

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Capitolo 5
*** Boxe ***


Eccomi di nuovo qui. Oggi è stata una giornata devastante, all'interno di una settimana devastante, che conclude un mese... devastante, per cui avevo bisogno di risollevarmi il morale. A voi giudicare ma, ad esclusione del Tennis che è stato il primo e a cui sono particolarmente affezionata, questo capitolo è il mio preferito. Mi sono divertita un mondo a scriverlo e ogni tanto me lo vado a rileggere e subito dopo accendo la wii e faccio un paio di round.
Spero che anche a voi possa piacere e vi possa regalare qualche minuto di divertimento.
Fatemi sapere che ve ne pare.
Ciao  


Pepper entrò in casa come una furia rossa, volando letteralmente verso le scale che portavano nel seminterrato e fermandosi precisamente sull’orlo dell’ultimo scalino. Osservò con rabbia il fondo dei gradini e il buio che vi aleggiava, prese un respiro profondo e poi lo fece. – ANTONY EDWARD STARK – urlò con quanto fiato e rabbia aveva in corpo, e in quel momento ne aveva decisamente tanta di rabbia. E anche di fiato a giudicare dal fatto che, nonostante le porte a vetri insonorizzate che chiudevano il laboratorio di Tony, lui sentì qualcosa. Si agitò sulla sedia posando il cacciavite e fissò le scale. Aveva decisamente sentito qualcosa, qualcosa che assomigliava preoccupantemente al suo nome urlato dal piano di sopra, ma non era possibile. Avevano un interfono perfettamente funzionante quindi perché sgolarsi dalle scale per chiamarlo?
- STARK – il suono si ripeté nuovamente, spingendo Tony a premere il pulsante dell’interfono.
- Pepper? – chiese timidamente.
- STARK – questa volta il suono venne dall’interfono, amplificato dal volume al massimo. Tony si coprì le orecchie con le mani mentre l’eco della soave voce della sua ragazza si spegneva lentamente. Molto lentamente.
- Oddio, Pepper. Che diavolo succede? – chiese sempre parlando all’interfono.
- ALZATI DA QUELLA SEDIA E VEDI DI PORTARE IMMEDIATAMENTE IL TUO FONDOSCHIENA QUASSU’.
Tony impallidì. Aveva visto Pepper agitata, arrabbiata, furiosa molte volte da quando si conoscevano e sempre, sempre aveva avuto un buon motivo per esserlo. Ad essere del tutto onesti, diciamo nel 99,9% delle volte che era successo, era stato per colpa sua. Ma mai una volta, in più di dieci anni di convivenza, l’aveva sentita urlare giù per le scale e, cosa decisamente ancora più preoccupante, mai in vita sua l’aveva chiamato con il suo nome completo. Diavolo, non sapeva neanche che lei sapesse il suo nome completo. Tony si spettinò i capelli in un gesto automatico, alzandosi quanto più lentamente possibile dalla sedia. Non aveva nessuna voglia di salire a vedere cosa stava succedendo ma sapeva perfettamente che ignorare una tale dolce richiesta sarebbe stato peggio. Si prese i trenta secondi necessari per salire le scale di tempo per cercare di capire cosa potesse aver combinato questa volta. Ripensò alla sua giornata. La sveglia era suonata alle 7 del mattino, come sempre. Pepper l’aveva spenta e si era girata verso di lui mugugnando qualcosa a proposito di doversi alzarsi dal letto. Lui l’aveva ignorata, come sempre, agganciandole la vita mentre lei tentava di alzarsi e riportandola a letto. Poi beh, poi erano stati fuochi d’artificio, Tony sorrise ripensandoci. Alle 8 e mezza lei era uscita di casa ricordandogli la riunione del consiglio di amministrazione delle 3 del pomeriggio a cui doveva per forza partecipare, per salvarla dall’assalto dei soci. Il resto della giornata era passato tranquillamente vedendolo sommerso dal lavoro in laboratorio. Fino a quel momento.
Cavolo.
Tony fissò l’orologio digitale che aveva al polso. Le 6 del pomeriggio.
Decisamente cavolo.
Era morto.
Tony era sempre stata una persona ottimista e, salendo gli ultimi scalini e iniziando già ad intravedere le gambe di Pepper che comparivano dietro alla curva delle scale, pensò che almeno sapeva perché sarebbe morto. Non per una ferita letale, un alieno cattivo o qualche altro genere di azione eroica. No. Sarebbe stato un banale, ordinario, consueto omicidio domestico.
Rimaneva un’unica possibilità di salvezza: l’espressione da cucciolo abbandonato.
Poteva funzionare, lo sapeva, funzionava sempre con lei, ma questo avrebbe voluto dire riuscire ad arrivarle abbastanza vicino perché la vedesse. Era una vera sfida da supereroe.
Nel momento in cui comparve nel salotto la vide attenderlo con le braccia strette al corpo, un’espressione di odio negli occhi e il volto arrossato dalla rabbia. Nonostante tutto ciò il cervello malato di Tony riuscì solo a pensare a quanto poteva essere sexy la sua Pepper furibonda e così, ovviamente, si dimenticò di assumere l’espressione contrita che si era prefisso e invece gli si formò sul volto la sua peggiore espressione da playboy,  e questa non fece che peggiorare la situazione.
- Ti ho chiesto troppo?
Tony iniziò a rispondere ma fu bloccato dalla sfuriata di Pepper. – Non mi pare di averti chiesto troppo, no? Non ti ho mai chiesto di venire in ufficio tutti i giorni, non ti ho chiesto di gestire la tua azienda, non ti ho mai chiesto di prendere decisioni attive. TI HO SOLO CHIESTO DI SALVARMI DA QUEGLI SQUALI DEL CONSIGLIO!
- Pepper mi sono….
- Te l’ho ricordato questa mattina, com’è possibile che tu sia in grado di progettare reattori futuristici e non sia in grado di ricordarti un orario?
- Mi sono messo a lavorare e…
- NON FARLO. Almeno abbi il buon gusto di NON CERCARE SCUSE.
- Va bene.
- E non darmi ragione!
- Come? – chiese ora confuso.
- Non fare l’accondiscendente con me solo per cercare di evitarti la sfuriata. Lo so che non ti interessa niente di avermi lasciato là da sola.
- Non è vero, mi dispiace. Davvero – rispose lui approfittando dell’attimo di debolezza della donna, che in effetti stava riprendendo fiato e aveva momentaneamente abbassato lo sguardo assassino, per mettere su quella famosa espressione cucciolosa.
- E non guardarmi con quella faccia, non ci provare neanche a farmi sentire in colpa. E’ colpa tua! – gli urlò ancora contro ben sapendo che, nel momento in cui Tony avesse iniziato a fare l’espressione contrita, lei ci sarebbe pienamente cascata. Non era mai stata in grado di dirgli di no quando la guardava con quegli occhioni nocciola, neanche quando non era altro che il suo capo (se mai era stato solo quello), figurarsi adesso. E questa volta non aveva nessuna intenzione di lasciare correre.
- Scusa, ma cosa posso fare? – le chiese confuso. – Non posso darti ragione, non posso darti spiegazioni. Dimmi che cosa diavolo vuoi che faccia, insomma! – le ribadì un po’ brusco visto che anche a lui cominciavano a andare di traverso i sentimenti.
- Non alzare la voce con me, Tony.
- NON STO alzando la voce! – rispose iniziando veramente ad alzare la voce, ma non mancando di notare che almeno erano tornati al “Tony”.
- Si che lo stai facendo!
- E allora dimmi tu, che cosa posso fare?
- Una cosa che non ti viene MAI in mente di fare, ad esempio. L’unica cosa che dovresti fare. L’unica cosa che sarebbe venuta spontanea a qualunque appartenente al genere umano non fosse assolutamente innamorato solo di se stesso.
- COSA?
- Sforzati.
Tony ammutolì capendo improvvisamente cosa gli stesse chiedendo. Oh si, per qualunque altra persona sarebbe stata una cosa abbastanza semplice e che, con due semplici parole, avrebbe riportato la pace domestica nell’arco di mezzo secondo. Ma lui non era come gli altri. Aveva sempre avuto questa incapacità intrinseca di ammettere di aver torto e mai una volta, neanche con lei, era riuscito a scusarsi. A suo merito va detto che una volta ci aveva anche provato, ottenendo come unico risultato la minaccia di prendersi qualcosa di molto pesante direttamente in testa.
- Ci siamo arrivati, vedo – gli disse Pepper quando vide che lui ammutoliva e cominciava a fissarsi le scarpe.
- Ok, ok – sbottò. – Hai ragione avevo promesso che ti avrei accompagnato a quella maledettissima riunione…
- … e…
- … e mi dispiace di non esserci stato…
- … e…
- … e… a mia discolpa comunque stavo… e poi JARVIS…e comunque non mi sembrava… e insomma…
Tony lo vide arrivare molto bene, vide Pepper che si chinava sul divano e afferrava qualcosa, la vide tirare indietro il braccio e caricare il tiro, e la vide mollare l’oggetto che fece una parabola discendente verso di lui. Quello che Tony non vide fu cosa, esattamente, la ragazza gli stava lanciando addosso e quindi il suo istinto ebbe il sopravvento e lui si mosse di lato, per evitare di essere preso in pieno. Va detto che, probabilmente, se si fosse accorto che quello che stava volando verso di lui era solo un cuscino non si sarebbe dato molta pena di scansarlo. Se lo sarebbe preso giustamente in faccia, lei si sarebbe sfogata e avrebbero finito per riappacificarsi (nei pensieri di Tony proprio su quel divano, magari appoggiati a quel cuscino). Invece scartò di lato evitando effettivamente l’impatto con il cuscino, che si perse giù per le scale, ma andando ad urtare contro una borsa lasciata in un angolo, inciampandoci sopra e finendo per caracollare per terra, prendendo quindi anche una sonora testata contro il muro.
Per fortuna Tony Stark aveva la testa dura.
Pepper emise un mezzo gemito e si precipitò verso di lui, sentendosi assolutamente in colpa e notando anche, con suo immenso disappunto, che la rabbia stava scemando sostituita dalla preoccupazione che si fosse rotto quella sua testaccia. Rimaneva, per fortuna, la rabbia contro il consiglio di amministrazione che quel pomeriggio l’aveva massacrata di domande, e quella se la tenne ben stretta per potersi poi lamentare di nuovo dopo, una volta stabilito che Tony era ancora tutto intero. – Oh mio dio, Tony. Stai bene?
- Uhm – biascicò lui massaggiandosi la nuca.
- Non è che hai una commozione cerebrale o qualcos’altro, vero?
- Potrebbe essere – mugugnò lui, cercando di alzarsi in piedi.
- Sai chi sono?
- Pepper, mai stata più Pepper di oggi, davvero! – rispose lui rimettendosi in piedi e, vedendo l’espressione contrita e preoccupata di lei, sforzandosi di farle un sorriso. – Sto bene, tranquilla. Ho la testa dura.
- Si, quello lo so. Mi dispiace, Tony. Ti avevo tirato solo un cuscino!
- Eh, ad accorgersene prima…
- Vieni in cucina, ci mettiamo del ghiaccio sopra.
Pepper prese un panetto di ghiaccio e glielo mise sulla nuca mentre Tony si sedeva su una sedia. - Si può sapere che cosa diavolo ti hanno fatto oggi per farti perdere così le staffe? – le chiese osservandola lasciarsi cadere sconsolata su una sedia vicino a lui, sempre tenendogli il ghiaccio in testa.
- Sempre le solite cose, lo sai.
- Se l’avessi saputo non te lo avrei chiesto.
- E’ sempre la solita storia, finché faccio tutto il lavoro ma rimango nell’ombra va tutto bene, ma quando mi lasci in pasto a quegli squali… mettono in dubbio le mie capacità. Credono che io stia lì solo perché vengo a letto con te.
- Ma…
- Lo so! – disse lei mettendosi il ghiaccio sulla fronte, cercando di alleviare il suo mal di testa e tralasciando momentaneamente quello di Tony. - Neanche lo sanno che in effetti vengo a letto con te! Ti rendi conto di quello che succederà quando lo verranno a sapere? Perché prima o poi lo verranno a sapere…
Tony le tolse il ghiaccio dalle mani che stavano ancora tremando di rabbia e se lo rimise in testa, le fece alzare gli occhi e la fissò con un sorriso. – Credo che sia decisamente il momento di chiarire la situazione.
- Cosa?
- Sono stufo di questa situazione, Peps. Ufficializziamo la cosa e al diavolo tutti gli altri. Diamogli qualcosa di cui sparlare!
- Ma…
- Niente ma, sei stressata. Non mi piace vederti stressata. Basta così.
- Sei sicuro? – chiese fissandolo negli occhi.
- Al momento sono sicuro di tre cose: primo basta nascondersi, - cominciò ad enumerare sulle dita. – Secondo, devi assolutamente scaricare questo stress su qualcosa che non sia la mia testa. E terzo – continuò scattando in avanti e posandole un bacio sulle labbra. – Questo era la terza cosa – disse ridendo.
Pepper sorrise a sua volta. – D’accordo allora cosa posso usare come pungiball? Non pensare che salga sul ring con te, Stark. Non ho il fisico per certe cose e soprattutto non lo farei mai dopo averti causato una quasi commozione cerebrale.
Tony ci pensò un po’ su. Boxe, la ragazza aveva decisamente ragione, niente come tirare un paio di pugni poteva distendere i nervi e lui lo sapeva molto bene, d’altra parte aveva anche ragione sul fatto che non aveva il fisico, anche con tutte le protezioni possibili avrebbe avuto troppa paura di farle male, e lei avrebbe di sicuro finito per rompersi un polso cercando di tirare qualche gancio. E quindi?
Un sorriso furbo gli si disegnò sulle labbra nel momento in cui un’insana idea gli veniva alla mente. In fondo, perché no?
- Con me, Potts – disse scendendo dalla sedia e dirigendosi verso il salotto.
- Che cos’hai in mente? – gli chiese seguendolo con aria scettica.
- Boxe.
- Boxe? No, scordatelo.
- Wii boxe – le disse accendendo la televisione.
- Eh?
- Wii, è divertente, vedrai. E rilassante. Davvero.
Pepper crollò sul divano. – Wii? No ti prego, non ancora quella cosa!
- In piedi, coraggio – le disse mettendosi a montare un aggeggio all’altro aggeggio che avevano usato fino a quel momento. – Non ho intenzione di andare a letto con una furia rossa arrabbiata che ha già attentato alla mia vita una volta, questa sera.
- Ti ho tirato un cuscino, il resto lo hai fatto da solo – gli ricordò lei. – E comunque non mi pare che la “furia rossa” ti sia mai dispiaciuta, prima.
Tony le lanciò un’occhiata deliziata. – Concordo. Ma non è mai stata arrabbiata, prima. Vieni.
 Pepper si mise in piedi e gli si affiancò, prendendo in mano i due controller che le venivano porti. – Progrediamo, vedo. Sono stata promossa a due telecomandi.
- Controller.
- Sì, quello che è - rispose senza entusiasmo. – E quello che sarebbe? – chiese fissando sbigottita una figuretta dai capelli rossi e gli occhi azzurri che le assomigliava in maniera inquietante.
- Il tuo mii, mi pare ovvio. Non potevi continuare a giocare come ospite.
- Ma quando…?
- Qualche giorno fa, avevo l’impressione che ci sarebbe servito. Anche perché domani Rodey viene a fare un doppio a tennis.
- COSA?
Tony rise. – Bene, ora che sei carica non devi fare altro che… picchiare – le disse muovendo il braccio destro e facendo volare un colpo diretto al mii di Pepper. – Più o meno così.
- Ma sei fuori? Mi hai colpito – disse lei, ancora presa nel rimirare il suo alter ego virtuale che indossava una bella tutina rossa, abbinata ad un paio di leggins neri molto trendy. Rabbrividì quando la vide svirgolare di lato, colpita da un gancio destro.
- E’ boxe Pepper, il concetto è quello – rispose passando ad un gancio sinistro.
- Piantala di colpirmi! – rimbrottò lei.
- E tu para.
- E come diavolo faccio?
- Metti le mani davanti al volto.
Pepper eseguì e il suo mii parò il successivo assalto di Tony.
- Coraggio, picchia – le disse.
- Ma non so… mi sembra una cosa così strana – gli rispose muovendo piano la mano verso la TV e vedendo un lieve movimento anche del mii, che però non arrecò nessun danno.
- E dai, è un gioco!
La ragazza mosse più forte il braccio sentendo un briciolo della tensione che aveva in corpo andarsene con quel pugno. Sorrise e provò con l’altro braccio, un po’ più forte.
- Ecco, così. Bravissima! Fai finta che sia uno di quegli idioti del consiglio!
- Tony… – gli disse sparando finalmente un diretto di destro che fece ondeggiare il mii del compagno. – Tu sei… - continuò con l’altro braccio, sempre più forte. – Uno …. – ansimò per lo sforzo e l’agitazione. – Del consiglio! – concluse mentre il mii di Tony andava al tappeto e lui si voltava a guardarla, impressionato.
- Grazie per avermi evitato l’idiota – le disse ridendo e rimettendosi in posizione. – Serve?
- Oh, si che serve – rispose lei cominciando a sferrare pugni a destra e sinistra senza più ritmo, semplicemente agitandosi scompostamente ma sentendo che, tutte le volte che sferrava un diretto, una buona parte dello stress le scivolava di dosso.
Tony rimase sostanzialmente fermo ad incassare i colpi, sogghignando della furia di Pepper e ringraziando mentalmente la sua idea, e la wii. Un paio di volte il suo mii andò al tappeto e Pepper si mosse inquieta aspettando che si rialzasse, solo per ricominciare picchiare duro.
- Vai piccola, spacca! – mormorò con soddisfazione l’uomo senza che lei se ne accorgesse.
Mezz’ora dopo la ragazza crollò sul divano con il fiatone e le braccia doloranti per lo sforzo a cui le aveva sottoposte, decisamente più tranquilla. – Lo ammetto, Tony, per una volta hai avuto un’idea davvero brillante.
- Ho sempre idee brillanti.
Pepper alzò un sopracciglio, guardandolo dubbiosa.
- Con qualche pecca nella realizzazione, forse. Ma idee sempre molto brillanti – disse sorridendo.
- Scusa per la testa – gli disse appoggiando la sua, di testa, contro il suo torace.
- Me lo meritavo.
Pepper sospirò.
- A che pensi?
- Domani sarò da capo, lo sai vero?
- Tanto per cominciare pensiamo ad oggi. Ti preparo un bagno bollente e poi ci mettiamo sotto le coperte. Oggi andiamo a letto presto. Che ne dici? 
La ragazza mugugnò. – Sarebbe fantastico.
- E domani ti accompagno in ufficio e finiamo questa pagliacciata una volta per tutte.
- Davvero lo farai?
- Promesso.
- Grazie, signor Stark. Lo apprezzo davvero.
- Non c’è di che, signorina Potts - rispose lui stringendola a sé. 

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Capitolo 6
*** Boxe 2.0 – Reloaded: di rosse, di nere, di torte e di sogni. ***


Tony salì gli scalini che portavano in salotto due alla volta, con slancio, fermandosi poi di colpo al suono di una nota voce, lievemente adirata. Rimase bloccato sull’ultimo scalino pensando a cosa potesse aver fatto questa volta per scatenare le ire della sua dolce compagna, ma proprio non gli venne in mente nulla. La giornata era stata quasi perfetta fino a quel momento, dalla sveglia del mattino, alla colazione a letto (approfittando della mattinata libera) al produttivo lavoro del pomeriggio nel laboratorio. Niente riunioni mancate, niente stress lavorativo, nessun agente governativo segreto in giro per casa, niente.
Fino a quel momento.
- Sono convinta che sia stata colpa sua, signorina Rushman… Romanoff, o come ha deciso di farsi chiamare oggi – la voce di Pepper era solo un’ottava sotto l’urlo. 
- Non credo proprio – rispose tranquillamente la voce di Natasha.
Tony dubbioso si chiese se fosse davvero il caso di salire quell’ultimo scalino e andare a vedere cosa fosse successo, o non fosse piuttosto più sicuro tornare indietro e nascondersi nel laboratorio finché JARVIS non lo avesse avvertito che l’uragano era passato, lasciando la casa nel Kansas. Ma si sa, la curiosità uccise il gatto, e quindi Tony compì quell’ultimo passo e comparve nel salotto. La scena che gli si parò davanti non era una delle più strane che avesse visto, sebbene ci si avvicinasse di parecchio. Pepper e Natasha Romanoff erano una di fronte all’altra, si guardavano con sguardo omicida ed entrambe sembravano sul punto di scattare in avanti e ghermire l’avversaria alla gola. Sebbene una potenziale azzuffata tra le due donne fosse quanto meno allettante per Tony, le possibili implicazioni del dopo zuffa sarebbero state per lui potenzialmente letali, e quindi decise di farsi coraggiosamente avanti per cercare di capire che cosa stesse succedendo.  
- Signore – salutò facendo un galante cenno ad entrambe e ricevendo solo due occhiate glaciali.
- Stark, puoi per favore dire alla tua fidanzata che non è prudente per te avere estranei per casa – rispose Natasha, lanciando al contempo uno sguardo corrucciato verso Pepper.
- Tony, potresti dire alla signorina Romanoff che Elisabeth Dashwood, che conosco da dieci anni, non è un’estranea – rispose piccata la ragazza, lanciando uno sguardo di fuoco a Natasha e un’altra a Tony, sfidandolo, se solo ne avesse avuto il coraggio, a non schierarsi dalla sua parte in quella disputa. – E che questa è anche casa mia, e quindi mi è concesso di invitare un’amica per il tè.
- Calma, signore – rispose Tony alzando le mani e cercando di tranquillizzare gli animi con uno sguardo “alla Tony”. Che peraltro non ebbe nessun effetto. – Perché non ci sediamo e non mi raccontate esattamente qual è il problema? – chiese cercando di essere, per una volta, la parte razionale di una lite.
- Il problema è che il tuo… - cominciò a dire Natasha, guadagnandosi un’ennesima occhiata assassina da parte di Pepper. –   …il vostro…  – chiarì allora, cercando di limitare i danni.- … appartamento è troppo accessibile. 
- Non è accessibile! Ha suonato il campanello e io ho aperto!
- Neanche dovrebbe esserci un campanello, qui! – rispose allora Natasha.
- Quale campanello? – chiese Tony, sperso.
- Il campanello! Ho fatto montare un campanello. Quel dannato tastierino numerico faceva entrare chiunque, comunque. Almeno così la gente ha lo stimolo di suonare, prima di piombarci in casa!
- Bastava riprogrammare il sistema di sicurezza – disse Natasha, ricominciando ad adirarsi.
- C’è già JARVIS – rispose Pepper, che non aveva mai smesso di essere adirata.
- Possiamo, per favore, arrivare al punto? – chiese Tony fissando lo sguardo su Natasha. – Che diavolo ti importa se ho un campanello e gente in casa, tra l’altro?
- Importa perché in quel sotterraneo – disse indicando le scale. - Ci sono le armi più letali e tecnologiche del momento, che si da il caso io sia incaricata di salvaguardare.
- No, aspetta – disse Tony, cominciando a sua volta ad esasperarsi. – IO sono incaricato di salvaguardare le mie armi.
- Si, ma chi salvaguardia te, e le armi, da te stesso? – chiese allora lei alzando un sopracciglio come a voler ricordare quello che era successo solo pochi mesi prima.
- IO – rispose pronta Pepper.
Tony non poté fare a meno di ridere della risposta e dell’espressione di esasperazione comparsa sul volto dell’agente Romanoff. Dall’ultima volta che si era occupata del “caso Stark” per lo S.H.I.E.LD. le cose erano un pochino cambiate nella sua vita, e sembrava che lei non avesse ancora pienamente capito che ora si sarebbe trovata a gestire non solo Tony Stark, ma anche di una decisamente tempestosa Virginia Potts. Erano passati solo pochi giorni da quando la ragazza aveva avuto un match piuttosto acceso prima con il consiglio di amministrazione delle Stark Industries, e poi con Tony stesso, match che si era concluso con una dichiarazione ufficiale della trasformazione da ufficiosa ad ufficiale della loro relazione. Adesso entrambi si trovavano nel mezzo del turbine mediatico che quella dichiarazione aveva prodotto e, se per Tony tutto ciò era normale e nutrimento per il suo ipertrofico ego, per Pepper, abituata ad essere l’ombra alla periferia delle telecamere, era decisamente stressante. Gli esercizi di boxe alla wii erano diventati un diversivo piuttosto frequente nelle loro serate e, un paio di volte, Tony l’aveva sorpresa ad iniziare a giocare prima ancora che lui riemergesse dal suo laboratorio. In quelle occasioni aveva imparato, dopo aver quasi rischiato di riceversi un controller in mezzo alla fronte, a tenersi a debita distanza finché la sua adorabile compagna non crollava esausta sul divano. A quel punto tutto tornava nella norma, l’esorcismo faceva il suo lavoro, e Pepper riprendeva ad essere una persona assolutamente normale, nella sua straordinarietà, fino al successivo giorno assediata dalle telecamere.
Tony sapeva che la cosa si sarebbe sgonfiata da sola, non appena la notizia fosse diventata vecchia, l’obiettivo era riuscire a reggere fino a quel momento. Se per farlo era necessario installare un banale campanello al posto del sistema di riconoscimento più avanzato del mondo, così fosse.
- Tony, puoi dire all’agente Romanoff che adesso può anche tornare da dove è venuta, prima che ti venga in mente di fare qualcosa di molto stupido come metterti al volante di un auto da corsa, organizzare un distruggi-party o metterti a combattere contro una trentina di droni insieme?
- Non c’entravo niente con tutto quello – si difese l’agente.
- No, certo. Ma guarda caso è successo tutto nei pochi mesi in cui sei stata in giro.
- Gelosa, per caso? – chiese Natasha incrociando le braccia al petto e facendo un sorrisino di sfida.
Tony scosse la testa cercando di far capire in che guaio si stesse cacciando l’agente Romanoff, ma sembrava che lei non lo stesso guardando. Fece allora qualche passo verso il tavolino di vetro davanti al divano, vedendo il controller rosso della wii che giaceva lì dalla sera prima, pronto ad ogni emergenza come lo era il numero di telefono del loro medico di fiducia e del loro avvocato.
Più o meno nello stesso istante vide Pepper chinarsi verso il medesimo tavolino con la mano protesa. Per un breve, intenso, speranzoso istante, Tony pensò che anche lei avesse avuto lo stesso suo pensiero e che avesse deciso di scatenare la sua dose di frustrazione giornaliera contro il computer, piuttosto che contro l’agente segreto. Ma durò solo un attimo. La mano di Pepper sviò dal controller per dirigersi verso una mezza torta abbandonata lì dalla recente merenda con la sua amica. Per un altro fiducioso, passeggero, deciso momento Tony pensò che volesse riappacificarsi e offrire il calorico calumet della pace alla donna di fronte a lei. Ma durò solo un attimo. Mentre la mano di Pepper, quella stessa mano affusolata che solo quella mattina gli era passata tra i capelli, gli aveva sfiorato la guancia, era scesa ad accarezzargli i pettorali continuando poi sugli addominali e in un milione di altri posti, scatenandogli una tempesta di sensazioni fantastiche, afferrava con decisione il piatto della torta, Tony sorrise.
Sapeva che stava per succedere un disastro.
Sapeva che avrebbe passato la serata a raccattare cocci (di piatti, di torta, di ego, ma sperava non di Pepper, considerando che comunque l’avversaria era un agente segreto fisicamente mille anni più avanti di lei nella lotta).   
Sapeva che verosimilmente ci avrebbe guadagnato anche lui un occhio nero (l’agente era fisicamente almeno 500 anni avanti anche a lui, quanto meno in assenza di una protesi altamente tecnologica a proteggerlo, sperando che dopo lo scontro non fosse necessario indossare per sempre un’altra protesi altamente tecnologica, per i danni subiti).
Sapeva che una lotta a suon di torte tra due delle donne più sexy che avesse mai visto, nel suo salotto per di più, era quanto di meglio potesse chiedere per quella sera. E al diavolo le altre cose che sapeva, era pronto a qualche sacrificio per godersi la scena.
Vide con chiarezza lo sguardo perso dell’agente Romanoff che, non essendo a conoscenza della particolare situazione psicologica della sua avversaria, non si aspettava nulla di simile. Vide il piatto alzarsi in volo, la torta ondeggiare e descrivere un arco quasi perfetto, vide Natasha rendersi conto troppo tardi di quello che stava succedendo. La vide scartare di lato e infine la vide colpita in pieno da un triplo strato di cioccolato e pan di spagna.
Il resto fu inevitabile e, dal punto di vista di Tony Stark, decisamente divertente.
Natasha si chinò a sua volta afferrando un vassoio di paste fresche che ci mise ben poco a volare in direzione di Pepper, anche lei fu lenta a scartare e le due donne si trovarono in breve ricoperte di panna, crema e cioccolato. Fu nel momento in cui Tony vide l’agente scattare in avanti che si rese conto di dover intervenire, se il giorno dopo voleva avere ancora una fidanzata, ufficiale o meno.
- Tony – gridò Pepper, rendendosi conto anche lei del pericolo.
 
- Tony – sussurrò Pepper.
Tony si mosse appena, sentendo un dito sottile che picchiettava sulla sua fronte.
- Che cosa è successo? – chiese aprendo un occhio e aspettandosi di sentire dolore.
- Niente – rispose la ragazza con un sorriso. Era protesa su di lui con le braccia appoggiate ai cuscini del divano, i capelli rossi che le scendevano sulle spalle e andavano a sfiorare il volto di Tony, facendogli il solletico.
- Come niente?
- Niente, credo. Che cosa dovrebbe essere successo?
L’uomo scosse la testa e aprì finalmente gli occhi, rendendosi conto di non essere sul divano del salotto, dove credeva, ma su quello del laboratorio. Ma perché Pepper l’avrebbe portato fin laggiù? E, soprattutto, come ci era riuscita, da sola?
- Devi esserti addormentato, ero di sopra con Liz. E’ appena andata via, sono scesa a vedere che combinavi e ti ho visto sul divano.
- E Natasha?
Pepper smise di sorridere. – Chi?
- L’agente Romanoff.
- Ti metti a sognare agenti segreti, adesso?
- Si… NO – rispose alla vista dello sguardo torvo.
- Quindi tu non… lei non… non era qui?
- Sopra no, e spero neanche qui con te.
- Allora è stato un … incubo – riuscì a correggersi prima di guadagnarsi la sua dose giornaliera di rimbrotti.
- Hai fatto un incubo con l’agente Romanoff? – chiese Pepper, decisamente sollevata.
- Esatto. Un incubo… terribile.
- Povero – disse Pepper facendo il giro del divano e andando a sedersi di fianco a lui, cominciando a massaggiargli le spalle, cercando di allentare la tensione e sciogliere i muscoli tesi dalla posizione scomoda.
- Oddio, si. Credo di aver decisamente bisogno di questo – mormorò Tony mentre sentiva i muscoli distendersi sotto il tocco deciso della ragazza.
- Sai – gli disse Pepper. – Forse per oggi potremmo lasciar stare la wii e allentare la tensione in un altro modo…
Tony sorrise pensando che, alla fine, il pomeriggio reale sarebbe finito meglio di quello immaginario.


Piccola spiegazione sul titolo, ovviamente la rossa è Pepper e la nera è la Vedova Nera, torte e sogni credo si capiscano da soli. 
Elisabeth Dashwood è un mix tra Elisabeth (Bennet di Orgoglio e Pregiudizio) e le sorelle Dashwood (di Ragione e Sentimento), visto che Gwyneth Paltrow ha fatto Emma (sempre della Austen) mi piaceva mixare le cose. So che a voi non cambia niente, ma a una fanatica di Jane Austen questi giri mentali piacciono. 
E qui concludo.
Grazie a chi commenta e grazie a chi legge. 
Fatemi sapere cosa ne pensate del Reloaded :P

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Capitolo 7
*** Interludio numero 2: Tony Stark e le sue dichiarazioni. ***


Tony era seduto sul divano del salotto con in mano il telecomando della TV, impegnato in uno zapping sfrenato tra i canali. La sua corsa pazza si fermò sull’ennesimo telegiornale che proponeva la sua ultima conferenza stampa. L’uomo sorrise, decisamente orgoglioso della sua recente performance. Tutto si poteva dire di lui ma non che non sapesse come dare le notizie alla stampa, tutte le volte apriva bocca la novità rimbalzava sull’etere per almeno un mese e, questa volta in particolare, stava per essere battuto il record.
- Oddio, per favore – sbottò Pepper atterrando scompostamente vicino a lui. – Ma non si stufano mai?
- E come potrebbero stufarsi. Dico, ma ci hai visti? – chiese Tony alzando un sopracciglio, davvero sconvolto che lei non riuscisse a vedere la magnificenza di quella scena. – Siamo stati grandi. Mai fatta una dichiarazione migliore. Li avevamo in pugno.
- Ma dai, non è stato tanto diverso della prima volta.
- Quale prima volta?
- “Chiuderò il settore armi con effetto immediato” – gli ricordò.
- Oh, quella prima volta.
- O della seconda volta.
- Quale seconda volta?
- Il signor “Io sono Iron Man” ha la memoria corta.
- Oh, quella seconda volta – rispose Tony, tornando a fissare lo schermo dove adesso era inquadrata una imbarazzatissima Pepper che si muoveva a scatti verso il podio, per raggiungerlo. – Sei stata assolutamente perfetta.
- Stavo per vomitare, tanto ero tesa. Sei stato un mostro a non avvertirmi! – gli disse lamentosa, mollandogli un pugno sul bicipite, e facendosi male lei.
- Sarebbe colpa mia?
- E’ sempre colpa tua, prendilo come un dato di fatto.
- Non questa volta!
- Come no? Certo.
- Ti ricordo che TU mi hai detto che non ne potevi più. E hai anche chiesto, praticamente in ginocchio, un mio intervento.
- Non ero in ginocchio… e non immaginavo certo che avresti fatto una cosa simile!
- Cosa ti aspettavi da me? Lo sai che mi piace fare le cose in grande.
- Che cosa ne so? Pensavo che saremmo andati dai soci a dire…. Non so… che avevamo una relazione… diavolo, non lo so cosa pensavo – sbottò arrabbiata con se stessa, sentendosi ancora in imbarazzo nel ripensare a quella conferenza.
- E’ stato meglio così, una botta e via. Lo sanno tutti adesso.
- Oh, su quello ci possiamo davvero scommettere. JARVIS ha trovato un video giapponese con quella conferenza, su You Tube.
- Davvero? – chiese Tony, ammirato.
- Piantala! – sbuffò lei, cominciando però a sorridere.
- Te l’ho detto, siamo stati grandi. SEI stata grande – comunque Tony per farle un favore cambiò di nuovo canale, solo per imbattersi in un’altra trasmissione che riproponeva le stesse immagini.
 
Quella mattina, come promesso, aveva accompagnato Pepper in ufficio ma nel viaggio in auto le aveva chiesto di organizzare una conferenza stampa. La ragazza aveva eseguito, non pensando potesse essere anche solo lontanamente collegata anche a lei. Lo aveva visto salire sul podio, come tante altre volte, lo aveva sentito scherzare con i giornalisti, come tante altre volte. Ma poi il suo sguardo si era posato su di lei e le aveva sorriso, quel sorriso che riservava solo a lei, quello che l’aveva convinta che la loro relazione avrebbe potuto superare la settimana di vita.
E in quel momento lei aveva cominciato a capire, ed ad arrossire. Ma ormai era tardi.
- Quello che volevo dirvi oggi è che… - lo aveva sentito dire mentre iniziava ad alzare una mano. – nomino la signorina Potts … - aveva detto indicandola – …  co-amministratore delegato delle Stark Industries, con effetto immediato.
A quel punto molte cose erano successe: Pepper era rimasta a bocca aperta, non aspettandosi una dichiarazione di quel tipo. Richiamata sul palco da un cenno di Tony, si era mossa come al rallentatore, cercando di celare la vergogna ma anche la frustrazione per quello che aveva sentito. D’altro canto i reporter erano scattati a fare foto e urlare domande sebbene, in effetti, Pepper fosse già stata amministratore delegato, per circa una settimana. I soci del consiglio, presenti anch’essi, erano rimasti interdetti non sapendo neanche se Tony effettivamente potesse fare una cosa simile.
Ma il peggio (o meglio) doveva ancora avvenire.
Pepper raggiunse il palco e fece due scalini per affiancarsi a Tony. Non appena gli fu accanto lui le circondò la vita con un braccio, facendola avvicinare maggiormente e poi, senza preavviso, si girò verso di lei. Prima che Pepper si accorgesse di cosa stava succedendo, prima che tutti si accorgessero di quello che stava succedendo, le labbra di Tony erano sulle sue e la sua lingua premeva contro di esse, forzandole ad aprirsi in un bacio appassionato e profondo.
E lungo.
Decisamente lungo.
Pepper all’iniziò resistette ma ben presto si lasciò andare schiudendo le labbra, appoggiandosi a lui e facendosi letteralmente sostenere.
I flash scattarono, le domande piovvero, ma loro erano decisamente altrove.
Alla fine Tony si scostò da lei e le sorrise, questa volta però fu quasi un ghignò di soddisfazione. – Oh dimenticavo… – disse avvicinandosi al microfono. - … siamo una coppia. Stabilmente stabilita. Grazie a tutti – finì scendendo dal palco e trascinandosi dietro anche Pepper, che era ancora scossa per quello che era successo, ma era anche sorridente.
 
Pepper sorrise nuovamente rivedendo le immagini scorrere sulla TV, dovette ammettere che Tony aveva ragione, insieme erano una bella coppia e quella era realmente stata una dichiarazione con il botto. Nessun dubbio che chiunque ormai fosse informato della loro relazione, quanto meno adesso avrebbero potuto fare la famosa cena a lume di candela, o andare a fare una passeggiata sulla spiaggia tenendosi per mano senza dover temere che qualcuno li vedesse.
Anzi.
Il problema nelle ultime settimane era stato quello di evitare i giornalisti e le orde di StarkFans che la guardavano male, ovunque andasse. E quelle stesse Fans erano il suo problema più grande perché, al contrario dell’egocentrico compagno, Pepper non aveva mai avuto una eccelsa opinione di sé. Non che non fosse conscia di essere una bella donna ma sapeva anche di non essere al pari delle modelle da copertina con le quali Tony si era spesso intrattenuto. Uno sguardo a quelle modelle bastava per metterla in crisi e cominciare a dubitare della loro relazione; fortunatamente uno sguardo a Tony e uno dei suoi sorrisi (come quello che le stava facendo in quel momento) bastava a rimetterle in pace lo stomaco, e il cuore, fino alla prossima crisi di panico. 


Eccoci qui con il secondo interludio. Ormai la fine di questa storia si sta avvicinando (manca un capitolo e l'epilogo). Spero che anche nel finale continui a picervi e farvi sorridere. Ringrazio tutti i lettori silenziosi e quelli che vorranno perdere qualche minuto a dirmi cosa ne pensano. 

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Capitolo 8
*** Bowling ***


Il ritorno di uno dei miei personaggi preferiti, esclusi Tony e Pepper, ovviamente. 
Penultimo capitolo della storia.
Enjoy



Le settimane dalla dichiarazione pubblica di Tony erano passate diventando mesi e i mesi erano passati senza diventare ancora anni. La vita in casa Stark scorreva più o meno come sempre, Pepper impegnata a prendersi cura della società e del co-amministratore delegato, il co-amministratore delegato impegnato a scansare quanto più possibile gli impegni della sua società. Era una situazione che aveva permesso a tutti di ottenere quello che volevano: Pepper non era più aggredita dai soci (e aveva smesso di passare ore davanti alla wii), Tony non era più aggredito da Pepper, e i soci del consiglio avevano finalmente preso atto di come lei fosse più che in grado di gestire le cose. Sembravano tutti contenti della loro situazione finché JARVIS non avvertì che l’agente Coulson era davanti alla porta di casa.
Tony, come al solito, era rinchiuso nel suo laboratorio e le fece sapere, tramite un veloce scambio di battute attraverso l’interfono (avevano anche smesso di comunicare via scale, per la gioia delle tonsille di entrambi), che non aveva nessuna intenzione di parlare con lui. Pepper, sempre molto più educata e gentile, andò quindi ad aprire per cercare di capire quale fosse l’emergenza nazionale che lo portava da loro, questa volta.
- Phil, che piacere vederla. Si accomodi.
L’agente sorrise timidamente ed entrò in casa. – Mi dispiace disturbare.
- Nessun disturbo, posso offrirle qualcosa?
- Ehm, no. Grazie. Ehm, tra l’altro… complimenti. Auguri… ho sentito la conferenza.
- Oh – Pepper arrossì. – Grazie. Mi dispiace per l’altra volta.
- Lasci stare, non avrei dovuto…
- Cercava Tony?
- No, veramente cercavo lei.
- Ah.
- Avrei, dovrei. Ecco…
Pepper gli sorrise, curiosa, mentre Phil prendeva un respiro e profondo. – Avbignocoilgo.
- Come?
- Avrei bisogno di un consiglio – ripeté lui, decisamente più lentamente, arrossendo fino alla radice dei capelli.
Pepper alzò un sopracciglio, contenta per una volta di non essere lei quella ad arrossire. – Di che tipo?
- Setimane.
- Come?
- Sentimentale.
- Oh.
- Eh.
- Allora credo che ci serva del tè. E dei biscotti.
- E’ una violoncellista.
- Meglio una torta al cioccolato. Venga – rispose facendo strada verso la cucina.
- Mi dispiace essere venuto qui ma non sapevo a chi altro chiedere…
- Nessun problema, mi racconti tutto – gli disse prendendo un bollitore e due tazze belle capienti. – Arancia? – chiese poi prendendo una bustina da una scatola enorme. - Malva? Vaniglia? Limone? Frutti rossi? Uhm, no questo qui non ci dovrebbe stare – disse togliendo una mazzetta di bustine rosse dalla scatola in modo da non berlo accidentalmente. Non ci teneva proprio a diventare rossa e gonfia come un pallone per colpa della sua allergia.
- Quello che vuole lei.
- Arancia sia, allora – decise tagliando due fette di torta e piazzandone una davanti all’agente. – Qual è il problema?
- Lei è una ragazza – disse l’agente, convinto.
- Sì, è stato già più bravo di Tony, a lui sono occorsi 10 anni per rendersene conto.
Phil arrossì di nuovo. – No, volevo dire che in quanto tale forse è in grado di darmi qualche consiglio. Non conosco molte altre ragazze, a parte l’agente Romanoff e l’agente Hill, ma non credo che loro possano aiutarmi molto.
Pepper annuì. Poco poteva dire sull’agente Hill ma non credeva che Natasha fosse il tipo di persona adatta a sedersi con un uomo a dare consigli sentimentali. - Quindi? – chiese.
- Quindi lei è una violoncellista, io un agente para-governativo. Non abbiamo tutte queste cose in comune.
- Come vi siete conosciuti?
- Stavo sorvegliando una persona che, una sera, pensò bene di andare ad un suo concerto.
- E… - chiese sperando di non dovergli tirare fuori tutta la storia una parola alla volta.
- E più o meno basta. Siamo usciti un paio di volte, parlato del più e del meno. Ho paura che al prossimo appuntamento finiremo per fissarci negli occhi senza più niente da dire… non che la cosa mi dispiacerebbe, ha degli occhi molto belli – concluse sorseggiando il suo tè.
Pepper sorrise. - Le piace?
- Beh, non so. Quando sono con lei non riesco ad articolare un discorso sensato, mi sento le gambe molli, balbetto…
- Ok, le piace! E lei?
- Credo di piacerle. Almeno un po’.
- Ho capito cosa le serve, un’uscita a quattro.
- Come scusi? – chiese Phil a cui il tè era quasi finito di traverso dopo quel consiglio.
- Andare fuori con altre persone, meglio sarebbe un’altra coppia. Se le cose andassero bene a fine serata vi rimarrebbe del tempo per voi, se foste a corto di argomenti evitereste di rimanere in silenzio, potendo contare su altre due persone con cui parlare.
- Sa che non è male come idea! – le disse dopo aver riflettuto sulla cosa, mentre finiva la sua fetta di torta.
- Qualche idea su una coppia?
Phil scosse la testa, ricrollando rapidamente nella disperazione più nera.
Pepper ci pensò un attimo, considerando i pro e i contro di quello che stava per proporre. Pro erano aiutare un gentile agente e godersi la reazione di Tony quando lo avesse informato. Contro la reazione di Tony quando lo avesse informato. E la possibilità di mandare a monte un’acerba relazione sentimentale portando una gentile e innocente violoncellista al cospetto di Tony Stark. - La porti qui – gli disse alla fine dato che, essendo fondamentalmente di animo gentile, non sopportava di vedere qualcuno così a terra.
- Questa non mi pare una buona idea – le rispose l’agente, squadrandola decisamente perplesso.
- Perché no?
- Senza offesa, nessun uomo sano di mente porterebbe la ragazza che gli piace a meno di un chilometro da Tony Stark.
- Tony lo limito io. Lei porti a cena la sua violoncellista e vedrà che sbloccheremo la situazione.
- Stark mi odia – chiarì Phil, come se Pepper non fosse a conoscenza di ogni minima sfumatura dei sentimenti del suo fidanzato.
- Non è vero.
- Cosa non è vero? – chiese una voce ben nota e poco attesa, aprendo la porta della cucina e rimanendo a fissare la scenetta strampalata che gli si presentava davanti.
- L’agente Coulson è convinto che lo odi – rispose la giovane, sorridendo verso Tony.
- E’ vero – confermò lui senza un secondo di esitazione.
- Tony! – sbottò Pepper.
- Che le avevo detto? – disse mesto Phil, cominciando ad alzarsi per andarsene.
- Phil, resti seduto. Tony ho appena invitato Phil e la sua ragazza…
- …tecnicamente non è la mia ragazza…
- … a cena per… martedì? – chiese volgendosi verso Phil.
- Martedì sia – annuì alla fine lui, poco convinto della cosa ma senza molta altra scelta se non fidarsi di lei. In fondo era andato lì per un consiglio, non accettarlo sarebbe stato da stupidi. Forse anche accettare un simile consiglio sarebbe stato da stupidi ma comunque non aveva molto da perdere essendo convinto che, senza aiuto, non ci sarebbe stato un nuovo appuntamento con la sua bella violoncellista, a meno di non imbucarsi ad un concerto e considerare quello un appuntamento.
- Va bene, vero? – finì Pepper girandosi verso Tony con lo sguardo del “ prova a dire di no, se ne hai coraggio”.
Tony alzò le spalle, facendo chiaramente intendere che ben poco gli importava della cosa. – Fai come vuoi, è casa tua.
- Nostra – chiarì lei, intendendo che alla cena avrebbe dovuto non solo presenziare, ma anche comportarsi bene.
- Nostra. A martedì, Agente.
Phil lo studiò mente prendeva una fetta gigante di torta e tornava da dove era venuto, remissivo come un cucciolo. Osservò poi Pepper che nascondeva un sorriso dentro la sua tazza di tè e scosse la testa. Era passato un po’ di tempo dall’ultima volta che era stato in quella casa ma le cose sembravano andare esattamente al contrario di prima. O forse erano sempre andate in quel modo, e lui non aveva mai capito niente. Con le donne non si era mai sicuri.
- Allora ci vediamo martedì sera – gli disse allegramente Pepper, accompagnandolo alla porta.
- Va bene… - rispose l’ancora frastornato agente. – Grazie? – chiese, non sapendo bene se ringraziare la donna per l’aiuto o mettersi a discutere con lei per il guaio in cui l’aveva cacciato. Portare la sua ragazza in casa Stark gli sembrava ancora una pessima idea: ben che sarebbe andata, a paragone con il padrone di casa, lui avrebbe fatto una ben misera figura; se le cose fossero andate male Stark avrebbe tirato fuori il suo caratteraccio e qualche brutta storia per metterlo in ridicolo. Se fossero andate peggio sarebbe stato responsabile della rottura del fidanzamento d’America.
Ma Pepper, diretta interessata quanto lui per il destino della coppie in ballo, non sembrava minimamente preoccupata, e la cosa lo rassicurò.
Poco.
 
Martedì arrivò e alla porta di Villa Stark arrivarono anche l’Agente Coulson e la ormai famosa violoncellista. Pepper, che aveva a cuore la felicità sentimentale di Phil, ma non aveva tempo, aveva ordinato da una ditta di catering una cena con i fiocchi e aveva intimato allo scontroso compagno di tacere sulla provenienza delle portate, se avesse voluto avere il dolce. Tony, dopo anni di esperienza, aveva perfettamente capito a cosa la ragazza si riferisse e ben poco aveva a che fare con il semifreddo al caramello. 
Nell’attesa degli ospiti Tony aveva cercato di sgattaiolare in laboratorio ma Pepper, per una volta, gli aveva tagliato ogni possibile via di fuga costringendolo a restare con lei in salotto. Sebbene saldare e avvitare bulloni della Mark di turno fosse uno dei passatempi preferiti dell’uomo, quella sera scoprì come restare accoccolato sul divano accanto alla sua ragazza, osservando il camino scoppiettante, fosse quasi altrettanto bello. Ovviamente l’idillio fu presto interrotto dalla voce dal marcato accento inglese di JARVIS, che li avvertiva dell’arrivo degli ospiti.  
- Arriverà mai una volta senza interrompere qualcosa? – chiese Tony, riferendosi all’arrivo del povero agente.
- Stai buono e cerca di comportarti bene con Phil.
- Perché? – chiese sinceramente interessato.
- Perché si da il caso che sia una brava persona, e si da il caso che se non ci fosse stato lui adesso non sarei qui con te.
- Esagerata. Non è stato lui ad arrivare in volo per salvarti la vita.
Pepper alzò gli occhi al cielo. – Mio eroe. Ma non ci fosse stato lui non sarei arrivata viva a quel punto della storia.
Tony si arrese, anche perché lei si era alzata facendolo quasi cadere dal divano. – Va bene, hai vinto. Sarò un modello di virtù… perché lo abbiamo invitato? – chiese andando alla porta.
- TONY! – sbottò Pepper ma non poté dire altro perché la porta venne aperta da un sorridente Tony.
- Phil – disse tendendo la mano ad un circospetto agente, che non si aspettava un tale esuberante benvenuto. – Entrate, accomodatevi. E questa splendida ragazza deve essere la famosa violoncellista! – continuò Tony senza aspettare le presentazioni ufficiali, stringendo la mano anche alla ragazza. – Tony Stark.
- Scusatelo, lui è un po’…. – iniziò a dire Pepper, non finendo la frase.
- Piacere, Christine – disse la giovane, ed effettivamente piuttosto avvenente, ragazza, dando una bella stretta decisa alla mano di Tony e squadrandolo da capo a piedi.
- Christine, ma pensa. Conoscevamo un’altra Christine, vero Pepp… - iniziò a dire Tony guadagnandosi il primo calcio della serata da parte della sua angelica fidanzata. – Ehm, si. Lei è Pepper…
- Virginia, piacere – disse fulminando l’uomo con in occhiata glaciale.
- Virginia, “Pepper” Potts. Ormai anche sua madre la chiama Pepper, non si faccia problemi, Christine – disse Tony, iniziando a parlare a raffica e del tutto a sproposito mentre Phil lo guardava imbarazzato, Pepper furiosa e Christine decisamente incuriosita.
- Perché non ci accomodiamo in sala da pranzo? – chiese Pepper, facendo un cenno a Phil perché facesse strada, in modo da poter rimanere indietro con Tony. Lui si voltò a guardarla con uno sguardo innocente da cucciolo mentre lei gli lanciava un’occhiata truce. – Tony, me. Guarda ME.
- Ma io non…
- Non lo fare.
- Non stavo facendo niente.
- Lo stavi pensando.
- Non è vero.
- E’ vero, lo sai. Tieni l’attenzione su di me, questa sera.
- Non ho fatto niente!
- Continua a non farlo. Sguardo da collo a fronte, non più giù; niente argomenti imbarazzanti; niente battute oscene. FAI IL BRAVO – gli mormorò all’orecchio facendogli poi un sorriso d’intesa.
Tony sorrise di rimando seguendo Christine in cucina, soffermandosi più del dovuto sulla sua camminata e su come il vestito le fasciava il fondoschiena, guadagnandosi uno scappellotto da Pepper, che gli stava dietro. Si girò e le fece un altro sorriso angelico. – Gelosa? – mormorò tutto contento.
- Ho promesso a Phil che ti avrei contenuto, tutto qui – rispose lei cancellando il sorrisino orgoglioso sul volto del bel miliardario.
Stranamente la cena si svolse in maniera quasi normale, Christine si rivelò essere alquanto brillante e decisamente in grado di tenere il passo con Tony tanto che, ad un certo punto, sia Pepper che Phil si ritrovarono a fissare i rispettivi compagni, impegnati in una disputa di un certo livello culturale nella quale loro non potevano, per mancanza di informazioni, partecipare.
- E’ la posizione del corpo che imprime la rotazione della palla e fa si che il tiro sia efficace – sosteneva Christine, il volto arrossato dal vino ma anche dalla veemenza con cui stava esponendo le sue argomentazioni.
- Ma senza potenza non conta nulla – sosteneva invece Tony. – Puoi anche fare un tiro perfetto, ma se non ci metti la forza non serve a niente.
- Se fosse solo questione di potenza non ci sarebbe gara, vincerebbero sempre gli uomini. E questo non mi risulta proprio che succeda.
- La potenza è prettamente maschile – le rispose Tony, guadagnandosi l’ennesimo calcio sullo stinco dalla sua compagna, che però si era quasi persa nella conversazione e aveva agito più per abitudine che per altro.
- La potenza è nulla, senza controllo – gli fece eco Christine, lanciandogli uno sguardo provocatorio.
- E’ una sfida? – chiese Tony, punto sul vivo.
- E’ una verità appurata.
- Caffè? – chiese Pepper, cercando di riportare il discorso su un piano più generale. Ovviamente fu ignorata dai due ma ricevette uno sguardo di ringraziamento da parte di Phil, che non si era perso i suoi sforzi per arginare Tony. Nessuno stava riuscendo, e a dire il vero neanche provando, ad arginare Christine, però.
- Paura di perdere?
- Non mi dire che hai una sala da bowling in casa? – chiese Christine, che ormai si era adeguata al “tu”, tutta presa dalla conversazione.
- Ho di meglio – rispose Tony sorridendo sornione e lanciando uno sguardo d’intesa a Pepper, la quale finalmente capì dove si stava arrivando e scosse la testa, sconsolata.
- Ti prego, Tony. Non credo che…
- Accetto. Phil e io, contro Pepper e te. Vedremo chi ha ragione!
- Io non so giocare a bowling – sbottarono all’unisono gli altri due diretti interessati.
- Meglio ancora. Potts, con me – disse Tony alzandosi dalla sedia, lasciando tutto sul tavolo e dirigendosi spedito verso il salotto, trascinando per la mano un’imbarazzatissima Pepper. Lei minò uno “scusa” in direzione di Phil che però non poté fare altro che alzarsi e seguire la sua ragazza dietro i padroni di casa.
In meno di due secondi i quattro si trovarono ognuno con un controller in mano davanti al megaschermo Stark 52 pollici. Tony e Pepper rappresentati dai loro mii, Christine e Phil da due “ospiti”, ben poco rassomiglianti agli originali. Pepper sospirò, sapendo bene che ormai il danno era fatto, Tony aveva trovato un compagno di giochi e quella serata non si sarebbe conclusa se non con un vincitore. Il brutto era che non poteva neanche dare tutta la colpa al sorridente partner dato che, nonostante gli sforzi di Pepper e Phil, Christine gli aveva dato corda nei suoi discorsi per quasi tutta la serata.  
- Qualcosa che dovrei sapere? – chiese sconsolata, fissandosi il laccetto al polso.
- Mira e tira. Con forza. Dobbiamo vincere, bellezza.
Pepper alzò gli occhi al cielo ma, nonostante tutto, sorrise.
Phil continuava ad essere il più imbarazzato tra i quattro ma, dopo il suo primo tiro e il primo strike, il suo morale si risollevò parecchio, anche grazie all’abbraccio e al bacio che Christine gli stampò sulla guancia. 
- Grande, e non avevi mai giocato prima? – gli chiese staccandosi da lui e iniziando a prendere la mira a sua volta. Anche lei fece strike, così come Tony dopo.
Pepper non ebbe altrettanta fortuna: la sua prima palla buttò a terra tre birilli, la seconda finì direttamente fuori. Si voltò a disagio verso il fidanzato, aspettandosi dei rimbrotti, ma lo vide nonostante tutto sorridente. – Andrà meglio la prossima volta, in fondo non hai mai giocato. Devi solo prendere le misure – le disse.
- Quindi adesso è questione di misure? – chiese Christine, alzando un sopracciglio.
- Retoricamente, è un modo di dire – si difese Tony, lanciando un'altra palla e facendo di nuovo strike.
- Si! – gioì Pepper che si stava rendendo conto di come giocare con Tony, e non contro di lui, potesse essere decisamente più divertente.
- Mi raccomando, un bel tiro forte – le disse Tony mentre lei prendeva la mira e sventolava la mano con il controller, lasciando la palla in un tiro quasi perfetto. Buttò giù 9 birilli e stava già iniziando a lamentarsi della sfortuna quando si rese conto di avere ancora un tiro.  
- Se colpisci il birillo fai “spare” – le spiegò Tony, sorridendo dello sguardo perplesso della ragazza.
- E sarebbe una cosa buona? – gli chiese.
- Sarebbe una cosa molto buona – confermò l’uomo.
Pepper strizzò gli occhi, concentrandosi, e poi lanciò trattenendo il fiato mentre la palla rosa rotolava velocemente verso il birillo residuo. Per un breve, terrificante momento, la ragazza pensò che anche quella volta sarebbe finita fuori e invece colpì in pieno il bersaglio, facendolo schizzare in alzo con una capriola. Esultò alzando le mani e lanciandosi direttamente tra le braccia di Tony, inconsapevole della presenza di Phil e Christine che spostarono lo sguardo, imbarazzati da quella improvvisa manifestazione di affetto.
- Sei stata assolutamente grandiosa! – le disse Tony.
Pepper riprese il controllo, arrossendo quando vide gli ospiti con gli occhi bassi scrutarsi, molto interessati, le scarpe.
Era nuovamente il turno di Phil, aveva già iniziato il movimento quando sentì uno sguardo scrutatore addosso. Interruppe il movimento e vide Christine che lo fissava.
- Cosa? – chiese perplesso.
- Devi dare più slancio al braccio e spostare il peso in avanti – disse la ragazza.
Phil cercò di fare quanto gli era stato detto ma, sebbene la posizione fosse perfetta e la traiettoria assolutamente centrata, la palla rotolò lentamente, andando ad abbattere solo un paio di birilli e facendone ondeggiare altrettanti, senza ulteriori danni.
- Deboluccio – disse Tony.
Christine non commentò ma lanciò uno sguardo truce a Phil. – Magari mettici un po’ più di forza nel prossimo.
- Mi hai detto di prendere la mira – si lamentò lui.
- Sì ma non ti ho detto di tirare come un bambino di due anni! – si scaldò lei.
- Scusa – sbottò l’agente.
- Tira dai!
Anche il secondo tiro di Phil fu psicologicamente una sofferenza, com’era stato quello di Pepper. Purtroppo l’agente ebbe decisamente meno fortuna della ragazza e la sua palla schizzò perfettamente al centro del buco lasciato dal tiro precedente. Tony e Pepper, malignamente, sghignazzarono tra loro, sapendo di avere quasi la partita in pugno mentre Christine ebbe un moto di rabbia che, a suo merito, venne prontamente sedato dallo sguardo sconsolato che lesse nel volto di Phil.
- Scusa – mormorò di nuovo.
- Fa niente, capita – rispose lei andando a dargli un buffetto affettuoso sulla guancia.
 Mancava un unico tiro per ognuno. Tony, come sempre, fu perfetto finendo la sua partita con tutti strike o spare. Christine fece uno spare. Pepper fece un respiro profondo, prese la mira e lanciò con tutta la forza che aveva nel braccio. Nel momento in cui la palla si staccava dal mii sullo schermo anche il suo controller si staccò dalla mano, scivolandole nell’impeto del lancio. Tony per un attimo impallidì ma poi il controller penzolò innocuo al braccio della ragazza mentre la scritta “strike” appariva colorata sullo schermo. Pepper inizialmente, presa dal destino della televisione, non capì quello che era successo ma poi, vedendo coriandoli e lucette brillare sullo schermo, si rese conto di aver fatto strike e cominciò a saltellare sul posto, tutta contenta. - Ci sono riuscita!
- Brava ragazza! – sorrise Tony, decisamente orgoglioso delle capacità atletiche della sua perfetta e compita ex assistente personale. – Noi abbiamo concluso. Ora tocca a te, agente! – disse cercando di aumentare la già notevole quota d’ansia di Phil.
- Non dargli retta, Phil. Concentrati!
- Non è che così mi aiuti, Chris – le disse lui, non potendo fare a meno di sorridere dell’espressione tesa della ragazza.
- Scusa, sto buona – rispose lei, sorridendo a sua volta mentre lo osservava concentrarsi, fare un bel respiro e tirare la palla. I quattro trattennero tutti il respiro mentre 9 birilli saltavano in aria contemporaneamente e l’ultimo rimaneva a ballare, ondeggiando su e giù per quello che parve mezzo minuto, per poi assestarsi in piedi.
- No! – si disperò Phil. – E cadi, dai! – ma nonostante i suggerimenti, gli insulti e le preghiere il birillo rimase strenuamente in piedi, decretando la vittoria dei padroni di casa.
Sebbene contenta Pepper limitò, per buona creanza, le manifestazioni di giubilo, pensando che ci sarebbe stato tempo quando fossero rimasti da soli. D’altra parte Tony, stupendo tutti e più di tutti Pepper stessa, sorrise in direzione di Christine, complimentandosi, senza neanche troppa finzione, della bella partita.
Phil era crollato sul divano, pensando di aver definitivamente buttato a monte le sue possibilità future con la bella violoncellista la quale, sebbene non felice del risultato della partita, gli si avvicinò per consolarlo. A sorpresa di tutti si chinò sul malinconico agente e gli posò un bacio sulle labbra e questa volta fu la volta dei padroni di casa di volgere lo sguardo altrove, a modo loro ovviamente. Tony, che odiava le perdite di tempo, approfittò di quel bacio per fare altrettanto con Pepper, in maniera molto meno casta di quanto non avesse fatto Christine, d’altra parte lui giocava in casa.
– Non è stata colpa tua, è andata così. La prossima volta vinceremo noi! – disse Christine quando Phil si riebbe dalla sorpresa.
- La prossima volta? – chiesero gli altri tre: Tony curiosamente, Pepper e Phil con una nota di panico nella voce.
- Abbiamo diritto alla rivincita – chiarì la giovane. – Magari la prossima volta su una pista vera.
  

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Capitolo 9
*** Balance Board ***


Passata l’ansia delle prime settimane della loro relazione, passata la turbolenza mediatica derivata dall’ultima conferenza stampa di Tony e Pepper, passata l’eccitazione… beh quella no, non era passata. Passato tutto il resto comunque, la vita a casa Stark aveva preso a scorrere quasi normalmente. Normalmente per come poteva essere la vita di un multimiliardario, ex playboy, attuale supereroe, e della sua fidanzata. Raramente facevano cose normali come andare a fare la spesa, saltuariamente riuscivano a fare una romantica passeggiata al chiaro di luna sulla spiaggia sotto casa, qualche volta semplicemente partivano e per due giorni scomparivano dalla circolazione. Quelle mini fughe romantiche portavano con sé poco turismo e tanto sesso, al punto che Pepper finiva per chiedersi che bisogno avessero di andare dall’altra parte del mondo, solo per non uscire mai dalla camera d’albergo. Non che la cosa le dispiacesse, comunque.
In questo sabato pomeriggio di cui stiamo per parlare nostri due eroi (l’eroe ufficiale e l’eroica persona che lo sopportava ogni giorno) avevano deciso di restare a casa per rilassarsi e godersi uno dei rari giorni di pioggia a Malibù, il che si era tradotto con Tony in laboratorio e Pepper davanti alla televisione.
Dopo alcune ore di produttivo lavoro a progettare, inventare e smontare quanto appena progettato e inventato, Tony decise di riemergere dal seminterrato per andare a vedere cosa stesse combinando la sua ragazza, sperando seriamente di non trovarla immersa nel lavoro. Da quando stavano insieme aveva cercato strenuamente di insegnarle a godersi l’attimo e, in generale, pensava di esserci riuscito. L’assenza di rumore proveniente dal piano di sopra poteva essere un segnale negativo, l’assenza del pestare furioso sui tasti della tastiera del computer poteva essere d’altronde un segnale positivo. Tony spuntò dalle scale con passo atletico, solo per fermarsi improvvisamente alla scena che gli era apparsa innanzi agli occhi. Pepper, o meglio il suo fondoschiena fasciato da un paio di attillatissimi pantacollant, gli era spuntata davanti agli occhi in una posizione decisamente insolita. La ragazza era in piedi sulla balance board della wii (che Tony non sapeva neanche lei sapesse accendere) stirata tutta da un lato, come se fosse in trazione. L’uomo era convinto che neanche con tutta la sua buona volontà lui avrebbe mai potuto anche solo avvicinarsi ad una posizione simile. A lei sembrava invece quasi naturale.
Tony si avvicinò e andò a sedersi sul divano, in un punto strategico che gli permetteva di avere una discreta visuale su tutto il corpo della giovane, lato B innanzitutto. Rimase alcuni minuti in silenzio ad osservarla con un sorriso beato sul volto, mentre lei continuava a fare quello che stava facendo, qualsiasi cosa fosse, non dando segno di averlo notato.
- Qualsiasi cosa tu stia pensando…no – gli disse ad un certo punto, quando fu chiaro che l’uomo non si sarebbe mosso, non avrebbe dato spiegazioni su quello che stava facendo, o non avrebbe palesato in altro modo la sua presenza. Pepper sapeva per esperienza pluriennale che quella era la tipica situazione in cui, in genere, lui stava pensando qualcosa di potenzialmente pericoloso e letale.
- Non stavo pensando a niente – rispose Tony, con aria innocente.
- Nessuno con quella espressione può dire di non stare pensando a niente, e contare che qualcuno ci creda per di più – gli rispose cambiando posizione e assumendone una ancora più stirata e in precario equilibrio sulla balance della precedente.
- Ma stai comoda? – le chiese girando la testa ad una strana angolazione, seguendo quella del corpo della ragazza, per guardarla per dritto.
- No.
- E perché lo fai? Non che mi lamenti, comunque – le disse sorridendo malizioso e tornando a mettersi comodo e godersi lo spettacolo indiretto.
- Faccio stretching – gli rispose semplicemente la donna, non facendo commenti sull’ultima affermazione di Tony.
- Oh – rispose l’uomo, tornando a chiudersi nel suo silenzio per altri 10 minuti.
- Mi preoccupi – disse la ragazza ad un certo punto quando di nuovo il silenzio stava diventando allarmante.
- Non sto facendo niente – si difese Tony che, a onor del vero, per una volta non stava davvero facendo niente. Niente di male comunque.
- Per quello mi preoccupi – chiarì Pepper, abituata agli strambi comportamenti del fidanzato e aspettandosi un cataclisma da un momento all’altro.
- Immagino.
- Non credo tu possa immaginare quanto mi preoccupi questo tuo atteggiamento.
- No, immagino proprio. Nel senso che mi sto immaginando delle cose – ripose Tony cercando di spiegarsi meglio.
 - Adesso si che sono inquieta – gli disse girando la testa e guardandolo negli occhi, rischiando di perdere l’equilibrio precario in cui si era assestata.
- Non faccio niente di male – la rassicurò.
- Sicuro? – gli chiese alzando un sopracciglio.
- Certo – affermò Tony.
Passarono altri 10 minuti di silenzio da parte di Tony e altre 3 posizioni, una più improbabile e assolutamente più sexy delle altre, da parte di Pepper. Poi di nuovo la giovane ritenne doveroso assicurarsi che non fosse cambiato nulla nello status quo, giusto per evitare esplosioni o altre catastrofi più o meno esplosive. - Tony? – chiese perplessa.
Lui sbuffò. – Sono perso in fantasie assolutamente proibite che ti riguardano. Puoi, per favore, continuare a fare quello che stavi facendo e lasciarmi immaginare? – le chiese con un finto tono stizzito l’uomo, facendole comunque un sorriso magnetico e l’occhiolino.
Pepper sorrise, rilassandosi nonostante quella dichiarazione non fosse esattamente quello che si era aspettata, e tornò a dedicarsi al suo yoga per altri 20 minuti.
- Finiti i tempi della boxe? – le chiese Tony giusto per fare conversazione, intuendo che forse lei si sarebbe sentita più tranquilla a sentirlo parlare, di tanto in tanto.
- Si, d’ora in poi solo sport pacati e calmi. Magari dovrei provare anche a concentrarmi sul respiro – disse quasi a se stessa, in tono riflessivo.
- E perché dovresti fare una cosa simile? – le chiese alzando un sopracciglio, sinceramente interessato a una così stravagante rivelazione.
- Perché tra qualche mese dovrò concentrarmi parecchio sul respiro.
- Qualche mese? – chiese Tony pensando che quella conversazione stava rapidamente diventando una delle più strane che avessero avuto nelle ultime settimane. Non che i loro discorsi fossero mai stati molto sensati, in effetti.
- Nove, per la precisione.
- A me sembra una cosa semplice da fare – le disse riflettendo su come non avesse mai riflettuto su come respirare, senza dare troppo peso a quello che la ragazza aveva appena risposto, completamente perso nei suoi pensieri.
- Non quando stai partorendo. Almeno credo.
- No, beh in quel caso… COSA? – chiese Tony finalmente registrando il senso del discorso e quindi scattando in piedi, guardandola con gli occhi sgranati.
Pepper smise di stirarsi e scese dalla balance per trovarsi di fronte a Tony, intuendo che forse sarebbe stato meglio continuare il discorso guardandosi negli occhi. – Sono incinta – gli disse secca. Non era esperta in materia ma aveva l’impressione che notizie simili dovessero essere date con la stessa tecnica con cui si staccano i cerotti, un bello strappo e via il pensiero. Tony barcollò sul posto e crollò di nuovo sul divano, a peso morto. Forse si era sbagliata, forse sarebbe stato meglio essere un attimo più delicati nel dare la notizia.
- Stai bene? – chiese accucciandosi di fronte a lui e guardandolo preoccupata mentre impallidiva sempre di più, cominciando poi ad assumere un allarmante sfumatura verdina che proprio non gli si addiceva.
- Come no? – chiese a sua volta, passandosi una mano sulla faccia che lentamente, molto lentamente, stava tornando ad un colore quasi normale.
- Non sembra proprio – obiettò Pepper.
- Si, tutto a posto – le confermò cercando di riassumere una postura più umana e meno da invertebrato.
- Scusa, forse dovevo essere più delicata – disse Pepper andando a sedersi di fianco a lui e mettendogli una mano sulla spalla, per consolarlo.
- Ma davvero? – chiese ancora incredulo.
- Eh sì, davvero.
- Ma come…? – chiese Tony girandosi ad osservarla.
- Andiamo, Tony. Come? – chiese a sua volta Pepper, sorridendo. Andava bene essere sconvolti, andava bene il panico (lei sembrava calma, ma aveva avuto un pomeriggio intero per cercare di calmarsi, intuendo come al momento di dirlo a Tony almeno uno dei due avrebbe dovuto mantenere una certa lucidità) ma il come no, non andava bene.
Tony rifletté sulle ultime settimane, anzi sugli ultimi mesi. Per quanto in genere stessero attenti, c’erano sempre stati momenti in cui… beh, l’attenzione non era proprio in cima alle loro priorità. In effetti “come” non era stata una domanda intelligente ma, dato il momento, riteneva di poter essere scusato. – Quando? Va meglio come domanda?
- Si, va meglio. Sono di tre settimane – rispose la ragazza che poi rimase in silenzio. Poteva quasi sentire il cervello di Tony lavorare freneticamente analizzando le informazioni che aveva ricevuto, cercando una risposta, una soluzione al problema. La domanda che assillava lei era: qual era per lui il problema? Non era stata una cosa programmata di certo, ma visto che erano entrambi adulti e sapevano quello che stavano rischiando, Pepper pensava che l’unica cosa sensata da fare fosse decidere un nome e impegnare quei mesi per cercare di imparare a diventare genitori. Ma Tony? cosa pensava? Decise che chiederglielo anche solo per spezzare quel silenzio, nonostante tutto i suoi silenzi ancora le incutevano timore. – Cosa pensi?
Tony si alzò dal divano diretto verso le scale, fermandosi giusto il tempo necessario per afferrarle una mano e trascinarsela dietro. Pepper lo seguì, incuriosita e in parte preoccupata. – Tony? – chiese mentre entravano nel laboratorio e l’uomo le lasciava la mano.
- JARVIS, dammi una planimetria del secondo piano della villa – disse ignorando completamente lo sguardo della ragazza, ora seriamente preoccupata dallo stravagante comportamento.
- Con i mobili, signore?
- Mettici tutto – quando comparve una struttura bidimensionale Tony sbuffò. – 3D, JARVIS. Ti devo sempre dire tutto?
- Tony, che cosa diavolo…?
Tony le fece segno di aspettare un attimo e studiò la piantina tridimensionale. Ingrandì la camera degli ospiti, la stessa che era stata di Pepper, prima che loro diventassero… loro. – Togli tutti i mobili da qui, JARVIS – disse.
- Subito, signore – rispose la compita voce dal marcato accento inglese facendo sparire il letto matrimoniale, l’armadio a muro e il cassettone.
Tony prese un pennino e iniziò a disegnare freneticamente sul reticolato virtuale. Alla fine, quando ormai Pepper stava per perdere le speranze, lui alzò finalmente lo sguardo su di lei. – Secondo te è presto mettere una televisione? – chiese spostandosi e permettendole di vedere il progetto che aveva abbozzato.
- Tony, quella è…?
- La tua vecchia camera. Ho pensato fosse l’ideale da trasformare in cameretta – rispose lui tutto contento del suo lavoro mentre la ragazza si fermava ad osservare il nuovo stile della camera. Al posto del suo vecchio letto era comparsa una culla, al posto dell’armadio a muro una scaffalatura che sarebbe stata perfetta per accogliere peluche e pupazzi. Il sorriso di Tony gli morì sulle labbra quando vide l’espressione di Pepper, sull’orlo delle lacrime. – Ehm, se non ti va possiamo trasformare la seconda camera degli ospiti… - iniziò a dire, pensando che il problema fosse la camera.
Pepper lo fermò mettendogli due dita sulle labbra e facendogli un sorriso. – E’ fantastica – gli disse avvicinandosi e facendosi abbracciare. – Tu sei fantastico – gli disse nascondendo il volto contro il suo petto.
Tony le sollevò il volto, osservandola negli occhi, sinceramente stupito. – Io? Perché? – chiese sbalordito dalla sua reazione a quella che per lui era stata una risposta normale alla notizia. Certo il colore della stanza e il resto dell’arredamento avrebbe dovuto aspettare, ma alla notizia dell’arrivo del bambino (o della bambina) lui aveva subito cominciato a pensare a come strutturare la sua camera. Non potevano lasciarlo in mezzo al salotto, giusto?
Pepper rise, baciandolo. - Ti amo – gli mormorò all’orecchio.
Tony era confuso ma decise che per quella volta poteva anche non essere importante, aveva capito perfettamente quello che lei gli aveva detto, e quella era l’unica cosa che contava veramente. – Ti amo – le disse a sua volta, stringendola a sé e baciandola di nuovo.
 
Fine.


Ed eccoci alla fine di questa storia. Devo dire che un pò mi dispiace, mi ci ero affezionata. Un ringraziamento a tutti coloro che hanno commentato strada facendo. In particolare un grazie a Sic e aston che, con i loro commenti, hanno ispirato un paio di capitoli che altrimenti non avrebbero mai visto la luce. 
Grazie anche a tutti i lettori silenziosi :)
Ciao
Even

 

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