There's someone out there who feels just like me?

di fraVIOLENCE
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** What's my age again? ***
Capitolo 2: *** I couldn't care less of what you say! ***
Capitolo 3: *** She's a fucking nightmare! ***
Capitolo 4: *** Southern California’s breeding mommy’s little monster! ***
Capitolo 5: *** Pathetic. ***
Capitolo 6: *** All night, always. ***
Capitolo 7: *** A new hope. ***
Capitolo 8: *** Decisions make my mind ache! ***
Capitolo 9: *** I just wanna be alone with your smile. ***
Capitolo 10: *** When you smile, I melt inside. ***
Capitolo 11: *** He's a fucking weasel. ***
Capitolo 12: *** This world is an ugly place. ***
Capitolo 13: *** Family reunion. ***
Capitolo 14: *** Pretty little girl. ***
Capitolo 15: *** Romeo and Rebecca. ***
Capitolo 16: *** The worst damn day of my life. ***
Capitolo 17: *** So sorry, it's over. ***
Capitolo 18: *** You said you speak from your heart but you're heart's all gone. ***
Capitolo 19: *** Even if she falls in love. ***
Capitolo 20: *** I need some more time to fix this. ***
Capitolo 21: *** You're pictures are falling down. ***
Capitolo 22: *** Time to break up. ***
Capitolo 23: *** Acting stupid, getting drunk with my best friends! ***
Capitolo 24: *** I don't wanna know! ***
Capitolo 25: *** Please take me home. ***
Capitolo 26: *** Down. ***
Capitolo 27: *** Your smile fades into the summer. ***
Capitolo 28: *** There's someone out there who feels just like me? ***
Capitolo 29: *** Epilogo. ***



Capitolo 1
*** What's my age again? ***


1 Giugno 1999.

Quella mattina fu un piacere svegliarsi.
Era un giorno speciale, non solo per me, che finalmente diventavo maggiorenne, ma anche per i miei migliori amici.
Thomas Delonge, Mark Hoppus e Travis Barker.
Usciva il loro nuovo album, Enema of the State.
Eh già, ero la migliore amica dei Blink 182, il gruppo punk più amato del momento.

Dopo essermi alzata e vestita, scesi di corsa le scale e riempii un sacchetto di ciambelle e waffle.
Mi precipitai verso casa di Thomas e iniziai a suonare insistentemente il campanello.
Aprì la porta e mi salutò con un lungo abbraccio, per poi schioccarmi un bacio sulla fronte.
"Tanti auguri Jen!"
"Grazie" - sussurrai, sorridendo e ricambiando quel caloroso abbraccio.
"So che ci sono anche Mark e Travis e quindi ho portato la colazione!" - continuai, mollando la presa e mostrando il sacchetto sporco d'olio.
Tom mi scompigliò i capelli.
"Non hai fatto altro che il tuo dovere, nana" - disse, aprendo maggiormente la porta per farmi passare.
Soffocai una risata, scuotendo la testa.
Tra noi ci prendevamo sempre in giro, eravamo un po' come fratelli.
Entrai in casa e vidi Mark e Travis scendere le scale di corsa, per poi venire ad abbracciarmi.
"Ma auguri!" - esclamò Mark.
"Adesso sei diventata grande anche tu!" - disse Travis, ridendo.
Sciolsi quell'abbraccio e li ringraziai, avanzando verso la cucina.
Aprii il sacchetto, presi una ciambella con la glassa al cioccolato e mi sedetti sul bancone, addentandola.
Arrivarono anche Tom, Mark e Travis, che si avventarono sul sacchetto, iniziando a litigarsi il cibo.
Scoppiai a ridere, rischiando di soffocarmi con la ciambella che stavo ancora masticando.
Guardarli era un piacere.
Mark era il più grande, aveva 27 anni ma si comportava come un ragazzino di 16.
Tom aveva 25 anni, ed era il più scemo del gruppo.
Travis, anche lui 27enne, era il più calmo e il più timido, ma comunque fondamentale nella nostra piccola famiglia.
E poi c'ero io: Jennifer Jenkins, una neo 21enne che si ritrovava a fare da madre a tre quasi trentenni casinisti.

"Dai ragazzi, oggi è una bella giornata, smettetela di litigare, su!" - li ripresi, ridendo.
Travis prese una ciambella e si venne a sedere vicino a me, mentre Mark e Tom continuavano a lanciarsi frecciatine, masticando i loro waffle.
Finita la colazione, Tom si avvicinò a me e mi cinse le spalle con un braccio, rivolgendosi anche agli altri.
"Che dite ragazzi, glielo facciamo un regalo di compleanno alla nostra fan numero uno?"
"Certo che glielo facciamo!" - sorrise Travis, lanciando un'occhiata complice a Mark, che si allontanò dalla cucina.
Mi guardai intorno, ridacchiando.
"Ragazzi, avevo detto che non volevo regali"
"Fidati che ti piacerà!" - ammiccò Tom, stringendomi ancora di più a sè.
Mark ritornò in cucina e mi porse un pacchetto rosso con un nastro azzurro.
Sfoderai un sorriso a trecentotrentadue denti e lo afferrai, tastandolo.
Era evidentemente un CD.
"Dai su, scartalo!" - disse Mark, divertito.
Mi morsi il labbro come ero solita fare e strappai la carta, per poi rimanere sbalordita.
Era Enema of The State.
"E' la prima copia che ci è arrivata, e regalarla a te dopo tutto il supporto ci sembrava il minimo! Anche se le canzoni già le sai a memoria speriamo ti piaccia" - disse Tom, guardandomi con un sorriso.
"Sperate che mi piaccia? Ma è fantastico! Oddio ragazzi, vi voglio bene!"
Abbracciai forte ognuno di loro.
In quel momento mi sentii la ragazza più fortunata della terra.



Ecco il primo capitolo della mia prima fan fiction! L'ispirazione mi è venuta grazie ad un sogno che ho fatto qualche notte fa.
La protagonista ero io, ma dato che trovo Jennifer Jenkins una donna splendida ho pensato di inserirla nella storia come protagonista.
Non mi reputo una brava scrittrice, ma spero comunque che l'inizio vi sia piaciuto e che continuerete a leggere!




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Capitolo 2
*** I couldn't care less of what you say! ***


La giornata del mio 21° compleanno andò abbastanza bene.
Non volevo feste, mi ero accontentata di passare una giornata con i miei migliori amici al lunapark, mangiando zucchero filato e frittelle al burro d'arachidi esclamando a gran voce frasi imbarazzanti tipo 'ragazzi aiuto, ho un attacco di diarrea!' che attiravano l'attenzione di tutti.
Il giorno seguente, dopo aver aiutato mia madre e mio fratello minore a preparare i bagagli, li accompagnai all'aereoporto.
Sarebbero partiti in giornata per le vacanze estive e io non potevo chiedere di meglio.
Avere una casa libera a disposizione per tre settimane con i propri migliori amici è il sogno di chiunque.
Appena rientrata a casa, nel tardo pomeriggio, radunai la truppa a casa mia per una serata film.
Il primo ad arrivare fu Mark con un sacchetto formato famiglia di popcorn.
"Io lo so già che fine farò. Morirò con voi, grassa, sul divano magari, guardando MTV" - dissi.
Mark scoppiò a ridere, andando a distendersi sul divano come fosse a casa sua.
"Guarda che la cosa è molto probabile!"
Risi anche io e andai a stendermi sull'altro divano, afferrando il telecomando e iniziando a fare zapping tra i vari canali, finchè non capitò la scena di uno squallidissimo film d'amore, in cui c'erano i due protagonisti che si salutavano con baci e parole dolci prima che lei partisse per un lungo viaggio.
"Tanto si sa che vi cornificherete a destra e a manca, dai su" - commentai con tono sarcastico.
Mark rise, sistemando le mani dietro la nuca.
"Sempre così dolce tu, eh"
Effettivamente ero un po' troppo acida. Nelle mie parole non mancava mai quel pizzico di sarcasmo che mi dava l'aria da dura.
Diciamo che facevo molta fatica ad affezionarmi e a fidarmi di persone che non erano Tom, Travis o Mark.
Non mi piaceva affatto mostrare i miei sentimenti.
"Ah, Jen.." - disse Mark, mettendosi a sedere.
Lo guardai, abbassando leggermente il volume della televisione.
"Molto probabilmente viene anche Holly"
"Oh, certo, Holly. Va bene" - accennai un sorriso.
Holly era la ragazza di Tom.
La tipica bionda tutta curve e con un'intelligenza pari a quella di una gallina.
Il nostro rapporto non era dei migliori, non mi stava tanto simpatica.
La odiavo a pelle.
Comunque avevo deciso di risolvere i miei problemi con lei semplicemente ignorandola, in modo da non far pesare la mia antipatia nei suoi confronti a Tom.
"Forse è meglio di no.." - ridacchiò Mark.
"Nono, va bene. Lo sai che non mi dà fastidio"
Mark si alzò e si venne a sedere vicino a me, scrutandomi.
"No, macchè, non ti dà fastidio nemmeno un po', nono"
"Perchè dovrebbe?" - soffocai una risata poco convincente e spensi la tv, voltandomi verso il mio amico.
"Perchè sei gelosa, semplice!"
Scoppiai a ridere ed esagerai la scena rotolandomi sul pavimento e fingendo di asciugarmi le lacrime.
"C-come hai detto scusa?" - dissi, tra le risate.
Mark alzò gli occhi al cielo e mi prese per un polso, facendomi risedere sul divano.
"Jen, sono serio. Non hai motivo per odiare quella ragazza."
Tornai seria e sbuffai.
"Ma io non la odio, semplicemente mi sta antipatica. E' una delle tipiche bionde senza cervello che giudica le persone dal loro colore di capelli e.."
Mark rise.
"E tu cosa hai fatto? Non la stai giudicando dal colore dei capelli?"
"Ma la mia è una teoria confermata!" - piagnucolai.
"Nono cara mia, non ci sono scuse che reggono"
"Ma è così! La conosco da quattro mesi, direi che dopo quattro mesi si può avere un'opinione su una persona"
"Eddai Jen, chissà come mai ti stanno antipatiche tutte le ragazze di Tom! Perchè Skye non ti sta antipatica, per esempio? Pure lei è bionda!"
Sorrisi teneramente. Skye era la ragazza di Mark.
"Ma tu e Skye siete perfetti insieme. Lei è intelligente, simpatica, non è superficiale come quella sottospecie di bambola gonfiabile. E non dire che non ci somiglia!"
"E Melissa?" - chiese Mark.
"Melissa e Travis sono in una situazione un po' complicata ma comunque lei è dolcissima e intelligente soprattutto"
Mark continuò a guardarmi con quel sorrisetto sfacciato.
"Va bene, Jennifer Jenkins, allora ti lancio una sfida. Stasera dovrai fare la carina con Holly e dovrai dimostrarmi che vederla con Tom non ti fa nessun effetto"
Alzai un sopraciglio, guardandolo.
"Accetto la sfida, Mark Hoppus"

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Capitolo 3
*** She's a fucking nightmare! ***


Eravamo tutti seduti sul divano.
Mark e Travis in uno e io, Holly e Tom nell'altro.
Stavamo guardando The Truman Show, uno dei film più apprezzati dell'epoca.
Travis era impegnato ad osservare lo schermo, io ero seduta con i piedi sul tavolino e le braccia incrociate, mentre Mark continuava a fissarmi, trattenendo le risate.
Continuava a guardarmi perche c'erano Tom e Holly che avevano smesso di guardare il film da un bel po': lei gli era salita a cavalcioni e non smettevano un attimo di baciarsi.
Io mi fingevo interessata al film, mordicchiandomi le labbra di tanto in tanto.
Dopo quasi due ore, terminato il film, mi alzai di corsa e accesi la luce.
Presi il telecomando e spensi la tv, simulando dei colpi di tosse.
Holly si allontanò leggermente da Tom, sistemandosi la canottiera e lui si pulì le labbra, sporche di rossetto rosso.
"Veramente un bel film!" - commentò Travis, stiracchiandosi.
Mark continuava a guardarmi, trattenendo le risate e scuotendo la testa.
Mi si avvicinò Travis e mi salutò con un bacio sulla fronte.
"Jen io vado, ho un appuntamento con Melissa!"
"Tranquillo" - gli sorrisi - "Chissà che questa sia la volta buona eh!"
Travis sorrise nervosamente e uscì, salutando tutti.
Andai a sedermi vicino a Mark, stendendo le gambe sulle sue per stare più comoda.
"Beh dai, piaciuto il film?" - chiese Mark, iniziando ad acarezzarmi amorevolmente le gambe.
Holly ridacchiò, guardando maliziosamente Tom.
Odiavo la sua risata, sembrava lo squittio di un topo.
E io odio i topi.
"Sì, mi è piaciuto proprio tanto!" - rispose Tom, ricambiando lo sguardo di Holly.
"E quale scena avete preferito?" - chiesi, sbattendo le ciglia e guardandoli entrambi.
"Quella in cui lei mi massaggiava il pitone! Ah no ma.. Scusate! Quello non faceva parte del film!" - rise Tom, abbracciando la sua ragazza, che continuando a squittire come un topo influenzato nascose la testa nel suo petto.
Finsi una risata, ma evidentemente era così finta che Tom se ne accorse.
"Tutto bene Jen?" - mi chiese infatti.
Mark si preparò alla scena, allungando la mano verso il sacchetto dei pop-corn e iniziandoli a mangiare, guardandoci e ridacchiando di gusto.
"Certo!" - sorrisi, mettendomi a sedere e infilandomi le vans.
Mi sentivo gli occhi di tutti puntati addosso. Mi alzai, presi il pacchetto di sigarette che avevo lasciato sul tavolino e uscii in balcone, facendo finta di niente.
Ero brava a fare finta che non me ne importasse niente.
Estrassi una sigaretta dal pacchetto e la portai alle labbra, accendendola.
Feci il primo tiro e sospirai, sentendo dei passi dietro di me.
"Non è come credi" - dissi, voltandomi e trovando Mark.
Lui sorrise, avvicinandosi a me e prendendomi la sigaretta dalle dita, facendo un tiro e voltandosi per buttare fuori il fumo.
"Non devi ammetterlo a me, ma a te stessa" - mi ripassò la sigaretta, guardandomi.
Sbuffai e mi sistemai il ciuffo dietro l'orecchio.
"Non ho nulla da ammettere a me stessa. E' come se io andassi da Tom con un ragazzo e iniziassi a farmelo mentre siamo tutti insieme. Non mi sembra giusto"
"A lui non darebbe fastidio infatti" - mi guardò.
Annuii distrattamente, gettando la sigaretta ancora a metà dal balcone.
"Infatti" - sussurrai, prima di rientrare dentro.
Trovai Holly e Tom sulla porta e li salutai con un sorriso e un cenno della mano.
Fece lo stesso anche Mark, subito dopo essere rientrato.
"Jen.. Mi dispiace, forse sono stato un po' troppo duro, non dovevo.." - sospirò.
"Non sei stato duro, e non devi dispiacerti, non hai fatto nulla" - sorrisi.
Si avvicinò a me e mi abbracciò.
"Ti voglio bene" - sussurrai, affondando la testa nel suo petto.
"Anche io, scema" - disse lui, dandomi un bacio sulla fronte.
Sorrisi, sciogliendo quell'abbraccio e proposi al mio amico una partita a supermario.
Verso le due e mezza, lo salutai e andai in camera.
Mi stesi sul letto, mi coprii con il lenzuolo e misi il CD di Enema of the State nel lettore, sistemandomi le cuffie.
Ascoltai la prima traccia, dumpweed.
<< She's a dove, she's a fuckin nightmare
Unpredictable, it was my mistake to stay here >>
Mi venne da pensare ad Holly e feci una smorfia, affondando la testa nel cuscino.
Il CD andava avanti, continuavo a rigirarmi nel letto ma senza riuscire a prendere sonno.
Avevo in testa solo le parole di Mark e l'atteggiamento di Tom.
Sbuffai, mettendo la testa sotto il cuscino. Come se il cuscino potesse schiacciarmi la testa e farmi smettere di pensare.
Odiavo quella situazione, odiavo quei pensieri.
Cosa mi stava succedendo?


Grazie a tutti quelli che stanno leggendo la mia fan fiction e buon 2013 a tutti :*

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Capitolo 4
*** Southern California’s breeding mommy’s little monster! ***


La mattina seguente la sveglia mi fece sobbalzare.
Allungai la mano sul comodino e cercai di spegnerla, facendo cadere mille cianfrusaglie.
Aprii piano gli occhi, stiracchiandomi e sbadigliando, per poi guardare l'orologio.
Erano le 14.45.
Mi misi seduta sul letto, continuando a sbadigliare e presi il cellulare, dove trovai una chiamata persa di Travis di qualche ora prima.
Cercai il suo numero nella rubrica per richiamarlo, coprendomi con il lenzuolo di seta rossa.
"Alla buon ora eh" - rispose subito Travis, ridendo.
"Scusa.. Mi sono appena svegliata" - farfugliai con voce assonnata.
"Tranquilla, tranquilla.. Senti, vieni da me che ci sono anche gli altri?"
Sbadigliai nuovamente.
"Sì, massimo un'oretta e sono lì.." - mi stropicciai gli occhi.
Travis approvò e chiusi la chiamata.
Con molta calma mi alzai, mi preparai una frittata, mi feci la doccia e dopo essermi vestita uscii.
Entrai in macchina, mi allacciai la cintura e abbassai il finestrino e in quasi dieci minuti arrivai a casa di Travis.
Suonai il campanello e mi aprii Skye, la ragazza di Mark.
"Ciao Jen!" - mi salutò lei.
"Ma ciao Skye!" - dissi, cordialmente.
Mi avvicinai a lei e la salutai con due baci sulla guancia.
Quella ragazza era davvero perfetta.
Avanzai verso il salotto e vidi Travis sul divano che coccolava dolcemente la sua Melissa.
Intuii che la sera prima andò tutto bene, e lo salutai con un occhiolino.
Salutai Mark con una pacca sulla spalla e mi sedetti sul divano, vicino a Tom, che mi salutò con un pizzicotto sul braccio.
"Holly dov'è?" - mi voltai verso Tom, prendendogli il cappellino dalla testa e mettendomelo.
"E' fuori città con i suoi" - sbuffò Tom.
"Per fortuna che sei arrivata!" - continuò Tom - "Mi sta salendo il diabete qui!" - rise.
Risi anche io, prendendogli la mano e alzandomi.
"Beh ragazzi.. Noi vi lasciamo ai vostri affari e andiamo a farci un giretto!" - dissi, tirando con me anche Tom, che rise.
Melissa, Travis, Skye e Mark ci salutarono, imbarazzati e noi uscimmo.
Presi gli occhiali da sole dalla borsa e li indossai.
"Milkshake?" - mi chiese Tom.
"Approvato" - sorrisi, incamminandomi verso la gelateria, seguita dal mio amico.
Tom iniziò a fare il cretino come al solito e si fece riconoscere, con le sue solite stupide affermazioni ad alta voce che attiravano l'attenzione di tutti.
Continuavo a ridere e a spintonarlo a destra e sinistra, finchè arrivammo alla gelateria e ci sedemmo sui divanetti fuori, dopo aver odinato due milkshake alla fragola.
Arrivate le ordinazioni, presi il mio bicchiere e afferrai la cannuccia tra i denti, iniziando a bere.
Tom fece lo stesso, guardandosi intorno.
Mi guardai intorno anche io, osservando la gente che camminava.
Ad un certo punto agrottai la fronte, riconoscendo una ragazza.
Sembrava proprio Holly. E non era sola. Era con un ragazzo ben vestito.
Camicia, pantaloni, scarpe eleganti e occhiali firmati.
Mi voltai verso Tom, masticando la cannuccia.
"Holly è fuori città con i suoi, no?"
Tom annuii, deglutendo.
"Perchè?" - mi chiese.
"No perchè se quello è suo padre.. Beh,  lo vorrei pure io un padre così" - dissi, indicandola.
Tom sgranò gli occhi, appoggiando il bicchiere sul tavolino.
"Sarà suo fratello.. Sì, è decisamente il fratello" - Tom rise nervosamente.
"Oh beh, sìsì.. Però a parer mio la mano del fratello è un po' troppo a sud" - mi morsi le labbra, guardando Tom.
Respirava lentamente, era tutto rosso e aveva gli occhi socchiusi.
Sapevo cosa stava per fare, infatti si alzò alla velocità della luce, e io feci lo stesso.
Avanzava velocemente verso Holly e il presunto fratello, e io camminavo dietro di lui.
"No Tom, non ne vale la pena!" - alzai appena la voce per farmi sentire, ma fu inutile. Tom era sempre stato testardo.
Appena lo vidi avvicinarsi a loro, notai l'espressione di Holly, che da felice e sorridente diventò spaventata e imbarazzata.
Tom iniziò a urlarle contro qualcosa, e il suo tono di voce si alzò maggiormente quando il ragazzo si mise in mezzo, cercando di proteggere Holly.
Sospirai e mi avvicinai, afferrai Tom per la maglia e cercai di tranquillizzarlo, mentre continuava a spintonare il ragazzo.
"Tom basta!" - urlai, seria, tirandolo verso di me con tutta la forza che avevo.
Lo spinsi dietro di me.
"Non vale la pena fare a cazzotti per una bambola gonfiabile che ride come un topo con la malaria, su, andiamo" - dissi.
"Come hai detto?" - Holly si piazzò davanti a me.
Certo, era più alta di me di circa venticinque centimetri, ma di certo non avevo paura di lei.
"Bambola gonfiabile che ride come un topo con la malaria" - lo dissi con tutta la cattiveria che avevo dentro, guardandola dritta negli occhi.
"E tu allora sei grassa" - mi disse, ricambiando quello sguardo.
Io scoppiai in una risata sarcastica.
"E' tutto qui quello che sai dire? Grassa?" - scossi la testa e continuando a ridere, mi allontanai, trascinandomi dietro Tom.


Un grazie a tutti voi che state continuando a leggere! :3

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Capitolo 5
*** Pathetic. ***


Tom continuava a tremare dalla rabbia e camminava velocemente, guardando dritto davanti a sè.
Io sbuffando gli stavo dietro, continuando a chiamarlo.
"Tom, dimmi qualcosa"
"Tom, per favore"
"Per quanto ancora rimarrai muto?"
Accellerai il passo e mi piazzai davanti a lui, fermandolo.
"Jen, lasciami stare.." - sospirò.
"Non devi starci male.. Non ti merita"
"Okay, mi lasci andare adesso?"
"No" - lo guardai dritto negli occhi. - "Voglio starti vicino" - continuai.
"Non ho bisogno di nessuno che mi stia vicino, mh? Sto bene"
"No, non stai bene.. Davvero non ne vale la pena"
"Jen, cristo santo, lasciami in pace!" - disse Tom, arrabbiato, riprendendo a camminare, forse anche più veloce di prima.
Rimasi ferma e lo guardai allontanarsi.
Rimasi ferma lì per circa dieci minuti.
Forse aspettavo che ritornasse, non lo so.
Quei dieci minuti mi sembrarono durare una vita, mi sentivo vuota.
Non mi aveva mai risposto così.
Evidentemente ci teneva veramente ad Holly, sicuramente più di quello che dimostrava.
Sospirai e passai da Travis a prendere la macchina, per poi tornare a casa mia.
Appena entrata, mi buttai sul letto, iniziando a guardare il soffitto.
Continuavo a mordermi le labbra, quando ero nervosa me le divoravo.
Sentivo il sangue pulsarmi sulle tempie, in testa avevo solo il comportamento di Tom e il discorso di Mark.
Forse Mark non aveva tutti i torti.
Ero veramente gelosa. E forse il fatto che Tom stesse così male per una ragazza mi dava fastidio.
Forse non mi dava fastidio il fatto che stesse male, ma che stesse male per una persona che non ero io.
Scossi la testa, come per cercare di cacciare via quei brutti pensieri.
Non è possibile. Non poteva essere così. Sarei stata solo una stupida egoista.
Chiusi forte gli occhi, mugolando.
Volevo solo che tutto questo fosse un brutto sogno. Volevo solo risvegliarmi.
No, Mark non aveva ragione.
Io per Tom non provavo nulla.
Era solo un mio grande amico. Anzi, era più di un amico. Eravamo come fratello e sorella, sì.
E mi sentivo in quel modo strano perchè mi aveva trattata male.
Però era comprensibile. Infondo aveva appena beccato la sua ragazza con un altro.
No, non era comprensibile. Io volevo solo stargli vicino e dimostrargli il mio affetto. Volevo solo dimostargli che gli sarei stata vicino. Ma forse lui lo sapeva già. Oppure no.
La verità è che ero solo..
"PATETICA!" - sbottai con tono piagnucoloso.
Volevo raccontare tutto a Tom, raccontargli di questa mia strana gelosia, ma avevo paura della sua reazione.
Magari lo confondevo, e raccontargli di questo in un momento del genere magari lo incasinava solamente.
Però avevo voglia di sentirlo, di chiedergli come stava, di stargli vicino.
Volevo stargli vicino con tutta me stessa.
Mi misi seduta sul letto e presi il telefono, componendo il suo numero.
"Il telefono da lei chiamato potrebbe essere spento o non raggiungibile"
Perfetto direi.
Decisi di stargli vicino in un altro modo.
Presi la cassetta di Dude Ranch e la infilai nel lettore.
Mi infilai le cuffie e mi misi comoda, appoggiando la testa sul cuscino.
Chiusi gli occhi e premetti 'play'.
Partì la prima traccia, pathetic.
Avevo i brividi nel sentire quelle parole.. Poi arrivò il ritornello.
La voce di Tom risuonava nelle mie orecchie.
<< I think I'm different but I'm the same and I'm wrong! >>
Sospirai.
Dovevo trovare una soluzione.



Okay, ho già altri dodici capitoli pronti, è per questo che posto così tanto.
Però ora che rinizierà la scuola posterò una volta ogni due, tre giorni perchè scriverò di meno t.t
spero che continuiate a leggere, siete bellissimi <3

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Capitolo 6
*** All night, always. ***


Rimasi sul letto per circa un'ora e mezza, ascoltando musica e pensando a tutto il casino che avevo in mente, finchè non mi squillò il telefono.
"Pronto?" - risposi.
"Jen, sono Mark. Tom mi ha spiegato quello che è successo con Holly.. E ha detto che stasera vorrebbe fare tipo un ritrovo a casa sua. Quindi se hai qualche bottiglia portala pure.."
"Grazie Mark, ma non credo di venire stasera" - iniziai a giocare con una giocca di capelli.
"Come? Perchè no?" - chiese Mark.
"Perchè a quanto pare Tom non vuole che gli stia vicino, e poi non ho voglia nè di sbronzarmi, nè di vedervi tutti sbronzi. Quindi penso starò a casa a guardarmi un film"
"No aspetta, frena. Tom non vuole che tu gli stia vicino? Cioè?"
"Cioè prima mi ha detto che non ha bisogno di nessuno, che sta bene e mi ha detto che devo lasciarlo in pace" - sospirai.
"Jen, lo sai che Tom è impulsivo. Lo avrà detto perchè era arrabbiato. Fidati che adesso sta meglio davvero. E poi vuole che vieni stasera"
"E perchè non mi ha chiamata lui? Magari per chiedermi scusa anche"
"Dai su, lo sai che lui è un po' strano. Muovi il culo e vieni da Tom!"
Sospirai.
"Mark, aspetta.."
Aveva già riattaccato.
Mi alzai, mi stiracchiai e andai a sciacquarmi la faccia.
Dopodichè scesi le scale, presi dal frigo tutte le lattine di birra che avevo e le misi in borsa.
Dopo di chè uscii di casa e mi avviai verso casa di Tom.
Arrivata, tirai un lungo respiro e suonai il campanello.
Mi accolse Travis, sorridendo.
"Finalmente eh!"
Ricambiai il sorriso ed entrai, richiudendomi la porta dietro le spalle.
Aprii la borsa e appoggiai le lattine di birra su un mobiletto vicino l'ingresso.
Mark, Tom e Travis avevano già attaccato lo stereo.
Infatti, appena arrivata in salotto vidi Mark e Tom che cantavano Hooligans dei Rancid a squarciagola.
Scossi la testa e li guardai, ridendo.
Appena Tom si accorse della mia presenza, si avvicinò a me, barcollando e ridendo.
"Ciao Jen!"
Appoggiai una mano sul suo petto per respingerlo.
"Puzzi di vodka alla pesca andata a male" - feci una strana smorfia, guardandolo.
Tom continuò a ridere. Aveva il naso tutto rosso. Era già ubriaco marcio.
Poi salì le scale e mi fece cenno di seguirlo.
Salii dopo di lui, tenendogli i fianchi di tanto in tanto per farlo rimanere in equilibrio.
Tom entrò nella sua stanza e si sedette sul letto, prendendomi per un polso e trascinandomi con lui.
Mi sedetti sul materasso, sistemandomi un ciuffo di capelli dietro l'orecchio.
"Io.. Io sì volevo solo chiedere scusa per prima insomma" - farfugliò Tom tra una risatina e l'altra.
"Non fa niente Tom" - gli sorrisi.
"No perchè io non voglio che litighiamo, seriamente Jen, lo sai che che si insomma ti voglio bene" - Tom cercava di abbracciarmi ma non ci riusciva, era troppo sbronzo anche per quello.
Sbuffai. Odiavo avere a che fare con gli ubriachi.
"Non abbiamo litigato" - mi alzai e lo feci stendere sul letto. - "E ora riposati, perchè sei messo male"
Tom mi prese la mano, guardandomi negli occhi.
"Rimani qui" - sussurrò.
A quelle parole provai una strana sensazione.
Arrossii, il cuore accellerò i suoi battiti e di colpo iniziò a dolermi lo stomaco.
Annuii e mi sedetti vicino al suo fianco, guardandolo.
"Puzzo tanto?" - sussurrò, guardandomi.
Risi appena e annuii, passando una mano tra i suoi capelli.
"Sì, di vodka andata a male"
Sorrise e si girò su un fianco.
"Stenditi" - mi disse.
Mi tolsi le scarpe e mi distesi accanto a lui, appoggiando la testa sul suo petto e cingendogli la vita con il braccio.
"Ti gira la testa?" - bisbigliai, accarezzandolo lentamente.
Lui annuii, iniziando ad accarezzarmi.
Alzai la testa per guardarlo e risi, scuotendo la testa.
"Mi spieghi adesso cos'hai risolto? Stai peggio di prima, e domani avrai anche un gran mal di testa!"
Tom scrollò le spalle, ridacchiando e appoggiando le dita sul mio collo, muovendole lentamente.
Chiusi gli occhi, rabbrividendo e sorridendo. Sentivo che a momenti mi sarei addormentata. Amavo le carezze sul collo.
Respiravo lentamente e schiusi le labbra, ero in uno stato di dormiveglia, finchè una specie di scossa mi fece sobbalzare.
Aprii lentamente gli occhi e notai che Tom aveva appoggiato le labbra sulle mie.
Il cuore iniziò a martellarmi nel petto, all'improvviso mi sentii vulnerabile.
Mi sentivo ubriaca anche io, non riuscivo a capire più nulla, avevo lo stomaco sottosopra e mi girava la testa, avevo le vertigini.
Una parte di me voleva che ricambiassi quel bacio ed era convinta che così potessi risolvere i mille casini che avevo in testa. Un'altra parte invece voleva che mi staccassi da quelle labbra, perchè così facendo rischiavo di combinare altri guai, ma non ci riuscivo. Ero troppo attratta da quella bocca che incosciamente desideravo da tanto tempo sulla mia.
Appoggiai una mano sul suo collo e richiusi gli occhi, lasciandomi trasportare da quel tenero bacio.
Le nostre labbra si muovevano una contro l'altra, ogni tanto lo sentivo sorridere e di conseguenza sorridevo anche io.
Continuammo a baciarci per non so quanto tempo, forse per qualche ora. Ci allontanavamo l'uno dall'altra solo per riprendere fiato.
Senza rendermene conto, mi ritrovai sotto di lui, con le mani cercai i lembi della sua maglia e la tirai su, per poi sfilargliela.
Lui fece lo stesso con la mia canottiera e la gettò in terra. Dopo qualche minuto ci ritrovammo nudi, l'uno sopra l'altra.
Facemmo l'amore, nella stanza si sentivano solo i nostri ansimi soffocati dai baci.
Stranamente non mi sentivo imbarazzata, mi sentivo bene. Stavo veramente bene.
Per la prima volta nella mia vita stavo bene.
Ci addormentammo entrambi verso le tre, abbracciati.

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Capitolo 7
*** A new hope. ***


La mattina dopo venni svegliata dai raggi di sole che penetravano dalla persiana.
Ero ancora abbracciata a Tom e aprii lentamente gli occhi.
Rimasi incantata a guardarlo.
Lo avevo visto dormire tante volte, ma quella volta mi sembrò la prima: aveva la bocca semi-aperta e mi stringeva forte a sè.
Sembrava un bimbo che stringeva il suo orsacchiotto preferito.
Sorrisi e gli baciai piano il mento. Poi, senza fare troppo rumore, mi alzai e mi vestii velocemente, facendo attenzione a non svegliarlo.
Mi infilai i calzini, raccolsi i capelli e uscii dalla stanza, scendendo le scale ed andando in cucina, dove ad aspettarmi c'era Mark.
Non aveva affatto un bell'aspetto, evidentemente anche lui aveva alzato un po' il gomito ieri sera.
"Buongiorno!" - lo salutai cordialmente, avvicinandomi al frigorifero e prendendo una bottiglia di succo all'arancia.
"Giorno" - biascicò lui, sbadigliando.
"Che vitalità eh!" - risi, prendendo un bicchiere e versandoci dentro il succo.
"Non ho chiuso occhio stanotte" - sbadigliò nuovamente. - "Nemmeno tu però" - rise.
Risi anche io, guardandolo mentre riponevo il succo in frigorifero.
"Cosa te lo fa pensare?" - avvicinai il bicchiere alle labbra e bevvi.
Mark si sistemò i capelli e si schiarì la voce.
"T-Tom.. J-Jenn.. A-Aahh" - simulò i nostri ansimi, passandosi sensualmente la lingua sulle labbra e io mi sentii letteralmente andare a fuoco.
Il succo mi andò di traverso e iniziai a tossire e a ridere insieme, mentre mi asciugavo le lacrime.
"Non pensavo si sentisse così tanto!" - piagnucolai, tra le risate e i colpi di tosse.
Mark rise, scuotendo la testa.
"Beh, alla fine la sfida l'hai persa" - mi canzonò.
"Non ho perso nessuna sfida!"
"Sì invece.. Hai una bella cotta per Tom!"
Sbuffai, sedendomi vicino a Mark e nascondendo la testa tra le braccia.
"Non lo so.. Forse, cioè sì.. oppure no, non lo so" - borbottai.
Risollevai la testa e mi voltai verso Mark, prendendo un lungo respiro.
Era in arrivo quello che io chiamavo 'vomito di parole'.
"Tu lo sai che con i ragazzi non me la cavo bene. La mia prima, ultima e unica storia è durata cinque mesi, ed è stata tre anni fa. Però comunque sentivo di non provare nulla per quel povero ragazzo. E mi sento tutt'ora in colpa per averlo fatto star male e per averlo illuso. Non riesco ad affezionarmi più di tanto alle persone e adesso sono spaventata. Perchè ultimamente sono gelosa di tutte le ragazze che si avvicinano a Tom, non riesco a stargli lontano, ogni volta che mi abbraccia ho il cuore a mille, sento lo stomaco stringersi e mi gira la testa. Io non ho mai provato queste cose. Non so cosa sia l'amore. Non so se questo sia amore o qualcos'altro. E rischio di diventare pazza se non lo scopro. Davvero Mark, ho paura di impazzire"
Finalmente avevo detto tutto quello che non ero mai riuscita a dire a nessuno. Tutto quello che non ero riuscita ad ammettere nemmeno a me stessa.
Mark sorrise e mi pizzicò la guancia.
"Credo proprio che questo sia amore, piccola Jen"
Sorrisi appena, mordendomi il labbro inferiore.
"Adesso sono più disperata di prima"
Mark aggrottò la fronte.
"Ma va! Perchè?"
"Perchè rischio di combinare guai, magari è solo una sbandata.. Magari lui non prova lo stesso. E se ci mettessimo insieme e non andassimo d'accordo? Mi allontanerei da lui, da te, da Travis, dai Blink. Da tutto. E non sopporterei di stare senza di voi"
"Hei, hei, stai calma! Hai viaggiato un po' troppo con la fantasia." - rise. - "Devi stare tranquilla.. Quando si alza ne parlate!"
"Grazie Mark" - mi avvicinai a lui e gli schioccai un bacio sulla guancia.
Gli sorrisi e mi allontanai, prendendo il bicchiere e finendo il succo.
Mi alzai e sciacquai il bicchiere e quando finii di asciugarmi le mani, entrò in cucina Tom.
Ci diede il buongiorno con uno sbadiglio e si sedette vicino a Mark.
"Buongiorno amore, dormito bene?" - gli chiese Mark passandogli una mano tra i capelli.
Soffocai una risata, guardandoli.
"Lasciami stare, deficiente, non è giornata" - sbuffò Tom, rialzandosi.
"Mal di testa?" - chiesi, guardandolo.
Non mi rispose neanche e uscii dalla cucina.
Si buttò sul divano, mugolando, e io lo seguii, sedendomi vicino a lui.
"Tutto bene?"
Di colpo si mise a sedere e mi guardò negli occhi, serio.
"Quello che è successo stanotte.. Ecco.. Io, io sono molto imbarazzato"
Risi appena.
"Ma.. No, non devi esserlo.. Siamo praticamente come due fratelli.."
"Appunto, siamo come due fratelli, non dovremo andare a letto insieme. E' successo solo perchè ero ubriaco, non ero cosciente di quello che stavo facendo. Non dovrà più succedere"
Mi cadde il mondo addosso. Ero pronta a dire a Tom tutto quello che avevo appena detto a Mark, avevo finalmente trovato il coraggio di parlare dei miei sentimenti.
"Sì.. Va bene, non succederà più, tranquillo" - finsi un sorriso.
"Mi dispiace.. E' stata tutta colpa mia" - sospirò Tom.
"No, non darti la colpa. Non so cosa mi sia preso.. Non dispiacerti, non è successo nulla. E' tutto come prima" - annuii.
Mi sorrise lievemente, mi pizzicò una guancia come era solito fare e ritornò nella sua camera, lasciandomi sola.
Lasciandomi sola con i miei pensieri, lasciandomi sola con il suo profumo. Lasciandomi sola con ancora il suo sapore in bocca.

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Capitolo 8
*** Decisions make my mind ache! ***


Mark venne a sedersi vicino a me.
"Ho sentito quello che ti ha detto.."
Scrollai le spalle.
"Non fa nulla, mi ci abituerò. Ho solo bisogno di farci una bella dormita sopra"
Mi sdraiai sul divano e chiusi gli occhi sospirando.
Sentii Mark coprirmi con un lenzuolo, e poi caddi nelle braccia di morfeo.


Mi svegliai qualche ora dopo e mi stropicciai gli occhi.
Avevo ancora sonno. Avevo il potere di riuscire a dormire in qualsiasi momento.
Una volta raggiunsi le ventidue ore filate, non so nemmeno io come ci riuscivo.
Mi misi lentamente a sedere e mi scoprii, sbadigliando rumorosamente.
Sull'altro divano c'era Mark che giocava alla play station 1, precisamente ad un gioco di calcio di cui non ci capivo molto. Doveva essere FIFA 98.
"Ho delle novità" - disse Mark, facendo strane smorfie, mentre reggeva tra le mani il controller.
"Dimmi" - risposi, stropicciandomi gli occhi. - "Ma che ore sono?"
Quando dormivo perdevo sempre la cognizione del tempo.
"Sono le undici, Tom è andato a fare una passeggiata e Travis credo sia in coma etilico perchè ancora non si è svegliato"
Risi, alzandomi.
"Forse è meglio che lo vado a svegliare allora"
"No, oddio! Ma no! Ma fanculo!" - sbottò Mark, lanciando il controller verso la tv dopo essersi beccato un goal dalla squadra avversaria.
"Sei una sega!" - risi, andando a scompigliargli i capelli.
"Comunque" - disse Mark, spegnendo la tv - "Le vuoi sentire queste novità o no?"
Mi sedetti sul bordo del divano.
"Dai, dimmi tutto"
"Prima però, una promessa" - mi guardò, porgendomi la mano. - "Tom non deve sapere che ti ho raccontato tutto, quindi non deve sfuggirti nemmeno mezza parola, okay?"
Gliela strinsi, sorridendo.
"Prometto!"
"Allora.. Quando ti sei addormentata sono andata a parlargli. Gli ho chiesto cos'avesse e ha detto che stava male, perchè oltre al post sbronza si sentiva in colpa per quello che è successo stanotte. Io gli ho detto che sei una ragazza intelligente e che non cambierà il vostro rapporto, ma lui crede nel contrario. Sai che è testardo.."
"Cercherò di non cambiare nulla, ovvio. Ma se lui non collabora, io non è che possa fare molto"
"Sì ma aspetta. Io gli ho chiesto se è stato lui a baciarti per primo, mi ha detto di sì. E sai perchè lo ha fatto?"
Scossi la testa, divorandomi le labbra con i denti.
"Perchè voleva farlo da tanto tempo, ma non ne aveva mai avuto il coraggio e l'occasione. E con la scusa che era ubriaco stanotte finalmente è riuscito a farlo"
Alzai un sopraciglio, guardandolo.
"No, è impossibile. Hai sentito anche tu quello che mi ha detto prima. Siamo come fratello e sorella, non dovremo andare a letto insieme"
Sospirò, alzando gli occhi al cielo.
"Sei cretina? Te lo ha detto apposta! Lui non sa che tu provi qualcosa per lui, allora ha messo le mani avanti, per non farsi scoprire. Io ho fatto finta di non sapere nulla dei tuoi sentimenti, adesso è fatta, puoi dichiararti!"
Il discorso filava. Filava eccome. Un enorme sorriso mi spuntò sul viso.
"E cos'altro ti ha detto?" - domandai, entusiasta, iniziando a saltellare sul divano con le ginocchia.
"Il resto non posso dirlo!" - Mark imitò il gesto di cucirsi la bocca.
"Eddai!" - gli tirai la maglia, facendo tremare il labbro inferiore.
"Il labbrino con me non attaca" - Mark girò la testa per non guardarmi.
Gli girai il viso, costrigendolo a guardarmi, e mugolai, continuando a sfoderare quell'espressione da cucciolo bastonato.
Mark sbuffò, e io risi. La mia espressione da cucciolo era irresistibile.
"Ha fatto degli apprezzamenti"
Arrossii.
"Tipo?"
"Dai Jen, non posso dirtelo!" - rise Mark, imbarazzato.
"Eddai!"
Mark sbuffò, roteando gli occhi.
"Ha detto che il tuo davanzale è molto meglio di quello di Holly"
"Ah beh sì, i vostri tipici commenti da porci!" - risi, scuotendo la testa. - "Quelli non mi interessano"
"Ne ero certo" - rise. - "Adesso che hai intenzione di fare?"
Scrollai le spalle, in effetti non sapevo ancora fare.
"Anche se so la verità, lo sai che faccio fatica a parlare di quello che provo.. Quindi non lo so, sono una fifona per quanto riguarda queste cose" - risi nervosamente.
Mark mi fece l'occhiolino e mi sorrise.
"Sono sicuro che ce la farai, intanto io provo a convincerlo a farsi avanti!"
Mi avvicinai e mi strinsi a lui, sorridendo.
"Grazie Mark, sei davvero un buon amico"
Lui ricambiò la stretta.
"Sono così adorabile che adesso andrò a svegliare Travis!" - rise, mollando lentamente la presa e alzandosi.
Lo guardai, sorridendo e scuotendo la testa.
Ero proprio felice di avere degli amici come loro.
Qualche istante dopo, Tom rientrò e io sorrisi, sistemandomi sul divano e portandomi una ciocca di capelli dietro l'orecchio destro.
"Hei" - gli dissi, arrossendo.
Lui mi salutò con un cenno di mano e venne a sedersi vicino a me, sbuffando.
"Sono andato a parlare con Holly" - disse, tutto d'un fiato.
Rabbrividii dalla gelosia e cercai di biascicare qualcosa di sensato.
"Uh.. Quindi?" - chiesi, con la voce che mi tremava.
"Mi ha chiesto scusa, mi ha detto che non mi amava più e che erano ormai tre settimane che usciva con il tipo che abbiamo visto insieme.. Ma vabbè, non mi importa" - scrollò le spalle, fissando il pavimento.
"Mi.. Mi dispiace" - sussurrai, con aria triste.
Lui sollevo lo sguardò e si sforzò di sorridere.
"Ma sì, adesso mi divertirò per bene. Solo ragazze per qualche avventura. Niente storie serie finchè non troverò una ragazza che mi dimostrerà di volermi stare vicino veramente, che mi dica sempre quello che pensa e che sia sincera. Sempre se ne esistano" - ridacchiò.
Mi tremavano le mani. Stavo per sbottare. Ce l'hai davanti una ragazza che vuole starti vicino e che a te ci tiene davvero, idiota!
"Giusto" - mi limitai a dire, fingendo un sorriso.
Ero diventata così brava a fingere sorrisi che ormai le persone non se ne accorgevano nemmeno.
"E sai cosa facciamo adesso? Andiamo a prendere lo skate e ci facciamo un giro"
Annuii, mantenendo quel sorriso forzato.
"Affare fatto"


Domani rinizia la scuola e posterò meno spesso, buon rientro a tutti!

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Capitolo 9
*** I just wanna be alone with your smile. ***


Ero seduta su una panchina, mentre facevo l'ormai ultimo tiro della mia sigaretta e guardavo Tom fare quelle 'magie' sullo skate.
Sorrisi tra me e me, era veramente bravo.
Io stavo imparando, e tutti i lividi e i tagli sul mio corpo erano merito di quella tavola a due ruote.
Gettai per terra la sigaretta e pestai il filtro ancora fumante con la punta della scarpa, per poi tornare a guardare Tom, che avanzava verso di me, sudato e soddisfatto.
Si sedette vicino a me, porgendomi lo skate.
"Vuoi farci un giro?" - mi chiese.
"No grazie" - sorrisi e indicandomi il ginocchio sbucciato - "Aspetto che mi passi quello schifo e poi ricomincerò"
Sbuffò una risata.
"Quando avevo tredici anni mi sono rotto il polso cadendo dallo skate. E appena tornato dall'ospedale sai cosa ho fatto? Ho ripreso quel fottuto skate e ci ho riprovato. Non ho mollato per un polso rotto e tu rinunci per un ginocchio sbucciato?"  
Roteai gli occhi.
"Devi sempre esagerare. Non ho detto che ci rinuncio, ho detto che ci riproverò quando mi si rimarginerà la ferita!"
"Sei proprio una checca" - mi spinse appena, ridendo.
Al suo tocco e al suono della sua risata piegai appena la testa indietro, per cercare di placere i brividi che mi avevano appena invaso la schiena.
"Lo so" - risi piano.
"Però ti voglio bene lo stesso" - sorrise, sistemandomi i capelli.
Lo guardai fare quel gesto così spontaneo e rabbrividii nuovamente.
"Anche io" - ricambiai il sorriso, rilassandomi sotto il suo tocco.
Ci guardammo negli occhi, e i miei pensieri presero il volo.
Non capivo più quello che stava succedendo.
Era imbarazzato, non voleva che cambiasse nulla tra noi, però provava qualcosa per me. Ma non voleva impegnarsi, solo divertirsi con qualche ragazza qua e là.
Arricciai le labbra in una strana smorfia, e la sua risata mi fece sobbalzare.
"A che stai pensando?" - mi chiese.
Strinsi i pugni, mi conficcai le unghie nella pelle e mi morsi le labbra: era in arrivo un altro vomito di parole, che non riuscii a trattenere.
"Sto pensando che non puoi fare l'eterno indeciso!" - sbottai.
Tom agrottò la fronte, guardandomi.
"Non puoi dire a Mark che provi qualcosa per me e subito dopo venirmi a dire che hai intenzione di divertirti finchè non troverai una ragazza seria! Pronto? Ci sono qua io!" - alzai leggermente la voce.
Lui aveva la bocca semi aperta, e mi guardava senza dire una parola.
"Mi conosci da sei anni, sai benissimo che non vado a letto con chi capita, che non bacio ragazzi a caso! Smettila di fare il finto tonto, porca puttana, io non ti capisco. Davvero Tom, non riesco a far combaciare tutte le cose. Quindi o mi dici qualcosa o davvero rischio di impazzire. Dimmi cosa provi per me, dimmi cosa vuoi da me. Vuoi essere mio amico? Va bene. Vuoi che mi allontani? Lo farò. Vuoi baciarmi?" - dopo quelle parole gli presi il viso e lo avvicinai al mio, schioccandogli un lungo bacio sulle labbra.
"Fallo, ma ti prego, fai capire qualcosa anche a me!" - conclusi quel discorso con il respiro affannato e il cuore che mi martellava in petto.
Tom scosse la testa, respirando lentamente e chiudendo gli occhi per qualche istante, cercando di calmarsi.
"Cosa.. Che ti ha detto Mark?" - balbettò, aprendo gli occhi, ma comunque evitando il mio sguardo.
"Non ti deve importare di quello che ha detto Mark! Dimmi qualcosa, per dio!"
Questa volta il tono della mia voce era abbastanza alto, le parole mi uscivano di bocca strozzate, avvertivo uno strano groppo alla gola e gli occhi si erano fatti lucidi dalla rabbia.
"Io.. Io non so cosa dire, Jen" - sussurrò.
La sua voce era così distante, così bassa, così spezzata.. Continuavo a non capire.
Sospirai, passandomi una mano sul viso.
"So solo che adesso Mark mi sente" - si alzò, prendendo lo skate e mettendoselo in spalla.
Mi voltai verso di lui, che iniziò a camminare.
"Che vuoi dire?" - mantenni il tono della voce alto per farmi sentire.
"Non ti riguarda, è una cosa tra me e lui"
Mi alzai e camminai rapidamente, finchè lo raggiunsi.
"Tom, dimmi cosa vuoi fare" - stavo al suo passo, guardandolo.
"Avevo detto di non farsi sfuggire nulla, non si è comportato bene" - la sua voce era decisa.
"No, no! Non devi fargli nulla! E' stata colpa mia, l'ho supplicato di dirmi tutto! Tom, sul serio, sto andando via di testa!" - cercai in tutti di modi di convincerlo a non fare niente di cui avrebbe potuto pentirsi.
Nulla, non c'era niente da fare. Sembrava sordo, assente. Quando si impuntava su qualcosa era difficile fargli cambiare idea. Stupido testardo.
"Tom, parlami!" - strillai, afferrandolo per la maglia e sbattendolo con tutta la forza che avevo in corpo contro un portone di un condominio. Lo feci con così tanta forza che feci cadere il suo skate.
Continuavo a guardarlo negli occhi, tenendolo stretto per la maglia.
"Hai tutto il diritto di essere arrabbiato con Mark, ma ti prego, non prendertela con lui. Prenditela con me. Ti ho già detto che sono stata io a pregarlo di parlarti e di riferirmi tutto. Arrabbiati con me. Insultami, spingimi, sputami addosso! Ma non rovinare il tuo rapporto con lui per me, non ne vale la pena, sul serio. Sono solo una stupida ragazzina capricciosa. Se mi perdi non succede nulla, se perdi lui invece cambierà tutto per te. Non siete solo amici, suonate nello stesso gruppo. Ne va di mezzo anche la tua carriera! Ti prego, ascoltami per una volta! Te lo chiedo per favore!"
"Jen, che cosa stai dicendo? Se ti perdo non succede niente? Mark te lo ha detto, mi piaci! Cristo, Jen, mi piaci! Lo capisci o no? Non voglio perderti, non lo sopporterei. Voglio che tu mi stia vicino. Voglio che tu sia l'unica persona che mi stia vicino, perchè sei l'unica di cui ho bisogno veramente. Passiamo qualche ora insieme tutti i giorni da almeno sei anni, una giornata senza di te non sarebbe tale. E.. dio, non so nemmeno perchè io stia dicendo queste cose, non è da me! Io.. Io sono Tom Delonge, diamine! Non ho bisogno di dire queste cose!"
"Allora non dire niente"
Gli presi il viso tra le mani e chiusi gli occhi, premendo le labbra sulle sue.
Subito le schiuse e le nostre lingue iniziarono a cercarsi, per poi trovarsi e iniziare a muoversi insieme. Prima lentamente, poi sempre con più passione e desiderio.
Agganciai le braccia al suo collo e mi strinsi forte a lui, mentre mi cinse la vita con le sue forti braccia.
Mi sentivo al sicuro, continuavamo a baciarci, mordendoci di tanto in tanto le labbra.
Sembravamo una di quelle coppie protagoniste di quei film d'amore, che tra l'altro odiavo.
Eravamo una di quelle coppie che le persone si fermavano a guardare, lasciandosi scappare qualche tenero commento.
Continuammo a baciarci anche quando iniziò a diluviare.
In quel momento sarebbe potuto finire il mondo, ed io, noi, eravamo felici così.

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Capitolo 10
*** When you smile, I melt inside. ***


Passarono due settimane da quello splendido bacio.
Io e Tom continuammo a vederci tutti i giorni e ogni volta che le sue labbra sfioravano le mie mi sembrava la prima volta.
Non avevamo ancora definito la nostra relazione, ma non mi importava.
Passavamo tanto tempo insieme, ci tenevamo per mano mentre camminavamo e ci baciavamo.
Travis continuava a consigliarmi di chiedergli di diventare ufficialmente la sua ragazza.. Ma più ufficiale di così!

Quella mattina, mi svegliai verso le dieci.
Ero accoccolata al petto di Tom, si era fermato da me per la notte.
Sbadigliai, stringendomi maggiormente a lui e quando aprii gli occhi, sollevai la testa per guardarlo.
Un dolce sorriso si dipinse sul mio volto. Mi sembrava di essere in un sogno, di vivere in un film, di essere la protagonista di un libro.
Da quel fatidico giorno, io e Tom passammo sempre le notti insieme. Non facevamo l'amore, non ci spingevamo oltre ai baci. Non era importante per noi in quel momento.
Semplicemente, passavamo la notte abbracciati. Con la mia testa nell'incavo del suo collo e con il suo naso nei miei capelli.
Ogni mattina, mi svegliavo almeno mezz'ora prima di lui per guardarlo dormire, per ammirarlo, per contemplarlo, come fosse un'opera d'arte.

Iniziai a disegnare dei piccoli cerchi sul suo petto con la punta dell'indice, continuando ad osservarlo.
Con la mano salii sul suo collo e poi sul suo viso, facendogli delle lieve carezze.
Ad un certo punto sobbalzai, sentendo il telefono squillare. Anche Tom si svegliò.
Mi misi a sedere e acchiappai la cornetta del telefono, rispondendo con tono assonnato.
"Hei, ciao Jen, piccola mia. Ti ho svegliato?" - rabbrividii al suono di quella voce.
Era Jason, mio padre.
Non lo sentivo più da ormai sei mesi, ma forse era meglio così.
Quando avevo tredici anni abbandonò la famiglia, confessando di averne un'altra. Si giustificò dicendo di non amare più mia madre.
All'inizio della separazione continuò a farsi vivo, a portare me e mio fratello al cinema, a mangiare la pizza, continuò ad interessarsi a noi.
Forse di mio fratello si preoccupava un po' meno, perchè era più grande di me e riusciva a tenergli testa.
Poi ad un certo punto scomparve, si faceva sentire solo ogni tanto al telefono, però era veramente tanto che non lo vedevo. Quasi cinque anni, forse.
Anche le telefonate erano rare, mi contattava solo quando aveva bisogno di qualcosa. Ormai non lo consideravo più mio padre, con il tempo era nato un sentimento di disgusto nei suoi confronti.
"Ciao, Jason" - quasi lo sussurrai.
Tom si sollevò e mi guardò, appoggiandosi al materasso con i gomiti.
"Come stai, piccola di papà?"
"Bene" - risposi, fredda - "Come mai tutto questo interessamento? Di cosa hai bisogno questa volta?"
Lo sentii tossire dall'altra parte del telefono.
"No niente, è che devo passare in città per fare delle cose e magari potevamo andare a berci un caffè, andare al cinema o mangiare una pizza in quel posto che ti piaceva tanto da piccola!"
Sospirai.
"Non ho più tredici anni.. E poi sono tanto impegnata in questo periodo. Dylan ha accompagnato la mamma a rilassarsi in Florida"
"Ah.. capisco" - la sua voce mi sembrava affranta.
"Però.." - presi un lungo respiro - "Appena mi libero ti faccio sapere, okay? Magari il tempo per un caffè riesco a trovarlo.."
"Oh, va bene gioia mia!"
"Ecco, sì.. Adesso devo salutarti. Ti chiamo io, okay?" - mi morsi le labbra, voltandomi verso Tom, che mi scrutava curioso.
"Ciao principessa di papà, mi ha fatto piacere sentirti!"
"Sì.. Ciao Jason" - appoggiai il telefono sul comodino e sospirai, lasciandomi cadere sul letto e affondando la testa nel cuscino.
"Chi era?" - mi chiese Tom, sistemandosi vicino a me e dandomi un lieve bacio sulle labbra.
"Mio padre" - mi uscì dalle labbra quasi come un lamento.
Lui agrottò la fronte.
"E da quanto non si faceva sentire?"
"Da circa sei mesi.. Sì, dal natale scorso. Non mi ha chiamata nemmeno per il mio compleanno"
"E gli hai detto che andrai a bere un caffè con lui?"
"Non lo so. Cioè si gliel'ho detto, ma non so se ci andrò" - sospirai, portandomi le mani sul viso e mugolando.
Tom mi prese le mani e me le tolse delicatamente dal viso, sistemandomi i capelli sulla fronte e iniziando ad acarezzarmi dolcemente, come solo lui sapeva fare.
"Tutto bene?"
"No, non va tutto bene.. Gli ho detto così perchè aveva la voce strana. Pesante, affaticata, affranta.. Non lo so" - sospirai. - "E poi non mi va di uscire da sola con lui, è troppo che non lo vedo. Non so che razza di persona sia diventata, non sa come sono fatta.. Io.. Non lo so"
"Sai cosa facciamo allora?" - disse Tom, appoggiando la testa sul mio seno e alzando il viso per guardarmi.
"Cosa facciamo?" - sussurrai, abbassando appena il mento, così da poterlo guardare negli occhi.
"Secondo me come risposta a tutti questi tuoi dubbi dovresti incontrarlo, e se non hai il coraggio di andarci da sola, io verrò con te"
"Davvero lo faresti?" - lo guardai profondamente, accennando un sorriso e mordendomi il labbro inferiore.
"Certo che lo farei! Non c'è cosa che non farei per te!" - rispose, come se la cosa fosse ovvia.
Il cuore iniziò ad accellerare i suoi battiti e il mio sorriso partiva da un orecchio e finiva all'altro.
"Dio.. Tom.." - sussurrai, emozionata.
Lui mi zittii con un dolce bacio, che ricambiai teneramente, continuando a sorridere anche sulle sue labbra.
"Il tuo sorriso" - mormorò, guardandomi.
"Il mio sorriso cosa?" - chiesi, con lo stesso tono di voce.
"Non lo so.. Quando sorridi, mi mescoli dentro"
Non potei fare a meno di sorridere ancora di più e lo strinsi a me il più possibile.
"Thomas Matthew Delonge"
"Dimmi tutto, Jennifer Jenkins"
"Noi.. Noi siamo fidanzati, giusto?"
Avevamo entrambi gli occhi chiusi, e ognuno respirava sul viso dell'altro.
"In che senso?" - domandò a sua volta Tom.
"Nel senso che ci sono solo io per te, giusto? Non c'è nessun'altra?"
"Beh.. Ci sarebbero Claire, Jessica, Sarah, Nicole.." - Tom aprii gli occhi, continuando a fare una lunga lista di nomi femminili.
Risi, aprendo gli occhi per guardarlo e gli pizzicai piano un fianco.
"Scemo!" - lo canzonai.
Lui mi guardò serenamente.
"Certo che ci sei solo tu per me, Jen. Come mai questa domanda?"
"No nulla.. Volevo solo dirti che se tu svolgerai il tuo ruolo, io svolgerò il mio"
"Il ruolo da fidanzati intendi?"
Annuii convinta.
"E se perderemo di vista l'obbiettivo.. Noi saremo qui a provarci. Me lo prometti, Tom?" - lo guardai con i miei grandi occhi.
Lui mi prese il viso e mi lasciò un bacio umido sulle labbra.
"Te lo prometto, Jennifer"


Scusate il ritardo ma la scuola mi distrugge ç_ç

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Capitolo 11
*** He's a fucking weasel. ***



Due giorni dopo la telefonata di mio padre, lo richiamai e decisi di dargli appuntamento in un bar non molto lontano da casa mia il pomeriggio stesso.
Lui accettò e verso le 16 ero seduta con Tom in un tavolino, fuori da quel bar.
Mi teneva entrambe le mani, e mi sussurrava parole dolci nell'orecchio per tranquillizzarmi.
Devo dire che il suo metodo era efficace, perchè quando arrivò mio padre non me ne accorsi neanche.
"Jennifer!" - riconobbi la sua voce e allora mi alzai, trovandomelo di fronte.
"Hei.." - sussurrai, accennando un lieve sorriso e lasciandomi abbracciare.
"Tesoro mio! Quanto tempo è passato, eh? Cinque anni? Sei una donna adesso, quanto sei cresciuta!"
"Tutto merito della mamma" - sottolineai, risedendomi - "Lui è Tom, il mio ragazzo" - aggiunsi.
"Piacere" - Tom gli offrì la mano e Jason la strinse.
"Non sono più l'unico uomo della tua vita allora!" - ridacchiò Jason.
Vomito di parole in arrivo.
"E quando mai lo sei stato" - lo guardai, con cattiveria.
"Senti, tesoro.."
"No Jason, non chiamarmi tesoro! Non sono il tuo tesoro! Per me sei un estraneo, mi sembra di non conoscerti! Adesso dimmi cosa vuoi da me e facciamola finita con questa buffonata"
Tom sospirò, appoggiando una mano sulla mia.
"Jen.." - provò ad interrompermi.
Mi voltai verso di lui, facendogli cenno di lasciarmi parlare, per poi rivoltarmi verso mio padre.
"Voglio solo che tu sappia che per me non conti nulla. Hai fatto soffrire me, la mamma e Dylan. E questo non riuscirò a perdonartelo. Non ti ho mai detto queste cose perchè mentre mentivi alla mamma dicendole che avevi da fare al lavoro ero troppo piccola. Sai cosa facevo? La vedevo piangere, ogni fottuto giorno, seduta su quella poltrona con la speranza che tu tornassi da lei! Io non capivo, mi sedevo sulle sue ginocchia e la abbracciavo, piangendo insieme a lei"
Gli puntai il dito contro, quelle parole gli stavano facendo male, glielo leggevo negli occhi.
"Tu non ci sei mai stato, non hai il diritto di chiamarmi tesoro, non sei mai stato l'uomo della mia vita e se sono cresciuta così bene è stato solo merito della mamma, di Dylan e dei miei più cari amici"
"Amore.." - Tom provò a mettersi in mezzo, e Jason gli rispose, senza togliermi gli occhi di dosso:
"No Tom, lasciala sfogare"
Scoppiai in una risata isterica.
"Lasciarmi sfogare? Non mi sto sfogando, ti sto dicendo la verità, ti sto raccontando delle cose che tu non sai, di quello che provavo io mentre non c'eri! Non è uno sfogo, ti sto solo mettendo a conoscenza di quello che mi hai fatto provare"
"Tu credi che io non abbia sofferto, Jennifer?" - mi domandò Jason. - "Pensi che per me sia stato facile mantenere due famiglie? Dovevo scegliere! L'ho fatto, ho sbagliato, e ora ne sto pagando le conseguenze. Tutto qui, ho accettato i miei errori. E sai cosa? Ho iniziato una nuova vita, e in questa nuova vita noi due abbiamo un bel rapporto. Voglio recuperare quello che non ho fatto gli anni scorsi adesso"
"Forse tu hai dimenticato o almeno messo da parte quello che è successo, ma io no. E penso che mai riuscirò a farlo"
"Saranno passati tanti anni, ma la tua testardaggine non cambia, sai?"
Iniziai a urlare con tutto il fiato che avevo nei polmoni, scandendo parola per parola:
"Smettila di dire queste cose, tu non sai niente di me!"
Mi alzai velocemente e presi la borsa, iniziai a camminare verso casa, con gli occhi che mi pizzicavano dalle lacrime e Tom che mi correva dietro.
"Jen! Hei!" - mi prese delicatamente per un polso, facendomi girare e mi strinse forte a lui.
"E' tutto okay" - mi sussurrò, cullandomi leggermente.
Lacrime calde avevano iniziato a scendere dai miei occhi.
Singhiozzavo silenziosamente contro il suo collo, afferrandomi alla sua maglietta.
"Lui è.. è.. E' così subdolo" - sussurrai, con la voce spezzata dalle lacrime - "Mi dice quelle cose per chissà quale scopo, cosa vuole da me? Perchè è tornato?" - tirai su con il naso.
Tom fece per sciogliere quell'abbraccio e io mugolai in senso di disapprovazione, riattaccandomi a lui come un koala.
"Amore, devi asciugarti le lacrime" - rise appena, stringendomi nuovamente.
"Non mi importa.. Non mi lasciare" - mormorai impercettibilmente.
Mi baciò la testa, accarezzandomi le braccia.
"Andiamo a casa mia, dai. Ti prometto che appena arriviamo ti abbraccio per tutto il tempo che vuoi. Va bene?"
Annuii, tirando su con il naso e mollando lentamente la presa di quell'abbraccio.


Entrammo in casa, dove ad aspettarci sul divano c'erano Mark e Travis.
Anche a loro avevo raccontato della telefonata di mio padre, e appena varacai la porta d'ingresso, mi guardarono, in attesa di un racconto, di un verdetto.
"Che è successo?" - mi chiese Mark, notando i miei occhi gonfi dalle lacrime.
Tom gli fece cenno di non parlare e mi porse la mano, che afferrai.
Mi feci guidare in camera sua e mi distesi sul letto, tirandolo e facendolo stendere su di me.
Chiusi gli occhi, stringendo Tom con le gambe e le braccia.
Dopo qualche minuto di totale silenzio, mormorai:
"Mi fai stare bene"
"Sapessi quanto bene mi fai stare tu" - mormorò Tom a sua volta, baciandomi delicatamente il mento.
"Mi guardi?" - gli chiesi, aprendo gli occhi.
Lui fece lo stesso e mi guardò, sorridendo dolcemente.
"Ti voglio bene. Anzi no, ti adoro. No, che cosa sto dicendo?" - sbuffai. - "Io ti amo" - il mio cuore perse un battito, non lo avevo mai detto a nessuno. E mi era uscito dalle labbra con così tanta facilità che quasi mi spaventai.
Lo guardai in attesa di una risposta e lui si sistemò meglio su di me, facendo aderire i nostri corpi e le nostre labbra.
Appoggiò la fronte sulla mia, guardandomi profondamente negli occhi.
"Ti amo anche io, da impazzire"
Finalmente sorrisi, premetti le labbra sulle sue e accolsi la sua lingua nella mia bocca.
Iniziammo a baciarci dolcemente, e dopo un po', mi addormentai beata tra le sue braccia.


Grazie mille a tutti i lettori e recensori! :3
Grazie in particolare a Evelina, Annalisa, Giulss182 e Layla! <3

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Capitolo 12
*** This world is an ugly place. ***


Quando aprii gli occhi, Tom non era più accanto a me.
"Tom?" - mi misi a sedere e mi stropicciai gli occhi.
Mi alzai lentamente dal letto e uscii dalla camera, scendendo le scale e trovando, tanto per cambiare, Mark e Travis.
Mark stava suonando il basso e Travis un bongo.
Sorrisi e mi andai a sedere con loro, chiedendo di Tom.
"E' andato a prendere qualcosa da mangiare al take away qui all'angolo" - mi rispose Mark, accordando il suo basso.
"Ti va di raccontarci com'è andata oggi?" - mi chiese Travis, appoggiando il bongo sul tavolino.
"Praticamente gli ho detto di tutto quello che ho passato in questi anni, mentre lui non c'era. Dopo tanto tempo finalmente sono riuscita a dirglielo in faccia, ma non mi ha affatto fatto sentire meglio" - sospirai.
"E adesso che hai intenzione di fare?" - mi domandò, sempre Travis.
Scrollai le spalle.
"Non lo so ancora. Di certo non dirò nulla a mia madre e a Dylan, non vorrei dare loro troppe preoccupazioni"
"Uh, a proposito di tua madre! Ha chiamato qui preoccupatissima perchè non le rispondevi, le ho detto che dormivi" - mi disse Mark.
"Merda, è vero, dovevo chiamarla!" - mi passai una mano sul viso, sbuffando.
Presi il telefono e cercai nella rubrica il numero di mia madre, che mi rispose quasi ansimando.
"Tesoro, che fine avevi fatto?"
"Scusa mamma, mi sono addormentata a casa di Tom e non ho potuto chiamarti.."
"Tutto bene lì, vero?"
"Sì mamma, tutto bene! Voi? Vi state divertendo?"
"Tantissimo! Ti saresti divertita anche tu qui con noi, non capisco perchè tu abbia tanto insistito per rimanere a Poway!"
Ridacchiai.
"Quando tornerai lo capirai" - dissi.
"Cioè? Mi devo preoccupare?"
"No mamma, tranquilla!" - risi.
"Va bene.. Salutami quei tre nulla facenti dei tuoi amici! Mi mancano anche loro, sai? Non lo avrei mai detto!" - rise anche lei.
Scoppiai a ridere.
"Addirittura!"
Sentii la porta aprirsi e vidi Tom rientrare.
"Mamma devo andare, ci sentiamo! Ti voglio bene, salutami Dylan!"
Mi salutò anche lei e riattaccai la telefonata.
Tom appoggiò il sacchetto con il cibo sul tavolino e si sedette vicino a me, salutandomi con un bacio.
"Dormito bene?" - mi chiese.
"Benissimo" - sorrisi, dandogli un altro bacio.
Il telefono riprese a vibrare e sbuffai, sicura che fosse mia madre che si fosse dimenticata di farmi le solite raccomandazioni.
Invece no, era un numero sconosciuto.
Risposi, e dall'altra parte del telefono c'era la voce di una donna che non avevo mai sentito prima.
"Pronto? Parlo con la signorina Jenkins?"
"Sì, sono io. Mi dica"
"Sono Amy, infermiera del pronto soccorso di San Diego. Suo padre è stato ricoverato con urgenza, si è sentito male circa mezz'ora fa nella stanza del suo albergo, potrebbe venire? Sa, l'assicurazione.."
Strani i dottori, eh? Aveva detto quelle parole con tale freddezza che rabbrividii.
"S-sì, arrivo subito" - mormorai, deglutendo e attaccando la chiamata.
Tom, Mark e Travis mi guardarono curiosi.
"Mio padre è stato ricoverato, si è sentito male oggi pomeriggio in albergo. Io.. Io devo andare da lui" - mi alzai, tremando appena.
"Veniamo con te" - disse Mark, alzandosi.
Non obbiettai, avevo bisogno di loro. Si alzarono anche Tom e Travis e uscimmo di casa.

Arrivati in ospedale, mi recai subito alla reception e chiesi di mio padre ad un infermiere, che mi spiegò la strada per arrivare alla stanza 213.
Tenevo stretta la mano di Tom, mentre percorrevo quel corridoio quasi buio.
Arrivata alla camera, mi fermò un'infermiera, dalla voce sembrava quella con cui avevo parlato al telefono.
"Può entrare solo una persona per volta, dobbiamo dare priorità alla figlia" - mi prese per un braccio, quasi mi strattonò, facendomi allontanare dagli altri.
Entrai lentamente nella camera, mordendomi le labbra e avvicinandomi al letto.
C'era mio padre steso, con la maschera d'ossigeno e tanti fili attaccati al corpo.
"Jason.. Puoi sentirmi?" - mormorai, avvicinandomi al letto.
Lo vidi voltarsi lentamente verso di me e nonostante la mascherina, lo vidi accennare un sorriso.
Era pallido, aveva due grandi borse sotto gli occhi, e nonostante fosse un uomo di quasi cinquanta anni, ne dimostrava almeno sessanta.
Non era l'uomo che avevo incontrato quel pomeriggio, affatto.
Provò a parlare, ma lo fermai.
"Non dire nulla, non sforzarti" - sussurrai - "Ti prometto che appena starai meglio riparleremo di tutto, adesso riposati, io vado a parlare con il dottore" - gli dissi, con la voce appena tremante.
Lui annuii impercettibilmente e uscii dalla stanza senza fare troppo rumore, lasciando la porta socchiusa.
Mi avvicinai al dottore, che stava leggendo qualcosa dalla sua cartellina.
"Scusi.. Sono Jennifer, la figlia del signor Jenkins.. Potrebbe spiegarmi quello che è successo a mio padre? Al telefono non mi hanno detto molto" - chiesi.
Il dottore mi si presentò con una stretta di mano, e iniziò a parlare.
"Beh, è normale che suo padre si sia sentito male. Oggi faceva molto caldo, e il caldo nelle sue condizioni non è il massimo"
Aggrottai le sopraciglia.
"Quali condizioni, scusi?"
"Ah.. Lei non è a conoscenza della malattia di suo padre?"
Non riuscivo a capire.
"Scusi.. Quale malattia?" - iniziai a tremare visibilmente.
"Suo padre ha appena affrontato la chemioterapia, è per questo che è così debole e affaticato"
"Chemio terapia" - ripetei, dopo aver sciolto il groppo che mi si era formato in gola.
"Sì.. Il signor Jason è stato colpito da un cancro, un cancro ai polmoni" - il dottore mi appoggiò una mano sulla spalla e io mi mordevo le labbra per trattenere le lacrime.
"Okay.." - sussurrai, per poi voltarmi e tornare dagli altri, continuando a tremare.
"Jen? Allora?" - mi chiese Travis, ma non risposi.
"Che succede?" - domandò Mark.
Tom mi abbracciò forte e io mi strinsi piano a lui.
"Amore, che cos'ha tuo padre?"
"Si è sentito male perchè.. Perchè è malato. Ha un tumore ai.. ai polmoni" - sussurrai, incredula.
Tom mi strinse più forte, e anche Mark e Travis si unirono a quell'abbraccio.
Mi lasciai sfuggire un singhiozzo, poi un altro, e un altro ancora.
Quella sera piansi a dirotto, piansi fino ad esaurire le forze. Mi appisolai su quelle scomodissime sedie di ferro della sala d'attesa, con la testa appoggiata contro il petto di Tom e le dita intrecciate a quelle di Mark e Travis.
Cristo, quanto li amavo.

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Capitolo 13
*** Family reunion. ***


Dopo quattro giorni dimisero mio padre e tornò a casa dalla moglie, non era più abituato a vivere a Poway.
Mi ero promessa di non dire nulla a mia madre e a mio fratello, ma comunque anche loro dovevano sapere di quanto accaduto.
Avevo parlato con Jason, ero ancora affranta dalla notizia.
Mi aveva spiegato che dopo aver scoperto di essere malato, era venuto in cerca di me e mio fratello per rimediare agli errori commessi in passato.
Non voleva dirmi della sua malattia per non fare in modo che provassi pena per lui.
Il mio pensiero però era un altro: se non avesse scoperto di essere malato, sarebbe comunque venuto a cercarmi?
Quella domanda mi assillava giorno e notte: mio padre in passato aveva sbagliato, e nulla mi avrebbe fatto dimenticare quello che avevo provato quando lui non c'era, ma era pur sempre sangue del mio sangue, e non potevo

lasciarlo da solo, non in un momento delicato come quello.
Mi aveva promesso che mi avrebbe chiamata spesso, e io avevo promesso di fare lo stesso.
Avevamo deciso di ricominciare da capo, o almeno di provarci.
Quel discorso mi aveva fatto capire una cosa importante: bisogna cercare di rimediare agli errori finchè si è in tempo.


Quella mattina mi svegliai presto, e dopo aver bevuto un caffè veloce, con Tom mi recai all'aereoporto, dove ad aspettarci c'erano mia madre e mio fratello Dylan, che tra l'altro era un ex compagno di classe di Tom.
Scesi dalla vettura, entrammo nel grande edificio ed osservammo i voli in arrivo sul tabellone. Quello da Miami era arrivato da pochi minuti alla pista numero 3.
"Sei sicura di voler dire a tua madre di noi?" - mi chiese Tom, mentre camminavamo verso la sala d'attesa.
"Sì, perchè?" - mi voltai a guardarlo, tenendo il suo passo.
"Ho sempre avuto un po'.. paura di lei" - ammise, ridendo.
"Ma va! Mia madre ti ha sempre adorato! Già dai tempi in cui venivi a mangiare a casa nostra e studiavi con Dylan! E poi non ci sarà bisogno di dire nulla" - sorrisi, stringendogli più forte la mano.
Ricambiò il sorriso e la stretta di mano, e ci andammo a sedere su delle scomodissime sedie di ferro.
La gente iniziò ad arrivare con valigie e borsoni, finchè intravidi mia madre e mio fratello.
"Eccoli!" - sorrisi, alzandomi e facendomi spazio tra la folla.
"Jennifer!" - mia madre fece cadere per terra il borsone e mi stritolò il più forte possibile.
Mia madre era sempre stata esagerata, ma io la adoravo così com'era.
"Mamma, non respiro!" - risi, dileguandomi da quell'abbraccio e salutando mio fratello con due baci sulle guance.
"C'è anche Tom con me" - aggiunsi poi, sorridendo e guardandolo.
"Tutto bene, Kate?" - Tom sorrise, stringendo la mano di mia madre.
"Thomas, dimmi la verità. Sei molto dimagrito. Tu mangi?" - gli chiese.
Tom rise e dopo aver salutato mio fratello con una pacca sulla spalla, disse:
"Fin troppo, credimi!"
Prese la valigia e il borsone di mia madre e insieme ci dirigemmo tutti all'uscita dell'aereoporto, avvicinandoci alla macchina di Tom.
Presi le chiavi dalla macchina dalla mia borsa e aprii il porta bagagli, aiutandolo a sistemare le valigie in quello piccolo spazio.
"Come mai sei venuto anche tu, Thomas?" - chiese mia madre.
Mi voltai verso Tom e sorrisi, aspettando la sua risposta.
"Beh.. Sì, non volevo mandare fin qui Jennifer da sola, allora mi sono offerto di accompagnarla" - farfugliò lui, palesemente imbarazzato.
Sollevai un sopraciglio, guardandolo e chiudendo il porta bagagli.
Gli porsi le chiavi senza dire nulla ed entrai in macchina, allacciandomi la cintura e incrociando le braccia.
Ci ero rimasta male, volevo che fosse lui a dire alla mia famiglia che ci eravamo messi insieme.
Certo, magari non era il momento adatto, ma comunque mi aspettavo che accennasse qualcosa.
Anche gli altri entrarono in macchina, e mio fratello chiese:
"Tom, quella bomba sexy di Holly come sta?"
Alzai gli occhi al cielo.
"Mettiamo un po' di musica, vi va?" - accesi la radio e misi su una stazione a caso, ma nessuno sembrava ascoltarmi.
Mia madre e Dylan fissavano Tom in attesa di una sua risposta.
"Owh.. Bene, sì. Sta bene senza di me" - Tom rise, mettendo in moto la macchina e accelerando.
"Oh no, vi siete lasciati?" - chiese mia madre, con un tono da fiction.
Tom annuii.
"Sì ma non mi interessa, ho trovato una nuova ragazza. Ed è assolutamente meglio di lei. Mille volte. Anzi no, un miliardo di volte meglio di lei"
Nonostante fossi arrabbiata con lui, mi lasciai sfuggire un sorriso e mi voltai a guardarlo.
"Me la devi far conoscere, amico! Non pensare male, voglio solo vedere se è davvero meglio di Holly" - rise Dylan.
"Anche un castoro agonizzante sarebbe meglio di Holly" - dissi.
"Ah, l'invidia delle ragazze!" - sospirò Dylan.
Tom rise, tenendo le mani sul volante.
"Fidati Dylan, la mia nuova ragazza è spettacolare. Non credevo esistesse la perfezione.. Eppure l'ho trovata"
"Che taglia porta di reggiseno?" - chiese mio fratello, trattenendo una risata.
Ricevette un coppino da parte di nostra madre, e io sbottai:
"Cristo, Dylan, fai schifo! Sono pur sempre tua sorella"
"E cosa c'entra? Mica sei tu la ragazza di Tom!" - mi rispose.
Tom rallentò, per poi fermarsi ad un semaforo rosso. Approfittai di quel momento e, sorridendo, lo presi per il mento e lo tirai verso di me, dandogli un lungo bacio sulle labbra.
Poi mi rigirai verso mio fratello, sorridendo angelicamente.
"Dicevi?"
Lui rimase sbalordito, Tom era tutto rosso e secondo me aspettava solo che mia madre lo sepellisse vivo.
"Oddio, ecco perchè sei voluta rimanere qui invece di venire con noi!" - esclamò mia madre.
Annuii, sorridendo e guardandola dallo specchietto.
"Che bello! La mia cucciola innamorata! E non di un ragazzo qualsiasi, del belissimo Thomas Matthew Delonge Junior!" - annunciò emozionata.
Tutti quanti ridemmo, anche Tom era più tranquillo.
Era ufficialmente entrato a far parte della famiglia Jenkins!

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Capitolo 14
*** Pretty little girl. ***



Ero seduta nell'immensa sala d'aspetto della MCA Records, l'etichetta discografica dei Blink 182.
Con le dita tamburellavo nervosamente sulle ginocchia, mordendomi le labbra e osservando l'orologio a muro che segnava le 17.25.
Mark, Tom e Travis stavano discutendo con il loro manager per quanto riguardava il tour australiano.
Le date erano già state rese ufficiali, il tour sarebbe iniziato verso la fine di Luglio.
Dopo circa un quarto d'ora sentii una porta aprirsi dietro le mie spalle e sorridendo, uscirono Mark, Tom e Travis, dopo aver salutato il manager.
Mi raggiunsero e mi alzai, per poi dirigerci verso l'uscita.
"Allora ragazzi?" - chiesi, mentre le dita di Tom si intrecciavano alle mie.
"E' tutto pronto! Due settimane e si parte, dio, non vedo l'ora!" - rispose Travis, sognante.
"Due settimane in Australia.. Mi sembra un sogno!" - aggiunse Mark, sorridendo.
"Il vero problema è.. Chi sopporterà Tom due settimane senza Jen?" - ridacchiò Travis, guardando Tom.
Risi anche io e mi voltai verso Tom, che scrollò le spalle.
"Che ci devo fare? E' ovvio che mi mancherà!" - disse, lasciandomi la mano e stringendomi per le spalle, continuando a camminare.
Mi strinsi a lui, mantenendo il sorriso e camminando al suo passo.
"L'importante è che me lo controlliate!" - dissi a Mark e Travis, ridendo e osservando Tom.
Lui si limitò a sorridere, guardando la strada davanti a sè.
"Tutto bene?" - gli chiesi.
"Sì, certo" - rispose lui.
"Sicuro? Mi sembri come.. distaccato. Non sei felice?" - continuavo a guardarlo, facendo attenzione a dove mettere i piedi per non rischiare di andare a sbattere contro qualche palo.
"Sì, sono felice.. Ma non sarà facile" - rise nervosamente.
"Ragazzi, noi andiamo da Skye e Melissa! Ci becchiamo più tardi" - annunciò Mark, salutandoci.
Ricambiai il saluto distrattamente e Tom fece lo stesso, proponendo un giro nel parco vicino casa sua.
Accettai e andammo a sederci su una panchina sotto un albero.

"Oddio, oggi si sta veramente bene" - disse Tom, chiudendo gli occhi e lasciandosi accarezzare il viso da quella rilassante brezza estiva.
"Già, non fa nemmeno troppo caldo" - mi sistemai vicino a lui - "Perchè prima hai detto che non sarà facile stare in Australia?" - chiesi.
Tom riaprii gli occhi, guardandomi.
"Due settimane senza di te saranno durissime.. Non siamo mai stati così tanto tempo lontani da quel che ricordo" - rise nervosamente.
Rimasi basita.
"Tu sei pazzo! Andrai in tour in Australia con la tua band e a cosa pensi? Alla tua ragazza che lascerai da sola solo due settimane?"
Lui si avvicinò a me, facendo sfiorare prima i nostri nasi e poi le nostre labbra.
"Ormai tu sei al primo posto nella mia vita, tutto viene dopo di te, tutto" - sussurrò, per poi lasciarmi un lieve bacio umido sull'angolo della bocca.
Sorrisi dolcemente e chiusi gli occhi, appoggiando le mani ai lati del suo collo, baciandolo e sospirando sognante.
"Ti amo, Jennifer"  - sussurrò.
"Io ti amo di più" - risposi, sorridendo.
Rimanemmo in silenzio per qualche minuto, finchè Tom non propose di andare al cinema, e successivamente di andare a mangiare qualcosa insieme.
Tornammo a casa per le dieci e mezza, quella sera sarei rimasta a dormire da Tom.
Salimmo le scale ed entrammo in camera sua.
Ci buttammo subito sul letto e io mi strinsi a lui, sospirando.
Quanto amavo abbracciarlo, quanto amavo il suo profumo, quanto amavo il suo affetto, quanto amavo Lui.
Appoggiai una mano sul suo petto e lui me la strinse teneramente con la sua, facendo spuntare sulle mie labbra un dolce sorriso.
Ad un certo punto, mi ritrovai sopra di lui, per terra, dopo aver sentito un forte rumore.
A quanto pare si era rotta una doga del letto e aveva fatto inclinare verso sinistra il materasso, catapultandoci per terra.
Tom iniziò a massaggiarsi il collo, mugolando dal dolore, mentre io me la ridevo a più non posso con la testa sul suo petto.
"Oh mio dio!" - continuavo a ripetere, tra le risate.
Anche Tom aveva iniziato a ridere, continuando a massaggiarsi il collo.
"Ti sei fatta male?" - mi chiese.
Scossi la testa, senza smettere di ridere.
"Il tuo corpo ha attutito la caduta!" - dissi, stringendomi forte a lui.
"Ah sì?" - Tom rise, dandosi una spinta e posizionandosi sopra di me.
"Cosa vuoi fare?" - lo guardai, ridendo.
Mi prese le mani e me le bloccò sopra la testa, iniziando a farmi il solletico sui fianchi.
"Ti prego! Chiedo perdono! S-smettila!" - strillai tra le risate, mentre mi dimenavo sotto di lui.
"Rimangiati quello che hai detto!" - mi ordinò Tom, ridendo e continuando a farmi il solletico.
"Me lo rimangio!" - urlai, continuando a ridere.
Tom mi lasciò lentamente le braccia e si appoggiò al pavimento, guardandomi e ridendo.
Io respiravo affannosamente e ricambiavo il suo sguardo, cercando di calmare le risate.
Lui sorrise e avvicinò il viso al mio, schioccandomi un lieve bacio sulle labbra.
Sorrisi, chiusi gli occhi e agganciai le braccia al suo collo, lasciandomi trasportare da quel dolce bacio, che presto si trasformò in un bacio pieno di passione e desiderio.
I nostri cuori battevano all'impazzata e i nostri respiri si fecero pesanti l'uno nella bocca dell'altro.
Tom interruppe lentamente quel bacio, tenendo le labbra sulle mie.
"Ti voglio" - sussurrò dolcemente.
Di tutta risposta sorrisi, gli morsi il labbro inferiore e iniziai a sollevare la sua maglia, per poi sfilargliela e lanciarla da qualche parte nella stanza.
Lui fece lo stesso con la mia e presto ci liberammo anche dei pantaloni e dell'intimo.
Riprendemmo a baciarci e mi lasciai sfuggire un gemito di piacere nella sua bocca dopo averlo sentito entrare dentro di me.
Cominciò a muoversi lentamente: nella stanza eccheggiavano i nostri gemiti e i nostri sussurri.
Continuavamo a baciarci, acarezzarci, stringerci. Continuavamo a ripetere di amarci.
Quella sera, in quella stanza, diventammo un solo corpo, una sola anima.
Quella sera, in quella stanza, mi sembrò di iniziare a vivere.

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Capitolo 15
*** Romeo and Rebecca. ***


Romeo and Rebecca.


La mattina seguente mi svegliai sul materasso appoggiato sul pavimento, coperta da un sottile lenzuolo bianco.
Mi sedetti su di esso e mi grattai la nuca, mugolando e guardandomi intorno.
"Tom?" - sussurrai, ancora assonnata.
Mi avvolsi il lenzuolo attorno al corpo e mi alzai, facendo attenzione a non inciampare tra i mille vestiti gettati sul pavimento.
Uscii dalla sua camera e scesi velocemente le scale, chiamandolo, finchè non notai un biglietto vicino la porta d'entrata.
Lo staccai dalla porta e mi stropicciai gli occhi, prima di leggere.
"Sono andato a prendere la colazione, torno subito! - Tom"
Sorrisi e appoggiai il biglietto sul mobile dell'ingresso, per poi risalire le scale ed andare in bagno.
Feci una doccia veloce, mi lavai i denti, mi asciugai i capelli con un asciugamano e li lasciai umidi sulle spalle, per poi indossare una maglia e dei pantaloncini di Tom.
Mi stavano decisamente troppo larghi, ma almeno ero comoda.
Dopo aver sentito la porta aprirsi, scesi velocemente le scale e corsi incontro a Tom, abbracciandolo e salutandolo con un lungo bacio.
"Buongiorno piccola!" - mi disse lui, ricambiando il bacio.
"Buongiorno!" - dissi euforica, sciogliendo lentamente quell'abbraccio.
"Appena sfornati" - sorrise lui, sventolandomi davanti agli occhi un sacchetto di cornetti.
Ricambiai il sorriso e afferrai il sacchetto, andando in cucina, seguita da Tom.
Non feci in tempo a prenderne uno che iniziarono a suonare ininterrottamente al campanello.
Tom alzò gli occhi al cielo, per poi sbuffare una risata.
"Mark e Travis" - risi, addentando un cornetto.
Tom andò ad aprire e infatti entrarono in cucina Mark e Travis.
"Speriamo di non aver interrotto nulla, ma Travis ha grandi novità!" - disse Mark euforico, prendendo un cornetto dal sacchetto.
"No ma prego, serviti pure!" - ironizzò Tom, sedendosi vicino a me e mordendo un pezzo del mio cornetto al cioccolato.
"Che novità?" - chiesi curiosa, masticando.
"Beh ecco.." - Travis arrossì, schiarendosi la voce, mentre tutti lo scrutavamo - "Vorrei invitarvi al mio matrimonio"
Tom sputò il boccone per terra e iniziò a tossire.
"Matrimonio?" - chiesi a bocca aperta.
Travis arrossì, mordendosi le labbra e annuendo.
"Ho chiesto a Melissa di sposarmi e lei ha accettato. La amo davvero" - sospirò lui felice.
"Oddio!" - mandai giù l'ultimo pezzo della briosche e corsi ad abbracciare Travis, sorridendo - "Che teneri, tanti auguri!" - gli schioccai un bacio sulla guancia.
"No tranquilli eh, non mi stavo strozzando" - disse Tom con la voce roca.
"Ti stavi strozzando?" - gli chiese Mark, ridendo.
"Simpatico! No comunque Travis.. Ne sei davvero sicuro?" - rispose Tom, avvicinandosi a lui.
Lui annuii convinto, sorridendo.
"Sono pazzo di lei, amico" - rispose, con una serietà che mi fece venire i brividi.
Tom sorrise e si aggiunse all'abbraccio.
"Se sei felice tu, lo sono anche io! Tanti auguri Trav!"
"Beh? Che aspetti? Chiama Melissa! Si va a pranzo fuori per festeggiare! Chiamo anche Skye" - annunciò Mark, felice.
"Concordo! Bisogna festeggiare!" - disse Tom.


Qualche ora più tardi eravamo tutti al Sombrero per festeggiare con un buon pranzo messicano.
Mark era seduto vicino a Skye, Travis vicino a Melissa e Tom vicino a me.
Dopo aver iniziato a pranzare con tacos e burritos, Tom chiese:
"Quando avete intenzione di sposarvi?"
"Beh, direi che quando tornate dall'Australia si può iniziare ad organizzare tutto. Mi piacerebbe tanto sposarmi a Settembre! A te, amore?" - disse Melissa con

aria sognante.
Era veramente una bella ragazza. Aveva i capelli ricci, non molto lunghi color castano mogano. Aveva un fisico perfetto e due grandi occhi marroni.
"Facciamo come vuoi tu amore, l'importante è sposarci" - disse Travis, dopo averle dato un tenero bacio sulle labbra.
"Che teneri!" - dicemmo io e Skye in coro, per poi ridere.
"Scusate, cosa state insinuando voi due?" - chiese Mark, sollevando il sopraciglio.
"Sì esatto. Vorresti dire che io non sono dolce?" - mi domandò Tom, fingendosi offeso.
"Tu non sei dolce, sei acido come uno yogurt scaduto" - rispose Mark, ridendo.
"Non è vero! Sei tu che non mi fai mai le coccole dopo il sesso!" - urlò Tom con voce disperata, attirando l'attenzione di tutto il locale.
Scoppiammo tutti a ridere e Skye borbottò.
"Mark, tu sei più dolce con Thomas che con me"
A quelle parole Mark le prese il mento con le dita e le stampò un bacio sulle labbra.
"Ma Tom non lo amo come amo te" - le disse, sorridendo.
"Mi sta salendo il diabete" - disse Tom, ridendo.
"Intanto qui sei l'unico uomo che non si sta comportando bene" - piagnucolai, guardando prima Travis e Melissa sbaciucchiarsi e poi Skye e Mark.
Tom rise, per poi darmi un bacio sulla fronte.
"So che non vuoi rovinarti la reputazione da playboy ma un bacio piccolo piccolo potresti anche darmelo" - continuai a piagnucolare.
Alzò gli occhi al cielo, ridendo e dandomi un bacio sulle labbra.
"Va meglio così?" - mi chiese dolcemente.
"Molto meglio" - risposi, sorridendo contro le sue labbra.
Ricambiò il sorriso e si allontanò lentamente da me.
"Ragazzi che ne dite di un gelato sul pontile?" - propose Skye, sorridente.
Tutti approvammo, e dopo aver chiesto il conto e pagato uscimmo dal Sombrero, incamminandoci verso il pontile.

Camminavamo tutti e sei sul pontile, ridendo, scherzando e fermandoci ogni due minuti ad ammirare la vetrina di qualche negozio.
Melissa si fermò davanti ad un negozio di vestiti di abiti da sposa e sospirò sognante, ammirando i vestiti esposti nella vetrina.
"Vuoi entrare?" - le chiese amorevolmente Travis.
Lei annuii, mordendosi le labbra e voltandosi verso di me e Skye.
"Mi accompagnate, ragazze?" - ci domandò.
"Certo!" - acconsentimmo sorridenti, entrando nel negozio dopo Melissa, mentre i ragazzi decisero di rimanere fuori a fumarsi una sigaretta.
Iniziai a camminare lentamente in quella bottega, guardandomi intorno.
C'erano dei vestiti estremamente costosi, ma bellissimi.
"Vi dispiace se ne provo uno? Solo per vedere come mi sta addosso! Prometto che faccio in fretta!" - disse Melissa, voltandosi verso me e Skye.
"Ma smettila! Provane quanti ne vuoi, noi siamo qui" - sorrisi.
Mi sedetti su una poltroncina vicino a Skye, mentre Melissa si metteva d'accordo con la commessa.
"Travis che si sposa" - sbottò lei all'improvviso, trattenendo una risata.
"Strano, vero?" - risi.
"Sì, abbastanza.. Soprattutto perchè con Melissa ha avuto un rapporto un po' difficile. Litigavano spesso. Però sono contenta che abbiano risolto" - annuii lei.
"Sì, anche io. Adesso sono tanto felici" - sorrisi.
"Cosa faresti se Tom ti chiedesse di sposarlo?" - mi domandò Skye, voltandosi verso di me e scrutandomi, curiosa.
Arrossii di colpo e risi nervosamente.
"Beh, stiamo insieme da pochissimo. E poi ho solo 21 anni. Sarebbe una decisione troppo affrettata" - arricciai il naso.
"Capisco" - annuii lei - "Dio, quanto vorrei che Mark me lo chiedesse" - sospirò.
"Immagino! State insieme da quasi tre anni, giusto?" - le chiesi.
"Due anni e dieci mesi" - specificò lei, ridendo.
Risi anche io, finchè la voce squillante di Melissa non risuonò in tutto il negozio.
"Ma è stupendo!" - esclamò, guardandosi allo specchio.
Indossava un semplice vestito bianco con una scollatura a V, leggermente largo sulla vita e sui fianchi e che le arrivava fino a piedi.
Io e Skye ci alzammo e le andammo incontro, sorridendole.
"Ti sta davvero bene!" - disse Skye.
"Di più! Davvero Melissa, sei magnifica" - annuii convinta, sorridendo.
Lei arrossì e ci ringraziò, mordendosi le labbra e continuando ad osservarsi a quello grande specchio.
Sì, decisamente. Era davvero splendida.

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Capitolo 16
*** The worst damn day of my life. ***



Erano passati dieci giorni da quel pranzo al Sombrero e quel pomeriggio avevo radunato i ragazzi a casa mia, per poi andare al cinema.
Scesi le scale, presi le chiavi e quando aprii la porta, mi ritrovai davanti Mark e Travis.
"Hei, siete già qui?" - sorrisi, salutandoli entrambi con un abbraccio.
"Sì, stiamo aspettando Tom!" - rispose Travis, sorridendo.
"Sempre il solito ritardatario" - sbuffai una risata, chiudendomi la felpa e sistemandomi il cappuccio per ripararmi da quella leggera pioggia estiva.
"Che film guardiamo allora?" - domandò Mark.
"Io ho voglia di un horror!" - rispose Travis.
"Pure io!" - sorrisi - "Ragazzi avete voglia di uno starbucks mentre aspettiamo Tom?" - proposi.
Tutti e due rifiutarono, ma si offrirono comunque di accompagnarmi.
Attraversammo di corsa la strada, prima che il semaforo diventasse rosso ed entrammo nel bar.
"Salve! Mi potrebbe fare un caffè lungo con panna, per favore?" - chiesi gentilmente al barista, sorridendo e porgendogli una banconota da cinque dollari.
"Certo!" - mi disse lui, iniziando a prendere un bicchiere di carta.
Mi sedetti con Mark e Travis su delle poltroncine vicino il bancone e mi guardai intorno, sorridendo, finchè tra i clienti, non riconobbi Holly.
"Ragazzi! Guardate chi c'è!" - dissi divertita, indicando Holly, senza farmene accorgere.
"Il topo con la malaria" - mi citò Mark, ridendo - "E' con un ragazzo o sbaglio?"
Travis annuii, per poi chiedermi:
"E' il tizio con cui ha tradito Tom?"
"Mmh non mi sembra, se quel coglione si togliesse il cappellino!" - sbuffai.
Il coglione in questione si tolse il cappellino e si passò una mano tra i capelli, ed è lì che il mondo mi cadde addosso.
"Ma è Tom!" - dissero in coro Mark e Travis, sbalorditi.
Rimasi a bocca aperta, guardandoli. Non riuscivo a crederci.
Ridevano e scherzavano come se niente fosse successo.
Ad ogni sorriso che Tom le rivolgeva mi sentivo morire dentro, finchè non arrivai ad incassare il colpo finale.
Holly si avvicinò all'orecchio di Tom, gli sussurrò qualcosa e dopo qualche secondo si avvicinò alle sue labbra, baciandolo.
Provavo un dolore lancinante all'altezza del cuore, mi pizzicavano gli occhi: non riuscivo a muovermi, a pensare, a parlare. Non riuscivo a fare niente.
Il cameriere appoggiò il bicchiere e il resto sul tavolo e neanche lo ringraziai: ero paralizzata.
Mark e Travis continuavano a parlarmi, ma non riuscivo a percepire le loro voci: mi sembravano basse e distanti.
Tremando, mi alzai e venni invasa dai brividi quando Holly si voltò verso di me, agitando la mano per salutarmi.
Anche Tom si voltò e sobbalzò, vedendomi e alzandosi subito per venirmi incontro.
Indietreggiai, guardandolo con gli occhi pieni di lacrime.
"No Jen, non è come pensi! Ti prego!" - cercò di giustificarsi.
"Tu.. Tu devi solo starmi lontano" - sussurrai.
"Ti prego Jen, lo sai che ti amo!" - avvicinò la mano alla mia e io la cacciai.
Con uno scatto mi girai e corsi veloce fuori dal bar, mentre Tom correva dietro di me.
Arrivai davanti la porta di casa e iniziai a cercare freneticamente le chiavi dentro la borsa, senza trovarle.
Più sentivo la voce di Tom che mi chiamava avvicinarsi e più tremavo.
"Merda!" - urlai, scoppiando in un pianto isterico.
"Jennifer!" - Tom mi raggiunse e mi mise una mano sulla spalla, mentre riprendeva fiato.
"Non toccarmi!" - me lo scrollai di dosso, guardandolo con disprezzo.
Tom mi guardò tristemente, allontanandosi di poco.
"Ti prego Jennifer, fammi almeno spiegare!"
"Cosa vuoi spiegarmi, eh? Che mi hai solamente presa in giro? Che mi hai usata per dimenticarla? Sei ancora innamorato di lei! Non è così?" - urlai in lacrime.
"Non è così! E' stata lei a baciarmi, lo hai visto anche tu! Mi ha chiesto se poteva darmi un bacio, io pensavo intendesse un bacio sulla guancia!"
"Vattene via!"
"Jen, lo sai che non ti farei mai del male.."
"L'hai fatto invece! Adesso esci dalla mia vita!"
Finalmente riuscii a prendere le chiavi e le infilai nella serratura, per poi ruotarle, entrare in casa e sbattere la porta.
Mi lasciai cadere per terra e mi portai le mani sul viso, piangendo a dirotto.
Tom iniziò a bussare con forza alla porta e ad ogni battito sobbolzavo, continuando a piangere.
"Ti ho detto di lasciarmi stare!" - strillai, sbattendo un pugno sulla porta.
Restai in attesa di una risposta, ma tendendo l'orecchio riuscivo a sentire solo il rumore della pioggia e delle ruote delle macchine sull'asfalto bagnato.
Mi portai le ginocchia al petto e chiusi forte gli occhi, cercando di dimenticare quanto accaduto poco prima.
"Stupida! Stupida!" - continuavo a sussurrare tra i singhiozzi.
Il campanello riprese a suonare e iniziai a piangere ancora più forte.
"Vattene!" - urlai disperata.
"Jennifer, sono Mark! Apri!"
Mi alzai lentamente e aprii la porta, guardando Mark con gli occhi pieni di lacrime.
"Piccola.." - mormorò lui, entrando in casa e chiudendosi la porta dietro le spalle.
"Ti prego abbracciami" - sussurrai con voce spezzata, andandomi a rifugiare tra le sue braccia.
Lui non disse niente e mi strinse forte a sè, accarezzandomi la testa.
Quello era stato decisamente il giorno peggiore della mia vita.


Tom.
Dopo essermi vestito velocemente uscii di casa e mi incamminai verso casa di Jennifer.
Il mio passo era abbastanza veloce, dovevo sbrigarmi: ero in ritardo.
Feci per sistemarmi il cappellino, ma il mio gomito andò a sbattere contro la borsa di una ragazza.
"Hei, stai più att.." - non feci in tempo a finire la frase che mi ritrovai due occhi verdi che mi guardavano intensamente.
"Ciao, Thomas"
"Hei.. Ciao Holly" - mi sforzai di sorriderle.
"Come stai?" - mi sorrise, sbattendo le lunghe ciglia.
Le risposi, iniziammo a parlare del più e del meno e non so come ci ritrovammo in un bar a chiaccherare e a bere cappuccino.
Quella ragazza era subdola, però riusciva sempre ad ottenere quello che voleva in un modo o nell'altro.
"Beh, il tuo nuovo ragazzo come sta?" - la guardai, sorridendo.
"Oddio, non parlarmene! Troppo appiccicoso e troppo geloso! Io ho bisogno dei miei spazi, sai come sono fatta.."
"Sì, ho presente" - risi - "Quindi vi siete lasciati?" - chiesi.
"Beh Thomas, sì.. La verità è che sto cercando un tipo come te, ma non riesco proprio a trovarlo!" - rise.
Non potei fare a meno di ridere anche io, ma non perchè la sua risata fosse contagiosa, perchè mi erano venute in mente le parole di Jennifer: bambola gonfiabile

che ride come un topo con la malaria.
Oddio, Jennifer. Questa volta mi avrebbe ammazzato seriamente.
"Holly mi dispiace, devo proprio andare! Sono davvero in ritardo e penso che questa volta Jennifer mi ammazzi" - risi.
"Già.. Scusa, ti ho già fatto perdere troppo tempo" - disse lei, con un'espressione dispiaciuta.
"Ma stai tranquilla!" - sorrisi, sistemandomi un ciuffo di capelli che mi sfuggiva dal capellino.
"Ti sono cresciuti i capelli? Voglio vedere!" - disse lei, sorridendo.
La accontentai e mi tolsi il cappellino, passandomi una mano tra i capelli e facendo una smorfia.
Lei rise, avvicinandosi maggiormente a me, mentre mi rimettevo il cappello.
"Thomas, posso.. Ecco, devo chiederti una cosa. Mi imbarazza un po', ma non capisco perchè. Non dovrebbe" - Holly arrossii.
"Dimmi tutto" - la guardai, sorridendo.
Si avvicinò al mio orecchio, ricambiando il mio sorriso.
"Posso.. Ecco, darti un bacio?" - mi chiese.
"Tutto qui?" - risi, avvicinando la guancia alle sue labbra.
Lei mi prese con forza il viso tra le mani e mi baciò le labbra, spigendo con violenza la lingua nella mia bocca.
Agrottai la fronte e appoggiai le mani sui suoi polsi, per cercare di allontanarla. Lei si staccò dalle mie labbra e mi guardò maliziosamente.
"No, Holly.. Sono fidanzato" - risi, imbarazzato.
"Oddio scusa! Oddio, che stupida!" - disse lei.
Finsi un sorriso e feci per alzarmi, ma lei mi bloccò nuovamente.
"Guarda! C'è Jennifer!" - sollevò il braccio e lo agitò per salutarla.
Il cuore mi balzò quasi fuori dal petto, mi voltai di colpo e la vidi.
Mi alzai e le corsi incontro. Sentivo lo stomaco che mi si contorceva, aveva gli occhi lucidi.
"No Jen, non è come pensi! Ti prego!" - mi giustificai.
"Tu.. Tu devi solo starmi lontano" - sussurrò, con la voce tremante.
"Ti prego Jen, lo sai che ti amo!" - dissi, cercando di prenderle la mano.
Lei mi cacciò la mano e si girò velocemente, uscendo dal bar e iniziando a correre. Mi voltai verso Mark e Travis, non sapendo cosa fare.
"Ma sei matto? Vai!" - mi disse Travis, indicando la porta.
Aprii la porta e iniziai a rincorrerla, gridando il suo nome.
La vidi correre verso il viale di casa sua e iniziai a correre più veloce: mi mancava il fiato, ma non avrei mollato.
"Jennifer!" - la raggiunsi, appoggiando una mano sulla sua spalla.
"Non toccarmi!" - urlò.
Mi allontanai, sospirando.
"Ti prego Jennifer, fammi almeno spiegare!"
""Cosa vuoi spiegarmi, eh? Che mi hai solamente presa in giro? Che mi hai usata per dimenticarla? Sei ancora innamorato di lei! Non è così?" - urlò lei in lacrime.
Quanto mi faceva male vederla così.
"Non è così! E' stata lei a baciarmi, lo hai visto anche tu! Mi ha chiesto se poteva darmi un bacio, io pensavo intendesse un bacio sulla guancia!"
"Vattene via!"
"Jen, lo sai che non ti farei mai del male.." - dissi, cercando di convincerla.
"L'hai fatto invece! Adesso esci dalla mia vita!" - strillò, aprendo la porta e sbattendola con forza subito dopo essere entrata.
No, non sarei mai uscito dalla sua vita. Non intendevo farlo, avevo bisogno di lei. Non volevo perderla.
I miei occhi iniziarono a bruciare, me li sentivo gonfi e pesanti. Iniziai a bussare con insistenza alla porta, finchè non la sentii urlare:
"Ti ho detto di lasciarmi stare!"
Sospirai e misi le mani in tasca, tornando indietro.
Iniziai a camminare lentamente, calciando qualche sassolino, finchè non vidi venirmi incontro Mark e Travis.
"Mi spieghi che cazzo ti è preso?" - mi chiese Mark.
"Io.. Vi chiedo solo.. Andate da lei, ha bisogno di voi" - sussurrai.
"Anche tu hai bisogno di noi" - sospirò Travis - "Mark, vai da Jen, ci rimango io con lui"
Andammo a casa di Travis, ci mettemmo sul divano con un paio di birre e iniziai a raccontargli tutto.
Avevo un forte mal di testa, mi sentivo vuoto, ero privo di forze e gli occhi mi facevano male a furia di trattenere le lacrime.
Quello era stato decisamente il giorno peggiore della mia vita.

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Capitolo 17
*** So sorry, it's over. ***


Mark.
Arrivato a casa di Jen, suonai il campanello e sospirai quando la sentii urlare.
"Jennifer, sono Mark! Apri!"
Rimasi pietrificato nel guardarla: aveva gli occhi gonfi e lucidi e il viso rigato dalle lacrime.
Non l'avevo mai vista ridotta così.
"Piccola.." - mormorai, chiudendomi la porta dietro le spalle.
"Ti prego abbracciami" - biascicò, venendo a rintanarsi nelle mie braccia.
Non dissi nulla e la strinsi forte, per poi baciarle la testa.
"Mark.." - sussurrò lei, scoppiando nuovamente in lacrime.
"Vedrai che si sistemerà tutto, mh?" - dissi per rassicurarla, ma scosse la testa, allontanandosi di poco da me.
"Non.. Non posso" - ansimò.
"Jen, devi stare calma. Ti verrà un attacco di panico se non ti calmi" - la presi per mano e la guidai sul divano, facendola sedere accanto a me.
Mi stava spaventando: non l'avevo mai vista così.
Respirava a fatica, piangeva, tremava. Era visibilmente distrutta.
Allungai una mano e presi un pacchetto di fazzoletti dal tavolino, estraendone uno e asciugandole le lacrime.
"Ti faccio una tisana?" - le chiesi.
Lei scosse la testa, cercando di ricacciare indietro le lacrime.
"Io.. Non posso perdonarlo. Non gli credo" - mormorò.
"Lui ti ama, non ti farebbe mai del male. Poi sai com'è fatta Holly, è molto probabile che l'abbia ingannato" - risposi, sistemandole un ciuffo di capelli dietro l'orecchio.
Lei mi guardò con quel suo sguardo triste, devastato.
"Jen, ti giuro sulla nostra amicizia che non ho mai visto Tom amare così tanto qualcuno. Te lo giuro" - mi appoggiai la mano destra sul cuore.
"Non mi ama.. Non lo avrebbe mai fatto. Se mi avesse amato non sarebbe uscito con lei" - tirò su con il naso, abbassando lo sguardo.
"Mi prometti che almeno provi a parlarci?" - le sollevai il mento con l'indice, guardandola negli occhi.
"Non posso prometterlo.." - si rifugiò nuovamente tra le mie braccia e io la strinsi forte a me, accarezzandole la testa per farla rilassare e funzionò, dato che dopo circa venti minuti si addormentò.  
Continuai a tenerla stretta e in quel silenzio i miei pensieri presero il volo.
Dovevo trovare una soluzione per farli riappacificare, altrimenti sarebbe cambiato tutto.
La nostra amicizia non sarebbe più stata la stessa, la band non sarebbe più stata la stessa, ma soprattutto, la mia vita non sarebbe più stata la stessa.
I miei pensieri vennero interrotti dalla vibrazione del mio telefono e sobbalzai.
Era Travis: risposi, tenendo il tono della voce basso per non svegliare Jennifer.
"Mark, ti prego, vieni qui. Tom è ubriaco marcio e sta delirando, non so più come tenerlo fermo"
"Non posso lasciare Jen da sola, è a pezzi"
In quel preciso istante la porta si aprii ed entrò in casa Dylan.
"No okay ho trovato la soluzione, dieci minuti e sono lì" - riattaccai la chiamata e saluti Dylan con un cenno della mano.
"Hei amico!" - disse Dylan cordiale.
Jennifer sussultò e si sollevò dal mio petto, aprendo piano gli occhi, per poi voltarsi verso Dylan, che la guardò preoccupato.
"Jen! Cosa ti è successo?" - venne anche lui a sedersi vicino a noi.
"Tom" - abbassò lo sguardo, mordendosi le labbra per trattenere le lacrime.
"Cos'ha fatto?" - domandò Dylan, innervosito.
"Io vi lascio parlare, okay? Io devo scappare. Jen, ci vediamo domani o passo tra un paio d'ore se riesco, va bene?"
Lei annuii e si lasciò baciare la fronte.
"E misurati la febbre, sei bollente" - le dissi, prima di alzami.
Salutaii Dylan e uscii, incamminandomi verso casa di Travis.



Travis.
Tom mi raccontò quanto successo poco prima, era distrutto.
Aveva iniziato a bere: aveva cominciato con un paio di birre, per poi darsi alla vodka e alla tequila.
Era seduto di fianco a me e si teneva le mani a coppa sul viso, farfugliando qualcosa di incomprensibile.
"Tom, forse è meglio che tu dorma un po'" - appoggiai una mano sulla sua spalla e lui si tolse le mani dal viso per guardarmi.
"Perchè? Sto benissimo!" - rise, si alzò e iniziò a barcollare verso il mobile degli alcolici, afferrando un'altra bottiglia di vodka.
Sospirai, alzandomi e andando verso di lui, strappandogli la bottiglia dalle mani.
"Finiscila Tom, non risolvi nulla così. Poi stai peggio di prima. Hai già bevuto abbastanza"
Provai a farlo ragionare, ma mi beccai solo uno spintone.
Lo presi per la maglia e lo spinsi contro il muro, guardandolo negli occhi.
"Tom, smettila di bere!" - il tono della mia voce si era fatto alto, non mi piaceva vedere le persone a cui tenevo affogare i loro problemi nell'alcohol.
"Ti ho detto che sto bene" - mormorò lui e chiuse gli occhi, per poi riaprirli subito.
"Oh mio dio!" - urlò, per poi scoppiare a ridere.
"Cosa? Cosa c'è da ridere?" - gli chiesi, innervosito.
"Quando chiudo gli occhi sono.. Sono su una montagna russa! Poi li riapro e sono qui! Com'è possibile?" - farfugliò lui, continuando a ridere.
Scossi la testa e lo spinsi sul divano.
"Non muoverti" - gli ordinai, per poi prendere il telefono e chiamare Mark.
"Mark, ti prego, vieni qui. Tom è ubriaco marcio e sta delirando, non so più come tenerlo fermo"
"Non posso lasciare Jen da sola, è a pezzi" - rispose lui.
"Merda.. Vabbè dai, proverò a farlo dormire" - sospirai, vedendo Tom correre verso il bagno.
"No okay ho trovato la soluzione, dieci minuti e sono lì"
"Grazie amico"
Riattaccai e andai in bagno, trovando Tom inginocchiato per terra con il viso rivolto verso il water.
"Se mi sporchi il pavimento giuro che ti faccio fuori" - gli dissi, piegandomi verso di lui e tirandogli indietro i capelli, mentre rimetteva.
"Amico, ma hai un mostro dentro di te!" - dissi, schifato, girando la testa e premendo il pulsante per lo sciacquone.
Aiutai Tom a rialzarsi e gli feci lavare il viso.
Sentii suonare il campanello e sospirai di sollievo, tornando in salotto e aiutando Tom a sistemarsi sul divano, per poi aprire la porta.
"L'ho appena accompagnato a vomitare" - feci entrare Mark e chiusi la porta.
"Tom! Come stai?" - gli chiese Mark, scuotendolo leggermente.
"Lasciatemi stare! Sto bene!" - piagnucolò lui, sbuffando.
"Posso chiederti perchè l'hai fatto?" - gli domandò Mark.
A quelle parole Tom aprii gli occhi e spinse con un braccio Mark, guardandolo torvo.
"L'ha fatto lei! Voi sapete quanto io ami Jennifer! Però adesso ho rovinato tutto!" - si rimise le mani a coppa sul viso, mugolando.
Sospirai e mi andai a sedere vicino a loro, accarezzando la schiena di Tom.
"Dai Tom, vedrai che domani si sistemerà tutto. Devi solo dormirci sopra" - gli dissi.
"No! Devo andare da lei adesso! Non posso aspettare domani!" - fece per alzarsi, ma io e Mark lo facemmo risedere.
"Sei ubriaco fradicio! Dove pensi di andare?" - disse Mark.
"Ho rovinato tutto! La band, noi, Jennifer! Ho rovinato le cose più importanti della mia vita! Ho rovinato la mia vita!"
Il suono della sue voce risultò ovattato, a causa delle mani sul viso.
"Ma va, non dire così!" - gli dissi, cercando di sembrare il più rassicurante possibile.
"Sì invece! Ci allontaneremo tutti! Io e Jennifer non tornermo mai più insieme, non mi vuole parlare!" - "Sono un coglione! Sono uno stupido! Rovino sempre tutto, fanculo, fanculo!" - continuava a ripetere in preda al panico, sbattendo il piede per terra ad ogni 'fanculo'.
Io e Mark ci mettemmo circa un'ora e mezza per farlo calmare e per convincerlo a farsi una bella dormita.
Il discorso di Tom però mi colpì molto, non aveva tutti i torti.
Se Jennifer avesse deciso di non perdonarlo, la vita di tutti e quattro sarebbe cambiata.

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Capitolo 18
*** You said you speak from your heart but you're heart's all gone. ***



Jennifer.
Mi svegliai di soprassalto, respirando affanosamente e passandomi una mano sul viso sudato.
Avevo il cuore che batteva a mille: lo avevo sognato.
Cercai di calmarmi e mi girai su un fianco, stringendomi al cuscino.
"Jen, sei sveglia?" - sussurrò mia madre, aprendo lentamente la porta.
Non le risposi, non avevo voglia di parlare con nessuno.
Lei sospirò e venne a sedersi al mio fianco, sistemandomi i capelli.
"Vuoi che mi prenda un giorno di ferie dal lavoro e stia con te?" - mi chiese dolcemente.
Scossi la testa, richiudendo gli occhi.
"No mamma, grazie" - sussurrai con voce roca.
"La prossima volta che lo vedo mi sente quello stupido di Thomas. Ma chi diavolo si crede di essere? Nessuno deve far star male la mia bimba" - disse lei.
"Ti prego, mamma.. Non nominarlo. Non voglio più sentir parlare di lui. Okay?" - dissi con voce tremante.
Sentivo che le lacrime stavano per ricominciare a scendere.
"Va bene.. Se hai bisogno di qualcosa chiama in ufficio e torno subito. Va bene?" - disse, alzandosi.
Annuii poco convinta e aspettai che lasciasse la stanza, prima di scoppiare nuovamente a piangere.
Affondai la testa nel cuscino, sbattendo il pugno destro contro il materasso.
Non mi ero mai sentita così.
Ero vuota, spezzata. Avvertivo un dolore costante all'altezza del cuore.
Non avevo le forze nemmeno di alzarmi dal letto. Non volevo avere contatti con nessuno.
Piansi per circa un'ora stretta al cuscino, finchè non fui costretta ad alzarmi: avevano suonato alla porta.
Sospirai e con molta calma mi alzai. Mi sistemai la maglia, mi asciugai le lacrime e raccolsi i capelli in una coda alta.
Scesi le scale e aprii la porta, per poi richiuderla subito dopo.
Il mio cuore aveva perso un battito: era Tom.
"Jennifer, apri! O ti giuro che butto giù la porta!" - urlò lui.
"Tom ti ho detto che devi lasciarmi stare! Non voglio parlarti mai più!" - strillai.
"Lasciami spiegare almeno, cristo!" - urlò nuovamente, arrabbiato.
Aprii di scatto la porta, guardandolo con disprezzo.
"Cosa mi devi spiegare? Tom, non devi spiegarmi niente! Vi ho visti!" - ribattei, ricacciando indietro le lacrime.
"L'ho incontrata mentre stavo venendo da te. Mi ha trascinato da starbucks. Abbiamo iniziato a parlare del più e del meno e.."
"E ovviamente ti sei dimenticato di dirle di noi" - lo interruppi.
"Lasciami finire! Ad un certo punto si è messa a ridere, mi sono venuti in mente tutti i soprannomi che le hai dato. Mi sei venuta in mente tu e le ho detto che dovevo incontrarti. Lei mi ha chiesto se poteva darmi un bacio. Mi sono avvicinato per farmi dare un bacio sulla guancia e lei mi ha infilato la lingua in gola!" - disse Tom tutto d'un fiato.
"Mi ha infilato la lingua in gola" - sussurrai.
Quella frase mi fece rabbrividire e venni colpita da un senso di nausea tremendo. Per un momento mi girò la testa e chiusi gli occhi, lasciando scorrere le lacrime sul mio viso.
"Ti prego Jennifer, lo sai che ti amo!" - esclamò.
Riaprii gli occhi e lo guardai con odio, spingendolo con forza.
"Smettila di dirlo, non è vero!" - strillai. - "Non ti credo più!" - sussurrai tra le lacrime.
Tom sospirò, continuando a guardarmi. Fece un passo avanti e fece per prendermi la mano, ma io indietreggiai.
"Non ti faccio niente, giuro" - mormorò lui, prendendomi delicatamente la mano e portandosela al proprio petto, per farmi sentire i battiti del suo cuore.
"Lo senti?" - mi domandò, avvicinandosi maggiormente a me e tenendo gli occhi puntati sul mio viso.
Annuii, deglutendo e abbassando lo sguardo.
"Batte solo per te. Senza di te non so come farei" - appoggiò la fronte sulla mia e io risollevai lo sguardo.
Ci guardavamo negli occhi senza dire nulla, con il respiro dell'uno sulle labbra dell'altro.
Tom si decise ad accorciare quella distanza tra noi, ma appena le sue labbra premettero contro le mie, mi ritrovai a spingerlo.
"No.. Devi sparire" - urlai, sbattendogli la porta in faccia.
Era difficile guadagnare la mia fiducia e una volta persa, riottenerla era quasi impossibile.
Amavo ancora Tom, forse lo avrei amato ancora per tanto tempo. Ma non avevo intenzione di perdonarlo.
Mi aveva ingannato, mi aveva tradita. Si era dimenticato di me e questo non mi sarebbe mai passato inosservato.


Tom.
Uscii dal viale di casa di Jennifer e presi le chiavi della macchina, aprendola ed entrando, sbattendo con rabbia lo sportello.
Appoggiai la fronte sul volante e sospirai, chiudendo forte gli occhi.
Dovevo trovare un modo per farmi perdonare, il più presto possibile.
Mancavano due giorni alla partenza per l'Australia, e non sarei stato due settimane senza di lei in quelle condizioni.
Ad un certo punto mi venne in mente un'idea. Misi in moto la macchina, ingranai la marcia e partii.
Dopo circa dieci minuti parcheggiai davanti ad un'agenzia di viaggi. Scesi dalla macchina ed entrai.
C'era in gioco il mio destino.

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Capitolo 19
*** Even if she falls in love. ***


Jennifer.
La visita di Tom mi scombussolò parecchio.
Tornai a letto e ci rimasi per tutto il giorno, anche per quello seguente.
Mi alzavo solo per andare in bagno e per fare qualche doccia.
Non mangiavo e non uscivo. Non volevo sentire nessuno, volevo rimanere da sola.
Volevo solo crogiolarmi nella mia tristezza guardando MTV e ascoltando canzoni deprimenti.
Avevo persino spento il telefono, Tom continuava a chiamarmi e non mi andava di sentirlo.
Lo accendevo ogni tre-quattro ore per sentire Mark e Travis: l'indomani sarebbero partiti per l'Australia e Mark sarebbe venuto a salutarmi la sera stessa.

Ero coperta fino al naso dal lenzuolo di seta celeste e fissavo il soffitto della mia camera in completo silenzio.
Su MTV era iniziata la classifica della musica dance e non mi interessava, mentre sugli altri canali davano solo stupidi reality show o film d'amore strappa-lacrime.
Dopo non so quanto tempo, bussò alla porta mia madre.
"Jen, c'è Mark.. Lo faccio salire?" - mi chiese.
"Sì.." - sussurrai, mettendomi seduta e passandomi una mano tra i capelli per sistemarli.
"Si può?" - chiese Mark, facendo capolino dalla porta.
"Sì" - finsi un sorriso, sistemandomi sul materasso e abbracciandolo appena si venne a sedere vicino a me.
"Travis perchè non è venuto?" - gli chiesi, sciogliendo quel tenero abbraccio.
"E' dovuto stare con Melissa, non si sentiva molto bene e non voleva lasciarla da sola" - rispose - "Però ti saluta e ti abbraccia forte!" - aggiunse Mark, sorridendo.
"Capito" - sussurrai, mordendomi le labbra.
"Come stai oggi?" - mi domandò Mark, guardandomi.
Scrollai le spalle.
"Peggio di ieri e meglio di domani" - mormorai, abbassando lo sguardo - "Ogni giorno è sempre peggio"
"Lo ami troppo Jen.. Dovete tornare insieme" - sospirò Mark - "Non ce la fate a stare distanti, lui sta messo come te"
Scossi la testa, trattenendo le lacrime.
"Passerà.." - sussurrai con un fil di voce.
Sospirò nuovamente e mi strinse forte a sè.
"Sta.. Sta cambiando tutto" - balbettò.
Alzai gli occhi, guardandolo.
"Tutto cosa?"
"Tutto, Jen. Le nostre vite.. Io e Travis non possiamo prendere le parti di nessuno. Vi vogliamo troppo bene"
"Perchè? Tu da che parte stai?" - lo guardai.
"Da nessuna! Perchè lui non doveva lasciarsi baciare e tu dovresti mettere da parte l'orgoglio e ammettere che non vuoi che finisca tutto. Non sto dalla parte di nessuno. Però comunque ci stiamo allontanando un po' tutti e nulla sarà più lo stesso se tu e Tom non fate pace"
"E' colpa mia.. Non avrei mai dovuto dire a Tom quello che provavo. Tutto questo non sarebbe successo" - sospirai.
"No, non dire così. Non devi dirlo nemmeno per scherzo" - mi tirò un pizzicotto e io sorrisi appena.
"Non riesco a perdonarlo.. Sai come sono fatta"
"Lo so" - rispose lui.
Rimanemmo abbracciati per qualche minuto senza dire nulla, finchè Mark non spezzò il silenzio.
"Devo darti una cosa.." - sussurrò.
"Cosa?" - lo scrutai curiosa.
Si mise una mano in tasca e mi porse una busta da lettere bianca.
"Che cos'è?" - agrottai la fronte, afferrando la bustina tra le dita.
"Aprila" - mi consigliò Mark, sorridendo.
Scartai la busta e rimasi a bocca aperta.
Era un biglietto di sola andata per l'Australia.
"Mark, ma.." - mi voltai verso di lui.
"Guarda bene dentro" - continuava a sorridere.
Infilai le dita nella bustina e afferrai un bigliettino. Iniziai a tremare, dopo averlo letto.
"Ti chiedo solo di pensarci. Se domani mattina non sarai qui, prometto che ti lascerò in pace. Però ti prego, pensaci. Ti amo.. - Tom"
"Perchè.. Perchè mi fa questo?" - sussurrai.
"Questo cosa?" - mi chiese Mark.
"Mi.. Mi mette in difficoltà" - sospirai, passandomi una mano sul viso.
"Jennifer, mi prometti che ci penserai?" - mi domandò Mark.
Lo guardai negli occhi. Quei grandi occhi azzurri e annuii.
"Te lo prometto" - dissi.
Sorrise e si alzò dal letto.
"Io devo andare, devo ancora preparare i bagagli" - disse Mark, sistemandosi la maglia.
Mi alzai anche io e lo abbracciai nuovamente.
"Grazie Mark, ti voglio bene" - sussurrai, sorridendo.
"Anche io, Jen. Spero di vederti domani" - mi disse lui, baciandomi la fronte.
"Ciao Mark.." - risposi, guardandolo uscire dalla mia camera.

Mi giravo e rigiravo nel letto senza riuscire a prendere sonno.
L'aereo sarebbe partito alle 10.25 e l'orologio della mia camera segnava le 4.32.
Non riuscivo a prendere una decisione, mi pulsavano le tempie, mi bruciavano gli occhi e avevo un mal di testa tremendo.
Sbuffai e mi schiacciai la testa con il cuscino, mugolando.
Avevo circa cinque ore per prendere una decisione, avevo circa cinque ore per decidere che ne sarebbe stato del mio futuro.
Cercai di fare ordine mentale, ma i pensieri non ne volevano sapere di stare ordinati da qualche parte nella mia testa.
Nel mio cervello era in corso una bufera di pensieri, alcuni si sfioravano e altri si scontravano con violenza.
Una parte di me voleva perdonare Tom, mettere da parte quello che aveva visto. Un'altra parte voleva invece tenerlo lontano e dimenticarlo.
Ma che stupida, non sarei mai riuscita a dimenticare una persona come Tom.  
Sbuffai nuovamente, sbattendo i pugni sul materasso.
Mi girai a pancia in su e aprii gli occhi, ammirando il soffitto.
Forse avevo trovato una risposta.


Grazie mille a tutti quelli che stanno continuando a seguire e recensire la fan fiction, spero che vi stia piacendo! :3

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Capitolo 20
*** I need some more time to fix this. ***


Tom.
Arrivai all'aereoporto con Mark e Travis, erano le 8.45.
Controllavo il telefono ogni trenta secondi, ma non c'era alcun messaggio o alcuna telefonata di Jennifer.
"Stai tranquillo, dai. Manca ancora un'ora e mezza, vedrai che verrà" - mi rassicurò Travis, massaggiandomi una spalla.
Sospirai, guardandomi intorno e cercandola tra la folla.
"Lo spero" - sussurrai.
Facemmo imbarcare i bagagli e ci sedemmo su delle scomode poltroncine della sala d'aspetto.
Presi un giornale dal porta riviste e iniziai a sfogliarlo svogliatamente, finchè a pagina 87 notai una nostra foto.
Sorrisi appena, era una delle foto scattate per Enema of the State e nel piccolo articolo il giornalista ci valutava come la band punk-rock più gettonata del momento.
Era bello venire apprezzati per la propria musica, mi appagava parecchio e mi rendeva fiero di me, dei miei amici.
Iniziai a viaggiare con la fantasia, immaginandomi tra dieci anni con i miei migliori amici.. e con Jennifer, finchè la vibrazione del telefono mi fece sussultare.
Lo acchiappai dalla tasca e risposi, senza nemmeno guardare chi fosse a chiamarmi.
"Pronto?!" - risposi, agitato.
"Tom! Sono Kari! Jennifer allora è arrivata?"
Era mia sorella, sospirai.
"No Kari, non ancora" - sussurrai.
"Non ti ha avvertito?" - mi chiese lei dolcemente.
"Non mi ha ancora mandato nessun messaggio o chiamato.. Io.. Io non so cosa fare. Non voglio essere pesante, se deciderà di non venire me ne farò una ragione e la lascerò stare una volta per tutte" - dissi, tutto d'un fiato.
Kari sospirò.
"Fammi sapere. Divertiti in Australia fratellone, mi raccomando"
"Sì.. Ci proverò. Ti richiamo quando arrivo. Ciao Kari" - riattaccai e tirai la testa indietro, appoggiandola contro il muro.
Tenevo ancora il telefono tra le mani, sperando che squillasse, ma niente.
Avevo il cuore che batteva a mille e lo stomaco sotto sopra, non riuscivo a starmene con le mani in mano.
"Tutto bene?" - mi chiese Mark.
Scossi la testa e strofinai i palmi delle mani sudate sui pantaloni.
"Sto sudando, Mark. Non ce la faccio, sto impazzendo" - mormorai.
"Stai calmo, ieri sera mi ha promesso che ci avrebbe pensato. Conosciamo bene Jennifer, lo sai che mantiene le promesse" - mi tranquillizzò Mark.
"Non verrà, me lo sento" - sospirai, portandomi le mani sul viso.
"Devi stare tranquillo" - mi ripetè Mark.
"Mark come cazzo faccio a stare tranquillo?" - sbottai - "Come pretendi che mi impegni sul palco se so che lei non vuole più saperne di me? Se lei non verrà sarà tutto uno schifo! Fanculo, non ci voglio più andare in Australia!" - mi alzai e iniziai a camminare velocemente verso l'uscita, seguito da Mark, che mi si posizionò davanti.
"Dove vuoi andare?" - mi chiese.
"Non lo so, via da qui. Non ci voglio andare in Australia" - feci per sorpassarlo, ma mi bloccò.
Mi appoggiò le mani sulle spalle, guardandomi negli occhi.
"Tom, facciamo una cosa. Se lei non verrà, tu ti prenderai queste due settimane come una pausa da tutto, facendo quello che ti piace. Suonare e far divertire la gente con la tua musica. Con la nostra musica. Ci stai?"
"Mark.. Tu senza Skye come staresti?" - gli chiesi, ricambiando il suo sguardo.
"Male, sicuramente! Non riesco nemmeno ad immaginare come starei, però di certo non manderei tutto a puttane!"
"E allora se non riesci ad immaginare non parlare a sproposito, cristo!" - alzai il tono della voce, attirando l'attenzione di tutti i passanti.
"Tom, devi capire che se tu decidessi di non prendere quell'aereo e di non venire con noi non manderesti a puttane solo la tua vita, ma anche la mia e quella di Travis. Cambieresti la nostra carriera, un'opportunità del genere non va sprecata! So che è difficile, ma devi andare avanti. Se decidessi di rimanere qui te ne pentiresti per tutta la vita, credimi"
Quelle parole mi colpirono parecchio, Mark non aveva tutti i torti.
Mi convinse. Mark riusciva sempre a convincermi.
"Sì, hai ragione.. L'Australia mi farà bene" - annuii convinto - "Però comunque adesso faccio una camminata. Torno tra un po', tranquillo"
"Va bene, ti aspetto di là allora" - disse Mark, tornando nella sala d'aspetto.
Mi incamminai verso l''uscita dell'aereoporto e mi appoggiai al muro dell'edificio, guardando l'ora sul telefono.
Erano le 9.42 e di Jennifer ancora nessuna traccia.
Sospirai e scossi la testa, non sarebbe venuta. Ne ero sicuro.
Come aveva detto Mark, avevo bisogno di un po' di tempo per non pensare a nulla, per quanto fosse difficile.
Insomma, stavo per partire con la mia band per andare a suonare in un altro continente!
Mi passai una mano sul viso, mugolando silenziosamente.
Stavo pensando ad un sacco di fesserie.
Non sarei stato felice senza Jennifer, non avrei sopportato nemmeno un giorno solo senza di lei, figuriamoci tutta la vita.
Mi avvicinai ad un passante e chiesi gentilmente una sigaretta. Me la accesi, andando a sedermi su una panchina lì vicino.
Feci il primo tiro e socchiusi gli occhi, schiudendo le labbra per soffiare fuori il fumo.
Provai a pensare ad altro, a concentrarmi sul tour, ma non ci riuscivo.
Il mio cervello non riusciva a tenere Jennifer fuori dai miei pensieri.
Ero in trappola: non potevo abbandonare Jennifer per i miei amici, ma allo stesso tempo non volevo partire per due settimane senza di lei.
Però quello che sentivo non aveva importanza in quel momento, quello che dovevo fare era partire. Partire senza di lei.
Mi riportai la sigaretta tra le labbra e feci un lungo tiro, lasciandomi accarezzare il viso dalla brezza estiva.
Cacciai fuori il fumo dalle narici e sbuffai, dopo aver sentito dallo speaker l'annuncio del mio volo.
Mi alzai, gettai la sigaretta in terra e la pestai con la punta della scarpa destra.
Mi avvicinai all'entrata dell'aereoporto e mi guardai intorno, sperando di scorgere Jennifer, ma di lei nessuna traccia.
Tornai nella sala d'aspetto e con Mark e Travis ci dirigemmo alle piste.
Controllai per l'ultima volta il telefono: nessun messaggio e nessuna chiamata.
Ormai era certo: da quel giorno, la nostra vita sarebbe cambiata.

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Capitolo 21
*** You're pictures are falling down. ***


Jennifer.
Aprii lentamente gli occhi e mi voltai verso la sveglia: segnava le 7.58.
Mi alzai, mi rifugiai in bagno e mi feci una doccia calda, dopo essermi lavata i denti.
Dopodichè entrai in camera e mi vestii.
Indossai un paio di jeans stretti, una canottiera bianca con sopra una camicia a scacchi rossa e nera con le maniche a tre quarti e le immancabili vans nere.
Scesi le scale e mi recai in cucina: l'odore dei biscotti caldi di mia madre mi fece brontolare lo stomaco, ma di mangiare proprio non me la sentivo.
"Buongiorno" - salutai mia madre con un bacio sulla guancia.
"Come stai oggi?" - mi chiese lei, sfornando un vassoio di biscotti con le gocce di cioccolato.
"Meglio, sì.. Strano a dirsi, ma oggi sto meglio" - accennai un sorriso.
Lei mi sorrise dolcemente, scrutandomi.
"Come mai ti sei alzata così presto? Hai deciso di andare all'aereoporto?" - mi chiese.
Scossi la testa, abbassando lo sguardo e sistemandomi una ciocca di capelli dietro l'orecchio.
"No, mamma. E' finita. Non posso perdonarlo" - sospirai.
Appoggiò il vassoio rovente sul tavolo e si avvicinò a me, appoggiandomi una mano sulla spalla e sollevandomi il mento con le dita dell'altra.
"A tutti è concessa una seconda possibilità, tesoro. Non ti sto dicendo di andare a prendere quell'aereo, però magari potresti andare da lui adesso e dirgli cosa provi. Magari potreste riprovarci quando tornerà dall'Australia, no?" - mi disse.
"Lo so.. Però non voglio perdonarlo perchè non mi fiderei più. Non sarebbe più la stessa cosa, ormai la magia che ci univa è stata rovinata e io non me la sento di stare con una persona che mi ha già tradito una volta. Non sopporterei un secondo tradimento. E vivrei sempre con la paura e l'ansia, non sarei felice. Lo dovrei controllare sempre. Non voglio stare con una persona così, piuttosto rimango da sola" - sospirai.
"Va bene. Ricordati che qualsiasi cosa tu decida, avrai sempre la mamma dalla tua parte" - mi sussurrò.
A quelle parole sorrisi e la abbracciai forte.
"Grazie" - mormorai, per poi sciogliere l'abbraccio poco dopo.
"E di cosa? E' questo che fanno le mamme!" - mi pizzicò amorevolmente la guancia - "Comunque, dove vai di bello adesso?" - mi chiese.
"Ho riflettuto molto stanotte. Stare a letto a piangere e guardare la tv non cambierà le cose, anzi, le peggiora solamente. Ho deciso di tenere la mente occupata e andrò in biblioteca a vedere se il comune offre qualche corso gratuito di fotografia o di pittura. Voglio fare una delle due cose, almeno penso ad altro e conoscerò nuove persone, no?"
"Sono fiera di te, piccola" - sorrise mia madre, per poi offrirmi dei biscotti.
"No mamma.. Di mangiare ancora non me la sento" - accennai un sorriso.
"Jennifer, sei pallida, non mangi da giorni e fuori fa caldo. Fallo per me, prendi un biscotto. Almeno uno solo"
Sospirai, afferrando un biscotto e baciandole una guancia.
"A più tardi, mamma!"


Entrai in biblioteca e mi chiusi la porta dietro le spalle, guardandomi intorno e cercando la bacheca comunale.
Mi morsi le labbra, concentrandomi a cercare qualche annuncio interessante, finchè non andai a sbattere contro un ragazzo, facendogli cadere i libri dalle braccia.
"Oddio scusami! - gli dissi, abbassandomi sulle ginocchia e raccogliendo i suoi libri, per poi porgerglieli.
"Non dovrebbero essere i ragazzi a raccogliere i libri alle ragazze?" - mi disse lui, ridacchiando e afferrando i suoi libri.
"Beh, sì, di solito dovrebbe essere così" - arrossii, ridendo a mia volta.
"Piacere, sono Erick" - mi porse la mano, e io gliela strinsi.
Aveva i capelli biondi non troppo corti e ricci. I suoi occhi erano grandi e verdi e subito mi colpirono.
Era abbastanza alto e aveva un po' di muscoli: mi sentivo così piccola vicino a lui.
"Io sono Jennifer" - ricambiai la stretta di mano, sorridendo.
"Che fai di bello qui, Jennifer? Oltre ad abbordare i ragazzi andandogli addosso e facendogli cadere i libri?" - scherzò lui.
"Hei, sei tu che ti sei presentato!" - piagnucolai, per poi scoppiare a ridere insieme a lui.
"Comunque sto cercando dei corsi di pittura, disegno o di fotografia e sulla bacheca dovrebbe esserci qualche annuncio" - sorrisi.
"Capiti proprio a fagiolo! Io ne frequento uno di disegno! Tra venti minuti circa inizia la lezione, ti va di venire a dare un'occhiata? E' dietro il comune" - mi chiese lui.
"Certo!" - mi sistemai la borsa a tracolla e uscimmo insieme dalla biblioteca, parlando del più e del meno.
"Quanti anni hai?" - mi chiese, guardando dritto davanti a sè.
"21, tu invece?" - mi voltai a guardarlo, sorridendo.
"Ne ho compiuti 22 ieri" - rispose lui, ricambiando il sorriso e camminando vicino a me.
"Auguri allora!" - sorrisi, infilando una mano nella borsa e afferrando il cellulare.
Sospirai, guardando l'ora: erano le 9.03. Chissà cosa stavano facendo Mark, Travis e Tom.
Ricacciai il telefono nella borsa e la chiusi, tornando a guardare davanti a me.
"Tutto bene?" - mi chiese Erick, probabilmente dopo aver notato il mio improvviso sbalzo d'umore.
Annuii poco convinta, fingendo un sorriso.
"Sì, tutto bene!"
"Siamo arrivati comunque" - disse lui, aprendo la porta d'entrata del comune e facendomi entrare.
"Grazie" - sorrisi, entrando e guardandomi intorno - "Dove sarebbe la stanza?"
"Primo piano, vieni" - mi fece cenno di seguirlo e ripresi a camminare vicino a lui, salendo lentamente le scale.
Erick mi guidò alla stanza in cui si sarebbe tenuto il corso e mi aprii la porta, sfoderando un sorriso mozzafiato.
Ricambiai il sorriso, anche se il mio paragonato al suo non era nulla. Era proprio un bel ragazzo.
"Ragazzi vi presento Jennifer, è venuta a dare un'occhiata al corso!" - esclamò lui, entrando nella stanza dopo di me.
Tutti mi salutarono cordialmente e io ricambiai i saluti.
"Siediti pure vicino a me, vieni" - disse Erick, prendendo posto su dei banchi in seconda fila.
Mi sembrava di essere tornata a scuola: l'aula era abbastanza grande e aveva le pareti dipinte di avorio, c'erano due blocchi di banchi da tre file ciascuno, una grande cattedra davanti ad essi, una lavagna e una specie di leggìo.
Presi posto vicino ad Erick e appoggiai la borsa sul banco, guardandomi intorno.
"Stai tranquilla, non ti mangiamo mica" - rise Erick, guardandomi.
Risi anche io, annuendo.
"Lo so, lo so. E' che mi sembra di essere tornata a scuola"
"La prima volta ha fatto lo stesso effetto anche a me, ma quando conoscerai il professore ti renderai conto che tutto questo non c'entra assolutamente niente con la scuola. L'insegnante è un tipo alla mano, spiega bene e ci si può scherzare. E' veramente simpatico!" - mi sorrise lui, rassicurandomi.
"Va bene, mi fido" - risi.


Erick aveva ragione, il professore era molto simpatico ed anche molto bravo a spiegare, ma quel corso non faceva per me.
Non lo so, non mi piaceva poi così tanto. Sarà perchè avevo la testa piena di pensieri.
La lezione era iniziata da poco più di un'ora ed avevo già scollegato l'audio, avevo il mento appoggiato sul palmo della mano destra e non badavo a quello che succedeva intorno a me.
Non riuscivo a non pensare ai ragazzi in aereoporto, continuavo a chiedermi se avessi fatto la scelta giusta.
Presi la borsa e la aprii, ricontrollando il telefono: le 10.15.
Sospirai e scossi la testa, rinfilando il telefono nella borsa e chiudendola. Mi passai le mani sul viso e quel gesto catturò l'attenzione di Erick.
"Qualcosa mi dice che ti stai annoiando" - bisbigliò, ridendo a bassa voce.
"Ma no.." - sussurrai.
"Dai, ammettilo, non mi offendo mica!" - mi sorrise.
"Beh, un po'.. Diciamo che questo posto non fa per me" - feci una smorfia.
"Dovrai sopportare ancora mezz'oretta e poi sarà finito" - rise piano.
Sorrisi e voltai lo sguardo verso la lavagna: il professore stava spiegando come disegnare un volto e aveva riempito la lavagna di appunti e piccoli schizzi.
Mi piaceva molto disegnare, ma quel corso non faceva per me.
Non ero fatta per quel tipo di cose: ero abituata a fare altro per occupare il tempo.
Guardare film con i miei amici, suonare, andare ai concerti, fare piazza pulita di schifezze e cibo messicano e andare al lunapark.
Tamburellavo distrattamente con le dita sul banco, pensando e ripensando a come la mia vita sarebbe cambiata, finchè la voce del professore che annunciava la fine della lezione non mi fece sobbalzare.
Raccolsi le mie cose e mi alzai, riponendo la sedia sotto il banco.
"Mi dispiace che tu ti sia annoiata!" - fece Erick, seguendomi verso l'uscita dell'aula.
"Non è colpa tua, non preoccuparti" - gli sorrisi, uscendo dall'aula e iniziando a scendere le scale.
Lui mi camminava di fianco e uscii con me fuori dal comune.
"Adesso cosa fai?" - mi chiese, sorridendo.
Scrollai le spalle.
"Penso che andrò a casa" - risposi.
"Ti va di andare a mangiare qualcosa insieme?" - mi domandò lui, arrossendo.
"Veramente io.." - borbottai, cercando di trovare una scusa plausibile per non uscire con lui.
"Tranquilla!" - disse lui, mettendo le mani avanti - "Non ti voglio forzare, se non ti va basta dirlo" - sorrise amaramente.
Ma sì, al diavolo. Tom non poteva rimanere il mio chiodo fisso per sempre.
"No no! Hai frainteso" - risi - "Mi va! Potremmo andare al sombrero!" - proposi, sorridendo.
"Certo! Perchè no!" - ricambiò il sorriso e ci incamminammo verso il ristorante messicano.
Iniziare ad uscire con nuove persone non poteva che farmi stare meglio.

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Capitolo 22
*** Time to break up. ***


Entrammo insieme al Sombrero e venni travolta da una marea di ricordi, bloccandomi di colpo.

"Mi sta salendo il diabete" - disse Tom, ridendo.
"Intanto qui sei l'unico uomo che non si sta comportando bene" - piagnucolai, guardando prima Travis e Melissa sbaciucchiarsi e poi Skye e Mark.
Tom rise, per poi darmi un bacio sulla fronte.
"So che non vuoi rovinarti la reputazione da playboy ma un bacio piccolo piccolo potresti anche darmelo" - continuai a piagnucolare.
Alzò gli occhi al cielo, ridendo e dandomi un bacio sulle labbra.
"Va meglio così?" - mi chiese dolcemente.
"Molto meglio" - risposi, sorridendo contro le sue labbra.


La testa mi sembrò girare.
"Tutto bene?" - mi chiese Erick, agrottando la fronte.
"Ti prego, andiamo via" - lo presi istintivamente per mano, indietreggiando.
Senza chiedermi nulla indietreggiò con me e mi portò nella direzione opposta.
Gli lasciai lentamente la mano e mi accarezzai le braccia, abbassando lo sguardo e tremando leggermente.
"Che succede?" - mi domandò lui preoccupato.
"Scusa.. E' che.." - sospirai - "Quel posto mi ha fatto venire in mente un sacco di ricordi e non me la sentivo di rimanere lì. Mi dispiace"
"Non preoccuparti" - sorrise lui - "Ti va di sederci qui allora?" - indicò un viale alberato e annuii.
Ci andammo a sedere all'ombra, sotto un albero e appoggiai la testa contro il tronco.
"Mi dispiace, magari tu avevi voglia di mangiare messicano" - feci una smorfia.
"A dirla tutta.. Il cibo messicano non mi piace" - mi guardò, ridendo appena.
Risi anche io, scuotendo la testa.
"E perchè hai accettato di andare al Sombrero?" - gli chiesi.
"Le belle ragazze si accontentano sempre!" - rispose lui, sorridendo.
Arrossii e abbassai lo sguardo.
"Non sai cosa ti perdi comunque. Fanno dei burritos buonissimi al Sombrero!" - cercai di cambiare discorso.
"E per quanto tempo non li mangerai visto che non vuoi entrare lì dentro?" - mi chiese lui, ridendo.
"Oddio, tragedia!" - piagnucolai, mettendomi le mani sul viso e trattenendo una risata.
"Se posso sapere.. Che ricordi hai di quel posto?" - mi domandò, curioso.
Mi tolsi le mani dal viso e mi morsi le labbra, abbassando lo sguardo e sospirando.
"Scusami.. Se non ti va di parlarne lo capisco!" - si affrettò a dire.
"Grazie" - sussurrai, accennando un sorriso.
"Però dai, dimmi qualcosa di te! So solo che ti piace mangiare messicano!" - rise lui.
"Non lo so, la mia vita non è molto interessante" - risi.
"Maddai! Dai, qualcosa del tuo carattere o quello che ti piace fare!" - insistette lui.
"Okay, allora.. Sono una tipa strana, ma forse questo già lo avevi capito" - risi - "Sono estroversa e mi piace conoscere gente nuova. Non mi piace che mi venga detto quello che devo fare, sono abbastanza.. Come dire, ribelle. Ecco perchè a scuola non ero tanto ben vista. Non riesco a stare zitta e ferma. Mi piacciono le montagne russe, lo zucchero filato e mangiare porcherie. Amo la musica punk, i concerti e lo stage diving. Mi piace andare in skate, disegnare e guardare film con i miei migliori amici" - sorrisi.
"Però! Sei una ragazza piena di risorse!" - si complimentò lui, sorridendo.
Sorrisi imbarazzata.
"Tu invece? Che mi dici di te?" - lo guardai.
"Io sono abbastanza timido. Vado in palestra, mi piace la musica jazz e mi definisco calmo. Mi piace disegnare, dipingere e ho una passione sfrenata per la pasta! Ne mangerei a quintali! I dolci non mi piacciono molto, preferisco la frutta, anche perchè ci tengo alla mia linea. Ai fornelli sono piuttosto bravo però! Sono una persona abbastanza tranquilla e riservata, non mi piace mettermi nei guai" - rispose lui, sorridendo.
Annuii, ricambiando il sorriso.
"Però mi piacerebbe andare in skate" - ammise lui, ridendo.
"A me piacerebbe saper cucinare invece" - risi.
"Okay" - lui si voltò verso di me, porgendomi la mano - "Tu mi insegni ad andare in skate e io ti insegno a cucinare, ci stai?"
Risi e afferrai la sua mano, stringendola forte.
"Affare fatto!"
All'improvviso mi squillò il telefono. Aprii la borsa e iniziai a cercarlo tra le mille cianfrusaglie. Per una frazione di secondo mi balzò nella mente il pensiero che fosse Tom a chiamarmi per avvisarmi che non sarebbe più partito per l'Australia. Più ci pensavo e più le mani mi tremavano, finchè finalmente non presi il telefono e risposi alla chiamata.
"Pronto..?" - risposi, quasi sussurrando.
"Jen, sono la mamma! Hai trovato qualche corso?" - sospirai di solievo.
"No mamma, ma adesso torno a casa e ti dico" - le risposi e dopo averla salutata, riattaccai la chiamata.
"Suppongo che tu debba andare" - mi disse Erick, ridendo appena.
"Esattamente" - risi appena anche io, alzandomi e passandomi i palmi delle mani sudati sulle cosce.
"Vuoi che ti riaccompagni?" - mi chiese lui.
"Non c'è bisogno, abito praticamente qui dietro" - sorrisi, indicando nella direzione di casa.
"Va bene.. Posso.. Ecco.. Lasciarti il mio numero?" - mi domandò Erick, imbarazzato.
"Certo!" - sorrisi, porgendogli il mio telefono - "Scrivilo pure e memorizzalo!"
Afferò il mio telefono e salvò il suo numero nella rubrica, per poi restituirmelo.
"Chiamami, ci conto" - mi sorrise.
"Va bene. Ciao allora" - ricambiai il sorriso, salutandolo con un cenno della mano e incamminandomi verso casa.

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Capitolo 23
*** Acting stupid, getting drunk with my best friends! ***



Mi buttai sul letto e osservai il soffitto.
Erick era davvero molto carino e simpatico.
Certo, non avevamo in comune tantissime cose, però comunque sarebbe potuta nascere un'amicizia.
Mi voltai verso l'orologio e vidi che era ancora troppo presto per chiamare Mark e Travis.
Sbuffai, senza di loro però era davvero una noia.
Mi alzai lentamente e scesi le scale, andando in cucina e prendendo dal frigo una bottiglietta d'acqua fresca, bevendo: faceva davvero molto caldo.
"Questo ragazzo che hai conosciuto si chiama Erick allora?" - chiese mia madre, che stava lavando i piatti.
Annuii, richiudendo la bottiglietta e appoggiandola sul tavolo.
Mi sedetti sul bancone della cucina.
"Beh dai, chiedigli di uscire, chiamalo! Da cosa nasce cosa!" - esclamò mia madre, appoggiando una pila di piatti puliti sulla credenza.
"L'unica cosa che voglio è amicizia, mamma. Non mi fido più" - sospirai.
"E Mark e Travis li hai sentiti?" - mi chiese.
"No.. Saranno tredici ore di volo credo, bho" - scrollai le spalle.
"E oggi che hai intenzione di fare?" - mi domandò mia madre, asciugandosi le mani.
"Non lo so" - sbuffai - "Mi annoio da morire senza Mark e Travis"
"E senza Tom" - precisò lei.
"Già.." - sussurrai.
"Chiama Melissa e Skye, no?" - propose lei.
"Certo! Potrei chiamare Skye! Lei non è andata con loro!" - esclamai, contenta, dando subito dopo un bacio sulla guancia a mia madre.
Andai di sopra e la chiamai, ci eravamo accordate che sarei andata da lei la sera stessa e che avremo passato la notte insieme.


Suonai il campanello e ad aprirmi fu Skye, che indossava dei pantaloni della tuta e una maglia a maniche corte.
"Ciao Jen!" - disse lei cordialmente, sorridendo e abbracciandomi.
Ricambiai l'abbraccio e il sorriso.
"Ciao Skye, tutto bene?" - sciolsi quell'abbraccio e lei mi fece cenno di entrare.
"Mi manca già Mark" - rise lei, chiudendo la porta - "Tu invece? Stai meglio?" - mi chiese.
"No comment" - risi, andando in salotto e lanciandomi sul divano, sospirando.
"Tom questa volta ha davvero raggiunto il limite" - disse lei, venendosi a sedere vicino a me.
Scrollai le spalle.
"Non ci voglio più pensare. Ormai Tom è un capitolo chiuso" - annuii poco convinta e Skye rise.
"Anche un elefante se ne accorgerebbe"
Aggrottai la fronte.
"Di cosa?" - chiesi.
"Che sei ancora persa di lui" - rispose lei, sorridendo.
"Beh Skye è ovvio, sono passati pochi giorni. Però queste due settimane senza avere contatti con lui mi faranno bene" - accennai un sorriso.
"E per il resto come va?" - mi domandò.
"Oggi sono andata in biblioteca per dare un'occhiata a dei corsi di disegno o fotografia e ho incontrato un tipo" - scrollai le spalle.
"Un tipo? Com'è? E' carino? Simpatico? Dai su, racconta" - disse Skye, esaltandosi.
"Dio, Skye! Sembri mia madre!" - risi, alzando gli occhi al cielo - "Comunque sì, è carino e simpatico.. Però non è il mio tipo, siamo troppo diversi." - feci una smorfia - "Però magari potrei provare a chiamarlo"
"Esatto, chiamalo! Da cosa nasce cosa!" - disse lei, alzandosi - "Iniziamo a movimentare la serata?"
"L'unica cosa che farò nascere, se avessi voglia di richiamarlo, sarà amicizia!" - mi alzai anche io, seguendola in cucina.
"Jen" - sospirò lei, prendendo da un mobiletto una bottiglia di vodka alla fragola - "Non esiste solo Tom, e non è detto che tutti i ragazzi siano come lui" - disse, aprendo la bottiglia e versando il contenuto in due bicchieri.
"Lo so" - sbuffai - "Però non me la sento di stare qualcuno, ho troppa paura, sul serio" - presi il mio bicchiere.
"Devi andare avanti, Jen" - prese anche lei il bicchiere, avvicinandolo al mio - "A cosa brindiamo?" - chiese, sorridendomi.
"Alla nostra amicizia?" - domandai, ridendo.
"Viva la banalità, alla nostra amicizia!" - scoppiammo a ridere, facendo tintinnare i due bicchieri e mandando giù di colpo la vodka.
Appoggiai il bicchiere vuoto sul tavolo, facendo una smorfia e leccandomi gli angoli della bocca.
"Non voglio pensare a niente stasera" - dissi.
Lei rise e mi versò altra vodka nel bicchiere.
"E' a questo che serve la vodka! Manda giù che ti fa solo bene!" - disse.
"Non sono sicura che faccia bene ma non importa, per una volta non succede niente!" - risi, prendendo il bicchiere tra le dita e avvicinandolo alle labbra, bevendo velocemente quel liquido rosa.
Chiusi gli occhi e scossi la testa, dopo aver buttato giù la bevanda.
"E' fortissima però!" - piagnucolai, voltandomi verso Skye, che sorseggiava lentamente il suo bicchiere.
Alzai un sopraciglio, guardandola.
"Butta giù quella cosa!" - spinsi il bicchiere verso il suo viso e lei trattenne le risate, bevendo velocemente.
"Sei impazzita?" - scoppiò a ridere, asciugandosi le labbra con una salvietta.
"Mi gira un po' la testa" - ammisi, ridendo.
"Di già?" - mi domandò Skye, ridendo.
"Non sono abituata a bere" - risi, riempendo i due bicchieri e brindando nuovamente con Skye.
"Come si dice.. Su i bicchieri e giù i pensieri" - disse lei, sorridendo e riprendendo a bere.
Ricambiai il sorriso e ripresi a bere anche io, chiudendo gli occhi e lasciando che la bevanda scorresse nel mio esofago.
Appoggiai il bicchiere vuoto sul tavolo, sorridendo.
"Però Erick è davvero figo" - risi. Una risata molto poco sobria.
"Com'è?" - chiese curiosa Skye, sorridendo.
"Alto, muscoloso! Con i capelli biondi e gli occhi verdi!" - sospirai sognante, sorridendo.
"Altro che Thomas Delonge!" - rise lei.
"No! No! Skye! Ho trovato! Farò ingelosire Tom con Erick!" - sbattei una mano sul tavolo, ridendo.
Skye rise, scuotendo la testa e offrendomi un altro bicchiere, che bevvi tutto d'un sorso.
"Non usarlo, Jen! Magari si affeziona e gli fai del male, e così ti abbassi agli stessi livelli di Tom" - farfugliò lei.
"Skye, mi gira tutto" - dissi, ridendo.
Dopo quella frase, il buio totale.

Ad un certo punto entrò Tom dalla finestra.
Mi venne incontro con il suo solito sorriso mozzafiato.
Lo spinsi, ero ancora arrabbiata con lui e non mi sarei mai lasciata corrompere con un sorriso.
Si avvicinò a me e mi abbracciò. Mi sentivo vulnerabile: ricambiai l'abbraccio e la testa iniziò a girarmi al contatto con la sua pelle.
Il suo calore, il suo profumo, la sua voce. Non capii più nulla e avvicinai le labbra alle sue, baciandole.
Cristo, quanto mi era mancato.


Mi svegliai di colpo, respirando affannosamente.
Mi ero addormentata sul divano e sulla poltrona c'era Skye che dormiva profondamente.
"Fanculo, era solo un sogno" - sussurrai.
Richiusi gli occhi e li riaprii di colpo: mi sembrava di essere su una giostra.

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Capitolo 24
*** I don't wanna know! ***


L'indomani mi svegliai che erano le 14 passate.
Ero ancora sul divano, Skye non c'era e appena aprii gli occhi venni invasa da dei dolori lancinanti alla testa.
"Ma chi me l'ha fatto fare" - sussurrai tra me e me, massaggiandomi una tempia.
"Skye?" - la chiamai, sbadigliando e sistemandomi sul divano.
"Si è svegliata!" - la sentii urlare, per poi vederla correre verso di me.
"Oddio ti prego, non urlare!" - piagnucolai e agrottai la fronte, vedendola porgermi il telefono.
"Pronto?" - sussurrai con voce assonnata.
"Jen! Sono Mark!"
"Ah, ciao Mark! Come stai?" - gli chiesi, con non troppo entusiasmo.
Ero a pezzi: mi veniva da vomitare, avevo un mal di testa atroce e non avevo la forza nemmeno di stiracchiarmi.
"Io bene, ma tu? Skye mi ha detto che hai alzato un po' il gomito" - rise lui.
"Sono a pezzi, non ricordo niente e puzzo di vomito" - sbuffai.
"Fatti una doccia, mangia qualcosa e riposati!" - mi consigliò Mark, ridendo.
"Certo.. Ti richiamo più tardi così parliamo, okay?" - gli dissi, sbadigliando.
"Va bene Jen, a più tardi!"
Riattaccai la chiamata e appoggiai il telefono sul tavolino, mugolando.
"Tutto bene?" - mi chiese Skye con una risata.
"No, mi sento una merda" - sospirai, passandomi le mani sul viso - "Non ricordo niente, ti prego, dimmi che non ho fatto niente di imbarazzante" - dissi, preoccupata.
Lei scoppiò a ridere e scosse la testa.
"Ti sei svegliata stanotte e ti ho accompagnata a vomitare, nulla di che! E continuavi a chiedermi di Tom"
"Oh mio dio, lo sapevo che non dovevo bere. Cosa ti chiedevo?" - le domandai.
"Ma Jen stai tranquilla, eri sbronza!" - rise Skye - "Mi hai detto più volte che lo stavi sognando e volevi che fosse lì con te" - continuò lei.
Abbassai lo sguardo, sospirando.
"In vino veritas insomma" - mormorai.
"Ti manca?" - mi domandò lei.
Improvvisamente sentii gli occhi pizzicarmi e mi morsi le labbra per trattenere un pianto, scuotendo la testa.
Skye sospirò e si avvicinò a me, abbracciandomi.
Mi aggrappai a lei, respirando lentamente e cercando di non far scendere alcuna lacrima.
"Non mi manca" - sussurrai con voce spezzata.
"Sai cosa facciamo adesso? Ti accompagno a casa, ti fai una doccia, mangi qualcosa e ti metti a dormire" - mi disse lei, accarezzandomi la schiena.
Annuii, allontanandomi di poco da lei.
"Grazie Skye" - sorrisi.


Appena uscita dalla doccia, mi infilai l'accappatoio e raccolsi i capelli ancora bagnati in una coda.
Mi stesi sul letto e presi il telefono, componendo il numero di Mark.
"Hei Jen! Stai meglio?" - rispose lui.
"Sì dai, il mal di testa non è andato via ma mi basterà dormirci sopra. Allora? Com'è l'Australia?" - chiesi, entusiasta.
"E' magnifica! E' completamente diversa dalla California!" - rispose Mark.
"Bene bene! Divertitevi, e spaccate tutto! Quand'è il primo live?" - domandai, contenta.
"E' stasera!  Siamo emozionatissimi! Anche se senza di te non è la stessa cosa" - sospirò Mark.
Sospirai tristemente anche io.
"Non sai quanto mi piacerebbe essere lì con voi.." - dissi.
"Già.. Aspetta, ti passo Travis!"
"Jen!" - mi disse lui.
"Travis! Come stai?"
"Agitato, ma benone! Ci manchi un sacco!"
"Anche voi mi mancate! Però non dovete pensare a me, dovete suonare e spaccare tutto come al solito!"
"Va bene dai, vuoi che ti passi Tom?" - chiese Travis, ridendo.
"Cos'è? Una battuta?" - risi - "Come si è comportato fino ad adesso?" - chiesi.
"Vuoi sapere se ci ha provato con qualcuna?" - mi domandò Travis.
Sbuffai e scossi la testa, massaggiandomi una tempia.
"No. Non lo voglio e non lo devo sapere, non stiamo più insieme, non ho alcun diritto su di lui e.."
"Stai calma Jen!" - disse Travis, ridendo - "Ti ripasso Mark che deve parlarti, ci sentiamo!"
"Va bene, ciao Travis!" - sospirai, sorridendo.
"Jen, stai tranquilla! Te lo tengo sotto controllo io Tom!" - disse Mark.
"Puoi anche non controllarlo, per.. Per quello che mi interessa" - cercai di sembrare il più convincente possibile - "Sai che ho conosciuto un tipo?" - cercai di cambiare discorso.
"Skye mi ha accennato! Com'è?" - mi chiese.
"E' alto e biondo con gli occhi verdi. E' davvero bello. Non abbiamo tante cose in comune però. Gli piace cucinare, è un tipo educato, tranquillo, timido.." - dissi.
"Beh, che torni a cucinare 'sto biondino di merda. Tu devi stare con Tom" - rispose Mark, serio.
Risi e scossi la testa.
"Dov'è adesso Tom?" - quasi lo sussurrai.
"E' andato a farsi un giro, non so dove sia.. E' strano forte" - sospirò - "Spero che stasera si impegni"
"Ma sì dai, state tranquilli" - accennai un sorriso.
"Ci proviamo! Noi andiamo a fare il soundcheck, ci sentiamo più tardi?" - mi chiese Mark.
"Va bene! Buona fortuna e.. Fate come se io fossi lì ad abracciarvi"
"Grazie Jen, ti vogliamo bene" - disse Mark.
"Anche io, tantissimo!" - sorrisi dolcemente e riattaccai la chiamata.
Appoggiai il telefono vicino la mia testa e chiusi gli occhi, sospirando.
Già, quanto avrei voluto essere lì con loro. Avrei voluto incoraggiarli e abbracciarli. Li avrei sostenuti come avevo sempre fatto.
Chissà quando sarei stata di nuovo ad un loro concerto.
Chissà quando sarei riuscita di nuovo a parlare con Tom, chissà se ci sarei mai riuscita.
Mugolai e scossi velocemente la testa: non dovevo più pensarci, diamine!
Aprii lentamente gli occhi e presi il telefono, scorrendo i nomi della rubrica e mordendomi le labbra.
I miei occhi si illuminarono quando lessero il nome di Erick: avrei potuto chiamarlo.

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Capitolo 25
*** Please take me home. ***


Mi avvicinai allo specchio e feci una smorfia, osservando la mia immagine riflessa.
"Skye, ma cosa mi hai fatto?" - mi voltai verso di lei, piagnucolando.
"Smettila, stai benissimo!" - disse lei, guardandomi soddisfatta.
"Ma sono troppo femminile!" - sbuffai.
"Taci, sei bellissima! Se potessi però ti strapperei quel dilatatore a morsi" - ammise, ridendo.
Alzai un sopraciglio, incrociando le braccia.
"Cos'ha Patty che non va?" - le chiesi, quasi offesa.
"Hai dato un nome al tuo dilatatore?" - mi domandò, sconvolta.
"Sì, si chiama Patty!" - sorrisi soddisfatta.
Skye alzò gli occhi al cielo e rise, avvicinandosi a me e sistemandomi i capelli, ignorando i miei brontolii.
Mi voltai nuovamente verso lo specchio, non sembravo nemmeno io.
Indossavo un vestito nero stretto sulla vita da un fiocco azzurro, per poi gonfiarsi fin sopra il ginocchio e delle ballerine nere.
"Jen, smettila di guardarti, sei stupenda!" - mi ripetè Skye.
Iniziai a divorarmi le labbra, chinando la testa verso sinistra.
"E se dovesse succedere qualcosa? Io non voglio" - sbottai, girandomi verso Skye.
"Ma cosa dovrebbe succedere, Jen? Sei troppo paranoica" - mi appoggiò le mani sulle spalle.
"Io.. Io non voglio che si affezioni, non voglio che mi regali dei fiori e non voglio che mi porti la colazione la mattina. Però è brutto da dire al primo appuntamento. Vorrei che capisse che sto solo cercando di conoscere nuove persone" - abbassai lo sguardo.
"Jen, guardami" - mi disse - "Lo hai chiamato quando? Quattro giorni fa?"
Annuii, guardandola.
"Okay. Lui ti ha proposto di andare a fare una passeggiata e poi di andare a mangiare qualcosa fuori, no?"
"Sì" - sospirai.
"Se esce il discorso amore tu non dirgli di Tom, assolutamente, sennò magari pensa che tu lo stia usando. Digli solo che non ti senti pronta ad affrontare una relazione perchè la tua ultima è stata un disastro" - mi consigliò.
"Okay, va bene" - presi un lungo respiro - "Anzi no, adesso lo chiamo e gli dico che ho mal di testa" - feci per andare a prendere il telefono, ma Skye mi bloccò il braccio.
"Jen!" - disse, alzando gli occhi al cielo.
"Hai ragione! Il mal di testa è poco! La febbre, non si può uscire con la febbre!" - risi istericamente.
"Jennifer stai calma, per dio!" - disse Skye, esasperata.
Suonarono al campanello e la mia schiena venne invasa dai brividi.
Deglutii nervosamente e presi la borsa.
Sarebbe stata una lunga serata.


"E così sei la migliore amica dei Blink 182?" - mi chiese lui, ridendo.
"Sì" - risi anche io - "Se non mi credi quando tornano dall'Australia te li presento!"
"Beh, ti credo! Sono di San Diego, è più che possibile che tu sia una loro cara amica! Però voglio conoscerli lo stesso, soprattutto quello che aveva i capelli biondo platino!" - disse lui, ridendo.
"Owh.. Tom, il chitarrista" - annuii, accennando un sorriso.
Lui mi guardò e sorrise, bevendo l'ultimo sorso di vino bianco.
Era veramente molto carino: indossava una camicia a maniche corte bianca e dei jeans neri, con delle scarpe eleganti.
Mi aveva portata in un ristorante molto carino vicino la spiaggia e aveva prenotato una sala tutta per noi.
Quel gesto mi aveva imbarazzata, ma non l'avevo fatto vedere. Avevo iniziato a parlare del più e del meno come facevo di solito e la tensione era quasi del tutto sparita.
"Ordiniamo il dolce?" - mi chiese, tamponandosi le labbra con un tovagliolo bianco.
"E se invece del dolce andassimo a prenderci un gelato sul pontile?" - proposi, sorridendo.
"L'idea mi aggrada molto" - rise compiaciuto e quando feci per alzarmi, mi fece cenno di stare seduta.
Aggrottai la fronte e arrossii, quando mi venne a spostare la sedia per farmi alzare.
"Grazie" - sussurrai, ridendo appena.
Presi la borsa e ci avviammo alla cassa.
Presi il mio portafogli, cercando di non farlo notare: era pieno di scritte, spille e toppe dei Rancid e mi sembrava fuori luogo in quell'ambiente.
"Quant'è?" - chiesi a Erick, guardandolo.
"Stai tranquilla, ho già pagato tutto io" - mi sorrise, avviandosi verso l'uscita.
"Ma no, Erick! Non dovevi! Dimmi quant'è!" - sbuffai, mettendo il portafogli nella borsa e seguendolo.
"Lascia stare, dovevo farmi perdonare per la lezione di disegno" - rise lui.
Alzai gli occhi al cielo, facendomi trasportare dalla sua risata.
Nonostante tutto non era male, era molto simpatico e non sembrava poi così timido come aveva descritto.
Mi fermai un attimo ad ammirare il mare sotto i raggi della luna e sospirai sognante.
"E se invece del gelato andassimo a fare una passeggiata sulla spiaggia?" - propose lui, sorridendo.
Lo guardai, inarcando il sopraciglio.
"Chi ti ha dato il permesso di leggermi il pensiero?" - dissi, facendolo sorridere.
"Dai, andiamo" - disse, porgendomi il braccio.
Infilai la mano sotto il suo braccio e iniziammo a camminare, finchè non ci fermammo per toglierci le scarpe.
Camminavamo in silenzio, osservando il cielo. L'imbarazzo era di nuovo alle stelle e la tensione si poteva tagliare con un coltello. Si sentiva solo il rumore delle onde sbattere contro gli scogli.
"Andiamo a riva?" - chiesi, voltandomi verso di lui.
Lui acconsentì e ci incamminammo verso la riva, sedendoci uno vicino all'altro.
"Di cosa non abbiamo ancora parlato?" - chiese lui, spezzando il silenzio.
"Abbiamo parlato un po' di tutto stasera" - risi appena, affondando i piedi e le mani nella sabbia fresca.
"Mmh.. Non abbiamo parlato delle nostre esperienze amorose però" - disse lui, sorridendo.
Dannazione.
"Uh, è vero! Me ne ero completamente dimenticata" - risi.
"Dimenticata, eh?" - rise lui - "Non è che questa tua dimenticanza ha qualche collegamento con il Sombrero?" - mi chiese.
Beccata in pieno, perfetto. Non sapevo cosa inventarmi.
Abbassai lo sguardo e soffocai una risatina nervosa.
"No, no.. Il sombrero è tutta un'altra storia. Cosa vuoi sapere della mia vita amorosa?"
"Non lo so.. Qual è stata la tua storia più importante?" - mi domandò, curioso.
"Due anni fa, con un mio ex compagno di classe. Siamo stati insieme cinque mesi. Non ero innamorata, ma comunque a lui ci tenevo tanto. Però poi l'ho lasciato perchè mi aveva tradita. Da allora non ho più avuto una storia d'amore" - mentii.
"Oh.. Mi dispiace" - disse lui, appoggiando una mano sulla mia spalla e accarezzandola.
Mi voltai verso di lui, sorridendo.
"Sono molto impacciata con i ragazzi. E comunque ormai l'ho superata. Tu invece? Che mi dici?" - gli chiesi.
"Beh.." - iniziò lui - "Ho avuto tante piccole storie che non sono andate a buon termine, per un motivo o per l'altro. La mia storia più lunga è stata di tre anni: da quando avevo diciotto anni fino a sei mesi fa. Ci siamo lasciati perchè lei è dovuta tornare in Germania con i suoi genitori" - disse.
"Che brutta cosa.. Mi dispiace" - mormorai.
"Ormai l'ho superata" - disse lui citando le mie stesse parole, per poi ridere.
Risi anche io e il cuore iniziò a martellarmi nel petto quando lo vidi avvicinarsi a me.
"E adesso stai frequentando qualche ragazzo?" -  mi chiese, quasi sussurrando.
Scossi la testa, guardando il suo viso avvicinarsi al mio.
"No" - sussurrai con un fil di voce.
Vidi le sue labbra avvicinarsi alle mie, presto quella distanza si sarebbe accorciata.
Mi ero promessa di non illuderlo, di non farlo affezionare e soprattutto di non lasciarmi baciare, ma non riuscivo a muovermi.
Mi sembrava di essere in una sabbia mobile, provavo a sollevare le mani della sabbia per allontanarlo ma non ci riuscivo, ero immobilizzata.
Erick chiuse gli occhi e appoggiò le labbra sulle mie. Chiusi gli occhi anche io, agrottando la fronte quando la sua lingua si insinuò tra le mie labbra.
Rimasi sorpresa dal sapore della sua bocca: era diverso da quello di Tom.
I baci di Tom erano dolci, passionali e lenti. E nonostante Erick si sforzasse di addolcire quel bacio, da parte mia non riceveva quasi alcun ricambio.
Il sapore di Tom era dolce, fresco. Quello di Erick era quasi aspro, acido.
Oh, cristo! Ma perchè pensavo a Tom in un momento del genere? Stavo baciando un ragazzo carinissimo!
All'improvviso venni come invasa da una scarica elettrica e appoggiai una mano sul petto di Erick per allontanarlo.
"Mi porti a casa, per favore?" - sussurrai.

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Capitolo 26
*** Down. ***



"Mi porti a casa per favore?" - sussurrai.
"Sì.." - rispose lui, imbarazzato.
Si alzò, porgendomi la mano e io la afferrai, alzandomi.
Iniziammo a camminare verso la macchina di Erick, in silenzio.
Eravamo entrambi imbarazzati e nessuno dei due osò dire nulla.
Ci fermammo davanti la macchina e ci mettemmo le scarpe, per poi salire.
Mi allacciai la cintura e guardai Erick mettere in moto la macchina con la coda dell'occhio.
"Scusa.." - mormorai, sospirando.
"Tranquilla. Non dovevo farlo" - disse lui, appoggiando la mano destra sul cambio.
"No, ero io che dovevo dirti sin dall'inizio che non volevo nulla oltre ad una semplice amicizia. Mi dispiace" - sospirai nuovamente.
"Non devi preoccuparti, davvero" - disse lui, accennando un sorriso.
Annuii appena, abbassando lo sguardo.
"Spero di poter rimanere tua amica lo stesso" - mi morsi le labbra.
"Ma figurati, per chi mi hai preso?" - rise appena lui.
Sorrisi e rimanemmo in silenzio, finchè Erick non si fermò ad un semaforo rosso vicino alla spiaggia in cui andavo di solito con Mark, Tom e Travis.
"Puoi lasciarmi anche qui se vuoi" - gli dissi.
"Sei sicura? Non vuoi che ti porti a casa?" - mi domandò, guardandomi.
"Vado a casa di un'amica" - mentii.
"Owh, va bene" - disse lui, accostando la macchina.
"Ci vediamo allora" - sorrisi, slacciandomi la cintura e girandomi a guardarlo.
Lui annuii, avvicinandosi a me e dandomi un bacio sulla guancia.
"Ciao Jen, ci vediamo" - ricambiò il sorriso e scesi dalla macchina, chiudendo lo sportello.
Iniziai a camminare verso la spiaggia, mi tolsi le scarpe e mi sdraiai vicino la riva.
Presi la borsa e iniziai a cercare tra le mille cianfrusaglie il telefono, prendendolo e chiamando Mark.
"Pronto?" - rispose Mark.
"Ti prego aiutami" - sospirai, chiudendo gli occhi.
"Che succede?" - mi chiese Mark, preoccupato.
Mi misi a sedere e mi portai le ginocchia al petto, chiudendomi a riccio e prendendo un lungo respiro.
"Mi mancate un sacco ed Erick mi ha baciata, sono in crisi" - sbottai.
"Frena, ti ha baciata?" - mi domandò Mark curioso.
"E' Skye? Skye l'hai tradito?" - sentii la voce ridente di Tom di sottofondo e inarcai la schiena a causa dei brividi.
"Stai zitto coglione, è Jennifer" - lo zittì Mark - "Allora?" - mi chiese.
"Sì.. Mi ha baciata" - risposi, distrattamente - "C'è Tom lì?" - chiesi, con voce tremante.
Sentii una porta sbattere dall'altra parte del telefono.
"Sì, è appena uscito" - rispose.
"Capito" - sussurrai, prendendo un mucchio di sabbia tra le dita.
"Ma dove sei adesso?" - mi chiese Mark.
"In spiaggia" - sollevai lo sguardo verso il mare.
"Da sola? Di notte? Sei impazzita?" - domandò Mark preoccupato.
"Stai tranquillo, non c'è nessuno" - sospirai - "E poi avevo voglia di stare un po' da sola, e penso che questo sia il posto migliore"
"Stai attenta Jen, mi raccomando. Non fare cavolate"
"Cavolate?" - risi - "Tu invece cosa mi racconti? Che fate di bello?" - domandai.
"Beh, qui sono le diciannove e trenta. Tom è uscito, non sta praticamente mai con noi tranne quando siamo sul palco. Travis sta facendo la doccia e tra un po' usciamo a mangiare qualcosa. Abbiamo voglia di messicano, però sicuramente qualsiasi posto non sarà come il Sombrero" - rise Mark.
"Il Sombrero non si batte" - risi - "Come mai Tom non è mai con voi?"
Sentii Mark sospirare.
"Io ho la stanza vicino alla sua e la notte mi sembra di sentirlo con altre ragazze. Mi sembra, eh. Poi la mattina è uno straccio perchè è ancora sbronzo dalla sera prima" - disse Mark.
Chiusi forte gli occhi e mugolai rumorosamente, sentendo lo stomaco dolermi.
"Tutto bene, Jen?" - mi domandò Mark.
"Sì.. Tranquillo. Mi fa solo male lo stomaco" - sospirai, riaprendo gli occhi e sistemandomi una ciocca di capelli dietro l'orecchio.
"Scusa, non dovevo dirtelo. Sono stato un deficiente" - sospirò anche Mark.
"No, no! Stai tranquillo! Non è per quello, è che ho mangiato tanto stasera" - mentii - "Adesso torno a casa prima che mia madre si preoccupi, ci sentiamo domani" - dissi.
"Va bene Jen, ti voglio bene, ricordalo"
"Ti voglio bene anche io" - mormorai, per poi chiudere la chiamata e lasciando cadere il telefono nella borsa.
Mi lasciai cadere sulla sabbia, osservando le stelle. Avevo mentito, mia madre aveva il turno di notte e Dylan avrebbe trascorso il week-end in Colorado con la sua ragazza. Quindi non c'era nessuno a casa che mi aspettasse.
Le parole di Mark rimbombavano nella mia testa: "La notte lo sento con altre ragazze. Poi la mattina è uno straccio perchè è ancora sbronzo dalla sera prima".
Più ci pensavo e più stavo male: il dolore allo stomaco si fece più acuto, avvertivo delle fitte all'altezza del cuore e tremavo leggermente.
Mi portai le mani sul viso e mi morsi le labbra per evitare di piangere, ma fu inutile: presto scoppiai in un pianto isterico.
Le lacrime scendevano veloci dai miei occhi, lasciando righe nere di mascara sul viso.
Mi mancavano i miei migliori amici, mi mancava Tom. Lo amavo e lo volevo con me.
Ma il suo comportamento aveva confermato la mia ipotesi: lui non mi aveva mai amata.
Evidentemente non vedeva l'ora che lo lasciassi per andare a divertirsi in Australia.
Nella testa iniziai ad immaginarmi scene di lui con altre ragazze. Lui sudato, i suoi ansimi, le sue labbra su quelle di un'altra. I suoi sorrisi mozzafiato rivolti ad altre donne.
Mi sentivo morire, piangevo a dirotto e avevo la nausea.
"Fanculo! Non mi merita!" - urlai tra le lacrime, iniziando a sbattere i piedi sulla sabbia.
Cercai di tranquilizzarmi e rivolsi il mio sguardo verso il mare, asciugandomi il viso con le mani e respirando con affanno.
Dovevo smetterla o mi sarebbe venuto un attacco di panico.
Mi sentivo andare a fuoco, merito di tutte le lacrime che avevo appena versato.
Acchiappai la borsa e presi il lettore CD. Mi misi le cuffie e feci partire i Jimmy Eat the World.
Mi distesi nuovamente e chiusi gli occhi, iniziando a riflettere.
Giurai a me stessa che non avrei più versato una lacrima, nè per Tom e nè per qualsiasi altra persona.
Non volevo più sentirmi così e avrei mantenuto la promessa.


Okaaaay gente!
Questa storia è quasi terminata e volevo ringraziare tutte le persone che la leggono e la commentano!
Siete tutti/e bellissimi/e e dolcissimi/e e mi fate commuovere ogni volta!

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Capitolo 27
*** Your smile fades into the summer. ***


Passarono circa dieci giorni da quell'appuntamento con Erick, e le cose tra di noi effettivamente non cambiarono.
Continuammo a vederci quasi ogni giorno: andavamo al cinema, lui mi insegnava a cucinare e io gli insegnai a fare qualche trucchetto con lo skate.
Quel giorno però dissi ad Erick che non potevamo vederci: sarebbero tornati Mark e Travis!
Dissi loro di raggiungermi direttamente a casa, per evitare di incontrare Tom.
Quando suonarono il campanello scesi di corsa le scale e aprii la porta, abbracciandoli tutti e due insieme con entusiasmo.
"Jennifer!" - dissero loro in coro, stringendomi forte.
"Non potete capire quanto mi siete mancati!" - dissi, felice.
Sciogliemmo quell'abbraccio e li feci entrare, chiudendo la porta.
"Mi dovete raccontare tutto adesso!" - sorrisi, prendendoli per mano e trascinandoli sul divano.
"Cosa vuoi sapere?" - rise Mark, sedendosi vicino a Travis.
"Tutto! Dai su!" - sorrisi, sedendomi sul tavolino, di fronte a loro.
"Beh, il pubblico era.. Indescrivibile! Conoscono le nostre canzoni anche laggiù! Ed è un'emozione.. wow!" - disse Travis, emozionato.
"Poi si mangia benissimo! E io e Travis passavamo le nottate con quelli dello staff in alcuni zoo aperti di notte, è stato divertentissimo" - rise Mark.
"Ti saresti divertita un sacco con noi, Jen!" - mi disse Travis.
Sospirai senza farmene accorgere.
"L'importante è che vi siate divertiti!" - sorrisi.
Tutti e due abbassarono lo sguardo e Travis sospirò, catturando la mia attenzione.
"Che succede?" - chiesi, agrottando la fronte.
"Tom ha sentito quando mi stavi raccontando di Erick, si è arrabbiato molto e ha continuato ad andare a letto con un paio di ragazze per tutto il tour da sbronzo. Cioè almeno credo, eh.. Usciva dalla sua stanza solo per suonare e spesso aveva ancora il post sbornia"
"Si sta comportando così solo per non pensare a te, si vede che sta ancora a pezzi" - aggiunse Travis.
"Arrabbiato? A pezzi?" - trattenni una risata - "Non penso proprio, si sta godendo la vita, semplice" - dissi.
"Jen, conosci Tom e sai che non è così che si gode la vita. Si gode la vita suonando con noi e stando con te" - disse Mark.
Sospirai, abbassando lo sguardo.
"Ormai è troppo tardi, io.. Io non penso più a lui, non esiste più per me" - mormorai.
"Lo sappiamo tutti che non è così" - disse Travis, accennando un sorriso.
"Cosa volete che vi dica?" - li guardai - "Sì, sto mentendo! Lo amo e lo voglio, e allora? Lo so, sono una stupida a volerlo ancora! Però non posso, non posso fidarmi! Non voglio più stare con lui, basta!" - il tono della mia voce si era fatto alto e tremante.
"Jen, è stata Holly a baciarlo!" - sospirò Travis, appoggiando una mano sul mio ginocchio.
"State anche voi dalla sua parte adesso?" - li guardai entrambi, che abbassarono lo sguardo.
"Jennifer.. Conosco Tom e non è più lo stesso da quando vi siete lasciati. E' freddo, triste. Lo sai anche tu che lui non è così" - fece Mark.
"Non mi interessa se è cambiato! Non voglio più che mi parliate di lui, è finita, basta!" - lo interruppi.
"Esiste un modo per farti cambiare idea?" - chiese Mark, sospirando.
Scossi la testa, mordendomi le labbra.
"E se riuscissimo a convincere Holly a parlare con te?" - domandò Travis.
"Dai Jen, dagli un'altra possibilità! Vi vogliamo uniti!" - esclamò Mark.
"Mi dispiace" - sussurrai, guardandoli entrambi con occhi lucidi.
"Jennifer, ti prego" - sospirò Travis.
"Per favore.." - chiusi forte gli occhi, cercando di trattenere le lacrime.
"Non sei arrabbiata con noi, vero?" - mi domandò Mark,
Scossi la testa, riaprendo gli occhi e guardandoli.
"No, tranquilli" - mi sforzai di sorridere.
"Noi vogliamo solo la vostra felicità, Jen" - aggiunse Travis.
"Lo capisco.. E se volete veramente rendermi felice, smettetela di parlarmi di lui" - sospirai.
"Scusaci.." - sussurrò Mark, sospirando.
"Beh dai, cambiamo discorso! Vi va un bel film?" - propose Travis, sorridendo.
"Va bene, però lo scelgo io!" - mi affrettai a rispondere.
"Niente horror però!" - rise Mark.
"Mark in Australia ha visto uno di quei film horror scadenti, di quelli girati in una casa in campagna con due attori e il poliziotto del villaggio ed è rimasto traumatizzato" - disse Travis, ridendo.
"Non è vero!" - piagnucolò Mark.
Scoppiai a ridere e scossi la testa, guardandoli.
"Io stavo pensando ad un film storico e più impegnativo, quindi Mark stai tranquillo" - dissi, ridendo.
"E se ordinassimo cinese dal takeaway qui all'angolo?" - disse Mark.
"Certo che sì!" - dicemmo in coro io e Travis, sorridendo.
"Okay, torno tra poco allora" - Mark si alzò e prendendo il portafogli - "Cosa prendo?" - ci chiese.
"Per me va bene tutto, lo sai che sono un pozzo senza fondo" - rise Travis.
"Anche per me va bene tutto, l'importante è che ci siano gli involtini primavera!" - dissi io.
"E i biscotti della fortuna!" - aggiunse Travis, ridendo.
"Va bene, a tra poco" - Mark sorrise e aprì la porta, uscendo.
Avevo proprio bisogno di una serata con i miei migliori amici, decisamente.


Terzultimo capitolo! :)

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Capitolo 28
*** There's someone out there who feels just like me? ***



Ero distesa sul mio letto a una piazza e mezza, in mezzo a Travis e Mark.
Avevamo appena divorato tre piatti di riso alla cantonese e di involtini primavera e alla fine scegliemmo di guardare "La maschera di ferro", uno dei nostri film preferiti.
Avevo gli occhi puntati sul televisore, stavo ammirando Leonardo di Caprio, fantasticando anche su strane idee, finchè Mark non mi scosse.
Io e Travis ci voltammo verso di lui.
"Avete sentito?" - chiese preoccupato, guardandoci.
"Sentito cosa?" - domandai, curiosa.
Lui scrollò le spalle e scosse la testa.
"Bho, mi è sembrato di sentire un rumore dietro la finestra" - rise lui, scuotendo la testa.
"Mark, ho capito che sei rimasto traumatizzato da quel film australiano ma smettila, hai ventisette anni" - rise Travis.
"Simpatico, molto" - fece Mark, sarcastico.
Tornammo a guardare il film, finchè Mark non prese il telecomando e abbassò il volume.
"Che c'è ancora?" - chiesi, ridendo.
"Non senti? C'è qualcosa che batte sulla finestra" - disse, alzandosi.
"Saranno quelli del piano di sopra che camminano, Mark stai tranquillo" - risi.
Sobbalzai quando un sasso colpì la finestra della mia camera.
"Ma che cavolo.." - mi alzai, mi infilai le vans e aprii la finestra, affacciandomi sul balcone e rimanendo a bocca aperta.
Appoggiai le mani sulla ringhiera, mi girava incredibilmente la testa e il mio cuore prese a pompare sangue più del dovuto.
Pochi metri più in basso c'era Tom, che gettò in terra alcuni sassolini e si sistemò la chitarra acustica tra le braccia.
"Finalmente" - disse, sorridendo.
Tenevo la bocca spalancata e lo osservavo, finchè Mark e Travis non mi raggiunsero, rimanendo anche loro stuperfatti.
"Tom?" - sussurrò Mark, sorpreso.
Iniziai a tremare e gli occhi divennero subito lucidi. Iniziai a divorarmi le labbra con i denti e il mio cuore perse un battito quando Tom iniziò a cantare:

"Episode IV leads us away from here.
Don't expect to find what you're looking to.
I can see the light leading away from you
"

La riconobbi subito: era Episode IV dei Jimmy Eat World, uno dei nostri gruppi preferiti.
Nonostante la distanza che ci separava ci guardavamo intensamente negli occhi. Dio, quanto era bello illuminato dai raggi lunari.
Quanto lo amavo, quanto lo desideravo. In quel momento per me non esisteva nulla: c'eravamo solo io e lui, io e la sua voce, io e la sua chitarra.
Niente avrebbe potuto rovinare quel momento.

"Let's disappear, we'll take a trip of no return to outer space and swim in pools which keep us warm, cleaned off the sand from off your feet" - cantava Tom, senza distogliere lo sguardo dal mio.

Ero paralizzata, non riuscivo a muovermi, ma dovevo fare qualcosa.
Di corsa rientrai in casa, scesi le scale e aprii la porta sul retro, uscendo in giardino e trovandomi di fronte a lui, che continuava a suonare quel riff che mi dava i brividi.

"We'll dance off time to the songs we've never liked.
And sing off key thinking it sounds all right.
And you know I almost lost my will to live.
We're sure you tell time in your.
Episode IV leads us away from here.
Don't expect to find what you're looking to
"

Camminavo lentamente verso Tom, accennando un dolce sorriso e mordendomi il labbro inferiore dal nervosismo.
Volevo essere sua a tutti i costi, non mi importava di Holly, non mi importava se in Australia avesse avuto qualche avventura. Non importava se non mi sarei più fidata di lui, se avrei vissuto in un costante stato d'ansia. Non mi importava se stare con lui mi avrebbe potuto portare ancora sofferenza: volevo e dovevo essere ancora sua.

"Let's disappear, both take a trip of no return to outer space.
And swim in pools which keep us warm, cleaned off the sand from off your feet.
"

Sorrisi, continuando a guardarlo negli occhi e iniziai a sussurrare le parole di quella canzone che anche io conoscevo bene:

"We'll dance off time to the songs we've never liked.
And sing off key thinking it sounds all right.
And you know I almost lost my will to live.
We'll show and tell time one more time.
And you know I almost lost my will to live.
We'll show and tell time to your friends
"

Una volta terminata la canzone, Tom appoggiò delicatamente la chitarra sull'erba e si avvicinò a me, senza smettere di guardarmi negli occhi.
Ci avvicinammo l'uno all'altro senza dire nulla. I nostri sguardi parlavano da soli.
Appoggiai le mani che ancora mi tremavano ai lati del suo collo e rabbrividii, sentendo le sue forti braccia cingermi la vita.
Improvvisamente mi strinsi forte a lui, affondando la testa nel suo collo e chiudendo gli occhi, beandomi del suo profumo. Quel profumo che mi era tanto mancano in quelle settimane.
Mi sentivo finalmente bene, protetta, al sicuro. Mi sentivo a casa mia.
"Jennifer, io.." - sussurrò Tom, sciogliendo lentamente quell'abbraccio.
"Ti prego non dire nulla e stringimi" - mormorai con voce spezzata dall'emozione.
"No, voglio che tu mi ascolti e che mi guardi" - disse lui, spostando leggermente il viso per incrociare i miei occhi.
Ricambiai quello sguardo, cercando di placare le lacrime.
"Io ti amo Jennifer. Ti amo come non ho mai amato nessuno. Ti amo più del cibo messicano e delle ciambelle con la glassa. Ti amo più della mia chitarra e più delle piogge estive. Ti amo più del mio skate rosso e nero della Murder. Ti amo più del mio cappellino arancione. Ti amo più della mia raccolta di cassette dei Descendents. Ti amo più del mio cane, ti amo più della birra e delle feste. Ti amo, Jennifer Jenkins. Non ti tradirei per nessuna cosa al mondo" - disse Tom tutto d'un fiato con gli occhi lucidi.
Dopo quelle parole le lacrime iniziarono a scorrere rapide sul mio viso, ero davvero felice.
"Mi ami più di quanto ami Mark?" - sussurrai con voce flebile, ridendo appena.
Rise anche lui, annuendo e asciugandomi le lacrime con il pollice destro.
"Ti amo anche più di quanto amo Mark Hoppus, dovresti ritenerti fortunata" - sussurrò lui, trattenendo una risata.
"Io.. Io non so cosa dire. So solo che sei tutta la mia vita e.."
Non feci in tempo a finire la frase che Tom mi zittì con un dolce bacio.
Presto accolsi la sua lingua nella mia bocca e mi strinsi nuovamente a lui. Ci baciammo con foga, passione e desiderio.
Sospirai nella sua bocca, mi era mancato così tanto.
Le nostre lingue si rincorrevano gioiose, felici di essersi finalmente rincontrate. Conclusi quel bacio mordendogli dolcemente il labbro inferiore e respirando con affanno sul suo viso.
"Non scappare mai più da me" - sussurrò lui, strusciando il naso contro il mio.
"No, mai più" - scossi la testa, sorridendo dolcemente - "Non mi interessa quello che hai fatto in Australia, non mi interessa di Holly, non mi interessa di niente. Io ti amo, non ho mai amato nessuno quanto amo te. Non amerò mai nessuno quanto amo te. Sei una persona meravigliosa, unica, e non lascerò che tu vada via da me, a meno che non sia tu a deciderlo" - mormorai.
"Come potrei decidere di andare via da te? Non capisci che essendo tuo mi rendi la persona più fortunata di tutto l'universo?"
Quelle parole mi fecero rabbrividire e mi strinsi a lui ancora più forte, sfoderando un sorriso a trecentotrentadue denti.
"Te l'ho già detto che ti amo?" - sussurrai, per poi scoppiare a ridere e trascinando nella mia risata anche Tom.
Sciogliemmo controvoglia quell'abbraccio e sollevammo entrambi la testa, sentendo degli applausi provenire dal balcone della mia camera.
"Finalmente!" - rise Mark.
"Tanto lo sapevamo che sarebbe andata a finire così!" - aggiunse Travis, sorridendo - "Dai, salite!"
Ridemmo anche noi, aspettai che Tom prendesse la chitarra e rientrammo in casa.
Finimmo di guardare il film e poi Mark e Travis decisero di lasciarci un po' soli per recuperare il tempo perso in queste settimane.

Io e Tom eravamo distesi sul mio letto.
Avevo la testa appoggiata sul suo petto ed entrambi ci accarezzavamo.
"Ho voglia di fare qualcosa di bello" - disse lui all'improvviso, spezzando il silenzio.
"Tipo?" - sollevai la testa per guardarlo, ridendo appena.
"Ci sto pensando" - rispose, serio.
"Tu? Tu che pensi?" - gli domandai, agrottando la fronte e ridendo.
"Ci sono!" - disse lui, alzandosi con la schiena e guardandomi, sorridendo - "Prendi degli asciugamani da mare e vieni con me" - aggiunse poi.
Mi alzai anche io, ridendo e lo seguii, dopo aver preso alcuni teli da mare.
"Mi spieghi dove stiamo andando?" - gli chiesi, scendendo velocemente le scale dietro di lui.
"A dormire sugli scogli!" - disse lui, sorridendo come un bimbo e aprendo la porta per farmi uscire.
"Sugli scogli?" - chiesi, sorpresa e oltrepassando la porta.
Lui annuii, mantenendo quel dolce sorriso e aprendo la macchina con le chiavi.
Salii in macchina, chiudendo lo sportello e allacciando la cintura di sicurezza.
Mi voltai verso Tom, intento a sistemare lo specchietto retrovisore.
Mi lasciai sfuggire un sorriso che non passò inosservato.
"Cosa c'è?" - mi domandò Tom, ridendo appena.
"Nulla, sei bellissimo" - mormorai, arrossendo appena.
Lui soffocò una risata e ingranò la prima marcia, partendo a tutta velocità.
In poco più di venti minuti eravamo arrivati alla spiaggia: scendemmo dalla macchina, presi gli asciugamani e ci avvicinammo agli scogli.
Tom si arrampicava agilmente e ogni tanto si voltava per porgermi la mano ed aiutarmi a salire.
Ci fermammo su uno scoglio abbastanza grande, poco frastagliato e riparato dalle onde del mare.
Vi sistemai sopra uno degli asciugamani e mi sedetti vicino a Tom, sorridendo e appoggiando la testa sulla sua spalla.
Lui mi cinse le spalle con il braccio e si stese, trascinandomi con lui.
Iniziammo a guardare la luna e le stelle, in silenzio.
Ad un certo punto sospirai felice, stringendomi di più a Tom e strofinando il naso sul suo collo.
"Cosa c'è?" - sussurrò lui.
"Mi sei mancato da morire. Tutto mi è mancato. I tuoi baci, i tuoi abbracci, il tuo profumo, i tuoi pizzicotti" - mormorai - "Anche i tuoi vestiti sparsi ovunque in camera mia" - aggiunsi, ridendo.
Rise anche lui, ricambiando quella stretta e rotolando sopra di me.
Divaricai leggermente le gambe per farlo stare più comodo e sorrisi, sistemandogli un ciuffo di capelli sulla fronte.
"Mi sei mancata anche tu, da morire. Sono state due settimane terribili. Certo, facevo quello che mi piaceva con i miei migliori amici, ma mi mancavi tu. La sera mi chiudevo in camera e suonavo. Poi mi deprimevo e iniziavo a bere, pensando a te con altri ragazzi.. Era orribile" - sospirò.
Alzai un sopraciglio, guardandolo.
"Guarda che lo so che ti sei dato alla pazza gioia con le australiane, ma non mi interessa.. Dopotutto non stavamo insieme e.."
"Pazza gioia con le australiane?" - mi chiese lui, agrottando la fronte - "Non sono stato con nessuna"
"Mark e Travis mi hanno detto che le pareti dell'hotel erano molto sottili e sentivano gemere durante la notte" - scrollai le spalle - "Ma ti ripeto, non mi interessa, adesso sei qui ed è questo quello che conta" - mi affrettai ad aggiungere.
"No, no.. I gemiti provenivano dalla stanza di fianco la mia, li sentivo anche io! C'era un ciccione tutto tatuato che si portava in camera ogni notte delle prostitute russe, non sto scherzando" - rise lui.
"Meglio così" - risi con lui, guardandolo negli occhi e appoggiando la mano sui suoi fianchi, accarezzandoli.
"E tu? Guarda che ti ho sentita parlare al telefono con Mark, chi è che ti avrebbe baciato?" - mi pizzicò un fianco.
"Aio!" - piagnucolai - "Un tipo che ho conosciuto in biblioteca. Ho fatto in modo che non ci provasse ma mi ha baciato lo stesso" - confessai.
"Come si chiama? Dove abita?" - mi domandò lui.
Risi, scuotendo la testa.
"Stai tranquillo! Appena ho ricambiato il bacio ho pensato subito a te e gli ho chiesto di riaccompagnarmi a casa. Abbiamo chiarito, gli ho detto che non voglio niente da lui tranne una semplice amicizia e non l'ha più fatto. E' un tipo simpatico, si chiama Erick"
"Non è simpatico se bacia la mia ragazza" - sbuffò - "Ma lasciamoci queste cose alle spalle, adesso siamo qui e nulla può separarci, dico bene?" - mi chiese dolcemente, avvicinando le labbra alle mie.
"Dici benissimo" - sussurrai, sorridendo contro le sue labbra e spingendo teneramente la punta della mia lingua tra di esse.
Iniziammo a baciarci dolcemente. Gli accarezzavo i fianchi e la schiena e passai a stringergli i capelli con le dita quando il bacio divenne più violento e passionale.
Feci scorrere subito le mani sotto la sua maglia e iniziai a graffiargli leggermente la schiena appena sudata.
Lentamente la sollevai e la gettai da qualche parte, e lui fece lo stesso con la mia.
Continuando quel bacio finimmo per liberarci anche degli altri vestiti e gli circondai la vita con le gambe, chiudendo gli occhi e rilassandomi il più possibile.
"Ti amo" - mi sussurrò Tom all'orecchio, con voce tremante dall'eccitazione, poco prima di entrare in me con un movimento lento.
Schiusi le labbra e iniziai ad ansimare, inarcando la schiena e stringendolo il più possibile a me.
"T-Ti amo anche io, da m-morire" - sussurrai al suo orecchio, tremando di piacere.
Tom iniziò a muoversi su di me, prima lentamente, e poi accellerando la velocità delle spinte.
Gemevamo sommensamente l'uno nella bocca dell'altro, mordendoci con foga le labbra e raggiungemmo insieme l'apice del piacere.
Aprii lentamente gli occhi e gli accarezzai i capelli, mentre lui respirava con affanno sul mio collo.
Deglutii e cercai di riprendere fiato, osservando la luna piena di quella notte di agosto.
"Ogni volta che c'è qualcosa che non va devi dirmelo. Devi mostrarmi quello che c'è nella tua testa, devi dirmi tutti i tuoi segreti e i tuoi rimpianti. Me lo prometti?" - sussurrai.
Lui girò il viso per incrociare il suo sguardo con il mio, sorridendo.
"E tu mi prometti che ogni volta che il tuo cuore si sentirà solo, affranto, per qualsiasi motivo.. Cercherà il mio?" - mi domandò.
"Te lo prometto, Thomas" - mormorai, sorridendo dolcemente.
"Il mio cuore sarà sempre al tuo fianco Jen, sempre"
"Sempre sempre?" - sussurrai dolcemente.
"Hai presente the Nightmare Before Christmas?" - mi chiese, facendomi accoccolare al suo petto.
"Sì, perchè?" - risposi, tirando il telo sopra di noi.
"Ecco, se lo vuoi, possiamo essere come Jack e Sally" - rise lui.
Risi anche io, sollevando il viso per guardarlo in volto.
"Quindi.. Ti va di essere la mia Sally?" - mi domandò dolcemente.
"Oh, certo Jack. Noi due ci apparteniamo"

Finalmente Jennifer e Tom sono tornati insieme e scommetto che adesso siete tutte con gli occhietti a cuoricino!
Ahahah comunque questo era l'ultimo capitolo, il prossimo sarà tipo un epilogo!
Grazie a tutti :*

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Capitolo 29
*** Epilogo. ***


26 maggio 2001.

Mi stavo guardando al grande specchio a muro davanti a me, nervosa.
Osservavo la mia immagine riflessa, facendo delle giravolte su me stessa e mordendomi le labbra.
Chiudevo e riaprivo gli occhi, respirando lentamente per rilassarmi.
Indossavo un lungo vestito bianco stretto fino alla vita da un fiocco e largo in basso, con uno strascico di circa mezzo metro.
I capelli, che per l'occasione avevo tinto di un castano molto chiaro, erano raccolti in uno chignon, ricoperto da un velo bianco che mi arrivava fino a metà schiena.
Gli occhi erano truccati di un ombretto rosa antico, le palpebre dipinte da una sottile linea di eyeliner che metteva in risalto gli occhi azzurri e sulle labbra mi era stato steso, contro la mia volontà, un lucida-labbra trasparente.
Feci una smorfia, mugolando leggermente.
Quell'abbigliamento non faceva al caso mio, ma quello era un giorno speciale.
Era il giorno del mio matrimonio.
Ero agitatissima, il cuore mi batteva all'impazzata e mi sudavano le mani.
Ero sicura che sposare Tom fosse la scelta giusta, ma l'emozione di testimoniare il nostro amore davanti a tutti era alle stelle.
Mi morsi nuovamente le labbra e chinai la testa verso destra, continuando ad osservarmi, finchè nella stanza non entrò Skye.
"Jen, andiamo! C'è la macchina qui fuori che ci aspetta" - disse euforica, avanzando verso di me e prendendomi la mano.
Annuii, afferrando la sua mano e sospirando.
"Andiamo" - sussurrai, emozionata.

Entrai nella grande sala del comune, affiancata da mio padre, con la quale avevo riallacciato i rapporti.
Camminavamo lentamente verso il sindaco, Mark, Travis.. E Tom.
Il mio cuore batteva all'impazzata, batteva così forte che mi sembrava di avere un martello pneumatico in petto.
Incrociai il suo sguardo e gli sorrisi timidamente, mentre le mie guance si dipingevano di un rosso acceso.
Lui ricambiò il sorriso e mi morsi le labbra, continuando ad avanzare verso di lui.
Arrivati davanti al sindaco, mi lasciai baciare la guancia da mio padre e mi posizionai davanti a Tom.
Indossava dei semplici pantaloni neri in tinta con la giacca, una camicia bianca e una cravatta gessata.
Il sindacò iniziò a parlare delle varie leggi sul vincolo del matrimonio, iniziò a parlare di noi e della nostra piccola storia, aggiungendo qualche frase ad effetto.
Poi si fermò, ci guardò entrambi negli occhi e iniziò a parlare:
"Amore, batticuore, calore che ti pulsa nelle vene al solo pensiero, sono i sintomi benigni di una sensazione che tutti amiamo provare: innamorarsi.
E la miglior specie di innamoramento è quello che avviene ogni giorno con la persona che hai scelto al tuo fianco.
Cosa vuol dire innamorarsi ogni giorno? Vuol dire non darsi per scontati e considerare la persona che hai al tuo fianco come un dono. Vuol dire alzarti al mattino e accarezzare il volto di chi ti trovi affianco nel letto. Vuol dire superare le battaglie assieme, dove quella più difficile è la routine e i problemi quotidiani. Vuol dire combattere per la gioia e la felicità dell’altro. Vuol dire mettere, a volte, un altro cuore al primo posto, prima del tuo. Innamorarsi ogni giorno è scegliere di dire una cosa buona invece di dieci cose che non vanno. Vuol dire scegliere di guardarsi negli occhi ed amarsi oggi, più di ieri e meno di domani. Innamorarsi ogni giorno, vuol dire raccogliere i semi di una gioia autentica, di quelle che non passano, di quelle che riempiono le giornate di colori, di quelle che sono una luce in mezzo al cuore.
Che la vita vi riservi gioie inaspettate, piccole grandi conquiste quotidiane e la voglia di affrontare le sfide della vita sempre insieme. In due si è più forti, oggi voi, con la scelta di sposarvi, lo dimostrate al mondo"
Gli occhi mi si erano fatti lucidi e subito cercai la mano di Tom, che me la strinse dolcemente.
Tutti iniziarono ad applaudire e io mi morsi le labbra, guardandomi intorno, imbarazzata.
"Bene. Possiamo proseguire. Conoscete qualche ragione per la quale questi due ragazzi non possano sposarsi?" - domandò il sindaco, guardando gli invitati dietro di noi.
Nessuno osò parlare e allora l'uomo chiamò Mark e Travis, facendo firmare loro dei documenti per testimoniare l'evento.
"Thomas" - il sindaco si rivolse a lui - "Vuoi dire qualcosa?" - gli domandò, sorridendo calorosamente.
Tom annuì e si schiarì la voce, sistemandosi meglio di fronte a me e stringendomi dolcemente entrambe le mani.
"Jennifer. Ti conosco da quasi dieci anni. Insieme ne abbiamo passate davvero tante, ci siamo conosciuti per merito di tuo fratello e subito siamo entrati in confidenza. Avevamo gli stessi interessi, ascoltavamo la stessa musica e ci piacevano le stesse cose. Il cibo messicano, andare in skateboard e la musica punk. Poi una mattina mi sono svegliato e ho iniziato a provare antipatia per tutti quelli che ti si avvicinavano, per tutte le persone che ti sfioravano. Le rare giornate che non passavamo insieme mi sembravano vuote e inutili. Pensavo solo a te, avevo in mente solo il tuo sorriso. Ogni volta che mi abbracciavi il cuore sembrava schizzarmi fuori dal petto e dio, avevo una gran paura che tu lo sentissi" - Tom rise, arrossendo e alzando gli occhi al cielo - "Poi tu mi hai confessato i tuoi sentimenti. E penso che quello sia stato uno dei giorni più felici della mia vita. Anzi, ne sono sicuro. Ci siamo messi insieme, abbiamo avuto dei momenti di difficoltà ma li abbiamo superati, insieme. E voglio che tu sappia che nonostante siano passati degli anni, ogni volta che tu sorridi mi sciolgo. Ogni volta che dici di amarmi il mio cuore batte più forte, ogni volta che le nostre labbra si sfiorano mi sento vivo. E sono sicuro che questo sentimento non morirà mai, perchè ti amo, Jennifer" - concluse quel discorso con un tenero sorriso dipinto sulle labbra.
Tutti applaudirono e io risi, imbarazzata e lo ringraziai sottovoce.
"Jennifer?" - il sindaco si rivolse verso di me.
"Allora.. Non sono molto brava con le parole, quindi sarò breve" - risi, imbarazzata - "Insieme abbiamo attraversato molte cose, Tom. Ogni anno è stato fantastico, alcuni magari un po' più difficili, ma noi adesso siamo qui. Abbiamo iniziato tutto da soli e adesso siamo qui. E non potrei esserne più felice. Sono felice con te, lo sono sempre stata. Voglio passare il resto della mia vita con te, ne sono sicura. Sono pronta a svolgere il mio ruolo da moglie.. E magari in futuro anche da madre. E se mancheremo il bersaglio, ci terremo forte. Saremo là a provarci di nuovo. Ti amo, Thomas" - sorrisi dolcemente, guardandolo profondamente negli occhi.
"Thomas Delonge, vuoi tu prendere come tua legittima sposa la qui presente Jennifer Jenkins per amarla, onorarla e rispettarla, in salute e in malattia, in ricchezza e povertà, finchè morte non vi separi?"
"Sì, lo voglio" - disse Tom deciso, sorridendomi teneramente.
"Jennifer Jenkins, vuoi tu prendere come tuo legittimo sposo il qui presente Thomas Delonge per amarlo, onorarlo e rispettarlo, in salute e in malattia, in ricchezza e povertà, finchè morte non vi separi?"
Presi un grande respiro e sorrisi, annuendo convinta.
"Sì, lo voglio"
"Thomas, puoi baciare la sposa" - il sindaco ci sorrise - "Vi dichiaro marito e moglie"
Sfoderai un sorriso a trecentotrentadue denti e agganciai le braccia al collo di Tom, avvicinandomi al suo viso e baciandolo con tutta la dolcezza possibile.
Eravamo ufficialmente sposati, avevamo giurato il nostro amore davanti a tutti. Una nuova parte della nostra vita, era iniziata.


<< Love is an amazing thing. I like to tell all the people at all the shows that when you really do fall in love, it kinda, tears your heart from your chest, and makes you feel really vulnerable. And it makes you feel like you can’t eat, and you can’t sleep and you wait by the fucking phone all day long, and besides all that shit, it’s the best thing you’ll ever feel in your life. From six months to a year, two years, whatever that first little period is in your relationship, it dominates every other feeling in your body, and I think that’s truly living. >>
- Tom Delonge.


TO BE CONTINUED.


E' finitaaaaa! Mi sono sentita stra realizzata a spuntare la casella 'completa' ahahah
Bene, spero che questa storia vi sia piaciuta, e ringrazio tutti quanti per averla letta e/o recensita!
In particolare Layla, Evelina, Annalisa, Hotaru182, Lethal_Poison e giulss182!
Alla prossima! :)

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