il vento del destino

di AstridxAndros
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** capitolo primo ***
Capitolo 2: *** capitolo secondo ***
Capitolo 3: *** capitolo terzo ***
Capitolo 4: *** quarto capitolo ***
Capitolo 5: *** capitolo quinto ***
Capitolo 6: *** capitolo sesto (ultimo capitolo) ***



Capitolo 1
*** capitolo primo ***


Aspettavo la mia migliore amica davanti il bus, l’avrei picchiata quella mattina, ne ero sicura. Le porte del bus stavano per chiudersi quando salii. Poco dopo, dietro di me, una ragazzetta con i capelli scompigliati bloccò le porte del mezzo riuscendo a salire per un pelo. La fulminai, doveva ringraziare solamente tutta quella gente, avrei potuto farle male in quello stesso momento.
Non le rivolsi la parola per tutto il viaggio, fissavo fuori dal finestrino, non mi accorsi neanche dell’uomo che mi si era seduto vicino.
Sentii un tonfo, mi voltai, l’uomo aveva fatto cadere un libro e questo era scivolato ai piedi di un ragazzo seduto molto più in fondo. L’uomo era indeciso.
-Luca! Prendi il libro al signore!- esclamai senza nemmeno voltarmi. Il mio compagno di classe mi ascoltò e restituì il libro all’uomo che mi sorrise grato, io restituii il sorriso.
-sei una stupida! E basta! Non puoi fare sempre così! Devi capirlo una volta per tutte!- la mia migliore amica era sull’orlo di una crisi di pianto, e lo sapevo. Ma non poteva ogni volta buttarsi tra le braccia di un ragazzo qualsiasi e dopo restarci male se quello era uno str****.
-lo so! Scusami!- esclamò buttandosi tra le mie braccia, io le carezzai la testa,
-ok, basta ora… non vorrai mica dare spettacolo no?- le sorrisi e l’accompagnai nel bagno della stazione.
Aspettavamo il bus che ci avrebbe finalmente portate a casa, dopo un estenuante giornata di scuola ed in più le attività extra scolastiche e la crisi della mia migliore amica  quello che ci voleva era un bel bagno rilassante. Ma ero costretta a fare ben due viaggi sul bus prima di poter tornare a casa.
-ti dicevo comunque che ieri ho visto…- Alessandra si bloccò nel bel mezzo di un discorso seguendo con lo sguardo qualcosa. Seguii il suo sguardo fino ad arrivare ad un ragazzo più o meno della nostra età con i capelli biondi e gli occhi azzurri. Un vero principe al vedersi. Volere della sorte in quel momento il mio biglietto mi sfuggì dalle mani evolò in quella direzione. Non perdemmo tempo e iniziammo a seguire il biglietto.
-Eric il biglietto!- sentii esclamare da un uomo. Poco dopo con un balzo un ragazzo corvino riuscì a recuperare il piccolo biglietto.
-grazie!- esclamai per farmi sentire oltre il rumore della folla, un uomo si presentò avanti a me.
-penso di aver restituito il favore- a guardarlo bene doveva avere più o meno quarant’anni. Oltretutto lo riconobbi subito,
-lei è l’uomo del libro- lui ridacchiò.
-ti ringrazio io per oggi, era un libro molto importante- disse, il giovane corvino accanto mi porse il biglietto, stando attento a non sfiorare le mie mani nemmeno per sbaglio. teneva lo sguardo basso e i suoi occhi erano coperti da alcuni ciuffi ribelli.
-ehi! è arrivato il bus!- disse una voce dolce e irresistibile allo stesso tempo, era il ragazzino biondo.
Io e la mia amica ci voltammo verso la strada, era il nostro, senza pensarci due volte ci catapultammo davanti al mezzo.
Il bus era strapieno erano finiti anche i posti in piedi. Mi ritrovai vicina quasi appiccicata allo strano gruppetto.
-ma voi abitate in paese?- chiesi perplessa, non li avevo mai visti prima, neanche su quell’autobus.
-abbiamo comprato una casa di recente in realtà, ci siamo appena trasferiti- sorrise. Dovevano essere padre e figli. Solo in quel momento notai la somiglianza tra i tre.
-però questo idiota ha dimenticato la via, e ora ci toccherà come al solito chiedere indicazioni per ore- quella voce fredda mi colpì al cuore, e mi fece venire i brividi, l’uomo invece fulminò con lo sguardo il ragazzo,
-non è vero che non ricordo la via… e che ho le idee un po’ confuse…- l’ultima frase la disse quasi sussurrando e io ridacchiai.
-ciao Ale!- esclamai guardando le spalle della mia migliore amica allontanarsi sempre di più.
-avete detto che avete comprato di recente la casa eh? Recente quanto?- chiesi con occhio indagatore rivolta ai tre che erano scesi con noi. Il biondo e l’uomo si guardavano intorno tentando di ricordare, mentre il corvino fissava un punto imprecisato nell’orizzonte. Non avevo ancora avuto occasione di vedere i suoi occhi.
-più o meno una settimana fa’- mi informò il più grande, io feci un paio di calcoli. In quel piccolo paese ci conoscevamo tutti e gli unici che si erano trasferiti di recente erano i Carlino sulla quarta strada, al numero quattro.
-ricordate almeno il numero?- chiesi, il biondino annuì facendo ondeggiare i morbidi capelli,
-è il quattro e accanto ha una casa rosa- disse sicuro, io sorrisi.
In meno di cinque minuti eravamo arrivati davanti ad una villetta,
-è questa!!- esclamò l’uomo felice come un bambino, uscendo dalla tasca dei pantaloni un grande mazzo di chiavi, poi aprì il cancelletto. Io ridacchiai vedendo un uomo della sua età fare così.
-allora ci vediamo!- esclamai avviandomi verso casa mia, era ormai tardi dovevo sbrigarmi.
-aspetta! Fatti accompagnare almeno!- disse l’uomo,
-meglio di no! non preoccupatevi! Ci vediamo!- poi iniziai a correre verso casa mia.
-senti Ale è da due ore che elogi quel ragazzetto, ti ricordo che ti sei appena lasciata? io al posto tuo ci penserei due volte!- dissi ormai stufa di sentire ripetere le stesse due cose all’infinito.
-… ma questa volta è diverso!- sbuffai sonoramente,
-è sempre diverso! Conoscilo meglio e poi ne riparliamo ok? A domani, notte!- dissi esasperata,
-notte, ti voglio bene Li…- disse con voce mielosa, sbuffai ancora una volta chiudendo la telefonata.
Tenevo gli occhi chiusi, nella mia mente si ripeteva come un disco rotto la voce del corvino che mi aveva fatto venire i brividi. Sembrava che non potessi toglierla dalla testa, poi l’opposta voce del fratello. La prima fredda la seconda calda, il primo corvino l’altro biondo, fratelli gemelli opposti in tutto.
******
ed ecco il primo capitolo!!! come vi sembra? ringrazio chiunque sia arrivato fin quì e chi intende continuare a leggere. un bacio!! Bye!

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Capitolo 2
*** capitolo secondo ***


*Mi svegliai frastornata dal rumore della sveglia. Uscii dalle coperte un solo braccio per tentare di spegnere quell’aggeggio infernale. Perlustrai tutto il comodino ma la sveglia non si trovava. Dopo cinque minuti buoni mi misi seduta, scocciata e arrabbiata di prima mattina. Quando guardai avanti a me lanciai un urlo.
-che ci fai tu qui?!- chiesi a mio fratello tentando di regolarizzare il mio battito cardiaco rapido a causa dello spavento.
- tra cinque minuti fuori, i jeans sono ancora bagnati metti la tuta- mi ordinò lanciandomi la sveglia, lo guardai con sguardo torvo.
*******
-mi spieghi perché devo uscire così presto?! Tu sei il rappresentante d’istituto! Non io!- esclamai arrabbiata corredo verso la fermata e stringendomi nel misero giubbottino. Lui mi guardò torvo,
-due ragazzi nuovi verranno nella tua classe, Eric e Alan Alexis, la segretaria me lo ha detto ieri. Io sono il rappresentante d’istituto e tu della tua classe, quindi dobbiamo esserci entrambi...- borbottò stringendosi a me. lo fissai per qualche minuto arrabbiata, mi usava ogni mattina come stufetta portatile.
********
Due ragazzi ci aspettavano davanti la fermata del bus, io strabuzzai gli occhi.
-buongiorno, io sono il rappresentante d’istituto scientifico, piacere di conoscervi, mi chiamo Marco Fabiani- disse presentandosi cordialmente,
-ciao ragazzi- salutai io ignorando completamente mio fratello. Il biondino mi salutò cordiale mentre il corvino fece un cenno con la mano.
-io e questi due ci conosciamo già...- sospirai poggiandomi al muretto che costeggiava un piccolo terreno sul ciglio della strada.
-ah, mi chiamo Lidia- dissi tentando di riscaldare le mani ghiacciate.
********
-voi siete fidanzati?- chiese il biondino “Alan” mettendosi accanto a me,
-lui, fratello- bofonchiai tentando di riscaldarmi il più possibile, il sorriso del ragazzo si allargò,
-sei fidanzata?- continuò, io sospirai, dove voleva arrivare?
-no- risposi, poi distogliendo l’attenzione da quel ragazzo mi avviai verso la mia migliore amica che probabilmente si era svegliata tardi e aveva fatto tutto di corsa. La salutai,
-i due saranno nostri compagni di classe, non iniziare a fare l’idiota- le sussurrai.
**********
Avevo passato una mattinata d’inferno. I miei compagni continuavano a fare a gara per conoscere i due nuovi, come dei bambini davanti a giocattoli nuovi.
I professori che minacciavano di mandarmi a chiamare il direttore, facendomi ottenere occhiatacce omicida come se fosse stata colpa mia.
****
Avevo appena finito le attività pomeridiane e mi apprestavo ad iniziare quelle di rappresentante quando intravidi davanti la scuola un gruppetto di ragazze urlanti che accerchiavano qualcuno. Era chiaro cosa stava succedendo, anche se avevo passato meno di qualche mese come alunna in quella scuola, a causa di mio fratello che mi obbligava sempre ad accompagnarlo conoscevo tutto e tutti come le mie tasche.
Lanciai un occhiata eloquente ed Alessandra che si avviò con me verso le ragazze.
-ma quelle del terzo anno non hanno già finito le attività pomeridiane?- chiesi ad alta voce, molte si voltarono verso di me, feci un cenno ai due ragazzi assediati di liberarsi in quell’attimo di distrazione. Loro presero al volo il mio “invito”.
-Ale, Vai con loro, ci vediamo dopo ok?- mi sorrise avviandosi con le ragazze che borbottavano stizzite.
*******
-dovete scegliere uno sport, avete già qualche idea?- chiesi voltandomi verso i due gemelli diversi.
-facevamo Judo l’anno scorso, ma io vorrei fare calcio quest’anno- rispose Alan sorridente.
-Eric?- chiesi, continuava a guardare il cancello della scuola, il vento freddo non lo colpiva minimamente. Solo i suoi capelli parevano catturati da quello spostamento, la giacca e la cravatta dell’uniforme scolastica sembravano avere vita propria... Mi stupii di non essere ancora riuscita a vedere i suoi occhi. Potevo immaginari come quelli di suo fratello e di suo padre, azzurri come il cielo, ma non potevo esserne sicura.
-farò Judo- disse, la sua voce era cullata dal vento, fredda come questo.
******
Bussai nella palestra ed entrai, con mia sorpresa i componenti non si stavano allenando, e mio fratello era tra di loro.
-tu non dovresti essere motivo di distrazione- citai le parole del direttore, lui ridacchiò,
-non sono io quello che li distrae, è lui!- indicò un punto alle sue spalle, io alzai lo sguardo e quello che vidi mi lasciò sorpresa. Mi gettai tra le braccia del ragazzo dai capelli castani. Lui rise.
-che ci fai qui piccoletta?- mi appellò il giovane, io ridacchiai,
-ho portato al club un componente!- dissi indicando il ragazzo corvino alle mie spalle,
-e tu? Che ci fai qui? Mister “sonosempreovunque?”- lo appellai, anche lui ridacchiò,
-tuo fratello mi ha chiesto di farvi una visitina, mi ha sfidato poco fa’ e ha perso, stavamo festeggiando- io ridacchiai.
-perché non ci provi tu visto che fai tanto la saputella?!- mi sfidò mio fratello fintamente offeso,
-tu fai Judo?- mi chiese incredulo Alan, io mi voltai verso di lui leggermente rossa in volto,
-l’anno scorso mi allenavo con loro, ma quest’anno sono troppo impegnata- ammisi, lui ridacchiò,
-e lui chi è?- mi chiese, come se ci fossimo solamente noi due,
-un ragazzo che è uscito l’anno scorso, ora fa’ l’università- risposi sempre cordiale.
-quindi? Combatti?- chiese impaziente il mio sfidante, io guardai i due,
-se volete posso rimandare, Eric firma le carte e andiamo nel campetto- i fratelli scossero la testa.
-siamo curiosi di vedere come combatti!- esclamò il biondino con enfasi, io risi.
******
Tre mosse dopo mi ritrovai a bloccare un ragazzo di cinque anni più grande a terra.
-ippon!- esclamò il maestro, ci aveva dato il permesso di dare una “dimostrazione”.
-dieci punti pieni, mi dispiace ragazzi, io sono meglio- dissi facendo spallucce, mio fratello e Matteo fecero il broncio.
-posso provare io?- chiese la voce glaciale che ormai conoscevo benissimo.
Feci il saluto al mio nuovo avversario, il primo round nessuno dei due riuscì a colpire l’altro. Ma al secondo in meno di due mosse mi trovai con le spalle al tappetino. Lui mi bloccava per le spalle, mi fissava negli occhi, due pozzi color smeraldo mi intrappolarono come in una morsa. La distanza era forse troppo ravvicinata, quell’attimo durò un eternità, non riuscivo a staccare il mio sguardo dal suo, ero come ipnotizzata, e lui mi dava una strana sensazione.
-ippon!- esclamò il maestro, io feci un sorrisetto di circostanza, lui senza dire una parola si alzò e andò a firmare i documenti. Forse ero stata l’unica a rimanere impressionata da quel ragazzo, oppure tutti avevano notato quello sguardo e nessuno come me si era pronunciato.
******
ed eccoci al secondo capitolo!! che ne pensate?? siete curiosi?

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Capitolo 3
*** capitolo terzo ***


*Guardavo il soffitto da un bel po’. Non potevo levare quello sguardo dalla mia mente. Quel ragazzo in due giorni mi aveva colpita come nessuno prima di allora.
Nel bel mezzo dei miei sproloqui mentali sentii bussare alla porta,
-è aperto- disi continuando a guardare il soffitto. Poco dopo qualcuno che conoscevo bene si sdraiò accanto a me nel letto.
-l’abbiamo notato solo noi- disse chiarendo uno dei miei mille dubbi,
-è stato… strano…- dissi sincera,
-è cambiato solo per un attimo…- continuò mio fratello, io annuii.
Eric e Alan, gemelli opposti, l’uno chiaro e limpido come la luce, l’altro oscuro e torbido come il buio.
*******
-mi spieghi che hai sta mattina?- chiesi fissando la mia migliore amica con un sorrisino ebete in faccia,
-eh? Niente perché amichetta mia?- chiese come tornando sulla terra con tono smielato di chi vuole qualcosa,
-hai un sorrisetto ebete in faccia da ore!- dissi esasperata, lei arrossì di colpo,
-ecco… io… lui… oggi mi ha chiesto… voleva pranzare sul prato e suo fratello non voleva…- io mi allontanai sbuffando lei strabuzzò gli occhi.
-ci vediamo a quarta ora! Non illuderti troppo! Mi sembra tanto un donnaiolo!- erano anni che ci conoscevamo e si faceva ancora problemi a chiedermi di lasciarla sola con un ragazzo per “fare amicizia”. Mi avviai al mio posto segreto. il club di biologia metteva sul terrazzo tutte le piante, e anno dopo anno si era formato un piccolo giardino. Naturalmente deserto durante la ricreazione.
Poggiai le spalle al muro e chiusi gli occhi.
*******
Quel pomeriggio ero uscita a fare la spesa, e lo ammetto, avevo comprato troppa roba. Per recuperare un po’ di strada tagliai dal parco. Ma quando arrivai al centro del boschetto una musica dolce mi colpì al cuore. Un violino. Mi avvicinai alla fonte del suono. Un ragazzo. Ansi, Il ragazzo. Eric suonava con una maestria impressionante un violino. Sul volto un’espressione rilassata ma triste, gli occhi chiusi come a voler assaporare tutto il suono di quello splendido strumento. Le sue mani si muovevano agili e composte, come se sapessero da sole cosa fare.  Conoscevo alla perfezione quella ninnananna. E senza accorgermene mi ritrovai a cantare.

-Forse ti stai cullando al suono di un treno,
inseguendo il ragazzo gitano
con lo zaino sotto il violino
e se sei persa
in qualche fredda terra straniera
ti mando una ninnananna
per sentirti più vicina...-

Il giovane smise di suonare sorpreso,
-sc…scusa…- balbettai rossa in volto per la brutta figura,
-io… ti ho sentito suonare e ecco…- scossi la testa e mi voltai per non incontrare il suo sguardo che mi metteva solo in agitazione.
-sei molto bravo…- ammisi finalmente.
-come conosci questa consone?- mi chiese, il tono della sua voce era più dolce, come se quella musica gli avesse lasciato qualcosa dentro.
-mia madre me la cantava sempre da piccola…- dissi continuando a fissarmi le scarpe, feci qualche passo avanti per togliere il disturbo, ma lui mi fermò,
-continua a cantare…- disse per poi iniziare a suonare. Ero sorpresa, mi voltai ancora una volta, il suo volto era rilassato, mi lasciai trasportare un’altra volta da quella musica.

Camminavo vicino alle rive del fiume
nella brezza fresca
degli ultimi giorni d'inverno
e nell'aria andava una vecchia canzone
e la marea danzava correndo verso il mare.
A volte i viaggiatori si fermano stanche
e riposano un poco
in compagnia di qualche straniero.

Chissà dove ti addormenterai stasera
e chissà come ascolterai questa canzone.
Forse ti stai cullando al suono di un treno,
inseguendo il ragazzo gitano
con lo zaino sotto il violino
e se sei persa
in qualche fredda terra straniera
ti mando una ninnananna
per sentirti più vicina.
Un giorno, guidati da stelle sicure
ci ritroveremo
in qualche angolo di mondo lontano,
nei bassifondi, tra i musicisti e gli sbandati
o sui sentieri dove corrono le fate.

E prego qualche Dio dei viaggiatori
che tu abbia due soldi in tasca
da spendere stasera
e qualcuno nel letto
per scaldare via l'inverno
e un angelo bianco
seduto alla finestra.

Riaprimmo gli occhi contemporaneamente, ancora assaporando quella melodia, quel momento pareva non avere significato, eppure rimasi rapita.
********* 
per chi non conoscesse la canzone è Ninna nanna dei Modena City ^_^ vi consiglio di ascoltarla!!

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Capitolo 4
*** quarto capitolo ***


*-ehi?! Lid, Lid?! Mi ascolti?- mi accorsi distrattamente della mia migliore amica. Spostai lo sguardo vacuo dalla finestra al suo volto.
-che hai?- chiese stupita mettendo da parte ciò che voleva dire, io scossi la testa rendendomi conto del mio comportamento, era da tre giorni che pensavo a quell’incontro. Non era cambiato niente, come se non ci fosse mai stato, ma ora vedevo quel freddo, oscuro, torbido ragazzo in modo diverso.
-niente, sono un po’ assonnata- dissi sminuendo il mio comportamento, non mi era mai piaciuto esternare sentimenti del genere. lei mi guardò diffidente, poi scrollò le spalle e continuò a parlare.
******
-ehi Lid! Hai visto chi c’è?!- mi chiese agitata la mia migliore amica all’uscita di scuola. quel giorno le attività sportive ed extra scolastiche per le prime era nel primo pomeriggio e noi potevamo tornare a casa insieme.
-chi?- chiesi allarmata guardandomi intorno, quello sguardo non mi piaceva.
lei mi indicò un gruppetto davanti il cancello della scuola e io mi bloccai.
-chiamo tuo fratello…- disse prendendo il cellulare, fortunatamente quel giorno era dovuto restare a casa a causa del raffreddore. io la fermai.
-meglio di no, non voglio che si faccia di nuovo male, poi non è nelle condizioni… tu però stammi lontana ok?- lei fece per ribattere ma la bloccai seria,
-è una cosa che riguarda solo me…- dissi, non potevo metterla in pericolo.
****
Mi avvicinai a passo spedito verso l’uscita, il ragazzo che mi aveva stregato per due anni filati mi sorrise come solo lui sapeva fare.
-ciao!- disse venendomi incontro,
-ciao.- dissi senza entusiasmo, lui notò subito il mio comportamento.
-non sei felice di rivedermi dopo così tanto tempo?- chiese con la sua migliore faccia da cucciolo,
no, sei un bastardo! Hai rotto il braccio a mio fratello perché eri geloso della tua ex, poi hai fatto una scenata a me dicendo che la mia famiglia “era cosa da buttare nell’immondizia” poi te la sei andata a spassare con la tua ex lasciandomi come un idiota a piangere, ti odio!Quanto avrei voluto dirgli tutte quelle cose, ma non sarebbe stata una buona mossa.
-certoFabio!- risposi sarcastica sorpassandolo, e puntando lo sguardo avanti a me per non incontrare il suo.
lui mi afferrò un braccio facendomi male.
-cosa ti è successo eh baby?- mi chiese con l’alito che puzzava di fumo. Era cambiato, e sapevo anche il perché. Sua madre l’aveva abbandonato solo con suo padre. L’uomo un alcolista perso non si occupava minimamente di lui. Avevo saputo che dopo la nostra rottura e dopo lo scontro tra lui e mio fratello aveva iniziato a frequentare gente non proprio raccomandabile, non mi avrebbe sorpreso se fosse stato beccato a rubare o cose del genere.
-a me niente, sei tu quello che frequenti certa gente- dissi indicando i ragazzi alle sue spalle. Lui strinse la presa sul mio braccio e io non riuscii a trattenere un gremito di dolore.
-sono venuto per il tuo fratellino, ho saputo che si è fidanzato, volevo fargli le mie congratulazioni! Non è facile trovare una mocciosa che si accontenta di così poco!- ghignò e la mia rabbia aumentò,
-mio fratello oggi non c’è. E per la cronaca è molto più difficile trovare una a cui tu vada bene- dissi tra i denti tentando di liberare il braccio, lui ghignò ancora e si avvicinò al mio volto, eravamo a meno di qualche centimetro di distanza.
-però a te vado bene no?- mi provocò avvicinandosi sempre di più alle mie labbra. Io provai un senso di disgusto infinito,
-che schifo!- feci il grande errore di dire quelle due parole facendo scoppiare la sua ira.
******
Mi tirò a se tentando di far incontrare le nostre labbra ma quel bacio non avvenne mai. Qualcuno si era messo tra di noi. Per la sorpresa io indietreggiai tentando di non cadere, mentre il mio assalitore cadde rovinosamente a terra dopo una spinta del mio misterioso salvatore. Quando la vidi riconobbi subito la chioma di capelli corvini volutamente spettinati come al solito.
-NON. OSARE. TOCCARLA! LEI E’ MIA!- esclamò infuriato il giovane. Fabio parve a quelle parole terrorizzato, ma si riprese in fretta.
-ehi ragazzino! Che pensi di fare?- ghignò il giovane rimettendosi in piedi. I suoi amici guardavano divertiti la scena.
-decidi, o ti spezzo tutte le ossa ora, o vai via e non ti presenti mai più!- sibilò il mio amico sempre più arrabbiato. Io non capivo come, ma ero a terra. dovevo essere caduta senza rendermene conto. La sua voce era veramente troppo fredda, troppo gelida. Avevo paura di quello che avrebbe potuto fare.
****
Fabio corse incontro ad Eric con una velocità impressionante. Ma il corvino con una mossa di Judo lo fece cadere a spalle a terra nel lato opposto. Sentì un urlo di dolore dal ragazzo.
-VAI VIA ORA!- ordinò il più piccolo con la voce ormai strozzata dalla rabbia costringendo a terra il più grande.
-tu, moccioso!- esclamò irato il più grande colpendo l’altro con un pugno in pieno volto. Il giovane lasciò la presa quel tanto che bastò per far liberare Fabio. Io ero completamente attonita, non sapevo che fare. e un mio qualunque intervento sarebbe stato inutile. Possibile che nessuno si fosse accorto di ciò che stava succedendo?!
Dopo un altro colpo di Eric, Fabio cadde a terra sanguinante, tutto successe troppo velocemente. Il mio amico si fiondò sopra di lui pronto a finirlo. Negli occhi odio puro. Mi gettai su di lui tentando di fermarlo. Lo strinsi piangendo con una forza che non pensavo di avere. Lui rimase immobile sotto il mio abbraccio.
Poco dopo Alan e Alessandra si presentarono avanti a noi con alle spalle una schiera di professori.
*******
 quarto capitolo gente!!

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Capitolo 5
*** capitolo quinto ***


*-capisco…- sospirò il direttore dopo aver ascoltato il racconto dettagliato di Alessandra. Io ero rimasta abbracciata ad Eric. non m’importava di cosa avrebbero pensato i miei amici, i professori o gli altri ragazzi. M’importava solamente far tornare quello di sempre Eric. Quello sguardo, quell’odio. Mi erano rimasti irrimediabilmente impressi nella mente. E la paura non per lui, ma di lui era nel mio cuore. Non volevo avere paura. Mi sentivo protetta tra le sue braccia. Eppure quello sguardo in un primo momento mi aveva terrorizzata. Lui l’avrebbe finito veramente se non mi fossi messa in mezzo.
Lui mi teneva tra le sue braccia, e continuava ad accarezzarmi la testa, io inspiravo il suo odore tentando di calmarmi senza successo.
*******
-fratello… devi mettere qualcosa su quell’occhio…- disse Alan con sguardo basso. Si sentiva incolpa per essere arrivato tardi. Il giovane non rispose.
In quello stesso momento la porta si spalancò facendo comparire un Marco abbastanza preoccupato. Senza pensarci due volte mi staccò da Eric e mi strinse tra le sue braccia.
-sei una stupida… dovevi chiamarmi… non dovevi affrontarlo da sola…- sussurrò con la voce di chi ha la gola in fiamme, io mi strinsi a lui.
*************
I due gemelli non si videro il giorno successivo a scuola. Mi sentii persa, non volevo che Eric stesse male a causa mia.
-ehi? va tutto bene?- mi chiese dolcemente la mia migliore amica, io scossi la testa, non volevo tenermi tutto dentro.
-tu… hai visto… hai visto?- chiesi balbettante e a bassa voce. Non tanto per non farmi sentire dalla professoressa ma perché non riuscivo proprio a parlare.
-ti sei spaventata?- mi chiese mettendomi una mano dietro la schiena, io annuì  flebile.
-lo avrebbe veramente ucciso se io… si era buttato su di lui, stava per colpirlo e io… io mi sono buttata su di lui… il suo sguardo era… Ale… non voglio avere paura di lui…- ammisi con gli occhi umidi.
-prof! Possiamo andare in bagno?!- chiese in modo la mia amica. Sapeva che mi sarei odiata se mi fossi messa a piangere davanti tutta la classe. La donna ci guardò comprensiva e annuì. Lei era stata una delle prof ad accorrere il giorno prima. Solo loro avevano visto lo sguardo gelido di Eric, ed io che piangevo sul suo torace.
******
Entrata in bagno piansi, ancora. Non mi capitava di piangere dalla quarta elementare. Eppure non m’importava. Piangevo per quella dannatissima paura che mi aveva bloccata a terra il giorno prima. Piangevo perché non volevo avere paura. Almeno. Non di lui.
-non so cosa dire per rincuorarti…- ammise sincera la mia amica,
-però ho una cosa da chiederti… e c’è forse un piccolo particolare che non hai notato…- mi sorrise maliziosa asciugandomi le  ultime lacrime che ancora bagnavano il mio volto.
-Eric… quel gran pezzo di ragazzo, ai cui addominali sei stata appiccicata per una buona ora aggiungerei- mi sorrise complice e io arrossii.
-quando ha staccato quella piovra da te ieri ha detto una cosa alquanto… come posso dire… fraintendibile- io alzai un sopracciglio non capendo a casa si riferisse,
-beh… penso che quelle parole non le avrebbe dette proprio un amico… quelle tre paroline penso che abbiano cambiato tutto il senso della frase- sorrise compiaciuta alla mia faccia perplessa, e grazie solo a quello sguardo capii a cosa stesse riferendo.
[…] ma quel bacio non avvenne mai. Qualcuno si era messo tra di noi. Per la sorpresa io indietreggiai tentando di non cadere, mentre il mio assalitore cadde rovinosamente a terra dopo una spinta del mio misterioso salvatore. Quando la vidi riconobbi subito la chioma di capelli corvini volutamente spettinati come al solito.
-NON. OSARE. TOCCARLA! LEI E’ MIA!- […]

Probabilmente il mio volto cambiò tonalità di rosso spesso, perché Alessandra scoppiò a ridere come una matta.
-neanche lui se ne è reso conto probabilmente- ridacchiò la mia amica,
-eppure l’ha detto chiaro e tondo!- poi scoppiò in una risata ancor più fragorosa. Anche io feci un mezzo sorriso.
*****
Ero davanti alla casa dei due gemelli. Nervosa come non mai. Cosa avrei fatto una volta dentro? perché ero andata là?! Assecondando una parte del mio carattere che non avevo mai ascoltato feci dietro front, ma era troppo tardi.
-Ehi Lid!- esclamò Alan sorridente come sempre. Io sospirai poi gli sorrisi a mia volta.
-sei venuta a trovare il mio fratellino? Che bello! Ne aveva proprio bisogno!- esclamò senza aspettare una mia risposta. Poi sorrise sghembo e io capii. Sapeva che stavo per andarmene, sapeva che non avrei avuto il coraggio di entrare senza un piccolo aiuto. Dannato.
*****
Ero appena entrata in quella villa. Era leggermente cambiata da quando andavo a giocarci da piccola. Ansi era del tutto cambiata. A parte, forse per i piccoli segni nel muro appena visibili. Non li avevano cancellati.
La casa si divideva in due piani. In quello di sopra c’erano le camere da letto, in quello di sotto cucina salone sala da pranzo, bagno e uno studio.
Seduto al tavolo della cucina Eric, aveva un occhio nero con una crema spalmata malamente, fissava una bottiglia di latte ingurgitandone a piccoli sorsi da un bicchiere. Non avevo mai visto una scena più realistica di qualcuno che vuole affogare i dispiaceri nel latte in vita mia.
***
Ridacchiai e lui si voltò sorpreso,
-bere non ha mai risolto niente sai?- chiesi avvicinandomi. I suoi occhi smeraldo si posarono su di me. Quei pozzi affogavano nella tristezza, che vedendomi si trasformò in palese sorpresa.
-c… che ci fai qui?- chiese abbassando lo sguardo sul bicchiere, mi avvicinai,
-volevo ringraziarti… e farti compagnia…- lui sorrise amaro,
-ringraziarmi per cosa? Per non aver ucciso quel bastardo? o per averti terrorizzata? Perché stavo per mettere nei casini tutti e tutto come al solito o che altro?!- aveva alzato la voce. Frustrazione, stanchezza, tristezza. Non c’era la minima traccia di rabbia in quel tono sopra la norma. Non dovevo avere paura di lui.
-per avermi salvata… e per esserti fermato- ammisi guardandolo negli occhi. Erano lucidi.
-mi dispiace… io… io non mi controllo… è sempre stato così… quando ho visto le mani di quello che… non ci ho visto più…- balbettò con la voce bassa. Mi avvicinai a lui e mi accomodai su di una sedia vicina facendolo voltare ancora una volta verso di me. Presi il suo volto tra le mani e spalmai bene l’unguento sull’occhio nero. Al mio tocco lo sentii rabbrividire, forse gli faceva ancora male.
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Il giorno che i due gemelli tornarono a scuola fu’ il giorno più spettegolato di tutto l’anno. La visione del “giovane corvino” con un occhio nero faceva aumentare ancora di più i pettegolezzi. Molti ci avevano visti abbracciati quel giorno, e la cosa veniva fuori solo in quel momento.
Il professor Riggi, quel pomeriggio mi aveva invitata alle lezioni di judo. Molti avevano le gite in quei giorni, ed erano troppo pochi per fare una lezione seria.
Misi il Kimono, consapevole che anche dentro la sala sarei stata oggetto di pettegolezzi, ma non m’importava. Volevo solo scaricare tutta la tensione di quei giorni. Entrai sorridente salutando il maestro.
-giorno prof- sorrisi,
-buongiorno, oggi sei di buon umore eh?-  io feci spallucce,
-può darsi- sentì qualcuno ridacchiare alle mie spalle, non avevo neanche il bisogno di voltarmi per capire a chi appartenessero quei risolini.
-risposta diplomatica eh?- ghignò uno dei miei amici, al centro dei quattro ragazzi c’era Eric, neanche lui sembrava in ottima forma, il colorito dell’occhio stava tornando normale, ma il suo umore, a detta di suo fratello, peggiorava sempre di più.
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-forza, che ne dite di un po’ di combattimenti? Tanto per divertirci?- sorrise il maestro, i quattro ragazzi esultarono, io li seguii sul tatami.
-Alexis, Fabiani, iniziate voi?- ci chiese cordiale l’uomo, vidi con la coda dell’occhio Eric irrigidirsi, per poi alzarsi lentamente.
-puoi non accettare, non sei obbligata…- mi disse piazzandosi davanti a me, mi stupii di quanto riuscisse a leggermi dentro. Sapeva che avevo paura di lui, stava facendo di tutto per non farmi spaventare ancora di più. Ma io ero testarda, e questo l’avrebbe dovuto capire prima o poi. Mi alzai, eravamo a meno di cinque centimetri di distanza,
-non voglio avere paura di te Alexis-sussurrai a meno di un centimetro dalle sue labbra. Un coro di “oh, oh” si levò dai quattro ragazzi, io ridacchiai avviandomi verso il centro.
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Due round erano passati, ed entrambi eravamo a zero punti,
-non ti stai impegnando o sbaglio?- chiesi retorica facendo una finta,
-non ti stai impegnando o sbaglio?- domandò con il medesimo tono.
-non ho paura di te…- sussurrai, lui con una mossa troppo veloce per me mi atterrò.
Ancora una volta ci ritrovammo faccia a faccia, i suoi occhi incatenati ai miei, molto più vicini della norma.
Mi aveva immobilizzata, e quella particolare presa era troppo difficile da controbattere per me. il giovane si abbassò all’altezza del mio orecchio.
“otto…”
Soffiò sul mio collo facendomi tremare, poi si alzò leggermente.
“nove”
-dovresti invece…- sussurrò sulle mie labbra.
-dieci! Ippon!- esclamò il maestro. Eric si alzò porgendomi una mano come nulla fosse.
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ed eccoci al  penultimo capitolo!! recensite mi raccomando!! bye!

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Capitolo 6
*** capitolo sesto (ultimo capitolo) ***


Ero distesa sul letto, fissavo il soffitto.
-ehi, è pronta la cena- mi avvisò mio fratello, io scossi la testa,
-non ho fame- risposi atona, lui si avvicinò sedendosi accanto a me,
-oggi Alessandra mi ha raccontato tutto… di quello che è successo tre giorni fa’ intendo…- ammise sdraiandosi sul letto. Io non parlai.
-se tu non vuoi vederlo non preoccuparti… puoi cambiare classe o…- io sorrisi, era proprio distratto, non si ricordava neanche che ero stata abbracciata ad Eric per ore dopo quell’ incidente.
-è proprio questo il problema Mark… io voglio vederlo, io non voglio avere paura di lui… è lui che ha paura…- dissi continuando a squadrare il soffittò, mio fratello era stranito,
-che vuoi dire?- sospirai,
-penso che tenga lontani gli altri per questo… penso che quell’aria attorno a lui sia una forma di protezione… avresti dovuto vedere suo fratello, penso che sia già successo altre volte, ma che non sia finita troppo bene…- conclusi di esprimere le mie ipotesi e mi girai verso il giovane moro.
-non ti allontanerai da lui neanche se te lo chiedessi, vero?- chiese rassegnato, io scossi la testa sicura.
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Il suono della ricreazione fece tirare un sospiro di sollievo all’intera classe, poi tutti iniziarono a assalire i due vip del momento.
-Lid! Lid! Aspetta ti prego!- la voce mielosa di Alan mi arrivò chiara alle orecchie, mi bloccai con Alessandra sull’uscio, le sue guance stavano iniziando ad imporporarsi, sbuffai.
-ho bisogno di un favore- disse chiaro, io scossi la testa, era il fratello di Eric ma non gli somigliava affatto, in quei giorni avevo capito che era il classico “sono-bello-e-so’-di-esserlo” e a me non erano mai piaciuti i tipi del genere.
-parla- dissi forse un po’ troppo fredda, avevo troppi pensieri per la testa in quei giorni per stare a sentire sia lui che Alessandra.
-si tratta di Eric- cancellai dalla mia mente tutto ciò che stavo pensando e mi feci attenta,
-cos’è successo?- chiesi guardandomi intorno, lui non c’era più, come aveva fatto ad uscire senza che me ne accorgessi?!
-ecco…- il suo stato d’animo mi colpì, era cambiato repentinamente.
*****
Eravamo in un corridoio abbastanza vuoto, e lui iniziò a parlare, sembrava preoccupato.
-come avrai capito quello che è successo è già capitato… di solito si chiude in se stesso per un po’ anche a me è capitato a volte, so cosa si prova, ha solo bisogno di metabolizzare l’accaduto… ma questa volta… sta’ durando troppo…- deglutii, un idea mi ronzava nella testa, non volevo crederci,
-è colpa mia vero? In qualche modo è colpa mia…- più che una domanda era una constatazione,
-ecco… non lo so, non penso… c’è in realtà… non lo so, e che fa più incubi del solito, e ormai li faccio anche io con lui... è come cambiato da quando ci siamo conosciuti, io non so cosa pensare- qualcosa si mosse in me, non potevo sopportare che lui stesse male ancora.
-dì ai prof che io ed Eric stavamo male, abbiamo entrambi la delega, e a mio fratello e ad Alessandra che è importante! Ci vediamo domani!- esclamai correndo verso il piccolo giardinetto davanti la scuola, sapevo cosa dovevo fare.
*****
Mi schiarii la voce, il giovane corvino alzò gli occhi.
-ciao- dissi leggermente in imbarazzo, lui era sorpreso,
-ciao- rispose, il libro di storia ancora sulle gambe, era seduto sul muretto che divideva la nostra scuola dalla strada,
-vieni con me- sussurrai, perplessità nei suoi occhi, sorrisi porgendogli la mia mano, la afferrò.
*****
-cos’è questo posto?- chiese guardandosi in giro, l’avevo portato in un piccolo e vecchio parco giochi, era stato costruito per un asilo, poi quello si era trasferito ed avevano costruito una casa davanti al parco. L’avevo scoperto un giorno da piccola, mi ero persa e quel piccolo parco mi aveva accolta facendomi passare per un po’ la paura. Era quello il mio obiettivo.
-il posto più bello che conosco- ammisi con gli occhi che mi luccicavano, non avevo lasciato la sua mano nemmeno per un attimo.
-Lidia... tu non devi stare con me... è pericoloso...- il suo tono era serio, tormentato. Posai un mio dito sulle sue labbra per zittirlo,
-pensi davvero che possa fare una cosa del genere? Non mi allontanerò finché tu non lo vorrai veramente...- poi non riuscendo più a reggere il suo sguardo mi allontanai, era il momento di fare la domanda che temevo di più. Avevo scelto quel posto non solo per lui ma anche per me, per farmi dare il coraggio che mi mancava.
-io… io non voglio fare la crocerossina, non sono qui con te perché hai bisogno, sono qui per puro egoismo, perché io  ho bisogno di te… dì una parola ed io mi allontanerò, smetterò di starti intorno, smetterò di farti preoccupare, basta una parola…- non osavo alzare gli occhi verso di lui, non mi accorsi nemmeno della sua vicinanza finché non sentii il calore del suo torace. Mi aveva abbracciato, in silenzio. Ricambiai l’abbraccio con gli occhi lucidi.
-non voglio che tu abbia paura di me… non voglio sognare ogni notte il tuo sguardo terrorizzato… non voglio che tu mi stia lontana per paura… non voglio che tu mi stia lontana… ho bisogno di te più di chiunque altro…-.
Le sue parole venivano cullate dal vento invernale, quello stesso vento che ci aveva fatti incontrare la prima volta, lo stesso vento che mi aveva accompagnata quel brutto giorno, quel vento aveva come nome… Destino.
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siamo arrivati!!! questo era l'ultimo capitolo gente!! ringrazio chiunque sia arrivato fino alla fine, e chiunque recensirà!!bye! V.

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