il mio peggior nemico

di AstridxAndros
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** la mia vita perfetta: Mi presento! ***
Capitolo 2: *** attimi di terrore: la tranquillità non dura mai per sempre ***
Capitolo 3: *** convivenza? ***
Capitolo 4: *** rimboccarsi le maniche è necessario; ti conosco fratello... ***
Capitolo 5: *** chiacchierate notturne e cambiamenti ***
Capitolo 6: *** rivelazioni: Ice, sei tu? ***
Capitolo 7: *** aiutare un amico. la notte aiuta ***
Capitolo 8: *** Gelosia. forse per me non sei un nemico ***
Capitolo 9: *** ritorno alla normalità. la felicità alla fine torna, ma anche la malinconia ***
Capitolo 10: *** niente è perduto. tutto cambia, si trasforma ma non si distrugge ***
Capitolo 11: *** voglio essere il suo pensiero ***
Capitolo 12: *** La cena. inizio della fine o semplicemente, inizio? ***
Capitolo 13: *** rincorrere un ragazzo geloso: Si, sei il più grande idiota della storia ***
Capitolo 14: *** Poterti avere (ultimo capitolo) ***



Capitolo 1
*** la mia vita perfetta: Mi presento! ***


La mia vita perfetta:  mi presento!
-voglio scrivergli una lettera d’amore!- sorrise Alessia in imbarazzo. Le mie compagne erano d’accordo, sbuffai.
-non è un’idea fantastica?- mi chiese notando il mio disaccordo, le mandai un occhiata gelida.
-perché no?- si lamentò un'altra, sbuffai.
-conoscete tutte mio fratello no?- chiesi, loro annuirono sognanti,
-beh, riceve un sacco di lettere al giorno, ed ogni volta ripete che inviare lettere a qualcuno con cui puoi benissimo parlare è una perdita di tempo! Si lamenta anche del fatto che tutte hanno paura di parlargli! Non è mica un mostro, non mangia! Quindi, evita le lettere, poi secondo me sono una cosa infantile oltre che stupida! Parlagli! Chiedigli un appuntamento! Fabrizio è un tipo con i piedi per terra, sa che tipo di ragazza sei, ti conosce, se glielo chiedi di persona probabilmente accetterà, se no, non avrai fatto una misera figura!-
Le ragazze pendevano letteralmente dalle mie labbra.
-ehm…- qualcuno sull’uscio della classe si schiarì la voce.
-oh, Ronald! Sono in ritardo vero? Scusami!- dissi correndo verso di lui.
*******
E ora mi presento! Elisa Fabiani, quattordici anni frequento la prima superiore e sono abbastanza popolare tra i ragazzi. Vengo reputata da mio padre ancora una bambina, dai miei coetanei un maschiaccio, dagli adulti una persona responsabile. Beh come dice Pirandello “uno, nessuno e centomila!”.
Soprattutto di questi tempi mi ritrovo più con i ragazzi che con le ragazze. Forse perché non ho mai avuto una figura femminile in casa a cui ispirarmi, mia madre morì dandomi alla luce. Non ho una passione in particolare e a scuola me la cavo. Ho un fratello, Giovanni Fabiani. Diciassette anni, frequenta il quarto superiore della mia stessa scuola, tra le ragazze è molto popolare. Ci somigliamo, a parte i capelli, io castano- rosso, lui biondo. Entrambi occhi smeraldo e fisico asciutto. Mio padre Edoardo Fabiani, quarantacinque anni. All’ apparenza un uomo distinto, capelli biondi, baffi folti. Fa’ l’archeologo e porta sempre giacche di tweed, lo fanno sentire più intellettuale. È un uomo eccentrico, sempre cordiale con chiunque. Mi ha avvicinato alla lettura ad appena tre anni, ed a undici anni di distanza ho letto tutti i libri della biblioteca della scuola, e quelli di mio padre.
********
-scusate, mi ero incastrata con una noiosa conversazione- dissi facendo un impercettibile inchino, i miei amici risero.
-una delle ragazze aveva in mente di inviarti una lettera!- disse Ronald a Fabrizio, questo sbuffò sedendosi sull’erba, ridemmo.
-odio le lettere! Perché tutte devono sempre complicarmi la vita così?!- disse abbattuto, io risi sotto i baffi.
-ringraziarmi per un mese non sarebbe sufficiente, ho dovuto ascoltare ben due minuti della conversazione, ma alla fine probabilmente ci rinuncerà- uno spiraglio di gioia si insinuò nei suoi occhi,
-sei grande!!- esclamò ritrovando l’euforia, io mi appoggiai ad un albero, incrociando le braccia eabbassando il cappellino sugli occhi,
-lo so, me lo dicono in molti- scherzai, altre risate.
********
Aprii la cassetta delle lettere e sbuffai,
-quante sta’ mattina?- chiesi sospirando,
-dieci…- sospirò,
-tredici, ho vinto...- sbuffai.
-che cosa avresti vinto sentiamo?- chiese interdetto dopo un bel po’. Io finì di leggere l’ultima lettera d’amore, “non pensavo che una ragazza come te potesse stregarmi in questo modo…” diceva
-una gran seccatura!- esclamai, poi gettai il malloppo di carta nella spazzatura. Facevamo la raccolta della carta a parte, per poi riciclarla. Era inutile sprecare tutta quella carta in quel modo…
**********
-oggi che fate?- chiese mio padre gustando un piatto di pasta,
-papà, fatti degli amici e lasciaci in pace!- ironizzai io, Giovanni ridacchiò con me.
-spiritosi…- commentò, continuammo a ridacchiare.
-io faccio i compiti e vado a farmi una passeggiata- dissi,
-al parco?- chiese mio fratello interessato.
-si, così finisco di leggere quel saggio di François Lenormant, che mi ha prestato papà- sorrise,
-andiamo insieme, io finisco di leggere il mio e dopo li scambiamo-.
Mio padre ci guardava basito,
-ho creato due mostri!- esclamò, dopo un attimo di silenzio scoppiammo a ridere.
*****
Ogni ragazza o ragazzo che passava, si fermava a fissarci. I gruppetti iniziavano a fare apprezzamenti.
“ehi! Hai visto quello?! Quant’è carino!” diceva  una, “oh guarda quella! È troppo!” diceva un altro. Ormai mi ero abituata a quel tipo di atteggiamento, come mio fratello. Mio padre ci aveva sempre ripetuto che eravamo più cool quando eravamo assorti. E ogni volta che lo ripeteva noi scoppiavamo a ridere.
Si, tutto sommato la mia vita era perfetta, non potevo lamentarmi…
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che ve ne pare?? vi ho incuriositi??

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Capitolo 2
*** attimi di terrore: la tranquillità non dura mai per sempre ***


Attimi di terrore: La tranquillità non dura mai per sempre
Durante una noiosa lezione di matematica un bidello spalancò la porta.
-la signorina Fabiani deve venire con me…- disse, il professore si alzò perplesso,
-cosa è successo?- chiese,l’uomo tentennò indeciso,
-il signor Fabiani è stato portato d’urgenza in ospedale, c’è stato un incidente. Una macchina aspetta lei e suo fratello- non lasciai il tempo di finire la frase che ero già fuori dalla classe. Mi ero alzata così velocemente da far cadere la sedia dietro di me. Entrai in macchina dove mi aspettava mio fratello, era pallido.
*********
-no, non possiamo rimanere soli…- dissi con la voce spezzata, trattenevo a stento le lacrime abbracciata a mio fratello, di fronte alla porta della sala operatoria.
-non può lasciarci anche lui…- mio fratello era con un filo di voce. Tutta la sua sicurezza l’aveva abbandonato.
*****
Poco a poco molti colleghi di mio padre ci affiancarono, chi con la propria famiglia, chi da solo. Tutti aspettavamo il verdetto finale. Ognuno ci sorreggeva come poteva. Chi con gesti, chi con semplici parole. Con mia grande sorpresa dopo qualche ora tutti i nostri compagni di classe e tutti i nostri amici a turno ci raggiunsero. Non piangevamo, ma dentro stavamo morendo poco a poco.
-i parenti del signor Fabiani?- chiese un dottore, io e mio fratello ci avvicinammo velocemente, avidi di sapere.
-non c’è un adulto con cui possa parlare?- ci chiese, mio fratello si arrabbiò,
-no, mi dica subito cos’è successo a mio padre!- rispose freddo stringendomi a se. L’uomo parve spaventarsi.
-ecco… si è stancato troppo… e in seguito ad un ipossia celebrale… ecco… fortunatamente l’abbiamo preso in tempo però…- mio fratello non capì.
-ipossia? Ma che cosa?!- lo bloccai, lo guardai fisso negli occhi, così si calmò.
-sai cosa significa ipossia celebrale… e sai quali sono le sue cause ed anche cosa provoca- dissi. Mio padre era appena entrato in coma.
********
-mi spiace per prima…- sussurrò, sorrisi mesta,
-non preoccuparti… se non l’avessi fatto tu, l’avrei fatto io…-.
Secondo il parere dei medici mio padre si sarebbe risvegliato dopo circa una settimana. Il coma non era profondo.
*****
-c’è un adulto con cui potete stare in questo periodo?- ci chiese gentilmente una dottoressa, io scossi la testa.
-oltre nostro padre non abbiamo parenti… - sospirai,
-potete stare da noi!- il migliore amico di mio fratello si era avvicinato a noi di soppiatto. In verità non lo conoscevo molto bene, ansi, non lo conoscevo affatto. Ma mi sembrava troppo familiare…
-Lucas, non ce ne bisogno…- disse mio fratello, non avremmo dato disturbo a nessuno.
-insisto! Tu e tua sorella potete dormire nella camera degli ospiti! È un po’ piccola, però ci si sta’- quel tono non ammetteva repliche.
 ^^^^^^^^^
ed ecco il secondo!!! 

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Capitolo 3
*** convivenza? ***


 
Convivenza?
-buongiorno…- salutammo timidamente la madre di Lucas. Questa ci abbracciò.
-oh piccoli miei… mi dispiace tantissimo! Vi ho preparato la camera, venite a posare le vostre cose!- ci incitò, la vitalità di quella donna era formidabile.
-e così… per un po’ non riceveremo lettere eh?- tentò di sdrammatizzare mio fratello. Eravamo entrambi seduti sul letto, guardavamo un punto indefinito davanti a noi. Scossi la testa.
-ormai tutti sanno di papà e tutti sanno che staremo qui per un po’… credo riceveremo più lettere del solito…- feci un sorriso amaro.
-com’è che non ci siamo accorti prima del suo stato?- chiesi trattenendomi la testa con le mani.
-non lo so… sembrava, sembrava stare bene…prima- sospirò con la voce tremante.
*****
Ci eravamo appena messi a tavola, con la signora Finnegan non ci si annoiava mai.
-Lucas… ma tuo fratello?- chiese ad un tratto Giovanni, il giovane sorrise.
-è agli allenamenti, dovrebbe tornare da un momento all’altro…- rispose, poi si rivolse a me,
-sai, ha la tua stessa età, forse vi conoscete- sorrise, io pensai, non conoscevo nessuno che si chiamasse Finnegan di cognome. O almeno non lo ricordavo.
********
-ehi! Sono a casa!- urlò qualcuno dall’ uscio. Poi entrò nella sala. Rimasi basita.
-tu?!- senza neanche accorgermene mi ero alzata,
-tu che ci fai a casa mia?!- disse indietreggiando impercettibilmente,
-questa è casa tua?!- indietreggiai fino a toccare la sedia,
-non dirmi che sei tu la sorella di Giovanni!-
-in persona! E tu sei il fratello di Lucas!- mi fulminò con lo sguardo. Tutti erano rimasti perplessi da quella discussione.
-non preoccuparti, non ti darò fastidio…- sussurrai,
-scusatemi… la cena è stata perfetta, vado a fare una passeggiata- dissi rivolgendomi agli altri, poi uscii da quella casa.
*********
Come poteva essere tanto grande la mia sfortuna?! Eric Finnegan! Come potevo abitare nella casa del mio peggior nemico?!  E come potevo averlo dimenticato?! Arrivai a fare solamente qualche metro, che qualcuno mi afferrò il polso. Mi girai di scatto. L’ultima persona che avrei voluto vedere. I suoi capelli corvini si muovevano al vento, facendo da perfetta cornice al volto che tanto odiavo.
-senti, scusami!- esclamò, lo ammetto, era l’unica parola che non mi sarei mai aspettata di sentir dire da lui. Rimasi spiazzata, e lui se ne accorse.
-che c’è ? non te lo aspettavi da me eh?- ghignò, io ripresi il controllo,
-non sapevo che quella fosse la tua famiglia, ansi, non sapevo neanche che foste imparentati. Non avrei accettato se no- mi voltai, come potevamo dividere la stessa casa, quando non eravamo neanche capaci di guardarci senza insultarci? ma non sapevo dove altro andare, e questo lo sapevamo entrambi.
-per questa settimana tenterò di controllarmi, a patto che tu faccia lo stesso…- . Chi mi assicurava che mio padre si sarebbe risvegliato? C’erano molte possibilità certo, ma nessuna certezza, i miei occhi divennero lucidi, avevo difficoltà a trattenere le lacrime. Chiusi in fretta la discussione.
-tenterò, ora ciao!- corsi via prima che potesse aggiungere qualunque cosa.
Ero entrata nel parco. Seduta su una panchina piansi. La prima volta in quella giornata così lunga. La peggiore della mia vita.
********
Dopo qualche ora ritornai in quella casa. In quel momento mi accorsi di una cosa, non avevo le chiavi.
avrei dovuto suonare il campanello, ma con quale coraggio dopo essere “scappata” in quel modo?
Avvicinatami, vidi qualcuno seduto sui gradini che dividevano la casa dal marciapiede, era mio fratello senza dubbio. Teneva la testa fra le mani.
-ehi… moccioso, la gente si potrebbe fare un idea sbagliata di te- sorrisi, lui mi abbracciò. Pianse. Anche lui si era trattenuto troppo.
-ora mi dici che rapporto c’è tra te ed Eric?- entrambi nel grande letto guardavamo il soffitto,
-siamo nemici da quando ci siamo visti per la prima volta- risi ricordando il giorno.
Era il primo giorno di scuola, avevo già fatto amicizia con dei miei compagni di classe, e loro mi stavano presentando al resto del gruppo. All’ inizio tutti si chiedevano come una ragazza potesse diventare amica di così tanti ragazzi senza avere secondi fini, ma dopo aver parlato con me tutti i dubbi si dissipavano. Le ragazze mi invidiavano. L’unico che mi aveva sempre respinto era Eric. All’inizio non me la presi tanto, sapevo di non poter essere simpatica a tutti, quindi a parte sporadici saluti ci evitavamo. Un giorno però, durante una partita tutto cambiò. Non so’ come, mi ritrovai a litigare pesantemente con lui, per poco non passammo alle mani. Da quel giorno gli unici saluti che ci rivolgevamo erano insulti mal nascosti.

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Capitolo 4
*** rimboccarsi le maniche è necessario; ti conosco fratello... ***


Rimboccarsi le maniche è necessario ormai: ti conosco fratello!
-oh ragazzi già svegli? Ma cosa sono quelle?- esclamò la donna vedendo la catasta di lettere, noi ridemmo.
-ehm, sono lettere di ammiratori. Ah… abbiamo preparato la colazione, per ringraziarla dell’ospitalità- risposi aprendone una. Dicevano sempre le solite cose, ora in più tutti dicevano di dispiacersi per mio padre. Perché non si facevano avanti e venivano a parlarmi? In fondo ero amica della maggior parte di loro, ma a parte la richiesta della risposta, facevano finta di niente. Stupidi.
*******
-questi pancake sono fantastici!- esclamò euforica la donna,
-già!- concordò Lucas,
-ma quelle sono lettere d’amore?- io sbuffai e annuì, poi buttai tutto dentro un sacchetto.
Si fece una grande risata.
-visto Eric? Ho vinto! Ha un sacco di ammiratori!- disse spalleggiando il fratello questo non lo degnò di uno sguardo, salutò con un gesto del capo e uscii di casa. Aveva gli allenamenti mattutini.
-spero che i professori mi lascino in pace almeno questa settimana… io di certo non studierò! Quando usciamo andiamo da papà ok?- sospirai prendendo i piatti di ognuno, la signora Finnegan tentò di fermarmi, ma su quello ero irremovibile.
-perfetto! comunque, ieri ho lasciato il mio zaino in classe…- appena dette quelle parole qualcuno suonò il campanello.
***********
Dopo aver salutato la padrona di casa Fabrizio entrò.
-ehi! Fabri!- lo abbracciai,
-e così è questa la casa…- a quanto pare fortunatamente nessuno sapeva ancora che vivevo con Eric.
-si, ma perché sei qui?- chiesi, lui mi mostrò gli zaini tirandone uno a Giovanni.
-li avevate lasciati in classe, così potete portare i libri di oggi… mi dispiace per vostro padre…- abbassò gli occhi.
******
-ehi.. ciao papà… sai, io e Giovanni ci siamo trasferiti a casa dei Finnegan per ora… è la casa di Eric.
sono diventata l’inquilina del mio peggior nemico…- sorrisi amara, lui poteva sentirmi ne ero sicura.
-mi sento un idiota, ma vorrei la tua presenza soprattutto ora. So che se tu fossi con me non mi troverei in questa posizione… ora più che mai mi rendo conto che tu per me sei indispensabile, per noi… dipendevamo troppo da te, per questo eri costretto a lavorare di più, mi dispiace… Per favore, non arrenderti…- una lacrima mi bagnò il volto.
-ora vado, ho trovato un lavoro… ti voglio bene…- sospirai asciugandomi gli occhi, poi uscii da quella stanza di ospedale. Mio fratello prese il mio posto.
**********
-Elisa, puoi andare al tavolo undici?- Rosa, era una ragazza molto diversa da me, più grande di quasi otto anni, capelli biondissimi, tacco sempre alto, minigonne. Eppure avevamo subito fatto amicizia.
-cosa vi porto ragazzi?- chiesi, li riconobbi alla prima occhiata, Alex, Joseph, Francesco.
-Eli! Non sapevo lavorassi qui!- esclamò Alex, io sorrisi,
-ho appena iniziato! Quindi portatemi tanti clienti e ordinate tanto!- scherzai, loro si scambiarono un occhiata divertita.
-lo faremo lo prometto!- scherzò Joseph con fare solenne, risi e presi le loro ordinazioni.
********
-oggi avete cominciato a lavorare?- chiese la signora Finnegan a cena, noi annuimmo.
-com’è andato il lavoro?- mi chiese Lucas, io inghiottì un pezzo di pane.
-prima mio fratello, sono troppo curiosa!- esclamai, mi sorrise raggiante.
-in realtà non c’è molto da raccontare. Il lavoro è buono e la paga pure. Il pub è molto bello…- io risi divertita attirando le occhiate perplesse degli altri.
-e quando hai conosciuto la ragazza, prima o dopo il lavoro? O meglio durante?- sghignazzai vedendo la sua faccia, per me Giovanni non aveva segreti.
-io non ho parlato di nessuna ragazza!- si lamentò,
-tu forse no, ma il sorrisetto ebete parla da solo!- sghignazzai  ancora divertita. Lui sospirò sotto lo sguardo attonito degli altri.
-si chiama Aurora… lavora con me… ha vent’anni, si paga gli studi universitari…- ammise, a quelle parole iniziò un interminabile discorso tra la signora e i due giovani su questa fantomatica ragazza.
-tu invece? Oggi come sono andati gli allenamenti?- chiesi ad Eric. Erano le prime parole che gli rivolgevo dalla cena precedente.
-non sentirti in obbligo di chiederlo- rispose senza guardarmi,
-non mi sento in obbligo, voglio solo saperlo- sorrisi,
-non mi piace molto parlare di me… Specialmente con te…- risi,
-me ne sono accorta! È troppo strano vero?- sospirò,
-già…- ammise.
********

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Capitolo 5
*** chiacchierate notturne e cambiamenti ***


Chiacchierate notturne e cambiamenti.
Ero da ore a fissare il soffitto, ma non riuscivo a prendere sonno, le avevo provate tutte, anche contare le pecorelle, ma niente. Uscii dalla stanza in punta di piedi per non svegliare nessuno, mi avviai in cucina. Stavo per bere un bicchiere d’acqua quando qualcuno accese la luce, e io saltai in aria.
-basta così poco per farti spaventare?- chiese Eric ridacchiando,
-non, non me lo aspettavo tutto qui…- mi lamentai. Tentai di controllarmi, aveva a dosso solo un paio di pantaloncini. Ma in fondo era a casa sua…
-non riuscivi a dormire?- chiese, io scossi la testa. C’era silenzio, calma, un atmosfera davvero surreale.
-perché ti sto’ antipatica?- chiesi d’un tratto,
-perché non sei come le altre…- rispose semplicemente, sorseggiava un tè freddo, lo sguardo alla finestra, io ero appoggiata al tavolo.
-è sbagliato?- continuai osservandolo. Non lo avevo mai fatto, non lo avevo mai guardato veramente in volto, di solito tentavo di vagare con la mente per non perdermi nei suoi occhi azzurri e freddi, quasi come il ghiaccio. La prima volta, il suo sguardo mi aveva incuriosito e spaventato.
-no…-
-allora perché ti sto’ antipatica?- mi interessava veramente il motivo? In quel momento, mentre ero persa nei suoi occhi non m’importava più niente.
-… non mi stai antipatica- quella risposta mi spiazzò. Solo in quell’istante capii che non lo conoscevo affatto. Non avevo idea di chi fosse Eric Finnegan. Solo in quell’istante capii che volevo conoscerlo.
-non ha senso…- constatai, non c’era traccia di rabbia nella mia voce.
-lo so…- rispose. Quella conversazione non sembrava affatto normale.
********
-hai finito di chiacchierare? Sai che sono le cinque del mattino?- io arrossì, fortuna che la luce era spenta.
-scusa, ti ho svegliato…- dissi tentando di cambiare discorso. Ma lui non demorse.
-di che avete parlato?- continuò
-fare una conversazione con un qualche senso logico mi è sempre risultato difficile, figuriamoci farla con Eric Finnegan!- scherzai. Poi mi voltai dall’altro lato.
*******
-avete finito le vostre conversazioni notturne?- Lucas era appena entrato in cucina sbadigliando seguito da Eric, entrambi vestiti con corti pantaloncini, ma in inverno come facevano a non ammalarsi?!
-a quanto pare gli sforzi per non svegliare nessuno sono falliti miseramente- sospirai portando la colazione a tavola.
-oh santo cielo!- tutti ci voltammo verso il corridoio, la signora Finnegan ci guardava sbalordita.
-che succede signora?- chiese cordialmente mio fratello, lei si stropicciò gli occhi.
-i miei figli entrambi svegli così presto e di buon umore? è un miracolo!- esclamò, ci buttammo sulle sedie. Per un attimo avevamo avuto paura.
-comunque non erano conversazioni notturne, erano le cinque del mattino…- bofonchiò Eric addentando un croissant io annuì seguendo il suo ragionamento, i due giovani risero di gusto. Poi Lucas si alzò e tornò nella sua stanza con in mano il cellulare. Risi attirando l’attenzione dei presenti.
-ieri eravamo alle prese con Giovanni, oggi credo sarà il turno di Lucas - mi guardarono perplessi, forse ero io quella strana, ma quel comportamento per me era extra chiaro, in quegli anni passati con un gruppo di ragazzi avevo imparato molte cose, certo molti loro comportamenti per me erano un mistero, ma per altre cose avevo imparato ad avere un certo occhio.
A detta della signora Finnegan era la prima volta che Eric e Lucas uscivano di casa allo stesso orario,
-Lucas!- lo chiamai,
-se non sono indiscreta, posso sapere come si chiama la ragazza per cui stai rinunciando alla marmellata?- lui arrossì immediatamente,
-ok, ok! fa’ niente, scusa!- dissi ridacchiando, lui scattò fuori di casa. Poco dopo lo sentì rientrare ed avvicinarsi,
-Laura…- mi sussurrò, poi corse fuori di casa.
*******
-… a quanto pare invece avevamo svegliato quasi tutti…- ridacchiai. Tentavo di pensare positivo. Tentavo di convincermi che quello che non uccide fortifica, e che mio padre presto sarebbe tornato quello di sempre. Continuavo a parlargli come mi avevano consigliato i medici.
-non so’ come spiegarlo, ma ad un certo punto è come se fosse diventato tutto chiaro… ho capito che l’odio che provavo era insensato, e immotivato…- sorrisi.
-devo andare… ci vediamo domani papà…-.
-porta questo al tavolo tre!- esclamò Rosa raggiante. I miei compagni avevano mantenuto la promessa, quel giorno mezza scuola, la maggior parte ragazzi, era venuta a mangiare o semplicemente a bere qualcosa lì. Erano amici…
-cosa posso portarvi ragazzi?- chiesi, quando alzai lo sguardo mi trovai davanti la banda dei  miei migliori amici al completo. avevano un sorrisetto in faccia quasi indecifrabile. Io guardai storto Eric, ghignava. Ecco. Come avevo previsto.
-e così vivi insieme a Eric ora eh?! Da quando fate coppia fissa?- esclamò uno, poi tutti scoppiarono a ridere.
-eh già, direi che per la storia di tuo fratello ho sofferto abbastanza eh?- scherzai. Eric si era “offeso” perché avevo scoperto per prima il nome della segreta ragazza di suo fratello.
-forse, vedremo.- ghignò.
*********
-Fabri, perché non mi hai detto che lo sapevi?!- esclamai dandogli un pugno leggero sul braccio, lui fece la finta faccia dolorante.
-non volevo rovinarti la sorpresa!- i due ghignarono poi scoppiammo a ridere. Avevo capito che in quella casa la parola tranquillità non esisteva. E mi piaceva, riuscivo a non pensare alle cose brutte.
-Eric come vanno gli allenamenti?- chiese il fratello, ghignai, poteva anche non rispondermi, ma a suo fratello doveva per forza.
-bene, il pivello qui prende una mia pallonata su tre!- La signora non capì.
-la nostra scuola è imbattuta grazie a suo figlio, le sue pallonate non riesce a fermarle nessuno, quindi una su tre è un ottimo record!- mi affrettai a spiegarle, lei gonfiò i polmoni orgogliosa, a quanto pare era vero, a Eric non piaceva parlare di sé.
**********

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Capitolo 6
*** rivelazioni: Ice, sei tu? ***


Rivelazioni: Ice, sei tu?
-credo che a tuo fratello non piacerà passare un'altra notte insonne a causa nostra…- sorrisi. Come la notte prima ci ritrovammo entrambi in cucina. Sorrise.
-come mai non sei a letto?- chiese, io guardai il soffitto,
-di questi tempi non mi è facile dormire… ho troppi pensieri per la testa…- sussurrai.
-tu invece, perché sei di nuovo qui?- chiesi,
-perché a scuola non mi rivolgevi mai la parola?- chiese a sua volta stupendomi.
-beh. Sapevo di non esserti simpatica, quindi ti ho lasciato stare.- mentii, mi guardò negli occhi poi scosse la testa.
-tu non lo avresti mai fatto…- sussurrò quasi come fra se e se.
-che vuoi dire? Ti ricordo che non mi conosci!- mi lamentai, non potevo certo dirgli che non riuscivo a guardarlo in volto, quello sguardo mi aveva sempre attirato, ma lui mi aveva sempre respinto.
-ti conosco meglio di quanto pensi!- ridacchiò, io non capii,
-che vuoi dire?- chiesi perplessa,
-quando hai dato il tuo primo bacio?- chiese invece, lasciandomi di nuovo stupita.
-uno: perché continui a non rispondere alle mie domande?! E due: che domanda è?!- chiesi arrossendo, lui rise.
-le mie domande sono più importanti, se rispondi bene avrai la tua risposta!- io pensai.
il mio primo bacio l’avevo dato a dodici anni… però forse… no! l’avevo dato in terza elementare!
-ecco… in terza elementare…- dissi un po’ tentennante. In realtà non l’avevo dato io, un bambino mi aveva rubato un bacio… un bambino particolare, un bambino con gli occhi di ghiaccio!
Lui rimase in silenzio, ghignando.
-sei un idiota!!- esclamai io, perché non me lo aveva ricordato?! Ansi perché io non lo avevo ricordato?!
Da piccola lo chiamavo Ice. Era il mio migliore amico. Poi in terza, subito dopo il bacio era scomparso. Seppi più tardi che suo padre aveva abbandonato la sua famiglia e loro si erano trasferiti da alcuni parenti. Quello era un bacio d’addio. Il spore salato delle sue lacrime, mischiato al sapore dolce delle nostre labbra me lo aveva fatto capire. Lui continuava a ridere, sicuramente al ricordo di quel bacio.
-mi hai trattato così male in tutto questo tempo perché non ti ho riconosciuto vero?!- mi ignorò facendomi infuriare.
-ma come ragioni?!-  esclamai arrabbiata, lui tornò serio.
-ho pensato che fossi ancora arrabbiata con me… per questo non ti ho detto niente. Avevo paura…- teneva gli occhi bassi divenuto serio, ma potevo scorgerli ugualmente. Quel freddo che li caratterizzava si stava lentamente dissipando, lasciando posto ad un velo di tristezza.
-perché dovrei essere arrabbiata?- chiesi ora sotto voce,
-non lo so…- sorrise amaro, poi spostò il suo sguardo sul mio, parve sorpreso di vedermi sorridere.
**********
- sono diventate abitudine le chiacchiere alle cinque di mattina?- chiese mio fratello sbadigliando, ci eravamo appena alzati dal letto.
-ricordi Ice?- chiesi prima di aprire la porta, lui ci pensò,
-m… fammi pensare…non era quel tuo amico delle…- un lampo di genio attraversò la sua mente, mi guardò sbalordito, io annuì.
**********
Eravamo come ogni mattina seduti al tavolo della cucina a gustare la colazione che io e Giovanni avevamo preparato.
-non avete ancora imparato che la notte è fatta per dormire?- chiese sbadigliando Lucas, io continuai a guardare la mia tazza di latte.
-Eric, è tardi, tu non dovresti avere gli allenamenti?- chiesi, lui bofonchiò qualcosa che non capii,
-oggi l’allenatore si è ammalato…- tradusse Giovanni, io annuì.
-gente, io vado a scuola, mi devo vedere con un paio di amici.- sorrisi andando verso la porta,
-aspetta! Veniamo con te!- esclamarono i tre affiancandomi,(non capivo perché ma quel terzetto era iperprotettivo quella mattina). Potevo distinguere perfettamente i loro odori.
-non siate sciocchi, siete ancora in pigiama!- dissi liberandomi dalla loro presa. Probabilmente solo in quel momento si accorsero dei loro “pigiami” e che io nonostante tutto ero una ragazza. Risi.
******

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Capitolo 7
*** aiutare un amico. la notte aiuta ***


Aiutare un amico. La notte aiuta.
-Eli! Sei in ritardo!- mi sgridò Ronald, io feci spallucce.
-se continui così non entrerai mai nella squadra di karate!- lo rimproverai, lui si buttò a terra.
-allora non entrerò!- mi sdraiai nell’erba accanto a lui.
-non essere sciocco, so quanto hai lavorato per entrarci!- esclamai,
-e soprattutto so quanto ho lavorato io! quindi non puoi farmi questo!- scherzai subito dopo, lui rise con me.
-sai… ti invidio…- io ero perplessa, invidiare me?
-posso sapere l’assurdo motivo?- chiesi, lui sospirò,
-sei sempre allegra, sempre con tante persone attorno. Sai come aiutare tutti, e tutti ti rispettano!- risi fragorosamente,
-è così che tutti mi vedono?- chiesi, lui annuì,
-vuoi sapere la verità?- mi fissò perplesso,
-sono tutte cavolate! Anche io ho i miei momenti tristi, e in quei momenti, nessuno mi consola, nessuno è con me! Sono sempre sola quando piango! So come aiutare tutti solo perché riesco a prendere le cose con razionalità, non mi faccio trasportare dai sentimenti, e ti assicuro che non è una cosa conveniente. E per ultimo, tutti quelli che “mi rispettano” lo fanno solo perché sono sempre accerchiata di ragazzi e a volte lo sembro! E nonostante questo, ti stupiresti di quante lettere “d’amore” ricevo al giorno, solo perché qualche ragazzino crede di essersi innamorato di me solo perché l’ho aiutato ad alzarsi durante una partita!
-sei fantastica…- sospirò, io mi alzai,
-e tu sei uno scansa fatiche!- esclamai ridendo. Poi continuammo ad allenarci.
*********
Come al solito il locale era pieno. Ogni ragazzo o ragazza che entrava veniva a salutarmi. “Da Fiona” era diventato il ritrovo per tutti i ragazzi della città. I ringraziamenti del mio capo non erano mai abbastanza. Diceva che grazie a me quel locale era diventato il più famoso della città. Ma con tanti amici erano arrivati anche i piantagrane.
Il campanellino della porta suonò per l’ennesima volta avvisando che qualcuno era entrato. Il mio ex miglior amico, ex peggior nemico e attualmente coinquilino mi venne incontro.
-oggi sei sparita dalla circolazione!- si lamentò,
-avevo una cosa da fare…- risposi vaga servendo un tavolo.
-quando stacchi?- chiese meno arrogante,
-ehm… tra dieci minuti perché?- quel tono mi incuriosiva.
-… no, niente… ci vediamo a casa…- uscì dal locale, si comportava in modo misterioso.
**********
-per parlare abbiamo bisogno della mattinata eh?- chiesi sarcastica. Ormai ero sicura, quella di incontrarci tra la notte e il giorno in cucina sarebbe diventata un abitudine.
-credo che aiuti a schiarirsi le idee- disse senza distogliere lo sguardo dalla grande finestra. La luna non era ancora scomparsa, e il buio regnava.
-perché mi hai baciata quel giorno?- chiesi, lui arrossì,
-mi pia... mi piacevi... non sopportavo l’idea di lasciarti e di farti soffrire. Ma mio padre ci aveva abbandonati, e io ero troppo piccolo per capirne il motivo e per non sentirmi in colpa… e per un periodo pensai addirittura che fosse stato a causa mia… volevo lasciarti qualcosa che avesse un significato speciale… ma mi sono messo a piangere come uno sciocco appena incontrate le tue labbra- rise di se’ stesso.
-io però grazie a quello ho capito…- si voltò sorpreso verso di me,
-tu eri più maturo di me… io pensavo ancora che fosse qualcosa di schifoso…- feci una piccola risata,
-ma quando ho sentito le tue lacrime ho capito che, quel contatto aveva qualcosa di speciale… dolce e salato allo stesso tempo…- mi persi nei ricordi che affioravano, erano stati gli anni più spensierati della mia vita.
*********
-come al solito devo essere svegliato dalle vostre conversazioni notturne!- si lamentò Lucas entrando per ultimo in cucina. Eravamo già tutti seduti a mangiare.
-Laufa fi fafa’ afefando- mormorarono Giovanni ed Eric contemporaneamente, entrambi avevano la bocca piena. Risi vedendo la faccia perplessa di Lucas,
-Laura ti starà aspettando- tradussi addentando un cornetto. Dopo qualche secondo scoppiammo tutti a ridere, tranne la signora Finnegan che di quella storia non sapeva ancora niente.
*******

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Capitolo 8
*** Gelosia. forse per me non sei un nemico ***


Forse non sei un nemico... Gelosia.
-io… non voglio partire… voglio esserci quando papà si sveglierà-  ammisi a pranzo. La gita d’istruzione si avvicinava e mio padre non si era ancora svegliato. Giovanni sospirò,
-papà aveva già pagato tutto… sappiamo entrambi che è a causa nostra che ha dovuto lavorare così tanto… e ha lavorato perché tu andassi al “rifugio delle farfalle”…- abbassai lo sguardo, la famiglia Finnegan era in silenzio aspettando il verdetto. Nessuno osava parlare, sapevano che sarebbe stato inutile e inopportuno.
-ci andrò…- accettai in fine. Non ero per nulla convinta, ma lo dovevo fare per mio padre…
Poi, non c’era neanche la sicurezza che mio padre si sarebbe risvegliato…
*********
-Eric, sbrigati o perderemo l’autobus!- mi lamentai , il ragazzo addentò un cornetto, salutò tutti con un gesto della mano e mi seguì correndo verso la scuola.
***********
-ma quando si arriva?!- esclamò sbuffando una voce a me familiare sul fondo dell’autobus,
-Eric, ti lamenti da ore, smettila- sbuffai, grazie ad una forza a me sconosciuta, o ad un suo infallibile udito,  la mia risposta dalle prime file era arrivata al mio peggior  nemico\amico .
-da quando mi dai ordini?-  sussurrò una voce troppo familiare al mio orecchio, mi voltai di scatto per la sorpresa.
-come hai fatto a sentirmi?-  chiesi sorpresa tenendo una mano sul cuore, tentando di regolarizzare i battiti,
-non hai ancora risposto alla mia domanda- disse provocante,
-io ti ho sempre dato ordini e che non te lo ricordi- ghignai spostando lo sguardo avanti a me, lo sentii sorridere. Poco dopo ci accorgemmo dello strano silenzio attorno a noi. Tutta l’attenzione dei ragazzi era rivolta al nostro “discorso” in fondo solo pochi sapevano della nostra situazione.
-non sono abituati a vederci parlare… sarà stato uno shock- gli sussurrai sarcastica,
-io non ci ho nemmeno pensato-  ammise il giovane guardando perplesso gli altri, alla fine il nostro sguardo cadde sul professore. Anche lui era sotto shock come gli altri.
-prof, storia lunga!- esclamò il mio amico ridacchiando,
-e tu, vieni con me, non posso alzarmi ogni volta che mi insulti- disse tirandomi verso il posto libero vicino al suo.
***********
Il mio morale era sotto le scarpe. Tutti i miei amici si divertivano andando in giro per le cabine della nave “giocando a nascondino con i prof”. Io invece pensavo a mio padre.
Uscii dalla mia cabina, il rumore della porta fece spaventare tutti i ragazzi che rientrarono svelti nelle proprie camere. Ghignai. La prof invece era appena uscita.
-dovresti dormire, che ci fai qui fuori?!- mi chiese acida.
-non mi sento molto bene, posso uscire un po’ sul ponte?- chiesi facendo la faccia da cucciolo, lei mi guardò con sguardo severo.
-come ti chiami?-  chiese senza darmi una risposta,
-Elisa Fabiani- la donna impallidì di colpo, il mio nome probabilmente aveva fatto il giro della scuola da quel giorno all’ospedale.
-vai tranquilla…- mi sorrise, un sorriso tirato e falso, troppo falso.
*********
Guardavo le onde che s’infrangevano contro la nave, non si vedeva molto, e gli schizzi d’acqua mi bagnavano il volto, ma questo a me piaceva. Ero libera di essere chiunque, senza regole o qualcuno che giudicava. Inspirai a fondo quell’aria pulita, e immaginai di stare sognando. E al mio risveglio sarei tornata nel mio letto, circondata dalle mie cose e con mio padre al piano di sotto che aspettava impaziente la colazione.
Un forte profumo mi avvertii della presenza di qualcuno.
-oh, sei qui!- disse una voce a me conosciuta, e purtroppo conoscevo benissimo anche quel profumo.
-ehi… ti senti male?- chiese mettendomi una mano sulla spalla, io lo scostai voltandomi.
Lucidalabbra sulla maglietta, capelli scompigliati e profumo di D&G, Alessia Garretta… era lei l’unica ragazza a portare quel profumo così forte da poterlo riconoscere a metri di distanza.
-Alessia giusto?- chiesi per confermare i miei dubbi, lui sgranò gli occhi, era la mia conferma.
-Eli! Aspetta posso spiegare! Non è affatto come pensi! Ti giuro!- stavo per rientrare nella nave quando mi girai per l’ultima volta,
-non devi spiegarmi niente, non preoccuparti- sorrisi di circostanza e scappai dentro la mia cabina.
**********
-ma se è la casa delle farfalle perché dobbiamo starci noi?- chiese Fabrizio affiancandomi,
-beh… forse ci ospita nonna farfalla. I nipotini sono grandi e lei non ha niente da fare- supposi seria,
-e se invece ha un bel giovane nipote? Non sarebbe l’ora che ti sistemassi con un bel farfallo?- io storsi il naso,
-sto’ bene così, il farfallo te lo posso far conoscere se vuoi!- ghignai, lui iniziò a farmi il solletico a mo’ di vendetta.
***************
Avevamo visitato quattro monumenti storici della città, e in quel momento eravamo saliti sulla montagna per accamparci. Due giorni dopo saremmo tornati a casa.
-Eli… è tutto il giorno che il tuo telefonino squilla e che Eric ti cerca, mi sta’ assillando troppo! Rispondigli!- mi ordinò esasperata una ragazza che divideva la stanza con me. io sospirai. Poi guardai il cellulare, 60 chiamate perse. Non avevo voglia di asciugarmi i capelli, misi una pinzetta per levarmi il ciuffo davanti a gli occhi e uscii dalla camera. La vista era su un prato, tutti erano dentro le stanze a farsi la doccia e a prepararsi per la cena. Chiamai mio fratello.
******
-pronto?-
-ehi… Giova…-
-Eli?! Ma che per caso avete litigato tu ed Eric?- io strabuzzai gli occhi,
-p…perché?- balbettai,
-aveva una voce strana, depressa, Lucas dice che non l’ha mai sentito così-  sospirai,
-no, non preoccuparti, sarà solo stanco, nessuno ha dormito questi due giorni- minimizzai,
-mocciosa non puoi mentirmi, se avete litigato tentate di risolvere… tu hai bisogno di lui… beh, fatti sentire sta’ sera!- mi aveva spiazzato,
-devi smetterla di stare con Lucas, ti voglio bene! Ti chiamo sta’ sera!- chiusi la telefonata e respirai profondamente.
**********
La camera 223 era poco lontana dalla mia, arrivai davanti alla porta di legno massiccio, presi un respiro profondo e bussai.
-Ehi Fabri, puoi chiamare Eric per favore?- chiesi al mio amico, lui mi fece un sorriso a trentadue denti,
-finalmente! È troppo depresso!- esclamò sparendo dietro la porta ed uscendo un minuto dopo con l’altro giovane.
-vi lascio soli!- ridacchiò chiudendo la porta.
********
-Eli! Ti posso spiegare sul serio! Ieri io non ho fatto niente! Ti giuro, mi si è buttata al collo! Io ho sentito che tu stavi uscendo e  ho fatto di tutto per staccarla non… io non avevo intenzione di… con lei…- balbettava e parlava velocemente allo stesso tempo. io risi di cuore, la prima volta in quegli otto giorni di agonia.
-mi devi una chiacchierata alle 5 di mattina- ridacchiai, lui si calmò e mi sorrise, iniziava a piacermi il suo sorriso.
*******
Tutti attorno al grande falò ascoltavamo le storie dei nostri compagni.  Ero appena uscita dalla camera per prendere una felpa , ma quando mi avviai verso il sentiero per tornare dagli altri mi persi. Ero stata una stupida, non ero stata affatto attenta al percorso e con quel buio si vedeva poco e niente. La paura aumentava. Non sapevo da dove ero venuta e dove dovevo andare. Sopra di me fitte chiome di alberi mi oscuravano la vista. Attorno a me cespugli e rametti pieni di spine mi attendevano maligni.
“è la natura dell’uomo avere paura del buio, eppure il paesaggio è lo stesso, sia di giorno che di notte” mi ripetevo per tentare di rimanere calma. Ma fu’ tutto inutile, quando misi un piede in fallo caddi giù da quella che mi sembrava una strada troppo scoscesa per essere una strada, colpii qualcosa con la caviglia.
*******
Guardai in alto. Ero caduta giù per un pendio pieno di foglie secche e rametti affilati. Tentai di alzarmi per risalire il pendio ma una fitta alla caviglia mi costrinse a terra. avevo tutti i vestiti pieni di strappi e la pelle piena di graffi dovuti ai rami affilati. Sospirai rassegnata. Tenendomi la caviglia. Ero a qualche decina di metri dal mio gruppo. In quel pezzo di montagna la luna illuminava tutto. Non poteva succedermi niente se rimanevo lì.
*********
Ad un tratto sentii un rumore poco rassicurante. Trattenni un urlo quando qualcosa mi venne addosso.
-come fai a perderti sempre ovunque?!- mi chiese il mio amico\nemico esasperato sedendosi appiccicato a me, era anche lui pieno di tagli e graffi, ma nel suo sguardo non vedevo nemmeno l’ombra di preoccupazione. Ero senza parole. Poi un ricordo.
“Una bambina dai capelli rossicci stava passeggiando per un piccolo bosco quando ad un tratto iniziò a piangere. Non riusciva a trovare più il sentiero per tornare a valle. Poggiata su un albero e accovacciata su se stessa iniziò  a singhiozzare sommessamente.
-ehi…- sentii sussurrare davanti a lei. Alzò gli occhi speranzosa trovandosi davanti un bambino poco più alto di lei. Gli saltò al collo felice che qualcuno l’avesse trovata.
-m… mi sono persa…-ammise singhiozzando, il piccolo spaesato dopo un attimo si ricompose. La prese per mano e la riportò con il gruppo dell’asilo”
-qualcuno sa che siamo qui?- chiesi speranzosa guardandolo, lui scosse la testa,
-ti sei buttato qua sotto senza dire niente a nessuno?!- esclamai indignata, lui annuii guardando la luna. Poi si sdraiò sulle foglie respirando a fondo. Sembrava così rilassato nonostante la situazione.
-grazie…- sussurrai come rapita da quegli occhi così profondi, azzurri come il cielo, eppure in quel momento, illuminati dalla sola fioca luce della luna sembravano scuri come la notte.
-di cosa?- sospirò, il suo respiro lasciò una nuvoletta biancastra.
-di essere sceso nel baratro a farmi compagnia…- sorrisi, sdraiandomi come lui. Quella frase aveva più di un senso e lui lo sapeva.
*********
-che ne dici di provare a risalire?- chiese qualche minuto dopo, io lo guardai stranita, perché ci stava pensando solo in quel momento?
-io non posso…- sospirai sconsolata. Lui mi guardò perplesso,
-lo so- disse come fosse la cosa più normale del mondo, io alzai un sopracciglio e il suo sorrisetto sghembo mi fece capire tutto.
-no! non se ne parla!-  esclamai,
-dai! Che ti costa?! Vuoi tornare su? Si o no?- chiese non nascondendo un sorrisetto compiaciuto io sbuffai. Contro voglia mi feci prendere sulle spalle. Il suo profumo era lo stesso di molti anni prima, anche se era incredibile lo riconoscevo ancora.
-mi piace il tuo profumo- sospirai inconsciamente poggiando la testa sulla sua schiena, lo sentii ridacchiare,
-tu hai bisogno di dormire! E tanto anche! Stai delirando!- mi schernì, forse aveva ragione.
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Capitolo 9
*** ritorno alla normalità. la felicità alla fine torna, ma anche la malinconia ***


Ritorno alla normalità. La felicità alla fine torna, ma anche la malinconia.
Quel fastidioso bip iniziò ad aumentare la velocità, non sapevo cosa fare. Per fortuna una dottoressa mi raggiunse.
-che succede?- chiese mio fratello appena arrivato, io tenevo lo sguardo fisso su mio padre. Le sue palpebre si muovevano appena. Non riuscivo a parlare. I miei occhi erano lucidi.
Il giovane mi raggiunse, e quello che vide lasciò di stucco anche lui.
-p… papà- balbettammo, con le lacrime agli occhi,
-e… ehi…- balbettò lui aprendo completamente gli occhi. Lo abbracciammo continuando a piangere dalla felicità.
Il dottore dopo qualche accertamento ci lasciò il permesso di parlare con nostro padre.
Eravamo entrambi con le lacrime agli occhi e non ci preoccupammo di asciugarle. Avvisammo il lavoro per messaggio e entrammo nella stanza bianca.
**********
-oh ragazzi! Siete così cool con quell’espressione!- sorrise e noi facemmo lo stesso, poi lo abbracciammo,
-ci sei mancato papà… ci sei mancato tanto… papà…- singhiozzai, l’uomo ci abbracciò con la mano libera dalle flebo.
********
Entrammo con un sorriso più grande del nostro volto in casa Finnegan, presto saremmo tornati a casa.
-ehi!  ma che è successo? Non vi siete fatti sentire per tutto il giorno!- si lamentò Eric spuntando dalla sua camera. Io gli corsi incontro e lo abbracciai.
-mio padre si è svegliato! Sta bene!- esclamai al settimo cielo. Il giovane era sorpreso, come tutta la famiglia che si era riunita in corridoio.
-s… sul serio?- chiese Eric, io annuii,
-ma è fantastico!- esclamò la signora Finnegan seguita dai due figli. Quella sera ero euforica. Non mi accorsi neanche del rossore di Eric quando lo sciolsi dall’abbraccio.
*********
-dobbiamo festeggiare!- esclamò Lucas sorridente lanciando le chiavi della macchina a mio fratello neo patentato. Sorridemmo in contemporanea.
Diretti chissà dove sulla macchina della signora Finnegan cantavamo a squarciagola ogni canzone che capitava alla radio. Ridevamo senza motivo come ubriachi. Non mi sarei sorpresa se i carabinieri ci avessero fermati.
Dopo aver fatto il giro di tutta la città ci fermammo nel parco vicino a casa Finnegan. Correvamo ridendo e scherzando. Ci sentivamo finalmente liberi da quel dannato peso che ci aveva bloccato a terra.
-ragazzi, vi ringrazio, per tutto- sospirò mio fratello gettandosi sull’erba.
-di niente fratè!- ridacchiammo per la risposta di Lucas e ci sdraiammo con loro.
-quando tornerete a casa?- sussurrò con una nota malinconica Eric guardando le stelle, Lucas e Giovanni si voltarono verso di lui non capendo, io invece rimasi a scrutare il cielo.
-vogliamo trasferirci già domani… per mettere a posto le nostre cose e pulire tutta la casa prima dell’arrivo di papà…- dissi, anche io un po’ triste,
-quindi niente più chiacchierate alle cinque di mattina eh?- sorrise malinconico il giovane.
-né  pancake, cornetti e marmellata a colazione…- rincarò Lucas,
-mi mancherete ragazzi…-
-non deve tornare tutto come prima…- dissi io guardando Eric,
-non potrebbe, ormai sei come una sorellina per me! una seconda sorella!- poi ridacchiò, da quella battuta iniziò una battaglia tra chi si rincorreva, chi si faceva il solletico ed infine stremati tornammo a buttarci sull’erba umida.
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Capitolo 10
*** niente è perduto. tutto cambia, si trasforma ma non si distrugge ***


Niente è perduto, tutto cambia, si trasforma non si distrugge.
-papà, ci vediamo dopo, non ti affaticare, ti voglio bene!- sorrisi e diedi un bacio a mio padre,
-mangia solo ora e a metà mattinata quello che ti ho lasciato sul bancone in cucina! Non strafare!  Ti voglio bene!- esclamò mio fratello.
-vi voglio bene! Non stancatevi troppo!- ci sorrise nostro padre.
Eravamo tornati da due settimane a casa nostra. Tutto sembrava tornato alla normalità.
-Eli! Giova!- chiamò Lucas dall’angolo della strada, io sorrisi.
-buongiorno, ha già cominciato?- chiesi impaziente,
-si, è andato via ora- io sbuffai,
-doveva aspettarmi- borbottai, i due risero. In lontananza vidi due ragazze che si avvicinavano,
-vi lascio ai vostri “affari” ci vediamo!- esclamai ridacchiando, loro distolsero lo sguardo dalle ragazze imbarazzati. Mi divertivo sempre a prenderli in giro.
*********
Corsi verso il retro della scuola dove c’era il campo da calcio. Raggiunsi il mio amico in meno di qualche minuto,
-dovevi aspettarmi!- mi lamentai abbracciandolo da dietro,
-oggi ti sei svegliata bene eh?- chiese riferendosi al mio tono dolce e per niente arrabbiato. Io arrossii. Da quando non abitavo più a casa sua ci incontravamo tutte le mattine ai suoi allenamenti, poi a ricreazione, dopo la scuola, al bar dove lavoravo, ed infine spesso la sera al parco. Ormai le nostre famiglie e i nostri amici ci avevano fatto l’abitudine, ma non mancavano le solite battutine. Ma c’era una cosa che non avevo ammesso con nessuno, anche se tutti l’avevano capito. Non solo non odiavo più Eric ma... lo amavo. Si, mi ero innamorata del mio miglior amico/nemico di sempre. Eppure pensavo di essere confinata nel “livello amica” per sempre.
********
-che c’è?- chiese visto il mio mutismo, arrossii ancora di più.
-la ragazza di tuo fratello è proprio simpatica!- dissi cambiando discorso,
-simpatica? È una gn...- gli diedi un pugno sulla spalla prima che potesse fare apprezzamenti poco consoni sulla ragazza di suo fratello.
-volevo dire che è una bella ragazza perfetta per lui...- disse fingendosi dolorante e massaggiando il braccio “leso”. Io ridacchiai.
-chi è una bella ragazza?- chiese interessato al discorso Fabrizio,
-la ragazza di mio fratello è una gnoc...- lo bloccai ancora una volta,
-io vado da Ronald! Ci vediamo ragazzi!- salutai, neanche il tempo di voltarmi che mi ritrovai tra le braccia di Eric.
-ehi... scherzavo... non ti sarai mica offesa...- mi sussurrò all’orecchio con la sua voce suadente. Ci volle tutto il mio autocontrollo per non sciogliermi nelle sue braccia e per rispondergli in modo tranquillo.
-ma smettila dongiovanni!- dissi ridacchiando liberandomi dalla sua stretta poi mi avviai verso il mio compagno di classe nonché amico Ronald che era ormai a pochi metri di distanza che si godeva la scena ridendo senza contegno come l’amico dietro di noi.
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Capitolo 11
*** voglio essere il suo pensiero ***


voglio essere il suo pensiero
-da quando la mia figlioletta ad posto di studiare sta nel mondo delle nuvole?- chiese mio padre dietro di me, io saltai letteralmente in aria facendo scoppiare una sua risata. Quanto mi era mancata.
Sospirai,
-da quando ho capito di essere un caso perso- risi di me stessa, quante altre ragazze avrebbero detto la stessa cosa?
-oh, e lo hai capito solo adesso?- mi schernì, quanti padri avrebbero detto la stessa cosa? io ridacchiai ancora.
-già...- sospirai portando ancora una volta lo sguardo alla finestra,
-sai, quando io e tua madre eravamo ancora ragazzi ci fu un periodo in cui lei era esattamente come te. Era cambiata, non che fosse la prima volta che la vedevo in quello stato, ansi, però quella volta mi sembrava diversa, un giorno non resistetti e le chiesi cosa avesse- si era perso con la mente chissà dove e chissà quando in mezzo ai suoi ricordi , io lo ascoltavo, mi piacevano sempre le storie che riguardavano mia madre.
-mi rispose con una semplice frase... mi disse:  “sai Edo, quando le donne sono sempre perse nei loro pensieri e perché in realtà vogliono essere nei pensieri di qualcun altro...”  era così bella, sotto la luce del tramonto, con quella strana luce che le illuminava gli occhi. Ammetto che amavo anche quando mi chiamava Edo, ansi, l’amavo, amavo lei e basta. Quindi forse le mie percezioni erano state un po’ traviate. Ma io incosciente e forse un po’ masochista visti i miei sentimenti per lei continuai a chiederle di chi volesse essere il pensiero. Lei mi sorrise dolcemente, come solo lei sapeva fare. Poi rise, “hai ancora molte cose da imparare eh amico?” mi chiese dolcemente. Ci volle poco, ma per fortuna riuscii a non sciogliermi ai suoi piedi- io ridacchiai, era lo stesso pensiero che avevo fatto io quella stessa mattina.
-al ballo della scuola qualche mese dopo ci mettemmo insieme, voleva essere nei miei pensieri, ma non sapeva di esserci da un bel po’- mi sorrise, e io feci lo stesso.
-e tu Eli? Di chi vuoi essere il pensiero?- mi chiese semplicemente, io sorrisi,
-penso tu abbia già la risposta eh Edo?- lui mi sorrise poi mi scompigliò i capelli,
-il tuo miglior amico/nemico non sa’ cosa si perde- ridacchiai, poi tornai ai miei compiti abbandonati sulla scrivania da un pezzo.
**********
-papà! Io vado a lavoro! Ciao!- esclamai davanti la porta d’ingresso, non avevo neanche il tempo di salutarlo,
-tuo padre è andato a fare una passeggiata nel parco- mi avvisò una voce conosciuta, io rimasi immobile per la sorpresa.
-lo ammetto, mi sei sembrato un serial killer all’inizio- dissi senza distogliere lo sguardo dalla porta d’ingresso, sentivo nettamente i passi di Eric che si avvicinavano.
-come sei entrato?- chiesi tentando di non far notare la mia reale agitazione,
-ci siamo incontrati sulla porta, volevo accompagnarti a lavoro... ma chi ti dice che io non sia un Killer?- chiese abbracciandomi come quella mattina.
tu mi ucciderai se continui così! Pensai, poi cercai qualcosa di meno compromettente da dire.
-sei un serial Killer?- chiesi,
-no...- mi sussurrò nell’orecchio facendomi rabbrividire. Perché continuava a fare così?!
-me... lo hai detto tu che non sei un killer allora...- misi tutta me stessa per non balbettare.
-potrei mentire...- continuò soffiandomi sul collo, stava esagerando, non capivo dove voleva arrivare, ma ammetto che era dannatamente piacevole quella conversazione.
-mi fido, però se sei un killer uccidimi subito se no faccio tardi al lavoro! Me la dovrò fare a corsa- dissi facendo con enorme dispiacere un passo avanti, lui si mise accanto a me e poi porse una mano sorridente.
-andiamo?- chiese ghignante, quello sguardo significava una sola cosa. Usciti da casa ci mettemmo a correre e a ridere, come due bambini.
*********
Aspettavo che mio fratello finisse il turno per andare a casa, la sua nuova ragazza aveva finito da un’ora e lo aspettava con me.
-beh, ammetto che è strano, è certo che ci sta’ provando da un lato e che siete amici dall’altro... penso che dovrei conoscerlo prima di dare qualche giudizio...- disse lei pensierosa parlando di Eric. Da quando era diventata la ragazza di mio fratello eravamo diventate amiche. Lei mi parlava dei problemi di lavoro, con la sua famiglia e con quel testone di mio fratello, mentre io le chiedevo consigli riguardo al mio “miglior amico/nemico sempre nei miei pensieri da un bel po’”.
-oggi verranno anche lui suo fratello e la ragazza di suo fratello, quindi lo conoscerai...- dissi abbattuta. Sapevo che in quella serata le battute e i momenti imbarazzanti sarebbero fioccati.
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Capitolo 12
*** La cena. inizio della fine o semplicemente, inizio? ***


La cena. Inizio della fine o semplicemente inizio?
Erano le otto quando la famiglia Finnegan si presentò alla nostra porta. Tutti eleganti per festeggiare non si sa’ che.
Mio padre salutò le donne con un baciamano, elegante come al solito e le scortò nel salone, mentre dopo un saluto mandò i ragazzi da me e mio fratello in cucina con un occhiolino.
-che nessuno dei due tocchi niente- dissi io chiara, i due rimasero impalati sulla porta a fissarmi,
-che c’è?- chiesi non capendo il motivo di quell’espressione,
-penso sia per come ti sta’ il vestito-  sorrise Aurora la ragazza di mio fratello. Io arrossii. Il vestitino bianco semplicissimo, forse un po’ troppo corto, mi calzava a pennello, anche se non avevo mai messo niente del genere mi ci trovavo veramente bene. Eppure, i loro sguardi scrutatori mi mettevano a disagio.
-smettetela di guardare mia sorella come cani randagi che vedono un osso e portate questi piatti a tavola!- disse innervosito mio fratello,
-oh no, io non mi levo da qui! Non è da tutti giorni una vista simile!- sorrise compiaciuto Eric continuando a squadrarmi.  Io arrossii ancora di più.
***********
-vai moccioso! Se non vuoi finire male!- continuò mio fratello spingendolo fuori dalla stanza, il giovane sorrise sghembo, poi mi lanciò un occhiata che mi fece ricordare una cosa.
Scoppiai a ridere dimenticando l’imbarazzo provato qualche secondo prima, e anche il mio amico lo fece, gli altri ci guardarono perplessi,
-abbiamo già fatto una cosa simile eh?- scherzò Eric per poi uscire dalla cucina, solo allora mio fratello ricordò.
Una bambina dai capelli rossicci giocava sulla spiaggia con alcuni suoi amichetti quando accanto a loro si presentò un bambino da gli occhi Azzurri e freddi, con un costumino che non gli piaceva proprio.
- Ice!- esclamò la bambina saltandogli al collo,
-che bello che sei venuto!- sorrise. Il piccolo la squadrò come faceva sempre,
-ti piace il mio costumino? Me l’ha comprato il mio papà!- esclamò fiera la piccola,
-è molto bello- ammise il piccolo continuando a fissare la rossa, ad un tratto però un bambino di molto simile alla bambina ma molto più grande si mise in mezzo.
-se non smetti di guardarla in quel modo ti butto in acqua!- minacciò, il bimbo non si lasciò intimorire, sorpassò il più grande e si mise a giocare con gli altri.

La cena era appena iniziata e la signora Finnegan non poteva non fare un apprezzamento sulle belle tre coppie di giovani innamorati. Scatenando naturalmente il rossore sul volto di tutti e sei.
-devo farvi i complimenti, siete davvero ottimi cuochi- si complimentò  Laura  sorridente. Lo ammetto, quei ragazzi avevano ottimi gusti in fatto di ragazze. E non solo perché mi riempivano di complimenti!
-con un padre del genere o lo diventi o muori avvelenato!- scherzammo contemporaneamente come se l’avessimo studiata. Tutti scoppiarono a ridere.
-ma senza di me voi non sareste diventati mai così cool!- disse incrociando le braccia. Con nostra sorpresa nessuno scoppiò a ridere. Ansi! Tutti concordarono.
-ehi Giova, penso che non stesse scherzando...- dissi fintamente allarmata a mio fratello seduto di fronte a me, lui mi guardò con altrettanto allarme nel viso.
-allora siamo proprio perfetti-  sorridemmo sapendo di aver scatenato un'altra risata generale. Le nostre scenette erano sempre perfette, e sono modesta!
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Capitolo 13
*** rincorrere un ragazzo geloso: Si, sei il più grande idiota della storia ***


Rincorrere un ragazzo geloso: sei il più grande idiota della storia
Fu’ una serata tutto sommato piacevole, ma il crollo avvenne appena mettemmo il dolce a tavola.
-ai miei fantastici e bellissimi figlioli!- esclamò la signora Finnegan mezza ubriaca alzando il bicchiere,
-e ai miei! Che tutti e quattro possano ricevere ancor più lettere da ammiratrici e ammiratori- esclamò mio padre anche lui mezzo brillo. Dopo qualche secondo che mi accorsi averlo trascorso in apnea Laura, Aurora e Eric si alzarono dal tavolo,
-scusate...- dissero in contemporanea, i tre afferrarono i cappotti e uscirono di casa.
-dannazione!- esclamammo in contemporanea Lucas, Giovanni ed io alzandoci da tavola.
Prendemmo i cappotti rimasti.
-non dovrei essere io quella che deve inseguire un ragazzo estremamente geloso o sbaglio?!- esclamai uscendo di casa, su quel punto ci trovammo tutti d’accordo ma non avevamo tempo di parlare.
********
Mi misi a correre verso la figura di Eric che aveva fatto già molta più strada di me.
-perché fai così?!- chiesi esasperata mettendomi avanti a lui. Era il momento di scoprire gli altarini.
-perché?! Ci sono un sacco di ragazzi che ti sbavano sempre dietro e tu mi chiedi perché!?- disse alzando il tono di voce. Non mi feci intimorire.
-si, un amico dovrebbe essere felice di questo, o sbaglio?- chiesi ormai sicura di ciò che dovevo dire,
-si... un amico...- disse abbassando il tono della voce ma sempre con un cadenza infastidita,
-siamo amici noi giusto?-
-ma non capisci?! Io non riesco più ad esserti solo amico!- esclamò alzando di nuovo il tono della voce. Non volevo farmi illusioni sul suo comportamento, ma ciò che provava per me era ormai palese.
-d... davvero?- chiesi, ok avevo letteralmente il cervello in pappa. Ma non era colpa mia, se mi perdevo nei suoi occhi oltre che nella sua voce per me era finita.
-senti, lo so che per te sono solo un amico, ma non posso resistere più, ma non voglio neanche essere uno di quei tanti idioti che ti riempiono di lettere sdolcinate solo perché non hanno il coraggio di parlarti guardandoti negli occhi. quindi.- alzò lo sguardo serio e deciso,
-Ti amo, Elisa Fabiani sto’ impazzendo a causa tua. Da quando non abiti più a casa mia mi sento dannatamente perso. La notte non dormo, e quando dormo ti sogno. Ho voglia di stringerti, di baciarti... dannazione ho voglia di te! E passerò come il più grande idiota della storia...- disse quest’ultima frase abbassando nuovamente lo sguardo, non era riuscito a controllarsi, ma quelle parole mi avevano letteralmente shoccata, lui aveva i miei stessi sentimenti.
*********
-hai ragione, passerai per il più grande idiota della storia...- dissi avvicinandomi,
-non hai ancora capito? sto impazzendo a causa tua,da quando non abito più da te mi sento persa. Sono sempre e perennemente tra le nuvole, ogni volta che mi stringi, che mi parli, che mi guardi... ho voglia di te... ho voglia del più grande idiota della storia... Ti amo- dissi, i nostri sguardi erano incatenati, ci avvicinammo lentamente. Troppo lentamente dopo aver bramato quel bacio da troppo tempo annullai le distanze.
-ti amo...- soffiò sulle mie labbra, per poi approfondire il bacio.
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Capitolo 14
*** Poterti avere (ultimo capitolo) ***


Poterti avere
Quella mattina Eric non aveva gli allenamenti e decidemmo di ritrovarci direttamente a scuola.
Davanti al cancello il gruppo dei miei soliti amici chiacchierava.
-Buongiorno- sorrisi cordiale come sempre. Nessuno a parte la mia famiglia sapeva ancora della novità della sera prima.
-ehi, ma sei ancora arrabbiata con Eric per il fatto di ieri?- mi chiese Ronald curioso, il giorno prima ero andata direttamente a casa senza aspettare nessuno, dovevo andare a lavoro prima per avere più tempo dopo per prepararmi per la cena. Ma questo loro non lo sapevano.
-oh no, non preoccuparti- sorrisi scacciando l’idea con la mano.
In quello stesso momento venni afferrata da qualcuno alle mie spalle e mi ritrovai a fissare gli occhi azzurri del mio ormai ragazzo.
-ti sono mancato?- soffiò sulle mie labbra prima di baciarmi, un risveglio così lo sognavo da un sacco di tempo. Quello era tutto ciò che volevo.
Quando ci staccammo mi accorsi di un surreale silenzio attorno a noi, mi voltai, l’intera scuola ci fissava sbigottita.
-me li hai shoccati...- gli sussurrai all’orecchio,
-non m’importa, ho aspettato tanto questo...- sorrise,
-di poterti vantare?- chiesi non capendo, lui mi sorrise compiaciuto,
-no, di poterti avere- poi riprese a baciarmi.

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e finalmente abbiamo finito!!! ringrazio chiunque sia arrivato fin quì!! recensite!!

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