Dritto al cuore.

di agnem
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


1
 
‘Le persone non si aspettano, i treni si aspettano. Alle persone si va incontro.’

Dire addio non è mai stato facile, ancor di più se non si è abituati a farlo. Per Rick il problema non si era mai posto, non aveva mai cambiato casa, mai cambiato scuola, città o amici, e non si era nemmeno mai verificato un evento che gli potesse far provare la sensazione dell’addio. 
Era una mattina di maggio, il Sole si faceva di giorno in giorno più caldo e il cielo che lo incorniciava era sempre più azzurro e sempre più limpido. Niente avrebbe potuto rovinare una giornata così.  Rick, seduto alla scrivania del suo ufficio, contemplava la vista delle cime dei grattacieli che risplendevano al Sole completamente assorto nei suoi pensieri, quasi ipnotizzato da quella luce, tanto da sospirare di tanto in tanto, fissando costantemente un punto e alzando il sopracciglio destro, come era solito fare quando pensava a qualcosa di serio, di importante. Nato e cresciuto nell’immensa Dallas, in Texas, ed ora, a 23 anni, lavorava come tirocinante presso un importante Ufficio Legale. Si era laureato in giurisprudenza con il massimo dei voti, ed era entrato automaticamente nel programma di formazione post-laurea che gli avrebbe poi aperto le porte di qualsiasi società avesse voluto. Andava fiero del suo percorso, del suo lavoro e di ciò che rappresentava quel tirocinio: indipendenza dalla sua famiglia, soddisfazione per i sacrifici che avevano fatto i suoi genitori per farlo studiare, ma soprattutto rivincita su chi diceva che non sarebbe diventato nessuno, rivincita su chi diceva che non sarebbe mai riuscito a preparare un esame universitario. Era quello a cui pensava guardando il cielo, quando entrò il suo responsabile, il signor Dalton, in procinto di dargli una notizia che avrebbe sconvolto radicalmente la sua vita. Il suo destino apparentemente già segnato e spianato avrebbe potuto essere solamente in discesa, completamente senza ostacoli, ma il destino se ne frega di ciò che è e comincia a prendere decisioni al tuo posto. 

Valerie sedeva in classe, sguardo assente, la testa altrove. Non aveva mai amato andare a scuola, anche se la sua passione per le lingue l’aveva fatta desistere dal mollare. In cinque anni di liceo, era riuscita a legarsi solo a quattro persone, Amber, Paige, Becca eElla, le uniche quattro persone semplici e simpatiche, al contrario del resto dei suoi compagni, figli dell’apparenza e della superficialità, a cui interessava solamente schedare e prendere in giro gli ‘sfigati’. Fortunatamente Valerie e le sue amiche ne erano sempre rimaste fuori, ringraziando di essere completamente diverse dal resto della massa. E poi c’era Carol, la sua vicina di casa, la sola amica che aveva da più di cinque anni. Purché fossero tutte molto legate, il rapporto con Amber era quello più stretto: lei era diversa dalle solite amiche, lei era una di quelle che sapeva risollevarti il morale solamente con una parola, un discorso, un commento. Le amiche avevano il sorprendente potere di riportare l’allegria nel cuore di Valerie, sempre così chiusa in se stessa. Quella mattinata, in particolare, era una di quelle in cui Valerie sentiva le compagne parlottare fra loro sui fini settimana a casa di una o dell’altra all’ennesima festa a cui non era stata invitata e rimpiangeva tutte le volte il fatto di non essere come loro, di non essere abbastanza ‘figa’ per entrare a far parte del loro giro. A quei pensieri generalmente sarebbero seguite le autoconvinzioni di essere molto meglio di un paio di galline senza cervello e senza il minimo senso della decenza, a casa, poi un pianto liberatorio sulle note dei Coldplay e infine una doccia bollente per mandare via i segni di un’altra giornata da dimenticare. Amber sarebbe stata li, in un modo o nell’altro, a consolarla, facendole l’imitazione di qualcuna di quelle oche, risolvendo così un’altra situazione critica che si sarebbe aggiunta al resto del carico di incertezza che Valerie si portava dietro. Quella era l’amicizia perfetta, secondo Valerie: gli abbracci non avevano senso per lei, non erano una manifestazione d’affetto; il vero affetto era quello che proveniva dalle parole di qualcuno che tenta di infonderti coraggio con il solo potere di un ‘’tu sei migliore di tutte loro’’. Valerie desiderava con tutto il cuore che un giorno quelle ragazze che la ignoravano e la prendevano in giro cominciassero ad essere gelosa di lei, di quello che faceva, di chi frequentava, giusto per poterle ignorare come loro avevano fatto con lei.
Erano quelli i pensieri che affollavano la testa di Valerie mentre sentiva discorsi senza senso su ‘un paio di scarpe che devo avere assolutamente’, ma quella volta no, non ci sarebbero state lacrime, ma solo un sacco di risate con le amiche. Valerie viveva nella periferia di Irving, altrimenti detta Ovest di Irving con sua madre Rachel,infermiera, suo padre Vin, sceriffo e suo fratello minore Ed. Le piaceva a vivere li, anche se l’ambiente le rimaneva un po’ stretto: sempre le stesse facce, sempre i soliti posti, sempre tutto uguale. Aveva bisogno di novità, di respirare aria nuova, di cambiare le sue abitudini.

-Ragazzo, ci sono novità.
Disse il signor Dalton in tono abbastanza serio
-Mi dica
Replicò Rick distogliendo lo sguardo dalla finestra.
L’uomo gli porse una lettera sigillata che recava il logo dell’ufficio. Rick cominciò a leggere, serio e preoccupato. 

“Signor Richard Oliver Benson,
date le sue notevoli qualità, i dirigenti dello Studio Legale di Dallas hanno ritenuto opportuno mettere alla prova le sue conoscenze trasferendo in via definitiva presso il comando dello sceriffo ad ovest di Irving, Texas.
Questo le permetterà non solo di fare esperienza, ma soprattutto di aggiungere notevoli informazioni al Suo curriculum vitae.” 

-Mi dispiace. Non era mai stata presa questa decisione. Per qualsiasi domanda, rivolgiti pure a me. Ti sembrerà retorico, ma mi dispiace davvero.
Ripeté il signor Dalton.
Rick fece cenno che non doveva preoccuparsi, d'altronde non era colpa sua se volevano decentrarlo ad Irving.
-Ovest di Irving? Ma è lontanissimo da qui! Quindi significa che devo trovarmi casa.
-La parte ovest di Irving sta diventando una specie di paese a sé stante, hanno bisogno di funzionari, ed è per questo che hanno deciso di mandarti lì: potrai mettere in pratica tutto quello che hai imparato qui e farti le ossa in caso tu voglia poi aprire un tuo studio personale. Non la prenderei come una notizia del tutto negativa.
-Si, ma dovrò andare a vivere là. Come faccio?
-Di quello non ti devi preoccupare. Il comando possiede, sopra gli uffici, alcune camere destinate allo sceriffo e al vice, e siccome sarai a tutti gli effetti il vice sceriffo, vista la laurea, avrai diritto a vivere lì. Il tuo superiore vive a un isolato dal comando, in qualsiasi momento tu avrai bisogno, lui sarà da te per aiutarti.
In un secondo, la vita di Rick era passata da ‘molto facile’ a ‘molto complicata’. Avrebbe dovuto lasciare tutto e diventare un uomo. 

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


2
‘It’s time to begin, isn’t it?’
 

La scuola stava per finire, i test e le interrogazioni si erano infittiti, tanto da non lasciare a Valerie il tempo per staccare la spina e rilassarsi. Non riusciva più neanche a ritagliarsi cinque minuti per ascoltare qualche cd o uscire a fare quattro passi. L’unica cosa che riusciva a portare avanti era la scrittura: amava inventare storie, scrivere delle sue giornate, appuntare pensieri sparsi. Il diario che custodiva tra il materasso e la rete del letto conteneva un racconto di quasi tutti i giorni, assieme a pensieri sulle cose che le erano successe, emozioni provate e quant’altro. Stranamente quel pomeriggio non aveva grandi compiti da fare, così, dopo aver ultimato gli esercizi di matematica, decise di uscire a fare una passeggiata. Cuffie nelle orecchie, occhiali da sole e via: il sole splendeva ancora, un leggero venticello faceva venir voglia di stendersi a prendere il sole. Giornate così erano perfette per camminare, rimanere soli con i propri pensieri e ascoltare buona musica. Solitamente Valerie preferiva percorrere strade poco frequentate piuttosto che il centro, non che fosse una persona solitaria, ma solamente voleva impiegare il suo tempo senza avere troppa gente attorno. Doveva riprendersi dopo tutti quei giorni di intenso studio.
Le ore che trascorreva fuori casa la rilassavano, la facevano riflettere, le chiarivano le idee. Ed era per questo che alle prime avvisaglie prendeva e usciva. Ormai i suoi genitori avevano imparato a conoscerla, così non facevano domande.
Così quel pomeriggio l’aveva trascorso in completo silenzio, con la sola compagnia della sua musica. Tornando a casa, circa due ore dopo, era passata dal padre in ufficio. Aveva un buon rapporto con Vin, erano molto simili caratterialmente, non litigavano mai, a differenza del rapporto che aveva con la madre, a volte molto distanti e in lite.
Il comando dello sceriffo si trovava sulla strada principale di Irving ovest, era un vecchio edificio risalente ai primi anni del ‘900 che prima degli uffici aveva ospitato la prima scuola di Irving. Da fuori sembrava un edificio relativamente nuovo, mentre all’interno le pareti di sasso e la grande scalinata che portava al piano superiore rendevano l’ambiente formale, ma allo stesso tempo abbastanza freddo. Passando davanti alle finestre aperte, Valerie vide il padre intento in una chiamata molto importante: l’espressione sul viso di lui era impassibile e la vena sulla sua fronte era più pronunciata del solito. Vedendo la figlia entrare nell’edificio la salutò con un breve sorriso facendole cenno di aspettare fuori dall’ufficio. La chiamata si concluse di lì a poco, così si affacciò dalla porta salutando la figlia con un bacio.
-Qual buon vento! Già finito i compiti?
-Affermativo.
-Eri a fare una passeggiata?
-Si, sono in giro da più di due ore. Volevo solo farti un saluto. Ora vado a fare una doccia prima che torni mamma. Vedi di non lavorare troppo!
-Va bene tesoro. Cuciniamo noi stasera?
Chiudendo la porta dietro di sé Valerie gli sorrise in risposta. Lo adorava.
 
La confusione che regnava nella testa di Rick gli impedì di continuare a lavorare. La sua vita stava cambiando radicalmente, e lui non poteva assolutamente fare nulla. Avrebbe dovuto lasciare la sua famiglia, i suoi amici e Beth, la sua ragazza.  Ultimamente le cose tra loro andavano meglio del solito, ma adesso ci sarebbero stati quasi 400 km di distanza, più i turni che avrebbe dovuto fare e tutto il resto. Sarebbe dovuto partito l’indomani molto presto, doveva tornare a casa e fare i bagagli, salutare tutti e cercare di dormire, per quanto fosse possibile, dato che avrebbe dovuto affrontare un viaggio infinito in macchina.
Uscito dall’ufficio, prese il primo taxi disponibile e si fece portare nella caffetteria in cui lavorava Beth, si sedettero ad un tavolo e parlarono. Beth rimase impassibile alle parole di Rick, quasi come se quella notizia fosse una liberazione per lei.
-Non durerà, tanto vale che la finiamo qui, senza tante sofferenze.
Le sue parole erano senza sentimento. Sembrava quasi che non le fosse mai importato di Rick, come se con lui avesse solo giocato.
Lasciò il locale senza dire una parola, troppo ferito per dirle qualsiasi cosa. Il passo più ‘doloroso’ era ormai fatto, non restava che dirlo ai suoi genitori.
Anche per loro fu una notizia devastante: Rick era figlio unico, e saperlo così lontano li rattristava molto, ma doveva andare, non era più un bambino. Doveva crescere e imparare a camminare da solo. Prima di salire in camera sua, li abbracciò forte, lasciando scendere qualche lacrima.
 
La cena in casa di Valerie aveva preso una piega piacevole, c’era dell’armonia tra i commensali quella sera: nessun litigio e nessun lamento, ma solo risate e vero spirito di famiglia. In casa sua capitava una volta all’anno, ma in un certo senso il fatto di trascorrere ogni giornata in modo differente dall’altra le piaceva: le famiglie troppo perfette non esistevano, era tutta apparenza, solamente soffocare il proprio essere. Così si fece l’ora per Valerie per andare a letto, animo leggero e pronto ad un’altra giornata faticosa.
 
Quella notte Rick non chiuse occhio. ‘Non posso andarmene, non possono farlo.’ Non riusciva a pensare ad altro, era come se l’avessero condannato all’esilio senza possibilità di ritorno. Quello di vice sceriffo non era un compito semplice, lui lo sapeva bene: suo nonno paterno, prima di trasferirsi a Dallas per sposare sua nonna, faceva lo sceriffo. Era un lavoro pieno di responsabilità, non era uno scherzo. ‘Si aspettano troppo da me. E se non ne fossi all’altezza? E se fallissi?’. Troppe domande affollavano la sua testa, domande a cui ovviamente non riusciva a trovare risposta, e appena riuscì a prendere sonno, suonò la sveglia.
Erano le quattro e mezzo di mercoledì mattina, fuori il cielo si stava leggermente rischiarando, ma faceva ancora freddo. Rick ancora con la testa sul cuscino caricò la macchina di valigie, sacche e buste. Apparentemente tutta la sua vita entrava dentro una macchina, ma la realtà era che riusciva a portar via solo la parte più piccola dei 23 anni passati a Dallas, quella fatta dalle cose materiali, vestiti, scarpe, fotografie..mentre la parte più grande sarebbe rimasta lì, nella sua città, tra la sua famiglia e tutte le persone che gli volevano bene. Tornò per l’ultima volta dentro quella casa per salutare i suoi genitori, chissà quando ci avrebbe rimesso piede…
Salì in macchina senza fiatare, l’agitazione per ciò che lo aspettava cominciò a farsi sentire, dapprima lieve poi sempre più marcata. Volendo evitare di pensare, accese la radio, così si mise a cantare una tra le sue canzoni preferite, Livin’ on a prayer di Bon Jovi.
Intanto, la strada per arrivare ad Irving diminuiva, lasciando dietro di sé una vecchia vita.
 
‘We've got to hold on to what we've got/'Cause it doesn't make a difference/If we make it or not /We've got each other and that's a lot /For love - we'll give it a shot’

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


3
‘The first time ever I saw your face I thought the sun rose in your eyes’

 
Finalmente un pomeriggio con le amiche. Non c’era migliore compagnia in assoluto di Amber e Carol per potersi godere una chiacchierata e quattro passi, dato il loro spiccato senso dell’umorismo e la loro irrefrenabile voglia di raccontare ogni minimo avvenimento importante. Valerie era molto legata a loro perché erano state le uniche ad aver creduto in lei e non averla mai abbandonata.  Carol, in particolare, era stata la prima amica in assoluto ad Irving, dopo che si era trasferita dalla periferia. Lei era dolce, calma e protettiva, al contrario di Amber, molto più casinista e incline all’ironia; insieme, però, le due ragazze si completavano. Era sabato pomeriggio, un caldo sabato pomeriggio, niente e nessuno avrebbero potuto rovinare una giornata così perfetta. I giardinetti vicino casa di Valerie erano il posto perfetto per un gruppetto di diciottenni che non riuscivano a stare zitte: avevano, tutte e tre assieme, il potere di sviare tre discorsi tutti in una volta e concluderli tutti e tre nel giro di poco. Cosa per un uomo completamente infattibile.
 
Ormai Rick era quasi giunto a destinazione. Non voleva perdersi, così uscendo dall’autostrada rallentò e contemporaneamente accese il GPS. 10 km più avanti la strada statale si interrompeva lasciando il posto all’entrata di Irving ovest. Guardandosi attorno Rick cominciò a maledire quella mente che aveva voluto spedirlo lì: nessun grattacielo, nessun centro commerciale, nessuna catena di negozi, niente. Tutto ciò che vedeva erano negozi situati in palazzi vecchi, edifici in costruzione, piccole villette, un cinema chiuso e una rotonda che imponeva la svolta a destra dove si trovava, oltre ad un gran numero di case, anche la stazione dello sceriffo. Alcuni metri dopo si ritrovò davanti l’edificio che ospitava il comando, così accostò e scese, portandosi dietro la lettera di presentazione che l’ufficio Legale di Dallas aveva preparato.

Sembrava un pomeriggio come tanti altri, quando arrivò una chiamata di Vin:
-Valerie, potresti raggiungermi in ufficio? Ho qualche problema con il computer, speravo che tu riuscissi a risolverlo.
-Certo! Non temere, il miglior tecnico informatico di tutta Irving sta arrivando. Sarò lì tra poco, togli le mani da quel computer.
Chiuse la chiamata ridendo, le altre due però non sentivano, troppo impegnate in una discussione su un certo Jake McFly.
-Ragazze, devo andare. Ci vediamo presto!
Ma loro non si scomposero, erano troppo prese da Jake McFly…
L’ufficio dello sceriffo era a 500  metri da casa di Valerie, circa cinque minuti a piedi. Raggiungendo l’entrata principale, notò una macchina parcheggiata con il bagagliaio aperto e un sacco di valigie sul marciapiede.
‘Un altro che ha confuso il comando per un albergo.’

Entrando nell’ufficio del padre, trovò anche un’altra persona con lui, un altro ragazzo. Vin stava firmando dei moduli, e appena la vide smise di scrivere e si alzò in piedi:
-Vieni, vieni pure..Questo è Richard, sarà il nuovo vice sceriffo. Richard, lei è mia figlia Valerie.
-Piacere, Richard…Beh, Rick.
Esordì stringendole la mano. Era..era stupenda. Non riusciva a non staccarle gli occhi di dosso. Sentì di colpo le farfalle nello stomaco, la bocca secca, le ginocchia andare per conto loro. L’unica volta che aveva provato quelle emozioni era stato quando aveva conosciuto Beth. ‘Beth..un gran bel casino.’Chissà cosa faceva, chissà se lo pensava almeno un po’… Doveva smettere di pensare a Beth e concentrarsi su quella bellezza che gli risplendeva davanti agli occhi. Quegli occhi verdi che il Sole riflessiva di marrone, quei capelli nero corvino, quelle labbra carnose, naturalmente rosse, così perfette. Il suo sorriso timido… Non riusciva più a spiccicare parola. I suoi pensieri gli vorticavano talmente veloci in testa che non riuscì a capire il suo nome. Violet? Veronica? Beh, poco importava. Era perfetta.
-Valerie…
Una gran bella novità. Le cominciarono a tremare le mani, si sentiva terribilmente fuori posto e il suo sorriso incantato ne dava la conferma.
Cosa le stava capitando? Lei, la musona, sentimentalista, lunatica, sognatrice e realista Valerie era stata  folgorata dalla new entry di Dallas? Confusione, nient’altro che confusione.  La parte razionale del suo cervello le diceva che non era possibile il ‘colpo di fulmine’, mentre la parte sentimentale e creativa vagava per altri lidi a bordo di una nuvola rosa. Urgeva una riunione con Amber, e un lavaggio di cervello, se ce ne fosse stato bisogno. Rick era così…così indescrivibile. Occhi color cioccolato, capelli castano chiaro, alto, molto alto. Non sembrava il solito cittadino snob e distaccato, al contrario era gentile, sorridente e…
‘Ah, Valerie, riconnettiti! Uno così non avrà mai niente a che fare con te! Smetti di farti certi viaggi!’
Serviva Amber, e urgentemente.
Seguendo Vin che gli mostrava il suo alloggio, continuava a pensare a Valerie, a come il padre l’aveva strappato via da lei, ma soprattutto continuava ad apparirgli davanti agli occhi il volto della ragazza che gli sorrideva: non riusciva a non trovare alcuna imperfezione, nessun difetto. Era come se averla incontrata fosse il premio per essere arrivato fin lì, come se l’averla vista avesse magicamente curato le sue ferite e risollevato il suo umore.
-Senta Richard,
-Mi chiami Rick, perfavore..
-Ma certo e, anzi, diamoci del tu.
-Mh mh…
-Ti andrebbe di venire a cena a casa mia? Hai fatto un lungo viaggio, non mi sembra il caso lasciarti solo la prima sera...
-Si, se non sono di disturbo…
Ma la sua risposta sarebbe dovuta essere ‘Si, per favore. Devo rivedere la tua splendida figlia.’

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


4

‘And I think of all the things, of what you're doing, and in my head I paint a picture […]
Oh wont you come on over, stop making a fool out of me..
Why don’t you come on over, Valerie.’


Ma Valerie non arrivò. Rick si sentiva terribilmente a disagio in quella casa, non sapeva né come comportarsi con Vin e Rachel, né con Ed, che l’aveva trascinato nella sua camera a giocare ad un videogioco a cui stava miseramente perdendo. Ad ogni minimo rumore si voltava verso la porta della stanza, sperando di intravedere Valerie entrare nella sua camera. Era come se si fosse portata via il suo cuore in solo due minuti che erano stati assieme. Finché certe cose non si vivono, si fa fatica a spiegarle: per quanto insensate possano essere, le emozioni legate all’attrazione sono profonde, magiche, inspiegabili e irrazionali. Irrazionale era anche tutta quella situazione: non era mai successo che una ragazza potesse mandarlo su di giri in così poco tempo; con Beth era stato diverso, prima di conoscerla non gli piaceva, non la riteneva attraente, non gli smuoveva niente. Ma con Valerie era stato tutto più veloce, più colpo di fulmine. Sì, un gran bel colpo di fulmine. A ciel sereno. Dritto al cuore. Era come se in quei pochi istanti in cui era stato con lei gli avessero permesso di conoscerla appieno. Doveva rivederla, parlarci e magari uscirci: non poteva non fare niente, non se lo sarebbe mai perdonato.

-Amber, non ci crederai. Mi ha folgorato con appena uno sguardo.                                                                                                                          
-Val, tu sei pazza. Non può cominciare a piacerti una persona solo dopo due minuti che la conosci.
-Non ho detto che mi piace. Ho solo detto che potrebbe, e sottolineo potrebbe, essere una persona interessante...                                             
-Se lo dici tu.. senti, ti va di rimanere a cena, così approfondiamo l’argomento?
-Uh, va bene! Comunque, non ti devi preoccupare: non si accorgerà mai di me.   
Valerie si sentiva invisibile, e in un certo anche il suo comportamento rispecchiava questo suo ‘cartello’ che ormai si sentiva avere appeso al collo. Sempre vestita di nero o blu, sempre sguardo basso, sempre in silenzio, sempre immersa nei suoi pensieri. I ragazzi non  l’avevano mai presa sul serio, per questo non ne aveva mai avuto uno. Si chiedeva cosa ci fosse di sbagliato in lei, ma non riusciva in alcun modo a darsi una spiegazione. Doveva uscire dal suo guscio e farsi vedere per quello che era, e non per quello che vedevano gli altri in lei. Doveva crescere, e non solo per farsi vedere da Rick, ma per farsi vedere da tutti e cominciare ad essere apprezzata .
-Valerie Michelle Stones, io ti giuro che quel ragazzo ti noterà, a costo anche di andare di persona da lui e minacciarlo. Te lo prometto.
-Dimmi, cosa farei io senza di te? Ti voglio bene.
 
‘Rick, le devi parlare. No,Rick, è la figlia del tuo capo. E poi sarà già fidanzata, lascia perdere. Chi se ne frega, non ti sei mai fermato di fronte a nulla, non sarà un altro ragazzo a metterti fra te e..VALERIE. Ecco come chiamava! Valerie..Valerie..Valerie. Wow.’ Non faceva che ripetere il nome della ragazza a bassa voce, come se fosse una ninna nanna per addormentarsi. Era completamente solo in quell’edificio, tutto intorno era avvolto dal buio, nessuna luce, nessun rumore di macchina. Era la sua prima notte ad Irving, e non avrebbe voluto essere da nessun’altra parte. Era quasi mezzanotte, per lui era stata una giornata lunghissima, ma nonostante la stanchezza non riusciva a prendere sonno. Era quasi agitato al pensiero di poter vedere la ragazza in qualsiasi momento, e la cosa gli piaceva un sacco. Doveva trovare un modo per cominciare a parlarle, di farsi conoscere. Ma come? Di certo non  avrebbe avuto senso parlare in presenza del padre, o meglio, non subito, e non di argomenti tipo “hai un ragazzo?” o “ti va di uscire con me?”, ma piuttosto doveva mantenersi su argomenti un po’ più ordinari, ad esempio sulla scuola o sulla città, cose così, insomma.
‘Bel piano, Rick. Ce la farai.’
Era contento, era elettrizzato da tutto quello che sarebbe potuto accadere. Così, pensando a Valerie si addormentò con un gran sorriso stampato in faccia.
 
-Sono a casa!
-Eccoti! Peccato tu non sia rimasta a cena. Tuo padre ha invitato Richard, anzi, Rick, il nuovo collega di tuo padre, a cena. È così gentile.
-Oh..sarà per la prossima! Sai com’è, Amber aveva bisogno di me.                                            
-Voi due è meglio se andate a vivere assieme, altrimenti non riuscirete mai a raccontarvi tutti! Solo quando siete assieme c’è il telefono libero!
-Si, si, lo so. Parliamo troppo, ma io ho preso da te! Ciao mamma, buona notte!
‘Era qui, in casa mia, e io dov’ero? Da Amber! Perché perché perché?!’. Aveva perso la sua buona occasione per conoscere Rick, per sentire la sua voce, per vedere ancora una volta il suo sorriso timido. Le sembrava diverso da tutte le altre persone che conosceva, molto più interessante, e sicuramente con una mentalità molto più aperta rispetto ai ragazzi che conosceva. I suoi coetanei avevano in mente solo l’aspetto esteriore di una persona, mentre l’interiorità, il carattere, il pensiero, veniva scartato, saltato a piè pari. Infatti, le ragazze più gettonate erano quelle che, come le sue compagne di classe, parlavano continuamente di argomenti inutili, mentre chi tentava di fare un discorso con del contenuto finiva emarginato. Questa era la società ad Irving ovest: una bolla di inutilità. Avere la possibilità di conoscere qualcuno che non era stato così plasmato era davvero raro, un vero miracolo. Un vero miracolo sarebbe stato anche quello di fargli conoscere la vera Valerie, quella che in pochi conoscevano. Si, era deciso: si doveva far conoscere per quello che era.
I pensieri che le affollavano la testa erano troppi, e aveva poco tempo per esaminarli uno ad uno, così si mise a letto, cercando di liberare la mente e riempirla al solo pensiero di Rick e del suo sguardo. 

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