Il canto della Sirena

di pollama
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** *Amira e Valerie ***
Capitolo 2: *** *Sky la strega ***
Capitolo 3: *** *Fato ***
Capitolo 4: *** *Giustizia ***
Capitolo 5: *** * Incomprensioni ***
Capitolo 6: *** *Demoni. ***
Capitolo 7: *** *Cambio idea. ***



Capitolo 1
*** *Amira e Valerie ***


Dedicato a delle persone speciali che ho conosciuto tramite questo sito e che sono adorabili. Le considero mie amiche anche se siamo lontane.
Avendo voglia di dedicarvi un pensiero non sapevo cos’altro fare!  :)
Abbiamo passato tanto tempo a chiacchierare e siete così simpatiche e carine! <3
So che è una scemenza ciò che ho scritto, ma ho colto al balzo il sogno che ho fatto ieri e che vi ho raccontato; l’ho preso come una specie di “illuminazione”. Quindi ho pensato: perché non dedicarla a voi che siete speciali? :D


Spero vi piaccia! <3




 





Image and video hosting by TinyPic  Capitolo 1° 
 

 

Noi non scegliamo affatto. Il nostro destino sceglie.
Ed è saggezza mostrarci degni della sua scelta,
qualunque essa sia.

(Romain Rolland)

 

In una piccola casa, di poco fuori Boston, due amiche si svegliarono guardando il giallo oro del sole che spiccava contro il cielo azzurro.
«Amira, svegliati!» gridava dalla cucina una ragazza dai capelli rossi e ancora arruffati. Stava preparando la colazione, mentre la sua coinquilina era ancora nel bel mezzo del sonno.
«Amira!» continuava a chiamare a gran voce, mentre imbeveva nel latte un paio di biscotti al cacao.
«Eccomi, non gridare per favore» mugolò Amira e, sedendosi al tavolo, continuò dicendo: «Sono secoli che non dormivo così tanto. Perché mi hai svegliata Valerie?... Per divertimento immagino.» sbuffò, tirando dietro la schiena i capelli neri.
«Hai visto che bella giornata? Sarebbe un peccato passarla a casa.»
Valerie tirò via le tende della finestra, facendo inondare di luce calda la stanza; Amira guardò con una smorfia l’amica e bevve qualche sorso di latte caldo.
«Sembra così strano… Il nostro lavoro svanito così in fretta e all’improvviso.» disse Valerie tra un morso e l’altro di biscotto.
Amira la guardò come se stesse dicendo chissà quale cosa orribile.
«E non ne sei felice?Valerie, è un occasione che non sempre può proporsi. Il nostro lavoro ci rubava molto tempo e abbiamo anche rischiato di morire più volte.»
«Cacciare demoni è importante e sai anche tu che è la nostra vita.»
A quel punto, Amira non disse più nulla, ma si limitò a sbuffare, guardò l’amica che pescava un altro biscotto dalla scatola e disse: «Andiamo a fare un giro tra i negozi… Ci vuole.»
Valerie sorrise e buttò le braccia al collo di Amira che rise ricambiando l’abbraccio.

Amira Late era la più grande tra le due. Si conobbero durante un operazione con altri Cacciatori. Valerie Nut era una delle "vittime”, insieme alla sua famiglia. Ma grazie all’aiuto tempestivo di una strega erano riusciti a farla tornare in sé: cacciando il demone dal suo corpo.
Da quel giorno, Amira prese a cuore la ragazza rimasta sola, considerandola sua sorella.
Anche lei era sola, ma per scelta. Si allontanò da casa per intraprendere questa “carriera”, lasciandosi alle spalle il suo passato.
La famiglia non aveva accettato di buon grado la sua decisione, ma si sa: quando si pensa che la strada che stai intraprendendo è il tuo destino, fai fatica a svoltare verso un'altra direzione.

***

«Ho fatto uno strano sogno. E non è la prima volta.» disse all’improvviso Valerie, mentre infilava il portafoglio in borsa e sistemava la busta del vestito appena comprato.
«Cioè?»
«C’erano un paio di ragazze, ma non so chi possano essere… e… c’eri tu.»
«E cosa c’è di strano? Può capitare di sognare cose del genere.» Amira sorrise, convincendo Valerie a non pesarci.
 

***


Passarono la mattina in giro tra i negozi del centro. Comprando e assaggiando di tutto.
Si fermarono a mangiare in piccolo pub in un una traversa.
L’aria sapeva di frittura, ma era l’unico posto dove gli anelli di cipolla erano squisiti.
«Come fai a mangiare quei… cosi?» disse Amira, sorseggiando una Cola.
«Questi? Dici questi?» la ragazza mise sotto il suo naso il piatto con gli anellini e continuò dicendo: «Questi sono gli anellini di cipolla più buoni di Boston… Dovresti assaggiarli.»
«Ehm… no, grazie. Questa volta passo e mangio il mio Hot Dog.»
Il vociare degli altri clienti era petulante, ma alle due ragazze non importava. Il gusto semplice di quella giornata, le aveva fatto dimenticare di essere delle Cacciatrici.
«Sai? Tu sei la mia più cara amica.» disse all’improvviso Valerie, lasciando un po’ meravigliata Amira, di solito non era così affettuosa.
«Anche tu lo sei… ma perché questa voglia di smancerie?» disse scherzosa.
«Ogni tanto ci vuole.» sorrise e sorseggiò rumorosamente la sua bibita.
Poi, lo sguardo di Valerie fu catturato da un uomo che le stava osservando già da un bel po’. Prima non ci aveva fatto caso, ma a quel punto, non poteva più ignorare quegli occhi fissi su di loro.
«Non ti voltare, ma c’è un uomo che ci guarda.» sussurrò la ragazza.
«Che aspetto ha?»
«Normale… almeno credo. Ha un soprabito scuro e la barba.»
«Lascia stare e non lo guardare. Ora che ne dici? Torniamo a casa?» tagliò corto Amira, sentendosi un po’ nervosa. L’idea di essere osservate non le piaceva.

***


Rientrate a casa, le due ragazze tracciarono accuratamente delle strisce di sale lungo la soglia d’ingresso e sui bordi delle finestre.
Le vecchie abitudini sono dure a morire.
«Chissà chi era quell’uomo…» disse tra sé e sé Valerie. Amira si limitò a guardarla senza dire alcunché.
La notte era il momento più brutto: scese le tenebre, ogni cosa può presentarsi.
Ed anche se erano passati mesi dall’ultima “caccia”, le due ragazze non riuscivano ad abbassare la guardia… nemmeno durante il sonno.
Secondo Amira, però, quella era solo la quiete prima della tempesta.
 

***

Erano le quattro di notte quando le due ragazze furono svegliate da un insolito rumore.
Parve una forte folata di vento, come se un tifone fosse nato nella piccola casa.
-Cosa è stato?- pensò Valerie, subito con la mano iniziò a tastare il pavimento sotto al letto. Le dita avvertirono il freddo metallico del calcio della pistola.
Lentamente posò i piedi scalzi sulle mattonelle fredde ed un brivido le percorse le braccia.
Uscita  dalla stanza, incotrò lo sguardo di Amira, aveva avuto la stessa idea, infatti anche lei impugnava saldamente una calibro 9.
Entrambe le armi erano sistemate con proiettili anti- demoni.
Si diressero, a passo felpato, nel salone e la prima cosa che notarono furono i fogli dei giornali a terra e che prima erano posti accuratamente sul tavolino da tè.
«Cosa diavolo…?» iniziò a dire Amira, ma si fermò di colpo appena notò la figura di una ragazza che dava loro le spalle.
«Chi sei?» chiese Valerie, togliendo la sicura all’arma.
«Come hai fatto ad entrare?» Amira avanzò, facendo, anche lei, scattare la sicura della pistola.
«Valerie Nut e Amira Late, Cacciatrici, sono qui per voi.»
Le due ragazze si scambiarono sguardi veloci e incerti.
Erano confuse, non stavano capendo nulla.
«Cosa vuoi dire?» Amira fece altri due passi, avvicinandosi tanto alla sconosciuta che avvertì uno strano gelo nell’aria attorno.
-Forse è un fantasma… No, è impossibile.- rifletté, deglutendo a fatica.
Sentiva il petto chiuso e pesante per l’ansia.
«Voglio dire che presto andrete incontro a qualcosa di grande e vi serve aiuto.» disse la ragazza voltandosi.
«Non ti muovere!» l’ammonì Amira, ma la ragazza si limitò a guardarla negli occhi scrutandola attentamente, con passo lento e silenzioso si avvicinò a Valerie dicendo: «Tu mi conosci.» sorrise appena fu a due passi da lei.
Valerie sgranò gli occhi appena comprese che la ragazza che aveva di fronte era la stessa del suo sogno.
«Come…» non riuscì a finire di esporre il proprio stupore che per la paura di quella situazione, fece partire un colpo.
Il rombo sordo dello sparo rimbombò nel silenzio della notte, quasi come se avesse squarciato il cielo notturno.
Amira corse al fianco di Valerie ed entrambe rimasero immobili ad osservare la ragazza distesa sul tappeto.
«Cosa vuol dire tutto questo?» Valerie guardò con il fiato corto l’amica che senza parole scosse la testa.
«Posso spiegarvelo io» le due si voltarono, ma proprio lì, dove c’era la ragazza distesa, non c’era più nessuno.
«Io sono Eleni e non sparate più per favore.» continuò a dire lei.
Amira e Valerie si voltarono, incrociando l’azzurro pallido delle iridi di quella ragazza, chiedendosi ancora una volta chi potesse essere.
«Chi sei?» ripeté a gran voce Valerie.
«Non ha importanza.»
«Sì, ha importanza! Sei piombata qui, a casa nostra e dici che non ha importanza?» Amira aveva perso la calma, la tensione di quegli attimi l’aveva leggermente spossata.
«Ho… ho detto chi sono. Sono Eleni e…»
«Allora ho sbagliato domanda… cosa sei?»
«Quando sarà il momento lo saprete. Scusate se sono piombata così, svegliandovi. Ma durante il giorno sembrate così serene.»
«Ci hai svegliato nel bel mezzo della notte… stavamo dormendo beatamente.» Valerie si andò a sedere sul divano, seguita a ruota dall’amica.
«Ma i vostri sogni dicono il contrario. Siete perennemente tormentate dal vostro destino… dal quale non potrete scappare.»
Quelle parole fecero rabbrividire le due ragazze. L’idea di essere osservate duranteil giorno e, ancora di più, durante i sogni le aveva inquietate.
«Hai detto che presto ci succederà qualcosa di grosso… cosa?» Amira pose quella domanda, un po’ controvoglia, come se non si fidasse di Eleni.
«Per scoprirlo dobbiamo andare da Sky Wide. Abita poco distante da qui.»
«Chi?» chiesero all’unisono le due ragazze.
«E’ una strega e ci può aiutare con qualche incantesimo.»
Amira e Valerie si guardarono frastornate. Non avevano mai sentito parlare di streghe lì nei paraggi.

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Capitolo 2
*** *Sky la strega ***



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Capitolo 2°
 

Sono molte le strade che ci portano al nostro destino,
ma nessuna strada è diretta come la guerra.
(David Anthony Durham)


 

Amira e Valerie passarono il resto della notte sveglie e sedute a gambe incrociate sul divano del salone.
Le tazze di caffè strette in mano e la voglia di capire di più su ciò che era successo in quei pochi istanti.
«Non capisco nulla. Cosa può essere secondo te?» sussurrò Valerie, sporgendosi leggermente verso l’orecchio dell’amica e continuando a guardare confusa l’estranea che maneggiava le loro armi.
Amira aveva gli occhi fissi su quella ragazza da così tanto tempo che le parve strano incrociare gli occhi verdi di Valerie.
«Io… non lo so. Ma non senti una strana sensazione? Una sensazione di freddo?»
«Ora che me lo fai notare… sì.»
La pelle delle ragazze vibrò per un brivido, appena Eleni si avvicinò a loro.
«E’ normale che sentiate freddo» le guardò delicatamente e, senza sbattere ciglio, continuò dicendo: «Sono delle ottime armi, ma non basteranno.»
«Puoi essere più chiara? Non basteranno per cosa?» Amira poggiò la sua tazza, ancora calda, sul tavolino.
«Io… non posso dirlo. Dobbiamo aspettare che si fa giorno e chiedere alla strega delle… delucidazioni.»
«Perché non puoi? Sarebbe tutto più semplice per noi, se lo dicessi già da ora cosa diavolo sta per succedere.» Amira aveva leggermente alzato la voce.
Eleni abbassò lo sguardo tormentato da qualche pensiero.
«Va bene.»
«Va bene? Quindi ci dirai tutto?» Valerie  sembrò entusiasta di quelle due semplici parole.
«No… non posso dirvi nulla, ma posso farvelo vedere.»
«Vedere?»  Amira guardò Valerie, scorgendo anche sul suo volto la sua stessa nota di sbigottimento.
Un vento improvviso avvolse le due ragazze che si guardarono intorno.
Eleni si avvicinò di più e, appena posò le mani su di loro, la raffica cessò assieme alla loro vista.

Amira, sentiva il suo respiro irregolare nel silenzio attorno; il buio lasciò a poco a poco spazio ad una luce soffusa, come se fosse quella delle prime ore del mattino.
Si mise a sedere lentamente e la prima cosa che fece, fu quella di guardare attorno per cercare Valerie. La ragazza era a due passi da lei, ancora distesa sul suolo.
«Valerie?» la chiamò, ma le rispose solo con un lamento prima di sedersi.
Attorno a loro c’era solo il grigio cemento dei palazzi e dell’asfalto.
Il cielo era nuvoloso ed un fresco vento tirava via dei fogli di giornale sparsi sulla strada.
Amira ne prese uno in mano e sgranò gli occhi appena lesse in cima al foglio: Martedì, 9 luglio 2014.
«Non è possibile!» esclamò Valerie.
«Lo so.»
Si alzarono in piedi e, uscendo dalla traversa in cui erano cascate, notarono che la strada era deserta.
Il silenzio era padrone, ma c’era anche uno strano rumore a far loro compagnia: lo stesso  mormorare delle onde del mare.
«Lo senti anche tu? Sembra che stiamo in riva al mare.»
Valerie ascoltò attentamente e sentì anche lei quel rumore marino, ma non capiva, come poteva esserci il mare nel centro di Myrtle Street?

Gli alberi erano riversi sul suolo e le auto ostruivano la piccola via, alcune erano capovolte, con il tettuccio tranciato a metà.
«Cosa è successo qui?» Valerie guardò i palazzi rossastri cercando di scorgere qualcuno oltre i vetri opachi, ma nulla.
D’un tratto, si sentì un canto, qualcuno canticchiava quasi come con un cinguettio.
Il rumoreggiare dell’acqua, che prima si udiva leggermente, si fece più forte, fino a divenire sempre più energico.
Le due ragazze si voltarono e videro la cresta di un onda enorme sovrastare i tetti dei palazzi.
Quel poco di sole che c’era, venne oscurato da quel “mostro” d’acqua che stava per abbattersi su loro e che furioso procedeva.
Amira e Valerie iniziarono a correre veloce, cercando un qualche riparo. Ma le porte dei negozi e degli edifici erano chiuse, serrate.
Si diressero verso una strada secondaria, ma era un vicolo cieco.
«E’ la fine.» sussurrò Valerie, stringendo forte il braccio dell’amica che era rimasta senza parole.
«No, non è finita.» sentirono quella voce atona alle loro spalle e, appena si voltarono, incrociarono le iridi pallide di Eleni che posò nuovamente le dita sulle loro fronti.

Il caldo del sole carezzò le guance delle due ragazze che si misero a sedere repentinamente.
Erano tornate a casa.
In silenzio andarono a guardare fuori dalla finestra e, con piacere, videro le strade pullulare di vita e cosa importante: nessun rumore d’acqua.
«Dobbiamo andare da Sky Wide.»
Amira guardò Eleni comparire sulla soglia della sua camera da letto.
Aveva intenzione di dire e gridare imprecazioni a più non posso, ma in verità non sapeva cosa dire realmente, perché tutto era stato così assurdo, così “irreale”.

***

«Perché la stiamo seguendo? Ti fidi di lei?» chiese rocamente Valerie.
«No, non mi fido, ma abbiamo scelta?»
Amira aveva riflettuto abbastanza e secondo lei, se non assecondavano quella ragazza, non avrebbero capito nulla su quella storia.
E, una volta incontrata la strega, poteva chiedere chiarimenti di qualsiasi genere.
Eleni continuava a camminare, ascoltando i loro sussurri e i loro pensieri: avevano paura, paura di lei.
Ciò le fece provare una strana sensazione allo stomaco. Non era sua intenzione incutere paura, voleva fare solo il suo dovere.

Dopo poco, arrivarono fuori una piccola abitazione. Dall’esterno si sentiva l’odore pungente dell’incenso. La piccola porta d’ingresso era giallo zafferano con gli angoli incisi con strani simboli.
«Cosa sono?» chiese Valerie, posando i polpastrelli sulle scheggiature del legno.
«Protezioni.» Eleni sorrise, cercando di essere un po’ più chiara in ciò che diceva.
«Ma non sono protezioni contro i demoni.» Amira guardò attentamente quei simboli aspettando una risposta.
«Non soltanto i demoni possono entrare nelle case.»
Le due ragazze bussarono alla porta, sentendo un brivido percorrere le loro schiene.
La porta si spalancò rivelando sulla soglia una ragazza della loro stessa età, coi capelli rosso- biondo ed un espressione sorpresa.
«Sky Wide? Dobbiamo parlare con te.» Eleni si portò avanti, entrando nella piccola casetta.
Il salone era anche angolo cottura e su ogni mobile c’era un bastoncino d’incenso fumante.
Valerie guardò intensamente quel fumo biancastro salire verso il soffitto ed un ricordo affiorò nella mente:
Era una sera di metà settembre e la mamma, come ogni volta che tornava da lavoro, accendeva uno di quei bastoncini d’incenso. Diceva che era la cura perfetta per lo stress e per fare yoga.
Aveva più volte detto a Valerie che un po’ di yoga le avrebbe fatto bene.
«Ultimamente sei strana… forse un po’ troppo nervosa.»
«Sto bene mamma. Ma per favore spegni queste bacchette. Mi danno la nausea.»
Valerie aveva sempre odiato l’odore forte dell’incenso, le faceva pizzicare le narici e qualche volta lacrimare gli occhi.
Ma dopo aver perso la sua famiglia, ogni 4 maggio, accendeva uno di quei bastoncini e lo osservava pensando ai momenti persi con le persone più care e provando rimorso per non avere più l’occasione di rimediare.


«Tutto bene?» le chiese Amira, urtandole il gomito.
«Sì… Sì, sto bene.» sorrise e, forzatamente, pose la sua attenzione alla giovane strega che iniziò a parlare: «Ho appena guardato le foglie di tè che si sono spostate con il vento, quando vi ho aperto la porta… Siete delle Cacciatrici ed è una cosa affascinante» disse senza nascondere l’entusiasmo e stringendo le loro mani, poi, guardò Eleni e riprese a parlare.
«Di te non sono riuscita a leggere niente… come se non fossi umana.»
Amira e Valerie si voltarono a guardarla con aria interrogativa.
«No, non sono umana» ammise scuotendo la testa, ma si affrettò ad esporre il perché erano lì.
«Allo scadere di quest’anno tutto ciò che conoscete evaporerà. Tu sei una strega e ci puoi aiutare a capire chi c’è dietro questa storia.»
«Perché io?» Sky lasciò le mani di Amira e Valerie per andare più vicino a Eleni.
«Ha deciso tutto il destino.»
«Destino? Il destino non esiste.»
«Sì, esiste e non è clemente. Quindi dobbiamo fermare i suoi piani e… presto, prima della fine di quest’anno.»
«Se esistesse un modo per cambiare gli eventi… io non so quale sia» disse la ragazza.
«Scusatemi.» si voltò verso le due Cacciatrici, come se avesse fatto loro un torto.
«C’è un modo ed è proprio nella tua testa. Sei una strega e, come tale, puoi fare tutti gli incantesimi esistenti. Per favore, cerca chi le sta cercando.»
Amira guardò accigliata Eleni, facendo esplodere dai polmoni le parole.
«Qualcuno ci sta cercando?» Eleni annuì solo.
«Non ce lo potevi dire prima? Ti abbiamo chiesto più volte di dire la realtà.»
«Potevo dirlo solo con voi tre riunite.»
Amira sbuffò un riso nervoso e sarcastico.
-E’ assurdo.- pensò, calciando un piccolo sassolino che era accanto al piede.
«Mi metto al lavoro.» Sky, prese dei barattoli da uno scaffale polveroso e disegnò dei segni strani con la polvere di semi di papavero.
Iniziò a bisbigliare, in modo quasi impercettibile, delle parole in latino.
Valerie e Amira riuscirono a capire solo sanguis, facem e veritas, cioè: sangue, volto e verità.
Negli anni di caccia, Valerie e Amira, erano riuscite a comprendere le varie sfaccettature magiche del loro mestiere. Ed ogni volta rimanevano affascinate.
-Forse il destino c’entra davvero. Ci ritroviamo a lavorare così all’improvviso.- pensò Amira, guardando Eleni che non aveva smesso di guardare al di là della finestra, come se stesse aspettando qualcuno.
«Ho finito.» Sky si tolse un ciuffo di capelli da davanti agli occhi e soddisfatta diede il suo responso: «Demoni, demoni di ogni genere. Ho percepito qualcosa di strano, come se stessero progettando qualcosa nelle viscere di questa città.»
Le due Cacciatrici parvero innervosirsi.
«Cosa facciamo?» chiese Valerie, assicurandosi di avere sotto la giacca la pistola.
«Aspettiamo e combattiamo.» Eleni rispose con un mezzo sorriso.
«Combattere? Hai sentito cosa ha detto Sky? Demoni, demoni di ogni genere. Ci uccideranno.» disse sfiduciata Amira.
«Sono qui per proteggervi. Nessuno vi ucciderà.»

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Capitolo 3
*** *Fato ***


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 3° capitolo 

 

Il destino mescola le carte e noi giochiamo.
(Arthur Schopenhauer)


 

Il vento iniziò a sibilare tra le piccole fessure della finestra, mentre il sole fievole creava dei nastri di luce che costeggiavano la stanza.
«Credo che il tuo sia un modo di dire un po’ azzardato.» disse Valerie sarcastica.
«Ho i miei motivi se ho pronunciato queste parole.»
Sky, mentre le altre ragazze discutevano, era riuscita a pescare tre delle sue rune, per poter avere un qualche indizio su quella situazione. Dal sacchetto di pelle cascarono tre tessere: Lagu, cioè acqua; Wird, runa bianca o meglio conosciuta come la runa del destino e Raido, cioè caos.
Vedere la runa del destino sul palmo della sua mano le fece venire i brividi e le venne subito in mente ciò che aveva detto prima Eleni: Ha deciso tutto il destino.
Non era la prima volta che usava i suoi poteri, ma non li aveva mai usati come quel giorno, per qualcosa di estremamente reale.
«Sssh.» Eleni fece segno alle altre di rimanere in silenzio. Aveva avvertito qualcosa: una strana sensazione di calore all’esterno della casa.
«Cosa succede?» chiese Amira.
«Dobbiamo andar via.»
«Ma…» Sky aveva iniziato a raccogliere più oggetti possibili, mettendoli in una sacca; sentiva che non sarebbe tornata presto a casa sua.
Eleni si avvicinò a lei e le disse di stringere la mano di Valerie e che non la doveva lasciare per nulla al mondo.
Una volta strette tra di loro, le tre ragazze, furono investite da un vento freddo ed improvviso. Quando riaprirono gli occhi si ritrovarono a casa delle Cacciatrici.
«Ma come diavolo siamo arrivate qui?» disse Sky, con un tono tra il sorpreso, l’eccitato e lo spaventato.
«E’ un suo vizio. Pensa che questa volta non è stata male.» disse Amira stringendosi i capelli neri in un elastico.
«Non… non lo faccio per divertimento, se volessi, eviterei.» Eleni sbandò leggermente prima di sedersi pesantemente sulla poltrona soffice.
«Non ti senti bene? Vuoi un bicchiere d’acqua?» chiese Sky, guardando la ragazza impallidita di colpo.
«No, grazie. Non ne ho bisogno.»
Ma Valerie si era già diretta in cucina, per riempire un bicchiere con dell’acqua fresca e lo portò subito a Eleni che lo strinse tra le dita. Rimase lì ad osservarlo, perdendosi nel riflesso dei suoi stessi occhi.
«Quello che voglio dire… è che non ho bisogno di acqua, né ora e né mai.»
«Che vuoi dire?» chiese sconcertata Valerie che si scambiò delle occhiate nervose con le altre.
«Amira» disse Eleni, facendo sobbalzare la ragazza.
«Chiedi tutto ciò che vuoi. So che hai tante domande da pormi. Sono pronta a rispondere.»
Amira rimase un po’ stupita, non si aspettava che gli eventi sarebbero andati in quel modo. Pensava che avrebbe dovuto costringere Eleni, per avere un po’ di verità.
«Io… ecco… credo che la domanda che tormenta un po’ tutte, quindi non solo me è: cosa sei? Visto che non sei un demone? Devo ammettere che dopo che sei piombata qui, la prima cosa che ho pensato è stata questa, ma poi ho riflettuto e non poteva essere quella la risposta, perché qui i demoni non possono mettere piede. Poi ho pensato che potessi essere un fantasma, ma anche questa ipotesi, l’ho scartata subito per via del sale sparso in giro.» Amira riprese fiato, come se avesse parlato con un solo respiro.
Eleni posò il bicchiere, ancora pieno, sul tavolino accanto alle sue ginocchia e sospirando, pensò “Scusami”.
Le tre ragazze si avvicinarono di più a lei, ansiose di sentire pronunciare qualche parola, ma erano davvero pronte a tutto, tranne per quello che stavano per sentire.
«Io sono… sono una parte di ciò che vuoi chiamate Fato.»
«Scherzi?» disse Valerie, ridendo nervosamente.
Eleni si voltò scuotendo il capo.
«No… non scherzerei mai su questo.»
In quell’istante si sentì un boato sordo, il cielo si colorò di fulmini e dopo un ennesimo tuono assordante, Eleni sussurrò: «Si è arrabbiato. Non avrei dovuto dirlo.» la ragazza si avvicinò correndo verso il vetro della finestra e iniziando a gridare con voce tremante: «Scusami!»
Le tre ragazze erano rimaste lì a guardare quella scena, come se fosse tutto un film.
Amira deglutì, andando a poggiare la mano sulla spalla della ragazza.
«Avreste dovuto scoprirlo voi da sole. Ho tradito il Fato e per colpa mia… siamo nei guai.»
«No, non dire così.» Amira, guardò Sky e Valerie, chiedendo un aiuto.
«Fato è crudele. Se per voi ha scritto una fine dignitosa… ora non lo è più.»
Le pareti della casa cominciarono a tremare e si iniziarono a disegnare grosse crepe sui muri, mentre i boati non cessavano.
«E’ qui!» Eleni era visibilmente terrorizzata e lanciandosi sulle tre ragazze disse: «Tornate qui quando domani il sole sorgerà… Non prima. Promesso?»
Le ragazze avrebbero voluto rispondere, ma il solito vento gelido le avvolse, ma questa volta, il “viaggio” fu più turbolento.

 

***
 

Si ritrovarono distese lungo un prato incolto, il fiato corto e il cuore che batteva all’impazzata. E notando che Eleni non era lì con loro.
«Dove siamo?... Maledizione!» imprecò Amira aiutando le altre due ragazze ad alzarsi.
«Sembra un campo abbandonato.» Valerie si guardò attorno, come se quel posto lo avesse già visto da qualche parte. Forse nei suoi sogni?
«Sento che qui c’è qualche fonte di magia… ma è debole. Forse qualcuno è andato via da poco.» rifletté Sky.
«O forse siamo stesso noi…» Amira si strinse nelle spalle.
«No… non siamo noi… è qualcosa di oscuro, credo.»
Alla parola “credo”, Valerie si voltò a guardare la strega sperando si sbagliasse.
«E’ meglio incamminarci, dobbiamo scoprire dove ci ha mandati Eleni.»
Le tre ragazze si incamminarono, tutte e tre in un silenzio rigoroso. In verità non sapevano nemmeno che dire, dopo ciò che era successo.
La prima a rompere il silenzio fu Amira che disse: «Secondo voi che starà succedendo a casa?»
Sky si strinse nelle spalle, mentre Valerie rispose scuotendo la testa: «Non lo so, ma credo qualcosa non di piacevole. Che senso avrebbe mandarci lontano e dirci di tornare il giorno dopo?... Dove andiamo ora?» la ragazza continuò a guardare intorno a sé, la sensazione di essere già stata in quel posto non era svanita.

 

***
 

Dopo svariati minuti si ritrovarono nel bel mezzo di Sheffield.
«Come torniamo a casa senza soldi?» disse Valerie, sconfortata.
 «Dovrei avere dei soldi nella tasca dei pantaloni. Li ho sempre con me.» rispose Sky, soddisfatta nel cacciare un bel po’ di dollari.
«Con questi possiamo tornare a Boston in treno.»
Amira sorrise, contenta di non dover fare quarantacinque ore di cammino a piedi. 

«Vi siete perse?» la voce un uomo riempì i timpani delle tre ragazze. che si voltarono rigide.
«E’ l’uomo del pub!» esclamò Valerie.
«Vi stavo osservando già da un po’. Devo dire che la vostra… come posso chiamarla… “angelo custode”, non mi lasciava avvicinare a voi. Ma ora sono soddisfatto della mia tempra insormontabile. Ho bisogno di voi e del vostro sangue.»
L’uomo con la barba allargò le braccia, facendo divenire gli occhi neri come la pece.
«E’ un demone!» Sky si fece indietro, serrando i pugni. Amira e Valerie cacciarono da sotto le giacche le loro pistole, pronte a far fuoco.
«Non si fa così ragazze. Siete maleducate! Io volevo invitarvi a casa mia e voi? Voi che fate? Mi puntate addosso delle armi?»
«Fottiti!» Amira sputò fuori quella parola, producendo solo un riso divertito nell’uomo che iniziò a farsi avanti.
«Stai lontano!» Valerie fece scattare la sicura, pronta a premere il  grilletto, ma il demone continuò imperterrito a fare passi sicuri e pesanti.
La ragazza dai capelli rossi fece partire un colpo. Per fortuna, tutto ciò, era accaduto in un vicolo secondario e non abitato.
L’uomo cadde al suolo, con un tonfo, mentre iniziò a colare sull’asfalto il suo sangue scuro.
Le tre ragazze, rimasero per un po’ a guardare l’uomo disteso, assicurandosi che fosse davvero morto.
 
Dopo poco, si rimisero in cammino vedendo da lontano i binari del treno.
«Quasi arrivate!» esclamò Amira, ma subito dopo, sentì un dolore acuto alle costole. Quando riaprì gli occhi, si ritrovò con la schiena contro un muro di mattoni rossi.
Il demone non era morto, era di nuovo lì che parava i calci di Valerie, evidentemente aveva esaurito i proiettili. Sky era in disparte a sussurrare delle parole latine, forse già da un po’ visto che aveva il viso arrossato per lo sforzo. Cercò di rialzarsi, ma sentì una fitta allucinante al petto che la fece gemere.
Dopo poco, Sky sollevò la mano, facendo scaturire un fulmine rosso che colpì in pieno petto il demone che, dopo numerosi fremiti, cadde a terra, rigettando, dagli occhi e dalla bocca, fiamme ardenti.
«Ora sì che è morto!» sostenne Valerie con il fiato spezzato.

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Capitolo 4
*** *Giustizia ***



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Non sono avventuriero per scelta,
ma per destino.
(Vincent Van Gogh)

 

Non si era accorta della presenza del Demone.
“Non è possibile… i miei riflessi… sono stati lenti.”, pensava Amira mentre camminava poggiandosi a Valerie.
La costola era indolenzita e ad ogni respiro pareva che una spina le si conficcava nel fianco.
«Siamo quasi arrivate.» disse Sky scendendo dal treno.
«Ma non possiamo andare a casa. Eleni, ha detto che dovevamo aspettare il giorno dopo.» disse la ragazza mora, guardando l’orologio: erano passate solo otto ore.
«Al diavolo! Andiamo a casa.» sbotto Valerie, sbuffando e cacciando all’indietro, con un soffio, una ciocca di capelli.
 
Nell’aria si avvertivano delle piccole scosse di elettricità ed uno strano odore di bruciato si sentì provenire dall’abitazione delle Cacciatrici.
«Lo sentite anche voi?» chiese Valerie, annusando intensamente l’aria. Le altre due ragazze annuirono, ma non risposero. Tutte e tre avvertivano una strana sensazione, come se tutti i loro sensi si fossero svegliati.
“Ora sì che mi riconosco!”, rifletté Amira, facendo nascere un sorrisetto sulle labbra rosse.
Il cielo si incupì, ed un fulmine attraversò il cielo.
Il fascio di luce elettrica si andò a schiantare nella finestra della casetta, facendo esplodere letteralmente i vetri.
«Dannazione, che è successo?» Amira iniziò a correre, senza soffermarsi sul dolore al petto, ed aprì la porta d’ingresso; Sky e Valerie la seguirono.
Le due Cacciatrici sfoggiarono vigili le loro armi, mentre la Strega era pronta a pronunciare uno dei suoi incantesimi.
Il fumo, grigio e opprimente, regnava nel piccolo ambiente, nascondendo dentro sé tutto ciò che conteneva la stanza, comprese le pareti.
Le tre ragazze tossirono, mentre i loro occhi iniziarono ad abituarsi a quella fuliggine polverosa.
«Hai fatto adirare Fato… Sei contenta?»
Una voce maschile e profonda, arrestò il passo delle tre ragazze che cercarono di scorgere, nel grigio del pulviscolo, la persona che parlava.
 
A poco a poco, il fumo iniziò a scomparire lasciando intravedere due figure: una era senza alcun dubbio Eleni. Aveva la testa bassa ed i capelli biondi erano leggermente disordinati e alcune ciocche erano macchiate da ciò che pareva sangue.
Di fronte a lei, c’era un uomo che la sovrastava con la sua altezza e la sua corporatura atletica.
«Devi rimproverarmi anche tu? Non ti è bastato assistere?» La voce di Eleni era poco più che un sussurro.
«Perché hai disobbedito?»
L’uomo continuava a parlare, mentre tra le sue dita si iniziarono a scaturire delle scintille e dopo un battito di mani il fumo sparì e il soqquadro che regnava nella stanza fu completamente debellato.
«Che ci fate qui?» Eleni guardò sorpresa le tre ragazze che erano rimaste immobili a guardare lei e l’uomo.
«Non avevi detto che eri sola?» disse lui, scrutando le tre ragazze con i suoi occhi azzurro pallido, molto simili a quelli di Eleni.
«Veramente, questa è casa nostra.» disse Valerie alzando le mani.

«Ragazze» Eleni si voltò e avvicinandosi di più a loro continuò dicendo: «Vi presento mio fratello: Giustizia.»
«Originale come nome.» sussurrò Sky, facendo nascere un po’ di ilarità sul volto di Valerie che non riuscì a nascondere il riso.
«Se il mio nome vi mette così di buon umore… aspettate di vedere cosa potrei fare a voi piccole umane.»
Eleni gli posò una mano sul braccio e scosse la testa. I due si fissarono per lungo tempo, come se stessero comunicando con i pensieri.
Il silenzio era tanto sgradevole quanto snervante.
«Amira, posso aiutarti?» Eleni fu la prima a spezzare il silenzio, si accostò alla ragazza che la guardò con aria interrogativa.
«Ti sei fatta male…» disse, indicandole il fianco.
«Ehm… sì, ma passerà.»
La ragazza scosse la testa e fece uno sguardo implorante al fratello che disse: «Va bene. Ma solo per questa volta.»
L’uomo si avvicinò ad Amira che si lasciò stringere dalle sue braccia.
In un attimo, le fitte alle ossa passarono ed incredula chiese: «Come hai fatto?»
«E’ una delle tante cose che so fare. Non a caso sono Giustizia.»
«Incredibile!» Valerie guardò eccitata l’uomo e poi l’amica, mentre Sky raccontava a Eleni ciò che era capitato.
«Mi dispiace, non credevo ci fossero Demoni da quelle parti.»
«Non sono semplici Demoni.»
«Cosa vuoi dire?» chiese Amira sedendosi sul divano, seguita a ruota dalle altre ragazze. Attente nel sentire il chiarimento di Giustizia.
«So che mia sorella vi ha messo in guardia. Contro il volere di nostro padre, vi ha portato nel futuro. Persino la Strega ha capito che c’entra l’acqua con ciò che sta per accadere.»
«Dì a loro di chi si tratta.» Eleni sapeva che suo padre non si sarebbe arrabbiato con il suo figlio prediletto.
L’uomo fece un grosso sospiro e corrugando la fronte disse: «Demoni d’acqua. Sono furtivi e difficili da uccidere.»
Ad Amira brillarono gli occhi. Aveva compreso finalmente cosa le era capitato a Sheffield e perché non aveva avvertito la presenza del Demone.
«Il Demone è morto alla fine.» disse Sky con una nota d’orgoglio.
«Sì, ma pensate a ciò che può succedere, se la voce sul conto di voi tre si spargesse negli anfratti demoniaci.»
«Cosa può importare a loro di noi tre?» chiese Valerie.
Giustizia ridacchiò rocamente.
«Voi tre siete legate da uno stesso destino. Se rimanete in vita, i Demoni d’acqua non possono raggiungere il loro obbiettivo: divenire i padroni del mondo.»
«Vogliono uccidervi.» disse Eleni.
«Questo l’avevamo capito.» rispose Valerie, senza risparmiare sul tono agitato.
 
 

***


La sera era giunta e Giustizia era andato via, lasciando un po’ d’amaro tra le ragazze.
«Perché non sei andata con tuo fratello?» chiese ad un tratto Amira, mentre Eleni si ripuliva una ferita, divenuta invisibile.
«Preferisco rimanere con voi. Gli umani non sono poi così male.»
Amira sorrise, prendendo come un complimento quell’affermazione.
Valerie e Sky erano crollate in un sonno profondo, entrambe distese sul grosso letto nella camera della Cacciatrice.
«Non vai a dormire?» chiese Eleni ad Amira che era a contemplare il paesaggio urbano al di là della finestra.
«Ehm… non ho sonno.»
«Dovresti dormire… Sei stanca.»
La ragazza scosse la testa sorridendo.
«E tu? Perché non vai sul letto e riposi?»
«Io non dormo… Immagino sia una bella sensazione.»
Quella frase fece nascere un po’ di malinconia nel petto di Amira che continuò a fissare la ragazza così simile a loro umani, ma allo stesso tempo così diversa.
«Non hai raccontato ciò che  è accaduto quando ci hai mandato via.»
Eleni fissò per qualche istante le sue mani che giocherellavano con un bottone del maglioncino ocra.
«Non è stato un bello spettacolo. Fato, quando si adira, è… orribile.» disse, forzando un sorriso ed indicando il fazzoletto imbrattato di sangue sul pavimento. Con uno schiocco di dita lo fece sparire, per poi tornare a guardare Amira.
«Cosa ti ha fatto?»
«Abbiamo litigato.»
Quelle due semplici parole, fecero riemergere nella mente di Eleni, ciò che le disse il padre: «Tu non sei degna di essere la figlia di me, Fato. Sei una delusione e ciò non cambierà.»
Una lacrima le scese sulla guancia, ma subito l’asciugò con le dita.
«Stai piangendo?»
Eleni non rispose e Amira, senza dir nulla, l’abbracciò sussurrandole: «Stai tranquilla, puoi stare qui con noi quanto vuoi.»
Eleni annuì, sentendosi un po’ rassicurata.
Forse, dopo secoli, aveva trovato delle amiche e il luogo giusto in cui essere sé stessa.

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Capitolo 5
*** * Incomprensioni ***


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Gli uomini, in certi momenti,
sono padroni del loro destino
(William Shakespeare)

 
 
Un grido agghiacciante svegliò Amira, Valerie e Sky, che si precipitarono nel salone.
Le tre ragazze rimasero ferme sulla soglia della stanza.
Amira rise appena vide Eleni seduta a gambe incrociate sul divano, sgranocchiando popcorn e guardando un film.
«Ma cosa…?» Valerie si avvicinò alla ragazza, sentendo il solito brivido di freddo.
«Già sveglie?» la ragazza bionda si voltò con il viso sorpreso.
«Che film guardi?» Sky si buttò sul divano avvinghiandosi ad un cuscino.
«Io… non lo so. Ma non capisco perché a voi umani piace vedere queste cose… strane.»
Amira e Valerie si diedero un’ occhiata divertita, appena capirono che Eleni stava guardando un vecchio film di Frankenstein.
«Questi grani soffici sono una prelibatezza!» esclamò la ragazza, infilando nuovamente la mano nella busta dei popcorn.
«Sono popcorn e sì, sono buoni» disse Valerie, ed  insieme alle altre due ragazze, si sedette accanto a Eleni ed iniziarono a mangiare i popcorn.
«La prossima volta però… Ti prego, abbassa il volume della tv, così non ci svegli!» continuò a dire Valerie con la bocca piena e ridendo.
«Oh! Mi dispiace, non pensavo di disturbare…»
«Hai fatto benissimo a svegliarci! Era da tanto che non guardavamo un film così in tranquillità.» Amira sorrise tra sé e sé; lei e Valerie avevano passato tante di quelle peripezie assieme che non erano riuscite mai a ritagliarsi un po’ di quei momenti ‘familiari’ solo per loro. Era sicura che avrebbe fatto bene sia a lei che alla sua amica e sentiva che loro quattro assieme sarebbero divenute inseparabili.
“Forse è vero… il destino ha voluto che ci unissimo.”, pensò Amira torturandosi una ciocca di capelli scuri.
La notte passò in fretta, Sky aveva dormito per quasi tutta la durata del film e si era svegliata sentendo parlare, Valerie e Amira, sugli zombie. La discussione la iniziò Amira dicendo che per fortuna quelle creature non erano  intelligenti come Frankenstein, mentre Valerie continuava a dire che non avrebbe mai notato la differenza, perché erano lo stesso creature ripugnanti.
«Voi li avete mai incontrati?» chiese ad un tratto Eleni, che era rimasta in silenzio per buona parte del tempo.
«Sì e sono orribilmente puzzolenti!» rispose Valerie.
«Per mia fortuna non li ho mai visti.» Sky si stava ancora stropicciando gli occhi assonnati.
Eleni più guardava le tre ragazze e più si rendeva conto delle differenze che aveva con loro.
Lei non era né una Strega come Sky, ne una Cacciatrice come Valerie e Amira, quest’ultima si era accorta dell’aria interrogativa che aveva in viso e senza riflettere le chiese: «Tutto bene?»
Eleni le sorrise annuendo, ma  non poté fare a meno di alzarsi dal divano ed andare accanto alla finestra.
Avvertiva nella sua mente ancora il tono adirato di Fato e l’aria malinconica di Giustizia che aveva avuto nel lasciarla lì.
Volse lo sguardo al cielo che si era, nel frattempo, schiarito.
«Ti manca casa tua?» chiese Sky, guardando le altre due ragazze.
«Ehm… Sì, ma solo perché ho paura.»
«Di cosa?»  continuò la Strega.
Eleni si voltò di nuovo verso le sue nuove amiche, sentendo la necessità di raccontare a loro di più sui suoi sentimenti.
Stare lontano dal suo mondo rendeva così difficile mantenere stabili le emozioni.
«Io ho paura di non essere pronta a stare accanto a voi in questa faccenda dei demoni.»
Amira guardò repentinamente Valerie e Sky.
La Cacciatrice più giovane si alzò in piedi incrociando le braccia al petto e, fulminando con lo sguardo la figlia di Fato, si diresse in camera sua, chiudendosi violentemente alle spalle la porta.
«Non volevo farla arrabbiare!»
«Lei non si è arrabbiata… Odia essere abbandonata. Si stava abituando alla tua presenza.» spiegò Amira, sentendosi il cuore martellare nel petto, poche ore prima Eleni era felice di essere lì con loro ed ora? Ora che cosa le aveva fatto cambiare idea?
«Io… non voglio abbandonare.»
Sky, a quel punto, si sentì leggermente in imbarazzo, non sapendo bene cosa dire e cosa fare. Amira le fece segno di andare a parlare con Valerie, cercando di farla ragionare. E una volta rimasta sola con Eleni le chiese: «Cosa succede?»
«Dove?»
«Nella tua testa.» rispose ticchettando il dito sulla tempia.
«Voi… voi siete così diverse da me. Io non sono né una Strega né una Cacciatrice…»
Amira sgranò gli occhi, come se sperasse di aver sentito male.
«Dici… Dici sul serio?»
Eleni annuì, abbassando lo sguardo frustrata.
Amira, però, iniziò a ridere dicendo: «Ma cosa dici? Sei la figlia del destino! Immagino tu possa fare cose che noi non siamo capaci di fare!»
Eleni guardò la ragazza senza capire.
«Ci hai portato nel futuro, questo noi non siamo capaci di farlo ad esempio.»
Il tono della voce si era addolcito ed Eleni iniziò a capire che non tutto ciò che lei sapeva fare per loro era ordinario.
Comprese che avrebbe potuto aiutare.
Comprese che non doveva lasciarsi intimorire dalla lontananza con  il suo mondo.
Lei era libra d’ora in avanti, si era distaccata dal volere del padre e poteva fare ciò che voleva.
Il viso le si illuminò e disse: «Credo debba farmi perdonare da Valerie.»
Eleni andò verso la camera ed entrando fu invasa dallo sguardo glaciale di Valerie.
«Sei venuta qui per dire ‘Ciao, io vado via?’»
«Valerie, scusami, ma…»
«Ma? Tu vieni qui, piombando nella nostra vita dal nulla e ci dici che il mondo sta per finire… E pensi di andar via così?»
«Non sono venuta qui per dire questo…»
Valerie sembrava ancora più adirata di prima. Si avvicinò alla ragazza seguita da Sky che stava per dire qualcosa, ma fu subito interrotta.
«Sei dentro questa storia proprio come noi. Ed è per questo che non puoi abbandonarci.»
In quel momento Amira comparve alle spalle di Eleni che alzò il volto e guardando dritto nelle iridi verdi di Valerie disse: «Sì, lo so. Ed è per questo che combatterò con voi.»
In quell’istante gli occhi di Eleni divennero pallidi come il ghiaccio e la stanza fu invasa di luce chiara.
Le tre ragazze si coprirono con le mani gli occhi che divennero per un attimo doloranti per il cambio di luminosità improvvisa.
Un istante dopo, sentirono sulla loro pelle un freddo inatteso ed il vento che ululava forte.
Quando riaprirono gli occhi si trovarono immerse tra le nuvole candide. Erano rimaste lì immobili a fissare quel posto che sembrava soprannaturale.
«Dove siamo?» sussurrarono all’unisono Amira, Valerie e Sky.
«Su di un monte non lontano dall’Italia.»
Gli occhi sgranati studiavano veloci i monti che parevano volteggiare attorno a loro, perché le valli erano nascoste da una coltre di nubi.
«Sembra panna montata!» esclamò divertita Sky che avanzò per vedere cosa c’era oltre il ciglio della cima, mentre sfiorava le nuvole così vicine a loro.
«Scusami Valerie. Non era mia intenzione allarmarti. Ma avevo paura di non difendervi abbastanza. Ma ora, grazie ad Amira, ho capito che posso aiutarvi ed insieme salveremo il vostro mondo.»
«Io… Sono sorpresa. Eleni, promettici che non andrai mai via. Siamo amiche e le amiche non si abbandonano.»
Eleni sorrise ed insieme a loro si sedette per osservare il sole che nasceva oltre delle cime lontane.
Il silenzio era padrone, mentre il vento sussurrava con il suo vociare delicato.
Le quattro ragazze, denominarono quel posto, come il loro rifugio e così stettero lì in tranquillità per altri minuti, prima di far ritorno a casa.
 

 
§§§

 
«Cosa vuoi dire che hai perso le loro tracce?» una voce si diffuse nel seminterrato di una vecchia palazzina.
«Mi dispiace. Ma sembrano essersi smaterializzate nel nulla.»
Un ragazzo, dai lunghi capelli raccolti in un nastro, parlava con la testa bassa, mentre un uomo lo osservava con i suoi occhi neri ed adirati.
«Trovami le tre ragazze… Subito.»
«Signore… Con loro c’è la figlia di Fato.» il ragazzo alzò per  un attimo i suoi occhi grigi poi li socchiuse appena l’uomo disse gridando: «Non me ne frega! Portami qui le tre ragazze ed io ti farò vivere. Se non me le porterai considerati morto… Anzi evaporato.»
Il ragazzo fece un inchino profondo, prima di volgersi per uscire dal seminterrato, impugnando un bastone da passeggio nero e lucente.

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Capitolo 6
*** *Demoni. ***



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Il Fato non sposta le pietre per noi
senza una ragione.
(David Anthony Durham)

 

I passi del ragazzo risuonavano nel sotterraneo, mentre proseguiva verso l’uscita.
Il suo ‘principale’ gli aveva dato degli ordini ben precisi e lui li avrebbe portati a termine, proprio come aveva fatto sempre per cinquecento anni.
Passò accanto a degli edifici grigi, con le pareti colme di graffiti rossi e verdi. Diede loro un' occhiata, facendo una smorfia.
Non aveva mai apprezzato quella forma d’arte contemporanea. Lui preferiva i dipinti su tela. Gli piaceva quell’odore tipico delle tempere ad olio.
Un ragazzo, di poco più vent’anni, passò accanto a lui e lo spinse per passare, facendolo vacillare e rise vigorosamente appena vide che si posò pesantemente sul proprio bastone.
«Ehi, stupido! Guarda dove vai!»
Il ragazzo si voltò di scattò portando dietro sé un lembo della lunga giacca scura.
«Se fossi in te non parlerei così.»
Il ragazzo tirò in avanti la visiera del berretto e fece una fragorosa risata.
«Bene. Hai fatto la tua scelta ed io… la condivido.» disse quelle parole facendo divenire gli occhi nero petrolio. Il ragazzo prima così sfacciato assunse un' espressione di terrore che divertì il demone.
«Chi sei?» chiese in modo instabile.
«Io? Io sono Zorayr, ma per te ciò non cambierà nulla… Tanto sarai morto ben presto.»
Allungò il bracciò facendo scrocchiare le ossa del collo e con un movimento veloce alzò la punta del bastone, fissando il ragazzo impaurito. Sorrise soddisfatto, appena delle lingue d’acqua balzarono affilate dal bastone e si andarono a conficcare nel petto del ragazzo prima così sfrontato. Questo iniziò a biascicare qualche parola, prima di accasciarsi al suolo privo di sensi.
«Ottimo… Mai rinunciare ad un buon pasto prima di un lavoro importante.»
Sorrise malignamente e con garbo si aggiustò le manche della giacca ricamata.
Cominciò a camminare nuovamente, fischiettando e borbottando le parole di una vecchia canzone, mentre cercava di degustare con l’immaginazione il sapore delle giovani Cacciatrici.
«Uccidere quel ragazzo non era nei piani, Zorayr.»
Il demone si voltò, incrociando gli occhi castani del suo amico.
«Levon. Che ci fai qui?»
«Mi ha mandato Lui. Mi ha detto che dovevo aiutarti.»
Zorayr avanzò svelto, facendo tornare gli occhi completamente neri e lo stesso fece Levon.
«Io non ho bisogno di aiuto!»
«Mi è stato ordinato così e di certo non voglio farmi uccidere per la tua testardaggine… Ora andiamo.»
Zorayr picchiettò il bastone sul suolo, prima di cominciare a camminare.
Levon lo osservò per un po’, bisbigliando: «Proprio lui mi dovevano affidare?» sbuffò per poi iniziare a seguirlo corrucciato.
Zorayr e Levon erano due dei demoni d’acqua più importanti.
A Zorayr venivano affidati gli incarichi più fondamentali, mentre Levon era considerato l’aiutante dei demoni. Grazie alle sue abilità era riuscito a consigliare nel modo giusto molti dei suoi compagni, portando a termine missioni vitali per la loro stirpe.

 

§§§
 

«E’ stato stupendo!» disse entusiasta Sky, appena le quattro ragazze fecero ritorno a casa in un batter di ciglio.
Amira aveva ancora stampato sul volto un sorriso sereno, proprio come Valerie.
La Cacciatrice dai capelli rossi, socchiuse gli occhi per un istante, sospirando un pensiero: «Torniamo lì qualche altra volta… ti prego.» si lasciò cadere sul divano, mentre la leggera luce del mattino colorava  la stanza.
«Quindi vi è piaciuto questo… viaggio?» chiese Eleni, guardando le tre ragazze che all’unisono dissero di sì, annuendo vigorosamente.
«E’ stata una bella esperienza.» Amira posò una mano sulla spalla della ragazza e non riuscì a fare a meno di rabbrividire per quella solita sensazione di freddo.
“Eppure questa sensazione non l’ho avvertita con Giustizia.”, pensò la ragazza, ricordandosi di quando fu abbracciata dal fratello di Eleni.
«Per- Perché stai pensando a mio fratello?» chiese Eleni, sussurrandole all’orecchio.
«Io? Cosa?» fece colorare di rosso il volto per poi scoppiare a ridere imbarazzata.
«Cosa dici? No, no… e poi come fai… Lascia stare.» Amira guardò per un secondo Eleni dritta negli occhi, rimanendo sconcertata nel sapere che la ragazza poteva leggere i suoi pensieri… o per lo meno una parte.
Si allontanò di fretta dirigendosi in cucina ed aprendo il frigo tirò fuori delle uova ed il latte.
«Si fa colazione. Evviva!» disse Sky battendo le mani e andò ad aiutare la Cacciatrice.
«Mi devi scusare» disse Valerie avvicinandosi a Eleni.
«Non avrei dovuto reagire in quel modo.»
«Hai paura di essere abbandonata… Lo so.»
Le due ragazze si sorrisero e dopo poco furono chiamate per la colazione.
«Qual è ora il piano?» disse a bocca piena Valerie, guardando Sky e Amira.
La Cacciatrice dai capelli neri fece un sorso di succo d’arancia prima di iniziare a parlare: «Prima di tutto dobbiamo capire come si possono uccidere i demoni d’acqua. Non possiamo basarci solo sui poteri di Sky» si fermò un secondo riflettendo su tutto ciò che sapeva dei demoni. Né aveva uccisi molti nella sua carriera di Cacciatrice, ma non aveva mai incontrato questa specie di nemici. Perché?
«Non sappiamo nulla su di loro. Eleni puoi chiedere qualcosa a tuo fratello? Sembrava sapesse molto sul conto di questi demoni.»
La figlia di Fato annuì, bevendo in un colpo solo l’aranciata che aveva nel bicchiere.
«Non avevi detto che non avevi bisogno di bere?» fece notare Sky.
«Sì, infatti non ne ho bisogno… Ma sento lo stesso i sapori.» sorrise, poi chiuse gli occhi,pensando intensamente al fratello.
Pochi istanti dopo, un fulmine colpì il centro della stanza, procurando un forte odore di bruciato.
Giustizia guardò le ragazze con aria interrogativa «Che volete chiedere?»
Ma prima di rispondere Valerie si portò avanti dicendo irritata: «Entri in scena sempre con questi… fulmini?»
«No, ma mi piace… Mi fa sentire importante.» sorrise maliziosamente in direzione di Amira che lo guardò senza riuscire a non pensare alla bellezza del suo sorriso.
«Vogliono chiederti come si uccidono i demoni d’acqua.» disse Eleni, facendo distogliere l’attenzione di suo fratello dalla Cacciatrice.
«Sky Wide vi può aiutare.»
«Io?» chiese sgranando gli occhi la strega.
«Sì, non vedo altre streghe nei paragi» fece una risata sommessa.
«Tu puoi fare qualche bel trucchetto su queste lame.» con un gesto fece tremare il mobiletto a parete, dentro il quale c’erano lame di ogni genere.
Amira e Valerie, infatti vantavano una grande collezione di armi per cacciare.
«Sì, ma quale incantesimo o pozione serve?» gli chiese Amira.
«Ve lo dirò in un altro momento. Per ora devo schiacciare due moscerini.»
Giustizia si voltò e dietro le sue grosse spalle, le quattro ragazze videro due demoni: Zorayr e Levon.
«Come pensi di schiacciarci, figlio di Fato?» disse ridacchiando Zorayr.
«Così.» Giustizia disse quelle parole con una tale semplicità che pareva una scena di uno spettacolo teatrale. Con un movimento veloce batté le mani facendo comparire fulmini saettanti nella camera.
«Bel trucchetto, ma non funzionerà questa volta.» Levon era sparito per poi ricomparire alle spalle di Eleni.
«Ricordati che noi sappiamo come uccidere tua sorella… Lei non è come te.»
«Maledetti!» esclamò a denti stretti Giustizia, che fece placare le scariche elettriche, continuando ad osservare il demone dai capelli ricci e dagli occhi furbi che era alle spalle di sua sorella.
«Che vuol dire?» chiese a bassa voce Sky ad Amira che scuotendo il capo sussurrò: «Non lo so.»



NdA: Volevo dire grazie ad Aven che mi ha consigliato un po' di musica che ho usato da sottofondo durante la scrittura del capitolo. 
:)

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Capitolo 7
*** *Cambio idea. ***



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Sono convinto che anche nell'ultimo istante della nostra vita abbiamo la possibilità di cambiare il nostro destino. 
(Giacomo Leopardi)

 
 
Le ragazze guardarono prima Giustizia e poi i demoni, non capendo cosa stesse succedendo.
«Volete combattere allora?» disse all’improvviso Valerie portandosi leggermente avanti e procurandosi un’occhiataccia da parte del figlio di Fato, ma non disse nulla per evitare ulteriore confusione.
«Hanno ragione… sono diversa da lui» iniziò all’improvviso a dire Eleni che era ancora bloccata dalle mani del demone che continuava a sfoggiare il suo pugnale lucente e decorato da simboli intarsiati nel metallo.
A quel punto, Eleni, chiudendo gli occhi, continuò a parlare con una voce quasi cadenzata: «Credo sia meglio, quindi, non distrarvi.»
Il fratello e le amiche si voltarono contemporaneamente a guardarla confusi, forse eran più confusi anche  più dei demoni.
In un secondo dal corpo di Eleni si sprigionò una luce forte e intensa che inondò la stanza, accecando momentaneamente i presenti che si pararono il viso con le braccia.
Quando questi riaprirono gli occhi si osservarono sconcertati.
Eleni era sparita e con sé aveva portato anche Levon.
«Che diavolo significa?» sputò fuori Zorayr , ma  nessuno lo degnò di una risposta;  tutti erano rimasti stupiti da quell’azione.
«Visto che non mi puoi più minacciare… che ne dici di assaggiare un po’ dei miei trucchi?»
Giustizia fece segno con la mano alle ragazze di stare ferme, si portò avanti avvicinandosi al demone d’acqua che parve ancora più irritato.
Il figlio di Fato aprì le braccia facendo invadere la stanza di scariche elettriche, tanto che i capelli delle ragazze si elettrizzarono iniziando a svolazzare per fatti loro, tra gli sbuffi di Valerie e i sussurri divertiti di Sky.
Amira, invece era rimasta ferma ad osservare il ragazzo, pensando a dove potesse essere andata Eleni e provando una sensazione fastidiosa allo stomaco.
‘Spero solo che il demone...’, pensò ma non ebbe la forza di concludere il pensiero che socchiuse gli occhi stringendosi alle altre per allontanarsi da Giustizia che digrignò i denti, guardando con aria minacciosa Zorayr che si sentì umiliato da tanta spavalderia.
«Cacciatrici… se pensate di potermi scappare in eterno… avete sbagliato» fece una pausa durante la quale batté il suo bastone nero sul pavimento creando un vortice sotto i suoi piedi che lo inghiottì lentamente.
«Alla prossima.» disse ghignando prima di sparire del tutto.
Giustizia andò nel punto in cui Zorayr era sparito, come per assicurarsi che sia andato via per davvero,  poi tornò a vedere le tre ragazze rimaste ferme alle sue spalle.
Non era felice del fatto che il demone fosse scappato, lo avrebbe voluto scottare per bene con i suoi fulmini.
«E’ andato via quel codardo… comnque, ora dobbiamo cercare Eleni.» le guardò corrucciato e con una leggera nota di agitazione.
«Ma come… si fa a trovarla?» disse Sky aggiustandosi alcune ciocche di capelli.
«Dannazione! Sei una strega o cosa?» brontolò Giustizia.
«Calmati!» disse Valerie, mentre Amira gli si avvicinò e stringendosi nelle spalle gli chiese: «Non la riesci a rintracciare tu?»
Il ragazzo la guardò scuotendo la testa lentamente e socchiudendo gli occhi rispose: «No, c’ ho provato pochi minuti fa, ma se sta ancora con il demone… non la posso vedere nella mia mente.»
«Che vuoi dire?» chiese secca la cacciatrice, mentre le altre due ascoltavano in silenzio.
Giustizia sbuffò, in un primo istante, avrebbe voluto liquidare la cosa e andare via così come era arrivato, ma poi guardando gli occhi di lei capì che era giusto spiegare tutto ciò  che poteva rivelare.
«Avete sentito prima quando hanno detto che Eleni non è come me?»
Le ragazze annuirono, senza dire alcunché.
«Eleni è per metà come me… per metà immortale. Le lame demoniache la possono ferire e uccidere.» il ragazzo prese fiato a fatica, si sentiva in agitazione per lei ed era una cosa che lo snervava alquanto, non era abituato a provare sensazioni del genere.
Amira guardò le amiche con aria scossa per poi dire con determinazione: «Troviamola!»

 

§§§§


 
L’aria era nauseante per via dei vapori solfurei che il terreno sprigionava.
Eleni non sapeva nemmeno il perché avesse scelto quel vulcano apparentemente spento in una parte sperduta del sud America per eclissarsi da casa delle Cacciatrici.
«Dove ci hai mandato?» disse all’improvviso il demone, alzandosi da terra, dopo la smaterializzazione era caduto rovinosamente al suolo.
«In un posto lontano.» disse semplicemente la ragazza.
«Perché?» chiese confuso Levon stringendo sempre il pugnale nella mano.
Non capiva il motivo di questo ‘viaggio’ improvviso.
«Perché se mi uccidi mio fratello e le mie amiche non si lasceranno distrarre dalle sensazioni spiacevoli.»
Eleni lo guardò per un po’ con un aria di rassegnazione, poi osservò di fronte a lei, scrutando il paesaggio spoglio e rossastro dell’ambiente vulcanico.
Levon rimase fermo ad osservarla, riflettendo sulle sue parole. Si sentì leggermente sopraffatto da quella rassegnazione, sentì la mano, ancora stretta all’arma, tremare.
Non era abituato ad uccidere persone così… senza combattere o senza almeno inseguirle per un po’.
Si sentì strano, un senso di confusione lo attanagliò.
«Io… non ti ucciderò.» disse sfalsando quel silenzio che si era creato.
Eleni si voltò a guardarlo con aria interrogativa, quasi come se si era adattata all’idea di dover cessare di esistere.
«Non guardarmi così…»
«Così come?»
«In quel modo… strano…» fece qualche gesto con le mani prima di sedersi su di un grosso masso a sbuffare.
Cosa stava facendo? Avrebbe dovuto portare a termine il suo compito, ma invece in quel modo stava ostacolando gli ordini del suo ‘capo’.
«Perché hai cambiato idea?»
«Mh…?» mugugnò Levon avvolto ancora dai suoi pensieri.
«Se non mi vuoi uccidere… vuol dire che hai cambiato idea.»
Levon fece un’alzata di spalle, voleva eludere quella domanda, non avrebbe saputo rispondere e come avrebbe potuto spiegare le sue sensazioni, così nuove per lui?
Per lui che era un demone d’acqua?

 
 
 


 

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