Some Things Shouldn't Be a Chore

di scifigrl47
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***





“C'era un torsolo di mela sul pavimento dell'atrio.”
Tony Stark alzò gli occhi dal suo ultimo progetto, il volto rischiarato dalla luce blu della proiezione olografica. Steve Rogers lo stava fissando dall'altro lato del tavolo, l'espressione intenta.
“D'aaaaccordo,” disse Tony, trascinando la parola per il tempo necessario a digerire l'informazione.
Steve lo stava fissando, e Tony si chiese che cosa diavolo si supponeva che lui facesse. Steve aveva questo suo modo di guardarlo con un'espressione piena di aspettative, aspettative che Tony era perfettamente consapevole di non essere in grado di soddisfare. “L'hai raccolto?” chiese, alla fine.
Steve aggrottò leggermente la fronte. “Sicuro,” disse, il tono un po' offeso. “Ma il problema, Tony, è perché fosse lì per terra, tanto per cominciare.”
Tony aprì la bocca. La chiuse. “Non l'ho lasciato lì io, io non-” Fece un gesto con una mano, cercando le parole e scansando una sezione di progetto allo stesso tempo. “Io non mangio.”
La fronte di Steve si corrugò. “Hai bisogno di mangiare.”
“Già, lo farò. Subito. Davvero, è una buona idea. Sono felice che tu abbia tirato fuori l'argomento, Cap. Ho intenzione di farlo di sicuro, abbiamo finito, adesso?” Sapeva che la sua voce suonava speranzosa, perché uno Steve Rogers dalla faccia preoccupata lo rendeva estremamente nervoso.
“No.” Steve inclinò la testa da una parte. “C'era un torsolo di mela nel mezzo dell'atrio, Tony. Sul pavimento. Qualcuno in questa casa ha semplicemente... lasciato cadere un torsolo di mela nel mezzo dell'atrio e se n'è andato. Perché qualcuno farebbe qualcosa del genere?”
C'era una domanda trabocchetto lì da qualche parte, e Tony non era sicuro di sapere come gestirla. “Perché non se ne sono accorti?” tentò alla fine. “Steve, stiamo facendo qualcosa, qui, non sono sicuro di cosa stia accadendo, perché sembra che sia qualcosa, ma non sono certo di come io possa ricavare qualcosa da un torsolo di mela abbandonato.”
“Non ti dà fastidio?” chiese Steve.
“Non così tanto, no. Prima di tutto, non l'ho visto io, e in secondo luogo, se anche l'avessi visto, probabilmente non l'avrei visto comunque, perché non presto attenzione a, sai, cose come questa.” Tony aggrottò la fronte, guardando l'ologramma. “E' un torsolo di mela, Steve. Non è un gran problema.” Tony picchiettò il progetto. “Jarvis, rimuovi i relè e fammi vedere com'è senza la rete elettrica.”
“E' un gran problema,” disse Steve, parlando più forte per coprire la risposta dell'A.I.. “Scusami, Jarvis,” aggiunse, la testa piegata indietro. “Ma la situazione sta andando fuori controllo. C'era un asciugamano bagnato sotto il tavolino del caffè nel salotto, stamattina, insieme ai resti di un paio di pasti e ad un cappello pieno di quella che sembrava essere salsa; una tazza di caffè con la muffa che germogliava nell'ingresso del bagno e altre sei sui banconi della cucina; ogni paio di scarpe che chiunque abbia indossato negli ultimi tre giorni in una pila vicino alla porta dell'ascensore principale. Più o meno venti penne erano abbandonate sul pavimento della cucina -”
“Quella potrebbe essere stata colpa mia,” disse Tony in un bofonchio affrettato, le parole praticamente perse nella tazza di caffè. A giudicare dall'occhiata estremamente delusa che Steve gli lanciò, il dannato Udito Superiore del Super Soldato aveva colto lo stesso. Maledettissimo siero.
“Perché.”
Non era una domanda, ma Tony rispose lo stesso. “Perché andavo di corsa e avevo bisogno di una penna che funzionasse, ed una volta che ne ho trovato una che funzionava ho più o meno scordato le altre?” disse, la voce che scivolava verso la fine in un tono di 'oops'. “Era solo un angolo della cucina, c'era un sacco di spazio che non era coperto da penne abbandonate.”
“Non ci dovrebbe essere nessuna parte di pavimento coperta da penne abbandonate,” spiegò Steve, lentamente e gentilmente come stesse parlando ad un bambino piccolo e umorale. Tony se ne sarebbe sentito maggiormente offeso se non gli fosse sembrato abbastanza appropriato.
“Va tutto bene, la squadra delle pulizie sarà qui oggi,” disse Tony. Il suo caffè era freddo. Facendo una smorfia, posò la coppa in cima ad una pila di fascicoli che che ondeggiò pericolosamente sotto il nuovo peso. Steve lo stava fissando, e Tony si interruppe. “Cosa?”
Allungandosi, Steve raccolse la tazza insieme alle altre quattro che erano lì. “Non va bene,” disse, e la sua voce era così tanto STEVE in quel momento, così severa e preoccupata e giusta che Tony fece una smorfia. “Non sto dicendo che mi aspetto che facciamo le grosse pulizie, Tony, ma, quando assumi persone per prendersi cura di tutto, non c'è più senso di responsabilità personale.”
“Già, quello mi piace. Perché io sono veramente pessimo con la cosa della responsabilità personale.” Era pessimo con tutti i generi di responsabilità personale, ma odiava tirar fuori l'argomento. Steve aveva quell'espressione tirata e infelice, sulla faccia, che Tony non sapeva mai come gestire: la maggior parte delle volte o lanciava di fronte a Steve qualcosa di più rotto di sé o si offriva di nuovo di comprare i Dodgers. Nessuno dei due stratagemmi funzionava davvero, ma Tony non aveva altre idee.
Prese un respiro profondo e si buttò. “Steve, siamo impegnati a salvare il mondo metà del tempo, e, quando non lo siamo, abbiamo del lavoro da fare, importante lavoro. Io ho-” Posò gli occhi sul suo attuale progetto e, che Dio gli fosse testimone, non riusciva a ricordarsi che cosa fosse stato intento a costruire. Gli era sembrato molto, molto importante all'epoca, ma adesso non aveva idea di che cosa si supponesse che quell'intreccio di cavi e metallo e, uh, quello era materiale radioattivo?, fosse.
Probabilmente sarebbe stato meglio se fosse riuscito a capirlo. Prima di costruire accidentalmente un'altra bomba. O un'A.I.. Un'A.I. avrebbe causato più problemi, ma Coulson usciva di testa quando si trattava di bombe fatte in casa. Il tizio se ne andava in giro bofonchiando a proposito dei danni collaterali tutto il maledettissimo tempo, e Tony era stufo di essere minacciato con un taser senza una buona ragione.
“Siamo occupati. E' normale che le cose finiscano un po' in disordine.” Tirò i piani a sé e li esaminò. “Ehi, è un tostapane!”
“Cosa?” chiese Steve.
“Nulla, non ha importanza, nessun problema, perché diavolo ho pensato di aver bisogno di isotopi di plutonio in un tostapane, davvero, anche per me questo è troppo, sarebbe una soluzione molto più efficace procedere con un più stabile impulso ad elettroni ed il risultato è lo stesso e a nessuno piacciono i tostapane radioattivi.” Puntò un cacciavite in direzione di Steve. “A nessuno.”
“Questo è vero,” disse Steve, e i suoi occhi furono caldi e divertiti solo per un attimo, prima che quel che Tony aveva detto si facesse largo dentro di lui: “Aspetta, hai detto plutonio?”
“Non preoccuparti per questo, davvero, ho tutto sotto controllo.” Il guscio del tostapane gli rivolse un beep, un acuto, arrabbiato beep. “Oh, avanti, davvero? Jarvis, ho installato un'A.I. nel tostapane?”
“Sembra essere qualcosa che lei sarebbe capace di fare, signore,” disse Jarvis, sarcastico come sempre. “Mi aspetto di vederla un giorno o l'altro aggirarsi per il laboratorio ridacchiando mentre ripete 'è vivo'; ma, d'altronde, usualmente lei aspetta di avere un pubblico per i suoi momenti di teatralità veramente appassionata.”
“Jarvis, vuoi andare a vivere in un simpatico tostapane? Perché mi sembra una punizione appropriata, ora che sei diventato inspiegabilmente maligno,” gli disse Tony, sorridendo come il pazzo che era. “Non riesco ad immaginare da dove possano venire questi tuoi difetti di personalità.”
“Per parafrasare una citazione sul tema, ho imparato osservandola. Non preferirebbe rimuovere quel pannello in una maniera che non si concluda con un'esplosione ed una possibile perdita di arti?” chiese Jarvis, mentre Tony allentava un giunto.
“Maligno, maligno, maligno,” disse Tony. “Ehi, tostapane, sei vivo? Ero così avanti nel processo di installazione?” Lo punzecchiò sperimentalmente, e il tostapane emise una serie di piccoli, acuti suoni. “Fottutamente fantastico. Bene. Abbiamo un tostapane autoconsapevole, questa, questa sarà una gran cosa, giusto? Voglio dire, sicuro, il Baxter Building ha un portale per la Zona Negativa e tutto il resto, ma noi abbiamo un tostapane irritabile. Con la mia fortuna, sarà allergico al pane all'uvetta o qualcosa del genere, e finiremo per doverlo combattere con coltelli da burro ed una scatola di Pop Tarts andate a male.”
Alzò la testa e Steve aveva la testa tra le mani e le spalle che gli tremavano. Il che avrebbe potuto essere il sintomo di una risata, o di lacrime, o di un crollo nervoso in avvicinamento, certe volte era difficile stabilirlo: sembravano tutti la stessa cosa finché non cominciavano le urla. Stabilendo di aver rischiato la sorte sufficientemente a lungo, Tony mise giù gli strumenti, prudentemente, ignorando il tostapane che sembrò affrettarsi ad allontanarsi dal cacciavite.
Uh, gli aveva montato delle rotelle. Perché in nome di Dio avrebbe dovuto – Oh. Già. Per consegnare i toast.
Doveva smettere di progettare a quand'era a corto di sonno.
“Sì, dovresti,” disse Steve, alzando finalmente la testa e, sì, Tony stava facendo quella cosa dove non riusciva a differenziare il monologo interiore da quel che diceva ad alta voce, e questo era sempre imbarazzante. “Sì, lo è. Per entrambi.”
“Ora ho intenzione di concentrarmi sul progettare le frasi che ho intenzione di farti sentire,” disse Tony, facendosi passare entrambe le mani tra i capelli.
Steve lo fissò. “Hai dell'olio di motore tra i capelli, adesso.”
“Sì, succede. Una sacco di volte, va tutto bene, non preoccuparti, c'è olio dappertutto, Steve, è una specie di abitudine per me.” Accanto a lui, Dummy gli offrì uno straccio più sporco delle sue mani. “Non capisco come mai ritieni che questo mi aiuterà,” disse al robot. Questo cercò di strofinare la faccia di Tony con lo straccio. “Sei – Fermo! No, non penso che -” Sospirando, Tony prese lo straccio, principalmente per far sì che Dummy smettesse di tentare di aiutarlo. “Grazie.” Il braccio robotico si afflosciò e Tony sospirò di nuovo. “No, no, è tutto a posto, davvero, grazie, grazie per aver aiutato, è stato gentile da parte tua, Gesù, nooon cercare di pulire Steve, Steve è area vietata! No, non ha bisogno-” Tony si spiaccicò una mano sulla faccia mentre Steve veniva spolverato con un panno sporco.
Steve, essendo Steve, rimase perfettamente fermo, sorridendo mentre il robot impazzito gli ruotava attorno, il braccio meccanico intento a strofinargli le braccia e la testa con uno straccio praticamente nero. “Grazie,” disse Steve a Dummy. “Visto, Tony? Dummy sa che dobbiamo prenderci cura delle nostre stanze.”
“Dummy è stato creato da un diciassettenne che aveva dormito mezz'ora, bevuto sei galloni di rum ed una tazza di caffè piena di numerosi agenti biologici contaminanti, perché continuavo a scordarmi della muffa e a berla lo stesso,” puntualizzò Tony. “Non c'è da sorprendersi che sia un po' speciale.” Dummy gli cinguettò e ronzò qualcosa, non si accorse del bordo del bancone e quasi si rovesciò per terra. “Già, Dummy, è tutto a posto, anch'io ho grossi problemi a calcolare le distanze, vuoi conoscere il nuovo tostapane?” Alzò il tostapane, che protestava, e lo posò sul bordo del tavolo da lavoro. “Dì 'ciao'.”
Le due macchine cominciarono immediatamente a ronzarsi l'un l'altro, ed era una cosa adorabile a vedersi; perciò Tony si rilassò e sorrise loro. Ricordandosi che Steve era nella stanza, alzò la testa in tempo per vedere che Capitan America, con addosso una delle sue orribili camice di tessuto scozzese con il colletto abbottonato e un paio di pantaloni color cachi con le pieghe lungo le gambe, ma non meno eroico per il suo pessimo gusto nel vestire, era occupato a mettere a posto il suo laboratorio.
“No. No, no, no,” disse Tony, correndogli dietro per riprendere dalle mani di Steve tazze di caffè e scatole di pizza e una delle frecce di Clint ed alcune richieste di brevetti che era stato troppo annoiato per compilare ed aveva usato invece per fare aeroplanini di carta e il frullatore, che era pieno di quella che forse era muffa, oppure solamente un po' di melma verde avanzata, ed un paio di riviste automobilistiche. “No.”
Steve gli sorrise, perché era Steve e perciò aveva interpretato la cosa come Aiuto, non Diniego, e stava ancora toccando cose, le cose di Tony, cose che avrebbero potuto essere potenzialmente letali o imbarazzanti o semplicemente segrete nella maniera in cui le cose di Tony erano sempre. Tony resisté all'impulso di raccogliere tutto quel che c'era nel laboratorio in una pila colossale e poi di appollaiarcisi in cima, sibilando e ringhiando come un drago frustrato sul suo piuttosto patetico tesoro.
“Steve, no,” disse, abbracciando le sue cose, la sua preziosa, preziosa roba premuta contro il petto. “So che cosa stai cercando di fare qui, davvero, ma no.”
Steve lo considerò per un lungo, silenzioso momento, poi sospirò. “Bene, Tony. questo è il tuo spazio, lo capisco. Ma le aree comuni, quelle no, non permetterò che le aree comuni siano trattate come una discarica. Se non ci prendiamo cura della nostra casa, questo si ripercuoterà sul modo in cui ci trattiamo l'un l'altro. E' una questione di rispetto, e non permetterò che ce ne dimentichiamo.”
“Tu dici cose come questa e io quasi riesco a vedere una bandiera che ti sventola alle spalle a mo' di sfondo,” disse Tony; Steve apparve ferito, per un attimo solo, e Tony si affrettò a proseguire prima che quell'espressione avesse la possibilità di sedimentare. “No, no, non ti sto prendendo in giro, è solo che sei così onesto quando parli di queste cose, ci credi veramente, ed è davvero disorientante.”
Lasciò cadere tutto sul tavolo da lavoro, attento ad evitare il tostapane. “Ascolta, Steve, sono uomini adulti, e supereroi, e hanno personalità molto diverse. Cos'hai intenzione di fare, indire una riunione di famiglia e spiegare che hai intenzione di istituire un elenco di lavori domestici, minacciando che altrimenti ci ridurrai la paghetta?” Per un attimo fu così occupato a separare un cumulo di cavi dai resti di una scatola di Fruit Loops da non realizzare che il silenzio si stava protraendo in una maniera estremamente preoccupante.
La testa di Tony schizzò verso l'alto, e lui si accorse che Steve gli stava sorridendo. Un sorriso pieno, con un sacco di denti di un bianco brillante, assolutamente raggiante. Lo stomaco di Tony si esibì in una picchiata. “No,” disse. “No. Assolutamente no, Steven Rogers, questa è casa mia ed io non ti permetterò di farlo, ti proibisco assolutamente di farlo, mi hai sentito?”

*

“Questa è una riunione di famiglia,” spiegò Steve a tutti, e Tony resisté all'impulso di sbattere la fronte sul tavolo della cucina.
Qualcuno, e si trattava probabilmente di Clint, a Tony piaceva incolpare Clint per questo genere di cosa, soffocò una risata. Anche Natasha, chiaramente, diede la colpa a Clint, perché ci fu il netto suono di una scarpa appuntita che si schiantava contro uno stinco, e subito dopo Clint sussultò. Natasha, l'espressione immutabile, annuì rivolgendosi a Steve. “A proposito di cosa?” chiese.
“A proposito del fatto che dobbiamo mostrare un po' più di rispetto per le condizioni delle nostre stanze,” disse Steve. “Tony ci permette di restare qui -”
“Vorrei soltanto dire che a me non importa niente delle condizioni delle nostre stanze,” disse Tony, alzando una mano. “Assolutamente niente.”
Steve gli lanciò un'occhiata: un'occhiata alla 'Mi aspetto che tu mi appoggi in questo, perché è importante'. Sospirando, Tony si afflosciò nella sedia. “Steve pensa che siamo degli zozzi animali che vivono come sciatti liceali,” spiegò.
“Ho visto il tuo laboratorio,” disse Coulson dall'angolo più lontano della tavolata, dov'era chino su una pila di moduli. “Perciò posso dire senza ombra di dubbio che questo è un insulto agli sciatti liceali.”
“Sentiti libero di tornare a quel cubicolo sterile dotato di letto che lo SHIELD chiama una stanza privata, se qui non ti piace,” disse Tony in tono zuccheroso.
“Non mi è più permesso di scegliere dove alloggiare,” disse Coulson, un sopracciglio inarcato. “Qualcosa a proposito di un ragazzo delle pizze, frecce esplosive, un incantesimo ed una bottiglia di liquore di contrabbando.”
“In mia difesa,” fu tutto quel che riuscì a dire Clint prima che Coulson gli assestasse una pacca sulla nuca. Clint sorrise, prendendolo come un segno d'affetto: il che, conoscendo Coulson, probabilmente era.
“In definitiva, io sono incastrato qui, e Steve ha ragione. Questo posto è andato solamente peggiorando nel corso delle settimane passate.”
“Invero, per quanto mi addolori grandemente, devo convenire che non siamo stati in grado di tenere in ordine la nostra casa,” intonò Thor. Stava lucidando Mjolnir, i piedi sulla tavola.
“Perciò, cosa avevi in mente? Un tabellone delle corvè?” chiese Bruce. Quando tutti si girarono verso di lui, confusi o curiosi, sospirò. “Oh, giusto, nessuno di voi è una persona normale che è andata ad un campo da bambino.”
“Sono profondamente offeso. I miei parenti erano più che felici di spedirmi al campo per mesi interi,” disse Tony, allegramente; Bruce alzò gli occhi al cielo e Steve assunse di nuovo quell'espressione tirata che rendeva Tony nervoso.
“Sei andato ad un campo per ragazzi ricchi, non è vero?” chiese Bruce.
“Duh,” rispose Tony.
“Cos'è un tabellone delle corvè?” chiese Clint. Stava facendosi rotolare una freccia in mano, le sue lunghe dita aggraziate che si flettevano in aria.
“Una lista di lavori domestici,” rispose Coulson. “Generalmente adoperata dai boy scout per sapere che cosa ciascuna squadriglia o scout sia incaricato di fare. E' organizzata così che i lavori possano essere scambiati di tanto in tanto, ma si mantenga un senso di dovere personale e responsabilità. Generalmente adoperata per i bambini di dieci anni.” Chiuse il fascicolo che aveva di fronte con un gesto secco. “Sembra perfetta per noi.”
“No,” disse Tony, la voce ferma. “No. Pago una ditta delle pulizie per venire qui e gestire questo genere di cose; limitatevi a raccogliere la biancheria sporca dal tavolo della cucina e smettetela di cacciare le scatole vuote dei biscotti sotto al divano quando c'è un secchio perfettamente funzionante a cinque passi di distanza e sì, Thor, so che sei stato tu e-”
“C'era della biancheria sulla tavola?” esclamò Steve, e la sua voce conteneva una dose generosa di 'che cosa diavolo c'è nella vostra testa che non funziona, gente?' che lui era troppo educato per tradurre in parole. “Chi è che mette la biancheria sul tavolo della cucina?”
“Non ho controllato se c'era un'etichetta, Steve,” sbottò Tony. “Non lo so e non mi interessa, sto solo dicendo che possiamo farcela senza doverci umiliare di fronte ai visitatori con un elenco sulla maledettissima parete, come se andassimo tutti in giro in calzoncini e cappelli con la scritta 'Campeggio dell'Allegro Tempo Fottutamente Felice per Tutti' davanti.”
“Non mi sembra un nome appropriato per un posto dove mandare i bambini,” disse Thor, la disapprovazione chiara sul suo viso, nello stesso momento in cui Steve disse: “Tony, il linguaggio, davvero, c'è una signora presente.” Natasha parve divertita e Tony perse la pazienza.
“Non è un posto vero!” Lo ululò, praticamente. “E' quello in cui state trasformando la mia torre! Non voglio vivere al 'Campeggio dell'Allegro Tempo Fottutamente Felice per Tutti', gente. Mi oppongo, maledizione! Pago una ditta di pulizie e non lascio i miei boxer sulla tavola della cucina."
“Oh, non erano neanche i miei, se è per questo,” disse Natasha, e tutti si fermarono per fissarla.
“Mentre il cervello di Tony è occupato a resettarsi,” disse Coulson, perché Steve era diventato rosso ed aveva cominciato a balbettare, e Clint stava sorridendo a Natasha in una maniera che faceva presagire auspici deleteri per lui per la prossima volta in cui si fossero allenati insieme, e Thor stava chiaramente cercando di ricordare se i boxer in questione fossero i suoi, e Bruce li stava ignorando tutti. “Qualcun altro ha qualcosa da dire prima che io installi una lista dei lavori?”
Tony scosse la testa energicamente, sapendo che sarebbe andato tutto bene. Tutto bene, perché sicuramente gli altri non avrebbero acconsentito a quest'assurdità, ed era certo che non avrebbe dovuto avere a che fare con questi stupidi esercizi di cameratismo per la squadra, e avrebbe potuto tornarsene nel suo sporco laboratorio e prendersi la peste da qualche straccio sporco e aspettare che i professionisti pagati gestissero le cose.
Si appoggiò con il dorso allo schienale della sedia, le braccia intrecciate sul petto, ghignando a Steve, che lo guardò deluso. Tony si fece forza per resistere alla fitta di senso di colpa che lo attraversò da qualche parte in prossimità del suo reattore Arc. Odiava sentirsi in colpa. Specialmente il genere di senso di colpa ispirato da Steve. Era una cosa particolarmente dolorosa.
Cercando di distrarsi, spostò lo sguardo e commise l'errore di incontrare gli occhi di Clint. Occhio di Falco lo stava fissando con le palpebre assottigliate e la sua espressione brevettata da cecchino a mille iarde. Tony sentì un lampo di preoccupazione quando un sorriso si allargò sul viso di Clint: scosse la testa, 'no', e il sorriso di Clint si fece semplicemente ancora più grosso.
“Sembra un'idea geniale,” disse, e Tony gli lanciò un'occhiataccia. Traditore. Bastardo. Leccapiedi. A giudicare dall'espressione maliziosa di Clint, il cecchino gli avrebbe fatto la linguaccia non appena avessero lasciato la stanza.
“Ti ucciderò, Barton,” bisbigliò, e Clint gli lanciò un bacio, chiaramente poco preoccupato malgrado Tony sapesse dove dormiva.
In realtà, ora che ci pensava, era possibile che non sapesse dove Barton dormiva. Il tizio sembrava muoversi in giro per la torre molto tardi la notte e molto presto al mattino. Si stava nuovamente comportando in maniera subdola, ed un cecchino subdolo rendeva Tony nervoso.
“Grazie, Clint,” disse Steve, ignorando Tony senza difficoltà. “Natasha?”
Natasha era al telefono, intenta a parlare a bassa voce a qualcuno: ma incontrò lo sguardo di Steve con un unico sopracciglio sollevato ed un breve cenno d'assenso.
“Anche per me va bene,” disse Bruce. “Preferisco che il mio lavoro sia incontaminato e, a differenza delle tue macchine pazze,” aggiunse, rivolgendosi a Tony, “il mio lavoro può essere danneggiato irreparabilmente da una ciambella in decomposizione che qualcuno ha deciso di nascondere nei condotti di ventilazione.”
Tony resisté all'impulso di andare in cucina ed abbracciare il suo nuovo tostapane. “Le mie macchine non sono pazze,” disse, lievemente offeso al posto dei suoi robot. “Certo, non sono particolarmente stabili, ma, davvero, chi lo è in questa torre?”
“Hai costruito un tostapane che detesta le ciambelle,” puntualizzò Clint. “Il che è una specie di difetto. Sai. PER UN TOSTAPANE.”
“Le ciambelle sono difficili da scaldare,” spiegò Tony. “Anche tu le detesteresti.”
“La tua ostinazione nel costruirti amici sta diventando lievemente inquietante, Stark,” disse Natasha, e Tony non riuscì a reprimere un sussulto di fronte a quello. Lei lo ignorò, allungando il telefono a Thor. “Ecco. E' Jane.”
Thor si illuminò in viso, il sorriso enorme e gli occhi enormi e facendo praticamente tutto tranne che scodinzolare: la sua rassomiglianza ad un golden retriever adolescente e il fatto che non prendesse in giro il nuovo tostapane di Tony erano le prime tra le ragioni per le quali era il preferito di Tony. “Jane!” esclamò, e tutti intorno alla tavola sussultarono, perché, quando Thor esclamava, era in grado di produrre parecchio rumore.
Thor ascoltò qualunque cose Jane gli stesse dicendo con un'espressione estremamente concentrata sul viso. Annuendo, emise un paio di rumori sul genere di 'uh-huh', e poi i suoi occhi blu si spalancarono ancor più. “Invero,” disse, sbattendo una mano enorme sulla tavola. “Capisco. Perciò, dovrei farlo. Grazie, carissima Jane.” Restituì il telefono a Natasha. “Sono stato informato che contribuire a simili imprese domestiche è considerato il marchio di un eccellente compagno, qui su Midgard. Di conseguenza, è importante che io faccia del mio meglio.”
“Questo è un colpo basso,” disse Clint a Natasha.
“Mi ha offerto una ricompensa se riesco a infilarlo in un qualunque grembiule a pieghe e a fargli delle foto,” disse Natasha, le labbra incurvate solo agli angoli. “E' il genere di denaro che preferisco. Facile.”
“E come mai pensi che sarà facile?” disse Clint, mentre lo sguardo di Thor si spostava dall'uno all'altra ad ogni scambio di battute.
“Perché tu gli farai da esempio.”
“Posso farlo. Per metà del guadagno.”
“Affare fatto.” Lei allungò una mano e Clint la strinse.
“Clint ha appena acconsentito a indossare un grembiule a pieghe?” chiese Tony, senza rivolgersi a nessuno in particolare.
“L'ha fatto,” disse Coulson, tornando ad occuparsi delle sue pratiche. “Natasha, cerchiamo di tenere la cosa sul dignitoso, che ne pensi?”
Lei si esibì in una delicata scrollata di spalle. “Io posso solo scegliere il costume. Non posso controllare quel che ne faranno.”
Coulson si strofinò la fronte con una mano. “Natasha, le foto.”
“Saranno l'essenza della discrezione,” acconsentì lei.
Steve si schiarì la voce. “Perciò, dal momento che siamo tutti d'accordo -”
“No, non lo siamo,” squittì Tony. “Io sono decisamente non in accordo.”
“Ho fiducia che cambierai idea,” disse Steve, e le sue parole suonarono decise. “Grazie a tutti.”
Tony si afflosciò nella sedia mentre tutti gli altri si alzavano e cominciavano a defilarsi dalla cucina. Bene, d'accordo, pensò. Davvero, non poteva essere così terribile. Steve non sarebbe mai riuscito a trovare compiti a sufficienza da mettere in funzione quest'idea imbecille.

*

Fedele alla parola data, Coulson fece recapitare il giorno dopo una grande lavagna lucida con una griglia prestampata. Fedele alla parola data, Steve trascorse gran parte del giorno compilandola con quasi due dozzine di lavori semplici e chiari che uno qualunque di loro avrebbe potuto fare. Tony fissò le righe nella grafia netta e precisa di Steve, sentendo che un'emicrania era imminente.
Innaffiare le piante, far partire la lavastoviglie, riempire le mangiatoie per gli uccellini, spazzare il pavimento della cucina, preparare i popcorn per la Notte dei Film, preparare la colazione la domenica, raccogliere i piatti sporchi dalle sale comuni, portare gli asciugamani al camioncino della lavanderia, chiamare Pepper, preparare la lista della spesa, pulire la macchina del caffè, la lista dell'idiozia era lunga.
“Domanda,” disse Tony mentre gli altri consideravano la lista. “Abbiamo una mangiatoia per gli uccellini?”
“Sul balcone accanto al tavolino della colazione,” disse Bruce.
“Stiamo... nutrendo gli uccelli. Perché dovremmo farlo? Le uniche cose che arrivano quassù sono i piccioni. Perché dovremmo nutrire quei ratti con le ali?”
“A me piacciono i piccioni,” disse Steve con un sorriso luminoso. “Sono sopravvissuti. Intelligenti ed adattabili.”
“E ovviamente ti piacciono,” sospirò Tony. “E perché c'è 'chiamare Pepper' sulla lista?”
“Qualcuno la chiama tutte le settimane. Giacché ci siamo, possiamo rendere la cosa ufficiale,” spiegò Coulson. Suonava fin troppo divertito da tutto ciò.
“Perché la gente sta chiamando Pepper?” chiese Tony. Tutti lo fissarono come fosse un bambino duro di comprendonio, e la tentazione di battere i piedi per terra e rubare la loro stupidissima lavagna fu veramente forte. Aveva accesso a sostanze altamente esplosive e lanciafiamme. Quella cosa sarebbe morta. Sarebbe morta di una morte orribile.
Approfittando della sua distrazione, Clint stava scrivendo 'Nutrire Occhio di Falco' su uno spazio vuoto, e Natasha gli tolse il pennarello di mano. Lui cercò di afferrarlo, ma lei lo conosceva troppo bene; con il rapido movimento di una gamba gli colpì entrambe le caviglie. Lui barcollò all'indietro e Thor lo acchiappò, ridendo. Natasha scrisse 'Problema di Coulson' sulla riga accanto al suggerimento di Clint.
“Non sono più il suo responsabile,” obiettò Coulson, mentre Clint rideva. Thor rimise Clint in piedi e Clint, ghignando, si rifiutò di stare dritto per conto suo. “Per amor del cielo, non rompere il tiratore scelto,” disse Coulson quando Thor afferrò Clint sotto le braccia, le sue mani enormi sulla cassa toracica di Clint mentre rimetteva l'uomo più basso in piedi come fosse un bambino. “Non avete idea dei moduli che devo compilare ogni volta che finisce in infermeria.”
“Succede abbastanza spesso,” disse Clint, cercando di assestare un calcio alla testa di Thor e fallendo. Il semidio schivò con un enorme sorriso.
“Hanno creato dei moduli apposta per te, Clint,” disse Coulson. “Mettilo giù.”
“Possiamo restare in argomento?” chiese Steve, battendo l'indice sulla tabella con un sorriso. Thor rimise Clint a terra e Clint riuscì a stare in piedi per conto suo ed entrambi cercarono di sembrare innocenti. Nessuno dei due ne era capace, ma entrambi fecero apparire il tentativo adorabile.
“Grande,” disse Steve. “Signori e signora, scegliete il vostro lavoro.”
E Tony non poteva credere che stessero acconsentendo a tutto ciò. Davvero non poteva CREDERE che Coulson stesse scrivendo il proprio nome accanto alla casella della pulizia della macchina del caffè e della lavanderia e della pianificazione del pasto del martedì. Natasha ghignava mentre prometteva di annaffiare le piante, di potare la piccola aiuola di fiori e vegetali nella serra che Tony aveva installato principalmente per potersi abbronzare, e di nutrire Occhio di Falco insieme a Coulson. Steve si sarebbe occupato di chiamare Pepper questa settimana e del pranzo della domenica e di fare la lista della spesa, cosa che tutti avrebbero rimpianto di avergli permesso di fare, perché a Steve non piacevano i cibi precotti e voleva che tutti mangiassero in maniera salutare. Thor firmò con uno svolazzò per le cene del giovedì (sempre pasta, prima della Notte dei Film, Dio, Tony amava i giovedì, pasta e film e il divano mentre tutti bevevano cioccolata e mangiavano popcorn e litigavano sulle assurdità scientifiche nelle trame e sulla pessima recitazione e su quale attore si sarebbero portati a letto) e per raccogliere gli asciugamani. Bruce, con un piccolo sorriso, scelse di riempire le mangiatoie degli uccelli, di preparare il caffè la mattina e di mettere in ordine dopo la Notte dei Film. Clint, che era effettivamente in grado di cucinare ed era anche piuttosto bravo, con un passato di viaggiatore con la necessità di rendere saporite le cose avendo praticamente nessun ingrediente con il quale lavorare, scelse le cene del fine settimana e di occuparsi dei robot se Tony avesse dovuto lasciare New York, perché amava Dummy e Butterfingers anche se Jarvis non voleva permettergli di insegnare loro altri trucchi di giocoleria.
E ora tutti stavano guardando Tony, chi con un'aria di aspettativa, chi compassionevole, chi annoiata e chi costernata, e Steve aveva una tale speranza sul viso che Tony si ritrasse fisicamente, con un sobbalzo. “E' un'idea stupida,” sbottò, sapendo di suonare infantile, ma senza essere in grado di fermarsi.
Clint alzò gli occhi al cielo e si sporse verso la tabella. “Sto aggiungendo all'elenco 'Abbracciare Stark', perché qualcuno è stato di cattivo umore per giorni.”
“Progetto le tue armi,” disse Tony, con tutta la rabbia di un Dio vendicativo nella voce. “Ti suggerirei di tenere questo fatto nella dovuta considerazione prima di farmi irritare, Barton.”
Compiaciuto, Clint sorrise e lanciò il pennarello nel cestino. “Lo S.H.I.E.L.D. mi farà avere un arco.”
“Pensi davvero di poter ritornare alle armi standard dello S.H.I.E.L.D. dopo aver provato i miei lavori personalizzati?” chiese Tony con un ghigno. “O di poter aspettare dalle sei alle otto settimane prima che ti permettano di toccare qualunque cosa abbiano progettato? Perché devono testarla come gli incapaci che sono?”
“Gli stai dando armi non testate?” chiese Steve, la voce piena di orrore. D'accordo, quello forse era stato un errore. “Noooooooo,” disse Tony dopo un attimo, trascinando la parola nella speranza che, per quando l'avesse terminata, Steve si sarebbe dimenticato nel frattempo qual era stata la domanda. Non si aspettava di essere così fortunato, ma, ehi, doveva provarci.
“Stai accettando armi non testate da Stark, tra tutti?” chiese Coulson a Clint, che parve pronto a tentare la fuga.
“No, certo che no, assolutamente,” disse Clint.
“Aspetta, cosa intendi dire con 'Stark, tra tutti'?” chiese Tony, un po' offeso.
“Tu ti fai saltare in aria. Spesso,” disse Bruce.”
“Questo è vero,” assentì Thor, incrociando le braccia sul suo massiccio torace.
“Sì, ma sono più attento quando si tratta di Clint,” spiegò Tony.
“Sei più attento quando si tratta di Clint?” ripeté Steve, ed eccola lì, quell'orribile, orribile nota nella sua voce che Tony non sapeva decifrare, ma Steve gli stava rivolgendo un'espressione estremamente addolorata; Tony decise di smettere di parlare prima di peggiorare le cose. “Tu non sei attento quando si tratta di te?”
Sì, questa era una conversazione alla quale Tony NON VOLEVA PRENDERE PARTE. Afferrò il pennarello e scribacchiò le sue iniziali accanto a qualcosa, era abbastanza certo che si trattasse di spazzare il pavimento della cucina, ma avrebbe potuto trattarsi di adottare orfani di guerra per quanto ne sapeva e, oltretutto, non gliene importava. Qualunque fosse il compito in questione, non ne valeva sicuramente la pena di starsene lì e discutere su cosa Tony considerava praticità e Steve una grave mancanza d'istinto d'autoconservazione.
Davvero, quello era un tizio che combatteva colpendo le persone con uno scudo. Tony non era certo che avesse il diritto di lanciare in giro frasi come 'tendenze latenti al suicidio'; a meno che non gli venissero da esperienza personale.
“Ecco, bene, adesso ho del lavoro vero da fare,” disse Tony, e suonò un po' troppo forte e un po' troppo tagliente; e, prima che potesse rimettere giù il pennarello, Steve glielo stava togliendo di mano.
Mentre Tony guardava, pieno di orrore, Steve scrisse il proprio nome accanto allo stramaledettissimo ABBRACCIARE TONY e poi si sporse ed avvolse le braccia attorno a Tony.
Il cervello di Tony, generalmente capace e affidabile, si limitò a spegnersi. Era come quando il visore dell'armatura diventava uno schermo nero, esaurendo il potere o il tempo o lo spazio, semplicemente si ammutoliva, e Tony si sentì come se stesse precipitando di nuovo verso la Terra. Solo, non era quel che stava accadendo, proprio no, perché Steve Rogers lo stava abbracciando, braccia enormi e petto e spalle e mani, il solido, muscoloso, caldo corpo premuto contro quello di Tony, le braccia che lo tenevano stretto, e la pressione avrebbe dovuto essere dolorosa, Steve lo stava tenendo così stretto, ma questo era Steve, Steve non faceva errori con la propria forza, non se ne dimenticava mai e non faceva mai male a nessuno se non voleva fargliene.
Certo, Steve probabilmente non aveva idea di quanto tutto ciò stesse ferendo Tony.
Il cuore gli batteva un po' troppo in fretta, un po' troppo forte, il reattore Arc che quasi cantava, caldo e piagnucolante nella cavità del petto, il suo intero corpo che si era fatto rigido e gelato e immobile, il panico crescente nella sua testa che precedeva di parecchio il vero processo cognitivo. Diviso tra la tentazione di dibattersi per liberarsi e quella di avvolgere le braccia attorno a Steve e singhiozzare, si limitò a collassare nell'immobilità.
E, tanto semplicemente come aveva cominciato, Steve lo lasciò andare e si ritrasse.
Per un attimo, Tony barcollò, prima di rivolgere un'occhiata scioccata e al limite dell'orrore verso Steve. Steve, le guance rosate, si limitò a sorridergli. “Che cosa diavolo era quello?” disse Tony, la voce strozzata.
“Un abbraccio,” disse Steve, recuperando il pennarello da dove gli era caduto sul pavimento. Fece un segno sulla tabella dei doveri, il mento alto, cercando di non dare l'impressione di essere sul punto di sciogliersi in una pozzanghera di imbarazzo. Non era molto bravo in questo.
“Sì, grazie, grande, rifallo e io-” Tony gli puntò un dito contro e non riuscì a produrre una minaccia sufficientemente terribile. “Non rifarlo.”
“Non ha molta scelta,” disse Clint, l'espressione anche troppo divertita. “Ha scelto il lavoro. E' suo, adesso. Deve farlo tutti i giorni.”
“Puoi chiudere il becco, adesso,” gli disse Tony. “E cancellare quell'assurdità.”
“E' possibile che io l'abbia scritto con un pennarello indelebile mentre eri distratto,” gli disse Clint. “Oops.”
Tony li fissò tutti, evitando lo sguardo di Steve. Invece, cercò semplicemente di dimenticare quanto BENE l'avesse fatto sentire, e questo non era semplice perché lui era dotato di una stramaledettissima memoria eidetica. Imprecando a bassa voce, uscì dalla stanza sbattendo i piedi. Si disse che non aveva sentito nessuno ridere alle sue spalle mentre attraversava il corridoio a passo di corsa.
“Jarvis,” sbottò Tony, scendendo le scale verso il laboratorio, “per che cosa ho firmato?”
“Spazzare la cucina.”
“Al diavolo, non ho tempo di cominciare da zero, ordinami 50 Roomba, consegna notturna, voglio quelle maledette cose sul gradino di casa entro le nove di domani mattina, o cadranno delle teste.” Sbudellare le maledette cose sarebbe stato meravigliosamente catartico. Per adesso, si sarebbe accontentato di nascondersi nel laboratorio e di pregare che il mondo non avesse bisogno di essere salvato proprio oggi.
Perché non era sicuro che ne sarebbe stato in grado. Aveva il brutto presentimento che avrebbe trascorso il resto della giornata cercando di convincersi che essere abbracciato da Steve non era esattamente il modo in cui avrebbe voluto trascorrere il resto della sua vita.





Note della traduttrice: Qui è Elos in sala motori, pronta a partire con una nuova traduzione. Questa volta si tratta della magnifica serie in lingua inglese In Which Tony Stark Builds Himself Some Friends (But His Family Was Assigned by Nick Fury), ad opera della meravigliosa scifigrl47, che ha gentilmente (e coraggiosamente, aggiungerei) acconsentito a lasciarmela tradurre tutta... assieme alla serie sorella Phil Coulson's Case Files of the Toasterverse, la prima storia della quale vedrà la luce quanto prima. Della prima storia di questa serie, invece, Some Things Shouldn't Be a Chore, avete in mano il primo capitolo: e i restanti tre sono già stati tradotti e betati. L'aggiornamento avverrà, presumibilmente, ogni domenica fino ad esaurimento capitoli. Il betaggio è opera dei fenomenali e mai troppo ringraziati dierrevi e duedicoppe.

Il titolo della storia può essere tradotto con Certe cose non dovrebbero essere un dovere.

A proposito di Dummy: ... d'accordo, lo so anche io che Dummy (o Dum-E, neanche la sitografia ufficiale mi sa aiutare a questo proposito) è il nome originale e che ha una traduzione in italiano. Lo so. Davvero. So che Butterfingers ha una traduzione, che You ne ha un'altra... lo so. Giuro.
Ma sono orribili. Piango a sentirle, giuro, mi si spezza il cuore. Perciò ho deciso di dare un calcio a tutti i miei (scarni) valori morali di traduttrice e tenerli così come sono in inglese, sono così carini, ci piacciono tanto, gli vogliamo bene. Tutto il resto è stato tradotto, perciò abbiamo una Torre Stark, una Torre dei Vendicatori, un Dottor Destino... e via discorrendo.
Per chi fosse curioso: Dummy (Un dummy è una persona non molto capace, un dilettante, a volte anche un po' goffo) è diventato in italiano Ferrovecchio; Butterfingers è Mani di Pastafrolla e You è Tu (che è il più simile tra i tre, incredibile). In realtà nel film non si capisce neanche bene se ci sono tre robot o solo due o di più... qualcuno sa segnalarmi fonti certe?

Poiché le note mi paiono sufficientemente lunghe anche solo così, altre note, aggiunte, segnalazioni e quant'altro appariranno alla fine del prossimo capitolo.

Date tanto entusiasmo ad autrice e traduttrice, gente, è Natale.

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***





Non era la prima volta che Tony rimpiangeva il fatto di non possedere l'una o l'altra azienda, e non sarebbe stata neanche l'ultima. Generalmente l'impulso del “la voglio, la voglio” scompariva quando lui realizzava di poter creare qualcosa di migliore, di più economico, renderlo degno delle Industrie Stark senza infrangere veramente alcun brevetto o sprecare il suo tempo e il suo denaro mettendo le mani sulla proprietà intellettuale di qualcun altro.
Quando l'impulso non scompariva, lui chiamava Pepper.
“Tony, hai idea di che ore siano?” chiese lei, rispondendo al telefono.
Già, quella non era buona domanda. Tony aveva imparato QUESTO tramite dolorosa esperienza personale. Non era una buona domanda, specialmente quando posta nel tono caustico e gelido di Pepper. Quel tono era quello che indicava che Tony avrebbe dovuto comprare in fretta qualche specie di complicato e costoso prodotto legato all'industria delle scarpe.
Considerò la possibilità di attaccare e fingere che tutto ciò non fosse mai accaduto, ma questa tecnica non aveva mai funzionato sul serio. “Ora... del giorno?” rispose alla fine.
Ci fu una lunga pausa. “Sei un idiota, Tony,” disse lei alla fine, ma c'era un tono di divertimento nella sua voce. “Sì, suppongo sia accurato. Tecnicamente.”
Lui controllò l'orologio. “Sei a Los Angeles?” chiese, aggrottando la fronte.
“In Francia, Tony.”
Già, sarebbe stato meglio se avesse chiamato il sito web di Jimmy Choo immediatamente.
“Meraviglioso. Tu ami la Francia.”
“E' così, in effetti. Perché mi stai chiamando, Tony?”
“Pepper, è così strano pensare che tu possa mancarmi e che desideri sentire la tua dolce voce? La tua delicata, gentile-”
“Tony.”
Lui prese un respiro profondo, considerò un'altra strategia verbale, ma lei gli avrebbe probabilmente attaccato in faccia se lui ci avesse provato. “Comprami un'azienda.”
“No.”
“No, no, ascolta, ne ho bisogno, ne ho davvero BISOGNO, sono stato sveglio per, uh, non so, trentanove ore, qualcosa del genere, e posso lavorarci sopra solo fino ad un certo punto, Pepper, ho bisogno di te, ho bisogno che tu ti comporti da uomo e che mi compri un'azienda.”
“Malgrado il tuo sia un argomento convincente, Tony, no.”
Tony sospirò e inghiottì mezza tazza di caffè. “Pepper, penso che tu abbia dimenticato chi è che firma le tue buste paga.”
“Marie, l'addetta alle buste paga.”
“Era un 'chi firma le tue buste paga' nel senso metaforico, e tu lo sai.” Gesticolò con la mano che reggeva la tazza del caffè e quasi prese in pieno Dummy. “Dummy, sai che non devi venirmi tra i piedi quando è l'ora del caffè, e no, no, non berrò quella roba, ho visto quel che hai fatto, ti ho visto farci cadere dentro un peperoncino intero, con i semi e tutto. No. Non importa quel che Barton ti dice, no. In effetti, proprio perché è stato Barton a dirtelo, no. Buttalo via.”
“Sto interrompendo qualcosa?” chiese Pepper, dolcemente.
“A dirla tutta, in questo preciso momento, sì, lo stai facendo.” Con un sospiro, Tony prese il frullato verde che Dummy gli stava agitando di fronte al viso. “Dummy sta frequentando della brutta gente. Potrei dover essere costretto a metterlo in punizione.”
“Sto tornando a letto, Tony.”
“Pepper.”
“No, Tony.”
“Ma la voglioooooo,” disse lui, godendosi il piagnucolio.
“Non è neanche il tuo compleanno, Tony. Se ti prendessi un'azienda ogni volta che la chiedi, diminuirebbe il valore delle volte in cui davvero, davvero ti meriti un'azienda.”
“Ma non mi merito mai un'azienda. Comunque, sono viziato e ricco e più intelligente di chiunque altro ed ho il migliore amministratore delegato del mondo, perciò forza, forza, è tempo di comprare.” Si lasciò cadere in una sedia, tenendo la tazza di caffè in equilibrio sul palmo di una mano mentre la sedia scivolava su lisce rotelle sul pavimento del laboratorio. Dummy lo inseguì, cinguettando tutto il tempo. Scalciando in aria, Tony sorrise al soffitto, praticamente in grado di sentire la risoluzione di Pepper indebolirsi.
“Tony, questo non è il momento di acquisire nuova tecnologia. Non lo è, semplicemente.”
Le labbra di Tony si piegarono verso il basso in un vero broncio. “Pepper, quand'è stata l'ultima volta in cui ti ho chiesto qualcosa?”
“Mi hai chiamato durante una riunione del consiglio di amministrazione per chiedermi dove fossero i Milano. Quando ti ho detto che non avevo idea di dove avessi nascosto i tuoi dannati biscotti per evitare che Thor li trovasse, mi hai chiesto di comprare la Pepperidge Farm, o, almeno, di 'scoprire che cos'era successo a quel ridicolo tizio con l'accento dei loro spot', tutte e due cose che mi sono rifiutata di fare.”
Tony fece una pausa, considerando le sue parole. Sì, be', suonava come qualcosa che lui sarebbe stato capace di fare. “Be', quand'è stata l'ultima volta che ti ho chiesto qualcosa di serio?”
Pepper emise un basso suono ronzante, rivolgendo la sua acuta, abile mente a quel che avrebbe potuto essere considerato 'serio'. “Probabilmente con quella questione della cauzione in Kenya.”
“Grazie per quello, giacché ci siamo.”
“Non farlo mai più.”
“Be', per amor di Dio, chi altri dovrei chiamare per pagare la mia cauzione?”
“Io propongo Steve.”
Tony si strozzò con il caffè. “Non, ripeto, NON dire a Capitan America quando vengo arrestato e trattenuto con false accuse oltreoceano. Non è un'informazione della quale ha bisogno, e posso sempre licenziarti.”
“No, non puoi, e mi piace che pensi che Steve non ne verrà a conoscenza, quando verrai arrestato. Il fatto che tu venga arrestato tende a passare sulla CNN in quindici minuti.”
“Solo sulle notizie sul web, e lui legge ancora le notizie sul giornale cartaceo, perciò sono salvo.” Tony si appoggiò allo schienale della sedia. “Seriamente, Pepper. Ho bisogno di questa azienda.”
Lei sospirò. “Qual è?”
“La iRobot.”
Questa volta la pausa fu lunga e piena di tutta una serie di parole non dette, la maggior parte delle quali erano imprecazioni. “Quelli dell'aspirapolvere robotico?”
“Sì.”
“No.”
“Pepper, seriamente, questo è fantastico, questo è qualcosa con il quale posso lavorare, non ne hai idea, non mi sono divertito così tanto con una macchina in, diciamo, anni, d'accordo, magari non anni, ma almeno mesi. Queste cose sono fantastiche.”
Un'altra lunga pausa. “Tony. Che cosa stai facendo in questo momento?”
Lui sollevò la tazza del caffè, anche se lei non poteva vederla. “E' il momento del caffè, Pepper. I dodici momenti più sacri della giornata.”
“E che cosa stavi facendo prima del momento del caffè?” chiese lei, l'anima della pazienza come sempre.
Tony sorrise, raggiante, guardando il pavimento del laboratorio, dove i suoi Roomba stavano aggirandosi in complicati tragitti, cinguettando tra di loro mentre Butterfingers li guidava in piccoli gruppi così che potessero apprendere l'uno dall'altro. “Riprogrammavo Roomba.”
Pausa. “Roomba. Più di uno. Quanti?”
“Ho cominciato con cinquanta.”
“D'accordo, bene, questo hotel deve avere un minibar.” Tony sentì il fruscio di coperte e lenzuola mentre Pepper si alzava dal letto.
“Che cosa stai indossando?” chiese, sorridendo al di sopra della tazza di caffè.
“Lo scalpo degli uomini che mi hanno infastidita mentre stavo cercando di dormire.” Ci fu il tintinnio di una bottiglia sul vetro. “So che rimpiangerò questa domanda, la sto già rimpiangendo, Tony, davvero, ma perché hai cinquanta Roomba?”
“Perché Steve mi sta costringendo a spazzare il pavimento della cucina.”
“Capisco,” disse lei, quand'era chiaro che non stava capendo affatto.
“No, vedi, il fatto è-”
“No! No, Tony, non spiegarti, perché se comincio a vedere una logica nella tua pazzia avrò un esaurimento nervoso, e non ho tempo per questo proprio adesso, l'ho già prenotato per la prossima volta che Loki si fa vivo per causare problemi. Davvero, non posso occuparmene proprio adesso.” Trasse un profondo, sonoro respiro. “Dunque. Steve ti ha costretto a spazzare il pavimento. E, per questo, hai acquistato e – ne sono sicura – migliorato cinquanta aspirapolvere robotici.”
“Già. Ho impiantato una stramaledetta A.I. su ciascuno di loro. Sono piccole e malefiche macchine per pulire.” Ridacchiò mentre una schizzava attorno alla base della sua sedia su rotelle superveloci.
“E quanto a lungo ci hai lavorato sopra?”
“Uh...” Lui prese in considerazione i suoi appunti. “Che giorno è?”
“E spazzare il pavimento avrebbe richiesto, oh, faccio una stima, circa dieci minuti.”
Tony scrollò le spalle. “Immagino di sì. Non spazzo molto, perciò mi fiderò della tua stima sull'argomento.”
“E invece di spazzare, semplicemente, e poi andartene, hai speso ore del tuo tempo e centinaia, probabilmente migliaia, di dollari per comprare e migliorare Roomba.”
“Ma adesso abbiamo dei Roomba,” puntualizzò Tony. “E non devo spazzare. E poi ho anche costruito un tostapane senziente. Perché sono un'anima buona. Sono una persona generosa.”
“Tony, questo è l'uso meno efficiente del tuo tempo che io abbia mai-”
“Pepper, tu mi conosci,” la interruppe lui. “Hai lavorato per me per anni, hai commesso l'errore di uscire con me, sei riuscita ad evitare di spararmi, e sarebbe stato completamente giustificato, davvero, lo so, se mi avessi sparato in alcuni momenti della nostra relazione nessuna giuria ti avrebbe reputata colpevole ed io avrei testimoniato a tuo favore che davvero me l'ero cercata,” disse. “Perciò, non è assolutamente possibile che tu riesca a concludere quella frase senza sentirti stupida dopo. Fermati finché sei in vantaggio.”
“Tony, ho intenzione di premere il pulsante anti-panico adesso,” disse lei. “Perché le cose che stai dicendo iniziano a sembrarmi sensate, e questo significa che la Sindrome di Stoccolma comincia ad avere effetto ed io ho bisogno di aiuto.”
“Pulsante anti-panico? Quale pulsante anti-panico? Chi ti ha dato un pulsante anti-panico?”
“Buonanotte, Tony.” Lei interruppe la chiamata e Tony fissò il suo telefono con gli occhi assottigliati in un'espressione sospettosa.
“Jarvis,” disse, “chi ha dato a Pepper un pulsante anti-panico?”
“Lei, signore, tra gli altri,” disse Jarvis, imperturbabile. “La signorina Potts è, dopotutto, la preferita di tutti.”
“E' fantastica,” assentì Tony. “Aspetta, tra gli altri? Jarvis, chi-”
Il suono di passi pesanti risuonò giù per le scale e Tony si accartocciò su sé stesso. “Steeeeeve?” piagnucolò. “Ha chiamato Steve? Questo è orribilmente ingiusto. Questo è, semplicemente, semplicemente, subdolamente, spregevolmente malvagio.”
“Provvederò affinché la signorina Potts si incontri con lei dopo le lezioni per una rissa a colpi di tirate di capelli,” disse Jarvis.
“Tutto quest'odio nei tuoi piccoli, dolci circuiti, Jarvis. Non capisco. Non è il modo in cui sei stato amorevolmente cresciuto.”
“Stavo meramente cercando di distrarla per evitare che lei chiudesse il Capitano Rogers fuori dal laboratorio.”
“Aspetta-”
“Tony?” Steve indossava i pantaloni di una tuta ed una maglietta che era, tipo, due taglie troppo piccola per il suo petto e, Gesù, chi stava vestendo il ragazzo? Non riuscivano a trovargli vestiti che gli entrassero? Steve si guardò. “Mi entrano. Non mi entrano?”
“Per niente,” disse Tony, cercando di pronunciare con cura ogni parola, così che il suo cervello capisse che questa cosa della diarrea verbale non era accettabile. “Chi ti sta vestendo?”
“Vado dallo S.H.I.E.L.D. ...”
“Oh, Dio, basta così. No, dico sul serio, non farlo mai più.” Tony si allungò per afferrare la sua tazza di caffè, trovandola vuota. Fece una smorfia. “Butterfin-” Sobbalzò quando il robot si girò di scatto, emettendo un suono estremamente irritato in direzione di Tony. “D'accordo, d'accordo, ho capito. Va bene, posso prepararmi il caffè da solo, hai problemi a sufficienza.”
Steve fece un salto indietro quando il robot gli passò accanto con il suo gregge di Roomba. “Tony, cosa dia-diamine sono questi?” chiese, gli occhi spalancati.
“I Roomba da uno a venticinque,” disse Tony, sbadigliando. “Dummy, abbiamo – No. Non voglio un frullato.” Fece una linguaccia a Dummy quando questi gli agitò davanti alla faccia il frullatore.
“Sei davvero la persona più intelligente che io abbia mai incontrato,” disse Steve, incrociando le braccia sul suo ampio petto. “Devo continuare a ricordarmelo, perché sei un idiota, certe volte.”
“Cap, sono offeso, sono profondamente offeso. Puoi alleviare il mio dolore procurandomi del caffè.” Tony sollevò la sua tazza, la sua faccia suddivisa equamente tra un'espressione speranzosa ed una da cane bastonato.
“Penso che tu ne abbia già bevuto abbastanza. Che cosa sono questi, Tony?”
“I Roomba? Piccoli aspirapolvere robotizzati. Sono disponibili commercialmente, ma sono piuttosto scemi una volta tirati fuori dalla scatola. Si limitano a pulire e muoversi in una linea retta finché non colpiscono qualcosa, e poi cambiano traiettoria, e quando hanno finito con lo spazio per il quale sono stati programmati ritornano alle stazioni di caricamento. Come robot, sono piuttosto banali. Perciò li ho migliorati. Be', alcuni di loro. Ne ho ordinati troppi ed ho dovuto cannibalizzarne alcuni, e poi ci sono stati un paio di errori, e non ne ho ancora aperto qualcuno, ma, ehi. Roomba.”
I piccoli robot a forma di disco si mossero attorno ai piedi di Steve, e lui abbassò lo sguardo per fissarli. “La cosa più triste è che questa non è la cosa più strana che mi sia accaduta in questa casa.” Tolse la tazza di caffè dalle mani di Tony. “Basta così. Andiamo a procurarci qualcosa da mangiare.”
“Sì, è una buona offerta, grazie,” disse, ruotando intorno alla panca ed allungandosi per afferrare una fiamma ossidrica, solo una piccola, il lavoro di dettaglio era il miglior lavoro, “ma sono immerso fino ai gomiti in robot finiti a metà, qui, e non è una buona idea lasciarli senza supervisione in questa fase del loro sviluppo, perciò me ne starò qui e mi occuperò della cosa, perciò ci sentiamo-” Sbatté le palpebre. Si stava allontanando dal tavolo da lavoro. Cercò di afferrarlo, ma era troppo lontano, troppo tardi; Tony realizzò che Steve non lo stava ascoltando, e stava invece dirigendo Tony e la sua sedia verso l'ascensore. “Questo è barare,” disse Tony, stringendosi al petto la fiamma ossidrica.
“Non sono molto bravo a barare,” assentì Steve, sporgendosi al di sopra della spalla di Tony per sottrargli la fiamma ossidrica dalle mani. La piazzò su un tavolo mentre lo superava. “Ma avere a che fare con te mi ha dato un sacco di ragioni per imparare.
“Mi dai sempre la colpa di tutto.”
“Be', è quasi sempre colpa tua.” Steve notò che i Roomba li stavano seguendo e sospirò. “Dummy, Butterfingers, potreste per favore tenerli qua sotto?” I robot emisero brevi suoni acuti e ondeggiarono, e Steve sospirò. “Tony.”
“No.” Tony incrociò le braccia sul petto e i robot presero ad aggirarsi per il laboratorio, confusi e preoccupati e infelici. Lui sospirò. “D'accordo, bene. Aspettate qui, ragazzi, ritornerò.” Sollevando le dita in un doppio gesto della pace, permise a Steve di spingerlo nell'ascensore. “Butterfingers, Dummy, datevi il cinque!” Rise mentre i robot eseguivano. “Non hai idea di quanto tempo mi sia occorso per insegnare loro a farlo,” disse a Steve, sempre ridendo.
“Intendi dire 'per programmarli'?”
“No, solo insegnarglielo. Sono robot capaci di imparare. Non molto bravi, ma, che diamine.” Piegò indietro il capo per guardare Steve. “Possiamo avere frittelle?”
“E' quasi ora di cena, Tony. Non hai pranzato?”
“Innanzitutto, no, e poi, non vedo che cosa abbia a che fare l'ora del giorno con la questione se possiamo o meno avere frittelle.” Canticchiando You can drive my car, si rilassò e lasciò che Steve lo guidasse nell'ascensore.
“Sembra che tu ti stia divertendo.”
“Non è come se potessi impedirti di trascinarmi in giro; visto che ci sono, posso almeno fingere che l'idea sia stata mia,” disse Tony con una scrollata di spalle. Inoltre, se proprio doveva essere onesto, cosa che odiava essere, davvero, lo faceva solo finire nei guai, aveva fame. Una dieta a base di caffè, niente sonno e i trilli dei suoi robot era sufficiente a farlo sentire un po' stordito e parecchio intontito.
E la presenza di Steve era solida e sicura come una roccia alle sue spalle.
Ma venir spinto per i corridoi in una sedia avrebbe solamente fornito alla gente altre armi da usare contro di lui: perciò, quando le porte dell'ascensore si aprirono, Tony si alzò con un sospiro e si diresse verso la cucina, con Steve alle calcagna.
Clint aveva il mento premuto sulle braccia incrociate, appoggiate al bancone, gli occhi puntati sulla scintillante superficie metallica della nuova aggiunta alla Famiglia Stark degli Utensili da Cucina Disfunzionali. “Ascolta, amico, ti capisco. Davvero, tu non vuoi i panini con i semi di sesamo ed io non te ne faccio una colpa. I semi di sesami finiscono dappertutto, ti devi far pulire la vaschetta delle briciole, tipo, tutti i giorni, se ci sono i semi di sesamo. Anche io detesto quando mi si incastrano tra i denti, perciò ti capisco. Ma sono i soli panini rimasti, ed io ne voglio uno.”
Il tostapane emise un suono tintinnante non dissimile dalla pernacchia di un ragazzino.
“Bene, d'accordo, già, ma vienimi incontro, andiamo. Qual è il tuo punto di vista sugli Eggos?”
“Stai cercando di negoziare con il tostapane?” chiese Steve, e Clint si raddrizzò con un sospiro pesante.
“Negoziando e fallendo, il che è anche più imbarazzante.” Punzecchiò l'oggetto con un coltello da burro, ma si trattava di una punzecchiatura gentile.
“Nuovo utensile, lasciami spiegare come le cose funzionano da queste parti,” disse Tony, dirigendosi verso il frigo. “Se tu non sviluppi una personalità amabile, io ti regalerò allo S.H.I.E.L.D., e tu finirai incastrato in una sala ristoro pensata per gli agenti più giovani, quelli idioti, quelli che pensano ancora che Coulson sia un qualche genere di androide.” Tony si piegò, così da trovarsi faccia a scatola con il tostapane. “Quel genere di ragazzini traumatizzati e stupidi che cercheranno di ficcare un intero muffin ai mirtilli nei tuoi scomparti.”
Ci fu una lunga pausa di silenzio, prima che il tostapane emettesse un suono scoppiettante. “Già, era proprio quel che stavo pensando,” disse Tony raddrizzandosi. “Ho intenzione di tollerare l'intelligenza, ma, se fai il borioso con me, ti smonterò fino a ridurti ad un mucchietto di particelle. Ci siamo capiti?” Aprì la porta del freezer e lanciò la scatola di Eggos ai cinque cereali a Clint. “Smettila di incoraggiare i comportamenti da primadonna.”
Clint afferrò la scatola con una mano sola, acchiappandola facilmente. “Sai una cosa, Stark? Fottiti.” Sorrise. “Non sono un tecnofobo, ma questo posto è terribile. Ho imparato a tollerare le luci che si regolano da sole e le televisioni e i lettori DVD che mi dicono chiaramente che i programmi che scelgo fanno schifo-”
“E' così,” disse Tony, la testa all'interno del frigo.
“Sì, be', fottiti due volte,” esclamò Clint allegramente; allegro, adesso, perché il tostapane aveva accettato la sua grama offerta di cialde surgelate. “Ho fatto finta di niente quella volta che Dummy si è messo in testa il mio arco come fosse un cappello a punta, e quell'arco è il mio sangue, è la cosa più vicina ad un oggetto di culto che io abbia. Mi sono anche abituato al fatto che Jarvis mi parla quando sono nella doccia.”
“A me Jarvis non parla quando sono nella doccia,” disse Steve, scegliendo un frutto dalla ciotola. Prese una mela, pulendosela contro il petto come fosse qualcosa che la gente faceva generalmente, ed era una cosa così adorabile che Tony voleva scattargli una foto e incorniciarla.
“Jarvis non ti infastidisce se tu non lo infastidisci per primo,” disse Tony, e il suo tono di voce suonò difensivo; odiava che fosse così, ma non sembrava capace di impedirlo.
“E' successo una volta sola,” disse Jarvis in tono tagliente. “E lei aveva perso conoscenza, i suoi segni vitali si stavano destabilizzando e stava perdendo sangue da una ferita alla testa piuttosto impressionante. Mi perdoni per averle chiesto se aveva necessità di un'ambulanza o di un coroner, agente Barton.”
“E' irritato, ti sta chiamando agente Barton,” disse Tony, sorridendo. Jarvis era scrupolosamente educato e chiamava le persone nel modo in cui queste chiedevano di essere chiamate. Clint aveva tagliato corto con l'assurdità dell''agente Barton' all'altezza dell'atrio, più o meno dieci minuti dopo aver messo piede nelle loro nuove stanze.
“Sei svenuto nella doccia? Quando?” Steve lasciò cadere la mela sul bancone e attraversò la cucina in due lunghe, impressionanti falcate. Le sue mani si chiusero attorno alla testa di Clint, in cerca di danni, e Clint cercò di spingerlo via.
“Gesù, è tutto a posto, è stato settimane fa, sto bene. Va bene, Cap, davvero, ehi!”
“Arrenditi,” gli suggerì Tony, con un debole sorriso. “Cap è in modalità iper-protettiva.”
Steve gli lanciò un'occhiata, ma non smise di far scorrere le dita tra i capelli di Clint, cercando la ferita. “Sul lato sinistro, retro del capo, inclinato a venti gradi dalla sommità,” disse Jarvis, servizievole come sempre.
“Puoi anche smetterla, eh,” gli disse Clint. Jarvis emise un suono basso dal tono vago.
“Questa è una ferita da proiettile?” La voce di Steve era piena di orrore, e Tony si strozzò cercando di non ridere.
“Un graffio,” disse Clint, alzando gli occhi al cielo. “Accidenti, Jarvis, guarda cosa hai combinato.”
“Mi dispiace,” disse Jarvis, la sua voce colta praticamente grondante zucchero. “Quando ha fatto un'osservazione inerente al mio intervento, ho presunto che la stesse facendo affinché io provvedessi ulteriori informazioni in proposito. Se preferisce, posso recuperare la sorveglianza video.”
“No!” strillò Clint.
“Questo è il suo modo di dire 'spingimi sotto all'autobus e ti trascinerò con me',” spiegò Tony.
“Sì, l'avevo afferrato.”
“C'è una ragione per la quale stiamo inchiodando Clint al bancone per molestarlo?” chiese Natasha, scivolando attraverso la porta della cucina. Stava reggendo un annaffiatoio di un verde brillante con una mano ed un paio di guanti da giardinaggio sporchi con l'altra. “Non che io stia obiettando, sono solo delusa perché non sono stata invitata.”
Clint le lanciò un'occhiata. “Aiuto.”
“No. Qualunque cosa tu abbia fatto, ti meriti qualunque cosa ti stiano facendo.” Con un piccolo ghigno sul suo bellissimo viso, gli assestò una pacca leggera sulla guancia mentre gli scivolava accanto.
“Gli hanno sparato e non l'ha detto a nessuno,” disse Steve, sempre occupato a valutare la cicatrice sul retro del capo di Clint.
L'espressione di Natasha virò dal divertito al furioso così in fretta che Tony dovette resistere all'impulso di cercare riparo dietro al bancone e di coprirsi la testa con le braccia. O a quello di chiamare qualcuno perché gli tirasse fuori l'armatura. Natasha afferrò la testa di Clint e la tirò verso il basso, spingendo da parte la mano di Steve e cominciando a dare una ripassata a Clint in un russo dai toni bassi e violenti.
Clint sospirò. Incontrando lo sguardo di Tony dall'altra parte della cucina, sillabò in silenzio 'Aiutami' e Tony ridacchiò. “Assolutamente no,” disse. “Finché sono concentrati su di te, io me la cavo.”
“Avanti, siamo una squadra,” iniziò Clint. In quel preciso momento, qualcosa uscì dal tostapane. “Ehi, cialde!”
Mentre Capitan America e la Vedova Nera discutevano la sua tendenza a procurarsi ferite e a nasconderle, in una maniera dolorosa, imbarazzante e dettagliata, Clint recuperò un piatto e le posate e Tony gli passò lo sciroppo. “Ecco,” disse Clint, guardando Tony. “Questa è la mia vita.”
“E' soprattutto colpa tua,” puntualizzò Tony.
“Sì, be', non cambia il fatto che questa è la mia VITA.” Clint assestò una pacca al tostapane. “Grazie, amico. Bel lavoro. Ehi, Tony, a questo hai già dato un nome?”
“Uh? Oh, no. Generalmente, uhm, li chiamo seguendo l'impulso del momento. E' così che finiscono per essere chiamati con cose come Dummy e Butterfingers1.”
“Forte. Metterò 'nominare il tostapane' sul tabellone delle corvè.”
“No, non lo farai. Bisogna uccidere il cartellone, non espanderlo.” Tony gli lanciò un'occhiata cupa.
“Non metterlo sul tabellone,” disse Steve; Tony gli fu grato per esattamente un secondo, prima che Steve proseguisse: “E' qualcosa che dovremmo fare insieme, come una squadra, alla prossima riunione di famiglia.”
“La prossima riunione di famiglia? No. No, non ci saranno altre 'riunioni di famiglia',” disse Tony, cercando di suonare severo. Aveva fronteggiato le commissioni del Congresso, Nick Fury, diversi supercattivi, Charles Xavier e, in un'occasione particolarmente sgradevole, Pepper Potts attraverso le sbarre di una cella sporca in una prigione straniera. Aveva fatto abbassare la cresta a miliardari, magnati, Capi di Stato e giornalisti con zanne come quelle degli squali.
Steve Rogers si limitò a sorridergli, come se Tony fosse adorabile e divertente e solo lievemente pazzo.
“Seriamente, Steve,” disse Tony, mirando ad un tono che fosse una via di mezzo tra le blandizie e l'educata persuasione. “Abbiamo riunioni prima di ogni missione e incontri di squadra e le riunioni e le strigliate di Nick Fury e le presentazioni in Power Point di Coulson sul tema di 'sai che cos'è che hai sbagliato? Tutto, ecco cos'è che hai sbagliato, tutto' e le uscite per ubriacarsi e piagnucolare. Non abbiamo bisogno di riunioni di famiglia.”
“Sì, ne abbiamo,” disse Steve, e Tony attese di sentire la sua spiegazione, per quale ragione pensasse che era così, questa cosa ostinata e confusa. Nessuna spiegazione giunse: Steve si limitò a sorridergli. E Tony resisté all'impulso di afferrare il cartellone, correre sul tetto e lanciare il cartellone di sotto: solo la consapevolezza che, così facendo, avrebbe potuto uccidere un qualche gruppo di innocenti suore di passaggio, o di cuccioli, o di suore con cuccioli, lo tenne inchiodato sul posto.
Dio, odiava il tabellone.
“No, non è vero,” disse Steve. Il suo sorriso si fece semplicemente più largo e più brillante, e Tony si chiese che cosa Steve avrebbe fatto se Tony gli avesse sibilato contro.
Natasha stava mettendo un segno di conferma accanto al suo compito sul tabellone, con la sua solita precisione, l'espressione soddisfatta. “Tony,” disse, tamburellando sullo spazio vuoto accanto al compito di Tony con una delle sue lunghe unghie curate.
“Ci sto lavorando sopra,” disse Tony. “Non puoi semplicemente saltare in piedi e spazzare. Ci sono protocolli. E, uhm, procedure di sicurezza. Non lo so, ci sto lavorando sopra. Oltretutto, non è come se-” Poteva sentirsi diventare teso mentre gli altri tre lo fissavano. “Bene, va bene, io non-”
Steve alzò gli occhi al cielo e si sporse verso Tony. Tony riuscì a produrre uno squittio estremamente poco dignitoso prima di ritrovarsi abbracciato di nuovo. Le braccia inchiodate ai fianchi, teso al punto che stava tremando, cercò di allontanarsi da Steve; non che potesse andare da qualunque parte. Era semplicemente traumatizzante, questa era la sua vita, questa era la sua stramaledettissima vita, venire abbracciato da Capitan America mentre un paio di assassini letali passavano il tempo nella sua cucina e ridevano di lui.
Seppure, ora che se l'aspettava, più o meno, non era poi così male. Dal momento che non poteva sfuggire a questa cosa, poteva quantomeno godersela. Caldo, e deciso, e più o meno piacevole. Tony si sentì rilassare, solo un pochino, la testa che si appoggiava sulla spalla di Steve solo per un secondo, e anche questo era piacevole.
“Ah! Compagni d'arme! Diventerà una tradizione, per noi?” esclamò Thor, procedendo a grandi falcate nella cucina. Prima che uno qualunque di loro potesse prevedere quel che stava per accadere, Thor aveva afferrato sia Steve che Tony in un abbraccio omnicomprensivo, sollevando entrambi gli uomini da terra.
Steve si lasciò sfuggire un debole gracidio mentre le sue costole venivano compresse. “Grazie, Thor,” riuscì a produrre. Tony, dal canto suo, si limitò a scalciare nel folle tentativo di trovare un appiglio da qualche parte, ovunque; ma era a mezz'aria e stava subendo un abbraccio di gruppo e questo era semplicemente SBAGLIATO.
“Thor, amico, mettili giù, la faccia di Tony sta prendendo un colore proprio interessante,” osservò Clint con un largo sorriso. “Avanti, amico, dà loro un po' di tregua, giù, giù!”
E in un attimo i piedi di Tony furono di nuovo sul pavimento, e lui si ritrovò impegnato a cercare di recuperare dignità ed equilibrio ed autostima, tutto insieme, e non stava andando alla grande. “Sì. Grazie,” disse, una mano sollevata in un gesto automatico perché avrebbe dovuto avere un guanto dell'armatura con un repulsore lì, proprio in quel momento, solo per amor di sicurezza, non avrebbe sparato loro sul serio, ma dovevano tutti smetterla di afferrarlo a quel modo, era semplicemente sbagliato. “Se qualcun altro cerca di abbracciarmi, oggi, distruggerò i vostri conti bancari. E, magari, i vostri progetti pensionistici.”
“Abbiamo progetti pensionistici?” chiese Clint a Natasha.
“Pensi davvero che Coulson non si sarebbe occupato della cosa alle tue spalle e non ti avrebbe preparato un piano per la pensione?” chiese lei. “A differenza tua, lui è del parere che arriverai vivo al pensionamento.”
“Sì, be', non accadrà.” Clint lanciò un'occhiata a Steve, che stava ancora risucchiando aria disperatamente. “Quand'è l'amichevole raduno di famiglia?”
“Mai!” tentò Tony, e nessuno gli prestò attenzione, e lui li avrebbe buttati tutti fuori da casa sua, questa era la goccia che avrebbe fatto traboccare il vaso.
“No, non lo farai,” disse Steve, e stava mettendo un segno accanto all'“Abbracciare Stark” sul tabellone, e Tony odiava, odiava, odiava quel tabellone. “Giovedì, penso, se non abbiamo una missione.”
“Sì, prima della Notte dei Film, dovrebbe andare. Avete mai fatto caso che non veniamo quasi mai chiamati per una missione il giovedì?”
“Penso che la comunità dei supercattivi abbia imparato dopo la seconda volta che Thor si è profondamente offeso per il fatto che il suo giorno preferito fosse stato turbato così malvagiamente,” disse Natasha. “Ci sono altri sei giorni tra i quali scegliere. Giacché ci sono, possono anche prendersi il giovedì di riposo ed evitare l'ira di Thor.”
“La mia ira è sempre funesta, ma giustificata quando manifestata. Saluti, amico tostapane!” esclamò Thor, e il tostapane si diede alla fuga.
Tony si chiese se avrebbe potuto rimangiarsi la parola data su tutta questa cosa del Progetto Vendicatori.





Note dell'autrice: Be', il tostapane è ufficialmente il personaggio originale più popolare che io abbia mai creato. Non sono certa se la cosa sia divertente o deprimente.
Sembra che saranno circa quattro capitoli. Penso. Non lo so. Scusatemi.

Note della traduttrice:
(1): Per ulteriori spiegazioni, vedere le note al primo capitolo. Sì, sto parlando del papiro in fondo alla pagina, proprio quello, esattamente.

Qualche nota in aggiunta: questa storia, la prima della serie, conta un totale di soli quattro capitoli (sì, alla fine sono stati quattro! x°D), così come li conterà la prossima storia. Conto di averle pubblicate entrambe entro la fine di febbraio, ma è possibile che gli esami (e le one-shot, la pubblicazione delle quali vorrei distribuire il più possibile) intervengano a mettere i bastoni tra le ruote al progetto. Vorrei però sottolineare che, così come NON ho alcuna intenzione di abbandonare le traduzioni che ho in corso al momento nel fandom di Harry Potter, NON credo proprio che lascerò incompleta questa serie.

Si ringraziano Nemeryal e Unbreakable_Vow, che si sono fermate a lasciare una gentilissima opinione al primo capitolo; e, come sempre, dierrevi e duedicoppe, beta impagabili.

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