Il giardino degli Eterni.

di Bitchesloveklaine
(/viewuser.php?uid=289706)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 - Il terzo ***
Capitolo 2: *** Prologo ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 - Curiosità. ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 - Matrimonio ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 - Incontri (in)desiderati ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 - Occhi ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 - Quando fuori nevica ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7 - Brividi ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8 - Arrossire ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 - Il terzo ***


Capitolo 1


Il terzo


25 anni per i ragazzi, 20 per le ragazze.
È così che funziona.
Per questo, molto spesso, i bambini rimangono orfani di madre a massimo cinque anni e orfani di padre a dieci.  Per questo molti hanno smesso di fare figli. Per questo l’umanità rischia di estinguersi.
Per colpa del virus.

E i Governatori questo lo sanno, ma sono convinti che, con i loro soldi, la vita vale la pena di essere vissuta. Per questo motivo continuano a fare questi matrimoni stratosferici, che si svolgono in posti enormi, invitando più gente possibile e via dicendo.
Chiamano la televisione e fanno in modo che chiunque accenda la tv durante il loro matrimonio, veda come sono felici di legarsi a ragazze bellissime, con abiti sfarzosi e acconciature impossibili. Ammetto che da piccolo anch’io rimanevo incantato davanti quella vecchia scatola, ad ammirare tanta richezza e bellezza. Ma crescendo, ho capito che è una cosa orribile. Perché i governatori si sposano per avere figli, e sposano tre ragazze affinché possano cambiare camera in cui andare ogni notte.

La prima moglie è la più importante e quella che ha più rispetto. Il Governatore va da lei solo se ha intenzione di avere un figlio, la porta alle feste e agli eventi e, se ha voglia, la corteggia.
La seconda è più un diversivo, serve principalmente ad accontentare le sue voglie. Nel caso in cui rimane incinta, va dalla terza moglie. Sotto un certo punto di vista, la terza moglie è la più libera. Non lo incontra mai ed è costretta a stare con lui solo per nove mesi. D’altro canto, però, è quella che viene considerata di meno, trattata peggio e offesa di più. Non gode di un grande rispetto.
Il Governatore decide ‘l’odine’ delle mogli dopo la loro prima notte.

In questo momento godono tutte dello stesso rispetto e lo stesso trattamento. Sarà così per una settimana. E per una settimana dovrò servire una di loro.
Non è normale che un ragazzo come me sia un assistente di una moglie, perché le regole vogliono che ci siano solo assistenti femmine, onde evitare adulteri vari.
Ma questa ragazza non è della stessa opinione. Quando la mia amica Tina ha provato a parlarci, lei ha fatto una specie di scatto isterico, dicendo che mai e poi mai sarebbe entrata in contatto con una ragazza. La cosa è peggiorata quando Tina le ha consigliato di farsi un bagno, è stata letteralmente aggredita.
La signorina, che evidentemente ha già capito di avere un certo potere, ha specificato che non avrebbe mai permesso ad un’altra ragazza di entrare nella sua camera.

Le motivazioni a cui ho pensato sono due: la prima è che potrebbe trovarsi a disagio con persone del suo stesso sesso per un motivo asssurdo. Forse perché, da quello che mi hanno detto, è abituata a stare con gli uomini. O forse perché, sempre secondo quello che mi hanno detto, non si dovrebbe fare problemi a darmi qualche piacere sessuale, e spera che per ricambiare io possa aiutarla a fuggire. Povera illusa. Non sa che neanche io sono mai uscito da questo posto. Non sa che le mani di una ragazza non potrebbero mai darmi piacere.

Busso alla sua stanza ed entro.

È strana l’idea di avere a che fare con una ragazza, dato che mi è stato riferito circa mezz’ora fa, mentre giocavo con Sugar e Jake. Tina è entrata nella camera da gioco piangendo, dicendomi che ci saremmo scambiati i posti. "Ordini dall'alto" ha detto.
Così, ora, non potrò più vedere i due piccoli, perché una volta cambiato settore non si torna più indietro. Ho abbracciato Tina, ho spettinato i capelli di Sugar, ho dato una piccola pacca sulla piccola spalla di Jake e me ne sono andato. Non sono il padre di quei bambini, ma ormai era come se fossero miei.

Entro, la camera è illuminata solo dall’abat-jour, le serrande sono abbassate e Santana è sul letto, con l’accappatoio e i capelli umidi che le ricadono sulle spalle.
Sul suo viso c’è uno sguardo dannatamente provocante e malizioso.
Come pensavo.
Mi dispiace doverle smontare tutta questa messa in scena, sicuramente è abituata ad ottenere quello che vuole.
Ma anche volendo, non potrei.

“Ciao, sono Blaine, e sarò il tuo assistente. Posso notare che ti sei ambientata benissimo e hai capito dove prendere la roba per il bagno eccetera. Quindi per oggi posso anche salutarti. Ti ricordo che alle  sette e trenta c’è la cena e alle nove e trenta devi andare nella sala di Kurt per la prova vestiti. Buona serata”
“Non c’è un modo per rifiutare il matrimonio?” tenta di chiedermi, prima che io esca.
“No” so perfettamente che questa cosa non la frenerà, ma ci ho provato. Lei sembra non aver sentito niente, si alza e si avvicina a me, cercando di catturare il mio sguardo.
Ci guardiamo negli occhi.

Ha degli occhi profondi che incanterebbero chiunque, e forse anche questo gioca a suo favore, come il resto del suo corpo.
Cerca di avere un’espressione maliziosa, ma posso sentire che è tutto estremamente sforzato, un ultimo tentativo. Mi spiace deludere le sue aspettative, ma non riuscirei mai ad aiutarla.
Intanto si è avvicinata e il nodo dell’accappatoio si è allentato, in modo che io riesca ad intravedere le sue curve perfette.
Sento l’odore di vaniglia del bagnoschiuma che ha usato, e ora che è così vicina posso notare tutto di lei. La sua pelle ambrata, le sue labbra carnose, il suo viso liscio e perfetto, l’onda dei suoi capelli neri. Credo che sia la più bella ragazza che io abbia mai visto, e non sono stupito dal fatto che si trovi qui.

Ma c’è dell’altro. C’è qualcosa, nei suoi occhi, che non ho mai visto. La decisione, la sicurezza e la voglia di vivere al meglio il poco tempo che le resta. Poco perché, a giudicare dal suo corpo, non deve avere meno di diciasette anni. Forse ne ha anche diciotto e il Governatore non ne ha tenuto conto.
Vorrei chiederglielo, ma lei sembra  propensa a fare altro. Infatti, credendo che io la stia fissando per il solo gusto di farlo, ha fatto un altro passo avanti a me e ora respiriamo l’uno sulla bocca dell’altra. Sembra una sirena, non riesco a muovere i miei occhi dai suoi, e lei lo sa. Infatti ne approfitta e inizia a passarmi le mani sul petto, poi col viso si avvicina al mio orecchio e sussurra “Sicuro che non c’è un modo?”
Intanto le sue mani dal petto sono scivolate giu, e si sono infilate sotto la mia t-shirt. Posso sentire le sue unghie accarezzare dolcemente la mia pelle, scendendo fino all’elastico dei boxer.

“No” rispondo in un modo secco e deciso. Prendo le sue mani, le blocco e, con gentilezza, mi allontano da lei. Le faccio un sorriso amaro, che provoca in lei un brivido di paura, perché forse ha già capito tutto. Ma io glie lo spiego lo stesso, in semplici parole.
“Io sono messo peggio di te. Non c’è via d’uscita. A domani.” E, detto questo, esco dalla camera, dove Santana è rimasta in piedi, con le braccia incrociate e mille pensieri in testa.

* * *


 
Mercedes è una ragazza unica. Dopo averla cacciata via, lei è tornata avvisandomi della cena e della prova dei vestiti. Credo che si riferisca ai vestiti del matrimonio, ma preferisco non chiederlo e non pensarci. È l’unica persona con cui ho parlato da quando sono qui, e l’unica prova che non mi trovo in un mondo parallelo o un sogno.
Perché tutto il resto mi dice questo. La camera enorme, con un soffice tappeto ai piedi del letto, un quadro che rappresenta un paesaggio, uno specchio, un comodino e una cassettiera. Un guardaroba rifornito di vestiti e scarpe come se dovessi partecipare a eventi mondani ogni giorno. Il bagno con una vasca in cui potrebbero entrare tre persone, il pavimento tiepido, l’insistente odore di vaniglia e le pareti color panna. Sarebbe tutto perfetto, se non fosse per le finestre. Le finestre sono bloccate. Sono grandi, hanno una bella vista, ma non si possono aprire. Quando l’ho scoperto ho avuto i sintomi di un attacco di panico. Ho bisogno di aria fresca, non posso stare in un posto che odora di chiuso.


Ma quando è venuta Mercedes, mi ha avvisata che c’è un sistema che fa cambiare l’aria 24 ore su 24.
Non sono ancora convinta che sia una cosa buona, ma lei per distrarmi mi ha fatto vedere meglio il guardaroba. Ho trovato ogni genere di modelli e taglie, sciarpe, stivali, sandali. Mi ha detto che Kurt si era sbizzarrito con le prime mogli che sono venute qui.
L’idea che un’altra ragazza abbia dormito qui fino a qualche mese fa mi ha fatto tornare la nausea, ma Mercedes si è messa a parlare di altro. È strano come io sia riuscita a trovare una ragazza con una chiacchiera paragonabile alla mia. O almeno, alla vecchia chiacchiera che sembra essere scomparsa dalla mia persona.

È tutto così strano e impossibile, che non so più se vedere la cosa dal lato positivo o negativo.
Non posso fare a meno di sentirmi in colpa ogni singolo minuto: perché io sono qui, viva e vegeta, in questa bellissima gabbia dorata, mentre altre persone sono ammassate nel buio di quella camera, senza più vita.
Perché io ora sono qui, dove non mi manca niente, mentre mio fratello mi starà cercando disperato.
Potrei essere felice di essere qui, di non avere il peso del lavoro o delle preoccupazioni. Ma devo essere sicura che Brody lo venga a sapere, e smetta di cercarmi. Per questo aspetto con insistenza la prossima settimana, il matrimonio sarà la mia unica possibilità per dirgli ‘Ehi, sono qui, sono salva, non preoccuparti più per me’.
Forse è un po’ egoistico pensare queste cose, ma non l’ho certo scelto io.


“E quindi si è formata una vera e propria famiglia tra noi... Rachel? Ci sei?”
“Oh sì, scusa, dicevi?” Lei mi regala un altro dei suoi sorrisi e si siede accanto a me, dicendo: “Ho capito, ti stai annoiando. Ti va di uscire un po’? Potrei farti fare un giro.”
Annuisco, qualsiasi cosa pur di uscire da questa camera.


Non mi ero realmente resa conto di quanto grande fosse questo posto. Certo, dalla mia finestra si vedono prati così estesi che sembra di stare in aperta campagna, ma non immaginavo che anche la casa fosse così grande. Un insieme di corridoi, camere, cortili interni, sale da pranzo, sale da gioco. C’è la sala da disegno, la sala cinema, la sala d’informatica, la sala da biliardo.
“... quella del pianoforte e infine c’è, be’, la biblioteca, credo” mi sembra strana l’espressione di Mercedes mentre pronuncia le ultime parole. Crede?
“Perché?” la vedo esitante, ma risponde lo stesso.
“Perché così c’è scritto, ma non so se dentro ci sono davvero i libri:  Kurt si è impossessato di quella stanza e non permette a nessuno di entrare, a parte i Fratelli e le loro mogli. È lì che dovrete andare stasera”

Guardo curiosa la porta della biblioteca. Mi piacevano i libri di favole che ci facevano leggere alla pseudo scuola tenuta da ragazze quindicenni, ma dopo essere cresciuta non ho più letto qualcosa che non fossero giornali. Forse potrei approfondire la mia cultura in questo posto, in fondo dubito che troverò cose interessanti da fare nelle prossime mattinate. O meglio, nelle mattinate del resto della mia vita. Se ci ripenso mi torna la nausea, ma spero che passi prima o poi.
Accanto alla porta della biblioteca, ce n’è un’altra dello stesso colore, ma con una scritta diversa  su essa. ‘Pianoforte’.

Un improvviso ricordo di mia madre conquista la mia mente.
Per farmi addormentare mi suonava sempre qualche dolce melodia, sul pianoforte totalmente scordato che avevamo in casa, appartenente a chissà quale famiglia in passato.
Ogni tanto, al suono del pianoforte, univa la sua voce. E quelle volte scendevo dal letto, mi sedevo accanto a lei e cercavo anch’io di cantare con la mia voce ancora allegra e squillante da bambina. Quelle volte andavamo avanti così finché mio padre non entrava nella mia camera e ci avvisava dell’ora tarda e delle possibili lamentele di qualche vicino. Io e mia madre ci guardavamo sorridendo, poi mi rimettevo a letto, lei mi rimboccava le coperte baciandomi la fronte, e finalmente potevo addormentarmi.

Mia madre è morta qunado avevo quattro anni, non ho poi molti ricordi di lei: per questo quando mi capita di averne uno come questo, non posso fare a meno di sorridere.
Mia madre si comportava come credo si comportassero tutte le mamme prima. Non so come facesse, ma voleva che vivessimo almeno l’infanzia in tranquillità.     

“Rachel? Ci sei?”
“Sì, mi chiedevo se ci fosse davvero un pianoforte, lì” Mercedes segue il mio dito e osserva quella porta, con aria preoccupata.
“Be’, sì, ogni tanto ho pulito quella sala ed è tutto in ordine. Ma nessuno prova mai ad usarla.”
“Perché?” Sono consapevole del fatto che in una sola giornata ho chiesto di tutto e di più, ma, nonostante la situazione, sono una persona curiosa.
“Be’, prima di tutto nessuno sa suonare il pianoforte qui. E io, anche se lo sapessi suonare, non mi metterei mai a fare rumore accanto alla stanza di Kurt”

Dalla descrizione che ne sta facendo, questo Kurt sembra uno di quelli della prima generazione ultra settantenni che se ne stanno chiusi in casa, ignorando quello che accade nel mondo, e che strillano a tutti i bambini che tentano di giocare.
“È della prima generazione?” Chiedo, perché potrebbe essere. Forse è amico del vecchio Governatore, forse è il dottore della casa (ma se così fosse non starebbe in biblioteca) o comunque qualcuno che svolge un ruolo importante.
“No, no... è solo... il terzo” Il terzo. Che significa il terzo? Ma Mercedes si è già girata per tornare indietro, e io la seguo. Per oggi ho fatto abbastanza domande.


* * *


Quando Blaine è rientrato in camera per portarmi la cena, era visibilmente preoccupato per quello che volessi fare e ha cercato di andarsene il prima possibile.
Ma io l’ho bloccato, questa volta con intenzioni diverse, più socievoli.

L’ho invitato ad entrare e, mentre mangiavo, gli ho fatto delle domande. Gli ho chiesto per quale motivo la vista di prima non lo aveva eccitato neanche un po’, e lui mi ha risposto “Sono gay”, e la mia stima per lui è salita enormemente. È raro, di questi tempi, trovare qualcuno che abbia il coraggio di dire che ama un determinato genere di persone, maschile o femminile. Quasi nessuno fa più caso al proprio orientamento sessuale, tutti cercano di trovare piacere con tutti, senza farsi troppi problemi. Ma questa sua scelta è sicuramente prova che lui vuole cercare qualcosa di più in una persona, in un ragazzo. All’inizio credevo fosse il solito scemo con sogni e speranze, magari uno di quelli che dicono ‘stanno trovando una cura’, ma invece no. È serio, con i piedi per terra, ed anche con un alto livello culturale, tanto che ora stiamo parlando di ogni genere di argomenti. È la prima volta che mi trovo in camera con un ragazzo e mi limito a parlare. A dir la verità è la prima volta che faccio un discorso più lungo di cinque minuti, nei quali ero solita accordare il prezzo e la durata.

Quando finisco di mangiare e lui ripone tutto nel carrello con cui è venuto, mi accorgo che sono le nove e che tra mezz’ora devo andare a farmi fare le misure per il mio abito da sposa. Se fossi in un’altra situazione mi metterei a ridere: io che mi sposo? Ho sempre reputato il matrimonio una cosa inutile, e penso che lo farei anche se fossi nata
prima. C’è bisogno di un contratto, testimoni e vestiti sfarzosi per dimostrare di amare una persona e voler passare il resto della propria vita con lei? Assolutamente no, è solo una perdita di soldi.
Da quello che mi ha detto Blaine, Kurt dev’essere un tipo molto misterioso. Interessante. Almeno sarà diverso da tutti gli altri.
“Non so dove si trova” Blaine mi guarda con un’aria che sembra urlare ‘Tutti sanno dove si trova’, ma poi si ricorda che sto qui da... da quanto esattamente? 12 ore? 20? 24?
“Si trova in biblioteca, lavorerete lì. Se vuoi ti ci accompagno, visto che si trova dall’altra parte della casa”

Lo ringrazio e mi chiudo in bagno, pregandolo di aspettarmi. Mi sciacquo nonostante mi sia lavata circa quattro ore fa, e mi vesto con qualcosa più decente della tuta che ho indossato fin’ora. Non che ci tenga, ma più passo inosservata meglio è. Non mi piace iricevere domande. Prima finisce questa storia, meglio è.
Esco e trovo Blaine guardare, sconsolato, fuori dalla finestra. Cosa sta guardando esattamente non lo so, visto che ormai si è fatto buio.
Pare risvegliarsi dai suoi pensieri e usciamo dalla camera, attenti a non far vedere che eravamo chiusi qui dentro insieme. Mi ha detto che se avesse riferito il mio comportamento, mi avrebbero subito sbattuta fuori di qui. Io l’ho ringraziato, e la mia idea di questa situazione è diventata ancora più assurda, se possibile.

Nei corridoi posso notare un sacco di ragazzi che vanno avanti e indietro, scambiandosi ordini o semplici frasi. Non dev’essere il massimo lavorare qui, anche se Blaine mi ha detto che non è una scelta, ci si nasce.
Ora che ci penso, quanto diamine ha parlato questo ragazzo?
Raggiungiamo un corridoio più lungo degli altri, e mentre lo percorriamo passa una sola … dipendente? Come posso chiamare quelli che lavorano qui?

Comunque, sta passando solo lei. È bionda e... o, no. Non può essere lei. È morta. O è scappata da qualche parte. Eppure gli occhi mi sembravano quelli. Ma ormai se ne è andata, e il corridoio è quasi finito. Riesco a intravedere una bionda, quella che si è salvata, che parla con un’altra più bassa, ma sempre con i capelli dorati, che dovrebbe essere la sua assistente.
Comincio ad avere la nausea di questo colore. La mini bionda le dice qualche ultima cosa, e se ne va via, così come Blaine mi sussurra un “A domani” e si allontana.

Adesso siamo rimaste io e la bionda davanti alla porta della biblioteca, alle nove e venticinque.
Sembra che neanche mi abbia notata, e continua a lisciarsi le pieghe della maglietta o a controllare che le sue unghie siano a posto. Il fatto che non abbia neanche alzato lo sguardo verso di me è alquanto irritante, e decido di infastidirla nel peggiore dei modi
“Ciao” al suono della mia voce alza finalmente la testa verso di me e mi risponde con un cenno.
“Come ti chiami?” Probabilmente non ha capito che più si comporta da maleducata, più io insisto.
“Quinn” Quinn? Che minchia di nome è Quinn? Preferivo bionda alta/salvata.
Non ricambia la domanda, e penso che sia solo un caso perso.

Arriva la mora, senza assistente, a passo svelto. Quando si trova a pochi passi da noi sorride, e sento per la prima volta la sua voce “Ciao ragazze, sono Rachel, voi come vi chiamate?”
Dio santissimo, molto meglio la voce QuinnBionda. Ma voglio distinguermi da lei, così ricambio il sorriso e rispondo “Io sono Santana e lei è Quinn, te lo dico io perché dubito aprirà bocca di nuovo ” La bionda mi guarda male e nessuna di noi aggiunge altro, perché la porta alla quale ero appoggiata si apre, facendomi quasi cadere.
Dietro di essa vedo un ragazzo alto, dall’aria scocciata, che ci fa cenno di entrare dicendo “Potevate anche bussare evitando convenevoli inutili.e rumorosi”

Entriamo nella biblioteca e ci fermiamo vicino alla porta. Non è una sala particolarmente grande, ma ha un’aria quasi confortevole, per quanto una stanza di questo posto possa esserlo. Gli scaffali pieni di libri sono tenuti in ordine, e sembra che non ci sia neanche un granello di polvere. C’è una poltrona vicino la grande finestra, e riesco a immaginarmi perfettamente questo ragazzo passare tutte le giornate seduto lì a leggere. Al centro della stanza c’è un tavolo con qualche sedia, forse pensato per studiare, dove si trovano un metro da sarto, vari tipi di stoffa di colori diversi e modelli disegnati su carta. Mentre noi ci guardiamo intorno, Kurt osserva noi e sembra che stia già cucendo con la mente dei vestiti sui nostri corpi. Dev’essere un bel passatempo cucire, ma sembra che per lui sia una cosa molto più seria. Chiama Quinn e inizia a misurarle la vita, le braccia, le gambe, la schiena... il tutto a una velocità tale che neanche mi rendo conto quando finisce ed è il mio turno.

Mi avvicino ammiccando. Forse Blaine non è in grado di far niente, ma lui credo che abbia un ruolo più importante in questo posto. Lui sembra ignorare totalmente il mio viso, e inizia a misurarmi, lasciandosi uscire qualcosa simile a un ‘Cielo, hai tute le curve al posto giusto’.   
Dopo tocca a Rachel.

Quando finisce di appuntarsi tutto su un blocco di carta, nel frattempo nessuno ha detto una parola, prende i modelli disegnati insieme ad altre scartoffie e si rimette a osservarci, con la matita in mano, modificando e ricalcando i tratti. Credo che non siano passati più di venti minuti da quando siamo entrati, e lui sa già cosa indosseremo. Prende un po’ di stoffa e la avvicina al mio braccio. È di un bianco splendente, quasi abbagliante. Torna al tavolo, finisce di scrivere qualcosa sul foglio e me lo pone, lasciandomi vedere il suo lavoro.
Intanto la stessa scena si ripete con le altre due.

Non  so se ammirarlo per la velocità con cui sta svolgendo il tutto, o insultarlo per la maleducazione. Non ha detto una sola parola.
“Vi piace?”
Oh, non credevo gli interessasse il nostro parere.
Io torno con lo sguardo sul mio foglio e guardo il disegno con attenzione. È un vestito sbracciato, aderente in un modo impressionante nella parte di sopra e fino a metà coscia, in modo che metti in mostra le mie curve, poi scende giù in un modo più libero. È perfetto.
“È perfetto” lo sussurriamo contemporaneamente. Kurt fa un sorriso tirato di cortesia, ci riprende i fogli dalle mani e ci invita a uscire con  un gesto del braccio.

* * *


“È perfetto”
Odio quella parola.
Odio la perfezione.
È per colpa della perfezione se esiste il virus.







 

Angolo di Pervinca:
 

Bene, rieccomi qui.

Che ne pensate di questo capitolo?

Vi prego, fatemelo sapere così mi regolo per il continuo.

Si iniziano a capire alcune cose... ma come è nato il virus?

Rachel è molto OOC, ma vi avevo avvertiti.

La scena Quinntana è stata divertente da scrivere,

ma volevo specificare che qui Faberry, Quinntana e Pezberry saranno solo amicizie.

Ora vi saluto.

Grazie per quelli che hanno inserito nelle seguite e recensito.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Prologo ***


Disclaimer: i personaggi non mi appartengono (magari), ma appartengono a Ryan Murphy e alla Fox. Storia liberamente ispirata al libro 'Il giardino degli Eterni - Dolce veleno' di Lauren DeStefano. (praticamente io li ho solo messi insieme).
Avvertimenti:  angst, tanto angst. Probabilmente capirete poco di come sono le cose in questo prologo, ma spero che vi interessi abbastanza. Sappiate che amo l'angst. Volevo avvisarvi che sarà scritto in prima persona, ma i punti di vista cambiano dopo gli asterischi. Forse all'inizio non capirete chi sta parlando, ma anche questo fa parte dell'angst. Scrivo in presente perché crea meglio l'atmosfera. Infine volevo specificare che il bollino è arancione, non rosso. Quindi quando le cose si faranno ineressanti, cambierò scena come il buon vecchio Ryan. Uomo avvisato, mezzo salvato. Solo mezzo, ma ho provato.   
Ora vi lascio alla storia, note a fine capitolo.



Prologo

 

Vivo di notte, sono abituata al buio. Ma la ragazza accanto a me evidentemente no, perché trema da tempo. Non so quanto, non ho alcun modo per saperlo, non so neanche se è giorno o notte. Suppongo sia notte fonda, non possono essere passate poi così tante ore da quando sono stata venduta.
La ragazza accanto a me continua a tremare, il che inizia a darmi ai nervi. Ma non posso parlare, morirebbe come minimo di infarto. Sorte che le capiterà a breve, se continua in questo modo.
Non so quante siamo, ma credo di averne contate una quindicina prima che si facesse buio. completamente buio. Ci hanno chiuse in questa stanza senza finestre da circa due ore senza dirci niente.
Perché è così che funziona, quando sei una ragazza. Vivi la tua vita con spensieratezza fino ai tredici anni, poi inizia l’angoscia fino ai diciotto. Non esci da sola, chiudi la porta a chiave quando dormi e, se ti è possibile, cerchi di stare sempre in compagnia. Dopo i diciotto anni sai che sei fuori pericolo, e ti godi i tuoi ultimi momenti di vita in tranquillità o ti carichi di lavoro, a seconda dei casi. È questa la vita del genere umano femminile da sessanta anni a questa parte.
Nasci, vivi la tua infanzia nell’innocenza e nell’ignoranza, cresci, capisci come gira il mondo, e muori.
Be’, io non faccio testo. Io sono sempre stata consapevole di quello che accadeva attorno a me, o non mi sarei salvata da sola all’età di cinque anni.
Per questo non tremo, so per certo che se non vengo scelta tra queste ragazze, tornerò alla vita di prima. Cambierò bordello, ma rimarrò una puttana.
La ragazza accanto a me, quella che trema, alla mia destra, sa che per lei non sarà così. Nessuno sa cosa avviene dopo che le ragazze vengono prese, ma tutti sanno che a casa non ci tornano.  
Quella alla mia sinistra è relativamente più tranquilla. Certo, continua a guardarsi in giro sperando che da un momento all’altro arrivi un po’ di luce, ma almeno non trasmette angoscia a chi le sta intorno.
Forse è bella, sa di esserlo, e crede di non correre alcun rischio.
Perché funziona così: il Governatore viene aiutato a scegliere le sue tre futuri mogli in base alla bellezza e salute, poi decide della vita delle ragazze rimaste. Alcune vengono risparmiate e vendute a bordelli locali, altre vengono uccise senza tanti mezzi termini. Tutti i giornalisti negano questa storia, ma troppe ragazze la raccontano. Quelle che si sono salvate.
Ah, e per finire le tre graziate vanno nella casa del Governatore per diventare loro mogli, dove altre persone hanno preso i voti per loro.

Sto per dare una gomitata allo stomaco alla ragazza alla mia destra, ma mi trattengo: forse è claustrofobica.
Per sua - e mia- fortuna la porta si apre, si accendono le luci ed entrano due ragazzi. Dovrebbero avere circa vent’anni. E pensare che io, all’età loro, se ci arrivo, sarò nella tomba.
Finalmente posso vedere come sono le due ragazze accanto a me. Quella alla mia destra è mora, capelli lunghi, frangetta, e anche se siamo sedute mi sembra piuttosto bassa. Alla mia sinistra, invece, c’è una bionda. Forse lei ha alte possibilità di passare. I due, intanto, stanno camminando avanti e indietro di fronte a noi, con calma, squadrandoci con i loro sguardi, come se si divertissero a creare suspence. Ma in fondo non è della loro vita che si sta parlando, quindi è comprensibile.
Credo che il Governatore sia quello poco più basso dell’altro, ha un anello di oro massiccio portato con molta noncuranza, come se fosse una spesa insignificante.
Ridicolo, sembra di essere nel medioevo.
Straordinariamente si fermano, si scambiano due parole, e fanno alzare una ragazza.
È carina, credo: capelli corti, occhi azzurri e labbra carnose. Peccato che sia magra, terribilmente magra, e loro pensano che non sia in grado di  portare avanti una gravidanza. Infatti le stanno misurando la vita  e pare che il numero di centimetri non sia abbastanza alto. La fanno risedere.
Il tizio più alto, poi, indica me e mi invita ad alzarmi.
Ammetto di avere un po’ d’ansia, non si sa mai come finiscono queste cose, ma non posso farlo capire. Mi alzo e mi avvio verso di loro, ancheggiando e usando il mio sguardo malizioso a cui nessuno resiste. Non ne vado fiera, ma questa è la mia unica arma. Vedo che bisbigliano, e riesco a capire solo un ‘È Santana quella che mi ha dato Jack’.
Se per dare intende vendere, allora sì, sono io. Aspetto pazientemente che finiscano di parlottare e mi siedo dove mi indica quello alto, con la schiena appoggiata alla parete opposta rispetto a quella in cui mi trovavo prima. Ora posso vedere tutti i visi delle ragazze. Quella magra di prima è totalmente pallida, sa di non avere speranze. La bionda che stava accanto a me, a differenza delle altre, non ha paura di alzare la testa e guardarsi intorno, in attesa che i due compiano la loro prossima mossa.
C’è una cosa che le accomuna tutte: la consapevolezza. La consapevolezza che un posto è stato preso e ne rimangono due.

Dopo un’infinità di tempo, viene scelta un’altra ragazza, questa volta indicata dal tizio basso Governatore.
Anche lei è bionda, ma il suo sguardo è molto più serio e consapevole. Cammina a testa alta, posando anche una mano sul fianco. Mi piace, ha carattere, e ha capito come funzionano le cose.
E infatti non passa molto tempo prima che si siede accanto a me.
Ora le ragazze sono davvero disperate, come dargli torto? Una su le tredici rimaste potrà salvarsi. Alcune vengono fatte alzare e poi risedere. Troppo grasse, troppo magre, troppo pallide, troppo esitanti, troppo deboli.
I due sbuffano, e riprendono a parlottare. Le ragazze di fronte a noi si scambiano sguardi disperati, la bionda accanto a me si guarda le unghie, come se la cosa non le riguardasse.
I due, intanto, iniziano a parlare a voce più alta. A quanto ho capito, sono indecisi tra le due che stavano accanto a me. Vince quello alto, e la mora con la crisi di panico si alza e si siede, di nuovo, alla mia destra.
Non abbiamo parlato, ma già mi sta antipatica. È nettamente meno bella della bionda dagli occhi azzurri che era seduta alla mia sinistra, ma questo non posso dirlo ad alta voce.
Il mondo si mostra più ingiusto di quanto già non lo sia. Noi tre veniamo portate nella limousine che ci porterà a destinazione, le altre rimangono nella sala con i tizi. Prima di entrare nella macchina -non c’è un autista pronto- facciamo in tempo a sentire quello che succede dall’altra parte del muro. Stiamo sentendo degli spari.
Li conto.
Una è stata salvata.




* * *


Un minuto prima ero in un bar, un minuto dopo ero in quella camera buia. E ora sono in una camera lussuosa, con tanto di bagno e cabina armadio enormi. Ho aperto gli occhi circa tre ore fa, ma non ho le forze per alzarmi, non dopo quello che ho visto sentito prima di entrare in limousine e svenire a causa di un odore troppo forte.
È incredibile che certe cose accadano sul serio. Non ho mai dato peso alle voci che girano; certo, ogni volta che vedevo i matrimoni tra i Governatori e le ragazze in tv ho notato come esse fossero poco entusiaste di quello che succede attorno a loro. Ma ho sempre pensato che fosse perché li stanno sposando per soldi, visto che in questo mondo solo i Governatori li possengono.
Non ci sono vie di mezzo, o sei ricco e Governatore, o sei povero e la tua casa è la metà di questa camera.
Guardo la sveglia accanto a me, e noto che è quasi mezzogiorno. Cosa dovrei fare? Alzarmi, lavarmi, e continuare a vivere come se non fosse accaduto niente? Magari canticchiando mentre guardo il panorama fuori dalla finestra?
Fortunatamente qualcuno rompe la monotonia di questa mattina prima che io diventi pazza: sento bussare alla porta e, senza aspettare che io rispondo, la maniglia scatta. Certo, non bussa per sapere se può entrare, ma solo per avvisarmi. Dalla porta aperta, entra una ragazza sorridente. Come fa a sorridere? Mi viene la nausea solo a pensarci.
È di colore, e un po’ in carne, ma ha degli occhi stupendi.
Ma cosa ci fa lei qui?
“Dormito bene?” Ma mi prende in giro? Ho dormito? Sì. Bene? Ma anche no.
Continuo a pensare che se la razza umana è diventata così, sarà meglio che si estingua il più velocemente possibile.
Ma lei sembra non capire i miei pensieri, infatti incurante di quello che sto provando, entra in camera e inizia a rovistare nel guardaroba, tirando fuori una vestaglia, un accappatoio e degli asciugamani, porgendomeli.
Poi si ricorda di presentarsi.
“Ciao Rachel, mi chiamo Mercedes” Questa è bella, come sa il mio nome? Ora che ci penso non vedo la mia giacca, nella quale c’era la mia carta d’identità.
Spiegato il mistero.      

“Non ti sei ancora alzata? Non hai bisogno del bagno?”
Se andassi in bagno probabilmente vomiterei, quindi è meglio se non mi muovo. Senza risponderle, cerco di mettermi seduta sul letto a due piazze, e un senso di nausea insieme a un forte giramento di testa mi colgono impreparata. Chiudo gli occhi e cerco di controllare il respiro, prima di tornare in agitazione come ieri. Non so come ho fatto a rimanere viva, ma so che se non fosse stato per il ragazzo alto che ‘tifava’ per me, ora avevo una pallottola conficcata in qualche punto del corpo.
Forse la ragazza Mercedes è arrivata a capire che non sono al pieno delle mie forze, perché il suo volto, prima sorridente, ora ha assunto un’espressione preoccupata. Si è seduta accanto a me, pensando a come farmi sentire meglio, senza sapere che in questo modo mi sento ancora più male. Ho bisogno dei miei spazi, ma non sono in grado di dire qualcosa ad alta voce. Così mi limito a sorriderle e farle capire che mi sto riprendendo. Non è vero, ma mi devo liberare di lei il prima possibile.
Lei si alza dal letto e si avvia verso la porta, dicendo
“Avrei dovuto immaginare che non sei dell’umore” I miei dannati sensi di colpa che spuntano per ogni sciocchezza, mi fanno sussurrare uno “Scusa” che viene catturato dal suo udito. Lei si gira verso di me, sorride e mi risponde “Ci vediamo stasera per le misure del vestito”
Quale vestito?


* * *


Se esiste una cosa che odio più degli esseri umani in generale, sono gli esseri umani che hanno la necessità di vivere la propria breve vita al meglio. Preferisco quelli che scopano una ragazza diversa ogni sera come se non ci fosse un domani, li trovo molto più razionali di chi progetta una vita, con sogni e ambizioni.
Come sta succedendo nel talent show che stanno dando ora in tv: cosa te ne fai del talento quando tra qualche anno sarai morto?
Mi criticano, dicono che sono una persona chiusa, che dovrei vedere il mondo e interagire con gli altri. Non capiscono che non ne ho voglia, che quello di adesso non è il mondo che vorrei vedere, che mi consolo con vecchi libri perché sono gli unici che mi fanno sentire bene. Gli unici che mi avvisano che un tempo le cose non funzionavano in questo modo.
In più, odio chi sta bussando alla porta della mia sala. Ho specificato più volte di non voler essere disturbato, ma pare che sia una cosa importante se continuano a bussare.
Odio anche la persona che, probabilmente, è dietro la porta. Ma non posso evitarlo.
“Avanti”
Come previsto, entra Finn. Un ragazzo che vive come se avesse un futuro davanti, un ragazzo che ha speranze. Un ragazzo che, nonostante quello che ho appena detto, ha deciso di fare il gioco di Noah. Tecnicamente siamo tre fratelli, ma preferisco dimenticarmi del fatto che abbiamo lo stesso sangue proveniente da nostro padre. Preferisco dimenticarmi di mio padre.
“Kurt, sono arrivate le nuove mogli”
Mi sento male solo al pensierio. Le precedenti sono morte qualche mese fa e già le hanno rimpiazzate. Mi fanno schifo, sia Finn che Noah. E non voglio neanche sapere quante sono morte per questo loro piccolo sfizio. Perché? Perché prendere altre mogli se tra qualche anno non saremo più su questo mondo?
“Non vedo cosa mi possa interessare” e Finn lo sa, sa che disapprovo pienamente questo ragionamento. Dice che sono invidioso di loro e che sono arrabbiato per essere il ‘terzo’. Sono nato dalla terza moglie, sono il meno importante. A dir la verità non valgo nulla, considerando il fatto che spesso Noah si approfitta di me ogni volta che beve abbastanza per andare con un ragazzo. Perché lui è figlio della prima moglie, il Governatre, niente e nessuno può contraddirlo.  
Il fatto che io sono figlio del suo stesso padre non interessa a nesusno, specialmente a loro.
A loro importa avere delle ragazze con le quali divertirsi. E io mi chiedo, cosa gli costava prendere una prostituta ogni sera? Non dico che sia giusto, ma almeno non avrebbero strappato nessuno dalla propria famiglia, e finito il divertimento sarebbe tutto finito.
Ma no, loro si ostinano ad avere delle mogli, a fare matrimoni in grande in modo che la tv dedichi due ore interamente a Noah, e si ostinano a dire che va tutto bene, che l’umanità si salverà.
Come fa a salvarsi?
Quando l’ho chiesto non mi hanno risposto.
“Be’, devi fare i vestiti, no?”
Povero, caro, vecchio Finn. Non si prende neanche la premura di farmi una domanda sotto forma gentile, pensando che accetterò lo stesso.
E io accetto, perché non ho niente di meglio da fare.
“Verranno stasera per le misure”
Già mi fanno pena.


L'angolo di Pervinca

Dunque, dunque: sono un po' nervosa.
Che ne pensate?
(Non so se consigliarvi il libro perché dovrebbe essere una triologia, ma fin'ora ho visto solo il primo,
e lascia tanta suspence. No, okay, leggetelo)
Se non lo avete letto, non capirete a cosa si riferisca Santana quando parla della morte,
ma nel prossimo spero sia più chiaro.
Preferisco che le cose siano passo per passo, sarebbe più noioso elencare tutto insieme, no?
Vorrei una vostra opinione solo per sapere se continuare a scrivere o no,
quindi vi chiedo di essere molto sinceri.
Spero di avevrvi incuriositi un pochino pochino.
E così che Pervinca (Fairy Oak everywhere) vi dice ciao.


 

 





 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Capitolo 2 - Curiosità. ***


 

Capitolo 2

Curiosità

“È perfetto”
Odio quella parola.
Odio la perfezione.
È per colpa della perfezione se esiste il virus.
È nato tutto dopo la terza guerra mondiale, circa cento anni fa. Secondo quello che ho letto, prima le persone non sapevano la durata della loro vita, e potevano morire in diversi modi. C’erano le malattie, ma poteva anche capitare che morissero di vecchiaia, dove semplicemente il cuore smetteva di battere.
Ma, secondo loro, le malattie erano troppe e si doveva rimediare, trovare una soluzione.
I ricercatori, per chissà quale motivo, credevano che avessero il diritto di creare una cura a tutto.
Fu così che crearono il vaccino contro il cancro.
Fu così che pensarono di essere in grado di sconfiggere qualsiasi cosa. Non li biasimo, era il loro modo per sconfiggere la morte e per migliorare la situazione salutare dell’umanità.
Passò un anno, e arrivò il vaccino universale. Tutti fecero quel vaccino, e nessuno si ammalò più. Neanche un raffreddore, malattia molto banale e comune all’epoca. Fu così che l’anno tremila fu l’anno delle scoperte, della ricerca e della medicina.
Iniziarono a nascere i figli di chi si era fatto il vaccino. Tutti sani, con tutti i sensi funzionanti, il numero preciso di cromosomi, e un livello di intelligenza pari per tutti. La parola invalido aveva perso significato.
Loro furono i fortunati. Furono e, alcuni lo sono ancora, la prima generazione. La generazione sana, in forze e invincibile. Una buona parte di loro sono ancora vivi, e la loro età passa dai settanta ai cento anni. Cento. Uno di loro vive quattro volte la mia vita.
Sono perfetti, e solo la vecchiaia può portarli via da questo mondo. Provo invidia per loro, tutti la provano. Perché, a partire dai loro figli, le cose sono cambiate. Perché i bambini nascevano e vivevano perfetti, ma morivano giovani. Troppo giovani, secondo loro.
È strano come il concetto i gioventù sia cambiato col tempo, perché io adesso, alla mia età, sono un anziano. Un ragazzo anziano. È colpa della ricerca della perfezione se ora ci troviamo tutti in questa situazione.




Sento bussare alla porta. È la terza volta oggi, senza contare quando sono venute le mogli. Posso capire che il loro arrivo abbia cambiato le cose, ma ero stato piuttosto chiaro sul fatto che non volessi essere più disturbato. La porta si apre senza che io abbia risposto, ed entra una ragazza.
È Brittany, la mia nuova assistente. Non so secondo quale illogico ragionamento, ma Noah e Finn hanno pensato che avere un’assistente mi avrebbe fatto cambiare un po’ l’umore. Io ho accettato solo quando ho scoperto che è stata risparmiata l’altra sera. Si è presentata poco prima che arrivassero le mogli, e mi aspettavo che scoppiasse in un qualsiasi pianto isterico dettato da quello che aveva appena vissuto. Invece, col sorriso sulle labbra, mi ha stretto la mano e mi ha raccontato tutte le cose nuove che aveva visto durante la giornata.
C’è qualcosa di bello e affascinante in quella ragazza, che non ho mai visto in nessun’altra persona. A parte il corpo -e davvero, mi chiedo perché non l’abbiano scelta- con i suoi capelli biondi e occhi chiari.
La cosa che mi ha incantato è la sua spensieratezza e innocenza anche in una situazione come la sua. Forse è una ragazza un po’ ingenua, ma di questi tempi credo che il non voler far i conti con la realtà sia più un privilegio che un difetto.

Entra in camera con il carrello e mi sorride, senza chiedersi se io desideri la sua presenza o meno.
Versa dell’acqua calda in una tazza e intanto mi chiede se voglio una tisana. Io accetto solo per stare in sua compagnia un altro po’. Mi piace stare con lei, credo che nessuno mi abbia mai guardato con così tanta trasparenza e sincerità.
“Allora, come sono le altre ragazze?” ecco, me l’aspettavo questa domanda. Mi sembrava strano che non avesse ancora mostrato alcun segno di invidia e/o gelosia nei loro confronti.
“Sono tutte carine, ma non ci ho parlato molto. Non so dirti come sono di carattere.”
“Quella mora, con la carnaggione scura, come si chiama?” Nessun commento acido, nessuna frase allusiva o offesa. Pura curiosità. Credo che mi innamorerei di questa ragazza, se ne fossi in grado.
“Santana, credo... perché?” Lei sembra pensarci un attimo, poi scrolla le spalle e risponde “Sai, stava seduta vicino a me.” Ci metto qualche secondo a capire a cosa si riferisce. Non credevo che parlasse con tanta semplicità anche di quel momento, che non deve essere stato poi così piacevole. Alzo un angolo della bocca. Non è un sorriso, io non sorrido mai, ma è comunque un’espressione rilassata.
Lei, al contrario, mi rivolge un altro dei suoi sorrisi spontanei e se ne va, augurandomi la buonanotte.
Mi piace la tranquillità di questa ragazza. Penso che potremmo davvero parlare di più come mi accennava lei.


* * *


Il secondo risveglio in questa camera è stato meno traumatico. Non che sprizzassi felicità da tutti i pori, ma per lo meno mi sono alzata e sono andata a farmi un bagno prima che Mercedes invadesse la mia privacy senza troppi complimenti.
Mi ha detto che mi avrebbe portato la colazione verso le nove e trenta, e ora sono le otto e io sono sdraiata sul letto, senza la minima idea di cosa fare. Non so cosa mi abbia portata a svegliarmi alle sette, probabilmente il raggio di sole che è entrato dalla finestra per finire dritto nei miei occhi.
O il letto troppo caldo rispetto a quello a cui sono abituata.
O l’insistente odore di pulito, quasi maniacale che c’è in questa camera. Non so per quale motivo, ma non ho dormito per più di sette ore.
Non mi piace stare qui. Voglio dire, ovviamente mi piace essere ancora viva, ma a me piaceva sognare un altro futuro. Una vita unica, all’aperto, alla ricerca di qualcosa che mi avresse fatta sentire felice. Non una vita monotona, all’interno di questa gabbia dorata.
Mi alzo dal letto e mi affaccio alla finestra: oggi c’è il sole, e si possono vedere meglio i giardini di questo posto. Riesco a vedere un grande prato e degli alberi in lontananza. Chissà quanto è grande questo posto. Chissà se potrò mai girarlo tutto. Non penso che avrò molta libertà qui, altrimenti perché bloccare le finestre?
Apro il guardaroba, il mio guardaroba, e prendo un vestito che dovrebbe arrivarmi più o meno alle ginocchia, con un paio di ballerine. Odio le scarpe basse, ma sono le uniche della mia misura.
Mi vesto perché ho bisogno di uscire, niente e nessuno mi terrà tra queste quattro mura più del necessario. Non so cosa farò in giro per questo posto, ma tutto è meglio di questa camera. Sono claustrofobica, cosa posso farci?
Mi pettino con lentezza, sperando che il tempo scorra più velocemente. Sono le nove, e devo aspettare un’altra mezz’ora per scambiare due parole con Mercedes, l’unica disposta a parlare in questo posto. Mi trovo davanti allo specchio del bagno e, dopo aver posato la spazzola, decido di aprire gli sportelli dell’armadietto sopra il lavandino. Ci sono creme, vari trucchi, due trousse, una serie di smalti ordinata per colore, e vari saponi con diversi profumi. Prendo una crema idratante per il viso e la apro.
Tiro un sospiro di sollievo nel vedere che è nuova: non so come avrei reagito se avessi trovato il segno di due dita che  fino a qualche mese fa erano vive, e si trovavano nel mio stesso posto.
Decido di usarla, ha l’aria di essere fresca  e qui i riscaldamenti sono fin troppo alti per i miei gusti.
Passo un altro po’ di tempo in questo modo, curiosando nei cassetti del bagno. Mi sento come in una favola, dove la principessa ha tutto quello che desidera. Da piccola lo sognavo, ora è troppo strano e fuori dalla mia quotidianità per essere considerato positivo.  
Sono finalmente le nove e venticinque, e mi siedo sul letto, aspettando che passino questi cinque minuti.


Mercedes entra con il carrello di ieri sera pieno di dolci, una brocca di acqua calda e una scatola con vari tipi di thè e arome.
“Dormito bene?”
“Sì, grazie” Be’, diciamo che le poche ore di sonno sono state piacevoli, quindi non ho mentito.
“Be’, meglio così. Scusami, ma devo proprio tornare  a lavoro, buona giornata”
È già propensa ad andarsene, quando la blocco chiedendole se posso girare per la casa.
“Certo che puoi, mica sei prigioniera” Sì, come no.  
Le sorrido e la saluto, pronta ad uscire dalla camera.





Sono le undici e ho già fatto il giro della casa. Cioè, non di tutta, ma di tutti i posti interessanti. Speravo di trovare qualche passatempo, ma mi sono solo annoiata a morte.
Giro e mi ritrovo nel corridoio di ieri sera. Sono sicura che Kurt stia chiuso in  biblioteca, e non penso proprio di entrarci.
Però non è l’unica stanza di questa zona.
Entro nella porta accanto e lo vedo. Un bellissimo pianoforte nero a coda, in una stanza pulita e luminosa.
Mi siedo sullo sgabello e lo apro. Mi ricordo ancora quando facevo questo gesto insieme a mia madre, e lei si preoccupava che io non mi facessi male alle dita.
Suono una melodia con la mano destra. È una ninnananna ed è l’unica cosa che mi ricordo.
Vorrei cantare, ma non ce la faccio. È troppo tempo che non sono in una circostanza del genere. Io e mio fratello abbiamo smesso di cantare subito dopo la morte di nostro padre.
Mi ricordo come adoravamo cantare insieme e...

La porta si apre. Senza che nessuno si sia preso la cura di bussare.
“C’è chi desidera stare in tranquillità” È Kurt. Lo sapevo che c’era qualcosa di strano in lui, ma non credevo sul serio che si lamentasse per.. cosa? Quattro note appena accennate?  Mercedes aveva ragione, lui è piuttosto suscettibile.
Ma questa stanza è la meno noiosa in cui sono entrata fin’ora, e se pensa che cambierò idea per un suo capriccio, be’, pensa male.
“Non credi che ne hai abbastanza per tutta la giornata, di tranquillità?”
Lo sguardo che mi lascia è strano. Non è odio, perché l’odio è un sentimento e questo ragazzo è evidentemente apatico. La sua espressione, però, mi sembra più impreparata del solito, come se nessuno gli avesse mai davvero risposto.
“Tra poco servono il pranzo, ti conviene tornare in camera” Scrolla le spalle, esce e richiude la porta dietro di se.
Io faccio come mi ha consigliato, e inizio ad avviarmi verso la mia camera, ma se crede di aver risolto in questo modo si sbaglia di grosso.

Nel corridoio c’è un viavai di gente, segno che l’ora di pranzo si sta avvicinando. Mi chiedo quante persone vivono in questo posto, non lo saprei dire.

Cammino a testa alta verso la mia camera, non voglio perdere tempo in mezzo alla confusione, è una cosa che odio.

In lontananza, vedo una figura più alta delle altre. È lui. È l’amico del Governatore.
È il ragazzo che mi ha salvata.
Non sa nemmeno come mi chiamo.
Non mi va di incontrarlo, e giro prima che lui possa essere abbastanza vicino per riconoscermi.
Eppure sento che i suoi occhi erano già puntati su me.


* * *

È domenica ed è il quinto giorno che passo qui. Posso scalare cinque giorni al mio countdown finale. Dopodomani mi sposo, ed ho appena finito di mettere a punto il vestito insieme a Kurt. Incredibile ma vero, abbiamo anche un po’ parlato. Lui mi  ha fatto delle domande su me e la mia vita di prima, ma dopo essersi accorto di quanto poco fosse interessante, ha lasciato qualche commento ed è rimasto in silenzio.
Dopo un po’ mi ha chiesto la mia età, e io non sapevo cosaa fare per evitare la domanda.
Fortunatamente qualcuno ha pensato di bussare alla porta, ed è entrata una ragazza con un carrello.
Stavo per chiedermi perché anche lui avesse un’assistente, poi mi sono accorta di chi si trattava.
Di una ragazza bionda.
Ma non una bionda qualsiasi, non Biondasonoperfetta, né Biondaassistentedellaperfetta.
Semplicemente lei, la ragazza che credevo morta. La ragazza che un po’ di sere fa era seduta accanto a me e mi trasmetteva un po’ di calma.
“Kurt, io... oh, sei Santana, giusto? Io sono Brittany” È forse per il modo solare con cui mi ha salutata e riconosciuta, o per il sorriso con cui loha fatto, ma in quel momento una consapevolezza si è concretizzata nella mia testa.
Brittany è la ragazza più bella che io abbia mai visto.  
Brittany è merita di stare al posto mio, o quello di Rachel (e non perdonerò mai il tizio alto per questo)
Brittany è un bel nome.
Brittany ha un bel corpo.
Brittany. ha due occhi chiari, come quelli che sognavo da bambina.
Brittany mi ha sorriso.


* * *  

“Ehi, tu sei l’assistente di Santana, giusto?”
Non tutti hanno l’ “onore” di parlare con il Governatore.
Ancor meno persone vengono riconosciute. Ma io non ho mai fatto parte della massa.
“Sì, signore” lui sorride beffardo. Cosa si sorride?
“ Bene, hai avuto fortuna, ma sappi che da mercoledì mattina ti scambierai con l’assistente di Kurt. Fin’ora la cosa può funzionare, ma dopo che sarà mia moglie non permetterò che questa storia continui, sono stato chiaro? E non dire niente a Santana, lo scoprirà da sola”
“Certo, signore.” Veramente no, di cosa parla? Non lo so, e non penso lo saprò, visto che se ne va.

Busso alla porta di Santana ed entro, trovandola in reggiseno e pantaloncini. Inizia a parlare, senza neanche salutarmi.
“Non credi che faccia terribilmente caldo? A me manca l’aria.”
Io la squadro un po’, notando il suo corpo perfetto. Ha davvero una bella pelle.
“Credevo avessimo già superato questa fase.”
“Oh, certo che sì, per questo mi sono permessa di stare così, tanto a te non interessa, sbaglio?”
No, non sbaglia, ma mi sbrigo a richiudere la porta. Non vorrei che girassero storie su noi, anche se sarebbero destinate a morire in due giorni. Capisco solo ora quello che intendeva il Governatore, cioè che mi scambierò con l’assistente di Kurt. Da quando in qua Kurt ha un’assistente?
“Che tipo è Kurt?” Santana alza un sopracciglio alla mia domanda. Cosa del tutto sensata, dato che non c’entra niente con quello che stavamo dicendo, sempre se stavamo dicendo qualcosa.
“Perché me lo chiedi?” Lo dovrai scoprire da sola, anche se vorrei dirtelo io.
“Bo, girano tante voci su lui, alcuni pensano persino che non esista o che sia un fantasma. Nessuno di noi l’ha visto.”
Lei ci pensa un po’, poi sembra aver trovato le parole giuste “Be’, è un tipo un po’ strano e misterioso all’inizio, ma io mi ci trovo bene. Specie perché non parliamo mai. E, se è questo che ti interessa, è proprio un bel ragazzo. Non ha risposto alle mie avances, il ché lo rende ancora più misterioso, ma sembra una persona interessante”

Metabolizzo tutto quello che ha detto, e cerco di farmi un’idea di questa persona, ma dubito mi avvicinerò alla realtà.
Credo che potrò commentarlo solo dopo averlo conosciuto.
      








L’angolo di Pervinca:

Ciao, non so che scrivere  in queste note. Finalmente si capisce qualcosa di più su questo mondo.
Ora che ci penso il monologo di Kurt potrebbe essere interpretato male. Quelli sono i suoi pensieri dopo quello che è successo, che credo sia abbastanza inverosimile. Quindi non vorrei che pensaste che sono contro la ricerca o roba del genere perché no, assolutamente no, anzi.

Ma soprattutto vorrei saere cosa ne pensate della storia, perché una minuscola recensione mi farebbe piacere.
Ringrazio chi ha messo nelle seguite e Aiedalil, con le sue recensioni molto asjfnkvjn. Al prossimo capitolo, con un matrimonio.

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Capitolo 3 - Matrimonio ***




      

Capitolo 3

Matrimonio


Martedì è arrivato: incredibile come delle persone stiano lavorando tanto per un matrimonio del tutto indesiderato.
Mercedes è entrata in camera alle sei della mattina, quando la cerimonia inizierà alle quattro del pomeriggio, svegliandomi con la frase ‘Dopo alle occhiaie ci pensiamo noi’.
È entrata insieme a una ragazza sulla quindicina e una donna di prima generazione relativamente giovane.

La ragazza, con timidezza e delicatezza, mi chiede se desidero un bagno semplice o con dei sali in particolare, mentre l’altra mi tira via le coperte e mi porge una vestaglia.
Io, troppo stanca per chiedere il motivo di tutta questa fretta, sbadiglio e mi alzo dal letto, prendendo un sorso dalla tazza di tè che mi sta porgendo Mercedes.

La quale sta sorridendo.

Perché sorride sempre?

La donna schiocca le dita, incitandomi ad alzarmi, come se fossi in ritardo di mezz’ora. Io eseguo i suoi ordini con calma, facendola innervosire ancora di più. Meglio così, è lei che ha fatto irruzione in camera mia come se stesse per scoppiare la quarta guerra mondiale, come se tre non fossero bastate.

Entro il bagno dove mi attende il solito odore di vaniglia, e la ragazza di prima ha appena finito di  prepararmi la vasca.Anche lei mi sembra stanca, ma pare che come me non abbia scelta. Le sorrido e, dopo che lei esce, mi infilo nella vasca da bagno.

Chiudo gli occhi e cerco di rilassarmi nell’acqua tiepida, quando sento la voce di quella di prima generazione dire qualcosa simile a un “Hai un quarto d’ora prima che entro, dolcezza”. Spero vivamente che questa donna si faccia viva solo in occasioni rare del genere, altrimenti non saprei come riuscirei a sopportarla.
Aspetto qualche altro minuto ed esco dalla vasca, prendendo l’accappatoio. Non appena lego il cordoncino, la porta si spalanca ed entra la donna, della quale non conosco nemmeno il nome, che mi porta una sedia e mi fa sedere di fronte allo specchio. Comincio a sospettare che abbia origliato dalla porta e sentito il rumore dell’acqua di quando sono uscita.
Prende delle pinzette e inizia a strapparmi via circa la metà delle sopracciglia, con una velocità e una precisione spaventosa.
Finito con le sopracciglia, passa ai baffetti che non ho.
Mentre mi chiedo che razza di problemi abbia, mi riporta in camera e mi fa stendere sul letto, dove nel frattempo ha messo un telo.

Come temevo, mi spalma della cera calda sulla gamba destra, prende una striscia e strappa.
Lancio un urlo perché non ho mai sentito una cosa così aggressiva. Mercedes e l’altra ragazza si avvicinano a me, e la più piccola inizia a parlare, forse con l’intenzione di distrarmi.
“Mi chiamo Marley” Cerco di sorriderle e risponderle, ma il mio tentativo fallisce dato che MissPrimaGenerazioneBionda ha ben pensato di  continuare con la sua opera in un modo assai frettoloso.

“Oh, che maleducata che sono, neanche mi sono presentata. Puoi chiamarmi Holly” E via, un altro strappo.

Imploro Mercedes con lo sguardo, ma lei mi fa capire che non può fare niente
Ho l’impressione che sarà una giornata molto più lunga del previsto.



* * *


Il tempo sembra non passare mai, questa giornata pare che sia durata secoli.
E la cosa peggiore è che il meglio deve ancora venire.
Perché sono le tre e mezza, il che significa che manca ancora una buona mezz’ora prima che inizi la cerimonia, il che significa che se la mattinata è stata lenta, il  pomeriggio sarà anche peggio.

Blaine mi ha anche detto che oggi devo consumare la mia prima notte di matrimonio con Puck, che si divertirà a fare il giro delle camere.
Ha l’aria di uno bravo, e spero per lui che sia così, o rischio di addormentarmi dalla noia nel momento centrale del rapporto.
L’unica cosa positiva di questa giornata è il vestito. Kurt ha apportato le ultime modifiche qualche ora fa, e mi sento come se nessuna possa essere migliore di me.
Mi sbaglio, perché proprio ora entra in questa specie di sala d’attesa la mia collega bionda, che sembra un angelo sceso in mezzo a noi comuni mortali. Si siede cinque sedie lontana da me. Devo ammettere che la sua simpatia cresce di giorno in giorno.
Passa qualche minuto ed entra anche la mora. Oggi il suo naso enorme si nota un po’ meno, forse grazie al trucco.
Ammetto che anche lei è un po’ più carina del solito: il vestito le valorizza le poche forme giuste che ha, i tacchi la fanno sembrare più alta e trucco e parrucco è fatto particolarmente bene.
Abbiamo  tutte e tre la stessa espressione stanca, stressata e annoiata. Si sono fatte le quattro meno dieci, ma ci hanno anche consigliato di fare minimo dieci minuti di ritardo, questo implica altri venti minuti in un silenzio diventato pesante.

Quando mi hanno svegliata così presto,.stamattina, credevo che la cerimonia si fosse svolta in qualche posto lontano.
Invece Emma, una della prima generazione che mi ha aiutata a prepararmi insieme a Blaine, mi ha detto che si sarebbe svolta in uno di questi giardini.
Il senso di svegliarci alle sei?
Mistero.

Entra uno di prima generazione e ci invita a uscire, dicendo che ci stanno aspettando.
Usciamo dalla camera contemporaneamente e arriviamo nel cortile.
Come mi aspettavo, veniamo assalite da flash e telecamere, come se fosse il matrimonio del secolo.


* * *


È incredibile come le persone riescano a fare tutto questa confusione nel vedere una persona che neanche conoscono legarsi a tre ragazze per qualche anno.
Riesco ad osservare tutto dalla finestra della biblioteca, in compagnia di Brittany. Mi ha chiesto più volte se preferivo scendere, ma non ho intenzione di mischiarmi con loro.
Potrò anche sembrare uno snob, una persona che si ritiene superiore alle altre, ma è così che mi sento.
Non posso cambiarlo.



Brittany è stata molto dolce a farmi compagnia, dicendomi che sono l’unica persona che sta ad ascoltarla.
Mi piae ascoltarla, è così buona e genuina che credo la sua spensieratezza sia più unica che rara. Mi ha raccontato della vita che svolgeva prima: lavorava come cameriera in un caffè che lei definise ‘delizioso’. Mi ha anche detto che l‘hanno presa insieme a Rachel proprio mentre le serviva un cappuccino.

Mi ha raccontato di sua sorella, di una sua amica, e dello scoiattolo che aveva in casa. Mi chiedo dove lo abbia trovato.
Preferisco passare del tempo con lei, piuttosto che insieme a persone banali e superficiali.


Quando si fa sera mi saluta, dicendo che sicuramente la staranno cercando.
Rimango colpito dalla frase che usa.
“È stato bello parlare con te, spero che riusciremo a farlo qualche altra volta” Non so cosa intendesse, ma l’ho salutata lo stesso sorridendole.


* * *


Ho paura.
Cioè, non paura che mi accada qualcosa di brutto, so cosa sto per fare, ma ho paura lo stesso.
Sono le tre e mezza di notte e certo che  Noah non è ancora venuto, ero l’ultima della lista.
Ha detto che sarebbe andato prima da Quinn, poi da Santana e infine da me, successivamente avrebbe deciso il nostro ordine.
Non so se dormire o no, non ho la minima idea di cosa fare. Mi sembra tutto così assurdo, davvero devo stare con lui dopo che è passato da altre due ragazze?

Ho la nausea.
Specie al pensiero che è mio marito.

Che poi non li ho neanche detti i voti, che razza di matrimonio è questo? La cerimonia è stata lentissima, noi tre eravamo sedute da una parte e lui si trovava di fronte a noi. I testimoni (testimoni di cosa?) erano il suo amico, sempre quello che mi ha scelta, e il signore di prima generazione che ci aveva chiamate.
Dopo c’è stato un rinfresco dove vari governatori hanno parlato e scherzato insieme, mentre Quinn e Santana hanno parlato con altre mogli e io mi guardavo intorno in silenzio.

La porta si apre e io vado nel panico. Che fare?
Ma non  faccio neanche in tempo ad alzare lo sguardo, che  lui mi fredda con i suoi occhi, e mi dice con un tono gelido.

“Tu sei la terza”

E se ne va.

Mercedes mi ha detto che essere la terza è un’arma a doppio taglio, poi domani mi farò spiegare meglio.
Per ora sono  solo contenta del fatto che posso andare a dormire tranquillamente.


*  * *


Il matrimonio è andato davvero bene. Santana era bellissima nel suo vestito, e sono stupito dal fatto che Kurt sia riuscito a essere così creativo. Non credevo che una persona  così chiusa avesse così tanta fantasia.
A dir la verità sono un po’ agitato al pensiero di conoscerlo. Ieri sera ho parlato con Brittany, la ragazza con cui scambierò il posto, e mi ha detto che è una persona di compagnia piacevole.
Peccato che tutti i pochi altri che lo hanno conosciuto abbiano espresso il parere opposto. Non so che aspettarmi, ma sono sicuro che alle dieci di mattina si trovi in biblioteca.

Mi spaventa anche il fatto che lo colgo di sorpresa, dato che Brittany si è dimenticata di avvisarlo di questo cambio.
È dopo essere arrivato davanti alla porta che sento la mancanza di Santana. Insomma, mi trovavo così bene con lei, perché cambiare tutto?

Mi faccio coraggio e busso alla porta.
Vedendo che non risponde abbasso lentamente la maniglia, e entro nella camera con il carrello della colazione.
Ci metto qualche secondo a trovarlo, è talmente immobile sulla sua poltrona che sembra faccia parte dell’arredamento.

La sua testa si gira verso me.

Quando ci guardiamo mi blocco.

Due occhi azzurri hanno imprigionato i miei, e non riesco a distogliere lo sguardo. Il che non è il massimo, dato che potrebbe dargli fastidio.

Alza un sopracciglio in attesa di una spiegazione a tutto ciò. Certo, uno sconosciuto è appena entrato nel suo mondo e lo sta fissando.
Schiarisco la voce e lascio il carrello accanto al muro, non  credo gradisca che mi avvicini.
“Ehm, hanno scambiato il mio posto con quello di Brittany”
Lui annuisce, e torna con lo sguardo fuori dalla finestra.
Mi giro per andarmene, quando la sua voce mi ferma.
Forse è il suono più dolce e pulito che io abbia mai sentito.  
“Come ti chiami?” In un momento di panico credo di essermi immaginato la domanda, perché lui sta ancora gardando da un’altra parte.
Poi mi ricordo il mio nome, e mi decido a rispondergli.
“Blaine.”


* * *


Sento la porta chiudersi, Blaine è uscito dalla camera.  Mi ricordo di lui, quando eravamo piccoli sua madre ci faceva giocare insieme.

Era lei che si prendeva cura di me, e ammetto di essere sempre stato un po’ geloso del fatto che fosse la sua mamma e non la mia.
Dopo che è morta, mi hanno affidato a un’altra ragazza e non ho più avuto problemi di invidia nei confronti di Blaine perché non ci siamo più visti.
E ora pare che lui neanche si ricorda di me, forse era ancora troppo piccolo quando ci siamo ‘salutati’.
E ora non penso di avere motivi per essere geloso di lui.
A parte il suo fisico.
O la sua voce.
O i suoi occhi.




L’angolo di Pervinca:

Ciao, chiedo perdono per questo capitolo corto corto.

Forse volevate un discorso più dettagliato sul matrimonio (?) ma  nella storia serve a poco e niente.

In più non ho voluto descrivere la prima notte dal punto di vista di Santana perché, per quanto trovi la Pucktana una coppia divertente, quella scena non era nelle mie priorità.

Per il punto di vista di Quinn bisogna aspettare un altro po’.

Vi anticipo che nel prossimo capitolo ci sarà un nuovo POV (che non sarà sempre presente) e si chiarirà cosa è successo dopo la terza guerra mondiale.


Grazie per tutti quelli che hanno letto e inserito nelle seguite, mi fa davvero piacere.

Mi farebbe piacere anche una recensione, ma capisco se non vi va perché spesso neanche io ne lascio.

Un bacio a tutti.

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Capitolo 4 - Incontri (in)desiderati ***


Capitolo 4


Incontri (in)desiderati
 


Ho capito cosa intendono le persone quando parlano di “nervosismo”.

Non mi sono mai posta questo problema, vivo la vita come viene e riesco a vedere il lato positivo in tutto ciò che mi capita. Ad esempio, lavoro qui invece che in un bar dove l’unica cosa che dovevo fare era pulire i tavolini.
In questa casa, invece, le cose da fare sono molte di più. Oltre ad occuparmi della mia assistita, devo anche svolgere tutti gli altri compiti del personale, quindi pulire o aiutare in cucina.
Certo, non sono tra le spose, ma non sono nemmeno rimasta in quella camera al buio. E poi preferisco in questo modo, mi sento più libera di loro.

Ho capito cosa significa davvero essere nervosi quando mi hanno riferito che dovrò assistere Santana.
Non so perché ma da questa mattina non ne ho combinata una giusta: mi sono alzata troppo presto e non mi sono riaddormentata, svegliando la povera Kitty. Mentre preparavo la colazione ho rovesciato per ben due volte l’acqua calda, ricevendo un rimprovero dalla signora Rose. E mi hanno consigliato più volte di evitare i rimproveri da quelli di prima generazione.
Mentre preparavo il vassoio, mi sono caduti un paio di biscotti e ho dovuto perdere tempo per spazzare le briciole. Infine mi sono accorta di avere ancora le pantofole, e sono dovuta tornare in camera di corsa per cambiarmi.

E ora sono qui, davanti alla camera 215, quella di Santana. Sono le dieci passate, mentre mi hanno raccomandato di essere sempre puntuale.
Teoricamente lo sono, dato che sono arrivata un quarto d’ora fa, è solo che non so cosa fare. Con Kurt è stato tutto più semplice, non voleva parlare e io non l’ho infastidito finché non è stato lui a fare il primo passo.
Con lei non so come comportarmi, dato che sotto un certo punto di vista ci  siamo già conosciute. È passata circa una settimana, e ci siamo viste quella sera e un altro giorno, dove ci siamo presentate.
Mi è sembrata gentile, e piacevolmente sorpresa nel vedermi. Chissà, forse non credeva che mi trovassi qui.

Busso alla porta, aspetto qualche secondo, abasso la maniglia ed entro nella camera.
La trovo vuota, con le serrande alzate e il letto rifatto. Non faccio in tempo a girarmi che la porta del bagno si apre e... Oh.

È Santana.
È Santana appena uscita dalla doccia.
È Santana appena uscita dalla doccia che indossa solo un asciugamano, decisamente troppo corto.

Ha ancora i capelli bagnati, e qualche goccia sulla pelle. Ad esempio quella che dal collo le sta scendendo giù e...

Improvvisamente rientra in bagno e ne esce con un accappatoio più coprente e un po’ di rossore sulle guance.
Posso dire che quel rossore le da un’aria molto più bella e genuina.
Posso, vero?
Posso perché ormai l’ho pensato.

Mi ricordo di chiudere la porta della camera, gesto che osserva molto attentamente, e mi avvicino col carrello.

Tutte le frasi intelligenti che mi ero preparata sono improvvisamente sparite dalla mia testa, poiché mi accorgo solo ora che mi sta guardando in un modo stupito e piuttosto imbarazzato.

“Oh, ehm, ciao, credevo fossi Blaine...”

Ah, si spiega tutto. Si era messa in asciugamano per Blaine, non è così? Kitty l’altro giorno mi raccontava di alcune voci che girano su loro due.

Sento qualcosa allo stomaco.

È il nervosismo.


“Oh, scusa, ci avevano raccomandato di non avvisarti ma... ci hanno scambiati, lui ora sta da Kurt” Lei mi guarda perplessa, poi un lampo malizioso le illumina gli occhi e sembra che stia per dire qualcosa di estremamente interessante, ma si limita a un “Ah, sono felice per lui. Kurt è proprio un... buon ragazzo.”

No, a dir la verità non ho capito cosa intende con questa frase. Che sia stata anche con Kurt?
Non posso chiederlo, non sono affari miei e lei non me lo può dire, o sarebbe finita.

Però un briciolo di curiosità rimane. Lei sorride, alza le spalle e si dirige verso il guardaroba alla ricerca di qualcosa da indossare.

Io capisco che forse è arrivato il momento di andarmene, sono stata già abbastanza invadente, così le lascio il vassoio sul tavolo e mi dirigo verso la porta.

“Allora a tra qualche ora, Britt.” Mi dice sorridendo e... è un occhiolino quello? E a cosa si riferisce? Ah, giusto, al pranzo.


Mi ha chiamata Britt.

Dopo le devo portare il pranzo.

Mi ha chiamata Britt facendomi l’occhiolino.

Il pranzo.

L’occhiolino
.

“Certo” non so quanto sia alto il mio tono di voce, né se mi ha sentito, ma voglio solo uscire dalla camera il prima possibile, con ancora lo stomaco che si lamenta per non so che cosa.

È davvero questa l’ agitazione? A me sembra una cosa diversa da quello che mi hanno detto a riguardo.


* * *


Entro.

È la prima volta che devo pulire la camera accanto alla biblioteca, fino a ieri ci pensava Mercedes, ma visto che ‘lavoro’ da queste parti, hanno pensato di lasciare il compito a me.
E poi non la usa quasi nessuno, quindi una spolverata a settimana può bastare.

È una sala strana, c’è un pianoforte al centro, una piccola libreria e una scrivania ricoperta di carte ed altri oggetti di cui non conosco l’uso.

La cosa che mi ha colpito di più, oltra al pianoforte, è un mappamondo abbandonato per terra, in un angolo. È la prima volta che ne vedo uno.
Uno di quelli vecchi, intendo.

Ho sentito raccontare tante vole che un tempo esistevano altre terre, con altre lingue e culture. Non mi sono mai soffermato più di tanto a pensarci, anche perché non so proprio come potrebbe essere il mondo coperto da altre terre e non acqua. Ora, però, ho davanti un piccolo modellino di com’era la Terra prima della terza guerra mondiale. Riesco a riconoscere quella che io chiamo semplicemente nazione, ma dove qui c’è scritto si chiama America del Nord.
Sotto non c’è il mare, come rappresentato nel libro di nuova geografia, ma un’altra regione dell’America, specificata come ‘del sud’.
La curiosità mi sta divorando, così giro il mappamondo con delicatezza. Sembra che si distrugga al solo tocco, il che è molto plausibile, dato che ha più di cent’anni.
Accanto alla nazione America c’è un’altra distesa di mare solo che viene interrotta da un’altra terra e... oh.
È enorme.
Sono tipo tre blocchi di terra uniti, con in mezzo altri oceani. Leggo l’Europa, l’Asia e l’Africa. Per quel poco che so di storia, è stata l’Asia la prima ad aver iniziato i bombardamenti, distruggendo l’America del sud, ed è stata ripagata da quella del nord. Poi le cose sono degenerate con il coinvolgimento degli altri paesi.

Oggi non rimane niente di tutto ciò, solo qualche libro illustrato e vecchi siti internet. Ed io personalmente non so niente di questi posti, né riesco ad immaginarmi lingue diverse dalla mia. Come si fa a parlare in modi diversi?

Lascio il mappamondo e mi avvicino alla libreria.
Libri di geografia, libri di vecchia geografia, per tutto il primo scaffale.
Nel secondo, però, l’argomento è un’altro.

Musica.

Ne prendo uno e vedo fogli pieni di righe e pallini, con qualche parola inserita a inizio o fine pagina.
Credo siano spartiti, il signor Schuester mi ha detto che suo nonno gli aveva insegnato la chitarra e lui usava un tipo di fogli la cui descrizione è simile a quello che mi ritrovo davanti. Ripongo con attenzione il libro al suo posto, e mi dirigo verso il pianoforte. Questo l’ho già visto. Non  so dove, non so quando, ma l’ho già visto.
Sono spesso soggetto a questo tipo di deja vu, la maggior parte delle volte sono legati a mia madre.

Mi siedo sullo sgabello, che scricchiola un po’, e mi ritrovo davanti a una tastiera con tasti bianchi e neri.
Ne premo uno con il pollice destro.

Do.

So che è un do. Non so cosa significhi, ma so che quel suono è collegato a questa parola.
La mia mano si sposta, ma non mi sembra di averle dato questo comando.
Gli studi sull’inconscio sono arrivati a dire che anche questo può succedere. La mano sinistra si unisce a quella destra, e improvvisamente mi ritrovo a suonare.
Io, che suono, senza neanche sapere cosa sia questa melodia.

Le mie mani stanno prendendo velocità, intensificando il tocco, quando mi interrompo.
Qualcuno ha aperto la porta.

Ma certo, è Kurt, come potevo pensare che non mi sentisse?
Non che io mi sia davvero posto il problema, ma comunque non mi è concesso usare gli oggetti del Governatore o la sua famiglia.

Kurt ha l’aria di qualcuno che sta per dire qualcosa, più precisamente qualcuno che sta per arrabbiarsi. Ma non fa niente.

Si  morde le labbra, si gira e se ne va, richiudendo la porta dietro di se.

Non senza avermi prima lasciato un’occhiata davvero troppo profonda.

E strana. L’espressione più strana, ma allo stesso tempo bella, che io abbia mai visto negli occhi di una persona.

Riesco a collegarla a una sola parola, e credo sia sempre colpa dell’inconscio.

Sogno.



* * *


Noah entra in camera. Mi sembra giusto, mi aveva lasciato troppo in pace negli ultimi tempi.
In fondo è la sua seconda notte da uomo nuovamente sposato, e non c’è miglior modo di passarla con suo fratello.
Mezzo fratello, per la precisione.

So che è lui anche se non mi giro nel letto, d’altronde chi potrebbe essere a quest’ora?

Si infila sotto le mie lenzuola, senza neanche preoccuparsi di dire una parola. È questo il nostro accordo. Lui fa in modo che io venga rispettato, e io faccio quello che vuole lui.
Un giorno ha voluto provare cosa significasse stare con un ragazzo, e da quel giorno succede una o due notti a settimana. Spesso dopo che ha bevuto abbastanza per venire con me, o le notti in cui per problemi vari le mogli non sono ‘disponibili’.

Lui non è gay.
Non lo è perché l’unico piacere che prova, è quello di essere dentro di me, che può essere considerato simile a quello che succede con una ragazza.

Io non sono così.
Io non riuscirei mai a stare con una ragazza, neanche se è bella come Santana o Brittany.

Io semplicemente non provo emozioni per le altre persone, e non mi traumatizzo all’idea di stare con un altro uomo. Prima di pormi il problema della mia sessualità, mi sono imposto di non amare nessuno.
E a cosa serve l’orientamento sessuale se non ho intenzione di trovare una persona?
E a cosa serve trovare una persona se tra un po’ di tempo non starò più su questo mondo?

Per questo ho acconsentito.

Per questo non dico niente mentre le mani di Noah vagano su di me.
Quando, però, mi lascia un leggero morso sul collo, dentro di me arriva un flash.

Sembra un deja vu, ma so che non è un ricordo.

È più simile a una parola.

È una parola, un aggettivo.

Adolescienziale.   





L’angolo di Pervinca:

Ciao, eccomi con questo capitolo.

Oggi ho delle note un po’ meno random dell’altra volta.

Prima di tutto ho cambiato il titolo, è sempre una klaine ma avranno tanto spazio anche gli altri personaggi, quindi non mi sembrava giusto specificare.

Poi la Brittana mi sta prendendo più di quello che immaginavo, forse è colpa del fatto che Ryan sembra essersi dimenticato di quella coppia.

Non odiate Puck, perché Kurt è d’accordo.

I flash come quelli della klaine non saranno presenti proprio in tutti i capitoli, ma avranno una loro logica a fine storia.


Ora scrivo delle note più per noi (?)

Io mi sto impegnando ad aggiornare ogni settimana, e vi volevo chiedere se ne valesse la pena. Mi farebbe piacere qualche recensione in più, tutto qui.

Ma è uguale, non vi preoccupate.  

Ringrazio chi ha già recensito e inserito nelle seguite, mi fa davvero piacere.

Al prossimo mercoledì.
Ps: (lo so, non finisco più) fin'ora nei fine settimana ho pubblicato OS Klaine, ma sto elaborando una Crisscolfer. Sareste ugualmente interessati?

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Capitolo 5 - Occhi ***


Capitolo 5
Occhi


Poteva andare peggio, decisamente. Avevo già immaginato me, chiusa in questo posto senza via d’uscita, a svolgere il mio lavoro di sempre con un unico uomo che avrei chiamato ‘marito’.
Invece non è andata così.
Ovviamente Noah mi fa visita abbastanza spesso, come se le altre due non  esistessero, ma dovevo aspettarmelo in quanto seconda. Quello che non mi aspettavo è che posso stare quasi bene.  Quasi perché è comunque una gabbia d’oro, bene perché riesco a parlare con persone a cui non interessa quanto costo a notte. È una sensazione nuova, ma piacevole.
Sono riuscita a parlare qualche altra volta con Blaine, lo incontro ogni tanto nei corridoi. Parliamo un po’ finché qualche altro dipendente inizia a fissarcie la sua mente elabora pettegolezzi svantaggiosi sia per me che per Blaine. Mi spiace che non potremo essere amici come prima, quel ragazzo è una persona davvero interessante.

Incredibile ma vero, ho avuto rapporti sociali anche con la bionda. Mi ha parlato di quanto si annoia in questo posto e di come trovi poco stimolante ogni cosa che le viene proposta in quanto prima moglie.
Quando, però, le ho chiesto cosa faceva prima di venire qui, lei si è ammutolita e se ne è andata dalla sala caffè dove ci trovavamo con una scusa idiota che neanche ricordo. Quella ragazza è strana, certo, ma non quanto la mora. Parla come se fosse una macchinetta, tira fuori argomenti a raffica e no, mai più un pomeriggio con lei.
E poi c’è... be’, poi c’è Brittany. Non so cosa mi lega a lei, forse la sua presenza quotidiana in queste due settimane, forse i piccoli discorsi che abbiamo fatto tra un pranzo e una cena.
Non è un segreto il fatto che sia la più simpatica delle persone che ho conosciuto qui, ma forse è qualcosa in più di questo.
Forse è la sua risata sincera, le sue battute ingenue e il suo carattere genuino a renderla tanto speciale. È questo quello che si prova ad avere un’amica?
Non ho mai fatto amicizia con una ragazza, quelle che lavoravano insieme a me erano in continua competizione per chi guadagnava di più. Per questo motivo, appena arrivata, ho evitato di avere contatti
con il genere femminile. È stata più una reazione istintiva, dovuta al fatto che non sapevo come comportarmi con una ragazza, e quella Tina con gli occhi a mandorla non mi ispirava simpatia. Nonostante le varie generazioni passate dalla terza guerra mondiale ci sono ancora persone con etnie diverse?
Comunque, io ancora non so come comportarmi con le ragazze, e il rapporto con le mie colleghe ne è la prova. Una mi ignora la maggior parte delle volte, l’altra parla solo perché ha trovato qualcuno che l’ascolta.

Ho ancora paura, a dir la verità. Quando sto da sola con una ragazza mi sento vulnerabile, come se parte della mia sicurezza svanisse. E quando questa ragazza è Brittany, be’, tutta la mia sicurezza svanisce, ed è un dato di fatto. Non credo che riuscirò a coprire questo fenomeno ancora a lungo, specie ora che lei è entrata in camera. Come fa a sorridere sempre in quel modo, come se niente la turbasse? Vedo una tazza più fumante del solito con dentro qualcosa che sembra molto più denso del solito tè. Da sdraiata, mi metto seduta sul letto e le faccio cenno di avvicinarsi.  
Le fa qualche passo verso di me, poggia il vassoio al bordo del letto e si siede accanto a me.
Un secondo, cosa?
È seduta vicino a me, ci saranno circa dieci centimetri di distanza tra i nostri corpi. Sono questi i momenti in cui perdo il senso della ragione, sono questi i momenti in cui odio le ragazze: quando si avvicinano.
Però lei è Brittany, che continua a sorridere, come potrei odiarla?
È anche vero, però, che non so cosa fare. Cosa sta aspettando?
Mi giro verso il vassoio e noto che la tazza ancora fumante è rimpita di qualcosa che ha un profumo dolce è confortevole.
“Che cos’è?” Lei mi guarda con gli occhi spalancati. O forse sono a me che sembrano più grandi del solito, vista la vicinanza. Da vicino sembrano ancora più azzurri e..
Uhm.
Quand’è che ho iniziato a perdere il filo dei miei pensieri?
Questo è l’effetto che le ragazze hanno su di me, questo è l’effetto che Brittany ha su di me. Credo che non lo posso evitare, se chiedo di cambiare assistente un’altra volta mi cacciano via.
Sarebbe una bella cosa, ma poi non saprei dove andare.
Oh, Brittany sta parlando. Anche la sua voce cambia a seconda della vicinanza?
“Oh, ma è una cioccolata calda, non la riconosci?”
Ah, ecco spiegato il profumo e l’aspetto delizioso. È un dolce, un dolce che non mi era permesso mangiare per evitare che rovinassi la mia linea.
“No, veramente no...”
Lei si porta una mano alla bocca, come se fosse la cosa più sconvolgente che avesse mai sentito.
“Come no?! Dove lavoravo io la chiedevano tutti, specie in questo periodo dell’anno. Be’, solo in questo periodo dell’anno. Comunque mi spiace che la prima cioccolata che berrai sarà la mia, te l’ho portata oggi perché ho imparato a farla decentemente solo ieri, ma se vuoi posso fartela preparare dalla signora Rose, che me l’ha insegnata, e...”
Ho mai sentito così tante delle sue parole in una volta? Non credo. Devo farla smettere, potrebbe agitarsi e non mi piacerebbe vederla agitata.
Da quant’è che mi interessa se è agitata o  no?
“Ehi, non ti preoccupare, sono sicura che è buona” Le dico sorridendo, ma lei non sembra sicura, così ne prendo un primo sorso.
Un sapore dolce, forte e buono invade il mio palato, come se fosse la cosa migliore che io abbia mai bevuto.
Forse lo è, o forse è la vicinanza di Brittany e la sua agitazione che me lo fanno pensare.    
“È buonissima, sei molto brava Britt, dovresti portarmela più spesso” Occhiolino.

No, un secondo. Le ho fatto un complimento, l’ho chiamata Britt e le ho fatto l’occhiolino.
Ma che razza di persona è questa ragazza?
Una strega?
E, sul serio, Britt? Ma da dove mi è uscito?

Poggio la tazza sul comodino e le faccio segno di portare via il resto, non ho intenzione di mangiare il cornetto che mi ha portato.
Sarebbero troppi dolci.
Vado in bagno e mi ci chiudo finché non sento che esce dalla camera. È successo a causa della vicinanza, della sua vicinanza.

Però la cioccolata è davvero  buona.


* * *


Sono passate due settimane da quando lavoro per Kurt e, a parte il primo giorno, non mi ricordo che mi abbia mai rivolto la parola. Eppure ci vediamo tre volte al giorno, lo saluto e gli chiedo come sta. Mi avevano detto tutti che è un tipo un po’ distaccato, ma non credevo fino a questo punto. E poi Brittany mi ha detto che spesso si fermava a parlare con lui, quindi forse la dovrei prendere sul personale.
Ma non mi va di perdere tempo dietro a una persona così maleducata, quindi mi limiterò a svolgere il mio lavoro. Un’altra cosa che succede da due settimane è il fatto che io suono il pianoforte senza sapere come.  Mi siedo sullo sgabello e le mani corrono sui tasti come se non aspettassero altro.

Non posso neanche evitare questo ‘fenomeno’, dato che devo pulire quella sala tutti i giorni. Arrivo lì, spolvero, spazzo, faccio tutto quello che devo fare e poi mi siedo davanti allo strumento musicale.
È anche inquietante, sotto un certo punto di vista, dato che non dispongo delle mie azioni. Ma è anche rilassante, perché mi sento bene quando succede. I primi giorni suonavo sempre la stessa melodia, ultimamente cambio un po’. Kurt, dopo il terzo giorno, ha smesso di entrare e bloccarmi con lo sguardo.
Forse si è rassegato ad ascoltarmi. perché riesce a farlo, riesce a ghiacciarmi con uno sguardo. Non so per quale motivo, ma quando incontro i suoi occhi è come se diventassi vulnerabile a qualsiasi cosa lui deida. Senza che muova qualche altro muscolo del corpo, riesco a capire quando vuole che lasci il carrello vicino a lui o all’entrata della biblioteca. Riesco a capire quando non vuole neanche sentire il mio saluto o quando vgli fa piacere sentire la mia voce, nonostante non credo lo ammetterebbe mai. Basta un suo sguardo per capirlo, ed è un’altra delle cose che mi spaventano da due settimane a questa parte.  L’ultima, ma non per importanza, è che ogni tanto ho dei flash in cui lo vedo in altri contsti. Lo vedo vicino a me all’aria aperta.
Potrei davvero impazzire se queste cose continuano. Le mie mani, intanto, stanno spingendo tasti bianchi e neri del pianoforte a coda. Questa è una melodia che non ho mai sentito, ma la conosco.
Devo conoscerla, o come farei a suonarla?
La porta si apre.
È Kurt.
Il suo sguardo è meno freddo oggi, o sono io che sto impazzendo completamente?
Probabilmente entrambi.
Entra nella sala e si ferma a pochi passi da dove sono seduto.
“Mi darai lezioni di piano.”
Mi era mancata la sua voce. Non è un timbro molto comune, e nonostante tutto è piacevole ascoltarla.

Anche se questo è un ordine, e devo eseguirlo. Il Governatore ha detto che mancare di rispetto a Kurt è come mancarlo a lui stesso.


C’è un problema.
Teoricamente, non so suonare il pianoforte.

* * *


La mia routine è meno interessante di quella che avevo prima. Mi sveglio, scambio due parole con Mercedes mentre faccio colazione, giro per la casa in cerca di qualcosa da fare, torno in camera per il pranzo e il pomeriggio vengo assalita dalla noia.
Adesso sono scesa in sala caffè per prendere un tè, non mi va di scomodare Mercedes. Dopo aver preso l’acqua calda alla macchinetta e scelto un’aroma dle tè, mi siedo a uno dei due tavolini. L’altro   
giorno c’era anche Santana, ma oggi questa parte della casa sembra deserta, non ho incontrato neanche un dipendente.

Mi prende quasi un colpo quando la porta si apre, ed entra un ragazzo Sempre lui, quello che mi ha scelta. Mercedes mi ha detto che si chiama Finn ed è il secondo, fratello di Noah. Mio cognato, in pratica.
Sembra sorpreso di vedermi qui, e cammina incerto verso la macchinetta del caffè. Visto da vicino sembra molto più alto, o forse è il fatto che io sono seduta e lui è in piedi.
Dopo aver messo circa dieci bustine di zucchero nel caffè, si gira verso i due tavoli della camera. Li guarda un po’ incerto e imbarazzato, e lo capisco.
Se si sedesse all’altro sarebbe un po’ maleducato, ma se si sedesse di fronte a me sarebbe molto imbarazzante.

Con calma mette un piede dopo l’altro e sposta la sedia di fronte alla mia, con un sorriso di cortesia.
Non l’avevo mai visto sorridere, sembra sempre pensieroso e preoccupato per qualcosa.
Gli sorrido anch’io, non vorrei passare per maleducata. Alzo lo sguardo verso i suoi occhi, che si trovano circa venti centimetri sopra i miei, e … oh.
Ci stiamo fissando negli occhi.
Che occhi che ha.



L’angolo di pervinca


Bonjour/soir, eccomi qui, questo pomeriggio ho messo da parte la mia demenzialità per le drabble e mi sono dedicata al capitolo. So che è noioso, so che le cose sono lente, ma è un momento di passaggio finché le cose non si scaldano. Sbaglio,  o Kurt prenderà lezioni di piano da Blaine?

Le Brittana sono molto fluff mentre i Klaine neanche si parlano. Be’, sì, dai, in questa storia le cose stanno così.

Per ora.

Per quanto riguarda i Finchel, la loro storia è quella più simile al libro originale (che mi pare aver capito che nessuno l’ha letto, quindi non ho spoilerato niente).

Dovete sapere che sono andata in fissa con love song.

Okay, io qui ho finito e aspetto dei vostri pareri, sempre se vi va.

Se non vi va fa niente, non vi libererete lo stesso di me.
Obviamente ringrazio chi ha letto, recensito e/o inserito nelle seguite. Davvero, mi fate tanto felice

Ho finito.
Bye.     

 

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Capitolo 6 - Quando fuori nevica ***





Capitolo 6

Quando fuori nevica.



Non credevo che si potesse arrivare a cambiare così tanto. Non credevo che sarebbe arrivato il giorno in cui nella mia routine quotidiana ai tragitti camera-biblioteca e biblioteca-camera si sarebbe aggiunta la pausa nella sala del pianoforte.

Non credevo che avrei rivolto di mia spontanea volontà la parola a qualcuno. Eppure certe cose accadono, accadono e basta.
Accade che ti svegli e pensi a cosa è successo negli ultimi tempi. Ti sembra che sia passato un giorno, ma la neve che ricopre tutto il panorama visibile dalle finestre ti fa segno che no, non sono passate ventiquattr’ore, bensì ventiquattro giorni.


Il senso di novità, la curiosità di affrontare un giorno nuovo, il ricordo di cosa è successo durante la giornata al termine di essa. Forse è questo che intendono tutti quelli che pensano che io debba godermi la vita.
Forse sono queste cose che dicono mi facciano vivere. Forse è questo che mi manca dalla morte di mia madre.
Dall’età di cinque anni ho smesso di credere nei valori della vita, ho smesso di giocare e ho iniziato a leggere.

I libri sono sempre stati il mio unico modo per evadere, per non pensare al mondo moderno ma a quello antico. Mi hanno fatto vivere mille e altre vite, mi hanno fatto scoprire le emozioni.
Sono stato felice dove il protagonista era felice, sono stato disperato dove il fratello della protagonista moriva, sono stato in ansia dove un coltello era appoggiato alla gola di un ragazzo che si ostinava a non voler fare la spia. Ho imparato che la vendetta non aiuta, che il rimorso ti logora per tutta la vita e che agire d’istinto non porta sempre a un lieto fine.

L’unica cosa che non ho capito in tutte le storie che ho letto, e ne ho lette abbastanza, è come il protagonista, cavaliere, uomo di mondo, ragazzo pronto a lanciarsi nella propria carriera con prospettive di successo, possa essere bloccato da dei sentimenti per una ragazza.
Non che siano le ragazze il problema, per carità, ma ogni santissima volta arriva la timida ragazza incontrata per sbaglio che mette tutto in discussione. Che fa nascere dubbi, indecisioni, che fa cambiare progetti e che spesso blocca le ali.
Scrivevano di amore, coloro che avevano speranza di futuro. Scrivevano di colpi di fulmine, odio che si trasformava in amore, amicizie che si approfondivano o  tradimenti inevitabili che mettevano in rischio la vita di uno dei due amanti o entrambi.

Non metto in dubbio il fatto che siano storie coinvolgenti, ma semplicemente non riesco a comprenderle a fondo.

Valorizzano l’amore come un sentimento profondo, duraturo che infonde forza e coraggio. È questo l’unico lato che mi sfugge nei libri, questo è l’unico sentimento che non comprendo appieno.


Sto imparando nuove cose per esperienza personale, e non attraverso quella di qualcuno che poi pubblica le sue vicende su internet.
Credo sia tutto iniziato con le lezioni di pianoforte. Sono tre settimane che ogni giorno, dopo pranzo, io e Blaine passiamo un’ora nella sala del pianoforte.
Non c’è un orario preciso, lui sta lì a suonare finché non lo interrompo, poi iniziamo.

Le prime volte non sembrava molto sicuro di quello che diceva ed ero tentato dal fargli notare che non è così che si comporta un insegnante, ma a che scopo poi? Dopo tutto io l’ho trascinato in questa cosa e lui non ha potuto fare a meno di accettare, se criticassi anche il suo lavoro entrerebbe ancora di più nel panico. Abbiamo entrambi capito che non ho un grande talento nel suonare. Semplicemente non riesco a posizionare bene le dita, scivolano, spingo un fa e un sol contemporaneamente al posto di un la. Negli esercizi di tecnica non mantengo il ritmo e le due mani non sono ancora completamente indipendenti l’una dall’altra. Blaine, quasi più dispiaciuto di me, mi ripete più volte che è colpa sua, dei libri di tecnica scritti male e del fatto che non si ricorda chi gli ha insegnato a suonare.
Per quanto mi riguarda, saper premere in ordine quei tasti bianchi e neri non è una priorità, ma un passatempo.


È passata un’ora dal pranzo, abbastanza tempo per poter iniziare le prove. Chiudo il libro che non stavo leggendo mi alzo e lo poggio sulla scrivania. Lancio un’ultima occhiata fuori dalla finestra: neve. Sono tre giorni che nevica ininterrottamente, e siamo solo agli inizi di dicembre.


Esco e chiudo la porta della biblioteca, facendo attenzione a non produrre alcun rumore. Sento le note del pianoforte, oggi Blaine sta suonando la solita melodia, quella che ha suonato la prima volta che l’ho sentito. Dice che la suona grazie all’istinto, non ha mai letto lo spartito. Gli ho consigliato di cercarlo, onde evitare che un giorno se la dimentichi, ma ha detto che comunque non riuscirebbe a cancellarla.
Dice che quando la suona è come se si immergesse in un immenso flash-back.
A volte penso che quel ragazzo sia strano, ma chi sono io per poterlo dire?

Mi affaccio alla porta della stanza e, come al solito, lui è talmente immerso nella sua attività che non si accorge della mia presenza.
Forse dovrei sentirmi offeso per questo, ma ho dei vantaggi anch’io. Quando crede di esser solo, la passione e la bellezza che crea con la musica è qualcosa di indescrivibile.

L’espressione concentrata, i muscoli delle guancie un po’ tirati, gli occhi puntati sulla tastiera, la gamba destra che si alza e abbassa per controllare il pedale, le braccia che finiscono dietro lo strumento. Dalla porta non riesco a vederle, ma so per certo che le mani stanno scorrendo libere sui tasti come se fossero state create solo a quello scopo.

Con i pochi raggi solari della giornata che entrano dalla finestra e gli illuminano il lato sinistro del corpo, posso dire che sotto questo punto di vista Blaine è un’opera d’arte. Ho pensato spesso di fotografarlo, ma il flash avrebbe sicuramente rovinato tutto.

La mia contemplazione non è esagerata, il fatto che io sia sempre stato chiuso e fuori dal resto del mondo non significa che non so riconoscere qualcosa di bello quando lo vedo. E Blaine lo è, niente da fare a riguardo.

Oggi mi sembra di sentire qualcosa in più. Come se stesse suonando un altro strumento in alcuni punti.
Si ferma, e ricomincia facendo sentire il secondo strumento più forte. Credo che stia anche cantando, non lo so, raramente ho sentito qualcuno cantare. Noto che la bocca è leggermente più aperta del solito e il petto si alza e abbassa più del necessario.

Sì, penso stia cantando, anche se non sento le parole ma solo un suono melodico appena accennato.
“Ehi” Ogni volta interromperlo è una sofferenza, ma preferisco farlo io piuttosto che lui si accorga da solo di essere osservato. Non voglio che pensi che mi piace guardarlo.

“Oh, ciao Kurt! Ho finalmente cercato lo spartito come mi avevi consigliato tu, e ho trovato delle cose interessanti, vorresti sentire?”
In altri casi sarei stato infastidito dalla quantità di parole uscite dalla sua bocca in neanche 5 secondi, ma stiamo parlando di musica, giusto? Il mio unico modo per evadere che non comprende libri. Quindi sì, sono interessato a sentirlo.

“Certo, dimmi tutto.” Pare sorpreso di vedermi così, ma mi porge subito una copia dei fogli che stava seguendo prima e ritorna a sedersi su uno sgabello.

“Se ricordo bene è una canzone del primo decennio del duemila, cantata solitamente da una donna e.. bo, le parole mi hanno un po’ sorpreso.”
“Fammi sentire” Sinceramente poco mi interessa della sua storia, ora che ho scoperto che è una canzone. Voglio sentire le sue parole, voglio sentire cosa racconda.

Blaine si risistema sullo sgabello e raddrizza gli spartiti.
Accarezza i primi accordi, e mi sale un po’ d’ansia. È come seconoscere cosa racconta questa canzone sia di fondamentale importanza.

‘You think I’m pretty, without any make up on, you think i’m funny when I tell the punchline wrong

Oh, e quindi sarebbero queste le tanto attese parole?

Before you met me I was alright, but things were kind of heavy. You brought me to life, now every February you’ll be my Valentine, Valentine

Cosa significa esattamente essere il Valentino di qualcuno? Cambiare nome per tutto febbraio?

‘Let’s go all the way tonight....’

La stima per questa canzone sta calandando sempre di più.

‘... no regrets, just love. We can dance until we die, you and I will be young forever’

E certo che rimarremo per sempre giovani, moriremo giovani. Okay, posso capire che quando è stata scritta le cose non erano esattamente come oggi, ma una canzone con ‘Let’s go all the way tonight’ non mi sembra il massimo.

‘... the way you turn me on.

Ecco, appunto. Perché Blaine conosce questa canzone?

Eppure si sta impegnando mentre canta e suona contemporaneamente, e devo ammettere che è proprio bravo. Voglio dire, io non riesco a coordinare indice destro e indice sinistro, lui come fa a coordinare due strumenti diversi? Quel che ne risulta inizia a farmi uno strano effetto.
Sì, insomma, sono come incantato dal sentirlo cantare, non mi importa più neanche tanto quello che sta dicendo.
Quindi, questa è una bella voce? È questo quello che provano i protagonisti dei libri più romantici quando sentono la propria amata cantare? Certo, Blaine non è il mio amato ma... il senos dovrebbe essere lo stesso. Fa così strano provare qualcosa che provavano anche quelli di prima, che mi viene voglia di farlo ogni giorno.
Ho voglia di provare queste sensazioni ogni giorno, quindi o chiederò un favore alla voce di Blaine o vedrò se esiste qualche altro modo.

‘Let to put your hands on my, in my skin.tight jeans, be your teenage dream tonight.

Oh, non mi ero accorto che la canzone è volta al termine. Be’, è carina, ma che posso dire? Sono alquanto perplesso. Blaine mi guarda, in attesa di un parere. Non so che dire.

“Carin-”
“Be’, sì, non è nata come un pezzo per pianoforte, ma grazie lo stesso per aver apprezzato.” Mi sputa addosso, quasi come se fosse offeso.

Un secondo, è offeso?
Che abbia interpretato male il mio sopracciglio ancora alzato?
Che abbia pensato che non mi è piaciuto come ha cantato piuttosto del testo della canzone?
Oh, be’, problema suo. Io non ho detto niente.

“Comunque sia, è meglio ora che hai lo spartito, no?” E okay, forse un complimento potevo anche dirlo, ma che ci posso fare?
Non ho la più pallida di come esprimere il mio gradimento su qualcosa ad alta voce.

“Già. Bene vuoi, uhm, siediti e iniziamo a provare” Sento il suo tono solitamente pacato e gentile un po’ turbato, ma mi siedo lo stesso. Se crede di intimorirmi comportandosi in questo modo, si sbaglia di grosso.
Inizio con le scale di Do e Sol. Le faccio a un ritmo relativamente sostenuto, ma Blaine picchietta sul legno del pianoforte incitandomi ad andare più veloce.
Alla fine dice che non vede nessun miglioramento.

Oh, be’, scusa Mr. SoSuonareCanzoniSugliOrmoniAdolescienziali - da quant’è che sono così ironico?- se non sono nato col dono di saper spingere tasti a caso di uno strumento facendolo suonare.

“Be’, scusa se non sono nato con questo dono” Dire tutto il pensiero che avevo formato sarebbe stato troppo impegnativo.
Mi guarda con un’espressione stupita e posso vedergli passare tremila parole da un lato della mente all’altro, ma non dice niente. A dir la verità lui non mi parla poi molto, si limita a spiegarmi come fare gli esercizi. Come se neanche volesse passare del tempo con me.
Che poi probabilmente è così, non mi sono comportato benissimo con lui.

“Devi articolare meglio le dita”









* * *


 


“Usciamo?”
No, insomma, non che non mi piaccia l’idea di uscire con lei, ma sul serio? Uscire? Dopo giorni di neve?

Brittany mi è sempre apparsa come una ragazza un po’ ingenua, il tempo passato con lei non ha fatto altro che confermare la mia tesi. Sembra che stia vivendo tutto per la prima volta.
Ride, scherza, fa domande come se scoprisse il mondo passo per passo. Posso dire di aver trovato qualcuno che mi bilanci, la mia parte mancante. Essere adulti fin da bambini è qualcosa che ti lascia irrisolta all’interno, e forse lei è l’eterna bambina di cui ho bisogno.
Forse grazie a lei potrei riuscire finalmente a godermi gli ultimim momenti di questa vita di dubbia utilità. Non so, potrei iniziare a credere ai doni scesi dal cielo.

Ma, chiunque lei sia e qualunque sia il motivo che l’ha portata qui, io non le ho ancora risposto. E come potrei? Mi ha chiesto di uscire con tutto quel freddo di fuori.
“Britt, sul serio? Non arriviamo neanche a 0 gradi di fuori.”
“È questo il bello”.

Okay, ammetto di trovare le sue risposte intriganti, ma tutto ha un limite. Insomma, io sto in calzoncini e camicetta a maniche corte e lei pretende che io esca?
Hanno inventato il riscaldamento proprio affinché io potessi rilassarmi anche quando il cielo decide di attirare un po’ la nostra attenzione.
“Per uscire dovremmo coprirci”
“E allora copriamoci”

Non so cos’è che mi fa cadere nelle sue proposte ogni volta. Ieri abbiamo girato tutta la casa senza parlare solo per vedere se riuscivamo a non parlarci. Alla fine abbiamo perso, entrambe, contemporaneamente quando abbiamo girato il corridoio e prima di entrare nella mia camera abbiamo sospirato ‘finalmente’.

Sono arrivata a pensare che forse, o sicuramente, è la sua semplicità che mi influenza. Altrimenti ora non starei cercando un paio di pantaloni pesanti adatti al clima esterno.

“Tu intanto vai a cambiarti, ci vediamo tra un quarto d’ora” Le consiglio, e le sorrido per farle capire che non l’abbandonerò all’ingresso della casa. Lei mi sembra un po’ titubante a riguardo, come se a queste condizioni volesse cambiare idea.
“Ehi, qualcosa non va?” Le chiedo, lasciando perdere la quantità di pantaloni che ho nel guardaroba.

Lei si guarda un po’ le mani, indecisa se parlare o no.
“Be’, ecco vedi, veramente io dovrei... non avevo pensato che subito dopo la colazione devo svolgere gli altri compiti e... devo andare ora, ciao.”

Detto questo scappa letteralmente via da me.

“Ci vediamo a pranzo!” Le ricordo, ma sono sicura che non avremo grandi conversazioni. Peccato, mi stava piacendo l’idea di uscire nella neve.





* * *





Stupida Brittany, stupida.
Stavi davvero per far uscire Santana con te? Chi credi di essere? E per quale motivo ti sei cambiata con un paio di jeans più lunghi solo per portarle il pranzo? Quest’ala della casa è riscaldata come il resto.

Tu non puoi fermarti a chiacchierare con lei, le devi solo portare i pasti e aiutarla nel caso lei ti chieda qualche consiglio. Questo è il tuo unico compito, niente di più, come ti ha detto Kitty.
E al diavolo il consiglio di Mercedes di stringerci amicizia, che te ne fai dell’amicizia?

Stupida Brittany.

Devi smetterla di pensare a lei, quando avrai lasciato il vassoio nella sua camera lei magicamente scomparirà dai tuoi pensieri, intese?
Ti hanno ripetuto più volte che pensare a una persona in modo così ossessionato non è mai un buon segno, e non lo è neanche il fatto che perdi così spesso il filo della ragione quando sei in compagnia con lei.
Devi semplicemente smetterla, Brittany, o le cose si metteranno male per te.

Bussa alla porta, fa quello che devi fare e vattene.

“Oh Brittany, ti senti meglio ora?”
“S-sì, sì, sto bene grazie”

Più sicura, Britt.
Cioò, Brittany, non Britt.

“Che fai, non resti un po’? Non ho fame, lo sai, se vuoi possiamo dividere.”
“Ho già mangiato.”
Brava Britt..any, continua così.

“Mi puoi spiegare questo tuo cambiamento di umore? Un secondo prima eri tutta entusiasta della nostra uscita e un secondo dopo te ne sei andata. Ora neanche vuoi parlare con me. Ti ho fatto qualcosa? Io, davvero, mi spiace nel caso ti abbia ferita o chissà che altro, ma mi sto impegnando ad essere una buona persona con te. Davvero. quindi non vedo perché devo meritarmi questo trattamento senza spiegazione e...”

Oh dannazione, è vicina, troppo vicina.
Vattene Santana, allontanati prima che le tue labbra occupino la maggior parte del mio campo visivo.
Anche tu Brittany, girati e vattene. Ha ferito il tuo orgoglio, no? No, ma qualcosa deve pur aver fatto, giusto? Certo, ci sta provando con te nonostante è sposata.

Ma davvero ci sta provando con me?  Solitamente sono io che mi illudo. E questa volta è più pericoloso, perché lei è sposata. Con lui, per la precisione.

Diamine, è in piedi di fronte a me. Vedo una sua mano muoversi e... dove sta andando? Che sta facendo? Perché non la smette?
Perché sto ancora qui?

Sento il lieve tocco delle sue dita su una coscia, non si è mai avvicinata a me così tanto.

Non devo, non posso pensare a che effetto mi abbia fatto questo contatto.

Non ne ho le facoltà mentali per farlo.

“..e noto che hai messo i pantaloni invernali. Vuoi ancora uscire?”

Stupida Britt, non hai fatto in tempo ad evitare tutto questo. Ormai è tardi.
"Sì"
"Allora dai, usciamo"
Stupida Brittany.













L’angolo di Pervinca:

Cerco di sbrigarmi perché non vedo l’ora di pubblicare. Ho tante cose da dire, partiamo dai klaine. Abbiamo Teenage Dream che non è esattamente fluff come ci aspettavamo, ma loro hanno bisogno del loro tempo per crescere. Le Brittana invece sono già un passo avanti, forse il pensiero è ancora bloccato nell'inconscio, ma hanno capito che c’è chimica tra loro. Mi spiace per il lungo monologo di Kurt iniziale, ma ci voleva. Ultimamente non l’ho mai fatto parlare.  Scusate per il ritardo, spero di fare un doppio aggiornamento prima o poi per farmi perdonare e... ora non ho nient’altro da dire. Vi ricordo che non ho una beta, e rileggere è noioso, quindi perdonate i vari errori che mi scapperanno. Siete liberissimi di farmeli notare, così correggo.
Grazie per aver letto.

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Capitolo 7 - Brividi ***


 

Questo capitolo lo dedico a una persona speciale,

che dovrà sopportarmi per altro tempo.


A una persona che mi fa sorridere anche se scrive poche semplici parole,

o monologhi che lei reputa senza senso, ma che in realtà mi fanno tanto piacere.


La persona che renderà questa storia migliore.

Sì, Agnese, sto parlando di te.    

Capitolo 7

Brividi


C’è uno strano silenzio imbarazzante da quando siamo uscite, ma nessuna di noi vuole romperlo. L’unico suono che arriva alle nostre orecchie è quello prodotto dalle suole delle scarpe sulla neve. Non c’è un filo di vento e c’è persino un tiepido sole che rende la situazione più piacevole. Era un mese che non uscivo, forse perché non ne sentivo la necessità, ma ora sento che riesco davvero a respirare. Capisco perché Rachel si lamenta sempre riguardo quanto le manca stare all’aria aperta e mi chiedo perché non sia mai uscita. Non ci è vietato girare per i giardini, questo posto è talmente immenso che se provassimo a scappare ci perderemmo.
Mi devo ricordare di ringraziare Brittany per quest’idea, penso che già questo quarto d’ora di aria fresca mi abbia fatta sentire meglio.

Lei pare della stessa opinione, sulle labbra ha un timido sorriso e ormai ho imparato che fa così quando si sente bene. È bello poterla vedere così, è una persona che trasmette tranquillità e serenità. Possibile che nessun altro se ne sia accorto? È una bella ragazza, una delle migliori che abbia mai visto. E con il mio lavoro precedente ne ho viste tante.

Ci fermiamo in un piccolo tratto di prato coperto dalla neve. Lei sta ancora sorridendo, ma questa volta in un modo più aperto e verso me.

“Non è bellissimo?” Mi chiede.
Io mi guardo attorno. La casa ormai è lontana, e siamo circondate solo da piante e neve. I pochi raggi di sole illuminano le foglie di qualche cespuglio. È bello perché è semplice. Non mi sorprende che sia stata Brittany a portarmi qui.
Mi giro verso lei e ricambio il sorriso, lei sembra felice di questo.
“Sì, è bellissimo” Lei torna a guardare il cielo sorridendo. Con questa luce i suoi occhi sembrano ancora più azzurri, le gote rosse per il freddo la rendono solo più incantevole.
Mi avvicino a lei e la guardo negli occhi. Cos’è quest’euforia che sta nascendo in me?  
Lei sembra terrorizzata ma al tempo stesso contenta della mia vicinanza. Che situazione strana, non sappiamo entrambe che stiamo facendo. Una mia mano le accarezza il braccio, e giuro che non sono io che la sto muovendo. È come se il corpo agisse da solo. Anche quest’altro passo che ho fatto verso lei, non è intenzionale. È come se stessi agendo d’istinto per necessità di qualcosa.

Necessità di cosa?

Ah, ecco cosa. Un bacio.
No, la sto baciando?
Andiamo, è assurdo. Sono completamente scossa da brividi.
Che significa? La sto baciando sul serio? Intendo... oh, che labbra dolci che ha.


* * *


“Stai attento con Kurt” Queste parole mi colpiscono come se fossi stato colto a rubare qualcosa. Perché Sam mi dice questo?
Tralasciando i pasti e parte dei pomeriggi, io e Kurt non abbiamo niente a che vedere l’uno con l’altro.   
Perché questo consiglio? E perché mi sto agitando?
“Che intendi?” Be’, sicuramente il modo migliore per trovare una risposta è fare una domanda.
“Ho notato come ti brillano gli occhi quando parli di lui, anche se è per lamentarti. Sei un ragazzo molto emotivo, e il suo carattere ha un certo fascino. Non vorrei che poi ci rimanessi male.”
“Ti sbagli Sam, non mi interessa niente di lui. E le mie lamentele sono vere, non è possibile che una persona sia così maleducata e chiusa. Non penso nemmeno che abbia un carattere”
Quindi è di questo che stiamo parlando, di quando mi interessi Kurt. A dir la verità non mi ci sono mai soffermato più di tanto. Intendo, nel nostro primo incontro sono rimasto abbagliato dai suoi occhi e dalla sua bellezza, ma dopo averlo conosciuto ogni idea che mi ero fatto di lui è scomparsa. Mi chiedo cosa lo abbia reso così cinico nei confronti dell’umanità. È come se si sentisse superiore a ogni singolo essere vivente, non ho mai incontrato qualcuno più presuntuoso di lui.

La parte peggiore è che so che c’è qualcosa nascosto sotto questa maschera impassibile. Lo so, lo vedo quando facciamo pianoforte. La soddisfazione che brilla nei suoi occhi quando gli riesce un esercizio lo rende un’altra persona. Anche se per qualche secondo, vedere l’espressività del suo viso è molto gratificante. Ed è la prova che anche lui ha dei sentimenti che farebbe meglio a provare, finché è in tempo.

Non posso dire di odiarlo, neanche quando mi chiude la porta in faccia, ormai ho imparato ad accettare il suo non-carattere. È solo che mi trasmette estrema tristezza sapere che ha rinunciato volontariamente ad una vita fantastica, quella che avrebbe potuto vivere con la sua posizione sociale.

“Descrivimelo”
“Lo faccio tutte le sere”
“No, intendo, fisicamente.”

Oh, questa è una bella sfida. Dove le trovo le parole adatte per il suo aspetto fisico?
Come posso spiegare a Sam la sfumatura grigio azzurra che ha negli occhi? Con quali aggettivi posso fargli immaginare i tratti dolci, ma allo stesso tempo decisi, del suo volto? A cosa dovrei paragonare la sua pelle per dire quanto sia bianca e candita? Esistono parole per le sue labbra? No, decisamente no. Kurt non si può descrivere, la bellezza di Kurt è talmente rara che bisogna vederla per capirla solo in parte. Talmente rara che ti fa venire i brividi.

E il fatto che io abbia ammesso che Kurt è un bel ragazzo non significa assolutamente niente.

“Oh, ecco vedi...”
“Ehi Britt, finalmente sei tornata!”

Ovviamente, figuriamoci. Gli unici momenti che passo con Sam sono sempre interrotti da lei. Cosa del tutto normale, dato che dormiamo tutti e tre nella stessa camera, peccato che lei non è esattamente il tipo di persona a cui racconto i fatti miei. È dolcissima e le voglio bene, per carità, ma la sua ingenuità spesso può avere lati negativi.
Sono già girate abbastanza voci riguardo me e Santana, non vorrei che venissero interpretate male le mie parole riguardo Kurt.

Lei si è buttata prona sul letto, con le braccia aperte, chiudendo gli occhi. Non si è neanche tolta gli stivali sporchi di terra, e indossa vestiti invernali nonostante qui i riscaldamenti sono al massimo.

È uscita? Perché?
Non ha risposto ai nostri saluti e Sam si è seduto  sul bordo del letto accanto a lei, accarezzandole la schiena. Mi chiedo quale sarà la sua reazione quando capirà che ci sta provando con lei.

“Oi, tutto bene?” le chiede, con un tono di voce preoccupato, come se stesse crollando il mondo.
“Sì, sto bene”

* * *


No, non sto bene. Non sto bene dal momento in cui Santana mi ha baciata e io sono scappata. Lasciandola lì, in mezzo alla neve. Oddio, spero che sia rientrata a casa, e se fosse ancora fuori?

No, giusto. Lei non mi interessa. Il mio compito è quello di assisterla in caso di necessità, non quello di essere in intimità con lei.
Che poi quel bacio era un semplice schiocco di labbra, ma ci sarà stato un motivo se si è avvicinata a me, no? Okay, forse no. Forse non significava proprio niente, sono io che mi sto facendo mille paranoie. Magari da dove viene lei è un modo di dimostrare l’affetto, chissà?
Fatto sta che da oggi in poi non mi devo interessare a lei. Le devo solo portare i pasti. Aprire la porta, far entrare il carrello, lasciarlo dove vuole lei, uscire e andare via. Non sono neanche tenuta a salutarla, ma non vorrei passare per maleducata.

Santo cielo, domani con che coraggio rientro in camera? Magari lei penserà che sono stupida, che mi spavento con niente. Sì, chissà, forse si divertiva così con le sue vecchie amiche, quando avevano tempo libero. Certo, è sicuramente questo il motivo, altrimenti non mi avrebbe baciata.
Non devo avere paura di quello che è successo.

Forse devo avere paura del fatto che mi è piaciuto e che tremavo per i brividi che mi ha trasmesso.


* * *    

 
Oggi c’è qualcosa di strano nell’espressione di Blaine. Nei tratti concentrati c’è qualcosa in più, che non riesco a leggere. Tensione? Ansia?

Suona un brano che trasmette passione, ma anche rabbia e confusione. Lo trovo affascinante, lo ammetto.Trovo affascinante il modo in cui le sue labbra si incurvano quando è concentrato, o quando tenta, con dei sorrisi, di ottenere una mia risposta al suo saluto.
Non sto dicendo che mi piace, sto dicendo che è bello. Bello e affascinante in ogni singolo movimento che compie.

Il fatto che quando siamo vicini io sia attratto da lui è una questione puramente fisica, col passare degli anni ho imparato a separare la mente dal resto del corpo. Sono un essere umano anch’io, è normale che nel mio corpo girino un po’ di ormoni. L’importante è che io sappia freddarli quando la situazione potrebbe diventare imbarazzante, e so farlo.

Blaine si accorgerà mai che lo sto fissando da dieci minuti buoni? Non credo, è così impegnato a provare e riprovare un pezzo appena scoperto che non si accorgerebbe neanche di un’ipotetica fine del mondo. Non mi piacciono le persone che si estraniano dalla realtà, hanno troppi pensieri per i miei gusti.
Fingo un colpo di tosse, giusto per avvisarlo della mia presenza. Lui si blocca, poggia le mani sulle ginocchia e alza la testa verso me. Fa un sorriso, questa volta un po’ tirato.

“Buongiorno”
Mi avvicino e mi siedo sullo sgabello accanto al suo, sfogliando la cartella poggiata sopra.      
Lui raddrizza le spalle e toglie i suoi spartiti, aspettando che io posizioni i miei. La classica routine, solo che questo pomeriggio ogni sua mossa sembra costargli un enorme sforzo muscolare.


Dopo i soliti esercizi e melodie banali, lui mi chiede se voglio provare a fare un pezzo più serio.
“Magari te lo faccio sentire prima, poi mi dici se ti piace” insiste, non ricevendo alcuna risposta. Io sposto lo sgabello per fargli spazio e lui inizia a suonare.

Muove le mani con molta leggerezza, come se questa melodia orecchiabile e ripetitiva gli piaccia sul serio. A me personalmente non fa impazzire, anche perché non sono sicuro di essere già in grado di farla. Ma ho ancora un po’ di tempo per provarla, giusto? In fondo siamo ancora a dicembre, di mesi ce ne sono abbastanza.

Ora che il ritmo si è fatto più sostenuto, il suo sorriso si è trasformato nella sua solita espressione concentrata. Le labbra serrate, come se fossero una cosa unica, lo sguardo fisso sugli spartiti e le sopracciglia leggermente incurvate.

Finisce di suonare, si gira verso di me e forse si aspetta un parere. Ma che dovrei dirgli?
Forse se mi piace o no il brano, ma tanto non ha importanza. Ho già deciso che questo sarà il mio nuovo modo per ammazzare il tempo.
Scrollo le spalle e mi riavvicino.
Lui sospira, anzi, sbuffa. Perché sbuffa?

Tre secondi e ha già tolto gli spartiti, rimettendoli nella cartellina e poggiandola su uno scaffale della piccola libreria. Ma che fa?

Sembra arrabbiato.

“Che ti prende?” Dio, quanto odio fare domande da nulla, ma non posso accettare questa scena insensata.

“Ti interessa davvero cos’ho?”
“Be’, non lo so, chiudi via tutto e sono entrato cinque minuti fa. Quindi sì, mi interessa sapere che sta succedendo.”
“Sai che sta succedendo? Sta succedendo che te lo puoi suonare da solo, il pianoforte. Le mie ore libere non sono molte, e io le perdo pure a venire qui. Non è nei miei compiti essere il tuo burattino, quindi non vedo perché dovrei restare.”

Ah, ecco, si è offeso. È questo il problema, giusto?

“Non ti facevo così permaloso, sul serio”
“A no, e come mi facevi? Un povero stupido che non sa come spendere il suo tempo? No, perché in questo caso mi stai confondendo con te. Sai, non tutti noi comuni mortali abbiamo un lavoro e varie attività durante la giornata. Non la passiamo giudicando tutto e tutti e atterrando le persone con uno sguardo.”
“Di cosa stai parlando?”
“Di te! Di te, diamine. Di te che te ne stai tutto il giorno seduto sulla poltrona a leggere o guardare fuori dalla finestra. Di te che non mi rivolgi mai la parola, se non è strettamente necessario. Che ti costa? Un ‘buongiorno’, per pura e semplice gentilezza. Te l’hanno insegnata l’educazione, Kurt? Chi te l’ha insegnata?”

Okay,  è incazzato nero e forse ha anche ragione. Ma non ha il diritto di parlarmi in questo modo. È il mio assistente, mica Noah.

“Tua madre.” Voleva che parlassi? L’ho fatto. Ora sta a lui.

“Come, scusa?”
“Sì, tua madre è stata la mia tata. Finché era viva, almeno. Giocavamo insieme, ricordi? Io sì. E avevi una grande chiacchiera anche a quell’età”
Sembra leggermente stupito dalla notizia, ma gli sta bene. La prossima volta ci penserà due volte prima di mettere su una scenata isterica del genere.

Invece di prendere la via per la porta, però, si avvicina a me. Oh, sto in piedi, neanche mi ero accorto di essermi alzato.
Fa un altro passo verso me, fissandomi negli occhi. Pare che si stia preparando un discorso, uno di quelli a effetto. Sono proprio curioso di sentirlo.
“Sai cosa? Io non ti capisco e non ti capirò mai. Ma qualcosa l’ho intuita. Sei una persona triste, Kurt. Hai talmente paura della morte che hai deciso di non vivere. Ti reputi superiore a noi perché non provi assolutamente nulla, e credi che questo ti salverà dal dolore. Ti rifugi nelle storie degli altri perché non sai viverne una tua. E la cosa peggiore di tutto questo, è che sei umano come noi. Che provi emozioni come noi e le lasci scivolare via. Pensi di essere furbo?”

Si avvicina, di un altro passo, senza perdere il contatto visivo. Ha una luce diversa negli occhi, molto più profonda.

“Pensi davvero che non mi sia accorto di tutte le volte che mi fissi dalla porta?”
Sì è avvicinato, tra noi non c’è più spazio per un altro passo. Continua a guardarmi, come se volesse perforarmi con gli occhi.

“Ti dico un’ultima cosa, Kurt. Puoi anche far finta che tutto questo non ti riguardi, che quello che sto dicendo io sono tutte sciocchezze. Ma un giorno, anche l’ultimo, arriverà quel brivido che ti farà capire cosa ti sei perso nei tuoi venticinque anni. E proverai rimorso, e sarà quello che ti ucciderà.”

Le ultime parole le sussurra, come se anche lui abbia paura di quello che ha appena detto. Poi esce dalla camera, chiudendosi la porta alle spalle.

Ho come l’impressione che non cenerò stasera.
Ma il vero problema è un altro.
Ho appena sentito qualcosa lungo tutta la colonna vertebrale.

Un  brivido.





L’angolo di Pervinca:

Dunque, nella dedica sopra non l’ho specificato, ma explodeinthesky ha betato questo capitolo e, se non si stufa di me, beterà anche i prossimi. Quindi amatela, perché senza lei voi sareste costretti a leggere i miei bellissimi ed emozionanti errori.

Parlando della storia, vi piace il movimento nelle coppie?

Dal prossimo tornerò un po’ da Rachel e lascerò forse un po’ Santana.

E ora non so che altro dire, quindi vi saluto.
Grazie a tutti quelli che hanno letto.    

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Capitolo 8 - Arrossire ***


Capitolo 8

Arrossire


Devo trovarmi un hobby, un passatempo, un’attività che non mi faccia morire di noia.

E devo anche trovare qualcosa per non morire qui, sbattendo la testa sul tavolo.

Siamo nella sala da pranzo, a cenare tutti insieme. Da un lato del tavolo ci sono Kurt, Finn e Noah, dall’altro ci siamo io, la bionda e la mora.

Siamo al secondo piatto e non una parola è uscita dalle nostre bocche: in silenzio, sono dieci minuti che si presenta la stessa identica scena. La bionda e nostro marito si guardano con aria di sfida, ogni tanto lui le lancia uno sguardo che significa ‘Dopo ti farò andare in paradiso’ e lei risponde ‘Dubito che tu ne sia capace’. La mora e quella specie di essere umano che si sta ingozzando col cibo fanno la stessa identica cosa: fissano il piatto, prendono un boccone di dimensioni relative, lo mangiano, si guardano negli occhi, arrossiscono e tornano con lo sguardo sul piatto.

Io mi limito a guardare loro e scambiare un’espressione annoiata con Kurt, che ha la mia stessa faccia. È la prima cena che facciamo tutti insieme, forse perché è il 24 dicembre.

Credo che un tempo fosse una sottospecie di festività e chissà, forse Noah la vuole ricordare.


Fortunatamente la frutta arriva prima che io commetta un omicidio, così prendo un mandarino e mi alzo da tavola, seguita a ruota da Kurt.

Ci guardiamo senza parlare, usciamo dalla sala da pranzo e ci dirigiamo in due direzioni opposte.


Quando arrivo in camera chiudo la porta a chiave, mi rifugio in bagno e preparo la vasca.

È il terzo bagno caldo della giornata, ed è la cosa più interessante che io riesca a fare in questo posto.

Questo posto e questa noia mi stanno uccidendo, sento che non sono più la stessa persona aggressiva e indipendente di prima. È come se il chiuso mi stesse facendo appassire e non è così che immaginavo di vivere i miei ultimi giorni.

Devo trovare un modo per riprendere la mia grinta.



Qualcuno è entrato in camera, sicuramente Brittany avrà lasciato qualcosa qui. Andrei volentieri a salutarla per darle la buonanotte, ma sono troppo fiacca per uscire dall’acqua calda e rilassante.


“Santana, ti devo parlare”


Okay no, non è Brittany, è Noah che è entrato grazie alle sue chiavi. Che palle, mi devo anche alzare per aprire la porta del bagno.


Solitamente io e Noah, non mi va di chiamarlo marito, andiamo d’accordo. Abbiamo più o meno lo stesso modo di ragionare, quindi lui entra senza dire una parola e io lo soddisfo senza dire una parola. Niente litigi o lamentele, facciamo solo il nostro dovere.


Evidentemente oggi Quinn si è divertita come al solito: lo provoca, gli fa credere che ne ha voglia, e poi lo molla con un’erezione da sistemare. Come al solito, lui viene da me mezzo incazzato per farmi finire il lavoro.


Domani mi devo ricordare di decidere con la bionda i giorni in cui può permettersi di fare questi giochetti e quelli in cui ho bisogno di stare da sola.


Mi avvolgo nell’asciugamano più corto e mi sciolgo i capelli. Prima si eccita, prima finiamo.

Apro la porta e preparo il mio sorriso malizioso, ma in camera non siamo soli.

C’è anche Brittany, con le chiavi ancora in mano, che appena mi vede arrossisce violentemente e fissa il pavimento.

È adorabile quando si imbarazza.

Comunque, a quanto pare, Noah non ha nessun problemino da sistemare ed è qui solo per parlare.      

“A Capodanno verrai tu con me”

Dritto, preciso, sintetico.

No, cosa?


Di solito si porta Quinn in giro per eventi, quei due piacciono molto ai giornalisti.

La prossima settimana, invece, sarò io a uscire da qui. Cavolo, la bionda deve averlo proprio fatto incazzare. Almeno ha trovato il modo di divertirsi.

Buon per lei, io ho finalmente trovato il mio biglietto d’uscita da questo posto. Sarà una festa di capodanno, quindi ci saranno alcolici, quindi Noah sarà ubriaco in circa cinque minuti e non noterà la mia assenza. Troverò qualche maniaco che mi porterà fuori di lì, poi scapperò.

Piano tanto banale quanto efficace, non vedo l’ora di metterlo in atto. Sento già l’odore della libertà. Sorrido, giro la testa e trovo Brittany che ancora sta sulla porta, nonostante Noah sia già uscito.

Anche lei ci guadagnerà, è molto probabile che dopo la mia fuga la facciano diventare una nuova moglie.


* * *

La situazione è diventata molto più imbarazzante da quando Quinn e Noah si sono alzati da tavola.

Finn sta ancora mangiando il dolce e non mi va di lasciarlo solo, sarebbe una cosa triste. D’altra parte, io ho finito di mangiare e non so proprio come giustificare il fatto che sia ancora qui seduta.

Lui prende un sorso d’acqua e mi guarda. È tutta la sera che andiamo avanti così, senza dire o fare niente.

Ora che siamo soli, però, sembra più rilassato all’idea di parlarmi. Infatti inizia una conversazione.

“Allora, come sta andando?”

“Bene” rispondo, abbassando lo sguardo e guardandomi le mani. Forse dovrei ricambiare la domanda, ma... non è lui quello che ha cambiato vita dal giorno alla notte.

“Ti piace questo posto?” mi chiede, poco sicuro del senso di quella domanda. Io non so proprio come interpretarla, perché da un punto di vista estetico la casa è bella e da un punto di vista pratico la vita di ora è molto più comoda della precedente.

Solo che non mi piace sentire ogni giorno il senso di appartenere a qualcuno, specie se questo qualcuno non si fa mai vedere.      


“Abbastanza.” Forse potevo dare una risposta più gentile, chissà, magari è orgoglioso. Magari ha arredato lui il posto e tiene a un commento più costruttivo.

Perché mi faccio questi problemi?

“È un po’ uno schifo” Oh, be’, problema in meno.

Ma per quale motivo lui crede che sia uno schifo?

Nonostante le nostre conversazioni nella sala caffè non siano mai state molto profonde, mi interessa sapere la sua opinione. È una delle rare persone gentili con me.  

“Ah sì?” Faccio la disinvolta. Sto facendo la disinvolta?! Ma come mi escono certe idee?

Lui alza un angolo della bocca, è un sorriso tanto semplice quanto bello.

“Non ti preoccupare a parlare, è una prigione per te tanto quanto lo è per me.”

“Se tu volessi, avresti il diritto e la possibilità di uscire e andare via”

“Andare dove?” risponde rassegnato, mentre ingoia l’ultimo boccone del dessert.

Effettivamente non ho mai visto la situazione dal suo punto di vista. Chiuso qui, sotto gli ordini di suo fratello, con amici che vede due volte l’anno in eventi particolari e senza alcun diritto di sposarsi. Il massimo di relazione che può avere è quella di una notte, con una donna pagata.

Insomma, non che mi interessi la sua vita sentimentale, ma comunque non deve essere uno spasso.  

“Potresti uscire, viaggiare. Vedere le altre città. Hai soldi per farlo, non devi limitarti a vedere cartoline”

Lui scuote la testa e si alza, senza dire altro. Arriva alla porta e si gira verso di me, dicendo:

“Non invidiare chi è nella nostra posizione, non tutto è semplice come sembra. Buonanotte, Rachel”


Non so cosa sia: forse il modo in cui ha provato a dire una cosa saggia, o il modo con cui è uscito dalla stanza, o il tono di voce con cui ha detto il mio nome.

Fatto sta che non vedo l’ora di rincontrarlo domani, alla sala caffè.  

     

* * *


Forse un giorno Noah capirà che le mogli sono tre e non due. Capirà che questo sistema del cavolo è stato inventato proprio affinché quelli come lui non si stanchino mai e non spendano soldi in altre donne. Forse un giorno capirà che se Quinn non gliela dà e Santana non è in vena, c’è Rachel.

Insomma, con tutto il rispetto che possa provare per lei, non sono io la moglie. Sono il fratello, porca miseria.

Quando l’ho fatto notare, ieri notte, lui ha detto che Rachel non lo attira neanche un po’ e che l’ha scelta solo per le insistenze di Finn. Inoltre ha detto che neanch’io lo eccito più come una volta, ma sono il meno peggio. E così mi ritrovo nel suo letto, con la schiena indolenzita e i muscoli deboli. Vedo i raggi di sole che illuminano la stanza, non so che ore sono ma devo sbrigarmi. Blaine mi deve trovare in camera quando porta la colazione.

Scivolo via dalle lenzuola facendo il minor rumore possibile, Noah si lamenta sempre quando lo sveglio, e riprendo i miei boxer.

Apro la porta.

Di solito non gira nessuno in quest’ala della casa, specie a quest’ora, quindi posso tornare in camera senza problemi. Ma è normale che io giri in mutande, in segreto come un ladro e con l’ansia a casa mia?

La prossima volta devo ricordarmi che se iniziamo in una camera, poi ci rimaniamo. Non che lascio i vestiti da una parte e dormo dall’altra.    

Chiudo la porta e mi avvio verso la mia camera. Sono piuttosto vicine, devo solo girare un corridoio. Il pavimento è freddo e spero solo che i piedi nudi non facciano così tanto rumore.

Volto l’angolo del corridoio e... oh, merda.

Blaine è già qui, con la colazione, e in questo momento è girato verso di me.

Appena si accorge che sono io arrossisce. Oh, che dolci le sue gote lievemente rosse, non penso di aver mai visto nessuno essere in imbarazzo in un modo così innocuo.

No, un secondo.

C’è un motivo se ha abbassato lo sguardo e non mi guarda negli occhi.

Che gli prende?



Oh, già.

Sono mezzo nudo.


* * *


È pazzo, l’ho sempre detto io.

È totalmente pazzo, perché le persone sane di mente non vanno in giro di prima mattina con addosso solo l’intimo.

Dei miseri boxer neri che non lasciano molto all’immaginazione.

Da quando in qua la gente va in giro così? A torso nudo?     

Che mi sono perso? Lo posso denunciare?

Perché vederlo così, all’improvviso, non può essere ritenuto legale.


Okay Blaine, calmati, non lasciare che gli ormoni prendano il sopravvento. Condividi la camera con Sam che non perde occasione di togliersi la canottiera, eppure sei sempre riuscito a controllarti.

Vuoi lasciare che la vista di Kurt ti mandi fuori di testa?

No, Blaine, hai ancora una reputazione da mantenere.


Non importa se la sua pelle è così bianca da sembrare pura e irreale, non importa se le sue gambe sono le migliori che tu abbia mai visto.

Non importa se i capelli disordinati gli danno un look molto più sensuale e soprattutto non è per niente importante il contrasto di colore che si crea tra i suoi capezzoli scuri sul petto bianco.


Abbasso lo sguardo, prima che sia troppo tardi e che oltre che sulle mie guance, il calore vada da qualche altra parte. Ora che osservo l’interessantissimo pavimento grigio, posso schiarirmi le idee e passare alla mossa successiva.


Ma almeno si rende conto dell’effetto fa?


Dicevo, devo fare qualcosa prima che la situazione diventi  più imbarazzante del dovuto. Posso lasciare il carrello con la colazione qui e andarmene via a passo svelto, molto svelto.

Sì, mi sembra una buona idea.


Ma ovviamente il pazzo decide che tocca a lui muoversi. E certo, prima arriva qui, poi va verso la porta per aprirla. Quando tocca alla me?

E no, quello non è il suo sedere visto da dietro. Non può una curva essere così perfetta, non è umanamente possibile.

Quanto ci mette con le chiavi della camera?

Non so quale lato di lui mi fa sentire ‘peggio’.


Merda.

Si è accorto che lo sto osservando. Quando si è girato, esattamente?

Okay, la porta si è aperta, posso anche andarmene.

Bene.

Non è difficile, mi devo girare e muovere un piede dopo l’altro.

Lo sto facendo, mi sto allontanando. Complimenti Blaine, prova superata!   .



“Comunque buongiorno anche a te!”


Mi sbagliavo, non è pazzo. È solo un grandissimo stronzo e ora ha conosciuto il mio lato debole.

No, questo non è un mio lato debole, vero? Ho solo mangiato poco a colazione e il mio cervello non ragiona bene. Devo solo camminare più velocemente e...

Oh, ma allora è giornata.


Qualcuno mi spieghi ora cosa ci fa Noah in giro a quest’ora con una canottiera e i pantaloni del pigiama?

Solitamente tiene molto alla sua immagine e al rispetto che portiamo per lui, infatti questa faccia mezza addormentata non l’avevo mai vista. In mano tiene un’altra canottiera e dei pantaloni, sicuramente non suoi.


Comincio a sentirmi io il fuori luogo con tutti i vestiti addosso.

Mi squadra mezzo annoiato, sembra riconoscermi e mi chiede.


“Kurt è in camera?”

“Sì, è entrato ora”

Rispondo, anche se mi è poco chiaro il motivo della domanda.    


Lui fissa un po’ i vestiti, poi mi riguarda negli occhi e fa spallucce.

“Portaglieli” dice, porgendomi gli indumenti che tiene in mano.


Li prendo e noto che i pantaloni sono proprio quelli che Kurt indossava ieri. E la canottiera ha il suo profumo.

Non  avevo mai realizzato che Kurt avesse un profumo specifico.

Torno alla camera di Kurt meccanicamente, ancora stordito dalla situazione e mi ritrovo davanti alla sua porta.


Busso, sperando di finire la faccenda il prima possibile, ed entro. Grazie al cielo ha indossato una maglietta nera e dei pantaloni grigi della tuta.

Sembra sorpreso di vedermi, così mi limito a posargli i vestiti su una sedia e avvisarlo che erano da parte di suo fratello.


Questa volta è lui che arrossisce violentemente e soddisfatto esco dalla camera.


Ora che sono libero di tornare dagli altri, posso finalmente provare a fare due più due su ciò che ho appena visto.




No, un secondo.




Che cazz...




L’angolo di Pervinca:

 

HERE WE ARE AGAIN.
No, okay lol.
Ho molte cose da dire riguardo questo capitolo, tenetevi pronti.
Prima di tutto sì, è corto, ma è di passaggio.
Ho trascurato ampiamente la Brittana, ma non vi preoccupate per loro.
I Klaine cederanno prima o poi alle provocazioni?
Chi lo sa.
Nel prossimo capitolo avremo una guest star: Sebastian Smythe.

Ora, volevo parlare di Puck (fa strano scrivere 'Noah') e Kurt.
Sono fratelli, quindi quello che scrivo è incesto. Però penso che venga concepito in modo diverso.
Ho provato a immaginare cosa si provi a vivere per solo un quarto di secolo, e credo che i valori che abbiamo
noi verrebbero totalmente alterati.
Poi non c'è amore tra loro, quindi spero che non dia più fastidio di così.

Ora che ho detto la mia cosa di dubbio senso, ringrazio Agnese, che beta e consiglia.

Lei sta traducendo os Klaine, quindi andate tutti a leggerle e.e
Ringrazio voi che continuate a leggere, mi fa enormemente piacere.

Detto questo vi lascio un ultimo spam, cioè la mia pagina facebook.

E vi chiedo un parere in recensione, o magari un mi piace.
Per me i feedback sono importanti ç_ç

Nel caso non aggiornassi, buona Pasqua a tutti!

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=1496532