I Cavalieri dei Draghi di Delthur (/viewuser.php?uid=28507)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** L'inizio di tutto ***
Capitolo 3: *** L'arma ***
Capitolo 4: *** Il Primo Scontro ***
Capitolo 1 *** Prologo ***
Capitolo 0 - Prologo
I CAVALIERI DEI
DRAGHI
Capitolo 0 -
Prologo
- Koragg’! Okmai è quazi
ora, - gridò una voce afona e stridula - è quazi ora di parktire!
Preparaktevi!
A queste parole decine di figure incappucciate gridarono - A zuoi ordini,
Kapo - e cominciarono a seguire colui che aveva gridato; tutte osservavano il
cielo, come se fossero in attesa di qualcosa. Il bosco aveva qualcosa di
innaturale: tutti gli alberi erano secchi, ma davano l’impressione di essere
morti in un modo violento; tutti i rami erano contorti come se qualcosa o
qualcuno avesse risucchiato loro via la vita improvvisamente. Molto
probabilmente il bosco era morto da più tempo ma da cento anni non vi cresceva
più nulla; il terreno era celato da una fitta nebbia, che alla vista pareva
essere particolarmente “pesante”, come se non fosse nebbia d’acqua ma di
qualcosa di più denso. Al passaggio delle figure, la nebbia rimaneva immobile e
non subiva nessun tipo di deformazione, sembrava che una forza oscura la
costringesse a rimanere bloccata in una posizione. Dopo aver camminato non poco
nel bosco, gli “incappucciati” arrivarono al cospetto di una losca figura,
avvolta dall’oscurità e seduta su un trono d’ossa. A questo punto colui che
veniva chiamato “Kapo” urlò:
- Inkinatevi a cozpekto del
noztro potente padrone e abazkatevi i capputtci in zegno di
zotkomizzione!
In un orrido scricchiolio
d’ossa tutte le figure si inginocchiarono e abbassarono i cappucci rivelandosi
per quello che erano: scheletri.
Nelle loro orbite vuote
bruciavano due puntini rosso fuoco; sui loro corpi non erano rimasti che pochi
brandelli di carne in putrefazione e qualche straccio di vestiario di quando
erano ancora in vita. Il mantello che indossavano era la pelliccia di qualche
animale ucciso moltissimo tempo prima: aveva perso tutta la sua lucentezza ed
era diventato opaco, come se, essendo indossati da degli scheletri, avessero
risentito di influssi negativi provenienti dalle malvagie creature. Quasi tutti
erano scheletri di orchi ma ve ne erano anche di umani e troll. Dopo qualche
istante la figura seduta sul trono disse, con una voce rauca e
profonda:
- Alzatevi miei servitori,
non è il momento di convenevoli - dopo una pausa, in cui tutti gli scheletri si
alzarono, riprese - Domani… il nostro destino si compirà e regione di Aconbot
cadrà ai nostri piedi, come questo bosco cadde, sotto il mio sortilegio, molti
anni or sono - a queste parole, tutti i suoi servitori alzarono al cielo, quelle
che un tempo erano braccia, esultando come se avessero vinto una
guerra.
A questo punto colui che
era seduto sul trono riprese a parlare quando improvvisamente si interruppe
cominciando a ridere; dopo qualche istante esclamò in tono
sarcastico:
- Voi laggiù, nella
boscaglia, venite fuori e mostratevi, non abbiate timore, non vi faremo
nulla…
A queste parole vicino al
gruppo di scheletri si sentì qualcuno fuggire sulle foglie secche, in tutta
fretta; quando il Capo degli scheletri stava per dare l’ordine di seguirli,
stanarli e ucciderli, il “Padrone” disse:
- Fermo! Lasciali andare
tanto ormai, nessuno ci può più fermare! - Dopo una pausa riprese - Ti nomino
mio diretto subordinato ed esecutore, d’ora in poi sarai chiamato
Spank…
A questo punto Spank,
chiese: - P…Pa…Padrone, noi umiliki zerviktori come poktere
kiamarala?
- Chiamatemi semplicemente…
Demolich.
A questo punto si alzò
rivelando la sua vera natura: un cadavere camminante di un uomo la cui carne era
in putrefazione; occhi, di un rosso cremisi, occupavano le orbite di una testa,
che ormai aveva ben poco di umano. Indosso aveva i brandelli di quelli un tempo
erano abiti sfarzosi ed alcuni gioielli rovinati dal tempo. Probabilmente quando
era in vita, il Demolich, era un mago amato e rispettato da molta gente e
proprio per questo, forse, dopo la morte si trasformò in un lich: a causa del
suo attaccamento alla vita non accettava la morte e questo desiderio lo spinto
ad usare i suo poteri magici per rimanere in vita sotto le sembianze di un lich.
Molto probabilmente, poi, volendo ottenere sempre più potere, fece un patto con
una divinità malvagia che lo trasformò in un Demolich: un lich la cui potenza
magica si avvicinava a quella di una semi-divinità e la cui malvagità, non
conosceva limiti.
Nel frattempo in un vicino
accampamento umano, un soldato porta brutte notizie al suo
comandante:
- Signore, alcuni
osservatori riferiscono di un gruppo di scheletri a nord, si pensa si stiano
preparando ad attaccarci alle spalle!
- Chi li
comandava?
- Per il tempo in cui gli
osservatori sono rimasti a spiare è sempre rimasto in ombra e non si sa chi o
cosa sia!
- Capisco. Organizzate due
plotoni pesanti armati di armi contundenti, come mazze o bastoni ferrati, niente
spade sono molto meno efficaci contro delle ossa che camminano, e metteteli a
difendere il fronte a nord.
-
Sissignore!
- Non possiamo farci sconfiggere da scheletri, dobbiamo difendere questa
postazione ad ogni costo non deve passare nessuno, né da nord né da qualunque
altra parte!
- Arrivanooo… - urlò un soldato in preda al panico - arrivano dei mostri
da nord!
- Sono scheletri? - chiese il comandante
- Si, e non solo, ci sono delle specie di cadavere ed un mostro rosso al
comando!
- Un cadavere?!? Quello è un lich! Idiota! E’ quel che rimane di un mago
morto chissà quanto tempo fa! Mentre l’altro… No! Non può essere… com’è potuto…
dimmi, l’altro al comando degli scheletri, ha delle armi che sembrano in
fiamme?
- Si comandante!
- Oddio! Quello è un demone! Che Hidron ci aiuti! Sbarrate tutti i
cancelli non devono riuscire a passare o sarebbe la fine per noi e per tutti!
Forza! Muoversi, muoversi!
- Sissignore, agl’ordini - risposero i soldati
all’unisono
Tutto l’accampamento cominciò ad andare in fibrillazione, dopo aver
sbarrato le porte i soldati si disposero in ranghi serrati in attesa del nemico,
che non tardò ad arrivare. In pochi secondi le colline circostanti erano
diventate bianche: gli scheletri erano talmente tanti da ricoprire ogni spazio
verde. Erano capeggiati dai lich e da un demone: quest’ultimo impugnava due
armi, una frusta e una spada, entrambe avvolte dalle fiamme; possedeva inoltre
due ali che si aprivano sulla schiena, simili a quelle di un pipistrello, di un
colore rosso sangue. Dopo pochi minuti che, per l’esercito umano, sembrarono
un’eternità, i lich si lanciarono alla carica seguiti dall’orda di scheletri. A
quella vista, le balliste, posizionate sulle torri, e i trabocchi, all’interno
dell’accampamento, cominciarono a lanciare dardi proiettili infuocati, nel
tentativo di mietere più vittime possibile nello schieramento nemico. I dardi
furono meno efficaci dei proiettili, in quanto una volta raggiunta la terra si
conficcavano nel terreno; i proiettili invece arrivati a terra, continuavano a
rotolare per qualche metro, schiacciando parecchi scheletri. Si decise allora di
caricare le baliste, con dei proiettili esplosivi: creati dall’alchimista, erano
stati riempiti di una strana polvere, che prendeva fuoco facilmente; se invece
veniva compressa, in poco spazio, una grande quantità di polvere, questa, al
contatto con una fiamma, esplodeva violentemente. La polvere era stata
soprannominata dall’alchimista, polvere nera, per il colore che aveva. Grazie a
queste capacità della polvere, l’alchimista, aveva creato dei dardi esplosivi:
dopo aver creato una cavità all’interno dei dardi per ballista, essa veniva
riempita da questa polvere, dopodichè veniva accesa la punta del dardo; quando
esso veniva lanciato, poco prima di raggiunge terra, il fuoco raggiungeva la
polvere all’interno, causando, così, una forte esplosione. Tutte le balliste
furono caricate e proiettili esplosivi e in poche decine di secondi furono
pronte a fare fuoco; al segnale de comandante, una ventina di proiettili
infiammati partirono, in volo, dall’accampamento; i soldati osservavano la
traiettoria dei proiettili, con uno sguardo colmo di speranza, perdendo la
cognizione del luogo in cui si trovavano; soltanto il grido del comandante
richiamò la loro attenzione:
- Mi
spiegate che state facendo?!? Non addormentatevi! Ricaricate le balliste!
Dobbiamo uccidere quei mostri! …se si possono uccidere…
Mentre i soldati stavano
ricaricando le armi, i proiettili arrivarono a terra: tremende esplosioni,
stavano ora devastando le linee nemiche; in quei pochi secondi, furono distrutti
più scheletri di quanti se ne erano eliminati dall’inizio dello scontro. I
soldati avevano ora ricaricato le armi e si prepararono a lanciare i proiettili
al segnale del comandante; questo non si fece attendere e per la seconda volte
delle traiettorie infuocate, solcarono il cielo in direzione dei nemici, ma
qualcosa andò storto: alcuni proiettili, circa cinque o sei, esplosero in aria,
altri invece, arrivano a terra senza esplodere. I soldati si resero conto, che i
lich avevano messo la loro magia a difesa delle truppe scheletriche. Questo,
però, non fece perdere loro d’animo e in pochi istanti erano nuovamente pronti
per lanciare altri proiettili. Pochi secondi dopo, il comandante diede il
segnale e il cielo fu nuovamente solcato da proiettili infuocati. Questo attacco
sembrò segnare la sconfitta degli umani: la magia difensiva dei lich era, ora,
alla massima potenza. Le traiettorie dei proiettili, improvvisamente, cambiarono
direzione e si diressero verso l’accampamento; in un solo istante, tutti gli
sforzi degli umani risultarono vani: i colpi, che avrebbero dovuto aiutare
l’esercito umano, si ripercossero contro di loro e le porte dell’accampamento
vennero distrutte dalle esplosioni lanciando in aria, frammenti e polvere.
Quando dopo alcuni minuti, la polvere si era finalmente posata e gli umani si
resero conto della gravità della situazione: davanti a loro ora si parava uno
spettacolo terrificante: tra loro e l’esercito di scheletri non vi era più
nulla: le porte erano totalmente distrutte. Lentamente, i nemici avanzavano
sempre più determinati, diffondendo il panico tra i soldati. Dopo poco, il
demone e alcuni reggimenti di scheletri, si lanciarono verso gli umani.
Quest’ultimi, sotto gli ordini del comandante, organizzarono un fronte, con
alcuni reggimenti di fanteria pesante per tentare di bloccare l’avanzata dei
nemici. In pochi secondi, però, il demone, con un incredibile facilità, aveva
sfondato il presidio degli umani ed in poco tempo l’accampamento era pieno di
scheletri. I soldati, rimasti, gridando in un impeto di coraggio, si lanciarono
alla carica, e causarono molte perdite tra le linee nemiche ma questo non fermò
l’avanzata nemica; i lich, ora, erano entrati con il resto dell’esercito, e
insieme al demone, cominciarono a mietere vittime con una facilità sorprendente:
il demone sembrava invulnerabile, qualunque cosa lo toccava, andava in fiamme.
In meno di dieci minuti, l’esercito di umani era stato dimezzato mentre quello
nemico, non aveva subito molte perdite, grazie alla abilità sopranaturale dei
lich di poter ricomporre gli scheletri se venivano distrutti. Il comandante
vedendo, ormai, la situazione sfuggirgli di mano, ordinò la ritirata sussurrando
una supplica al suo dio, Hidron. I minuti passavano e l’esercito umano
continuava ad indietreggiare; per parecchio tempo il demone e i lich non si
fermarono uccidendo e distruggendo qualsiasi cosa fosse lungo la loro strada;
poi, improvvisamente, il demone guardò verso sud, poi alzò gli occhi al cielo ed
un ruggito scaturì dalle sue fauci. Da sud, stavo arrivando sette draghi, ma
questi non erano soli: in sella ad essi c’erano delle persone. Quando i sette
draghi atterrarono, i pochi soldati si rincuorarono vedendo quello spettacolo:
il drago centrale brillava di una luce calda e morbida che alleviava il dolore;
il “Salvatore”, così chiamato in seguito colui che era in sella al drago
centrale, impugnava una spada splendente. Anche gli altri draghi brillavano di
una fievole luce ma i loro “cavalieri” non impugnavano una spada splendente. Il
“Salvatore” avanzò verso il demone e i lich in sella al suo drago, li fissò per
qualche minuto, che sembrarono interminabili, e poi tornò dai suoi compagni, lì
guardò e diedero, insieme, un colpetto al loro drago. Immediatamente questi si
scagliarono verso gli avversari e cominciò una battaglia, senza esclusione di
colpi, che durò per due giorni e due notti, senza che nessuno dei due
schieramenti mostrasse segni di affaticamento o sconfitta. Molto scheletri non
riuscirono a resistere alla forza dirompente dei sette draghi, e furono spazzati
via in modo davvero sorprendente: quando la spada splendente mandava a segno un
colpo su uno di essi, questi evaporava in un fumo bianco, come se la spada fosse
in grado di purificare ciò che era malvagio. Alla vista di quella forza
dirompente i soldati riamasti si lanciarono alla carica contro l’esercito
nemico. I lich e il demone erano impegnati nel combattimento contro i sette
cavalieri e non badavano al loro seguito; questo giocò a favore degli umani in
quanto gli scheletri senza l’incantesimo dei lich non potevano ricomporsi, e
quest’ultimi erano troppo impegnati nel combattimento per prestare attenzione a
cosa capitava all’esercito. All’alba dei terzo giorno il “Salvatore”, gridò al
comandante di andarsi a nascondersi e lasciare perdere i pochi scheletri
rimasti. Questi non se lo fece ripetere due volte e portò i suoi soldati in un
luogo sicuro da dove però potevano osservare lo scontro. Quando il “Salvatore”
vide che tutti i soldati erano al riparo, alzò la sua spada splendente verso il
sole e sussurrò delle parole magiche: la spada cominciò a vibrare ed ad
illuminarsi fino a che il suono divenne insopportabile e la luce accecante; in
un lampo di luce tutti gli scheletri riamasti e il loro capi erano scomparsi. I
sette eroi, che avevano salvato moltissime persone da una morte certa,
scomparirono all’orizzonte: la sola cosa che rimase di loro fu lo spadone
impugnato dal “Salvatore” che però aveva perso la sua capacità di brillare;
l’unica cosa particolare rimasta erano delle parole incise lungo la lama che non
furono mai decifrate. Con il passare del tempo, anche se tutti promisero di
tramandare questa storia di padre in figlio, i sette eroi finirono per diventare
una leggenda e la loro spada venne dimenticata in qualche luogo
sconosciuto.
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Ecco... questo è il
prologo della mia storia... non so se vi è piaciuto ma spero di si... ho già
pronti altri capitoli dove inizierà la vera storia con il protagonista ecc... ho
deciso di pubblicare un capitolo a settimana... spero arrivino molte
recensioni... magari dite cosa secondo voi c'è che non va bene o che va bene...
così posso migliorare i prossimi capitoli...
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Capitolo 2 *** L'inizio di tutto ***
Capitolo 1 - L'inizio di tutto
Capitolo I
L’inizio di
tutto
Sono passati ormai quasi duecento anni dalla famosa guerra tra umani e
scheletri; nel mondo, ormai, regnerebbe la pace se un tiranno non avesse preso il
potere, sottomettendo quasi tutta la popolazione di Aconbot, una delle regioni
più estese di tutto il continente ad est.
In un piccolo paesino, un anziano signore, pronipote di un soldato
partecipe alla guerra ed anch’egli un soldato in congedo, raccontava, ai bambini
del villaggio, di come si svolse il conflitto; questi, rimasero profondamente
preoccupati ed impauriti a causa degli scheletri ma l’anziano, scoppiando in una
sonora risata, disse:
- Non vi preoccupate, è
passato molto tempo, ormai penso che non torneranno più quei brutti
scheletri!
Quando i bambini ebbero finito di fare domande, l’anziano, li mandò a
casa, perché si stava facendo tardi, ma prima che potessero uscire
dall’abitazione, un uomo arrivò in fretta, dicendo:
- Stanno arrivando le
guardie dell’impero
- Cosa ci fanno qui?!? -
disse l’anziano
- Non ne ho la più pallida
idea; però, non mi sembra che abbiano delle intenzioni amichevoli, sono armati di
tutto punto…
- La cosa non mi piace
affatto; se vengono in un villaggio così sperduto, significa che qui c’è qualcosa
che interessa all’imperatore.
- A questo punto la cosa
più saggia è rimanere nascosti!
- Bambini venite con me;
non abbiate paura, vedrete che tra poco tutto sarà finito…
L’anziano signore prese una
lanterna e scese, con i bambini, delle ripide scale poste sotto una botola che,
anche ad un osservatore esperto, sarebbe sfuggita, nascosta sotto un mobile della
cucina. Probabilmente il tempo passato nell’esercito, lo aveva fatto diventare
particolarmente capace a nascondere le tracce. Al termine della scala, si
allungava un corridoio avvolto nella più profonda oscurità: era poco più largo
di mezzo metro e probabilmente due persone robuste non ci sarebbe passate
affiancate; alto circa due metri e mezzo, aveva delle torce ad altezza uomo. Queste, ormai, non potevano essere più accese, a causa degli anni passati in quel
cunicolo umido, ma l’anziano vecchio ne prese una lo stesso, strappò un lembo
della sua tunica e l’avvolse attorno alla testa della torcia; prese una piccola
borraccia, che teneva all’interno della tunica, e la aprì. Bevve un po’ del
liquore che era all’interno ed il rimanente lo usò per inzuppare la testa della
torcia; aprì la lanterna e con la fiamma diede fuoco alla torcia che si incendiò
in pochi secondi. L’anziano cominciò ad avanzare seguito dai bambini; il
corridoio era ostruito da un’infinità di ragnatele, apparse dopo i molti anni in
cui il passaggio era rimasto chiuso, ma grazie alla torcia per l’avanzata non ci
furono problemi. Nel frattempo in “superficie”, l’esercito aveva “invaso” il villaggio senza che i popolani potessero fare qualcosa per
impedirlo.
L’esercito era arrivato
improvvisamente e nessun fu in grado di affrontarli; la popolazione era
costituita in prevalenza donne ed anziani, perché molti degli uomini erano
andati a combattere al fronte e non erano ancora tornati.
- Ascoltatemi bene! Vi concedo la libertà di fare ciò che volete con la
popolazione, ma non dovete toccare le ragazze vicino ai 20 anni. Per il
resto della popolazione fate ciò che volete! Mi interessano soltanto le ragazze!
Tutte quelle che trovate portatele al mio cospetto... senza farci nulla!
Capito?
- Sissignore!
In poco più di mezz’ora il villaggio fu messo a ferro e fuoco; tutte le
porte delle case furono abbattute; tutto ciò di valore che i soldati trovavano,
veniva portato via. Quasi tutte le persone che si erano nascoste in casa non
ebbero via di scampo; alcune, però, ebbero la fortuna di potersi nascondere in
qualche botola o scompartimento segreto, azione che salvò loro la vita. Ogni
volta che in un casa trovavano una ragazza, questa veniva presa e separata dalla
sua famiglia; molto spesso i soldati, con degli atti di crudeltà più che
assoluta, uccidevano davanti ai loro occhi i loro famigliari. Lentamente, ma
inesorabilmente, tutte le ragazze furono prese e portate al cospetto del
capitano. Una per una, venivano distese sui resti della fontana della piazza e
veniva avvicinata alla loro fronte, una piccola fiala. Ogni volta, però, non
succedeva nulla ed il capitano cominciava a perdere la
pazienza:
- Maledetta fiala del cavolo! Vuoi fare qualcosa - e così dicendo
cominciò ad agitarla violentemente
Arrivò, poi, il turno di
una ragazza molto bella, di nome Arinil; ormai aveva perso i sensi, forse a
causa della ferita che aveva sulla nuca, ma venne comunque distesa sulla lastra
e le venne portata alla fronte la fiala:
- Ecco, finalmente
l’abbiamo trovata! E’ lei! - mentre pronunciava queste parole la fiala cominciò
a brillare e sulla fronte della ragazza apparse uno strano simbolo. A questo
punto il capitano disse:
- Portatela via. Delle
altre fate ciò che volete!
I soldati non se lo fecero
ripetere due volte e per circa mezz’ora si divertirono con le ragazze rimaste.
Dopo di che, i soldati presero Arinil e decisero di caricarla su una cavalcatura.
Prima che potessero legarla, a quello che era una sottospecie di grosso scarabeo
gigante, di un colore marrone ruggine e privo di ali, che i soldati chiamavano
draft, un uomo incappucciato arrivò alle spalle del capitano: era avvolto in
mantello, di un nero così profondo da rendere quasi impossibile vedere la linea
di separazione tra la notte ed il mantello; un altro particolare di quel uomo
era il cappuccio: non era un cappuccio normale ma era abbastanza lungo da
rendere impossibile vedere gli occhi dell’uomo ma solo la parte inferiore della
bocca. Una cosa che fece rimanere perplesso il capitano furono i capelli:
sufficientemente lunghi da uscire dal cappuccio, sembravano essere di platino;
soltanto pochi uomini avevano quei capelli e le uniche due opzioni erano: o il
misterioso uomo apparteneva alla famiglia reale, che per distinguersi dalle
altre persone si schiariva i capelli, oppure non era umano. L’uomo si avvicinò
al capitano e disse:
- Nel viaggio non deve
ferirsi, perciò dovrà essere trasportata da te, capitano.
Il soldato sorpreso chiese
all’incappucciato chi fosse, ma l’uomo rispose in modo
brusco:
- Questo… non ti
riguarda…
Dopo di che l’uomo prese un draft e scomparve allo stesso modo in cui era
arrivato. A questo punto i soldati salirono sui loro mezzi di trasporto e se ne
andarono.
- Ascoltatemi! Finito con
le ragazze uccidete anche tutti i sopravvissuti!
Detto questo il capitano
partì seguendo la carovana di soldati, portando con se
Arinil.
Intanto l’anziano ed i
bambini stavano continuando a camminare nel cunicolo che sembrava non avere
fine. Era diventato più basso di quando erano partiti e il signore doveva
camminare con la schiena chinata per poterci passare. Finalmente dopo quasi
un’ora di cammino, da quando vi erano entrati, videro in lontananza un fievole
luce.
- Ecco, quella è l’uscita
L’uomo continuò a camminare
e raggiunse la fine del cunicolo la cui altezza era ormai ridotta a poco più di
un metro, si avvicinò ad una porta di legno, ormai marcio, da cui entrava della
luce, guardò attraverso i fori nella porta e vide che dall’altra parte c’era un
monastero. Senza indugi allora spalancò la porta e si ritrovo sotto l’altare del
monastero. Tutti i monaci si voltarono e osservarono l’anziano ed i bambini che
uscivano dalla porticina. Quando tutti furono usciti, i monaci si avvicinarono e
circondarono il gruppo di persone, vedendo che alcuni bambini erano feriti ed
affamati alcuni di loro si avvicinarono prendendo delle bende e delle erbe
medicinali e curarono le ferite; nel frattempo altri monaci presero del pane e
dell’acqua che diedero ai bambini. Il monaco superiore si avvicinò al
cantastorie:
- Salve buonuomo, cosa vi porta a farci questa…
visita
- Il nostro villaggio, Semse, è stato attaccato e raso al suolo, io con i
bambini ho attraversato questo vecchio cunicolo, però non ricordavo terminasse
in un monastero.
- Infatti il monastero è stato costruito da poco e prima c’era soltanto
un altare dedicato a Hidron.
- Comunque ora che sono qui dovrei chiedervi un favore... potreste
accompagnarci al villaggio e magari portare con voi qualche provvista e erba
curativa. Abbiamo anche noi un curatore o meglio una curatrice ma non credo che
le siano rimaste molti medicine dopo l’attacco e poi… non so nemmeno se è ancora
viva…
- Va bene, verremo con voi
- Grazie, ve ne sono infinitamente grato
- Prego, è nostro dovere aiutare il prossimo.
Così al termine del dialogo
tra il monaco e l’anziano, il gruppo di bambini accompagnato dal cantastorie e
da alcuni monaci, si avviò verso Semse. Dopo circa dieci minuti da quando erano
partiti l’anziano signore fece una domanda i monaci:
- Scusate, ma non avete paura a vivere da soli in posto sperduto come
questo? Non avete paura dei banditi?
- Come ben sa i monaci sono contrari all’uso delle armi infatti come vede
nessuno di noi è armato. Noi crediamo che nelle armi vengano imprigionate le
anime di coloro che vengono uccisi da esse, è per questo che non e
usiamo.
- Capisco… e allora come fareste per proteggervi nel caso in cui qualche
bandito vi attaccasse?
- Noi monaci di Hidron siamo specializzati nelle combattimento a mani
nude o per meglio dire senz’armi e circa un quarto di ogni giornata è dedicata
all’allenamento.
- Sentito bambini?!? Con loro come scorta non abbiamo di che
preoccuparci.
Così dicendo un lieve
sorriso si pronunciò sulle labbra dei monaci e continuarono la loro marcia per
arrivare a Semse.
Nel frattempo, un ragazzo
di nome Tromek, si stava avvicinando a quello che rimaneva di
Semse.
- Chissà come starà la
gente del villaggio… mi riconosceranno? Speriamo soprattutto che Arinil non mi
abbia dimenticato, ormai, sono quasi passati tre anni da quando me ne sono
andato…
Ormai, mancava soltanto una
collina da superare per poter vedere il suo amato villaggio; la vegetazione era
particolarmente più fitta, rispetto a quando era partito, e il sentiero era
diventato più impervio, segno che c’era stato poco traffico verso gli altri
villaggi. Senza troppa difficoltà, si aprì la strada e arrivò in cima alla
collina. Quando riuscì a vedere il villaggio, ciò che gli si parò davanti agli
occhi, fu terribile: colonne di fumo si alzavano dal villaggio, tutto era stato
distrutto, neppure il tempio era stato risparmiato, si vedevano corpi distesi
sul terreno dappertutto. Cominciò a cercare qualche persona in vita, ma vide
soltanto due figure che si muovevano tra i corpi. Non ci pensò due volte e si
gettò a tutta velocità lungo il pendio della collina, sperando che fossero dei
suoi coetanei. Arrivato in fondo al pendio, scavalcò le staccionata che
delimitava un recinto per animali: neanche quelli furono lasciati in vita, ma
uccisi e in parte mangiati. Attraversò il recinto ed arrivò a quella che prima
era la casa del pastore; si accorse che dietro il muro c’era qualcuno: si
accostò al muro e spiò dall’angolo. Vide due soldati che stavano infierendo su
un anziano:
- Che cosa ne facciamo di questo?
- Uccidiamolo e lasciamolo in pasto ai corvi!
- Maledetti! Se avessi qualche anno in meno vi farei vedere
io!
- Hahahaha! Come sei simpatico nonnetto!
Il soldato cominciò a prendere a calci l’indifeso anziano, che subiva
senza possibilità di reazione. A questo punto Tromek, non riuscì più a
trattenersi ed urlò:
- Lasciatelo
stare!
Così facendo si fece vedere, lasciando il suo nascondiglio dietro il muro.
I soldati si voltarono con aria interrogativa e ridendo
esclamarono:
- E chi ce lo impedisce tu, moccioso!
A queste parole Tromek, che era apparentemente disarmato, sguainò una
spadone da dietro la schiena e disse:
- Non io... ma
lui.
I soldati osservarono per
un po’ Tromek, poi si guardarono l’un l’altro e risero di
nuovo:
- Scommetto una moneta
d’argento che non riuscirà a maneggiare quello spadone!
- Accetto - disse un
soldato all’altro
Subito dopo i soldati
sguarnirono le loro spade si lanciarono contro Tromek.
- Cosa credi di fare, noi
siamo in due...
Tromek combatté come una
furia e i soldati, anche se erano in due, non riuscirono a infliggergli neanche
una minima ferita. Tromek rimasto, fino a quel momento, sulla difensiva, si
lanciò all’attacco ed in quattro e quattro otto, disarmò i due soldati che, presi
alla sprovvista, cominciarono ad indietreggiare. Tromek non si fece sfuggire
l’occasione e puntò la spada alla gola di uno dei due:
- Chi ha fatto tutto questo???
- … - il soldato non pronunciò parola
- Dimmelo!!! - urlò aumentando la pressione della lama, sul collo del
soldato
- Va bene! Siamo stati noi dell’impero! Ci è stato ordinato di venire qui
e sterminare la popolazione…
- Chi ve lo ha ordinato???
- L’imperatore in persona!
- Bene... riferisci ai tuoi superiori che tra non molto, cadranno molte teste
tra di loro. Sparite!
I due non se lo fecero ripetere due volte, raccolsero le armi e
sparirono.
- Tsk… fedeltà
zero…
Il ragazzo, allora, andò
verso l’anziano signore chiedendo cosa fosse successo; con il poco fiato
rimastogli nei polmoni riuscì a dire:
- Tromek… sei tu… il
villaggio… distrutto… Arinil… rapita… - dopodiché spirò.
Tromek non avendo capito
l’ultima parte esclamò - Arinil, cosa?!? Ti prego resisti.
Dopo essersi reso conto, che per l’anziano non c’era più niente da fare,
scoppiò in lacrime chiedendosi perché fosse successo tutto quel putiferio e perchè
proprio mentre lui non c’era; mentre stava soffrendo, sentì che qualcuno mettergli una mano su una spalla, si girò di scatto e gli puntò la spada alla gola,
costui lo osservò ed esclamò - Sei migliorato molto! - A questo punto Tromek lo
riconobbe: era stato il suo maestro, prima che se ne andasse da Semse.
- Maestro Roth, che piacere rivederla… ma cosa è successo?
- Per prima cosa asciugati le lacrime, un guerriero non dovrebbe mai
piangere, poi, vieni andiamone a parlare in ciò che rimane della mia casa.
Attraversando il villaggio,
Tromek vide che non erano tutti morti come pensava, dopotutto, c’era sempre stato
il suo maestro al villaggio; piano piano, le persone uscivano dai loro
nascondigli e cominciavano a raccogliere le macerie. Arrivati alla casa del
maestro si accomodarono, su ciò che il giorno prima era un tavolo e Roth
cominciò a raccontare l’accaduto:
- Non so il vero motivo per cui quei soldati sono venuti qui in questo
piccolo e remoto villaggio, ma so che c’entra Arinil…
- Arinil?!? E per quale motivo dovrebbe essere coinvolta in tutto questo?
- chiese Tromek
- Semplice, perché è stata portata via…
A quella notizia, Tromek si
sentì come se qualcuno lo pugnalasse al cuore: la ragazza, con cui aveva passato
l’infanzia e l’adolescenza era stata rapita e lui non aveva potuto far nulla
per proteggerla. Senza pensarci due volte, decise che l’avrebbe salvata ad
ogni costo e l’avrebbe riportata a casa:
- Dove l’hanno portata quei maledetti?!?
- Purtroppo non ne ho idea… però ho sentito dire che ultimamente tutti i
prigionieri di “guerra”, così adesso li chiamano, li portano nella prigione di
Broscot, a sud. Non è molto distante me non possiamo fare molto, saremo si e no
una ventina di uomini... anziani e/o feriti, oltretutto... tranne te... ovviamente...
- Quanto dista questa prigione?
- Penso che sarà, almeno un giorno di cammino
- Bene, parto subito
- Ma sei impazzito?!? Ci saranno almeno un centinaio di soldati di
guardia, non puoi affrontarli tutti...
- Lo farò, se necessario, non posso lasciare Arinil in mano a quei
bastardi; la salverò anche se mi dovesse costare la vita
- Ammiro il tuo coraggio ed ammetto che tutto il tempo passato all’estero
come mercenario, ti ha reso molto più combattivo di un tempo, però… non ti
lascerò tutto il divertimento
- Maestro, lei non può venire come me, qualcuno deve rimanere a
proteggere il villaggio
- Hai ragione… quindi devo metterti alla prova per vedere se sei
veramente in grado di salvare Arinil
I due uscirono dalla casa e
si prepararono allo scontro. Tromek notò, però, una macchia di sangue sul fianco
del suo maestro, si avvicinò e vide una profonda ferita sul fianco; in quel mentre, Roth
disse:
- Non è niente. Secondo te, una cosa simile mi può fermare? Bene
cominciamo… ugh…
- Maestro, no, lei non può combattere, anzi non può neanche aiutare a
spostare le macerie, rimanga qui e aspetti. Ehi, Alene!
Alene era l’erborista e
curatrice del villaggio, era arrivata un giorno e poi sempre rimasta a Semse, ma
nessuno sapeva da dove venisse veramente;
- Alene! Roth è gravemente ferito devi aiutarlo
- Anch’io sono felice di vederti, Tromek
- Scusa ma tutto questo mi ha un po’ scombussolato e poi il mio maestro è
molto grave
- Tranquillo, tutti siamo sconcertati da quello che è successo, va bé
dimmi dov’è Roth
- Davanti alla sua casa, sbrigati
- Ehi, me tu dove vai?
- A salvare Arinil
- Aspetta, tieni queste erbe, ti serviranno se verrai
ferito
- Bè, allora te le riporterò
- Figuriamoci, mi ricordo di quando eri piccolo che ti bastava inciampare,
per farti malissimo al ginocchio
- Non sei cambiata, sai sempre come mettere in imbarazzo le persone -
disse Tromek in tono scherzoso
- Comunque, non serve avere tutta questa fretta… visto che Arinil è stata
rapita, non credo che le faranno del male, dopotutto, credo che serva
viva...
- Non so se crederci… in ogni caso, è stata rapita e portata in prigione;
anche se serve viva, non vuol dire che non possa essere… non volgio neanche
pensarci!
- Ti ho già detto che non le faranno del male…
- Non mi interressa! E’ stata rapita! E io la riporterò
indietro!
Dopo queste parole, Tromek
si avvolse nel suo mantello e si avviò verso la prigione di Broscot con
l’obiettivo di salvare Arinil a tutti i costi.
Nello stesso momento, nella
prigione di Broscot, la carovana dei soldati, che avevano attaccato Semse e
rapito Arinil, stava entrando dalla porta principale. Un uomo robusto e alto si
avvicino al capitano dei soldati e con voce tonante disse:
- Ehi tu, sacco di sterco
di draft, dov’è la ragazza?
- Qui, comandante
Gorguz
- Togliti di mezzo - e così
dicendo diede un pugno al soldato, che si ritrovò disteso a terra a cinque metri
di distanza.
La ragazza di cui stava
parlando Gorguz, era Arinil; era stata chiusa in una gabbia e incatenata come una bestia feroce; impaurita, a tal punto, da non aver più un filo di voce. Il comandante la fissò e
disse ai suoi uomini:
- Portatela in cella! Dove
rimarrà fino a nuovi ordini! Mi raccomando, nella più profonda che c’è! Nessuno
deve riuscire ad arrivare a liberarla! Ammesso che prima riesca a superare le
guardie… hahahaha!
Arinil, venne presa con forza e portata in una cella
tenebrosa, nella parte più profonda della prigione. Era una cella sporca, piena di
cadaveri maleodoranti di topi ed altri piccoli animali. L’unica fonte di aria e luce, a parte le torce,
era una piccola finestrella quadrata, a circa due metri di altezza, di circa 15 centimetri di lato. Dopo
essere stata gettata nella cella, si guardò intorno e scoppiò in lacrime,
invocando aiuto.
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Capitolo 3 *** L'arma ***
Capitolo 2 - L'arma
Capitolo II
L’Arma
Ormai sopraggiungeva la sera e Tromek non aveva ancora
raggiunto la prigione di Broscot, per questo decise di trovare un luogo riparato
dove poter dormire. Mentre camminava in cerca del suo giaciglio, si accorse che
poco più avanti, c’era una carovana di mercanti, che forse gli avrebbero potuto
fornire un sacco da notte, in cui poter dormire. Mentre si avvicinava, un
signore basso e tarchiato, che subito Tromek scambiò per un nano, gli si
avvicinò, lo guardò negl’occhi e disse:
- Salve straniero, cosa ti
porta lungo queste impervie strade?
- Beh, io
veramente…
Una voce tonante
disse:
- Ehi, Meck, lascialo
stare, è mai possibile che tu debba fare domande imbarazzanti a ogni persona che
incontri?
- Lasciami in pace Rotret,
stavo soltanto facendo una domanda normalissima…
- Si, come no! Basta
vedere… il ragazzo non ti ha neanche risposto. A proposito: ehi tu, si sta
facendo tardi, non è consigliabile viaggiare di notte, da soli, in questi
luoghi, di questi tempi…
- Che vuoi dire? - chiese
Tromek
- Come cosa voglio dire?!?
Non sai che di notte, si aggirano strane bestie, nei
boschi?
- Strane
bestie?!?
- Mi sorprende che tu non lo sappia… dai
accomodati, ti offro un pasto caldo e un sacco da notte, così potrò parlare con
qualcuno che non sia scontroso… almeno spero…
Tromek accettò l’invito di
buon grado, anche perché era proprio quello in cui sperava. Durante la cena, che
secondo il ragazzo aveva un gusto “particolare”, i due mercanti cominciarono a
raccontare ciò che stava succedendo nelle terre di Aconbot, terre del regno in
cui si trovavano anche Semse e la prigione di Broscot.
- Sai… - cominciò a raccontare Rotret - è successo circa un mese fa quando il re
Agret è misteriosamente scomparso…
- Come scomparso?!? - interruppe Tromek
- Non si sa ancora nulla. Il
popolo ha immediatamente pensato ad un omicidio, ma questo è stato subito
smentito dalla milizia urbana di Potren. Poi, ha cominciato ha circolare la voce
di un rapimento, ipotesi considerata attendibile durante le prime settimane;
tutt’ora, però, nessuno ha ancora chiesto nessun tipo di riscatto, né di denaro,
né di altro.
- Ma allora che può essere
accaduto?
- Pensiamo che il re abbia
deciso di abbandonare il trono, ma se fosse veramente così, allora dovrà essere
punito per ciò che ha lasciato accadere…
- Perché cosa è
successo?!?
- Ragazzo, ma dove sei stato
negli ultimi tre mesi? In capo al mondo?
Beh… in effetti… pensò Tromek
ho combattuto per tre anni all’estremo
nord del paese… brrr… mi torna freddo al sol pensiero di quelle lande ricoperte
perennemente da neve…
- Comunque… il fratello del re, Tercrot,
ha preso il trono ed ora, tutto quello che sta accadendo al nostro paese, è
colpa sua…
- Mi stai dicendo, che il re
sta ordinando all’esercito, di fare razzie?!?
- Si, e non solo questo:
pensa, che negli ultimi periodi, Tercrot, ha rotto tutti i contatti, compresi
quelli commerciali, con i paesi esteri; non permette a nessun mercante,
ambasciatore o chi che sia di attraversare le frontiere. Se continuerà così, è
probabile che scoppierà una guerra, tra i paesi esteri e
Aconbot.
Quando Tromek ebbe finito
di ascoltare le parole di Rotret, si sentì pervadere da una rabbia immensa: Era stato LUI ad ordinare l’attacco a Semse,
LUI aveva ordinato di rapire Arinil e LUI aveva ordinare di non lasciare nessuno
in vita!!! Improvvisamente pensò a Arinil, a cosa le avrebbero potuto fare
alla prigione di Broscot; subito, una miriade di domande affollarono la sua
mente: Farò in tempo a salvarla? Sarà
ancora viva? Sarà stata torturata?... Tromek scacciò dalla testa tutte le
domande che gli erano affiorate, un solo pensiero ora occupava la sua mente: in
un modo o nell’altro, prima o poi, si sarebbe vendicato su Tercrot e si gli
avrebbe fatto pagare tutto ciò che aveva fatto al suo
villaggio.
La cena era ormai giunta al
termine e Tromek non aveva ancora trovato il suo “giaciglio”. Penso di provare a
chiedere ai due mercanti, ma poi pensò di essere troppo invadente. Stava per
allontanarsi quando Meck gli si avvicinò:
- Dove credi di andare? Noi ti abbiamo offerto la cena e tu ora dormirai
con noi!
- E di nuovo Meck! Non essere scortese! Voleva dire se, siccome noi
mercanti esteri, non siamo graditi in queste terre, puoi farci da guardia del
corpo per la notte.
- Ecco… si… appunto… quella roba lì…
- E poi, ti avevo già detto che ti avrei offerto il sacco da notte,
no?
- Beh… per me va bene,
anche perché non saperi dove andare.
Dopo quella frase, Meck,
partì subito, come una scheggia, verso le piante, con l’ascia in mano; dopo dei
rumori, che fecero tremare anche la terra, tornò con una catasta di legna. Haha, la pila di legna è più alta di lui!
Anche se, a pensarci bene, non ci vuole molto per fare una pila di legna, alta
quanto Meck!
Rinvigorito il fuoco a
sufficienza per tirare avanti per un paio d’ore, i tre si coricarono nei loro
sacchi a pelo e Tromek si addormentò qualche minuto dopo. I suoi sogni non erano
tranquilli, anzi l’esatto opposto; dopo molto tempo, che non faceva più quel
sogno, ritornò a vedere i suoi genitori morire nell’incendio che distrusse il
suo villaggio natio, dieci anni prima, quando aveva appena 7 anni, forse a causa
della giornata intesa che aveva passato. Si svegliò di soprassalto, nel cuore
della notte, con la fronte madida di sudore; il fuoco ormai era ridotto a
qualche tizzone ardente, quindi erano passate solo poche ore da quando si era
addormentato, decise di utilizzare gli ultimi pezzi di legno raccolti da Meck,
per riaccendere il fuoco. Nella notte, si sentivano i classici gufi, ma dopo
qualche minuto iniziò a fare il suo verso anche una civetta: - portatrice di morte - pensò Tromek -
per una volta credo che per
me sia una cosa positiva penso che significhi che la mia missione sarà un
successo, se ne sarò obbligato, non lascerò neppure un soldato in
piedi!
Improvvisamente, la civetta
cessò di fare il suo verso, Tromek insospettito tese l’orecchio, ma non sentì
nulla. A questo punto allora, si alzò senza fare rumore, prese il suo spadone e
lo sguainò; al rumore dell’attrito tra il fodero e la lama, qualcosa nella
foresta si mosse e i cespugli cominciarono a muoversi. In poco più di un
secondo, una bestia inferocita, che Tromek riconobbe essere un lupo più grande
del normale, balzò fuori dall’oscurità e caricò Tromek; quest’ultimo, preso alla
sprovvista dall’incredibile velocità dell’animale, venne preso in pieno ma,
grazie allo spadone, riuscì a bloccare la carica; probabilmente se non avesse
avuto quell’arma, il colpo della bestia sarebbe andato a segno. L’animale ora
aveva una profonda ferita sul muso, ma non sembrava volersi arrendere; gli occhi
che luccicavano, alla luce della luna, di un rosso sangue, fissavano Tromek con
aria di sfida. Prima di lanciare l’attacco, dalle fauci delle bestia uscì un
ruggito assordante, che svegliò i due mercanti:
- Eccomi… si… sono pronto… non serve fare tutto questo baccano… dov’è la
colazione? - disse Meck
Alzatosi in piedi vide la
bestia che era di fronte a Tromek e gridò - u… un…
RAKENSDAR!!!!!
Rakensdar?!? Che diavolo è
questa bestia? Non avevo mai sentito un nome simile!
Quando Tromek stava per
chiedere spiegazioni, il rakensdar si lanciò all’attacco. Lo spadone riuscì a
bloccare buona parte dei colpi del mostro, ma Tromek si rese conto che non
poteva continuare a rimanere sulla difensiva; decise che avrebbe tentato il
tutto per tutto in un unico colpo. Al successivo attacco della bestia, Tromek
riuscì ad immobilizzarla momentaneamente, perché il rakensdar aveva tentato di
mordere il ragazzo, che aveva messo di mezzo la sua arma, facendo si che la
bestia mordesse lo spadone e non lui; approfittando dell’attimo di titubanza del
rakensdar, riuscì a scaraventarlo a qualche metro di distanza. Nei secondi in
cui la bestia rimase in stato confusionale dal colpo subito, Tromek affondò la
lama in mezzo agli occhi del mostro, che si bloccò e cadde su un
fianco.
I due mercanti si
guardarono stupefatti e dissero all’unisono:
- Il ragazzo… ha sconfitto
un rakensdar…
Mentre Tromek puliva la
spada, i due mercanti si avvicinarono e dissero:
- Ragazzo, chi sei
veramente?
- Io?!? Sono soltanto un
ragazzo…
- Si come il mio nome è
Grastur Brocto Baturg Rotor Grakterut Sitret V! Lo sai cos’era quel coso, che
ora giace morto davanti a noi?!? Un rakensdar!
- Raken… cosa?
- Rakensdar! E’ un mostro,
che l’imperatore crea nel suo castello con chissà quale oscura arte! Da quando è
salito al trono ne ha creati un centinaio.
- Cosa c’è di strano?!? Ne
ho fatto fuori uno, mica tutti?!?
- Se mi lasci parlare…
Quello è un mostro artificiale, creato partendo da un lupo normale che viene
sottoposto a dei sortilegi ce ne moltiplicano la potenza! Non hai visto che era
più grande di un normale lupo?!? Prima di te, nessuno, e dico NESSUNO, era
uscito da un combattimento simile, senza neppure una ferita profonda! Ma tu
sembri non essere rimasto vittima neppure di una ferita leggera!
- Ah… sarà stata
fortuna…
- Eh no, mio caro! Con la
fortuna, non si vince contro una bestia simile! Tu ci stai nascondendo qualcosa!
Chi sei veramente? E dove stai andando armato? Non mi sembri un semplice ragazzo
di campagna!
- Mi chiamo Tromek. Sono
nato e vissuto a Semse. Circa tre anni fa, me ne sono andato ed ho raggiunto il
confine nord dove ho combattuto come mercenario. E’
sufficiente?
- Semse?!? Me non è il
villaggio che è stato distrutto ieri dall’esercito reale?
- Esatto. Proprio quello.
Buona parte degli abitanti sono stati uccisi e una mia cara amica è stata
rapita. Io, la sto andando a liberare!
- Liberare?!? Mi stai
dicendo, che vuoi liberare qualcuno rapito dall’esercito reale?!? Lo sai dove
vengono imprigionati?!? Alla prigione di Broscot! Non mi dirai che vuoi andare
là?!?
- Si, esatto. Qualcosa in
contrario?
- Tu sei completamente
pazzo!! Lo sai che quasi metà dell’esercito reale è lì? Non resisterai molto se
andrai così allo sbaraglio!!
Detto questo Meck, rimasto
in silenzio tutto il tempo, intervenne nella conversazione fissando
Tromek
- Ragazzo, tu mi piaci! Vorrei venire con te ma, sarei solo un peso… però
voglio aiutarti!
- Meck, sei impazzito pure tu!?!
- Rotret sono perfettamente conscio di ciò che dico e per questo… vieni…
ehm… come hai detto che ti chiami?
- Tromek…
- Bene, Tromek,
seguimi
Meck si avvicinò al carro
su cui i due mercanti trasportavano la merce, aprì uno compartimento ed una
valanga di cose gli caddero addosso:
- Ma che diavolo succede qui?!? Come mai è tutto in disordine? Chi doveva
mettere a posto? Eh… Rotret?
- Beh, veramente… tu, Meck…
- Cosa… ehm… coff coff… ma che stai farneticando? Io l’ho fatto la
settimana scorsa…
- Appunto, Meck… avevamo deciso di cambiare i turni ogni due
settimane…
- Si, si… facile per te… fammi vedere se ho firmato
qualcosa…
- Eccolo qui…
Così facendo, Rotret,
estrasse dalla tasca un foglio, su cui c’era scritto che i turni si cambiavano
ogni due settimane; in fondo c’erano le firme di Rotret e Meck. Dopo aver
osservato per qualche minuto la sua firma, cercando di ricordarsi quando l’aveva
fatta, una sola parola uscì dalle labbra di Meck, il cui significato, però,
sfuggì a Tromek.
- Cavolo, dovevo essere ubriaco! Ammettilo, me lo hai fatto firmare
quella sera, in quella taverna, dove avevo bevuto tre barilotti di
birra!!!
- Bé… in effetti…
- Lo sapevo! Sei un ladro!
- Bisogna farsi furbi a questo mondo…
Tromek osservava divertito
la scena che andò avanti ancora per qualche minuto.
- Va bèeh… lasciamo perdere… altrimenti non tiriamo fuori un ragno dal
buco… dove ero rimasto ah si… volevo darti una cosa
Tromek…
Detto questo si avvicinò
alla montagna di oggetti che si trovavano a piedi del carro e cominciò a
rovistare. Dopo un po’ tirò fuori un arma e un piccolo
sacchetto:
- Tieni questi sono per te…
- Ma ho già un arma e poi cos’è quel sacchetto?
- Da quanto tempo hai quello spadone?
- Da parecchio tempo… perché?
- Quand’è stata l’ultima volta che lo hai portato da un
fabbro?
- Ehm… non mi ricordo… comunque un bel po’ di tempo
fa…
- Ecco appunto! Se continui con quelle sollecitazioni, è probabile che la
lama si spezzerà, il combattimento contro il rakensdar, non credo gli abbia
allungato la vita. Tieni, prendi anche questo e sempre meglio non
rischiare…
Così dicendo consegnò a
Tromek un altro spadone. Quando lo prese in mano, Tromek sentì che in quell’arma
c’era qualcosa di diverso, anche se non poteva dirlo con certezza, forse era
magica. Incuriosito chiese spiegazioni a Meck:
- Meck… cos’ha questo spadone, sembra essere
magico…
- Le spiegazioni a tempo debito, un giorno capirai tutto… nel frattempo
tieni anche questo…
Tromek prese il sacchetto che Meck gli consegnò e vi guardò all’interno
ma rimase un po’ deluso, in quanto vi era soltanto della polvere
argentea.
- E questa cos’è - chiese Tromek
- Polvere argentata - rispose Tromek
- … fino a lì c’ero arrivato, intendevo dire cosa mi può servire?
- Lo capirai al momento del bisogno…
- Potresti essere più preciso? Anche con lo spadone: “un giorno capirai
tutto”… non posso andare sul sicuro con un’arma di cui non conosco la natura e
con della polvere…
- E va bene, ma ti spiegherò soltanto l’uso della polvere, ascoltami
bene!
- Sono tutt’orecchi!
- Vedi, questa polvere è collegata allo spadone: quando sarai in
difficoltà, prima di estrarre l’arma dal suo fodero, devi prendere un pizzico di
polvere e metterla all’inizio della lama tra l’elsa e il fodero; dopodichè
dovrai estrarre l’arma. Una raccomandazione importantissima: non usare mai
questo metodo quando usi l’arma contro qualcuno…
- E come la dovrei usare, contro di me?
- Mi spiego: quando usi questo metodo, non dovrai usare lo spadone per
lanciare un’offensiva ma soltanto per proteggere qualcuno o te stesso; se lo
userai per uccidere qualcuno di inerme oppure lo userai contro qualcuno che non
ha lanciato l’offensiva per primo, non succederà nulla e probabilmente non
riuscirai ad estrarre l’arma; ma nel caso tu riuscissi ad estrarla e a ferire
qualcuno… non ti posso assicurare la tua incolumità
- E cosa succede quando estraggo l’arma utilizzando quel
metodo?
- Questo… non te lo so dire, perché gli effetti cambiano di persona in
persona
- Perfetto, non so come ringraziarti. A questo punto io dovrei andare,
ormai si è fatta l’alba e non posso aspettare oltre…
- Un’ultima cosa - e così dicendo si avvicinò a Tromek, facendolo
abbassare come se volesse dirgli qualcosa nell’orecchio
- Fissami negli occhi - disse Meck a Tromek
Così dicendo Tromek si
abbassò e cominciò a fissare negli occhi Meck. Si rese conto che il suo sguardo
era davvero penetrante, sembrava essere in grado, attraverso uno solo sguardo,
di sondare il cuore e la mente altrui. Dopo circa un minuto, che a Tromek sembrò
essere un’ora, Meck disse:
- Bene, puoi andare…
Per Tromek, fu come
risvegliarsi da un sogno e dovette ricevere uno schiaffo da Meck per svegliarsi
completamente.
- Che hai fatto, Meck?
- Io?!? Niente! Ti ho solo guardato negli occhi…
- Ah… si? Perfetto, allora posso andare ora?
- Ovviamente, ma ricordati cosa ti ho detto prima?
- Riguardo a ciò che mi hai dato? Tranquillo non lo
dimenticherò…
- Speriamo! Addio!
- Addio - rispose Tromek avviandosi verso la prigione di
Broscot
Mentre Tromek si
allontanava, Rotret chiese a Meck:
- E’ quello giusto?
- Forse… ma nel suo cuore regna molta confusione… finché non affronterà
le sue paure, non potrà combattere al massimo delle sue
capacità…
- Va bene così… per ora…
E così dicendo i due
mercanti e la carovana si volatilizzò, sparendo in una sottile
nebbia.
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Capitolo 4 *** Il Primo Scontro ***
Capitolo 3 - Il primo scontro
Capitolo III
Il Primo Scontro
Il sole era appena spuntato
all’orizzonte e i primi raggi illuminarono la faccia di Tromek che dopo la
nottata precedente non sembrava essere molto riposato. Continuava ad avanzare per inerzia ormai, cominciava a sentirsi addosso
il peso di tutto quello che stava facendo. Mentre si faceva largo nella
boscaglia, delle immagini gli tornarono alla mente: un bosco come quello
ricoperto di neve un bambino che correva e poi improvvisamente il suo villaggio
distrutto con Arinil rapita: ogni
pensiero gli vorticava nella mentre come in una tempesta; forse tutto quello era
generato dalla stanchezza ma tutti i ricordi non fecero altro che generare
rabbia in Tromek, che si trasformò in impeto nella sua corsa contro il tempo per
raggiungere la prigione. Dopo aver corso per un paio di minuti in preda alla
rabbia, Tromek si ritrovò in un
sentiero più grande. Il sentiero da lui percorso era circondato a destra a
sinistra da alberi ed una fitta vegetazione Quando uscì dal sentiero che era
stato sempre immerso nella boscaglia, quando si ritrovò sulla strada a maggior
importanza vide una sorta di incrocio dove più strada si incrociavano ricoperto
di numerose orme; la vegetazione,
inoltre, si faceva più rada se non del tutto assente: la strada era larga circa
tre metri e su di essa non vi cresceva nulla, segno che la strada era
particolarmente battuta. La vegetazione ai lati iniziava a farsi fitta a circa
un metro di distanza dal limite della strada: probabilmente la vegetazione è così assente
perché i soldati vi pulisco le loro armi - pensò Tromek. In effetti nella
zona adiacente alla strada non vi erano alberi ad alto fusto ma solo piccoli
arbusti con i rami tagliuzzati. Tromek si avvicinò e vide che i rami tagliati,
che si trovavano alla base degli arbusti, si chinò e ne raccolse uno; osservando
la parte tagliata, vide che era di colore giallastro tendente al verde: questo significa che sono stati tagliati da
poche ore… allora sono passati di qui!
Così dicendo cominciò ad osservare le parecchie delle orme presenti
sul terreno, cercando quelle che lo avrebbero condotto alla prigione. Osservò le
orme presenti sul sentiero da dove proveniva e ne cercò di simili nei dintorni.
Cercò per circa cinque minuti, poi finalmente ne trovò alcune che erano molto
simili a quelle del sentiero: beccati!
Subito si getto a capofitto nell’inseguimento e cerco di dosare le forze per
evitare di essere sfinito in caso di problemi. Alternava un tratto di corsa ad
uno di cammino e così facendo riuscì a coprire più strada in meno
tempo.
Dopo aver camminato per
circa un’ora si trovò davanti ad un problema: destra o sinistra? Si trovava infatti
davanti ad una diramazione della strada che si separava in altre due: una andava
a destra ed una a sinistra. L’unica cosa
da fare è cercare di nuovo le orme… uff! Tromek cominciò nuovamente la
ricerca delle orme. Notò una cosa strana: la strada di destra era
particolarmente battuta e vi erano talmente tante orme da non poterne
riconoscerne alcuna; inoltre da circa mezz’ora era iniziata una sottile
pioggerellina che di per se non dava fastidio, anzi rinfrescava l’accaldato
Tromek, ma dall’altra di certo non aiutava a riconoscere le orme. La strada a
sinistra invece non era molto battuta ma a causa dell’umidità le orme erano
irriconoscibili.
- E adesso che faccio?!?
Nel momento in cui
pronunciò l’ultima sillaba cominciò a sentire dei sottili rumori provenienti
dalla boscaglia. Si mise in ascolto per cercare di capire cosa fosse. Sentiva
voci e passi: gente procedeva di corsa attraverso la boscaglia accompagnata da
un continuo rumore di rami spezzati. Subito mise la mano sull’elsa della spada e
si preparò al peggio. Il rumore si faceva sempre più vicino e forte ma non si
riusciva a capire da dove provenisse: nella particolare zona in cui si trovava
c’era una sorta di eco che rendea impossibile capire da dove arrivassero quelle
persone; Tromek, con la spada pronta per essere sguainata girava su se stesso
completamente disorientato: era sempre più agitato. Improvvisamente sentì
qualcosa proveniente da dietro si se, si girò di scatto ma non c’era nulla: deve essere stata la mia immaginaz… non
riuscì a finire di pensare la frase che qualcuno gli andò addosso facendolo
cadere a terra di faccia.
- Ehi! Ma che fai fermo in mezzo alla strada?!?
La voce che Tromek sentiva
era femminile, quindi significava che la persona che gli era andata addosso e
che aveva sopra era una ragazza… imbarazzato si girò e si alzò. Quello che aveva
pensato corrispondeva al vero, infatti era proprio una ragazza ad essergli
andata addosso; era vestita con abiti abbastanza vissuti, il corpo era minuto, i
capelli di un castano chiaro e gli occhi… particolari: non erano occhi umani, le
pupille infatti non avevano una forma circolare, ma bensì erano leggermente più
allungate; il colore dell’iride, inoltre, era indefinibile: a seconda di come
veniva guardato aveva una diversa colorazione. Tromek si avvicinò e la aiutò ad
alzarsi.
- Ahi ahi… ma dove guardavi? Grazie…
- Ma che stavi fac…
- Scusa non posso rimanere sto scappando…
- Scappando da chi?
- Da quegli uomini!
Poco dopo che sentì quelle
parole, dalla boscaglia uscirono 5 uomini armati. Tutti avevano indosso una
armatura; non sembrava particolarmente nuova anzi era abbastanza danneggiata,
probabilmente non era mai stata portata da un fabbro oppure avevano appena
affrontato qualcosa o qualcuno che l’aveva ridotta così. Le armi non sembravano
migliori: le spade presentavano segni di ruggine; quelle spade non sono state usate per un
po’, è probabile che non abbiano neanche un buon filo. Vedendo Tromek, uno
di loro, si fermò e diede l’ordine anche agli altri che si bloccarono di
colpo.
- Ehi, tu, ragazzino! Hai visto una ragazza fuggire in questa
direzione?
- Si l’ho vista
Aili che si era nascota tra
i cespugli, poco distanti pensò: ma cosa
sta facendo, vuole veramente dire dove sono andata
-
Da che parte è andata?
- Perché la cercate?
- Ascoltami bene! Sono io qui a fare le domande e poi non sono affari
tuoi. Ora dimmi dov’è andata altrimenti…
- Altrimenti cosa?!?
- Ohhh… abbiamo un ragazzo che vuole morire giovane - così dicendo
cominciò ad avvicinarsi a Tromek con aria strafottente.
Ma che fa?!? Vuole morire
per non dire dove sono?!? O è estremamente scemo oppure estremamente sicuro di
se… mi sa che è più probabile la prima non ha il fisico di uno che sa
combattere… che strano ha due armi sul fianco… questa è al prova… è
scemo…
Tromek non battè ciglio
fissando l’uomo che si stava avvicinando
- Ragazzi… avete visto??? Ha due armi niente male! Faremo un bel gruzzolo
rivendendole - così dicendo la combriccola cominciò a
ridere
- Ascoltami, ragazzino, ti faccio una proposta. Tu ci dai le due spade e
e noi ti risparmiamo la vita…
- Perché non vieni a prendertele
A queste parole l’uomo si
arrabbiò e sbottò:
- Con chi credi di avere a che fare?!? Con dei dilettanti?!? Smettila di
fare lo sbruffone o ti taglierò la gola!
- E con cosa lo faresti? Con quella sottospecie di spada? Forse fa più
male una spada di legno
- Bene… allora dacci le tue!!!
Vedendo che l’uomo era
scattato in avanti, Aili sentì una fitta al petto: ma cosa fa?!? Vuole rimanerci secco?
Così dicendo si alzò in piedi e urlò:
- Fermi! Sono qui! Lasciatelo stare!
L’uomo che era partito alla
carica si fermò di colpo e sogghignò:
- Allora voi due eravate in combutta
- No! Lui non c’entra niente! E’ solo uno che ho incontrato per
strada -
Bene… allora vieni qui…abbiamo un conto in sospeso…
A queste parole Aili
cominciò ad avanzare verso l’uomo. Ma che
fa?!? Pensava che non sarei stato in grado di affrontare questi sbruffoni?!?
Pensando queste parole notò lo sguardo di rassegnazione della ragazza e decise
di impugnare l’arma che gli aveva consegnato Meck. Spostò la mano sull’altra
elsa e sentì la spada fremere sotto di essa, tentò di estrarla ma senza
successo…la polvere, giusto… con un
gesto rapido e senza farsi prese un pizzico di polvere dal sacchetto che aveva
legato alla cintura e la mise sull’elsa. Impugnò fermamente l’elsa e estrasse lo
spadone dal fodero con tutta la forza che aveva in corpo e lo impugnò a due mani
pronto al combattimento; sentì un energia incredibile pervadergli il corpo e
vide che sulla lama erano apparsi dei simboli rilucenti di una forma
incomprensibile; si sentiva come se fosse stato acceso un fuoco dentro di lui:
un fuoco talmente caldo che avrebbe potuto bruciare ogni cosa. La prima cosa che
gli venne in mente fu che tutta quell’energia provenisse dai simboli incisi
sulla lama dello spadone; più riluceano più se risentiva forte ed in grado di
sconfiggere ogni cosa: simboli o forse parole di una lingua a lui sconosciuta,
che però parevano essere familiari come se Tromek li avesse visti già da qualche
altra parte…
- Ehi, tu!! - disse ad alta voce all’uomo che prima lo aveva minacciato
- lasciala
stare!!
- Ti ho già det… - quando si girò e vide lo spadone estratto dal fodero
disse - Hahaha cosa credi di fare con quella lama?!? Non riuscirai neanche a
brandirla ci scommetto! Chissà che sforzo stai facendo per tenerla alz… - prima
di finire la frase si ritrovò Tromek che teneva la lama ad un millimetro dalla
sua gola; lo guardò negli occhi e si spaventò: erano cambiati, ora avevano dei
riflessi color rosso fuoco ed avevano uno sguardo talmente profondo da dar
l’impressione di essere in grado di risucchiare l’anima di chi li avrebbe
osservati troppo lungo. Noto poi la lama dello spadone e rimase pietrificato: i
simboli che erano apparsi quando Tromek aveva estratto la lama dal fodero erano
diventati di un color rosso fuoco, proprio come gli occhi del
ragazzo.
- Dimmi immediatamente cosa vuoi da quella ragazza, altrimenti non
sposterò la lama di quel poco che basta per togliere di mezzo dei
rifiuti…
- Calma, calma!! Non c’è bisogno di scaldarsi tanto! Stavo solo
scherzando prima quando ti dic…
- Dimmelo! - urlò Tromek premendo la lama sulla gola
dell’uomo
Gli altri componenti del
gruppo non sapevano che fare; si guardavano l’un l’altro sperando che a qualcuno
tra di loro venisse un’idea per uscire da quella situazione; quando videro gli
occhi di Tromek che si erano posati su di loro squadrandoli dalla testa ai
piedi, fecero un passo indietro e gettarono a terra le armi pietrificati dal
terrore.
- Va bene! Ha rubato del denaro da casa mia! - disse l’uomo sotto
torchio
- Hai delle prove a riguardo?
- No… però…
- Però cosa?!?
- Però quando l’ho chiamata per interrogarla riguardo al furto è scappata
via!
- E ti sembra un buon motivo per seguirla in questo
modo?!?
- Beh… per me… si
A queste parole, Tromek
accecato dalla stupida di quell’uomo lo prese per la collottola e disse
scandendo le lettere una ad una...
- Sparisci!
Gettò l’uomo a terra che,
come gli animali quando incontrano qualcuno di più forte di loro, si sottomise a
Tromek abbassando lo sguardo…
- Va bene! Ti chiedo scusa!
- Non devi chiedere scusa a me!
- Ho capito! Ehi tu, rag…
- Ha un nome!
- Ok, ok… non ci scaldiamo troppo… come ti chiami
ragazza?
- Aili… - ancora scossa
dall’accaduto no riuscì a dire altro…
- Ti chiediamo scusa -
risposero in coro i 5 uomini tutti con le teste abbassate…
- Sappiate che se verrò a sapere di una qualsiasi cosa causata da voi che
capiterà ad Aili od a chiunque altro legato a lei… scoprirete cosa significa la
parola, dolore… e ora sparite e non fatevi più vedere dai miei
occhi
Così dicendo i cinque
uomini cominciarono a correre in modo disordinato inciampando ovunque;
osservando quella scena Aili cominciò a ridere. Tromek osservò ancora per un po’
i cinque scappare nella boscaglia, poi rinfoderò lo spadone: l’energia che prima
lo aveva pervaso improvvisamente, sparì allo stesso modo, dopodichè, si girò e
chiese a Aili:
- Tutto bene? Sei ferita?
- N…no - rispose Aili un po’ impaurita
- Bene, sono contento… - così dicendo Tromek si sentì mancare le forze e
cadde a terra
- Ehi cosa ti succ… - Tromek non sentì più nulla, la vista si offuscò e
tutto si fece buio; aveva perso i sensi.
***
Ehi… ma che è successo… ohi
che mal di testa… ah si ora ricordo… Aili! così pensando si alzò di
scatto in cerca di Aili, ma la mancanza di energia si fece subito sentire e
cadde nuovamente a terra.
- Sei stato coraggioso…
nessuno mi aveva mai difeso in quel modo…
- Aili… sei
tu?
- Si, stai
tranquillo…
- Cosa mi è
successo?
- Beh… sei svenuto dopo che
hai rinfoderato l’arma che portavi con te… allora ti ho preso portato in questa
grotta in modo da poterti accudire…ah… ehm… ti ho tolto l’armatura che avevi sul
petto e sulle braccia… non potevo far nulla senza togliertela… l’ho messa
insieme a tutto la tua roba laggiù
- Grazie. Posso chiederti
per quanto tempo ho dormito?
- Beh… penso si e no cinque
o sei ore…
- Così tanto?!? Devi
muovermi non c’è più tempo da perdere!
Tromek si alzò nuovamente
di scatto ma per la seconda volta cadde a terra senza riuscire a muoversi. Non
gli era mai capitata una cosa simili in anni di combattimenti. Quell’arma ha davvero qualcosa di strano… un
combattimento come quello non può avermi ridotto così… deve essere stata per
forza quella spada… pensò
Tromek.
- Non ti affaticare… è inutile… tanto anche se riuscissi ad uscire di qui
non potresti fare nulla per due motivi: non sei al massimo delle tue forze e poi
è quasi buio… si sta facendo notte… è meglio stare qui almeno non rischiamo di
fare brutti incontri… comunque grazie… mi hai salvato la vita… quegli uomini se
mi avessero preso chissà cosa mi avrebbero fatto… solo che non capisco una cosa…
hai detto… che se succederà qualsiasi cosa a me o a qualcuno legato a me, tu li
saresti andati a cercare… ma non mi conosci neppure! - disse Aili con un’aria a
metà tra lo scherzoso e l’interrogativo
- Beh… sai… ho imparato che
tutte le persone di quel genere reagiscono bene all’intimidazione e così ho
forzato un po’ la cosa…
- Ah ok… grazie… - disse
Aili sorridendo…
- Comunque, ti sbagli sono
io a doverti ringraziare non tu a doverlo fare con me… chiunque avrebbe salvato
una bella fanciulla in pericolo… - sorrise Tromek
- Eh?!? - Aili stupita si
coprì a faccia arrosendo
- E poi se tu che mi hai
salvato… probabilmente se fossi rimasto dove sono svenuto, sarei diventato preda
per qualche bestia feroce… comunque… - e così dicendo Tromek si alzò lentamente e faticosamente dal suo
giaciglio - … appena mi sento meglio devo ripart… - dopo che si fu alzato vide
che Aili aveva le lacrime agli occhi
- Ehi… che ti succede?!? -
chiese Tromek preoccupato
- No,
niente
- Dalle mie parti quando si
piange c’è sempre un motivo - così dicendo prese il suo mantello e lo diede ad
Aili per asciugarsi le lacrime
- Tieni, un fazzolettino
per asciugarti le lacrime, un po’ ruvido purtroppo…
Vedendo che Tromek le stava
porgendo il mantello, Aili accennò un sorriso e si asciugò le
lacrime
- Adesso dimmi perché stavi piangen… - Tromek non riuscì a finire la
frase che la ragazza gli si gettò al collo nuovamente in
lacrime
- Devi sapere che fin da
quando sono nata nessuno voleva a che fare con me… anche i miei genitori mi
abbandonarono, infatti sono stata cresciuta da una donna che mi trovò per caso
in un bosco. Non so se lo hai notato ma non sono completamente umana: guarda i
miei occhi… sono per metà elfici e per metà umani
- Questo significa che tu
sei una mezz’elfa!
- Ti prego non mi chiamare
in quel modo, l’ho sempre odiato: tutti quelli che mi volevano male mi
chiamavano “sporca mezz’elfa”
- Va bene, allora ti
chiamerò Aili
- Ti
ringrazio…
- Non mi hai ancora detto
perché piangi
- Il motivo è che tu sei la
prima persona che ha rischiato qualcosa per me… anche la donna che mi accudì per
molto tempo non ci pensò due volte a lasciarmi in balia di me stessa quando la
mia presenza nella sua vita cominciava a diventare scomoda… probabilmente
qualcuno che mi conosceva sarebbe scappato e mi avrebbe lasciato in mano a
quegli uomini, o forse li avrebbe aiutati ad acciuffarmi…
- Tranquilla, io non sono
quel genere di persona; non ti avrei mai lasciata in mano a quei loschi
individui… - mentre Tromek parlava non si era accorto che Aili si stava,
praticamente accucciando, sulla sua spalla
- Non so perché, Tromek, ma
tu emani un piacevole tepore…
Tromek era in crisi. Non
sapeva che fare; una ragazza che si stava accucciando su di lui per dormire...
poi gli balenò in mente una cosa prima le
avevo detto che era bella fanciulla… aaaaah!!!! Che ho fatto!?! Mi sono rovinato
con le mie mani!?! No! No! No! Che devo fare?!?!
Aiutoooooooo!
- Immagino che tu sia molto
stanca dopo tutto quello che hai passato… adesso tocca a me prendermi cura di
te… se vuoi puoi dormire nel mio giaciglio con me, almeno sarai al
sicuro…tranquilla non mordo… - ma che sto dicendo!?!?!? Cosa era quella
polvere qualche sostanza che mi ha fatto perdere la
testa?!?
- Ti ringrazio… non me lo
aveva mai permesso nessuno… - dopodichè si addormentò
profondamente
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