I Cavalieri dei Draghi

di Delthur
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** L'inizio di tutto ***
Capitolo 3: *** L'arma ***
Capitolo 4: *** Il Primo Scontro ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Capitolo 0 - Prologo

I CAVALIERI DEI DRAGHI

Capitolo 0 - Prologo

- Koragg’! Okmai è quazi ora, - gridò una voce afona e stridula - è quazi ora di parktire! Preparaktevi!

         A queste parole decine di figure incappucciate gridarono - A zuoi ordini, Kapo - e cominciarono a seguire colui che aveva gridato; tutte osservavano il cielo, come se fossero in attesa di qualcosa. Il bosco aveva qualcosa di innaturale: tutti gli alberi erano secchi, ma davano l’impressione di essere morti in un modo violento; tutti i rami erano contorti come se qualcosa o qualcuno avesse risucchiato loro via la vita improvvisamente. Molto probabilmente il bosco era morto da più tempo ma da cento anni non vi cresceva più nulla; il terreno era celato da una fitta nebbia, che alla vista pareva essere particolarmente “pesante”, come se non fosse nebbia d’acqua ma di qualcosa di più denso. Al passaggio delle figure, la nebbia rimaneva immobile e non subiva nessun tipo di deformazione, sembrava che una forza oscura la costringesse a rimanere bloccata in una posizione. Dopo aver camminato non poco nel bosco, gli “incappucciati” arrivarono al cospetto di una losca figura, avvolta dall’oscurità e seduta su un trono d’ossa. A questo punto colui che veniva chiamato “Kapo” urlò:

- Inkinatevi a cozpekto del noztro potente padrone e abazkatevi i capputtci in zegno di zotkomizzione!

In un orrido scricchiolio d’ossa tutte le figure si inginocchiarono e abbassarono i cappucci rivelandosi per quello che erano: scheletri.

Nelle loro orbite vuote bruciavano due puntini rosso fuoco; sui loro corpi non erano rimasti che pochi brandelli di carne in putrefazione e qualche straccio di vestiario di quando erano ancora in vita. Il mantello che indossavano era la pelliccia di qualche animale ucciso moltissimo tempo prima: aveva perso tutta la sua lucentezza ed era diventato opaco, come se, essendo indossati da degli scheletri, avessero risentito di influssi negativi provenienti dalle malvagie creature. Quasi tutti erano scheletri di orchi ma ve ne erano anche di umani e troll. Dopo qualche istante la figura seduta sul trono disse, con una voce rauca e profonda:

- Alzatevi miei servitori, non è il momento di convenevoli - dopo una pausa, in cui tutti gli scheletri si alzarono, riprese - Domani… il nostro destino si compirà e regione di Aconbot cadrà ai nostri piedi, come questo bosco cadde, sotto il mio sortilegio, molti anni or sono - a queste parole, tutti i suoi servitori alzarono al cielo, quelle che un tempo erano braccia, esultando come se avessero vinto una guerra.

A questo punto colui che era seduto sul trono riprese a parlare quando improvvisamente si interruppe cominciando a ridere; dopo qualche istante esclamò in tono sarcastico:

- Voi laggiù, nella boscaglia, venite fuori e mostratevi, non abbiate timore, non vi faremo nulla…

A queste parole vicino al gruppo di scheletri si sentì qualcuno fuggire sulle foglie secche, in tutta fretta; quando il Capo degli scheletri stava per dare l’ordine di seguirli, stanarli e ucciderli, il “Padrone” disse:

- Fermo! Lasciali andare tanto ormai, nessuno ci può più fermare! - Dopo una pausa riprese - Ti nomino mio diretto subordinato ed esecutore, d’ora in poi sarai chiamato Spank…

A questo punto Spank, chiese: - P…Pa…Padrone, noi umiliki zerviktori come poktere kiamarala?

- Chiamatemi semplicemente… Demolich.

A questo punto si alzò rivelando la sua vera natura: un cadavere camminante di un uomo la cui carne era in putrefazione; occhi, di un rosso cremisi, occupavano le orbite di una testa, che ormai aveva ben poco di umano. Indosso aveva i brandelli di quelli un tempo erano abiti sfarzosi ed alcuni gioielli rovinati dal tempo. Probabilmente quando era in vita, il Demolich, era un mago amato e rispettato da molta gente e proprio per questo, forse, dopo la morte si trasformò in un lich: a causa del suo attaccamento alla vita non accettava la morte e questo desiderio lo spinto ad usare i suo poteri magici per rimanere in vita sotto le sembianze di un lich. Molto probabilmente, poi, volendo ottenere sempre più potere, fece un patto con una divinità malvagia che lo trasformò in un Demolich: un lich la cui potenza magica si avvicinava a quella di una semi-divinità e la cui malvagità, non conosceva limiti.

        

 

Nel frattempo in un vicino accampamento umano, un soldato porta brutte notizie al suo comandante:

- Signore, alcuni osservatori riferiscono di un gruppo di scheletri a nord, si pensa si stiano preparando ad attaccarci alle spalle!

- Chi li comandava?

- Per il tempo in cui gli osservatori sono rimasti a spiare è sempre rimasto in ombra e non si sa chi o cosa sia!

- Capisco. Organizzate due plotoni pesanti armati di armi contundenti, come mazze o bastoni ferrati, niente spade sono molto meno efficaci contro delle ossa che camminano, e metteteli a difendere il fronte a nord.

- Sissignore!

         - Non possiamo farci sconfiggere da scheletri, dobbiamo difendere questa postazione ad ogni costo non deve passare nessuno, né da nord né da qualunque altra parte!

         - Arrivanooo… - urlò un soldato in preda al panico - arrivano dei mostri da nord!

         - Sono scheletri? - chiese il comandante

         - Si, e non solo, ci sono delle specie di cadavere ed un mostro rosso al comando!

         - Un cadavere?!? Quello è un lich! Idiota! E’ quel che rimane di un mago morto chissà quanto tempo fa! Mentre l’altro… No! Non può essere… com’è potuto… dimmi, l’altro al comando degli scheletri, ha delle armi che sembrano in fiamme?

         - Si comandante!

         - Oddio! Quello è un demone! Che Hidron ci aiuti! Sbarrate tutti i cancelli non devono riuscire a passare o sarebbe la fine per noi e per tutti! Forza! Muoversi, muoversi!

         - Sissignore, agl’ordini - risposero i soldati all’unisono

         Tutto l’accampamento cominciò ad andare in fibrillazione, dopo aver sbarrato le porte i soldati si disposero in ranghi serrati in attesa del nemico, che non tardò ad arrivare. In pochi secondi le colline circostanti erano diventate bianche: gli scheletri erano talmente tanti da ricoprire ogni spazio verde. Erano capeggiati dai lich e da un demone: quest’ultimo impugnava due armi, una frusta e una spada, entrambe avvolte dalle fiamme; possedeva inoltre due ali che si aprivano sulla schiena, simili a quelle di un pipistrello, di un colore rosso sangue. Dopo pochi minuti che, per l’esercito umano, sembrarono un’eternità, i lich si lanciarono alla carica seguiti dall’orda di scheletri. A quella vista, le balliste, posizionate sulle torri, e i trabocchi, all’interno dell’accampamento, cominciarono a lanciare dardi proiettili infuocati, nel tentativo di mietere più vittime possibile nello schieramento nemico. I dardi furono meno efficaci dei proiettili, in quanto una volta raggiunta la terra si conficcavano nel terreno; i proiettili invece arrivati a terra, continuavano a rotolare per qualche metro, schiacciando parecchi scheletri. Si decise allora di caricare le baliste, con dei proiettili esplosivi: creati dall’alchimista, erano stati riempiti di una strana polvere, che prendeva fuoco facilmente; se invece veniva compressa, in poco spazio, una grande quantità di polvere, questa, al contatto con una fiamma, esplodeva violentemente. La polvere era stata soprannominata dall’alchimista, polvere nera, per il colore che aveva. Grazie a queste capacità della polvere, l’alchimista, aveva creato dei dardi esplosivi: dopo aver creato una cavità all’interno dei dardi per ballista, essa veniva riempita da questa polvere, dopodichè veniva accesa la punta del dardo; quando esso veniva lanciato, poco prima di raggiunge terra, il fuoco raggiungeva la polvere all’interno, causando, così, una forte esplosione. Tutte le balliste furono caricate e proiettili esplosivi e in poche decine di secondi furono pronte a fare fuoco; al segnale de comandante, una ventina di proiettili infiammati partirono, in volo, dall’accampamento; i soldati osservavano la traiettoria dei proiettili, con uno sguardo colmo di speranza, perdendo la cognizione del luogo in cui si trovavano; soltanto il grido del comandante richiamò la loro attenzione:

         - Mi spiegate che state facendo?!? Non addormentatevi! Ricaricate le balliste! Dobbiamo uccidere quei mostri! …se si possono uccidere…

Mentre i soldati stavano ricaricando le armi, i proiettili arrivarono a terra: tremende esplosioni, stavano ora devastando le linee nemiche; in quei pochi secondi, furono distrutti più scheletri di quanti se ne erano eliminati dall’inizio dello scontro. I soldati avevano ora ricaricato le armi e si prepararono a lanciare i proiettili al segnale del comandante; questo non si fece attendere e per la seconda volte delle traiettorie infuocate, solcarono il cielo in direzione dei nemici, ma qualcosa andò storto: alcuni proiettili, circa cinque o sei, esplosero in aria, altri invece, arrivano a terra senza esplodere. I soldati si resero conto, che i lich avevano messo la loro magia a difesa delle truppe scheletriche. Questo, però, non fece perdere loro d’animo e in pochi istanti erano nuovamente pronti per lanciare altri proiettili. Pochi secondi dopo, il comandante diede il segnale e il cielo fu nuovamente solcato da proiettili infuocati. Questo attacco sembrò segnare la sconfitta degli umani: la magia difensiva dei lich era, ora, alla massima potenza. Le traiettorie dei proiettili, improvvisamente, cambiarono direzione e si diressero verso l’accampamento; in un solo istante, tutti gli sforzi degli umani risultarono vani: i colpi, che avrebbero dovuto aiutare l’esercito umano, si ripercossero contro di loro e le porte dell’accampamento vennero distrutte dalle esplosioni lanciando in aria, frammenti e polvere. Quando dopo alcuni minuti, la polvere si era finalmente posata e gli umani si resero conto della gravità della situazione: davanti a loro ora si parava uno spettacolo terrificante: tra loro e l’esercito di scheletri non vi era più nulla: le porte erano totalmente distrutte. Lentamente, i nemici avanzavano sempre più determinati, diffondendo il panico tra i soldati. Dopo poco, il demone e alcuni reggimenti di scheletri, si lanciarono verso gli umani. Quest’ultimi, sotto gli ordini del comandante, organizzarono un fronte, con alcuni reggimenti di fanteria pesante per tentare di bloccare l’avanzata dei nemici. In pochi secondi, però, il demone, con un incredibile facilità, aveva sfondato il presidio degli umani ed in poco tempo l’accampamento era pieno di scheletri. I soldati, rimasti, gridando in un impeto di coraggio, si lanciarono alla carica, e causarono molte perdite tra le linee nemiche ma questo non fermò l’avanzata nemica; i lich, ora, erano entrati con il resto dell’esercito, e insieme al demone, cominciarono a mietere vittime con una facilità sorprendente: il demone sembrava invulnerabile, qualunque cosa lo toccava, andava in fiamme. In meno di dieci minuti, l’esercito di umani era stato dimezzato mentre quello nemico, non aveva subito molte perdite, grazie alla abilità sopranaturale dei lich di poter ricomporre gli scheletri se venivano distrutti. Il comandante vedendo, ormai, la situazione sfuggirgli di mano, ordinò la ritirata sussurrando una supplica al suo dio, Hidron. I minuti passavano e l’esercito umano continuava ad indietreggiare; per parecchio tempo il demone e i lich non si fermarono uccidendo e distruggendo qualsiasi cosa fosse lungo la loro strada; poi, improvvisamente, il demone guardò verso sud, poi alzò gli occhi al cielo ed un ruggito scaturì dalle sue fauci. Da sud, stavo arrivando sette draghi, ma questi non erano soli: in sella ad essi c’erano delle persone. Quando i sette draghi atterrarono, i pochi soldati si rincuorarono vedendo quello spettacolo: il drago centrale brillava di una luce calda e morbida che alleviava il dolore; il “Salvatore”, così chiamato in seguito colui che era in sella al drago centrale, impugnava una spada splendente. Anche gli altri draghi brillavano di una fievole luce ma i loro “cavalieri” non impugnavano una spada splendente. Il “Salvatore” avanzò verso il demone e i lich in sella al suo drago, li fissò per qualche minuto, che sembrarono interminabili, e poi tornò dai suoi compagni, lì guardò e diedero, insieme, un colpetto al loro drago. Immediatamente questi si scagliarono verso gli avversari e cominciò una battaglia, senza esclusione di colpi, che durò per due giorni e due notti, senza che nessuno dei due schieramenti mostrasse segni di affaticamento o sconfitta. Molto scheletri non riuscirono a resistere alla forza dirompente dei sette draghi, e furono spazzati via in modo davvero sorprendente: quando la spada splendente mandava a segno un colpo su uno di essi, questi evaporava in un fumo bianco, come se la spada fosse in grado di purificare ciò che era malvagio. Alla vista di quella forza dirompente i soldati riamasti si lanciarono alla carica contro l’esercito nemico. I lich e il demone erano impegnati nel combattimento contro i sette cavalieri e non badavano al loro seguito; questo giocò a favore degli umani in quanto gli scheletri senza l’incantesimo dei lich non potevano ricomporsi, e quest’ultimi erano troppo impegnati nel combattimento per prestare attenzione a cosa capitava all’esercito. All’alba dei terzo giorno il “Salvatore”, gridò al comandante di andarsi a nascondersi e lasciare perdere i pochi scheletri rimasti. Questi non se lo fece ripetere due volte e portò i suoi soldati in un luogo sicuro da dove però potevano osservare lo scontro. Quando il “Salvatore” vide che tutti i soldati erano al riparo, alzò la sua spada splendente verso il sole e sussurrò delle parole magiche: la spada cominciò a vibrare ed ad illuminarsi fino a che il suono divenne insopportabile e la luce accecante; in un lampo di luce tutti gli scheletri riamasti e il loro capi erano scomparsi. I sette eroi, che avevano salvato moltissime persone da una morte certa, scomparirono all’orizzonte: la sola cosa che rimase di loro fu lo spadone impugnato dal “Salvatore” che però aveva perso la sua capacità di brillare; l’unica cosa particolare rimasta erano delle parole incise lungo la lama che non furono mai decifrate. Con il passare del tempo, anche se tutti promisero di tramandare questa storia di padre in figlio, i sette eroi finirono per diventare una leggenda e la loro spada venne dimenticata in qualche luogo sconosciuto.

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Ecco... questo è il prologo della mia storia... non so se vi è piaciuto ma spero di si... ho già pronti altri capitoli dove inizierà la vera storia con il protagonista ecc... ho deciso di pubblicare un capitolo a settimana... spero arrivino molte recensioni... magari dite cosa secondo voi c'è che non va bene o che va bene... così posso migliorare i prossimi capitoli...

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Capitolo 2
*** L'inizio di tutto ***


Capitolo 1 - L'inizio di tutto

Capitolo I

L’inizio di tutto


         Sono passati ormai quasi duecento anni dalla famosa guerra tra umani e scheletri; nel mondo, ormai, regnerebbe la pace se un tiranno non avesse preso il potere, sottomettendo quasi tutta la popolazione di Aconbot, una delle regioni più estese di tutto il continente ad est.

         In un piccolo paesino, un anziano signore, pronipote di un soldato partecipe alla guerra ed anch’egli un soldato in congedo, raccontava, ai bambini del villaggio, di come si svolse il conflitto; questi, rimasero profondamente preoccupati ed impauriti a causa degli scheletri ma l’anziano, scoppiando in una sonora risata, disse:

- Non vi preoccupate, è passato molto tempo, ormai penso che non torneranno più quei brutti scheletri!

         Quando i bambini ebbero finito di fare domande, l’anziano, li mandò a casa, perché si stava facendo tardi, ma prima che potessero uscire dall’abitazione, un uomo arrivò in fretta, dicendo:

- Stanno arrivando le guardie dell’impero

- Cosa ci fanno qui?!? - disse l’anziano

- Non ne ho la più pallida idea; però, non mi sembra che abbiano delle intenzioni amichevoli, sono armati di tutto punto…

- La cosa non mi piace affatto; se vengono in un villaggio così sperduto, significa che qui c’è qualcosa che interessa all’imperatore.

- A questo punto la cosa più saggia è rimanere nascosti!

- Bambini venite con me; non abbiate paura, vedrete che tra poco tutto sarà finito…

L’anziano signore prese una lanterna e scese, con i bambini, delle ripide scale poste sotto una botola che, anche ad un osservatore esperto, sarebbe sfuggita, nascosta sotto un mobile della cucina. Probabilmente il tempo passato nell’esercito, lo aveva fatto diventare particolarmente capace a nascondere le tracce. Al termine della scala, si allungava un corridoio avvolto nella più profonda oscurità: era poco più largo di mezzo metro e probabilmente due persone robuste non ci sarebbe passate affiancate; alto circa due metri e mezzo, aveva delle torce ad altezza uomo. Queste, ormai, non potevano essere più accese, a causa degli anni passati in quel cunicolo umido, ma l’anziano vecchio ne prese una lo stesso, strappò un lembo della sua tunica e l’avvolse attorno alla testa della torcia; prese una piccola borraccia, che teneva all’interno della tunica, e la aprì. Bevve un po’ del liquore che era all’interno ed il rimanente lo usò per inzuppare la testa della torcia; aprì la lanterna e con la fiamma diede fuoco alla torcia che si incendiò in pochi secondi. L’anziano cominciò ad avanzare seguito dai bambini; il corridoio era ostruito da un’infinità di ragnatele, apparse dopo i molti anni in cui il passaggio era rimasto chiuso, ma grazie alla torcia per l’avanzata non ci furono problemi. Nel frattempo in “superficie”, l’esercito aveva “invaso” il villaggio senza che i popolani potessero fare qualcosa per impedirlo.

L’esercito era arrivato improvvisamente e nessun fu in grado di affrontarli; la popolazione era costituita in prevalenza donne ed anziani, perché molti degli uomini erano andati a combattere al fronte e non erano ancora tornati.

         - Ascoltatemi bene! Vi concedo la libertà di fare ciò che volete con la popolazione, ma non dovete toccare le ragazze vicino ai 20 anni. Per il resto della popolazione fate ciò che volete! Mi interessano soltanto le ragazze! Tutte quelle che trovate portatele al mio cospetto... senza farci nulla! Capito?

         - Sissignore!

         In poco più di mezz’ora il villaggio fu messo a ferro e fuoco; tutte le porte delle case furono abbattute; tutto ciò di valore che i soldati trovavano, veniva portato via. Quasi tutte le persone che si erano nascoste in casa non ebbero via di scampo; alcune, però, ebbero la fortuna di potersi nascondere in qualche botola o scompartimento segreto, azione che salvò loro la vita. Ogni volta che in un casa trovavano una ragazza, questa veniva presa e separata dalla sua famiglia; molto spesso i soldati, con degli atti di crudeltà più che assoluta, uccidevano davanti ai loro occhi i loro famigliari. Lentamente, ma inesorabilmente, tutte le ragazze furono prese e portate al cospetto del capitano. Una per una, venivano distese sui resti della fontana della piazza e veniva avvicinata alla loro fronte, una piccola fiala. Ogni volta, però, non succedeva nulla ed il capitano cominciava a perdere la pazienza:

         - Maledetta fiala del cavolo! Vuoi fare qualcosa - e così dicendo cominciò ad agitarla violentemente

Arrivò, poi, il turno di una ragazza molto bella, di nome Arinil; ormai aveva perso i sensi, forse a causa della ferita che aveva sulla nuca, ma venne comunque distesa sulla lastra e le venne portata alla fronte la fiala:

- Ecco, finalmente l’abbiamo trovata! E’ lei! - mentre pronunciava queste parole la fiala cominciò a brillare e sulla fronte della ragazza apparse uno strano simbolo. A questo punto il capitano disse:

- Portatela via. Delle altre fate ciò che volete!

I soldati non se lo fecero ripetere due volte e per circa mezz’ora si divertirono con le ragazze rimaste. Dopo di che, i soldati presero Arinil e decisero di caricarla su una cavalcatura. Prima che potessero legarla, a quello che era una sottospecie di grosso scarabeo gigante, di un colore marrone ruggine e privo di ali, che i soldati chiamavano draft, un uomo incappucciato arrivò alle spalle del capitano: era avvolto in mantello, di un nero così profondo da rendere quasi impossibile vedere la linea di separazione tra la notte ed il mantello; un altro particolare di quel uomo era il cappuccio: non era un cappuccio normale ma era abbastanza lungo da rendere impossibile vedere gli occhi dell’uomo ma solo la parte inferiore della bocca. Una cosa che fece rimanere perplesso il capitano furono i capelli: sufficientemente lunghi da uscire dal cappuccio, sembravano essere di platino; soltanto pochi uomini avevano quei capelli e le uniche due opzioni erano: o il misterioso uomo apparteneva alla famiglia reale, che per distinguersi dalle altre persone si schiariva i capelli, oppure non era umano. L’uomo si avvicinò al capitano e disse:

- Nel viaggio non deve ferirsi, perciò dovrà essere trasportata da te, capitano.

Il soldato sorpreso chiese all’incappucciato chi fosse, ma l’uomo rispose in modo brusco:

- Questo… non ti riguarda…

         Dopo di che l’uomo prese un draft e scomparve allo stesso modo in cui era arrivato. A questo punto i soldati salirono sui loro mezzi di trasporto e se ne andarono.

- Ascoltatemi! Finito con le ragazze uccidete anche tutti i sopravvissuti!

Detto questo il capitano partì seguendo la carovana di soldati, portando con se Arinil.

Intanto l’anziano ed i bambini stavano continuando a camminare nel cunicolo che sembrava non avere fine. Era diventato più basso di quando erano partiti e il signore doveva camminare con la schiena chinata per poterci passare. Finalmente dopo quasi un’ora di cammino, da quando vi erano entrati, videro in lontananza un fievole luce.

         - Ecco, quella è l’uscita

L’uomo continuò a camminare e raggiunse la fine del cunicolo la cui altezza era ormai ridotta a poco più di un metro, si avvicinò ad una porta di legno, ormai marcio, da cui entrava della luce, guardò attraverso i fori nella porta e vide che dall’altra parte c’era un monastero. Senza indugi allora spalancò la porta e si ritrovo sotto l’altare del monastero. Tutti i monaci si voltarono e osservarono l’anziano ed i bambini che uscivano dalla porticina. Quando tutti furono usciti, i monaci si avvicinarono e circondarono il gruppo di persone, vedendo che alcuni bambini erano feriti ed affamati alcuni di loro si avvicinarono prendendo delle bende e delle erbe medicinali e curarono le ferite; nel frattempo altri monaci presero del pane e dell’acqua che diedero ai bambini. Il monaco superiore si avvicinò al cantastorie:

         - Salve buonuomo, cosa vi porta a farci questa… visita

         - Il nostro villaggio, Semse, è stato attaccato e raso al suolo, io con i bambini ho attraversato questo vecchio cunicolo, però non ricordavo terminasse in un monastero.

         - Infatti il monastero è stato costruito da poco e prima c’era soltanto un altare dedicato a Hidron.

         - Comunque ora che sono qui dovrei chiedervi un favore... potreste accompagnarci al villaggio e magari portare con voi qualche provvista e erba curativa. Abbiamo anche noi un curatore o meglio una curatrice ma non credo che le siano rimaste molti medicine dopo l’attacco e poi… non so nemmeno se è ancora viva…

         - Va bene, verremo con voi

         - Grazie, ve ne sono infinitamente grato

         - Prego, è nostro dovere aiutare il prossimo.

Così al termine del dialogo tra il monaco e l’anziano, il gruppo di bambini accompagnato dal cantastorie e da alcuni monaci, si avviò verso Semse. Dopo circa dieci minuti da quando erano partiti l’anziano signore fece una domanda i monaci:

         - Scusate, ma non avete paura a vivere da soli in posto sperduto come questo? Non avete paura dei banditi?

         - Come ben sa i monaci sono contrari all’uso delle armi infatti come vede nessuno di noi è armato. Noi crediamo che nelle armi vengano imprigionate le anime di coloro che vengono uccisi da esse, è per questo che non e usiamo.

         - Capisco… e allora come fareste per proteggervi nel caso in cui qualche bandito vi attaccasse?

         - Noi monaci di Hidron siamo specializzati nelle combattimento a mani nude o per meglio dire senz’armi e circa un quarto di ogni giornata è dedicata all’allenamento.

         - Sentito bambini?!? Con loro come scorta non abbiamo di che preoccuparci.

Così dicendo un lieve sorriso si pronunciò sulle labbra dei monaci e continuarono la loro marcia per arrivare a Semse.

        

Nel frattempo, un ragazzo di nome Tromek, si stava avvicinando a quello che rimaneva di Semse.

- Chissà come starà la gente del villaggio… mi riconosceranno? Speriamo soprattutto che Arinil non mi abbia dimenticato, ormai, sono quasi passati tre anni da quando me ne sono andato…

Ormai, mancava soltanto una collina da superare per poter vedere il suo amato villaggio; la vegetazione era particolarmente più fitta, rispetto a quando era partito, e il sentiero era diventato più impervio, segno che c’era stato poco traffico verso gli altri villaggi. Senza troppa difficoltà, si aprì la strada e arrivò in cima alla collina. Quando riuscì a vedere il villaggio, ciò che gli si parò davanti agli occhi, fu terribile: colonne di fumo si alzavano dal villaggio, tutto era stato distrutto, neppure il tempio era stato risparmiato, si vedevano corpi distesi sul terreno dappertutto. Cominciò a cercare qualche persona in vita, ma vide soltanto due figure che si muovevano tra i corpi. Non ci pensò due volte e si gettò a tutta velocità lungo il pendio della collina, sperando che fossero dei suoi coetanei. Arrivato in fondo al pendio, scavalcò le staccionata che delimitava un recinto per animali: neanche quelli furono lasciati in vita, ma uccisi e in parte mangiati. Attraversò il recinto ed arrivò a quella che prima era la casa del pastore; si accorse che dietro il muro c’era qualcuno: si accostò al muro e spiò dall’angolo. Vide due soldati che stavano infierendo su un anziano:

         - Che cosa ne facciamo di questo?

         - Uccidiamolo e lasciamolo in pasto ai corvi!

         - Maledetti! Se avessi qualche anno in meno vi farei vedere io!

         - Hahahaha! Come sei simpatico nonnetto!

         Il soldato cominciò a prendere a calci l’indifeso anziano, che subiva senza possibilità di reazione. A questo punto Tromek, non riuscì più a trattenersi ed urlò:

- Lasciatelo stare!

         Così facendo si fece vedere, lasciando il suo nascondiglio dietro il muro. I soldati si voltarono con aria interrogativa e ridendo esclamarono:

         - E chi ce lo impedisce tu, moccioso!

         A queste parole Tromek, che era apparentemente disarmato, sguainò una spadone da dietro la schiena e disse:

- Non io... ma lui.

I soldati osservarono per un po’ Tromek, poi si guardarono l’un l’altro e risero di nuovo:

- Scommetto una moneta d’argento che non riuscirà a maneggiare quello spadone!

- Accetto - disse un soldato all’altro

Subito dopo i soldati sguarnirono le loro spade si lanciarono contro Tromek.

- Cosa credi di fare, noi siamo in due...

Tromek combatté come una furia e i soldati, anche se erano in due, non riuscirono a infliggergli neanche una minima ferita. Tromek rimasto, fino a quel momento, sulla difensiva, si lanciò all’attacco ed in quattro e quattro otto, disarmò i due soldati che, presi alla sprovvista, cominciarono ad indietreggiare. Tromek non si fece sfuggire l’occasione e puntò la spada alla gola di uno dei due:

         - Chi ha fatto tutto questo???

         - … - il soldato non pronunciò parola

         - Dimmelo!!! - urlò aumentando la pressione della lama, sul collo del soldato

         - Va bene! Siamo stati noi dell’impero! Ci è stato ordinato di venire qui e sterminare la popolazione…

         - Chi ve lo ha ordinato???

         - L’imperatore in persona!

         - Bene... riferisci ai tuoi superiori che tra non molto, cadranno molte teste tra di loro. Sparite!

         I due non se lo fecero ripetere due volte, raccolsero le armi e sparirono.

- Tsk… fedeltà zero…

Il ragazzo, allora, andò verso l’anziano signore chiedendo cosa fosse successo; con il poco fiato rimastogli nei polmoni riuscì a dire:

- Tromek… sei tu… il villaggio… distrutto… Arinil… rapita… - dopodiché spirò.

Tromek non avendo capito l’ultima parte esclamò - Arinil, cosa?!? Ti prego resisti.

         Dopo essersi reso conto, che per l’anziano non c’era più niente da fare, scoppiò in lacrime chiedendosi perché fosse successo tutto quel putiferio e perchè proprio mentre lui non c’era; mentre stava soffrendo, sentì che qualcuno mettergli una mano su una spalla, si girò di scatto e gli puntò la spada alla gola, costui lo osservò ed esclamò - Sei migliorato molto! - A questo punto Tromek lo riconobbe: era stato il suo maestro, prima che se ne andasse da Semse.

         - Maestro Roth, che piacere rivederla… ma cosa è successo?

         - Per prima cosa asciugati le lacrime, un guerriero non dovrebbe mai piangere, poi, vieni andiamone a parlare in ciò che rimane della mia casa.

Attraversando il villaggio, Tromek vide che non erano tutti morti come pensava, dopotutto, c’era sempre stato il suo maestro al villaggio; piano piano, le persone uscivano dai loro nascondigli e cominciavano a raccogliere le macerie. Arrivati alla casa del maestro si accomodarono, su ciò che il giorno prima era un tavolo e Roth cominciò a raccontare l’accaduto:

         - Non so il vero motivo per cui quei soldati sono venuti qui in questo piccolo e remoto villaggio, ma so che c’entra Arinil…

         - Arinil?!? E per quale motivo dovrebbe essere coinvolta in tutto questo? - chiese Tromek

         - Semplice, perché è stata portata via…

A quella notizia, Tromek si sentì come se qualcuno lo pugnalasse al cuore: la ragazza, con cui aveva passato l’infanzia e l’adolescenza era stata rapita e lui non aveva potuto far nulla per proteggerla. Senza pensarci due volte, decise che l’avrebbe salvata ad ogni costo e l’avrebbe riportata a casa:

         - Dove l’hanno portata quei maledetti?!?

         - Purtroppo non ne ho idea… però ho sentito dire che ultimamente tutti i prigionieri di “guerra”, così adesso li chiamano, li portano nella prigione di Broscot, a sud. Non è molto distante me non possiamo fare molto, saremo si e no una ventina di uomini... anziani e/o feriti, oltretutto... tranne te... ovviamente...

         - Quanto dista questa prigione?

         - Penso che sarà, almeno un giorno di cammino

         - Bene, parto subito

         - Ma sei impazzito?!? Ci saranno almeno un centinaio di soldati di guardia, non puoi affrontarli tutti...

         - Lo farò, se necessario, non posso lasciare Arinil in mano a quei bastardi; la salverò anche se mi dovesse costare la vita

         - Ammiro il tuo coraggio ed ammetto che tutto il tempo passato all’estero come mercenario, ti ha reso molto più combattivo di un tempo, però… non ti lascerò tutto il divertimento

         - Maestro, lei non può venire come me, qualcuno deve rimanere a proteggere il villaggio

         - Hai ragione… quindi devo metterti alla prova per vedere se sei veramente in grado di salvare Arinil

I due uscirono dalla casa e si prepararono allo scontro. Tromek notò, però, una macchia di sangue sul fianco del suo maestro, si avvicinò e vide una profonda ferita sul fianco; in quel mentre, Roth disse:

         - Non è niente. Secondo te, una cosa simile mi può fermare? Bene cominciamo… ugh…

         - Maestro, no, lei non può combattere, anzi non può neanche aiutare a spostare le macerie, rimanga qui e aspetti. Ehi, Alene!

Alene era l’erborista e curatrice del villaggio, era arrivata un giorno e poi sempre rimasta a Semse, ma nessuno sapeva da dove venisse veramente;

         - Alene! Roth è gravemente ferito devi aiutarlo

         - Anch’io sono felice di vederti, Tromek

         - Scusa ma tutto questo mi ha un po’ scombussolato e poi il mio maestro è molto grave

         - Tranquillo, tutti siamo sconcertati da quello che è successo, va bé dimmi dov’è Roth

         - Davanti alla sua casa, sbrigati

         - Ehi, me tu dove vai?

         - A salvare Arinil

         - Aspetta, tieni queste erbe, ti serviranno se verrai ferito

         - Bè, allora te le riporterò

         - Figuriamoci, mi ricordo di quando eri piccolo che ti bastava inciampare, per farti malissimo al ginocchio

         - Non sei cambiata, sai sempre come mettere in imbarazzo le persone - disse Tromek in tono scherzoso

         - Comunque, non serve avere tutta questa fretta… visto che Arinil è stata rapita, non credo che le faranno del male, dopotutto, credo che serva viva...

         - Non so se crederci… in ogni caso, è stata rapita e portata in prigione; anche se serve viva, non vuol dire che non possa essere… non volgio neanche pensarci!

         - Ti ho già detto che non le faranno del male…

         - Non mi interressa! E’ stata rapita! E io la riporterò indietro!

Dopo queste parole, Tromek si avvolse nel suo mantello e si avviò verso la prigione di Broscot con l’obiettivo di salvare Arinil a tutti i costi.

Nello stesso momento, nella prigione di Broscot, la carovana dei soldati, che avevano attaccato Semse e rapito Arinil, stava entrando dalla porta principale. Un uomo robusto e alto si avvicino al capitano dei soldati e con voce tonante disse:

- Ehi tu, sacco di sterco di draft, dov’è la ragazza?

- Qui, comandante Gorguz

- Togliti di mezzo - e così dicendo diede un pugno al soldato, che si ritrovò disteso a terra a cinque metri di distanza.

La ragazza di cui stava parlando Gorguz, era Arinil; era stata chiusa in una gabbia e incatenata come una bestia feroce; impaurita, a tal punto, da non aver più un filo di voce. Il comandante la fissò e disse ai suoi uomini:

- Portatela in cella! Dove rimarrà fino a nuovi ordini! Mi raccomando, nella più profonda che c’è! Nessuno deve riuscire ad arrivare a liberarla! Ammesso che prima riesca a superare le guardie… hahahaha!

Arinil, venne presa con forza e portata in una cella tenebrosa, nella parte più profonda della prigione. Era una cella sporca, piena di cadaveri maleodoranti di topi ed altri piccoli animali. L’unica fonte di aria e luce, a parte le torce, era una piccola finestrella quadrata, a circa due metri di altezza, di circa 15 centimetri di lato. Dopo essere stata gettata nella cella, si guardò intorno e scoppiò in lacrime, invocando aiuto.

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Capitolo 3
*** L'arma ***


Capitolo 2 - L'arma

Capitolo II

L’Arma

        

Ormai sopraggiungeva la sera e Tromek non aveva ancora raggiunto la prigione di Broscot, per questo decise di trovare un luogo riparato dove poter dormire. Mentre camminava in cerca del suo giaciglio, si accorse che poco più avanti, c’era una carovana di mercanti, che forse gli avrebbero potuto fornire un sacco da notte, in cui poter dormire. Mentre si avvicinava, un signore basso e tarchiato, che subito Tromek scambiò per un nano, gli si avvicinò, lo guardò negl’occhi e disse:

- Salve straniero, cosa ti porta lungo queste impervie strade?

- Beh, io veramente…

Una voce tonante disse:

- Ehi, Meck, lascialo stare, è mai possibile che tu debba fare domande imbarazzanti a ogni persona che incontri?

- Lasciami in pace Rotret, stavo soltanto facendo una domanda normalissima…

- Si, come no! Basta vedere… il ragazzo non ti ha neanche risposto. A proposito: ehi tu, si sta facendo tardi, non è consigliabile viaggiare di notte, da soli, in questi luoghi, di questi tempi…

- Che vuoi dire? - chiese Tromek

- Come cosa voglio dire?!? Non sai che di notte, si aggirano strane bestie, nei boschi?

- Strane bestie?!?

-  Mi sorprende che tu non lo sappia… dai accomodati, ti offro un pasto caldo e un sacco da notte, così potrò parlare con qualcuno che non sia scontroso… almeno spero…

Tromek accettò l’invito di buon grado, anche perché era proprio quello in cui sperava. Durante la cena, che secondo il ragazzo aveva un gusto “particolare”, i due mercanti cominciarono a raccontare ciò che stava succedendo nelle terre di Aconbot, terre del regno in cui si trovavano anche Semse e la prigione di Broscot.

         -  Sai… -  cominciò a raccontare Rotret -  è successo circa un mese fa quando il re Agret è misteriosamente scomparso…

         -  Come scomparso?!? -  interruppe Tromek

         -  Non si sa ancora nulla. Il popolo ha immediatamente pensato ad un omicidio, ma questo è stato subito smentito dalla milizia urbana di Potren. Poi, ha cominciato ha circolare la voce di un rapimento, ipotesi considerata attendibile durante le prime settimane; tutt’ora, però, nessuno ha ancora chiesto nessun tipo di riscatto, né di denaro, né di altro.

         -  Ma allora che può essere accaduto?

         -  Pensiamo che il re abbia deciso di abbandonare il trono, ma se fosse veramente così, allora dovrà essere punito per ciò che ha lasciato accadere…

         -  Perché cosa è successo?!?

         -  Ragazzo, ma dove sei stato negli ultimi tre mesi? In capo al mondo?

         Beh… in effetti… pensò Tromek ho combattuto per tre anni all’estremo nord del paese… brrr… mi torna freddo al sol pensiero di quelle lande ricoperte perennemente da neve…

         -  Comunque… il fratello del re, Tercrot, ha preso il trono ed ora, tutto quello che sta accadendo al nostro paese, è colpa sua…

         -  Mi stai dicendo, che il re sta ordinando all’esercito, di fare razzie?!?

         -  Si, e non solo questo: pensa, che negli ultimi periodi, Tercrot, ha rotto tutti i contatti, compresi quelli commerciali, con i paesi esteri; non permette a nessun mercante, ambasciatore o chi che sia di attraversare le frontiere. Se continuerà così, è probabile che scoppierà una guerra, tra i paesi esteri e Aconbot.

Quando Tromek ebbe finito di ascoltare le parole di Rotret, si sentì pervadere da una rabbia immensa: Era stato LUI ad ordinare l’attacco a Semse, LUI aveva ordinato di rapire Arinil e LUI aveva ordinare di non lasciare nessuno in vita!!! Improvvisamente pensò a Arinil, a cosa le avrebbero potuto fare alla prigione di Broscot; subito, una miriade di domande affollarono la sua mente: Farò in tempo a salvarla? Sarà ancora viva? Sarà stata torturata?... Tromek scacciò dalla testa tutte le domande che gli erano affiorate, un solo pensiero ora occupava la sua mente: in un modo o nell’altro, prima o poi, si sarebbe vendicato su Tercrot e si gli avrebbe fatto pagare tutto ciò che aveva fatto al suo villaggio.

La cena era ormai giunta al termine e Tromek non aveva ancora trovato il suo “giaciglio”. Penso di provare a chiedere ai due mercanti, ma poi pensò di essere troppo invadente. Stava per allontanarsi quando Meck gli si avvicinò:

         - Dove credi di andare? Noi ti abbiamo offerto la cena e tu ora dormirai con noi!

         - E di nuovo Meck! Non essere scortese! Voleva dire se, siccome noi mercanti esteri, non siamo graditi in queste terre, puoi farci da guardia del corpo per la notte.

         - Ecco… si… appunto… quella roba lì…

         - E poi, ti avevo già detto che ti avrei offerto il sacco da notte, no?

- Beh… per me va bene, anche perché non saperi dove andare.

Dopo quella frase, Meck, partì subito, come una scheggia, verso le piante, con l’ascia in mano; dopo dei rumori, che fecero tremare anche la terra, tornò con una catasta di legna. Haha, la pila di legna è più alta di lui! Anche se, a pensarci bene, non ci vuole molto per fare una pila di legna, alta quanto Meck!

Rinvigorito il fuoco a sufficienza per tirare avanti per un paio d’ore, i tre si coricarono nei loro sacchi a pelo e Tromek si addormentò qualche minuto dopo. I suoi sogni non erano tranquilli, anzi l’esatto opposto; dopo molto tempo, che non faceva più quel sogno, ritornò a vedere i suoi genitori morire nell’incendio che distrusse il suo villaggio natio, dieci anni prima, quando aveva appena 7 anni, forse a causa della giornata intesa che aveva passato. Si svegliò di soprassalto, nel cuore della notte, con la fronte madida di sudore; il fuoco ormai era ridotto a qualche tizzone ardente, quindi erano passate solo poche ore da quando si era addormentato, decise di utilizzare gli ultimi pezzi di legno raccolti da Meck, per riaccendere il fuoco. Nella notte, si sentivano i classici gufi, ma dopo qualche minuto iniziò a fare il suo verso anche una civetta: - portatrice di morte - pensò Tromek - per una volta credo che per me sia una cosa positiva penso che significhi che la mia missione sarà un successo, se ne sarò obbligato, non lascerò neppure un soldato in piedi!

Improvvisamente, la civetta cessò di fare il suo verso, Tromek insospettito tese l’orecchio, ma non sentì nulla. A questo punto allora, si alzò senza fare rumore, prese il suo spadone e lo sguainò; al rumore dell’attrito tra il fodero e la lama, qualcosa nella foresta si mosse e i cespugli cominciarono a muoversi. In poco più di un secondo, una bestia inferocita, che Tromek riconobbe essere un lupo più grande del normale, balzò fuori dall’oscurità e caricò Tromek; quest’ultimo, preso alla sprovvista dall’incredibile velocità dell’animale, venne preso in pieno ma, grazie allo spadone, riuscì a bloccare la carica; probabilmente se non avesse avuto quell’arma, il colpo della bestia sarebbe andato a segno. L’animale ora aveva una profonda ferita sul muso, ma non sembrava volersi arrendere; gli occhi che luccicavano, alla luce della luna, di un rosso sangue, fissavano Tromek con aria di sfida. Prima di lanciare l’attacco, dalle fauci delle bestia uscì un ruggito assordante, che svegliò i due mercanti:

         - Eccomi… si… sono pronto… non serve fare tutto questo baccano… dov’è la colazione? - disse Meck

Alzatosi in piedi vide la bestia che era di fronte a Tromek e gridò - u… un… RAKENSDAR!!!!!

Rakensdar?!? Che diavolo è questa bestia? Non avevo mai sentito un nome simile!

Quando Tromek stava per chiedere spiegazioni, il rakensdar si lanciò all’attacco. Lo spadone riuscì a bloccare buona parte dei colpi del mostro, ma Tromek si rese conto che non poteva continuare a rimanere sulla difensiva; decise che avrebbe tentato il tutto per tutto in un unico colpo. Al successivo attacco della bestia, Tromek riuscì ad immobilizzarla momentaneamente, perché il rakensdar aveva tentato di mordere il ragazzo, che aveva messo di mezzo la sua arma, facendo si che la bestia mordesse lo spadone e non lui; approfittando dell’attimo di titubanza del rakensdar, riuscì a scaraventarlo a qualche metro di distanza. Nei secondi in cui la bestia rimase in stato confusionale dal colpo subito, Tromek affondò la lama in mezzo agli occhi del mostro, che si bloccò e cadde su un fianco.

I due mercanti si guardarono stupefatti e dissero all’unisono:

- Il ragazzo… ha sconfitto un rakensdar…

Mentre Tromek puliva la spada, i due mercanti si avvicinarono e dissero:         

- Ragazzo, chi sei veramente?

- Io?!? Sono soltanto un ragazzo…

- Si come il mio nome è Grastur Brocto Baturg Rotor Grakterut Sitret V! Lo sai cos’era quel coso, che ora giace morto davanti a noi?!? Un rakensdar!

- Raken… cosa?

- Rakensdar! E’ un mostro, che l’imperatore crea nel suo castello con chissà quale oscura arte! Da quando è salito al trono ne ha creati un centinaio.

- Cosa c’è di strano?!? Ne ho fatto fuori uno, mica tutti?!?

- Se mi lasci parlare… Quello è un mostro artificiale, creato partendo da un lupo normale che viene sottoposto a dei sortilegi ce ne moltiplicano la potenza! Non hai visto che era più grande di un normale lupo?!? Prima di te, nessuno, e dico NESSUNO, era uscito da un combattimento simile, senza neppure una ferita profonda! Ma tu sembri non essere rimasto vittima neppure di una ferita leggera!

- Ah… sarà stata fortuna…

- Eh no, mio caro! Con la fortuna, non si vince contro una bestia simile! Tu ci stai nascondendo qualcosa! Chi sei veramente? E dove stai andando armato? Non mi sembri un semplice ragazzo di campagna!

- Mi chiamo Tromek. Sono nato e vissuto a Semse. Circa tre anni fa, me ne sono andato ed ho raggiunto il confine nord dove ho combattuto come mercenario. E’ sufficiente?

- Semse?!? Me non è il villaggio che è stato distrutto ieri dall’esercito reale?

- Esatto. Proprio quello. Buona parte degli abitanti sono stati uccisi e una mia cara amica è stata rapita. Io, la sto andando a liberare!

- Liberare?!? Mi stai dicendo, che vuoi liberare qualcuno rapito dall’esercito reale?!? Lo sai dove vengono imprigionati?!? Alla prigione di Broscot! Non mi dirai che vuoi andare là?!?

- Si, esatto. Qualcosa in contrario?

- Tu sei completamente pazzo!! Lo sai che quasi metà dell’esercito reale è lì? Non resisterai molto se andrai così allo sbaraglio!!

Detto questo Meck, rimasto in silenzio tutto il tempo, intervenne nella conversazione fissando Tromek

         - Ragazzo, tu mi piaci! Vorrei venire con te ma, sarei solo un peso… però voglio aiutarti!

         - Meck, sei impazzito pure tu!?!

         - Rotret sono perfettamente conscio di ciò che dico e per questo… vieni… ehm… come hai detto che ti chiami?

         - Tromek…

- Bene, Tromek, seguimi

Meck si avvicinò al carro su cui i due mercanti trasportavano la merce, aprì uno compartimento ed una valanga di cose gli caddero addosso:

         - Ma che diavolo succede qui?!? Come mai è tutto in disordine? Chi doveva mettere a posto? Eh… Rotret?

         - Beh, veramente… tu, Meck…

         - Cosa… ehm… coff coff… ma che stai farneticando? Io l’ho fatto la settimana scorsa…

         - Appunto, Meck… avevamo deciso di cambiare i turni ogni due settimane…

         - Si, si… facile per te… fammi vedere se ho firmato qualcosa…

         - Eccolo qui…

Così facendo, Rotret, estrasse dalla tasca un foglio, su cui c’era scritto che i turni si cambiavano ogni due settimane; in fondo c’erano le firme di Rotret e Meck. Dopo aver osservato per qualche minuto la sua firma, cercando di ricordarsi quando l’aveva fatta, una sola parola uscì dalle labbra di Meck, il cui significato, però, sfuggì a Tromek.

         - Cavolo, dovevo essere ubriaco! Ammettilo, me lo hai fatto firmare quella sera, in quella taverna, dove avevo bevuto tre barilotti di birra!!!

         - Bé… in effetti…

         - Lo sapevo! Sei un ladro!

         - Bisogna farsi furbi a questo mondo…

Tromek osservava divertito la scena che andò avanti ancora per qualche minuto.

         - Va bèeh… lasciamo perdere… altrimenti non tiriamo fuori un ragno dal buco… dove ero rimasto ah si… volevo darti una cosa Tromek…

Detto questo si avvicinò alla montagna di oggetti che si trovavano a piedi del carro e cominciò a rovistare. Dopo un po’ tirò fuori un arma e un piccolo sacchetto:

         - Tieni questi sono per te…

         - Ma ho già un arma e poi cos’è quel sacchetto?

         - Da quanto tempo hai quello spadone?

         - Da parecchio tempo… perché?

         - Quand’è stata l’ultima volta che lo hai portato da un fabbro?

         - Ehm… non mi ricordo… comunque un bel po’ di tempo fa…

         - Ecco appunto! Se continui con quelle sollecitazioni, è probabile che la lama si spezzerà, il combattimento contro il rakensdar, non credo gli abbia allungato la vita. Tieni, prendi anche questo e sempre meglio non rischiare…

Così dicendo consegnò a Tromek un altro spadone. Quando lo prese in mano, Tromek sentì che in quell’arma c’era qualcosa di diverso, anche se non poteva dirlo con certezza, forse era magica. Incuriosito chiese spiegazioni a Meck:

         - Meck… cos’ha questo spadone, sembra essere magico…

         - Le spiegazioni a tempo debito, un giorno capirai tutto… nel frattempo tieni anche questo…

         Tromek prese il sacchetto che Meck gli consegnò e vi guardò all’interno ma rimase un po’ deluso, in quanto vi era soltanto della polvere argentea.

         - E questa cos’è - chiese Tromek

         - Polvere argentata - rispose Tromek

         - … fino a lì c’ero arrivato, intendevo dire cosa mi può servire?

         - Lo capirai al momento del bisogno…

         - Potresti essere più preciso? Anche con lo spadone: “un giorno capirai tutto”… non posso andare sul sicuro con un’arma di cui non conosco la natura e con della polvere…

         - E va bene, ma ti spiegherò soltanto l’uso della polvere, ascoltami bene!

         - Sono tutt’orecchi!

         - Vedi, questa polvere è collegata allo spadone: quando sarai in difficoltà, prima di estrarre l’arma dal suo fodero, devi prendere un pizzico di polvere e metterla all’inizio della lama tra l’elsa e il fodero; dopodichè dovrai estrarre l’arma. Una raccomandazione importantissima: non usare mai questo metodo quando usi l’arma contro qualcuno…

         - E come la dovrei usare, contro di me?

         - Mi spiego: quando usi questo metodo, non dovrai usare lo spadone per lanciare un’offensiva ma soltanto per proteggere qualcuno o te stesso; se lo userai per uccidere qualcuno di inerme oppure lo userai contro qualcuno che non ha lanciato l’offensiva per primo, non succederà nulla e probabilmente non riuscirai ad estrarre l’arma; ma nel caso tu riuscissi ad estrarla e a ferire qualcuno… non ti posso assicurare la tua incolumità

         - E cosa succede quando estraggo l’arma utilizzando quel metodo?

         - Questo… non te lo so dire, perché gli effetti cambiano di persona in persona

         - Perfetto, non so come ringraziarti. A questo punto io dovrei andare, ormai si è fatta l’alba e non posso aspettare oltre…

         - Un’ultima cosa - e così dicendo si avvicinò a Tromek, facendolo abbassare come se volesse dirgli qualcosa nell’orecchio

         - Fissami negli occhi - disse Meck a Tromek

Così dicendo Tromek si abbassò e cominciò a fissare negli occhi Meck. Si rese conto che il suo sguardo era davvero penetrante, sembrava essere in grado, attraverso uno solo sguardo, di sondare il cuore e la mente altrui. Dopo circa un minuto, che a Tromek sembrò essere un’ora, Meck disse:

         - Bene, puoi andare…

Per Tromek, fu come risvegliarsi da un sogno e dovette ricevere uno schiaffo da Meck per svegliarsi completamente.

         - Che hai fatto, Meck?

         - Io?!? Niente! Ti ho solo guardato negli occhi…

         - Ah… si? Perfetto, allora posso andare ora?

         - Ovviamente, ma ricordati cosa ti ho detto prima?

         - Riguardo a ciò che mi hai dato? Tranquillo non lo dimenticherò…

         - Speriamo! Addio!

         - Addio - rispose Tromek avviandosi verso la prigione di Broscot

Mentre Tromek si allontanava, Rotret chiese a Meck:

         - E’ quello giusto?

         - Forse… ma nel suo cuore regna molta confusione… finché non affronterà le sue paure, non potrà combattere al massimo delle sue capacità…

         - Va bene così… per ora…

E così dicendo i due mercanti e la carovana si volatilizzò, sparendo in una sottile nebbia.

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Capitolo 4
*** Il Primo Scontro ***


Capitolo 3 - Il primo scontro

Capitolo III

Il Primo Scontro

 

Il sole era appena spuntato all’orizzonte e i primi raggi illuminarono la faccia di Tromek che dopo la nottata precedente non sembrava essere molto riposato. Continuava ad avanzare per inerzia ormai, cominciava a sentirsi addosso il peso di tutto quello che stava facendo. Mentre si faceva largo nella boscaglia, delle immagini gli tornarono alla mente: un bosco come quello ricoperto di neve un bambino che correva e poi improvvisamente il suo villaggio distrutto con Arinil  rapita: ogni pensiero gli vorticava nella mentre come in una tempesta; forse tutto quello era generato dalla stanchezza ma tutti i ricordi non fecero altro che generare rabbia in Tromek, che si trasformò in impeto nella sua corsa contro il tempo per raggiungere la prigione. Dopo aver corso per un paio di minuti in preda alla rabbia, Tromek si ritrovò  in un sentiero più grande. Il sentiero da lui percorso era circondato a destra a sinistra da alberi ed una fitta vegetazione Quando uscì dal sentiero che era stato sempre immerso nella boscaglia, quando si ritrovò sulla strada a maggior importanza vide una sorta di incrocio dove più strada si incrociavano ricoperto di numerose orme;  la vegetazione, inoltre, si faceva più rada se non del tutto assente: la strada era larga circa tre metri e su di essa non vi cresceva nulla, segno che la strada era particolarmente battuta. La vegetazione ai lati iniziava a farsi fitta a circa un metro di distanza dal limite della strada: probabilmente la vegetazione è così assente perché i soldati vi pulisco le loro armi - pensò Tromek. In effetti nella zona adiacente alla strada non vi erano alberi ad alto fusto ma solo piccoli arbusti con i rami tagliuzzati. Tromek si avvicinò e vide che i rami tagliati, che si trovavano alla base degli arbusti, si chinò e ne raccolse uno; osservando la parte tagliata, vide che era di colore giallastro tendente al verde: questo significa che sono stati tagliati da poche ore… allora sono passati di qui!  Così dicendo cominciò ad osservare le parecchie delle orme presenti sul terreno, cercando quelle che lo avrebbero condotto alla prigione. Osservò le orme presenti sul sentiero da dove proveniva e ne cercò di simili nei dintorni. Cercò per circa cinque minuti, poi finalmente ne trovò alcune che erano molto simili a quelle del sentiero: beccati! Subito si getto a capofitto nell’inseguimento e cerco di dosare le forze per evitare di essere sfinito in caso di problemi. Alternava un tratto di corsa ad uno di cammino e così facendo riuscì a coprire più strada in meno tempo.

Dopo aver camminato per circa un’ora si trovò davanti ad un problema: destra o sinistra? Si trovava infatti davanti ad una diramazione della strada che si separava in altre due: una andava a destra ed una a sinistra. L’unica cosa da fare è cercare di nuovo le orme… uff! Tromek cominciò nuovamente la ricerca delle orme. Notò una cosa strana: la strada di destra era particolarmente battuta e vi erano talmente tante orme da non poterne riconoscerne alcuna; inoltre da circa mezz’ora era iniziata una sottile pioggerellina che di per se non dava fastidio, anzi rinfrescava l’accaldato Tromek, ma dall’altra di certo non aiutava a riconoscere le orme. La strada a sinistra invece non era molto battuta ma a causa dell’umidità le orme erano irriconoscibili.

         - E adesso che faccio?!?

Nel momento in cui pronunciò l’ultima sillaba cominciò a sentire dei sottili rumori provenienti dalla boscaglia. Si mise in ascolto per cercare di capire cosa fosse. Sentiva voci e passi: gente procedeva di corsa attraverso la boscaglia accompagnata da un continuo rumore di rami spezzati. Subito mise la mano sull’elsa della spada e si preparò al peggio. Il rumore si faceva sempre più vicino e forte ma non si riusciva a capire da dove provenisse: nella particolare zona in cui si trovava c’era una sorta di eco che rendea impossibile capire da dove arrivassero quelle persone; Tromek, con la spada pronta per essere sguainata girava su se stesso completamente disorientato: era sempre più agitato. Improvvisamente sentì qualcosa proveniente da dietro si se, si girò di scatto ma non c’era nulla: deve essere stata la mia immaginaz… non riuscì a finire di pensare la frase che qualcuno gli andò addosso facendolo cadere a terra di faccia.

         - Ehi! Ma che fai fermo in mezzo alla strada?!?

La voce che Tromek sentiva era femminile, quindi significava che la persona che gli era andata addosso e che aveva sopra era una ragazza… imbarazzato si girò e si alzò. Quello che aveva pensato corrispondeva al vero, infatti era proprio una ragazza ad essergli andata addosso; era vestita con abiti abbastanza vissuti, il corpo era minuto, i capelli di un castano chiaro e gli occhi… particolari: non erano occhi umani, le pupille infatti non avevano una forma circolare, ma bensì erano leggermente più allungate; il colore dell’iride, inoltre, era indefinibile: a seconda di come veniva guardato aveva una diversa colorazione. Tromek si avvicinò e la aiutò ad alzarsi.

         - Ahi ahi… ma dove guardavi? Grazie…

         - Ma che stavi fac…

         - Scusa non posso rimanere sto scappando…

         - Scappando da chi?

         - Da quegli uomini!

Poco dopo che sentì quelle parole, dalla boscaglia uscirono 5 uomini armati. Tutti avevano indosso una armatura; non sembrava particolarmente nuova anzi era abbastanza danneggiata, probabilmente non era mai stata portata da un fabbro oppure avevano appena affrontato qualcosa o qualcuno che l’aveva ridotta così. Le armi non sembravano migliori: le spade presentavano segni di ruggine; quelle spade non sono state usate per un po’, è probabile che non abbiano neanche un buon filo. Vedendo Tromek, uno di loro, si fermò e diede l’ordine anche agli altri che si bloccarono di colpo.

         - Ehi, tu, ragazzino! Hai visto una ragazza fuggire in questa direzione?

         - Si l’ho vista

Aili che si era nascota tra i cespugli, poco distanti pensò: ma cosa sta facendo, vuole veramente dire dove sono andata

         - Da che parte è andata?

         - Perché la cercate?

         - Ascoltami bene! Sono io qui a fare le domande e poi non sono affari tuoi. Ora dimmi dov’è andata altrimenti…

         - Altrimenti cosa?!?

         - Ohhh… abbiamo un ragazzo che vuole morire giovane - così dicendo cominciò ad avvicinarsi a Tromek con aria strafottente.

Ma che fa?!? Vuole morire per non dire dove sono?!? O è estremamente scemo oppure estremamente sicuro di se… mi sa che è più probabile la prima non ha il fisico di uno che sa combattere… che strano ha due armi sul fianco… questa è al prova… è scemo…

Tromek non battè ciglio fissando l’uomo che si stava avvicinando

         - Ragazzi… avete visto??? Ha due armi niente male! Faremo un bel gruzzolo rivendendole - così dicendo la combriccola cominciò a ridere

         - Ascoltami, ragazzino, ti faccio una proposta. Tu ci dai le due spade e e noi ti risparmiamo la vita…

         - Perché non vieni a prendertele

A queste parole l’uomo si arrabbiò e sbottò:

         - Con chi credi di avere a che fare?!? Con dei dilettanti?!? Smettila di fare lo sbruffone o ti taglierò la gola!

         - E con cosa lo faresti? Con quella sottospecie di spada? Forse fa più male una spada di legno

         - Bene… allora dacci le tue!!!

Vedendo che l’uomo era scattato in avanti, Aili sentì una fitta al petto: ma cosa fa?!? Vuole rimanerci secco? Così dicendo si alzò in piedi e urlò:

         - Fermi! Sono qui! Lasciatelo stare!

L’uomo che era partito alla carica si fermò di colpo e sogghignò:

         - Allora voi due eravate in combutta

         - No! Lui non c’entra niente! E’ solo uno che ho incontrato per strada      - Bene… allora vieni qui…abbiamo un conto in sospeso…

A queste parole Aili cominciò ad avanzare verso l’uomo. Ma che fa?!? Pensava che non sarei stato in grado di affrontare questi sbruffoni?!? Pensando queste parole notò lo sguardo di rassegnazione della ragazza e decise di impugnare l’arma che gli aveva consegnato Meck. Spostò la mano sull’altra elsa e sentì la spada fremere sotto di essa, tentò di estrarla ma senza successo…la polvere, giusto… con un gesto rapido e senza farsi prese un pizzico di polvere dal sacchetto che aveva legato alla cintura e la mise sull’elsa. Impugnò fermamente l’elsa e estrasse lo spadone dal fodero con tutta la forza che aveva in corpo e lo impugnò a due mani pronto al combattimento; sentì un energia incredibile pervadergli il corpo e vide che sulla lama erano apparsi dei simboli rilucenti di una forma incomprensibile; si sentiva come se fosse stato acceso un fuoco dentro di lui: un fuoco talmente caldo che avrebbe potuto bruciare ogni cosa. La prima cosa che gli venne in mente fu che tutta quell’energia provenisse dai simboli incisi sulla lama dello spadone; più riluceano più se risentiva forte ed in grado di sconfiggere ogni cosa: simboli o forse parole di una lingua a lui sconosciuta, che però parevano essere familiari come se Tromek li avesse visti già da qualche altra parte…

         - Ehi, tu!! - disse ad alta voce all’uomo che prima lo aveva minacciato

- lasciala stare!!

         - Ti ho già det… - quando si girò e vide lo spadone estratto dal fodero disse - Hahaha cosa credi di fare con quella lama?!? Non riuscirai neanche a brandirla ci scommetto! Chissà che sforzo stai facendo per tenerla alz… - prima di finire la frase si ritrovò Tromek che teneva la lama ad un millimetro dalla sua gola; lo guardò negli occhi e si spaventò: erano cambiati, ora avevano dei riflessi color rosso fuoco ed avevano uno sguardo talmente profondo da dar l’impressione di essere in grado di risucchiare l’anima di chi li avrebbe osservati troppo lungo. Noto poi la lama dello spadone e rimase pietrificato: i simboli che erano apparsi quando Tromek aveva estratto la lama dal fodero erano diventati di un color rosso fuoco, proprio come gli occhi del ragazzo.

         - Dimmi immediatamente cosa vuoi da quella ragazza, altrimenti non sposterò la lama di quel poco che basta per togliere di mezzo dei rifiuti…

         - Calma, calma!! Non c’è bisogno di scaldarsi tanto! Stavo solo scherzando prima quando ti dic…

         - Dimmelo! - urlò Tromek premendo la lama sulla gola dell’uomo

Gli altri componenti del gruppo non sapevano che fare; si guardavano l’un l’altro sperando che a qualcuno tra di loro venisse un’idea per uscire da quella situazione; quando videro gli occhi di Tromek che si erano posati su di loro squadrandoli dalla testa ai piedi, fecero un passo indietro e gettarono a terra le armi pietrificati dal terrore.

         - Va bene! Ha rubato del denaro da casa mia! - disse l’uomo sotto torchio

         - Hai delle prove a riguardo?

         - No… però…

         - Però cosa?!?

         - Però quando l’ho chiamata per interrogarla riguardo al furto è scappata via!

         - E ti sembra un buon motivo per seguirla in questo modo?!?

         - Beh… per me… si

A queste parole, Tromek accecato dalla stupida di quell’uomo lo prese per la collottola e disse scandendo le lettere una ad una...

         - Sparisci!

Gettò l’uomo a terra che, come gli animali quando incontrano qualcuno di più forte di loro, si sottomise a Tromek abbassando lo sguardo…

         - Va bene! Ti chiedo scusa!

         - Non devi chiedere scusa a me!

         - Ho capito! Ehi tu, rag…

         - Ha un nome!

         - Ok, ok… non ci scaldiamo troppo… come ti chiami ragazza?

- Aili… - ancora scossa dall’accaduto no riuscì a dire altro…

- Ti chiediamo scusa - risposero in coro i 5 uomini tutti con le teste abbassate…

         - Sappiate che se verrò a sapere di una qualsiasi cosa causata da voi che capiterà ad Aili od a chiunque altro legato a lei… scoprirete cosa significa la parola, dolore… e ora sparite e non fatevi più vedere dai miei occhi

Così dicendo i cinque uomini cominciarono a correre in modo disordinato inciampando ovunque; osservando quella scena Aili cominciò a ridere. Tromek osservò ancora per un po’ i cinque scappare nella boscaglia, poi rinfoderò lo spadone: l’energia che prima lo aveva pervaso improvvisamente, sparì allo stesso modo, dopodichè, si girò e chiese a Aili:

         - Tutto bene? Sei ferita?

         - N…no - rispose Aili un po’ impaurita

         - Bene, sono contento… - così dicendo Tromek si sentì mancare le forze e cadde a terra

         - Ehi cosa ti succ… - Tromek non sentì più nulla, la vista si offuscò e tutto si fece buio; aveva perso i sensi.

 

***

 

Ehi… ma che è successo… ohi che mal di testa… ah si ora ricordo… Aili! così pensando si alzò di scatto in cerca di Aili, ma la mancanza di energia si fece subito sentire e cadde nuovamente a terra.

- Sei stato coraggioso… nessuno mi aveva mai difeso in quel modo…

- Aili… sei tu?

- Si, stai tranquillo…

- Cosa mi è successo?

- Beh… sei svenuto dopo che hai rinfoderato l’arma che portavi con te… allora ti ho preso portato in questa grotta in modo da poterti accudire…ah… ehm… ti ho tolto l’armatura che avevi sul petto e sulle braccia… non potevo far nulla senza togliertela… l’ho messa insieme a tutto la tua roba laggiù

- Grazie. Posso chiederti per quanto tempo ho dormito?

- Beh… penso si e no cinque o sei ore…

- Così tanto?!? Devi muovermi non c’è più tempo da perdere!

Tromek si alzò nuovamente di scatto ma per la seconda volta cadde a terra senza riuscire a muoversi. Non gli era mai capitata una cosa simili in anni di combattimenti. Quell’arma ha davvero qualcosa di strano… un combattimento come quello non può avermi ridotto così… deve essere stata per forza quella spada…  pensò Tromek.

         - Non ti affaticare… è inutile… tanto anche se riuscissi ad uscire di qui non potresti fare nulla per due motivi: non sei al massimo delle tue forze e poi è quasi buio… si sta facendo notte… è meglio stare qui almeno non rischiamo di fare brutti incontri… comunque grazie… mi hai salvato la vita… quegli uomini se mi avessero preso chissà cosa mi avrebbero fatto… solo che non capisco una cosa… hai detto… che se succederà qualsiasi cosa a me o a qualcuno legato a me, tu li saresti andati a cercare… ma non mi conosci neppure! - disse Aili con un’aria a metà tra lo scherzoso e l’interrogativo

- Beh… sai… ho imparato che tutte le persone di quel genere reagiscono bene all’intimidazione e così ho forzato un po’ la cosa…

- Ah ok… grazie… - disse Aili sorridendo…

- Comunque, ti sbagli sono io a doverti ringraziare non tu a doverlo fare con me… chiunque avrebbe salvato una bella fanciulla in pericolo… - sorrise Tromek

- Eh?!? - Aili stupita si coprì a faccia arrosendo

- E poi se tu che mi hai salvato… probabilmente se fossi rimasto dove sono svenuto, sarei diventato preda per qualche bestia feroce… comunque… - e così dicendo Tromek si alzò  lentamente e faticosamente dal suo giaciglio - … appena mi sento meglio devo ripart… - dopo che si fu alzato vide che Aili aveva le lacrime agli occhi

- Ehi… che ti succede?!? - chiese Tromek preoccupato

- No, niente

- Dalle mie parti quando si piange c’è sempre un motivo - così dicendo prese il suo mantello e lo diede ad Aili per asciugarsi le lacrime

- Tieni, un fazzolettino per asciugarti le lacrime, un po’ ruvido purtroppo…

Vedendo che Tromek le stava porgendo il mantello, Aili accennò un sorriso e si asciugò le lacrime

         - Adesso dimmi perché stavi piangen… - Tromek non riuscì a finire la frase che la ragazza gli si gettò al collo nuovamente in lacrime

- Devi sapere che fin da quando sono nata nessuno voleva a che fare con me… anche i miei genitori mi abbandonarono, infatti sono stata cresciuta da una donna che mi trovò per caso in un bosco. Non so se lo hai notato ma non sono completamente umana: guarda i miei occhi… sono per metà elfici e per metà umani

- Questo significa che tu sei una mezz’elfa!

- Ti prego non mi chiamare in quel modo, l’ho sempre odiato: tutti quelli che mi volevano male mi chiamavano “sporca mezz’elfa”

- Va bene, allora ti chiamerò Aili

- Ti ringrazio…

- Non mi hai ancora detto perché piangi

- Il motivo è che tu sei la prima persona che ha rischiato qualcosa per me… anche la donna che mi accudì per molto tempo non ci pensò due volte a lasciarmi in balia di me stessa quando la mia presenza nella sua vita cominciava a diventare scomoda… probabilmente qualcuno che mi conosceva sarebbe scappato e mi avrebbe lasciato in mano a quegli uomini, o forse li avrebbe aiutati ad acciuffarmi…

- Tranquilla, io non sono quel genere di persona; non ti avrei mai lasciata in mano a quei loschi individui… - mentre Tromek parlava non si era accorto che Aili si stava, praticamente accucciando, sulla sua spalla

- Non so perché, Tromek, ma tu emani un piacevole tepore…

Tromek era in crisi. Non sapeva che fare; una ragazza che si stava accucciando su di lui per dormire... poi gli balenò in mente una cosa prima le avevo detto che era bella fanciulla… aaaaah!!!! Che ho fatto!?! Mi sono rovinato con le mie mani!?! No! No! No! Che devo fare?!?! Aiutoooooooo!

- Immagino che tu sia molto stanca dopo tutto quello che hai passato… adesso tocca a me prendermi cura di te… se vuoi puoi dormire nel mio giaciglio con me, almeno sarai al sicuro…tranquilla non mordo… -  ma che sto dicendo!?!?!? Cosa era quella polvere qualche sostanza che mi ha fatto perdere la testa?!?

- Ti ringrazio… non me lo aveva mai permesso nessuno… - dopodichè si addormentò profondamente

 

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