About John

di Lue
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I capitolo ***
Capitolo 2: *** II capitolo ***
Capitolo 3: *** III capitolo ***
Capitolo 4: *** IV capitolo ***
Capitolo 5: *** V capitolo ***
Capitolo 6: *** VI capitolo ***
Capitolo 7: *** VII capitolo ***
Capitolo 8: *** VIII capitolo ***
Capitolo 9: *** IX capitolo ***
Capitolo 10: *** X capitolo ***



Capitolo 1
*** I capitolo ***


About John


 

Nascita

John Hamish Watson nasce in una notte di maggio. È completamente pelato e leggermente sovrappeso. Sua madre è esausta ma quando lo prende tra le braccia – come è sempre accaduto e sempre accadrà a ogni madre – tutta la stanchezza sembra svanire. Sua sorella Harriet (Harry per tutti) lo guarda incuriosita e lo trova abbastanza brutto: tutta quella fatica per un mostriciattolo piccolo così? Suo padre invece è da qualche parte, imprecisata, del mondo. Harry fa un grosso sbadiglio, e si appisola su una poltroncina. La madre invece osserva il piccolo John e si chiede cosa mai potrà riservargli la vita. Spera solo che, in qualche modo, riesca a essere felice.
 

Luna

Il grande astronauta John Watson è appena sbarcato, per la millesima volta, sulla Luna! Sì, signore e signori, c’è riuscito di nuovo! E quando tornerà sulla Terra sarà premiato con una torta al giorno per tutta la vita. L’invincibile astronauta John balzella impavido sulla Luna, scala alte montagne bianche e poi si prepara alla prossima missione: prendere una stella! Il coraggioso astronauta John accende il suo razzo portatile e spicca il volo verso la stella più brillante. Arrivato vicino la prende tra le mani e se la mette in tasca, dove però continua a brillare, come una torcia. L’indomito astronauta John fa ripartire il suo razzo per esplorare nuove galassie.


Tuono

E va bene, John non è un astronauta invincibile. Ha cinque anni e paura dei temporali. Deve ammetterlo, a questo punto, perché non ce la fa proprio a guardare fuori dalla finestra: gli alberi davanti a casa sua gridano e alzano le braccia al cielo, come dei mostri. Un impeto di coraggio piglia il cuore di John: ma scherziamo?, lui, il più grande astronauta del mondo, che ha paura di un po’ di pioggia? Fa capolino da sotto le coperte, deciso a combattere la sua paura. Ma poi un tuono rimbomba e John fa un balzo dallo spavento. Si rifugia ancora tra le coperte: magari sarà coraggioso un’altra volta.
 

Verde

Il primo golf di John arriva a Natale. È un maglioncino verde scuro, ed è un regalo di sua madre. John lo indossa e poi decide che gli piace così tanto che non se lo vuole più levare. Se lo mette di notte sopra il pigiama e poi di giorno, sempre. Poi, una mattina, si accorge che, mentre si lavava, il golf è sparito.
“Mamma!”, grida disperato.
Lei accorre subito, preoccupata.
“Cosa succede!?”.
John trattiene a stento il pianto.
“Il mio maglione! Non c’è più!”.
La madre sorride sollevata.
“Ma no, tesoro! L’ho messo da lavare! Era tutto sporco!”.
Lui sospira e corre tra le sue braccia: era così preoccupato!

 

Giallo

Il negozio preferito della mamma di John è il negozietto di fiori in Baker Street. Devono prendere la metro per arrivarci, da Southwark. Sei fermate sulla Jubilee Line: John le conta sempre. È un posto carino: fuori ci sono tutti i fiori, e dentro puoi comprare vasi e semi. A John piace da morire, soprattutto perché Harry non viene mai e così lui può starsene un po’ con la mamma. Comprano sempre girasoli, alti, gialli, e al ritorno in metro tutti li guardano. Sono i fiori preferiti della mamma, e adesso anche quelli di John. Harry dice che li schifa, ma secondo John lo fa solo per rompere le palle.
 

Autunno

In autunno la signorina Roberts (l’insegnante di Arte), porta sempre i bambini a Hyde Park. Fa loro raccogliere le foglie secche e poi, in classe, creano un collage. John segue la maestra, quando qualcosa lo distrae. Un bambino corre a perdifiato, inseguito da un ragazzo.
“Sherlock! Vieni subito qui!”, grida quello, ma l’altro ride fragorosamente e continua a correre.
“Sono un pirata!”.
“Non sei un pirata! Vieni qui!”.
John scoppia a ridere e, quando il bambino gli passa accanto, si scambiano uno sguardo divertito.
“John!”, richiamato dalla maestra si affretta a seguire i compagni.
Pensa che ricorderà per sempre quella scena ma poi, due giorni dopo, se l’è già scordata.

 



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Mi sono lanciata in un'impresa gigantesca, avevo deciso di scrivere una Big Damn Table su John Watson. Solo che mi sono accorta, arrivata alle 60 storie, che non c'era più nulla di interessante da raccontare, così mi sono fermata. I titoli prima di ogni drabble sono i prompt di una Big Damn Table che ho trovato in giro.
Bene, spero che questa storia susciti un qualche interesse perchè ho lavorato davvero tanto per scriverla :)
Baci e buon anno a tutti!
Lu

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Capitolo 2
*** II capitolo ***



About John





Esteriorità

John ha quindici anni e non si piace per niente. Si guarda allo specchio, vestito con la divisa della scuola, e vede un ragazzino pallido, non troppo alto, con capelli biondi totalmente anonimi e la pelle arrossata dai brufoli. Storce la bocca. Vorrebbe essere alto, abbronzato e bellissimo, così Harry non potrebbe più prenderlo in giro. Dice sempre che lei con uno come lui non starebbe mai. Ma lui ha i suoi dubbi che la sorella starebbe con qualsiasi uomo in generale: vede come guarda le ragazze per strada. Spesso John vorrebbe risponderle per le rime, ma alla fine scuote la testa e se ne va a scuola senza salutare.


Arancione

Quando compie diciassette anni, John si fa un regalo: un maglione arancione scuro. Sua sorella ride e lo prende in giro: è un colore da femmina! Ma John, per la prima volta, se ne infischia dell’opinione degli altri, quel maglione gli piace da morire. Gli ricorda l’autunno, la sua stagione preferita, e a metterlo addosso si sente come una foglia stropicciata, che volteggia nel vento. In fondo John è un tipo piuttosto romantico: non vede l’ora di trovarsi una ragazza e farla sentire speciale. Una ragazza intelligente, carina, a cui piacciano i suoi maglioni, soprattutto questo qui. Una tipa a posto, insomma.


Lei

Un giorno Harry torna a casa e dice, “Mamma, John, c’è qualcosa che devo dirti”. Sembra importante: si vede che è nervosa. Prende un grande sospiro.
“Sono innamorata. Di una donna”.
Silenzio.
John non sa cosa dire perché, naturalmente, in fondo lo sapeva benissimo senza che Harry dicesse nulla, ma guarda sua madre, un po’ preoccupato.
“Bene”, esordisce lei, “E pensi di presentarcela o dirci almeno come si chiama?”.
Si vede che Harry era angosciata da morire, perché John vede tutta la tensione scivolarle via dal viso insieme a lacrime – di felicità, presume.
Getta le braccia al collo della madre, che ricambia la stretta.
“Certo che ve la presento, certo”.
 

Scuola

Alla mensa della Barth’s John siede sempre vicino a un tipo magrissimo, Mike Stamford. Seguono gli stessi corsi, ma Mike non ha troppi programmi per il futuro. È pigro, John non si sorprenderebbe se tra dieci anni lo trovasse ancora qui, stravaccato in un’aula vuota. Poi c’è George Gordon, che non sta mai zitto. John e Mike quando lo vedono scappano via, ma poi ogni tanto riescono anche a farci dei discorsi normali. George ogni giorno dice la stessa cosa: “Andremo a scuola tutta la vita. Tra la Barth’s, e quello che ci aspetta dopo … Tutta la vita”. John e Mike si guardano e trattengono una risata. Non rispondono mai.


Troppo

Stasera è festa dai Watson. È invitata a cena Katie, la ragazza di Harry, e John e sua madre hanno cucinato tutto il giorno, sono più emozionati di Harry, che li guarda sorridendo.
Katie è simpatica, parla moltissimo, tra un bicchiere di vino e l’altro. Anche Harry, per fare la grande, continua a versarsi il vino nel bicchiere.
Katie chiede a John: “E tu? Non ce l’hai il ragazzo?”.
John arrossisce: “No, io non sono … gay”.
Katie ride, Harry si versa un bicchiere di vino.
“Tesoro, non sarebbe ora di smetterla?”, le dice sua madre.
“Ma che sarà mai, un po’ di vino?”, ride Katie.
Già, che sarà mai?
 

Genitori

Tutto comincia un mercoledì di pioggia, quando Harry torna a casa barcollando, e puzza di alcol.
“Harry!”, John le corre incontro preoccupato. Lei si accascia in terra e scoppia in singhiozzi.
La mamma non c’è, è al lavoro, John non sa cosa fare.
“Harry, cos’è successo?”, lei non risponde. Piange. Allora John la tira su, e in qualche modo, non sa nemmeno come, la porta in camera e la mette a letto. È così pallida.
“Harry”, mormora John.
“Papà”, sussurra lei.
Poi si gira e vomita sulle scarpe di John.






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Grazie mille per le recensioni! Alla prossima! :)

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Capitolo 3
*** III capitolo ***


 

About John


 

Famiglia

Quello che è successo a Harry è piuttosto chiaro adesso. C’è voluto parecchio prima di riuscire a capirlo, ma alla fine John c’è riuscito. Il loro padre, dopo ventitré anni di assenza totale, un giorno ha telefonato a casa. Ha risposto Harry, perché John era alla Barth’s e la mamma al lavoro, e lui le ha chiesto di vedersi, senza dire niente a nessuno. Così Harry l’ha incontrato, ha pensato di fidarsi di lui e, quando lui le ha chiesto dei soldi –  “Voglio tornare da voi, ma prima devo trovare un posto dove stare” – lei glieli ha dati. E lui è scappato, di nuovo. Con tutti i risparmi di Harry.
 

Se

Forse se Harry non si fosse fidata di suo padre non sarebbe successo tutto quel casino. Se ne avesse parlato con John e sua madre magari si sarebbe resa conto che non era il caso di credere a uno che li aveva abbandonati così, per vent’anni. Se non gli avesse dato proprio tutti i suoi risparmi magari ora avrebbe soldi abbastanza per fare quel viaggio che sognava da tempo. Se poi non avesse cominciato a frequentare quella ragazza, magari l’unica cosa che berrebbe ora sarebbe una lattina di coca-cola. Ma non è andata così: adesso Harry non ha un soldo ed è sempre ubriaca. E i “se” non aiutano molto.
 

Vita

È in una mattina di gennaio che la madre di John scopre di essere malata. L'ha spinta Harry ad andare dal medico perché, insomma, John è sempre fuori a studiare dai suoi amici, e la cosa fa ridere, tristemente: lui che è sempre lì a leggersi tomi sulla medicina, lui che conosce tutte le malattie esistenti, che da grande vuole trovare nuove cure, lui non se n’è nemmeno accorto che la sua mamma stava male. E adesso vorrebbe mangiarsi le mani: se solo fosse stato più attento … Lei cerca di rassicurarlo: “Vedrai che andrà tutto bene”, ma John ha una paura folle di dover vivere senza di lei.
 

Rosso

Si chiama Rachel e ha lunghi capelli biondi. John l’ha incontrata alla festa a casa di George, una cosa come mezz’ora fa, e ora sono chiusi nella camera degli ospiti, ed è la prima volta che John tocca davvero una donna. Probabilmente lei se n’è accorta perché ridacchia prima di continuare a baciarlo. È strano entrare dentro di lei, a John un po’ dispiace, se l’era immaginata diversa la sua prima volta. Ma è il pensiero di un attimo, poi John torna a perdersi tra i capelli e l’ odore di donna che non aveva mai sentito attaccato alla sua pelle. Per questa volta va bene così.
 

Bianco

L’ultima volta che John torna al negozio di fiori in Baker Street insieme a sua madre, lei decide che non vuole più comprare dei girasoli. La signora Miller, che porta sempre un diverso capellino – sempre di una diversa tonalità di rosso – è già sul punto di incartarle tre fiori gialli, quando la mamma di John la ferma con un cenno della mano. È debole, si è appoggiata a John per tutto il tragitto – le sei fermate sulla Jubilee Line – e ora indica dei fiori bianchi.
“Prendo dei gigli”.
“Mamma”, mormora John, “Perché non prendi dei girasoli?”.
Lei gli sorride triste.
“È finito il tempo dei girasoli, John”.
 

Morte

Sei mesi dopo i gigli, John si trova per la prima volta a contatto con la morte. La morte gli si presenta sotto forma delle dita affusolate di sua madre – la sua mamma – abbandonate sulle coperte bianche del letto d’ospedale. John le sfiora piano e poi le stringe forte. Sono così fredde. Harry si avvicina e passa il braccio intorno alle spalle di John. Lo stringe forte, nella prima volta in tutta la sua vita, e John scoppia a piangere e si aggrappa a sua sorella.
Harry odora di alcol, e a un tratto John vorrebbe spingere via anche lei, vorrebbe andare via.
E presto se ne andrà.




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Tra due capitoli, l'arrivo di qualcuno molto speciale :)
Un bacio a tutti!
Lu

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Capitolo 4
*** IV capitolo ***



About John



Fiori

Il negozio di fiori in Baker Street è ancora aperto, anche se è sera e il sole sta calando. La signora Miller indossa ancora uno di quei cappellini rossi e, quando John e Harry entrano, li riconosce subito.
“I fratelli Watson, da quanto non vi vedevo insieme!”.
John ha il terrore che lei chieda come sta la loro madre, ma ci pensa Harry a evitare che succeda.
“Nostra madre è morta”, dice con voce piatta.
John rabbrividisce, la signora Miller sbianca.
“Io non … non sapevo … mi dispiace così tanto”, si ferma un istante “Cosa posso fare per voi?”.
“Girasoli”, mormora John, tenendo lo sguardo basso, “Vorremmo tanti girasoli”.
 

Quando?

Quand’è successo, tutto questo? Quand’è che John si è ritrovato solo, senza una madre, senza una sorella, senza piani per il futuro?
Quand’è che John è diventato grande, adulto?, lui che era sempre il più piccolo, il bambino che giocava a fare l‘astronauta e si perdeva nel profumo di bucato dei suoi maglioni colorati. Quando? John non ha potuto nemmeno scegliere, si è ritrovato solo, seduto al bordo del letto, con una terribile voglia di piangere incollata alle labbra. Ma non può fare niente. E allora rimane seduto, al buio, e si chiede quando, quando le cose si metteranno a posto.
 

Scelte

Non c’è un momento preciso in cui John decide che vuole entrare nell’esercito. Succede solo che, quando George va ad arruolarsi, John va insieme a lui. Hanno ventisei anni. Quando John trova il coraggio di dirlo a Harry non è troppo sicuro che lei abbia capito, o anche solo ascoltato, perché è troppo presa a cullarsi tra le braccia la bottiglia di brandy. John rabbrividisce e a un tratto si sente soffocare da quella casa impregnata d’alcol e di ricordi che fanno male. Corre fuori, scappa via nella notte fredda e per un momento si sente un’idiota, perché non sa dove andare. Poi, senza una ragione precisa, va da Rachel.

 
Come?

Rachel abita a dieci minuti a piedi da casa sua e John, correndo, non ce ne mette nemmeno cinque. Lei apre la porta, sorpresa di vederlo: dopotutto escono solo insieme, non sono fidanzati e onestamente neanche John sa bene quale motivo lo abbia spinto lì, ma Mike è in vacanza e George abita troppo lontano.
Quando Rachel vede John scoppia a ridere.
“Ma come ti sei vestito?”.
John guarda in giù: ha addosso il suo maglione arancio. Un misto di stanchezza e delusione gli scivola addosso, mentre si stringe nel suo adorato maglione. Volta le spalle a Rachel, e ricomincia a correre per le strade di Londra.
 

Stelle

John dorme in tenda con dieci soldati, due sono medici, come lui. Parlano nel sonno, quasi tutti. Mormorano nomi, contorni e profumi di amanti, madri, figli che li aspettano a casa. Lui si sente piccolo e solo: non ha nessuno di cui sentire la mancanza. Allora si alza ed esce dalla tenda, senza fare rumore.
Le notti scure di Kandahar sono stranamente silenziose. In cielo John vede tante stelle quante non ne ha mai potute vedere, tra le insegne luccicanti e i lampioni di Londra.
È rimasto il solito ragazzino romantico. Stanotte pensa a qualcuno per lui che, da qualche parte, stia guardando il cielo. È un bel pensiero.
 

Compagni di squadra

Il primo compagno che John perde si chiama Marcus e ha ventitré anni, il viso ancora segnato dall’acne. Hanno attaccato il suo camion mentre cercavano di raggiungere la base vicina, e lui, semplicemente, è morto.
John per un attimo pensa che sarebbe dovuto succedere a lui. Non perché quel tale Marcus fosse suo amico, no, è più perché John reputa la propria esistenza piuttosto inutile: nessuno gli ha mai fatto una festa a sorpresa, nessuno si è mai innamorato di lui, nessuno piangerebbe più di tanto la sua morte. L’unica cosa che gli spiace è che, morendo, chissà a chi andrebbero i suoi maglioni.




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eccomi qua :) è un po' un capitolo di passaggio, ma a volte ci vogliono!
alla prossima, un bacio!

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Capitolo 5
*** V capitolo ***


About John





Anni

Capitan John Watson, quinto reggimento dei fucilieri di Nothumberland.
Sei anni passati in un baleno, e adesso il corpo di John è attraversato da un dolore mai provato. Qualcuno grida il suo nome, lo sorreggono mani forti, abbronzate come le sue – no, come la sua mano destra, perché la sinistra è piena di sangue, John non riesce a smettere di guardarlo, tutto quel sangue come cola. Era il suo terrore, all’inizio, finire così. Ma il tempo passa, è passato, sotto il sole cocente dell’Afghanistan e le lacrime dei suoi bambini feriti. Il rumore degli spari si ferma, i soldati urlano: “Due feriti! Qui!”. A John scende una lacrima.
 

Senza colori

Tornare a casa è come attraversare un sogno senza colori. John scende dall’aereo appoggiandosi al corrimano e, arrivato giù, si affida alla fedele stampella. C’è Harry ad aspettarlo – capelli neri e occhiaie violacee – gli sorride e lo abbraccia. John si lascia stringere, ma dato che non sa se ha voglia di perdonarla così facilmente non risponde all’abbraccio, rimane fermo, diritto come gli hanno insegnato, le mani strette intorno alla stampella.
“Vieni”, dice Harry, “Ti ho preso un appartamento in affitto per questo mese. Ho pensato che magari non ti andava di stare da me”, sorride, come per scusarsi.
Anche John si lascia andare a un tiepido sorriso.
“Grazie”.

 
Oscurità

Nella nuova casa John sta al buio. A letto, dove i suoi tentativi di addormentarsi sono mandati all’aria dagli incubi, o seduto alla scrivania, la luce del computer che gli fa lacrimare gli occhi e nemmeno una lettera che vada a riempire la pagina bianca. La sua terapista non sembra contenta.
Harry intanto continua a dire che va tutto bene, ma John non sa se crederle. Nel dubbio fa finta di nulla: non ha più la forza di preoccuparsi.
In più John sa che presto dovrà trasferirsi fuori città perché qui l’affitto è troppo alto. La cosa gli dispiace: Londra è il posto dove è nato.
 

Amici

John sta camminando per il parchetto vicino al Barth’s in cui se ne andava a studiare nelle mattine di sole, quando sente qualcuno chiamare il suo nome. Non può credere ai suoi occhi: Mike Stanford, grasso. John non credeva sarebbe mai arrivato quel giorno. Si mettono un po’ a parlare, ed è un dialogo arrugginito, magari un giorno usciranno e parleranno davvero. Mike gli menziona un tizio con cui John potrebbe condividere un appartamento. In poco tempo scoprirà che questo tipo si chiama Sherlock Holmes, ha gli occhi più chiari che John abbia mai visto e sa più cose su di lui di quante ne sappia lui stesso.

 
Dove?

“Afghanistan o Iraq?”, è la prima cosa che gli ha chiesto quell’uomo. Dove, John?, domandavano insistenti i suoi occhi. È un tipo strano che di strano ha proprio tutto. La voce, i tratti, i vestiti, il nome! Ma John non è più di tanto sorpreso: la stranezza di quell’uomo è più confortante dei visi scialbi delle persone che incontra ogni giorno e che lo fanno sentire così vecchio. Invece quel tale, Sherlock Holmes, è talmente particolare! John sta morendo dalla curiosità di vedere la casa, mentre sale le scale della metro tenendosi al corrimano, e sembra proprio uno scherzo del destino che sia proprio lì, in quella via. Baker Street.


Riparato

Tornato dalla guerra, John si sentiva un termometro di vetro, di quelli di una volta, al mercurio, che non si trovano più in circolazione e non si possono proprio riparare una volta che si sono rotti, perché tutte le palline di mercurio sono scivolate via ed è meglio non toccarle. Non credeva che qualcuno sarebbe mai riuscito ad aggiustarlo. Almeno finché non ha conosciuto Sherlock Holmes. L’ha fatto correre per mezza Londra, rischiare la vita (e chissà perché John è convinto che non sarà l’ultima volta) e non sono nemmeno riusciti a cenare. Mezza giornata, ci ha messo, per ripararlo.
E sì che credeva di essere lui il medico.




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E dopo aver comprato con gioia la raccolta completa delle "Avventure di Sherlock Holmes" di Conan Doyle, ecco il capitolo! :)
A presto, baci a tutti!!

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Capitolo 6
*** VI capitolo ***



About John






Mesi

Sono mesi ormai che John abita al 221B. È uno che si abitua piuttosto facilmente: si è abituato ai ritmi della guerra e ora a quelli di Sherlock. Ha imparato presto che, con la presenza del suo coinquilino al piano di sotto, non c’è alcun bisogno di usare i sonniferi che prendeva prima, quando era solo. La prima notte che ha passato in quell’appartamento è stata anche la prima di tante notti senza incubi. Vorrebbe ringraziare Sherlock in qualche modo, dirgli che anche se a volte lo prenderebbe a pugni, è grazie a lui se ha ricominciato a dormire sereno. Ma è sicuro che in fondo Sherlock lo sappia.


Sesto senso

John è convinto che Sherlock sia stato dotato da qualcuno (un dio, forse?) del dono di sapere le cose. Seriamente, non è possibile che sia una cosa naturale. Capisce cosa ha sognato John dal colore delle sue occhiaie e cosa ha mangiato a colazione da una briciola sul suo maglione. Una briciola. È incredibile, impossibile per tutti tranne per lui. A volte John si chiede se Sherlock sia addirittura umano. Allora si mette a fissarlo per molto tempo, quasi per cercare una spiegazione a quel sesto senso che si ritrova il suo coinquilino. Non la trova mai. Ma non gli dispiace guardare Sherlock. Proprio no.
 

Bibite

“Vorrei un tè”.
John alza gli occhi dal giornale.
“Fallo”, suggerisce a Sherlock.
“È finito”, lo informa lui.
“Vai a comprarlo”.
Sherlock storce il naso.
“Non posso, sto risolvendo un caso”.
John lo guarda: è stravaccato sul divano, in pigiama, e giocherella col telefono.
“Non stai facendo niente, quindi vestiti e vai a comprare il tè, oppure bevi qualcos’altro”.
Dice così per dire, John, sa benissimo che alla fine Sherlock l’avrà vinta.
“Ci sono solo bibite!”, sbuffa quello disgustato.
“Beh, io non ho intenzione di uscire”, afferma John deciso.
Neanche un’ora dopo è già di ritorno dal supermercato, con otto confezioni di tè. Sherlock lo accoglie con un sorrisino compiaciuto.


Blu

Una signora sui cinquanta si è presentata da loro. Gioielli rubati. Un’occhiata e Sherlock decreta: “Noioso”. Ma quella non se ne va, continua a gettare sguardi a John.
“Che bell’appartamento! Non fosse per il disordine… Alla sua fidanzata non scoccia?”, gli si rivolge civettuola.
“Ehm, non ho una fidanzata”.
John è tremendamente in imbarazzo e – naturalmente – da Sherlock non giunge alcun aiuto.
No? Un uomo come lei! Con questi occhioni azzurri!”.
John non sa cosa dire.
“Sono blu, non azzurri”, interviene Sherlock sprezzante, “Gli occhi di John, sono blu. Può andare, adesso. Arrivederci”.
A John viene da sorridere, mentre quella matta se ne va. Gli piace l’attenzione di Sherlock.
 

Lui

Non c’è nessuno come Sherlock Holmes. L’hanno pensato in molti, più che altro con fastidio. Anche John lo pensa, ma in modo dolce, con affetto: è felice (anche se non glielo dirà mai) che non ci sia nessuno come lui e che sia capitato nella sua vita invece che in quella di qualcun altro, portando via tutta quella solitudine dolorosa. Nessuno è come Sherlock, per John. Sherlock è … di più. Più di chiunque. Sarà per colpa di quel cappotto scuro e lunghissimo o di quegli occhi dal colore indefinibile o della sua voce profonda, Sherlock è unico nel suo genere. Nel bene e nel male.


Marrone

Ogni volta che John e Sherlock sono sulla scena del crimine, Sherlock, oltre ad atteggiarsi e sparare deduzioni a manetta, decide che è ora di far provare anche John. È qualcosa di cui lui è terrorizzato: teme sempre di fare una brutta figura. E, beh, è quello che succede il più delle volte.
John fa le sue deduzioni, crede di aver detto qualcosa di giusto, addirittura brillante qualche volta, ma poi Sherlock apre la bocca. E lo smonta.
Ma non questa volta. John ha deciso.
“John, cosa puoi dirmi di questa scatolina?”.
Lui guarda Sherlock fisso negli occhi.
“È … marrone?”.





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Uhm, credo sia piuttosto chiaro, come si nota nell'introduzione alla storia, che Johnlock è il mio OTP 5evah, quindi ecco qualche spaccato di vita quotidiana di quei due :)
Grazie mille a tutti coloro che non mi hanno (ancora abbandonata) e continuano a recensire! :D
Alla prossima, un bacio!
Lu

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Capitolo 7
*** VII capitolo ***


 

 

About John







Compleanno

La maggior parte del tempo Sherlock vive nel suo mondo. Non ricorda qualcosa come gli anniversari: non fosse per John non si accorgerebbe nemmeno quando è Natale. È per questo che John rimane spiazzato quando, il giorno del suo compleanno, Sherlock si presenta a colazione con un involucro tra le mani. Il tentativo di un pacchetto, si presume.
“Buon compleanno”, dice nervosamente. Poi, davanti all’espressione di John, si affretta a spiegare.
“La signora Hudson ha detto che avrei dovuto farti un regalo”.
John è un po’ dubbioso, ma quando apre il regalo sorride di felicità.
È un maglione bianco.
“È bellissimo”.
Sherlock arrossisce e beve un sorso di caffè.
“Prego”.

 
Infelicità

“Sherlock?”.
“Mh”.
“Perché ti drogavi?”.
Sherlock alza gli occhi dal violino sul quale sta strimpellando distrattamente.
“Ti sei deciso a chiedermelo, allora. Non pensavo avresti mai trovato il coraggio”.
John arrossisce: Sherlock deve aver colto tutte le sue allusioni e mezze frasi.
“Mi annoiavo”, dice Sherlock semplicemente, guardandolo con aria di sfida.
John sbuffa: Sherlock è sempre il solito, non glielo dirà mai. Sente i suoi occhi puntati su di lui.
“Potevi semplicemente dirmi che non sono affari miei”.
Sherlock si alza e fa per dirigersi verso la sua camera. Poi, si ferma.
“Per lo stesso motivo degli altri. Infelicità, presumo”.

 
Tatto

Ok, non dovrebbe farlo, John lo sa bene. Ma è più forte di lui. Sherlock si è addormentato di colpo, sul divano, vestito di tutto punto. Non c’è da stupirsene: è in piedi da tre giorni. E John non ha resistito alla tentazione di toccargli i capelli. Lui non si è svegliato, quindi John glieli sta accarezzando da un’oretta buona. Sono soffici. E se provi a tirarli e farli diventare lisci, quelli, lasciati andare, rimbalzano e tornano alla forma originale. Dai capelli John passa alla fronte e agli zigomi. È morbido, Sherlock, delicato. E John spera che non si svegli: gli piace sfiorarlo.

 
Cena

“Hai accettato!?”, sbraita Sherlock.
“Ehm, sì”. John non sa proprio cos’abbia fatto di sbagliato.
“Perché!?”.
“Perché sì! Mycroft ha detto che tua madre ci invitava a cena domani sera, e io ho detto che saremmo andati”.
“Tu non conosci mia madre!”, esclama Sherlock.
“Così la conoscerò!”.
Sherlock tace per un istante.
“Io non vengo”, sbuffa poi.
“Sì che ci vieni”.
“No invece”.
John sospira.
“Se non vieni perderai un’occasione per prendere in giro Mycroft mentre mangia”.
Sherlock si mordicchia un labbro: si vede che è tentato di accettare la proposta di John.
“E va bene”, concede. Poi scoppia in una risatina malvagia.
“Lui non sa resistere al cibo della mamma!”.


Cibo

Ora che lo sta assaggiando, John capisce come Mycroft non riesca a resistere al cibo preparato da sua madre. Forse non ha mai assaggiato qualcosa di così buono. Ed è meraviglioso vedere Sherlock messo in imbarazzo da qualcuno.
A un certo punto, però, Sherlock non è più l’unico in imbarazzo.
“E così, John, tu e Sherlock abitate insieme da quasi un anno ormai!”, esordisce la signora Holmes, “Sherlock non me l’aveva detto! L’ho scoperto qualche giorno fa! Mi chiedo: cos’ha da nascondere il mio bambino?”, ride.
“Già, cos’hai da nascondere, Sherlock?”, ghigna Mycroft.
“So cos’hai da nascondere tu”, ribatte lui cattivo, “La pancia”.
John invece nasconde un sorriso nel bicchiere.
 

Natale

Uno può anche evitare di ammettere a se stesso di essere innamorato. Basta non formulare mai il pensiero compiuto: io amo Sherlock Holmes. E un conto è lasciare che l’idea galleggi, tenuta a bada, nella tua testa, un conto è invece se la voce della verità è alta dieci centimetri più di te, non ha un cane e parla con l’accento del Sussex. Un conto è se si chiama Janette e uscite insieme da tre settimane. Se ha una sorella avvocato (o infermiera? Non riesci proprio a ricordarlo) e spende un sacco di soldi in scarpe. Se, la sera di Natale, ti dice chiaramente che sei innamorato di Sherlock Holmes.






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Sono tornata :) scusate per l'assenza ma la scuola mi sta uccidendo!
con la speranza che non troviate Sherlock troppo OOC in questo capitolo, vi saluto! alla prossima! :)
un bacio,
Lu

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Capitolo 8
*** VIII capitolo ***



About John




Chi?

Irene Adler. John odia quella donna. La odia. Chi è per far stare Sherlock così? John è arrabbiato. E, sì, lei ha ragione, geloso. Lei lo guarda e John vorrebbe che fosse morta per davvero.
E se anche John fingesse di essersene andato per sempre? È sicuro che Sherlock non smetterebbe di mangiare, né scriverebbe melodie tristi.
Chi cavolo è questa tipa, che sembra uscita da un film porno? Era affascinante, certo, all’inizio. All’inizio.
Ora John pensa a quanto sia diventata importante per Sherlock, e gli fa solo male, lì nel petto, vicino al cuore.
 

Perchè?

John e Sherlock sono seduti in salotto. John sta scrivendo il suo blog e Sherlock non sta facendo niente – come al solito.
“Che fine ha fatto la tua ragazza?”, Sherlock rompe il silenzio.
John lo guarda sorpreso.
“Beh, ci siamo lasciati”.
“Come mai?”.
John è colpito da tanto interessamento.
“Perché la sera di Natale sono rimasto con te invece che con lei”.
“Perché?”, continua Sherlock.
“Cosa?”.
“Perché sei rimasto con me?”, sembra davvero curioso.
“Perché sì”, sbuffa. È anche arrossito, accidenti.
“Perché?”, insiste lui.
“Perché pensavo avessi bisogno di qualcuno!”.
Sherlock ci pensa su.
Sta zitto per un po’.
“Perché?”.
John si alza e va a fare il tè.
 

Triangolo

A John non dispiace Molly Hooper. È sempre gentile e Sherlock la sfrutta in modo indecente. A John non dispiace Molly Hooper. Ma a volte a John dà fastidio il fatto che lei sia innegabilmente innamorata di Sherlock. Quando sono al laboratorio, John si sente all’interno di un triangolo, con Sherlock al vertice e lui e Molly agli altri due angoli. Se Sherlock si sbilancia verso di lui, una parte di John se la ride soddisfatta, mentre l’altra parte lo fa sentire uno schifo. Perché dopotutto a John non dispiace Molly Hooper. Però dovrebbe smetterla di guardare Sherlock in quel modo.
 

Amanti

John non sopporta quando le altre persone credono che lui e Sherlock siano una coppia, o che lui sia gay.
a) Lui e Sherlock non sono una coppia
b) John non è gay
Essere innamorato di Sherlock non lo rende gay, perché Sherlock … non ha un genere vero e proprio. E poi John se si deve girare, per strada, si gira per guardare una bella ragazza, non un uomo.
E, sì, c’è anche il fatto che John ha ancora quel terrore, come da ragazzino, di quello che pensa la gente. È una cosa stupida, lo sa, però è fatto così. John ama Sherlock, ma non lo ammetterebbe mai, mai, mai.


Fine

È la fine.
Rimbomba nella testa di John. È la fine, la fine, la fine.
Sherlock precipita come un foglio di carta caduto dalla scrivania, con la stessa grazia, la stessa calma. E John guarda quel volo e pensa: è la fine, questa è la fine. Passano gli anni mentre Sherlock cade, in quei quattro secondi John si sente invecchiare, e sa che i capelli sono un po’ più grigi, le rughe più marcate, è come se le loro vite fossero due linee parallele e John dovesse accelerare per stare al passo con Sherlock. E quando poi il suo corpo tocca terra – crack – John sa che è la fine.
 

Rotto

È stato Sherlock a trovare John e ad aggiustarlo. Ha preso tutte le palline di mercurio, una a una, e le ha rimesse nel termometro. Ma adesso è come se Sherlock avesse trascinato anche John nella sua caduta. E John si è rotto di nuovo. Ora non c’è nessun altro al mondo che possa aggiustarlo e il mercurio sembra piombo nelle sue vene. Come si fa a sopravvivere se ogni volta che ti rialzi c’è qualcosa o qualcuno pronto a ributtarti nel fango? Come si fa quando ormai non c’è più nessuno che ti aiuti e ti faccia credere che c’è ancora speranza, da qualche parte, anche per te? Come?






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E dunque alla fine il momento è arrivato :)
al prossimo (nontroppofelice) capitolo!
un bacio,
Lu

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Capitolo 9
*** IX capitolo ***



About John





Casa

A John manca casa sua. Gli manca Baker Street, il salotto dentro Baker Street, Sherlock dentro il salotto di Baker Street. Si è trasferito (trasferito, poi: saranno dieci minuti a piedi) in un monolocale dietro Regent’s Park, piccolo, ordinato, c’è sempre odore di disinfettante. È l’unica e ultima volta che John ha usato i soldi che gli ha lasciato Sherlock. Non li vuole. E poi adesso ha ripreso il suo vecchio lavoro all’ambulatorio. Ha avuto bisogno di quei soldi solo per potersi permettere un posto in cui stare. Un posto in cui stare, ecco cos’è il suo nuovo appartamento. Non se la sente proprio di chiamarlo casa.
 

Primavera

È sbocciato un fiore, davanti alla finestra di John. Bianco, leggero, gli ricorda Sherlock, in modo molto banale: ormai ogni cosa gli ricorda Sherlock. E questo a sua volta gli ricorda che Sherlock è andato via per sempre, non tornerà insieme ai fiori bianchi sugli alberi di Londra. John non riesce a guardare quel fiore, quel sintomo di primavera: gli fa così male vedere che la vita va avanti dovunque tranne dentro di lui. Prova a sporgersi dal davanzale per raccoglierlo, ma è troppo lontano. John sospira e chiude la finestra. Si sente l’unico albero del parco senza fiori. È tutto molto triste. È tutto molto ingiusto.


Viola

I sogni di John sono colorati di viola, e lui non capisce proprio perché. Sogna sempre quel giorno: un tetto viola, un telefono viola, del sangue viola. Ne ha parlato con la sua terapista, ma nemmeno lei ha saputo dargli una spiegazione. Lo scopre una mattina fredda, il perché del viola. È ritornato dopo mesi in Baker Street per prendere alcune cose, ed è entrato in camera di Sherlock. Apre l’armadio e ci trova dentro, in mezzo a tante altre, una camicia viola. Ne aspira il profumo e poi crolla singhiozzando, tra i vestiti e le grucce, aggrappandocisi con le mani e sentendosi così stanco di tutto questo dolore.
 

Estranei

John odia bere: gli ricorda Harry e tutto quello che le è successo. Odia farlo, ma stasera ne ha bisogno. È piuttosto squallido il fatto che vada in giro per locali da solo ma, insomma, chissenefrega. Sta bene John adesso, gli viene da ridere, e vaga ridendo per le strade con la strana idea di aver perso qualcosa. Qualcuno. Gli viene da vomitare.
“Ti ho perso!”, grida alla notte.
Qualcuno che non conosce, un barbone, si avvicina.
“Che succede?”, chiede con dolcezza.
“Se n’è andato”, singhiozza John.
“Tornerà”, lo consola lui, “Tornano sempre”.
Con in tasca le parole di un estraneo, John torna a casa.
Ti prego allora, torna presto.
 

E

“Ci sono cose che avrebbe voluto dire e che non ha detto?
Le dica adesso”.
Mi piacciono i tuoi occhi.
E non so più di che colore sono.
E grazie per essere entrato nella mia vita, mi hai tolto dalla solitudine.
E poi me l’hai gettata addosso di nuovo, e pesa più di prima.
E il maglione che mi hai regalato ha ancora il tuo odore, non so come sia possibile.
E me lo metto sempre quando non riesco a dormire.
E sono innamorato di te.
E non mi importa se mi guarderai stranito e dirai: “John, lo sai, sono sposato col mio lavoro”.
E …
“No”.
 

Intermezzo

Mary è qualcosa di buono nella vita di John. È caffelatte scremato, sorrisi nei corridoi, baci a fior di labbra. È come una vacanza, un piacevole intermezzo tra il ricordo degli occhi di Sherlock e quello delle sue camicie. È bello, dopotutto, avere qualcuno che si prende cura di te, che ti sistema il colletto della camicia e ti guarda attentamente e poi chiede: “Hai mangiato oggi, vero?”. Mary lo fa sentire amato, ma John sa che non è giusto e, quando si decide a lasciarla, si sente un mostro. John lo sa che Mary non ha nessun difetto, davvero. A parte uno, piuttosto ovvio in effetti. Non è Sherlock.







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Mi duole dirlo, ma questo è il penultimo capitolo :) Lo so, è un po' tanto angst e mi dispiace!
Alla prossima,
un bacio!
Lu

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Capitolo 10
*** X capitolo ***



 

About John






Messaggio

C’è sempre la segreteria telefonica. Quanti messaggi disponibili saranno rimasti? Quanto ci vorrà, prima che una voce metallica lo informi che la segreteria è piena?
“Sherlock Holmes. Se temete di essere noiosi non disturbatevi a lasciare un messaggio. Addio”.
Essere. Lasciare. Addio.
La sua voce.
John se ne sta disteso a pancia in su, stringendo il telefono tra le mani.
A volte parla, lascia un messaggio in cui racconta a Sherlock cose stupide e ordinarie. Se potesse sentirle le odierebbe.
Altre volte invece John non ha la forza di parlare, e ascolta la segreteria all’infinito. Si addormenta così, e sogna la voce di Sherlock.
Addio, John”.
 

Ombra

Tre anni quasi, passati in un baleno. John è tornato, come ogni mese, a visitare la sua tomba. Strappa le erbacce, ci appoggia nuovi fiori, pulisce il marmo nero. Parla con Sherlock, come ogni volta, a bassa voce e gli racconta le piccole cose, va dalle strane malattie dei pazienti alle situazioni assurde in cui arrivano all’ambulatorio, ai nuovi colleghi, tutti più giovani di lui. Sta lì un’oretta, poi dà una carezza, leggera, all’angolo della lapide, in segno di saluto. Mentre si allontana gli pare di scorgere un’ombra nera dietro di lui. Si volta ma non c’è nessuno. Scuote la testa e continua a camminare.
 

Alba

Non riusciva a dormire, John, così ha preso una di quelle pastiglie per il sonno, e ora neanche un colpo di cannone lo sveglierebbe. Sicuramente non il lamento prodotto dalla porta d’ingresso che si apre lentamente. Sherlock scivola dentro. Si toglie il cappotto e lo ripone sul divano, poi si avvicina alla camera di John. Si siede sul bordo del suo letto e lo guarda. Gli sfiora con un dito la lacrima che gli è scesa nel sonno, asciugandola, e una fitta di senso di colpa gli attanaglia lo stomaco.
“Mi dispiace”, sussurra. Vorrebbe avere più tempo, ma è già l’alba. Si alza, e se ne va. Un’altra volta.
 

Pioggia | Cuori

Sherlock torna da John in una giornata di pioggia. Diluvia e John corre per strada senza ombrello, tornando a casa. Alza gli occhi e rallenta. Poi si ferma. Il suo cuore perde un battito.
“Sherlock”, sussurra, “Sherlock”, corre verso di lui, scivolando nelle pozzanghere.
Si arresta, a mezzo metro da lui.
“Sono qui”, sussurra Sherlock, ed è così vero.
John vorrebbe urlare o tirargli un pugno, ma lo guarda e tutta la rabbia svanisce. Ha paura che scompaia da un momento all’altro, quindi lo afferra per il bavero del cappotto. Sherlock trasale.
“Devi ascoltarmi, Sherlock”, John si scosta i capelli bagnati dalla fronte mentre la pioggia continua a cadere, “Ci sono delle cose che devo dirti, prima che tu te ne vada di nuovo. Io ti amo. E la mia vita è uno schifo senza di te. E …”.
“John”, Sherlock lo interrompe, “Hai tutto il tempo per dirmi queste cose”.
John lo guarda per un istante, poi un lamento strozzato gli esce dalle labbra. Scoppia in lacrime sotto la pioggia, tra le sue braccia, ancora aggrappato al suo cappotto, e Sherlock lo sorregge e gli impedisce di cadere in ginocchio, sul marciapiede bagnato.
Gli occhi di Sherlock sono ancora belli, è tutto quello a cui John riesce a pensare, mentre i loro cuori a contatto battono veloci, sotto la pioggia.
 

Inizio

John ha dato dei vestiti asciutti a Sherlock, tra cui il suo vecchio maglione arancione.
È proprio buffo, con quello indosso, e a John scappa una risata.
“Cosa?”, chiede Sherlock preoccupato.
“Niente, pensavo solo che ho quel maglione da quasi vent’anni”.
Sherlock lo annusa sorridendo.
“Mi piace”, si avvicina a John e gli prende la mano tra le sue. John gli posa un bacio tra i capelli bagnati.
“Te lo regalo, allora”.
John lo guarda sorridere, e pensa che lo ama e ricorda tutto quello che hanno passato insieme.
E poi si rende conto di una cosa. Una cosa bella, finalmente, una cosa sulla loro vita.
Questo è solo l’inizio.






 


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oh beh, qui si conclude quest'avventura :)
un grazie di cuore e un bacio a tutti!
Lu

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