Priceless

di ArmoniaDiVento
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Alla Menta Piperita ***
Capitolo 2: *** Vaniglia ***
Capitolo 3: *** Torta di melassa ***
Capitolo 4: *** Così debole ***
Capitolo 5: *** In crisi ***



Capitolo 1
*** Alla Menta Piperita ***


PRICELESS



 
…Because for me, your love is priceless.
(me and Copeland)
 

 
 
 
 
 


 
 
1.  Alla Menta Piperita






 
Harry Potter si svegliò lentamente, aprendo gli occhi feriti dalla luce del sole che prepotente entrava dalla finestra di camera sua.

Si sentì subito a pezzi, i muscoli tirati, come se lo avessero preso a botte.

Un secondo dopo realizzò che era sdraiato in modo obliquo sul letto disfatto che assomigliava a un campo di battaglia, che aveva indosso ancora gli indumenti della sera prima, e che… ci vedeva.

Era andato a dormire con gli occhiali?

Pian piano la sua mente iniziò a schiarirsi e, mentre dolorante si rialzava e un senso di nausea pervadeva il suo corpo, cercò a tentoni la sveglia sul comodino constatando che era l’una del pomeriggio passata.

Gettò uno sguardo fuori dalla finestra del suo appartamento londinese, osservando il cielo limpido e azzurro di quella domenica pomeriggio.

Sbuffando si alzò lentamente dal letto e, con passi strascicati, tra uno sbadiglio e l’altro si trascinò in bagno, dove si buttò sotto l’acqua gelida della doccia per schiarirsi le idee.

Non ci posso credere, l’ho rifatto, si ritrovò a pensare con una leggera nota di senso di colpa.

Anche quella notte aveva bevuto.

Mentre l’acqua gelida correva lungo la sua pelle, Harry cercava di ricostruire i pezzi della serata, rilassandosi nel rendersi conto che si ricordava tutto. Allora stavolta non ho esagerato, si ritrovò a pensare.
Eppure ho lo stomaco a pezzi…
 
 
 
 



Vagava solo per Diagon Alley quella sera, senza davvero una meta precisa, lasciando fluire i pensieri.

Era uscito dal suo appartamento e si era Materializzato lì, senza un apparente motivo. Semplicemente non aveva voglia di stare chiuso in casa anchequel sabato sera, da solo. Così aveva pensato a Diagon Alley; era un sacco che non ci tornava…

Voltato un angolo, aveva incontrato Dean Thomas davanti a un pub di nuova apertura, “La Menta Piperita”. Il locale era strapieno di maghi e streghe, dal quale fuoriusciva musica jazz a tutto volume.

I due non si vedevano da un sacco di tempo, ed erano stati entrambi felici di ritrovarsi; “Ho un sacco di cose da raccontarti, amico!” aveva esclamato Dean, con una pacca sulla spalla, invitandolo a entrare nell’affollatissimo pub. Harry sul subito era dubbioso; lui e Dean non si erano mai davvero raccontati “un sacco di cose”… comunque non aveva di meglio da fare, quindi si era lasciato trascinare fino a un tavolino in un angolo, proprio al lato della band.

Così i due ex compagni di Casa, sollazzati dall’ottimo jazz che proponeva la band irlandese, si erano ritrovati a ordinare un drink dopo l’altro raccontandosi le ultime novità, e lasciando che l’alcool parlasse al posto loro.

Avevano scoperto che entrambi erano usciti da una storia importante… Harry aveva raccontato a Dean di come lui e Ginny avessero deciso, di comune accordo, di allontanarsi, perché secondo lei dopo la Guerra Harry era cambiato, e lei si era ritrovata ad aver aspettato per mesi un Harry che, a suo dire, non esisteva più. Era già passato parecchio tempo da allora, e Harry aveva smesso di starci male.
Si era comprato un appartamentino che gli piaceva, con la vista sul Tamigi; e tra il lavoro al Ministero e le cose da fare, aveva trovato modo di dimenticare.


Dean, dal canto suo, si era innamorato perdutamente di un’avvenente bionda Babbana conosciuta al mare l’estate prima; si erano frequentati per un periodo, ma era risultato chiaro che per lei era stata solo un’avventura estiva.

Dean si era dimostrato molto comprensivo con lui; il fatto che entrambi fossero stati innamorati della stessa ragazza, e che a entrambi fosse poi andata male, aveva creato in loro una sorta di inaspettata complicità.


Così, i due amici ritrovati avevano iniziato a brindare, seduti al tavolo del pub. “Alla nostra ex Ginny”, “Agli uomini”, “Alla singletudine”, “Alle bionde Babbane”, “Alla Menta Piperita”, “Ai Grifondoro”… Harry non ricordava tutti i loro brindisi.

Era stata una serata divertente; Harry aveva riscoperto il gusto dell’essere single, del tornare a casa all’orario che voleva, del poter fare qualsiasi cosa senza dover rendere conto a nessuno…
 
Poi, il sabato dopo, Dean gli aveva mandato un gufo. “Ti va un altro brindisi? Stasera sono alla Menta Piperita! Dean”.
Harry aveva esitato, riflettendo se fosse una buona idea… ma, dopotutto, non aveva granché da fare durante quelle serate.
Da quando non stava più con Ginny, i suoi weekend non si rivelavano molto divertenti né interessanti.

Certo, spesso Ron e Hermione lo invitavano a uscire insieme, o a mangiare qualcosa alla Tana; in entrambi i casi si sentiva enormemente in imbarazzo.

Nel primo caso perché non gli andava di fare il terzo incomodo –ormai si sentiva così, in mezzo a loro due-; preferiva uscire a volte solo con Ron, o solo con Hermione, per un caffè. Si sentiva idiota a pensarlo, ma vedere quei due insieme gli aveva sempre più dato l’impressione di venire in un certo senso tagliato fuori… il trio della loro adolescenza, ormai, non esisteva più.

Nel secondo caso rifiutava perché alla Tana c’era Ginny e, anche se si erano lasciati pacificamente, e a volte scambiavano quattro chiacchiere, tra loro c’era ancora un po’ di imbarazzo e incertezza. Insomma, preferiva evitare quel tipo di situazione, se poteva.
 

Così aveva accettato.

Si era Materializzato davanti al pub, dove aveva trovato un Dean già abbastanza brillo ad attenderlo. Quella sera alla Menta Piperita c’erano anche altri amici di Dean, che Harry non conosceva; in tutto erano sei o sette. Si erano divertiti, chiacchierando e bevendo al loro status di uomini single.

E così il sabato dopo.

E quello dopo ancora…

Ormai i suoi nuovi “amici sbevazzoni”, come li definiva lui, non lo lasciavano in pace nemmeno un weekend. E Harry si lasciava trascinare nella baldoria, cercando di riempire con l’alcool il vuoto che aveva.
 
 
 
 


 

 
 
NdA: Buonasera a tutti, cari lettori!
Questa long è un grande progetto che ho in mente da tempo, ma non avevo mai trovato l’ispirazione giusta per iniziare a scriverla. Stasera, il primo giorno dell’anno, ho sentito che era la volta buona!
Il titolo, Priceless, è il titolo di una canzone dei Copeland che ascoltavo tanti anni fa, e ha un grande significato per me.
Non voglio svelarvi niente sulla trama, lascio che sia la vostra immaginazione a lavorare…
Auguro a tutti voi un sereno 2013, pieno di sorrisi e di cose belle, e ringrazio in anticipo chi leggerà e chi recensirà!
A prestissimo con il prossimo capitolo!
 
ArmoniaDiVento

   

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Capitolo 2
*** Vaniglia ***



 2. Vaniglia
  

 
“Your embrace is my air…”
(Copeland)




 
 

 

Dling-dlong!
 
L’improvviso suono del campanello fece fare un salto dallo spavento a Harry, che per poco non cadde lungo disteso sul piatto scivoloso della doccia. Aggrapatosi all’ultimo secondo alla tenda, tirò un gran sospiro maledicendo chiunque si presentasse da lui a quell’ora la domenica.

Urlò -Arrivo!- in direzione dell’ingresso, e mentre si asciugava velocemente e si legava intorno alla vita un asciugamano, si ritrovò a pensare che in fondo era già l’una del pomeriggio passata, e che quindi una visita era più che plausibile.

Uscì dal bagno scalzo, gocciolando ovunque; raggiunse la porta e la aprì.
Un delicato profumo di vaniglia lo investì, prima di poter realizzare che la sua migliore amica stava sulla soglia del suo appartamento e lo fissava con un’aria a metà tra lo stupito e il seccato.

-Hermione! Ciao... ehm... entra pure...
-Hai bevuto anche stanotte, vero?-  lo salutò lei senza mezzi termini, assumendo un cipiglio severo.
-Cos... io...
-Harry, non ci vuole una scienza, hai un alito spaventoso e gli occhi pesti... ti sei appena svegliato, non è così?- dichiarò lei, entrando nell’appartamento come un generale.

Mentre le chiudeva la porta alle spalle, Harry capì che l’aveva incastrato: in due secondi netti Hermione aveva indovinato le due grandi verità, e gli aveva ricordato quanto una scrupolosa igiene orale aiuti a far sparire l’effetto di un dopo-sbronza. O quantomeno, a evitare la vergogna per un’inaspettata visita domenicale.

-Scusa, Herm, mi dispiace, mi sono appena fatto la doccia e ehm... sì, mi sono svegliato da poco. Se ti accomodi di là, mi vesto, lavo i denti e arrivo!- si scusò in fretta e improvvisò un’altra corsetta in direzione della camera da letto, se non fosse che i suoi piedi ancora umidi scivolarono sul pavimento liscio e il secondo dopo, con suo orrore, si trovò spalmato a terra completamente nudo, l’asciugamano scivolato di lato.

Non osò alzare la testa verso Hermione, sperando con tutto il cuore che stesse guardando da un’altra parte: ma quando una risata cristallina raggiunse le sue orecchie capì che aveva fatto per la seconda volta la figura dell’idiota, e tutto questo in meno di un minuto, probabilmente un record.

-Ahahah! Questa caduta è stata mondiale, Harry!
-Smettila, Herm! E non mi guardare, sono nudo, cosa penserebbe Ron?- aggiunse ridacchiando lui, e fu stupito nel constatare che la sua amica era visibilmente arrossita a quell’affermazione.
-Io... non ho guardato proprio niente!
-E cosa penserebbe se gli dicessi che sei arrossita come un peperone?
-Non è affatto vero! Piantala!
-Sì sì, come no...- la prese in giro lui, che si era rialzato e aggiustato nuovamente l’asciugamano lungo i fianchi.
-Dì un po’, è una giornata fortunata per te, vero? Non capita tutti i giorni di ritrovarsi davanti un Bronzo di Riace come me da poter ammirare...- fece lui, gonfiando il petto e mostrando i muscoli all'amica.
-Semmai uno Sbronzo di Riace! Harry Potter, fila a cambiarti!- ribatté al volo lei, e sbuffando andò a sedersi al tavolo in cucina, mentre lui se la rideva di gusto.

Di colpo Harry realizzò che si sentiva di ottimo umore. Era qualche giorno che non vedeva e non sentiva l’amica, e cominciava a sentirne la mancanza... prenderla in giro era una cosa che l’aveva sempre messo di buon umore.
Si vestì velocemente, si lavò i denti più vigorosamente del solito e la raggiunse.

-Ti va un caffè?- le propose.
-Sì, grazie, magari fanne uno bello forte anche per te, non è mai troppo presto per svegliarsi...
Harry sbuffò mentre agitava la bacchetta e faceva apparire due tazze fumanti ricolme di liquido nero.

-Quando la smetterai di rimproverarmi?
-Quando la smetterai di rovinarti il fegato?
-Non fare la melodrammatica, ora, ieri non ho bevuto molto!
-Molto o poco non importa, Harry.
Lo guardò seria da sopra la sua tazza. Dopo un piccolo sorso, riprese, seria.
-Non ho niente in contrario se a volte esci con Dean e gli altri invece che con noi, ma non potreste passare una serata tranquilla ogni tanto, invece di riempirvi lo stomaco di... di sostanze disgustose e per giunta nocive? Che ne so, guardatevi un film, giocate a carte...
-Hermione, ne abbiamo già parlato- rispose piano lui.

Non la guardava negli occhi perché sotto sotto sapeva perfettamente che la sua amica aveva ragione. Non si sentiva orgoglioso di quello che faceva, ma negli ultimi tempi quello era l’unico modo che trovava per divertirsi e svagarsi un po’ e anche, fondamentalmente, per non sentirsi solo.

Come se gli avesse letto nel pensiero, lei proseguì.
-Harry, che problema c’è? Non sei solo...- appoggiò la tazza fumante sul tavolo, per prendergli una mano e stringerla con delicatezza.
-Io e Ron siamo qui... non ce ne siamo mai andati.
-Lo so...- ribatté lui, e si morse la lingua per non rispondere quello che veramente gli passava per la testa in quel momento. Dopotutto non voleva offenderla... A un tratto, però, il senso di frustrazione che provava per l’intera situazione prese il sopravvento, e le parole gli uscirono prima che lui potesse fermarle.

-È per questo che sei venuta qui? Per farmi sentire un fallito più di quanto non faccia già da solo?
Hermione lo guardò a lungo negli occhi, poi gli lasciò la mano per passarsela fra i capelli mossi. Sospirò.
-Scusa, Herm. È che... non voglio che lo pensi. Che io sia un fallito.
-Ma infatti non lo penso.
Lui abbozzò un sorriso.
-Penso solo che hai bisogno di me, di noi...
-Sei molto gentile, Herm. Però... non hai risposto alla domanda.

La ragazza tacque per un momento prima di rispondere. Si mordicchiava il labbro e sembrava indecisa su qualcosa.
-Non è niente, Harry.
-Dai, lo so che c’è qualcosa. Non farmi insistere.
-Davvero. Non preoccuparti- rispose lei, sorridendo e alzandosi. –Avremo modo di parlarne poi.
-Come vuoi... grazie per la visita, allora– si alzò anche lui e l’accompagnò all’uscio.
-Per fortuna sono passata io, pensa se si fosse presentata una bella ragazza e l’avessi accolta con quell'alito...- rispose lei ridendo.
-Beh, tu sei una bella ragazza- fece lui, senza riflettere. La vide sorridere e arrossire nuovamente... così aggiunse in fretta:
-Comunque non c’è pericolo, tranquilla.

Nella sua voce c'era una punta di amarezza. Il capitolo “donne” per lui si era chiuso qualche mese prima, e per ora non aveva intenzione di riaprirlo.

Hermione parve d’un tratto molto imbarazzata. Lo salutò con un abbraccio, poi prima di voltarsi e andarsene ci ripensò, gli scoccò un bacio sulla guancia e mormorò:
-Ti voglio bene, Harry.

Lui rimase per un attimo interdetto e si ammutolì.
-Fatti sentire, e ogni tanto vienici a trovare... Molly si lamenta sempre, dice che gli manca il suo Harry. Ciao!

Detto questo, fuggì giù per le scale senza lasciare a lui il tempo di ribattere.

Il ragazzo in effetti era rimasto sulla soglia di casa, come inebetito, l’odore di vaniglia tra le narici e una strana sensazione allo stomaco.
 
 
 










 
 
NdA: Buonasera a tutti, lettori e lettrici! Come state? Avete iniziato bene questo anno nuovo?
Io direi proprio di sì! Ed eccomi qui alla carica con il secondo capitolo. Il primo incontro tra i due amici. Spero che la storia vi incuriosisca un poco, e vi invito caldamente a commentare, mi farebbe molto piacere ricevere un feedback!
Un abbraccio a tutti voi e al prossimo capitolo,
ArmoniaDiVento

 

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Capitolo 3
*** Torta di melassa ***


“How I needed you there…”
(Copeland)

 


Domenica pomeriggio.

Il campanello suonò.

Hermione era tornata ancora, e ancora.
Puntualmente intorno alle due del pomeriggio il suono del campanello lo svegliava dal torpore e dall’intontimento, e puntualmente la ramanzina dell’amica gli ronzava all’orecchio come un monito.
Erano passati due mesi da quella sua prima visita domenicale, e apparentemente nulla era cambiato.
Lei arrivava, criticava il suo aspetto, il disordine dell’appartamento, lo spediva a fare una doccia mentre lui sbuffava; al suo ritorno un invitante brunch –a quell’ora non gli sembrava il caso né di fare colazione, né di pranzare- lo attendeva in cucina: caffè, succo d’arancia, uova e pancetta, biscotti, pane tostato, marmellata d’arance.
Hermione preparava tutto meticolosamente, come se fosse diventata una lieta consuetudine: ridendo come dei matti, una volta avevano battezzato quel momento lo sbrunch, il brunch dopo-sbronza.
 

Lei gli faceva bene.
Stava iniziando ad aspettare quel momento come l’unica cosa bella della settimana: qualcuno che si prendeva cura di lui, che non lo faceva sentire solo; qualcuno a cui importasse qualcosa di lui, qualcuno con cui ridere, scherzare, chiacchierare; qualcuno che, nonostante le bonarie strigliate, non lo giudicava. Sì, l’amica continuava a ripetergli quanto tutto ciò fosse sbagliato, quanto avrebbe preferito entrare in casa sua una domenica pomeriggio e trovarlo vestito, profumato e in ordine, senza traccia di occhiaie né dell’espressione sconvolta di chi ha dormito poco e male.

Harry era arrivato a chiedersi per quale motivo uscisse ancora a bere con Dean tutti i sabati sera.
E, suo malgrado, aveva iniziato a domandarsi se il motivo di tutto ciò non fosse proprio lo sbrunch della domenica che ne sarebbe conseguito…
Continuo a bere solo per avere Hermione con me, la domenica pomeriggio? Devo essere impazzito… pensò, mentre si avvicinava alla porta e l’apriva, un sorriso che gli si allargava sul volto nel vedere l’amica.
Lei lo guardò come sempre con espressione esasperata, prima che lui le cingesse la vita in un morbido abbraccio.
-Harry, oggi puzzi meno del solito, come mai?- scherzò lei, sulla sua spalla.
-Mmm…
Le accarezzò i capelli prima di lasciarla andare.
-Si accomodi, stavo aspettando solo lei per il mio sbrunch, ho una fame…
-Fila a lavarti!- ordinò lei puntando il dito verso il bagno, mentre ridacchiava.
-Oggi c’è una variazione del menu!- gli urlò dietro, mentre lui spariva ciondolando dietro la porta del bagno.

Un quarto d’ora dopo, un Harry Potter profumato e vestito a dovere varcava la soglia della cucina, mentre un profumino nuovo tra gli altri conosciuti gli inondava le narici.
-Ehi, cuochina… cos’è questo profumo delizioso?- domandò avvicinandosi alla tavola già imbandita.
-C’è una sorpresa…- rispose lei sorridendo, mentre gli mostrava la fonte di quell’invitante fragranza.
-No… la torta di melassa! È… è una delle mie preferite!
-Lo so- ridacchiò lei, mente lui le si gettava al collo e le stampava un bacio affettuoso sulla guancia.
-Sei fantastica, Herm.

Abbassò lo sguardo e arrossì mentre lui cominciava a mangiare di buon  gusto una generosa porzione di torta. Si guardava i piedi mentre sentiva i complimenti dell’amico come in sottofondo, mentre cercava le parole giuste.

-Herm non ci posso credere, questa torta è veramente…
-Harry devo dirti una cosa…
-…voglio dire, sai da quanto tempo non la mangiavo più? Probabilmente da Hogwarts, mi sembra un’eternità…
-Harry…
-…sai cosa penso? Inizi ad apprezzare le cose solo nel momento in cui ti vengono sottratte, perché è proprio in quel momento che ti accorgi del loro valore…
-Io e Ron ci sposiamo.

Per poco non gli andò di traverso un intero boccone di torta.

Harry diventò paonazzo e iniziò a tossire, sputacchiando pezzetti di torta sul tavolo e cercando di ritrovare il respiro.
A Hermione venne per un momento da ridere; la scena era stata veramente comica. Gli batté sulla schiena e gli offrì un bicchiere d’acqua per calmargli la tosse.

Quando pochi secondi dopo si fu ripreso, Harry la guardò con un’espressione strana.

-E me lo dici così?
-Così… come?- balbettò lei, imbarazzata.
-Mentre sto mangiando, senza un minimo di preavviso e…
-Ma tu non mi facevi parlare!
-Per forza, ero concentrato sulla torta…
-Beh, e non hai nulla da dire?

Ci fu una pausa.

Già, che cos’ho da dire?

E naturalmente, la prima cosa che gli venne da dire fu l’unica che non pensava davvero.

-Sono… felice per voi, sì.

Fu poco più che un borbottio indistinto, dopodiché Harry si alzò di scatto e si avviò verso il lavello, come se quell’azione improvvisa avesse uno scopo ben preciso; in realtà voleva solo allontanarsi da lei e non essere obbligato a guardarla negli occhi.

Io e Ron ci sposiamo.

Il suo cuore prese a battere all’impazzata, iniziò a sudare freddo.

Ci sposiamo.

I suoi due migliori amici avevano infine deciso di compiere il grande passo.

Una vocetta stridula alle sue spalle gli rammentò di non essere solo.
-Harry!
-Che c’è?
-Guardami in faccia.
Quando il ragazzo non reagì, Herm si alzò dalla sedia e coprì velocemente la poca distanza che li separava, si piazzò dietro di lui e lo costrinse a voltarsi.

Quel profumo di vaniglia, il suo profumo, lo invase completamente, e il ragazzo si ritrovò a sorridere.
Lei lo guardava interrogativa, sul viso un’espressione di supplica.

Mi stai chiedendo il benestare, non è così?

Harry prese una ciocca ribelle dal suo viso e gliela portò dietro l’orecchio, continuando a sorridere.
-Sono felice per voi-, ripeté mormorando, più a se stesso che all’amica, e mentre le sfiorava quella ciocca e la guardava, guardava quei due piccoli occhi puntati su di lui, quello sguardo a metà tra lo scettico e il preoccupato, seppe che lei non gli aveva creduto nemmeno per un momento.
 
 
 
 







 
NdA: buonasera a tutti, lettrici e lettori, e scusate davvero per l’enorme ritardo! In questo periodo non ho mai smesso di scrivere, ma questo capitolo ha faticato un po’ a uscire fuori… che ne dite? Mi date qualche parere? Un abbraccio a tutti voi!

ArmoniaDiVento



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Capitolo 4
*** Così debole ***


4. Così debole
 


“You were so proud of me”...
(Copeland)

 

 
 

-Era questo che volevi dirmi quella volta, vero?
-C-come?
-Quella domenica, Hermione. La prima domenica. Non eri... venuta per caso.
-...
-Hermione, cazzo, sono passati due mesi! Tu... voi avete deciso questa cosa due mesi fa e tu me la dici adesso? Credevo di essere il tuo migliore amico.
La voce di Harry all’altro capo della cornetta si incrinò.
-Harry, mi dispia...
-Ciao.
 

Aveva riagganciato.
Hermione abbassò lentamente il cellulare e lo posò sul tavolo, la fronte corrugata e mille pensieri che le vorticavano in testa.
-Ancora con quei trabiccoli Babbani, Hermione?
La voce del suo promesso sposo sembrò non sfiorarla nemmeno, non tanto almeno da interrompere quel flusso di pensieri che la tormentava.
Ron le si avvicinò, continuando a parlare.
-Non capisco perché ti ostini a usare quel coso invece del buon caro vecchio gufo. Insomma, non sono poi così lenti i gufi, no? Certo, la conversazione non è proprio simultanea, ma...
Dopo alcuni secondi di silenzio il rosso si accorse dell’improvvisa paralisi della sua ragazza.
-Pronto?! Sto parlando con te! Che hai? Con chi stavi parlando?
Finalmente la ragazza alzò lo sguardo su di lui.
Arrossì e si voltò, dirigendosi di scatto dall’altra parte della stanza, alla finestra. Improvvisamente si sentì così debole da non riuscire nemmeno a reggersi in piedi. Si appoggiò con la schiena al davanzale e sospirò.
 
-Era Harry.
Ron alzò le sopracciglia, confuso.
-Harry! Bene! Cioè, voglio dire. Che voleva? E tu perché hai quella faccia?
-Quale faccia?
-Beh, sembra che tu abbia appena pestato della cacca di drago puzzol...
-Grazie, Ronald- lo interruppe lei con una smorfia. –La solita finezza in persona.
-Insomma, mi dici cosa c’è?- le si avvicinò e si posizionò di fronte a lei, all’altro capo della finestra. La scrutò per un attimo. Poi Hermione si decise a parlare.
 
-Ho detto a Harry del matrimonio.
Ron spalancò gli occhi dalla sorpresa. Poi un sorriso gli si allargò sulle labbra.
-Beh, ottimo!
Qualcosa dall’espressione di Hermione gli suggerì che non fosse proprio ottimo.
-Se l’è presa.
-Che cosa? E perché mai?
-Perché avrebbe voluto saperlo prima.
-Oh, ma non dire sciocchezze, in fondo l’abbiamo deciso soltanto...
-...due mesi fa, non è vero Ronald?- lo rimbeccò lei, pungente.
-Scusa, ma che vuoi da me? Io gliel’avrei detto anche subito! Sei stata tu a insistere e a dire che non era il momento adatto, che era in una brutta situazione, che sarebbe stato meglio aspettare, trovare il momento giusto...
-Beh, certo! Tu gliel’avresti spiattellato in un pub davanti a una Burrobirra! Con tutto quello che stava passando...
-...e avrei fatto meglio, perché a quest’ora non ci sarebbe rimasto male! Ma certo, ci rimarrei male anch’io, se venissi a sapere una notizia del genere da... giusto, da chi l’ha saputa?
-Da me, genio, l’ho appena detto!- rispose piccata Hermione. Ron parve sempre più confuso.
-Cos... da te? E allora come fa a sapere che l’avevamo deciso tempo fa?
-Dean- rispose lei, con uno sguardo eloquente.
-Oh. Oh. Miseriaccia.
Hermione sbuffò, mettendosi le mani tra i capelli.
-Quando Harry l’ha visto alla Menta Piperita, l’altra sera, gli ha detto della notizia, pensando che ovviamente nessuno lo sapesse e invece...
-...ha scoperto che lo sapevano già tutti, tranne lui.
-Esattamente. Oh, Ron, sono stata così stupida! Avrei dovuto dirlo subito anche a lui, ma...
-...quella domenica non ce l’hai fatta. Sì, lo so, mi ricordo benissimo. Eri tornata a casa sconvolta da come l’avevi trovato...
 
Hermione si perse nel ricordo di quella prima domenica e, suo malgrado, non poté fare a meno di sorridere.
-Che hai da ridere ora?
-Eh? N-niente- ribatté subito lei.
-Vabbè. Com’è come non è, avrei fatto meglio a dirglielo io al pub, in tutta tranquillità, appena l’avevamo deciso. Come ho fatto con gli altri.
-Volevo essere io a dirglielo- sussurrò Hermione così piano che appena si sentì.
Ron alzò le mani in segno di resa, come a dire che si era soltanto limitato a fare quello che lei aveva ordinato.
Le si avvicinò e le posò un bacio su una guancia.
-Lascia fare a me. Risolverò io questo casino. Tra uomini queste cose sono molto più... viscerali, ecco.
Hermione si lasciò fuggire una risatina.
-Come hai detto che sono?... va bene, ora lascio agire te.
-Grazie.
Il rosso le poggiò un altro dolce bacio a fior di labbra.
-Stasera lo invito a bere una Burrobirra e sistemerò tutto.
-Ok...
La ragazza sorrise appena.
Malgrado il suo fidanzato le avesse trasmesso un po’ di calma, non riusciva a spiegarsi quella sgradevole sensazione allo stomaco.
Decise di fidarsi.
 
 
 

°°° 
 


 

 

Era una cosa malsana.
Sì, malsana era la parola giusta.
Eppure cresceva, cresceva a dismisura dentro di lui e lo avviluppava come un mostro marino.
Si riattaccò alla bottiglia.
Ormai beveva così tanto che il suo corpo aveva iniziato ad abituarsi alla spropositata quantità d’alcol che ingeriva settimanalmente.
Aveva cominciato a bere anche di giorno.
Solo un bicchiere di Vino Elfico...pensava, e poi si scolava la bottiglia intera.
Poi, con l’alcol in corpo, pensava. Rifletteva.
I pensieri gli si mescolavano tra le membra, impedendogli ragionamenti logici.
Vedeva solo un viso, un paio di occhi brillanti e un sorriso timido accompagnavano le sue allucinazioni notturne e diurne.
Devo smetterla, devo smetterla, devo essere forte...

Ma Dean Thomas non si era mai sentito così debole.
 
 
 


 
 
 

 

NdA: eccomi qui con il quarto capitolo, cari lettori! Spero di avervi incuriositi almeno un po’ (soprattutto per il finale...:D) e che avrete voglia di continuare a seguire il filo di questa storia. Ho in mente una long con molti capitoli, vediamo cosa succederà, lo sto scoprendo insieme a voi!
Un abbraccio a chi ha letto, recensito e commentato. Grazie!
A prestissimo,
ArmoniaDiVento

 

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Capitolo 5
*** In crisi ***


5. In crisi
 
 


 
“I remember when I’d run to you…”
(Copeland)

 
 
 

Se un mago fosse passato di lì per caso e avesse buttato un occhio nel locale, non avrebbe notato nulla di strano.
Se fosse entrato a ordinare al bancone e avesse fatto passare uno sguardo sugli avventori del locale, niente gli sarebbe parso fuori dall’ordinario.
Ma se fosse stato un acuto osservatore, forse, se avesse avuto voglia di approfondire la sua occhiata curiosa, se si fosse soffermato con maggiore attenzione su un tavolino in particolare, avrebbe sicuramente pensato che qualcosa di anormale ci fosse, in quei due ragazzi.
Stavano seduti lì da almeno un’ora, senza rivolgersi la parola.
Il chiasso derivato dalla musica altissima e dal chiacchiericcio dei clienti sembrava non tangerli affatto.
Uno, dai capelli corvini e spettinati, guardava dritto davanti a sé, lo sguardo perso; si sarebbe detto che stesse guardando fuori dalla finestra, anche se la vista non proprio interessante – la via vuota e male illuminata – difficilmente sarebbe potuta essere causa della sua fissità.
L’altro, il ragazzo di colore che gli sedeva di fronte, fissava apertamente lui.
Quasi lo perforava con gli occhi.
Eppure il ragazzo moro sembrava non accorgersene.
 
 
Fu quella la scena che si parò davanti agli occhi di Ron, il quale, dopo aver gettato un rapido sguardo tutt’intorno, individuò subito i due amici e si affrettò a raggiungerli, non senza essersi mentalmente stupito dal fatto che fossero solo loro due – dove diavolo erano finiti tutti gli altri?
-Ehi, ragazzi, buonas...
Oh, Merlino.
Merlino. Merlino.
 
Non un movimento, non un muscolo si mosse.
I casi erano due: o erano entrambi sotto l’Incantesimo Petrificus, cosa che Ron ritenne molto improbabile date le condizioni attuali, o erano entrambi già ubriachi.
E lui era arrivato ancora una volta troppo tardi per affrontare un discorso serio.
 
Poi qualcosa si mosse.
Il moro spostò di pochi millimetri lo sguardo sull’amico e gli regalò un’occhiata sprezzante, in una perfetta imitazione di Draco Malfoy al massimo del suo splendore, poi tornò a voltarsi verso la finestra.
-Anche a me fa piacere rivederti, Harry...
Dean si schiarì la voce con fare eloquente.
Poi scalciò via la sedia, fece un cenno a Ron e gli intimò di seguirlo al bancone.
 
-Ehi, Dean, ma mi spieghi che cavolo avete voi d...?
-Ron, amico, guarda che non è proprio serata. Due Whiskey, grazie Lukas- ordinò intanto.
Il rosso era basito. Continuava a lanciare occhiate furtive al tavolino, dove il loro amico era rimasto, nella stessa identica posizione.
Dean gli indicò lo sgabello.
-Sediamoci qui, è meglio.
I ragazzi bevvero insieme un sorso di Whiskey, poi Dean continuò.
-Harry è totalmente, indubbiamente, incommensurabilmente, indissolubilmente, in...
-Dean!
-...ok, ok, insomma, è in crisi.
-In crisi?
-Guarda che la colpa è tua, Ron. Tua e della tua cara futura mogliettina.
Ron arrossì leggermente.
-Oh, io...
-Guarda che dico sul serio. Questa cosa del matrimonio l’ha stroncato. Lui... dice che si sente solo. Dice che non ha più senso.
Gli occhi di Ron erano sgranati come due tazzine da caffè.
-C-co... no, aspetta un momento. Voglio dire, capisco tutto ma... non ti pare stia esagerando? Insomma, gliel’avrei detto, è solo che...
-Godric, ma allora proprio non capisci? Si è sentito umiliato, ha pensato che provaste troppa pena per lui, ed è proprio quello che avete fatto, tu e Hermione, scusate Ron, ma di Harry non avete capito proprio un cazzo.
Senza accorgersi, Dean aveva alzato leggermente il tono di voce.
Ron parve offeso dalle sue ultime parole.
-Cosa pensi di saperne tu di Harry? Pretendi di conoscerlo più di noi?
-Oh, ci sono tante cose che non sapete più di lui- fece Dean. –Ma a volte succede, no? Uno è troppo preso dalla sua vita e... si dimentica degli altri...
-Io non ho dimenticato proprio nessuno, Harry lo sa e...
-Sì. Lo so.
 
La voce di Harry li fece sobbalzare entrambi.
Aveva uno sguardo strano, deluso ma risoluto; sembrava che avesse da dire qualcosa di importante.
-Ron, non ce l’ho con te per la storia del matrimonio, perché erano settimane che tra una cosa e l’altra ci vedevamo solo di sfuggita, anche se avresti comunque potuto dirmelo- cominciò, guardando l’amico fisso negli occhi, mentre quest’ultimo arrossiva ancora di più e assumeva un’aria colpevole.
-Lo so Harry, hai perfettamente ragione, scusami, ma Hermione pensava...
Harry ebbe un guizzo negli occhi nel sentire pronunciare il suo nome.
-Ecco, veniamo al punto. Hermione. Beh, comunicale pure che non ho più niente da dirle, e che la smetta di cercarmi... che mi lasci in pace.
-Ma Harry...
Se n’era già andato, Smaterializzandosi sul posto dopo le sue ultime sillabe.
Dean lanciò un ultimo sguardo eloquente all’amico, rimasto a bocca aperta a fissare il punto dove un attimo prima c’erano gli occhi di Harry; poi con un cenno si allontanò, lasciandolo al bancone con il bicchiere mezzo pieno.
 
 
 
 
***
 


 
Ronald Weasley non era mai stato bravo con le parole.
Non era mai riuscito ad imbastire grandi discorsi, né a inventarsi storie credibili per i casini che sovente combinava.
Ma, più di tutti, Ronald Weasley non era capace a mentirle.
Perché Hermione gli leggeva dentro.
Perché in mezzo secondo riusciva ad intuire se qualcosa non andava, e in un altro mezzo secondo gli leggeva negli occhi la menzogna.
Perciò non si sentì per nulla sorpreso quando, rientrato a casa quella sera, la trovò perfettamente sveglia sul divano, completamente vestita, in attesa del suo ritorno, uno sguardo indagatore che cominciò a trafiggerlo da parte a parte come i raggi X.
 
-Ronald! Eccoti! Allora, con Harry?
-Ehm, sì, sono tornato abbastanza presto, hai visto?...
-Ronald...
-...è che mi annoiavo a un certo punto e ho pensato, perché non...
-Ron!
 
Il rosso sbuffò, gettando la spugna.
-Hermione, scusa, non so come dirtelo. Non vuole parlarti. Ha detto... ha detto che dovresti lasciarlo in pace.
 
In meno di un secondo Hermione era saltata in piedi, l’espressione scioccata di chi ha appena udito una cosa talmente inverosimile da non sapere se crederci o meno.
-Herm, che cosa...
-Ha... ha detto così?- la voce le si incrinò.
-S-sì, ma stai calma, vedrai che troveremo un modo e... ma dove vai?!
La guardava come si guarda un pazzo: la ragazza infatti aveva appena agguantato il mantello e impugnato la bacchetta.
-Ron, scusami. Ma lasciami fare, questa volta. È importante.
Gli lasciò una carezza sul viso e con un sorriso triste fece una giravolta su se stessa, lasciandolo solo in mezzo alla stanza a pensare che sarebbe andata a finire molto, ma molto male.
 
 
 








 
 
NdA: ...sono ancora qui, non vi ho abbandonati, carissimi lettori! :D
Eccoci qui con un nuovo –seppur breve- capitoletto, qualcosa si sta sviluppando, che ve ne pare?
...e adesso viene il bello...!
Grazie di cuore a chi ha commentato gli scorsi capitoli e a chi continua a seguire, siete dei tesori!
Un abbraccio a ognuno di voi,
ArmoniaDiVento

 

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