And So It Goes

di fanny6
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** The First Time Ever I Saw Your Face ***
Capitolo 2: *** Girl From The North Countryside ***
Capitolo 3: *** At The Beginning ***
Capitolo 4: *** Teenage Dream ***
Capitolo 5: *** Dream a Little Dream Of Me ***
Capitolo 6: *** Stay Stay Stay ***
Capitolo 7: *** Naturally ***
Capitolo 8: *** Treacherous ***
Capitolo 9: *** It Had To Be You ***
Capitolo 10: *** Who's Afraid Of The Big Bad Wolf? ***
Capitolo 11: *** And You Can Have This Heart To Break ***



Capitolo 1
*** The First Time Ever I Saw Your Face ***


Capitolo 1
 
Joseline
 
Non ero mai stata in un posto come LaPush prima di allora. L’odore della foresta, il suono del mare che si infrangeva violento sugli scogli mi rimbombava nelle orecchie.
La vecchia riserva dei Quileutes era un posto che mi attirava, e nonostante avessi dovuto lasciare tutte le mie vecchie amicizie per trasferirmi lì, ero felice.
Il cambio di abitazione era dovuto al fatto che mio padre (con cui vivevo, soli, dopo la morte di mia madre) che era biologo marino, aveva deciso di prendersi una pausa dalle conferenze susseguitesi senza tregua dall’uscita del suo ultimo libro: voleva studiare il clima e la fauna di quel mare cupo, forte, imponente.
Gli abitanti della riserva erano davvero pochi, più o meno una trentina di famiglie, e a quanto pareva si conoscevano tutti da generazioni.
Non sapevo come avrei fatto ad attaccare bottone con qualcuno, contando il fatto che era estate, quindi non c’era l’ultimo anno di liceo a consentirmi di fare amicizia con coetanei.
Certo, la parlantina non mi mancava, ero una persona molto spontanea e piuttosto espansiva, tuttavia non sapevo proprio da dove cominciare.
Avevo già visitato LaPush due o tre volte, prima di quel 20 Giugno, tutti viaggi motivati dal trasloco, e questa volta finalmente io e papà ce l’avevamo fatta: era tutto a posto, potevamo ritenerci ufficialmente abitanti della riserva.
-Josie…aiutami con questo scatolone!- mio padre, un uomo di mezza età piuttosto robusto, con i capelli brizzolati e una faccia bonaria, reggeva tre scatoloni di cartone tra le braccia.
-Ancora libri? Ma papà…se andiamo avanti così non ci sarà più spazio nemmeno per respirare!- protestai, afferrando il più piccolo dei tre.
-Non protestare Josie, ricordati che è grazie al mio sapere che hai un tetto sopra la testa- ridacchiò lui, portando tutti gli scatoloni nel salotto. Si era divertito da matti ad arredare tutta la casa in stile etnico e nativo, un altro dei motivi per cui aveva scelto LaPush, oltre che per il suo favoloso patrimonio culturale: adorava le vecchie leggende dei Quileutes, e si divertiva a raccontarmele per mettermi paura.
-Posso andare a fare un giro alla spiaggia?- domandai, pregustando quella meraviglia di mare
-Certo che puoi….io finisco con gli scatoloni, e poi mi butto alla ricerca di qualcosa da mangiare stasera- acconsentì, dandomi una pacca sulla spalla –Vedrai che troverai presto qualche amica simpatica-
Sorrisi della sua ingenuità: come se a diciassette anni potessi fare amicizia costruendo castelli di sabbia. Però magari avrei trovato qualcuno che perlomeno potesse fare quattro chiacchiere con me, ed era già qualcosa.
Misi un paio di vecchi shorts di jeans, una canottiera bianca e sotto il costume; infilai i sandali e mi gettai fuori dalla porta, allegra.
Quel posto mi piaceva, e mi piacevano i cambiamenti. Ero contenta di avere un nuovo posto da affrontare, scandagliare, esplorare, di cui capire i meccanismi.
La spiaggia era a pochi passi da casa (papà non aveva resistito alla vicinanza del mare).
Il cielo non era perfettamente limpido: qualche nube si addensava in alto, vicina al sole. In compenso, faceva davvero caldo. La spiaggia era piena di famiglie in vacanza, bambini che giocavano.
Cominciai a guardarmi intorno, per cercare di intravedere qualcuno con cui fosse possibile parlare. Individuai un gruppo di ragazzoni, tutti altissimi e muscolosissimi, con qualche ragazza: erano tutti nativi, la loro pelle color ruggine spiccava come i loro capelli neri e lucidissimi. Provai una certa invidia: mi ero sempre ritenuta abbronzata, ma la mia carnagione biscotto svaniva a confronto con quei colori così belli, così adatti a quel posto.
Nonostante la mia buona volontà, non ebbi la forza di avvicinarmi. Sembravano un gruppo chiuso, elitario, molto intimo e familiare, e poi quei ragazzi erano davvero enormi.
Ridevano tra loro e parlavano con complicità, e non mi sembrava il caso di andarli a interrompere: mi avrebbero presa per una turista alle prime armi.
-…Sono preoccupato, Sam. Ora che questa faccenda con i Volturi si è conclusa credo che sarebbe un bene per lui lasciar perdere questa storia di Bella. Voglio dire, è tornato con noi, e ne sono felice, ma…non so…-
-Dagli tempo, Quil. Sono sicuro che quando troverà la ragazza giusta sarà felice anche lui- e il ragazzo che aveva parlato, che sembrava il capo della piccola compagnia, diede un bacio alla ragazza accanto a lui.
Mi voltai con un sospiro: non volevo sembrare indiscreta, e avevo anche capito quanto fosse difficile entrare in un gruppo come quello dei ragazzi della riserva per un’estranea. Mi era bastato poco, era il modo in cui si guardavano, parlavano. Sapevano tutto l’uno dell’altro, e anche le ragazze. Non sarebbe stato così facile.
Decisi di percorrere tutta la spiaggia, lunga, sabbiosa, il vento che mi scuoteva i capelli a colpi di onde. LaPush era davvero un paradiso selvaggio e naturale.
Quasi non mi ero accorta delle nuvole che si erano addensate, e che cominciarono a scatenare un temporale estivo, le gocce di pioggia grandi e per niente fredde. Cominciai a correre nella direzione di casa mia, notando che sulla spiaggia non era rimasto quasi nessuno.
Entrai in casa fradicia, non ebbi nemmeno il tempo di cambiarmi o asciugarmi i capelli perché il telefono cominciò a squillare.
-Pronto? Papà?-
-Josie, tesoro, sono rimasto bloccato sulla scogliera! Devi venirmi a prendere subito, sono sotto il temporale e ho i libri con me! Vieni in macchina, devi prendere la strada alta!- sentii la voce disturbata dalla scarsa capacità della linea e dalla pioggia
-Okay, sto arrivando- urlai, cercando di farmi sentire.
Non presi nemmeno l’ombrello, tanto ero già bagnata, e mi infilai in macchina, una vecchia carretta, a mio parere, a cui mio padre era molto affezionato.
Accesi il motore, che emise un bello sbuffo prima di decidersi a consentire alla macchina di partire. Presi la strada indicata da mio padre (non che avessi molte alternative) e la povera vecchia Golf iniziò ad incespicare su per quella strada mezza sterrata. Non volevo nemmeno sapere come mio padre fosse riuscito ad arrivare fin là  a piedi.
Ero finalmente arrivata ad un rettilineo, la pioggia che si era fatta più fine, quando la macchina si fermò di colpo. Tentai di far ripartire il motore una, due, tre volte, e mi resi conto che non aveva la minima intenzione di risorgere. Bel guaio.
 
Jacob
 
Non mi importava che Bella fosse felicemente sposata, con pure una piccola bimba-mostro (che pure era bellissima e disarmante). Io l’avrei sempre amata, più di quanto lei amasse me. In modo diverso. In modo sbagliato. Merda. Come diavolo mi ero ficcato in quella situazione? Il vecchio me, non potevo credere fosse passato solo poco più di un anno, il vecchio Jacob non sarebbe stato mai così arrabbiato, così sarcastico, così disperato. Beh, ma il vecchio Jacob era andato da un pezzo. Quel Jacob  che lei chiamava il “mio sole che scaccia le nuvole” aveva incontrato l’eclissi. E adesso erano guai.
L’essere tornato, come doppia alfa, nel mio vecchio branco, non migliorava certo le cose, poi. Tutti che sapevano quanto ero stupido e patetico.
Merda. Dovevo smetterla di abbrutirmi così, ero davvero patetico.
Fortunatamente avevo la mia forma di lupo a distrarmi, proprio come adesso. Correvo svelto, agile, nella foresta sotto la pioggia che mi dava una sensazione piacevole.
Avevo intenzione di andare alla scogliera, stare un po’ da solo (di nuovo) e cercare di levarmi Bella e il suo succhiasangue (piccolo-mostro annesso) per almeno cinque minuti. Mi bastavano cinque minuti senza quella tortura. “Sarai per sempre il mio migliore amico, Jake, ti voglio un bene dell’anima”. Bello. Fossi capace anche io! Cosa diavolo c’era di sbagliato in me?!? Perché non riuscivo a dimenticarla, o a comportarmi davvero come un amico?!? A rassegnarmi, perlomeno. O forse era lei quella sbagliata, se preferiva la quella specie di vita da vampiri con il succhiasangue telepatico e una bambina che, per quanto fosse davvero adorabile, aveva rischiato di ucciderla per venire al mondo.
-Smettila, Jake, smettila di pensarci!- mi dissi, arrabbiato.
Stavo per accelerare quando un forte rumore metallico mi fermò. Veniva dalla strada, qualche decina di metri al di sopra della foresta dove correvo.
Mi ritrasformai, per precauzione, infilai i pantaloni che portavo sempre legati alla caviglia e, svelto, salii fino in strada. Magari qualche viandante si era perso. Volevo sentirmi utile, in qualche modo, così mi sbrigai a raggiungere la strada.
Una macchina orribile stava lì, inerte, con il cofano aperto e una ragazza bagnata fradicia tentava di capire cosa non andasse in quella carretta.
-Hei- esclamai –Serve una mano?- tutto pur di distrarmi
Lei fece un salto. Avevo dimenticato di essermi mosso velocemente. Si voltò spaventata.
E poi fu il caos.
Sentivo tutte le mie energie, mentali e fisiche, concentrarsi sull’unico particolare del suo viso, sentivo che era diventata il centro dell’universo e che non potevo farci niente.
Mi sentivo completo, e, cosa assolutamente impensabile fino a qualche attimo prima, non sentivo nessun dolore, nessun tormento.
Non potevo crederci. Cosa cavolo stava succedendo?
-Grazie, ma credo che nessuno potrà fare niente per questo rottame- la sua voce diceva più di tutti i suoni che avessi sentito prima. La guardai estasiato mentre prendeva a calci una ruota, e la mia prima preoccupazione fu quella che non si facesse male.
-Hei, hei, hei….!- la fermai, tirandola indietro con una mano –Così ti fai male!- protestai.
-Scusa- abbozzò un sorriso.
E il mio mondo ricominciò a girare.
 

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Capitolo 2
*** Girl From The North Countryside ***


Joseline
 
 
-Scusa-  abbozzai un sorriso. Il ragazzo sconosciuto somigliava a quelli che avevo visto in spiaggia poco prima: era molto più alto di me, la stessa carnagione bronzea. Aveva i capelli neri, che raggiungevano le spalle disordinatamente, due occhi neri scintillanti e vivi.
Era bello, pensai, mentre ossevai il suo torace muscoloso, così come le braccia. Magari era una prerogativa dei Quileutes essere così giganteschi.
-Cosa ne dici se ti aiuto a sistemare la macchina?- domandò sorridendo, così che notai i denti bianchissimi. Aveva un sorriso davvero rincuorante, forse un po’ malinconico. Era come se si sforzasse di sorridere di meno.
-Dico che se ci riesci ti sarò debitrice per sempre- feci, facendomi da parte e tendendogli una mano –Sono Joseline- dissi con un gran sorriso. Era il minimo che potessi fare, dopo che aveva intrapreso una missione disperata come quella!
-Jacob- sembrava un po’ a disagio adesso, mentre si chinava sul cofano aperto studiando la situazione. Dopo un paio di minuti di silenzio e contemplazione, cominciò a toccare pezzi della macchina di cui non sapevo nemmeno il nome –Prova adesso- suggerì, chiudendo il cofano. Mi sedetti al volante e inserii la chiave,senza spiegarmi la sua aria sconvolta che di minuto in minuto si faceva sempre più evidente.
ROAAARRRR
-Hei! Funziona! Jacob, tu sei assolutamente…- alzai la testa e non vidi più nessuno -…un genio- conclusi, parlando a me stessa. Cos’avevo combinato di così orribile da farlo svanire? Mi  domandai, perplessa, mentre ripartivo alla volta della scogliera. Il suo viso mi era rimasto molto impresso, continuavo a rivederlo davanti a me.
-JOSIE! JOSIE, SONO QUI!- inchiodai. Sovrappensiero com’ero, non avevo nemmeno visto mio padre. Era uno spettacolo piuttosto ridicolo e imbarazzante, sembrava un pulcino bagnato vestito da giovane esploratore –Ci hai messo tanto, tesoro- mi disse, salendo in macchina –Ti sei persa?-
-Uhm, no…il rottame si è piantato di nuovo- spiegai –Se tu ti decidessi a cambiarla, magari…-
-Oh, è solo perché ha preso acqua- tagliò corto lui –E l’hai aggiustata tu? Brava Josie, sono fiero di te!-
-No, veramente è stato un ragazzo- borbottai
-Ragazzo? Che ragazzo?-
-Uno che passava di lì… è uno dei Quileutes, papà. È stato bravo- dissi, con un’alzata di spalle, fingendo indifferenza. La verità era che ci ero rimasta male per come, ogni minuto in più che passava con me, sembrava essere sempre più nervoso e frettoloso di andarsene.
Eppure credevo di essere stata carina. Quantomeno gentile, se non simpatica.
Dovevo rivedere qualcosa?
 
Jacob
 
Correvo nella foresta col cuore in gola, più veloce che potevo, senza trasformarmi perché sapevo che così facendo gli altri avrebbero saputo tutto e subito.
Ogni fibra del mio corpo, e del mio cuore, mi urlava di tornare subito da lei.
Non riuscivo a liberarmi dell’immagine di quei lunghi e ricci capelli castano caldo, gli occhi dello stesso colore, la pelle ambrata… quindi era così, l’imprinting.
Come cavolo potevo essermi innamorato di qualcuno che non conoscevo? Io non amavo quella ragazza, io amavo Bella. Lei e solo lei. Solo Bella era la ragazza per me, quella che mi aveva spezzato il cuore e per cui continuavo a soffrire (dov’era adesso, quel dolore? Perché mi sentivo come se fosse giusto così?).
No. Era sbagliato, punto. Chi era quella per me? Perché invece Bella era la mia migliore amica, era una persona per cui sarei morto, era la ragazza della mia vita. Ed era sposata. Ed era un vampiro.
Nella mia testa alla sua immagine si sovrapponeva continuamente quella di Joseline.
No, basta! Non è così che deve essere: tu ami Bella, Jake, e l’amerai per sempre, te lo sei promesso.
Eppure, nonostante fossi sconvolto per essermi accorto che l’imprinting aveva cancellato il mio sentimento d’amore, mi sentivo meglio. Mi sentivo molto meglio, e non c’era più quel sentimento di tortura che avevo vissuto fino a pochi minuti prima.
Ero ancora preoccupato, certo: ero preoccupato per Joseline.
L’avevo ‘abbandonata’ quando tutto dentro di me mi gridava che dovevo stare con lei per sempre.
Sapevo cosa sarebbe successo non appena l’avessi detto a Sam e agli altri: mi avrebbero detto che finalmente avevo trovato l’anima gemella, che ora potevo essere felice anche io come tutti loro, e che dovevo vivere per proteggerla e starle accanto.
E io non volevo accettarlo. Era Bella la mia anima gemella, continuavo a ripetermi. Non quella sconosciuta, Bella.
Continuai a ripetermi queste due frasi nella testa mentre tornavo a casa. Incontrai gli altri e non potei fare a meno di andare con loro, dicevano che dovevamo discutere qualcosa di importante, e, ovviamente, non appena ci trasformammo, scoprirono tutti.
Jake! Ma è favoloso! Ora puoi capire cosa vuol dire!  Esclamò Quil, che ancora faceva da baby-sitter a Claire
Taci Quil
Ma perché? È fantastico, dovresti sentirti al settimo cielo! Proseguì lui, imperterrito
Io non la voglio questa schifezza di imprinting Dichiarai, categorico.
Tanto non puoi impedirtelo, Jake, lo sai vero? La voce più matura di Sam entrò nella mia testa.
E invece ce la farò Dissi, quasi urlando.
No, non ce la farai. Perché è nella nostra natura. Perché hai la fortuna di aver trovato anche tu la tua anima gemella. Perché tutto quello che vuoi in realtà è proteggerla. Anche adesso vorresti correre da lei E LO SAI
Aveva schifosamente ragione. Merda. Questa cosa della telepatia era una gran rottura di palle.
Ascoltatemi bene: io non ci sto.
Non puoi tirarti indietro, Jake. E non lo dico perché non penso che tu non sia forte, o cose così. Lo dico perché, e te ne renderai conto molto presto, lei sarà la tua ragione di vita. Sarà quella che ti metterà le cose nell’ordine giusto. La lente attraverso cui leggere la tua realtà.
No.

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Capitolo 3
*** At The Beginning ***


Joseline
 
Quella prima sera a LaPush passò tranquilla, per il resto. Io e mio padre ordinammo una pizza e la gustammo seduti sul tappeto spesso del salotto, in mezzo agli scatoloni, parlando di tutto e di più, e facendo progetti.
Sentivo chiara e forte la presenza del mare, ed era una cosa a cui non ero abituata: era incombente, forte, prepotente. Ora che anche io vivevo lì dovevo accettare la sua custodia, sembrava dirmi.
Immagino che chi nasca in un posto di mare ce l’abbia nel sangue, questa presenza, ma per me era diverso. Mi faceva sentire un po’ oppressa, da un lato, e dall’altro mi infondeva una certa sicurezza.
Stetti sveglia fino a tardi, a chiacchierare con papà, a cercare di dare una parvenza di ordine alla mia nuova camera (era al piano superiore, abbastanza ampia, ma non tanto da contenere tutte le mie cose), rinunciando per poi mettermi a disegnare, svogliatamente.
Finalmente decisi di andare a dormire.
L’indomani avrei tentato di nuovo di trovare qualche amico o amica: dopotutto mi ero data solo un giorno, ed ero stata fin troppo ottimista (come mio solito) ad immaginare di poter fare tutto in un paio d’ore.
Mi infilai sotto le coperte: l’estate nella riserva era più fredda di quelle a cui ero abituata, e mi serviva almeno il mio copriletto leggero.
Ripensai alle cose avvenute in giornata, e sorrisi pensando a quanto dovevo sembrare ridicola, bagnata fradicia che prendevo a calci una vecchia macchina. Sorrisi anche ripensando a Jacob, per poi rabbuiandomi nel ricordare che era fuggito da me a gambe levate: ancora non capivo cos’avevo combinato!
‘Pazienza’ mi dissi ‘ci saranno altri ragazzi carini e simpatici, qui in giro’
Che potevo fare?
Accesi la mia solita candela alla vaniglia e mi addormentai velocemente.
Cominciai a sognare: i colori erano tutti colori caldi, rossastri, smorzati da un verde cupo come quello della foresta dei Quilleutes. L’immagine era confusa, vedevo vari volti sfocati, e uno solo nitido, quello di Jacob, che prima mi sorrideva, e poi cominciava a urlarmi addosso, a strattonarmi per un braccio e a urlarmi che ero la persona sbagliata.
Mi svegliai nel cuore della notte, in tempo per vedere la candela spenta e la finestra semichiusa: uno spiffero doveva aver ucciso la povera fiammella.
Mi alzai per chiudere, non ricordavo di averla lasciata aperta.
Tornai a letto e mi svegliai soltanto alle dieci del mattino dopo, all’odore di pancakes che aleggiava nell’aria e alla voce di mio padre, tutto allegro, che mi chiamava per la colazione.
Mi infilai un altro paio di pantaloncini corti, marroni, e una canottiera, di nuovo bianca. Scesi più arzilla che mai, pronta ad affrontare una nuova giornata, ravviandomi i lunghi capelli ricci con una mano.
-‘giorno papi- salutai, sedendomi, dopo avergli dato un bacio sulla guancia –Che si fa oggi?-
-Buongiorno tesoro…oggi il tuo vecchio torna alla scogliera. Non preoccuparti!- mi anticipò –Ho trovato un passaggio da uno dei responsabili della riserva- mi strizzò un occhio –Tu vai pure a divertirti-
Sospirai. Speravo che avrei passato il giorno con lui a girovagare per LaPush.
-Grazie papà…anche tu- gli augurai, prendendo l’ultimo pancake (avevo un ottimo appetito) e infilando un paio di sandali e un borsone stracolmo di oggetti per ogni evenienza prima di uscire. –Ci vediamo stasera!- salutai –Sarò qui in giro-
-Divertiti Josie!- mi urlò dalla cucina, mentre spalancavo la porta e venivo investita da un bel raggio di sole mattutino.
-Buongiorno! Abbiamo il sonno pesante, eh?- una voce roca, ma squillante e allegra, mi fece notare che davanti alla casa qualcuno mi stava aspettando
-Jacob?!?- vidi che sorrideva, quei denti bianchissimi, più brillante del sole, e sembrava rilassato.
Non potei fare a meno di sorridergli.
 
Jacob
 
Mi sorrise. E a quel punto cedetti.
Cosa ci facevo lì, vi chiedete? Semplice: avevo passato la notte tentando di non alzarmi dal letto per andarla a trovare, per vedere se stava bene, per controllare che non mi odiasse dopo che me ne ero scappato così.
E dopo che mi sorrise (aveva un sorriso luminoso e sincero) le mie difese caddero una dopo l’altra. Sam aveva ragione, dopotutto.
In realtà, durante la notte avevo capito che non avevo dimenticato Bella, chi fosse, o il bene che le volevo, no. Solo avevo iniziato a volerle bene nel modo giusto. Wow. Ora però avevo altri problemi: Joseline mi avrebbe accettato? E quando avrebbe scoperto cos’ero veramente? Ero terrorizzato all’idea di dirglielo, lei non era come Bella, non era certo abituata a certe cose.
Un passo alla volta, Jake. Nemmeno ti conosce. Però sa il tuo nome….
-Ciao- le sorrisi, aspettando che mi raggiungesse. Ogni fibra del mio corpo e della mia mente erano proiettate su di lei.
-Cosa…hem, cosa fai qui?- domandò, un po’ sorpresa, scostandosi i capelli dietro un’orecchio. Giusto, ottima domanda.
-Sono venuto a trovarti…se mi vuoi ancora parlare, dopo che ieri me ne sono andato. Mi dispiace, avevo una cosa urgente da fare.
-Oh! Certo, nessun problema- sembrava sollevata.
Dio ti ringrazio. Mi voleva ancora parlare.
-Sei stato carino a preoccuparti per me- osservò, sorridendomi.
Ogni sorriso era una pugnalata alla mia fermezza: mi ero compromesso per sempre. Non volevo altro che vederla sorridere per sempre.
-Figurati!- esclamai, senza trattenere l’entusiasmo –Ti va una passeggiata in spiaggia?- proposi
-Certo!- approvò
-Raccontami… sei qui in vacanza? Oppure cosa?- domandai, sinceramente curioso
-Niente vacanza, mi sono trasferita ieri- dichiarò, con un’alzata di spalle accompagnata da un altro sorriso.
Ti prego, ti prego, resta così per sempre. È il tuo sorriso che fa girare il mio universo.
-Davvero? Forte!-
-Già, mio padre è un biologo marino, ed è interessato dalla natura di LaPush- spiegò. Ne avevo sentito parlare da Billy.
-Sarà soddisfatto, credo- dissi, sorridendo. Erano secoli che non sorridevo così tanto, dovevo riabituare i muscoli. Erano gli unici che con la mia trasformazione non si erano sviluppati, ma regrediti.
-Credo anche io…- concordò –Quanti anni hai?- mi domandò, con curiosità. Sapevo che l’avrei stupita
-Diciotto tra un paio di mesi-
-Scusa?!?-
-Si, lo so, sembro più grande- ammisi, colpevole, con una risatina –Se vuoi ti mostro la carta d’identità- rise anche lei.
-Io ne ho diciassette, ma mi sento un puffo vicino a te- fece, imitando le due altezze con la mano.
Le scompigliai la chioma folta, ribelle, color caramello come si fa con i bambini, con un ghigno malizioso.
-Mi stai prendendo in giro?- mi accusò, scostandosi e fingendosi offesa.
-Scusa- feci, alzando le mani in segno di resa. Lei sorrise.
-Coraggio, mostrami tutti i segreti della riserva- ordinò, gli occhi castani che brillavano.
Avrei forse avuto la forza di rifiutare?

@Inu_chan Grazie per i complimenti, questa è una storia che ho scritto qualche anno fa: ho deciso di riprenderla in mano e terminarla :) Ho aumentato la dimensione del font, spero che si legga meglio! 

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Capitolo 4
*** Teenage Dream ***


Joseline
 
Passai tutta la mattinata con Jacob, che mi offrì di pranzare con qualche panino insieme con lui sulla spiaggia. Accettai di buon grado: avevo passato una mattinata piacevolissima a chiacchierare con lui. Era un ragazzo solare, spontaneo, divertente, e sembrava che gli importasse davvero di me, nonostante ci conoscessimo da così poco.
E adoravo la sua carnagione bronzea, i suoi denti bianchissimi e i suoi capelli neri e lucidi, che scendevano scompigliati fin sopra le spalle.
Si sedette accanto a me, di fronte al mare che oggi era di un blu sfavillante, mangiando con un appetito al quale nemmeno il mio poteva tenere testa.
-Quindi Billy è il ‘capo’? Forte! Allora tu saresti il principe ereditario dei Quileutes?- domandai, ridacchiando, prima di tirargli una leggera gomitata. Aveva la pelle così calda che mi meravigliavo che potesse stare con una T-Shirt addosso.
Scoppiò a ridere di gusto all’idea –Principe ereditario?!? Questa è bella…devo dirlo agli altri!- osservò, bevendo quasi tutta la sua bottiglietta d’acqua in un sorso.
Gli sorrisi, indulgente –Hei…posso farti una domanda?- chiesi, tentando di sembrare sempre spontanea
-Certo- si dispose ad ascoltare, drizzando la schiena
-Come mai…..? No, niente, lascia stare- Fare una domanda del tipo: perché vuoi essere mio amico sembrava un po’ infantile a diciassette anni.
-No, dimmi!- mi invitò Jacob, che sembrava bruciare sulla graticola dalla voglia di sapere
-No, davvero, non è importante, era una cosa cretina….piuttosto, raccontami ancora qualcosa!-
Jacob scosse il capo –Raccontami tu qualcosa di te- sorrise –Vorrei sapere qualcosa sul tuo oscuro passato-
-Uhm….- mi posai un dito sul labbro inferiore, prima di passare la mano tra i capelli –Non saprei…non credo di avere un passato così oscuro e interessante- mi scusai
-Dai- mi pregò –Per favore-
-Okay, okay….cosa vuoi sapere?-
-Dove vivevi prima?- mi chiese
-Vivevo a Providence… bella, un po’ troppo caotica, però. Sai, essendo figlia di mio padre sono un po’ troppo naturalista, ma lui insegnava lì all’università, perciò…- raccontai. Mi alzai in piedi –Continuiamo a camminare? Voglio vedere tutte le cose più belle, e direi che siamo molto indietro- dichiarai, tendendogli una mano per tirarlo su. Rise del mio gesto
-Finiresti per terra- ridacchiò, alzandosi per conto suo: era davvero altissimo.
Lo guardai, scettica –Sottovaluti le mie doti atletiche-
-Josie…andiamo!- mi guardò con una smorfia di presa in giro, indicò se stesso e poi indicò me –Non c’è storia! Non potresti spostarmi nemmeno saltandomi addosso con una rincorsa-
-Ricordami di provare a farlo- dissi, prima di fare qualche passo leggero per raggiungerlo, dato che ogni suo valeva tre dei miei.
 
Jacob
 
Trotterellò verso di me con aria dispettosa, e volevo abbracciarla e dirle quanto l’adoravo.
Già, perché dopo appena qualche ora passata con lei la adoravo senza via di ritorno.
Capivo come facesse Quil a passare tutto il suo giorno con una lattante, adesso. Avrei ballato una danza hawaiana in gonnellino di paglia per vederla felice.
-Non te lo consiglio, ti faresti male da sola- dissi, con un ghigno orgoglioso
Sbuffò –Non essere tanto spaccone- mi rimproverò
-Prendilo come un consiglio da Quileute a viso pallido: se vuoi picchiare uno di noi ti conviene farlo a parole- le feci l’occhiolino
-Qual è la prossima meta?- chiese, più remissiva, mentre il vento scompigliava i suoi capelli dai riflessi di miele e li faceva volare all’indietro.
-Dunque…la scogliera l’hai già vista… però varrebbe la pena, in un giorno così! Oppure…oppure ti porto a fare il bagno nella baia!- proposi
-Ci sto! Fa davvero caldo oggi- osservò con un sorriso
-Hai trovato una bella estate- concordai –Preparati, d’Inverno il tempo è un vero schifo-
E attira pure i succhiasangue
-Me l’ha detto mio padre- confermò Josie. Da come ne parlava lei suo padre sembrava un supereroe!
-Beh, comunque oggi fa caldo e questo è perfetto per la baia- le cinsi delicatamente il polso con la mano. Una scarica di calore (non calore termico, un calore diverso, che scorreva dritto nelle vene) mi percorse fino a far battere il mio cuore con nuovo vigore.
-Devi avere davvero caldo- commentò Josie –Sei così bollente che sembra che tu abbia la febbre!- Ops. Che cavolo ci potevo fare se ero un licantropo?
-Già…ma io sono sempre così- tagliai corto. Sapevo già cosa mi avrebbe detto Sam: che dovevo dirglielo per non metterla a repentaglio com’era successo ad Emily.
Mi domandai se aveva notato il modo in cui la guardavo, cioè come se fosse un oggetto prezioso. Sembrava totalmente ignara, come se non sospettasse assolutamente niente.
Era un bene…o no?
Mi confondeva, non potevo fare a meno di arrovellarmi: ma la cosa più meravigliosa era che ero totalmente libero dall’esito del mio amore, perché non mi importava che lei mi ricambiasse o no, quello che volevo era che fosse felice. Wow. Ero diventato saggio nel giro di una notte?
-Jake?!?- notai che mi guardava perplessa. Dovevo sembrarle un po’ cretino.
-Cosa? Oh, scusa, dimmi!-
-E’ quella lì? Intendo, la baia…è quella?- mi indicò il minuscolo golfo
-Si, è quella…attenta, per arrivarci dobbiamo scendere questi scogli qui- le offrii la mano: non volevo farla rotolare giù per cinque metri di roccia. La afferrò senza storie e mi seguì con agilità.
-Che bella! L’acqua è così pulita!- osservò –Quando mio padre vedrà questo posto impazzirà- ridacchiò, prima di sfilarsi canottiera, sandali e pantaloncini: indossava un bikini color caffè. Mi persi a guardarla, mentre si avvicinava all’acqua e, con un piccolo brivido di freddo, si gettò in mare.
Corsi immediatamente dietro di lei, levandomi la maglia e le scarpe con velocità. Il mio tuffo scatenò un piccolo maremoto.
-Hei! Fai attenzione!- esclamò lei, schizzandomi.
Sospirai, con un sorriso di sfida. Troppo facile. In poco più di due secondi Josie era ostaggio sulle mie spalle e protestava per scendere .
Mi misi a ridere, felice.
-Non ti libererai così facilmente di me- la informai.
-Strano-
-Cosa?- chiesi, alzando lo sguardo. Si appoggiò incrociando le braccia tra il suo mento e la mia testa
-Volevo dire la stessa cosa-

@Inu_Chan  Per ora avrai un po' di aggiornamenti lampo perchè i primi 10 capitoli li avevo scritti anni fa quindi sono già pronti :) Comunque ce ne vorrà perchè Jacob riveli il suo segreto alla nostra Josie!

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Capitolo 5
*** Dream a Little Dream Of Me ***


Joseline
 
-Papà! Sono a casa!-
-Josie! Stavo per chiamarti, tesoro, che fine avevi fatto? E’ ora di cena!-
-Scusa, hai ragione…ho incontrato Jacob Black che mi ha fatto fare il giro della riserva- spiegai, sorridendo a mo’ di scuse. Dopo essere stati alla baia a giocare in acqua per almeno un’ora, ce n’eravamo stati lì, sulla sabbia, ad asciugare al sole (nonostante Jacob fosse preoccupato per come la mia pelle potesse reagire) parlando di un sacco di cose.
Poi eravamo andati alla scogliera, passando per un sentiero nel bosco.
Era incredibile come Jacob mi trattasse, come se fossi una sua amica da sempre e tenesse davvero tanto a me: la cosa mi stupiva, mi lusingava e mi prospettava un’ottima estate.
-Il figlio di Billy Black?- domandò mio padre, curioso
-Si…conosci Billy?-
-Solo di nome, per ora….me ne ha parlato Quil Ateara, un altro dei vecchi capi. Ne parla con molto rispetto, sia di Billy che di suo figlio, questo Jacob…è un ragazzo a posto?- indagò
-Certo, papà, stai tranquillo…Jake è un tipo simpatico-
Lui annuì –Bene, mi fa piacere….certo, mi piacerebbe se poi ti facessi qualche amica femmina- brontolò
-Ma siamo qui da due giorni! Ho tutto il tempo per conoscere anche gli altri- lo tranquillizzai, prima di osservarlo aprire le pizze surgelate: purtroppo ero una pessima cuoca, e lui non era da meno.
-Naturale, Jos’, non ti arrabbiare così- ridacchiò, prima di infornare le pizze –Se questo Jacob ti è così simpatico lo inviteremo a cena con suo padre- si guardò intorno -Beh…magari quando finiamo con gli scatoloni- concluse, facendomi l’occhiolino
Non mi sembrava una cattiva idea, dopotutto. Mi chiesi come mai non si parlasse della mamma di Jacob, e poi ricordai che anche la mia veniva evitata nei discorsi. Che fosse per lo stesso motivo? Mi augurai di no, per lui.
-Sarebbe carino, papà…magari dopocena possiamo mettere un po’ in ordine- proposi. Mozione approvata: passammo la serata, dalle otto a mezzanotte, a svuotare gli scatoloni da trasloco. Il risultato fu ottimo, ne mancavano pochi soltanto e la casa aveva un’aspetto migliore, che la faceva somigliare ad un’abitazione e non ad uno schedario.
Anche camera mia era stata riordinata, un sacco di quadri coloratissimi presi in strani mercatini, il mio PC portatile, e la mia valanga di libri (avevo preso da mio padre) e CD. L’amore per la musica era della mamma.
Cominciai a pensare a lei: se fosse stata viva avrei potuto raccontarle che avevo conosciuto un ragazzo davvero simpatico, e lei mi avrebbe dato dei consigli, avrebbe sorriso con indulgenza alle mie fantasticherie. Se n’era andata troppo presto. Ricacciando le lacrime indietro, accesi la solita candela, gridai un ‘buonanotte’ a mio padre e mi cacciai sotto le coperte, nonostante il caldo.
Quella notte, di nuovo, sognai Jacob Black.
 
 
 
 
Jacob
 
-Levati quel sorrisetto compiaciuto dalla faccia- intimai a Billy, quando andai a salutarlo prima di dormire. L’avevo portato a letto con la solita procedura: non era certo una fatica per me sollevarlo tra le braccia.
-Smettila di lamentarti, sono solo contento che tu sia felice- disse lui, con un’alzata di spalle
Sospirai: era impossibile negare che quando ero tornato dalla spiaggia ero tornato ad essere il vecchio Jacob, quello che scacciava le nuvole. Non vedevo l’ora di rivedere Josie, il suo sorriso, i suoi capelli, i suoi occhi… cavolo, stavo diventando patetico di nuovo, solo nell’altro senso. Cercavo di non comportarmi come un attore di soap-opera scadente, ma non era così facile trattenere la mia gioia. Essere innamorati, avere un’anima gemella, insomma, si, sapere di essere fatti per qualcuno non era poi così male come credevo. Anzi, era favoloso.
Trattieniti, Jake, smettila di sorridere come un cretino. Dai, al tre smetti di sorridere: uno, due, tre…. Era impossibile. Avrei voluto andare a trovare Joseline anche adesso. Vedere che stesse bene, non so…che non si fosse scottata, che non fosse troppo stanca, che suo padre fosse tornato.
-Jake- la voce di Billy mi riportò alla realtà –E’ normale preoccuparsi- mi confortò, con un mezzo sorriso –Ma adesso vai a letto-
-Si…si hai ragione. Notte papà-
-Buonanotte- e la faccia di Billy non avrebbe potuto essere più contenta.
Chissà cosa ne pensava il signor Porter, il padre di Joseline, che lei avesse passato tutto il giorno con me. Speravo non fosse un padre-padrone, perché sarebbe stato impossibile dissuadermi. Persino il mio, di padre protettivo, si era dovuto arrendere a Paul quando si era innamorato di mia sorella.
Ora che ci pensavo, però,  non avevo ancora sentito parlare della mamma di Joseline, e sapevo per certo che non si era trasferita con loro (per ora). Mi domandai perché fosse un argomento tabù almeno quanto la mia, e speravo di non dover giungere alla stessa conclusione.
Entrai in camera e mi misi a letto. Mi rigirai per quasi un’ora prima di uscire dalla finestra e trasformarmi.
Hei, abbiamo un nottambulo tra noi
Sta zitta, Leah….
Hei! Tranquillo…ho saputo dell’imprinting, me l’ha detto Seth.
Ah…wow.  Non sapevo bene cosa risponderle: Leah credeva di essere un vicolo cieco della genetica, e per questo supponeva che non avrebbe avuto mai l’imprinting.
Va tutto bene Jake, smettila di farti problemi. Piuttosto, cosa stai facendo in giro a quest’ora?
Niente brontolai. Ovviamente Leah lo seppe, scovando l’immagine tra i miei pensieri.
Oh, ma che tenerezza commentò
Piantala di fare battute, non ci posso fare niente! Lo sai! Protestai
No, intendevo….davvero disse, più timidamente Sono contento che non ci stai più male per Bella.
Oh  cavolo: questa da Leah non me l’aspettavo. Ma dovevo averlo capito, che riservava sorprese. Grazie, Leah.
Però per favore… non fare idiozie, Jake.
Idiozie? Tipo?
Tipo sfondarle la finestra ridacchiò Torna a dormire.
Solo se lo fai anche tu
Vai a letto, Jake.  Persi il collegamento: probabilmente si era ritrasformata.

 

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Capitolo 6
*** Stay Stay Stay ***


Joseline
 
Quella mattina mi svegliai prima del giorno precedente, stiracchiandomi. Avevo fatto un buon sonno, e non vedevo l’ora di vedere Jacob e andare alla spiaggia.
Indossai gli shorts di jeans con una t-shirt rosa pallido, a disegni, e mi catapultai giù.
-Giorno papà!- esclamai, allegramente
-Ciao Jos! Sei di buon umore, eh?- osservò lui, prima di mostrarmi i soliti pancakes caldi (l’unica cosa che sapesse cucinare davvero bene, vista anche la semplicità)
-Però! Quanti ne hai fatti? Non credo che ce la farò!- sghignazzai, prendendo il miele e il succo d’arancia.
-No, nemmeno io….è che mi stavo chiedendo se il tuo amico non volesse entrare. Sai, Josie, dovresti dargli un’orario per venire, poverino! È qui davanti dalle 8.00!-
Il cuore mi fece un salto nel petto. Cosa?!? Mi alzai di scatto dalla sedia e raggiunsi la porta
-Jacob! Ciao!- esclamai, entusiasta alla vista del suo sorriso scintillante.
-Wow, che accoglienza- disse, senza smettere di sorridere un attimo.
-Vieni, entra a fare colazione! Mio padre ha cucinato anche per te!- lo afferrai per la mano e lo trascinai dentro: sospettavo che non avrebbe mai rifiutato del cibo.
-Buongiorno, signor Porter- salutò, illuminando la stanza.
-Ciao anche a te, Jacob! È un piacere conoscerti- gli tese la mano e la strinse calorosamente. Gli arrivava alla spalla, ed era una cosa piuttosto comica da vedere. Quasi quanto vedere Jacob seduto al tavolo, che sembrava uno studente del liceo seduto in un banco delle elementari.
-Non fare complimenti!- lo invitai, mostrandogli la torre di pancakes che lo attendeva –Vuoi miele, sciroppo d’acero…?-
-Miele, grazie- ero certa che NON avrebbe fatto complimenti, e la cosa mi piaceva. Jacob era un tipo alla mano (e riuscì non so come a mangiare un pancake in un boccone solo, mentre io spezzettavo in quattro il mio)
Mio padre sembrava soddisfatto degli impliciti complimenti alla sua cucina.
-E’ proprio bello vedere un ragazzo sano e con un bell’appetito!- dichiarò, soddisfatto.
Jacob ingollò il terzo pancake –Grazie, signor Porter. Lei cucina molto bene-
-Sentito, papà? Ce l’hai quasi fatta! Peccato che presto verrai scoperto- lo canzonai
-Non dire sciocchezze, mi preparerò in tempo! Comprerò un libro di ricette!-
Jacob ci guardava, perplesso
-Io e papà volevamo invitare te e Billy a cena- spiegai, allegramente. Jacob sembrava lusingato.
-Forte! Grazie! Comunque non si preoccupi, signor Porter, è difficile trovare qualcosa che non mi piaccia- scherzò, facendo ridere mio padre
-Buon per te, Jacob! Allora, che piani avete per oggi?- ci guardò, attentamente
-Lascio scegliere a Josie- dichiarò lui, pacato, bevendo un bicchierone di succo d’arancia.
-Volevo andare in spiaggia, prima…e poi non so, nel pomeriggio potremmo andare a fare un giro in città, tipo a Port Angeles- suggerii
Jacob annuì –Per me va benone-
-Port Angeles?- mio padre sembrava pensieroso –Va bene- acconsentì –Ma voglio che mi chiami quando arrivi, okay?-
-Certo, papà!- lo tranquillizzai: era sempre stato molto apprensivo.
-Stia tranquillo, signor Porter, la terrò d’occhio io- e si scambiarono un’occhiata d’intesa come se parlassero di una cretina. Sbuffai.
-Non sono una bambina- protestai. Nessuno dei due parve farci caso. Beh, perlomeno si piacevano, ed era già qualcosa.
-Cosa ne diresti se tu e Billy veniste a cena stasera?- propose infatti mio padre, tutto contento della sua idea
-Grande! Per me va benissimo… aspetti, chiedo a mio padre- sorridendo, estrasse il telefono e domandò a Billy se avrebbe accettato l’invito. –E’ fatta- annunciò –Non si scomodi per il dolce, lo prendiamo noi!- assicurò
-Benissimo! Sono proprio curioso di conoscere un uomo rispettabile come tuo padre, Jacob! Ne ho sentito molto parlare! A dopo, ragazzi, divertitevi!-
Adesso avevamo anche la benedizione di mio padre! Non mi dispiaceva, comunque, anzi: per me era importante il suo parere.
Afferrai la borsa e uscii nel sole, seguita da Jacob.
 
Jacob
 
 
Ero al settimo cielo, davvero. Non riuscivo a smettere di guardarla, e a stomaco pieno la faccenda era anche meglio.
Ci dirigemmo verso la spiaggia, pronti a farci un bagno approfittando del bel tempo caldo.
-Hei, Jake!- mi voltai. Era il gruppo al gran completo.
-Ragazzi!- esclamai, allegramente. Non vedevo l’ora di mostragli la mia Josie, nonostante l’avessero già vista tutti nei miei pensieri, la notte prima, durante un giro di perlustrazione
-Lei è Josie- la presentai, spingendola leggermente avanti con la mano.
-Ciao a tutti- salutò, un po’ in soggezione
-Benvenuta a LaPush! Sono Sam Uley!- il solito teatrale
-Io sono Quil Ateara- -Piacere, Seth! Sono contento che tu sia qui!- Mi sorprendevo sempre di quanto Seth tenesse a me, e gli sorrisi.
-Embry!- -Io sono Paul, ciao!-
Josie strinse la mano a tutti, con molto calore e una sorta di ammirazione.
-Io sono Leah Clearwater- la voce secca e decisa di Leah si fece avanti, mente lei salutava Josie con un gran sorriso. Sapevo che lo stava facendo per me, Leah non era il tipo da dare confidenza agli estranei.
-Ciao!- Josie sembrò felicissima di vedere Leah. Immaginai che avesse bisogno anche di un’amica femmina. Cose da donne.
-Noi stavamo andando a farci un bagno…volete aggregarvi?- propose Sam
-Si, dai, venite!- ci supplicò Seth, che non riusciva (come sempre) a trattenere l’entusiasmo e la curiosità
-Ti va?- domandai a Josie, per non metterla in imbarazzo. Ad alcune persone la calorosità e lo spirito da camerata di noi ‘protettori’ poteva dare un po’ fastidio, soprattutto inizialmente.
-Certo!- esclamò lei invece –Sarebbe bello!-
Mostrai il mio orgoglio al resto del gruppo e  andammo tutti in acqua.
Seth cominciò subito a chiacchierare con Josie, come solo un Seth poteva fare: avrebbe attaccato bottone anche con i sassi. Presto anche Leah, che seguiva sempre suo fratello, le si avvicinò e cominciarono a parlare. Sperai che trattenesse la sua acidità per qualcun altro.
Leah e Josie sembrarono legare subito, superando le mie più rosee aspettative, e passarono la mattinata a chiacchierare da sole. Morivo dalla voglia di sentire cosa si dicevano.
Sentii una mano sulla mia spalla. Sam.
-Sono felice che tu abbia accettato l’imprinting- mi disse. Era tornato l’unica alfa, ma per me i suoi ordini non valevano. Ero un po’ come una seconda alfa, in realtà.
-Anche io- mi sorpresi a dire –Sai… non volevo accettarlo, perché avevo promesso a me stesso che avrei sempre amato Bella, e mi sentivo uno stupido a cambiare idea così, nel giro di qualche minuto. Credevo che il mio sentimento fosse più profondo- mormorai
-Lo era. Anche io amavo Leah- sospirò, tristemente –Ma non era un amore paragonabile al sentimento incondizionato che provo per Emily- disse, calmo.
Mi sentii sollevato. Probabilmente il vago senso di colpa che mi assaliva era normale, sì, ma sarebbe passato. E soprattutto, la nuova situazione avrebbe fatto sì che io potessi essere davvero amico di Bella, senza soffrire più, senza fraintendimenti.
Mangiammo in spiaggia tutti insieme, e poi io e Josie salutammo gli altri per andare a Port Angeles. La sentii dire a Leah che l’avrebbe chiamata quella sera. Leah amichevole?!? E questa da dove saltava fuori?!?
-Ti dispiace se prendiamo la mia macchina?- domandai –L’ho finita da poco, e volevo provarla-
-L’hai finita? Sarebbe a dire?- chiese lei, curiosa, mentre apriva la portiera
-Sarebbe a dire che l’ho riparata quasi da zero-
Smettila di vantarti, sembri un ragazzino sfigato.
-Wo-ow! Come hai fatto? Io non saprei montare nemmeno i Lego!- scherzò Josie, legandosi in uno strano ma efficace groviglio i capelli color miele.
-Non è poi tanto difficile…è solo perché mi piace- mi schermii.
-Beh, io lo trovo impossibile- spiegò –Potremmo prendere il famoso dolce per stasera, a Port Angeles- mi propose, mentre rovistava tra i miei CD –Ti dispiace? In macchina mi piace la musica- si scusò poi.
-Figurati, sono lì apposta!- esclamai, mentre imboccavo l’autostrada.
-Grazie… sono forti, i tuoi amici- osservò poi, pensosa
-Si…sono tutti tipi a posto- concordai, con un sorriso: tutti dei bravi ragazzi, ottimi licantropi.
-Leah è stata molto gentile con me…è la sorella di Seth, vero? Anche lui è simpaticissimo, un vulcano! Certo non dimostra sedici anni…nessuno di voi dimostra la sua età, tranne Sam, Paul e Leah- constatò Josie –Mi sentivo una nana in confronto a voi tutti…ma che cavolo mangiate per diventare così?-
Scoppiai a ridere, divertito dal fiume di parole che le era uscito dalla voce e dal modo in cui gesticolava, muovendo le mani affusolate senza sosta –Proprio non so dirti, magari sei tu che sei insolitamente bassa- la provocai
-Certo, perché dei quasi adolescenti alti tutti un metro e novanta, superpalestrati e muscolosi sono normali- commentò sarcastica, punta sul vivo.
-Sei solo gelosa della nostra atleticità- la presi in giro, lanciandole un’occhiata piena di affetto, che la fece arrossire.
-Ah-ah-ah….come no, bello, guarda che io ho fatto anni ed anni di sport- si vantò
-Davvero? Quali?- chiesi, dimenticando di rispondere a tono
-Sport in generale- si difese Josie –Corro tanto-
-Ahhh capisco- dissi, con un ghigno.
-Pensa a guidare, Jake- intimò, incrociando le braccia al petto e infilando un CD a casaccio, il naso delicato puntato all’insù, gli occhi castano caldo orgogliosamente tenuti sulla strada.
Scoppiai a ridere: certo aveva un bel caratterino.

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Capitolo 7
*** Naturally ***


Joseline
 
-Papà! Siamo arrivati!-
-Entrate, entrate….Billy è già qui!- la voce gioviale di mio padre ci investì, così come gli strani odori provenienti dalla cucina.
Il pomeriggio a Port Angeles era stato molto bello, la vicinanza di Jacob era davvero sorprendente per quanto mi faceva sentire bene.  Era come se il colore e la temperatura della sua pelle rispecchiassero anche il suo carattere: Jacob infondeva calore, senso di protezione.
Entrammo in cucina (lui dovette quasi chinarsi per passare dalla porta) e vidi per la prima volta Billy Black. I capelli grigi, un viso che emanava saggezza, coperto da qualche ruga, e uno sguardo penetrante che sembrava trapassarmi. Non avrei mai immaginato che fosse sulla sedia a rotelle, però.
-Piacere, sono Joseline- gli porsi la mano –Mi scuso in anticipo con lei e con Jake per qualsiasi cosa mio padre abbia ficcato in quella pentola-
-Molto divertente, Jo- mio padre mi porse i piatti da disporre in tavola –Com’è andato il vostro pomeriggio?-
-Bene- la voce roca di Jacob rispose per me –Abbiamo preso il dolce- e con un movimento aggraziato che non si confaceva alla sua stazza fece il giro del tavolo e lo appoggiò sul bancone.
-Bene, ragazzi, sedetevi pure, è pronto!-
Mi accomodai di fronte a Jacob, con mio padre e Billy ai due lati.
I due sembravano aver già fatto amicizia, e parlavano soprattutto dell’ambiente naturale della riserva, delle vecchie storie e anche, ovviamente, di sport.
Jacob si inseriva spesso nella conversazione e io mi accontentavo di ascoltare, ben felice di sentire racconti della vita a LaPush, e vecchie vicende familiari (soprattutto quelle divertenti)
Mentre mio padre e Billy cominciavano a parlare di pesci, sentii la mano caldissima di Jake sfiorare il mio ginocchio. Alzai lo sguardo, arrossendo all’istante, e incontrai i suoi due occhi neri che mi guardavano con un’intensità tale da farmi quasi bruciare. Fece un sorriso dei suoi e risposi, sfiorando la sua mano da sotto il tavolo.
-Josie? Il dolce!
-Oh, scusa papà, lo prendo subito!- mi alzai di scatto, approfittando per cercare di far svanire il rossore dalle mie guance. Cercai di impiegare più tempo possibile per tagliare la torta-gelato che io e Jacob avevamo scelto dopo una lunga indecisione.
Quando mi rigirai lo trovai in piedi dietro di me, imprevedibilmente vicino, così bello e sorridente
-Ti aiuto- dichiarò semplicemente, prendendo due dei piatti che tenevo in bilico tra mani e braccia. Non mi ero mai soffermata su quanto fosse bello, e lo era, molto, non solo per il fisico alto, slanciato, muscoloso e proporzionato, ma anche per il viso sincero, dai lineamenti regolari, i denti bianchi e i due occhi neri che brillavano sopra gli zigomi ben delineati.
Sentii che arrossivo di nuovo e cercai di darlo a vedere meno possibile, abbassando lo sguardo e andandomi a sedere dopo aver servito a Billy la sua porzione.
-Quindi devi frequentare l’ultimo anno?- domandò Billy
-Si, esatto- sorrisi, allegramente
-Anche Jake farà l’ultimo- mi informò lui –Verrai a scuola qui, o andrai fino a Forks?
-No, credo che andrò a Forks… anche se devo ancora decidere- risposi. Ed era la verità, non ci avevo ancora pensato.
-Ti piace studiare?- indagò allora lui
-Si…mi è sempre piaciuto, in realtà, anche se detesto la matematica. Proprio non riesco a capirla- sospirai. Billy sorrise più giovialmente –Siamo in due-
 
 
Jacob
 
 
Dopo che ebbi aiutato il signor Porter a portare mio padre giù dai gradini del loro portico, andai a salutare Josie. Speravo di non aver esagerato quella sera, ma era difficile starle lontano.
-Hei…grazie per la bella giornata- le dissi, sorridendo –E anche per la bella serata-
-Figurati- notai che era un po’ più cauta del solito –Ci vediamo domani?- mi chiese. Sospirari: impegno da licantropo
-Purtroppo no- le risposi –Domani ho un impegno improrogabile- annunciai. Era arrivato il momento di sistemare questa faccenda delle due alfa.
La sua espressione tradì la delusione che mi riempì di soddisfazione, da una parte, e di rammarico per non poter passare il giorno con lei.
-Mi dispiace- dissi, sfiorandole la mano. Ogni volta che la toccavo sentivo il mio cuore accelerare.
-Non fa niente, stai tranquillo- mi rassicurò, tornando a sorridere. Sentii che intrecciava il dito mignolo con il mio, gesto che mi fece quasi esplodere il cuore nel petto: ma che mi prendeva?!? Non ero mica un adolescente in piena crisi ormonale!
-Vedi di non cacciarti nei guai mentre non ci sono…domani è previsto un forte temporale in serata, la casa è a posto? Siete così vicini al mare, e le maree sono forti…-
-Certo, vai dove devi andare e divertiti- si raccomandò, con un sorriso –Magari ci sentiamo di sera- propose
Annuii, chinandomi per darle un bacio sul capo e augurarle –Buonanotte-
Riuscii addirittura a sentirla arrossire sotto le mie mani, e mi fece una gran tenerezza.
-Buonanotte, Jake…- mi mormorò, guardandomi con quegli occhi così caldi
Se non ci fosse stato Billy che continuava a fingere di tossire non sarei mai riuscito a separarmi da lei, ma dovetti farlo, mio malgrado.
-A domani!-
-A domani, divertiti!- la vidi salutare con la mano prima di rientrare in casa, e già mi mancava.
Quella notte resistetti a malapena all’idea di andare a controllare se stesse dormendo bene: l’indomani dovevo essere in forma.
La mattina seguente mi alzai presto, mi trasformai e corsi nella foresta, al punto dove ci vedevamo di solito e dove mi ritrasformai. Incredibilmente ero riuscito a preservare i vestiti: stavo migliorando!
-Complimenti Jake- la voce di Leah mi fece voltare di scatto
-E se non ci fossi riuscito?- esclamai, seccato. Lei alzò gli occhi al cielo
-Vi ho già visti tutti- mi ricordò
Pian piano arrivarono anche gli altri, il branco al completo.
Sembravano tutti piuttosto tesi, come normale, e sapevo che era anche colpa mia se ci ritrovavamo in quella situazione, anche se avevo avuto ragione.
-Bene- sorrise Sam, pacato –Dunque ci siamo… non voglio fare giri di parole inutili: io vorrei che tornassimo un branco unito, per difendere meglio il territorio- tagliò corto, guardandomi seriamente
-Jake non può smettere di essere un’alfa, e tu lo sai!- proruppe Leah, l’unica che tifasse per i due gruppi: non voleva avere di nuovo Sam che leggeva il suo dolore.
Le feci segno di tacere –Sono d’accordo con te Sam… due gruppi così poco numerosi non hanno il minimo senso e non sono per nulla utili- dichiarai –Ma come facciamo?-
Sam sorrise –Io un’idea ce l’avrei…-
Tutti lo guardammo attentamente: dovevo molto a Sam, così come ogni membro del branco.
-Jake, tu sei il discendente di Ephraim Black, e il posto spetta a te, lo so io e lo sappiamo tutti. Credo che sarebbe impossibile per te, come diceva Leah, cessare di essere alfa. Ma non lo sarebbe per me, Jake: mi hai impedito un duplice omicidio di innocenti, e questo mi ha fatto riflettere: sarò contento di essere la tua Beta- mi tese la mano.
Wow. Cosa?!? Io l’Alfa del branco?
-Non sono in grado…- borbottai –Dai, ragazzi… mi ci vedete?- cercai l’appoggio degli altri. Annuivano tutti, convinti. Begli amici.
-Jake, ammettilo…è così che deve andare, anche Billy è d’accordo con me…sono andato a chiedere la sua opinione-
Sbuffai –Ragazzi, non è che non apprezzi, davvero.. è che credo che combinerei solo casini-
-Eddai Jake! Vuoi farti pregare?- esclamò Quil, con un gran sorriso
-Quil ha ragione, non fare il difficile! Sappiamo che lo puoi fare, o non te lo chiederemmo- rincarò Embry.
Wow. Dunque era questo il mio destino? Dovevo essere l’alfa? Forse era così da sempre, era solo stata questione di tempo….
-Accetto- strinsi la mano di Sam, vigorosamente. Ci trasformammo,e aspettai di sentire la voce da Alfa di Sam…
A quanto pare ha funzionato, Jake… complimenti
Oh. Beh…grazie, ragazzi…
Dobbiamo festeggiare!
Seth…per favore….
Dai, facciamo una delle vecchie corse di puro svago!
Lo sapete che vi batterò tutti   La voce di Leah era meglio di quella che temevo. Forse non essere agli ordini di Sam era sempre meglio che niente, per lei.
Smisi di rimuginare e mi lasciai andare al vento perché ,in quell’istante, la gara iniziò.

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Capitolo 8
*** Treacherous ***


Joseline
 
 
-Papà! Di qua! Veloce, prendi una tinozza…una tazza qualsiasi cosa!-
-Non posso, sono tutte finite!-
-Ma papà! L’acqua sta entrando anche dalle finestre! Non è già abbastanza la porta?!? Cerchiamo almeno di limitare i danni!-
Correvo qua e là cercando di evitare troppi danni: Jake aveva avuto ragione a preoccuparsi per la casa. L’acqua entrava da sotto la porta d’ingresso, un misto tra quella salmastra del mare e quella piovana: evidentemente i lavori che mio padre aveva definito ‘ultimati’ non erano poi così a posto.
Si prospettava proprio una bella nottata, e avevano anche dovuto rinunciare alla cena, come il suo stomaco le stava ricordando.
-Papà, ma non dovrebbe entrare così tanta acqua!- mi lamentai
-Lo so, Jo, ma non avevo calcolato la potenza di questo mare…e nemmeno di certi temporali estivi- borbottò –Bisognerà fare qualche cambiamento-
-Direi- risposi, piuttosto piccata.
-Vedrai che si placherà, Josie…- mi confortò
-Certo, papà, ma intanto la casa è allagata- ribattei, indicando le tinozze che ingombravano il pavimento.
-Lo so- sospirò –Mi dispiace, e….-
CRASH. Partito un vetro della finestra. Cacciai un urlo, riparandomi con le braccia
-Oddio! Ma che cosa cavolo..?!?- il vento aveva gettato un pezzo di ramo contro la finestra, rompendola. Ora entravano fiumi d’acqua.
Prima che potessimo pensare di coprire il buco con qualcosa, bussarono violentemente alla porta. Corsi ad aprire.
-Ciao, Josie, sono Sam Uley…ti ricordi?-
-Certo- sospirai di sollievo. La sua stazza e la sua aria tranquilla mi rassicuravano. Dietro di lui c’era Jacob. Nonostante la situazione non riuscii a non sorridergli, quando lo vidi. Lui sembrava preoccupato invece
-Signor Porter, lei e Josie venite a casa mia… non siete al sicuro qui- disse, con fermezza
-Guarda Jake- Sam indicò il vetro –Sembra che ci sia caduta una bomba in questa casa- osservò –Io vi chiuderò la finestra, state tranquilli, mi assicurerò che sia tutto a posto…voi seguite Jacob- sembrava quasi un ordine, sebbene fosse gentile.
Mio padre non si fece pregare, e uscimmo nel temporale. Jacob mi faceva da scudo contro la pioggia, grande com’era, cingendomi le spalle. Notai che nonostante la temperatura si fosse abbassata lui scottava come sempre.
Ci fece entrare in macchina e guidò silenzioso per il breve tragitto: sembrava sempre preoccupato, e restò in tensione finchè non entrammo in casa sua. A quel punto si rilassò, e sorrise.
-Aspettavate di trovarvi qualche medusa in salotto per chiamare?- domandò, ironico.
Io mi osservai meglio: ero un vero disastro, bagnata fradicia, i pantaloncini e la t-shirt incollati addosso, i capelli selvaggiamente sparsi per la testa.
-Scusa- biascicai, guardando in cagnesco mio padre, che sembrava imbarazzato
-Non vorrei approfittare dell’ospitalità…- disse a Billy, che scoppiò a ridere
-E pensi di riuscire a dormire a casa tua?- lo prese in giro. Mio padre si unì alla risata, mentre seguiva Billy che lo portava a prendere vestiti puliti.
La casa di Jacob era molto piccola, su un piano solo, ma accogliente.
Sentì il suo sguardo su di me e lo ricambiai: lui cercava di trattenersi dallo scoppiare a ridermi in faccia –Sei uguale a quando ti ho vista la prima volta- osservò con un sorrisone –Mi sei mancata oggi- aggiunse, mentre gli occhi si illuminavano e mi sfiorava una guancia con la mano calda. –Vieni, ti do qualcosa da metterti…sei da strizzare-
Lo seguii fino alla sua piccola camera, in fondo al corridoio, ed entrai un po’ più timida del solito.
-Ecco- lo sentì dire, dopo che ebbe rovistato nell’armadio –Puoi prendere questi….- mi porse una t-shirt che mi sarebbe potuta stare anche come camicia da notte e un paio di pantaloncini –Sam è appena passato con spazzolini e effetti personali- aggiunse –E’ già tutto in bagno….ti faccio vedere dove-
 
 
Jacob
 
 
Aspettavo andando su e giù in camera mia, dopo essermi messo un paio di pantaloni della tuta come pigiama. Già sentivo troppo caldo, ma non volevo mettere Josie in imbarazzo.
Quando Sam e io l’avevamo sentita gridare (eravamo già davanti a casa sua a sorvegliare la situazione) ero stato preso dal panico. Davvero, se Sam non mi avesse fermato avrei sfondato la porta per vedere come stava.
-Permesso?- sentì la voce di Josie da dietro la porta e la spalancai, passandomi una mano tra i capelli che raggiungevano quasi le spalle: non riuscivo mai a tagliarli del tutto.
-Vieni- la accolsi, facendomi da parte perché potesse entrare.
Josie entrò, circospetta, i capelli color miele che, indomabili, le circondavano il viso.
-Non ti mangio- ridacchiai, richiudendomi la porta alle spalle, e la mia risata aumentò quando la vidi con indosso i miei vestiti: le stavano a dir poco enormi.
-Non c’è niente da ridere- protestò lei, incrociando le braccia al petto
-Scusa, scusa- la guardai per un momento, più serio –Hei…promettimi una cosa-
-Dimmi- mi persi nei suoi occhi color nocciola
-Devi chiamarmi per qualsiasi cosa succeda che ti possa mettere in pericolo. Nel caso io non ci fossi, Josie, mi devi avvertire- la pregai, prendendola per le spalle –Non voglio che ti succeda niente, okay? Me lo puoi promettere?-
-Ma…-
-Josie. Per favore, promettimelo. Fallo per me- capivo che la mia richiesta era piuttosto importante, ma lo spavento che mi ero preso quel giorno era servito da avviso
-….lo prometto- mi sorrise, prima di abbassare lo sguardo -…Allora vado-
La osservai perplesso –Dove vai, scusa?!?-
-Beh…a dormire, no?-
-Ma tu dormi qui!- esclamai, candidamente.
-Cosa?- la vidi arrossire, e mi spuntò sulla faccia un incontrollato ghigno malizioso.
-C’è tuo padre sul divano,e  Billy è in camera sua. Tu dormi qui-
-E tu?- domandò confusa
-Io pure. Dormo sul pavimento con questo- e indicai un materasso appoggiato alla parete: avevo la capacità di dormire ovunque.
-Escluso, Jake. Non se ne parla. Io dormo sul pavimento e tu ti tieni il tuo letto- mi intenerii della sua testardaggine
-Stai tranquilla, l’ho già fatto altre volte, quando avevamo ospiti… non mi da fastidio-
-Nemmeno a me da fastidio- si mosse verso il materasso, e la bloccai con un braccio
-Josie, vuoi stare ferma un attimo? Senti, apprezzo, davvero, ma… Guardami: tu dormi sul letto, io sul materasso. Fine della storia- conclusi con un’alzata di spalle, trascinandola sul letto e trascinando giù materasso e cuscino, per poi sdraiarmici. Non avrebbe potuto spostarmi nemmeno con i suoi più enormi sforzi.
-Non è giusto- sospirò, sdraiandosi finalmente sul mio letto mentre mi alzavo per spegnere la luce. Fuori continuava a diluviare.
Mi chinai su di lei e le diedi un bacio sulla fronte fresca –Buonanotte, Josie- le mormorai. Feci per tirarmi su, ma le sue braccia, intorno al mio collo, mi fermarono.
-Mi sei mancato anche tu oggi- bisbigliò al mio orecchio, mentre giocava con i miei capelli.
Feci un enorme sforzo per non baciarla. Enorme, davvero. Le sorrisi e la abbracciai, poggiando le mie labbra sulla sua guancia morbida –Ti voglio bene-
-Anche io-
Sciolse l’abbraccio e mi sorrise –Buonanotte, Jake-

 

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Capitolo 9
*** It Had To Be You ***


Joseline
 
Quando aprii gli occhi quella mattina era appena l’alba: il sole era appena sorto, caldo e luminoso, e il cielo dopo la tempesta era limpido e azzurro.
Mi sentivo bene, mi stiracchiai e poi sbattei gli occhi perplessa: dov’ero?
In un lampo ricordai tutto, della finestra rotta, la casa allagata, casa Black e Jacob. Jacob che si chinava su di me, bello come il sole, il busto abbronzato e caldo che premeva sulla mia pelle, le sue labbra che poggiavano sulla mia guancia. Una vampata di calore, trasportato dal sangue, mi raggiunse la testa, mentre il mio cuore accelerava.
Gettai un’occhiata al di sotto del letto e vidi una scena che mi fece sorridere: Jake dormiva come un bambino, abbandonato sul materasso troppo piccolo, i capelli neri e lucidi scompigliati, la schiena abbronzata che spuntava dalle coperte che aveva appallottolato e scostato nel sonno.
Rimasi qualche minuto a guardarlo, imprimendomi quell’immagine di tranquillità e di calore nella testa, prima di alzarmi in punta di piedi: dovevo riuscire a scavalcarlo per andare a vestirmi in bagno (sperando che Sam avesse scelto qualcosa di decente).
Cavolo: era così enorme che occupava più di metà della piccola stanza. Mi sedetti sul letto: l’avrei svegliato di sicuro, tanto valeva aspettare.
Il silenzio, interrotto solo dal rumore delle onde e dal cinguettio proveniente da fuori, era rilassante. Guardai di nuovo Jake, investito dai primi raggi di sole, e non riuscii a trattenermi dall’allungare una mano e passargliela tra i capelli scuri.
Jacob si mosse appena, e capii che stava per svegliarsi: allontanai la mano con un gesto rapido e aspettai che aprisse gli occhi, scuri e luminosi nello stesso tempo.
Nell’istante stesso in cui aprì gli occhi mi stava già rivolgendo il più bello dei suoi sorrisi.
-Buon giorno- lo salutai rispondendo al sorriso: come potevo trattenermi?
-Hei- rispose Jake, la voce un po’ arrochita dal risveglio –‘Giorno Josie-  fece, stiracchiandosi –Sembri un angelo con i capelli così- commentò, allegramente. Davo le spalle al sole, e immaginai che i suoi raggi avessero incendiato i miei capelli creando una disordinata aureola dorata fatta di ricci, attorno alla mia faccia.
-Oh…hem, grazie- risposi, balzando giù dal letto –Vado a prepararmi- annunciai
-Certo- acconsentì pure –Il bagno è tutto tuo, io mi devo ancora svegliare bene- ridacchiò.
Uscii dalla stanza più veloce che potevo: la presenza di Jake lì dentro era così devastante che mi stava stordendo. Mi concessi una doccia fresca, e ringraziai tacitamente Sam per avere un buon gusto in fatto di vestiti, mettendo dei pantaloncini bianchi e una canottiera azzurra, insieme con un paio di sneakers, bianche anche loro. Faceva di nuovo caldissimo, e dopo qualche minuto che armeggiavo col phon i miei capelli erano già asciutti, nonostante arrivassero quasi a metà schiena là dove la scalatura li aveva risparmiati, e più vaporosi e selvaggi che mai. Rinunciai a domarli e andai in cucina. Nel corridoio notai delle foto appese al muro che mi erano sfuggite la sera prima: riconobbi Billy, ancora in piedi, senza sedia a rotelle, un piccolo Jacob e una bellissima donna, con una lunghissima chioma nera e un sorriso che avevo già visto tante volte in suo figlio: la madre di Jacob. Da quelle foto trassi immediatamente una conclusione: la sorte di Jacob era stata la mia stessa sorte. Mi sentii più vicina a lui che mai.
 
 
Jacob
 
 
Rimasi sotto la doccia il tempo necessario per rinfrescarmi la mente.  Quella notte ci avevo messo tanto ad addormentarmi, ero rimasto a guardare Josie illuminata dalla luce della luna, i capelli folti sparsi per il cuscino, il viso tranquillo. Era bellissima, i lineamenti orgogliosi e sinceri. E quando mi aveva abbracciato così, senza preavviso….. torna in te Jake, devi presentarti di là in condizioni passabili.
-Ciao a tutti! Che si mangia?- domandai, facendo la mia comparsa in salotto
-Papà ha insistito per cucinare- brontolò Josie –Di nuovo pancakes- ne mostrò una torre –Potresti almeno sforzarti di cambiare…- disse a suo padre
-Volevo andare sul sicuro… ci stanno ospitando, almeno dovevo avere la certezza che il cibo fosse commestibile!- si giustificò lui, ridacchiando con Billy: a quanto pare andavano piuttosto d’accordo.
-A me piacciono- dissi io, afferrandone due e facendoli sparire in un nano secondo, alzando il pollice in segno di approvazione
-Ma tu non fai testo, Jake… tu mangeresti qualsiasi cosa- esclamò Josie, con un gran sorriso. Alzai le spalle e sorrisi di rimando.
-Allora, quali sono i piani per oggi, ragazzi?- domandò il signor Porter –Io sarò con Sam Uley e qualche operaio a vedere cosa fare per la casa-
-Beh, pensavo che potremmo andare verso la scogliera, e poi…- mi interruppi, perché Billy mi stava guardando significativamente –Che c’è?- domandai perplesso
-Jake, ha chiamato Bella- Il nome della mia migliore amica mi fece gelare: era circa una settimana che avevo smesso di soffrire per lei, di pensare a lei in un certo modo…sembrava passato molto più tempo. Invece erano solo tre settimane che non la vedevo, da quando i Volturi se n’erano andati. Non ci eravamo lasciati male, questo no, però lei era rimasta al fatto che non la volevo vedere per un po’, per non stare così male. Mi resi conto che era il momento di chiarire.
- Oh…-
-Vuole che tu vada a trovarla, oggi…- fece Billy, piuttosto seccato. Non gli piacevano i Cullen, o, per meglio dire, li detestava, e ora Bella era una di loro. –E’ preoccupata per te- aggiunse, meccanicamente.
-Ah. Certo… allora credo che dovrò andare. Dobbiamo chiarire…alcune cose- annuii –Mi dispiace, Josie…- dissi poi: era il secondo giorno che la dovevo lasciare sola, mio malgrado, e sentivo quanto le dispiacesse –Mi dispiace davvero…ma ci vediamo stasera, che tu dorma ancora qua o no- la rassicurai.
-No, va bene...- abbozzò un sorriso poco convinto
–Hei, senti…perché non chiami Leah? Sarebbe felice di passare il pomeriggio con te- sperai che Leah non mi uccidesse.
-E’ una buona idea- confermò Billy. Mi chiesi come potesse esserne così certo, ma fui contento che mi sostenesse
-Si…si, credo che lo farò- e Josie si alzò da tavola –Vado a chiamarla- annunciò, prendendo il telefonino dalla tasca.
Sentii che parlava e sentii anche la voce squillante di Leah dall’altro capo del telefono: impossibile ma vero, aveva detto sì.
-Bene, allora io vado da Leah- disse, prendendo la borsa e avanzando verso la porta. La seguii –Torno per cena- dissi a Billy. La raggiunsi fuori –Hei! Josie…mi dispiace- ripetei, preoccupato
-Non fa niente Jake, davvero…- mi sorrise –Se devi andare a trovare un’amica non mi offendo mica- disse –Ci vediamo stasera, buona giornata!- mi augurò
La trattenni per un braccio e la attirai verso di me, per darle un bacio sulla guancia –Buona giornata anche a te, mi raccomando non fate pazzie- ridacchiai, pensando alla faccia di Leah se mi avesse sentito
-Ma si! Vuoi stare tranquillo?!? Non sono una donzella in difficoltà- mi prese in giro. Decisamente ero troppo abituato a Bella, l’attira-sventure. La salutai e mi avviai nella tana del lupo. Ops. Del vampiro.

 

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Capitolo 10
*** Who's Afraid Of The Big Bad Wolf? ***


Jacob
 
L’odore acre di vampiro invase le mie narici mentre mi avvicinavo a casa Cullen. Edward aprì la porta prima ancora che potessi bussare. Detestavo quel suo potere del cavolo, ma sentivo che parte dell’odio verso di lui era svanito: la parte dell’odio derivante dal mio amore per Bella non c’era più. C’era solo quella per il fatto che aveva trasformato la mia migliore amica in una succhiasangue.
-Benvenuto, Jacob- sorrise in modo molto più caloroso del solito, e supposi che dovesse aver già letto nella mia mente dell’imprinting. Guerra finita. Tregua.
Annuì in risposta ai miei pensieri e il suo sorriso si fece ancora più gentile. –Entra, Bella ti sta aspettando-
Misi piede nella grande casa, che era vuota ad esclusione di Edward, e, come notai entrando nel grande salone, Bella e Renesmee. Mi stupì di quanto fosse cresciuta la bambina, ancora bellissima, sembrava avere quasi cinque anni, i capelli color bronzo che le ricadevano in boccoli sulla schiena.
Nel momento in cui entrai Bella mi fu davanti, coi suoi super poteri da vampira, abbracciandomi.
-JAKE!- esclamò, stringendomi con la sua nuova presa mortale –Mi hai fatta stare in pensiero- mi rimproverò
-Hei…- protestai, raddolcendomi immediatamente: era una vampira, si, ma era pur sempre Bella -…ti avevo detto che non ci saremmo visti per un po’….-
-Si, ma non hai nemmeno chiamato! Credevo fossi scappato un’altra volta! Poi mi sono decisa a chiamare Billy, e…. oh, mi sei mancato!- mi guardò sorridendo con quel volto troppo perfetto. Non potei fare a meno di paragonarlo col volto di Josie: adoravo le sue imperfezioni, la rendevano più umana e più vera.
-Bella, ti devo dire una cosa- annunciai, serio, sedendomi sul divano. Mi raggiunse in un baleno. La vecchia Bella sarebbe inciampata da qualche parte, ricordai, sorridendo mio malgrado.
-Dimmi- notai che aveva un po’ paura di quello che stavo per dire: pensava ancora che volessi fare qualche dichiarazione a una donna sposata e con figlia?!?
-Indovina- mi divertivo a tenerla sulle spine
-Eddai, Jake, per favore! Non farmi arrovellare!- esclamò, sorridendo a sua volta, avendo capito che erano belle notizie.
Non era stato duro rivederla, non come pensavo…anzi, ero contento di potermi confidare ancora con lei, di vedere che poteva ancora essere la mia migliore amica in qualche assurdo modo che non avevo penato.
-E va bene. Bells…- presi un respiro profondo e spalancai le braccia, contento –Ho avuto l’imprinting! E non è una schifezza come pensavo! Anzi …. In realtà sono davvero felice!-
L’espressione di Bella si illuminò mano a mano che parlavo
-Ma è favoloso!- mi abbracciò, contenta per me: sapeva che non mi era più causa di sofferenza –Oddio, Jake… che bello che tu sia di nuovo felice, non sai come mi sento meglio…e sono contenta per te, ovviamente! Hei, te l’avevo detto, però- mi ricordò, vantandosi
-Beh- ammisi –E’ vero-
-E lei? Chi è? Dai, Jake, aggiornami!-
La guardai imbarazzato –No, dai Bells…non mi far fare la parte dell’innamorato romantico, c’è già il tuo adorabile marito per questo- sghignazzai. Edward prese un’espressione di perfetto sarcasmo.
-Ma almeno dimmi qualcosa!- mi pregò Bella
-..E va bene, ma ti evito i dettagli… si chiama Joseline ed è arrivata da una settimana a LaPush, con suo padre, ha la mia età- dissi sintetico. Bella decise di lasciar perdere i dettagli
-Oh, va bene, se piace a te sono sicura che se piace a te è una brava ragazza- concluse –L’idea precisa me la farò quando la conoscerò di persona-
Mi bloccai –Conoscerla di persona? Bella…tu sei una vampira neonata, e lei è un’umana…credi davvero che la porterei in una casa con otto vampiri e una semi umana?- le dissi, bruscamente
-Oh, andiamo Jake…tanto saprà di noi! Credi che ce la mangeremmo? Dimentichi che noi non uccidiamo umani- disse, gelandomi.
-Bella, per quanto creda nella vostra buona fede, non ce la farei ad esporla a un rischio simile…e poi lei non sa di voi e di me- aggiunsi
-Beh, ma glielo dovrai dire…-
-Non so come- e il mio problema venne a galla.
Fu Edward a rispondermi –Bella l’ha capito da sola, ma comunque gliel’avrei detto… Jacob, tu sai già che è la tua anima gemella, non se ne andrà da te-
Wow. Da quando prendevo consigli da Edward Cullen?!?
 
 
Joseline
 
 
La giornata con Leah non era stata male, e stavamo tornando a casa con una passeggiata sulla spiaggia. Leah era piuttosto ruvida, all’inizio, ma andando avanti col conoscerla si capiva che era soltanto uno scudo di difesa, quello che ergeva davanti alle persone.
Ancora pochi minuti e sarei tornata a casa Black. Mio padre aveva constatato che serviva ancora qualche giorno per la casa. Questo mi fece venire in mente una domanda.
-Hei, Leah…. Chi è questa Bella che è andato a trovare Jake?-
Vidi che Leah prendeva un respiro profondo –Bella è la migliore amica di Jake. O forse era. O magari è ancora, questo non lo so al momento….-
Improvvisamente, qualcosa nel modo in cui lo disse fece comparire una parola in grassetto nella mia testa: EX RAGAZZA. Quanto Ex?
-Loro…hem, stavano insieme?- domandai, sforzandomi di apparire noncurante della faccenda.
-No- rispose Leah, decisa.
-Oh… okay- esclamai più allegramente
-Ma lui amava Bella, ci è stato male fino a poco tempo fa…- ogni parola sembrava un macigno -... Però vedi, Bella si è sposata un po’ di mesi fa- concluse
Respirai a fondo un po’ di volte, per calmare la voce, prima di domandare –Tu credi che… credi che lui sia ancora innamorato?- per questo era corso da lei così velocemente?
-Non credo, no, credo che questa fosse una specie di riconciliazione- fece Leah, non so se rendendosi conto di come l’avevo presa o no –Hei, Josie, siamo arrivate- mi informò, bloccandomi con la sua mano, bollente quasi come quella di Jacob ma cento volte più piccola –Stai…stai tranquilla- probabilmente si era accorta di avermi spiazzata col suo racconto, ed era così: avevo dato per scontato, in un’egoista visione del mio piccolo mondo, che Jacob fosse interessato a me. E non solo questo, ma anche che fosse interessato solamente a me, senza eccezioni. Mi rendevo conto che dopo una settimana che ci conoscevamo era piuttosto ridicolo –E’ meglio se chiedi a lui, sono sicura che ti spiegherà tutto- sorrise più gentilmente che poteva.
Non ero affatto tranquilla, e non riuscivo a controllarmi: mi stavo comportando come una bimba capricciosa di cinque anni.
-Ci sentiamo domani, Leah…grazie per la bella giornata- riuscii a dire, fingendo un sorriso. Ero davvero un’ingrata.
Entrai in casa Black, salutai mio padre e Billy e andai a farmi la doccia. Decisi che dovevo essere gentile con Jacob: chi ero io per pretendere qualcosa da lui? Chi ero in confronto alla sua migliore amica nonché amore perduto?
Scesi a cena determinata ad apparire di buon umore. Jacob non c’era. Pessimo inizio.
-Hei…buonasera a tutti- salutai –Hem, Jacob non c’è?- domandai, cercando di mantenermi sul vago
-Si è fermato un po’ di più da Bella e la sua famiglia, non si vedevano da un po’- Billy sembrava più scocciato di me –Tornerà dopo cena-
-Oh- che cantonata. Non ero proprio capace a mentire, né tantomeno a fingere. Ero un’attrice pessima. Tentai di aggiungermi alla conversazione che nacque tra loro poco dopo, ma perdevo subito il filo.
Nonappena finii di mangiare mi alzai e annunciai che andavo a dormire perché ero stanca. Speravo che mi sarei addormentata prima che Jake rientrasse e scoprisse quanto ero infantile e insicura.
 

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Capitolo 11
*** And You Can Have This Heart To Break ***


Joseline
 
Non riuscivo a dormire: perché Jake ci stava mettendo così tanto a tornare? Mi rigirai per l’ennesima volta, prima di arrendermi e mettermi seduta, la schiena appoggiata al cuscino, con un sospiro.
Per l’ennesima volta il nome di Bella mi si piazzò in testa, associato a Jacob: ero gelosa del suo passato, nonostante non potessi pretendere un granchè, in effetti, visto che ci conoscevamo da una settimana.
Sentii la porta che si apriva, mentre il mio cuore accelerava.
-Hei- mormorò Jacob –Che ci fai ancora sveglia?- domandò, sgusciando in camera.
-Non riuscivo a dormire- sussurrai, abbassando lo sguardo.
-Oh…aspettami cinque minuti, allora, vado a cambiarmi e torno- propose, uscendo. Tornò poco dopo, indosso i pantaloni della tuta, una vecchia T-shirt, i capelli che gli ricadevano disordinati sul collo.
-Si sedette accanto a me sul letto –Com’è andata la giornata?- domandò
-Bene- risposi, telegrafica. Mi sentivo davvero un’ingenua.
-Beh…mi fa piacere! Leah si è comportata bene?-
-Certo… è stata molto gentile-
-Oh, bene….che avete fatto?- tentò
-Niente di speciale-
Un lungo momento di silenzio invase la stanza. Che silenzio pesante, era quello!
-Josie- sentii la sua mano grande e calda che si poggiava sulla mia –Cosa c’è che non va?- domandò, calmo ma preoccupato
-Niente….-tentai in un bisbiglio, la voce malferma
-Josie….andiamo, che hai?- strinse la mia mano –Me lo puoi dire, per favore?-
-No-
-Perché no?-
-Perché penserai che sono una cretina- confessai, tirando su col naso
-Josie, tu non sei una cretina- rispose, tranquillo.
-Bene, l’hai voluto tu … è solo che mi sono resa conto che…si insomma, che non posso pretendere da te che tu mi preferisca a lei, a Bella- la mia voce prese un ritmo affannato –Intendo, lo so che non devi scegliere tra nessuna, che è solo una mia fissazione stupida, ma chi sono io per chiederti di restare con me, in confronto a Bella?-
-Come sai di Bella?- domandò lui, aggrottando la fronte
-Leah. Jake, mi dispiace, davvero… lo so che è una cosa stupida, per favore, dimenticati di quello che ho detto e non ne parliamo più, se vuoi essere ancora mio amico…- mi sforzai di non piangere, sperando che avesse capito qualcosa del mio discorso confuso –Mi ero creata il mio stupido progettino perfetto- ormai dovevo andare fino in fondo, essere davvero sincera e sperare che potesse sorvolare sui miei difetti –In cui tu… in cui tu ti innamoravi di me, e io di te, e tutti felici e contenti, e sono stata egoista perché non ho pensato a te, ai tuoi sentimenti veri e al tuo passato, di cui non so quasi niente- il mio labbro inferiore iniziò a tremare –Faccio sempre lo stesso stupido errore del cavolo- le lacrime cominciarono a sgorgare incontrollate mentre la voce si rompeva in pianto –Pretendo di essere io a decidere come deve andare, e tutte le volte mi accorgo troppo tardi che la vita non la pensa proprio come me. Merda, mi ero ripromessa che questo sarebbe stato un nuovo inizio, che avrei preso tutto come veniva, senza rimanere delusa dalle cose perché non sono come IO le volevo-
Sentì Jake che mi tirava a sé, stringendomi tra le sue lunghe braccia, calde e muscolose, mentre mi scioglievo in singhiozzi, spezzati e irregolari. Mi appoggiai al suo petto: detestavo piangere, e quando proprio non ce la facevo non volevo che nessuno mi vedesse così.
-Shhh…. Josie, non fare così- mi diceva, con la sua voce roca, cullandomi tra le sue braccia.
Aspettò che mi calmassi, pian piano. Nemmeno io mi aspettavo quel crollo da me stessa, inaspettato.
Quando mi ripresi, mi asciugai le lacrime con una mano –Scusami per la scenata- mormorai, imbarazzata
-Josie, ora voglio che tu mi ascolti bene- disse lui, girandomi in modo da trovarsi di fronte a me. Annuii. –Bene… non so cosa ti abbia detto Leah su Bella e me, ma adesso cerco di chiarirti le cose: Bella è la mia migliore amica, lo è da quasi due anni, e anche se le cose sono molto cambiate lo sarà sempre. Si, ero innamorato di lei, fino a poco tempo fa. Ma Josie, io non amo più Bella, e sai perché?- vidi che prendeva un respiro profondo, e si allargava in un sorriso pieno di attesa –Perché sei arrivata tu e, cavolo, tu sei stata il mio sconvolgimento di piano! Capisci cosa intendo? Anche io mi ero fatto uno stupido progetto, cioè di amare Bella per sempre e vivere soffrendo perché non la potevo avere, ma… ma poi qualcuno- e mi sfiorò la guancia -… qualcuno mi ha guardato con questi occhi-
Stava davvero dicendo che….? Avevo capito bene?
-Io amo te, Josie-
Non potevo crederci.
-Lo so che non ci conosciamo da tanto, e che per te sono un mezzo sconosciuto, ma credimi, credimi, se ti dico che sei tu la ragazza di cui sono innamorato-
E a quel punto il mio petto non contenne più il mio cuore. Gettandomi in avanti, afferrai il suo viso tra le mie mani, così piccole a confronto, e lo baciai, il mio cuore impazzito al contatto con le sue labbra così morbide e carnose, alle mie braccia che lo stringevano. Quando era successo? Quando mi ero innamorata di Jacob Black?
 
Jacob
 
 
Sentivo le sue braccia sottili attorno al collo, le sue dita affondate nei miei capelli, le labbra che cercavano le mie. Dovetti sforzarmi di non stringerla troppo forte, troppo avidamente tra le mie braccia: quello slancio così improvviso e inaspettato, sentirmela così vicina da un momento all’altro, mi faceva impazzire. Le avrei dato mille baci, e poi mille ancora, fino al mattino, e alla notte seguente. Non era paragonabile a niente di ciò che avevo vissuto fino ad allora, nemmeno all’adrenalina.
Quando allontanai il mio viso dal suo, per scrutarne l’espressione, la vidi sorridere con un sorriso nuovo, che ancora non conoscevo, che ancora non mi aveva regalato. Era il più bello, di sicuro.
-Non ti importa che ci conosciamo da una settimana?- domandai, sbalordito. Per tutta risposta, si mise in ginocchio, il viso tutto rosso all’altezza del mio, posò le mani sulle mie guance e (potevo sentire il battito forte e accelerato del suo cuore) mi baciò di nuovo, dolcemente, con delicatezza.
Sorrisi, sulle sue labbra, prima di sdraiarmi e prenderla vicino a me, tenendola fra le braccia.
Appoggiò la testa sul mio petto, ascoltando il ritmo del mio cuore che pulsava, e chiuse gli occhi.
Restammo così abbracciati, a scambiarci baci dolci, delicati, a sussurrarci qualche frase, a stare semplicemente in silenzio.
Non potevo crederci, sul serio, il petto mi scoppiava dalla felicità: la ragazza che amavo, adoravo, per cui sarei morto, la ragazza della mia vita voleva stare con me. Istintivamente la strinsi di più a me, sentendola piccola e forte tra le mie braccia.
A poco a poco, sentii che il suo respiro si regolarizzava, rallentava, e vidi i suoi lineamenti rilassarsi, mentre Josie si addormentava. Sorrisi intenerito, custodendola come un oggetto raro.
Passò un bel po’ prima che riuscissi a prendere sonno: la osservavo dormire, così indifesa, disarmata, così abbandonata sul mio petto, e ciò mi riempiva di orgoglio, perché voleva dire che si fidava di me.
Ogni oggetto, ogni forma della mia stanza mi sembrava nuova, come se non l’avessi davvero conosciuta prima di quel momento.
Non sapevo come avrei affrontato l’argomento che più mi premeva adesso, oltre ovviamente alla sua sicurezza, ma sapevo che qualsiasi cosa fosse successa, io le sarei stato vicino per sempre.
 

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