Aere Perennius di _Calliope_ (/viewuser.php?uid=138146)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Cosmogonia ***
Capitolo 2: *** Apologia ***
Capitolo 3: *** Elegia ***
Capitolo 4: *** Aporia ***
Capitolo 5: *** Teofania ***
Capitolo 1 *** Cosmogonia ***
Cosmogonia
Non sono sempre le stesse persone; non hanno mai gli stessi nomi.
Però si riconoscono ogni volta, in ogni vita.
La prima volta non ha un nome da dargli. È tutto abbastanza
confuso, in realtà.
(Creare l'Universo è faticoso. Nascere –
soprattutto per la prima volta – è faticoso.
Figurarsi fare le due cose insieme, crearsi e creare. La logica
degli avvenimenti non è ancora molto chiara.)
"Chi sei?", gli chiede, quindi. Lui sorride.
"Non ho nome", risponde, "come non ce l'hai tu".
"Io sono io". È una risposta quasi oltraggiata;
chi altri potrei essere? Certo non uno di quei (piccoli, deboli) umani che solo ora
cominciano ad aggirarsi su questa nuova terra. No, io sono altro, sono io. Io creo
perché vengo creato.
(La parola "dio" non esiste ancora. Esistono albero e fulmine e acqua e
fuoco e luce. Tutto è pieno di dèi.)
Il sorriso si allarga.
"Allora", dice lui, "io sono non-io".
Io aggrotta
le sue metafisiche sopracciglia. Com'è possibile? Non
può esistere, qualcosa che non sia io. Tutto
è pieno di dèi (anche se la parola non esiste
ancora); tutto è pieno di me.
"Oh, andiamo", dice non-io,
con tono quasi offeso, "non dirmi che non lo sai. Che non mi hai mai sentito".
E in effetti... c'era qualcosa, all'inizio. Qualcosa che si
è spezzato ed è andato perduto. Ma pensavo che
fosse semplicemente una necessità, che fosse stato distrutto
perché io
non fossi mai perfetto. Che sarei stato destinato a sentirne la
mancanza per il resto dell'eternità. Un promemoria. E invece
è qui,
su questo giovane barbaro pianeta.
Senza preavviso, sorprendendo perfino se stesso, io si protende in
avanti e inghiotte non-io
nelle sue braccia gigantesche. Certo, certo, come ho
potuto dimenticare? Non ho dimenticato. Non ho mai dimenticato. Non
davvero.
Si tengono stretti a lungo. Quando finalmente si separano, il sorriso
dell'altro
(un nuovo nome; non-io,
l'altro. Tutto è pieno di dèi)
è diventato triste.
"Hai ragione, sai", dice. "Sei destinato a sentire la mia mancanza per
il resto dell'eternità, come io la tua. Tutto quello che
sei, io non sono, e viceversa. Non saremo mai una cosa sola".
I suoi occhi metafisici bruciano e la sua metafisica gola è
secca; tuttavia, con la sconcertante certezza della conoscenza
primigenia, sa che l'altro
ha ragione. La lacerazione è necessaria; senza di essa non
ci sarebbe nulla. Passeranno molte
ere, e lui dimenticherà molte
cose, prima che si ribelli e si sottometta di nuovo a questo semplice
fatto.
"Non smetterò mai di amarti", dice; è una
semplice constatazione.
"No", dice non-io,
"neanch'io. È necessario".
Silenzio. (No, non davvero: l'intero Universo sta crescendo, e il
silenzio non esiste. Questa è solo pace momentanea.)
"Ad un certo punto combatteremo, vero? E non la smetteremo mai".
L'altro
sorride, indulgente. (Sorride sempre. Il cuore gli sta per esplodere,
anche se è solo un cuore metafisico.)
"Lo stiamo già facendo".
Lontano, sulla Terra, il primo uomo perde la ragione (quel pizzico di
intelletto che l'Universo gli ha assegnato). Non-io sorride, ed
è bellissimo e terribile. Io ha paura ed
è triste, ma (e questa è un'enorme fortuna) non
è ancora stanco.
Silenzio di nuovo. Io
e non-io
osservano per un poco il giovane pianeta, e per la prima volta (la
prima volta di una lunga
serie) si crogiolano nella sensazione di avere il cuore
irreparabilmente spezzato.
Tutto è pieno di dèi; gli dèi non sono
felici. Gli dèi conservano l'ordine cosmico, e dunque non sono felici.
NdA:
... sgrat.
So che avete molte domande. Le posso immaginare. Tenterò di
rispodervi.
Che cosa ci fai qui?
Fucked if I know. Chi
sei? Callie. Hello. *agita manina* Non mangiatemi.
E SOPRATTUTTO, CHE
COS'E' QUESTA ROBA??? NON LO SOOOOOORGH, non so cosa sia,
so solo che sto diventando sempre più schizofrenica e
metaforica e incomprensibile. Orribile. E questa cosa non c'entra una
cippa con Thor.
La mia unica giustificazione è che avevo in mente Thor e
Loki mentre la scrivevo e, beh, penso che abbiate riconosciuto tutti io e non-io. I DON'T
EVEN. SENTITEVI LIBERI DI PRENDERMI A CALCI, NON VI BIASIMERO'.
Questa specie di aborto poetico ha cinque capitoli. Tanto per sapere
quanto sarà lunga la sofferenza. Buon anno e fatemelo
sapere, se siete sopravvissuti. Cheers! :D Oddio.
~ Callie
P.S: titolo tratto da un
carme di Orazio, visto che, come avrete notato, sono una
classicara sfigata.
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Capitolo 2 *** Apologia ***
Apologia
Questa
volta, non-io
è un essere femminile.
Ovviamente, per loro
due, il concetto di "sesso" o "genere" non ha
senso, come nessun altro concetto umano, d'altronde. Possiedono le
caratteristiche che gli essere umani attribuiscono loro; tra pochi
secondi o qualche millennio o un paio di chilometri saranno
completamente diversi, eppure saranno sempre loro.
Ma questa volta non-io
è un essere femminile. È terrificante e
materna allo stesso
tempo; onnipotente ma benevola. Ha lunghi capelli sciolti e arti
giganteschi e occhi saggi e antichi. È la Grande Madre.
È la
potnia. Accoglie Io con un
sorriso furbo ma non ostile;
un po' triste, forse.
"Sta arrivando il
tuo tempo", dice. "Anche se non verrò mai dimenticata, i
miei giorni stanno per concludersi".
"Regneremo
insieme, come abbiamo sempre fatto", protesta Io.
"Certo, ma sai
bene quanto me che alla fine uno di noi deve sempre risultare
vittorioso, e l'altro deve attendere nell'ombra per un po',
finché
non giunga di nuovo il suo turno. La lotta è eterna ma anche
l'esito
lo è; solo quando gli umani iniziano a dubitarne possiamo di
nuovo
scambiarci di posto".
Io
fa fatica a
capire. Non è un
dio (per quanto la parola non sia ancora nata) caratterizzato da
ingegno o intelligenza o complessità; è un
semplice dio guerriero
dagli attributi semplici e necessari: è forte, resistente,
virile,
abile nella caccia e nella guerra. Queste sono le cose veramente
necessarie, in fondo.
Ma
il sorriso di non-io gli
parla di altro, di sostegno e aiuto, di astuzia e comprensione, di
crescita e di morte. Ha qualcosa di familiare.
"Io
ero te, sai, e viceversa. Un tempo", dice non-io,
senza smettere
di sorridere. "Un
tempo gli uomini pensavano che per sopravvivere fosse necessaria la
collaborazione, e che certe cose fossero inevitabili e fosse
insensato opporvisi, e hanno trovato nella donna l'involucro ideale
di questi concetti. Ma il mondo cambia, come sempre, e adesso sei tu
quello che meglio rappresenta gli uomini di questa era. Mi
mancherà
essere te, un poco", aggiunge ridendo.
"Tu
sai cose che io non conosco", dice io.
"E viceversa".
"Ma un tempo le
conoscevo! Come posso averle dimenticate?"
"Perché tu ed io
cambiamo con la razza umana. Io con la minoranza, tu con la
maggioranza. La maggioranza scopre cose nuove e dimentica le vecchie;
la minoranza ricorda le cose vecchie ma non si capacita delle nuove.
Tu eri me quando ero la maggioranza, e ora mi hai dimenticata in
favore di qualcos'altro".
"Mi dispiace".
"Non dispiacerti;
è così che deve essere".
"Ci
sono ancora persone che ti onorano?"
"Tutte lo fanno,
almeno un poco, altrimenti non sarebbero persone,
non
sarebbero umani. Semplicemente, tu hai un posto più grande
nei loro
cuori".
Che
destino terribile, pensa
Io.
Ma non-io non sembra
dispiaciuto (dispiaciuta?). Questa forma gli conferisce una
comprensione profonda del mondo e dell'animo umano, ed è
assente in
lui (lei?) la lacerazione che Io ha
visto all'alba dei tempi e probabilmente vedrà ancora
innumerevoli
volte fino al loro tramonto.
Io
vorrebbe
restare, ma ha dei
doveri e sa che il suo tempo con non-io è
limitato, per forza di cose. Lo (la?) osserva attentamente, ammirato,
per un'ultima volta, cercando in qualche modo di assorbire un po' di
saggezza e accettazione e comprensione. Non-io se
ne accorge.
"Non è questo il
tuo compito", dice, ed il suo sorriso è affettuoso.
"È il
mio. Tu devi combattere e cacciare e distruggere e conquistare. Ci
rivedremo. Per ora, corri".
Io
corre.
(Ma
non dimentica. Tutto è pieno di
dèi.)
NdA:
oops passagio
dalla
società matriarcale a quella patriarcale oops
No, volete ridere?
Volevo fare questa specie di megaviaggio spiritual-metafisico tra le
religioni più importanti di tutti i tempi e tutti i luoghi
E POI MI SONO ACCORTA
CHE LE UNICHE DUE
RELIGIONI CON LE QUALI ABBIA UN PO' DI FAMILIARITA'
SONO QUELLA CRISTIANA E
QUELLA GRECA PAGANA
I fail at life OTL
(no vabbè stavo
leggendomi l'interminabile pagina sull'Induismo su Wiki e ho pensato
ODDIO MA NON SO UN CAZZO DI STE ROBE COME FACCIO A FAR FINTA DI
CONOSCERLE ALMENO UN PO' OH NO e poi ho lasciato perdere.)
Quindi sto un po'
arrampicandomi sugli specchi. Spero che non vi dispiaccia troppo. (Ma
ehi! Loki è una donna!) Se vi dispiace troppo, DITEMELO! Se
invece
non vi dispiace, DITEMI ANCHE QUESTO! Shalom :D
~
Callie
|
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Capitolo 3 *** Elegia ***
Elegia
L'umanità risplende;
questo è uno dei suoi momenti più gloriosi, e non
verrà
dimenticato molto presto.
Quando si rivedono di
nuovo, non-io ha un altro nome e guance rosse e
occhi
splendenti e una corona di edera e vite sul capo. Si fa accompagnare
da donne danzanti e folli che ricordano a tutti questo
è
necessario. Non-io è necessario. Sono in ognuno di voi. Non
potete
ignorarmi. Accettatemi o perite. Le persone hanno ucciso in
suo
nome; a volte uccidono ancora.
Io invece
è saggio, per una volta. Per una volta è il dio
(la parola è nata,
finalmente, qualche tempo fa) della guerra e della bellezza,
perché
la guerra è la
bellezza. E sa, e
capisce; questo è
nuovo. Ma è sempre irruento ed appassionato. È
sempre dalla parte
dell'ordine. Certe cose non cambiano mai.
"Mi
piace questa forma", dice l'altro,
facendo conversazione. "Questi uomini si rendono conto che siamo
opposti ma necessari e che nessuno di noi è negativo per sua
natura.
Daranno questi nomi, i nostri, alle due parti eternamente in lotta
nell'animo umano. Sono saggi, a modo loro".
"Animo
apollineo e animo dionisiaco", dice io
–
si chiama Apollo, adesso – e fa una mezza risata. "Hai
ragione. Tu sei la follia e io sono l'intelletto, tu sei l'inganno e
io sono l'onestà, io sono l'ordine e tu sei il caos. Ha
senso".
Una pausa.
"Hanno
anche trovato un nome per quella cosa, sai. φθόνος
τῶν θεῶν. Invidia degli
dèi. Invidiamo gli uomini perché,
a differenza nostra, hanno la possibilità di essere felici.
Per
questo li tormentiamo".
Io
ride
di nuovo. "Beh, su questo invece si sbagliano. Tu
li
tormenti. Io lo faccio solo quando se lo meritano. Per il resto me ne
sto qui e li osservo e mi crogiolo nella tua assenza".
L'altro
sorride;
è ancora un sorriso diverso. Non è quello giovane
e quasi sincero
degli inizi, né quello saggio e materno dell'ultima volta
che si sono visti. Io
sospetta
che non-io
sia
invecchiato molto più di lui nello stesso periodo di tempo.
"Neanch'io
lo faccio per invidia", dice a bassa voce. "Lo faccio
perché è necessario".
Io
gli
passa un metafisico braccio intorno alle spalle; è un
conforto
infimo, e farà molto più male quando dovranno
separarsi, ma almeno
è qualcosa.
"Lo
capisco", sussurra. "Non ho dimenticato".
"Ma
lo farai", e la sua bocca ha preso una piega amara, "e lo
faranno anche loro. Mi temeranno e mi odieranno e non capiranno che
sono necessario.
E
poi lo farai anche tu".
Io
non
ribatte; sa che è vero. Quello che fanno loro, fa anche lui,
e
viceversa.
"Ti
chiedo di perdonarmi in anticipo", dice solennemente. L'altro
ride.
"Lo
farò anche se non me lo chiedi. Cos'ho da perdonarti? Anche
questo è
necessario".
E
anche questo è vero.
"Ma
non oggi. Oggi capiscono, e capisci anche tu. Oggi sono più
vecchio
di te, e più naturale; tu, con la tua saggezza, il tuo
ordine e la
tua bellezza, vieni dopo.
Sei
un'evoluzione. Io sono la base, la radice, e loro non se ne sono
ancora dimenticati. Venite,
Baccanti! Venite
Baccanti, nello splendore del Tmolo dall'aurea corrente, celebrate
Dioniso con i timpani che fremono cupi, onorando di evoè il
dio
dell'evoè tra strepiti frigi e grida, quando il sacro flauto
dal bel
suono risuona fremendo di sacre melodie scherzose, che si accordano
alle erranti sul monte, sul monte; godendo, allora, come una puledra
con la madre al pascolo, muove il piede veloce saltando la
Baccante!"¹
La
risata di non-io è
troppo forte per le orecchie umane, ma qui non lo sentirà
nessuno.
Qui nessuno osa
avventurarsi, perché qui è
la dimora degli dèi, tra la Tessaglia e la Macedonia, sopra
al mare,
qui dove (non) si consumano nettare e ambrosia e (non) suonano le
Muse. Qui ci sono solo
due esseri immensamente vecchi e immensamente giovani che si amano
troppo e sono troppo, troppo diversi,
e dai quali dipendono le sorti dell'umanità.
Non-io
corre sui
fianchi del monte, e
ride, e getta la testa all'indietro, e annega il lutto nella follia.
Questa notte, durante i riti, indurrà l'ekstasis
e
l'enthusiasmòs nelle
sue menadi, e forse reclamerà la vita di qualcuno, e
sarà
bellissimo e terribile come al solito.
Io
lo guarda
allontanarsi, come al
solito; come ha sempre fatto e sempre farà. Non è
felice; tutto è
pieno di dèi, e gli dèi non sono felici.
1:
Euripide, Baccanti
NdA:
MISCHIARE
CULTURA GRECA
E MITOLOGIA NORDICA MALAMENTE RIVISITATA ARGH ARGH ARGH. Non so che
dire. I have lost control of my life. (Però Dioniso
è un dio figo.)
Fatemi sapere che ne pensate! Cheers :D
~
Callie
P.S:
φθόνος
τῶν θεῶν si pronuncia circa
“fthònos tòn
theòn”.
Molto circa. Also, questo
è il motivo per cui non-io
continua a ripetere che "è necessario" (e non
smetterà molto presto, temo). Ananke esti etc.
|
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Capitolo 4 *** Aporia ***
Aporia
Per
una volta, è un
dio della pace. Strano. È sempre stato un dio guerriero, in
un modo
o nell'altro.
(Chi vuole prendere in
giro? Basta pochissimo tempo perché si accorga di essere
sanguinario
e crudele come al solito. Le persone uccidono in suo nome, torturano;
lo fanno per la "pace". È sempre la stessa guerra, solo
che ha un diverso aspetto.)
Guerra, dunque. Ma
contro chi?
La
risposta non tarda ad arrivare. Lui non
è bello questa volta, ma subdolo, affascinante; conduce alla
perdizione molti fedeli.
"Chi sei?",
tuona lui, e la cosa divertente è che adesso si chiama Dio,
con la D
maiusola (e in migliaia di altri modi, ovviamente, ma questo
è
quello che, per qualche motivo, trova più paradossale).
"Non
lo sai?", dice l'altro,
e il suo tono è beffardo, sarcastico. "Ma come, mi hai
creato
tu. Ero il tuo preferito, la Stella del Mattino, il Portatore di
Luce, e poi sono Caduto".
Io
scuote la
testa, impaziente.
"Sai bene quanto me che questa è una semplice metafora, una
storia che si sono inventati loro. Tu provieni da me, è
vero, ma non
ti ho creato. Chi sei? E perché sei votato al male?"
Gli
sembra quasi – ma no, è
impossibile – di
vedere una traccia di tristezza contaminare la sua espressione
sarcastica.
"Dunque
non ricordi", dice l'altro, e
la tristezza, o qualsiasi cosa sia, si trasforma in gelo. "Ti
dirò quello che devi sapere, e niente di più. Non
sono stato io a
tradirti, ribellandomi; sei stato tu.
Tu mi
hai tradito,
dimenticandoti di chi sono e di cosa rappresento. Io sono necessario.
Per quanto ci
provi, non
riuscirai mai a distruggermi; vivo nel cuore del più devoto
dei tuoi
fedeli, nascosto, forse, disprezzato, ma esisto.
Non
dimenticartelo mai".
"Non
deve essere così", dice io,
in un tono quasi implorante. Non-io sorride.
"Davvero?"
chiede, e si avvicina. La sua voce si abbassa a un sussurro. "Non
dimenticare, Signore, che
sono anche dentro di te".
Per
questo non esiste obiezione. È vero: l'altro
è
ovunque. Senza di lui, io non
sarebbe un dio crudele e sangunario e guerriero; non sarebbe Dio.
Senza di lui, gli uomini non sarebbero crudeli e sanguinari e
guerrieri; non sarebbero uomini. È necessario.
Gli sembra di ricordare
qualcosa. Ere precedenti, di perenne trasformazione, con
l'umanità
da osservare e un'unica costante al suo fianco: l'altro, suo
uguale e contrario, suo necessario complemento. Ma
la visione
scompare in fretta; questa è un'epoca strana, e non
c'è posto per
l'equilibrio, per l'opposizione: il male deve essere calpestato e
sconfitto, ad ogni costo.
"Vattene",
dice quindi, "e sappi che dovunque andrai, troverai sempre me a
sbarrarti la strada".
Non-io
fa un inchino
sardonico. "La
cosa è reciproca".
E in un attimo, se n'è
andato.
Io
è
turbato; sente di aver
dimenticato qualcosa, di aver fatto un enorme sbaglio. Questo
è
strano, perché lui si ricorda tutto, è eterno
(non,
dice una vocina, immortale come altre volte, ma eterno: non
è mai
nato e mai morirà, ma c'è sempre stato e sempre
ci sarà, in
saecula saeculorum, amen).
Altre
volte? Ci
sono state delle altre
volte? Più
tenta di ricordare e
meno ci riesce.
La verità è che Dio è
un essere antico, e non ha nessuno con cui condividere il peso del
mondo. La cosa che più desidera, se mai il Padreterno
può
desiderare qualcosa, è qualcuno con cui condividere questo
peso. Ma
non esiste qualcuno del genere, nel mondo o fuori da esso. Non si
tratta sicuramente del suo figlio smarrito, del Portatore di Luce, di
colui che è Caduto.
(È
un'epoca strana e dolorosa e incredibilmente lunga; interi millenni
ne fanno parte. È un'epoca in cui gli uomini rifiutano e
temono
quello che li rende umani, e dunque rifiutano sia io
che
non-io. Almeno, la
maggior parte degli uomini. Dio soffre ed è incredibilmente,
insopportabilmente solo. Lucifero, o il Diavolo come preferite
chiamarlo, è ugualmente sofferente e solo. È
un'epoca strana, ma
non del tutto negativa, come tutte le epoche. L'umanità
cresce, come
fa sempre.
Solo,
Io si
dimentica di
non-io. Cioè, si
dimentica di chi è, di quanto sia necessario.
Spiega
il suo comportamento con invidia o malvagità, ed
è l'inizio della
fine.)
NdA:
Toh,
guarda, blasfemie a caso.
...
oops. (Spero che nessuno si offenda troppo e che Dio non sia troppo
OOC. Quanto mi fa ridere sta cosa.) In ogni caso, se avete opinioni
da condividere riguardo all'oBBroBBrio lì sopra, non esitate
a
farmelo sapere! :D Ci sentiamo prossimamente con quello che per la
gioia di grandi e piccini sarà l'ultimo capitolo. Shalom!
~ Callie
|
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Capitolo 5 *** Teofania ***
Teofania
Si rivedono molte altre
volte, e sono sempre diversi ma sempre uguali. Spesso si scambiano di
posto, io diventa non-io e
viceversa; ancora più
spesso esistono in molti luoghi contemporaneamente. Sono Seth e
Osiride; sono An e Namma. Sono Thor e Loki per ben due volte; sono
Perun e Veles, yin e yang. Sono eterni e immanenti; sono nella mente
e nel cuore degli uomini, e tuttavia separati da essi.Questo, ovviamente,
finché l'Universo non finisce.
Non si trovano più
sulla Terra da millenni, ormai; il vecchio Sole è esploso e
gli
uomini hanno trovato un altro pianeta su cui vivere. Hanno
colonizzato gran parte dell'Universo, sono divenuti grandi e
magnifici, ma ora è giunto il loro momento. Questo Universo
è
vecchio e deve essere distrutto.
Gli uomini non si
arrendono, ovviamente. Vogliono sopravvivere. Ma ormai sono pochi, e
immensamente deboli nella loro onnipotenza, e sanno, anche se non lo
accettano, che è giunto il loro tempo. È un po'
triste, vero, ma
non lo sono forse tutti i cambiamenti? È necessario.
Io e non-io
si incontrano per l'ultima volta in modo molto umano. Hanno
sembianze umane e vestiti umani e corpi umani (ma occhi umani mai;
nei loro occhi si vedono l'ordine del cosmo ed il suo caos
primigenio, e non possono nasconderlo). Si sorridono da lontano, come
vecchi amici, e si siedono in silenzio alla fine di tutte le cose.
Dopo
un po', non-io
osserva,
quasi tra sé:
"Il mare è l'immagine migliore
dell'Universo; guarda come dalla riva sembra innocuo, e come in
realtà può essere traditore e più
profondo di quanto si possa mai
immaginare".
Io
ride;
è un suo attibuto, quello
di essere gioioso e amante della vita.
"Guarda
come sembra selvaggio e terribile, e come invece al suo interno si
trova un ordine perfetto", dice, e le onde si infrangono sugli
scogli. Non-io fa un
mezzo sorriso.
Il vento, e il mare, e ali di creature che volano
in lontananza. Era così all'inizio, pare
giusto che sia così anche alla fine.
(E
qualcosa di enorme
che sta per succedere.)
"Temo
di aver smesso di amarti, per un po'", dice io alla
fine. È una cosa che gli rode dentro da millenni.
"Non
hai mai smesso", dice non-io, sempre
guardando il mare, "è solo che non te ne ricordavi".
Io
ci pensa su
per un po'. "Già,
immagino che sia così". Poi ride di nuovo. "Sei sempre
stato tu, quello intelligente".
Non-io
si volta a
guardarlo, e il suo
sorriso si allarga un po'. "Beh, certo", dice, "sono
io che li ho fatti evolvere, dopo tutto".
Io
non riesce ad
ignorare
l'angoscia che gli morde il cuore. È angosciato per gli
uomini,
perché cosa ne sarà di
loro, adesso? È
angosciato per la sua metà, perché vuole
chiedergli scusa, ma non
può, perché era necessario
che
si dimenticasse (e al momento questa è una consolazione
veramente
minuscola). È angosciato per se stesso. Che
ne sarà di
me?
Ma
non-io lo sa, come al
solito. Il suo sorriso è quasi dolce (evento molto raro)
mentre gli
passa un braccio intorno alle spalle.
"Come
tu sei il dio dell'inizio", dice, "io sono il dio della
fine. E come tu mi hai guidato nell'inizio, io ti guido nella fine.
Non ti dirò di non essere spaventato, perché la
fine è sempre
spaventosa; ma ti dirò che ne vale la pena, e che,
soprattutto, è
necessario".
Io
fa un respiro
profondo.
"La distruzione
deve partire da noi, non è così?"
Non-io
annuisce, e lo
guarda negli
occhi.
I confini più lontani
dell'Universo cominciano a crollare.
I
due dèi non smettono
di guardarsi negli occhi finché non è tutto
finito. È dal loro
sguardo che inizia la distruzione. È sempre da esso che
inizia la
rinascita.
- o -
Buio. Vuoto. Nulla.
Un
Essere che lentamente diviene Autocosciente e poi Cosciente e poi
È.
Un
dolore indescrivibile, una lacerazione. Qualcosa che si spezza e va
perduto. (Qualcosa che non è mai veramente perduto.)
E tutto
ricomincia da capo.
NdA:
Non ho appena studiato
Fichte. Noooo. Che andate a pensare.
Comunque. Voilà!
Scusate per il ritardo ma STAMATTINA avevo una simulazione di terza
prova che mi ha MANGIATO LA VITA per, tipo, una settimana (fucking
exams, man. Fucking exams). Vi ringrazio infinitamente se avete avuto
la pazienza di arrivare fin qui, regalo un muffin a testa a coloro
che mi hanno sopportata fino alla fine e vi invito a dirmi cosa ne
pensate di questa... specie di... cosa. Shalom! :D
~
Callie
|
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