Fightback

di _ruth
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Sogni premonitori (part 1) ***
Capitolo 2: *** Sogni premonitori (part 2) ***
Capitolo 3: *** DONNE! ***
Capitolo 4: *** La causa di tutto ***
Capitolo 5: *** Di allucinazioni e gravidanze ***
Capitolo 6: *** Di ceffoni ben assestati e impiccioni ***



Capitolo 1
*** Sogni premonitori (part 1) ***


Fightback

Capitolo 1: sogni premonitori (part 1)
 
Diedi un’occhiata all’orologio: le undici, era l’ora di andare a dormire. Dovevo garantire al mio corpo almeno nove ore di riposo per essere fresca e riposata e, dato che il nuovo anno scolastico era alle porte e che iniziare con il piede giusto è importante (soprattutto se l’anno in questione è l’ultimo anno di liceo), è fondamentale essere riposata al massimo.
Dopo la fine del reality avevo giurato a me stessa che mi sarei dedicata solo al mio ultimo anno di liceo e che avrei fatto di tutto per entrare a Harvard; sapevo bene che avrei dovuto trasferirmi per questo, ma era il mio sogno ed ero determinata seguirlo fino alla fine, in fondo cosa avevo qui?
Certo c’era la mia famiglia, ma avevo bisogno di staccare dal mio passato. Tutto qui mi ricordava lui, Duncan. E’ stato il mio primo amore e non è facile dimenticare quello che mi ha fatto, quello che mi hanno fatto.
Spensi il computer, diedi la buona notte alla mia mamma, baciai il mio fratellino e mi misi il pigiama. Spenta la luce, mi infilai sotto e coperte.
Vento.
Pioggia.
Fu una notte d’inferno, la persiana della finestra sbatteva continuamente.
Non riuscivo proprio a dormire, mille pensieri mi riaffiorarono alla mente, cercai di cacciarli via, ma fu tutto inutile, la finestra sbatté ancora una volta, presa dall’esasperazione mi alzai e la chiusi.
Di giorno evitavo sempre di pensare, per non deprimermi, mi tenevo impegnata in qualche modo, i libri spesso si rivelavano lo strumento più utile, ma la sera, la sera era il mio tallone d’Achille. Contro la sera ero impreparata, indifesa, cercavo di affaticarmi il più possibile per poi crollare appena toccato il letto, altre volte uscivo, tornavo molto tardi, magari bevevo un po’, così per cercare di dimenticare, ma era tutto inutile, non dovevo dimenticare, dovevo reagire.
 
- Court, alzati, o farai tardi a scuola.
-Mamma? Calmati, la sveglia non è anc..
Le 7.30, erano le 7.30, era tardissimo mi alzai di scatto e iniziai a buttare a raffica i vestiti sul letto, mi decisi per una camicetta blu, un golfino beige e i miei soliti e amatissimi  jeans.
Una volta pronta andai in cucina arraffai un paio di toast con il burro d’arachidi e con lo zaino in spalla, mi diressi di corsa verso il garage dove mi stava aspettando la mia macchina nuova di zecca.
Guardai l’ora: le 8.00, ce la potevo fare ad arrivare in orario a scuola e allo stesso tempo rispettare il codice della strada?
Ero pronta a scoprirlo
Accesi il motore e uscii in retromarcia dal garage, la mia scuola non era molto lontana da casa, ma la mattina ero talmente stanca che non riuscivo proprio ad andare a piedi...
Per un pelo riuscii ad arrivare puntuale, eppure tutto mi suonava così familiare, come se avessi già vissuto tutto questo, strano io non arrivo mai in ritardo.
Proprio in quel momento entrò in classe il Professor Bierce, era un uomo piuttosto giovane, alto e affascinate, ma con un gusto terribile per l’abbigliamento, quella mattina per esempio indossava un insolito completo verde pisello, che però mi era familiare.
Probabilmente lo aveva già sfoggiato in precedenza, d’altronde non può mica usare un vestito per una giornata e poi disfarsene.
Finita l’ora andai al mio armadietto per prendere i libri che mi sarebbero serviti per l’ora seguente e mi diressi verso la classe di fisica.
Quando svoltai l’angolo sentii qualcosa di tanto familiare quanto scioccante provenire dalle mie spalle:
“Eccola, è lei quella di cui ti parlavo”
Mi voltai per vedere chi avesse parlato e vidi due ragazzine che avevano l’aria di essere del primo anno e che si fecero scappare qualche gridolino acuto per poi girarsi e infilarsi in classe.
Rimasi immobile per qualche secondo come per capacitarmi di quello che mi era successo; perché mai due pischelle avrebbero dovuto ridere di me? Non è possibile, avranno sicuramente sbagliato persona.
Quella strana sensazione, però, non mi abbandonò e per tutta la seconda ora rimuginai su quello che era successo quella mattina.
Allora: mi ero svegliata tardi perché non avevo sentito la sveglia, cosa molto strana perché di solito riuscivo sempre ad alzarmi in orario, ho fatto colazione al volo e presa la macchina sono arrivata a scuola con cinque minuti di ritardo, cosa ancora più strana perché sono precisa come un orologio svizzero, dopo di che passata la prima ora, mentre mi accingevo ad andare in classe, quelle due ragazzine..
Saranno casualità,  forse tutto ciò somiglia a un film che ho visto di cui ora mi sfugge il nome.
-Dato che questo è un moto uniformemente accelerato la velocità media è la media della velocità, vero signorina Froude? La vedo assente, posso andare avanti?
-Sì, professore, mi scusi
Arrossii, odiavo essere ripresa, forse perché tutti si giravano a guardarmi, non che non mi piacesse essere al centro dell’attenzione, sia chiaro, ma preferisco essere ammirata per la mia bravura, ecco tutto!
Quando finì anche la seconda ora ormai avevo rinunciato a capire quelle che mi stava succedendo; a un tratto mentre stavo camminando verso la mia classe, un ragazzo di costituzione robusta con addosso la giacca della squadra di football mi urtò e mi fece cadere i libri che avevo in mano, mi chinai a raccoglierli quando lo sentii che diceva:
-Ehi, sta più attenta la prossima volta!
-Scusami, ma di solito quando qualcuno fa cadere qualcosa almeno chiede scusa!
-Oh, la signorina mi-hanno-tradito-in-mondo-visione si è alzata dalla parte sbagliata dal letto stamattina!
Raccolsi in fretta i libri e corsi più veloce che potei in bagno, non era possibile, non stava succedendo davvero, non a me, era un sogno non.. un sogno, ma certo, ecco perché tutto mi sembrava così familiare: la giacca del prof, le ragazzine urlanti, avevo già vissuto tutto questo in un sogno!
Cercai con tutte le mie forze di ricordare cosa succedeva dopo...
“Ragazze, da quanto tempo non ci vediamo, come sono andate le vacanze?”
“Court, mi dispiace, ma non possiamo parlare con te, ecco.. noi abbiamo una reputazione da difendere e tu.. si insomma hai capito no? Ora dobbiamo andare..”
 “No aspettate io..”
Erano andate via, le mie migliori amiche erano andate via! Mi sentii smarrita senza un punto di riferimento. Sentii una lacrima rigarmi il viso, ma cercai di ricompormi velocemente, dovevo andare in palestra per fare il discorso di inizio anno, non potevo farmi veder in quello stato.
Quando finalmente mi calmai feci la mia entrata nel locale ormai pieno di ragazzi e  andai a sedermi nel pubblico in attesa di essere chiamata per il mio discorso.
Il preside prese la parola e dopo che ebbe parlato a lungo  toccò a me, appena mi alzai qualche stupido iniziò a fischiare, cercai di ignorarli per quanto possibile, anche se sapevo che la mia autostima non avrebbe retto più di tanto.
-Buongiorno a tutti, come ha detto un attimo fa il preside Sheridan io sono Courtney Froude e mi candido alle elezioni per rappresentante di istituto, dato che penso di essere..
-Lei rappresentante di istituto?-disse un ragazzo che improvvisamente si era alzato- La signorina io-sono-stata-capogruppo-in-un-campo-estivo che è stata tradita davanti a milioni di telespettatori solo perché è maledettamente e insopportabilmente perfettina per stare con chiunque, vuole diventare rappresentante di istituto? Ma per favore!
Questo era troppo, potevo sopportare tutto, ma non questo.
Corsi via per evitare altre umiliazioni,  entrai nella prima classe che trovai libera e sfogai tutta la mia rabbia piangendo a dirotto.
A pranzo mi sedei nel tavolo più remoto della mensa per non attirare l’attenzione, ma non mangiai quasi niente. Quando finii presi il mio vassoio per svuotarlo di tutte le pietanze neanche sfiorate e tornare in classe ma  fui accerchiata da una banda di studenti di cui uno pericolosamente armato di gelatina verde..
- Courtney Froude giusto? Bhè, ecco abbiamo un regalino per te, spero che lo apprezzerai..
E così dicendo mi rovesciò l’intero piatto dritto in faccia..
Scossi la testa e tornai alla realtà, non potevo permettere che quello che avevo sognato accadesse, dovevo fare qualcosa, dovevo salvare la poca reputazione che mi restava.

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Capitolo 2
*** Sogni premonitori (part 2) ***



Capitolo 2: Sogni premonitori (parte 2)

Cercai di usare un po’ di razionalità per spiegare quello che mi stava accadendo, ma non riuscii ad arrivare a nessuna conclusione; tutto ciò mi appariva piuttosto irreale, ma di qualunque cosa si trattasse, dovevo saperne di più.
Io personalmente non credo molto nel destino, ma l’unica possibilità che mi venne in mente fu quella che mi stesse offrendo una mano mostrandomi come le cose sarebbero dovute andare per cambiare il corso del tempo. Anche se non sapevo se quello che avevo sognato sarebbe realmente accaduto, dovevo fare qualcosa, i miei piedi si mossero automaticamente, non potevo starmene lì con le mani in mano e nel dubbio decisi di andare a parlare con il preside per convincerlo a far parlare qualcun altro al mio posto, anche se sapevo che non sarebbe stato facile dato che all’ultimo minuto sarebbe stato difficile rimpiazzarmi.
Imboccai un lungo corridoio, prima del reality certo non potevo dire di essere una delle persona più popolari delle scuola, ma almeno mi ero guadagnata il rispetto di tutti, ora venivo trattata come l’ultima degli sfigati, era tutta colpa di quel punk.. al solo pensiero sentii un leggera ondata di collera salirmi dalle punte dei piedi, arrivai senza nemmeno rendermene conto davanti all’ufficio del preside, bussai ripetutamente alla porta, ma non mi arrivò alcuna risposta dall’interno, a quel punto divenni decisamente viola in viso, mi sentii talmente frustrata e furibonda che fui sul punto di esplodere.
Io quel destino non lo capivo proprio, prima mi mostra il mio futuro in sogno e poi non mi da la possibilità di cambiarlo, è forse tutto già scritto?
Mi ha forse mostrato tutto ciò solo per dirmi: -guarda questo è quello che accadrà, ma non puoi fare altro che accettare tutto e non cambiare nulla?
Fui sull’orlo di una crisi isterica, mi sentii impotente davanti a qualcosa di più grande di me.
Ero ormai giunta all’entrata della palestra, quando intravidi una figura fin troppo famigliare per non riconoscerla: Duncan.
Andai dritta verso di lui, non sapevo bene cosa stessi facendo, per la seconda volta i miei piedi si mossero da soli. Quando gli fui vicina a tal punto che potesse sentire la mia voce, buttai fuori tutta la mia rabbia e l’esasperazione che avevo dentro:
-Tu.. tu ma fai schifo! Sei talmente tanto insopportabile che non riesco a trovare un aggettivo tanto spregevole da riuscire a descriverti! E.. e.. la cosa peggiore è che te godi a vedere tutto questo, tu ci godi a vedermi soffrire, tu ci godi a vedermi messa in imbarazzo davanti a tutti! Ora vado all’assemblea, così per il gusto di essere presa in giro un altro po’, ma a te non interessa, giusto? Non so proprio come ho fatto a stare con uno come te! Spero che un giorno proverai quello che ho provato io, che.. che.. che qualcuno usi la tua cresta come stura cessi! Sei un immaturo, così immaturo che ti vergogni di mostrare agli altri il tuo vero essere, perché io conosco il vero Duncan Russell e sicuramente è molto diverso da quel bullo pieno di piercing che si diverte a fare il figo facendo soffrire la gente!
Le parole mi erano uscite in automatico dalla bocca, forse perché per troppo tempo erano state soffocate, ma mai mi sentii bene come i  quel momento.
Lo guardai negli occhi in attesa di una replica, ma era rimasto come pietrificato, poi il suo solito sorriso compiaciuto tornò a occupargli il volto.
-Finito?
Annuii, ora avevo seriamente paura della sua reazione, ero convinta di averlo colpito nel profondo, ma nel suo viso non c’era traccia di rancore, al contrario era calmo, come se gli avessi appena raccontato quello che avevo mangiato a colazione.
-Bene, ora se non ti dispiace dovrei andare, ci vediamo in giro Court..
Scelta astuta quello di fingersi indifferente, ma io sapevo che le mie parole gli erano arrivate dritte e chiare come una secchiata di acqua fredda di prima mattina.
Presi posto all’assemblea, nel frattempo mi ero quasi dimenticata di quello che era successo quella mattina, ma al solo pensiero il mio cuore ebbe un guizzo, con quale coraggio sarei andata davanti a tutti a parlare?
Cercai di convincermi che era del tutto irrazionale, oltre che folle, pensare che un maledettissimo sogno si sarebbe avverato, ma inutilmente, avevo uno strano presentimento riguardo a quello che sarebbe successo di lì a pochi secondi, uno strano groppo in gola che non mi faceva stare per nulla tranquilla.
I miei pensieri furono interrotti dall’entrata nella palestra del preside che, dopo un breve discorso introduttivo, lasciò la parola al primo degli studenti candidati alle elezioni di rappresentante di istituto il quale blaterò qualcosa a proposito del cibo della mensa o roba simile, non ci prestai attenzione più di tanto, forse per poca fermezza presente nelle sue parole, forse perché il mio stomaco era in subbuglio per l’agitazione; quando anche il terzo concluse il suo discorso, mi alzai, e con calma raggiunsi il microfono situato in mezzo al cerchio di centrocampo.
Mi frugai in tasca per cercare il foglio con il discorso che da ben tre settimane stavo elaborando, ma non lo trovai, cercai di non farmi prendere dalla disperazione, dopotutto potevo sempre improvvisare..
Feci un profondo respiro, ma non servì a calmarmi.
-Buon giorno io.. io sono Courtney Froude e..e sono qui oggi per.. per presentare la mia candidatura..
A quel punto qualcuno si alzò, ci siamo pensai, ma quando mi resi conto di chi quel qualcuno fosse rimasi paralizzata.
- Scusa, ma mi stavo chiedendo, se..
Mi sentii mancare e caddi a peso morto sul freddo pavimento della palestra, le ultime cose che vidi furono Duncan e la sua cresta verde.

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Capitolo 3
*** DONNE! ***


Capitolo 3: Donne!

Senza volerlo iniziai a farmi largo tra la folla di ragazzi che si erano alzati per vedere cosa stava accadendo, nel mio subconscio per una qualche ignota ragione sapevo quello che dovevo fare, forse era merito di uno di quei tanti corsi di primo soccorso a cui ero stato costretto a partecipare, una volta che la raggiunsi le presi le gambe e le alzai in modo che fossero più in alto rispetto alla testa.
“Dai Court.. cavolo avresti già dovuto riprenderti!”
Guardai per qualche interminabile secondo il suo volto senza vita e avvertii un groppo in gola che svanì solo nel momento in cui con un sussulto riaprì gli occhi.
“Tu.. ma.. l’assemblea.. il sogno..”
“Ehi calmati, forse è meglio se ti porto in infermeria..”
Le afferrai un braccio, ma appena avvertì il contatto con la mia pelle lo ritrasse, dopo di che si alzò barcollando e fece qualche passo, forse per stabilire una certa distanza tra noi.
“Sto bene, Duncan non ti preocc..”
Non riuscì a finire la frase che perse l’equilibrio, ma riuscii a muovermi appena in tempo per impedirle di cadere.
“Okay, ora non hai scuse ti porto dal Signor Crabb”
Durante tutto il tragitto dalla palestra all’infermeria non smise un secondo di ripetermi di star bene e di non aver bisogno di cure, ma la conoscevo troppo bene, sapevo che in fondo avrebbe voluto andarci, magari non con me.
Una volta arrivati spiegai in tono sbrigativo quello che era successo.
“Bene, Courtney giusto? Senti hai fatto colazione stamattina?”
Assentì con un cenno della testa.
“E sei stressata in questi giorni, magari per l’inizio della scuola..”
“No, certo che no! È stato solo un incidente, io.. sono inciampata, ecco sono solo inciampata, non sono stressata, anzi sono calmissima!”
“Capisco problemi di cuore, guarda che non ti devi mica vergognare, capita a tutti di litigare con il proprio ragazzo..”
Si girò verso di me mi rivolse un’occhiataccia, ma prima che potei ribattere fu lei a parlare:
“Cosa vuole affermare con queste sue affermazioni, che forse io sarei stata tradita in mondo visione  e adesso vengo derisa all’assemblea davanti a tutta la scuola da una sottospecie di bullo con la cresta verde e che magari il suddetto bullo è anche quello che mi ha tradito con una certa darkettona?”
“Io ti ho deriso davanti a tutta la scuola?”
“Ha la coda di paglia il ragazzo!”
“Parla la santarellina so tutto io!”
“Pervertito!”
“Perfettina!”
“Delinquente!”
“Gran pezzo di gnocca!”
“Come prego?”
 
Le parole mi erano uscite di bocca da sole senza che io riuscissi a controllare quello che dicevo, ero abituato a questo tipo di dialoghi con lei, qualche mese fa dopo una discussione del genere avremo finito col riderci sopra l’uno nelle braccia dell’altro, ma in quel momento l’atmosfera era tesa e non prometteva nulla di buono.
Alzai lo sguardo fino a catturare la sua attenzione, era in attesa di una risposta, non sapevo neanche io il perché di quello che avevo detto, Courtney non era certo il tipo di persona che si sarebbe accontentata di un scusa mi è scappata. Nella stanza cadde il silenzio, mi limitai a sfoggiare il mio solito sorriso sghembo per non far trasparire i miei sentimenti e mascherare così la confusione che avevo in mente.
Proprio in quel momento intervenne l’infermiere che disse:
“Su ragazzi non per farmi i fatti di nessuno, ma si vede che vi volete ancora molto bene nonostante quello che è successo, quindi..”
“COSA? Io voler bene a lui, io voler bene a lui? Eh no caro il mio infermiere, sarò anche perfettina saccente e tutto quello che vuoi, ma stupida no, non posso mica perdonare, metterci una pietra sopra e ricominciare come se non fosse successo nulla, devo fargli scontare ogni singolo istante di dolore, ogni singola lacrima che ho versato a causa sua!”
“Mi dispiace..”
“Cosa?!”
“MI DISPIACE, VA BENE?, MI DISPIACE CHE A CAUSA DELLA MIA ESISTENZA TU ABBIA PERSO LA SALUTE MENTALE! E ora scusami, ma tolgo il disturbo sempre che alla alla signorina questo non rechi alcun disturbo!”
 
Quella ragazza aveva il potere di farmi perdere il lume della ragione con la sua sola presenza, feci sbattere la porta alle mie spalle e mi diressi verso i corridoi ormai deserti verso la mia classe.
Quando svoltai l’angolo mi trovai faccia a faccia con Gwen.
“Coma sta?”
Il suo tono era dolce non sembrava arrabbiata, era questo quello che amavo di lei, non faceva domande, non era una di quelle ragazze che ti stanno addosso in preda alla gelosia. Per molti versi eravamo simili:sapevamo come goderci la vita.
“Bene è ancora un po’ frastornata, ma non ha nulla di grave solo un po’ di stress”
“Senti mia madre è a un convegno di lavoro e mio padre è occupato con i consigli di classe, che ne dici se dopo scuola ci vedessimo a casa mia?”
“Proposta allettante.. Va bene, ti aspetto dopo all’uscita.”
Il resto della mattinata passò tranquillamente, una volta che suonò la campanella dell’ultima ora come promesso la aspettai nel parcheggio proprio davanti alla mia moto nuova di zecca.
Mi appoggiai al telaio in attesa che la sua chioma blu e nera emergesse dalla folla di ragazzi. Appena scorsi il suo volto un sorriso mi illuminò, ma a un tratto mi si parò davanti una figura femminile a me fin troppo nota, Lindsay.
“Oh.. Tyler, non ti trovavo più!”
“No guarda Lind..”
Non riuscii a finire la frase che la bionda avvicinò le sue labbra alle mie e iniziò a baciarmi con trasporto. Quando finalmente riuscii a liberarmi dalla sua presa fece appena in tempo a vedere Gwen che correva via in lacrime.
Inizia i a inseguirla e quando finalmente fummo faccia a faccia pronunciò quelle parole che ormai conoscevo fin troppo bene:
“Io questo proprio non me lo aspettavo da te! Mi fai schifo! Non ti voglio più vedere!”
E subito dopo non tardò ad arrivare lo schiaffo a cinque dita sulla guancia.
“Okay ora che hai finito, ti posso spiegare, io non centro nulla è stata lei e..”
“ Si certo, questo è quello che dici a tutte non è vero? Magari lo hai detto anche a lei!”
“Su dai Gwenny stiamo parlando di Lindsay, pensava che fossi Tyler!”
Mentre stavo finendo la frase la vidi svanire tra la folla, quando mi voltai per tornare alla mia moto vidi Courtney che si allontanava sghignazzando.
DONNE, mi uccideranno prima o poi!

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Capitolo 4
*** La causa di tutto ***


Capitolo 4: La causa di tutto

Gettai l’ultimo peluche nello scatolone, non che mi stessi per trasferire, avevo solo deciso di fare un po’ di ordine nella mia vita, di tagliare definitivamente i ponti con il passato e di dedicarmi solo ed esclusivamente a diplomarmi con il massimo dei voti per andare a studiare legge all’università. Per prima cosa, feci un po’ di pulizia in camera mia, eliminai tutti i rimasugli di infanzia e la resi più simile a quella di un futuro avvocato.
-Court, tesoro, sei sicura di voler buttare via tutta questa roba? Un giorno magari avrai dei figli e ti farà piacere ritirarla fuori.
-No, mamma, sono più che sicura di voler buttare via tutto.
Niente spiegazioni sul perché ovviamente, non avrebbe capito, nella sua testa ero ancora una bambina indifesa che muove i suoi primi passi nel mondo dei grandi, peccato che nella realtà quella bambina è stata investita da un treno in piena corsa, e ora sta cercando disperatamente di tornare a vivere dimenticando quello che le è successo, e di cose da raccontare sugli ultimi due mesi cene sono.
 
-E adesso il momento da voi tanto atteso, e adesso sapremo chi è colui (o colei) che avete scelto come vostro rappresentante d’istituto.. Rullo di tamburi prego.. è Jhon Smith!
Un urlo si alzo dalla folla seguito da numerose acclamazioni.
Sentii la rabbia montarmi in viso, perché aveva vinto lui? Com’è possibile che la scuola avesse preferito un così a me? Certo era nella squadra di football, era popolare, ma questo non basta, essere rappresentanti significa prendersi delle responsabilità e.. Proprio in quel momento qualcuno mi passò a fianco e mi sussurrò nell’orecchio “Loser”, quando mi voltai lo vidi che sia allontanava, ma non lo riconobbi perché era girato di spalle.
 
Cacciai quell’immagine via dalla mia testa, ogni volta che mi soffermavo a pensare mi arrivavano alla mente pensieri del genere ormai ero lo zimbello della scuola, le preda facile dei bulli e la causa di tutto chi è?
Lo stupido ed egocentrico punk!
La cosa però non mi importava più di tanto perché mentre loro finito il liceo si ritroveranno a fare i barboni nell’angolo più sudicio di Toronto, io andrò ad Harvard, e questo pensiero mi basta per andare avanti.
 
-Court, ora che abbiamo finito rimettere a posto, avrei bisogno di una meno in cucina.
Guardai l’ora, erano le sette, ora insolita per iniziare a cucinare per una famiglia che di solito mangia alle nove, pensai, ma senza fare storie la seguii in cucina.
 
-Volevo fare dei biscotti a tema, che ne dici?
Biscotti a tema? Mi ci volle un po’, poi finalmente realizzai: 31 Ottobre, festa di Halloween.
-Okay hai una vaga idea di come si facciano?
Mia madre era una frana in cucina, per questo praticamente ogni sera ordinavamo qualcosa da asporto.
-No, ma ho scaricato la ricetta da internet, mi aiuteresti a decifrarla?
Annuii.
Dopo un po’ che stavamo trafficando ai fornelli la stanza fu inondata dal silenzio, intercorro di tanto in tanto da un: “Metti lo zucchero qui” o “Passami l’impasto”.
Dopo una mezzora infornammo il tutto e ci lasciammo cadere sfinite sulle sedie del tavolo di cucina, io e mia mamma avevamo un buon rapporto almeno fino a quando non iniziai a frequentare Duncan, poi iniziai a sentirla distante, forse perché lavorala molto più di prima, forse perché non le è mai piaciuto, come sempre la causa di tutto chi è? Sempre lui.
-Ti va se parliamo un po’?
Quando partiva con quella frase si accendeva sempre una discussione e io non ero proprio dell’umore giusto per discutere, feci per alzarmi, ma lei fu più veloce e mi bloccò con il braccio.
-Se non vuoi parlare va bene, basta che mi ascolti- fece una breve pausa, poi riprese –Sei sempre a studiare, ogni tanto dovresti uscire, stasera per esempio c’è la festa a casa di quel tuo amico biondo, perché non ci vai ti diverti un po’, ti distrai.
Poi in un attimo mi fu tutto chiaro, aveva fatto la carina tutto il pomeriggio solo per arrivare a farmi questo discorso, solo per liberarsi la coscienza e dire “almeno ci ho provato” be’ grazie ma io alla festa del mio amico biondo non avevo proprio intenzione di andarci! 
-Finito? Posso andare ora?
Esclamai uscendo di cucina sbattendo la porta, afferrai il cappotto dall’attacca panni e uscii di casa.
Mi diressi alla fermata della metropolitana vicino a casa mia , io abitavo nella Old Toronto che è un po’ come il nucleo originario della città, e conta quindi il numero maggiore di abitanti, adoro la mia casa e anche se vista da fuori può sembrare grande e monotona, mi sono trovata un posto tutto per me in cui nessuno va mai ed era lì che ero diretta.
Lo scoprii prima dell’ultima stagione del reality, quell’anno persi mio padre, nei giorni del suo funerale la casa era piena di parenti e non riuscivo a stare in casa c’erano troppi parenti e lì tutto mi ricordava lui, quindi uscii di casa e presi la metropolitana fino ad arrivare in prossimità della riva del lago, lì mi tolsi le scarpe e proseguii a piedi. Quando arrivai alla scogliera che segnava la fine del lito iniziai ad arrampicarmi e giunsi dopo un po’ a un’altra piccola spiaggetta che non era accessibile se non come avevo fatto io. Rimasi lì per un bel po’ e da quel momento ci tornai molto spesso, mi è sempre piaciuto passare del tempo da sola senza essere disturbata.
 
Questa volta però non era solo, Trent era lì con me.
 
-Salve principessina sul pisello dormito bene?
Lo vidi arrivare e in un secondo mi ritrovai con una spalla dolorante distesa sul pavimento, era la terza volta che succedeva quella settimana.
-Hai bisogno di una mano?
Alzai gli occhi e intravidi un ragazzo dalla corporatura fragile con i capelli neri e scompigliati sugli occhi di un verde acceso, Trent, nel suo sguardo la stessa aria terrorizzata che c’era nel mio, entrambi eravamo ormai stati etichettati come sfigati.
Mi porse una mano per aiutarmi ad alzarmi, l’afferrai.
-Sai dopo un po’ ci faremo l’abitudine.
 
Fu in quel momento che capii che non ero sola, che su di lui potevo contare.
Nel pomeriggio lo portai nel mio posto che da quel giorno divenne il nostro posto, imparai a conoscerlo, e scoprii che infondo eravamo molto simili.
Lo salutai con la mano, e lui ricambiò con un sorriso.
-Anche tu qui?- mi disse sempre con il sorriso stampato sul volto.
-Si ho litigato con mia madre.
Mi sedetti al suo fianco e rimanemmo per un po’ in silenzio, poi senza che lui me lo avesse chiesto iniziai a raccontagli quello che era successo.
-Sai credi che tua madre abbia ragione, perché se ti mostri indifferente a quello che glia altri pensano di te allora..
-Si ma alla festa ci saranno anche Duncan e Gwen e..
Mi girai per guardarlo in volto, ma il suo sguardo era vacuo, fisso nel vuoto,tutte le volte che qualcuno pronunciava il nome di Gwen era così, era come se Trent si fosse creato un mondo parallelo tutto suo lontano dalle sofferenze, l’amava ancora molto, non riusciva proprio a dimenticarla.
Mi dispiaceva vederlo così, fuori sembrava sempre allegro, ma dentro sapevo che soffriva, ma d’altro canto con quella sua autodifesa psicologica era anche difficile da aiutare.
Lo scossi una volta, ma non ottenni alcun risultato, allora ci riprovai una seconda e una terza volta, fino a quando alla quarta rotolammo tutti e due sulla sabbia e iniziammo a ridere piegandoci in due dalle risate.
Dopo un po’ fu lui ad interrompere il silenzio.
-Dai, andiamo alla festa.
-Insieme?-
-Insieme.
 
Una volta arrivati a casa di Geoff il biondo ci aprii la porta quasi all’istante.
-Eccovi, mancavate solo voi!
La musica che era udibile fino in strada era quasi perforante all’interno dei locali dove si teneva la festa.
All’inizio stetti seduta su uno dei divani posti accanto al tavolo con la roda da bere e da mangiare, spilluzzicando di tanto in tanto qualcosa.
-Court, non puoi stare lì tutta la sera!- mi disse Trent in un orecchio –Vieni a ballere!
-No grazie non mi va..
Poi a un tratto intravidi tra la folla di persona che ballavano Duncan e Gwen che si stavano baciando appassionatamente.
Sentii il cuore che iniziava ad aumentare la sequenza di battiti, uno strano calore che mi montava in viso e una forte scarica di adrenalina percorrermi il corpo.
Presi la mano di Trent e lo trascinai a ballare, sul suo volto si poteva leggere la confusione per il mio rifiuto di ballare di pochi secondi prima e il successivo “cambio di programma”, ma non era tempo di dare spiegazioni, aspettai che l’attenzione del punk fosse su di noi, e poi afferrai il viso di Trent tra le mani e lo baciai.
Prima di chiudere gli occhi però feci in tempo a vedere lo sguardi sorpreso di Duncan fisso fu di noi, lo avevo ferito, so che era così!
 

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Capitolo 5
*** Di allucinazioni e gravidanze ***


Capitolo 5: Di allucinazioni e gravidanze


In due secondi era come se il mondo mi fosse caduto addosso, avvertii una forte sensazione di rabbia crescere dentro di me, una vampata di calore mi assalii, mi sentivo come se qualcuno si fosse divertito ad appiccare il fuoco dentro di me, di lì a poco mi sarei trasformato in cenere. Cercai rifugio nelle labbra di Gwen che ricambiò il mio bacio con passione, ma non riuscii a scacciare la sensazione di poco prima. Quando ci staccammo mi diressi verso il tavolo degli alcolici, ma tutto quello che riuscii a trovare fu un po' di sprite; mi decisi dunque che se la via dell'alcol era impraticabile, mi sarei potuto rilassare un po', quindi andai sul terrazzo e mi accesi un sigaretta.

Dopo un po' Gwen mi raggiunse, aveva l'aspetto abbastanza stravolto.

-Duncan sono piuttosto stanca, portami a casa, domani ho un sacco da fare.

Ci prendemmo per mano e uscimmo dalla casa di Geoff, arrivati alla mia moto le porsi porsi il casco e prima di salire mi accorsi che nel suo sguardo che qualcosa non andava, sembrava stranamente triste.

-Qualcosa non va?

-Li hai visti anche tu vero? So che li hai visti, non mentire!

-Se ti riferisci a Trent e Courtney si, li ho visti e allora, mi vuoi dire che sei gelosa?

-Io ti amo, però Trent è stato il mio primo amore e mi da solo un po' fastidio ecco tutto. E tu?

-Io cosa?

-Tu sei geloso?

-Be' io.. no, mi ha dato solo un po' fastidio.-Dissi imitandola, ma non riuscii ad allentare un po' la tensione che si era andata creando.

-Tu la ami ancora vero? So che è così perchè non torni da lei allora? Tanto so che sarebbe successo prima o poi!

Divenne immediatamente rossa per la rabbia, di solito non era così, era una a cui piaceva avere il controllo della situazione e per questo molto spesso teneva tutto dentro, non le piaceva mostrarsi vulnerabile, faceva la dura, ma in realtà era molto debole, le doveva essere costato molto dire quello che aveva detto.

-Che ti salta in testa, hai il ciclo per caso? Io non sono geloso di lo che si sposino pure e abbiano molto bambini puzzolenti, non mi importa io sto con te ora..

Un mezzo sorriso le apparve sulla faccia, mi abbracciò forte dopo di che salimmo in moto e sfrecciammo per le strade deserte di Toronto.

Dopo aver riaccompagnato Gwen mi fermai nel pub sotto casa mia, di solito andavo lì quandomi sentivo particolarmente giù, ed era una di quelle sere, tutto quello che era successo alla festa mi aveva abbastanza turbato. Entrai e mi sedetti al mio solito posto, ordinai una birra e iniziai a berla lentamente così che sentissi il liquido riscaldarmi sorsata dopo sorsata.

Persi il conto di quante ne bevvi, ma a un tratto la vista mi si annebbiò, non ero solito ubriacarmi, almeno non da solo, ma quella sera qualcosa mi impediva di smettere di bere. Dopo poco iniziò a girarmi la testa, mi si annebbiò la vista e le palpebre si facevano sempre più pesanti, a un tratto come per magia vidi i contorni del pub sparire e farsi sempre più nitidi quelli di un parco. Riconobbi all'istante dove mi trovavo, era vicino a casa di Gwen era lì che ci vedevamo i primi tempi dopo il reality, ma perchè mi trovavo lì?

Mi guardai a torno in cerca di spiegazioni quando riconobbi un figura familiare, Gwen, non era la solita di sempre, era vestita normalmente, niente più minigonna e anfibi e cosa ancora più strana, accarezzava un enorme pancione. Sorrideva in modo angelico, ma quando il suo sguardo incontrò il mio lo scoprii carico di rancore. Si alzò con fatica come se costasse una fatica enorme fare quello che stava facendo e si avvicinò a me.

-Sei felice ora? Io dovrò crescere tuo figlio da sola mentre tu potrai spassartela con la tua adorata Courtney, quando più volte mi hai giurato di amare solo me! E lei cosa dice? È contenta di avermi non solo tolto il ragazzo, ma anche la mia adolescenza? Può bastare come vendetta?

Non capivo cosa stava accadendo, non sapevo come risponderle me ne stavo lì impotente come pietrificato, poi sentii qualcuno scuotermi, in quell'istante come tutto se ne era andato tutto se ne andò, mi trovai disteso sul pavimento del pub con un sacco di gente attorno. Provai ad alzarmi ma il barista me lo impedì, mi porte un bicchiere d'acqua e mi fece mettere a sedere.

Mi spiegarono che a un tratto ero caduto a peso morto per terra come addormentato.

-Ora è meglio che tu vada a casa.- Disse il barista aiutandomi ad alzarmi.

 

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Capitolo 6
*** Di ceffoni ben assestati e impiccioni ***


Capitolo 6: Di ceffoni ben assestati e impiccioni

 

Vidi la sua sagoma uscire dalla stanza e mi staccai da Trent il quale mi stava fissando con una faccia da pesce lesso ancora stordito per quello che era successo.

-Scusa- sibilai, mi dispiaceva davvero, non ero solita fruttare la gente, ma Duncan ha lo strano potere di farmi perdere il controllo alla sua sola vista.

-Court, così non va bene, si può sapere cosa ti è saltato in mente?

-Scusa- ripetei, ma non riuscii a dire altro, le giustificazioni erano inutili, sapevamo tutti e due quello che era successo.

-L'hai già detto, allora?

-Vuoi sapere se l'ho fatto per pura vendetta? Si lo ammetto, sono stata orribile, ma non controllavo le mie azioni!

-No, scusami tu, so che la domanda era inappropriata, volevo solo sentirtelo dire. Ora che hai intenzione di fare?

-Portami a casa, non ne posso più di questa maledetta festa.

 

Quella notte non riuscii proprio a dormire, prima avevo troppo freddo poi troppo caldo, mi alzai due volte per andare a bere e una per andare in bagno. Verso le cinque del mattino ero ancora sveglia quindi ci rinunciai, presi il libro che avevo sul comodino e iniziai a leggere.

Passai il resto della giornata in casa trascinandomi in pigiama dal computer a salotto, fu una di quelle giornate in cui non si compiccia nulla ma alla sera si è sempre stanchissimi.

Per pranzo mi preparai un piatto di ramen precotto e dato che mia madre era uscita lo consumai davanti alla tv dove stavano dando una replica della terza stagione di Glee.

Nel pomeriggio decisi di vestirmi e di andare in biblioteca a cercare un libro che ovviamente non trovai perchè qualcuno era arrivato prima di me. Più tardi telefonò mia madre per avvertirmi che non sarebbe tornata a cena e che avrei dovuto arrangiarmi in qualche modo, così quando iniziai ad avvertire un certo languorino mi diressi in cucina in cerca di qualcosa da magiare, ma ovviamente il frigo era vuoto. Presi il telefono leggermente adirata con una madre che non solo non su faceva vedere tutto il giorno, ma non aveva neanche pensato che io avrei dovuto mangiare in qualche modo. Nel mentre però sentii squillare il mio cellulare quindi lo estrassi dalla tasca e prontamente risposi. Dall'altra parte udii la voce affranta di Trent.

-Ciao Court senti mi chiedevo se ti andrebbe di vederci adesso, avrei bisogno di parlarti.

-Si certo, io devo ancora mangiare, andiamo a prenderci una pizza?

-Okay, tra un quarto d'ora da “Magic pizza”?

-Si a dopo!

 

Mi misi la giacca e scrissi un biglietto a mia madre nel caso fosse tornata prima di me e uscii. Subito fui assalita da un brivido che mi fece trasalire, quindi mi diressi con passo spedito verdo la fermata del bus.

Arrivata a destinazione trovai già fuori ad aspettarmi Trent che aveva l'aria impaziente come se non vedesse l'ora di liberarsi di un grosso peso. Entrammo e ordinammo due pizze da asporto per poi andare a sederci su una panchina nel parco vicino.

Quando aprii la scatola il calore della pizza mi avvolse e mi fece arrossire, lasciai che l'odore di quel cibo prelibato mi penetrasse nelle narici per poi affondare i denti con avidità nella prima fetta.

Intanto Trent era visibilmente indaffarato a trovare le parole giuste per iniziare.

-Court io..niente è che..stamattina in tv davano quel programma sulle celebrità condotto dal fratello di Chris e..insomma fanno un po' di gossip, raccontano storie buffe di personaggi famosi cose così e..in parole povere non so come ma hanno avuto una foto di noi che ci baciavamo alla festa- rimasi come pietrificata per qualche secondo, sperando ce quello che avevo sentito fosse solo uno scherzo, dopo però compresi la gravità della situazione e la verità mi travolse come un fiume in piena.

-C-cosa?-fu l'unica cosa che riuscii ad articolare.

-Si, hai capito bene, e subito dopo hanno mostrato un servizio su Gwen e Duncan in cui c'erano foto di loro due che litigavano.

-C-cosa?- ripetei ancora più sbalordita- quindi anche la gotica ha dei sentimenti?

-Ehm!

-Scusa Trent è che non sono riuscita a trattenermi.

-Non ti preoccupare, allora che facciamo? Smentiamo tutto o sfruttiamo la situazione e nostro favore?

-E sentiamo cosa ne ricaveremo noi da una situazione del genere?

-Be' per esempio ci prendiamo qualche vendetta e..

-No, no, a me non interessa un fico secco di loro, smentiamo tutto, quello che ho fatto ieri è stato solo frutto di un bicchiere di troppo e desiderio di vendetta represso- Ma quelle parole risuonarono poco convincenti perfino alle mie orecchie, c'era di più.

-A chi la vuoi dare a bere? Forse a quei giornalisti, ma nona me!

-No, davvero!- ripetei come per convincermi che quella era la cosa giusta da fare.

-Court, ho visto come lo fissavi e non è certo lo stesso sguardo con cui guardi me o qualsiasi altro ragazzo!

-Cosa vuoi dire con questo che io sarei ancora innamorata di lui?

-Prova a negarlo, guardami negli occhi e dimmi che non lo ami più!

-Io..-la voce mi tremava, non ero sicura di quello che avrei detto, ma andai avanti.-io.. non posso..sono confusa, non ci capisco davvero più nulla, quando ripenso a lui mi vengono in mente solo le cose belle, ma quando lo vedo mi ribollo per la rabbia..

-Questo perchè non lo hai ancora perdonato, ma lo ami ancora..

Sembrava tutto così semplice, ma in realtà non lo era per niente, anche ammesso che sarei riuscita a perdonarlo, poi cosa avrei fatto? Lui ormai stava con Gwen e..

-Ti arrendi così senza lottare? -disse come leggendomi nella mente- Court, io non ti riconosco più! La ragazza che conosco io non si sarebbe mai arresa davanti a niente, oh diamine, svegliati!

E così facendo mi assesto un ceffone dritto e preciso sulla guancia sinistra che fu come un campanello d'allarme e mi risvegliò da una sorta di letargo nel quale ormai ero finita da molto tempo.

-Okay, ci prenderemo un po' di vendette, cercherò di tornare insieme a lui, però- agiunsi massaggiandomi la guancia dolente- non prima che tu sia tornato con Gwen.

 

Angolo dell'autrice

*si guarda intorno*

Si.. ehm.. è da un po' che non aggiornavo, è solo che la mia ispirazione si è divertita per lungo tempo a giocare a nascondino, (è molto simpatica anche se un po' scostante) quindi eccomi qui a circa quattro (?) mesi dall'ultimo aggiornamento.. spero che il capitolo valga l'attesa e come promessa per l'anno nuovo mi impegnerò ad aggiornare un po' più spesso..

Bene detto ciò..

Enjoy it!

 

 

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