Man on the moon

di _diana87
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Un astronauta caduto ***
Capitolo 2: *** Un lancio nel vuoto ***
Capitolo 3: *** Una ragione per crederci ***
Capitolo 4: *** Guardare le stelle ***
Capitolo 5: *** con le spalle contro un ring ***
Capitolo 6: *** cercando risposte dall'alto ***
Capitolo 7: *** lanciatore di battute ***
Capitolo 8: *** una stella nel cielo ***
Capitolo 9: *** il papà migliore del mondo ***



Capitolo 1
*** Un astronauta caduto ***


man on the moon

 

 

 

 

capitolo 1: un astronauta caduto

 

 
                                                                         

 

 

 

"C'è un nuovo pianeta nel sistema solare..."

{...}

"Guardo dentro le stelle,

guardo dentro la luna."

 



 

 

 

L'uomo alzò per l'ultima volta lo sguardo verso il cielo dalla finestra della camera di sua figlia. Sospirò abbassando la testa. Quel puntino bianco luccicava prepotentemente al centro del cielo. 

La luna. Si credeva l'astro più importante del manto celeste solo perchè era irraggiungibile, e come a voler sfidare l'uomo, lui si immaginava che la luna si stesse prendendo beffe degli umani, ridendo dall'altra parte.

La stessa immagine lo fece ridere.

"Papà... cosa ci fai qui?" la testolina arancione fece capolino da sotto le coperte.

Si strofinò gli occhi e guardò suo padre.

L'uomo allora si avvicinò alla sua piccola, che ormai bambina non era più, per sedersi al bordo del letto, mentre lei si metteva seduta, tenendo coperte le gambe.

Appoggiò le braccia e la testa sulle ginocchia.

"E tu che ci fai sveglia? Non dovresti perdere ore di sonno. Domani inizi l'università, signorina!"

La ragazza sbuffò, portandosi i lunghi capelli arancioni dietro le spalle. Poi appoggiò i gomiti sulle ginocchia, cercando di imitare la posizione di suo padre.

"Sono preoccupata per te!"

L'uomo sorrise amaramente, poi le accarezzò la testa dandole un ultimo bacio.

"Riposati, Al. Altrimenti domani sarai stanca."

Alexis si imbronciò per qualche secondo, poi diede retta a suo padre e si mise sotto le coperte, spegnendo la lucetta sul suo comodino.

Faceva un gran freddo quella notte. L'inverno era alle porte, e lasciava entrare la sua brezza fresca la mattina e poi la sera.

Era l'inverno del 1969.

 

Dopo aver lasciato sua figlia tra le braccia di Morfeo, l'uomo si diresse nel suo studio. Ci aveva messo piede sempre contrariato, da ormai qualche anno, e non era più l'uomo di una volta.

Qualche anno fa avrebbe amato quel posto che lui chiamava la sua seconda casa, la NASA.

Qualche anno dopo, le cose non erano andate esattamente come pensava.

Entrava tutti i giorni sul posto di lavoro, con la mente posizionata su quei grossi macchinari per metterli in moto, fare esperimenti, controllare le temperature, osservare i pianeti... la Luna!... ma con il cuore... il cuore era da tutt'altra parte.

Il cuore si era bloccato a due anni fa. Le grida di aiuto di quei tre astronauti, bloccati nelle loro cabine, risuonavano nella sua mente.

Le immagini di quegli uomini così fieri e orgogliosi di essere americani, erano incise nel suo cuore.

Deglutì osservando una foto che ritraeva lui insieme agli astronauti selezionati per il programma: il comandante Virgil Grissom, il pilota maggiore Edward White II, e il pilota Roger Chaffee.

Tutto era perfetto. La missione era stata programmata già nel dicembre 1966.

Lui, Richard Castle, era lo scienziato a capo della missione denominata Saturn 204, e poi chiamata Apollo 1 per il memoriale. Era l'uomo d'orgoglio della NASA, il più caparbio, il più intelligente e il più esperto. Per questo il suo capo, Robert, gli aveva dato l'ingaggio.

'Sarai gli occhi, le orecchie e la bocca degli Americani', gli aveva detto quel giorno di due anni fa, 'grazie a te tutti sapranno l'impresa del Saturn 204, e l'America balzerà un passo avanti alla Russia.'

I suoi calcoli non erano mai stati così precisi, ma qualcosa andò storto quel giorno del 27 gennaio 1967...

 

Rick ritornò alla realtà, scosse la testa e smise di giocherellare con il piccolo modellino del razzo che aveva costruito in una precedente esercitazione.

L'indomani avrebbe varcato la soglia della NASA, sempre a testa alta, e ci avrebbe messo il cuore per lavorare. Questa volta doveva farlo.

Erano passati due anni da quel dannato giorno, e lui doveva farsene una ragione e andare avanti. Sua figlia credeva in lui. Credeva in qualcosa di grande e sapeva che suo padre era l'unico che lo avrebbe realizzato.

Un giorno, l'uomo riuscirà ad andare sulla Luna.

 

 

 

 

 

Angoletto dell'autrice:

Salve! Come vedete ho tolto il 'poco sana di mente' XD

Questa è una AU, tanto per cambiare, che mi è venuta in mente ascoltando un paio di canzoni dei R.E.M.!

Per il poster ringrazio Beside_real, sempre disponibile con le sue grafiche.

Spero con questo piccolo capitolo di avervi entusiasmato, o almeno incuriosito!!

Volete sapere cos'è successo di tanto grave quel giorno del '67 per aver ridotto il nostro Castle versione scienziato della NASA ad uno straccio?

Non vale cercare su wikipedia!! :p

Alla prossima!

D.

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Capitolo 2
*** Un lancio nel vuoto ***


man on the moon

 

 

 

 

capitolo 2: un lancio nel vuoto

 

 

 

 

 

 

 

 

 

L'autobus non si decideva a passare, così Rick decise di prendere un taxi. Controllò l'orologio: erano quasi le nove, ed era in un ritardo pazzesco.

In ufficio oggi avrebbero parlato del prossimo programma spaziale, e il governo premeva affinché andasse tutto bene.

Ma, 'i russi erano sempre avanti agli americani', sentiva ripetere Rick ogni volta che saliva su un mezzo pubblico. Il taxista di colore gli stava raccontando di come lo avevano scartato nell'esercito perchè non era americano, e si lamentava del cervello ristretto degli Stati Uniti.

"Credimi, figliolo, se il presidente fosse un uomo di colore, allora sì che ci sarebbero diritti uguali per tutti!"

Rick, dal sedile posteriore, sorrideva preoccupato all'uomo di mezza età, che con una mano discuteva animatamente, e l'altra la teneva sul volante.

"Grazie, siamo arrivati!" lo congedò uscendo dal taxi e lasciandogli un verdone da venti che sbalordì l'uomo. "Tenga pure il resto."

 

In quei due anni, ogni volta che Richard metteva piedi alla sede della Nasa, sentiva sempre gli occhi posati su di lui. Come se da una parte lo stessero ancora incolpando per l'incidente all'Apollo 1, e con l'altra gli mostrassero sguardi di compassione.

Una volta, un suo collega gli aveva messo la mano sulla spalla e gli aveva detto che non era colpa sua. Che gli incidenti possono accadere.

Rick aveva perso le staffe e prendendolo per il colletto gli aveva risposto che non si trattava di incidente, quando a perdere la vita erano delle persone che svolgevano il loro lavoro, che avevano lasciato una famiglia sola ad accollarsi le responsabilità.

Robert aveva fermato i due, sussurrando a Richard che non voleva perdere il suo miglior scienziato, quindi scene di quel genere doveva risparmiarsele. Da quel giorno, Castle andò a trovare la famiglia dei tre piloti morti, facendo le condoglianze e aiutandoli economicamente.

Ultimamente però non ci andò più. Non che non gliene importasse molto, al contrario. Quando vide che le tre vedove si erano consolate rifacendosi una vita, Rick non ne vide più il bisogno, e si chiese come sia possibile voltare pagina così in fretta quando una tragedia ti colpisce dritto al cuore.

Forse era il caso che anche lui voltasse pagina? Non era così semplice.

"Richard! Richard, finalmente sei arrivato! Scommetto che sei rimasto imbottigliato nel traffico, eh?" il buon vecchio amico James gli dava pacche sulle spalle, senza dare a Rick il tempo di rispondere. "Oppure immagino che ti hanno bloccato quei repubblicani al comando di Nixon, eh?" disse storcendo il naso.

Castle rise. Sapeva che al suo amico James quel Nixon non gli era mai piaciuto. Peggio ancora i repubblicani. Infatti, quando sedevano all'ora di pranzo per mangiare, lui si distaccava sempre dai discorsi politici. James aveva più o meno la stessa età di Rick; ama i libri, viaggiare, era stato sposato una volta. Poi aveva deciso di non ricadere nello stesso errore e da dieci anni era scapolo.

"Niente di tutto ciò, James, tranquillo! Ho fatto solo un po' tardi che ho accompagnato mia figlia all'università... oggi è il suo primo giorno!"

"Ah la piccola Alexis è cresciuta! L'ultima volta che l'ho vista è stato..." si interruppe ripensando che fu proprio due anni fa quando la vide. Due anni fa quando accadde l'incidente al razzo spaziale.

"Già." sospirò Richard mettendosi le mani in tasca.

L'imbarazzo iniziale sparì appena il loro capo Robert si diresse verso di loro. Lo scienziato si sfrigolò le mani e schiarì la voce con un colpo di tosse. Robert aveva una decina di anni più di Rick. Capelli brizzolati, un fazzoletto nella tasca dell'impeccabile completo grigio striato, corredato da una cravatta ogni giorno diversa, tanto che Richard aveva avuto la tentazione di chiedergli quanti soldi avesse per avere tutto quel guardaroba colorato. Sicuramente un bel po' di soldi da parte, si rispondeva tra sé, considerando i gioielli che portava ai polsini, i sigari cubani nel suo ufficio, e quelle donne giovani che incontrava di tanto in tanto insieme a lui. Insomma, era il classico americano ricco che arrivato alla soglia dei 50 anni ancora non pensava a metter su famiglia.

"Richard, siamo un po' in ritardo oggi!"

"Robert, ho un annuncio da fare. Anzi, convoca una conferenza stampa. Voglio che tutto il mondo lo sappia."

Robert e James si guardarono in faccia sbalorditi, poi tornarono a osservare Rick.

Non stava affatto scherzando. Era più serio e deciso.

 

Kate Beckett camminava di fretta tra i corridori della CBS, tenendo lo sguardo fisso su quei fogli che aveva in mano, una matita tenuta a mo' di fermaglio sull'orecchio destro, e un tailleur blu scuro con camicia bianca sotto, che faceva perdere la testa a chiunque.

Era in un maledettissimo ritardo, colpa della sveglia che non aveva suonato e l'aveva costretta a buttarsi giù dal letto in fretta e in furia.

Le persone che accidentalmente si trovavano davanti la ragazza, dovettero schivarla altrimenti l'avrebbero urtata.

Qualcuno le lanciava qualche parolaccia, qualcun'altro le gridava di stare attenta a dove guardava, ma lei non li ascoltava e finalmente raggiunse la sala riunioni.

Tutti erano posizionati al proprio posto. Alzò la testa per guardare Victoria Gates, co-editor del programma "See it Now": la donna di colore, aggraziata nel suo vestito stretto rosso la guardava da capo a piedi incrociando le braccia. Senza dire una parola, le fece segno di sedersi.

"Ringraziamo la signorina Beckett che finalmente ha trovato la forza di alzarsi dal letto stamattina per raggiungerci..."

In sala si alzarono risatine soffocate da parte di tutti i presenti, tranne che da Kevin Ryan, amico e collega della prima citata. Kate manteneva lo sguardo abbassato sentendosi imbarazzata, e alzò a malapena la testa per incrociare gli occhi di Kevin.

"Vi ho convocati qui perché la NASA ha invitato la stampa ad una conferenza stampa straordinaria. Purtroppo non ci è stato possibile raggiungere la sede dell'aeronautica spaziale, quindi abbiamo dovuto ricorrere alla CNN per avere in esclusiva questo servizio in diretta. Intanto, Beckett puoi chiamare l'emittente e passarmelo, così posso parlare col direttore?"

La Gates accese il televisore e alzò il volume. Kate in risposta le fece un cenno di assenso col capo, e andò dritta al ricevitore. Come se non avesse fatto già abbastanza figuracce in dieci minuti che era entrata in sala! Compose il numero della CNN, e mentre attendeva che qualcuno rispondesse dall'altro capo del telefono, si lasciò catturare dallo sguardo magnetico e dalla voce profonda dell'uomo alla televisione.

"...sì, lo so che l'esperimento dell'Apollo 1 ci ha insegnato che non bisogna scherzare col fuoco, ma io sono positivo. Devo esserlo. Sono uno scienziato e devo credere che la scienza stia facendo dei passi da gigante. In questo periodo di grande esposizione, l'America sta vivendo nella Guerra Fredda contro i nostri rivali di sempre, i russi. E abbiamo perso la battaglia. Ma vinceremo noi la guerra. Per questo, apro ufficialmente l'inizio della nostra prossima missione denominata Apollo 11: l'uomo sulla Luna."

Dai giornalisti si udì un boato, qualche fischio, che però sembrò non scuotere minimamente l'uomo in tv.

Rick stava azzardando con le sue affermazioni. Oppure era davvero convinto di ciò che voleva fare? Fiducioso guardava prima il pubblico di giornalisti, poi i suoi colleghi alla NASA, e infine la telecamera davanti a sé.

Qualcuno gridò 'sei un pazzo!', qualcun altro 'ti stai lanciando nel vuoto!'

Gates abbassò il volume, poggiò le mani sul tavolo, restando in piedi ad osservare i suoi dipendenti. Perfino Kate si sorprese a smettere di fare ciò a cui era stata ordinata per guardare il suo superiore. Quella donna stava facendo progressi. In un'epoca in cui era difficile per il genere femminile farsi una carriera, figurarsi per una donna di colore, Victoria Gates era una fiera leonessa da imitare, che metteva paura a chiunque appena faceva sentire il suono della sua voce.

"Quest'uomo che avete appena sentito è Richard Castle, lo scienziato che ha condotto la missione fallimentare dell'Apollo 1, facendo uccidere tre uomini del suo equipaggio. Da allora, la NASA  l'ha sempre tenuto in disparte causa la sua folle idea di portare l'uomo sulla superficie lunale. Ma ora, ha indetto questa conferenza stampa per dimostrare che può riuscire nel suo intento. Ora, la domanda che vi pongo è: sta bleffando di nuovo per riavere la sua fama, oppure c'è qualcosa di vero? Chi si vuole occupare di questo caso?"

Nessuno in sala sembrava fiatare. Intimoriti dalla Gates, non osavano neanche preoccuparsi di una simile notizia. La donna ticchettava con una scarpa, scrutando uno ad uno i suoi dipendenti. Infine, sbuffò.

"Siete l'orgoglio di questo network, complimenti..." si rivolse a Kate, ancora in attesa al telefono "Beckett, ha risposto qualcuno ala CNN? Beckett?"

Solo quando la Gates urlò il suo nome per la seconda o terza volta, allora la ragazza si riprese sussultando.

"Ehm... sì, signora. C'è il presidente della rete per lei..."

"Ci voleva tanto per farmelo passare?"

Catturata dalla prospettiva di quella notizia, Kate vedeva in Richard Castle la sua fonte per far carriera all'interno del mondo del giornalismo. Lei era una matricola. Aveva speso i suoi ultimi cinque anni in reti e radio locali, e solo grazie al suo amico Kevin Ryan, era riuscita ad entrare alla CBS. Ma la strada era molto lunga.

Forse se fosse riuscita ad ottenere un'intervista a Castle, avrebbe fatto bingo...

"Perfetto. Ci vediamo domani."

Lo sbattere forte del ricevitore fece sobbalzare Kate.

"Signora Gates, vorrei occuparmi io di questa notizia." disse timidamente.

La donna la guardò per qualche secondo. Kate era seria. Serissima. E dai suoi occhi si intravedeva quella scintilla che avevano tutti i giovani a caccia di sogni. Victoria, infatti, sapeva che Kate aveva del potenziale, solo che a causa dei suoi problemi familiari - una madre morta e un padre che non si faceva mai vedere a casa - sembrava sempre avere la testa tra le nuvole.

Tutti in quella sala guardarono le due donne quasi prese in un duello.

"La notizia è tutta tua, Beckett. Voi, tornate al lavoro sulle vostre scrivanie!"

Quando si ritrovò sola nella stanza, la ragazza sorrise raggiante e guardò per l'ultima volta il televisore che mostrava ancora il volto di Richard Castle.

 

 

 

 

 

Angoletto dell'autrice (poco) sana di mente:

Sono tornata ad essere 'la poco sana di mente' visto che a qualcuna mancavo :p

Con questo capitolo ho introdotto anche il personaggio di Beckett.

Non c'è molto di diverso dal solito personaggio di 'Castle', ma anche questo vedrò di ampliarlo nel corso della storia :)

Ho introdotto due personaggi, uno è James, l'amico e collega di Rick (nome ispirato allo scrittore Patterson XD), l'altro è Robert, capo di Castle alla NASA.

Kevin Ryan è un collega di Kate, così come la Gates è co-editor della rete.

Ci saranno anche Javi e Lanie... ma non vi svelo i loro ruoli! Anche se potrete intuirli :p

Detto questo, ci si legge nel prossimo capitolo *_*

Vedrò di aggiornare più spesso, tanto l'ispirazione per ora è tornata, e non ho molto da fare XD

Alla prossima!

D.

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Capitolo 3
*** Una ragione per crederci ***


man on the moon

 

 

 

 

capitolo 3: una ragione per crederci

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Per Kate Beckett riuscire a rintracciare Richard Castle fu una passeggiata. Flirtare con l'addetto agli archivi, tale Josh Davidson, non le era mai sembrato così facile.

Infatti, la giovane giornalista sapeva bene che Josh aveva una cotta per lei, quindi approfittò deliberatamente della situazione. 

Prima di dirigersi all'archivio, si era alzata di poco la gonna stretta fin sopra il ginocchio, cosa d'altra parte considerata indecorosa a quei tempi, poi aveva sbottonato un altro bottone della sua camicia bianca, e infine aveva mosso ancora di più i suoi capelli per sembrare più sexy.

La sua amica Lanie, la segretaria di colore alla CBS, le aveva anche prestato un rossetto rosso mozzafiato.

Come una bambola di porcellana, Kate passeggiava osservata da tutti i dipendenti, muovendo le anche, mentre si sforzava di mostrare il suo miglior sorriso all'impiegato dell'archivio.

Josh aveva balbettato qualcosa che assomigliava ad un 'ciao Kate', e lei senza pudore, si era sporta sussurrandogli all'orecchio se poteva visionare l'archivio sul caso dell'Apollo 1. Allora lui le aveva risposto che era proibito, e lei 'Anche per una ragazza come me?' ingenuamente, continuando a sbottonarsi anche il terzo e quarto bottone della camicetta.

Kate vedeva la giugulare di Josh pulsare a 300 battiti al secondo e sapeva di avere la vittoria in pugno. Sorrise maliziosamente appena Josh le diede l'ok, 'Solo perché sei te, Kate.'

La giornalista sapeva benissimo che per fare un lavoro come il suo si era disposti a tutto. Sopratutto scendere a compromessi! Più che giornalista, sembrava una vera detective.

Con prudenza, si diresse nel suo ufficio per sfogliare il file sull'incidente dell'Apollo 1. Si assicurò che la porta fosse chiusa per bene, e poi iniziò ad analizzare foglio dopo foglio. Doveva studiare con attenzione il caso, prima di procedere a intervistare Castle.

 

Quel giorno di gennaio del 1967 tutto era perfetto per il lancio. In realtà, non si trattava di un vero e proprio lancio. Era un'esercitazione. Doveva essere il primo volo di prova con un equipaggio composto dal pilota comandante Virgil Grissom, il pilota maggiore Edward H. White e il pilota Roger B. Chaffee. Gli obiettivi dell'AS-204, quello il nome originario del programma spaziale, erano quelli di verificare e testare le operazioni di lancio, le telemetrie a terra, e possibilità di controlli generali.

Prima dell'incidente, l'equipaggio stava adagiandosi nei rispettivi sedili orizzontali completando la checklist, mentre un problema al sistema di comunicazione era stato riparato. Improvvisamente, una voce - attribuita a Chaffee - gridò "Fuoco, sento odor di fuoco". La trasmissione si concluse con un grido di dolore. L'equipaggio non ebbe la possibilità di fuggire, dato che il portello con apertura interna, poteva aprirsi solo con la capsula non pressurizzata - questa era opera di Richard Castle, il massimo esperto in progettazioni.

Castle aveva progettato almeno 90 secondi di fuga, ma l'equipaggio morì in soli 15.

E lui come scienziato si riteneva responsabile poiché sapeva che avrebbe dovuto ricontrollare quel cavo di alta tensione per evitare la combustione accelerata all'interno della capsula.

Ma la NASA non fu d'accordo. Si decise che il portellone era stato così deciso e che si sarebbe potuto aprire accidentalmente, e l'atmosfera di ossigeno puro contenente nella capsula dei tre piloti, non dava problemi.

 

Chiuse velocemente il fascicolo restando con le mani in mano per qualche secondo. Poi, prese un pezzo di carta e si appuntò indirizzo e numero di telefono di casa Castle.

 

Kate non si era accorta che la casa che cercava si trovava proprio vicino ad uno dei suoi ristoranti preferiti e la cosa la sorprese non poco. Si diede un'ultima occhiata sistemando i capelli in su con un chignon. Sì, era vestita professionalmente con camicia, tailleur, tacchi e cappotto color sabbia.

Non trovando un campanello, bussò al portone color nocciola, avente degli ornamenti dorici sullo stipite.

"Salve!! In cosa posso esserle utile?"

La voce squillante della donna dai capelli rossi la fece sobbalzare e pensò di aver sbagliato indirizzo.

"Ehm. Salve! Sono Kate Beckett, giornalista alla CBS..." disse un po' incerta e mostrando il suo biglietto da visita. "Cerco Richard Castle..."

"Mio figlio è in casa, lavora sempre qui ultimamente!" con molta nonchalance, la donna iniziò un suo proprio monologo muovendo le mani in tutti i modi.

Poi fece segno alla ragazza di entrare.

Kate non si scomodò e chiuse delicatamente la porta dietro di lei. L'ambiente era accogliente. 

Un soggiorno con divanetti e caminetto che faceva sentire chiunque 'a casa'. Un brivido le percosse la schiena. Come era possibile che quel luogo così caldo, solo dopo pochi secondi che era entrata, la facesse già sentire protetta?

Si strinse con le mani in tasca, guardandosi intorno. Cercò una spiegazione razionale a quella strana sensazione, osservando le pareti rosa antico che contornavano il soggiorno.

I suoi pensieri vennero interrotti dall'arrivo della donna, in compagnia di quello che presumibilmente era il Richard Castle che cercava, sotto braccio. La donna gli toccò le guance, orgogliosa di suo figlio.

Rick poi sorrise a Kate, facendole segno di togliersi cappotto e giacca. Kate rispose con un segno di dissenso.

"Grazie, me la cavo da sola."

"Io sono Richard... o Rick, come preferisce, Castle." le porse la mano che lei accolse in un saluto.

"Piacere di incontrarla. Io sono Kate. Kate Beckett."

Cos'era quel groviglio che sentiva allo stomaco? Il tocco caldo dell'uomo le stava riscaldando il cuore e neanche se ne stava accorgendo.

Si sedettero in soggiorno, e la donna anziana, Martha Rodgers, si assicurò che avessero del té caldo e dei pasticcini.

"Spero che le piacciano questi dolcetti signorina Beckett... li ho fatti con le mie mani!"

Di nuovo quelle mani al vento. Rick si portò una mano in fronte.

"Madre, per favore. Non metterci in imbarazzo davanti alla stampa..."

L'espressione di Kate stava radicalmente cambiando. Poteva giurare di vedere apparire un sorriso sul suo volto.

"Perché? Che sto facendo?" chiese Martha ingenuamente, poi mise una mano sulla spalla della giovane per richiamare la sua attenzione. "Tanto per la cronaca, se vuole saperlo, ho recitato insieme a Marylin Monroe in un film! Quella povera ragazza... che morte orrenda! Non si sa ancora nulla su come sia morta?"

"Madre..." Rick richiamava disperato la sua attenzione, rivolgendo di tanto in tanto, degli sguardi a Kate.

"No, mi spiace.. Stiamo indagando anche noi..."

"E chi ha ucciso Kennedy?"

Kate fece per dire qualcosa, ma Rick diede a sua madre un ultimo sguardo inceneritore.

"Vi lascio soli..."

"E' strano che sia riuscita a contattarmi di persona... di solito non lascio entrare giornalisti in casa mia..." disse Rick, una volta che sua madre si allontanò dai due.

Kate sorseggiò del té.

"Lo so, dopo... l'incidente di due anni fa, si è un po' chiuso con i media." stava attenta a come pronunciava le parole.

Infatti, Rick storse un po' la bocca a nominare 'incidente'. Giocherellò con le mani per qualche secondo, per poi tornare a squadrare la giornalista.

"Cosa è venuta a fare qui, Beckett?"

Kate posò la tazza sul piccolo tavolino davanti a sé, poi prese dei fascicoli che aveva in borsa e li mostrò allo scienziato.

"Questo. Lei ha dichiarato che intende riprovarci con il lancio spaziale, nonostante il suo fallimento. Ma sappiamo bene che né i media e né la NASA sarà al 100% dalla sua parte. Tuttavia, io credo nel suo progetto e intento seguirla passo dopo passo."

Parlava decisa, senza staccare gli occhi di dosso da quell'uomo davanti a sé. Lui anche la osservava e nel suo volto vedeva determinazione. Non si sarebbe arresa finché non avrebbe scoperto la verità.

"Perché è così interessata a me?"

La giornalista si sporse più vicina allo scienziato.

"Perché so cosa vuol dire quando la verità viene archiviata e perdi la fiducia nelle persone care, e ti chiudi a riccio senza parlare con nessuno."

Kate si morse il labbro. La sua vita personale era qualcosa che ancora le bruciava. Sarebbe stato il caso di dire a Castle tutta la verità? Doveva guadagnarsi la sua fiducia, pensò.

"Mia madre è morta dieci anni fa e nessuno ha saputo dirmi chi è stato ad ucciderla. Sicuramente c'è di mezzo qualche pezzo grosso. Io sono diventata giornalista per scoprire la verità sul suo omicidio, tutt'ora irrisolto. Ma sono fiduciosa che un giorno ci riuscirò."

"Mi spiace per sua madre. Ma ancora non capisco dove lei voglia arrivare."

"Io voglio che il mondo sappia la verità. Perchè so cosa vuol dire sentirsi in colpa per la morte di qualcuno. Anche io rimpiango di non aver potuto far nulla per impedire che mia madre venisse uccisa."

"Ma non è stata colpa sua!"

"Come non è stata colpa sua l'aver ucciso quei tre astronauti!"

Le loro voci si erano alzate di colpo. E improvvisamente avevano realizzato di aver colpito nel segno. Non c'era motivo di avere i sensi di colpa.

Rick si illuminò. Quella ragazza davanti a sé sembrava sincera. Forse avrebbe trovato la sua ragione per credere nel suo prossimo progetto.

Sorrise.

"Sa che le dico? Diamoci del tu. Chiamami domani ci mettiamo d'accordo per quando puoi venire a trovarmi a casa o nel mio ufficio."

"Va bene, Castle." lei ricambiò il sorriso e gli porse la mano per salutarlo.

Qualcun altro dopo sua figlia e sua madre, gli stava dando fiducia. Ed era una giornalista. Di una rete importante. Avrebbe ridato prestigio al suo nome, ne era sicuro.

"Papà, papà, guarda che ho trovato!" la voce della ragazzina dai capelli color carota interruppe l'idillio dei due, i quali, come colti in flagrante, sciolsero la stretta di mano guardando incerti la piccola Alexis, che si era bloccata di colpo.

"Io la conosco... lei lavora a quel programma... come si chiama?" si grattò la testa cercando di ricordare.

"See It Now." disse Kate sorridendole, mentre raccolse le sue cose pronta ad andare via.

"Giusto! E' geniale! Ho sentito per radio tante volte il confronto tra Edward Murrow e il senatore McCarthy! E' stata una genialata smascherarlo in tv!"

"Uhm ma tu non eri un po' troppo piccola per vederlo in televisione?"

Alexis nascose le mani dietro la schiena dondolando da una parte all'altra.

"Mia figlia è un genio. Tutta suo padre!" Rick si gongolava mentre guardava fiero sua figlia.

Kate, invece, era rimasta particolarmente colpita da ogni membro della famiglia Castle. Di solito quando intervistava qualche persona famosa, questa mostrava tutti i suoi titoli e i suoi trofei. Invece, gli unici trofei di cui si vantava Rick erano sua madre, un'attrice, e sua figlia, un piccolo genio in crescita.

"Ci venga presto a trovare!" la esortò l'attrice, mentre accompagnava Kate alla porta.

Lei rispose semplicemente con un sorriso e una stretta di mano.

Prima che potesse voltarsi per prendere l'autobus, qualcuno richiamò la sua attenzione.

"Un consiglio, Beckett..." Rick era poggiato con un gomito accanto alla porta, e l'altra mano reggeva la parte opposta dello stipite. "Sei troppo professionale. Potresti provare a sciogliere i capelli qualche volta..."

Lei sorrise imbarazzata abbassando lo sguardo. Stava nascondendo il fatto di essere mezza lusingata e mezza rossa in volto.

"Sei anche stilista oltre che scienziato?"

Rick guardava i suoi occhi così genuini, calmi e brillanti. Non aveva mai visto una giovane donna così bella come lei. E gli era bastato mezz'ora per capire che quella ragazza gli aveva colpito il cuore con la sua sola semplicità. Le mostrò uno dei suoi più bei sorrisi.

"Chi lo sa, Beckett. Chi lo sa."

 

 

 

 

 

Angoletto dell'autrice (poco) sana di mente:

Accidenti la nostra detec...ehm giornalista! Così si fa!

L'incontro con Rick non poteva essere dei migliori... secondo me hanno capito fin da subito che c'è qualcosa di speciale tra loro...

Martha non poteva presentarsi in altro modo! Ma avrà esagerato mica citando addirittura Marylin Monroe? :p

Una ragione per crederci ancora Rick l'ha avuta... ora può anche iniziare a preparare il suo progetto spaziale!
Alla prossima!

D.

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Capitolo 4
*** Guardare le stelle ***


man on the moon

 

 

 

 

capitolo 4: guardare le stelle

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Martha Rodgers si gustava suo figlio mentre passeggiava per casa, intento a prepararsi prima di uscire per il lavoro, a canticchiare un vecchio motivetto e lasciarsi andare a qualche passo di danza.

"Sei proprio sicuro di fidarti di quella giornalista?"

Rick agguantò una ciambella mettendosela tutta in bocca.

"Fecché fo?"

"Eh?" fece lei aspettando che suo figlio digerisse tutto quel ben di Dio.

La donna aspettava, tamburellando con le dita sul davanzale della tavola mentre l'altra mano reggeva il suo mento.

"Allora? Sto aspettando una risposta, Richard! Oh ma penso di sapere come andrà a finire questa storia!" sospirò immaginando una scena romantica davanti a sé.

Finalmente Rick si era liberato del boccone.

"Madre, non cominciare con i tuoi film mentali... è solo una collaborazione di lavoro e niente di più!" mise subito le mani avanti in segno di difesa.

Anche Alexis raggiunse il simpatico duo in cucina. Afferrò un cornetto, sorrise e corse via per non perdere l'autobus.

Rick la guardò e si gonfiò come un pavone, orgoglioso come sempre della sua piccolina. Martha lo riportò sui suoi passi e gli indicò l'orologio.

"Sbrigati figliolo, prima che Robert ti faccia un'altra sgridata!"

"Non preoccuparti!" le fece l'occhiolino mentre sua madre scuoteva la testa.

Solo qualche ora dopo, Castle si sarebbe reso conto che Martha aveva ragione. Come sempre.

 

"Com'è questo Richard Castle? La televisione gli rende giustizia?"

Kate alzò lo sguardo. Lanie la stava tempestando di domande. Ed erano appena le nove di mattina!

Fortunatamente, la giornalista non sarebbe stata assalita a lungo visto che tra un'ora doveva essere alla NASA per seguire le 'avventure' di Richard Castle. Al sol pensare il suo nome, la giovane arrossì, e non aveva neanche la scusa di coprirsi i capelli per non farsi notare, poiché li aveva tirati su in una cipolla.

"Tu piuttosto..." Kate si guardò intorno furtiva, poi si avvicinò all'amica "Come va con il ragazzo delle consegne? Come si chiama? Ha un nome latino che non riesco a ricordare..." roteò gli occhi con un po' di malizia, e questo provocò la reazione di Lanie che le diede uno spintone facendole segno che il diretto interessato era appena entrato in redazione.

Alto, pettorali in bella mostra, carnagione scura, fascino latino, e completo azzurro corredato con il berretto dello stesso colore. Javier Esposito sapeva sicuramente attirare l'attenzione. Tutte le donne dell'ufficio sembravano cadere ai suoi piedi ogni volta che lui alzava il berretto per salutarle.

Tuttavia, Javier aveva occhi solo per una persona.

"Hola mi amor!"

"Hola dolcezza!"

Kate si sentì improvvisamente il terzo incomodo e si allontanò per far spazio a Javier che si chinava per baciare Lanie.

"Non sentite un certo...caldo!"

Kevin Ryan sbucò da dietro a Kate facendola sobbalzare, poi salutò Javi e Lanie alzando la testa. L'ispanico strinse forte a sé Lanie, non curandosi degli altri intorno a loro.

"Ormai siete pronti per il grande passo o sbaglio?"

Prima che Esposito potesse rispondere, il ticchettio dei passi di Victoria Gates ruppe l'atmosfera. Severa, la Gates guardò uno ad uno il gruppetto, che si sciolse e andò ognuno per la propria strada abbassando la testa. Era ora di mettersi al lavoro, e Kate doveva dirigersi alla NASA.

Aveva preparato la cartellina con le domande da fare e la borsa. Si diede un'ultima occhiata allo specchio del bagno della sua sede giornalistica. Uno sguardo a destra, poi a sinistra. Appoggiò la schiena alla parete mordendosi la lingua. Poi, sciolse i capelli.

 

Dei bracci meccanici sollevavano un pezzo dopo l'altro.

Rick Castle era lì ad osservare mentre le macchine sistemavano l'assemblaggio di quello che appariva essere un razzo spaziale.

Il suo progetto era iniziato bene. Si era chiuso a pensare nella sua stanza e non era più uscito. Era troppo fiducioso e ci credeva. Ed era quello che importava.

Sua figlia Alexis si era appoggiata più volte sullo stipite della porta, osservando suo padre da una piccola fessura della porta e i suoi occhi avevano cominciato a brillare come diamanti.

Era quella scintilla che gli era mancata. Lui non l'aveva più vista da qualche anno, ma sua figlia, sua madre, e poi quella giornalista, gli avevano dato fiducia e lui aveva iniziato a crederci di nuovo.

"Richard Castle?"

La voce di James lo distolse dal foglio del suo progetto per fermarsi a guardare il suo amico insieme all'unica donna che poteva presentarsi alla NASA.

Accennò un sorriso appena riconobbe Kate Beckett, stavolta con i capelli lasciati sciolti. I morbidi boccoli erano disposti danzanti sulle sue spalle. Decisamente le davano un altro tocco. Quasi più femminile.

"Arrivo!"

Fece delle scalinate di corsa, passando da scienziati a tecnici, tutti uniti per realizzare quel razzo.

James salutò Kate, mentre lei osservava quelle macchine mettere in ordine, costruire, pezzo dopo pezzo.

Rick la guardava a sua volta e seguì il suo sguardo.

"Scommetto che non avevi mai visto cose del genere."

Si morse il labbro e Rick non riusciva a toglierle gli occhi di dosso. Era così maledettamente... sexy quando lo faceva.

"Perché non mi fai vedere che altro fate qui?"

Kate, invece, si ritrasse quasi subito considerando quel gesto fuori luogo. Erano sul posto di lavoro. Non poteva permettersi distrazioni.

Ma sopratutto... perché doveva pensare a distrazioni del genere?

 

Tutti intorno a loro due li osservavano. Kate sembrava così a suo agio a parlare con Rick, mentre lui le mostrava i vari settori del suo progetto.

La giovane era molto spontanea. Prendeva appunti, faceva domande, e di tanto in tanto si portava i capelli dietro le orecchie, dimostrando di essere interessata alla struttura, seppur non ne capiva molto di fisica e meccanica quantistica, ma adorava sentir parlare Rick.

Arrivarono a prendersi un caffè al piano terra, e sedettero ad ammirare il panorama su una specie di veranda.

"Cosa ti ha spinto a diventare astronauta?" gli chiese improvvisamente, più assorta a cercare la linea dell'orizzonte oltre quei palazzi che aveva di fronte, che a guardarlo in faccia.

Rick bevve qualche sorso, poi rimase a guardare la tazzina davanti a sé.

"Da piccolo guardavo le stelle affacciandomi alla finestra o arrampicandomi sul tetto fuori la mia stanza. Era l'unico modo che avevo per rilassarmi quando non avevo voglia di fare i compiti o aiutare mia madre", rise mentre giocherellava con il cartoccio che circondava la tazzina di caffè. "Poi un giorno mi sono chiesto, 'E se ci fosse vita su quei puntini luminosi che vedo lassù?' Credimi, Beckett, ho provato a contare le stelle, una per una, ogni notte, ogni anno di vita ed è impossibile determinare quante esse siano. Ma se l'uomo riuscisse a raggiungere almeno una di queste stelle... sarebbe un grosso passo per l'umanità."

Kate ascoltava affascinata. Quel caffè che le era rimasto in mano si era quasi raffreddato, ma ormai non le importava.

Quest'uomo davanti a lei era sicuramente un tipo affascinante, avvolgente, entusiasmante. E ogni parola che usciva dalla sua bocca era un qualcosa di nuovo per lei. Non aveva mai intervistato una persona con così larghe vedute. Un sognatore?

"Beh possiamo dire che sei un sognatore, Castle." gli disse sorridendo.

Neanche si erano accorti che le loro mani avevano abbandonato la tazzina di caffè e si stavano lentamente congiungendo. Un gesto semplice, quasi spontaneo.

"E tu, Beckett? Sei una sognatrice?"

"A me hanno insegnato a essere realista. A cercare la verità. E' il mio lavoro e il mio motto è Amor omnia vincit."

"Uhm deve esserci qualcos'altro... tutta così... ferrea!" fece delle moine con le mani che sembravano quelle di un robot.

In risposta, Kate gli diede uno strattone.

Si stavano divertendo. Chi l'avrebbe mai detto che il lavoro sarebbe stato così divertente?

Rick poi pose la sua attenzione su tre uomini con indosso delle tute spaziali bianche che reggevano un enorme casco tra le mani. Lo scienziato fece segno alla giornalista di guardarli.

"Loro sono dei sognatori. Sai perchè li ho scelti? Perchè vogliono scoprire altre forme di vita, volare... andare sulla Luna e guardare le stelle... contarle! Dare a tutte loro un nome... non sarebbe bello?"

Kate balbettò qualcosa non riuscendo a proferir parola, perché infatti i due vennero interrotti da Robert.

L'elegante direttore della NASA, impeccabile col suo completo griffato grigio e il fazzoletto nella tasca destra della giacca, si avvicinò preoccupato al suo scienziato migliore. Rick lo precedette alzandosi nella sua direzione.

"Richard, abbiamo un problema..." si interruppe guardando la deliziosa giornalista seduta al tavolo con Rick. "Oh salve, signorina... è amica di Richard?"

"Eh io veramente..."

Rick sbuffò cercando di mantenere l'attenzione su di lui.

"Robert, andiamo, focalizzati! Cosa succede?"

Il suo capo tornò serio, posando le mani sulle spalle dello scienziato.

"Richard, devi rivedere il tuo progetto. In particolare quel disegno che hai imposto al razzo. Al governo non piace molto questa tua... come dire... aria 'sognante-romantica'..."

Lo scienziato scosse la testa accigliandosi, poi guardò Kate, che di nascosto aveva acceso il suo registratore portatile...

 

 

 

 

Angoletto dell'autrice (poco) sana di mente:

Devo confessarvi che mi ci vuole più per trovare le gif che per scrivere il capitolo! XD

Sto aggiornando poco perchè la settimana prossima mi laureo quindi non ho avuto molto tempo per scrivere.

Comunque a parte questo... vi sta piacendo??

Kate e Rick sono cotti l'una dell'altro, ma... un momento, che ci fa Kate col registratore?!

Sta preparando veramente uno scoop? Mica vorrà creare danni a Rick?

State calme, che presto lo saprete u.u

Grazie a chi legge, ma anche a chi recensisce, facendomi sapere ogni volta cosa ne pensa... siete un supporto per continuare a scrivere :D

Alla prossima!

D.

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Capitolo 5
*** con le spalle contro un ring ***


man on the moon

 

 

 

 

capitolo 5: con le spalle contro un ring

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Restò a guardare il suo capo scuotendo la testa.

"Puoi ripetere esattamente le parole del presidente, Robert?"

L'uomo sospirava, guardando la giornalista seduta al tavolo che per l'imbarazzo non sapeva che dire se non alzare spallucce.

"Richard... quel disegno..."

"Quel disegno ha impiegato tre notti insonni per realizzarlo!" di colpo, lo scienziato si alzò, sbottando. L'attenzione dei presenti si volge su di loro. "Tre notti! Ti rendi conto che mi stai dicendo di mandare tutto all'aria perché a Nixon non va bene ciò che sto facendo? Gli dà problemi che un'aquila porti un ramoscello d'olivo perchè gli ricorda l'Arca di Noè! E' ateo forse?? Certo, deve essere così!! Io volevo dare un significato profondo a questa missione... un senso di rinascita, non solo per la scienza, ma per me!!... Ma qual è il suo problema?"

Robert fece per rispondere, ma la voce alta di Rick lo interruppe.

"Certo, lui sta lì seduto a fare il presidente, non è che deve faticare per farsi venire l'ispirazione!!"

"Richard..."

"Non chiamarmi più per fare qualcosa, okay? Io me ne vado!"

Kate rimase silenziosa ad ascoltare come le parole taglienti di Rick infrangevano quel momento così carico di tensione. Si mordeva il labbro, poi si passava distrattamente una mano sui capelli. Infine spense il registratore.

 

La corsa per arrivare a casa lo aveva stancato. Aveva salutato con un 'ciao' sua madre e sua figlia, per poi chiudersi nel suo studio.

Martha fece capolino dalla cucina, chiamandolo, poiché aveva udito i suoi passi. Come un segugio, seguì la scia da quando entrò dalla porta fino alla sua stanza, camminando in punta di tacco. Quando però giunse davanti la porta del suo studio e provò ad aprire, notò che Rick aveva sigillato per bene. Sconsolata, Martha sospirò. Avrebbe voluto volentieri scambiare qualche parola con figlio, giusto per capire come si sentiva in quel momento.

Ma bastò accendere il televisore e ascoltare un discorso di Nixon per capire cosa era accaduto e perchè suo figlio era così scontroso.

 

Verso sera, Alexis tornò a casa dopo una giornata di corsi all'università. Era contenta. Le guance iniziarono ad infiammarsi appena prese la sua agenda e sembrò guardare una fotografia in bianco in nero, che poi si portò stretta al cuore e sospirò. Martha fece capolino da dietro la nipote facendola sobbalzare.

"Nonna!"

"Chi è il ragazzo per il quale hai una cotta?"

La ragazzina dai capelli arancione nascose immediatamente la fotografia dietro di sé, farfugliando qualcosa. Ma il loro momento venne interrotto dal rumore di scartoffie, scatoloni, e forse qualche grosso computer buttato per terra.

Tutto stava accadendo nella frazione di qualche minuto.

Le due donne si avvicinarono allo studio di Rick, bussando concitanti.

"Richard! Apri la porta, per favore!"

L'uomo invece se ne stava zitto. Immobile. Con i nervi saldi, era in piedi di fronte alla sua scrivania. Mani posate su quel legno duro e spoglio a guardare il poster con l'ipotetica missione dell'Apollo 1.

Il resto delle sue scartoffie, libri e il suo grande computer, era stato gettato a terra. Si accorse che c'era ancora qualcosa accanto a lui. Era un premio della scuola che lo aveva incoronato per il miglior progetto di scienze. Lo prese e lo scaraventò sul pavimento, causando una serie di scintille di vetro che balzavano in aria come fuochi d'artificio.

"Dannazione!" urlò, sbraitando, portandosi le mani nei capelli, e poi tornando a fissare quel poster.

Dentro di sé ribolliva la rabbia. Ma la sua più grande paura era quella di fallire ancora. Non se lo sarebbe perdonato.

Aveva le spalle al muro in quel momento. Non aveva idea di quello che avrebbe fatto.

Si era costruito un progetto, ma per quel 'piccolo' intoppo, aveva dovuto cambiarlo. Lo avrebbe fatto? Avrebbe eseguito gli ordini che il governo aveva imposto alla NASA?

"Richard!" Martha gridava da dietro alla porta, preoccupandosi che qualcosa fosse successo. "Ti prego, apri la porta! Che cosa è successo?"

Alexis distolse sua nonna, facendole segno col dito sulle labbra, di far silenzio e ascoltare.

Lo scienziato si avvicinò alla porta e aprì. Martha e Alexis videro il ritratto di un uomo che mai si sarebbero aspettate.

Richard Castle stava piangendo.

"Papà..." senza dire nient'altro, la ragazzina fu la prima a gettarsi tra le braccia del padre.

 

"Fammi capire bene... mi stai dicendo che non sei riuscita a registrare la conversazione tra te e il signor Castle? O di nessun altro alla NASA?" la donna di colore guardava accigliata la giovane giornalista davanti a sé.

Victoria Gates era come al solito vestita in maniera impeccabile. Completo grigio perla, camicia bianca con un fiocco che le contornava il collo, la donna sapeva essere maledettamente elegante e incutere timore allo stesso tempo.

E chi sapeva che il diavolo camminava sui tacchi a spillo?

Al sol pensiero, Kate accennò un sorriso, per poi tornare seria e pensante. Cosa avrebbe raccontato?

"Mi si è rotto il registratore."

In realtà, il suo registratore stava benissimo. Non sapeva mentire molto bene, quindi disse la prima cosa che le era saltata in mente.

Kevin guardava la sua collega preoccupato. Sia lui e sia Lanie sapevano quando Kate stava mentendo. Abbassava lo sguardo evitando il contatto visivo con la persona davanti a sé, e poi si metteva una ciocca di capelli dietro.

La Gates guardava di nuovo Kate, come in attesa di una risposta. Poi, arresa, lasciò cadere le braccia lungo il corpo e afferrò il telecomando per accendere la televisione del loro studio.

"Fortunatamente abbiamo in programma di mandare un servizio su Richard Castle, grazie a qualcun altro che si è occupato del caso..."

Cosa erano quelle scritte? E quelle immagini che stava vedendo?

No, Kate non avrebbe mai mandato in onda un servizio in cui si vedevano video di Rick dopo il post-disastro dell'Apollo 1. Un Rick disastrato, quasi un senzatetto, con barba incolta e occhi rossi... e stanchi.

Le scritte erano delle più pesanti.

'Il fallimento di una stella nascente.'

'Richard Castle fa crollare il suo castello di sicurezza.'

Titoli assolutamente imbarazzanti per Castle.

Con freddezza, Kate prese il telecomando, strappandolo di mano dal suo capo e spense il televisore. La Gates ticchettava e tamburellava con le dita sul suo braccio, cercando delle risposte.

"Cosa ti succede, Beckett?"

Già, cosa le stava succedendo tutto d'improvviso? Quelle farfalle allo stomaco stavano muovendosi troppo velocemente. Tra qualche istante avrebbe avuto un crollo nervoso.

La voce della ragione le diceva di andare avanti col servizio, quella del cuore non cercava ragioni...

"Io-io ti prego di darmi altro tempo. Qualche settimana, al massimo! Almeno finché non ho la certezza che Castle stia facendo sul serio col suo lancio."

"E quindi? Continuerai a seguirlo?"

"Sì, continuerò a seguirlo. Del resto, sono passati solo due mesi dal nostro primo incontro. Ho ancora tempo." disse, e poi lasciò la stanza in modo decisivo.

 

 

 

 

 

Angoletto dell'autrice (poco) sana di mente:

Scusate per l'assenza ma nel frattempo mi sono laureata! XD

In pratica sarebbe il marzo del 1969 e lo sbarco sulla Luna è avvenuto in luglio... fate i vostri calcoli :p

Beh pensavate davvero che Kate avrebbe approfittato della situazione di 'debolezza' di Rick per fare lo scoop?

Uhm andiamo! Non vedete come la giovane giornalista sia presa dall'idea dell'uomo sulla Luna? (e sopratutto da LUI!)

Povero Rick... i suoi progetti sono quasi in fumo, e l'idea di fallire di nuovo lo spaventa.

Chissà chi starà vicino a Rick per riportarlo sui suoi passi...

Alla prossima!

D.

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Capitolo 6
*** cercando risposte dall'alto ***


man on the moon

 

 

 

 

capitolo 6: cercando risposte dall'alto

 

 

 

 

 

 

 

 

Erano passati alcuni giorni e Richard si era chiuso in sé stesso cercando di rimediare ai suoi 'errori'.

Di giorno spendeva il suo tempo in ufficio, costruendo castelli più o meno reali; buttando giù a terra le speranze da sognatore; di sera, dopo aver mangiato, si ritirava silenzioso nel suo studio giocherellando con quel modellino di razzo che tutto fiero aveva costruito quando aveva solo dieci anni.

Alexis si era ritrovata più volte a sbirciare dalla porta dove suo padre lavorava. Non per origliare, non per farsi gli affari suoi. Il suo era un gesto di preoccupazione. La ragazza cercava di capire come mai l'entusiasmo di suo padre si era spento tutto di colpo. Decise che non sarebbe stato il governo e né il Presidente a buttarlo giù di morale.

Alcune volte, quando suo padre non riusciva a lavorare, si lasciava cadere sul comodo sofà del salotto, aspettando che arrivasse Morfeo ad accoglierlo tra le sue braccia. Allungava braccia e gambe per stiracchiarsi, prendendo un grosso respiro, poi si passava le mani sul viso per cercare di riprendere dove aveva lasciato il suo lavoro.

A quel punto, arrivava Alexis e imitava i gesti di suo padre. Allungava braccia e gambe, si stiracchiava e passava le mani sul volto anche lei.

Richard si accorse di questo gesto meccanico di Alexis e la 'sfidò' imponendosi altri gesti. Si portò le mani unite in preghiera passandosele dalla fronte fino al naso, molto lentamente, e intanto osservava sua figlia.

La ragazza stette al gioco, ripetendo gli stessi movimenti.

Quando Martha arrivò con la cucchiarella e una padella in mano canticchiando. Si bloccò e si sorprese nel vedere suo figlio e sua nipote che erano tornati ad essere bambini per alcuni minuti.

La scenetta era abbastanza comica. Più Rick cercava di fare strani movimenti per 'battere' sua figlia, e più la testolina arancione imitava alla perfezione i gesti di suo padre. D'un tratto si bloccarono e sorrisero entrambi.

"Papà, io non voglio che tu smetta di credere nei tuoi sogni."

Lo scienziato si commosse e per la prima volta osservò sua figlia che aveva investito i panni di sua madre. I ruoli si erano invertiti: era lui il figlio in quel momento.

"Tesoro, non ho smesso. Ma le cose sono complicate adesso..."

"Io credo in te, papà! So che riuscirai a farci volare sulla Luna!"

Richard le accarezzò la testa, poi guardò sua madre che si preparava a tamburellare con la cucchiarella sulla padella, richiamando così i suoi soldati a tavola.

 

Bastò una telefonata veloce perché Kate Beckett si precipitasse a casa Castle. Come al solito, venne accolta calorosamente da Martha e Alexis. Le due la tempestarono di domande su segreti governativi riguardo l'omicidio di Kennedy - ancora una volta! - ed esponevano le loro teorie più strampalate.

Rick vedeva la povera giornalista che cercava di comportarsi professionalmente, ripetendo che non ne sapeva molto, e comunque anche se era a conoscenza di qualche cosa, non poteva rivelare nulla. Allora Martha le puntava il dito contro facendo un "Ah-ah!" molto teatrale, indicando il 'colpo di scena.'

A quel punto, toccò a Rick intervenire.

"Madre, voglio ricordarti che non siamo a teatro. E non stiamo neanche a Hollywood! Per l'ultima volta, smettila di tormentare Beckett! E anche, signorina..." disse rivolgendosi ad Alexis che cercava di svignarsela per evitare la ramanzina. "Non dovresti studiare?" alzò un sopracciglio in apprensione.

Alexis guardò prima sua nonna, poi si rivolse a suo padre e la giornalista, e decise che fu il caso di chiudersi nella sua stanza a studiare, ma non senza lanciare uno sguardo malizioso al padre.

"Va bene, io me ne andrò nella mia stanza a studiare... tu comportati bene e rispondi adeguatamente!"

"Vai!" le disse lui più che un comando, come piuttosto un modo per togliersela di mezzo.

Kate rideva sotto i baffi abbassando lo sguardo. Quelle scenette familiari erano decisamente divertenti.

Alcuni minuti dopo, la giornalista posò la sua borsa con la cartellina riguardante la missione. Rick si bloccò quando vide una foto di lui che discuteva animatamente con Robert, il suo capo.

"E quella cos'è---" accidentalmente la sua mano si posò su quella di Kate.

I due alzarono contemporaneamente gli occhi. Imbarazzati, si allontanarono, e con sbadataggine, Kate lasciò cadere la foto a terra.

"Non preoccuparti, la raccolgo io." la precedette Rick.

La giornalista cercò di ricomporsi. Si schiarì la voce, portando dietro le orecchie i suoi capelli.

"Allora, Castle... hai saputo come sistemare quel... problema..." mise enfasi sull'ultima parola, cercando di essere delicata, ma al contempo ricordandosi di essere professionale. Richard iniziò a spiegarle i suoi progressi e le mostrò il nuovo disegno progettato. Stavolta l'aquila non aveva più il ramoscello di ulivo in bocca, bensì lo teneva stretto sulle zampe. Il numero "XI" fu cambiato in "11", e non ci furono nemmeno i nomi degli astronauti coinvolti nella missione, perché secondo lui, l'emblema doveva essere "rappresentativa di tutti coloro che avevano fatto parte della missione, senza omettere nessuno."

Mentre Rick parlava, le parole della Gates risuonavano nella testa di Kate: era una giornalista, non doveva mai perdere di vista il suo lavoro. Sopratutto se questo le avrebbe permesso uno slancio professionale.

Strizzò gli occhi in preda al panico.

"Tutto bene, Beckett?"

"Sì, sì... cosa stavi dicendo?"

Lui la guardò torvo.

"Non mi stavi ascoltando?"

Troppo vicini. Perfino Kate sentiva un leggero calore. E non era il fuoco del caminetto nel salone! Lei cercò di farfugliare qualcosa ma le uscì solo un "Mi fa male la testa. Sto lavorando troppo ultimamente."

Il lavoro sulla missione passò in secondo piano.

"Ci penso io." le mostrò il più bel sorriso che avesse mai visto e poi la fece voltare con le spalle verso di lui. Kate si sentì un po' in imbarazzo, non capendo cosa lo scienziato volesse fare.

Si stupì quando sentì le mani calde e grandi di lui posarsi sulle sue tempie. Le stava facendo dei massaggi circolari per allentare la tensione. Lei si lasciò completamente andare.

"Scienziato, parrucchiere e ora massaggiatore! Cos'altro mi nascondi, Castle?"

L'atmosfera era decisamente troppo intima. Rick si fermò dopo circa qualche minuto e Kate sembrò dispiaciuta.

"Credo che... dovremmo tornare... al--"

"Al nostro lavoro!" concluse lei.

I capelli di Kate erano abbastanza sconvolti. Chiunque, entrando in quella stanza, avrebbe frainteso la situazione. Fortunatamente, lo scienziato e la giornalista erano abbastanza maturi da non farsi troppo coinvolgere. Almeno per quel momento.

Passarono tutto il pomeriggio a parlare dei cambiamenti al razzo di lancio, chiacchierando come due vecchi amici tra qualche bicchiere e i pasticcini che Martha si era gentilmente offerta di mettere in tavolo, causando la reazione fanciullesca di Richard, che voleva sua madre fuori dai piedi quando si trovava in compagnia di una ragazza.

Kate non era una ragazza qualunque, e anche Martha se ne era resa conto. Con lei al suo fianco, Rick riusciva ad aprirsi e a sorridere di più. Parlava apertamente anche dei suoi sogni, cosa che finora aveva condiviso solo con sua figlia.

Alexis.

Anche la ragazzina non aveva mai smesso di credere in suo padre. Ricordava ancora come ogni volta che alzavano lo sguardo al cielo era per cercare delle risposte dall'alto... dalle stelle. Forse il gene del 'sognatore' era qualcosa che si trasmetteva.

O forse no.

Fatto sta che Kate si era ambientata così bene in famiglia Castle, che ormai poteva definirsi 'una di famiglia.'

Martha insistette che Kate restasse a cena, così dopo aver mangiato, la donna si mise a recitare la presunta morte di Marylin Monroe.

"Madre, per favore..."

Richard si nascondeva dietro i cuscini del salotto per la vergogna, mentre Kate rideva insieme ad Alexis, seduta accanto a lei.

Quando Martha ebbe finito di recitare la scena drammatica, Alexis si alzò applaudendo a sua nonna, mentre Rick rimase seduto ancora incredulo a ciò a cui aveva assistito.

Di sfuggita, Kate prese la sua mano e la strinse forte.

 

 

 

 

 

Angoletto dell'autrice (poco) sana di mente:

Mi scuso per gli aggiornamenti a rilento ma non sto avendo molta ispirazione (ebbene sì) :/

Questo è un po' un capitolo di passaggio.

Kate si è ambientata così bene a casa Castle!

Chissà se questo nuocerà al suo lavoro?

Uhm...

Spero di riuscire a finire questa storia prima di Natale in ogni caso, tanto non è lunga XD

Alla prossima!! (se volte LOL)

D.

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Capitolo 7
*** lanciatore di battute ***


man on the moon

 

 

 

 

capitolo 7: lanciatore di battute

 

 

 

 

 

 

 

 

 

L'essersi trovato così vicino a lei, quasi sul punto di baciarla, l'aveva fatto sentire più vivo e più sicuro di sé.

La primavera iniziava a farsi sentire. L'aria era più mite, seppur si era ancora a metà marzo.

Alla fine, l'emblema sul razzo era stato quello dettato dalle leggi del governo, e Rick non aveva potuto far nulla per impedirlo, ma accettare gli incarichi delle alte cariche.

Per quanto riguardava Kate, la giornalista aveva passato le ultime settimane tra casa Castle e il suo lavoro per il programma "See It Now."

La Gates si era accorta che la giovane si era fin troppo calata nel suo ruolo di reporter, dato che aveva comprato giornali e riviste dedicate all'argomento dello spazio e sulla vita degli astronauti. Passò davanti il suo ufficio e vedendola assorta nelle sue letture, non poté fare a meno di fare un mezzo sorriso, subito bloccato quando Lanie le mostrò dei documenti da firmare.

Allora la dura "lady di ferro-Iron Gates", metteva di nuovo il broncio, nascondendo il suo sorriso. Se c'era una cosa che aveva permesso a quella donna di arrivare ad essere co-editor era il suo temperamento freddo, decisivo e distaccato che manteneva nei rapporti con il suo personale lavorativo. Sfortunatamente, la sua vita personale non le permise di avere un saldo matrimonio.

Dopo che Gates si allontanò dall'ufficio di Kate, Lanie allungò lo sguardo prima verso la capa, e poi verso la sua amica e comprese tutto.

"Stai facendo una buona impressione su Iron Gates, tesoro!" disse la segreteria entrando muovendosi sinuosamente, come al suo solito.

Kate alzò lo sguardo che mostrava delle leggere occhiaie coperte grazie alla cipria. Lanie invece non fece altro che mostrare il suo grosso anello all'anulare.

"Anche Javi deve aver fatto una buona impressione sui tuoi genitori." disse Kate sorridendole.

Lanie si finse disinteressata, e la giornalista continuò a fissarla sperando che sputasse il rospo. E dopo qualche secondo, la segretaria gonfiò il petto e alla fine disse tutto d'un fiato il fatto che Javier aveva chiesto ai suoi genitori la sua mano, ed era abbastanza imbarazzato. Kate la ascoltava, ma nella sua mente c'era sempre lui. Il suo scienziato pazzo che sognava di andare sulla Luna.

 

Quel pomeriggio, Kate aveva preparato lo script per la serata speciale del "See It Now", dedicata a Richard Castle. Ryan si era occupato della parte grafica, e aveva fatto stampare volantini per sponsorizzare l'evento, un cartellone da appendere fuori alla CBS. La giornalista era orgogliosa del lavoro che aveva svolto finora. Tutto stava andando come aveva sempre desiderato.

Una carriera, un programma da organizzare tutto per sé.. e forse anche un uomo al suo fianco. Arrossì pensando alle mani calde e forti di Castle che l'avevano toccata, e le avevano fatto venire le farfalle allo stomaco.

Dal canto suo, Rick anche era in fibrillazione. Apparire in televisione non era mai stato un problema. Farlo però dopo mesi e mesi da quell'incidente e dalla morte dell'equipaggio dell'Apollo 1, era decisamente un'altra faccenda. Nonostante quella mattina Kate lo avesse rassicurato, ricordandogli di dire le cose che erano scritte nel copione, come se stessero recitando un film, per lui fu comunque una parte difficile.

"Io ti faccio le domande, e tu rispondi. Segui il copione, puoi divagare un pochino, ma non fare mai propaganda!"

"Dillo ancora." le aveva chiesto sorridendo. Poi le porse il caffé sul tavolo dello studio.

Lei si era trovata a disagio di fronte a quel sorriso genuino e quel gesto inaspettato. Era la prima volta che lui le portava la colazione.

"Dire cosa?"

"Propaganda. Mi piace come lo pronunci. Ti riempie la bocca e ti fa fare le fossette alle guance. E' uno spettacolo. Sembra la superficie lunare. Semmai l'Apollo 11 riuscirà a fare l'allunaggio!" rise in tono sarcastico.

Quella descrizione la spiazzò completamente che non riuscì a far altro che giocherellare con la matita che aveva tra le mani.

"O-okay allora, se sei pronto, possiamo iniziare le prove per lo show di stasera.."

Di nuovo, lui la sorprese, come stava accadendo già troppo spesso ultimamente, posando la mano sulla sua. La guardò intensamente negli occhi e Kate si pietrificò.

"Sì, credo di essere pronto."

Quelle frasi non erano buttate a caso. Non era un mistero che tra i due ci fosse qualcosa di più che un rapporto professionale. Lanie se ne era accorta da tempo, essendo la sua migliore amica. Ryan ed Esposito ci erano arrivati dopo, ma del resto, erano uomini... per queste cose non ci arrivavano subito! Perfino la Gates aveva notato il cambiamento di umore - e di look! - della sua caparbia giornalista.

In quel momento, nelle menti dei due passarono tanti pensieri.

Avremo dovuto baciarci quella sera a casa mia, pensava Castle.

Avrei dovuto baciarti prima, Castle, pensava Kate.

 

Qualche ora dopo, e dieci prove dopo, erano le otto di sera e tra qualche minuto sarebbero andati in onda. Kate era agitatissima.

Teneva i capelli tirati in su, occhiali da vista e un tailleur a quadri bianco, marrone e rosa. La truccatrice la sistemò per l'ultima volta, poi passò a Richard, mettendogli della lacca sui capelli. Lui scansò la giovane ragazza guardandola storta.

Kate rideva.

"Tranquillo, Castle. E' per tenerti i capelli in bella vista!"

"I miei capelli stanno benissimo!" rispose a mo' di offesa. "Rilassati, Kate. Sono un lanciatore di battute perfetto. Una volta che attacco a parlare, non mi ferma più nessuno. Sono come un campione di baseball!"

Da vicino la telecamera, il tecnico indicava con le dita il countdown della messa in onda. Richard tornò dietro le quinte. Quando Kate l'avrebbe chiamato, lui si sarebbe presentato sedendosi di fronte a lei, su una poltroncina rossa.

"4... 3... 2... 1... On air!"

Rick per poco non si emozionò. Quel conto alla rovescia lo fece tornare indietro di qualche anno, quando stava progettando il suo primo Apollo...

 

"4... 3... 2... 1... Partito! Ma ti immagini, Richard, una cosa del genere?"

James era eccitato come un ragazzino davanti quel piccolo razzo nella sala riunioni.

"E' incredibile i passi da gigante che ha fatto l'uomo nell'ultimo secolo!"

Anche a Rick brillavano gli occhi. Davanti a quei 'giocattoli', chiunque poteva ritornare ragazzino. C'era chi sognava davanti ad una enorme stazione dei treni giocattolo di diventare capotreno; e chi, come loro due, sognava di diventare astronauta. O scienziato.

Rick alzò lo sguardo. Davanti a sé c'era Robert che guardava lui e il suo collega divertito, per poi rimproverarli di tornare coi piedi per terra, ricordando loro che il razzo ancora non era partito.

L'equipaggio coi tre astronauti, invece, era radunato nella sala inferiore a giocare a carte. Poco dopo, avanzavano le loro mogli, e i tre dimenticavano il gioco per correre ad abbracciarle. Era una bella scena familiare che riscaldava il cuore.

Richard sorrideva orgoglioso di aver assistito al miracolo più bello che esista: la vita umana.

 

"Buona sera a tutti, sono Kate Beckett e state guardando 'See It Now', la realtà nuda e cruda come non l'avete mai vista."

Da dietro le quinte, a Lanie, Kevin e perfino Javier, scappò una risatina, ma smisero immediatamente quando la Gates si voltò di scatto per incenerirli con lo sguardo.

Lo slogan andava decisamente rivisto.

"Come sapete, siamo abituati a farvi vedere le cose in grande e gli scoop degli ultimi tempi, sempre aggiornati. Questa sera ho l'onore di avere con me un uomo che ha dato un grande contributo alla scienza, e che dopo il fallimento dell'Apollo 1, non si è perso d'animo per tornare a sognare le stelle... o nel suo caso, la Luna. Signori e signore, un applauso a Richard Castle, scienziato della NASA!"

In quell'istante appena Rick mise un piedi dentro lo stage, vide tutto a rallentatore intorno a sé. Si coprì gli occhi, accecato da quelle luci puntate addosso. Avanzò verso Kate lentamente. E di nuovo ricordò qualcosa...

 

"Fuoco, sento odore di fuoco."

Un lampo. Una fiamma. C'era improvvisamente troppo calore e troppa luce. Puzza di bruciato.

Non ci fu il tempo necessario per capire cosa stava succedendo, quando Rick si avvicinò alla capsula contente i tre astronauti... o almeno, ciò che restava dei tre poveri uomini.

Si portò una mano sulla bocca per non urlare.

 

Le luci continuavano ad infastidirlo, ma nonostante ciò arrivò a sedersi sulla poltroncina rossa davanti a Kate. Lei era bellissima, e questo riusciva a distrarlo almeno fino a quando le luci della ribalta si spostarono per inquadrare lui e la giornalista. E a quel punto, Rick vide il pubblico davanti a sé. Gli sembrava di rivedere lo stesso pubblico che qualche tempo fa era davanti a lui e quelli della NASA per giudicarlo. Per accusarlo del 'crimine' che aveva commesso.

"Allora, signor Castle, cosa ci sa dire di preciso su questo nuovo progetto? Tra pochi mesi partirà la nuova missione Apollo 11, vero?... signor Castle?"

Lui tentava di aprire bocca, ma le parole non gli uscivano. Si guardava le mani, se le sfrigolava continuamente, sudando freddo. Le parole continuavano a non uscire, ma la sua testa si riempiva di ben altre cose cattive.

Assassino.

Codardo.

Vigliacco!

Li ha lasciati morire... incenerire lì dentro!

Ha lasciato tre moglie e figli senza genitore!

"...Castle?" la voce di Kate si fece greve e più preoccupata.

"I-io... a--" 

Nessuno capiva cosa stava succedendo, ma Kate lo sapeva purtroppo. 

Richard era in preda al panico. Il lanciatore di battute non aveva tirato verso il bersaglio. Si era bloccato nella sua posizione.

Qualcosa aveva scatenato in lui vecchi ricordi. Scosse la testa e fece segno al cameraman di bloccare la trasmissione. Manco a dirlo, la Gates, sbatté qualcosa a terra e girò i tacchi furiosa.

Kate si voltò verso Lanie che col labiale le diceva "Mi sa che non l'ha presa bene."

 

"Cosa ti è saltato in mente, Beckett?! Io mi fidavo di te!! Ho lasciato il posto di Thomas per farti condurre la trasmissione!! E tu cosa fai?? Mi porti un Richard Castle che non sa parlare?? Che cosa gli è preso? Volete rovinarmi entrambi?!"

"Signora, io---"

"Non cercare scusanti!! Pensavo sapessi ciò che stavi facendo..."

"E infatti è così, mi creda!"

Mentre Gates e Kate discutevano animatamente dietro le quinte e lontane da sguardi indiscreti, Rick ebbe la brillante idea di andare a scusarsi con la giornalista. Rimase però nascosto quando vide le due alzare la voce.

"Ho iniziato a seguirlo per capire come era, la sua vita, i suoi sogni, le sue aspirazioni.. e capire il suo progetto. Ed è andato benissimo! Mi sono sentita per la prima volta sicura di me stessa e di quello che facevo!"

"Se è così tanto sicura allora non sarà facile scegliere tra il lavoro e il suo scienziato. Buona serata, Beckett."

La Gates si allontanò lasciando una Kate in un mare di guai. Ma chi aveva il cuore spezzato e si sentiva tradito era soltanto Rick.

"E' così allora, Kate?"

La giovane si voltò verso l'uomo dal volto sconvolto. Le parole stavolta gli erano uscite, ed erano dure e aspre.

"Mi stavi seguendo solo per far carriera? Ero solo questo per te? Uno scoop?!"

Kate cercò di spiegargli, ma ormai per lui era inutile. La guardò per l'ultima volta prima di lanciare un'ultima battuta.

"E io che pensavo fossi diversa da tutti questi giornalisti ipocriti di oggigiorno."

Questo l'aveva decisamente fatta collassare. Cadde a terra, sciogliendosi i capelli e con le mani si coprì il viso. In una sola serata, aveva quasi perso il suo lavoro e perso per sempre, forse, l'uomo che amava.

 

 

 

 

 

 

Angoletto dell'autrice (poco) sana di mente:

Ora capite perchè ci ho messo un po' per aggiornare... capito lunghetto :p

Le cose tra i nostri due 'colleghi' si mettono male, sia professionalmente e sia personalmente.

Ci mancava solo che Rick attraverso i riflettori ricordasse la sua precedenza e brutta esperienza...

E Kate ha cercato solo di fare il suo lavoro...

Chi glielo spiega a Rick?

Ora però arriva il punto di scegliere: il lavoro o l'uomo che ama?

Alla prossima!!

D.

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Capitolo 8
*** una stella nel cielo ***


man on the moon

 

 

 

 

capitolo 8: una stella nel cielo

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Giugno 1969.

 

Se due anime sono destinate a stare insieme, prima o poi, trovano il modo per farlo.

Rick era rimasto incollato a quella frase su un libro che Alexis stava leggendo. Il libro era stato distrattamente posato sul tavolo della cucina, e casualmente, destino voleva che fosse proprio lui a leggere quella frase.

Sorrise amaramente, ricordando lo sguardo supplichevole di Kate, mentre cercava di spiegargli e giustificarsi con lui. Lei gli diceva che non lo aveva sfruttato per far carriera. Non era mai stato il suo scopo. Forse all'inizio sì, ma solo perché era giovane e inesperta. Di certo non si sarebbe aspettata che il mondo dei media fosse così aspro e cattivo con lei. Kate continuava a ripetergli che era tutto difficile e duro. Che si fanno delle scelte, si prendono decisioni.

E poi lui era andato via. Non le aveva lasciato altro modo di spiegarsi. Qualche giorno dopo, aveva ripensato alla loro discussione, e dovette ammettere di non aver ragionato del tutto.

Kate, la sua Kate Beckett, non avrebbe mai ragionato in quel modo. Sicuramente doveva esserci qualcos'altro.

Anche sua madre Martha era d'accordo, anzi ne era più che convinta.

Ma sia Rick e sia Kate erano troppo orgogliosi per chiamarsi e spiegarsi a vicenda, così i giorni divennero settimane, e le settimane divennero mesi, fino a che arrivò l'estate.

"Ti piace quel libro? Se vuoi te lo regalo per il tuo compleanno!"

Alexis abbracciò suo padre e lui ricambiò con un bacio sulla sua testolina. I capelli rossicci erano lasciati sciolti, lisci e odoravano di balsamo.

"Sei un tesoro, ma ci stavo solo dando un'occhiata di sfuggita." disse lui sciogliendo l'abbraccio della figlia.

Lei storse il naso e si mise ad osservarlo. Sicuramente c'era qualcosa che suo padre non gli stava dicendo, però lasciò cadere l'argomento per concentrarsi su qualcosa che lo avrebbe reso felice.

"Va tutto bene al lavoro? Quando partirà l'Apollo 11?" chiese tutta emozionata, e vide che al padre si illuminarono gli occhi.

"Tra un mese, Al! E' tutto pronto, e alla NASA siamo tutti eccitati per il lancio!"

 

"Thomas, muoviti con quell'impianto elettrico! Controllalo di nuovo che stavolta non voglio nessun errore!"

Il giovane vestito da ingegnere appena laureato, venne intimorito dal vocione dell'uomo, e per l'agitazione gli cadde una chiave inglese vicino ai piedi, e si sbrigò a raccoglierla.

"Sì, signor Castle!"

Rick scosse la testa sorridendo, poi passò ad analizzare le attrezzature di allunaggio, recandosi da un altro giovane appena uscito da Harvard, a giudicare dal suo giubbotto dell'università.

"Liam, come stiamo messi con il modulo lunare?"

Il ragazzo sfoggiò fiero la sua targhetta di Harvard e un sorriso beffardo alzando le spalle.

"Tutto bene, signor Castle. L'Eagle è pronto. Per quanto riguarda gli impianti di raffreddamento e accensione, se mi permette, mi sono concesso la briga di dare un'occhiata veloce anche lì..." il giovane condusse lo scienziato all'interno dello shuttle, nel modulo di comando dove i tre astronauti si sarebbero seduti, e poi lo portò dal modulo lunare, la parte inferiore del velivolo, progettata per sganciare l'Eagle, che si sarebbe staccata e avrebbe toccato per primo la superficie lunare.

"...vede? Il modulo di accensione funziona che è una bomba!" Liam si mise ad accendere diversi pulsanti, ma Rick lo interruppe fermandolo prima che si mettesse ad accendere sul serio il razzo.

"Ok, ok, perfetto!"

Non ne poteva più di tutti quei giovani che si erano presentati ultimamente per il tirocinio alla NASA. Sospirò sistemandosi capelli e giacca.

James lo guardava divertito mentre sedeva su uno sgabello a mangiare una mela.

"Non ridere... certo che l'università ci manda certe specie umane... o abbiamo studenti paurosi oppure studentelli convinti di essere dei moderni scienziati..."

"Ma guardati... fino a pochi mesi fa ti lamentavi perché nessuno appoggiava il tuo progetto... il tuo sogno! Non avevi pienamente fiducia in te stesso... e ora invece sei a capo di questo lancio lunare e tutti ti adorano!"

James giocherellava con due o tre mele prese da un canestro di frutta, facendole lanciare in aria come fa un giocoliere del circo.

"Già..."

Ma a che prezzo.

Rick si soffermò a pensare al prezzo del successo. Aveva ottenuto più fiducia in se stesso, era vero, grazie alla giornalista che lo aveva spronato a non smettere di credere... ma lei ci aveva rischiato il posto di lavoro.

"Ehi Armstrong!"

I pensieri dello scienziato vennero interrotti dalla voce sonora di James che richiamava l'attenzione sul primo astronauta della missione: Neil Armstrong. L'uomo, con indosso la tuta bianca e il casco tenuto in mano, si avvicinò al duo barcollando, non ancora del tutto abituato a camminarci sulla terraferma. Sorridente, emozionato come un bambino, alzò la mano per salutarli.

Rick si congratulava con sé stesso. Fin dall'inizio della missione aveva sempre saputo che Armstrong sarebbe stato l'uomo destinato a metter per primo piede sulla Luna. Non aveva un ego smisurato, a differenza degli altri piloti con cui Castle aveva avuto a che fare, inoltre era un uomo sincero, affidabile, e non si sarebbe quindi montato la testa.

Neil si era ambientato subito nel team Castle - così chiamava lui stesso la sua squadra, visto che il progetto era il suo - dato la sua precedente missione in altri lanci. Ma stavolta sapeva che c'era qualcosa di diverso. Stavolta si trattava di andare sulla Luna. Lui sarebbe stato il primo uomo a metterci piede! Con la mano sudaticcia, si avvicinò per addentare una delle mele di James. Un modo come un altro per far sentire che anche lui faceva parte della squadra.

In risposta, James gli offrì il suo sgabello, ma l'astronauta non fece in tempo a sedersi che si sentì chiamare. Rick arricciò il naso e fece delle mosse annoiate con la faccia tanto da sembrare un clown.

Era una troupe giornalistica.

Un giovane dalla carnagione chiara, un irlandese si poteva dire, capelli a spazzoletta, occhi chiari e giacchetta a quadri bianca e sabbia, camminava a passo svelto verso di loro, facendo segno al cameraman e l'addetto al suono di seguirlo. Poi mostrò il microfono con l'inconfondibile logo della CBS.

Kate.

Rick sentì un sussulto al cuore.

"Salve, sono Kevin Ryan della CBS. Lavoro al programma See It Now, che conoscerete sicuramente---"

"Sì, l'intervista famosa e rivelatrice contro il senatore McCarthy, lo scoop sulla morte di Marilyn Monroe... bla, bla..." lo interruppe Castle annoiato.

James e Armstrong soffocarono una risata. Rick ricordava quegli eventi grazie a sua figlia e sua madre, che non avevano fatto altro che riempire la testa alla povera Kate, uno delle prime volte che venne a casa sua...

Kevin si sentì un po' preso in giro. Si strinse le spalle, cercando di mantenere un certo contegno.

"Sì, signor Castle, siamo noi."

"Pensavo venisse Kate Beckett a fare le interviste..." disse James, che con la coda dell'occhio guardava un super controllato Rick. Nascondere l'emozione di sentir pronunciare il suo nome, era davvero tanta.

Kevin deglutì guardando la sua troupe, poi abbassò lo sguardo.

"Beckett è stata sospesa dalla nostra rete. Non... esercita... più..." disse le ultime tre parole a mezz'aria, e solo Castle, che era il più vicino al giornalista irlandese, poteva udire.

"Non lavora più come giornalista?"

"Signor Castle, dovrebbe sapere meglio di me il perché... quando qualche mese fa ha fatto scena muta al suo programma, la nostra co-editor non l'ha presa bene, e così..."

"L'ha declassata." concluse James.

Kevin annuì. Rick, invece, ripeteva le parole del giornalista nella sua mente. Era tutta colpa sua, continuava a pensare.

Se non avesse fatto scena muta... se non avesse ripensato alle sue conferenze stampa post-incidente... l'Apollo 1... i riflettori...

Basta. Con i 'se' e con i 'ma', non avrebbe risolto niente. Doveva avere una presa di posizione. Guardò dritto negli occhi il giornalista, poi si guardò intorno in cerca di un possibile stage e delle sedie. Nella sua mente si delineò uno scenario. Disse a James di chiamare e radunare quante più persone possibili.

Neil si sentì di troppo nella conversazione, e ne approfittò per sgattaiolare via dagli altri suoi colleghi.

 

"Beckett! Beckett, dove sei finita?! Ti avevo chiesto le fotocopie dell'audience mezz'ora fa!!"

"Eccomi, sì, arrivo!"

Kate correva da una parte all'altra dello studio da ormai cinque ore. Non ne poteva più. Aveva bevuto solo un caffè la mattina, e un panino condiviso con Lanie durante la pausa pranzo, per poi riprendere a svolgere le sue mansioni di tutto-fare all'interno dello studio del 'See it Now'.

Andare al lavoro con i capelli sciolti non le conveniva, visto che si occupava di fare fotocopie, rispondere al telefono, portare caffè e acqua nei diversi uffici, e trovarsi anche ad essere criticata da Josh Davidson... lei che qualche mese fa lo prendeva in giro perché svolgeva un lavoro più basso, ed era infatuato senza speranza della giornalista, adesso era lei a trovarsi nella condizione di essere umiliata.

"Beckett, dov'è il mio caffè-latte senza zucchero! Ti avevo chiesto anche la panna montata, ma sei sorda?!"

"Sì, Gina, scusami..."

Senza contare il fatto che doveva vedersela con le sue ex colleghe antipatiche che l'avevano sempre criticata per i suoi gusti in fatto di letture. Le piacevano i fumetti, che male c'era?

Ed ora eccola lì, con la gonna nera lunga fino alle ginocchia, una canotta in pizzo beige, tacchi neri, una treccia legata da un lato e gli occhiali da nerd che le davano quel tocco sexy ma non troppo provocante, correre verso l'ufficio della Gates a portare caffè e bottiglie d'acqua per i dipendenti.

Erano tutti incollati alla televisione, pronti ad assistere ad una conferenza stampa. Kate si congedò, per tornarsene nel gran salone dove erano riuniti invece gli altri giornalisti e le segretarie. Il cronista alla tv disse che erano in diretta dalla NASA.

A Kate poco importò. Quella era l'ultima cosa che avrebbe voluto vedere. Si era umiliata fin troppo. Si era spinta troppo al limite con Castle. Ma cosa pensava di fare? Che lui l'avrebbe creduta nonostante lo avesse pregato di perdonarla, e gli avesse spiegato che sua intenzione all'inizio era far carriera grazie a lui, ma che poi si era innamorata e voleva aiutarlo a dimenticare i sensi di colpa del passato?

Aveva messo una pietra sopra a quella storia.

"Signor Castle ci dica di più su questo progetto... da cosa è stato ispirato?"

Kate si voltò di scattò. Quella era la voce di Kevin Ryan. E stava intervistando Rick Castle con le domande che lei aveva preparato qualche mese prima!

"Kevin?"

Come se avesse udito la voce di Kate, o sentisse la sua presenza, Castle mostrò alla telecamera il sorriso più bello che aveva.

"Beh sai, Ryan, ogni persona ha bisogno della sua musa per fare un progetto. Io ho sempre avuto la famiglia al mio fianco. Loro hanno sempre saputo che sono un sognatore, uno che non si arrende finché non raggiunge i suoi obbiettivi. Il segreto è crederci. Ma a volte questo non basta. A volte bisogna avere un altro incentivo, qualche persona che ti faccia sentire la sua presenza, una persona che, come te, sogna perchè crede in quello che fa. E questa persona io l'ho trovata. E' Katherine Beckett."

Nello studio giornalistico si alzò un boato. Qualcuno batteva le mani in direzione della ragazza, qualcun altro urlava scherzosamente 'vivi gli sposi!', e altri ancora mormoravano tra loro. Tutti però erano stupiti e commossi.

Le emozioni di Kate in quel momento erano forti, tanto che la ragazza non riuscì a trattenere le lacrime e pianse. Lanie corse verso di lei per stringerla e abbracciarla da dietro, sussurrandole che le era vicino e che aveva capito che Castle era l'uomo giusto su cui contare.

"Quindi caro Ryan, volevo solo dire che io la ringrazio per quello che ha fatto. Perché mi ha spinto oltre le mie capacità. Ha creduto in me. E spero che un giorno lei riesca a raggiungere i suoi obiettivi come me. Perché è in gamba, e tu dovresti saperlo, visto che è una tua amica."

Kevin, non ripreso dalla telecamera, lasciò cadere una lacrima sul viso, essendo toccato dalle parole di Castle.

"Come ultima domanda, signor Castle, cosa augura a questi giovani di oggi?"

"Di credere in loro stessi e nei loro obiettivi. E se sono fortunati, di avere quella persona accanto che li ami incondizionatamente. E ricordate, se si commettono degli errori, se si perde quella persona speciale, se si intraprendono strade diverse, non bisogna scoraggiarsi e umiliarsi. Perché se due anime sono destinate a stare insieme, prima o poi, trovano il modo di farlo."

"E dalla NASA è tutto, Kevin Ryan, 'See it Now'. Restituisco la linea."

 

Kate si asciugò le lacrime e rivelò un sorriso brillante.

E così, mi ami anche tu, Castle.

I giornalisti dello studio si complimentarono con lei dicendole che non si aspettavano che lei fosse stata così in gamba, e che la Gates avrebbe dovuto darle un'altra occasione. In ogni caso, ognuno di loro cambiò opinione su di lei, chiedendole anche scusa per il comportamento sgarbato.

"Beckett!!"

Victoria Gates sbatté forte la porta del suo studio per raggiungere gli altri nel gran salone. Come se passasse la regina d'Inghilterra, i reporter fecero spazio all'entrata della forte co-editor, creando due file, una a destra e l'altra a sinistra, lasciando che la Gates attraversasse questa specie di tunnel, sotto gli sguardi timorosi dei suoi dipendenti, per raggiungere poi Kate che si trovava alla fine.

La donna guardò la ragazza duramente. Kate era forte però. Non avrebbe pianto, non si sarebbe lasciata intimorire. Le parole di Castle l'avevano resa più forte.

Intorno a lei, vide come i suoi colleghi incrociavano le dita per lei e le infondevano parole e volti di speranza. Lanie le disse 'ti voglio bene' con il labiale.

"So cosa vuole dirmi, e la mia risposta é no. Non me ne andrò di qui. Questo è il mio posto di lavoro, questa è la mia casa, e qui ci sono persone che sono diventate come la mia famiglia."

La Gates arretrò di un passo, guardandola spaesata, poi fece un gesto che nessuno si aspettò. Le prese le mani come una buona madre.

"Chi ti ha detto che voglio cacciarti? Volevo solo ridarti il tuo posto di lavoro! Come siamo permalose..."

Lasciò cadere le mani con violenza, per voltarsi indietro e dirigersi verso il suo studio. Sembrava troppo strano che la "lady di ferro" avesse cambiato atteggiamento così facilmente. Prima però si voltò un'ultima volta, nascondendo il sorriso di orgoglio per la sua "pupilla".

"Certo, se avessi saputo che ti serviva entrare in intimità con Castle ti avrei concesso subito il tuo lavoro in solitaria e in prima serata con 'See it Now'! Ci vediamo domani, Beckett. Solito ufficio, stessa ora."

E così, Victoria Gates, la donna vestita di rosso, carnagione nera e occhi tenebrosi, mostrò per la prima e ultima volta in pubblico il suo lato materno, facendo capire che a Kate ci teneva davvero, che era una specie di figlia per lei. E come era entrata per la prima volta in ufficio, col suo temperamento duro e burbero, così se ne andò, uscendo di scena, mantenendo sempre la sua impeccabile eleganza.

 

 

 

 

 

Angoletto dell'autrice (poco) sana di mente:

E si conclude qui l'ultim--- no scherzo, il penultimo capitolo!

Ormai siamo agli sgoccioli.

Il lancio sulla Luna è alle ultime fasi. Abbiamo anche conosciuto Neil Armstrong, la stella nel cielo!

Kate cerca di rimediare ai suoi errori, e lo fa partendo da zero... cosa non si fa per amore!...

Rick, a modo suo, seppur ancora ferito, la ringrazia e le fa capire che la ama in diretta mondiale.

Se non è amore questo!

E per concludere, l'uscita di scena di un personaggio in versione AU che mi è piaciuto molto: la Gates.

Lo ammetto: nell'ultima scena mi ricorda molto Meryl Streep ne "Il diavolo veste Prada." Sarà perché ho visto "The Iron Lady" ieri sera?

Alla prossima!!

D.

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Capitolo 9
*** il papà migliore del mondo ***


man on the moon

 

 

 

 

capitolo 9: il papà migliore del mondo

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

20 Luglio 1969, ore 2:57 p.m.

 

L'astronauta uscì cautamente dalla capsula del suo shuttle. Prima però doveva assicurarsi di aver chiuso per bene il suo casco, per evitare che la pressione lo facesse esplodere. Tuttavia, mentre alla NASA gli scienziati seguivano dai loro monitor ogni passo e sentivano ogni respiro dei tre uomini sull'Apollo 11, e il mondo intero era rimasto sveglio a vedere in diretta l'allunaggio, Neil Armstrong sentì di aver problemi ad uscire dallo sportello del modulo di comando.

"Merda, forse è troppo stretto..." sussurrò James a Castle. Lo scienziato congiunse le mani in segno di preghiera e poi finalmente guardò Liam, il giovane neolaureato di Harvard, che si credeva di essere un genio della fisica.

"Glielo avevo detto di controllare bene i due moduli."

"Houston, mi sentite?

"Forte e chiaro, Aldrin. Dicci." Castle richiamò l'attenzione del secondo astronauta.

"Siamo riusciti a passare dallo sportello."

All'interno della NASA tutti gli uomini fecero un sospiro di sollievo.

Il primo uomo sulla Luna stava per lasciare il suo primo passo, tuttavia non senza qualche problema.

Armstrong scese con cautela i nove gradini della scaletta dello shuttle però non dapprima non riuscì a vedersi i piedi, a causa dell'enorme casco con l'unità di controllo remota per il collegamento con la NASA, quindi dovette tirar fuori dalla tasca un anello speciale che permise di schierare un modulo di ricezione contro il lato dell'Eagle, attivando la telecamera della tv. Malgrado le difficoltà iniziale, tutto il mondo stava vedendo in quel momento, le prime immagini in bianco e nero della superficie lunare.

"La superficie ha una grana molto fine... quasi come polvere!" contento come un bambino, Armstrong stava per metter piede sulla Luna.

Nello stesso momento, anche Rick stava provando le stesse emozioni dell'astronauta. Lui uomo di scienza, ancora non credeva che era riuscito a realizzare il sogno di ogni essere umano.

Tra una battuta e l'altra per calmare gli animi dei tre astronauti ansiosi, Rick osservava sua madre e sua figlia attraverso un vetro che separava la stanza dei macchinari, da quella degli 'ospiti'. Alexis stringeva la mano di Martha e orgogliosa guardava suo padre, il quale ricambiò sorridendo e ripensando alla conversazione che avevano avuto la sera precedente.

 

"Emozionato, papà?"

"Neanche per sogno."

"Dai, almeno dovrai essere un po' agitato..."

"Per niente."

"Non ci credo."

Il divertente scambio di battute padre-figlia mentre si sparecchiava la tavola, era una cosa assolutamente comica.

Rick non avrebbe mai ammesso di essere al settimo cielo, troppo caparbio per dichiarare di sentirsi come un bambino che ha appena realizzato il suo sogno. Del resto, neanche Alexis si sarebbe arresa: prima o poi sarebbe stata capace di far ammettere al padre di essere almeno un po' in ansia per il suo progetto.

"Peccato... Volevo dirti che anche se la missione che avevi progettato non andasse a buon fine, in ogni caso sarei orgogliosa di averti come padre...  se fossi stato un po' meno antipatico, avrei detto a tutta la classe che sei il papà migliore del mondo."

Martha osservava la scenetta nascosta e si divertiva. Alexis sapeva come 'colpire' al cuore il padre, e infatti Rick si bloccò un attimo primo di iniziare a balbettare qualcosa. Alla fine, cedette alle lusinghe, facendo finta che non gli importasse nulla.

"Oh, avanti, vieni qui e fatti abbracciare, birbante!"

 

"Un piccolo passo per l'uomo, un passo grande per l'umanità."

Finalmente, il piede umano dell'astronauta aveva toccato la superficie rocciosa.

A questo sarebbe seguita una raccolta di pietre per analizzarle e venne piantata la bandiera degli Stati Uniti insieme a una placca con i disegni dei due emisferi terrestri con l'iscrizione: "Qui uomini dal pianeta Terra fecero il primo passo sulla Luna. Luglio 1969 d.C. Siamo venuti in pace per tutta l'umanità". Infine, la firma dei tre astronauti e quella di Nixon.

 

In quel preciso momento, negli schermi di tutto il mondo, sia dove era giorno, sia dove era notte, in qualsiasi ora, e qualunque cosa tutti stavano facendo, ogni persona alzò lo sguardo per osservare l'allunaggio in diretta dalle proprie televisioni di casa.

Quattro giorni dopo, al ritorno di Armstrong, Aldrin e Collins, sarebbe seguito il discorso del presidente americano Nixon alla nazione, mentre gli astronauti e i giornalisti sedevano nella stessa stanza. Rick guardava divertito James che cercava di non ascoltare il tanto odiato presidente, canticchiando qualcosa.

Poi, fu il turno della NASA parlare in conferenza stampa. Si sedettero gli scienziati del team di Castle che avevano partecipato al suo progetto. Robert diede orgoglioso una pacca sulle spalle di Richard, il quale ricambiò sorridendo, e poi si sedette vicino a lui. James era invece alla sinistra, così che Rick era in mezzo tra il suo migliore amico e il suo capo.

Una folla di giornalista davanti a loro, li stava aspettando, mentre un altro stormo di fotografi li invasero con dei flash che quasi li accecarono. Rick addirittura si coprì con la mano gli occhi, e tra un lampo e l'altro, scorse una figura fin troppo familiare seduta in mezzo ai reporter. Lei era impeccabile con i capelli ondulati sciolti, e i boccoli che le ricadevano dolcemente su un vestitino sbracciato color marrone. Evidentemente, si era messa in tiro anche per il galà post allunaggio, preparato apposta dagli scienziati per festeggiare con la stampa.

Era Kate.

Lei gli sorrise, e lui ricambiò, ma entrambi non dissero nulla. Quando iniziò la conferenza stampa, ogni giornalista alzò la mano per fare la domanda allo scienziato desiderato. Rick era disinvolto, tra una battuta e l'altra, riuscì a rispondere perfettamente e in ogni dettaglio tecnico, facendo così dimenticare al mondo intero, la scena muta di qualche mese fa.

Alla domanda di uno dei giornalisti su 'Tu e Kate Beckett quando vi sposate? E' vero che state insieme?', lo scienziato arrossì, ridendo fragorosamente. Kate, invece, cercava di nascondersi dietro i folti capelli.

Era incredibile come la stampa avesse perdonato la sua figuraccia ma non avesse dimenticato la sua dichiarazione in diretta mondiale alla giovane giornalista.

 

Dopo qualche ora, scienziati e giornalisti si riunirono nel gran salone per dare inizio alle danze e alla nuova era per il mondo dell'astronomia.

Rick si distaccò da James e Robert, impegnati a far colpo su alcune attrici, per dirigersi verso Kate. Finalmente avrebbe avuto l'occasione di parlarle, dopo un mese di silenzio stampa.

La giornalista avvertì il suo profumo senza neanche voltarsi.

"Signor Castle."

"Signorina Beckett."

Quando i due innamorati ebbero finalmente modo di vedersi in volto, non lasciarono trasparire l'emozione.

"Ti trovo in forma," mentì Rick, in realtà ammaliato dalla sua bellezza. "E vedo che sei riuscita a portare i capelli sciolti come ti avevo consigliato!"

Kate rise e si portò una ciocca di capelli dietro l'orecchio.

"Puoi anche dirmi che sono uno schianto, Castle, così saltiamo parole imbarazzanti." 

Ci fu un attimo di silenzio nel quale entrambi si presero del tempo per osservare l'un l'altra.

"E così ce l'hai fatta. Hai realizzato il tuo sogno. L'uomo è riuscito ad andare sulla Luna!"

"Grazie, anche tu ce l'hai fatta. Sei una giornalista a tutti gli effetti ora!"

"Non ci crederai, ma la mia capa se n'è andata qualche settimana fa, lasciandomi il timone. Ha detto qualcosa come 'Se prima avevo ignorato i sentimenti e i sogni, vuol dire che non ho capito niente di giornalismo.' Ci crederesti mai? Io a capo di un giornale!"

Rick tornò serio per avvicinarsi di più a lei. Riusciva a guardarla dritta negli occhi, ma resistette all'impulso di stringerla.

"Non mi sembra difficile crederlo. Tu sei... straordinaria. E quelle cose che ti ho detto in televisione... è tutto vero."

Kate rimase senza parole e questo confermò la sua teoria. Lui la amava sul serio. Sorrise.

"Devo dirti una cosa, Castle..."

"Richard!! Richard, dove sei finito, darling? Non riesco a capire nulla di questo buffet giapponese!! Ma come si mangia questo sushi?!"

La pimpante Martha richiamò l'attenzione del figlio urlando a squarciagola, mentre delle palline di riso che contornavano il sushi, caddero a terra facendo scivolare uno dei camerieri, che Alexis aiutò a rialzarsi.

Rick sospirò guardando sua madre, poi si rivolse a Kate stringendosi le spalle.

"Devo andare ma torno subito! Comunque... anche io devo dirti una cosa." disse infine lui e le sfiorò la mano, facendole venire un brivido che la percosse tutta.

Lei lo vide allontanarsi mentre si avvicinava alla sua famiglia. Abbracciò mamma Martha e figlia Alexis, ma sopratutto quest'ultima, che mostrò al padre il giornalino della scuola con il titolo a caratteri cubitali: "Castle's man on the moon."

Suo padre aveva compiuto quel miracolo che la scienza tanto attendeva e non poteva che essere più orgogliosa.

Kate osservava la scena sorridendo, e pensando che ben presto avrebbe fatto parte anche lei di quella famiglia che fin dal primo istante l'aveva colpita dritta al cuore, e parte di quell'uomo che la figlia considerava "il papà migliore del mondo".

Lei glielo avrebbe detto. Gli avrebbe detto che lo amava, stavolta era pronta, ne era sicura.

Come l'uomo aveva compiuto il primo passo sulla Luna, così aveva fatto anche lei: il primo passo verso il settimo cielo... la felicità. Perché una cosa aveva capito: per essere felici bisogna raggiungere i propri sogni, ma non senza qualche difficoltà. E se ci si crede veramente, tutte le cose possono diventare realtà. Perfino esplorare mondi sconosciuti al di là della Terra.

Sorrise fiera di se stessa, stringendo tra le mani il giornale della sua testata.

 

 

 

 

 

 

 

 

fine

 

 

 

 

Angoletto dell'autrice (poco) sana di mente:

E anche questa storia è finita.

L'allunaggio è stato effettuato, Rick ha riconquistato la fiducia del suo staff e del mondo intero.

La sua famiglia e sopratutto sua figlia Alexis, non hanno mai smesso di credere in lui.

Kate, si è trasformata dalla giovane ragazza in cerca di scoop, in una donna matura, capace di amare e di sognare.

Ho voluto lasciare la storia dei due innamorati in sospeso perchè mi piace che ognuno di voi possa immaginare (e sognare) il loro futuro.

Ringrazio tutti quelli che l'hanno letta, seguita, recensita, e che mi hanno incoraggiato ad andare avanti quando l'ispirazione mi mancava (non c'è bisogno che faccia nomi, sapete che sto parlando di VOI <3).

Un grazie speciale va a tutti i sognatori, voi che coltivate speranza, e non smettete mai di credere in ciò che fate e in ciò che volete diventare. Perché se ci si crede fermamente, i sogni, a volte, possono avverarsi.

Alla prossima storia! Sperando che mi torni la voglia di scrivere. :)

D.

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