Thanks For The Memories

di dontblinkcas
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** What The Water Gave Me ***
Capitolo 2: *** A Change Is Gonna Come ***
Capitolo 3: *** Dirty Little Secret ***
Capitolo 4: *** I'll Wait For You ***
Capitolo 5: *** Begin Again ***
Capitolo 6: *** Nirvana ***
Capitolo 7: *** Spectrum ***
Capitolo 8: *** All This And Heaven Too ***
Capitolo 9: *** While The Candle Still Burns ***



Capitolo 1
*** What The Water Gave Me ***


Buonasera!
Eccomi tornata con l'OS che avevo già pubblicato qualche giorno fa.Devo ringraziare la mia parabatai Giada che mi ha fatto capire come l'idea in sè della storia fosse buona, ma che la scrittura era pessima (lo so, ne ero al corrente anch'io inconsciamente!)
Perciò ho deciso di fare una raccolta dei pensieri di Magnus così da poter approfondire ogni ricordo, cosa che mi era impossibile prima!
Questa prima parte può essere considerata come un prologo della raccolta.
Spero la mia idea vi piaccia e che leggerete in tante.
Le recensioni sono, come sempre, bene accolte.
Buona lettura,
Dany


 




Thanks For The Memories 

 


What The Water Gave Me







Lo stregone era al centro del Santuario, accanto alla colonna dove poche ore prima era imprigionata la sua vecchia fiamma Camille.
Le catene benedette, che l'avevano tenuta prigioniera facendole sfrigolare la pelle come carne sulla brace, ora giacevano a terra immobili come serpenti pronti ad attaccare.
Grosse macchie di sangue rosso vivo brillavano ancora sul metallo grigio.
Ma non furono quelle che fecero inginocchiare lo stregone e prendere le catene tra le mani inguantate: fu il loro taglio netto, troppo preciso per essere stato strappato a forza, che fecero capire a Magnus che Camille non si era liberata da sola ma era stata aiutata da qualcuno.
Ma non c'erano altre tracce, nulla che avrebbe fatto intendere chi e dove la vampira fosse stata portata.
Lo stregone sospirò rumorosamente: odiava il fatto che per lui la vampira fosse sempre così sfuggente. Nemmeno quando credeva di amarla era riuscito a trattenerla a sé.
Era come acqua, acqua che gli scivolava dalle mani.
Anche se ormai aveva dimenticato quell’amore che aveva fatto morire di stenti il suo cuore, non sopportava il fatto di averla lasciata sfuggire.

Si rialzò e la sciarpa gli cadde sul petto; con un gesto abituale la ricacciò indietro ma nel farlo un profumo lo travolse.
Sembrava l'odore del vetro lasciato al sole misto a sandalo.
Lo stregone avrebbe saputo riconoscere quel profumo tra mille: Alec.
L’aroma evocò l’immagine del ragazzo nella sua mente, il volto sorridente che aveva cambiato la sua vita in così pochi mesi era inciso nella sua mente.
Riusciva a distinguere tutti i particolari del viso: ogni minima pagliuzza dei suoi occhi blu, ogni sfumatura del volto quando la luce lo colpiva rendendo i capelli neri lucenti, ogni cambiamento della sua espressione.
Ma pensare al suo ragazzo gli fece girare la testa in un turbine di sentimenti contrastanti che lo assalivano ogni volta che pensava ad Alexander.
Magnus si avvicinò alla colonna e appoggiò la fronte sulla superficie fredda e liscia.
Quel contatto fresco alleviò un poco il suo mal di testa e quell'opprimente sensazione che non lo voleva lasciare e che sembrava avesse deciso di prendere dimora fissa dentro il suo corpo.
Senso di colpa.
Si sentiva in colpa per Alec.
Chiuse gli occhi e lasciò che la sua mente fosse libera di vagare tra i ricordi.

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Capitolo 2
*** A Change Is Gonna Come ***


Buon pomeriggio!
Ecco il primo ricordo di Magnus, spero vi piaccia perchè a me non convince per nulla e credo sia scritto malissimo però non posso stare ferma su un solo ricordo altrimenti non finisco più la storia. Giuro che i prossimi saranno migliori.
In mia difesa vorrei dire che scrivere dal punto di vista di Magnus è davvero difficile, soprattutto quando la sua vita non era ancora legata ad Alec.
Le recensioni sono sempre ben accolte.
Buona lettura,
Dany.


 




A Change Is Gonna Come






 

 
La musica rimbombava nelle orecchie dello stregone.
Odiava le band di fate.

Aveva iniziato ad annoiarsi e stava quasi per urlare che la festa era finita quando vide qualcuno che gli fece strabuzzare gli occhi: Clarissa Fray.
Sbatté ripetutamente le palpebre coperte di glitter per assicurarsi che quella non fosse una visione e che non stava diventando pazzo.
Ma era proprio lei la ragazza che si ritrovò davanti, il suo viso assorto scrutava gli ospiti di una festa che non avrebbe mai dovuto ricordare. Incapace di resistere alla curiosità le parlò per capire fino a che punto il suo muro fosse stato abbattuto.

Tuttavia la loro conversazione fu breve e interrotta dall’arrivo di due ragazzi.
Magnus notò l’espressione sollevata di Clary, non più costretta a parlare con quello strano ragazzo coperto di brillantini; ma non diede molto peso a quell'atteggiamento perché la sua attenzione non fu catturata né da Clary, né dal cacciatore biondo dall’aria spavalda, ma dal terzo ragazzo che era rimasto in disparte.
Era alto, anche se non quanto lo stregone, aveva i capelli corvini e gli occhi blu che luccicavano nell'oscurità, il viso disegnava un'espressione imbronciata. Avrebbe potuto passare per un vampiro se non fosse stato per il marchio che gli spuntava dalla maglietta e che si arrampicava sul collo esile e bianchissimo.
Era davvero carino.

Ma i pensieri di Magnus su quel Nephilim furono interrotti da un uomo basso che reclamava vendetta per la sua moto distrutta. Lo stregone, indignato per l'intrusione ed esasperato per la festa, cacciò il vampiro con un semplice gesto della mano. 
Quando Magnus si concentrò di nuovo sui ragazzi sentì il biondo rimproverare l'altro che stava ridendo.
Era ancora più carino adesso.
«Alec».
Alec, diminutivo di Alexander, pensò Magnus.

Incuriosito da quel terzetto e annoiato a morte dalla festa, acconsentì a parlare con loro in privato.
Nonostante la voglia di capire cosa stesse succedendo nel mondo degli Shadowhunters, una parte della sua mente continuava a vagare su quel ragazzo timido che stava giocando con un lembo del copriletto e che aveva uno sguardo distaccato, come se tutta quella faccenda non lo riguardasse.
 
Ascoltò Clary parlare di sua madre e di quello che le aveva fatto, sentì il suo tono lamentoso mentre si auto compiangeva fino a che, stanco di quella scenata, non raccontò della sua melodrammatica infanzia per far zittire la rossa. Magnus non si aspettava parole di conforto, non da quei ragazzini, non da quei Nephilim.
E invece con suo sommo stupore fu Alec a parlare.
«Non è stata colpa tua. Non si può decidere come nascere».
Sebbene avesse tenuto uno sguardo impenetrabile, quelle parole toccarono il suo cuore.
Quel timido ragazzo conosceva per esperienza personale quanto quelle parole potessero essere confortanti. Ma Magnus tenne a bada quei pensieri e continuò a discutere con gli altri dei piani di Valentine.

Quando uscirono dalla camera da letto, Magnus avrebbe voluto portare Alec in un angolo, ma quell'idea fu troncata sul nascere a causa dello stupido mondano che i cacciatori si erano portati appresso e che aveva deciso di trasformarsi in topo.
In aggiunta, un gruppo di vampiri aveva iniziato a schiamazzare vicino all'ingresso, costringendo lo stregone a intervenire.
Alla fine aveva gridato alla folla che la festa era finita: ordinatamente tutti avevano iniziato ad andarsene; nessuno voleva mettere in discussione le parole del sommo stregone di Brooklyn.
Aveva visto anche il gruppo di cacciatori avviarsi verso l'uscita e non aveva saputo resistere.
«...E per quanto riguarda te, chiamami quando vuoi», aveva strizzato un occhio ad Alec che era arrossito violentemente e aveva balbettato qualcosa mentre Jace lo portava via.
Le guance infiammate lo rendevano ancora più bello.


***



Magnus era appena uscito dalla doccia quando il citofono suonò.
Scocciato andò alla porta e quasi urlando tuonò: «Chi osa disturbare il mio riposo?».
La voce di risposta era nervosa.
«Jace Wayland. Ti ricordi? Sono del Conclave».
Lo stregone aggrottò la fronte: non era lui quello che si aspettava ma il suo amico, quello carino, Alec.
Ma nonostante ricordasse perfettamente chi era disse: «Sei quello con gli occhi azzurri?».
Sperava che fossero venuti entrambi, ma la risposta dall'altro capo del citofono fu eloquente: insieme a Jace c'era Clary.

Deluso e leggermente infastidito li fece salire comunque e ascoltò le loro preoccupazioni sul mondano-topo.
Magnus rimase sconcertato quando gli chiesero di rivelare la tana dei vampiri: quei ragazzini non potevano davvero pensare che dicesse a un cacciatore dove si trovasse il rifugio della sua preda.
Ma Clary lo persuase giocando sul suo senso di colpa.
Odiava sentirsi così e non poté non provare pietà per quella ragazza che aveva perso sua madre e che stava per perdere il suo migliore amico.
La vecchiaia mi ha addolcito, pensò.
Disse dove era il covo e chiuse malamente la porta in faccia ai due ragazzini.


***
 


Erano passati giorni e Magnus non aveva avuto più notizie del ragazzo che lo aveva affascinato alla festa.
Un vero peccato, aveva pensato, ma era andato avanti con la sua vita di tutti i giorni. Non si aspettava certo che lo avrebbero chiamato a quel modo e in quella circostanza.
Ma quando un messaggio di fuoco era apparso nel suo loft affermando che Alec era stato ferito gravemente durante uno scontro con un Demone Superiore, non aveva esitato a lasciare il suo appartamento per dirigersi immediatamente all'Istituto.

Appena arrivato si era trovato davanti Isabelle, i vestiti macchiati di sangue e un'espressione disperata dietro il volto sorpreso per il suo arrivo inaspettato.
Lo aveva accompagnato al capezzale del fratello e lo aveva lasciato da solo con lui mentre lo fissava con gli occhi neri carichi di speranza.

Rimasto solo si era seduto sul bordo del letto e aveva appoggiato le sue lunghe dita fredde sul petto nudo del Nephilim che spalancò gli occhi e delirò, accecato dal veleno demoniaco.
Magnus fece brillare le sue mani di scintille rosse e blu mentre recitava con voce cantilenante una formula in una strana lingua che crepitava come fuoco.
Le dita, intanto, scendevano dal petto all'addome muscoloso e nei punti in cui avveniva il contatto la pelle martoriata tornava candida come neve.
Nel frattempo la voce di Alec era diventata un sussurro.
Quando lo stregone ebbe finito si rialzò e fece per andarsene, ma una presa salda lo trattenne: Alec lo aveva afferrato per un polso.
«M-Magnus...non andare via», la voce era appena un sussurro impercettibile.
Lo stregone si avvicinò di nuovo e appoggiò la mano libera sulla guancia del ragazzo che teneva gli occhi fissi sul suo volto.
«Non me ne vado, resterò qui fin quando lo vorrai, ma ora devi riposare. Chiudi gli occhi mio bellissimo Nephilim», la sua voce era dolce e tranquillizzante.
Alec chiuse gli occhi, ma non lasciò la presa dal braccio dell'altro, che si sistemò sul letto e osservò il volto del cacciatore fino a che tutti i particolari di quel viso non gli rimasero impressi nella mente.

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Capitolo 3
*** Dirty Little Secret ***


Buongiorno mie cari lettori.
Avevo intenzione di pubblicare un capitolo per ogni libro, ma la mia fantasia si è lasciata trascinare perciò questo capitolo è solamente la prima parte di Città di Cenere.
Spero che vi piaccia perchè sono molto contenta di questo capitolo.
Devo assolutamente farvi notare che la maggior parte dei dialoghi in questo capitolo sono stati ripresi dalle battute originali degli scritti della Clare.
Spero di riuscire ad aggiornare presto, ma ora la scuola si fa sentire e sono molto impegnata.
Ricordate che una recensione è sempre ben accolta!
Buona lettura,
Dany.





Dirty Little Secret

 



 
 
«Sono io. Intendo Alec, Alec Lightwood».
Magnus rimase sorpreso di quelle parole: nonostante avesse salvato la vita al ragazzo e Alec gli avesse chiesto di non andarsene dal suo capezzale non si aspettava di rivederlo così presto.
Tuttavia eccolo lì, mentre saliva le scale con passo incerto, come se fosse stupito anche lui di quello che stava facendo.
Magnus non si era sbagliato alla festa: era estremamente bello.

«A cosa devo il piacere?» chiese Magnus con apparente indifferenza, anche se si era accorto come il Nephilim avesse frettolosamente distolto lo sguardo dai jeans abbassati e ne era compiaciuto.
«Speravo di poter entrare e parlare con te».
Lo stregone lo guardò incuriosito, poi, senza dire nulla, si voltò, attraversò la stanza e si sdraiò sul divano.
Alec, he lo aveva seguito, ora lo guardava seduto su un divano di velluto d'oro: sembrava intimorito.
Per cercare di calmarlo fece apparire del the fra le sue mani.
«Per l'Angelo...».
«Amo quell'espressione».
Ed era vero.
Magnus amava quell'esclamazione, quelle semplici parole che i Nephilim ricorrevano usare, convinti che invocando il loro creatore avrebbero potuto essere confortati, difesi e protetti. Amava quell'espressione perché, nonostante Raziel non li avrebbe mai aiutati, loro non perdevano la fede, continuavano a ringraziare colui che li aveva generati. La stessa cosa non poteva essere detta per i Nascosti: loro erano stati creati da capricci, da sete di vendetta e di potere. Loro non potevano ringraziare i demoni perché loro non erano considerati creazioni, ma effetti collaterali.

Pensando a ciò ignorò la domanda di Alec e gli chiese il motivo della sua visita.
«Volevo ringraziarti per avermi salvato la vita».
Magnus lo fissò: aveva pensato di aver capito male, quel ragazzo non poteva volerlo ringraziare, lui era un Lightwood e i Lightwood non ringraziavano mai.
Per questo si alzò dal divano e gli sedette accanto, come se avvicinandosi potesse capire meglio il ragazzo che si celava dietro a quei riservati occhi azzurri.
 
Alec lo incuriosiva come non succedeva da molto tempo ormai.
Lo incuriosiva il fatto che fosse diverso da tutti i Lightwood che avesse mai incontrato. 
Lo incuriosiva il modo in cui quel cacciatore potesse essere così bravo a uccidere demoni ma così ingenuo sull'arma più potente di tutte: le parole.
Lo incuriosiva il modo in cui le sue guance si infiammavano sulla pelle diafana ogni qualvolta si sentiva imbarazzato, come ora che gli aveva appoggiato una mano sulla guancia e lo accarezzava.
Senza accorgersene emise un verso che fu però sentito da Alec.
Avrebbe voluto mentire, dire qualcosa che non facesse capire quanto lo attraeva, ma guardando quel volto angelico gli fu impossibile.
Solo l’arrivo del Presidente Miao riuscì a fargli riprendere il controllo.



Magnus si era appoggiato alla porta mentre aspettava che Alec, perso nei suoi pensieri, se ne andasse.
«Non hai mai baciato nessuno? Affatto?».
«No. Non un vero bacio…»disse Alec imbarazzato.
«Vieni qui».
 
Lo stregone lo attirò a sé, risalì con le mani le braccia muscolose del cacciatore e gli fece alzare il mento così che le loro bocche potessero combaciare. Sentì Alec emettere gemiti soffocati sulle sue labbra. Con delicata urgenza prese le redini del gioco: con la lingua socchiuse le labbra del Nephilim ed esplorò la sua bocca; assaggiò il sapore delle labbra di Alec mentre le mordicchiava.
Un brivido percorse la schiena dello stregone, il battito del cuore accelerò e sentì il sangue bollente scorrergli per tutto il corpo, come se fosse lava incandescente.
Gemette sorpreso quando Alec gli mise le mani sotto la maglietta e lo attirò più a sé prendendolo per i passanti dei jeans. Stava perdendo il controllo, ma non gli interessava, in quel momento esisteva soltanto il ragazzo che aveva tra le braccia. Si staccò dalle soffici labbra di Alec e scese lungo il collo, con la lingua seguì la linea della vena che si era ingrossata per l’eccitazione. I baci divennero presto piccoli morsi. Sentì Alec diventare sempre più instabile e, anche se tutto il suo corpo si oppose, si allontanò.
Cercò di mantenere il respiro calmo, ma senza riuscirci; gli occhi brillarono quando notò il piccolo segno rosso sul collo diafano di Alec.
 
«Ora sei stato baciato. Ci vediamo venerdì?».
Fu come un lampo.
Senza sapere come Magnus si trovò di nuovo contro il petto duro di Alec.
Questa volta era il Nephilim ad avere il controllo: il bacio fu forte, veloce e urgente.
Nonostante il tocco inesperto, il cuore di Magnus perse diversi battiti.
«Venerdì».
Lo stregone vide sparire Alec oltre le scale, rimase qualche secondo appoggiato contro la porta per assicurarsi di riprendere il controllo. Era da molto che non si sentiva in quel modo: aveva quasi dimenticato quello che si provava ad avere le farfalle nello stomaco.
 

***


 
Quando Jace, Clary e Simon uscirono dal suo appartamento, Magnus chiuse la porta a chiave e ci si appoggiò sopra, guardando Alec, che si rigirava il cellulare tra le mani, con aria divertita.
 
L’appuntamento di venerdì era andato inaspettatamente bene: nonostante un breve imbarazzo iniziale, Alec aveva abbandonato la diffidenza che mostrava verso le persone che non facessero parte della sua famiglia.
Magnus lo aveva ascoltato parlare per ore, mentre il giovane cacciatore gli raccontava la sua breve vita; aveva perfino sorvolato sul modo in cui Alec narrava le imprese di Jace, come se fosse un dio sceso in terra da venerare.
Aveva provato uno strano piacere mentre gli aveva confidato i suoi sentimenti: come si era reso conto di essere gay, come lo avesse rivelato a sua sorella e della sua perenne paura di essere scoperto dai suoi genitori e da Jace.
E poi il Nephilim gli aveva chiesto qualcosa sulla sua vita: lo stregone aveva guardato i suoi occhi blu e aveva eluso la domanda raccontandogli della rivolta del Circolo.
Magnus non voleva parlare della sua vita precedente, odiava farlo. Il passato era passato e farlo riaffiorare lo rendeva pateticamente nostalgico; pensare a tutte le persone lasciate indietro lo faceva quasi soffocare nella tristezza.
No, non voleva vedere il viso di Alec rattristirsi per i suoi amori perduti e non voleva farlo preoccupare.
 
«Hai intenzione di stare appoggiato alla porta tutto il giorno per fissarmi?»chiese Alec sbuffando, distogliendo Magnus dai suoi pensieri.
«E anche se fosse?»rispose l’altro con un sorriso, si staccò dalla porta e lo raggiunse.
Alec prese un lembo della vestaglia verde e lo baciò.
Il ragazzo impara in fretta, pensò lo stregone mentre gli metteva le mani fra i capelli.
Ma il contatto fu breve.
«Allora, la prima stagione di Gilligan’s Island?»domandò il cacciatore a pochi centimetri dal suo viso, Magnus sentiva il suo respiro solleticargli il collo.



Era da più di un’ora ormai che stavano guardando quella serie.
Erano seduti comodamente su un divano bianco, spalla contro spalla, mentre le loro lunghe gambe erano appoggiate sul tavolino davanti a loro. Magnus continuava a commentare ogni scena e raccontava di come avesse conosciuto una volta i personaggi quando aveva accidentalmente aperto un portale negli studios in cui la serie veniva girata.
«Hai davvero aperto un portale in mezzo a tutti quei mondani?»chiese Alec a metà tra lo scandalizzato e il divertito.
«Erano gli anni Sessanta! Non ricordo con estrema lucidità quel momento della mia vita. In quel periodo sì che organizzavo delle vere feste. Ricordo una che è durata una settimana…», ma Magnus non finì mai di raccontare cosa fosse successo perché Alec, esasperato da quel continuo parlare, gli prese il volto tra le mani e lo baciò.
 
Le loro labbra si muovevano in perfetta armonia mentre il bacio si trasformava da delicato a un fiume in piena di passione. Magnus lo attirò sopra di sé mentre gli metteva le mani sotto la maglietta, toccando gli addominali scolpiti e sentendo il cuore del cacciatore che accelerava; con un movimento rapito Alec decise che la sua maglietta fosse soltanto d’intralcio.
Gli occhi da gatto di Magnus brillarono quando guardarono il fisico di Alec: l’aveva già visto a petto nudo quando lo aveva curato, ma allora non pensava che quel cacciatore avesse potuto davvero essere suo. Ma Alec non lasciò che contemplasse il suo aspetto perché di nuovo le labbra di Magnus furono impegnate a baciare quelle del ragazzo dagli occhi blu.
Le mani di Alec scesero sulla maglia a rete dello stregone, che rabbrividì al tocco fresco. Le dita però non si fermarono sul petto, ma arrivarono fino al bottone dei jeans di Magnus.
Gli occhi da gatto si spalancarono, le pupille si dilatarono e il verde dei suoi occhi scintillò nella fioca luce che proveniva dallo schermo ancora acceso.
Anche Alec lo stava fissando, il suo sguardo era un misto di eccitazione e paura.
Verde contro azzurro.
«Sei sicuro?»sussurrò Magnus con delicatezza, nonostante il desiderio fosse palpabile.
«Non sono mai stato più sicuro in vita mia» mormorò Alec e si avvicinò di nuovo alle sue labbra mentre la sua mano slacciò il bottone dei jeans dello stregone.

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Capitolo 4
*** I'll Wait For You ***


Buongiorno.
Eccomi con un nuovo aggiornamento, spero vi piaccia.
Avevo avuto ragiono a voler dividere il secondo capitolo visto che anche questo capitolo è lungo tre pagine!
Non so se il prossimo lo pubblicherò così in fretta dato che devo studiare per la simulazione di terza prova!
Una recensione è sempre ben accetta!
Buona lettura,
Dany.




I’ll Wait For You

 





Stava percorrendo una strada deserta che costeggiava il lento corso dell'East River.
Il sole, appena sorto, spuntava timido da oltre gli alti palazzi; i suoi raggi tingevano le acque di colori sgargianti, facendo dimenticare agli abitanti di New York il colore torbido dell'Houdson. Alle sue spalle, nonostante la distanza, Magnus sentiva il rumore del traffico sul Williamsburg Bridge.
Oltrepassò un bidone rovesciato con una falcata delle sue lunghe gambe. Erano dieci minuti ormai che camminava e la vista della casa di Luke era stata sostituita con il malconcio cantiere navale di Brooklyn.

Odiava camminare: lo faceva solamente quando era arrabbiato o frustrato, perciò quel gesto era diventato un'attività orribile ai suoi occhi.
Tuttavia i suoi piedi si muovevano veloci e leggeri, senza emettere il minimo rumore come se fosse un gatto.
Nonostante la distanza percorsa però, la sua mente non voleva allontanarsi da quel posto perché la persona che occupava i suoi pensieri, Alec, era ancora là.

Magnus tirò con tutta la sua forza, in un moto di rabbia, un calcio a una bottiglia di birra che si trovava sulla sua traiettoria; quella fece un volo di due metri prima di esplodere per la violenza del calcio. Le schegge di vetro schizzarono in tutte le direzioni come proiettili: una di essere colpì il suo braccio sinistro.
Non se ne sarebbe nemmeno accorto se non avesse visto allargarsi una piccola macchia di sangue sulla giacca della tuta che indossava.
Fantastico, ora era anche irritato per le spese di lavanderia.

Ma nemmeno quel piccolo inconveniente riuscì a distoglierlo dal pensiero di Alec.
Sapeva che sarebbe stato difficile: il Nephilim era stato sincero con lui riguardo le sue paure di essere scoperto, ma non avrebbe mai pensato di dover fingere anche quando ormai tutto era evidente, chiaro come la luce del sole.
Jace poteva anche essere un vanitoso egocentrico, ma non era di certo stupido; aveva capito fin da subito che tra Magnus e Alec ci fosse qualcosa di più di una semplice amicizia.
Ma Alec aveva preferito negare tutto piuttosto di raccontare la verità al ragazzo che amava.

Una fitta al cuore costrinse Magnus a rallentare il passo: nonostante tutto quello che avesse offerto al ragazzo, Alec preferiva ancora rincorrere un amore impossibile che rifugiarsi tra le sue braccia. 
Era questo che aveva ferito lo stregone: si sentiva usato, come un giocattolo che Alec si era divertito ad avere per pochi giorni, una piccola distrazione dal suo obiettivo finale.
Il Nephilim pensava forse che non avesse sentimenti? Non era esattamente umano, certo, ma aveva dei sentimenti come gli esseri umani.
Anzi proprio il fatto di essere immortale aveva sensibilizzato le sue emozioni: amore, paura, dolore; tutti sentimenti che aveva già provato diverse volte, ma a cui, nonostante le varie e molteplici esperienze, non era ancora abituato e anzi ogni volta non facevano altro che sommarsi alle esperienze passate.

Aveva aiutato a far nascere il vampiro, aveva acconsentito a occuparsi di Jace, entrando di nuovo in contratto con il Conclave dopo anni di diffidenze, aveva salvato Luke e la lupa mannaro esaurendo tutte le sue forze. Aveva coperto il Nephilim anche poco prima quando stava per rivelare ai suoi genitori il fatto di essere gay a causa di quella stupida runa creata da Clary.
E tutto senza chiedere nulla in cambio, aveva fatto questo solo perché Alec gliel'aveva chiesto e perché lui ci teneva davvero a quel ragazzo moro con gli occhi blu.

Magnus spostò di nuovo lo sguardo sul braccio ferito. La stoffa si era inzuppata e un rivolo di sangue era corso per avambraccio fino alle lunghe dita; una goccia cadde sull'asfalto dissestato prima che potesse evitarlo. Alzò il braccio per esaminarlo meglio: avrebbe potuto curarsi con un semplice sprizzo di scintille azzurre, ma scoprì che il torpore causato dal taglio profondo attenuava il dolore della sua mente e del suo cuore. 
 

***


Dagli altoparlanti appesi sui lati delle pareti dell'arioso salone risuonavano le dolci e amare note di un pianoforte che eseguiva La Sonata al Chiaro di luna di Beethoven.
Magnus era sdraiato, una gamba rialzata, sul divano bianco e il braccio piegato dietro la nuca gli gonfiava i suoi bicipiti sotto la maglietta rossa; sulla pancia aveva, accoccolato, il Presidente Miao e una mano del ragazzo correva lungo il suo pelo morbido.
Aveva gli occhi chiusi.
Anche se si era completamente ripreso dalla scorsa notte, si sentiva stanco e affaticato; il taglio che si era procurato quella mattina era soltanto un lontano ricordo. 

La suoneria del cellulare riecheggiò per tutta la casa facendolo sobbalzare e facendolo quasi finire a terra. Il Presidente Miao si svegliò infastidito e sparì come un razzo nella camera da letto di Magnus.
Lo stregone innervosito si alzò lentamente, raggiunse il tavolo su cui era appoggiato il telefono e senza guardare il numero aprì la chiamata.
«Chi osa disturbare il Sommo Stregone di Brooklyn?!»urlò al suo interlocutore.
Dall'altro capo ci fu un attimo di esitazione, ma poi una voce parlò e Magnus la riconobbe all'istante.

«Sono io, cioè Alec», la sua voce era calma, ma Magnus riuscì a percepire un velo di tensione e di ansia.
«Che cosa vuoi Alexander? Mi pare di essere stato chiaro stamattina quando ho detto che...».
«Ho...abbiamo bisogno del tuo aiuto. Devi aiutarci a salire sulla nave di Valentine, quel pazzo ha catturato Simon e Maia per completare il Rituale. Dobbiamo fermarlo», ora il tono era concitato.
«E perché dovrei aiutarvi? Fino ad ora non ho ricavato nulla dal farlo»disse nel modo più velenoso che poté, ma già dentro di lui una vocina aveva iniziato a smontare quel suo atteggiamento ostile.
«Ti prego Magnus. Sei la nostra unica possibilità per fermare tutto. Se non vuoi farlo per me, fallo per tutto il Mondo Invisibile»lo supplicò Alec.
Magnus riusciva quasi a vederlo mentre parlava: gli occhi azzurri e sinceri spalancati, le spalle leggermente incurvate e il viso d'angelo supplicante.
Lo stregone sospirò dopo un momento di silenzio tombale.
«Dove volete che ci incontriamo?»disse infine.
La voce di Alec si rianimò.
«Scegli tu il posto. Jace, Clary e Luke saranno lì ad aspettarti».
«Di loro che ci vediamo alla spiaggia di Red Hook»disse infine e senza aspettare una risposta di conferma chiuse la chiamata. Senza esitare si diresse verso la camera da letto: quel tipo di magia richiedeva un abbigliamento molto più elegante.
Ancora una volta il suo cuore aveva avuto la meglio sulla sua parte razionale.
La verità era che avrebbe sempre corso per Alec.
Sempre.

***


Era esausto.
Non sapeva per quanto ancora poteva resistere, ma ormai anche le ultime forze lo stava abbandonando, non sapeva nemmeno se sarebbe riuscito a riportare il pickup sulla riva prima di perdere i sensi. Ma qualcosa attirò la sua attenzione, qualcosa che gli fece spalancare gli occhi e gli fece congelare il sangue nelle vene.
Una figura stava precipitando dalla nave, un cacciatore a giudicare dalla divisa nera.
Ma la persona, che stava cadendo, era estremamente alta, aveva i capelli neri e il pallore della sua pelle si scorgeva anche a quella distanza.
Era Alec quello che stava precipitando.

Magnus sentì lo schianto del corpo mentre infrangeva l'acqua nera e affondava nel profondo del fiume.
Preso dal panico lo stregone si alzò barcollando e, spendendo la sua ultima riserva di magia per tenere a galla il pickup, si tuffò nell'East River.
L'acqua era ghiacciata e feriva la sua pelle come milioni di aghi, rendendo difficile perfino respirare; ma quel dolore lo fece risvegliare dal torpore della stanchezza. Si costrinse ad avanzare continuando a gettare le braccia davanti a sé e raggiunse faticosamente il punto dell'impatto.
Prese un respiro profondo, per quanto la morsa del freddo lo permettesse, e si avventurò sotto la superficie del fiume. L'acqua era ancora più scura a causa del crepuscolo che era calato.
La disperazione stava per prendere il sopravvento quando raggiunse il polso di Alec. Tirò con tutta la sua forza e insieme riemersero nell'aria fredda di New York.
Con estrema fatica Magnus riuscì a riportare entrambi sul pickup: lasciò Alec disteso sul cassone e si accasciò di fianco a lui stremato. Quando il Nephilim vomitò l'acqua ingerita, Magnus sospirò sollevato.



Magnus prese le mani di Alec.
Una tenue luce bianca esplose quando si toccarono. 
Lo stregone sentì la forza vitale tornare: si trasmetteva dalle mani e, come rami di energia, si diffusero per tutto il resto del corpo scacciando il torpore che lo invadeva e lasciandogli una sensazione di calore confortante.
Solo quando vide il viso di Alec impallidire ulteriormente spezzò il legame.
«Magnus...»sussurrò il ragazzo a mo' di protesta mentre si appoggiava contro la parete del pickup.
«Shh, non parlare. Ho recuperato abbastanza energia. Ora è tempo di curare questa commozione celebrale»la voce di Magnus era dolce mentre gli si avvicinava e gli poggiava le mani sulle tempie.
Scintille azzurre comparvero e curarono il ragazzo già in pericolo di perdere i sensi.
Quando questo riaprì gli occhi, Magnus stava passando il lungo indice per tutto il corpo di Alec.
«Cosa stai facendo? Smettila di sprecare la tua magia con me»disse in un soffio cercando di essere autoritario.
«Ti ho curato la commozione, ma non voglio che tu muoia di freddo»rispose lo stregone, poi si avvicinò e sfiorò le sue labbra con le proprie.
«Ora riposati, mio prode guerriero»gli sussurrò a fior di labbra, mentre gli occhi blu di Alec scomparivano dietro le sue palpebre.
 

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Capitolo 5
*** Begin Again ***


Buon pomeriggio cari lettori.
La settimana della simulazione è finalmente finita quindi sono riuscita a concludere il nuovo capitolo, anzi sono stata anche molto produttiva dato che sono più di quattro pagine di Word!
Comunque ho un piccolo avvertimento: ci potrebbe essere un piccolissimo spoiler per tutti quelli che ancora non sanno perchè Magnus voglia così tanto il Libro Bianco.
Non so se riuscirò ad aggiornare presto perchè lunedì parto per Ginevra per un paio di giorni.
Infine volevo solo ricordare che la raccolta di ricordi sta per giungere alla conclusione, non so se questa sia una notizia buona o no per voi.
Detto ciò vi lascio alla lettura.
Ricordate che una recensione è sempre ben accetta: mi farebbe davvero piacere sapere la vostra opinione, le vostre critiche o le vostre sensazioni.
Buona lettura,
Dany.




Begin Again

 



Una settimana.
Era passata una settimana dalla distruzione della nave e Alec non si era mai fatto vivo.
Nessuna chiamata, nessun biglietto, nessuna visita di ringraziamento.
Era come se quel ragazzo non fosse mai esistito, come se si fosse trattato semplicemente di un sogno; ma Alec non era frutto della sua immaginazione. Era una persona, era un Nephilim, era la cosa che più desiderava in quel momento.

Quando aveva realizzato quel pensiero si era spaventato di se stesso: non poteva provare un sentimento così forte per una persona in così poco tempo.
Lui che era immortale e aveva visto epoche essere sopraffatte e regimi crollare, lui che contava le decadi come se fossero anni; proprio lui si era innamorato di un ragazzino di diciotto anni che sarebbe cresciuto, invecchiato e alla fine se ne sarebbe andato, esattamente come tutti gli altri.

Era da molto tempo che si sentiva vecchio e affaticato dagli anni, come se fossero macigni caricati sulle spalle. Essere immortali aveva i sui vantaggi, certo, ma quella condizione non lo aveva mai reso completamente felice e anzi si era chiesto spesso come fosse invecchiare come tutti i mortali.
Ma anche se la sua mente amava trastullarsi con quell'idea, non l'aveva mai davvero presa in considerazione perché aveva troppo paura.

Aveva il terrore della morte, di quello che sarebbe accaduto al suo corpo quando la vita lo avrebbe abbandonato.
Aveva paura per la sua anima: dove sarebbe finita? Sarebbe disceso all'Inferno? Sarebbe diventato uno di quei ripugnanti demoni?
Erano le risposte a quelle domande che lo pietrificavano, lo facevano tenere attaccato con più forza alla catena d'oro che lo legava alla vita.

Ma da quando aveva incontrato Alec quelle paure si erano attenuate, avevano lasciato la salda presa dal suo cuore mentre quello veniva catturato dal Nephilim.
E adesso la sua mente era tornata pericolosamente a giocare con quei pensieri, ma aveva scoperto che la paura si era trasformata in curiosità. Era curioso di scoprire come sarebbe invecchiato se al suo fianco ci sarebbe stato Alec.
 
 

Magnus sollevò invano lo sguardo alla ricerca degli occhi di Alec, ma quello cercava palesemente di non guardarlo.
Benissimo.
Se Alec si stava comportando a quel modo, perché lui non avrebbe potuto fare la stessa cosa?
Per quanto fosse attratto da quel ragazzo, nulla gli impediva di essere arrabbiato con lui per la sua indifferenza. La testardaggine di Magnus aveva avuto la meglio: non era lui quello che avrebbe dovuto fare il primo passo.
 
Una settimana e ora si ritrovava, di nuovo, a dover dare un aiuto ai Lightwood per raggiungere Idris.
Una settimana e sembrava che Alec avesse dimenticato tutto.
Una settimana e sembrava che lui e Alec fossero diventati dei perfetti sconosciuti.

***


Allo stregone Bane,
Ho parlato con Simon, che a proposito dovrebbe tornare a New York tra poco, e mi ha fatto riflettere.
Mi dispiace tanto di non essermi fatto vivo. Ad Alicante i cellulari non funzionano, ma forse questo lo sai già.
Appena torno ho bisogno di vederti, ti devo parlare.
Alec.

Appena Magnus lesse quelle poche righe, un barlume di speranza si accese dentro di lui.
Alec aveva deciso di compiere il primo passo.
Forse aveva finalmente capito quello che provava davvero per Jace e per lui.
Magnus sperò che quel ragazzo avesse preso la giusta decisione.

***


Aveva visto tutta la scena compiersi davanti i suoi occhi: le lucenti torri antidemoni si erano spente improvvisamente, lasciando dietro di sé un tenue ricordo del loro splendore, e il fumo di demoni venire dal nord scagliarsi sulla città indifesa.
Era uscito da casa di Ragnor senza pensarci e aveva raggiunto Alicante in pochi minuti.

Tra le strade aleggiava la puzza di demoni e di morte, in ogni via che aveva percorso si presentava sempre la stessa scena: i corpi sanguinanti di donne e anziani lasciati a dissanguarsi sui ciottoli della strada, morti ancora prima di capire cosa stesse succedendo.
Aveva visto un bambino di non più di otto anni steso a terra, la gola squarciata, gli occhi sbarrati di terrore e un orsacchiotto ancora stretto tra le manine. Quella vista fece sprizzare fra le dita di Magnus scintille azzurre, mentre lo stregone cercava qualcosa con cui scaricare l'ira.

Era appena sboccato in una piazza con al centro un pozzo quando venne accerchiato da un branco di demoni Iblis. Lanciò dardi infuocati verso le creature che avanzavano e che lo costrinsero a mettersi con le spalle al muro.
Ogni volta che un demone veniva vaporizzato subito un altro prendeva il suo posto; per quanto fossero stupidi Magnus doveva concentrarsi parecchio per tenere a bada quella schiera di esseri.
Per questo non si accorse del demone che era apparso alle sue spalle pronto a colpirlo.
Ma si accorse dell'urlo roco e sorpreso del mostro quando qualcosa gli piombò addosso riducendolo in polvere, mentre Magnus distruggeva l'ultimo Iblis.
Lo stregone si voltò e si ritrovò a pochi passi dalla causa di tutti i suoi guai nell'ultimo periodo.
«Alec»disse con sorpresa e con una punta di sollievo, «mi hai appena salvato la vita?».

***

 
Appena Clary gli aveva consegnato il Libro Bianco aveva atteso il momento giusto per andarsene. Prima però aveva sussurrato all’orecchio di Alec che sarebbe tornato presto.
 
Ora si trovava di nuovo nell'aria gelida e malsana di New York.
Nonostante lo sapesse aveva avuto un attimo di stordimento quando era passato dalla silenziosità campagnola di Idris al caotico e brulicante mondo di Brooklyn.
Si era rifugiato in fretta nel suo appartamento, rischiarato dalla luce della luna appena sorta, e aveva estratto con estrema delicatezza il volume come se fosse un reliquiario prezioso.

Aveva scorso le pagine, leggendo qualche frase in greco che lo attirava particolarmente, ma infine era arrivato alla formula tanto bramata: una lunga poesia di versi pericolosi, un rituale complicato e degli ingredienti assurdi e quasi impossibili da trovare.
Tuttavia era proprio lì davanti a lui.
Un brivido percorse la schiena di Magnus, mentre quell'incantesimo lo attirava come il ferro viene attirato da un magnete. Avvicinò una mano alla carta filamentosa con dita tremanti come se avesse paura che quella potesse polverizzarsi al minimo tocco.

Ma adesso non aveva tempo, aveva una questione più urgente da sbrigare.
Sfogliò ancora con delicatezza le pagine alla ricerca della pozione giusta per svegliare la Bella Addormentata dal suo coma. Si chiese se, come nella favola, non bastasse semplicemente un bacio per risvegliare la principessa. Se così fosse stato avrebbe dovuto portare Luke invece del Libro Bianco.

Appena la trovò lesse gli ingredienti e sorrise: non erano così difficili da trovare.
Chiuse di nuovo il libro e con passò veloce uscì di nuovo di casa.
Una promessa era una promessa, e lui le manteneva sempre.
 

***

 
Stava cercando di raggiungere la porta di ingresso per uscire nell’aria fresca e notturna. Aveva bisogno di concentrazione per riuscire a reggere un portale così grande da poter trasportare tutti alla piana.
 
Aveva intravisto Alec prima, mentre parlava con Clary. La tenuta da battaglia faceva risaltare la sua pelle perlacea e i suoi occhi blu; gli stessi occhi che aveva visto apparire quando la ragazza aveva dovuto dimostrare le sue capacità.
Ma non osava avvicinarlo, non davanti a quella folla.
Dopotutto stava ancora facendo quello che Alec gli aveva chiesto.
 
Una mano gli prese saldamente il polso facendolo voltare.
«Alec»esclamò sorpreso mentre i suoi occhi andarono dal viso del ragazzo alla folla intorno a loro fino ai genitori del Nephilim poco distanti.
«Cosa stai facendo?».
«Cosa?», lo guardò allarmato, «pensavo che avresti voluto essere mio compagno in battaglia, ma se non vuoi…», la sua voce si affievolì mentre Alec fraintendeva le sue parole.
«Stupido Nephilim. Certo che lo voglio»rispose esasperato.
«E perché non mi hai cercato allora?»chiese il ragazzo bruscamente.
Lo stregone alzò gli occhi al cielo.
«Perché sto facendo quello che tu mi hai chiesto di fare! Non rivelare a nessuno la mia esistenza», anche se aveva cercato di nasconderlo, Alec sentì la tristezza nella sua voce e prese un respiro profondo.
«Vieni», e lo trascinò vicino a una colonna.
 
Alec prese la sua mano destra tra le proprie: Magnus sentì una scarica elettrica scorrere per tutto il suo corpo. Il cacciatore prese lo stilo e con estrema delicatezza iniziò a tracciare la runa; lo stregone provò un dolore lancinante, mettendo in dubbio le capacità di Clary, ma poi il dolore lasciò il posto a un lieve pizzicore. Per tutto il tempo Alec rimase concentrato sul suo lavoro mentre Magnus osservava il suo volto. Poi tracciò senza molta cura una runa identica sul suo palmo sinistro.
 
«Ecco fatto. Come ti senti?»chiese Alec riponendo lo stilo ma continuando a tenere la sua mano.
«Mi sento come se fossi diventato imbattibile in ogni genere di combattimento, come se potessi scalare una montagna o correre la maratona di New York»disse Magnus seriamente.
«Davvero?», Alec sorrideva compiaciuto ma smise appena lo stregone scoppiò a ridere.
«Alexander, ti sto prendendo in giro»riuscì a dire senza smettere di ridere.
Alec vide gli occhi da gatto del ragazzo illuminarsi per il divertimento e provò uno strano piacere vedere Magnus finalmente felice per merito suo. Senza più riuscire a trattenersi si avvicinò e appoggiò le sue labbra su quelle soffici del suo stregone.
 
Magnus era rimasto immobile come una statua, gli occhi spalancati, troppo shockato per fare qualsiasi gesto. Sentiva la bocca di Alec sulla propria, ma sentiva anche lo sguardo di tutti su di loro: non gliene sarebbe importato nulla, ma sapeva che quell’azione sconsiderata si sarebbe ripercossa sul ragazzo che amava.
Aveva cercato di proteggerlo, ma questa era una decisione di Alec, non sua. E se il ragazzo aveva deciso di rivelare adesso la sua natura, lui non poteva certo ritrarsi.
Perciò seguì il movimento delle labbra di Alec, gli poggiò la mano con la runa sulla guancia e chiuse gli occhi, escludendo il resto del mondo e concentrandosi solo sul suo ragazzo.
 

***

 
«Isabelle cara, mi stupisco che tu non abbia mai cercato di far indossare a tuo fratello qualcosa di decente»sospirò guardando la cacciatrice nel suo perfetto abito dorato.
«Alec sa essere molto testardo su certi argomenti. Te ne accorgerai presto»replicò Isabelle.
«Ehi! Guardate che io sono ancora qui»protestò senza convinzione Alec, ma sua sorella si era già distratta e allontanata appena si accorse che Simon stava ricevendo troppe attenzioni da Maia.
«Lo so Alexander, non potresti mai scomparire per me»disse dolcemente e si avvicinò per un leggero bacio.



Magnus teneva una mano sul braccio di Alec mentre parlava con Aline dell'istituto di Pechino.
Con la coda dell'occhio però vide avvicinarsi due figure e subito lasciò il contatto.
Alec si accorse del gesto e alzò lo sguardo.
«Mamma, papà»esclamò a mo' di saluto ma con evidente nervosismo.
Maryse si sedette accanto al figlio e gli mise la mano dove poco prima c'era quella di Magnus, mentre Robert si mise davanti allo stregone.
«Mamma, papà questo è Magnus Bane»disse Alec incerto: dopotutto i suoi genitori conoscevano Magnus da più tempo di lui.
Lo stregone allungò la sua lunga mano affusolata verso l’uomo di fronte a lui.
Quello osservò il suo volto, indugiando sugli occhi da gatto e cercando di dissimulare la sua ostilità, ma alla fine strinse la mano.
Magnus sapeva che dentro di sé Robert stesse pensando a tutti i metodi possibili per fargli molto male e per curare il figlio da quella situazione malata; ma lo stregone tenne la bocca chiusa perché non voleva creare dispiacere ad Alec e perché quello era un giorno di festa.
Fortunatamente quell’incontro imbarazzante venne interrotto dallo scoppio dei fuochi d’artifici: tutti levarono lo sguardo al cielo.
Fiamme blu e verdi si stagliavano sullo sfondo nero della notte.
 

 
 

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Capitolo 6
*** Nirvana ***


Buonasera cari lettori.
Sono ritornata con un nuovo capitolo che sta diventando ancora più lungo di quello che immaginavo e per questo, come avevo già fatto, ho dovuto dividerlo in due parti.
Inizio a preoccuparmi seriamente per la mia fantasia, non è possibile che io abbia così tante idee da sfruttare e sviluppare!
Comunque prometto che il prossimo capitolo sarà l'ultimo! (Almeno spero ;) )
Vi lascio alla lettura e ricordate che le recensioni sono accolte con molto piacere!
Buona lettura,
Dany.




Nirvana

 




«Dimmi di che sorpresa si tratta»esclamò Alec seduto su uno dei divani del loft di Magnus.
«Non posso rivelarti il tuo regalo di compleanno»ribatté lo stregone accanto alla vetrata, il sole autunnale gli illuminava il viso e la pelle dorata.
«Ma il mio compleanno è stato mesi fa! Non ci conoscevamo nemmeno allora»replicò esasperato il cacciatore alzandosi e avvicinandosi a Magnus.
«Appunto! Non voglio aspettare fino l'anno prossimo per festeggiare il tuo compleanno. E poi sono i tuoi diciotto anni, sei ufficialmente adulto adesso»rispose con un sorriso lo stregone.
Alec gli prese un lembo della maglietta verde che indossava avvicinandolo a sè e facendo rigirare la stoffa tra le dita.

«Almeno dammi un indizio», il sussurro di Alec gli solleticò la pelle facendolo sorridere ancora di più.
«Diciamo che ai miei tempi questa sorpresa era considerata una tappa obbligata per tutti i giovani di buona famiglia che raggiungevano l'età adulta. Però pensavo che potremmo allargare un po' il suo raggio d'azione», il tono era volutamente misterioso e provò piacere nel vedere la faccia confusa di Alec.
Si chinò per baciarlo ma il Nephilim si ritrasse.
«Finché non mi dirai cosa hai in mente non sperare in una mia collaborazione. Sono un cacciatore, conosco anch'io dei metodi di tortura»replicò Alec malizioso. Si riavvicinò allo stregone fino a sfiorargli le labbra, ma fece un balzo indietro appena quello cercò di stringerlo a sé.

«Lo sai che questa è un'azione politicamente scorretta, Alexander»sospirò Magnus con gli occhi che brillavano di desiderio.
«L'amore non é corretto né razionale»rispose saggiamente Alec con un sorriso sghembo, incrociando le braccia al petto. Magnus fissò il ragazzo soppesando le sue parole, mentre l'altro non accennava a distogliere il suo sguardo di sfida.
Alla fine fu Magnus a cedere: allargò le braccia e alzò gli occhi al cielo.
«Okay mi arrendo, però vorrei presentare una lettera di protesta per l’uso strumentale del tuo potere su di me» disse con un sospiro. «È un viaggio. La sorpresa è un viaggio intorno al mondo per l'esattezza. Soltanto tu e io».
«Dici sul serio?»chiese stupito Alec lasciando cadere le braccia lungo i fianchi.
«Non mi pare che l’idea ti entusiasmi»disse Magnus evidentemente dispiaciuto.
«Non mi entusiasma, hai ragione. Non ci sono parole per descrivere quello che sto provando»replicò e come un fulmine colmò la distanza tra loro, avvicinò il suo volto a quello di Magnus e lo baciò dolcemente cercando di esprimere a gesti quello che non riusciva a dire con le parole.
 

***

 
«Alexander non credo sia una buona idea. È meglio che ti aspetti qui fuori»disse Magnus cercando di far ragionare il ragazzo. Erano fuori dall'Istituto, sugli scalini che conducevano al portone della Chiesa.
Ma Alec gli prese la mano.
«Dai Magnus, voglio che ci sia anche tu mentre dico ai miei che parto per un giro del mondo con uno stregone»lo supplicò con i suoi grandi occhi azzurri.
Magnus si lasciò trascinare nella penombra della chiesa.

Sempre con le mani intrecciate raggiunsero il malconcio ascensore che si aprì con un cigolio.
Alec premette un pulsante e la scatola di metallo iniziò a salire.
«Non credo che i tuoi genitori saranno troppo contenti a saperti da solo con me. Quindi forse è meglio non peggiorare la situazione presentandomi da loro»iniziò Magnus preoccupato.
«Magnus smettila adesso. Quando ti ho baciato nella Sala degli Accordi credi che non avessi considerato le conseguenze? Non mi pentirò mai della mia azione, è stata come una liberazione. Finalmente sento di aver trovato il mio posto nel mondo. E se i miei genitori mi vogliono davvero bene non potranno far altro che accettare la realtà»rispose Alec con insolita determinazione.
«Alexander...»sussurrò lo stregone, ma in quel momento le porte si aprirono e Alec lo trascinò lungo il corridoio fino alla porta della biblioteca.
 
Senza nemmeno bussare Alec aprì la porta ed entrò seguito da un riluttante Magnus.
«Mamma…»iniziò il ragazzo.
«Alexander finalmente sei tornato. Tuo padre voleva vederti prima di partire»disse una voce femminile. Maryse, seduta oltre l’elegante scrivania in legno a occuparsi di scartoffie burocratiche, non alzò nemmeno lo sguardo quando sentì la voce del figlio.
Alec guardò confuso Magnus che scosse la testa.
«Partire?»chiese incerto il ragazzo.
Maryse a quel punto alzò la testa: l'espressione severa si indurì ancora di più quando vide Magnus.
«Sì. Tuo padre sta per andare ad Alicante per aiutare il Conclave con la questione dei seggi dei Nascosti», l'ultima parola fu aspra, evidentemente la considerava un insulto.
«Mi stupisco che tu non abbia voluto diventare uno dei quattro rappresentanti, Magnus Bane»continuò la donna con voce arcigna.
«Io non lavoro più per il Console. E poi in questo periodo non sono visto di buon occhio da voi Shadowhunters, non è vero mia cara Maryse?»rispose Magnus fissando negli occhi la cacciatrice con tono di sfida. Ma prima che potesse ribattere la porta si aprì di nuovo e un uomo alto dai capelli scuri entrò nella stanza.
«Alexander, volevo parlarti prima che andassi via»disse Robert appena vide il figlio.
«Benissimo. Ma prima c'è una cosa che voglio dirvi»iniziò Alec e i due genitori si guardarono preoccupati, «anch'io parto. Con Magnus».
Il silenzio calò su di loro.

«Per quanto tempo?»chiese infine Maryse rompendo quella situazione imbarazzante.
«Per tutto il tempo necessario»rispose Magnus sempre con tono di sfida, «dopotutto è uno Shadowhunter adulto, non è più costretto a vivere all'Istituto».
Robert lo guardò in cagnesco, ma Alec andò in difesa del suo ragazzo.
«Magnus ha ragione. Sono maggiorenne quindi non ho più bisogno del vostro permesso. Volevo solo informarvi che io e il mio ra...che io e Magnus partiremo domani per un giro del mondo», nonostante tutto faticava ancora a parlare esplicitamente della sua omosessualità con i suoi genitori.
Maryse guardò il figlio negli occhi: lo stesso azzurro a confronto.
Infine la donna sembrò arrendersi.
«Vieni Alexander. Sono certa che andrete anche a Madrid perciò vorrei che consegnassi una cosa al loro Istituto», nel frattempo si era alzata e aveva preso una spalla del figlio trascinandolo verso la porta che si richiuse con un colpo secco.

Ora nella biblioteca erano rimasti solamente Magnus e Robert.
I due facevano a gara per lo sguardo più assassino.
«Che cosa hai fatto a mio figlio, stregone?»sputò il cacciatore.
«Credi che io gli abbia fatto qualcosa? Allora si vede che non hai mai conosciuto tuo figlio, Lightwood»rispose Magnus aspramente incrociando le braccia.
«Come osi...»iniziò l'altro fuori di sé e con una velocità incredibile estrasse dalla cintura un lungo pugnale a doppio taglio.
«Io non lo farei se fossi in te»disse con calma lo stregone, «vorrei ricordarti che uccidermi non sarebbe molto vantaggioso».
«E perché no?»replicò Robert con uno strano sorriso sulle labbra.
«Punto primo: Alec. Non vorrai di certo perdere l'amore di tuo figlio, cosa che accadrebbe uccidendomi»ribatté Magnus alzando un lungo dito per contare, «secondo, non sarebbe conveniente per i nuovi Accordi. Provocheresti una rivolta e il nome già traballante da secoli dei Lightwood precipiterebbe nel baratro. E terzo non riusciresti mai ad ammazzarmi. O ti sei già dimenticato di come ti abbia atterrato durante la rivolta del Circolo?», ora era Magnus ad avere un sorriso beffardo sul volto.
Il cacciatore lo fissò con odio ma ripose l'arma al suo posto.
«Tu non sai nulla della mia famiglia».
«Su questo non sono d'accordo: conosco storielle sulla famiglia Lightwood che avrebbero fatto rabbrividire perfino Valentine...», ma Magnus si interruppe appena la porta si aprì e spuntò la testa di Alec.

«Ho interrotto qualcosa?»chiese ingenuamente spostando lo sguardo dal volto impassibile del padre al viso di Magnus circondato dai capelli a spuntoni.
«No. Anzi devo andare, mi sono appena ricordato di dover fare una cosa»rispose lo stregone con leggerezza e si avviò verso di lui.
«Ti accompagno»replicò Alec subito.
«Alexander ti devo ancora parlare»la voce di Robert giungeva lontana da loro.
«Ci vediamo dopo»sussurrò lo stregone al ragazzo e prima che questo potesse ritrarsi lo stregone toccò le labbra di Alec con le sue in un bacio velato. Il gesto durò pochi secondi e mentre Alec diventava rosso, Magnus guardò di sfuggita Robert che sembrava essere diventato di pietra.



Magnus stava ripercorrendo il corridoio per raggiungere l'ascensore. Non poteva smettere di sorridere nel ripensare come Robert fosse rimasto impietrito a vederlo baciare suo figlio.
Aveva appena raggiunto la porta in metallo quando una voce alle sue spalle lo fece voltare.
Maryse lo stava raggiungendo a grandi falcate.
«Magnus aspetta»la voce di quella donna severa era controllata.
La risposta ironica dello stregone gli morì in gola alla vista del suo viso: non era arrabbiato o disgustato ma preoccupato.
«Quello che mio figlio...che Alexander... Qualsiasi cosa lui..».
Ora però la voce della donna non era più pacata e controllata, le frasi faticavano a uscire e le parole tremolavano sulle labbra prima di disperdersi nel silenzio del corridoio.
 
«Alec non è diventato nulla. Forse non te ne sei mai resa conto oppure non hai mai voluto vedere la realtà, ma Alexander è sempre lo stesso ragazzo, è sempre tuo figlio. Il fatto che sia gay non cambia nulla di quello che è, anzi è ciò che lo rende così straordinariamente bello, puro e così diverso da tutti i Lightwood che abbia mai incontrato.Sai quello che mi ha detto poco prima di entrare a parlarvi? Ha detto che finalmente sentiva di aver trovato un posto nel mondo e che voi lo avreste accettato perché lo amate».
Le parole enfatiche di Magnus vibrarono nell’aria e colpirono Maryse come se quelle frasi appena sussurrate fossero urla che le spaccavano i timpani.
«Hai davvero un cuore così di pietra per perdere un altro figlio?».
Magnus sapeva di essere stato crudele, ma non gli importava.
In quel momento le porte dell’ascensore si aprirono e lui vi sgusciò dentro lasciando Maryse da sola con il suo dolore nel silenzio assordante del corridoio.
 

***

 
La prima cosa che Magnus vide appena si svegliò fu il viso angelico di Alec appoggiato sul suo petto nudo, i suoi occhi chiusi che fissavano il volto dello stregone.
Magnus spostò lo sguardo verso la grande camera da letto circolare: il letto, una grande struttura in bambù a baldacchino, era al centro della stanza; le lenzuola di seta bianca scivolavano sulla sua pelle come petali di rosa e le zanzariere trasparenti lasciavano filtrare la luce diffusa del sole dalla portafinestra scorrevole alla sua destra. I mobili di legno scuro e bambù erano raffinati ed esotici.
Con estrema delicatezza Magnus riuscì a spostare Alec senza svegliarlo e si avvicinò alla finestra.
Il mare cristallino si perdeva alla vista mentre i raggi di sole che si tuffavano nell’acqua facevano brillare le onde, provocando un gioco di luce spettacolare. La sabbia bianca della spiaggia splendeva come se ogni granello fosse in realtà polvere d'oro; appena oltre, la fitta vegetazione colorava il paesaggio con tutte le tonalità di verde che si potessero immaginare.

Lo stregone fissava il panorama, ma la sua mente era lontana nel tempo.
Ricordava ancora con precisione la sua terra natia all'epoca in cui era soltanto un bambino: nessun hotel di lusso, nessun cibo prelibato, nessuno che sopportasse la sua vista; solamente povertà, solitudine e dolore. Sua madre aveva preferito suicidarsi piuttosto che amarlo e il padre, il suo finto padre, lo aveva abbandonato costringendolo a chiedere aiuto a dei monaci.
Per secoli aveva rispettato la sua regola di non tornare più in quelle terre, ma le regole erano fatte per essere infrante.
Aveva portato Alec a Bali perché voleva far capire al suo ragazzo quanto fosse importante per lui e fargli vedere i luoghi in cui era cresciuto gli era sembrata un'idea brillante. 
Ma ora che si trovavano davvero lì aveva paura a rivelargli la verità, aveva il timore di quello che Alec avrebbe potuto pensare del luogo in cui era nato: avrebbe di sicuro pensato quanto fosse vecchio e Magnus voleva che il suo ragazzo pensasse il meno possibile alla loro differenza d'età. 
Sapeva quanto quelle paure fossero irrazionali tuttavia non era riuscito a convincere se stesso. Così quando Alec gli aveva chiesto il perché di quella tappa, aveva sorriso falsamente e gli aveva detto di quanto fosse stupendo il mare di Bali.

«Buongiorno», la voce impastata dal sonno di Alec lo raggiunse.
Magnus si voltò e il sorriso gli comparve automaticamente sul viso.
«Buongiorno splendore. Dormito bene?»chiese avvicinandosi di nuovo al letto.
«Sì. E scusa se ieri sera sono crollato esausto»disse Alec veramente dispiaciuto.
«Non c'è problema. Il fuso orario provoca sempre questi effetti»rispose Magnus con dolcezza sdraiandosi prono, incrociando le braccia sul petto di Alec e appoggiandoci la testa così da guardare i suoi occhi blu.
«E perché tu non sei così stanco?»chiese aggrottando le sopracciglia.
«Vantaggi da stregone»rispose e allungò il collo per poter baciare Alec.
«Quando ho detto che non c'era problema intendevo che avremo dovuto rimediare adesso»sussurrò Magnus sulle labbra di Alec mentre sul viso di quello si dipingeva un sorriso malizioso.

***


«Dove vai?»chiese Alec curioso quando Magnus si alzò e raccolse un paio di pantaloni color kaki da terra.
«Siamo appena atterrati in una terra piena di tradizioni. Questo è il regno di Kali la distruttrice, e nessun Nascosto può attraversare le sue terre senza renderle omaggio, a meno che non voglia attirare su di sè le ire della divinità»spiegò Magnus andando alla ricerca di una maglietta.
«Vengo con te»replicò Alec, ma prima che potesse anche solo muovere un muscolo Magnus si era già voltato.
«No. Sarebbe meglio di no. Kali odia gli Shadowhunters. Vi considera i giocattoli difettosi del Cielo e io non ho intenzione di cercare di evitare lo scoppio di un conflitto internazionale!».
Alec lo guardò ma non osò ribattere, però sbuffò e allargò le braccia.
«E io cosa dovrei fare mentre tu sei via?».
«Ti ho portato in uno dei posto più favolosi del mondo e tu mi chiedi cosa dovresti fare? Per caso hai tenuto gli occhi chiusi quando siamo arrivati? Il mare è meraviglioso e forse un po' di sole gioverebbe alla pelle cadaverica che ti ritrovi», lo stregone sorrise divertito e gli fece l'occhiolino.
Alec alzò un sopracciglio dubbioso.
«Se provo anche solo a spostarmi dall'ombra scotterò la mia pelle cadaverica! Ammettilo che l'hai fatto apposta a portarmi qui per tenermi prigioniero»brontolò Alec seduto sul letto. Magnus, ormai vestito, si avvicinò.
«Okay mi hai scoperto. In realtà questa era una sosta da camera da letto», lo baciò con lentezza prendendogli il volto tra le mani.
«Proverai almeno a uscire?»mormorò con estrema gentilezza.
Alec annuì.
Lo stregone fissò i suoi occhi illuminati dal sole, poi sorrise rassegnato.
«Non lo farai, vero?».
«Vero»rispose Alec.

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Capitolo 7
*** Spectrum ***


Buonasera cari lettori.
Mi dispiace per avervi fatto aspettare tanto per questo ultimo ricordo. Sì avete capito bene, è l'ultimo ricordo spero che non siate troppo tristi per questo.
Dopo questo ci sarà un piccolo epilogo per far tornare Magnus alla realtà.
Probabilmente non avrete visto, ma ho cambiato divinità perchè Aditi era troppo sconosciuta, così l'ho scambiata con Kali.
Sono un po' preoccupata per la fine: spero di essere riuscita a rimanere IC con il personaggio di Magnus, dopotutto lo stesso Alec afferma che il suo ragazzo soffre di sbalzi d'umore.
Credo di avervi detto tutto quello che dovevo dire, perciò vi lascio liberi di leggere.
Come tutte le altre volte un commento o una critica è ben accettata, sono sempre curiosa di sapere le sensazioni che le mie storie suscitano.
Buona lettura
Dany.




Spectrum

 

 
La fitta foresta tropicale era un turbine di suoni, colori e odori attorno a Magnus.
Alberi secolari alti decine di metri, felci gigantesche e piante rampicanti di un verde brillante si affollavano attorno al sentiero naturale nella speranza di accaparrarsi un posto privilegiato illuminato dal sole; fiori dai colori sgargianti facevano a gara per attirare l'attenzione dei viaggiatori grazie ai loro profumi ammalianti e alle loro forme intriganti.
Il canto degli uccelli risuonava fra le fronde della vegetazione producendo una melodia perfetta come strumenti accordati in una sinfonia; gli urli delle scimmie riecheggiavano lontani come se provenissero da un altro pianeta. Migliaia di insetti e piccoli animali rendevano il paesaggio in continuo movimento come se fossero caotici abitanti di una grande metropoli.

Magnus percorreva con sicurezza il sentiero: nonostante i suoi sforzi di dimenticare, ricordava il tragitto come se fossero passati pochi giorni invece che centinaia di anni.
Il senso di colpa causato dalla menzogna raccontata ad Alec continuava a tornare, come un campanello che suonava a intervalli regolari dal fondo della sua mente. Si sforzò per tenerlo sotto controllo ripetendo a sé che quello che stava per fare non centrava nulla con il suo ragazzo.
Ma sapeva di mentire a se stesso: ormai tutto nella sua vita riguardava Alec e sopratutto questa questione lo riguardava personalmente. Si costrinse a pensare ad altro, al paesaggio così famigliare e così lontano nello stesso tempo.
In poco tempo raggiunse la sua meta.
Alla sua destra un torrente scendeva impetuoso trasportando acqua cristallina, ma lo stregone fissava davanti a sé, verso una parete di roccia frastagliata, scrutando l'origine di quel fiume: a dieci metri di altezza l'acqua si tuffava nel vuoto formando una piccola cascata.
Magnus si avvicinò pericolosamente al bordo di essa: l'acqua zampillante bagnava il suo volto e i suoi capelli, in cui le goccioline rimanevano imprigionate dalla grande quantità di gel.
 
Si inginocchiò sulla terra scura e tracciò con due delle sue lunghe dita un cerchio in cui aggiunse all’interno diversi complicati simboli. Quando ebbe finito passò l’indice della mano destra sul suo polso aprendo la pelle e lasciando sgorgare il sangue rosso brillante dentro le linee fino a che queste non furono riempite. Iniziò a sussurrare una formula nella sua lingua madre facendo divampare le fiamme entro il cerchio, come se il suo sangue fosse stato cherosene; sempre cantando, con un gesto della mano, fece cadere l’acqua della cascata sul disegno estinguendo le fiamme.
Appena il rituale fu completato alla sinistra di Magnus si aprì un'apertura, quasi nascosta dalla fitta vegetazione; lo stregone sorrise soddisfatto e si avventurò nella cavità.
Si ritrovò completamente all'oscuro per qualche secondo, ma prima ancora che i suoi occhi da gatto potessero abituarsi al buio la caverna si accese e numerose fiaccole color rubino illuminarono a giorno la grotta.
«Non è cambiato nulla dall'ultima volta, a quanto vedo»disse lo stregone con voce forte e chiara e sorridendo nell'osservare la caverna.

La piccola fessura si apriva su una grande sala rettangolare. Il pavimento era un intricato puzzle di tappeti riccamente decorati e raffiguranti le grandi imprese degli dei induisti. Due file di colonne finemente intagliate, che raffiguravano terrificanti divinità dai colori sgargianti, erano disposte così da formare tre navate. In fondo alla principale si stagliava un'elegante lettiga con soffici cuscini delle tonalità della terra. Ai suoi piedi, sdraiata come una sfinge, una tigre dal manto sorprendentemente lucido fissava lo stregone con i suoi occhi gialli e le fauci appena spalancate. 
«Magnus Bane», il nome risuonò nella grotta mentre quelle parole venivano pronunciate con un tono sorpreso, malinconico e ammaliante nello stesso tempo, come se la voce che le aveva pronunciate le stesse assaporando come un frutto estremamente succoso.

Una figura sgusciò da dietro la colonna e si sedette con grazia sulla lettiga.
Magnus osservò la giovane donna che aveva di fronte: la pelle scura, illuminata dalla luce tremolante, era perfettamente liscia, i lunghi capelli corvini erano scompigliati e ricadevano sciolti sulle spalle, gli occhi a mandorla erano pozzi neri che accentuavano il Bindi rosso rubino fra le sopracciglia sottili. Il sari rosso sangue che indossava le ricadeva morbido sui fianchi e sul seno rigoglioso; rubini, smeraldi, topazi e zaffiri impreziosivano il vestito già riccamente decorato da fili d'oro, mentre un diamante agganciato su un lembo del sari pendeva sulla pancia piatta scoperta.
«Pensavo che non ti avrei mai più rivisto»disse con voce melodiosa e benevola, ma il sorriso che si dipinse su quel volto era micidiale.
«Spero allora che la mia visita sia gradita nonostante io abbia rotto la promessa»rispose Magnus avvicinandosi lentamente.
«Non sei cambiato per nulla Magnus: lo sento dal battito del tuo cuore, lo vedo dai tuoi occhi. Sei ancora il ragazzino spaventato e indifeso che tuo padre portò da me; nemmeno nel nostro ultimo incontro sei riuscito a farmi cambiare idea e farmi sperare che tu assomigliassi a tuo padre. Ho fallito il compito che mi aveva affidato»disse la dea sempre con voce sinuosa.

Magnus batté le palpebre molto lentamente e immagini del suo lontano passato gli tornarono alla vista come fotogrammi di un film.
Un piccolo ragazzino con la pelle ambrata e i capelli scuri che teneva gli occhi chiusi mentre un uomo alto e dall'aspetto minaccioso lo conduceva al cospetto di Kali, abbandonandolo alla dea perché gli insegnasse ogni sapere antico. 
Le lezioni con la divinità e il modo in cui quella donna dall'aspetto così attraente potesse essere così crudele, tanto da far desiderare al bambino con gli occhi da gatto di non essere mai nato.
La libertà che aveva provato quando era finalmente scappato.
E infine l'incontro con Kali duecento anni fa: ricordava ancora come la dea lo aveva guardato, come se fosse stato un oggetto difettoso.

«Hai ragione, nemmeno la vecchiaia mi ha cambiato. Ma dopotutto io non sono mio padre, per mia fortuna»replicò Magnus sorridendo e sostenendo lo sguardo della dea.
«Vecchio? - rise Kali - non parlare di vecchiaia con me stregone. Forse, invece sarebbe meglio desiderarlo: lui è potente, é uno dei principi dell'Inferno. Faresti meglio a rispettare maggiormente il tuo creatore».
«Non ho chiesto io di essere quello che sono. Sono l'esito di un capriccio di un demone che si vuole spacciare per un padre. Io non gli devo nulla»rispose Magnus con gli occhi in fiamme per ira repressa.
«Questo è sempre stato il tuo problema: hai troppo cuore, sei troppo umano e questo sarà la tua rovina»sentenziò Kali, Magnus non rispose ma la guardò con furia, faticando a rimanere in quella grotta con lei.

«Non credo che la tua sia soltanto una visita di cortesia. Perché sei venuto da me Magnus?»domandò la divinità seriamente.
«Ho bisogno del tuo aiuto, sono alla ricerca di un ingrediente molto particolare»rispose in modo vago.
«Un ingrediente? Tu sei venuto da me, dopo tutto quello che ho fatto, per chiedermi di aiutarti? Cosa ti serve?»disse Kali passando la sua lingua sanguinante sulle labbra.
«Sangue, sangue di una divinità. Mi serve il tuo sangue».
«Deve essere un incantesimo di potenza straordinaria se hai bisogno di sangue divino. Non sono molti i rituali in cui è richiesto…»sospirò la dea mentre Magnus rimaneva in silenzio.
«Anzi me ne viene in mente solo uno. Perché vuoi diventare mortale? Perché vuoi rinunciare all’eterna giovinezza per appassire come un semplice, piccolo e stupido umano?»chiese mentre gli occhi gli brillavano di curiosità.
«Questi non sono affari che ti riguardano Kali. Tu mi darai il tuo sangue e poi non mi vedrai mai più, intesi?»replicò duramente Magnus.
«E perché dovrei aiutarti? Tu non mi hai mai amato e sei scappato alla prima possibilità di farlo»ribatté la dea alzandosi e avvicinandosi a Magnus fino a che non fu a pochi centimetri di distanza.
«Perché altrimenti rivelerò a mio padre che tu mi hai lasciato andare senza che completassi il mio secolo di apprendimento. Ricordi come mentì per te nel nostro ultimo incontro dicendo a mio padre di aver imparato tutto il possibile da te? Non credo sarebbe molto felice di sapere la verità.Ormai sei soltanto una piccola dea decaduta, come tutta la tua famiglia, e se fossi in te non mi metterei contro un principe dell’Inferno»rispose con una furia controllata e con gli occhi infiammati da una dura determinazione.
Kali lo fissò lungamente, poi un sorriso di sconfitta si disegnò sul suo volto.
«Sembra davvero che tu sia figlio di tuo padre».
Nelle mani della dea comparvero una ciotola e un coltello dall’aria affilata; allungò un braccio e con un colpo deciso si fece un taglio profondo: il sangue cominciò a sgorgare finendo nella ciotola che Magnus teneva in mano. Kali continuò a guardare lo stregone fino a che il recipiente non fu colmo; con uno sprizzo di scintille l’oggetto sparì nel sicuro del suo appartamento di Brooklyn.
 
«Spero di non incontrarti mai più»disse Kali leccando dal braccio il suo stesso sangue.
«La speranza è reciproca»rispose Magnus con un sorriso e si voltò per allontanarsi il più possibile da quel posto, ma qualcosa alla parete attirò la sua attenzione.
Sui muri, come trofei, erano esposte decine di armi divine: coltelli, asce, spade dalle lame ricurve; ma Magnus si concentrò sul grande arco nero che aveva davanti a sé.
«Hai anche una nuova passione per le armi oltre che per riti suicidi?»chiese Kali notando che Magnus guardava l’arco.
«Gandhiva, l’arco che Shiva prestò ad Arjuna nella Guerra di Kurukshetra. Sono mille anni che quell’arco non viene usato, sono ormai finiti i tempi in cui potevamo tranquillamente manifestarci agli uomini. Il tempo degli dei è finito ormai, siamo decaduti come pure le nostre armi»sospirò la dea avvicinandosi all’arma e prendendola tra le mani.
«Una volta quest’arco splendeva con la furia di mille soli, ma con le storie ormai diventate miti ogni arma ha perso la sua forza vitale, anche se rimangono invincibili in mano alle persone giuste».
«Forse è venuto il momento ridare a queste armi la loro gloria» rispose Magnus.
 

***

 
Magnus aprì la porta della camera sicuro di trovare Alec di nuovo addormentato, ma appena il suo sguardo trovò il letto vide solamente le lenzuola disfatte.
Si avvicinò allora alla portafinestra che dava sulla piccola spiaggia privata, incapace di immaginare il Nephilim prendere il sole, ma prima che potesse controllare una voce lo fece voltare.
«Iniziavo a pensare che mi avessi abbandonato qui da solo»disse Alec che era appena uscito dal bagno.
Indossava soltanto un paio pantaloni grigi a vita talmente bassa che il ventre piatto era ben visibile, il petto nudo sembrava un foglio reso bianco dalle continue cancellature: i segni di antichi marchi erano appena visibili sulla carnagione chiara, quei segni che ormai Magnus conosceva a memoria come se fossero incisi sulla sua pelle. I capelli neri del ragazzo erano arruffati e ancora bagnati, una ciocca scendeva davanti ai suoi occhi azzurri.
«Hai fatto una doccia»costatò lo stregone, «speravo che mi avresti aspettato»aggiunse poi con un sorriso sghembo ammirando il corpo del suo ragazzo.
Le guance di Alec si colorarono mentre sorrideva imbarazzato.

«Cosa hai lì?»chiese il cacciatore cambiando discorso e indicando le mani di Magnus nascoste dietro la schiena.
«Solo un regalo per qualcuno di speciale»rispose facendo il misterioso.
«È per il presidente Miao?»chiese Alec con un sorriso e avvicinandosi.
«Come hai fatto a scoprirlo?!»esclamò Magnus facendo finta di stupirsi.
Ora lo stregone si trovava davanti ad Alec, che allungò le mani sulle sue spalle e scese lungo le braccia per scoprirle da dietro la schiena.
Appena Alec vide l'oggetto tra le mani di Magnus restò impietrito.
Era un arco.
Era l'arco più bello che avesse mai visto.
Era in legno nero con i bracci rinforzati in tendine e l'impugnatura in corno bianco.
Alec prese con dita incerte l'arma in mano e sentì la sua leggerezza e l'equilibrio perfetto dato dalla sua linea flessuosa; con l'indice pizzicò la corda che vibrò producendo un ronzio secco che fendette l'aria.
Alec alzò lo sguardo su Magnus che lo fissava in attesa.
«È..è..è bellissimo»fu tutto quello che riuscì a dire.
Magnus sorrise compiaciuto e diede un leggero bacio al Nephilim.
«Sono contento che ti piaccia».
«Ma dove lo hai preso? È troppo perfetto per essere un normale arco. È magico? Ti sarà costato una fortuna, sempre che tu lo abbia pagato»chiese Alec preoccupato.
Lo stregone sorrise affettuosamente.
«Alexander é un regalo, non potresti semplicemente ringraziare e non preoccuparti sempre di tutto?».
«No, voglio sapere dove lo hai preso»rispose il ragazzo sempre più preoccupato, guardando gli occhi verdi dorati di Magnus.
Lo stregone sospirò, rassegnato dalle pressioni del suo ragazzo.
«Non l'ho comprato né rubato se è questo che intendi. È stata Kali a darmelo, non sopportava più l'idea di lasciare questo arco come oggetto da collezione, così le ho detto che conoscevo qualcuno che lo avrebbe usato nel migliori dei modi»rivelò appoggiando una mano sul petto di Alec.
«Que..questo è l'arco di una divinità induista?»esclamò sbalordito, «Magnus non credo che io possa tenerlo, non credo che riuscirei...», ma non riuscì a continuare.
Magnus gli prese il volto tra le mani costringendo il Nephilim a guardarlo dritto negli occhi.
«Ascoltami Alexander. Non c'è persona al mondo che si merita un'arma del genere più di te. L'arco è indistruttibile e può essere teso solo da persone pure di cuore. Tu sei una delle poche persone al mondo che siano in grado di controllare e riportare al suo antico splendore quest'arma ed è proprio questo che Kali vuole. Quindi non costringermi a farti qualche strano incantesimo per farti accettare questo regalo, intesi?», Magnus parlò con determinazione ma il tono restò dolce.
Si fissarono per un lungo istante prima che Alec annuisse lentamente. 
Poi il Nephilim colmò la breve distanza che separava i loro volti e baciò lo stregone.
Alec si staccò leggermente dal bacio e sussurrò tre semplici parole sulle sue labbra.
«Ti amo Magnus».
Magnus spalancò gli occhi e si perse nell'oceano di quelli di Alec mentre il suo cuore partiva all'impazzata.

Non era la prima volta che sentiva quelle parole, anzi ormai aveva perso il conto: parole sussurrate nell'oscurità della notte, urlate in serate di piacere. Aveva udito quella frase uscire dalla dolce bocca di diversi amanti, ne aveva colto la falsità e l'aveva pronunciata lui stesso, credendo alla sua momentanea veridicità.
Ma poi tutto era passato.
Nessuno aveva mai mantenuto la parola, nessuno gli era rimasto affianco, tanto che quella frase aveva iniziato a perdere ogni suo valore, come una rosa che appassisce lentamente logorata dal tempo. Ma quelle parole sussurrate da quel ragazzo dall'animo così innocente gli fecero cambiare idea.
Gli fecero tornare la fiducia in quelle parole.

«Ti amo Alexander».
 

***

 
«Ma hai una casa in ogni città del mondo?»chiese Alec sbalordito quando furono davanti al cancello in ferro battuto di una casa in mattoni rossi.
Magnus sorrise e aprì il cancello nero, «solamente nelle città che amo maggiormente», salì gli scalini ed infilò una chiave d’ottone nella serratura. Alec era rimasto indietro a osservare quella dimora dalla facciata georgiana con un bovindo sporgente e vide una bella scritta elegante incisa sull'architrave della porta d'ingresso.
«'L'art pour l'art'. Cosa significa?»domandò il ragazzo raggiungendo Magnus sulla soglia; lo stregone lo avvicinò e gli sfiorò una guancia con la mano.
«L'arte per l'arte. Era il motto degli artisti esteti del XIX secolo. Significa che si deve andare alla ricerca del bello. Per questo credo mi consideri ancora un esteta»rispose sorridendo ad Alec mentre il ragazzo arrossiva leggermente.

«Questa casa è enorme! Hai davvero vissuto da solo qui?!»chiese Alec nuovamente stupito continuando a guardarsi attorno e osservando il soggiorno arredato come un tipico salotto borghese di fine Ottocento.
«Condividevo questa con un amico, era sua la casa prima che la cedesse a me. Non tornavo qui da parecchio tempo ormai»rispose Magnus passato un lungo dito sulla mensola polverosa del camino, poi si sedette su una poltrona imbottita color cremisi e chiuse gli occhi.
«Un amico? Tu e lui... Lui è mor...se ne è andato?», la gelosia di Alec era evidente anche se aveva cercato di camuffarla.
«Alexander ti prego, non ho voglia di parlarne. Sono stanco, continuare ad aprire portali è sfiancante»rispose sfinito lo stregone agitando una mano per scacciare via il discorso.
Il Nephilim continuò a guardalo per qualche istante, indeciso se lasciar perdere o far arrabbiare Magnus.
«Ho bisogno di una doccia. Dov'è il bagno?»domandò infine Alec per distrarre lo stregone.
«Sali le scale, l'ultima porta a destra è la camera padronale con il bagno privato. Cerca di non finire tutta l'acqua calda come il tuo solito»replicò Magnus quasi freddamente senza aprire gli occhi.
Alec palesemente deluso si girò e ripercorse il corridoio fino ai piedi delle scale.
«Non badare alle statue sulle scale!»gridò Magnus facendo riecheggiare la sua voce per tutta la casa.
Ma era troppo tardi: Alec, che aveva già salito qualche scalino, fissava le statue fra le nicchie mentre le sue guancie divamparono come se sotto la sua pelle qualcuno avesse acceso un fuoco.
La risata di Magnus risvegliò Alec dallo sgomento.
«Troppo tardi vero?».
«Vero»disse Alec correndo al piano superiore.




Era stato uno stupido.
Non avrebbe mai dovuto portare Alec in quella casa, sarebbero dovuti andare in hotel ma la memoria del Nephilim era maledettamente buona: si era ricordato che una volta Magnus gli aveva detto di avere una casa a Londra e aveva insistito tanto per vederla. Lo stregone non aveva potuto ribattere, non quando Alec lo aveva guardato con i suoi grandi occhi azzurri imploranti.
Ma ora Magnus si trovava a combattere con i fantasmi del suo passato.
Da oltre cento anni non tornava in quella casa che aveva il potere di risvegliare ricordi tanto simili alla vita che conduceva adesso. Come nel presente, aveva dato fiducia a un piccolo gruppo di Shadowhunters, aveva offerto i suoi servigi e si era fatto trasportare dall'affetto di un ragazzo dagli occhi blu e dalla curiosità per una ragazza fuori dal comune.
Ma non erano quei ricordi che lo tormentavano e lo rendevano triste, soffocandolo come se fosse oppresso da un macinio.
Era l'idea di tornare nella casa di Woolsey che lo uccideva.
Stare lì era come rivivere i momenti passati con il suo amico, con il suo amante. Woolsey lo aveva accolto mentre si trovava a pezzi, dopo che Camille lo aveva ucciso, quando era stato nuovamente distrutto da una persona che pensava lo amasse. Era stata la vampira a distruggere tutte le sue convinzioni sull'amore e a renderlo molto più diffidente nei confronti degli altri. Ed era stato Woolsey a rimettere insieme i cocci del suo cuore ferito.

Senza quasi accorgersi si alzò dalla poltrona e raggiunse la mensola sopra il camino sulla quale era appoggiata un’ingegnosa scatolina in maiolica con diversi scomparti. Aprì lentamente il coperchio superiore rivelando tre lunghi sigari scuri al suo interno, lo stregone ne prese uno e aspirò l’odore di tabacco; l’incantesimo che li avrebbe dovuti conservare aveva compiuto perfettamente il suo lavoro. Con uno schiocco di dita fece comparire una fiammella e accese il sigaro: il gusto dolce del fumo si mescolò con il sapore amaro dei ricordi.
Si avvicinò al tavolino dalle lunghe e sottili gambe e tolse il telo bianco che lo ricopriva per proteggerlo dal tempo. Appoggiato su di esso c’era un fonografo: la tromba acustica nera riluceva immune al trascorrere degli anni, il cilindro inciso sembrava avesse aspettato decenni per essere messo in funzione. Magnus girò la manovella e il suono limpido di un violino aleggiò per la stanza.
Aveva convinto Edison a realizzare la sua invenzione rivoluzionaria, ma per quanto strabiliante aveva avuto bisogno di un perfezionamento magico per eliminare le fastidiose interferenze. Aveva anche cercato di convincere Garcin a registrare il suo talento, perché sapeva quanto Woolsey amasse la sua musica, ma quello aveva guardato con odio quell’aggeggio; così aveva chiesto Will di convincere il suo amico James. E tutto questo come regalo per Woolsey, per ringraziarlo.
 



«Che cos'è?», Alec era entrato nella stanza; indossava, come al solito, una maglia nera e dei jeans sbiaditi, quell'abbigliamento unito al suo pallore facevano risaltare gli occhi come fanali nel buio.
«È soltanto un ricordo di una vita passata»rispose lo stregone con un velo di nostalgia e di tristezza che fu colto dal Nephilim.
«Una vita che non posso conoscere»commentò amaramente il ragazzo.
«Non ho detto questo»rispose Magnus soffiando il fumo del sigaro e guardando Alec con occhi spenti.
«E allora perché non mi racconti mai niente della tua vita, e non sto parlando dei tuoi aneddoti. Voglio sapere qualcosa di più serio!»esclamò non riuscendo a trattenere impazienza.
Magnus posò il sigaro e si mise davanti ad Alec prendendolo per le spalle.
«Alexander ti prego, non voglio litigare per questo. Mi dispiace per prima, questa casa mi fa pensare a quanto sono vecchio e alla mia vita precedente. Ma il passato è passato, non c'è alcun motivo per ricordarlo. La cosa più importante è il presente: tu sei il mio presente e non lo cambierei per nulla al mondo. Ti amo Alexander, qui e ora, e questa è l'unica cosa che conta», la voce di Magnus tremò leggermente mentre gli occhi luccicavano a causa degli occhi lucidi.
L'espressione e il tono di Magnus dovevano essere stati molto eloquenti perché Alec attrasse a sé lo stregone e lo abbracciò mentre l'altro si appoggiava contro la sua spalla.
Il Nephilim era sorpreso e sconvolto: non aveva mai visto Magnus comportarsi in modo tanto fragile; comunque appoggiò la guancia sui capelli spettinati dello stregone per calmarlo.
«Va tutto bene»gli sussurrò vicino all'orecchio, poi appoggiò la sua mano sulla guancia dello stregone per sollevargli il viso: un unica lacrima stava cadendo e Alec la raccolse con il pollice prima che potesse superare lo zigomo.
«Ti rovinerai il trucco così»disse dolcemente il ragazzo sperando di farlo sorridere. E infatti la bocca dello stregone si arricciò leggermente verso l'alto prima che le sue labbra fossero catturate da quelle di Alec.
Nessuno dei due si accorse che il dolce suono del violino aveva smesso di diffondersi nella casa.

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Capitolo 8
*** All This And Heaven Too ***


Buonasera cari lettori,
so di averci messo tanto per pubblicare, ma non avevo idee dato che tecnicamente la storia doveva essere conclusa con il capitolo precedente, ma siccome Giada mi ha implorato di scrivere un ulteriore ricordo eccomi qui a pubblicarvelo.
Questa volta prometto che è l'ultimo, domani pubblicherò l'epilogo così posso mettere la parola fine a questa raccolta prima di partire per Berlino.
Concedetemi il fatto che in questo capitolo Magnus spenda parecchi soldi, nonostante tutti sappiamo del suo braccino corto!
Ribadisc il concetto un ulteriore volta: le recensioni e le critiche sono ben accettate. Siete liberissimi di poter esprimere tutto quello che vi pare, così che io possa capire i miei difetti di scrittura.
Buona lettura
Dany.





All This And Heaven Too

 




Era una giornata soleggiata, il cielo limpido e azzurro rendeva il clima quasi primaverile se non fosse stato per gli alberi spogli e la temperatura molto più rigida.
Magnus stava ammirando il suo ragazzo, appoggiato al muretto del Victoria Memorial, mentre scrutava impressionato il palazzo di fronte a loro: la pelle diafana del viso arrossata per il vento, i capelli neri che rilucevano alla luce del sole e gli occhi blu spalancati che vagavano sull’edificio rendevano il suo aspetto ancora più giovane, come un bambino davanti a un nuovo giocattolo; ma la giacca in pelle nera, i muscoli che si intravedevano sotto di essa e, Magnus ne era certo, una lama angelica ben nascosta rendevano il ragazzo estremamente bello e misterioso. Forse era per quello che Alec lo aveva colpito tanto: sotto quell'aria da timido ragazzo si nascondeva un vero Nephilim.
Un Nephilim tremendamente sexy.

Magnus si accorse di non essere l'unico a pensarla così: poco distante da loro un piccolo gruppo di ragazze, studentesse immaginò, fissavano Alec e ridacchiavano tra loro. Lo stregone non poté trattenere un sorriso divertito mentre immaginava l'entusiasmo di quelle ragazze spezzarsi quando avrebbero scoperto la dura realtà. 
«Alexander non possiamo rimanere tutto il giorno davanti a Buckingham Palace! La regina potrebbe riconoscermi»esclamò stagliandosi davanti ad Alec che si risvegliò.
«Tu conosci la regina? Tu e lei... È per questo che porti quegli occhiali da sole, per non farti riconoscere?»scherzò Alec alzandosi dal muretto per togliere gli occhiali a Magnus.
Ma questo fu più veloce: prima che il Nephilim potesse alzare una mano, Magnus lo stava già baciando, risucchiando il labbro inferiore di Alec.
«La tua gelosia è davvero dolce. Ho incontrato la regina Elisabetta solo una volta e mi sono comportato bene. Forse dovresti preoccuparti di più della regina Vittoria. Era innamorata di me anche se l'amore non era corrisposto. Ma cosa ci puoi fare, dopotutto sono uno stregone dalla bellezza sfolgorante!»disse Magnus mentre riusciva a sentire ancora il respiro di Alec solleticargli il viso. Il cacciatore fece una smorfia divertita allontanandosi leggermente da Magnus.
«Bellezza sfolgorante?!».
«Taci Lightwood. Comunque porto gli occhiali perché c'è il sole e perché non voglio mascherare i miei occhi con un incantesimo. Odio quando lo faccio, è come se mi calasse un velo sugli occhi»continuò Magnus abbassando leggermente i costosissimi Ray Ban con la montatura londinese e mostrando i suoi occhi verdi dorati.
«Forza. Non ho rinunciato a un’intera giornata da Harrods per non farti vedere l’interno della residenza reale»continuò lo stregone prendendo Alec per mano e trascinandolo via da lì. Passarono davanti al gruppo di ragazze e Magnus, abbassando leggermente gli occhiali da sole, fece loro l’occhiolino mentre sorrideva per le loro facce deluse.
«Ma non si può, non è il periodo dei giri turistici»replicò il ragazzo senza accorgersi di nulla.
«Non vedo come questo dovrebbe cambiare qualcosa. Non ti porto di certo a vedere quello che la gente normale di solito vede. Questo è uno dei vantaggi di essere il ragazzo del sommo stregone di Brooklyn, dovresti esserne onorato»ribatté Magnus facendosi strada per raggiungere l’estremità destra del palazzo.
«Dovrei essere onorato nell’essere complice di un stregone coperto di glitter che vuole commettere un’effrazione a Buckingham Palace?».
«Esattamente»rispose Magnus.
Avevano raggiunto il marciapiede deserto e ora lo stregone, senza preoccuparsi di essere visto, aprì un portale lasciandosi scivolare dentro insieme al suo ragazzo.
 

***

 
Magnus non smetteva di sorridere, saltellava da uno stand all'altro come uno bambino richiuso in un negozio di giocattoli; Alec faticava a stargli dietro mentre lo stregone scrutava ogni singolo vestito, parlava con le commesse ed estraeva la sua carta di credito.
«Alexander vieni qui»chiamò Magnus nascosto da uno scaffale.
«Cosa hai trovato? Una camicia identica a tutte le altre che hai comprato?»chiese Alec irritato raggiungendolo.
Odiava trovarsi in mezzo a una folla di mondani e odiava fare shopping.
«Smettila di avere quell'atteggiamento scocciato. Io ti ho portato a vedere edifici e musei già visti decine di volte, ora tocca a te sopportare qualche ora da Harrods. E poi stavolta ho trovato qualcosa per te»rispose Magnus senza lasciarsi scoraggiare dal malumore di Alec.
«Qualcosa per me? Cosa…», ma si interruppe appena vide Magnus reggere fra le mani un completo nero e una ragazza con un tailleur e i capelli raccolti in una crocchia affianco a lui tenere un paio di scarpe e una camicia.
«Provalo. Mi ricordo ancora che qualche tempo fa ti avevo suggerito qualcosa di più adatto a te delle solite magliette con i tarli»disse Magnus e sorridendo lo trascinò in un camerino senza che il ragazzo potesse opporsi. Quando Alec uscì, qualche minuto dopo, ad attenderlo c'era soltanto Magnus, la ragazza era magicamente sparita.

Lo stregone rimase incantato dalla vista, ma scosse la testa.
«Cosa c'è che non va?»chiese Alec confuso abbassando la testa per guardarsi.
«Non si può vedere un abito del genere con una cravatta sfatta»rispose Magnus seriamente e si avvicinò prendendo la striscia di seta nera che pendeva inerme dal collo del cacciatore. Le sue mani affusolate si mossero rapide e fluide mentre fece il nodo alla cravatta stringendola intorno al collo diafano di Alec. Lo stregone aggiustò il colletto della camicia bianca, lasciando che le dita sfiorassero la pelle del ragazzo che rabbrividì; infine fece scendere le mani per allacciare l'unico bottone della giacca. Poi alzò il viso per incontrare gli occhi di Alec e gli mise le braccia attorno al collo.
«Sei bellissimo»sussurrò e appoggiò le sue labbra su quelle del cacciatore per un bacio dolce.
«Magnus, non credo di aver bisogno di questo vestito. Non è il tipo di cosa che indossano gli Shadowhunters in genere»replicò Alec appena il bacio fu sciolto.
«Non sono d'accordo. Dovrai indossarlo stasera, ho un'altra sorpresa in serbo per te»rispose Magnus sorridendo, «e poi guardati, tua sorella sarebbe orgogliosa di te se ti potesse vedere», gli prese le spalle e lo costrinse a voltarsi verso lo specchio.
Alec rimase un attimo immobile a fissare il suo riflesso: l'abito gli cadeva perfettamente, i pantaloni era morbidissimi e scivolavano sulle sue gambe muscolose evidenziando i punti giusti; la giacca foderata avvolgeva le spalle e le braccia senza impedirlo nei movimenti, mentre la sua schiena era fasciata dalla stoffa che ne disegnava la curvatura perfetta. La camicia bianca in contrasto con il resto si fondeva perfettamente con la sua pelle, facendo scintillare gli occhi e contrastando con i capelli scuri. Era davvero molto diverso dalla solita maglietta sgualcita ed Alec doveva ammettere che quella veste lo rendeva molto più maturo.
«Stasera? Cosa hai progettato stavolta? Spero non sia un'altra festa come quella a cui mi hai portato a Madrid...»disse Alec dubbioso.
«Pensavo a qualcosa di più tranquillo di un rave. E poi non oserei mai farti indossare un Dolce a una festa del genere. Non ti preoccupare, fidati di me»rispose allegramente Magnus dandogli una pacca sulla spalla, «ora cambiati, abbiamo ancora tanto da vedere».
 

***


Alec si era avvicinato con aria annoiata al bancone in cui Magnus discuteva con una commessa sui cosmetici migliori e osservava distrattamente le sfavillanti confezioni di bagnoschiumi che erano disposte sull’espositore e che sfavillavano sotto la luce artificiale del locale. Oro, arancio, rosso, viola, blu, tutti i colori che Alec potesse immaginare erano imprigionati in quei flaconcini che ammaliavano l'ignaro compratore credendo nei loro poteri curativi e rilassanti, convinti che le piante orientali potessero cambiare il loro umore.
I profumi dei vari campioni aperti si mescolavano tra loro creando una miscela dolciastra che impregnava l'aria attorno a lui; ma un profumo sopra tutti gli altri attirò l'attenzione del ragazzo: in una piccola boccetta rotonda un liquido denso e ambrato emetteva un profumo potente che non si mischiava con gli altri, ma li sopraffaceva.
Allungò una mano e afferrò la piccola boccetta, l'odore si fece più intenso e Alec fu inebriato da quell'aroma che gli ricordava in modo stupefacente Magnus.
«Sai che l'odore del sandalo è afrodisiaco?»sussurrò Magnus all'orecchio di Alec comparendo alle sue spalle.
«Davvero?»chiese mentre le guance si coloravano per l'imbarazzo.
«Gli orientali credono che il suo legno apri le porte alla nostra parte mistica per ricercare la pace interiore. E stimola anche la parte destra del cervello, la parte creativa e fantasiosa»continuò Magnus soffiando le parole in modo sensuale e facendo rabbrividire Alec.
«Mi...mi piace come profumo»fu tutto quello che riuscì a dire mentre diventava sempre più rosso sapendo che Magnus avrebbe di sicuro interpretato la sua frase nel modo meno innocente possibile.
 

***

 
«È proprio necessaria la benda?», la voce di Alec era confusa e preoccupata.
«Non avere quell’aria preoccupata, non voglio fare niente di eticamente immorale. È soltanto un’altra sorpresa», così gli aveva detto Magnus dopo averlo costretto a indossare l'abito che aveva comprato quel pomeriggio e dopo avergli fatto oscurato la vista con una fascia bordò sugli occhi, facendolo giurare sull'Angelo che non l'avrebbe tolta.
Dopo quella che ad Alec sembrò un eternità, Magnus lo fece alzare dal letto e lo accompagnò lentamente fuori dalla casa prendendolo per mano.
«Sì Alexander. Voglio che sia una sorpresa. Ora aprirò un portale perché é abbastanza lontano il posto in cui dovremmo andare»rispose pazientemente lo stregone. Aprì senza difficoltà una portale: ormai ne aveva prodotti talmente tanti che erano diventati quasi la sua specialità.
Vi si gettò dentro accompagnando Alec e sbucarono esattamente davanti al luogo della sorpresa.
Alec aveva ormai perso il senso dell'orientamento: riusciva soltanto a sentire il rumore del traffico perenne e l'odore del Tamigi. Sentì la mano calda di Magnus condurlo per qualche metro fino a raggiungere quella che Alec immaginò fosse una porta perché una corrente calda lo investì. Il Nephilim percepì di essere entrato in una sala ariosa ed elegante: i rumori esterni erano scomparsi sostituiti da un brusio di voci che si disperdevano; Alec riuscì a cogliere solo qualche squarcio di conversazione di due voci maschili. Il ragazzo pensò che quei due fossero invitati a qualche ricevimento di gala oppure a un matrimonio dato che udì perfettamente la parola "sposa".
Alec si agitò sempre più, stava iniziando a odiare quel gioco, «Magnus»sussurrò come supplica ma il suo ragazzo lo trascinò lontano dalle voci.
«Signor Bane, la stavamo aspettando. La stanza è allestita come richiesta ed è pronta. Se volete seguirmi»disse una voce femminile con allegria e gentilezza professionale.
«Stai tranquillo, ormai manca poco»gli disse Magnus notando il viso preoccupato del suo ragazzo.
Lo guidò fino a raggiungere un ascensore che si aprì con uno squillo; appena le porte si chiusero in sottofondo si sentì l'inno britannico.
«Lo chef assunto servirà le portate appena voi indicherete l'orario. Se avete bisogno di qualsiasi servizio potrete usufruire del telefono accanto alla porta»continuò la donna continuando a parlare anche quando uscirono dall'ascensore.
Alec sentì girare una chiave in una serratura e una porta spalancarsi.
«Se desiderate qualcosa, non esitate a chiedere»concluse la loro guida.
«Grazie mille»rispose Magnus e Alec si convinse a sorridere per la gentilezza dimostrata.
Lo stregone lo condusse all'interno della stanza e chiuse la porta.
«Ora posso togliere questa maledetta benda?»chiese impaziente Alec che sentì il respiro di Magnus sul proprio collo.
«Sei così agitato per una semplice sorpresa?».
«Odio non sapere quello che sta accadendo, è snervante»rispose Alec sbuffando, «ti prego Magnus».
Lentamente le dita del ragazzo salirono lungo il suo collo  e slegarono la fascia rossa. Appena Alec fu libero sbatté diverse volte le palpebre per abituarsi alla luce nonostante questa fosse diffusa tenuamente dal grande lampadario in ferro battuto che scendeva dalle travi del soffitto.
Il cacciatore rimase incantato a fissare la stanza: la grande finestra da cui scorgeva le luci della città e le pareti in pietra ricordarono ad Alec l’interno di una chiesa; accanto alla vetrata un tavolino rotondo era apparecchiato per due persone mentre contro la parete opposta si trovava un lungo divano scuro in pelle. Affianco a questo, ad angolo, un minibar sfoggiava le sue bottiglie scintillanti.
«Ti piace la sorpresa?»bisbigliò Magnus sempre dietro di lui; Alec poteva sentire l'aroma di sandalo che li circondava. Con un movimento fulmineo si girò e si ritrovò il volto dello stregone a pochi centimetri dal suo.
«È bellissimo, ma devi smetterla con tutto questo. Mi sembra già troppo questo viaggio insieme a te, non credo di meritarmi anche questa cena romantica, il vestito e un bagnoschiuma da 200 sterline!»sospirò il cacciatore abbassando la testa, ma Magnus gli mise una mano sotto il mento facendogliela rialzare e gli accarezzò una guancia.
«Non dire mai più una cosa del genere. Tu ti meriti tutto il meglio di questo mondo, intesi? Tu sei la cosa più importante che mi sia capitata da molto tempo, non c'è nulla che non farei per te».
Alec annuì timidamente mentre le sue guance si infiammarono per quelle dolci parole.
«E poi mi dovevo far perdonare»continuò lo stregone con un mezzo sorriso.
«Perdonare? Perché...»rispose incerto il Nephilim.
«Per il mio comportamento di ieri. Non avrei dovuto attaccarti in quel modo; non è colpa tua se qualsiasi cosa mi rievoca un passato faticoso da dimenticare»spiegò Magnus, la voce che tremava leggermente.
«Magnus..»soffiò Alec ma in quel momento le parole che avrebbe voluto dire furono soffocate dalle soffici labbra dello stregone che si adagiarono sulle sue.
 

***

 
«Sei certo che sia sicuro?»domandò dubbioso allo stregone che si stava arrampicando come un gatto sul tetto della torre nord del Tower Bridge.
«Alexander sei uno Shadowhunter! Una semplice arrampicata dovrebbe essere una passeggiata per te. E poi la vista da qui è migliore rispetto a quella della sala di prima»replicò Magnus dopo essersi issato oltre la balaustra ed essere atterrato in piedi sullo stretto passaggio tra l'inizio della guglia e il muretto merlato, poi si sporse per guardare Alec fissarlo dalla finestra aperta qualche metro più in basso.
«Magnus, non dovremmo stare lì...»iniziò il cacciatore.
«Non dirmi che hai paura. La vista qui è spettacolare, è un peccato doverla apprezzare da soli»lo punzecchiò Magnus, gli occhi che luccicavano nel buio.
«Io..io non ho paura!»replicò Alec ferito nell'orgoglio.
Con grazia scavalcò la finestra restando in equilibrio sull'esile cornicione: per fortuna la runa dell'equilibrio stava funzionando perfettamente poiché diverse bottiglie vuote erano appoggiate sul tavolo della stanza e poiché Alec non era perfettamente sobrio. Il Nephilim afferrò una roccia sporgente e si arrampicò senza sforzo fino alla balaustra che scavalcò come se fosse stata la cosa più naturale del mondo.
«Complimenti mio prode Nephilim»replicò Magnus gettandogli le braccia al collo e dandogli un leggero bacio.
«Non dovremmo star qui. Finirà che ci scopriranno come oggi a Buckingham Palace e noi dovremo fuggire per non finire in prigione»borbottò Alec imbronciato.
«Oh andiamo Alec ce la siamo cavato, no? Non credevo che la regina si trovasse davvero a palazzo! Ma senza un po' di brivido che vita sarebbe? E poi è davvero fantastico qui»concluse Magnus facendo voltare Alec per fargli ammirare il panorama.
 
Se Londra di giorno era meravigliosa, di notte non aveva rivali.
L'acqua nera del Tamigi scorreva placidamente nell'oscurità e rifletteva le luci della città facendo sembrare che esistesse un altro mondo sotto la superficie tremolante.
I grattacieli si stagliavano nel cielo scuro e le loro luci assomigliavano a una miriade di stelle fissate sull'orizzonte. La vista si perdeva per diversi chilometri mentre il rumore del traffico arrivava attutito come se si trovassero in una bolla di cristallo. Le strade lungo il fiume erano affollate nonostante l'ora tarda; Alec poteva immaginare la confusione, il caos e il rumore che circondava quelle persone e fu felice di essere nel silenzio di quell'altezza.
Era contento di essere da solo, da solo con Magnus.
«Wow. È...»ma non riuscì trovare un aggettivo che si adattasse alle sue sensazioni e rimase con la bocca socchiusa.
 
Magnus sorrise nella penombra: amava quando Alec rimaneva senza parole, il che accadeva spesso, troppo impacciato per poter esprimere quello che provava, troppo innocente per saper usare l'arte dell'eloquenza, l'arte dell'inganno.
Lo stregone, accanto a lui, si passò una mano tra i capelli incrostati di gel prima di parlare.
«Non ti sforzare. Capisco dalla tua espressione che adesso non sei così dispiaciuto di essere un fuorilegge», il sorriso sulle sue labbra si allargò.
Alec si voltò a guardarlo: gli occhi solitamente blu ora erano neri nell'oscurità, al contrario dei suoi che risplendevano, proprio come quelli di un gatto.
«Perché me?»chiese bruscamente il cacciatore.
«Cosa intendi Alexander?»replicò confuso lo stregone.
«Perché di tutte le persone a questo mondo tu hai scelto proprio me? Cosa ho di così speciale?»continuò Alec mentre la sicurezza nella sua voce si affievoliva.
Magnus fissò per qualche istante quel viso che gli era ormai talmente familiare da non riuscire più a immaginare la sua vita prima di conoscere quel volto e prese un respiro profondo.
«Tu non riesci proprio a capire quello che sei diventato per me, vero? Alla festa, non è stata Clary e nemmeno Jace a colpirmi, sei stato tu. Tu con quell'aria imbronciata e preoccupata mi hai incuriosito. Sono rimasto affascinato dalla tua innocenza, dal tuo modo di non essere un cacciatore nonostante tu lo sia; tu non sei come loro, non hai il tipico atteggiamento da Nephilim. Mi incuriosivi come non mi capitava da davvero molto tempo: eri un incognita, una mosca bianca in mezzo a tutti i tuoi simili. Nonostante mi fossi ripromesso di non affezionarmi più a nessuno di voi mortali appena ti ho conosciuto ho capito che avrei rotto la mia promessa. Avevo creduto che questa volta sarei stato più attento, più logico e razionale, visto che sapevo quali erano i rischi, ma come hai detto tu l'amore non è razionale. Senza nemmeno accorgermi tu eri diventato una costante fissa nella mia mente anche quando ti accorgevi a malapena di me. Tutto di te mi attrae e questo mi spaventa un po' perché non avrei mai immaginato di potermi innamorare così tanto di te. Tu sei diventato la cosa più importante nel mio mondo. È grazie a te se io mi ritrovo ancora ad abitare a New York, invece di essere scappato al primo sentore di pericolo».
Appena Magnus finì la sua confessione il silenzio calò tra loro mentre i loro sguardi si intrecciavano.
Alec aprì la bocca un paio di volte cercando di emettere qualche suono, ma come al solito in certe situazione le parole giuste erano a mille miglia lontane da lui, perciò decise di fare quello che gli riusciva meglio, quello che aveva imparato essendo uno Shadowhunter: agire.
Si avvicinò allo stregone e alzò il mento per far combaciare le loro labbra, le sue braccia circondarono il corpo di Magnus mentre le sue mani salirono lungo la schiena fino a raggiungere i folti capelli neri. Il bacio era lento come se entrambi stessero assaporando qualcosa di nuovo e ignoto; le guance di Alec si arrossarono leggermente mentre Magnus gliele accarezzava con le dita. Le labbra del cacciatore erano nettare per Magnus: amava baciare quella bocca soffice e morbida, quel contatto era un porto sicuro dove rifugiarsi, era la cosa più stabile che gli fosse capitata da secoli.
Avrebbero potuto andare avanti per sempre, se non fosse stato per la mancanza di ossigeno. Quando si lasciarono entrambi erano ansimanti e il viso rosso di Alec era visibile nell'oscurità.
«E questo cosa vorrebbe dire?»chiese Magnus conoscendo già la risposta.
«Ti amo»disse Alec con voce decisa.
«Ti amo Alexander»rispose Magnus e sospirò anche qualcos'altro in una lingua sconosciuta, ma il Nephilim non fece in tempo a chiedere cosa significasse perché lo stregone si riavvicinò verso la cosa più stabile del suo mondo.

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Capitolo 9
*** While The Candle Still Burns ***


Buonasera miei lettori,
come vi avevo detto eccovi l'epilogo.
Mi mancherà questa raccolta, mi sono divertita a scriverla, anche se alla fine è un po' sfuggita dall'idea iniziale che avevo.
Voglio ringraziare tutti voi che avete letto, avete messo la storia nelle seguite/preferite/ricordate.
Un grande grazie va anche a Miyu. GiuliaFray che hanno recensito.
Inoltre un grazie speciale a Niall s Laugh per essersi innamorata di me e della mia storia. E un grazie anche a Blinktothefuture per aver sopportato le mie idiozie durante la scuola.
Infine ma non meno importante voglio dedicare questa raccolta a Giada (_itsforgabbe) per avermi convinto a scriverla, per avermi sempre supportato e per avermi fatto scrivere più di quanto avrei dovuto!
Ora vi lascio alla lettura, ricordate che le recensioni sono apprezzate, soprattutto ora che tutto è finito.
Buona lettura,
Dany.





While The Candle Still Burns

 
Un rumore in lontananza lo risvegliò dai suoi ricordi.
 
Aveva cercato di tenere Alec il più lontano possibile dalla verità sotto i loro occhi: l’orologio di Alec continuava inesorabile la sua corsa, non si sarebbe mai fermato al contrario di quello di Magnus.
 Avevano passato insieme mesi felice, mesi in cui nessuno dei due aveva pensato al futuro; avevano vissuto il presente e quello era stato il periodo migliore per entrambi da molto tempo.
Ma alla fine qualcosa si era crepato.
Alec aveva iniziato a preoccuparsi della sua immortalità.
Non esiste il “fino alla morte” per uno che è immortale.
Alec si era reso conto di ciò, si era reso conto di quanto Magnus fosse vecchio e aveva scoperto di essere tremendamente geloso del suo passato. Aveva iniziato a pensare alla vita dello stregone, a tutte le relazioni che aveva avuto e che erano tutte finite inevitabilmente nello stesso modo: lo stregone era andato oltre, aveva lasciato alle spalle tutti quei volti amati.
E Alec era terrorizzato dall’idea di essere un altro di quella infinita lista.
Sebbene Magnus avesse pensato che fosse una cosa infantile, il cacciatore continuava a tormentarsi alimentando la gelosia. Ogni volta che lo stregone eludeva una sua domanda riguardo il suo passato, poteva notare il velo nero che calava sul bel volto di Alec, ma nonostante quello, non aveva mai fatto una scenata come quella di poco prima alla festa.
 
Ma nemmeno allora Magnus si era spostato dalla sua linea di pensiero.
Il suo passato non era rilevante nella sua relazione con Alec, era come se quelli fossero i ricordi di una persona completamente diversa dal sommo stregone di Brooklyn.
Ma non erano stato le urla di Alec riguardo il suo passato che avevano scosso lo stregone, era stato ciò che pensava che Magnus provasse: sebbene lo stregone avesse confessato molte volte al ragazzo il suo amore, Alec non riusciva del tutto a credergli, pensava davvero che per lui Alec fosse semplicemente un altro passatempo da aggiungere ai suoi trofei.
 
Il Nephilim gli aveva chiesto di renderlo immortale credendo che fosse quello il vero scopo del Libro Bianco. Il prezzo per rendere immortale una persona era inimmaginabile, se il Nephilim avesse saputo cosa gli sarebbe costato non gli avrebbe mai fatto una proposta del genere.
Alec però non si era allontanato dalla realtà.
Il viaggio attorno al mondo aveva avuto i suoi vantaggi: Magnus era riuscito a recuperare quasi tutti gli ingredienti per completare il rituale per renderlo mortale.
Ma i felici mesi passati con Alec gli avevano quasi fatto dimenticare il suo folle piano: aveva creduto di poter ritardare il più possibile il momento in cui avrebbe dovuto fare i conti con la sua immortalità.
La verità era che lo stregone non era ancora pronto a rinunciare a una parte così importante della sua vita: il terrore della morte, sebbene attutito dal fatto di passare un’intera vita con Alec, non era scomparso e anzi continuava a martellare la sua mente a intervalli costanti.
Sapeva di essere egoista, sapeva di far soffrire il cacciatore ogni volta che non rispondeva o che aveva lo sguardo fisso immerso nei propri pensieri e per questo si sentiva maledettamente in colpa, ma rinunciare alla propria immortalità, alla sua vecchia amica, per qualcosa di indefinito, oscuro e insicuro non era una scelta da prendere alla leggera.
Perciò aveva deciso di tenere all’oscuro Alec, per evitare qualsiasi tipo di influenze sulla decisione. Decisione che spettava a lui e a lui soltanto.
 
 
 
«Magnus...» una voce alle sue spalle lo fece trasalire, facendolo riemergere dal mare di pensieri.
Si allontanò svelto dalla colonna a cui era appoggiato e si avvicinò a Maryse guardando i suoi occhi così simili a quelli del figlio.
«Hai scoperto qualcosa?», la sua voce era brusca e carica di tensione. Non sopportava l'idea di essersi lasciata sfuggire Camille.
Magnus le sorrise gentilmente, sapeva che sopportava la vista dello stregone soltanto per amore verso il figlio, soprattutto dopo il loro ultimo incontro.
«Qualcuno l'ha aiutata a scappare, non ho idea di chi si possa trattare. Ma posso tranquillamente fare un incantesimo di localizzazione per scoprirlo» e indicò le gocce color rubino sulle catene.
La Nephilim guardò i suoi occhi verdi da gatto, il suo sguardo era indecifrabile ma quando parlò la voce era stranamente dolce.
«Grazie Magnus. Grazie per tutto quello che stai facendo».
E senza dire altro girò i tacchi e si avviò lungo il corridoio.
Lo stregone restò a fissarla con la convinzione che quelle parole non riguardassero soltanto il lavoro che stava eseguendo per gli Shadowhunters.

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