Porcelain and the Seven Warblers

di SmartieMiz
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Kurt’s beauty, Kurt’s voice, Kurt’s heart ***
Capitolo 2: *** Welcome to my silly life ***
Capitolo 3: *** The Seven Warblers ***



Capitolo 1
*** Kurt’s beauty, Kurt’s voice, Kurt’s heart ***


Questi personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà della Fox; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.
 



Kurt’s beauty, Kurt’s voice, Kurt’s heart

Era una mattina come le tante per Kurt Hummel. Il ragazzo stava pulendo le scale della villa e canticchiava spensierato. Odiava dover vestire sempre jeans rotti e una t-shirt sporca e strappata e dover fare tutti i comodi del fratellastro, ma doveva ammettere che gli piaceva trascorrere del tempo da solo a canticchiare.
Kurt non aveva amici, eccetto gli uccellini che andavano a nidificare nel giardino della villa. Si univano sempre ai suoi gorgheggi e Kurt si sentiva bene almeno per qualche ora.
Ma non tutte le cose belle durano a lungo.
«Porcellana!», urlò una voce familiare e incredibilmente odiosa.
«Oh, Sebastian, mi chiamo Kurt!», rispose Kurt esasperato voltandosi verso il suo fratellastro.
Sebastian Smythe era un ragazzo alto e snello con i capelli castano chiaro e gli occhi verdi. Era incredibilmente bello quanto vanitoso e perfido.
Sebastian salì sulle scale appena lavate da Kurt e con un ghigno malefico disse:
«Uhm, hai dimenticato come si pulisce, caro fratellino? Questa villa deve essere linda, perfetta, e tu non sai nemmeno pulire degli scalini!».
«Sei perfido, Sebastian!», commentò Kurt accigliato.
Sebastian si limitò a sfoggiare un’espressione compiaciuta e ad entrare in quella villa grande quanto un castello.
«Avete visto quanto è perfido e meschino quell’essere?! Ora devo ripulire le scale!», disse Kurt rivolto agli uccellini.
Gli uccellini, dispiaciuti, si posarono sulle spalle del ragazzo.
«Mi manca tantissimo la mamma…», sussurrò Kurt con le lacrime che gli rigavano le guance avvicinandosi al pozzo per riempire di nuovo il secchio: «Quanto vorrei non essere qui. Quanto vorrei abitare in una grande e bella città e andare a scuola e uscire come tutti i ragazzi della mia età. Quanto mi piacerebbe fare nuove amicizie e, perché no, trovare un ragazzo che mi ami per quello che sono…».
Gli uccellini, visibilmente tristi, aiutarono Kurt a prelevare l’acqua dal pozzo.

«Specchio, servo delle mie brame, chi è il più figo del reame?», domandò Sebastian gelido ad uno specchio.
Era quella la fatidica domanda che il giovane Sebastian Smythe poneva allo specchio ogni giorno.
Un ragazzo alto e massiccio ridacchiava divertito sulla soglia della porta.
«Cosa hai da ridere, Karofsky?!», chiese Sebastian freddo al ragazzo.
«Niente, Sebastian. Sei un bel ragazzo, lo sanno tutti, che bisogno c’è di chiederlo ad uno specchio?», rispose il ragazzo semplicemente.
Sebastian si limitò a rivolgergli un’occhiataccia, poi aspettò la risposta dello specchio.
«Mio caro padrone, è ovvio che il più figo è sempre lei!», un volto non identificabile comparve nello specchio: «Dai, chi c’è di più bello e dannatamente sexy oltre a Sebastian Smythe?! Nessuno, ovvio, anche se ultimamente direi che qualcosa è cambiato…».
«Spara», ordinò Sebastian visibilmente furioso.
«C’è un ragazzo di diciassette anni così figo, ehm, così bello, che la sta superando. I suoi capelli castani sempre perfetti, i suoi occhi azzurri color del cielo, le sue invitanti labbra rosa, il suo fisico mozzafiato, la sua voce soave e semplicemente meravigliosa, la sua morbida pelle bianca come la neve…».
«Porcellana!», sussurrò Sebastian sprezzante, poi disse furibondo: «Tu, stupido specchio servo delle mie brave, vorresti dirmi che quella fatina è la più figa del reame?! O meglio, vorresti dirmi che quella fatina è più figa di me?!».
«A quanto pare sì», rispose lo specchio.
Sebastian stava sul serio per lanciare qualcosa addosso allo specchio quando Karofsky lo fermò in tempo bloccandogli il polso.
«Oh, Sebastian, non fare così, siete belli e fighissimi entram…».
«Cavolo, Karofksy, sono io il più figo!», sbraitò Sebastian furioso liberandosi della stretta del suo servitore: «E non mi toccare!».
«Perché per te sono così importanti la bellezza e la figaggine?», domandò il ragazzo curioso.
«I cavoli tuoi no, eh, Karofsky?!», sbottò Sebastian furibondo.
Porcellana non può essere più bello e figo di me, pensò Sebastian arrabbiato, che cos’ha che io non ho?
Sebastian si avvicinò alla finestra e l’aprì. Osservò Kurt che stava prelevando acqua dal pozzo. Era alto, non quanto lui, ma aveva un bel fisico e un bell’aspetto. Non era di certo il tipo di Sebastian Smythe.
Ecco cosa non ho io di Porcellana, pensò Sebastian guardando sempre più insistentemente il fratellastro, la bellezza, la voce… il cuore.

Made a wrong turn
Once or twice
Dug my way out
Blood and fire

Bad decisions
That's alright
Welcome to my
silly life


Kurt cantava triste con la sua magnifica voce, uno dei suoi tanti doni che nessuno avrebbe mai apprezzato. La sua vita era inutile, era insensata. La sua era una vita stupida.

Mistreated
Misplace
Misunderstood
Miss no way it's all good
It didn't slow me down



Kurt era sempre stato maltrattato e umiliato dal suo fratellastro. Ogni cosa non andava mai bene per lui, ma Kurt aveva sempre provato a non tirarsi mai indietro.

Mistaken
Always second guessing
Underestimated
Looking I'm still around



Già, proprio così: Kurt era ancora lì, vivo e vegeto e con tanti sogni e speranze.

Pretty pretty please
Don't you ever ever feel
Like you're less then
less than perfect
Pretty pretty please
If you ever ever feel
Like you're nothing
You are perfect to me


Solo in quel momento Kurt vide un riflesso nel pozzo che non era il suo e sobbalzò. Si accorse che non era solo e che al suo fianco c’era un altro ragazzo che aveva cantato il ritornello assieme a lui.
Era basso ma aveva un bel fisico, aveva morbidi e ricci capelli scuri, sopracciglia folte triangolari e occhi… oh, erano gli occhi più belli che Kurt avesse mai visto in vita sua. Non erano azzurri come i suoi o verdi come quelli del fratellastro, erano due semplicissimi occhi castani in cui ci potevi vedere il mondo: erano castano nocciola con lievi sfumature verdi ed erano vivaci e brillanti. Erano magnifici, erano stupendi, erano perfetti.
Kurt, però, ancora si non era ripreso dallo shock e si era rifugiato dentro la villa lasciando il ragazzo solo.
«Oh, mi scusi, non era mia intenzione spaventarla!», gli disse il ragazzo sperando di esser sentito.
Kurt lo sentì e si avvicinò lentamente al portone della grande villa. Pensò che quel ragazzo avesse una voce bella e limpida.
«Possiamo… possiamo continuare a cantare?», domandò il ragazzo timidamente con un sorriso sbarazzino: «Sa, ha una voce meravigliosa».
Kurt era sorpreso da quelle parole. Nessuno gli aveva mai fatto complimenti sulla sua voce.
«Io la… io la ringrazio», rispose Kurt ricambiando il sorriso imbarazzato, poi riprese a cantare.

You’re so mean (you’re so mean)
When you talk (when you talk)
About yourself

You are wrong

Change the voices (change the voices)
In your head (in your head)
Make them like you
Instead

Quelle parole erano proprio dedicate a Sebastian Smythe. Le lacrime amare di Kurt continuarono a solcare le sue guance.

So complicated
Look how big you’ll make it
Filled with so much hatred
Such a tired game

It’s enough I don’t know
How I could think of
Chase down all my demons
I’ve seen you do the same
(ohh ohhhhhh)

Kurt si accorse che quel ragazzo aveva davvero una voce incantevole. Altro che Sebastian Smythe e i suoi ridicoli spettacolini canori! Quel ragazzo che aveva di fronte aveva una voce semplicemente meravigliosa.

Pretty pretty please
Don’t you ever ever feel
Like you’re less then
less than perfect
Pretty pretty please
If you ever ever feel
Like you’re nothing
You are perfect to me

I visi di Kurt e il ragazzo mai visto prima erano vicinissimi.
You are perfect to me.
Kurt si allontanò di scatto dal ragazzo.
«Non… non dovrei parlare con gli sconosciuti!», fece Kurt visibilmente preoccupato.
«Infatti stavamo cantando», gli fece notare il ragazzo con un sorriso, e solo in quel momento Kurt si rese conto che quello era il sorriso più bello che avesse mai visto.
«Ora stiamo parlando», notò il ragazzo.
«Canta davvero bene, la sua voce è davvero… wow!», il moro ignorò le parole di Kurt, poi gli porse la mano e disse: «Lasci che mi presenti, io sono Blaine Anderson».
Kurt, indeciso e titubante, accettò timidamente la stretta.
«Kurt Hummel, ma tutti mi chiamano Porcellana», disse Kurt smorzando un sorriso.
Beh, non tutti, solo il mio fratellastro e il suo servitore!, pensò il ragazzo.
«Io preferisco decisamente Kurt», rispose Blaine sorridendo: «Ti va bene se ti chiamo Kurt e se ti do del tu?».
Kurt annuì ricambiando il sorriso.
«Bene, ora dovrei andare, non è che mi lasceresti il tuo numero?», domandò Blaine con due occhi così belli e così teneri a cui non si poteva dire di certo no.
«Ehm, mi piacerebbe, peccato che non ho un cellulare», rispose Kurt imbarazzato mordendosi il labbro inferiore.
«Non hai un cellulare?!», Blaine era visibilmente allibito: «Puoi lasciarmi il numero di casa, allora?».
Ma certo, che me ne frega dell’ira di Sebastian Smythe!, pensò Kurt fregandosene altamente del fratellastro.
«Okay», rispose Kurt dandogli il numero. Blaine estrasse carta e penna dai pantaloni e trascrisse il numero, poi lasciò il proprio numero su un altro foglietto.
«Okay, ci sentiamo», lo salutò Blaine con un sorriso e porgendogli il foglietto, poi andò via.

«Oh, che belle voci, hai sentito, Sebastian?! La voce soave di Kurt e quella splendida dello sconosciuto erano magnifiche insieme!», Karofsky gemette come una bambina di dieci anni al concerto del suo idolo preferito.
«Karofsky, non un’altra parola o sarai costretto a sentire il gusto del sangue», disse Sebastian gelido mostrandogli i pugni. Il ragazzo tacque all’istante.
«Bello mio, avrei un favore da chiederti», gli disse Sebastian simulando un tono di voce mieloso: «Caro Karofsky, tu devi uccidere Kurt Hum…».
«MA SEI PAZZO?», urlò il servitore allarmato: «MA SEI FORSE UNO PSICOPATICO?!».
Sebastian sbatté fortemente Karofsky contro la parete della stanza.
«Scherzavo», sussurrò Sebastian, anche se non sembrava tanto convinto, poi con un sorriso beffardo disse: «Tu devi semplicemente portarmi il suo cuore».
«Praticamente mi hai chiesto la stessa cosa!», rispose Karofsky gelido.
«Oh, Dave, ma come fai a essere sempre così difficile…», gli sussurrò Sebastian all’orecchio, poi gli baciò il collo. Sapeva benissimo come far impazzire Karofsky, bastava sussurrare il suo nome e baciarlo con passione: «Avanti, Dave, non ti ho chiesto niente di male…».
«Sebastian, ma stai bene?! Mi hai appena chiesto di uccidere un ragazzo!», rispose Dave quasi spaventato.
«Okay, okay, scherzavo, ora sono serio», disse ad un certo punto Sebastian prendendogli il viso tra le mani, poi disse: «Devi solo picchiarlo a sangue, così poi morirà lentamen…».
«Sebastian, tu davvero non stai bene!», commentò Dave terrorizzato.
«Oh, Dave», sussurrò Sebastian sbottonandogli la camicia e sfilandogliela: «Io non starei bene?».
«Sebastian, ti rendi conto di quello che mi hai chiesto di fare?! Non diventerò mai un assassino, e poi perché vuoi uccidere il tuo fratellastro?!», domandò Dave confuso.
«Perché mi sta sulle palle», rispose Sebastian semplicemente: «Dai, uccidilo così puoi risparmiare il mio regalo di San Valentino».
«Non mi incanti, Sebastian», disse Karofsky freddo, ma Sebastian era così bello… era difficile non cedergli.
«Dave…», sussurrò di nuovo Sebastian, poi con un ghigno malefico ordinò: «Consegnami. Il. Cuore. Di. Porcellana. ADESSO!».
Dave, incapace di dire qualcosa, annuì, indossò di nuovo la camicia e uscì dalla porta.



Angolo Autrice

Okay, avrei un bel po' di ff da continuare, ma è da tempo che avevo quest'idea nella mia mente! u.u
Allora... Kurt è Porcellana, ovvero sarebbe Biancaneve, Blaine il principe, Sebastian la strega cattiva e Karofsky il cacciatore :')
Ringrazio tutti coloro che leggeranno, al prossimo capitolo! :D

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Capitolo 2
*** Welcome to my silly life ***


Welcome to my silly life
 
Kurt osservò per tutto il resto della giornata il bigliettino datogli da Blaine. Lì era scritto il suo numero e bastava solo un colpo di telefono per poter sentire la sua meravigliosa voce.
Se solo potessi sentire la sua voce, pensò Kurt rattristito. Sebastian non gli avrebbe mai permesso di fare una chiamata, ma si sa che tentar non nuoce.
Sebastian era appena uscito dalla villa quando Kurt gli corse incontro.
«Sebastian! Ti prego, oggi posso usare il telefono? Vorrei chiamare un ragazzo con gli occhi dorati e la voce meravigliosa che ho incontrato oggi mentre facevo le pulizie!», lo supplicò Kurt con due occhi imploranti: «Ti prego, ti prego, ti prego!».
Bene, già che ci sei dimmi pure nome e cognome!, pensò Sebastian sarcastico, poi con un sorriso beffardo pensò, beh, peccato per la povera Porcellana perché so anche quello!
«Non più di cinque minuti a telefono», rispose Sebastian glaciale per poi andarsene via.
Kurt restò con il biglietto tra le mani e un’espressione sorpresa sul volto. Come mai Sebastian aveva accettato senza esitare? O meglio, come mai Sebastian aveva accettato e basta?
Mai fidarsi di Sebastian Smythe: le sue parole avevano sempre un doppio fine.
 
Sebastian era nella camera con lo specchio quando ad un tratto sulla soglia della porta si presentò un David Karofsky preoccupato ed esitante.
«Sebastian, ti ho portato il cuore di Kurt Hummel, proprio come mi avevi chiesto».
«E l’hai messo in una busta con su scritto Giocattoli per tutti?!», Sebastian rise divertito.
«Ehm… sì», rispose Dave aprendo la busta e mostrandogli un cuore giocattolo.
«Oh, Karofsky, come fai ad essere sempre così fottutamente stupido?! Era ovvio che stessi scherzando, è vero, Kurt mi sta davvero sulle palle, ma non vorrei mai la sua morte».
«Da… davvero?», farfugliò Dave sorpreso rimettendo il cuore finto nella busta.
«Certo, credevi davvero volessi Kurt morto?», gli domandò Sebastian colpito.
«Ehm, in realtà ho pensato fossi serio», ammise Dave più sollevato: «Avevi due occhi folli e un sorriso sadico sul volto, ho pensato davvero fossi serio… e pazzo».
«Oh, Karofsky, non smetti mai di sorprendermi con la tua intelligenza», ridacchiò Sebastian avvicinandosi pericolosamente a Dave e buttando a terra la busta, poi gli baciò il collo con foga e disse: «C’è solo un modo per farti perdonare per la tua immensa stupidità, e lo conosci molto bene».
Dave non disse niente, si limitò a gemere di piacere quando Sebastian gli sbottonò bruscamente la camicia e la fece volare via in qualche parte della stanza.
«Ahi, stia attento, signor Smythe!», esclamò lo specchio con la voce ovattata dalla camicia.
Sebastian se ne fregò altamente dello specchio parlante e incominciò ad accarezzare la schiena e il petto di Dave provocandogli dei piccoli brividi, poi lo baciò sulle labbra, sul collo e sulla spalla.
«Dimmelo, Dave», sussurrò Sebastian mentre gli baciava e gli mordicchiava la spalla.
«Che cosa?», domandò il ragazzo perplesso.
«Dimmi che sono il più figo del reame», rispose Sebastian semplicemente.
Dave pensò che Sebastian fosse realmente pazzo a volersi sentire una cosa del genere, ma decise di soddisfare la sua richiesta per non farlo adirare.
«Sei il più figo del reame», gli disse Dave.
«Dillo di nuovo», gli sussurrò Sebastian catturando le sue labbra in un bacio.
«Sei il più figo del reame», ripeté Dave scocciato.
«Dillo senza sbuffare», fece Sebastian.
«Sei il più figo del reame», ripeté Dave per l’ennesima volta e con un tono sicuro di sé.
«Così mi piaci, Karofsky», fece Sebastian con un sorrisetto compiaciuto.
Sebastian sfilò la propria camicia lanciandola addosso al povero specchio che rischiava veramente di soffocare. Sebastian continuò a baciarlo avidamente sulle labbra, sul collo, sulla spalla, insomma, dappertutto.
«Lo sai di cosa sono pazzo, Dave?», gli sussurrò Sebastian in corrispondenza dell’orecchio.
«Non lo so», rispose Dave. Essere chiamato per nome con un sussurro, essere baciato sul collo e sentire il respiro affannoso di Sebastian così vicino di certo non poteva farlo ragionare e pensare lucidamente.
«Di te», sussurrò il ragazzo sorridendo maliziosamente.
 
Era pomeriggio quando Kurt, felice, alzò la cornetta e compose entusiasta il numero di Blaine.
«Kurt, ciao!», lo salutò calorosamente la voce del ragazzo.
«Oh, ciao, Blaine! Come stai?».
«Bene, tu?».
«Bene».
Ed ecco che cadde un silenzio imbarazzante che provocò le timide risate di Kurt e quelle divertite di Blaine.
«Ti va di chiacchierare un po’? Giusto cinque minuti perché serve il telefono al mio fratellastro», fece Kurt. In realtà il telefono non serviva a Sebastian, ma gli aveva detto esplicitamente di non stare più di cinque minuti a telefono.
«D’accordo», rispose Blaine e Kurt immaginò stesse sorridendo: «Quanti anni hai?».
«Diciassette compiuti da poco», rispose Kurt, poi chiese esitante: «E tu?».
«Auguri in ritardo», ridacchiò Blaine, poi rispose: «Io ne ho sedici».
«Ah», fece Kurt. Non sapeva cosa domandare a Blaine.
«Che scuola frequenti?», domandò Blaine curioso.
Non avrebbe mai dovuto chiederglielo. Kurt non sapeva come rispondere.
«Pronto? Ci sei, Kurt?», la voce di Blaine lo riportò alla realtà.
«Io non vado a scuola», rispose Kurt con rammarico.
Blaine notò la tristezza nella voce del ragazzo.
«Scusami, forse non avrei mai dovuto chiedert…».
«Oh, no, non preoccuparti affatto!», cercò di tranquillizzarlo Kurt sincero: «È così difficile la mia situazione… vorrei tanto parlarne con qualcuno».
Kurt aveva bisogno di parlare dei suoi problemi con qualcuno e un perfetto sconosciuto come Blaine gli sembrava la persona più adatta. Qualche volta aveva provato a parlare con Dave, ma sapeva che poi Sebastian lo metteva sotto torchio per sapere cosa si dicevano.
«Non ci conosciamo bene, o meglio, ci siamo conosciuti soltanto oggi, ma ti assicuro che se vuoi sfogarti con qualcuno puoi confidarti con me», gli disse Blaine.
Blaine aveva una voce così calorosa, sincera e rassicurante e Kurt non poté non fidarsi di lui.
«D’accordo, adesso ti parlo di me. Benvenuto nella mia stupida vita».
«Sbaglio o è un verso di Perfect?», domandò Blaine di sicuro con un sorriso.
E Kurt ricambiò.
 
Kurt era stato un quarto d’ora a telefono con Blaine. Non era così tanto, ma per un ragazzo come lui che non aveva amici e che quindi non poteva mai parlare con nessuno era un gran bel traguardo.
Fortunatamente Sebastian non si era accorto che Kurt aveva infranto le sue “regole”, forse era impegnato a fare qualcosa di più interessante che rompere le palle al fratellino.
Dopo quella telefonata Kurt si sentì sollevato. Aveva parlato molto brevemente di suo padre Burt che era morto alla sua nascita e che quindi non aveva mai conosciuto e poi gli aveva parlato di sua madre Elizabeth. Sua madre, rimasta vedova, si era risposata con un uomo di nome Jérôme Smythe e avevano dato alla luce (o meglio, alle tenebre) il piccolo Sebastian Smythe. Quando Kurt aveva sedici anni e Sebastian quindici, Elizabeth e Jérôme morirono in un incidente stradale. Fu un grande trauma per i due ragazzi. Sebastian non era mai stato simpatico nei confronti di Kurt, ma il suo carattere peggiorò sempre più dopo la morte del padre e della matrigna. Prendeva in giro Kurt molto pesantemente, di sera andava nei locali per poi tornare alle quattro del mattino, obbligava il fratellastro a cucinare e a pulire la casa perché lui si scocciava di aiutarlo, restringeva gli spazi di Kurt e in pratica lo costringeva ad essere il suo schiavetto, si era procurato uno specchio (Kurt era sicuro di aver sentito Sebastian blaterare da solo davanti a quello specchio) e si era anche trovato un amichetto con cui abitare insieme. Dave era sempre stato abbastanza gentile nei confronti di Kurt, ma non sapeva comunque se fidarsi di lui.
Inoltre Sebastian aveva smesso di andare a scuola e ovviamente aveva costretto anche Kurt e Dave a fare lo stesso.
 
Blaine aveva ascoltato quella storia amareggiato. Perché la vita di Kurt era stata così crudele e tutt’ora era così difficile? Aveva prima perso il papà alla nascita, poi la mamma, poi il patrigno che a quanto pare non era così antipatico come il figlio e poi si era ritrovato ad abitare con un perfido fratellastro di sedici anni malato di protagonismo.
Blaine aveva rassicurato Kurt dicendogli che la ruota gira.
Coraggio, Kurt, la ruota gira: prima tocca a lui, poi a te, gli aveva detto Blaine cercando di trasmettergli tutta la forza e il calore dei suoi sorrisi.
 
«Karofsky, mi sorprendi sempre di più», si complimentò Sebastian compiaciuto con un ghigno.
I due ragazzi erano sdraiati sul letto di Sebastian ed erano sotto le lenzuola che lasciava scoperti solamente i loro petti.
«Finalmente l’hai capito», gli sussurrò Dave malizioso.
Sebastian si voltò verso di lui e catturò le sue labbra in un bacio intenso.
«Ma come sei provocante oggi», gli sussurrò il ragazzo sulle labbra con ancora più malizia, poi gli disse: «Senti, io stavo pensando a Kurt…».
«Cosa?! Noi due lo facciamo e tu pensi a tuo fratell…».
«Calma, sciocco Karofsky che non capisce mai niente», lo fermò Sebastian, poi gli prese il viso tra le mani, gli accarezzò lievemente la guancia e gli disse: «Non voglio uccidere il mio fratellastro, che sia chiaro che scherzavo, ma voglio un po’ divertirmi dandogli filo da torcere».
«Non chiedermi di essere tuo complice», sospirò Karofsky sbuffando.


Angolo Autrice

E così Sebastian alias la strega cattiva vuole dare del filo da torcere a Kurt... mm! ;)
Triste la storia di Kurt, vero? Ma anche quella di Sebastian lo è... :(
Ringrazio tutti coloro che leggono e recensiscono, al prossimo capitolo! :D

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Capitolo 3
*** The Seven Warblers ***


The Seven Warblers

Il giorno dopo, Kurt era andato a fare la spesa. Sebastian aveva mandato Karofsky con lui: aveva un piano formidabile per sbarazzarsi una volta e per tutte di lui senza ricorrere a rimedi estremi e avrebbe funzionato, ne era certo.
«Che ne dici? Compriamo questi biscotti?», domandò Kurt interessato a Dave leggendo la scadenza di un pacco di biscotti.
«Sì, Porcellana, va bene», rispose Karofsky meccanicamente, assorto nei suoi pensieri.
Non se la sentiva di fare quello che gli aveva ordinato Sebastian.
Usciti dal supermercato, Karofsky avrebbe dovuto convincere Kurt a fare una passeggiata in un bosco; l’avrebbe dovuto accompagnare in auto fin lì e poi l’avrebbe lasciato, in compagnia soltanto della sua sorte.
«Porcellana, io volevo chiederti se ti andava di…», le parole gli morirono in gola.
Kurt, incuriosito, si voltò verso Dave: «… se mi andava di…?».
Stava quasi per rispondergli, ma non glielo disse.
«Oh, Kurt, mi dispiace tantissimo!», asserì il ragazzo con le lacrime agli occhi inginocchiandosi a lui; per poco non si soffiava il naso con la stoffa dei suoi pantaloni: «Scusa, scusa, scusa…».
Kurt lo guardò confuso; erano in mezzo alla città e tutti li stavano osservando straniti.
«Dave, perché ti scusi? Cosa ti dispiace?», gli chiese il ragazzo perplesso.
«Mi dispiace non averti detto mai niente…», singhiozzò lui, poi asciugò le proprie lacrime e parlò: «Sebastian è pazzo… il tuo fratellastro è semplicemente un folle! È pericoloso, lui ti detesta! Mi aveva ordinato di portarti in un bosco lontano e di lasciarti lì, solo al tuo destino!».
Kurt sgranò gli occhi, sorpreso; sapeva che Sebastian lo odiasse, ma non credeva fosse capace di un gesto così perfido.
«Ha pensato anche di ucciderti!», continuò Karofsky: «Scappa finché sei in tempo… quello ti farà del male, prima o poi!».
Kurt lo guardò scandalizzato. Annuì leggermente e si allontanò da David.
«Grazie per avermelo detto, Dave. Addio», lo salutò cordialmente il ragazzo cercando di nascondere invano la preoccupazione.
«Non c’è tempo per i saluti! Devi scappare, ora!», lo incitò Karofsky allarmato.
Kurt, terrorizzato, corse per le strade della città. Attraversò rapidamente la strada e un’auto per poco non lo tranciò.
«Hey, quando attraversi la strada non devi guardare le nuvole!», lo ammonì un guidatore infuriato.
«Mi scusi!», si scusò Kurt mortificato, dopodiché continuò nel suo cammino.
Cadde a terra diverse volte; inciampava per la paura e l’angoscia che attanagliavano il suo cuore.
Alla fine, esausto, si fermò di fronte a quello che sembrava un appartamento isolato e malridotto; era l’unica abitazione di quel viale e Kurt, disperato, bussò alla porta. Nessuno venne ad aprirla, ma il ragazzo si accorse che stranamente era già aperta.
Entrò in casa, premette l’interruttore della luce e chiuse la porta alle sue spalle; poté notare una casa non molto grande e assai disordinata e mal conciata: crepe sui muri, polvere a terra, ragnatele, piatti sporchi nel lavello, altri ancora a tavola.
«Una casetta abbandonata», mormorò Kurt pensieroso. Il ragazzo si diresse in quella che doveva essere la camera da letto e vide la bellezza di sette letti, con le lenzuola tutte sgualcite e fuori posto: «Sette persone vi abitavano. Chissà perché non vivono più qui».
Kurt si avvicinò alla finestra e notò degli uccellini; sorrise loro e aprì la finestra per farli entrare dentro.
«Oh, teneri uccellini, entrate pure!», li salutò il ragazzo con un sorriso soave: «Ora metto un po’ a posto questa casa… chi vuole aiutarmi?».
Gli uccellini risposero sbattendo le loro piccole ali.
Kurt incominciò a fischiettare e a cantare un’allegra melodia; prese la scopa e incominciò a spazzare a terra. Gli uccellini prendevano delle pezze e aiutavano il ragazzo a spolverare i mobili.
Kurt lavò i piatti, eliminò le ragnatele, riordinò i letti… era ormai sera quando la casa aveva un aspetto accettabile.
«Grazie, uccellini, mi siete stati molto d’aiuto», li salutò Kurt con un sorriso aprendo loro la finestra per farli uscire.
Il ragazzo, stanco morto, si buttò sul primo letto che trovò e cadde in un sonno profondo.
 
«Ho sonno», mormorò un bel ragazzo alto e paffuto.
«Oh, Trent, ma hai sempre sonno!», brontolò un altro ragazzo con capelli castani e un naso pronunciato.
«Tu invece brontoli sempre, Nick!», lo ammonì un ragazzo alto e massiccio.
«E tu, Richard, invece…».
«Basta, ragazzi!», li fermò un ragazzo con tratti asiatici: «Siete proprio dei bambini!».
«Wes ha ragione: basta litigare!», asserì un ragazzo di colore emettendo uno starnuto.
«Salute, David», gli augurò un ragazzo basso dai capelli scuri, gli occhi nocciola e i tratti ispanici.
«Grazie, Thad».
«Ci muoviamo? Voglio andare a casa», sbuffò Nick.
«Sì, ora andiamo!», gli rispose dolcemente un ragazzo biondo baciandogli teneramente una guancia.
I ragazzi si avvicinarono all’appartamento e dalla finestra poterono notare che in camera da letto la luce era accesa.
«Ladri!», esclamò Thad impaurito.
«Che mammone che sei», biascicò Nick accigliato.
«Jeff, ti abbiamo detto tante volte che quando andiamo a scuola non devi lasciare le luci accese!», lo rimproverò Wes severo.
«Ma non sono stato io!», esclamò il biondo: «Perché pensate sempre che sia io?».
«Perché sei stupido», ridacchiò Richard.
«Ah-ah, squallida!», rispose Nick inorridito.
«Vogliamo entrare?! Ho sonno!», si lamentò Trent.
«E va bene», asserì David.
I ragazzi si avvicinarono furtivamente alla porta e, come per magia, la trovarono già aperta.
«Forse la porta aperta l’ho lasciata io…», mormorò Jeff.
«Ora è colpa tua se è entrato un ladro!», lo informò Thad allarmato.
«Entriamo e facciamola finita», tagliò corto Nick bruscamente.
I ragazzi entrarono e trovarono la casa miracolosamente ordinata e pulita: i bicchieri e i piatti, lindi e splendenti, nella credenza; nemmeno un granello di polvere sul pavimento; nessuna ragnatela sul soffitto.
«Okay, questa di sicuro non è opera mia», disse Jeff deciso.
«E neanche mia», concordò Richard.
«A dir la verità, credo proprio non sia opera di nessuno di noi», parlò Wes razionale.
Tutti annuirono; salirono le scale con passo felpato e si bloccarono all’ultimo gradino.
«Jeff, visto che sei tanto coraggioso, vai tu a vedere se c’è qualcuno in camera», lo incitò Richard.
«Ma io… ma io ho paura quanto voi!», rispose Jeff spaventato.
«Ma vai tu, Richard!», si intromise Thad.
«No, Jeff ci va: è lui quello ingenuo e smemorato», spiegò Richard quasi con razionalità.
Nick, furibondo, lo fulminò con lo sguardo: «Sai che ti dico? Se deve morire Jeff, morirò anche io. Andremo insieme, amore mio!».
Jeff sorrise lievemente alle parole del suo ragazzo, ma era ugualmente spaventato.
Nick gli diede la mano e gli diede un po’ di forza: insieme entrarono nella stanza e, come sospettato, notarono un ragazzo sul letto.
«UN LADRO! UN ASSASSINOOOOOO!», urlò Jeff spaventato.
Wes scese velocemente le scale e ritornò subito dopo con dei coltelli da cucina tra le mani: «Ragazzi, non si sa mai, ma potrebbero servirci per difenderci!».
I ragazzi annuirono ed entrarono in camera da letto.
Le urla di Nick e Jeff avevano già interrotto il sonno del dolce fanciullo; questi si svegliò di scatto e tutti rimasero senza parole quando lo videro sveglio: lo sconosciuto era un ragazzo bellissimo, alto, snello, dalla pelle diafana, dai capelli biondo scuro e dagli occhi di una splendida tonalità di azzurro.
«Scusate, questa è la vostra casa?», chiese il ragazzo ancora spaventato per il brusco risveglio.
«Ma no! Smamma, se non ti dispiace, e tra tutti i letti dovevi addormentarti proprio sul mio!», asserì Nick furibondo.
«Piantala, Nick, non vedi che il ragazzo è spaventato?», lo ammonì Thad: «Un po’ di sensibilità…».
«Io… io non ho più una casa», rispose il ragazzo con le lacrime agli occhi: «Il mio fratellastro voleva farmi del male, voleva uccidermi, e io, terrorizzato dalle sue perverse intenzioni, sono fuggito… e ora eccomi qui, senza nessuno, completamente da solo».
La storia del ragazzo sconosciuto intenerì tutti e sette i ragazzi.
«Come ti chiami?», gli chiese Jeff curioso.
«Kurt, Kurt Hummel, ma tutti mi chiamano Porcellana», rispose pronto il ragazzo.
«Io sono Wes Montgomery, piacere di conoscerti, Kurt Hummel», si presentò il ragazzo con i tratti asiatici tendendogli la mano: «Noi siamo un gruppo di amici che frequenta lo stesso college. Ci piace essere chiamati con il nome di Warblers».
«Warblers? Perché vi fate chiamare così?», chiese Kurt curioso.
«Era il nome del nostro Glee Club del liceo», rispose semplicemente Thad, poi con un sorriso disse: «Thad Harwood, piacere».
«Trent Nixon».
«David Thompson».
«Richard James».
«Jeff Sterling!».
«Nick Duval», rispose acidamente il moro che l’aveva rimproverato per essersi addormentato sul suo letto: «Fai qualcosa di sbagliato e ti spacco la faccia».
A quelle parole Kurt sobbalzò.
«Nick, ma come manchi di tatto!», lo ammonì Thad accigliato: «Il ragazzo è terrorizzato, non ha niente e nessuno… vuoi sforzarti di essere un po’ più gentile?!».
«Okay, ci provo, ma sarà difficile», concluse il moro con uno sbuffo.

 

Angolo Autrice

Buona serata a tutti! :D
Vi ricordate di questa ff? c: Ve lo chiedo perché non aggiorno dall'11 novembre! O_O D: Scusatemi per il ritardo imperdonabile!
In questo capitolo incontriamo finalmente i sette Warblers! :D Se non vi è stato chiaro, ecco a voi il nome di ogni Warbler con il nano corrispondente! ;)

Wes = Dotto
David = Eolo
Nick = Brontolo
Jeff = Cucciolo
Thad = Mammolo
Trent = Pisolo
Richard = Gongolo

Ringrazio tutti coloro che leggono e recensiscono, al prossimo capitolo! :D (sperando di essere un po' più precisa con i tempi xD :33).

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